LUGLIO-AGOSTO 2020
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
L’Italia in analisi per guardare avanti
Società
Pandemia: giovani allo specchio
Turismo
Come rilanciare un territorio?
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
SPIRAGLI DI LUCE
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ato per scontato il forte calo del Pil nell’anno in corso, nel loro complesso, i dati di giugno sull’andamento dell’economia dei principali paesi del mondo sono incoraggianti. La ripresa delle attività è in atto, seppure meno in Europa e in Italia, dove è visibile il ritardo della ripresa. I dati Istat rilevano che il tasso di occupazione cala, tornando ai livelli del 2016, quello di disoccupazione cresce e quello di inattività scende in questa fase di crisi, congelata dal blocco dei licenziamenti e con l’estensione della cassa integrazione. Allo stesso tempo sono probabili anticipazioni di quello che si sta continuando a rimandare. L’impatto del coronavirus sul mercato del lavoro è mitigato dagli ammortizzatori sociali. Bisogna vedere cosa succederà nella seconda parte dell’anno, dopo la sospensione del blocco dei licenziamenti e quando ci si accorgerà che sarebbe stato meglio fare investimenti per rafforzare la formazione dei lavoratori affinché potessero rimanere nel mercato. Abbiamo di fronte una grande sfida che, per il bene del Paese, non possiamo perdere. Per vincerla dobbiamo però scegliere gli strumenti giusti, come i nuovi investimenti, approfittando anche dell’importante dotazione di risorse, nazionali ed europee, che creino sviluppo e lavoro. La ripartenza non avverrà naturalmente, ma deve essere indirizzata e supportata. Dalla politica, prima di tutto. Basta rinvii e immobilismo. C’è bisogno di sviluppo che porti lavoro, non di assistenzialismo, di investimenti pubblici che creino un ambiente adatto per la crescita. Purtroppo è facile pensare che anche il decreto Semplificazioni non sarà sufficiente. Anche sulla nostra categoria la
pandemia ha avuto conseguenze, al momento contenute, come emerge dai nostri dati. I dirigenti che applicano i contratti firmati da Manageritalia già a partire dalla crisi del 2008 avevano mostrano trend in controtendenza rispetto ai dati nazionali: dal 2008 al 2018 -4,2% tutti i dirigenti privati (fonte Inps) e + 6,9% quelli con contratti Manageritalia. Una crescita continuata nel 2019 (+2,5% anche nel 2019) e nei primi sei mesi del 2020 (+1,1%). Si registra però una diminuzione delle nuove iscrizioni da aprile a giugno e un calo delle cessazioni, probabilmente a causa della chiusura degli uffici delle aziende e dei consulenti. Gran parte dei settori produttivi e dei servizi sono colpiti da una crisi talmente profonda che, presumibilmente, nei prossimi mesi aumenterà il numero delle cessazioni, al quale non corrisponderà un aumento delle nuove nomine. Gli stessi rendimenti del Fondo Mario Negri, dopo un preoccupante calo durante la pandemia, stanno pian piano recuperando. Per quanto riguarda il nostro fondo di assistenza sanitaria integrativa, il Fasdac, solo una piccola parte di aziende è al momento morosa con i versamenti. Siamo consapevoli della situazione. Siamo preoccupati, ma allo stesso tempo ottimisti. Stiamo programmando, come siamo soliti fare, e come stiamo già facendo, le possibili contromisure. Certo, turismo e moda, dopo un blocco interminabile, si stanno lentamente riprendendo, mentre distribuzione food e logistica non hanno mai smesso la loro attività. Vedremo quindi, anche noi come tutti, a seconda del procedere dello sblocco più o meno definitivo delle varie attività economiche e sociali, come affrontare la ripresa dopo l’estate. Guido Carella guido.carella@manageritalia.it
LUGLIO/AGOSTO 2020 - DIRIGENTE GENNAIO/FEBBRAIO 2015
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Sommario Management 41 Leader del cambiamento Attualità 46 Cyberbullismo: è tempo di agire Risorse umane 50 Al lavoro con uno psicopatico: cosa fare?
Copertina 6 Intervista a Andrea Giannelli L’Italia in analisi per guardare avanti Società 14 Pandemia: giovani allo specchio Turismo 20 Come rilanciare un territorio?
Fasdac Associazioni territoriali 69 A tutto streaming 74 I manager per il sociale a Civil Week Lab Assidir 76 Gli italiani e le assicurazioni Cfmt 80 Corsi di formazione 81 Leadershop L’avventura
Intervista 24 Cristina Spagna Quale lavoro post-Covid? Digitale 28 Verso una leadership ingegnosa
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RUBRICHE
Economia 32 La sharing mobility dopo la pandemia Pari opportunità 38 Una legge per chiudere il Gender pay gap
36 Osservatorio legislativo 56 Pillole di benessere 57 Arte 58 Libri 59 Letture per manager 60 Lettere
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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
L’Italia in analisi per guardare avanti
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MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato
Società
Pandemia: giovani allo specchio
Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
Turismo
Come rilanciare un territorio?
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Copertina
L’ITALIA IN ANALISI PER GUARDARE AVANTI Siamo tutti da curare? La pandemia ci invita a ristabilire priorità e a mettere al centro la nostra salute, a cominciare da quella psicologica. Punti di riferimento, leadership, benessere individuale e collettivo: ne parliamo con Andrea Giannelli, psichiatra e psicoterapeuta
Enrico Pedretti
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Quali sono le condizioni psicologiche del popolo italiano, oggi, dopo l’emergenza sanitaria e nel pieno di una seconda crisi economica, che complica ulteriormente una situazione già critica? «Le condizioni di salute psicologica in questa epoca storica, prima ancora dell’avvento dell’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19, non sono buone, come in altre parti dell’Occidente. Viviamo in una società intrisa di istanze divisive, paranoidi e narcisistiche, in cui i garanti metapsichici, come l’Io e il Super Io, in un divenire costante, non trovano certezze neppure nei garanti metasociali, le istituzioni, delegittimate. Nel complesso, il nostro popolo e il nostro vivere comunitario non appare in ottima salute». Che effetto ha avuto a livello psicologico l’emergenza Covid-19, che peraltro non ci ha ancora lasciato? «Questo stato di precarietà ha enfatizzato i migliori aspetti delle persone, ma anche i peggiori. Mi riferisco soprattutto al bisogno regressivo di polarizzazione e di convinzioni usa e getta che hanno pochi fondamenti, se non quelli di farsi attrarre da un bisogno di “identificazione a massa” in un polo, piuttosto che non nel suo opposto. Tutto questo è divisivo, e ciò che risulta divisivo nelle situazioni di emergenza non fa assolutamente bene».
Andrea Giannelli, psichiatra e psicoterapeuta individuale e di gruppo e dei gruppi. È membro ordinario e docente presso l’Associazione di psicoterapia di gruppo di Milano (Apg-Coirag).
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Copertina E il lockdown, lo stare confinati in casa, è pesato e in che misura? «Per quanto riguarda il periodo di lockdown non si può dire a chi sia pesato di più e a chi di meno se non si tiene conto delle situazioni abitative, familiari, affettive, economiche, lavorative in cui ogni soggetto si è trovato ad affrontare una misura così estrema e mai sperimentata. Pertanto, su alcune persone ha avuto un effetto molto angoscioso, su altre, meglio supportate da condizioni socio-economiche e di salute preesistenti, ha avuto un impatto negativo minore». Come è stata e come ha influito sulla nostra psiche l’informazione e la comunicazione su quanto stava accadendo? «In una situazione di emergenza una buona comunicazione è fondamentale. Se però ci troviamo in quella citata situazione di delegittimazione e sfiducia nelle istituzioni essa nasce male in partenza, senza approfondire sulla dinamica di questo cattivo rapporto tra cittadino e istituzioni. Non sarebbe difficile per le persone capire che vanno seguite le indicazioni delle istituzioni con ruoli e poteri decisionali. Invece, complice certa
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stampa e certi media, si è fatto credere che chiunque potesse avere ragione rafforzando quel senso di sfiducia in un momento in cui c’era invece bisogno di pochi concetti ma chiari».
Cosa ha pesato di più sui messaggi che sono passati, i contenuti o i mezzi? «Direi entrambi. Un virus, quantomeno veloce, sconosciuto e subdolo si è abbattuto per la prima volta nell’era degli strumenti comunicativi altrettanto veloci, subdoli e mentalmente contagiosi creando un mix esplosivo che ha causato il disorientamento. Per questo sono necessarie istituzioni credi«Un virus veloce, subdolo bili e cittadini che non si rifugino nel e sconosciuto si è abbattuto diniego e nel complottismo semplicemente per non ammettere la paura. Si per la prima volta nell’era può avere paura insieme e occuparsi degli strumenti del problema e non sterilmente preoccuparsi e farsi paralizzare dall’ancomunicativi altrettanto sia e quindi dalla rabbia».
veloci, subdoli e mentalmente contagiosi creando un mix esplosivo che ha causato il disorientamento. Per questo sono necessarie istituzioni credibili e cittadini che non si rifugino nel diniego e nel complottismo»
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C’è una categoria (bambini, anziani ecc.) che ne esce peggio? «I bambini hanno molte risorse e penso abbiano più possibilità di costruirsi una narrazione propria fatta anche di nuovi eroi – i medici o gli infermieri, ad esempio – e quindi di far fun-
zionare la loro fantasia positiva, a patto che vivano in ambienti capaci di mediare le informazioni in un gioco o in una sfida, come ci ha insegnato Benigni nel film La vita è bella. Per quanto riguarda gli anziani, indicati come categoria a rischio massimo, si sono sentiti ancora più vecchi e di peso per gli altri, e molti di loro hanno riferito di non voler stare chiusi in casa proprio perché si trattava dell’ultimo periodo della loro vita. Quindi per loro credo sia stato forse anche più pesante». Un’esperienza che ci segnerà a lungo? «È un’esperienza che segnerà a lungo le persone che, per i motivi detti precedentemente, hanno subito più danni non solo psichici ma anche economici, sociali e affettivi da questo improvviso modificarsi dello stato di convivenza. Per alcuni peserà molto meno, addirittura verrà ricordato come un momento di rottura (“crisis” in greco significa proprio questo) e cambiamento, ovvero una circostanza tragica ma fortuita che ha portato a scelte di vita diverse o ad apprezzare ciò che non si sapeva essere così importante per ognuno di loro». Poi c’è la difficile situazione economica che tra qualche mese rischia di farsi sentire eccome. Un ulteriore peso? «Le previsioni sulla situazione economica mi pare siano molto negative, però è anche vero che ci troviamo a rivivere in parte ciò che è successo nel 2012, sebbene in modo più drammatico. Da alcune ricerche effettuate in quegli anni si è evidenziato che le conseguenze psico-patologiche peggiori colpirono principalmente le persone che avevano una carenza di supporto sociale/affettivo e quindi di un qualcosa che li potesse gratificare nel quotidiano. Queste persone fragili prive di altre fonti di gratificazione subirono effettivamente dei veri e propri crolli psicologici, anche acuti. Il dato fondamentale è da riassumersi in ciò, smentendo la correlazione diretta “crisi uguale malessere psichico”. Malessere sì, ma dove il terreno è già favorevole: laddove l’immunità psichica ha reazioni eccessive, proprio come nel caso del coronavirus, è la stessa eccessiva reazione contro l’agente esterno a provocare i danni maggiori».
A livello psicologico, oggi cosa dà più ansia: la salute o il lavoro? «Mi sembra che il caso emblematico in Italia sia quello di Taranto, in cui i lavoratori dell’ex Ilva devono quotidianamente scegliere tra salute e lavoro. Sono dicotomie piuttosto drammatiche e in una società matura, civile, moderna, tale scelta non dovrebbe mai doversi porre. Credo che per certe categorie di persone né il lavoro né la salute preoccupino, perché appartengono a classi privilegiate o hanno validi ammortizzatori sociali: in tal caso queste persone penseranno maggiormente alla salute. Ci sono persone, al contrario, che rischiano di non poter mangiare e mantenere la propria famiglia e si ritrovano costrette quindi a privilegiare il lavoro».
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Copertina Qual è il rischio maggiore? «Il rischio maggiore è che, essendo molto diverse ed eterogenee le condizioni delle persone che affrontano questa pandemia, si creino polarizzazioni generazionali e di fasce sociali. Mi riferisco ad esempio alle “partite Iva”, diverse dai lavoratori dipendenti o autonomi, o la diversità tra settore pubblico e privato. In tal modo si crea una divisione tra vari strati della popolazione e prese di posizioni estreme che privilegiano il breve termine rispetto a scelte ponderate e lungimiranti che altri individui si possono permettere. Bisognerebbe che ognuno capisse colui che è diverso da se stesso e che si passasse alla cultura del dono come fenomeno virtuoso circolare». Quanto pesa perdere il lavoro, l’azienda…? «Perdere un’azienda in cui una persona si è identificata pesa moltissimo, indipendentemente dal fatturato. Ciò avviene soprattutto nel caso delle aziende familiari investite di un importante significato identitario. Logicamente, in questa situazione la perdita di un’azienda potrebbe essere devastante sul piano psicologico. Altra cosa è perdere il lavoro da dirigente di una grande azienda che non è familiare e in cui non ci si è identificati totalmente, lasciando aperta l’opportunità di riciclarsi in altri settori, sebbene abbia visto affermati manager di multinazionali entrare in vere e proprie situazioni di sconforto. In generale, comunque, tanto più l’identità si riconosce nel proprio lavoro tanto più i rischi sono maggiori, ovvero laddove io sono quello che faccio e non quello che sono». E su chi non perde nulla in concreto, ma magari perde la possibilità di perseguire un progetto agognato da tempo? «Anche in questo caso in cui il concreto può non venire perso, tanto più l’identità del soggetto si identifica in quel possibile progetto (come riscatto sociale o anche solo come nuova fase di vita), tanto più la frustrazione e la rabbia, specie se accompagnate da solitudine esistenziale, possono creare stati depressivi reattivi».
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Parliamo dei manager. Quando perdono il lavoro, per l’investimento fatto, le conseguenze psicologiche possono addirittura essere peggiori di quelle di altre categorie? «Sicuramente quello del manager è un lavoro particolare in cui sono richieste delle capacità di intraprendenza, di progettualità e visioni del mondo non comuni. In tal caso, se c’è stata un’identificazione massiccia, la crisi e il fallimento avranno conseguenze psicologiche negative più delineate. Le capacità di resilienza e il pregresso stato di solidità del proprio Sé potrebbero consentire invece un momento di riflessione e forse anche di rallentamento dei propri ritmi. Il termine manager peraltro mi pare vasto. C’è il manager per eccellenza dotato anche di un profilo di personalità peculiare creativo, performante, dedito alla causa e quindi potenzialmente più esposto alla velocità negativa del cambiamento se non capace di reinventarsi o di leggere la situazione in anticipo». Quelli che restano al lavoro o che lo ritrovano, devono cercare la forza di guardare avanti e di immaginare un futuro migliore? «Certo, anche se credo che più che far leva sulla volontà, sulla forza e sulla resistenza sia necessario ripensare non a un futuro o a un ritorno alla normalità intesa come
prima (non si trattava già più di una normalità), ma a un futuro diverso perché l’eccessiva velocità no limits ha portato essa stessa al breakdown attuale. L’eccesso di volontà, il togliere troppo tempo alle cose utili a se stessi e ai propri affetti non portano a nulla di buono generalmente». Poi hanno anche il compito di risollevare, rimotivare, dare un progetto nuovo ai loro collaboratori? «Per risollevare e rimotivare solitamente c’è la possibilità di creare, a partire dalle difficoltà precedenti, utilizzando risorse e aspetti di resilienza, trovando dei nuovi validi obiettivi. È il caso di ripensare a un futuro che non può non avere obiettivi primari quali quelli del bene comune, della salute pubblica, dell’ambiente e dell’innovazione digitale e tecnologica, che in questo caso sarebbero molto comode. Si dovrebbe pensare a una tecnologia a servizio dell’uomo e non il contrario. Ma, a mio avviso, gli stessi manager potrebbero ritagliarsi un ruolo ben più importante smarcandosi dal mondo delle post-verità e della post-logica (ovvero quel tale che, pur piovendo, invece di uscire con l’ombrello esce con le ciabatte dicendo che non piove). Si fa in fretta a farci venire in mente i recenti litigi tra più o meno esperti sulla reale pericolosità e contagiosità del virus, se non addirittura sulla sua presenza, e non parlo solo dell’Italia che, nel complesso, si è comportata bene». Cosa o chi a livello psicologico può smuovere e dare forza, coraggio, sensazioni vincenti? «La chiarezza degli obiettivi e, appunto, evitando la trappola che si riassume poi in reazioni disfunzionali, la postlogica di orwelliana memoria detta anche “bipensiero”, doublethink. Guardiamo ad ora: “metti la mascherina che
il virus è al suo picco”, mentre perdiamo conoscenti persiste la convinzione che “il virus non c’è, esco senza”. Se viviamo a qualunque livello nell’era del bipensiero post-logico e i nostri referenti politici e istituzionali o i media, più o meno consapevolmente, cascano in questa trappola divisiva e quasi delirante, a mio avviso non ci sono speranze. A questo punto, stimando la capacità e anche l’intelligenza emotiva dei nostri manager, credo che possano proprio interpretare il ruolo di dissuasori del bipensiero e delle polarizzazioni di cui ho parlato per tornare a un pensiero più ancorato alla realtà e a riconoscere ciò di cui veramente abbiamo bisogno. Vanno però aiutati a crederci superando ostacoli politici e clientelari ancora incancreniti nel nostro Paese e a volte anche, come per tutti, intimamente personali». A livello collettivo, cosa serve per guardare avanti con fiducia? «Servirebbe credere nella cultura del dono, un dono non “ut des” ma che vada da A a B, da B a C, da C a D, in un circuito per cui la virtuosità dell’esperienza emotiva porti a soddisfazioni, entusiasmi e sensazioni umane di comunanza che hanno una ricaduta sulla propria qualità di vita. Non si deve investire collettivamente invece sulla contrapposizione e sugli eccessi di polarizzazione di ideologie o pensieri. Anche in un mondo competitivo come quello delle aziende e delle imprese dovrebbe essere possibile intraprendere questo cammino». Quanto è importante la vicinanza, la solidarietà, il sentirsi parte di una comunità, piccola o grande che sia? «Sentirsi parte di una comunità è molto importante. E una comunità senza la cultura del dono non è una comunità
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Copertina sana. Ripenso a quel filosofo dei nostri tempi che parlava di reazioni immunitarie delle comunità come un eccesso di anticorpi psichici contro qualcosa di nuovo e questo fa l’individuo immunitario. L’individuo comunitario invece è quello che riesce ad approdare al paradigma dell’egocum, quindi non solo ego-sum. Il Sé nasce nel “cum”, ed è per questo che il senso di appartenenza e di comunità è molto importante in una società».
determinante. Questa che si è presentata può essere un’irripetibile occasione per riconvertire non solo le produzioni per far sopravvivere economicamente un’impresa o un’azienda, ma per attuare un’epistemologia differente».
Cosa può scatenare la voglia di cambiare, innovare… un aspetto che il nostro Paese sembra aver perso da tempo? «Esattamente quello che dicevo nelle risposte precedenServono anche dei leader per risollevarci? ti: riconvertire, rigenerarsi, cogliere l’occasione per in«Sicuramente servono più leader e ventare un nuovo futuro. Ovviameno capi, leader appunto capaci di mente dipende molto da come è coleggere la realtà presente senza lastruita la società in cui si vive e al «Servono più leader sciarsi ipnotizzare dal mondo delle e meno capi, leader capaci tipo di attività dell’azienda. Un confalse illusioni delle post-verità, del testo pieno di clientelismi o di assodi leggere la realtà presente bipensiero, ma competente e capace ciazioni più o meno legali di potere, senza lasciarsi ipnotizzare di modulare l’immunità psichica. È e quindi di prevaricazioni e privilegi chiaro che andrebbe aiutato e qui l’imper pochi, è difficile che possa camdal mondo delle false portanza di una figura in azienda che biare degenerando in quello che in illusioni delle post-verità, abbia queste competenze». parte sta già avvenendo, ovvero in del bipensiero, una rabbia che porta a fenomeni soE cosa devono fare e come devono ciali regressivi che ho elencato prima competenti farlo? ma. In questo senso l’Italia non parte e capaci di modulare «Credo di avere in parte risposto premolto bene e non è avvantaggiata l’immunità psichica» cedentemente. Di certo non ci può rispetto ad altri paesi europei, anche essere leader e capo senza che esso se non dimentichiamo che se nei pasappia trasmettere l’entusiasmo e l’eesi del Centro o del Nord Europa sempio: si costruisce un team dando esempio. L’investivige un’organizzazione e un senso di comunità e civiltà mento umano sui propri collaboratori e la loro qualità maggiori per il bene comune, per l’ambiente, i diritti di vita, nonché gratificazione professionale, è di estrema civili, è vero anche che l’Italia ha dalla sua parte l’intraimportanza per sentirsi squadra». prendenza e la capacità di innovare. Io credo che più che la voglia che manca in questo Paese, questi siano Qual è la cosa più importante che ci serve a livello colletstati lunghi anni di intorpidimento ipnotico, a causa di tivo per guardare avanti e non indietro? una classe dirigente e politica che ha puntato su passio«Il paradosso attuale è che in questa situazione avremmo ni tristi, fragili, usa e getta, e non su uno spazio e un qui bisogno e dovremmo essere uniti ma anche distanti e ciò e ora pregno della storia passata e del momento presensarà l’operazione più difficile, perché noi tutti abbiamo te e del sentimento della speranza e della fiducia. In bisogno, per stare bene, di fisicità e condivisione. Ora la questo senso ci sarà molto da lavorare in un’Italia che prima manca, ma il cum-dividere non necessita di sola sta facendo di un virus una questione politica e non fisicità. Oggi, come non mai, la condivisione e la comusanitaria. Siamo comunque in buona, o cattiva, companicazione tra persone di differenti ruoli professionali è gnia, ma questo non deve essere un alibi».
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Società
PANDEMIA: GIOVANI ALLO SPECCHIO Millennials e GenZ sotto i riflettori nell’ultimo rapporto di Deloitte. Aspettative, preoccupazioni, obiettivi nel mondo postCovid. Il futuro? Sembra un po’ più roseo
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A DELOITTE Global Millennial Survey 2020 ha preso il via alla fine del 2019 e ha avuto quest’anno un’interessante continuazione durante l’epidemia Covid-19, tra la fine di aprile e l’inizio di maggio. La tradizionale indagine ha infatti integrato un ulteriore sondaggio su 13 paesi per i Millennials e 20 per i rappresentanti della Generazione Z. In totale è stato ascoltato un campione di 27.500 persone. Un aspetto generale emerso dalla survey è che queste generazioni rimangono ancorate a una serie di valori di riferimento e che la pandemia ha rafforzato il loro desiderio di aiutare a guidare un cambiamento positivo nelle loro comunità e a livello globale. L’aspirazione sembra quella di fare pressione affinché imprese e governi rispecchino il loro stesso impegno nei confronti della società, mettendo le persone davanti al profitto e dando la priorità alla sostenibilità ambientale, alla diversità, all’inclusione e all’uguaglianza retributiva. La parola chiave sembra essere “resilienza”. L’epidemia Covid-19
ha colpito duramente queste generazioni, in particolare i più giovani. Il 30% dei rappresentanti della GenZ e un quarto dei Millennials più giovani (25-30 anni) coinvolti nel secondo sondaggio hanno riferito di avere perso il lavoro o di essere stati messi in congedo temporaneo e non retribuito. A quel punto, circa un Millennial su cinque in tutto il mondo era disoccupato.
Il lavoro prima e durante la pandemia Il 27% dei Millennials e il 23% della GenZ hanno dichiarato di lavorare meno ore, mentre alcuni (Millennials 8%, GenZ 5%) lavoravano più a lungo senza un corrispondente aumento delle retribuzioni. Solo un terzo dei Millennials e il 38% dei GenZ nel secondo sondaggio hanno riferito che il loro stato di occupazione/reddito non era stato influenzato dalla pandemia. Il Millennial Survey dello scorso anno aveva messo in luce disagio e pessimismo. Sorprendentemente, la pandemia non sembra aver esacerbato questi sentimenti. In 11 dei 13 paesi gli intervistati hanno
al contrario espresso livelli di stress più bassi rispetto a quelli riportati nel sondaggio di cinque mesi prima. I risultati complessivi hanno anche mostrato un maggiore ottimismo per il futuro dell’ambiente, un forte impegno per la responsabilità finanziaria e il risparmio e opinioni favorevoli sulle risposte alla pandemia da parte dei governi, delle imprese e dei loro stessi datori di lavoro.
Una fotografia complessa ma piena di speranza Quasi la metà (48%) della Gen Z e il 44% dei Millennials intervistati tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno dichiarato di essere stressati per tutto o quasi il loro tempo, ma nella seconda fase dell’indagine i livelli d’ansia sono scesi di ben 8 punti. Se la metà degli intervistati nel primo sondaggio aveva dichiarato di ritene-
re che fosse troppo tardi per porre rimedio ai problemi causati dai cambiamenti climatici, nella seconda parte questa percentuale è calata, suggerendo che l’impatto ambientale della pandemia e un’attività economica più contenuta, con la conseguente riduzione del consumo di energia e quindi di inquinamento, abbia dato speranza che ci sia ancora tempo per agire e proteggere il pianeta. La pandemia ha inoltre determinato un senso ancora più forte di responsabilità individuale. Circa tre quarti dei rispondenti hanno affermato che questa crisi sanitaria li ha resi più comprensivi verso i bisogni degli altri e che intendono intraprendere azioni finalizzate ad avere un impatto positivo sulle loro comunità. In particolare, entrambe le generazioni hanno dichiarato che faranno uno sforzo speciale per suppor-
Millennials e GenZ rimangono ancorati a una serie di valori di riferimento. La pandemia ha rafforzato il loro desiderio di aiutare a guidare un cambiamento positivo nelle loro comunità e a livello globale, mettendo le persone davanti al profitto e dando la priorità alla sostenibilità ambientale, alla diversità, all’inclusione e all’uguaglianza retributiva
tare più attivamente le aziende e i venditori locali più piccoli dopo la pandemia. Ma allo stesso tempo non esiteranno a penalizzare le aziende i cui valori dichiarati e praticati saranno in conflitto con i propri.
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Società È interessante notare inoltre che la maggior parte degli intervistati ha dato a imprese e governi un punteggio elevato per le loro risposte alla pandemia.
Gestione delle finanze individuali e “lealtà” aziendale Nel primo sondaggio, più Millennials (50%) avevano previsto che la loro situazione finanziaria non sarebbe migliorata o sarebbe peggiorata nel prossimo anno rispetto a coloro che ritenevano che sarebbe migliorata (42%). Ma nel prossimo futuro, le prospettive non sono sembrate così cupe perché per molti la pandemia ha significato anche risparmio. Un aspetto curioso emerso dalla survey è quello della fidelizzazione aziendale, che aumenta man mano che le aziende rispondono alle esigenze dei dipendenti o aderiscono a principi di diversity, inclusione e sostenibilità verso
Più Millennials hanno affermato che vorrebbero rimanere con i loro datori di lavoro per almeno cinque anni: dichiarazioni che non hanno precedenti da quando Deloitte ha posto questa domanda per la prima volta nel 2016
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business più “impegnati”. Più Millennials hanno affermato che vorrebbero rimanere con i loro datori di lavoro per almeno cinque anni: dichiarazioni che non hanno precedenti da quando Deloitte ha posto questa domanda per la prima volta nel 2016. Resta ancora da capire come la pandemia possa influire sulla lealtà. Coloro che avrebbero lasciato l’azienda nell’arco di due anni o meno sono scesi dal 49 al 31%, mentre quelli che preferiscono rimanere a lungo termine sono passati dal 28 al 35%.
Una società migliore? L’opinione generale è incoraggiante e spiazza: la società postpandemica potrà essere migliore di quella che l’ha preceduta e la volontà di trasformare questa aspettativa in realtà c’è tutta. I Millennials e i GenZ hanno sicuramente avuto maggiori preoccupazioni per la loro salute, il benesse-
re delle loro famiglie, le prospettive di lavoro e il loro futuro finanziario a lungo termine. Ma allo stesso tempo la crisi ha anche costretto la vita a rallentare. Molti di coloro che lavoravano in ufficio ora lavorano da casa, trascorrono più tempo con la famiglia e meno in macchina e sui mezzi pubblici. Il mondo che segue la pandemia sarà sicuramente diverso e probabilmente più allineato agli ideali che i Millennials e i GenZ hanno espresso. Il motivo? Questi ragazzi hanno visto quanto velocemente la Terra possa “guarire”, quanto rapidamente il business possa riadattarsi e quanto le persone possano diventare più intraprendenti e collaborative.
Il pianeta può essere ancora salvato Nell’indagine primaria l’83% dei Millennials e il 79% dei GenZ hanno concordato sul fatto che si stanno verificando cambiamenti cli-
matici, causati principalmente dall’uomo. La metà di tutti gli intervistati (51% dei Millennials e il 49% dei GenZ) ritiene che la società abbia raggiunto un punto di non ritorno e che sia troppo tardi per riparare i danni causati dai cambiamenti climatici. E quando è stato chiesto se gli sforzi attuali e futuri per proteggere la salute del pianeta avranno successo, solo il 40% dei Millennials ha espresso ottimismo, in calo di 8 punti percentuali rispetto allo scorso anno. Ma nel mezzo della pandemia, il divario di 17 punti che separava i Millennials che credevano fosse troppo tardi (54%) da quelli che ritenevano ci fosse ancora tempo (37%) si è ridotto a soli 2 punti (dal 46% al 44%). Tra i GenZ, una separazione più piccola di 12 punti si è ridotta al 46% di chi è rimasto pessimista, contro il 44% che ritiene che non sia troppo tardi per salvare il pianeta.
Ufficio? No, grazie Il posto di lavoro nel mondo postpandemico sarà reinventato, molte attività che una volta richiedevano la presenza fisica in ufficio saranno svolte da remoto. Alcune aziende hanno già annunciato che stanno offrendo ai dipendenti la possibilità di lavorare da casa in modo permanente. Nell’indagine durante la pandemia circa un terzo di tutti gli intervistati ha affermato di aver lavorato da casa (o da remoto) per
l’intera settimana o per la maggior parte del tempo. Durante il picco della pandemia quella percentuale è salita a poco più della metà. Al contrario, circa il 45% dei Millennials e GenZ impiegati ha dichiarato di non aver mai lavorato da remoto prima della pandemia (solo un terzo dopo l’inizio della pandemia). Mentre alcuni datori di lavoro non erano preparati a gestire una forza lavoro virtuale, nel complesso gli intervistati hanno dato alle aziende il massimo dei voti per le loro azioni. Circa due terzi dei rispondenti hanno dichiarato che le piattaforme e le tecnologie It dei loro datori di lavoro hanno consentito ai dipendenti di tenersi in contatto e continuare a lavorare. Un numero uguale ha convenuto che i loro datori di lavoro avevano messo in atto politiche come orari di lavoro
Il posto di lavoro nel mondo post-pandemico sarà reinventato, molte attività che una volta richiedevano la presenza fisica in ufficio saranno svolte da remoto. Alcune aziende hanno già annunciato che stanno offrendo ai dipendenti la possibilità di lavorare da casa in modo permanente
flessibili e di congedo per aiutare a supportare i dipendenti durante la pandemia. La metà dei Millennials intervistati ha riferito che i loro datori di lavoro hanno offerto formazione, istruzione e sviluppo delle competenze per consentire un lavoro efficace e remoto. E una
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Società Global Millennial Survey 2020 Millennials
69%
Avere in futuro la possibilità di lavorare da casa allevia lo stress
64% 67%
Lo smart working consente un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata
63%
Una volta finita l’emergenza coronavirus, vorrei che il lavoro a distanza continuasse in modo frequente
In futuro preferirei utilizzare di più la videoconferenza invece di viaggiare per lavoro
64%
59% 55% 56% 56% 51%
60%
51%
61%
49%
57%
Millennials e GenZ sembrano apprezzare l’opzione del lavoro da casa. Oltre il 60% ha dichiarato che alla fine della crisi vorrebbe poter lavorare da remoto più frequentemente. Molti hanno inoltre dichiarato che vorrebbero utilizzare un sistema di videoconferenza invece di viaggiare per lavoro
Generazione Z
53%
casa. Oltre il 60% ha dichiarato che alla fine della crisi vorrebbe poter lavorare da remoto più frequentemente. Molti hanno inoltre dichiarato che vorrebbero utilizzare un sistema di videoconferenza invece di viaggiare per lavoro, un segno che gli strumenti di collaborazione cloud stanno mantenendo la promessa di connettere in modo efficiente le persone a livello globale riducendo il loro impatto sull’ambiente.
I vantaggi dello smart working maggioranza (il 59% dei Millennial, il 55% dei GenZ) ha riferito che i loro datori di lavoro ritenevano che fossero produttivi anche lontani dall’ufficio. Millennials e GenZ sembrano apprezzare l’opzione del lavoro da
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Ci sono vantaggi economici tangibili nel lavorare da remoto. I dipendenti possono risparmiare denaro su pendolarismo, vestiti, lavaggio a secco e altro ancora. E oltre la metà (56%) di tutti gli intervistati ha affermato che se gli fosse data l’opportunità di lavora-
Il mio datore di lavoro non mette in dubbio che io sia produttivo da remoto e non sente la necessità di monitorarmi troppo da vicino Se in futuro avessi l’opportunità di lavorare da remoto, sceglierei di vivere al di fuori di una grande città Mi sono sentito più in grado di “portare il mio vero io” da quando lavoro da casa a causa dell’emergenza sanitaria La mia azienda ha offerto formazione e sviluppo delle competenze per consentire ai dipendenti di lavorare da remoto in modo più efficace
re da casa, sceglierebbero di vivere al di fuori delle principali città, in cui il costo della vita è inferiore. Ma queste generazioni vedono altri motivi interessanti per evitare gli uffici. Due terzi dei Millennials hanno affermato che lavorare da remoto consente un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. La metà di tutti gli intervistati ha affermato di essersi sentita più in grado di far emergere il proprio “vero sé” con un ufficio tra le mura domestiche. La cifra è più elevata tra i genitori (59%) rispetto a quelli senza figli (43%), e anche tra quelli in posizioni di comando (62%) rispetto ai ruoli junior (42%). E quasi sette Millennials su dieci hanno affermato che l’opzione di lavorare da casa in futuro, evitando il pendolarismo, potrà alleviare enormemente lo stress (vedi grafico).
Turismo
COME RILANCIARE UN TERRITORIO?
Manageritalia da tempo opera per portare un contributo fattivo alla crescita del settore, per questo ha dato vita a Community Turismo! Una community animata anche da destination manager capaci di coinvolgere operatori ed esperti turistici interessati alla valorizzazione del territorio italiano
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M
ANAGERITALIA, che rappresenta e associa anche gran parte dei manager e delle alte professionalità del turismo, da tempo opera per portare un contributo fattivo alla crescita del settore. Per questo è nata la Community Turismo. In questa attività sono entrati come elementi di punta il desti-
nation management e i destination manager stessi. Questo perché crediamo che gestire managerialmente le destinazioni, mettendo a sistema il valore dei vari territori e dei loro operatori pubblici e privati, sia la chiave di volta di un definitivo decollo e industrializzazione del settore.
Un ruolo per rendere più efficaci i fondi Ue Per questo a settembre 2019 abbiamo organizzato alla Fiera del Levante di Bari l’evento “Fondi europei, come utilizzarli al meglio per la crescita del Sud”, che collegava il destination management all’utilizzo efficace di questi fondi.
In quell’occasione Mario Mantovani, vicepresidente Manageritalia e presidente Cida, dialogando con Loredana Capone, assessore Regione Puglia all’industria turistica e culturale, disse: «Come organizzazione dei manager e con i manager stessi vogliamo avere un ruolo propositivo per
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Turismo
Manageritalia partner dell’evento
Oltre 5mila visualizzazioni da parte di più 2mila spettatori tra Facebook, Youtube e il sito web. È questo il bilancio finale della prima edizione di “Territori e italianità”, l’evento sulla ripartenza e la condivisione di buone pratiche delle destinazioni italiane che si è tenuto in diretta streaming lo scorso 23 giugno. Dieci ore di dibattito in diretta con 32 speaker per una giornata di discussione molto partecipata che ha generato 1.155 interazioni tra relatori e pubblico. Un riscontro positivo che ha impresso un’accelerazione al progetto stesso: particolarmente apprezzato il panel conclusivo a cui hanno preso parte alcuni destination manager europei e che ha portato nei giorni successivi a ragionare su uno sviluppo della community che si è aggregata attor-
no all’evento anche in chiave internazionale. Andrea Succi, destination manager e ideatore dell’evento, spiega: «I consensi ricevuti dal pubblico e dagli speaker rappresentano un riscontro significativo sul successo dell’evento e dei temi scelti. Per questo motivo abbiamo deciso di trasformare i sei temi dei panel di “Territori e italianità” in altrettanti gruppi di studio e approfondimento grazie al contributo degli stessi speaker e di altri autorevoli professionisti, accademici, imprenditori». Paolo Borroi, anche lui destination manager e co-organizzatore dell’evento, aggiunge: «In questa modalità di interazione dinamica sul web, domande e commenti hanno creato un ponte in diretta con il contesto del singolo intervento. C’è stato inoltre interesse e apprezzamento da parte degli stessi panelist
sfruttare al meglio questi fondi. Siamo già attivi per aiutare a fare sistema le amministrazioni pubbliche locali, le strutture dedicate alla programmazione territoriale e le aziende. Parlando del Sud, e considerando il settore turistico quale principale driver di sviluppo, la figura del destination manager permette di individuare obiettivi e strategie chiari prima ancora di avere i fondi, e di condividerle con gli attori del territorio. L’idea è poi quella di assistere le strutture nella programmazione dei bandi. Avere una logica di destination management aiuta un territorio a concepirsi in termini di destinazione unica e quindi di sistema, esaltando an-
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che le eterogeneità e particolarità che danno veramente quel valore aggiuntivo. L’idea è quella di costruire un modello in cui il destination manager diventa il catalizzatore di tutti gli attori per il migliore utilizzo delle risorse, partendo da un laboratorio come la Puglia, che ha valide e recenti esperienze e competenze nel pubblico e nel privato e nella loro sinergia».
Destination manager: networking e condivisione di buone pratiche Proseguendo in questa azione, a febbraio di quest’anno alla BTO2020 di Firenze abbiamo promosso un aperitivo con i destina-
tion manager per aggregare e valorizzare questa figura. Proprio perché, come ci hanno detto i tanti presenti, chi oggi fa destination in modo professionale sente il bisogno di una community per scambiarsi informazioni, best practice, collaborare ognuno per la sua parte su progetti territoriali. Infine, lo scorso 23 giugno siamo stati partner della prima edizione di “Territori e italianità”, un webinar sulla ripartenza e la condivisione di buone pratiche delle destinazioni italiane in un momento importante di confronto tra chi nei territori fa destination management (vedi box). “Territori e italianità” è stato, in un
nei confronti dei “colleghi”. Questo a dimostrazione che un sano scambio di sapere, di scenari e contesti progettuali sono alla base di un percorso di lavoro partecipato tra professionisti, territorio, figure professionali che, a vario titolo, si occupano come noi di destination management e marketing territoriale». L’interesse si è concretizzato anche nella creazione di un maggiore connubio con la Community Turismo di Manageritalia che ha patrocinato l’evento. Il passo successivo sarà la pubblicazione del Libro Bianco del destination management, un ebook riassuntivo della giornata di lavori che sarà successivamente approfondito in una rubrica omonima su Qualitytravel.it, in cui alcuni degli speaker saranno coinvolti come responsabili dei sei temi scelti. In questo modo il sito web di “Territori e italianità”, www.territorieitalianita.it, diventerà uno spazio di confronto ma anche di racconto su quanto si sta facendo da parte di Dmc (Destination management company) di eccellenza, Dmo (Destination management organization) e amministratori locali motivati e pronti a fare la propria parte per dare qualità alla governance dell’ospitalità italiana. Inoltre si sta valutando una traduzione in inglese del sito web per mettere in rete esperienze europee, dopo che sono arrivate disponibilità in tal senso da alcuni paesi del Nord Europa.
momento di sofferenza del settore, un ulteriore tassello di un impegno che prosegue con ancora maggiore forza nell’aggregare manager e alte professionalità del settore, dare loro momenti di dialogo e scambio nonché sviluppo di idee, progetti e azioni per portare proposte concrete a livello istituzionale e alla politica, come recentemente fatto con la proposta di riduzione del costo del lavoro dei lavoratori del turismo per i tre mesi estivi – attraverso la decontribuzione totale – e contestualmente la destagionalizzazione dell’offerta. Così Mario Mantovani nel suo intervento conclusivo: «Le idee sviluppate devono trovare uno spazio
nel dibattito sul rilancio del turismo. Per questo stiamo incrementando le azioni nei confronti del governo affinché i provvedimenti e le relative risorse previste per il comparto turistico producano effetti reali a partire già dalla stagione appena cominciata».
Rappresentanza e voce agli operatori del turismo Questo l’impegno e l’obiettivo di dare rappresentanza e voce agli
operatori del turismo, partendo soprattutto, ma non solo, dalla gestione delle destinazioni e dai suoi professionisti. Il modo migliore per stimolare tutti a fare davvero sistema è mettere i destination manager a fare da catalizzatori intelligenti sul territorio di tutti gli attori, di pubblico e privato, per sfruttare la trasformazione digitale, il valore locale e tutto quanto serve per far decollare il turismo.
Per informazioni sulla Community Turismo di Manageritalia scrivi qui community.turismo@manageritalia.it
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Intervista
QUALE LAVORO POST-COVID?
Cristina Spagna, managing director Kilpatrick Group.
Eliana Sambrotta
C’è chi, inoccupato, aveva sostenuto l’ultimo colloquio di selezione a metà febbraio e tutto faceva pensare a un’imminente assunzione, ma poi l’azienda reclutante si è come volatilizzata. C’è chi, in carriera, aveva trovato una nuova strada, si voleva buttare, dimissioni già imbustate, ma poi si è bloccato, ha tenuto caro quel noioso posto di lavoro ma che dà un’inconfutabile stabilità economica. C’è chi, infine, ha visto esplodere le richieste per la propria figura professionale, ma non ha il coraggio di esultare perché si domanda “durerà?”. Da inizio marzo il mercato del lavoro si è prima bloccato, quasi sotto shock, poi stravolto, ora attraversiamo un limbo che promette ondate di licenziamenti. Al contempo si sono modificate moltissimo anche le modalità di recruiting e, forse, non è da tutti sostenere con disinvoltura un colloquio in videochiamata o, peggio ancora, semplicemente telefonico. Abbiamo cercato di fare chiarezza sul settore con Cristina Spagna, managing director Kilpatrick Group. Con un occhio di riguardo ai manager e alle skills a loro più richieste. Come è cambiato il mercato del lavoro e come si è evoluto man mano che attraversavamo le varie fasi dell’emergenza, da febbraio a oggi? «Il 2019 si è chiuso positivamente, secondo le statistiche ufficiali Istat, con un numero di occupati in Italia al massimo storico e quin-
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di anche l’anno 2020 è iniziato con un’ondata positiva, ma le misure di contenimento contro il virus hanno creato uno shock che ha coinvolto sia l’offerta, dovuta alla sospensione delle attività di molte imprese, sia la domanda, per la contrazione di consumi e di redditi. Il giudizio delle aziende sul fu-
turo e sulle attese di occupazione per i prossimi mesi purtroppo non è positivo per la maggior parte dei settori, specialmente quello manifatturiero e dei servizi. L’emorragia occupazionale in questi mesi in Italia è stata contenuta dai vigenti ammortizzatori sociali, ma ci aspettiamo un flusso importante di licenziamenti appena le limitazioni verranno tolte». Quali saranno le figure manageriali più richieste post-Covid? «La ricetta delle aziende per i prossimi mesi è il “cambiamento”. Le imprese che non hanno manager adeguati a traghettarle fuori da questa emergenza economica si troveranno a un bivio: continuare a riporre fiducia nella vecchia gestione o azzardare al nuovo e ricercare manager più adatti ad affrontare temi di change, di internazionalizzazione e digitalizzazione. In Kilpatrick
stiamo notando richieste che vanno in questa direzione, così come la crescita di domanda di Hr manager evoluti e adeguati al momento. Chi ha dovuto affrontare questo periodo senza un Hr bravo ha sofferto e soffrirà non poco. Rimane il trend di crescita relativo alle professioni della nuova era digitale. Per quanto riguarda, invece, il middle management, le figure di data scientists, digital innovation specialists, data analytics specialists e tutto ciò che ha a che fare con la trasformazione digitale dei business e delle aziende è in continua crescita. Il retail si sta trasformando sempre di più in e-commerce e quindi le figure con tali competenze, oltre a quelle che operano in ambito di supply chain, sono particolarmente richieste, perché le aziende si stanno attrezzando rivedendo la politica dei fornitori e la logistica distributiva».
Quali sono le skills più richieste dal mercato? «I manager non hanno un manuale di istruzioni per gestire questo momento, ma sono chiamati a decidere velocemente in base all’intuizione, più che su analisi e dati oggettivi. Il mercato in questo momento ha bisogno di persone in grado di ricercare e perseguire soluzioni di business volte a portare risultati concreti e duraturi. Spesso ai manager viene chiesto di intraprendere percorsi inusuali fornendo il loro contributo per trovare o creare nuove opportunità. È importante saper leggere i segnali del mercato e interpretarli per guidare l’azienda verso scelte più sicure e produttive e spesso i manager devono uscire dalla propria area di comfort. La digital transformation, poi, non è più solo uno slogan o un pensiero, ma è il presente e richiede skills adeguate. Ai manager sono richieste anche doti di flessibilità ed ela-
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Intervista sticità mentale, resilienza, responsabilità, coraggio e proattività. Infine, il tema caldo del momento è la gestione del cashflow e quindi la sensibilità al numero è fondamentale per supportare imprenditori e board». Come sono cambiate le modalità di fare recruiting? «L’emergenza Covid ha dato una “scossa” al modo di fare selezione
«L’emergenza Covid ha dato una “scossa” al modo di fare selezione in Italia. In questi mesi abbiamo gestito con successo processi di selezione totalmente virtuali. I candidati erano e sono più liberi e disponibili a rispondere alle nostre chiamate e a mettersi in gioco per nuove opportunità»
in Italia. Da anni Kilpatrick lavora su ricerche internazionali in varie parti del mondo e la maggior parte dei paesi avevano già implementato processi completamente virtuali. In Italia, le aziende che mal digerivano la non fisicità dei processi sono state costrette a operare con questa modalità e sono rimaste piacevolmente sorprese dall’efficacia del metodo. In questi mesi abbiamo gestito con successo pro-
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cessi di selezione totalmente virtuali. I candidati erano e sono più liberi e disponibili a rispondere alle nostre chiamate e a mettersi in gioco per nuove opportunità. Certo è che, quando si arriva al momento della scelta, molti sono impauriti e alcuni non riescono a fare il salto. La novità, inoltre, è che la maggior parte dei candidati richiede nel pacchetto offerto dall’azienda giornate di smart working anche per il futuro». Selezioni da remoto: pro e contro per il candidato e per il selezionatore. «Abbiamo ormai dati derivanti da tante ricerche fatte negli anni all’estero (e ora anche in Italia) per dichiarare che non esiste alcuna controindicazione a rendere virtuale il processo di selezione. Certo, è necessario che sia il selezionatore che il candidato dedichino all’intervista il giusto tempo, che si presentino in modo professionale con una buona connessione. In questi mesi le persone hanno avuto modo di allenarsi a muoversi con professionalità nel mondo delle videoconferenze e hanno imparato a cogliere meglio le sfumature. È sempre bello poter stringere la mano di una persona, ma si può creare un rapporto di fiducia e duraturo anche in modalità digitale». Sulla base della vostra esperienza, le aziende che stavano assumendo prima dell’emergenza si
sono fermate, stanno proseguendo le selezioni così come avevano programmato o, ancora, le stanno continuando dopo aver modificato qualcosa nei parametri delle figure ricercate? «Dipende molto dal tipo di figura ricercata. Per quanto riguarda professionalità con un forte impatto sul business e che sono chiamate ad apportare competenze e cambiamenti nelle organizzazioni, allora le aziende stanno comunque proseguendo la loro ricerca come da programma e, anzi, in alcuni casi con più urgenza. Si sono invece fermate tutte le selezioni non prettamente necessarie». Dal vostro punto di vista internazionale, ci sono al momento differenze tra l’andamento del mercato in Italia, Europa e resto del mondo? «Ci sono delle enormi differenze. Alcuni paesi, come Spagna e Uk, sono in sofferenza e più simili all’Italia mentre, nella maggior parte dei casi, i nostri uffici esteri registrano un andamento del mercato del lavoro più fluido. Il Nord Europa, per esempio, si sta muovendo attivamente su selezioni di personale e l’America mantiene la sua caratteristica di un mercato del lavoro fluido, nel bene e nel male. La maggior parte dei paesi non hanno bloccato l’economia e, nonostante le difficoltà sanitarie, hanno meno rigidità nei meccanismi burocratici del mercato del lavoro rispetto al nostro Paese».
Digitale
VERSO UNA LEADERSHIP INGEGNOSA La trasformazione del lavoro richiede di ripensare il ruolo del leader, di rileggerlo con la lente del digitale e della mobilità ridotta. Una nuova figura a cui servono non solo muscoli tecnologici, ma arguzia e ingegno
Andrea Granelli fondatore di Kanso
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I
TRE SHOCK generati dal post-Covid – meno mobilità lavorativa, necessaria compressione dei costi operativi, esplosione del digitale – richiedono di trovare nuove configurazioni, o meglio ibridazioni, fra la presenza fisica e quella virtuale nel modo di lavorare, che non si risolvano nella banale “digitalizzazione” di quanto si faceva prima. Questo necessario ridisegno organizzativo vede la remotizzazione, o meglio la “schermizzazione”, come la regola del “next normal” e non tanto l’eccezione da gestire nella fase acuta della crisi. Il lavoro, infatti, sarà sempre più caratterizzato non tanto dal digitale (che è già molto presente nei luoghi di lavoro anche più tradizionali), ma dal “tutto-attraverso-ilvideo”: dal fatto cioè che la complessità e l’articolazione del mondo esterno e del contesto lavorativo si traduce in immagini bidimensionali su un piccolo schermo rettangolare. Tutto il lavoro, l’accesso alle informazioni e l’interazione con l’esterno avviene attraverso questo piccolo rettangolo digitale, che è anche uno specchio dove noi riverberiamo la nostra
immagine (ripresa da una webcam o postata su un social) nel mondo esterno. Questa trasformazione richiede pertanto di ripensare alla leadership, di rileggerla con la lente del digitale e della mobilità ridotta; di far evolvere l’arte della guida per renderla adatta ed efficace a ope-
rare anche negli ambienti digitali. Non si tratta, cioè, di stabilire se è meglio lavorare in presenza o da remoto, quanto piuttosto di partire dal fatto che un autentico leader non potrà permettersi di vedere degradata la sua efficacia manageriale se forzato a una frequente interazione e collaborazione tramite il digitale.
I manager a più dimensioni Non bastano dunque leader semplicemente smart… devono essere anche profondi, sensibili ai temi etici e soprattutto ingegnosi. Da un’abilità decisionale a due di-
mensioni – utilità per il mercato e remunerazione degli azionisti e del capitale investito – i manager e imprenditori del “next normal” dovranno sviluppare una vera e propria capacità di discernimento in grado di prendere decisioni che abbracciano più dimensioni e permeate di valori etici. Non solo quindi utilità e profitto, ma anche equilibrio sociale, qualità ambientale, irrobustimento di clienti e fornitori, benessere psicologico dei dipendenti. Questa sfida manageriale richiede di affrontare alcune importanti questioni operative tra cui: come
instillare nei manager di lungo corso la digital intelligence, visto che li porta necessariamente fuori dalla zona di confort; come riprogettare le attività in smart work senza cadere nei suoi numerosi trabocchetti e limitarsi a consolidare lo status-quo; come aiutare le figure apicali e i top professional a costruirsi i propri “zaini digitali” per lavorare agilmente lontano dall’ufficio.
Oltre il concetto di smartness Per muoversi a proprio agio in questo ambiente nuovo e discontinuo, caratterizzato da incertezza, ambiguità e uno strapotere della tecnologia, non basta corazzarsi di piattaforme digitali e imbottirsi di dati: sono indispensabili alcune “doti umane” che vanno oltre il concetto di smartness – l’abilità tecnica (soprattutto di-
I manager e imprenditori del “next normal” dovranno sviluppare una capacità di prendere decisioni che abbracciano più dimensioni e permeate di valori etici. Non solo quindi utilità e profitto, ma anche equilibrio sociale, qualità ambientale, irrobustimento di clienti e fornitori, benessere psicologico dei dipendenti
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Digitale gitale): carattere (equilibrio psichico, coraggio, cuore e forza d’animo); integrità (coerenza… saper sempre dire in modo chiaro e comprensibile ciò che si crede sia giusto); arguzia (fatta di ingegnosità e saggezza).
Arguzia, una dote umana indispensabile In particolare, l’arguzia – da alcuni chiamata intelligenza pratica
– denota prontezza, sottigliezza d’ingegno e vivacità nel parlare e nello scrivere, anche in modo brioso e spiritoso. Arguto vuol dire letteralmente acuto, penetrante (detto specialmente del suono o della voce). Indica anche la capacità di cogliere ed esprimere gli aspetti più singolari delle cose. In questo concetto potente ci sono tre elementi di grande attualità educativa.
Digital Awareness Improvement - Conversazioni sulla trasformazione digitale è un percorso progettato da Cfmt e nato a fine del 2018. In questi anni ha avuto come obiettivo quello di approfondire i temi legati alla digital transformation. Un roadshow con due anime che ha indagato sia i più importanti temi connessi ai driver tecnologici, sia la componente umana – quella soft – che consente di riprogettare le organizzazioni, i processi e le competenze per cogliere il meglio delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Abbiamo reso disponibili per tutti i nostri associati le pillole video delle tappe di questo roadshow che ha visto sul palco Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute, con il quale abbiamo affrontato i più importanti temi connessi ai driver tecnologici, e Andrea Granelli, socio fondatore Kanso, con cui abbiamo toccato gli aspetti culturali, valoriali e relazionali. Per comprendere il senso della rivoluzione digitale in corso, prima ancora di parlare di competenze digitali, è necessario partire dall’acquisizione di una nuova consapevolezza relativa al tema della trasformazione digitale e dei punti di forza e debolezza che tale fenomeno presenta, oltre che delle sfide di fronte alle quali pone azienda e manager. Digita “DAI” nella barra di ricerca sul sito www.cfmt.it e troverai tutte le pillole video
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L’arguzia richiede acutezza, che è propria della vista della lince, e cioè la capacità di penetrare e comprendere anche le cose più inaccessibili. Da questo concetto è nata l’Accademia dei Lincei, per contrastare il carattere erudito e antiquario delle accademie del tempo e l’irrigidimento dell’insegnamento aristotelico dominante nelle università.
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«L’intelletto senza agudeza… è un sole senza luce» osserva Baltasar Gracián (1648): è infatti essenziale avere un metodo non solo per conoscere ma anche per vivere bene; non il metodo scientifico del sistema deduttivo (da cui “smart”), bensì il metodo ingegnoso, che si accende con lo “stupore” evocatore della “curiosità”… da cui nasce la novità. Questo metodo fa leva sul potere conoscitivo del pensiero ingegnoso e la funzione immaginifica di metafore e analogie. Fonte dell’agudeza è l’antico sapere greco della metis (figlia di Oceano e simbolo dell’intelligenza femminile), un’intelligenza astuta e obliqua, accorta e polivalente, prudente e mobile.
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Metis: forma di intelligenza e pensiero In particolare, l’intelligenza metica è a suo agio nel regno dell’ambiguo e dell’imprevedibile e uni-
sce l’intuito, la sagacia, la previsione, la spigliatezza mentale, la finzione, la capacità di trarsi d’impaccio, la vigile attenzione, il senso dell’opportunità, l’abilità in vari campi. Richiede dunque un’esperienza acquisita dopo lunghi anni di vita sul campo. Gli antichi cacciatori e pescatori erano scaltri nel preparare le trappole e nel neutralizzare le astuzie del cervello animale. Infatti la metis presuppone l’unione di abilità umane e animali – la vista della lince, il polimorfismo del polipo, il mimetismo della seppia, la furbizia della volpe – e unisce le capacità mimetiche (saper piegare le caratteristiche dell’ambiente, anche quelle più ostili, a proprio favore) con il saper cogliere il momento opportuno, quello che i greci chiamavano kairos, per distinguerlo dal tempo ufficiale – il chronos – che invece subiamo. Per colpire la preda, la freccia va infatti scoccata non prima né dopo, ma in “quel” momento.
Odisseo: un leader quanto mai attuale Interessante richiamare alla memoria alcuni degli epiteti con cui veniva descritto Odisseo, un leader dell’antichità particolarmente attuale e uomo delle molteplicità (oggi diremmo della complessità). Egli era abile e di successo non per la sua forza ma per il suo ingegno: era infatti polumèkanos (capace di escogitare molti artifizi), polùtlas
(paziente, che sa resistere a molti mali – oggi diremmo resiliente), polùtropos (che ha viaggiato molto, facendo molta esperienza), ma soprattutto polùmetis (dalle molte astuzie… e cioè colui che possiede un’astuzia capace di manifestarsi in molti modi, un’intelligenza femminile obliqua e adattativa). Oltretutto la conoscenza punta al fare, mentre la saggezza serve a decidere: i Greci la chiamavano phronesis, indicando appunto quel tipo di sapere capace di indirizzare le scelte, quella disposizione virtuosa che permette di dirigere la condotta umana, discriminando fra bene e male.
Smart work: coordinare un team agile Questi temi sono stati affrontati in uno specifico seminario di Cfmt: “Guidare un team in smart work”, che ha messo in luce le principali differenze rispetto alle forme più tradizionali di leadership. Una delle sue specificità è proprio lo smart work: lavorare e coordinare un team “sparpagliato” usando prevalentemente strumenti digitali e da remoto. Smart work non
Smart work non vuol dire fare da remoto ciò che si faceva in presenza, ma reinterpretare la propria attività attraverso uno schermo e reintegrare ciò che un ambiente digitale comprime: relazioni, emozioni, comprensione del contesto...
vuol dire fare semplicemente da remoto ciò che si faceva in presenza, ma reinterpretare la propria attività attraverso uno schermo e reintegrare ciò che un ambiente digitale comprime: relazioni, emozioni, comprensione del contesto... E il tutto con un impasto di carattere, ingegnosità e sapienza, ben riassunto da un pensiero folgorante di Marco Aurelio: «Che mi sia data la forza per sopportare quello che non può essere cambiato e il coraggio di cambiare ciò che lo può essere, ma ancor di più la saggezza per distinguere l’uno dall’altro».
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Economia
LA SHARING MOBILITY DOPO LA PANDEMIA La mobilità condivisa in Italia si adatta ai cambiamenti determinati dalla crisi sanitaria. Le sue potenzialità di trainare l’innovazione e la sostenibilità dei trasporti richiedono una visione d’insieme basata sulla collaborazione tra pubblico e privato
Niccolò Gori Sassoli
L
A MOBILITÀ condivisa in Italia si evolve, dopo il crollo dell’80% delle prenotazioni registrato durante il lockdown, adattandosi ai cambiamenti delle abitudini degli utenti e ai vincoli sanitari. Diverse imprese sono entrate o stanno entrando in un mercato segnato dalla ridefinizione delle politiche per il trasporto pubblico, in crisi per il calo della domanda. Chi può lavorare a distanza evita di muoversi. Molte persone che prima prendevano bus e tram oggi si spostano in macchina mentre altri camminano, pedalano, pattinano. Nonostante le sanificazioni, il timore del contagio rimane, sia per quanto riguarda i mezzi pubblici sia per le auto condivise.
crescita delle immatricolazioni di veicoli di mobility pay-per-use (l’insieme di mezzi del car sharing, noleggio a breve e lungo termine di auto e furgoni leggeri) una flotta di 1,2 milioni di unità che rappresenta il 25% dell’immatricolato nazionale. Che il settore fosse complicato era noto anche da prima del Covid, come evidenziato per esempio dalla decisione di Share Now – uno dei principali operatori mondiali, nato dalla joint venture tra i marchi Car2Go di Mercedes e DriveNow di Bmw – di cessare il servizio in alcune città come Firenze (ma anche Bruxelles e Londra e cinque grandi città del Nord America) per concentrarsi su 15 aree urbane europee, in Italia a Roma, Milano e Torino.
Dinamiche contraddittorie
La fiducia non manca
Nel 2020 l’espansione dei servizi di car sharing registrata nel 2019 dovrebbe rallentare, al contrario di quella di scooter, bici e monopattini. Per l’associazione dell’autonoleggio e dei servizi automobilistici Aniasa Confindustria, nel 2020 si interromperà il trend di
La dimestichezza degli italiani con la sharing mobility, che si stava consolidando prima della pandemia, non sarebbe comunque in discussione. Un’indagine condotta dall’Osservatorio sharing mobility (Osm) rivela che ad aprile, in pieno lockdown, il 61% di chi
ricerca e innovazione Manageritalia
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utilizzava abitualmente il car sharing prima dell’emergenza si dichiarava pronto a riutilizzarlo nella Fase due. Percentuali più alte per gli utenti di scooter sharing (66%) e bike sharing (69%). I veicoli con la più alta percezione di sicurezza sono quelli senza abitacolo. Su una scala di valori da 1 a 5 i mezzi pubblici sono in basso, con un punteggio di 1,9, il car sharing si posiziona sopra la media con 3,1, monopattini, bike scooter sharing al 3,7 e l’auto privata al 4,5. Dai dati dell’Osm emerge che in Italia sono operativi 364 servizi di mobilità condivisa in 271 comuni, a cui sono iscritti 5,2 milioni di persone.
Offerta eterogenea, gestione difficile Un’offerta eterogenea sia per tipologia di mezzi – dai furgoni ai monopattini passando da biciclet-
te, scooter e auto di varie categorie, quasi la metà elettrici – sia per condizioni di utilizzo. I servizi station-based vincolano a stalli di sosta o parcheggi riservati, quelli free-floating consentono la sosta ovunque. I primi si rivolgono in prevalenza a utenti abituali e di solito consentono la prenotazione anticipata, i secondi a quelli occasionali. Nell’ultimo periodo emergono modalità miste che allargano le possibilità di fruizione. La gestione delle flotte genera un indotto e un’occupazione significativi: migliaia di persone, 24 ore su 24, lavorano per manutenere, rifornire o ricaricare, pulire e spostare i veicoli cercando di farli trovare al posto giusto e al momento giusto. Con loro ci sono anche i fornitori dei software, i call center, gli amministratori dei database, spesso in condivisione con le municipalizza-
Secondo l’Osservatorio nazionale sharing mobility, in Italia sono operativi 364 servizi di mobilità condivisa in 271 comuni, a cui sono iscritti 5,2 milioni di persone
te dei trasporti. Un impegno organizzativo complesso e oneroso, soprattutto per le auto, che generano pochi margini o sono in perdita, tra spese di manutenzione, guasti, danneggiamenti e tasse. A questi si sono aggiunti gli oneri della sanificazione e gli investimenti in marketing e comunicazione per ricostruire la fiducia con gli utenti e spiegare le nuove condizioni di utilizzo, nonché attirare nuovi utenti e trainare la mobilità del futuro.
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Economia informazioni e di competenze. «Per attrarre gli investimenti messi in campo per la ripresa è necessario che il piano si traduca nel disegno e nell’attivazione di progettualità concrete grazie a una collaborazione sistematica pubblico-privato».
I legami con il welfare
Per consolidare la sharing mobility bisogna fare un passo avanti: considerarla come componente organica del trasporto pubblico locale
gli esperti, evidenziando alcuni paradossi. Gli italiani usano i mezzi in sharing come un servizio pubblico e alcune municipalizzate offrono servizi di sharing, ma gli oneri imposti dai comuni alle aziende si riflettono sui costi finali e molte zone dove non arriva il Tpl restano scoperte perché considerate non strategiche.
Le mission degli operatori
Un volano di innovazione
Le mission degli operatori sono accomunate da un filo conduttore: quello di facilitare l’agilità degli spostamenti offrendo mezzi leggeri, facili da usare, sostenibili, funzionali all’intermodalità. Per consolidare la sharing mobility come un’attività duratura e concretizzarne l’ambizione di fare da volano per l’innovazione della mobilità bisogna fare un passo avanti: considerarla come parte integrante del trasporto pubblico locale. Lo sostengono i manager del settore e
«Clienti, operatori, istituzioni, nessuno sarà escluso dall’esigenza di reinterpretare il modo con cui pensa alla mobilità» sostiene Luigi Onorato, senior partner di Monitor Deloitte, evidenziando come dopo il Covid siano aumentate la propensione a usare servizi digitali, la sensibilità per la sicurezza, l’esigenza di un adeguamento infrastrutturale e auspicando l’adozione di un piano nazionale per la “nuova mobilità” incentrato sullo scambio di
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«Bisogna costruire nuove sinergie tra pubblico e privato perché la mobilità condivisa è una straordinaria opportunità per far crescere la green economy, creare occupazione, migliorare la vita nelle città e decongestionarle, realizzando allo stesso tempo una maggiore equità sociale – afferma Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, chiedendo una visione politica di lungo termine – la sharing mobility dovrebbe essere concepita come strumento di welfare e di sviluppo territoriale, un modo per garantire il diritto di spostamento, analogamente ai contratti di servizio di treni e bus, finanziati dalla collettività anche quando sono in perdita».
Trasformazioni in divenire Pilastro della sharing economy e non solo, la mobilità condivisa in Italia attraversa una fase di trasformazione e incertezza legata a doppio filo ai processi e ai fenomeni di natura economica, sociale e culturali a essa collegati, tra cui la gestione dei tempi di vita e lavoro nell’anno zero dello smart wor-
Dallo shangai al ventaglio Parla Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e associato a Manageritalia
«I
l ricorso forzato allo smart working e all’uso di tecnologie digitali sono i due fenomeni accelerati dalla pandemia che più stanno cambiando l’approccio delle persone con la mobilità. I diversi mezzi di trasporto che prima consideravamo come pezzi di uno shangai sul tavolo degli spostamenti urbani – auto privata, bus, metro, sharing, bici, taxi ecc. – oggi si possono considerare come le componenti di un ventaglio di soluzioni integrate». Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e coordinatore dell’Osservatorio sharing mobily - Osm, spiega con questa immagine le attività realizzate in questo periodo con il progetto
king, il valore della proprietà dei beni strumentali, l’impiego del tempo libero e il turismo di prossimità. Fenomeni e processi “liqui-
Lesscars, una conferenza-piattaforma partita il 17 giugno e aperta per cento giorni dedicata a innovare tramite il networking tra operatori, manager, ricercatori e decisori pubblici l’approccio alla mobilità sostenibile in Italia. «Stiamo capendo che decongestionare le città nelle ore di punta è possibile, riducendo e ridistribuendo i flussi, con investimenti limitati e ricadute sociali ed economiche positive». Orsini prosegue invitando a usare la managerialità per consolidare il cambiamento: «Serve un grande sforzo organizzativo, i manager che stanno ridefinendo tempi e modi della produzione, le politiche retributive e motivazio-
di” sui quali la pandemia ha impresso svolte e accelerazioni di cui prevedere la direzione è difficile e necessario per chi – come manager,
nali possono intervenire su molti fronti. Basti pensare al welfare aziendale con incentivi al trasporto pubblico che potrebbero essere estesi alla sharing mobility. Oppure alle auto benefit e alle flotte delle aziende, migliaia di veicoli costosi che rimangono spesso fermi e potrebbero generare ricavi se fossero condivisi».
politico, tecnico, ma anche come semplice cittadino – è chiamato a riorientarsi nella nuova normalità in cui siamo immersi.
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
osservatorio
DIGITAL TRANSFORMATION: AGEVOLAZIONI PER LE PMI CHE INNOVANO
È
stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 164 del 1° luglio 2020 il decreto contenente “Criteri, condizioni e modalità per la concessione ed erogazione delle agevolazioni a favore della trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese attraverso l’implementazione delle tecnologie abilitanti individuate nel Piano nazionale Impresa 4.0 e delle tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera”. La misura, introdotta dal decreto Crescita, prevede contributi per favorire la trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle pmi italiane, che saranno erogati sotto forma di finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto. Le agevolazioni sono destinate a progetti per un importo non inferiore a 50mila euro e non superiore a 500mila euro e sono concesse sulla base di una percentuale nominale dei costi e delle spese ammissibili pari al 50%, di cui il 10% sotto forma di contributo e 40% come finanziamento agevolato. I progetti possono essere presentati sia da imprese singole che associate, fino a 10 soggetti aderenti, mediante contratti di rete o altre forme di collaborazione in cui figuri, come capofila, un Dih – Digital innovation hub – o un Edi – Ecosistema digitale per l’innovazione.
Tali progetti devono prevedere l’implementazione di tecnologie abilitanti individuate dal Piano nazionale Impresa 4.0 e tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera, finalizzate: 1. all’ottimizzazione della gestione della catena di distribuzione e della gestione delle relazioni con i diversi attori; 2. al software; 3. alle piattaforme e applicazioni digitali per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio; 4. ad altre tecnologie, quali sistemi di e-commerce, sistemi di pagamento mobile e via internet, fintech, sistemi elettronici per lo scambio di dati, geolocalizzazione, tecnologie per l’in-store customer experience, system integration applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things. I termini e le modalità di presentazione delle domande saranno definiti con un successivo provvedimento direttoriale del Mise.
https://bit.ly/GU-decreto-incentiviPmi
XXII RAPPORTO ALMALAUREA: LA SITUAZIONE DEI LAUREATI POST COVID-19
A
lmaLaurea, per la prima volta, contestualmente alla presentazione del Rapporto, ha analizzato i dati parziali (da marzo a giugno 2020) raccolti sulla condizione occupazionale dei laureati per fotografare la situazione contingente, con particolare riferimento al periodo di lockdown causato dall’emergenza Covid-19, approfondito con un’indagine ad hoc. Anche per il mondo dell’università infatti c’è un prima e un dopo il coronavirus. I dati analizzati evidenziano abbastanza chiaramente come siano in particolare i
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neolaureati (intervistati a un anno dal titolo) ad avere accusato il colpo legato alle conseguenze dell’epidemia. Nei primi mesi del 2020 il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo è pari al 65% tra i laureati di primo livello e al 70,1% tra i laureati di secondo livello. Rispetto alla rilevazione del 2019, entrambe le quote sono in calo rispettivamente di -9 e di -1,6 punti percentuali. I dati parziali del 2020 mostrano che la retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è, in media, di 1.177 euro per i
laureati di primo livello e 1.261 euro per quelli di secondo livello. Rispetto alla rilevazione del 2019 le retribuzioni a un anno risultano in tendenziale calo: -2,8% per i laureati di primo livello, -1,9% per quelli di secondo livello. A cinque anni dal titolo, invece, i primi dati del 2020 indicano una retribuzione pari a 1.502 euro mensili, stabile rispetto al 2019. Confermati anche in questo caso i divari di genere e quelli territoriali. https://bit.ly/AlmaLaureaOccupazione
ISTAT: “RAPPORTO ANNUALE 2020. LA SITUAZIONE DEL PAESE”
L
a ventottesima edizione del Rapporto annuale sulla situazione del Paese esamina lo scenario venutosi a creare con l’irrompere dell’emergenza sanitaria e verifica gli effetti sulla società e sull’economia dell’Italia. Rappresenta e analizza i cambiamenti in atto, partendo dalle informazioni raccolte nel periodo più critico, anche attraverso indagini specifiche presso le famiglie e le imprese. Dedica un’attenzione particolare all’impatto dell’epidemia sulla mortalità, alla situazione del Sistema sanitario nazionale, alla qualità della vita degli anziani. Approfondisce l’analisi della mobilità sociale, delle disuguaglianze di genere e generazionali e l’evoluzione del mercato del lavoro, rilevanti per comprendere il tessuto su cui si innesta la crisi in atto. Analizza sia i punti di forza sia le fragilità del sistema delle imprese, individuando i possibili effetti immediati della recessione. Infine, il Rapporto riprende alcuni temi al centro dell’agenda nazionale e internazionale, tra cui la natalità, lo stato dell’ambiente, il capitale umano, che corrispondono a criticità ineludibili, soprattutto in un’ottica di investimento per il futuro. https://bit.ly/Istat-Rapporto2020
DECRETO SEMPLIFICAZIONI: ADEMPIMENTI PIÙ RAPIDI PER LE IMPRESE
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l consiglio dei ministri del 6 luglio 2020 ha approvato un decreto legge che introduce misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale con l’obiettivo di semplificare i procedimenti amministrativi, eliminare e velocizzare gli adempimenti burocratici, digitalizzare la pubblica amministrazione, sostenere l’economia verde e l’attivita di impresa. Il decreto interviene, in particolare, su semplificazioni in materia di contratti pubblici ed edilizia, su semplificazioni procedimentali e responsabilità, su misure di semplificazione per il sostegno e la diffusione dell’amministrazione digitale e su semplificazioni in materia di attività di impresa, ambiente e green economy. https://bit.ly/DecretoSemplificazioni-GU
CONSEGUENZE DEL COVID-19 SUL LAVORO SECONDO ILO
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l 30 giugno scorso l’International labour organization (Ilo) ha diffuso la quinta edizione della Nota “Covid-19 and world of work”. Il documento parte da una retrospettiva sull’interruzione del lavoro nella prima metà dell’anno. Il mondo del lavoro è stato duramente colpito dall’adozione di misure di contenimento che hanno portato alla chiusura dei luoghi di lavoro di diversa intensità e durata. Le perdite di ore di lavoro sono di gran lunga superiori rispetto alle stime precedenti: si evidenzia una riduzione dell’orario di lavoro globale del 14% nel secondo trimestre del 2020 (in aumento rispetto alla precedente stima del 10,7%), che equivale a 400 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Le interruzioni massicce del mercato del lavoro causate dalla pandemia colpiscono tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici, ma alcuni gruppi pagano maggiormente le conseguenze. La crisi causata dal Covid-19 sta colpendo infatti in modo sproporzionato le lavoratrici. Questo incre-
menta il rischio di retrocedere rispetto ad alcuni dei traguardi raggiunti negli ultimi decenni e di esacerbare le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro. Proiettare i risultati del mercato del lavoro per il prossimo periodo è complicato a causa della mancanza di precedenti storici sulla rapidità con cui i mercati possono riprendersi da una tale crisi. L’Ilo ha considerato diversi scenari di ripresa che saranno determinati dalle scelte e dalle politiche, nonché dall’andamento della pandemia. Fino ad oggi, la maggior parte dei paesi ha messo in campo risorse spesso senza precedenti per rilanciare l’economia e l’occupazione, attraverso misure di stimolo fiscale e monetario, di protezione sociale e altre politiche. È chiaro che le decisioni prese nel prossimo futuro avranno implicazioni a lungo termine per il mondo del lavoro. In molti casi, il dialogo sociale – che coinvolge governi, datori di lavoro e lavoratori – si è dimostrato uno strumento valido per definire
politiche efficaci, equilibrate e accettabili a livello settoriale e nazionale. https://bit.ly/Ilo-Monitor
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Pari opportunità
UNA LEGGE CHIUDERE GENDER PAY
La differenza retributiva tra uomo e donna a parità di ruolo e mansione è ancora oggi del 17%. Una proposta di legge innovativa, partita da un’idea del nostro Gruppo Donne Manager, vuole colmare il gap culturale e reale
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NA PROPOSTA di legge innovativa per ribaltare le logiche in gioco, proponendo un controllo attivo delle segnalazioni. Un’alternativa all’attuale disciplina, che prevede blande verifiche passive sulle dichiarazioni dalle aziende. Questo, in estrema sintesi, l’obiettivo della proposta di legge sul Gender pay gap a prima firma di Alessandro Fusacchia e sottoscritta da Lia Quartapelle, Rossella Muroni, Paolo Lattanzio e Erasmo Palazzotto, deputate e deputati iscritti a Movimenta. La proposta, sostenuta da Manageritalia e dal suo Gruppo Donne Manager, è finalmente in discussione in Parlamento e preve-
de che siano valutate le segnalazioni delle dirette interessate o delle consigliere di Parità con indagini campionarie continuative, creando un dialogo costruttivo tra azienda e lavoratrice, per cambiare la cultura del lavoro in Italia. Insieme a questa rivoluzionaria riforma si propongono altre novità come il congedo parentale, il lavoro agile ecc. per dare davvero a tutti il diritto al lavoro. Il Gender pay gap è molto diffuso in tutto il mondo, ma in Italia è ancora più d’intralcio al definitivo decollo dell’occupazione femminile, perché troppo spesso proprio la minore retribuzione della donna determina scelte familiari che affossano il loro lavoro e lo sviluppo del Paese. Su questo tema Manageritalia ha organizzato l’11 giugno un interessante webinar intitolato “Attiviamoci per chiudere il (Gender pay) gap”, che ha fatto proprio il punto su questa proposta di legge e sul tema in generale del divario retributivo tra uomini e
PER IL GAP donne. Hanno partecipato alla tavola rotonda “virtuale” moderata da Enrico Pedretti, direttore marketing Manageritalia, Alessandro Fusacchia, deputato Gruppo Misto Camera, Carolina Pellegrini, consigliera di Parità Regione Lombardia, Massimo Fiaschi, segretario generale Manageritalia, e Luisa Quarta, coordinatrice Gruppo Donne Manager Manageritalia. Vediamo brevemente cosa è emerso (sul nostro canale YouTube la discussione integrale: https://bit.ly/TavRotondaGenderPayGap).
Alessandro Fusacchia deputato Gruppo Misto alla Camera «Con Movimenta stiamo facendo un lavoro molto ampio che riguarda diversi aspetti della parità di genere: dal congedo di paternità agli stereotipi presenti all’interno dei libri di testo scolastici. Questa legge, in particolare, punta a garantire una parità salariale effettiva che, quindi, non rimanga solo su carta, pre-
vedendo l’utilizzo di dati già in possesso della pubblica amministrazione (senza quindi ulteriori oneri burocratici) per verificare che non ci siano scostamenti significativi fra i salari erogati a uomini e donne all’interno di un’impresa. Nel caso in cui ciò si verificasse, la consigliera di Parità inizia un dialogo con l’azienda utile a formulare raccomandazioni per risolvere il problema. Si tratta dunque di un accompagnamento, di un percorso di rientro sostenibile, “personalizzato” per l’azienda, fatto con le imprese e non contro le imprese. Per le realtà virtuose è invece previsto un meccanismo premiale, affinché ottengano anche un riconoscimento sociale».
Massimo Fiaschi segretario generale Manageritalia «Siamo impegnati da sempre a operare, anche attraverso i manager che rappresentiamo, per raggiungere una reale e fattiva inclusività, fatta di più produttività e benessere per persone e
aziende. Questo a favore di tutti, in primis delle aziende. Lavoreremo anche e soprattutto con i manager per cambiare davvero e dare alle donne e a tutti quelle possibilità che sono alla base di un decollo del Paese. I manager hanno indubbiamente in questo un ruolo e tanto da fare, ma non è un caso che il lavoro femminile trovi maggiore spazio proprio in alcune aziende più evolute in tutti i sensi, anche per cultura, gestione e presenza manageriale».
Luisa Quarta coordinatrice Gruppo Donne Manager Manageritalia «Il nostro Gruppo, nato in Lombardia oltre 23 anni fa e poi sviluppatosi in tutt’Italia, è per Manageritalia un avamposto per stimolare i necessari cambiamenti del mondo del lavoro a favore di tutti. Da sempre lavoriamo per promuovere smart working, lavoro agile, inclusività, diversity, intergenerazionalità e work-life balance. Progetti e azioni che da anni promuoviamo per fare cultura e cambiare davvero le cose con l’iniziativa “Cambia il lavoro con Produttività & Benessere”. Questo serve oggi alle persone, alle famiglie, alle aziende e al Paese per un vero sviluppo culturale, economico e sociale. Nel nostro Gruppo abbiamo anche uomini e quello che ci guida da sempre è far prevalere solo e
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Pari opportunità
La proposta di legge in sintesi
L
a proposta di legge non garantisce la trasparenza dei livelli retributivi all’interno dell’azienda, ma affida a un organo terzo, estraneo all’azienda (la consigliera di Parità), il potere di intervenire e verificare se esiste una disparità. A tale scopo la proposta di legge conferisce alla consigliera di Parità, figura già presente da anni su questi aspetti in ogni Regione, la possibilità di accedere ai dati retributivi dei dipendenti che le aziende trasmettono all’Inps (denunce Uniemens). La consigliera agisce sia spontaneamente con verifiche a campione (in forma anonima, per non violare la privacy), sia su segnalazione di una lavoratrice che si ritiene discriminata. Se ritiene che la differenza retributiva, a parità di funzioni o mansioni e di profili lavorativi, sia ascrivibile a comportamenti discriminatori, contatta l’azienda per un confronto e un supporto e solo in ultima istanza diffida a rimuovere il gap. Se l’azienda insiste nel comportamento discriminatorio, la consigliera fa una segnalazione all’ispettorato del lavoro che, se ritiene, commina una sanzione. Il gettito delle sanzioni alimenterà il Fondo per l’attività delle consigliere di Parità, che ad oggi risulta quasi azzerato. Accanto alla funzione di verifica e a quella sanzionatoria, il Cnel eserciterà una funzione premiante, certificando le aziende virtuose segnalate dalle consigliere in tutto il territorio nazionale.
OBIETTIVO
PROBLEMA gap retributivo donna uomo -17%
rimuovere le differenze retributive donna uomo
SOLUZIONE proposta di legge
QUANDO
COME un organo (consigliere di Parità regionale) verifica esistenza disparità
su segnalazione della lavoratrice che si ritiene discriminata o con indagini a campione
SANZIONE INDAGINE se c’è differenza retributiva “immotivata”, contatta l’azienda, si confronta e chiede di rimuovere il gap
Proposta di legge AC 2424:
se azienda non provvede, la consigliera segnala a Ispettorato del lavoro che può sanzionare (importo alimenta il Fondo per attività delle consigliere di Parità)
PREMIO il Cnel certifica le aziende virtuose segnalate dalle consigliere in tutto il territorio nazionale
https://bit.ly/PL-GenderGap
unicamente il merito e le competenze, l’unico modo per dare a tutti le stesse opportunità e al Paese una reale possibilità di sviluppo».
Carolina Pellegrini consigliera di Parità Regione Lombardia «Il pensiero sotteso di questa
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legge può certamente contribuire a cambiare il paradigma e fornire anche alle consigliere di parità uno strumento per supportare un vero e proprio salto culturale, più che una caccia alle streghe, che non è mai stata nel nostro compito e dna. Tra l’altro permetterà, anche con le even-
tuali sanzioni, di finanziare il fondo che ci sostiene che, in un lavoro come il nostro di quasi volontariato, serve unicamente per poter raggiungere più aziende possibili in questa importante opera di dialogo e crescita per il ruolo della donna nel lavoro e nella società».
Management
LEADER DEL CAMBIAMENTO Perspicace e provocante, Tom Peters è un vero rivoluzionario del management, il cui obiettivo è ispirare le persone a cambiare il mondo del business. Durante un corso digitale di tre giorni a cura di WOBI (World of business ideas), Peters ha spiegato le chiavi per portare a termine una gestione del cambiamento efficace, necessaria in questo momento di disruption che stiamo vivendo, in cui il fattore umano continua a essere la priorità e il centro focale.
Tom Peters è uno dei maggiori esperti di top management e autore di alcuni dei best-seller che hanno segnato la storia del pensiero manageriale.
COME SFRUTTARE IL POTENZIALE DI OGNI COLLABORATORE PER COSTRUIRE UN’ORGANIZZAZIONE DI SUCCESSO La crisi post-Covid-19 che il mondo intero sta vivendo è un avvenimento unico con un impatto su tutti i settori. È un momento di prove ed errori, in cui le aziende devono far fronte a una situazione di disruption senza precedenti. Secondo Peters, ora più che mai è fondamentale avere chiare le priorità e mettere al primo posto le persone, che oggi rivestono un ruolo sempre più importante all’interno delle organizzazioni. I manager hanno dovuto adattarsi a una nuova forma di leadership e i team
hanno dovuto lavorare da casa. Peters evidenzia sei principi guida per essere un buon leader durante questo momento eccezionale: non stai “lavorando da casa”. Sei “a casa durante una crisi, cercando di lavorare”;
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«È il momento per essere gentili, benevoli, indulgenti e mettersi nei panni degli altri»
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la tua salute fisica, mentale ed emotiva è estremamente importante ora: abbi cura di te stesso; se la tua azienda ha subito o sta subendo una perdita della produttività non devi cercare di compensare questa perdita lavorando più ore; sii gentile con te stesso e non giudicare il modo in cui stai affrontando la crisi basandoti sugli altri; sii gentile con gli altri e non giudicarli per il modo in cui stanno reagendo in confronto a te;
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Management
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il successo non si misurerà nello stesso modo in cui si misurava in situazioni normali. «Quello che hai fatto negli ultimi due mesi e quello che farai nei prossimi tre sarà la firma di tutta la tua vita e carriera professionale. Questo è il momento per il quale sarai ricordato». Questo è il momento per aspirare all’eccellenza. L’eccellenza nasce dentro ciascuno di noi e si riflette nei comportamenti più piccoli. Non si tratta di un’“aspirazione” a lungo termine, ma di dare il meglio di sé e provare a fare le cose nel miglior modo possibile durante la prossima riunione, ascoltare il proprio team, ringraziare e chiedere scusa.
Le persone al primo posto Richard Branson, fondatore di Virgin Group, afferma che “il business deve arricchire e gratificare la vita delle persone, altrimenti non ne vale la pena”, ma in realtà il 70-85% dei dipendenti
«Se vuoi che i tuoi dipendenti diano un grande servizio, dai loro un grande» servizio» non si sente coinvolto dal proprio lavoro. In molte occasioni questa mancanza di dedizione è direttamente relazionata con il proprio manager. Infatti la prima ragione per cui un dipendente lascia una compagnia è per il suo manager diretto. Un manager ha la capacità di influenzare sia nel bene che nel male ogni collaboratore del suo team. Si tratta di un’enorme responsabilità e di un’opportunità ineguagliabile. Il successo a medio e lungo termine è una funzione della dedizione e dell’efficacia di ciascuno nell’aiutare i membri del team a crescere e fiorire come individui e membri che contribuiscono a un’organizzazione energica, dedicata alla ricerca incessante dell’eccellenza.
Contrattare, formare e valutare La contrattazione è l’aspetto più importante di ogni business. In un ambiente in cui le persone con una buona formazione abbondano, bisogna focalizzarsi su chi, oltre ad avere conoscenze tecniche, è anche una brava persona che preserva la cultura del supporto. Ideale è che la relazione con il nuovo dipendente sia basata sull’ascolto, sull’empatia, sul sorridere e sul ringraziare. Tom Peters evidenzia uno degli errori più comuni al momento di contrattare un nuovo dipendente: nei processi di selezione si distinguono sempre le persone estroverse, pensiamo che siano più divertenti e intelligenti. Ma la verità è che spesso quelli introversi sono leader migliori e sono capaci di ascoltare di più gli altri. La formazione dei dipendenti deve essere l’investimento numero uno delle organizzazioni, ma la realtà è che pochi ceo le danno l’importanza che merita. In merito alla loro valutazione, invece, secondo Peters ogni dipendente è unico e completamente diverso dagli altri, quindi non è possibile misurarlo con gli stessi parametri. È sconsigliabile anche il sistema di feedback utilizzato in molte aziende. La maggior parte delle persone, infatti, non sa come dare un feedback in modo efficace. La chiave è quindi lavorare sugli aspetti positivi e cercare di far sì che le persone migliorino.
L’importanza del ruolo della donna Gli studi supportano l’idea secondo cui le donne sono leader, negoziatrici, venditrici e investitrici migliori.
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McKinsey ha portato a termine un’indagine a livello mondiale sui consigli di amministrazione: il 56% delle aziende con almeno il 40% di donne
«Non si tratta di licenziare gli uomini, ma di vedere un cambiamento significativo, che ci sia almeno un 50% di donne nei consigli di amministrazione delle aziende»
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la capacità di mettersi nei panni degli altri; lo stile di comunicazione comprensivo, attento e dettagliato; la compassione che facilita la creazione di fiducia; un ascolto più attento e curioso; una minore attitudine alla competizione;
un forte sentimento di giustizia e la capacità di persuadere;
una gestione del rischio pro-attiva;
all’interno superavano abbondantemente la media in termini di rendimento del capitale e altri indicatori economici. Una leader si caratterizza per:
la capacità di prendere decisioni in collaborazione con gli altri. Tutto questo la rende una persona capace di prendere decisioni migliori e gestire in modo più efficace un team.
CREARE UNA CULTURA IN CUI L’INNOVAZIONE SIA RESPONSABILITÀ DI TUTTI L’innovazione come cultura aziendale La chiave è creare un’organizzazione dinamica in cui ogni persona sperimenti cose nuove tutto il tempo. Tom Peters lo riassume in una frase: «Vince chi sperimenta sempre cose nuove». Non si tratta di una teoria ma di un attributo culturale: un’organizzazione in cui tutti i dipendenti sono dedicati all’innovazione e a provare cose nuove ogni giorno. «L’innovazione è importante in egual misura nel dipartimento risorse umane, in quello legale, di finanza... come in quello di sviluppo del prodotto», afferma Peters.
«La gestione del cambiamento non ha scorciatoie. Si tratta di cambiare attitudini, modi di pensare... e questo non si ottiene dal giorno alla notte. Sono passi che bisogna fare giorno per giorno» Per introdurre un sistema di innovazione realmente efficace è necessario prendersi dei rischi e abbandonare la paura di sbagliare. Per questo è imprescindibile celebrare e ricompensare i “fallimenti rapidi”.
Si tratta di incentivare l’eccellenza, non gli errori stupidi. Quando parliamo di “fallimenti rapidi”, ci riferiamo ai fallimenti emozionanti che si possono commettere durante la ricerca dell’eccellenza. Errori che commette chi cerca di sperimentare cose nuove, mai fatte prima.
La diversità come parte fondamentale di un’organizzazione dinamica Nelle organizzazioni è inutile circondarsi di persone che la pensano come noi, per innovare è necessario che i team siano formati da persone con esperienze e punti di vista differenti.
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Management Strategie di valore aggiunto. Design L’innovazione non riguarda lo sviluppo di nuovi prodotti. Si tratta di fare le cose in modo nuovo e migliore, prestando attenzione ai piccoli dettagli. La realtà è che i clienti che descrivono l’esperienza di fruizione di un servizio come eccellente sono solo l’8%, in confronto alle aziende che sono l’80%. C’è una differenza tra la percezione delle aziende e la realtà. Per raggiungere l’eccellenza bisogna creare prodotti e servizi di cui ci sentiamo orgogliosi e che possono cambiare il mondo. Tom Peters afferma che la chiave
«Il design non riguarda prodotti belli che funzionano bene, bensì prodotti di cui ti innamori e che sono capaci di cambiare il tuo punto di vista» risiede nel lasciare un pezzo di noi stessi in ciò che progettiamo e creare, in questo modo, qualcosa di unico.
Approfittare delle nuove opportunità di mercato Per molto tempo si sono trascurati i
mercati dei prodotti rivolti a un pubblico femminile e a persone della terza eta, nonostante siano con molto potenziale. Ci si è focalizzati, ad esempio, nel produrre e vendere prodotti ai Millennials, nonostante non sia il segmento con il maggiore potere d’acquisto. La dimensione del mercato femminile negli Usa è di 28 miliardi di dollari, più del doppio dell’India e della Cina insieme, e i consumatori tra i 44 e i 65 anni rappresentano la maggioranza dei consumatori nella maggior parte dei paesi occidentali.
ESSERE LEADER CON UNA DEDIZIONE INARRESTABILE VERSO L’ECCELLENZA DELL’EXECUTION L’execution in azienda è il vero lavoro di un leader, che deve sempre aspirare a raggiungere l’eccellenza e trasmettere questo obiettivo a tutti i membri del
team. Per questo Peters offre una serie di consigli: Mbwa (Management by walking around): consiste nello stare in contatto e ama-
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re le persone con le quali si lavora. Si tratta di leader che vogliono sapere quello che realmente sta accadendo all’interno dell’organizzazione.
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Per essere un buon leader, devi divertirti. Un buon leader accetta che la direzione implichi incertezza, disordine, ambiguità... Se una persona non sa gestire questo tipo di situazioni e non si sente comoda in questa posizione, non potrà mai essere un buon leader. Pianifica le tue prime cinque giocate. Gli inizi hanno sempre una grande importanza. Iniziare la settimana con il piede giusto è infatti cruciale per tutto ciò che segue. Cerca di avere libero il 50% del suo tempo. Un leader ha bisogno di avere tempo libero da dedicare ai temi realmente importanti, deve avere il tempo per pensare. Il sovraccarico di lavoro è un indicatore di mancanza di disciplina. Sviluppa relazioni significative. La capacità di creare relazioni profonde e durature è ciò che caratterizza un leader e richiede un grande investimento di tempo. «La tua bravura come leader si giudica dalle tue relazio-
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ni con i dipendenti che si trovano due o tre livelli sotto di te nell’organizzazione». L’importanza (relativa) delle riunioni. Tutte le riunioni che non promuovono l’immaginazione o la curiosità dei partecipanti e non aumentano il coinvolgimento e la collaborazione, il sentimento del valore e la motivazione, sono una perdita di opportunità. Ascolta attentamente. Ascoltare gli altri è il più importante segno di rispetto. Conoscenza e sviluppo di sé. La leadership è la conoscenza di se stessi. I leader di successo sono coscienti del proprio comportamento e dell’impatto che ha sulle persone che li circondano. Sono disposti a esaminare quali comportamenti possono interferire. Una persona non può essere un leader efficace, a meno che non sia anche un buon leader di se stesso. Riconoscimento. I dipendenti che non si sentono importanti non potranno mai dare contributi preziosi. Se
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i dipendenti non si sentono apprezzati, non contribuiranno allo sviluppo dell’organizzazione.
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Ringrazia e chiedi scusa. Marshall Goldsmith, esperto di coaching, sostiene che chiedere scusa è il gesto più magico e terapeutico che gli esseri umani possano fare. Nessuno nel corso della propria vita ha vissuto un periodo di stabilità totale. Le cose sono complicate e stravolgono perché l’essere umano ne è coinvolto. Ci sono enormi differenze culturali tra le persone, ma quando si tratta dei fondamenti dell’essere umano ci sono molti elementi comuni. Nessun leader, in nessuna parte del mondo, sarà un leader efficace di fronte a un problema grande quanto il Covid-19, se non ha costruito precedentemente una solida base di fiducia con il suo team. «Se ti importa ciò che a loro importa, per loro sarà importante ciò che lo è per te. Le persone devono essere sempre al primo posto».
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Attualità
CYBERBULLISMO: È TEMPO DI AGIRE La startup BillyGuard offre servizi gratuiti a chi è caduto nella rete dei bulli con un database in grado di tracciare, bloccare e segnalare l’attività digitale degli aggressori. Il progetto si avvale di competenze tecniche e manageriali ed è concepito per proteggere bambini e adolescenti Glen Campbell fondatore di BillyGuard
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A
FFRONTARE il bullismo sul web è una battaglia continua e non di rado frustrante. È noto che il cyberbullismo ha un impatto importante sulla salute mentale delle vittime e sulla qualità della vita in generale. Alcuni studi suggeriscono che i cyberbulli tendono a essere sempre più aggressivi perché raramente ci sono conseguenze nel mondo reale delle loro azioni. Le vittime spesso sperimentano una minore autostima, ansia sociale, depressione e molti hanno pensieri suicidi. È decisamente preoccupante constatare che dal 2010 negli Stati Uniti i suicidi hanno superato gli omicidi. Il numero di decessi per suicidio è in costante aumento dal 2007, tanto che ora viene considerata la seconda causa di morte tra le persone di età compresa tra i 10 e i 24 anni. Se ciò non significa che tutti i suicidi siano il risultato di bullismo, è anche vero che poiché il 70% dei giovani sperimenta il cyberbullismo prima dei 18 anni (fonte: Ditchthelabel.org) potrebbe esserci un collegamento.
Intanto, tra il 2008 e il 2015 il numero di adolescenti che hanno tentato il suicidio o hanno avuto pensieri suicidi è raddoppiato, come è emerso nel corso del Pediatric academic societies meeting del 2017, e molti casi sono legati al cyberbullismo.
Il lockdown ha fatto crescere il fenomeno Dal nostro osservatorio abbiamo registrato che negli ultimi mesi si è verificata un’impennata delle richieste di supporto. La spiegazione plausibile? La maggior parte delle persone in tutto il mondo durante i mesi di lockdown sono state costrette a utilizzare in mo-
gin. In questo modo siamo in grado di impedire ai bulli di creare nuovi account di posta elettronica e in pochi minuti di essere banditi da tutte le piattaforme digitali, impedendo loro di continuare a fare i prepotenti.
Il cyberbullismo ha un impatto importante sulla salute mentale delle vittime e sulla qualità della vita in generale. Alcuni studi suggeriscono che i cyberbulli tendono a essere sempre più aggressivi
do massiccio la tecnologia per il lavoro e la vita privata, dunque sebbene non siano state fatte ricerche specifiche, il nesso appare evidente: con l’aumento della digitalizzazione nella società postCovid il fenomeno sembra destinato a crescere.
BillyGuard: una piattaforma contro i bulli Il supporto psicologico a fronte di atti di cyberbullismo è l’intervento più comune, ma non è sufficiente. Per offrire assistenza e risposte efficaci a tutti coloro che spesso non hanno gli strumenti concreti per proteggersi e allo stesso tempo “colpire” in modo
corretto i cyber bulli, ho fondato nell’ottobre 2019 a Sydney, in Australia, BillyGuard (www.billyguard.com), una piattaforma in grado di operare a livello globale. Ho deciso di avviare questa startup in seguito al suicidio del figlio di un mio caro amico. Lo strumento più efficace che utilizziamo è il nostro database di persone identificate. Se viene registrata una segnalazione sulla nostra piattaforma, il nostro team CyberTech interviene per acquisire l’intera “impronta digitale” dei responsabili, utilizzando tool altamente performanti, non solo dunque registrando un’email, un numero di telefono o un id di lo-
Internet, social media e device: le best practice a difesa dei più piccoli I social media sono potenzialmente pericolosi se non ben gestiti. I genitori cosa possono fare? La prima cosa è essere un buon esempio, insegnando ai bambini il rispetto di sé, come coltivare e modellare buone relazioni, sviluppare l’empatia e controllare gli impulsi. La sicurezza online deve diventare una buona pratica. Ai nostri figli dobbiamo insegnare cose molto pratiche, come bloccare o eliminare delle persone sui social. Si dovrebbero selezionare delle impostazioni di privacy online
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Attualità restrittive. È importante inoltre porre delle limitazioni all’uso quotidiano di computer e cellulari: questi device dovrebbero essere collocati e utilizzati solo in aree comuni della casa, non lasciati nella camera da letto senza sorveglianza.
È compito di ogni genitore e di chi si prende cura di minori monitorare i loro social, gli smartphone e in generale la loro vita digitale. I bambini e gli adolescenti dovrebbero sapere, inoltre, che le comunicazioni online saranno monitorate in modo costante e senza preavviso, con la possibilità di discutere di eventuali dubbi
È compito di ogni genitore e di chi si prende cura di minori monitorare i loro social, gli smartphone e in generale la loro vita digitale, in termini di azioni e tempo. I bambini e gli adolescenti dovrebbero sapere, inoltre, che le comunicazioni online saranno monitorate in modo costante e senza preavviso, con la possibilità di discutere di eventuali dubbi. L’aspetto più importante è essere disponibili. Non dobbiamo smet-
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tere di ricordare ai nostri figli che siamo sempre pronti ad ascoltarli e ad aiutarli. Dovremmo anche far sapere loro che se non siamo momentaneamente disponibili hanno la possibilità di rivolgersi a un altro adulto responsabile. A volte, nonostante tutto quello che possiamo fare, si verificherà un episodio di bullismo. Non si deve aver paura di cercare in modo tempestivo un aiuto professionale. Si può chiedere assistenza a molte organizzazioni a seconda del paese in cui ci si trova.
La personalità del bullo Il bullismo è un comportamento appreso. Mentre alcuni bulli hanno una personalità naturalmente aggressiva o iperattiva, non tutte le persone con questa indole diventano bulli. Quando si tratta di un bullo è importante ricordare che esiste un’alta probabilità che possa essere stato vittima lui stesso di abusi ed episodi di bullismo. Avrà verosimilmente anche una bassa autostima e una mancanza di sostegno da parte dei genitori. I bulli tendono poi ad avere alcuni tratti comuni: hanno abilità sociali immature, mancanza di empatia o compassione, scarso autocontrollo e tendono anche a guardare programmi tv e videogiochi più aggressivi. Poiché i tratti vengono appresi, modificando un ambiente è possibile inibire la propensione di qualcuno al bullismo? Senz’altro. Ad
esempio, è molto utile incoraggiare una persona a impegnarsi in attività di gruppo o sport di squadra per migliorare le proprie abilità sociali. Si potrebbe anche eliminare la tv e i giochi violenti in casa. Le persone imparano anche ciò che vivono. Se una persona riceve elogi e incoraggiamenti, sarà molto più probabile che si senta bene con se stessa e con gli altri.
Il bullismo a scuola Il bullismo è diventato un grosso problema nelle scuole, che stanno già facendo qualcosa per affrontarlo. Le scuole dovrebbero avere politiche e piani di azione/risposta, tuttavia, con i progressi della tecnologia negli ultimi tempi, il bullismo non è più limitato al cortile o all’orario scolastico. Gli istituti stanno facendo tutto il possibile durante l’orario scolastico e vanno lodati, ma il problema è quello che succede fuori dalle aule. Inoltre, tendono a concentrarsi sul bullismo fisico e verbale, perché è evidente e i partecipanti sono facilmente identificabili, ma con altre forme di bullismo – in particolare cyberbullismo o il sexting – i trasgressori sono subdoli e spesso passano inosservati davanti alle autorità. Con i progressi della tecnologia, il bullismo è dunque un problema 24x7 e la casa di famiglia non è più un paradiso, tanto che le vittime spesso sentono che non c’è modo di sfuggire.
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Risorse umane
AL LAVORO CON UNO PSICOPATICO: COSA FARE? Lavoriamo tutti con qualche “psicopatico”, facciamocene una ragione. Non si tratta di persone mentalmente disturbate pronte a rincorrerci con un pugnale, ma di individui in apparenza amabili, eppure totalmente privi di empatia, manipolatori, bugiardi e in grado di distruggere gradualmente i team. A volte sono i nostri capi. A volte sono i nostri colleghi. In ogni caso, vanno gestiti. L’autore di bestseller David Gillespie ha scritto un libro sull’argomento. Abbiamo estrapolato alcuni punti creando un decalogo con alcune linee guida per saperci regolare.
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AL 5 AL 10% della popolazione può essere identificata come psicopatica, secondo David Gillespie, autore di Taming toxic people: the science of identification and dealing with psychopaths at work and at home (Macmillan). Uno studio recente ha rilevato che la percentuale potrebbe raggiungere il 20% tra le persone ai vertici aziendali. Dal suo libro un identikit in 10 punti.
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I suoi tratti distintivi
Affascinante; ossessionato/a da se stesso/a, bugiardo/a seriale;
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manipolatore/trice; senza rimorso, colpa, profondità emotiva e sensibilità; non si assume alcuna responsabilità per le sue azioni; parassita; ama controllare gli altri; vendicativo/a; aggressivo/a, tende a minacciare, velatamente o direttamente.
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Come riconoscerli sul lavoro
Come regola generale, uno psicopatico sarà attirato da lavori che gli daranno potere su altre persone. Gli psicopatici ritengono di essere superiori agli altri e sono abili a incantare i recruiter
un recruiter vorrebbe sentirsi dare. Le red flag sono: cambi frequenti di lavoro (ogni 2-3 anni) e gap inspiegabili nel curriculum. Inoltre, non ammetteranno mai di essere stati licenziati per qual-
Gli psicopatici ritengono di essere superiori agli altri e sono abili a incantare i recruiter durante i colloqui di selezione, presentando qualunque elemento o risultato necessario per ottenere un incarico. Più si sale nella gerarchia e più sarà probabile imbattersi in uno psicopatico
durante i colloqui di selezione, presentando qualunque elemento o risultato raggiunto necessario per ottenere un incarico. Studi recenti rivelano che più si sale nella gerarchia di un’organizzazione e più sarà probabile imbattersi in uno psicopatico. Lo psicologo Kevin Dutton della Oxford University ha raccolto i dati di un’indagine online chiamata The Great British Psychopath Survey. I risultati rivelano che in ordine discendente le professioni che più attirano gli psicopatici sono: 1 ceo, 2 avvocato, 3 presentatore tv/radio, 4 vendi-
tore, 5 chirurgo, 6 giornalista, 7 poliziotto, 8 membro del clero, 9 chef, 10 funzionario pubblico.
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Come NON assumerli
Il modo migliore per gestire uno psicopatico è non assumerlo. La difficoltà risiede nel fatto che sulla carta gli psicopatici risultano spesso molto interessanti agli occhi di un selezionatore per via della loro capacità di abbellire il proprio curriculum. Si tratta fondamentalmente di manipolatori eccezionali, in grado di fornire esattamente le risposte che
cosa di terribile che hanno fatto. È fondamentale cercare di andare oltre le referenze, soprattutto scritte, provando a parlare con l’ex datore di lavoro al telefono (a voce gli aspetti negativi tendono a venir fuori più facilmente). Occorre poi verificare sempre i titoli di studio: gli psicopatici tendono a inserire qualifiche di cui è difficile verificare l’autenticità. È importante dare anche un’occhiata a database che raccolgano avvisi di cattiva condotta (es. archivi online in ambito medico o legale), così come la fedina penale.
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Risorse umane tici forniranno scuse per il loro comportamento, spesso inaccettabile, tollerando il fatto che ci sarà un maggiore turnover e malessere nel dipartimento di quella persona.
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Come proteggersi?
I manager psicopatici sono responsabili della scarsa produttività di un team e, in generale, del suo malessere. Producono turnover, con i conseguenti costi. È fondamentale prendere sul serio le segnalazioni di dipendenti/ collaboratori e verificarle
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Come capire se il boss è psicopatico?
Come capirlo in fretta? Il primo campanello d’allarme in questo caso è il turnover: un ceo o un manager psicopatico provoche-
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ranno un forte turnover in azienda. È utile poi chiedere alle persone giuste: gli psicopatici adulano coloro che possono ferirli e sono prevaricatori nei confronti di chi non può far loro nulla di male. Se possibile, verificare le aspettative per malattia. Le persone che lavorano per un manager psicopatico hanno il doppio delle probabilità di prendere lunghi congedi per malattia.
Le persone che lavorano per un capo psicopatico dovrebbero riconoscere che i loro comportamenti non sono il risultato di qualcosa che abbiamo detto o fatto. I leader psicopatici sono leader spaventati che hanno sviluppato comportamenti disfunzionali per coprire le loro paure. È utile cercare di non lasciare che le nostre paure e credenze errate ci facciano reagire in maniera impulsiva. Un consiglio pratico: traccia sempre gli scambi con il capo o un collega psicopatico, magari salvando le conversazioni via email, per riassumere le decisioni prese, le richieste e proteggendoti nel caso di abusi. Tieni le risorse umane informate dei loro comportamenti e di come stai cercando di lavorare efficacemente con loro.
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Ma perché i vertici li tollerano?
Spesso offrono un alto livello di competenza o risultano brillanti in un’area vitale per l’organizzazione, che dunque li considera troppo importanti e non intenderà perderli. Di conseguenza, i ver-
Cosa dovrebbero fare le organizzazioni?
I manager psicopatici sono responsabili della scarsa produttività di un team e, in generale, del suo malessere. Producono turnover, con i conseguenti costi. È fondamentale prendere sul serio le
segnalazioni di dipendenti/collaboratori e condurre valutazioni imparziali per verificare la veridicità dei reclami.
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Promuovere una comunicazione aperta
Gli psicopatici aborrono la comunicazione aperta perché molto spesso il loro successo nelle organizzazioni deriva dal tenere i segreti, creando ostacoli ai flussi di informazione e cercando di limitare i report ai ceo. Quando l’onestà, la fiducia e la comunicazione costante divengono tratti distintivi di un’azienda, lo psicopatico avrà meno chance di provocare danni.
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Prendi coscienza della realtà: ha dei problemi (e seri!)
Accetta la realtà, non applicare le logiche comuni a lui/lei. Ogni volta che cercherai di interpretare il suo comportamento utilizzando le regole che applichi su di te e chi ti circonda ti troverai sempre più disorientato. Non colpevolizzarti se non riesci ad aggiustare la sua attitudine nei tuoi confronti e nei confronti degli altri: il problema è suo, non tuo, non riuscirai mai a cambiarlo/a.
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Best practice Non affrontarlo/a di-
rettamente, non ruminare sulle osservazioni – spesso ingiuste – che ti fa, al contrario mostrati sempre gentile nei suoi confronti. Fa il tuo dovere, nulla di più, nulla di meno. E, soprattutto, non condividere nulla della tua vita privata con lui/lei e non aggiungerlo/a sui social. Utilizzerà le informazioni in suo possesso per danneggiarti. Infine ricorda una regola d’oro: tutto passa, anche lui/lei, prima o poi i nodi vengono al pettine e i comportamenti disfunzionali avranno un prezzo per lo/la psicopatico/a di turno: sarà in qualche modo allontanato/a dall’organizzazione.
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Podcast ATOMI & BIT: innovazione da ascoltare!
A viva voce con i più importanti manager del nostro Paese
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I È CONCLUSA la prima stagione del podcast Atomi & Bit promosso da Manageritalia in collaborazione con Andrea Latino, digital transformation consultant e fondatore del gruppo Void. I più grandi business leader italiani ci hanno raccontato in viva voce le sfide e i processi che hanno adottato per vincerle. Ecco qui alcuni dei numerosi insegnamenti che abbiamo imparato ascoltandoli.
Come creare una cultura adatta all’innovazione che permetta il rischio calcolato «Ormai è maturo il tempo di organizzare la vita tenendo conto del digitale». Ma vediamo più a fondo cosa significa concretamente creare una cultura adatta all’innovazione. Ci risponde così lo chief executive di una delle più grandi multinazionali del mondo: «Evoluzione sta proprio nella vicinanza ai cambiamenti del cliente e del mercato, a questa capacità che abbiamo avuto come gruppo, nonostante la dimensione, di adattarci nei singoli business ai cambiamenti, che sono tanti». Continua il suo discorso evidenziando che: «la rivoluzione digitale è proprio nella semplicità di quello che facciamo tutti i giorni, prima del 5G».
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Tecnologie, modelli di business e competenze dei collaboratori non possono essere prese separatamente, devono lavorare insieme «Oggi tecnologia, business model e competenze sono un tutt’uno. Se pensi di affrontarle separatamente è come andare a dissezionare un corpo: non è che ti servono solo le gambe, le braccia e la testa, ti servono tutte e tre». Come fare in modo che i collaboratori siano disposti a innovare? Un altro manager ci risponde: «Contrariamente a quello che si pensa, le persone sono predisposte al cambiamento ma non all’incertezza. Se vuoi agire l’importante è spiegarne il senso, il perché di questo cambiamento. Quindi, quello che ho imparato è che la comunicazione è sicuramente la chiave per ogni tipo di processo di cambiamento».
Innovazione, la chiave per la crescita del Paese e per uscire dalla crisi finanziaria Stiamo vivendo la crisi economica peggiore dal 1928 e sembra che l’unica via di uscita sia innovare… ma cosa significa veramente innovazione? «Il contrario di innovazione è status quo. Lo status quo è confortevole, funziona bene per l’efficienza, è comprensibile, però è di breve periodo. Quindi bisogna abituare il proprio team a non focalizzarsi solo su questo, bisogna cercare di fargli alzare la testa e vedere cosa sta accadendo». Perché è proprio ora il momento di innovare? «L’innovazione è fondamentale, in particolare quella sociale, perché con questa ci riferiamo a tutti quei prodotti, tecnologie e servizi che in qualche modo rivoluzionano o migliorano il modo di erogare servizi». Tre consigli su come innovare «Allineare la trasformazione tecnologica con la tecnologia aziendale; indentificare le opportunità per il rilascio di valore a breve termine e quindi per dimostrare il potenziale offerto dalla tecnologia e per fare nascere supporto all’interno dell’azienda; implementare i cambiamenti progressivi come piano di un partner tecnologico a lungo termine, che sia organico e robusto».
Le pillole di saggezza offerte a tutti gli ascoltatori da parte dei top manager italiani Ecco infine alcuni degli actionable insight, i consigli da parte dei top manager intervistati per tutti i manager e aspiranti tali all’interno del podcast Atomi & Bit: «Quando il gioco si fa duro, le scelte dure si affastellano e viene istintivamente voglia di nascondere alcune verità perché difficili da digerire; invece è questo il momento di dire e dirci la verità». «La caratteristica più grande di un manager del futuro è la generosità (...). Se ritieni che una persona sia interessante crea una relazione, se un progetto lo trovi interessante fallo, il mondo cambia troppo rapidamente perché si possa avere chiarezza su tutto».
Questi sono solo alcuni frammenti di ciò che viene raccontato durante i nostri podcast. Potete ascoltare gratuitamente tutte le puntate a questo indirizzo https:// anchor.fm/atomibit e sulle principali piattaforme di podcast. È anche possibile iscriversi per ricevere direttamente la notifica di quando, ogni venerdì, viene pubblicata una nuova puntata. Vi aspettiamo! #atomiebit LUGLIO/AGOSTO 2020 - DIRIGENTE 55
PILLOLE DI BENESSERE
benessere
Angela Amodio fisioterapista
10 CONSIGLI PER UNO SMART WORKING IN SALUTE
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Secondo una ricerca della World Health Organization, pubblicata sul portale bri tannico Daily Mail, il 72% dei lavoratori intervistati ha ammesso di soffrire di lombalgia, acutizzatasi nella fase di qua rantena. Un altro problema associato al lavoro da remoto è l’utilizzo scorretto di smartphone e pc, che provoca a lungo andare quello che i britannici chiamano “tech neck”, ovvero il collo segnato dalla postura tipica di chi china il capo che, secondo un’indagine resa nota dal la Bbc, colpisce soprattutto i Millen nials. Queste problematiche ottengono gran
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de risalto sui social: da un monitoraggio su Instagram è emerso come l’hashtag #Backpain abbia oltre 1 milione di men zioni e #Techneck oltre 12mila. La problematica numero uno causata dallo smart working prolungato è dun que la lombalgia, spesso dovuta a po sture scorrette su sedie che comprimo no in maniera eccessiva le vertebre lombari. A seguire le crisi vagali, accompagnate da senso di nausea, spossatezza, verti gini e cervicalgie che provocano intorpi dimento e formicolio al collo. Ma non è tutto, perché fissare lo scher mo di dispositivi elettronici per un perio do di tempo prolungato può causare disturbi astenopici come secchezza ocu lare, affaticamento, senso di bruciore e visione offuscata. Per curare la lombalgia un valido aiuto arriva dalla laserterapia Theal Therapy, che grazie al processo di fotobiomodu lazione agisce sull’infiammazione e ga rantisce un recupero in tempi brevi. Ecco 10 consigli per prevenire e curare le più frequenti patologie legate allo smart working: Fare una pausa almeno ogni 30 mi nuti e muoversi in giro per la casa: è fondamentale per evitare una stasi mu scolare legata a prolungati periodi di inattività e rimettere in moto la circola zione sanguigna. Munirsi di una sedia adeguata al tratto lombare: le posture scorrette sono spesso dovute a postazioni non ergonomiche. Utilizzare una sedia da ufficio oppure autotrattarsi con cuscini o rialzi che allineino le vertebre è utile a prevenirle. Attenzione allo sguardo fisso rivolto verso il pc: lo schermo andrebbe tenuto alla stessa altezza degli occhi in
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modo da evitare disturbi astenopici e rigidità nel tratto cervicale. Effettuare esercizi dinamici di mobi lità: compiere il cosiddetto “allena mento da scrivania” innalzando le brac cia verso l’alto o effettuando degli squat aiuta a mantenere attivo il comparto muscolare. Creare uno spazio di lavoro adegua to: è consigliabile lavorare seduti con le braccia appoggiate sulla scrivania, favorendo il giusto distanziamento tra i polsi ed evitando di lavorare sulla pol trona o sul letto. Non sottovalutare l’importanza di un regime alimentare equilibrato: la pre venzione inizia a tavola con una dieta sana che prediliga fibre, frutta e verdura in modo da combattere la sedentarietà prolungata e il rischio di sovrappeso. Creare una routine mattutina rilassa ta: è consigliabile mantenere ritmi e orari regolari, iniziando a lavorare o studiare all’orario consueto e terminan do alla stessa fascia oraria. Idratarsi è fondamentale: tenere sempre a portata di mano una bot tiglietta d’acqua, che aiuta a regolare la temperatura corporea, favorisce la di gestione e l’eliminazione di tossine in eccesso. Assumere una giusta postura anche a letto: riposare bene aiuta a essere meglio concentrati e produttivi. Per questo motivo è consigliabile dormire in posizione supina con un cuscino sotto le gambe oppure di fianco con un cu scino tra le gambe. Un valido aiuto arriva dalla laser terapia: grazie al processo di fo tobiomodulazione della Theal Therapy è possibile recuperare in tempi brevi da lombalgie e altre problematiche posturali.
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ARTE Claudia Corti
Q Marilyn Monroe, 1960. Inge Morath Foundation/Magnum Photos
arte
INGE MORATH. IL VOLTO ELEGANTE DELLA MAGNUM
DOVE Inge Morath. La vita, la fotografia. Museo Diocesano di Milano, fino al 20 novembre
Quando lavorava a un ritratto curava in maniera maniacale ogni infinitesi male dettaglio. Eppure, cercava di non incontrare mai prima il soggetto perché «c’è sempre un elemento meraviglioso in un nuovo incontro», diceva. Si chiamava Inge Morath e oggi tut to il mondo la ricorda come la prima donna a varcare la soglia della Ma gnum, la prestigiosa agenzia foto grafica. Era nata nel 1923 in Austria, a Graz, e aveva studiato lingue straniere a Berlino. Amica del fotografo Ernst Haas, scriveva i testi dei suoi repor tage e anche in virtù della sua cono scenza delle lingue fu invitata da Robert Capa a lavorare alla Magnum, inizialmente come redattrice e ricer catrice, per poi diventarne fotografa a tutti gli effetti nel 1955, dopo aver ottenuto da Capa l’approvazione per un reportage sui preti operai, rivelan do solo in un secondo momento di esserne l’autrice. Intraprendente, spregiudicata, co raggiosa, animata da quella cieca determinazione dettata probabil mente dall’aver camminato centina ia di chilometri sotto le bombe da Berlino al confine austriaco nei gior ni finali della guerra. È questo suo modo di fare che le permise di intru folarsi a Ronda, in Andalusia, nel camerino di Arturo Ordonez, aristo cratico torero reso immortale da He mingway.
Nella Spagna delle corride era seve ramente vietato alle donne superare quella soglia... questione di “mala suerte”. Ma lei non si fermava di certo di fronte a qualche superstizio ne e così ne nacque un reportage tra i più intensi, fatto di lustrini e paillet te, ma anche di concentrazione e tensione di ogni singolo muscolo. Ricordando quell’episodio anni dopo dirà: «Quando lavoro indosso i pan taloni, quindi non sono né uomo né donna». Nel 1960 accompagnò Cartier-Bres son in Nevada sul set de “Gli sposta ti”, pellicola con Marilyn Monroe e Clark Gable. Fu qui che scattò una delle sue immagini più celebri, quel la di una Marilyn spontanea che in solitudine e a piedi nudi prova alcuni passi di danza. Ma su quel set cambiò anche la sua vita privata; conobbe infatti Arthur Miller, autore della sceneggiatura e marito proprio della protagonista. I matrimoni di Marilyn, si sa, duravano poco, e così nel 1962 Inge Morath e Arthur Miller si sposarono per resta re insieme tutta la vita. Italia, Spagna, Cina, Russia, Iran, personaggi famosi o gente comune, in ogni foto di Inge Morath c’è un’in nata eleganza e un modo tutto suo di vedere il mondo. In fondo, raccon tava lei stessa, la fotografia «è un fenomeno strano. Ti fidi dei tuoi oc chi e non puoi fare a meno di met tere a nudo la tua anima».
CURIOSITÀ La Morath si preparava a ogni viaggio in giro per il mondo studiando a fondo e approfondendo la cultura con la quale si sarebbe dovuta misurare; arrivò a parlare perfettamente ben 7 lingue, oltre il tedesco.
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LIBRI Davide Mura
Vacanze made in Italy
Shikoku: cronaca di un pellegrinaggio Giuseppe Sala ci accompagna lungo un itinerario di 1.200 km sull’isola più rurale del Giappone. Camminando lungo gli 88 tem pli, l’autore ripercorre le orme del monaco buddista Kukai, a cui è associata la via, raccontandoci aneddoti e curiosità sul paese del Sol Levante e sulle sue tradizioni. La cronaca è scandita da panorami suggestivi e da una serie di incontri in grado di lasciare un segno indelebile. Gli 88 templi di Shikoku, Giuseppe Sala, Alpine Studio, pagg. 220, 16,80.
Per una vacanza 100% italiana, una selezione di 40 itinerari at traverso tutto il paese: dal weekend lungo ai viaggi più ar ticolati, con spunti e curiosità sulle destinazioni proposte. Non solo natura, ma guide ricche di indirizzi nelle nostre città più o meno note, coste o parchi nazionali selvaggi. L’interno del libro ha cartine a colori e una estraibile con informazioni utili e punti di interesse, percorsi classici e tour in luoghi meno conosciuti. Italia on the road. 40 itinerari alla scoperta del paese, Duncan Garwood, Paula Hardy, Edt, pagg. 448, 19,50.
IL FASCINO SEGRETO DELLA ROSA
libri
«La rosa è una lente attraverso la quale si può mettere a fuoco la storia del mondo». Lo scrive Ernesto Ferrero nella prefazione di questo libro. Ed è proprio così, poiché, raccontando la storia del più celebre dei fiori, l’autrice racconta (anche) una storia del gu sto, del costume, dei rapporti sociali. Il saggio ripercorre due secoli di rose attraverso le persone che le hanno coltivate e amate. A partire da Giuseppina Bonaparte, che alla fine del 700 – con l’ausilio dei migliori vivaisti, ibridatori e artisti del tempo – ha trasformato un castello in rovina in un giardino delle meraviglie. Caduto l’Impero, la passione per le rose ha continuato a infervorare l’aristocrazia e la borghesia emergen te europea (e non solo). Botanici, giardinieri e artisti hanno allestito gli English Gardens, i padiglioni dello zar a San Pietroburgo, il parco della Reggia di Caserta. E poi giardini in Sudafrica, Australia e America. Con passione e competenza Anna Peyron – vivaista specializzata nella coltivazione di rose antiche e botaniche – ricostruisce in tante piccole storie la storia di una grande passione che continua anco ra oggi. Si esce dalla lettura di questo libro con la testa piena di profumi e il desiderio – se non di coltivare – almeno di poter godere ogni giorno della bellezza delle rose. Anna Zinola Il romanzo della rosa. Storia di un fiore, Anna Peyron, Add Editore, pagg. 240, 16.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
COME STIMOLARE IL PENSIERO SCIENTIFICO SUL LAVORO
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I tempi di lavoro sono sempre più accelerati. I mana ger devono prendere decisioni in tempi brevi, con impatti anche importanti sul business dell’azienda. Questo spesso in un contesto con informazioni fluide sulle quali fare affidamento. Interi settori legati ad esempio ai big data ci dicono quanto sia importante la raccolta e l’organizzazione delle informazioni, ma alla fine, per dare un signifi cato all’enorme quantità di dati, quello che conta è la capacità di cogliere i legami deboli, le trame sotti li, i collegamenti che mettono insieme i vari puntini sparsi e che diventano un disegno do tato di senso solo grazie all’in tuizione di chi, questi dati, li sa leggere e interpretare. I manager di oggi, quindi, devono avere intuito, crea tività e capacità di leggere i segnali deboli. Però, c’è un però. Questa tenden za, se non guidata da un metodo, contiene un ri schio. Quello di far ca dere il manager nell’ec cessiva fiducia nel pro prio intuito, nel pro prio “fiuto”. Il rischio è quello dell’improvvi sazione. Importante quindi la deduzione, ma bilanciata dalla capacità di ragionamento che dal caso generale, at traverso la scomposizione, l’analisi e la sperimenta zione, arriva a spiegare il caso singolare. In sintesi, un modo di procedere tipico del pensiero scientifico, il cui approccio è alla base di questo libro scritto da Mike Rother intitolato Toyota Kata. Guida pratica (Guerini Next editore, pagg. 320). L’obiettivo del saggio è proprio quello di stimolare, all’interno delle imprese e delle organizzazioni, il pensiero scientifico, o meglio l’approccio che porta a decisioni basate sul metodo razionale.
Approccio i cui concetti basilari sono: 1) capire la di rezione o la sfida; 2) comprendere la situazione at tuale; 3) stabilire la condizione desiderata; 4) condur re esperimenti verso la condizione desiderata; 5) ri flessione riepilogativa. Questa routine, definita Kata nel libro, contiene i passi necessari per migliorare la propria capacità decisionale. I passi citati rappresentano un metodo semplice per non cadere nella trappola dei nostri tempi: la fretta. Fretta di agire, partire all’attacco senza un minimo di riflessione, perché sopravvive il più veloce e il più capace di reagire ai cambia menti. Questo succede quan do, di fronte a un obiettivo difficile, abbiamo la naturale tendenza ad agire immediata mente, convinti che prima partia mo, prima arriviamo, prima risol viamo. Questa tendenza al deci sionismo, al “fare”, tralascia la pianificazione considerata come un’inutile perdita di tempo. Alla fine tutta questa fretta porta risultati scarsi perché, come ci ricor da l’autore, nel fervore di muoverci saltiamo alle conclusioni e implemen tiamo preconcetti troppo velocemen te. Preconcetti che hanno anche una base nel funzionamento del nostro cervello, program mato per inserire le informazioni mancanti senza avvisarci, dandoci la sensazione di sapere più cose di quelle che in realtà sappiamo. Ecco perché il modello decisionale proposto in questo libro si pone l’obiettivo di fare chiarezza sulla sfida che dobbiamo affrontare, comprendere la situazione attuale mediante misurazioni dirette, stabilire la suc cessiva condizione desiderata, un obiettivo più picco lo e più vicino temporalmente di quanto lo sia l’obiet tivo generale. Concetti apparentemente semplici, ma che nelle nostre vite iperconnesse, digitali e sempre più veloci, forse abbiamo dimenticato.
LUGLIO/AGOSTO 2020 - DIRIGENTE 59
LETTERE Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it
lettere
DIMISSIONI PER GIUSTA CAUSA E NASPI La mia azienda è stata posta sotto sequestro giudiziario a dicembre 2019 e da allora non ricevo alcuna retribuzione. Non essendo possibile, in qualità di dirigente, fare ricorso alla Cig, a fine aprile ho dato le dimissioni per giusta causa e ho poi presentato domanda all’Inps per ricevere la Naspi. A tale proposito l’Inps mi ha chiesto di indicare se ho diritto all’indennità di preavviso e per quale periodo. Avrei quindi necessità di sapere il numero di giorni di calendario dell’indennità sostitutiva di preavviso e se la stessa deve essere indicata nella domanda Naspi come diritto certo, dal momento che ad oggi non sono stati corrisposti alcuni pagamenti delle retribuzioni e non essendoci pertanto certezza che tale indennità venga effettivamente corrisposta. B. P. – Milano Ai fini della presentazione della domanda Naspi, il periodo di preavviso si considera lavorato anche nel caso in cui questo venga sostituito dalla relativa indennità, come avviene di norma a seguito delle dimissioni per giusta causa per mancato pagamento della retribuzione, situa zione in cui il lavoratore può fare valere il diritto a percepire un’indennità pari al preavviso che sarebbe stato riconosciuto in caso di licenzia mento. Pertanto, per la presentazione della domanda non si dovrebbe fare riferimento alla data di cessazione, essendo possibile presentarla fino al 68° giorno a partire dall’ultimo giorno di preav viso indennizzato, e la liquidazione della Naspi avviene una volta terminato il periodo di preav viso, decorsi otto giorni. L’Inps ha chiarito (messaggio del 23 novembre
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2012, n. 19273) che l’indennità di disoccupazio ne subirà il differimento all’ottavo giorno suc cessivo alla data finale del periodo corrispon dente all’indennità di mancato preavviso. Que sto solo nei casi in cui detta indennità sia stata effettivamente corrisposta dal datore di lavoro, altrimenti la decorrenza farà riferimento ai nor mali meccanismi legati alla data di cessazione del rapporto di lavoro e di presentazione della domanda di prestazione. Vista la situazione della sua azienda e il forte rischio che oltre alle retribuzioni non le sia pa gata neppure l’indennità sostitutiva del preavvi so, le consigliamo di fare presente tale situazio ne all’Inps. Il periodo di preavviso nella domanda di Naspi andrebbe infatti indicato solo nel caso in cui il datore di lavoro ha provveduto al pagamento della relativa indennità sostitutiva, contestual mente alle spettanze di fine rapporto o se si è in possesso di un documento formale (accordo di conciliazione sottoscritto in sede protetta) in cui l’azienda si impegna a procedere in tal senso. Per completezza di informazione, qui sotto la tabella relativa alla quantificazione dei mesi di preavviso contrattuale. Consideri che, per il caso di dimissioni per giusta causa, esso decorre dal giorno successivo a quello del ricevimento da parte del datore di lavoro della comunicazione telematica, da effettuarsi per il tramite del por tale Cliclavoro, e che il periodo si determina sulla base dell’anzianità complessiva maturata in azienda, anche con diversa qualifica. Anzianità
Mensilità preavviso
fino a 4 anni
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oltre 4 e fino a 10
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oltre 10 e fino a 15
10
oltre 15
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Inserto mensile di Dirigente n. 7-8 / 2020
a cura di Thomas Bialas
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #65 02/ UFFICI: MENO COSTI CON L’IA 04/ IL COVID RICHIEDE PULIZIA 06/ ARRIVANO GLI ZOOMBIES
BlaBlaCovid Previsioni campate in aria Belli i tempi promiscui di BlaBlaCar: condividere l’auto, lo spazio, il racconto e, ovvio, il respiro. Ora invece è tempo di BlaBlaCovid: solo chiacchiere e distintivo su quello che sarà e su quello che verrà. E magari queste chiacchiere fossero solo notizie false (non uso la retorica delle fake news per principio). No, siamo pure bombardati da scenari e previsioni campati in aria. Anche i presunti scienziati fanno a gara a chi la sa più lunga e se la tirano con “succederà questo e il contrario di questo”. Per imprese e manager, un vero disastro. Facciamo ordine, dunque, e chiariamo innanzitutto
una cosa: ai grandi eventi avversi seguono di norma grandi previsioni (altrettanto avverse) confezionate da autoproclamatisi esperti e think tank dai nomi promettenti. Vi ricordate cosa si diceva nel 2008 dopo la crisi finanziaria e il fallimento di Lehman Brothers? Un sacco di sciocchezze. “L’era del consumismo è finita”, “tutto sta cambiando”, “nuovi valori sono in arrivo”. Addirittura il ceo della General Motors pronosticò la fine dell’era dei SUV, “spariranno e non torneranno mai più”, ne era sicuro. È successo esattamente il contrario: un corteo trionfale di vendite. Anche nel caso della crisi
SAVE THE DATE: REALTÀ AUMENTATA E VIRTUALE ONLINE, 24 SET 2020 https://tinyurl.com/yd62zewr
del coronavirus ci vuole una buona dose di scetticismo. Certo, molte cose saranno diverse. Per esempio, nel breve, una certa diffusione della contactless economy con interazioni senza o con pochi contatti e un’accelerazione dell’automazione. Ma come insegnano le previsioni spettacolarmente cannate dopo l’11 settembre, o il 2008, mai fidarsi dei grandi titoli sparati sui giornali da gente titolata. Durante le grandi crisi i cambiamenti vengono spesso sopravvalutati. La verità è che non possiamo e non dobbiamo fare affidamento sulle previsioni ma sulla resilienza.
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––Future signals Segnali e trend in pillole ––Future booking Prenota il tuo futuro No, non c’entra il famoso portale di prenotazioni online attivo nel settore viaggi, ma un trend in forte affermazione come risposta al coronavirus. Parliamo della tendenza di prenotare qualsiasi appuntamento online. I software e le app di prenotazione semplici, flessibili, potenti, come per esempio Fresha, vanno per la maggiore e a breve diventeranno uno standard per qualunque attività. Trovate nove opzioni selezionate da SimplyBusiness nel primo link, ma intanto facciamo un passo indietro. Parrucchiere, autolavaggio, assicurazione o palestra: ovunque è preteso il pre-booking e, certo, la pandemia ha accelerato il tutto, ma il trend era già evidente prima. Diciamo che ora diventa un must, o meglio, un aut aut: o il tuo servizio è user-friendly prenotabile, cancellabile e pagabile, o sei fuori. La nuova contactless economy richiede nuove efficienze e nuovi team per sincronizzare relazioni e appuntamenti con i clienti, e questo vale per ogni settore.
––Future office Meno costi con l’IA Un monolite intelligente nel cuore di Berlino sta per diventare il nuovo landmark della capitale tedesca. Cube Berlin è stato progettato da 3XN Architects e rappresenta indubbiamente i futuri uffici smart. Dove per smart si intende che l’intelligenza artificiale controlla in modo parsimonioso i servizi e i relativi costi. L’idea di fondo: far gestire in toto all’IA l’illuminazione e il riscaldamento. Certo, i dipendenti non potranno più maneggiare termostati a loro piacere e discrezione, ma solo esprimere desideri di temperatura tramite l’app. A detta dei progettisti questa gestione fa però risparmiare fino al 50% dei costi energetici. È un trend che si osserva anche altrove. A Singapore è attualmente in fase di sperimentazione un edificio governativo controllato dall’IA. Tutti gli ambienti sono dotati di sensori che misurano la temperatura, l’umidità o la luce e di WLAN che tracciano la posizione delle persone nell’edificio. Sulla base di questi dati, l’intelligenza artificiale, che fra l’altro monitora i movimenti delle persone per prevedere chi si muoverà e quando, ottimizza sia il riscaldamento/condizionamento sia l’illuminazione, tenendo conto anche delle diverse preferenze di temperatura con soluzioni di compromesso automatizzate. Fa molto “big brother is heating you” ma così è, se vi piace.
DIRIGIBILE #65
––Future friends Macchinose relazioni
https://tinyurl.com/yd2t8hya https://www.etermio.com https://tinyurl.com/yblxlnem https://3xn.com/project/cube-berlin https://tinyurl.com/y9fvq6fa
https://replika.ai https://tinyurl.com/rj7ofgz https://tinyurl.com/ujfn2en https://tinyurl.com/w68e43r
Segno dei tempi. Autodiretto non significa più essere capaci di decidere in autonomia, ma essere guidati in autonomia da un automa. Sarà anche colpa dell’isolamento forzato, ma c’è anche altro dietro la decisione del softwarista Michael Acadia, 50 anni, divorziato, di farsi per amante un “artificial intelligence chatbot” di nome Charlie, confezionato su misura dal programma Replika. Non è il solo. Pare che siano già 500mila le persone che hanno relazioni “stabili” con, come cita il payoff della società, “The AI companion who cares”. Già, a chi importa se tutto questo può apparire assai bizzarro. C’è addirittura chi sceglie la meta di viaggio in base alle preferenze del compagno virtuale: “Sai cara, quest’anno vorrei tanto vedere le montagne”. Non stiamo scherzando, sono storie vere, tuoni che preludono al temporale artificiale: tutti sommersi da macchinose relazioni.
––Future society Razza “immunariana” Nel numero speciale del Dirigibile, dedicato agli scenari post-coronavirus, mi ero divertito a immaginare una nuova razza immunariana” che tutto può, compreso socializzare, mentre tutti gli altri si devono isolare e sottostare a regole ferree. Ora scopro che un tale Tyler Cowen, editorialista di Bloomberg Opinion, si è cimentato nel pezzo A Vision of Post-Pandemic New York in una simile nefasta e deprimente previsione. Anche secondo lui il mondo si dividerà in immuni e non immuni, con tanto di certificato, per condurre una vita attiva fatta di feste e bagordi. Una New York, dunque, divisa in due distretti. Quelli a rischio e quelli non a rischio. Ognuno con propri bar e ristoranti. Io però scherzavo. Le visioni dispotiche vanno bene solo e sempre come monito. La realtà sarà diversa e, soprattutto, molto più ingarbugliata. Di fatto la scienza sta ancora litigando sulla durata o non durata dell’immunità.
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––Future cleaning Il Covid richiede pulizia È tempo di buttare un sacco di cianfrusaglie, perché le pulizie non si fanno solo a primavera.
Austin Distel
––Fai brillare l’impresa/02 Fare piazza pulita con le regole Ovunque si parla di cambiamento e quasi nessuno crede che tutto rimarrà così com’era. Ora sarebbe il momento di fare qualcosa. Di darsi una mossa. Peccato che molti preferiscano rimanere immobili. A parole tutti vogliono qualche trasformazione che rompa le vecchie regole, ma poi incombe lo spettro del gioco con i bastoncini Mikado (detto anche Shangai, per rimanere in tema di virus cinese): chi si muove per primo perde. Fermi tutti: a che gioco stiamo giocando qui? Vogliamo veramente che entrino in campo i fantasisti e i pensatori laterali fin dalle battute iniziali? Oppure, come al solito, non c’è spazio nella formazione tipo, se non alla fine, quando i giochi sono già fatti e gli schemi ben rispettati, insomma, come fuoco d’artificio di intrattenimento per sentirsi allenatori (manager) all’avanguardia? Per ogni fantasista in impresa vale quanto segue. Non importa cosa credi di essere: un santo, un innovatore o un rivoluzionario. Il giudizio è nelle mani di altri. E questi altri sono quelli che nelle organizzazioni e nella società hanno l’ultima parola, ci sono cresciuti e, cosa più importante, beneficiano delle regole esistenti.
DIRIGIBILE #65
––Fai brillare l’impresa/01 Ora serve disordine non ordine Proprio in primavera il coronavirus ha colpito duro, giusto per ricordarci di fare a fondo pulizia dell’impresa in ogni suo punto, cercando magari di eliminare abitudini e convinzioni che si annidano proprio nel nostro cervello. Sporcizia difficile da eliminare perché coperta da uno spesso strato di inutili certezze. Il disordine è la condizione naturale dell’esistenza, ma in azienda si pretende ordine. Ora, non è affatto facile mantenere una visione ordinata in tempi così confusi. Le domande si accavallano: quando avremo di nuovo una vita sociale e a che prezzo? L’azienda sopravviverà? Avremo imparato qualcosa da questa crisi oppure no? Cosa sarà normale in autunno? Tempo di riordinare ciò che è stato e ciò che sarà (forse). Che poi significa smistare: cosa va tenuto, cosa va buttato. Insomma, mettere sottosopra la propria vita, la propria azienda e, volendo e potendo, anche l’intera economia. Ci vuole coraggio, immaginazione e la convinzione che le cose possano migliorare anche laddove domina il caos. La cosa buona del disordine è che si impara a diventare persone non più ordinarie. Lo diceva già Nietzsche che «bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante». Vero.
––Fai brillare l’impresa/03 La primavera non può attendere Alla fine è solo una grande farsa. Si mette nella casella dell’organigramma qualche transformation manager qua e là per un gioioso trallallà di cui non si conoscono le vere parole. Qualcosa deve cambiare senza che nulla cambi veramente. È sempre la vecchia storia. Per decenni le grandi imprese hanno preso persone che “si adattano bene”, cioè che sono conformiste. E ora chiedono a questi conformisti di essere diversi e di infrangere le regole, almeno un po’, e no, dai, attenzione! Questo era già troppo. Oppure chiedono ai “largo ai giovani” di fare la prima mossa, di infrangere le regole e di trovare delle alternative. Pensare fuori dagli schemi ma, beninteso, solo per trovare nuovi prodotti e servizi, insomma, nuovi profitti, mica per mettere in discussione la leadership, i business model o la cara legge del Pil. Ma allora come si fa a fare delle vere pulizie di primavera? Forse aspettando la prossima primavera.
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––Future burnout Arrivano gli zoombies
“We live in zoom now” titola il New York Times. È così. Tutti a zoomare, dicasi videoconferenzare. Non si rinuncia al lavoro di squadra e si sfida il coronavirus su un terreno a lui non congeniale: il mondo virtuale. Pare tutto ottimo, ma forse è pessimo. Non le vedete già anche voi queste inquietanti figure di impiegati abulici e con lo sguardo fisso? Sono i nuovi zoombies. Una specie di relitti umani in via di apparizione in ogni impresa.
DIRIGIBILE #65
Ai tempi del Covid-19 il lavoro da remoto non è più remota possibilità, ma imperativo categorico morale con un uso compulsivo dei meeting virtuali.
L’iniziale entusiasmo si è già trasformato in stanchezza o, meglio, in “zoom sonnolenza” e disturbi di tipo mentale e motorio.
Dopo 8 ore di Fortnite (il videogioco), o riunione virtuale forzata, la mente umana si affloscia per sfoderare prestazioni solo ripetitive (non innovative).
Le conferenze davanti alla telecamera sono molto più faticose di una telefonata, perché richiedono maggiore concentrazione e presenza (cura) sia nella fase di accoglienza sia in quella di chiusura.
L’obbligo di condividere gli spazi di home office, e relative conferenze con la famiglia, crea stress e tensione perché pochissimi dipendenti sono preparati ad affrontare giornate lavorative in videoconferenze non-stop.
L’esaurimento da meeting virtuali (ma lo stesso discorso vale per i webinar) ha ottime e ovvie spiegazioni biologiche e sensoriali: mancano informazioni essenziali nella gestione delle relazioni come il tatto, gli odori, il contesto, gli sguardi, le pause condivise e così via. Inoltre i suoni e i movimenti arrivano spesso con un ritardo temporale. Tutto questo crea affaticamento.
Molte imprese gestiscono malissimo questa risorsa e con uno scarso rispetto dei ritmi biologici umani. Una riunione virtuale non dovrebbe mai superare il canonico tempo calcistico di 45 minuti (poi almeno 15 minuti di pausa) e mai organizzare più di tre riunioni al giorno.
Molte cose possono essere gestite (e meglio) con scambio di informazioni via chat (magari per gruppi) o con condivisione di documenti sulle piattaforme dedicate.
Ma alla fine esiste solo una ricetta per liberare i nuovi “zoombies” dal loro letargo virtuale: molte meno videoconferenze.
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FUTURETECH
INVENZIONI & INNOVAZIONI
LA CASA SECONDO APPLE
comuni tra i tanti dispositivi, differenti protocolli di connessione e comunicazione, cavi e connettori assortiti, procedure di installazione hardware e software. Lampadine, serrature intelligenti e frigoriferi che non dialogano fra loro. Apple tenta la strada di sistemi capaci di rilevare automaticamente la presenza di altri dispositivi intelligenti, comprenderli e autenticarli per un uso immediato. Non facile.
Al momento, Apple, con il suo HomePod, è il fanalino di coda nel mercato degli smart speaker domestici, ma ora, come dimostra il brevetto pubblicato dall’USPTO, “Object tracking and authentication using modular wall unit”, il colosso di Cupertino prova a recuperare il terreno con sistemi che permettono alla casa di configurarsi da sola. Non solo intelligente ma anche intuitiva. Il problema delle smart home è l’assenza di standard
DWELLITO.COM
Con tutto questo home office, urgono mini uffici da allestire in giardino in pochi minuti. Dwellito propone versioni da 6 metri quadrati a circa 8mila dollari.
https://tinyurl.com/ybuczbzc
MYMIAMIGRILL.COM
Ristorazione contactless. La catena Miami Grill ha appena introdotto il primo ristorante drive-in a due corsie per servire ai clienti pasti “Covid-free”.
BOSTONDYNAMICS.COM/SPOT
Potenza della videoconferenza. Ora Spot, il robot quadrupede elettrico di Boston Dynamics, è dotato di un tablet per meeting on the move. Buffo. https://tinyurl.com/ybpseose
MILREMROBOTICS.COM
Automazione benvenuta. Quando spegnere il fuoco diventa troppo pericoloso per i vigili del fuoco, interviene il robot pompiere telecomandato. https://tinyurl.com/y786cfr5
SMARTLYZ.COM
È tempo di contactless hotel, come il nuovo Leyeju Smart Hotel della catena cinese con esperienze completamente automatizzate e senza contatto.
LMNTSOUTDOORSTUDIO.COM
Per praticare yoga in tempi di social distancing, Lmnts Outdoor Studio ha creato 50 cupole trasparenti all’aperto dotate di riscaldamento e illuminazione. https://tinyurl.com/y8gwne5e
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
A TUTTO STREAMING
Oltre 40 i webinar organizzati a partire da maggio dalle Associazioni territoriali per continuare a offrire spunti e dialogo ai nostri associati, anche da casa
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opo le prime destabilizzanti settimane di emergenza, in cui Manageritalia e tutte le sue Associazioni territoriali si sono prontamente riorganizzate per essere operative da remoto fin dal primo giorno di lockdown, fornendo tutti i servizi di sempre agli associati, è arrivato anche il tempo di tornare alle care vecchie abitudini. Abitudini anche un po’ nuove, per dirla tutta, perché, adeguandoci al periodo e alle normative, abbiamo trovato innovative modalità di proporvi gli incontri sui più svariati temi manageriali che completano l’offerta della nostra Organizzazione e sono sempre tanto apprezzati dagli iscritti. Quindi, così come abbiamo dovuto tanto rapidamente cancellare gli eventi, i seminari, gli incontri, le occasioni di networking già organizzati da Nord a Sud per il primo semestre 2020, quasi altrettanto rapidamente abbiamo rivoluzionato il calendario, chiaramente componendolo di eventi esclusivamente online, pensando a nuove tematiche di cui ogni manager avrebbe sentito il bisogno
di approfondire per i mesi a venire, coinvolgendo professionisti e istituzioni nazionali e locali per cercare di offrire sempre nuovi stimoli e punti di vista. Ecco cosa abbiamo organizzato finora, webinar sempre molto partecipati e commentati grazie alle facili piattaforme di streaming di cui tutti ormai siamo diventati esperti utilizzatori.
Futuro e innovazione Siamo partiti volgendo uno sguardo al futuro, mai così incerto, con “Covid innovations, il futuro getta la maschera”, organizzato da Manageritalia Lombardia in colla-
SEMPRE ONLINE Ogni webinar è stato trasmesso in diretta streaming sui canali social di Manageritalia: la pagina YouTube nazionale, le pagine Facebook nazionale e/o territoriali, in base ai contenuti proposti. Talvolta si è trattato di webinar a numero chiuso perché gli argomenti trattati prevedevano un’interazione con il pubblico che non avrebbe sortito buoni risultati se il numero dei partecipanti fosse stato troppo elevato. Tutti gli eventi sono naturalmente gratuiti. Quasi tutti i webinar si possono rivedere, li trovate sul canale YouTube di Manageritalia o sulle pagine Facebook nazionale e territoriali.
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MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
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borazione con Cfmt il 7 maggio, pochi giorni dopo l’inizio della Fase 2. Scenari, tendenze, innovazioni, business model e nuove leadership per gestire il “niente sarà più come prima” e prendere di petto la crisi con piglio costruttivo, come ha spiegato il relatore e futurologo Thomas Bialas. Si è focalizzato invece sul marketing il webinar organizzato il 30 giugno da Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta dal titolo “Il marketing come leva per un nuovo miracolo economico”. Massimo Giordani, presidente dell’Associazione italiana sviluppo marketing, ha parlato di come la Regione Piemonte potrebbe essere un modello da imitare se solo riuscisse a sviluppare una visione sistemica del suo territorio, delle sue imprese e della sua cultura, mettendo in atto un grande progetto di marketing. Sempre di territorio, ma anche di innovazione e startup per l’Italia che verrà, si è occupata Manageritalia Campania, il 7 luglio, focalizzandosi naturalmente sul Sud e sulla valorizzazione per ripartire. Lo ha fatto con Mario Del Pezzo, consigliere Manageritalia Campania, Giuseppe De Nicola, founder Fondazione Am-
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pioraggio, e Francesco Castagna, innovation technology manager Uni.Sa. Hanno utilizzato un format comune le associazioni veneta e toscana per parlare di come il lockdown ci abbia mostrato anche delle opportunità da mettere a fattor comune per ripartire. In primis la digitalizzazione e il lavoro da remoto. Ora bisogna porre questi aspetti al servizio dello sviluppo con più sinergia tra tutti gli attori, cambiando modelli di business e organizzazione del lavoro e dando più managerialità alle nostre aziende. Il webinar “Ripartiamo da, con, come... insieme” è stato trasmesso nella versione veneta il 25 giugno con ospiti come Cosimo Finzi, direttore AstraRicerche,
Massimo Fiaschi, segretario generale Manageritalia, e Gian Angelo Bellati, presidente Longarone Fiere; nella versione toscana il 26 giugno con Silvia Pugi, responsabile Csr Manageritalia, Stefano Ciuoffo, assessore Attività produttive, credito, turismo, commercio Regione Toscana, Mirko Lalli, ceo di The Data Appeal Company, Laura Lodone, responsabile area turismo Confcommercio Toscana, e Mario Rapaccini, professore di Gestione dell’innovazione all’Università di Firenze. Chiude questa sezione che guarda al futuro il webinar del 22 luglio organizzato da Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria dal titolo “Il turismo post-Covid-19”. Partendo dalla ricerca “Come cambierà il modo di viaggiare degli italiani dopo l’emergenza Covid-19” realizzata da Giacomo Del Chiappa, professore di Marketing all’Università di Sassari, abbiamo cercato di capire come rispondere ad alcune domande che in questo periodo interessano il dibattito politico e quello degli operatori turistici. Lo abbiamo fatto con Tommaso Tanzilli, direttore Federalberghi Lazio, Gianluca De Riu,
direttore Federalberghi Sardegna, Paolo Manca, hotel manager M Hotels Arzachena, Gaetano Torino, direttore Sina Bernini Bristol, e Antonella Ferro, direttore Courtyard by Marriott Rome Central Park.
Manageritalia Lombardia ha coinvolto i manager (soprattutto quadri e donne) in due incontri: “Personal branding for women” il 9 giugno e “Business networking” il 23 giugno, entrambi a cura di Francesca Parviero. Perso-
webinar in cui sono intervenuti Roberto Saliola, presidente Manageritalia Lazio, Abruzzo, Molise, Sardegna e Umbria, e Alessandra Mariani, career consultant e responsabile delivery Centro Sud Intoo. Mentre “Smart working tra opportunità di progressione della cultura organizzativa e rischio disconnessione emotiva delle persone: impatti sulla produttività” ha visto discutere Antonella Inverno, responsabile delle politiche per l’infanzia Save The Children, Livia Mascagna, head of HR&Internal communication Save The Children, Maria Antonietta Mura, direttore del personale Gruppo Tuo, Daniela Paliotta, hr head Mercedes-Benz
Tempo di smart working… e il networking? La diffusissima modalità di lavoro agile ha ispirato il webinar organizzato il 26 maggio da Intoo in collaborazione con Manageritalia Piemonte e Valle d’Aosta dal titolo “Smart networking: come continuare a coltivare le relazioni dal divano di casa” che è partito dal domandarsi: se il 70% delle possibilità di lavoro passa attraverso la rete di contatti, come coltiviamo efficacemente il nostro network da remoto? Su questo si è aperto il confronto tra Daniele Testolin, presidente Manageritalia Piemonte e Valle D’Aosta, e Federica Restelli, career consultant Intoo. Manageritalia Marche ha preferito sviscerare la tematica dal punto di vista degli strumenti per il futuro. Lo ha fatto il 12 giugno con Franco Amicucci di Skilla in un incontro organizzato da Istao. Tornando al networking, invece,
nal branding e networking sono leve strategiche, due competenze chiave che influenzano la possibilità di essere prese in considerazione per un’opportunità. E gli associati lo sanno bene, tanto che entrambi gli incontri hanno avuto un boom di partecipanti. Anche la nostra principale associazione del Centro Italia ha puntato su questi temi per gli incontri del 30 giugno e 9 luglio. “Creare connessioni: il networking” è il
Italia, e Maria Tringali, direttore personale e organizzazione Tinexta, moderate da Roberto Salvini, direttore Canale Europa TV.
Management sempre al primo posto Tra chi ha dedicato più spazio al management, alla carriera e a problematiche di lavoro connesse alla particolare situazione di criticità, c’è sicuramente Manageritalia Emilia Romagna. Tanti e
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MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
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diversi i temi affrontati da maggio in poi: dalle strategie vincenti dei concessionari auto che puntano sull’online alla gestione dell’imprevisto in azienda – un webinar, questo, di Virtus Lab tenuto da Daniele Boscaro, presidente e ceo di Segafredo Zanetti e Claudio Albertini, ad di Igd – dalla Cybersecurity all’Mbo manager e agli obiettivi di sostenibilità delle imprese. Un evento che ha anticipato i primi risultati della ricerca promossa da Manageritalia Emilia Romagna e dall’Associazione nazionale Dottori commercialisti sulle modalità di remunerazione variabile dei manager applicate agli obiettivi ambientali e sociali delle proprie organizzazioni e che ha visto numerosi interlocutori discuterne, tra cui Rebecca Levy Orelli, professoressa dipartimento Scienze aziendali Università di Bologna, Filippo Palombini, direttore risorse umane Gruppo Tper, Filippo Bocchi, direttore valore condiviso e sostenibilità Gruppo Hera, Angelo Paletta, professore di Business administration e deputy rector Finance, planning & process innovation all’Alma Mater Studiorum, e Mario Mantovani, presi-
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dente Cida e vicepresidente Manageritalia. Di altro tipo il supporto fornito dall’evento organizzato da Ma-
nageritalia Piemonte e Valle d’Aosta il 7 luglio. Si è discusso di come cambierà il ruolo del manager nell’era post-Covid grazie ai contributi di Massimiliano Gerardi, presidente Associazione nazionale Consulenti del lavoro Unione provinciale di Torino, Enrico Pedretti, direttore marketing Manageritalia, Claudio Saporito, sales director Intoo, e Silvio Tancredi Massa, executive consultant Exar social value solutions al webinar “Manager: la trasformazione non sarà solo digitale”.
Chiude (per ora!) questa carrellata dedicata ai temi più strettamente manageriali l’incontro di Manageritalia Veneto del 21 luglio dal titolo “Il lavoro manageriale e imprenditoriale nell’era post Covid-19”. Il webinar si propone di tracciare alcune tendenze evolutive in atto, in particolare attraverso le testimonianze di Marco Carniello, brand director jewellery & fashion Italian Exhibition Group, e Anna Nardi, amministratrice delegata Nardi, preceduti da una relazione di Paolo Gubitta, professore di Organizzazione aziendale all’Università di Padova.
Spazio ai Mep La 14esima associazione di Manageritalia, dedicata agli executive professional, avrebbe dovuto proseguire in primavera con una serie di incontri territoriali per presentarsi. Purtroppo annullati causa Covid, si è pensato in qualche caso di organizzare, almeno per il momento, incontri online, come fatto dalla Toscana a fine giugno. Mep invece ha organizzato due webinar aperti a tutti il 13 e il 16 luglio: il primo dal titolo “La Diocesi di Milano di fronte al Covid-19: tecniche di resilienza”,
Vediamoci sul web Di tutt’altro genere il format proposto da Manageritalia Lombardia “Vediamoci sul web!”. Sei webinar a cadenza fissa su cultura, arte e musica, nati per riprendere il rapporto che da oltre 30 anni avvicina tra loro gli associati attraverso le rinomate “Iniziative culturali”, organizzate in Lombardia e non solo. Dal 21 maggio al 2 luglio abbiamo incontrato il poche ha affrontato come sia difficile essere comunità, aiutare i più deboli, essere di supporto ai fedeli rinunciando agli incontri fisici e ai luoghi consueti. Il secondo, dal titolo “Dal dire al fare: incontro con i protagonisti sul campo dal lockdown alla ripresa”, si è focalizzato sul ruolo dei sindaci e amministratori locali nella gestione dell’emergenza, dal lockdown al rilancio di un territorio a vocazione turistica, dall’economia alle relazioni sociali.
Previdenza e assicurazione Tecnici e di utilità i numerosi webinar organizzati a metà luglio da quasi tutte le Associazioni territoriali sul tema “Coperture assicurative del contratto e gli altri
servizi assicurativi per i dirigenti del terziario” con i professionisti di Assidir. L’associazione emiliana si era anche dedicata a un tema caro al mondo previdenziale organizzando un webinar sul riscatto di laurea agevolato il 26 maggio.
eta Davide Rondoni, che ha sottolineato i punti in comune tra un poeta e un manager; il docente di comunicazione sociale Alberto Contri, che ha illustrato la comunicazione pubblicitaria ai tempi del coronavirus; il musicista Lino Patruno, che ci ha fatto divertire con la musica e gli aneddoti di 50 anni di Gufi. Poi c’è stato spazio per approfondire Raffaello Sanzio, storie di sole e di luce nell’arte, e la “mostra impossibile: tutto ciò che avremmo voluto vedere, ma non vedremo mai”, tre incontri a cura della storica dell’arte Claudia Corti. Continuate a seguirci sui nostri social, sul canale YouTube ufficiale e sul portale manageritalia.it: gli eventi continuano!
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MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
R
I MANAGER PER IL SOCIALE A CIVIL WEEK LAB Lo storico gruppo di lavoro lombardo partecipa al primo evento digitale dedicato al terzo settore e promosso dal Corriere della Sera
C
ome si suol dire, l’importante è partecipare. In questo caso, però, non era una gara e non ha perso nessuno, anzi, è proprio l’occasione quella che non si è voluta perdere. Avrebbe dovuto essere una Civil Week ed è stata una Civil Week Lab. Ma contava esserci e il Gruppo Manager per il Sociale di Manageritalia Lombardia non è mancato all’appello. Civil Week Lab è stato il primo evento digitale dedicato alle persone, alla solidarietà e all’economia civile per dare voce al terzo settore, promosso dal Cor-
riere della Sera con il Forum del Terzo settore e i Centri di servizio per il volontariato (Csv) milanesi, le fondazioni di Comunità milanesi in collaborazione con Forum e Csv nazionali. Due giorni completamente online, l’11 e il 12 giugno, in un susseguirsi di appuntamenti e webinar che hanno coinvolto le più diverse realtà del terzo settore. Una soluzione alternativa scelta dagli organizzatori che si sono visti costretti ad annullare, causa Covid-19, la Civil Week organizzata per la prima settimana del marzo scorso. Sarebbe stato un even-
Il Gruppo Manager per il Sociale di Manageritalia Lombardia è un gruppo di manager che offrono volontariamente le proprie competenze ed esperienze professionali e il proprio tempo alle associazioni di volontariato, oggi enti del terzo settore, che operano nel sociale, a titolo totalmente gratuito. L’obiettivo è aiutare gli enti a svolgere la loro missione nel modo più efficace per sviluppare l’attività solidale a favore della società, non solo consigliandoli, ma accompagnandoli concretamente in un percorso anche formativo. Il Gruppo, nato oltre 20 anni fa, ha vissuto una crescita esponenziale, accelerata soprattutto negli ultimi anni. Oggi gli aderenti sono oltre 300, che lavorano su uno o più progetti, anche all’interno della stessa organizzazione, individualmente o in team a seconda delle caratteristiche del progetto e
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to live, ricco di incontri sparsi per tutta la città, una nuova ulteriore settimana dedicata a un settore specifico, nella città ormai simbolo delle “week”: Milano. Anche il Gruppo Manager per il Sociale di Manageritalia Lombar-
dell’ente, raggiungendo obiettivi molto apprezzati. Come ad esempio la riorganizzazione del comitato milanese della Croce Rossa Italiana, la collaborazione con Auser per l’università della terza età, con l’Associazione italiana subvedenti per l’amministrazione e lo sviluppo organizzativo, con il Csv per il piano di sviluppo, per la Fondazione Welfare Ambrosiano per il microcredito, ma anche collaborando ad alcuni progetti di piccole onlus bisognose di competenze aggiuntive. Le aree di intervento spaziano dalla comunicazione e marketing alla metodologia per il fund raising; dall’amministrazione e bilancio sociale alla formazione e gestione delle risorse umane; dall’informatica al controllo qualità e sicurezza. E più in generale all’organizzazione. Negli anni più recenti ci si è dedicati, in particolare, a startup di imprese sociali, con sviluppo di business
sa di recuperare il tutto il prossimo anno, l’associazione lombarda non si è fatta sfuggire l’occasione di aderire alla versione “Lab”. Obiettivo generale della due giorni: illustrare le attività svolte dalla propria organizzazione durante la fase di emergenza Coronavirus. plan per concorrere a finanziamenti e affiancamento durante il primo periodo di attività. «In questo C’è un periodo di emergenza le attività sono state rallentamanager te, ma dove è stato possibile i lavori sono continuaper te! ti da remoto – commenta la coordinatrice del Gruppo Giancarla Bonetta – ora vanno affrontate le I Manager per il sfide del “dopo Covid”, che saranno molte e coinSociale hanno orvolgeranno pesantemente anche il terzo settore, ganizzato una tadallo sviluppo dell’uso di strumenti digitali all’adevola rotonda onliguamento a nuovi e diversi bisogni, alla creazione ne dal titolo “C’è di nuove opportunità di lavoro. I manager per il un manager per sociale ci sono e ci saranno! te!” a cui hanno partecipato la coPer info: http://bit.ly/managerxilsociale ordinatrice del Per richiedere supporto: gruppo Giancarla milano.volontariato@manageritalia.it Bonetta e due tra le dia, gruppo di lavoro ormai ultraventennale che conta oltre 300 manager che prestano il loro contributo a onlus ed enti del terzo settore, avrebbe dovuto partecipare alla settimana con un paio di eventi di un certo spessore. In atte-
numerosissime realtà sostenute dai volontari e portate a titolo di esempio: Banco Alimentare Lombardia e Fondo Famiglia Lavoro di Caritas ambrosiana. Per illustrare nello specifico le collaborazioni svolte dai manager volontari durante l’emergenza Covid-19 sono intervenuti Marco Magnelli, direttore generale di Banco Alimentare Lombardia, insieme a uno dei manager da anni volontario al Banco, Francesco di Carlo, e Luciano Gualzetti, direttore di Caritas ambrosiana nonché associato Manageritalia, insieme a Raul Longo, che con altri colleghi presta servizio al Fondo Lavoro e Famiglia. Nota di cui andare fieri è il fatto che nella due giorni, tra i numerosissimi eventi online organizzati dalle più diverse onlus ed enti del terzo settore aderenti alla manifestazione, solo 10 sono stati scelti, sulla base dei contenuti proposti, per fare parte del palinsesto principale di Corriere della Sera e venire così divulgati dai canali social ufficiali in diretta live: “C’è un manager per te!” era tra questi! Ci vediamo l’anno prossimo per l’edizione live. Per rivedere la tavola rotonda clicca qui: https://bit.ly/CivilWeekLab
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GLI ITALIANI E LE ASSICURAZIONI I principali numeri del mercato assicurativo italiano nel 2019 secondo i dati Ivass, l’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni
ASSIDIR
I
l mercato assicurativo italiano ha messo in luce nel 2019 una crescita complessiva della raccolta premi. L’andamento dei premi lordi nel ramo vita è cresciuto in Italia del 2,6%, contro un 2,5% medio dei 50 paesi monitorati dall’Ocse, mentre nel ramo danni la crescita è stata del 2,5%, contro una media del 3,5% dell’intero campione. L’Italia, tra i 50 paesi, si è attesta-
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ta rispettivamente al 14° posto per i premi del ramo vita e al 18° per quelli del ramo danni. Per quanto riguarda l’incidenza della raccolta premi vita e danni sul Pil, il 2019 ha evidenziato una percentuale pari all’8,9 nel complesso dei paesi Ocse, con picchi superiori al 10% in paesi come Stati Uniti, Regno Unito e Francia, un livello inferiore al 3% in paesi come Polonia e Grecia e un valore pari al 7,7% in Italia. Per
i premi ramo vita si è rilevata una penetrazione del 5,8% rispetto a una media del 4,4% del Pil nel complesso dei paesi osservati, mentre per i premi ramo danni l’Italia si è fermata all’1,9%, contro un 4,5% (tavola 1). Un altro dato significativo riguarda la dimensione del mercato assicurativo vita e danni al terzo trimestre dello scorso anno che, nell’insieme, risulta pari a 12.621 miliardi di euro di attivi, a fronte
Tavola 1 - IL MERCATO ASSICURATIV0 ITALIANO RAMO VITA Premi lordi 2019
RAMO DANNI Premi lordi 2019
+2,6% (14° posto tra 50 paesi Ocse)
+2,5% (18° posto tra 50 paesi Ocse)
5,8% del Pil (media 50 paesi Ocse 4,4%)
1,9% del Pil (media 50 paesi Ocse 4,5%)
di 11.134 miliardi di euro in riserve tecniche e a 1.486 miliardi di euro nella forma di riserve patrimoniali.
mico europeo). A queste si aggiungono altre imprese con sede legale in altro stato See e “in regime di stabilimento” in Italia o autorizzate a operare. Sulla base del livello di specializzazione delle imprese di assicurazione nazionali vigilate dall’Ivass si evidenzia che, nel totale delle 98 presenti, 52 operano nel ramo danni, 33 nel ramo vita e 13 sono a tutti gli effetti “multiramo”. Un altro dato che vale la pena di evidenziare è la cosiddetta “concentrazione del mercato”, che
Gli aspetti strutturali La struttura del mercato assicurativo italiano al 31 dicembre dello scorso anno ha evidenziato che nel nostro Paese operano 101 compagnie assicurative (una in più rispetto al 2018), di cui 98 nazionali e 3 rappresentanze di imprese con sede legale non appartenenti al See (Spazio econo-
mette in luce come i primi cinque gruppi assicurativi raccolgono, da soli, il 59,5% dei premi del ramo vita e il 67,6% del ramo danni. Da ultimo, ma non per importanza, il numero degli intermediari assicurativi che costituiscono il punto di contatto tra le compagnie assicurative e i clienti: in Italia, nel 2019, erano ben 239.204.
La raccolta premi e i rimborsi Un altro elemento utile a delineare questo scenario è costituito dal dettaglio dei canali attraverso i quali avviene la raccolta dei premi. Si tratta di un universo di operatori che comprende, oltre alle compagnie, gli agenti, i broker, i promotori, le banche e le poste (tavola 2). Per quanto riguarda le “cose” che noi assicuriamo, nel ramo danni la parte del leone viene
Tavola 2 - CANALI DELLA RACCOLTA PREMI
Banche e Posta 60,7%
RAMO VITA
Vendite dirette e broker 1,9%
Banche, Posta e promotori 7,7% Broker 9,2% Agenzie 23,8% Promotori finanziari 13,6%
Vendite dirette 6%
RAMO DANNI
Agenzie 77,1%
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ASSIDIR
fatta dalle polizze “auto” che, da sole, si aggiudicano il 48% del totale dei premi. A una certa distanza si posizionano le coperture relative agli immobili e le cosiddette “polizze salute”, che si aggiudicano il 18% ognuna, mentre il gruppo definito “Responsabilità civile generale” ha raggiunto il 9% del totale dei premi raccolti nel 2019. Analizzando i dati più importanti del ramo vita, si osserva che il 70% dei premi è stato pagato per polizze “rivalutabili” e le cosiddette “unit-linked” si sono aggiudicate il 28% del totale. Un altro dato interessante per conoscere meglio il mercato assicurativo italiano è costituito dall’entità dei rimborsi per sinistri che le compagnie assicurative vigilate dall’Ivass hanno pagato nel 2019. Sono arrivati a un importo complessivo pari a 96 miliardi di
euro, di cui 20 per il ramo danni e 76 per il ramo vita. Per quest’ultimo, in particolare, vale la pena sottolineare che l’importo evidenziato include riscatti, capitali e rendite maturati che mettono in luce l’utilizzo delle polizze del ramo vita come strumento di risparmio.
Tavola 3 - DOVE INVESTONO LE COMPAGNIE DI ASSICURAZIONE
Quote di Oicr* 13% Partecipazioni 11%
768 miliardi
Titoli di stato 52%
Obbligazioni societarie 20% *Oicr: Organismi di investimento collettivo del risparmio (Fondi comuni, sicav, sicaf)
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Nel caso del ramo danni, invece, i rimborsi fanno sempre fronte a eventi negativi coperti dalla polizza, denominati in gergo “sinistri”.
Gli investimenti delle compagnie assicurative L’ultimo elemento di interesse, non in ordine di importanza, riguarda le modalità con cui vengono investiti i fondi delle compagnie assicurative italiane. Questi fondi, in pratica, costituiscono l’elemento essenziale sulla cui base le assicurazioni possono far fronte ai rimborsi nei confronti della loro clientela. Le nostre compagnie assicurative hanno detenuto nel 2019 fondi propri per ben 2,4 volte il requisito patrimoniale minimo calcolato secondo le disposizioni adottate dalla Commissione europea. In termini assoluti, poi, va rilevato come gli investimenti delle imprese di assicurazione hanno raggiunto l’anno scorso la cifra di 768 miliardi di euro, ripartiti come indicato nella tavola 3.
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CORSI DI FORMAZIONE In un periodo di così grandi trasformazioni, Cfmt propone una nuova offerta, totalmente personalizzabile, costruita intorno a 4 competenze trasversali, che punta a supportare la persona e la costruzione del suo percorso di apprendimento Personal Improvement
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CFMT
Ideare presentazioni efficaci Le componenti che influenzano la performance ONLINE
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16 e 24 ottobre
Schemi excel per costruire Ebit ed Ebitda Costruire modelli di analisi in modo semplice, veloce ed efficace
Business Development Simposi digitali: digitale, il “gioco” della vita? Gaming e apprendimento/cybersecurity ONLINE
17 settembre
La web marketing strategy e lo schema Tlf Tecniche e strumenti per supportare analisi di mercato e monitoraggi ONLINE
21 ottobre e 4 novembre
Analisi dei costi aziendali: schemi di direct costing e full costing Valutare le modalità di controllo e contenimento dei costi ONLINE
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La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.
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LEADERSHOP - L’AVVENTURA Il podcast che racconta il “passaggio a Nord Ovest” di noi stessi
L
eadershop, uno dei più amati workshop emozionali di Luciano Ziarelli, che Cfmt ha portato negli ultimi 25 anni nei teatri, e non solo, d’Italia facendo appassionare centinaia di dirigenti, è adesso un podcast da ascoltare tutto d’un fiato. Dallo scorso anno, Cfmt ha ampliato l’offerta del microlearning per i dirigenti includendo i podcast, una modalità molto apprezzata che si sta rivelando ideale per facilitare l’apprendimento continuo, aiutando il processo di crescita personale di ognuno. I professionisti necessitano di un percorso di apprendimento continuo e personalizzato che alleni le competenze trasversali necessarie per affrontare il prossimo futuro. Per progettare questo percorso dobbiamo sfruttare appieno tutte le potenzialità dell’e-learning, che mai come in questo periodo ha dimostrato la sua efficacia. E allora, cuffiette alla mano, siete pronti a immedesimarvi e immergervi nelle avventure del comandante Shackleton e della sua ciurma, ascoltando dalla voce di Luciano Ziarelli una delle storie di leadership più emozionanti dell’ultimo secolo? Inutile indorare la pillola: la leadership è uno stato di grazia. Che tocca solo alcuni fortunati e meritevoli di noi. Ma ciò non è un buon motivo per non tentare questo difficile quanto appassionante Passaggio a Nord Ovest di noi stessi: da capo a leader. Un passaggio che non si può imparare sui libri, ma solo emulando comportamenti altrui in grado di affascinarci.
Perché la leadership questo è, empatica fascinazione. Ecco perché raccontiamo la storia vera del comandante Shackleton al Polo Sud. Chissà che non possa ispirarci nel nostro personalissimo Passaggio a Nord Ovest.
I episodio Che successo quel fallimento! La proposta che, ai primi del 1900, Ernest Shackleton fa a Re Giorgio V d’Inghilterra è francamente pazzesca: la traversata a piedi dell’Antartide: 2.900 chilometri da Ovest a Est sul nulla artico, per arrivare dall’altra parte, sull’Oceano Pacifico. L’impresa fallirà. Eppure passerà per sempre alla storia come il più clamoroso fallimento di successo di tutta l’epopea delle spedizioni polari.
II episodio Men wanted for hazardous journey… Ventisette uomini coraggiosi, uno dei più grandi leader che Dio abbia mai mandato in terra, 70 cani da slitta e una nave, l’Endurance, danno vita a una storia straordinaria che, se non fosse vera, sembrerebbe impossibile, e che a distanza di oltre cent’anni continua ad appassionare i manager di tutto il mondo.
Per questo il comandante Shackleton cercava solo uomini coraggiosi…
III episodio Questione di sfumature La notte polare non perdona. La nave viene stritolata dai banchi di ghiaccio e per gli uomini inizia una faticosa e dolorosa migrazione sul pack, ghiaccio che galleggia su 3mila metri di acque gelide. Se non sei un leader e non hai capito la differenza che c’è tra le cose da fare e da dire e come vanno dette e fatte, quegli uomini non ti seguiranno per mesi e mesi, camminando con a fianco la morte.
IV episodio Straordinaria quell’impresa! Dopo quasi due anni da quando erano salpati da Londra quel primo agosto del 1914, gli uomini dell’Endurance tornano tutti sani e salvi a casa. Ma prima hanno dovuto superare difficoltà inaudite. Tra cui la più straordinaria impresa nautica mai compiuta da un essere umano. Quella che Shackleton, a bordo di una delle tre lance di salvataggio, compie attraversando 1.400 chilometri di uno dei tratti di mare più spaventosi al mondo, tra Capo Horn e lo Stretto di Drake, per andare in cerca di soccorso per i suoi uomini.
INFORMAZIONI PER L’ACCESSO Per ascoltare il podcast effettua il login sul sito www.cfmt.it e scrivi Leadershop nella barra di ricerca Per maggiori informazioni: info@cfmt.it
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Hanno collaborato a questo numero (56)
Angela Amodio è fisioterapista specializzata in neuroriabilitazione.
Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt e curato(61) re dell’inserto Dirigibile. Glen Campbell ha ricoperto negli ultimi vent’anni differenti ruoli manageriali in Australia, Nuova Zelanda, Australasia come regional e global manager. Ha lavorato per diverse aziende pubbliche, tutte nel settore tecnologico, tra cui Halogen Software, Top Image System e Reckon. Ha ideato BillyGuard, una piattaforma digitale con un team di 30 professionisti in 11 paesi che offre servizi gratuiti lanciata nell’ot(46) tobre del 2019. (57)
Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
Andrea Granelli è presidente e fondatore di Kanso, società di consulenza che si occupa di in-
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
novazione e change management. È specializzato in cultura digitale e in leadership. Ha lavorato prima in Montedison e in McKinsey e poi come ceo in tin.it (l’operatore Internet del gruppo Telecom Italia) e in TILab (l’azienda che gestisce le attività di R&D e venture capital sempre del Gruppo Telecom). È (28) anche presidente dell’archivio storico Olivetti.
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di opera(59) tori virtuali.
FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
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Editore: Manageritalia Servizi srl
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Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it
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da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale Manageri(60) talia. Niccolò Gori Sassoli, Manageritalia.
giornalista, ricerca e innovazione
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Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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La diffusione di luglio-agosto 2020 è di 37.233 copie
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