N. 9 SETTEMBRE 2017
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
Lavori (futuri) in corso Robot
DoRo E I SUOI FRATELLI Economia
I NUOVI VOUCHER
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
Editoriale a cura del presidente Manageritalia
RIFLESSIONI D’AUTUNNO
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l sentiero è stretto, le risorse sono limitate e la legge di Bilancio non deve far danni, avverte il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Un invito alla prudenza a tutti coloro che vorrebbero una manovra ambiziosa, con grandi tagli delle tasse e rilevanti interventi per la crescita è d’obbligo. I positivi dati sul Pil potrebbero incoraggiare una manovra all’insegna di microinterventi settoriali di spesa, in chiave preelettorale. Al contrario l’imperativo è consolidare la crescita, e renderne visibili gli effetti in termini di nuova, consistente occupazione. Operazione da accompagnare con un’accorta politica di bilancio, che prepari il terreno a nuove, incisive riforme strutturali, in grado di aprire la strada alla riduzione della pressione fiscale, altra priorità assoluta della prossima legislatura. Intanto nel secondo trimestre i dati sul Pil confermano la ripresa del settore del terziario. Commercio e turismo, trasporto e servizi dedicati alle imprese crescono mediamente tra aprile e giugno del 2,7% in termini tendenziali. È possibile che i dati di luglio-settembre mostrino un’ulteriore crescita dovuta alla buona stagione turistica. In crescita anche il settore legato ai servizi di trasporto di tutte le aree. Prosegue la tendenza all’aumento dell’occupazione, concentrato proprio nel settore dei servizi. Per il quarto trimestre consecutivo continua a ritmi crescenti l’aumento del lavoro dipendente a tempo determinato. Complessivamente, il numero degli occupati ha oltrepassato la soglia dei 23 milioni; una performance così non si registrava da ottobre 2008, quando poi è arrivata la crisi. Per quanto riguarda i dirigenti del terziario, registriamo sino a luglio 2017 un +1,7%. Anche Manageritalia ha avviato le proprie riflessioni d’autunno con il Manageritalia Camp di Assisi, dove i vertici federali, delle associazioni
territoriali, dei fondi, degli enti e delle organizzazioni collegate a Manageritalia si sono dati appuntamento per proseguire i lavori del Piano operativo 2016-2020 e per discutere di Rappresentanza 4.0. La crisi che stiamo lasciando alle spalle non ha salvato nessuno: la politica, la società, le imprese, il mondo del lavoro e anche le rappresentanze. Una crisi che ci sollecita a una rilettura profonda, anche di noi stessi, in quanto classe dirigente, anche per ritrovare la capacità di guida di una società in profonda trasformazione: quali aspettative nutre il manager di oggi, quali nuove responsabilità ha di fronte, quale strada deve percorrere per riaffermare quella posizione di centralità che gli spetta nell’ambito delle organizzazioni produttive ma anche della società. La crisi iniziata nel 2008 ha modificato profondamente il modo di agire dei sindacati e, di conseguenza, il loro modo di essere. Questo momento di grande trasformazione imposto dalla crisi economica in atto costituisce l’occasione per una rilettura più attenta e originale del sindacato stesso come portatore di uno sguardo a lungo termine per essere protagonisti del lavoro 4.0. Queste riflessioni ci hanno portato anche a riconsiderare l’organizzazione della nostra prossima Assemblea nazionale di novembre. Abbiamo in mente grandi novità. Il prossimo 11 novembre ci sarà in contemporanea l’Assemblea nazionale a Milano mentre tutte le altre 12 associazioni territoriali saranno collegate in video. Il tema sarà proprio la Rappresentanza 4.0. Nelle settimane precedenti inviteremo tutti gli associati a partecipare alla discussione sul tema. Per l’occasione verrà creata una piattaforma informatica ad hoc. Nel prossimo numero della rivista Dirigente, e naturalmente dalla vostra associazione territoriale, verrete informati di tutti i dettagli organizzativi. Noi stiamo lavorando affinché tutto funzioni alla perfezione. Guido Carella - guido.carella@manageritalia.it
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Sommario Copertina 6 Lavori (futuri) in corso
Fisco 50 Tax&Breakfast
Interviste Manuele Bonaccorsi 18 DoRo e i suoi fratelli
Manageritalia 56 Universo associativo
InfoMANAGER
Michael Porter 46 La nuova crociata
Assidir 73 Come, dove e quanto spendiamo per assicurarci Manageritalia Quadri 76 Jobs act, cosa è cambiato per i quadri?
Lavoro 22 Per un efficace life management
RUBRICHE 26 Osservatorio legislativo
34 Mindfulness contro lo stress
32 Lavoro manageriale
Economia 28 I nuovi voucher
Cfmt 79 Executive master 80 A scuola di management
58 Pillole di benessere
Marketing 38 Branded entertainment Produttività&Benessere 44 Telelavoro e smart working: Italia indietro
59 Arte 60 Libri
è online su
61 Letture per manager
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62 Lettere
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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
Lavori (futuri) in corso Robot
DoRo E I SUOI FRATELLI Economia
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
I NUOVI VOUCHER
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Copertina
LAVORI (FUTURI) IN CORSO
Benvenuti nel precariato digitale, il cottimo che appare ottimo, schiavi di presunte macchine intelligenti allenate e nutrite da noi esseri umani. Vediamo in questo speciale tutto quello che c’è da sapere per abituarsi e prepararsi al lavoro del futuro Thomas Bialas futurologo
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Copertina
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UTTI DI CORSA al lavoro. Ma perché tutta questa fretta? Non rischiamo, per trovarlo, di rimanere in coda per ore, forse giorni, anzi anni, oppure di lavorare per pochi dannati centesimi? Mturk.com, upwork.com, freelancer.com, jovoto.com, crowdflower.com, witmart.com, 99designs.it, appjobber.it, clickworker.com, oppure i vari instacart.com, taskrabbit.com. L’elenco delle piattaforme potrebbe continuare all’infinito ma la sostanza non cambia. Benvenuti nel precariato digitale, il cottimo che appare ottimo grazie al rassicurante e fighetto ribattezzamento in cloudworkers, crowdworkers, adhoc clickworker e talent e/o gamming worker contest (in gara, talvolta giocando, per un lavoro). Vuoi mettere l’ebbrezza semantica di tutto ciò? Eppure sia-
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mo i nuovi schiavi delle future (presunte) macchine intelligenti le quali, per diventare tali, vengono nutrite da schiere di lavoratori umani invisibili che alimentano e allenano le intelligenze artificiali con micromansioni pagate anche solo un centesimo per ogni compito (task). Come chiarisce il sociologo Antonio Casilli del Paris institute of technology, «l’effetto dell’intelligenza artificiale sul lavoro non è la grande sostituzione dei lavoratori con delle intelligenze artificiali, ma la sostituzione del lavoro formale con micro-lavoro precarizzato e invisibilizzato». Piccoli microlavoratori per piccole microbustepaga per racimolare con 20-40 ore a settimana uno stipendio di 200-750 dollari al mese. Sfruttamento dunque. E non importa che anche la locuzione gig economy evochi i niente male giga, ma qui di grandioso non c’è niente se non il design thinking
applicato ai “future job” che gravita attorno alla nuova “working platform economy”. Pura propaganda di una piccola banda di menestrelli cantori dell’attuale “età feudigitale”. Ci si mette pure Adecco, la grande multinazionale di “somministrazione” lavoro, a rincarare la dose con il sito morningfuture.com, un blog di puro content marketing (anche ben fatto, per carità) per dare lezioni di come muoversi nel magico mondo della mobilità, dove il lavoro è così flessibilmente atipico, anche se ci inchioda alla più tipica delle immobilità esistenziali. Tutto è bello, tutto è qui e ora (digital zen). Verrebbe voglia di gridare che la digitalizzazione pretende una rivoluzione, magari sociale, magari come quella immaginata e appena abbozzata nel recente sozialrevolution.de, un libro collettivo a cui, fra gli altri, hanno contribuito Erik Brynjolfsson, Gerald Hüther, Robert B. Reich, Michael D. Tanner e il burrascoso ex ministro delle finanze nel primo governo Tsipras, Yanis Varoufakis. Opportuno, anche perché la prospettiva di un lavoro automatizzato che sottrae in tutto il mondo più di un miliardo di posti di lavoro non è proprio il massimo. Mi sento un po’ “cattivissimo me” ma bisogna pur dire che non c’è niente di nuovo sul fronte occupazionale: i nostri antenati della rivoluzione industriale hanno sacrificato milioni di vite
LA PAROLA ALL’ESPERTO Il Sole 24 Ore ha avviato una ricerca sul futuro del lavoro firmata da Luca De Biase e pubblicata ogni settimana, alla domenica. A Luca tre domande veloci Stai raccontando per Il Sole 24 Ore il futuro del lavoro. Cos’hai visto che ti ha colpito di più? «La paura delle nuove tecnologie è mal riposta. Se non si innova si perdono posti di lavoro quasi certamente: se si innova è possibile anche aumentarli. A priori, l’innovazione distrugge lavoro tanto quanto ne crea: il problema è che occorre capire fino in fondo la tecnologia per coglierne davvero le opportunità. La tecnologia non è magica. È fatta dagli umani. E gli umani che fanno innovazione capiscono la tecnologia senza farsi dominare dalla tecnologia». Anche i manager sono a rischio sostituzione “gestione artificiale”, oppure no? «I manager serviranno sempre. Il punto è che dovranno avere una focalizzazione sempre più attenta al progetto da
umane per mettere in moto le macchine e così a naso la storia si sta ripetendo, ovvio con molto più glam. Questa volta però nel tritacarne digitale rischiamo di finirci un po’ tutti, compresi manager e giornalisti (così per dire). Tempo di ribellarsi e accettare la sfida, ossia: ridisegnare la civiltà con nuove utopie e nuove regole di convivenza con una nuova economia che si libera del concetto di lavoro rivolto alla produzione di
realizzare assemblando tutte le tecnologie possibili piuttosto che alla gestione tecnica delle soluzioni abituali e sperimentate. Il che può essere un cambiamento fondamentale per i manager conservatori. Ma è anche una sfida straordinariamente interessante per i manager innovatori». Pensiero libero. Cosa consigli alle imprese? «Le imprese sono necessarie per realizzare progetti ambiziosi. Ma l’organizzazione che le sostiene cambia profondamente. Un’organizzazione che funziona in tempi di cambiamento accelerato deve essere un’organizzazione capace di imparare e adattarsi velocemente, sapendo mantenere una rotta coerente. Per questo, per qualunque impresa, gli investimenti in formazione e ricerca sono i più preziosi».
beni e servizi. Un lavoro che genera risultati non più per forza economicamente utili ma, per esempio, collettivamente e socialmente utili. Questo il sogno. Intanto però la realtà va avanti. Ci sono altre storie da raccontare sul lavoro del futuro? Eccome. Ecco una piccola selezione in pillole.
Il mondo nuovo Il mondo nuovo del lavoro è distopico come quello immaginato da
Aldous Huxley nel suo celebre romanzo, o cosa? Considerazioni libere. L’accelerazione tecnologica porterà metà delle attività a essere automatizzabili. In realtà non lo sappiamo ma ce lo raccontano tutti i santi giorni. La digitalizzazione impone nuovi e atipici modelli occupazionali e si prevede che nel 2030 un grosso della popolazione sarà inquadrato come “click & crowdworker”, compreso i lavoratori altamente qualificati costretti a
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Copertina lavorare su progetti in team in continuo mutamento (la reputazione e commercializzazione online diventerà un must). Molte professionalità umane saranno comparabili (per prestazione) a quelle artificiali. Specializzazione e competenza settoriale perderanno significato nell’era della mobilità estrema. Digital mindset e una sorta di nuova Ars Magna affermeranno il nuovo lavoratore dal
Molte professionalità umane saranno comparabili (per prestazione) a quelle artificiali. Specializzazione e competenza settoriale perderanno significato nell’era della mobilità estrema sapere universale. Il lavoratore del futuro è a tutti gli effetti un self improve man (dimentichiamoci la scuola). Se l’incontro fra domanda e offerta di lavoro è oggi così deficitario non è per mancanza di opportunità ma per incapacità di cogliere la varietà infinita di profili (spesso senza nome) che stanno nascendo.
Propaganda 4.0 A volte si ha il sospetto che industry 4.0 altro non è che il proseguimento del fordismo con altri mezzi. Una guerra che i cervelli a vapore potrebbero verosimilmente anche perdere. Ho già parlato abbastanza male del 4.0 nella cover di
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Dirigibile di questo numero, quindi inutile rincarare la dose. Voglio solo ricordare che un mondo del lavoro nuovo pretende un modello nuovo e non l’ennesimo (come per le auto) restyling. Sappiamo tutti che la routine finirà di regola nella lista rossa dei lavori indesiderati, dal sistema. Siate originali e pensate finalmente al lavoro come un semplice mezzo pragmatico per migliorare la vita propria e di tutti.
Lavoro per il futuro Ma come? Anticipandolo o subendolo? Essere “fit for the future” (in gamba per il futuro) non è solo questione di semplice allenamento. Significa non navigare a vista ma a visione. Ne sa qualcosa il centro di ricerca Leap in time (leap-in-time. de) che con il Future Work Navigator offre alle imprese uno strumento per testare (con punteggi) quanto si è orientati al futuro (lungimiranti) e capaci di prendere decisioni che anticipano i cambiamenti. Sono già molte le aziende tedesche che hanno accettato di fare il test. Per tutti comunque l’orizzonte temporale di proiezione deve essere almeno di 10 anni. Certo, facendo convivere la gestione convenzionale (oggi) con quella sperimentale (domani) e non dimenticandosi che le aziende più innovative (e attrattive) sono quelle i cui ambienti di lavoro assomigliano più a un asilo che a un ufficio.
Con 24mila baci Cantava Adriano Celentano. La Total invece se l’è cavata con solo 20mila baci, in euro. Questa (leggo su un mensile tedesco) la cifra messa in palio su Jovoto, portale specializzato in open innovation, per il concept della stazione di servizio del futuro. Degli 89 progetti postati online, tre sono stati premiati con 2.500 euro, altri 10mila euro spalmati su una decina di partecipanti votati dalla community e al vincitore sono andati (per cedere anche i diritti di utilizzo) 3mila euro. Per un colosso petrolifero misere cifre. Giusto così. Chi tanto ha poco dà.
Artificiale banale Lo ripeto da tempo: umani stupidi prenderanno ordini da macchine altrettanto stupide spacciate per intelligenti con tutti i rischi connessi. Intanto però per allenarsi le macchine sfruttano il lavoro digitale umano come ingrediente segreto. Per dire: per ottenere una “intelligenza” che identifichi automaticamente i cani nei video di YouTube, ci deve essere un umano che insegni alle macchine cos’è, taggando milioni di foto di cani. Taggare milioni di foto di cani diventa così un classico lavoretto dell’operaio digitale che nutre le macchine per poi essere divorato. Gli stessi assistenti virtuali dei nostri smartphone (Siri, Cortana o Alexa di Amazon) sarebbero
IL FUTURO VISTO DA PALO ALTO Quelli di Palo Alto vedono il futuro dall’alto (del loro privilegio). Quando li senti professare talvolta ti viene da obiettare: “vedete rose e fiori perché per voi non son dolori”. Detto ciò, e abbandonando il rimario, vediamo alcuni recenti lavori che ruotano attorno al tema del lavoro (scaricabili integralmente a fondo pagina). Dunque, il primo scenario, fatto in collaborazione con Dell Technologies, ruota intorno al vasto tema della futura partnership e collaborazione fra esseri umani e macchine. Già un classico. Dalla robotica al machine learning, dalla realtà virtuale al cloud computing, fino alla futura catena di montaggio digitale con conseguente parcellizzazione 2.0 e divisione dei lavori in mini compiti o micro unità (ma l’Iftf si guarda bene a definirlo così), un viaggio con buone proiezioni nelle giornate tipo dei lavoratori (il classico day in the life 2030) per prendere coscienza che la ricerca del lavoro sarà anche matching supportato da motori di reputazione. Il secondo e terzo report riguardano invece un ampio e ambizioso progetto che sotto l’insegna “Workable Futures Initiative” cerca di fare ordine (con idee, proposte e osservazione sullo stato dell’arte) in un mondo del lavoro in radicale trasformazione ma senza più rappresentazione (né sindacale né fiscale). I sette archetipi di lavoratori che ri-inventano già oggi il lavoro di domani non sono niente male anche se fanno molto “pionieri del precariato”. Ma tant’è: abbiamo una fine di un’epoca con cui fare i conti. Ottime (da leggere) le conclusioni con quello che abbiamo da guadagnare e da perdere. Finalmente un po’ di pensiero critico.
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(ancora) più stupidi senza il lavoro umano che si nasconde dietro. Intelligenze artificiali? Assai banali.
Click farm Cliccare significa lavorare? Nelle click farm o like farm sparse spesso nei paesi più poveri un lavoro (ano-
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nimo) da non snobbare. Essere pagati in quanto cliccatori di task, per condividere e likare certe pagine. Microlavoratori che operano nelle fabbriche dei clic segretissime, dove ogni bravo operaio digitale a turno clicca su alcuni link o mette mi piace ad alcune pagine Facebook per manipolare le statistiche
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dei social media. In Rete si trovano immagini e video di questi stanzoni pieni di computer o smartphone che vendono follower a buon prezzo. Avvitare un bullone o cliccare un bottone. La nuova catena di montaggio digitale non è molto meglio di quella industriale.
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Copertina Cobots & Co Inutile evitarli, bisogna collaborarci con i robot collaborativi che lavorano a stretto contatto o in team con gli umani (e non solo operai). Le nuove macchine vengono già oggi programmate con meccanismi collaborativi per velocizzare e incrementare la produttività. Collaborare non con risorse umane ma artificiali sarà una delle sfide, non facili, a cui abituarsi e prepararsi. La cosiddetta industry 4.0 introduce il
People analytics: la digitalizzazione approda nelle risorse umane. Per tutti il tema è abbandonare gli obsoleti (per loro) criteri di valutazione discrezionali, cv “dopati” di esperienze e skill fuorvianti per sostituirli con parametri attitudinali che misurano le vere abilità. A questo punto che tu sia laureato a Harvard o sia una semplice badante poco importa suggestivo tema della collaborazione 4.0: ho discusso con un bullone e mi ha mandato a quel paese. Ibridazione dunque del team building per creare uno spirito di gruppo del futuro lavoratore “meccanumano”.
Generazione artificiale “Reale, virtuale o artificiale per me è uguale” dice la generazione artificiale “purché ci sia l’upgrade
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anche del mio cervello”. Quella in arrivo sarà la prima generazione che troverà del tutto normale chattare, amoreggiare, litigare, discutere e collaborare con intelligenze artificiali sotto forma di chatbot, computer cognitivi, robot e gadget di varia natura e magari fare body hacking (alterarsi per migliorarsi). L’impresa non dovrà solo abituarsi a una complessa convivenza e soprattutto complementarietà cognitiva fra macchine e umani (lavorare assieme), ma anche a una del tutto nuova relazione con persone la cui identità sarà, per la prima volta nella storia dell’umanità, integrata con quella delle macchine.
Iron manager Interagire con ologrammi e configurare oggetti stile Tom Cruise in Minority Report o Tony Stark in Iron Man non è più un miraggio ma un continuo assaggio. Vedi Hololens, il computer olografico indossabile di Microsoft o tutti i nuovi device fruibili vocalmente (voice Interfaces). La nuova generazione trasforma l’accesso alle informazioni (tipico di internet) in un accesso all’esperienza delle informazioni coinvolgendo più sensi possibili. Questo potrebbe cambiare radicalmente anche l’esperienza delle quotidiane pratiche lavorative: essere immersi nel lavoro in una dimensione tridimensionale più simile a un gioco.
Gestionale artificiale Da un lato avremo i dipendenti che prendono ordini da macchine e dall’altro i manager che devono imparare a dare ordini ai robot. Tutti poi dovranno imparare a lavorare in una tripartizione collaborativa fatta di manager, dipendenti e macchine. Le quali vanno educate altrimenti rischiamo che il futuro “Hal 9000” si rifiuti di collaborare, proprio come nelle battute finali del film 2001, Odissea nello spazio.
Così vicini Da outsourcing a insourcing. In futuro, la questione non sarà più trovare fabbriche a basso costo dall’altra parte del mondo, ma organizzare la produzione il più vicino possibile al cliente. Inoltre il mondo industriale verrà nei prossimi dieci anni radicalmente digitalizzato (vedi fabbing). L’industria in versione 4.0 porta alla confluenza fra «macchine intelligenti», software analitico e utenticlienti e a un modello di fabbrica come ecosistema. Forse tutto diventerà local, comprese le fabbriche. Di globale resterà solo la libera circolazione dei dati e delle materie prime. Utopico? Neanche troppo se pensiamo al mercato dell’energia. Il più globale e monopolistico dei poteri si potrebbe dissolvere di fronte al megatrend del secolo: energia fai da te (energy sharing). Stando alle previsioni del noto think tank di Zurigo, Gottlieb Duttweiler Institut, nel 2020
ci saranno in Svizzera e Germania più “produttori di energia che consumatori”.
Co-evolution Non è più una gara contro le macchine ma con le macchine, per progredire (forse) assieme. Per le generazioni precedenti la nuova ondata di sviluppo tecnologico, in primis la famigerata intelligenza artificiale, viene (mal)digerita con orrore poiché ci ruba, potenzialmente, il lavoro. Non così per le future generazioni. Evolvere assieme diventa la nuova condizione. Ridefinire il concetto di genere umano o specie diventa il traguardo, compresa la vita (anche bimbi) geneticamente modificata.
il concetto di recruitment gamification suona familiare come le simulazioni di approcci con un cliente e rompicapi vari. Non sorprende quindi che negli Usa Unilever inviti i candidati a sincronizzare il profilo Linkedin con quello dell’azienda e ovviamente scaricare sullo smartphone 12 giochi per conoscersi meglio. Poi c’è knack.it (altro gioco “selettivo”) nato a San Francisco e utilizzato anche da compagnie assicurative
questa epoca dominata dalla tirannia del keynote. Hirevue.com è solo uno dei tanti (anche se acclamato come leader) che propone piattaforme per (pre)selezionare candidati tramite video interviste strutturate e analizzate da software (compreso i “voti” per gestualità, linguaggio, tono di voce ecc.). Non roba per talenti timidi o cinquantenni, ma inutile girarci intorno, così è. Per Vodafone già uno standard in 17 paesi.
come Generali e Axa, il cui direttore delle risorse umane Rino Piazzolla ha ammesso in una recente intervista «accettiamo solo colloqui con candidati disposti a giocare un gioco sullo smartphone». Questione di (presunta) flessibilità e creatività.
People analytics
Job gaming Trovare lavoro è un (video)gioco da ragazzi. Vincere su Facebook un posto di lavoro o almeno un colloquio suona oggi plausibile e soprattutto possibile. Anche qui da noi. Con il motto “gioca e trova lavoro” employerland.it invita il candidato a visitare i palazzi aziendali per scoprire le offerte di lavoro in linea con il proprio profilo e mettersi, letteralmente, in gioco. Job competition, dunque, e a giudicare dai loghi delle aziende che scorrono sul sito come clienti testimonial (Unilever, Bosch, Roche, Vodafone) qui non si scherza affatto e forse serve alle imprese ad attrarre, con modalità smart, le nuove generazioni a cui
Ted recruiting La selezione del personale in formato Ted. Non poteva mancare in
O meglio: la digitalizzazione approda nelle risorse umane. Nella Silicon Valley sono già 130 le startup censite da CB Insights come People analytics specialists. C’è di tutto: si va da ti-people.com, specializzata nella trasformazione digitale delle hr, a talentsonar.com che promette una selezione “neutrale” di talenti grazie all’uso massiccio di intelligenza artificia-
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Copertina le e machine learning, o cultureamp.com che analizza il feedback e engagement dei dipendenti, fino a humanyze.com (una costola MIT) che tenta di misurare le interazioni e la socializzazione all’interno dell’azienda al fine di migliorare l’ambiente di lavoro. Per tutti il tema è abbandonare gli obsoleti (per loro) criteri di valutazione discrezionali, cv “dopati” di esperienze e skill fuorvianti per
Macchinose decisioni Non è più l’uomo a definire un problema, elaborare una soluzione per passarla poi alla macchina, ma viceversa. L’intelligenza artificiale individua il problema e la soluzione, pregasi non disturbare. È solo una questione di tempo prima che le decisioni assistite dalla macchina raggiungeranno una (presunta) qualità da far sembrare le decisioni umane mero agire disinformato.
trics cloud” per approfondire come i comportamenti influenzano le prestazioni complessive dell’azienda e quindi come fare aggiustamenti nelle relazioni fra i dipendenti.
Tasse postumane Nella futura impresa (semi) postumana il manager deve gestire sia risorse umane sia risorse artificiali. E va bene. Ma le tasse? “Al momento se un lavoratore umano guadagna 50.000 dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge lo stesso lavoro dovrebbe essere tassato allo stesso livello”, firmato Bill Gates. Perentorio e per niente accessorio.
Impara qualcosa
sostituirli con parametri attitudinali che misurano le vere abilità. A quel punto che tu sia laureato a Harvard o sia una semplice badante poco importa. Il dato è tratto e l’algoritmo non mente, ma forse non vede al di là del proprio naso analitico: molte imprese devono il loro successo anche alle “affinità elettive” della squadra, dunque alchimia discrezionale.
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Über alles Non la Germania ma la tecnologia. Tutto è permesso, anche spiare, in nome di qualche efficienza. È il caso dei “big data indossabili” come quello messo a punto da Humanyze, uno smart badge che traccia (dunque spia) i comportamenti dei dipendenti con tanto di microfono, accelerometro e vari sensori. Tutto questo malloppo di dati viene poi stoccato nel “business me-
Ma cosa? il Google Brain artificial intelligence research group annuncia di essere riuscito a sviluppare un software d’intelligenza artificiale in grado di sviluppare (dunque programmare) da sé un software d’intelligenza artificiale. Quindi siamo programmati anche noi programmatori per sparire? Non era questo quello che tutti noi dovevamo studiare e sapere per essere sicuri di lavorare? Studia tenendo d’occhio gli sbocchi professionali. Sì, ma se tutto sfocia in un fiume prosciugato? La verità è che nessuna formazione garantisce più un’occupazione. Lavorare su se stessi in solitudine è la sfida di domani.
Bossbots La “robotizzazione” delle chiacchiere trasforma i software in futuri compagni di vita che ci prendono per mano in ogni decisione, nella vita privata come in quella lavorativa. Bot personalizzati, o meglio agenti intelligenti che cre-
scono con noi e invecchiano con noi. E che probabilmente ci conosceranno meglio del nostro partner, dei nostri figli o colleghi di lavoro. Le promesse sono allettanti anche sul lavoro: ci penso io, dice il chatbot di turno. Si va dall’organizzazione dell’agenda,
compreso il passaggio di informazioni utili durante un meeting, alla valutazione in automatico di contratti (compreso cavilli vari), dallo scouting e selezione del personale grazie ai cosiddetti Hrb (human-resources-bots) alla scrittura (e dunque ideazione) auto-
La diciannovesima giornata del ciclo fmt.day è dedicata all’aggiornamento del sistema cognitivo umano. Le macchine corrono, si aggiornano, ci superano. Promettono miracoli di intelligenza artificiale. Ma in verità quelli più dotati siamo noi, solo che lo abbiamo dimenticato. Caro manager, alla crescita esponenziale delle performance tecnologiche devi abbinare una crescita esponenziale delle tue performance individuali. Perché tu sai più di quello che pensi. È tempo di aggiornare il proprio sistema operativo cognitivo, di esaltarlo con nuove “features”. È tempo di innovare se stessi per diventare l’anima intelligente delle macchine. Decidere e gestire creativamente ed eticamente la complessità tecnologica, ecco la nuova sfida. In esclusiva per noi il keynote speaker del World Business Forum di Milano Abigail Posner, head of Strategic Planning del think tank creativo ZOO di Google. La promessa di HumanOS? Innova te stesso, la tecnologia ti seguirà, fedele come un cagnolino. La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi. www.cfmt.it - Anna Scirea - ascirea@cfmt.it - 02.5406311
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Copertina matizzata (textbots) di rapporti o newsletter aziendali, fino alla gestione ed esposizione dei prodotti in un punto vendita. Tutto questo ovviamente funziona con una precisa standardizzazione della vita lavorativa. È quello che vogliamo?
Da un lato avremo i dipendenti che prendono ordini da macchine e dall’altro i manager che devono imparare a dare ordini ai robot. Tutti poi dovranno imparare a lavorare in una tripartizione collaborativa fatta di manager, dipendenti e macchine Aggiornare il sistema cognitivo Il nostro. «Tanti si preoccupano di rendere la tecnologia più sofisticata, pochi di rendere gli umani più intelligenti» afferma Gerd Gigerenzer, un grande della psicologia cognitiva e direttore del Max Planck Institute for Human development di Berlino. «Sbarazziamoci – prosegue – dell’idea che problemi complessi abbiamo sempre bisogno di soluzioni complesse». Semplificare e sintetizzare. Oggi è indispensabile aggiornarsi costantemente e allenarsi, acquisendo il mix di logica pensata e abilità spontanea tipico degli atleti, compresa l’arte dell’intuizione.
Mal di pancia Qualche vantaggio a essere tedeschi c’è, ok anche qualche svan-
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taggio, avendo sul groppone (e pancione) Hitler e i crauti. Ecco, pensare (e lavorare) con la pancia. In tedesco il Bauchgefühl (istinto di pancia) è preso molto sul serio nelle decisioni. Potremmo anche chiamarla intelligenza inconsapevole contrapposta a quella consapevole. Lavorare significa anche decidere e, secondo una vasta corrente delle scienze cognitive (vedi Herbert Simon o Heinz von Foerster), vale il principio che gli approcci analiticologici (anche supportati da macchine) sono ottimi per decisioni semplici ma pessimi per quelle complesse. Ci salverà la pancia poiché l’intuizione batte nettamente l’automazione (soprattutto quando si tratta d’innovare radicalmente o imporre il proprio carisma). I software formalizzano processi (e teorie dietro), gli umani creano nuove storie per l’umanità. Di pancia.
Troppo originale L’uomo è divergente (pensiero) dunque più intelligente (delle macchine). Mai dimenticarselo mentre si lavora. Mai dimenticarsi delle vecchie lezioni di The nature of human intelligence di Guilford. E mai dimenticarsi di essere originali. In origine una gran bella cosa. Rigorosamente non riproducibile e dunque unico. Nell’epoca della riproducibilità digitale quasi una bestemmia. Cosa c’è di originale se anche l’invenzione
dell’iPhone è solo un’invenzione incestuosa o meglio un’ibridazione (e imitazione) di vecchie invenzioni originali (dalle mappe alla fotocamera). La verità è che la nostra non è una società originale anche se copia questa parola per ogni discorso. 200 anni di cultura industriale e produzione di massa ci hanno ridotto così e non esiste la Belle Époque digitale. La pseudo creatività di questa epoca spaccia ogni copia e incolla per un qualcosa di originale grazie al design thinking. I grandi economisti come Adam Smith, Karl Marx, Friedrich von Hayek, John M. Keynes o Milton Friedman erano originali. Dove sono questi tipi oggi? E nell’arte? Le copie non producono futuro. Serve gente originale, e non solo al lavoro.
Pensa esplosivo E non solo positivo. Cos’è che accende la miccia? L’intuizione, mica la meccanizzazione (del pensiero). La conoscenza diretta e immediata non è ovviamente da contrapporre alla conoscenza logica ma semmai è da integrare. L’ideologia di massa con i suoi credo quasi religiosi di uguaglianza non vede di buon occhio questa qualità, neppure i guru dell’intelligenza artificiale che minimizzano le doti della nostra mente, inconscio e spirito. Tutto ciò che non si può misurare e replicare non esiste. Ma questo non
è affatto logico. Siamo in piena guerra culturale. Legioni di pr, markettari, giornalisti e pseudo scienziati stanno cercando di convincere l’umanità della loro inadeguatezza rispetto alle macchine super intelligenti. Queste bugie in etichetta rispecchiano la solita vecchia megalomania della società industriale: “bigger is better” e “more is more”. Sciocchezze che spesso confondono la forma con la sostanza (ma nessuno sano di mente giudicherebbe intelligente una biblioteca solo perché contiene tanti libri con tanti bei contenuti intelligenti). L’economia della
conoscenza ha bisogno del primato delle conoscenze umane. Le persone pensano, le macchine no. Fine del discorso, o per dirla con il pittore francese Francis Picabia: «La nostra testa è rotonda per permettere ai pensieri di cambiare direzione» intendendo l’anarchia di ogni intuizione. Fate quadrare i conti ma non i pensieri, anzi lasciate libero sfogo al flusso così ben descritto dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi oppure improvvisate come i free jazzer (mixando competenze e intuizione). Mettetevi di nuovo al centro di ogni decisione (come atto di
spontanea volontà). Questo il vero lavoro da fare per non farsi fregare. E ricordatevi, come ci ricorda uno studio di Gerd Gigerenzer, che alla fine «il 50% delle decisioni importanti delle società quotate in borsa vengono prese in modo intuitivo».
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Intervista
DORO E I SUOI FRATELLI
Manuele Bonaccorsi è ricercatore all’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove ha conseguito il dottorato in tecnologie innovative. I suoi campi di ricerca sono la robotica assistenziale, la sensoristica e i sistemi basati su Ict. Dal 2016 è ceo di Co-Robotics, azienda nata per lo sviluppo di servizi robotici e per la consulenza in innovazione di prodotto.
Eliana Sambrotta
Avere un maggiordomo robotizzato – ma sempre più umanoide! – non è più un sogno così irraggiungibile. Tra i vari progetti innovativi sviluppati negli ultimi anni e che avvicinano sempre più questi simpatici concentrati di fili e tecnologia (sì, perché riescono a farli addirittura simpatici!) alla quotidiana realtà, spicca il lavoro portato avanti dall’istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, nell’ambito del progetto europeo Robot-Era, il cui obiettivo è il supporto ai servizi per gli anziani. La famiglia che ne è nata comprende DoRo (Domestic Robot), CoRo (Condominium Robot) e ORo (Outdoor Robot) e abbiamo chiesto a Manuele Bonaccorsi, direttore e cofondatore di Co-Robotics, di presentarceli sulle pagine di Dirigente, dopo averlo incontrato in occasione di “I like Robotics”, evento organizzato lo scorso maggio da Manageritalia Firenze. Chi sono DoRo e i suoi fratelli? «Sono una nuova famiglia di robot nati per migliorare la qualità della vita, la sicurezza, l’autonomia e l’indipendenza delle persone anziane o non autosufficienti.
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I robot sviluppati sono tre: DoRo, CoRo e ORo, ognuno progettato per un ambiente di lavoro diverso e cioè la casa, il condominio e le strade di paese. L’innovazione principale consiste nella possibi-
nazionale composto da cinque università ed enti di ricerca, quattro aziende specializzate in tecnologie innovative e tre organizzazioni pubbliche e private. Il progetto ha permesso di sviluppare servizi avanzati che potranno permettere in futuro di aumentare l’autonomia e la qualità della vita degli anziani. Lo scopo principale è ritardare il più possibile la necessità di ricovero presso strutture sanitarie assistite e permettere alle persone di invecchiare felicemente a casa, senza dover ricorrere ad aiuti esterni». lità di essere utilizzati da chiunque grazie a interfacce utente intuitive (comandi vocali, touch screen, App) e di collaborare fra loro per fornire servizi complessi che da soli non potrebbero portare a termine». Cosa possono fare? «Questa famiglia di robot, ognuno con le sue funzionalità, è stata progettata per fornire assistenza alle persone anziane in maniera continuativa, per esempio consegnano la spesa dal negozio a casa, supportano la deambulazione fuori casa o in casa di notte evitando ostacoli o situazioni potenzialmente pericolose o ancora si occupano della spazzatura o dei medicinali prescritti! I robot sono dotati delle più moderne tecnologie per la comunicazione con le persone, la percezione dell’am-
biente esterno e la manipolazione e il trasporto di oggetti; possono essere controllati con comandi vocali o con una App e, cosa fondamentale, sono collegati tra loro grazie a una intelligenza artificiale in rete. Agiscono autonomamente in maniera coordinata e, per esempio, possono allinearsi l’uno con l’altro per scambiarsi oggetti o pacchi da trasportare dentro o fuori da un appartamento o prendere l’ascensore per muoversi tra i piani di un condominio». Come nasce il progetto RobotEra? «Il robot DoRo e i suoi fratelli nascono all’interno del progetto di ricerca europeo Robot-Era, un progetto finanziato dalla Comunità europea per oltre 8,7 milioni di euro con un partenariato inter-
Come è stato accolto dagli anziani che lo hanno testato? «I robot e i servizi sono stati progettati assieme agli anziani e a esperti nel settore, grazie a questionari, incontri e test preliminari. Più di 200 persone hanno contribuito alle fasi iniziali di design e la maggior parte di loro si è dimostrata curiosa nei confronti dei robot e molti erano impazienti di provarli. Successivamente il sistema è stato provato da oltre 150 anziani in Italia e in Svezia, in ambienti reali e in laboratori attrezzati per i test: gli utenti erano particolarmente propensi a parlare con i robot piuttosto che a usare i touch-screen integrati, quindi abbiamo migliorato la capacità di interazione vocale del robot rispetto a quanto previsto. Ci sono ampie prospettive di sviluppo in fatto di tecnologie in grado di far
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Intervista sentire meno sole le persone anziane e aiutarle a integrarsi nella società anche in seguito, per esempio, a ricoveri prolungati. Gli assistenti sanitari, invece, hanno spesso richiesto servizi di sorveglianza notturna/diurna per gestire le residenze assistite con meno stress e rischi. Inoltre la possibilità di utilizzare il robot come facchino in strutture residenziali è stata valutata in maniera molto positiva, così come la possibilità di utilizzare i robot per accompagnare autonoma-
mente gli anziani dal letto verso la sala pranzo, la palestra riabilitativa o il bagno. Inoltre, abbiamo avuto molte richieste per aggiungere servizi per la pulizia autonoma degli ambienti». Quanto costerà un robot così all’incirca? «Un robot come CoRo ha un costo variabile, a seconda dei servizi che può effettuare e probabilmente verrà venduto con contratti di leasing, come per le auto, in modo da includere i servizi di manuten-
zione e mantenimento. Una versione base, considerando la produzione prototipale attualmente possibile, potrà avere un prezzo di vendita attorno ai 25-30mila euro. Ovviamente la possibilità di industrializzare il robot potrà ridurne significativamente il prezzo». Quale sarà il prossimo step del progetto Robot-Era? «Dal punto di vista della ricerca, stiamo già lavorando per migliorare le capacità percettive dei robot, per rendere più naturale la
Cosa fanno? DoRo Questa famiglia di robot, ognuno con le sue funzionalità, è stata progettata per fornire assistenza continuativa alle persone anziane dalla loro abitazione fino alla piazza del paese attraverso servizi robotici avanzati: • consegna della spesa dal negozio al domicilio • gestione della spazzatura • trasporto di oggetti all’interno di case e condomini • consegna di farmaci • comunicazione attraverso strumenti intuitivi con amici, parenti o assistenti personali • consegna della biancheria sporca/pulita in strutture residenziali assistite o condomini • consegna di cibo in strutture residenziali assistite • supporto alla deambulazione fuori casa e in casa di notte • gestione di appuntamenti e scadenze
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È poco più basso di una persona, ha sensori avanzati e telecamere per percepire il mondo attorno a lui. Ha un braccio e un sistema di guida su ruote per muoversi in sicurezza in appartamenti e case. Afferra oggetti, medicinali, bicchieri o bottiglie per portarli agli assistiti. Sul retro ha un maniglione sensorizzato utile come sostegno alla deambulazione. DoRo agisce autonomamente e la selezione dei servizi avviene attraverso comandi vocali oppure utilizzando una app su tablet o smartphone.
CoRo È il parente più stretto di DoRo. Progettato per lavorare all’interno di condomini o strutture sanitarie, differisce da DoRo per la presenza di un nastro trasportatore automatico, integrato nel busto, che gli permette di movimentare oggetti pesanti come borse della spesa, scatole o pacchi fino a 40 kg. Può essere utilizzato come portiere, per sorvegliare gli ambienti, fornire indicazioni, grazie alla presenza di sensori avanzati per la sorveglianza giorno/notte e per la comunicazione con gli utenti.
loro integrazione nelle case e nelle residenze sanitarie assistite. La possibilità di riconoscere i comportamenti e le abitudini degli utenti, potrà permettere ai robot di rispondere in maniera personalizzata alle esigenze di ognuno. Ad esempio somministrare terapie o stimolazioni cognitive, oppure valutare in maniera oggettiva e automatica l’efficacia delle terapie somministrate». Che impatto e potenzialità può avere la robotica collaborativa a
ORo
livello economico, sociale e di welfare? «Sviluppare robot integrati negli ambienti di vita e di lavoro è una sfida tecnologica affrontata dalle più grandi economie mondiali. Uno dei fili conduttori di questi progetti innovativi è la necessità di aumentare le capacità fisiche e/o cognitive degli individui. Dal punto di vista del welfare, avere delle tecnologie che permettano agli anziani di vivere serenamente nelle loro case più a lungo significherebbe ridurre le
Da sinistra DoRo, CoRo e ORo
Nasce per muoversi su strade e piazze di paese, nelle zone a traffico limitato o sulle piste “robotabili”, simili alle piste ciclabili. È un facchino e aiuta gli anziani a muoversi in sicurezza fuori casa. È molto stabile e ha un vano protetto per borse della spesa e oggetti pesanti per trasportarli dai negozi alle abitazioni. Inoltre, grazie a un bracciolo, aiuta le persone a camminare in sicurezza.
spese sanitarie dovute a ricoveri o terapie tradizionali e l’impatto sulla qualità della vita dei loro familiari. Inoltre, l’aumento della popolazione anziana nel primo mondo renderà difficile reperire un sufficiente numero di assistenti socio-sanitari. Si stima che nel 2060 in Europa avremo un pensionato ogni due lavoratori attivi: in questo scenario, l’utilizzo di robot in grado di assisterli potrebbe permettere di non ridurre la qualità dei servizi sociali erogati oppure di estendere la loro copertura a un numero maggiore di utenti». E che futuro ci aspetta? Quali nuove sfide nel campo della robotica più in generale? «Dal punto di vista tecnologico, le prossime generazioni di robot dovranno poter interagire nella maniera più naturale possibile con le persone, imparare a riconoscere le situazioni e ad agire di conseguenza. Un’altra sfida importante riguarderà lo sviluppo di robot interconnessi fra loro, con i dispositivi indossabili e con servizi internet avanzati, per il monitoraggio automatico e continuo dei parametri fisiologici, la valutazione del loro stato di salute psico-fisico o dell’efficacia delle terapie somministrate. Questo tipo di sistemi potrà permettere in futuro di avere un assistente personale dedicato al benessere degli individui e a disposizione 24/7».
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Lavoro
PER UN EFFICACE LIFE MANAGEMENT Un antidoto al diffuso disagio attuale che colpisce i manager: ricercare il benessere riequilibrando vita professionale e privata Gian Carlo Cocco presidente Gian Carlo Cocco srl
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E PERSONE SERENE, sufficientemente stimolate e coinvolte, sono in grado di avere una produttività e una creatività più elevata delle persone stressate, preoccupate e pressate. Questa premessa dovrebbe facilmente convincere coloro che guidano le aziende a coltivare il benessere dei collaboratori a tutti i livelli. Evitando che siano continuamente inseriti in contesti dove l’urgenza viene confusa con l’importanza che subiscano il disagio alienante del lavoro ripetitivo imposto con sadica ossessione anche quando non è necessario. Eppure queste ovvie considerazioni cozzano pesantemente con la realtà. Purtroppo, le organizzazioni dove si opera motivati e con clima positivo rappresentano una esigua minoranza. Questo perché più l’ambiente è minaccioso, incerto, turbolento, più la condizione mentale umana tende a ridurre le
sue facoltà facendo ricorso al “pilota automatico mentale”. Occorrono modalità e tecniche che solo in pochi riescono a mettere in campo, evitando l’“effetto risonanza” prodotto dai sistemi emozionali del cervello che l’imperante, esasperato razionalismo, in campo economico e manageriale, si ostina a non prendere in considerazione. Finché non si terrà conto dell’influenza delle emozioni e degli istinti sulla componente cognitiva degli operatori aziendali, benessere e lavoro resteranno inconciliabili. Work-life balance: benefici per aziende e dipendenti In molte imprese eccellenti che operano nei mercati internazionali e nazionali il clima è positivo e attentamente curato, l’orario di lavoro (o meglio, la presenza al lavoro) è quello strettamente necessario, si riscontrano varie forme di benefit e
una positiva conciliazione tra vita aziendale e vita privata che non solo non intacca la necessaria produttività, ma addirittura la accresce. È opportuno riconoscere che la maggior parte degli operatori aziendali non sono necessariamente legati all’assoluta necessità della loro presenza, ma possono essere definiti knowledge worker, cioè lavoratori della conoscenza che, con modalità più o meno prevalenti, devono necessariamente impiegare le loro conoscenze professionali e le loro capacità per risolvere problemi e per raggiungere risultati sfidanti. E tutto ciò è ampiamente dimostrato e condiviso dal fatto che questi lavoratori (ovviamente quando non viene tarpata la loro motivazione) in realtà operano 24 ore su 24: trovano soluzioni e individuano opportunità spesso fuori dall’ambiente di lavoro (guidando l’automobile, piuttosto che facendosi la doccia…). Talvolta le soluzioni e le opportuni-
tà si presentano anche al risveglio, dimostrando che la mente delle persone stimolate costruttivamente non smette di fornire contributi anche durante l’elaborazione mentale che avviene nel corso del sonno. In sostanza, le aziende e i manager che hanno il coraggio di uscire e di far uscire dal circolo vizioso del prolungamento rassicurante della presenza dei collaboratori sul posto di lavoro e di abbandonare l’arcaico criterio della pressione operativa e del controllo ossessivo, accettando un maggiore equilibrio tra impegno sul lavoro e vita privata, possono ottenere miracolosamente risultati migliori e operare con strategie più lungimiranti. Fare il “punto nave” in azienda Non va tralasciata anche la minaccia derivante dalla tecnologia, che fornisce la diffusa illusione di tenere sotto controllo tutte le variabili organizzative tramite la continua
“connessione” che rende superficiali e banderuole soggette a ogni tipo di richiamo, come se ognuno di questi richiami avesse la stessa importanza. Come ricorda Daniel Goleman nel suo ultimo libro, Focus, oggi si sta perdendo la capacità di riflettere, di concentrarsi, distaccandosi, nei momenti chiave, dalla continua e assorbente operatività. Più il contesto è turbolento e imprevedibile e più vi sarebbe la necessità di “fare il punto nave”, come quando si naviga nei mari tempestosi. Invece, la maggior parte delle aziende attualmente spinge i propri operatori a navigare alla cieca sperando che le cose vadano comunque bene. Il wishful thinking è una trappola mentale diffusa che rappresenta il nemico di ogni forma di benessere e di utile attenzione. Ma se queste riflessioni non bastano, occorre ricordare che la crisi economica e le conseguenti difficoltà derivanti dal peggioramento della situazione finanziaria, dalla mancanza della sicurezza lavorativa, originano stress che sfocia spesso in fragilità psichica e in forme diffuse di disagio e di patologia mentale. Sta crescendo progressivamente l’uso di psicofarmaci, il consumo di alcool e di sostanze pericolose. I disturbi mentali sono in forte aumento nei paesi occidentali colpiti dalla recessione economica. Nella rivista The Economist è apparso un articolo intitolato “Mental illness. The age of unreason”, nel quale si segnala che tra il 2011 e il 2030 il
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Lavoro costo delle malattie mentali in tutto il mondo sarà di oltre 16 trilioni di dollari in termini di mancata produzione (più di patologie oncologiche, cardiovascolari, respiratorie croniche e del diabete). Soddisfazione professionale e serenità mentale Anche in Italia, come in altri paesi industrializzali, i disturbi mentali costituiscono una delle maggiori fonti di carico assistenziale e di costi per il Servizio sanitario nazionale. Cosa si può proporre per contrastare queste minacce? Il primo passo da compiere consiste nell’osservare e comprendere se stessi tramite i ruoli che vengono interpretati nei vari ambiti dell’esistenza. Si tratta di individuare i ruoli fondamentali per valorizzarli a scapito di tutti gli altri ruoli marginali che distraggono e disorientano riempiendo le giornate di lavoro e di vita privata in un modo che spesso appare insopportabile. Il secondo passo consiste nel definire i nostri valori fondamentali,
quelli che dovrebbero indirizzare i comportamenti e che spesso vengono dimenticati e oscurati dal bailamme quotidiano. Il terzo passo consiste nel ridefinire il progetto di vita e renderlo prioritario. A questo punto sarà possibile definire le reali priorità alle quali fornire il massimo di attenzione e di energia per tramutarle in un piano organico d’azione. Attenzione alle priorità Quello che conta non è raggiungere obiettivi sfidanti e dare una svolta alla propria esistenza, ma ottenere piccoli e costanti miglioramenti per curare il personale benessere cercando, nei limiti del possibile, di non perdere di vista le “priorità” del lavoro e della vita privata che vengono tralasciate e offuscate nella travolgente e distorcente quotidianità. È fondamentale porre l’attenzione sui seguenti fattori. Valorizzare innanzitutto il proprio bagaglio emozionale. Percezione ancora oggi ampiamente diffusa tra i manager è che le emozioni
Nel 2008 usciva il libro Life Management. Lezioni di benessere per conciliare soddisfazione professionale e serenità personale di Gian Carlo Cocco. Tema che continua ad essere di forte interesse, anche nei tempi attuali. Per questo l’editore Franco Angeli ha chiesto all’autore una versione rinnovata del libro con il titolo: Life Management. Manuale per la ricerca del benessere tramite l’equilibrio tra vita professionale e vita privata. Il volume offre spunti di riflessione, criteri di analisi e metodi di intervento per svincolarsi dalla “tirannia dell’urgenza” e dalla pressione ossessiva sui risultati a brevissimo termine accompagnata dal timore crescente del futuro.
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siano dannose e pericolose. Eppure le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato che la separazione tradizionale, addirittura filosofica, tra ragione ed emozione è totalmente errata. La mente umana (tra l’altro un tutt’uno con l’organismo e il cervello, che insieme rappresentano un’entità interconnessa e inseparabile), non può funzionare a compartimenti stagni. Non ci può essere cognizione senza che contemporaneamente si manifestino emozioni o sentimenti. Nei casi estremi, invece, è possibile che si manifestino, in situazioni d’emergenza, solo emozioni (si pensi a quando con l’automobile si evita di investire un bambino apparso improvvisamente, senza averne consapevolezza, se non quando, subito dopo, evochiamo l’accadimento e riprendiamo a far funzionare il sistema cognitivo). Questo fenomeno dimostra che abbiamo a disposizione non solo un sistema cognitivo, ma anche uno emotivo: il primo collocato nel sistema cerebrale e il secondo nel sistema limbico. Le emozioni, secondo il neuroscienziato Antonio Damasio, utilizzano dei veri e propri “marcatori somatici” in grado di consentirci di sfuggire ai pericoli e di ottimizzare le decisioni. Esse rappresentano una risorsa formidabile per affrontare la complessità e l’imprevedibilità attivando anche i sistemi mentali più profondi che fanno capo al tronco encefalico e al “cervello enterico”.
Limitare gli effetti delle trappole mentali e dei processi di autoinganno e inganno. Conoscere la diffusione e l’inevitabilità delle trappole mentali fornisce un notevole contributo alla riduzione degli errori individuali e collettivi che si presentano continuamente nell’agire professionale e privato (ad esempio, tutti abbiamo consapevolezza dell’esistenza delle illusioni ottiche e, pur non potendo eliminarle, riusciamo a non caderci). Riuscire a dire di no agli altri e a se stessi per vivere e far vivere meglio. È importante ricordare i vantaggi derivanti dal saper dire intelligentemente di no e di come questo approccio riesca a valorizzare le reali priorità dell’esistenza e del lavoro. Riconoscere la funzione terapeutica dell’umorismo e dell’ironia. La maggior parte delle situazioni conflittuali e di tensione possono essere di gran lunga mitigate sdrammatizzando e utilizzando il benefico e coinvolgente riso. Il vero nemico di ogni tipo di benessere è rappresentato dalla tensione continua, dall’impossibilità di distaccarsi dagli avvenimenti e di rimanere connessi a un fluire di fenomeni che finiscono per sovrastarci e originare uno stato di profonda e ineliminabile ansia. Una formidabile arma contro questo nemico è rappresentata, appunto, dalla sdrammatizzazione. Quando viviamo episodi e avventure sgradevoli ne soffriamo, ma se appartengono al passato e possono
essere evocati senza disagio, possono addirittura trasformarsi in racconti divertenti. Il segreto dell’umorismo e dell’ironia è tutto qui: rappresentano un antidoto alle preoccupazioni e al sentirsi troppo coinvolti e perseguitati. Quando si visitano aziende dove il benessere ha un posto di riguardo è facile accorgersi che i sorrisi, la bonaria presa in giro, l’accettazione di momenti collettivi di divertimento rappresentano un tratto caratteristico. Il riso è una formidabile valvola di sfogo che può ristrutturare in senso positivo circostanze vissute drammaticamente e angosciosamente. La soluzione dei problemi e la creatività sono ampiamente alimentate dal divertimento: lo stesso apprendimento è fortemente favorito dal divertimento. Valorizzare le proprie emozioni, tra l’altro, significa coltivare quelle positive che sono alla base di ogni forma di benessere, ma anche accettare con umorismo e ironia quelle negative che se non vengono represse possono ridurre la loro portata pericolosa. Superare i miti sulla fortuna (normalmente altrui) e sulla sfortuna (normalmente propria). Se si accetta che molti dei risultati positivi che raggiungiamo non dipendono solo dalla nostra formidabile abilità, riusciamo a evitare di cadere nella “sindrome napoleonica” tipica di chi si crede imbattibile. Contenere le umane superstizioni. È inutile negare che un pizzico di
superstizione è presente in ogni manager: a piccole dosi la superstizione si trasforma in utile ottimismo. Accettare, infine, la propria esistenza come un’avventura. Queste indicazioni, utili sia al singolo manager, sia a chi gestisce un’organizzazione e un numero più o meno elevato di collaboratori, devono tener conto anche che è importante cercare di non cadere nel vortice del multitasking e di non cedere all’invadenza, che si sta rivelando sempre più patologica, dei social media e della contemporanea sindrome da smartphone. In conclusione, due aspetti sono essenziali: come un manager può migliorare la propria esistenza, ma anche cosa può fare perché un maggior equilibrio tra vita lavorativa e vita privata possa diffondersi tra i collaboratori che ha la responsabilità di guidare. Normalmente aiutare gli altri a stare meglio riverbera positivamente anche sul proprio benessere.
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
osservatorio
ASPETTATIVA DI VITA E REQUISITI PER LA PENSIONE
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ul portale di Manageritalia si è parlato dello sganciamento dei requisiti di età dall’aspettativa di vita. Tema che è stato sollevato dai gruppi parlamentari a seguito di alcune audizioni tenutesi in Parlamento e che ha sollevato malumori tra i sindacati. Dopo le audizioni del presidente dell’Istat Alleva e del presidente dell’Inps Boeri, è stata presentata il 18 luglio una interpellanza a firma della on. Martelli (Mdp), con la quale si chiedeva al governo quali iniziative intendesse adottare in merito all’adeguamento dell’età pensionabile da gennaio 2019. Nell’interrogazione si ricordava che nel sistema previdenziale italiano, con due successivi interventi normativi effettuati nel 2009 e nel 2010, è stato introdotto un meccanismo permanente di adeguamento dei requisiti pensionistici, agganciando il requisito anagrafico all’incremento della speranza di vita
accertato dall’Istat. In particolare, la nuova normativa ha accelerato la cadenza dell’aggiornamento, trasformandola da triennale a biennale. Il nuovo adeguamento dell’età pensionabile, a 67 anni, dovrebbe avere decorrenza dal 1° gennaio 2019 e, in base alle norme vigenti, perché ciò accada è prevista l’emanazione di un decreto direttoriale del ministro dell’Economia almeno un anno prima del termine di decorrenza, entro il prossimo 31 dicembre dovrà essere approvato tale provvedimento. Gli interroganti, di fronte a una richiesta da parte di alcuni parlamentari e sindacati di non procedere all’adeguamento dell’età pensionabile con decorrenza dal 1° gennaio 2019, hanno chiesto al governo di capire la stima dei costi che tale sospensione comporterebbe. L’Esecutivo ha risposto che la mancata
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Testo interpellanza: http://bit.ly/dir9-17-4 Risposta del governo (sottosegretario Domenico Manzione): http://bit.ly/dir9-17-5
APE SOCIALE E PENSIONAMENTO LAVORATORI PRECOCI: I DATI
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ntro la scadenza del 15 luglio sono state presentate 66.409 domande, di cui 39.777 richieste per l’indennità di Ape sociale e 26.632 per i lavoratori precoci. Dai dati Inps emerge come la maggior parte delle domande sia concentrata tra i 63 e i 64 anni e che meno di una su quattro sia stata presentata da una donna. Il maggior numero di istanze è stato presentato in Lombardia (11.048), seguita dal Veneto (6.701), dalla Sicilia (5.608), dal Piemonte (5.568), dall’Emilia Romagna (4.865), dal Lazio (4.594) e dalla Toscana (4.566). È quindi arrivato il 10% in più di istanze preventivate e non è detto che tutte
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emanazione del predetto decreto direttoriale comporterebbe una responsabilità erariale e, pertanto, “in assenza di una modifica delle disposizioni vigenti, vi è un obbligo normativamente imposto e quindi non derogabile di procedere ad adottare il decreto direttoriale necessario all’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita”.
abbiano i requisiti per essere accolte. Spetta adesso all’Inps verificare i requisiti delle richieste e pubblicare entro il 15 ottobre la graduatoria definitiva. Se i fondi a disposizione risulteranno non sufficienti, la decorrenza di Ape sociale e pensione “precoce” potrebbe essere posticipata per parte dei richiedenti. In questo caso, a fronte dei requisiti necessari, avranno la priorità coloro che sono più vicini alla pensione di vecchiaia. Intanto a metà luglio sono state pubblicate sul sito dell’Inps le faq relative all’Ape sociale e che si riferiscono a quesiti di carattere generale. Le faq contengono inoltre quesiti relativi alla presentazione, all’istruttoria e al monitoraggio delle domande. Comunicato stampa Inps: http://bit.ly/dir9-17-6 Faq Ape sociale: http://bit.ly/dir9-17-7
GARANZIA GIOVANI: RIFINANZIATA CON 1,3 MILIARDI
A
tre anni dal lancio, e sulla scorta dei risultati, pur parziali, che l’Unione europea ha riconosciuto al programma mirato a migliorare l’occupabilità dei Neet, Garanzia giovani viene rilanciata con nuove risorse e un aggiustamento della strategia complessiva. L’Italia detiene il record, purtroppo negativo, dei ragazzi Neet. Nel 2016 sono stati il 19,9%, un ragazzo su cinque. Quasi il doppio rispetto alla media europea, pari all’11,5%. Negli ultimi anni c’è stato un lieve miglioramento ma il problema è ancora da risolvere. Tra le ipotesi allo studio del governo nella prossima legge di bilancio c’è anche quella di tagliare il cuneo fiscale, forse concentrato proprio sui giovani. Le nuove risorse annunciate a fine luglio, e che ammontano a 1,3 miliardi di euro, consentiranno di portare il programma fino alla scadenza del ciclo di programmazione dei fondi europei (2020), consolidando l’esperienza accumulata e correggendo le problematiche emerse dal monitoraggio continuo. Le risorse della programmazione in corso possono essere spese fino alla fine del 2018. Al 31 marzo scorso risultano impegnate
l’87,2% delle risorse programmate; ammontano al 56,2% le risorse spese per misure già concluse. Al 13 luglio sono quasi 1 milione e 200mila i giovani che hanno partecipato al programma, registrandosi sul portale nazionale e su quelli regionali; i presi in carico sono oltre 963mila. Sono più di 512mila i giovani cui è stata proposta almeno una delle misure finanziate; di questi, il 60% ha avuto un’esperienza di lavoro. Inoltre, con riferimento alla misura dei tirocini, dei 306.507 giovani che lo hanno concluso, il 60% ha avuto un rapporto di lavoro successivo; di questi, il 49% con lo stesso datore di lavoro. Ricordiamo che dal 1° gennaio 2017 ci sono a disposizione 200 milioni di risorse da destinare a sgravi contributivi per le assunzioni di giovani iscritti al programma fino al 31 dicembre di quest’anno. Al 28 giugno le domande presentate sono state 49.369, di cui 30.687 risultano già accolte. Di queste, il 50,35% sono per contratti di apprendistato professionalizzante, il 31,06% per il tempo determinato e il 18,59% per contratti a tempo indeterminato.
LONTANA LA REGOLAMENTAZIONE DEGLI SCIOPERI NEL TRASPORTO LOCALE
I
n questa stagione estiva sono stati sempre più numerosi gli scioperi del trasporto locale che hanno paralizzato le città. Il garante degli scioperi, Giuseppe Santoro Passarelli, in occasione della presentazione della relazione annuale, ha affermato che i tempi sono maturi per una nuova regolamentazione degli scioperi nei servizi pubblici essenziali basata sulla rappresentatività dei sindacati. Ha quindi chiesto formalmente che venga varato il disegno di legge che fa dipendere la possibilità di indire le agitazioni dalla rappresentatività. Il problema è che le forze politiche non riescono a trovare un accordo. Al Senato, infatti, sono stati depositati da due anni tre progetti di legge, uno a firma del presidente della commissione Lavoro Maurizio Sacconi, uno da parte del giuslavorista Pietro Ichino e l’altro da parte di Aldo Di Biagio. È stato quindi messo a punto un testo unificato, dal momento che si tratta di progetti di legge molto simili nei contenuti. Se ne è discusso in commissione Lavoro e Affari costituzionali, ma dal resoconto della se-
duta del 21 giugno scorso emerge chiaramente la richiesta di proseguire l’esame dei disegni di legge solo dopo aver raggiunto una convergenza a livello politico. Il problema alla base è costituito dalla riformulazione della rappresentatività delle parti sociali. Anche su questo ci sono più progetti di legge, discussi congiuntamente in comitato ristretto alla Camera e il cui impianto normativo proposto suscita in Manageritalia, come in altre organizzazioni rappresentative della dirigenza, qualche perplessità. Riteniamo che la nuova normativa non debba applicarsi alla
categoria dei dirigenti, per i quali sarebbe opportuno che rimanesse, considerate le specificità della categoria, il principio della legittimazione reciproca delle parti sociali. Il 19 luglio il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba ha chiesto di non concludere la discussione generale sul testo per la regolamentazione del diritto di sciopero. Questo per avere modo di trovare una posizione condivisa tra i ministeri del Lavoro, della Pa e delle infrastrutture. I presidenti delle due Commissioni, Salvatore Torrisi e Maurizio Sacconi, hanno comunque intenzione di riconvocare sull’argomento sciopero dei trasporti le Commissioni riunite alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva. Progetto di legge Sacconi: http://bit.ly/dir9-17-8 Progetto di legge Ichino: http://bit.ly/dir9-17-9 Progetto di legge Di Biagio: http://bit.ly/dir9-17-10
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Economia
I NUOVI VOUCHER Dal 10 luglio scorso è possibile utilizzare nuovi strumenti per il lavoro occasionale gestiti dall’Inps: Libretto famiglia e Contratto di prestazione occasionale Carla Panizza responsabile centro studi Manageritalia
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S
I TRATTA di prestazioni professionali che possono essere fornite da persone che desiderano intraprendere attività lavorative in modo sporadico e saltuario. L’art. 54-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, introdotto in sede di conversione dalla legge 96 del 21 giugno 2017 (Gazzetta Ufficiale n. 144 del 23 giugno 2017), ne ha disciplinato il funzionamento. Chi ha acquistato i vecchi voucher entro il 17 marzo scorso (data di cancellazione) potrà spenderli fino al 31 dicembre seguendo le vecchie regole e con i limiti previsti dal Jobs act. Al tempo stesso, però, potrà anche registrarsi online per attivare i nuovi strumenti e utilizzarli per il pagamento delle prestazioni di lavoro accessorio. Né la legge né la circolare 107 dell’Inps vietano espressamente il cumulo tra vecchi tagliandi e nuovi strumenti, pertanto ognuno di questi resta soggetto ai rispettivi limiti (massimo 7.000 euro per chi riceve i vecchi ticket; massimo 5.000 euro per chi viene pagato con i nuovi) e alle rispettive procedure. Libretto famiglia e Contratto di prestazione occasionale si riferiscono a diverse categorie di datori di lavoro, presentano profili di
specificità in relazione all’oggetto della prestazione, alla misura minima dei compensi e dei connessi diritti di contribuzione sociale obbligatoria, nonché alle modalità di assolvimento degli adempimenti informativi verso l’Inps. Con la circolare 107 del 2017 l’Istituto ha fornito le indicazioni operative per la gestione della piattaforma informatica dedicata alle prestazioni di lavoro occasionale, operativa dal 10 luglio 2017 e fruibile attraverso l’accesso al sito internet dell’Istituto. La procedura di gestione di tali prestazioni discontinue ed episodiche, che appare forse un po’ troppo burocratica e per la quale occorrerà prenderne dimestichezza, è in parte coincidente per i soggetti privati e per le imprese. L’acquisto dei buoni lavoro è più oneroso rispetto a quello dei vecchi voucher, con l’obiettivo dichiarato di garantire a questi lavoratori maggiori tutele previdenziali. Importi: limiti economici I limiti economici, stabiliti con riferimento a ciascun anno civile, sono 5.000 euro netti per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori; 5.000 euro netti per ciascun utilizzatore, con
riferimento alla totalità dei prestatori; 2.500 euro netti per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore. Modalità e valore delle prestazioni Il Libretto famiglia (Lf) è riservato agli utilizzatori privati per lavori domestici, di giardinaggio, di pulizia o manutenzione, di assistenza domiciliare a bambini e persone anziane, ammalate o con disabilità, di insegnamento privato supplementare. Il valore nominale è di 10 euro e comprende i contributi e al prestatore d’opera andranno 8 euro netti. Poi, 1,65 euro sono per la contribuzione pensionistica alla gestio-
ne separata Inps; 0,25 euro per il premio assicurativo Inail e 0,10 euro per il finanziamento degli oneri di gestione. La comunicazione di svolgimento della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro dovrà avvenire entro il giorno 3 del mese successivo. Il Contratto di prestazione occasionale (Cpo) è destinato invece a imprese fino a 5 dipendenti, a profes-
sionisti, lavoratori autonomi, associazioni, fondazioni e altri enti di natura privata, imprese del settore agricolo e pubbliche amministrazioni. Il valore nominale orario di 9 euro del buono erogato da imprese, professionisti e amministrazioni pubbliche ai prestatori di lavoro occasionale è al netto dei contributi che, in misura pari a 3,41 euro, sono posti a carico dell’utilizzatore, 2,97 euro per la gestione separata Inps, 0,32 euro a favore dell’Inail, 0,12 euro per spese di gestione, per un costo totale di 12,41 euro. Nel caso di imprese vengono fissati quindi il minimo salariale di 9 euro, ma anche un compenso minimo giornaliero (36 euro). Non si può pagare
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Economia con Cpo un lavoratore che fino a sei mesi prima ha avuto un contratto con la stessa azienda. La comunicazione di svolgimento della prestazione lavorativa da parte del datore di lavoro dovrà essere preventiva e avvenire entro 60 minuti prima dell’inizio. Prevista la possibilità di revoca entro 3 giorni da parte del datore di lavoro, in caso di disguido prevale la conferma del lavoratore. Al lavoratore spetterà decidere come ricevere il compenso. Può farselo accreditare su un conto corrente fornendo l’Iban o su un libretto postale o farselo accreditare su una carta di credito abilitata. Può scegliere anche un bonifico domiciliato da riscuotere agli sportelli postali. Tutto passa dall’Inps, pagamenti compresi Non si compra più il buono cartaceo in tabaccheria. Il datore di lavoro verserà con un F24 una somma nelle casse dell’Inps e avrà un conto da cui provvederà a pagare le
APPROFONDIMENTI Legge 21 giugno 2017, n. 96 http://bit.ly/dir9-17-11 Circolare Inps n. 107 del 2017 http://bit.ly/dir9-17-12 Libretto famiglia http://bit.ly/dir9-17-13 Contratto di prestazione occasionale http://bit.ly/dir9-17-14 Guida operativa per la registrazione http://bit.ly/dir9-17-15
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prestazioni entro il giorno 15 del mese successivo. Quindi, se emetto un voucher per un giardiniere ad agosto, ho tempo fino al 15 settembre per saldare il conto. Di fatto, quindi, l’Inps terrà le fila dei flussi di informazioni sulle prestazioni, che devono essere comunicate dal datore di lavoro all’Istituto, e dei relativi pagamenti. Le famiglie possono alimentare il conto con versamenti pari alla somma minima del voucher, quindi 10 euro o multipli (20, 30, 40 euro ecc.). È previsto un limite di durata pari a 280 ore nell’arco dello stesso anno civile altrimenti scatta la trasformazione in contratto a tempo indeterminato. Le mancate comunicazioni all’Inps sono sanzionate con multe da 500 a 2.500 euro per ogni prestazione dimenticata. Maggiori tutele per i lavoratori Nelle intenzioni del legislatore la riorganizzazione dei buoni lavoro dovrebbe risolvere le numerose criticità emerse in questi anni nell’utilizzo del lavoro accessorio che aveva funzione di contrasto al lavoro nero, specialmente per prestazioni di breve durata, difficilmente riconducibili alle altre tipologie contrattuali vigenti. I 140 milioni di voucher venduti nel 2016, di cui circa la metà nel settore dell’edilizia, ne evidenziano una grande diffusione anche se in realtà le ore di lavoro pagate con i buoni sono solo l’1% di quelle complessive fatte nel Paese.
Si spera che questi nuovi voucher rispondano adeguatamente alle esigenze di flessibilità e accessorietà del lavoro sentite da imprese, professionisti e privati cittadini. Come attivare la procedura Sia gli utilizzatori che i prestatori devono preventivamente registrarsi al servizio dedicato alle prestazioni occasionali attraverso il portale dell’Inps seguendo le indicazioni riportate nella Guida operativa per la registrazione o avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dall’Istituto. Il contact center, al numero 803164, fornisce le informazioni riguardo le caratteristiche della nuova disciplina contrattuale e ai suoi profili applicativi ed effettua, su richiesta dei datori di lavoro e dei lavoratori, gli adempimenti di registrazione sulla nuova procedura. Nei primi 45 giorni di funzionamento, attraverso la piattaforma, si sono registrati: - 3.998 datori di lavoro che utilizzeranno il Libretto famiglia; - 12.252 datori di lavoro che impiegheranno prestatori di lavoro sulla base dello schema previsto dal Contratto di prestazione occasionale; - 10.776 lavoratori disponibili a operare nelle forme del lavoro occasionale. I versamenti degli utilizzatori hanno superato l’importo di 4 milioni di euro.
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Lavoro Mondo manageriale del lavoro a breve che a lungo termine. L’indagine più recente condotta a livello globale da McKinsey su 1.946 persone dimostra tale affermazione: solo il 26% degli intervistati dichiara che le trasformazioni hanno avuto successo, sia riguardo al miglioramento delle prestazioni che alla dotazione di strumenti a sostegno di tali miglioramenti a lungo termine per l’azienda. In base alla nostra esperienza, la causa principale di questi scarsi risultati risiede nel fatto che le aziende non adottano un approccio rigoroso per l’implementazione delle misure richieste a livello personale e aziendale, a garanzia di una trasformazione durevole.
TRASFORMAZIONE VS CAMBIAMENTO
Agio e disagio delle trasformazioni efficaci Per produrre cambiamenti sostenibili nel complesso ambiente commerciale
Comprendere la differenza, fa la differenza
di oggi, è necessario prendere decisioni chiare su come realizzare la condizione futura auspicata (agio), mentre nel
Georg Hirschi senior vice president of sales, marketing &innovation Emea at Lee Hecht Harrison
Rod Gutierrez director leadership & organisational transformation at Lee Hecht Harrison
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L
contempo si lavora per il riposizionaa rivoluzione digitale è soltanto
mento (disagio). L’agio consiste nell’ot-
uno dei fattori che innescano
tenere una rigenerazione e razionaliz-
trasformazioni crescenti in tutti i
zazione dell’azienda, attenta ai merca-
settori e le aree geografiche. Tra gli al-
ti in crescita. Mentre il disagio è incen-
tri fattori d’influenza troviamo una
trato sul miglioramento delle prestazio-
concorrenza più accanita, la globaliz-
ni, sull’efficienza e sulla riduzione dei
zazione e la mutevole domanda del
costi, tutti aspetti che comportano
mercato. Da un’indagine rappresenta-
complessità decisionale. Per ottenere i
tiva condotta su 432 persone nel di-
risultati della trasformazione auspicati,
cembre 2015 risulta che l’85% degli
devono essere apportate modifiche in-
intervistati prevedono altre e più ampie
terattive che integrano tutte le azioni e
trasformazioni per il 2016 e gli anni
i servizi di supporto alle iniziative di agio
successivi.
o disagio, in modo da ottenere una vi-
Il problema è rappresentato dal fatto
sione condivisa e un’azienda nuova.
che la maggior parte dei progetti di tra-
Realizzare questo equilibrio significa
sformazione non conseguono i risulta-
essere “sul pezzo” e conduce al succes-
ti sperati e si dimostrano fallimentari sia
so la trasformazione!
7 PRINCIPI DELLA TRASFORMAZIONE SVILUPPATI DA LHH
1
CONOSCERE LA DESTINAZIONE E IL MOTIVO: SENZA UN LUOGO D’ATTERRAGGIO, SI RIMANE UNO DEI TANTI UCCELLI IN VOLO Qual è il grado di chiarezza del luogo di atterraggio per quando ci arriverete? La stessa chiarezza è condivisa da tutta l’azienda, nella forma mentis delle persone sul luogo di lavoro?
2
OGNI CAMBIAMENTO È PERSONALE
3
L’ELEMENTO ALLA BASE DI OGNI TRASFORMAZIONE AZIENDALE È LA NECESSITÀ DI PROCEDERE IN MODO DIVERSO, INTERROMPENDO UN COMPORTAMENTO, INTRODUCENDOLO O FACENDO ENTRAMBE LE COSE
La trasformazione aziendale avrà un impatto sulle persone. Di conseguenza, serve un impegno a livello individuale e personale.
Tendiamo a modificare strutture, processi e sistemi per convincerci che stiamo apportando trasformazione e cambiamento. Per ottenere un risultato, le persone dovranno utilizzare queste strutture, processi e sistemi in modo costruttivo. Se ciò non avviene, non abbiamo apportato alcun cambiamento, alcuna modifica e noi siamo ancora gli stessi.
4
IL CAMBIAMENTO RICHIEDE ENERGIA: SI FATICA DI PIÙ A CAMBIARE CHE A RIMANERE UGUALI, AVERE PIÙ DI 7 PRIORITÀ VA OLTRE I NOSTRI LIMITI Gestire il cambiamento, convincere le persone, richiede tempo ed energia. La mente tralascia la maggior parte delle cose: disattiva ciò che non è importante. 7 più o meno 2 è il limite della nostra memoria di lavoro. Se il piano di gestione del cambiamento contiene più di 7 elementi, non va bene. È un problema di decisioni, di concentrazione e di ottenere risultati da quanto si fa.
5
NON È POSSIBILE GESTIRE LA TRASFORMAZIONE AZIENDALE CON LA MENTALITÀ DEI SOLITI AFFARI
6
NON TUTTI QUELLI CHE INIZIANO IL PERCORSO ARRIVERANNO ALLA FINE: È UNA QUESTIONE DI MASSA CRITICA
“Sul pezzo”: quando avvengono cambiamenti interattivi, non si tratta dei soliti affari. Devono essere prese decisioni specifiche e diversificate su come gestire l’attività commerciale in quel periodo.
Tutti devono prendere il treno, però ce ne sono due e hanno destinazioni diverse. Come facciamo per far salire sul treno più persone possibile e come gestiamo quelli che non ce la fanno?
7
IL PRINCIPALE FATTORE DI SUCCESSO DELLA TRASFORMAZIONE NON È IL PROCESSO MA LA FORMA MENTIS La forma mentis è un approccio predefinito al mondo, determinato dalle nostre esperienze, dai nostri valori e comportamenti precedenti. Qual è la forma mentis prevalente in un’azienda? E quale frena le persone? LHH dedica il primo periodo del lavoro di trasformazione aziendale ad analizzare la forma mentis che blocca le persone dove sono e a individuare la forma mentis che serve per portarle dove devono andare. Quando esiste armonia tra pensiero e azione, dalla forma mentis scaturiscono i giusti comportamenti. Se non si cambia forma mentis non si possono cambiare i comportamenti; se non si cambiano i comportamenti, nulla cambia.
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Lavoro
MINDFULNESS CONTRO LO STRESS Anche il mondo del lavoro ha scoperto il potere trasformativo delle pratiche di mindfulness. Vediamo di cosa si tratta e come può aiutarci ad avere più cura della propria salute, ad aumentare il pensiero resiliente e la capacità di empatia verso se stessi e gli altri Gian Piero Scilio managing partner Mida
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V
IVIAMO un’epoca complessa, piena di contraddizioni, appassionante e richiedente. In certi momenti ci scopriamo a pensare che non vorremmo vivere in un altro momento storico, in altri sentiamo che il livello di aspettative, responsabilità, impegni da rispettare rischia di prendere il sopravvento. Questa ambivalenza può essere molto forte soprattutto sul lavoro: in alcune fasi ci sentiamo pieni di energia, vitalità, passione e in altri l’accumularsi di richieste, risultati da raggiungere, attività da svolgere sembra travolgerci. A tutto ciò si aggiungono livelli di incertezza molto elevati, ad esempio sul raggiungimento di obiettivi di business o sulla sicurezza delle carriere. Il tempo sembra non bastare mai per fare bene tutto quello che ci viene richiesto, con una sempre maggiore difficoltà, incentivata dalla tecnologia, a separare momenti di lavoro da momenti di non lavoro. Viviamo spesso con una sorta di “pilota automatico” sempre in funzione, con la mente
che divaga, portandoci per metà del nostro tempo in una sorta di vagabondaggio mentale1. Invece di essere ancorati al momento presente ci spostiamo continuamente avanti e indietro nel tempo, focalizzando l’attenzione sulle cose da fare nel prossimo futuro, sulle preoccupazioni, sugli obiettivi da raggiungere. Con una tonalità emotiva spesso improntata al pessimismo. Oppure ritornando indietro con i ricordi, rimuginando su avvenimenti del passato, su come avremmo potuto viverli o gestirli meglio. Una mente che vaga è infelice La ricerca scientifica di alcuni psicologi di Harvard, Killingsworth e Gilbert, ci indica che “una mente che vaga è una mente infelice”. Alla continua ricerca di fare cose diverse o di essere in posti diversi, di individuare discrepanze tra ciò che è e ciò che vorremmo che fosse. Questo vagabondaggio mentale, definito anche mind-wandering, è l’antitesi di uno stato di mindfulness. Illuminante a questo proposito è quanto scrive John Kabat-Zinn: «Quando rinunciamo a
desiderare che in un dato momento accada qualcos’altro, la nostra capacità di misurarci con il presente compie un grande passo avanti2». Tutta questa proliferazione mentale contribuisce a produrre fatica, sovraccarico, talvolta sofferenza, in una parola stress. Quando questo stato diventa eccessivo, ad esempio quando rischia di cronicizzarsi, le conseguenze sul nostro benessere, fisico e mentale, possono essere molto negative. Diventa più facile ammalarsi e più difficile riprendersi; diventa più complicato concentrarsi, attivare e trasmettere energia, prendere decisioni ponderate, gestire con efficacia le proprie emozioni e le relazioni con gli altri. Perché partecipare a un percorso Mindfulness based Tutto ciò ha contribuito, negli ultimi 10-15 anni, all’enorme diffusione delle pratiche di Mindful-
ness in ambienti (sanitari, psicosociali, educativi) che prima non ne erano sfiorati. Anche il mondo del lavoro ha scoperto il potere trasformativo di queste pratiche e tanti manager e professional sono stati protagonisti di percorsi Mindfulness based. In termini molto generali, partecipare a un percorso Mindfulness based è l’occasione per sperimentare le possibilità che questa pratica offre per ridurre i livelli di stress. Mindfulness è lo stato della mente in cui siamo centrati ed equilibrati, la nostra attenzione è piena e focalizzata sul presente, siamo consapevoli delle nostre risorse, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni, ci sentiamo capaci di attraversare con dignità le inevitabili difficoltà della vita. Quarant’anni di esperienza, dapprima negli Stati Uniti e poi man mano in Europa, insieme alla ricerca neuro-scientifica degli ultimi 15 anni, dimostrano che è pos-
Mindfulness è lo stato della mente in cui siamo centrati ed equilibrati, la nostra attenzione è piena e focalizzata sul presente, siamo consapevoli delle nostre risorse, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni
sibile coltivare questo stato, in modo molto concreto, attraverso specifici percorsi di training. Come nasce Tutto è iniziato alla fine degli anni Settanta negli Stati Uniti, grazie a un professore di medicina, John Kabat-Zinn, e alla sua incrollabile
Elizabeth Blackburn, Elissa Epel La scienza che allunga la vita, Mondadori. 2 John Kabat-Zinn Dovunque tu vada, ci sei già, 1999 TEA. 1
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Lavoro
Milano, 25 settembre 2017 Ad oggi Cfmt, in collaborazione con Mida, ha già completato tre percorsi del Laboratorio di Mindfulness Training, che hanno coinvolto circa 50 dirigenti. Durante l’evento si darà quindi voce all’esperienza di alcuni manager e aziende che in questi anni hanno sperimentato la mindfulness. Per maggiori informazioni e per iscriversi: bit.ly/cfmtness Serena Buzzi - sbuzzi@cfmt.it - tel. 02 54063101 La prossima edizione del Laboratorio di Mindfulness Training, che prevede un numero chiuso di massimo 15 partecipanti, e la partecipazione obbligatoria a tutti gli incontri, si terrà nella sede Cfmt di Roma. Per maggiori informazioni e per iscriversi: bit.ly/LabMind Valentina Chiaramonte - vchiaramonte@cfmt.it - tel. 06 5043053 La partecipazione è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi.
persuasione basata sulla sua esperienza personale, che “la pratica di meditazione, anche soltanto a un livello introduttivo, potesse avere un significativo potere trasformativo dell’esperienza umana del disagio, della sofferenza, dello stress”. La grande abilità di KabatZinn è stata quella di trasformare questa sua intuizione di fondo in un programma strutturato accettabile in un contesto scientifico e “occidentale” quale era la School of Medicine dell’Università del Massachusetts. Il protocollo Mindfulness based stress reduction Il programma ha preso il nome di Mbsr, Mindfulness based stress
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reduction. Dura otto settimane (negli ambiti organizzativi talvolta è possibile ridurre la durata del percorso a 5-6 settimane ottenendo comunque buoni risultati), con incontri settimanali di due ore e mezza, una giornata intensiva di pratica intorno alla sesta settimana e una pratica personale giornaliera “a casa” di circa 40 minuti. I gruppi di partecipanti possono andare da un minimo di 8 a un massimo di 30 persone (in quest’ultimo caso preferibilmente con 2 istruttori). I programmi sono sempre condotti da “istruttori” qualificati che abbiano completato un “Mindfulness professional training”, con alle spalle almeno un
anno di pratica personale di meditazione di consapevolezza. Circa il 70-80% del tempo degli incontri settimanali in gruppo è dedicato a sperimentare pratiche meditative e a riflettere immediatamente dopo su di esse attraverso un sofisticato metodo denominato “inquiry”. Il 90% del “lavoro a casa” durante la settimana che intercorre tra un incontro di gruppo e l’altro è dedicato alla pratica degli esercizi meditativi già sperimentati negli incontri di gruppo. Cosa impari? Le “scoperte” che un partecipante può coltivare in seguito alla frequentazione attiva di un percorso
Mindfulness based sono molteplici. Ne indichiamo alcune delle più importanti: maggiore capacità di prestare attenzione al momento presente. In particolare si sviluppa la capacità di accorgersi di stare divagando (cosiddetto mind-wandering) e di potere riportare l’attenzione, con gentilezza e fermezza, su quello che serve nel momento presente (ad esempio per preparare una riunione importante);
1
2
migliore consapevolezza dei meccanismi “automatici” attraverso cui la nostra mente aggiunge “sofferenza evitabile” ai normali
incidenti di percorso della vita (ad esempio quando si perde il lavoro, si fatica a raggiungere un obiettivo, si deve gestire/subire una riorganizzazione); scoperta che è possibile, e molto utile, avere uno sguardo “fermo ma gentile” verso se stessi e verso gli altri, capacità particolarmente importante quando ci si trova personalmente in difficoltà o bisogna gestire persone in difficoltà;
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migliore capacità di regolazione emotiva, ad esempio rispetto a rabbia, paura, tristezza; migliore gestione delle relazioni con gli altri.
In estrema sintesi, è possibile riscontrare, al termine di un percorso Mindfulness based ben preparato e condotto, una riduzione sul gruppo dei livelli di stress percepito, un aumento del pensiero resiliente, una maggiore capacità di empatia verso se stessi e gli altri. La persona che coltiva responsabilmente pratiche di meditazione di consapevolezza è più attenta al presente, controlla meglio la tendenza alla distrazione, mantiene più facilmente il focus sui propri obiettivi, diminuisce la tendenza al rimuginio sul passato o alle preoccupazioni per il futuro.
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Marketing
BRANDED ENTERTAINMENT Promuovere il valore della marca attraverso i contenuti. Tre gli obiettivi: ingaggiare, informare ed educare Elena Grinta consulente esperta di content marketing
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N PROGETTO di branded content & entertainment (BC&E) è ogni contenuto (output) finanziato totalmente o parzialmente da una marca. Tale contenuto ha lo scopo di promuovere i valori del brand e ingaggiare l’audience in una logica attrattiva (pull), con il fine di intrattenere e/o informare e/o educare. Il contenuto viene veicolato all’utente finale tramite un mezzo di comunicazione owned o paid. Questa definizione, di derivazione anglosassone, mi sembra conciliare la prassi più ricorrente nel nostro Paese e più in generale in Europa. Esistono due macro forme di branded content & entertainment, la brand integration e il branded content, che si generano a partire dalla sovrapposizione di tre aree di contenuto: i contenuti della marca distribuiti sui canali della marca (nell’ottica del content marketing, come viene codificato dal Cmi - Content marketing institute americano); i contenuti commerciali (gli spot, i publiredazionali, le telepromozioni ecc.) e i contenuti editoriali veico-
lati dagli editori (programmi radio-televisivi, news ecc.). Proprio dall’intersecazione di queste tre aree possiamo andare a definire la brand integration, che è una forma derivata di product placement, più complessa, articolata e potenzialmente efficace; e il branded content, che è un progetto costruito ad hoc a 4-6-8 mani dall’inserzionista (ma qui l’etichetta inizia a essere restrittiva), l’editore/media, la casa di produ-
consuma in una logica pull (se lo va a cercare) e non più push (ciò che tipicamente succede nel modello interruttivo dell’adv classico, degli spot così come dei pre-roll, per intenderci). Attraverso il branded entertainment, infatti, le
BC&E è ogni contenuto finanziato totalmente o parzialmente da una marca. Tale contenuto ha lo scopo di promuovere i valori del brand e ingaggiare l’audience in una logica attrattiva con il fine di intrattenere e/o informare e/o educare
aziende possono accedere e influenzare il contenuto editoriale vero e proprio (il palinsesto di televisioni, radio, gli articoli di giornale…) superando la barriera degli spazi interstiziali (e secon-
zione, l’agenzia creativa, il centro media. Il principale obiettivo di questa forma di comunicazione è veicolare i valori della marca rivolgendosi all’utente/ spettatore prima che al consumatore: il contenuto deve essere rilevante (interessante, divertente, educativo) per chi lo fruisce, che lo
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Marketing dari, dal punto di vista dell’audience) nei media (break pubblicitari, pre-roll, banner, in pagina ecc.). Non solo, possono diventare media loro stessi. App, serie web, giochi I formati in cui si può declinare un progetto di BC&E sono vari, dai generi più “tradizionali” ai più innovativi, rispondendo alle diverse esigenze di budget, creatività e adattandosi a molteplici obiettivi di comunicazione. Nell’era dei social media, della
sua pagina YouTube ha realizzato “Gli sgami della nonna”, una web serie dal registro ironico che ha come protagonista Nonna Lea Inda-house, una simpatica nonnina che usa lo slang dei ragazzi milanesi per insegnare loro alcuni rimedi casalinghi. Lanciata a gennaio del 2011 con l’obiettivo di rendere il brand più ironico, divertente e utile, la web serie ha totalizzato milioni di views ma, soprattutto, ha permesso a Casa.it di costruire una solida community di fan del personaggio e del brand.
do così a ingaggiare il pubblico del creator, generando per ogni puntata un numero di views pari alla serie originale. D’altronde, perché i canali degli influencer siano uno strumento di storytelling potente per le aziende, la vera sfida è creare branded content tagliati
Da sinistra a destra Nonna Lea In-da-house in “Gli sgami della nonna”, Frank Matano in “Vita tra coinquilini” (al supermercato), Flavio Briatore nei panni del boss in “The Apprentice”, il programma Rai “Boss in incognito” e il film LO and Behold di Werner Herzog.
proliferazione degli schermi e della digitalizzazione della comunicazione, l’unione tra creatività e capillarità ha portato allo sviluppo di digital branded content dalle forme più diverse: dalle app alle web serie, al gaming, gli esempi sono molti. Tra le web serie brandizzate con una componente narrativa in grado di fidelizzare e mantenere l’audience mi piace citare l’esempio di Casa.it, portale immobiliare italiano, che per la
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Altro fenomeno recente e dirompente è quello degli influencer. Sono sempre più numerose le aziende inserzioniste che hanno colto l’opportunità di collaborare con le web star. Carrefour Italia ha ingaggiato Frank Matano per una sit-com in cui il supermercato diventa pretesto per originare gag sempre divertenti, adattandosi al format originale “Vita tra coinquilini” – di grande successo – e al tipico “stile Matano”, riuscen-
esattamente sul tipo di linguaggio o “tone of voice” trasparente che li ha resi delle vere e proprie social star. Altrimenti il rischio flop è dietro l’angolo. Come l’Italia sta sviluppando il branded content & entertainment Nel nostro Paese gli sviluppi più interessanti sono quelli legati alla
tv. Il riemergere del branded entertainment televisivo risponde da un lato alle nuove abitudini di media consumption degli utenti, dall’altro al ruolo sempre più centrale dei brand che sono passati
dalla posizione di interrupter a quella di enabler, aiutanti e facilitatori. In Italia poi abbiamo una normativa che riguarda il settore audiovisivo e una serie di codici di autoregolamentazione adottati
dalle emittenti televisive che di fatto hanno permesso il proliferare di progetti sia di branded content che di brand integration. La mia opinione è che fino ad ora siano più interessanti le sperimentazioni a livello di integrazione: penso a “The Apprentice” o a “Boss in incognito”, programmi che hanno definito l’estetica e il modello della brand integration “pura” nei quali l’inserimento di brand ha conferito verosimiglian-
za al racconto stabilendo un patto di fiducia con il telespettatore che, immerso nell’espediente narrativo, si fa trasportare all’interno dei valori della marca esibiti. Formati o canali oltre a digitale e tv Quello del cinema è un territorio ad altissima potenzialità, che de-
ve ancora essere esploso. Ne è una prova il film Lo and Behold di Werner Herzog, che ha appena vinto al Festival branded entertainment di Cannes tre Ori ed era in programma al Sundance film festival, senza dubbio una tra le più riuscite operazioni di branded entertainment del 2016. Netscout, inizialmente intenzionato a produrre uno spot celebrativo per i suoi clienti, con il supporto strategico dell’agenzia Pereira O’Dell di New York, è giunto a produrre un magnifico documentario sul mondo di internet e della tecnologia, sulle sue potenzialità e sul suo impatto sociale. Lo and Behold è un perfetto esempio di come un brand, attraverso un prodotto di qualità, possa rafforzare la sua autorità in un campo nel quale esercita una leadership. E a costo zero, poiché i diritti del film sono stati acquisiti da Magnolia Films, che ha coperto interamente i costi di produzione. Dalla musica alla narrativa Altri due territori di ulteriore sperimentazione su cui mi aspetto una rapida evoluzione sono la musica e la narrativa. La musica rappresenta uno strumento strategico attraverso cui le marche da sempre coinvolgono i propri clienti. Si passa da esperienze di-
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Marketing siamo nella sperimentazione pura e non ho rintracciato direttrici. I pochi casi che ho reperito lasciano però presagire un ulteriore sviluppo creativo della tipologia e immaginare che sempre più illustri scrittori, come hanno fatto i grandi registi e i musicisti, possano essere interessati a collaborare alla scrittura di testi narrativi per le aziende. Come è il caso di Mercedes-Benz, che a fine 2016 con Google e Gruppo Roncaglia ha commissionato un romanzo a Gianrico Carofiglio, che ha scritto La forma delle nuvole, una “adaptive story” in grado di cogliere, attraverso il device del lettore, informazioni come il tempo, il luogo, l’ora, il giorno integrandole nel racconto. Il progetto ha raccolto importanti riconoscimenti in Italia, come la Best holistic campaign agli NC Awards e il Grand Prix Advertising Strategies nella categoria “intraprendente”.
In basso il videoclip degli Okgo e a lato il romanzo La forma delle nuvole di Gianrico Carofiglio.
rompenti e spettacolari a progetti più sofisticati, di raffinata composizione, come i brani composti da Gener8ion per Audemars Piguet o il videoclip degli Okgo girato per S7 Airlines. Quello della narrativa è un altro ambito che si espanderà ulteriormente nei prossimi anni. Se è pratica diffusa per il branded entertainment l’adozione dei principi della narrazione, non altrettanto diffuso è l’utilizzo della narrativa come output di progetti di comunicazione di marca. In questo caso
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Le prospettive offerte dalla realtà virtuale L’innovazione tecnologica porterà a un’ulteriore espansione del settore del branded content & entertainment: penso alle esperienze della realtà virtuale (VR), che in futuro potranno permettere l’introduzione di applicazioni sempre più personalizzate a partire dalle informazioni sugli utenti. Anche il live streaming mostra la sua forza per la sua capacità di situare l’utente in un contesto
“hic et nunc”, irripetibile e vivo, un vero e proprio evento, veicolando un valore importante: la sicurezza di un brand che non ha necessità di nascondersi e che non teme un contatto diretto con il proprio pubblico. Perché inserire un progetto di BC&E nella propria strategia di marketing Il branded content & entertainment è uno strumento di marketing utile nella costruzione della relazione tra consumatore e brand che deve essere inserita in una strategia di medio-lungo periodo. Come per ogni strategia, fondamentali sono la definizione del target (il branded content & entertainment può funzionare con alcuni consumatori – se il ruolo che il brand gioca nel contenuto è ben chiaro, ma non è adatto a tutti), la definizione dei tratti dell’identità di marca che costituiranno la narrazione e la conseguente appropriazione dei principi base dello storytelling. Le aziende che sapranno comunicare i propri valori e la propria “anima” attraverso soluzioni creative e coinvolgenti di racconto potranno fare la differenza sia in termini di immagine che di vendite e fatturato. E il branded content & entertainment si dimostra uno strumento di comunicazione estremamente efficace per raccontarsi attraverso gli occhi di chi alla fine sceglie.
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Produttività&Benessere
TELELAVORO E SMART WORKING: ITALIA INDIETRO La fotografia del Fondo europeo di Dublino mostra uno scenario sul fronte del lavoro flessibile disastroso per il nostro Paese, che si colloca agli ultimi posti
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EUROFUND di Dublino ha recentemente pubblicato lo studio Work-life balance and flexible working arrangements in the European Union dedicato all’organizzazione flessibile del lavoro. L’indagine mostra uno scenario disastroso per il nostro Paese, che appare 40 35
come quello meno propenso ad adottare il lavoro flessibile e da remoto. In particolare, in Italia può lavorare in modo stabile oppure occasionale fuori dall’ufficio solo il 7% della forza lavoro. Le nazioni più virtuose sono Danimarca, Svezia, Olanda e Inghilterra, con punte del 37%. Si pensi che nella vicina Spagna sono il doppio degli italiani i la-
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voratori che hanno la possibilità di svolgere la propria attività professionale da casa o comunque da luoghi diversi dall’ufficio aziendale, mentre in Francia sono più del triplo (circa il 25%). Insomma, c’è quindi ancora tanto da fare per far cambiare la mentalità degli italiani e dirigerci verso il cambiamento. Il nostro Paese, però, non ha bisogno solo di introdurre modalità di lavoro alternative a quello tradizionale. Deve completamente ripensare a una nuova e reale organizzazio-
ne del lavoro che, anche attraverso l’aumento della motivazione del personale e del suo coinvolgimento nei processi di innovazione, lo faccia crescere davvero dal punto di vista economico e sociale, realizzi incrementi di efficienza, produttività e miglioramento della qualità della vita personale e professionale. Quello che con l’iniziativa Cambia il lavoro con Produttività& Benessere Manageritalia e i suoi manager associati hanno cominciato a valorizzare e attuare da tempo. Come? Informati sul portale di Manageritalia.
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Intervista
LA NUOVA CROCIATA Per la prima volta nella storia dalla rivoluzione industriale sembra che si stia sviluppando ciò che si potrebbe considerare una rottura tra il business e la società, un allontanamento tra le imprese e le persone. Il famoso guru della strategia d’impresa Michael Porter ha realizzato che le organizzazioni non stanno più affrontando le tradizionali sfide del management che storicamente lui aiutava a risolvere, bensì stanno andando incontro a una situazione completamente nuova, una sfida completamente diversa.
Michael Porter è un accademico ed economista statunitense. È professore alla Harvard Business School dove dirige l’Institute for strategy and competitiveness e uno dei maggiori contribuenti della teoria della strategia manageriale. I suoi obiettivi più importanti erano quelli di poter determinare come un’azienda, o una regione, possa costruirsi un vantaggio competitivo.
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Intervenire su assetti sociali e ambientali permette a un’azienda anche di migliorare il proprio business? «Anni fa, almeno negli Stati Uniti, le imprese rappresentavano il luogo nel quale le persone desideravano stare, ma non è più così. L’idea che le organizzazioni esistono con l’unico scopo di massimizzare gli utili degli azionisti non è più attrattiva per le persone. Quando i benefici hanno iniziato a ridursi, i posti di lavoro e i salari a diminuire, la società ha cominciato a mettere in discussione il mondo delle imprese. Per questo le imprese ora
devono cambiare mentalità, abbozzare nuove teorie, stabilire nuove prospettive dalle quali osservare questo problema, guardare le cose e guardare se stesse». Cosa significa il termine “valore condiviso”, che lei ha coniato a questo proposito? «Significa occuparsi di una problematica sociale, di una sfida sociale, come potrebbe essere quella dell’acqua, dell’alimentazione o della salute, e qualche volta ottenere anche un guadagno. Deve essere concepito come un vero e proprio business, invece che come un atto di beneficen-
za o donazione. Bisogna trovare il modo di affrontare questa necessità in modo redditizio. Il valore condiviso risiede in tutta la catena del valore (nei prodotti, nei clienti, nei fornitori…) ma anche nelle istituzioni della comunità in cui è inserita l’impresa. Numerose organizzazioni sono abili nel soddisfare le necessità dei clienti tradizionali, ma se solo capissero che esiste un enorme potenziale di crescita attorno al valore condiviso, allora scoprirebbero grandi opportunità. La più grande tra queste risiede nella scoperta di nuovi mercati, nuove esigenze non ancora sod-
disfatte, nuovi modi di fare business, con una migliore gestione dell’impatto sull’ambiente e sulla comunità. Suona strano, vero? Ma è così: il principale terreno per l’innovazione e la crescita non sono né le finanze né la tecnologia, bensì le questioni sociali e ambientali».
Esistono esempi di imprese leader che stanno affrontando questo cammino? «Un caso rilevante è quello dell’industria farmaceutica. I laboratori hanno sempre costruito la loro fortuna servendo un numero molto limitato di clienti. Dato il loro modello di business,
Michael Porter sarà presente quest’anno come speaker al World Business Forum, il più importante congresso di business leader in Europa che offre un’esperienza unica di apprendimento, ispirazione e prezioso networking tra oltre 2.300 senior manager. Visita l’area riservata My Manageritalia > Servizi professionali e scopri l’offerta esclusiva dedicata agli associati Manageritalia per parteciparvi.
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Intervista
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I TRE LIVELLI DEL VALORE CONDIVISO Il primo livello è relazionato con il prodotto e il cliente L’idea è di ripensare il proprio prodotto per affrontare non solo le esigenze convenzionali non ancora soddisfatte, ma anche un’importante esigenza sociale. Si tratta di comprendere come servire i clienti
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finora ignorati, le quali richieste non sono state ascoltate.
Il secondo livello coinvolge la catena del valore Questo livello è relazionato con il modo in cui si fa business. Come si compra la materia prima, come si produce, come si servono i clienti, come si formano i dipendenti e, infine, come viene realizzata la propria attività in generale. Massimizzare le risorse per limitare l’uso dell’energia, definire in modo ottimale gli stipendi affinché anche gli impiegati a basso reddito ricevano una remunerazione equa, fare acquisti col fine di generare un mutuo beneficio per l’impresa e i suoi fornitori.
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Il terzo livello è connesso all’educazione dei membri della comunità nella quale l’impresa è inserita Le organizzazioni devono assumersi la responsabilità della formazione delle persone. In questo momento negli Stati Uniti c’è un alto tasso di disoccupazione, ma allo stesso tempo ci sono molti posti di lavoro vacanti. Come si può spiegare questo paradosso? La risposta si trova nel fatto che le aziende stanno incontrando varie difficoltà nel trovare le persone di cui hanno bisogno. La reazione tradizionale delle organizzazioni, in risposta a questo problema, era finanziare in qualche modo il sistema educativo. In questo modo pensavano di aver dato un contributo. Oggi, invece, le imprese stanno iniziando a comprendere l’importanza di impegnarsi in prima persona nel sistema educativo, generando alleanze e associazioni con università statali e scuole tecniche, al fine di incrementare il numero di persone che possiedono le conoscenze richieste dalle imprese stesse. A Cincinnati, Ohio, quattro ospedali leader si sono uniti con l’obiettivo comune di formare le persone. Risentivano del medesimo problema, ossia la difficoltà nel trovare personale medico realmente competente. Per questo motivo si sono impegnati in un’iniziativa congiunta di educazione, affinché nel paese ci fosse più gente qualificata per i posti di lavoro che gli ospedali avevano bisogno di ricoprire. Precedentemente le imprese consideravano l’educazione come un compito di altri. Ora, invece, di fronte alla realtà che il sistema educativo non fornisce le risorse appropriate, le imprese si stanno avvicinando alle istituzioni educative, collaborando alla formazione di professori, fornendo attrezzature adeguate, al fine di assicurarsi un adeguato livello di conoscenza delle persone formate.
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il loro livello di prezzi e le loro modalità di distribuzione dei prodotti, hanno sempre ignorato quasi 6.000 milioni di persone, le quali però avevano la medesima necessità di farmaci di chiunque altro. Le aziende farmaceutiche non hanno mai affrontato questa necessità, né hanno mai pensato di affrontarla, perché non la consideravano un mercato reale. Ora, con la nuova mentalità, stanno guardando questo mercato sotto una nuova luce. Si rendono conto di averlo sottovalutato fino ad oggi». Il nuovo modo di pensare implica un nuovo modo di fare le cose? «Ovviamente sì. Quando Novartis iniziò a vendere farmaci nelle comunità rurali dell’India, si trovò di fronte un mercato composto da mille milioni di persone. Ma non poteva continuare a usare lo stesso sistema adottato per vendere farmaci in Svizzera, in Inghilterra o negli Stati Uniti. In India non c’era un solido sistema sanitario, e tantomeno consumatori con un alto livello di educazione, cosicché Novartis dovette inventare una catena di valore completamente nuova. Ma ciò che ci interessa maggiormente è che, grazie a questa esperienza, l’impresa imparò molto, potendo poi applicare questi insegnamenti al suo business tradizionale. Paradossalmente, la grande fon-
te di innovazione è derivata da questo contesto che nessuno avrebbe immaginato, da questi posti del pianeta fino a prima sottovalutati. Se guardiamo lo scenario globale, vediamo che le più grandi opportunità di mercato derivano dai maggiori problemi che l’umanità deve risolvere. Durante questi ultimi 50 anni stiamo vivendo un momento di stabilità, nel quale applichiamo la formula che abbiamo sviluppato e sempre usato. Ora però questa formula sta perdendo validità: l’abituale e il conosciuto non funzionano più. E questo è un fatto molto positivo». Quali sono le differenze tra il valore condiviso e la csr? «La responsabilità sociale d’impresa consiste fondamentalmente nel prendere le risorse dell’azienda e convertirle in buoni cittadini, che significa per esempio riciclare i rifiuti, fare donazioni per cause sociali, aumentare la trasparenza e così via. Dall’altro lato, il valore condiviso si riferisce al cuore del business dell’impresa. Il valore condiviso implica pianificare un nuovo modello di business; quando si crea valore condiviso, si sta creando rendita e guadagno per l’impresa. Perciò la differenza fondamentale è che, da un lato, si fa qualcosa di separato dall’attività primaria dell’azienda, che vuole prelevare risorse per distribuirle in cause
nobili, dall’altro lato, invece, si integra la variabile dell’impatto sociale e ambientale, per ottenere valore economico». È chiaro il messaggio al mondo delle imprese? «C’è una grande confusione. Le imprese si sbagliano: sostengono che stanno creando valore condiviso, ma ciò che realmente stanno facendo è togliere risorse dal proprio business per fare beneficenza. Esistono numerose problematiche nelle comunità di tutti i paesi del mondo, e le persone del business sono disperate per trovare un modo positivo per affrontare queste questioni. La chiave è farlo sfruttando la conoscenza del business, invece che adottando un ruolo da filantropo. I brand, agendo come imprese e non come enti di beneficenza, sono la forza più potente che l’umanità ha a disposizione per affrontare le questioni ambientali e sociali. Tutto inizia con un cambio di mentalità, definendo il ruolo delle aziende nella società. Sempre più imprese stanno realizzando di poter giocare un ruolo più importante rispetto ai problemi sociali, in modo che ciò risulti benefico per il proprio business. Non si tratta né di carità né di patriottismo. Si tratta di far sì che il business funzioni in modo più efficace ed efficiente, nel processo della creazione del valore condiviso».
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Fisco
TAX&BREAKFAST La cedolare secca sui B&B Sergio Lombardi dottore commercialista
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O SCORSO 12 luglio è stato approvato ed è entrato in vigore l’atteso provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate sulle modalità operative di attuazione della cedolare secca per i contratti di locazione breve di appartamenti (durata non superiore a 30 giorni e finalità turistica). Dalla prima lettura del provvedimento emergono alcuni rilevanti dubbi applicativi, che ci si augura verranno chiariti da successive circolari o risoluzioni. Ambito di applicazione per tipologia La nuova disciplina della cedolare secca si applica a tutte le altre forme non imprenditoriali di ospitalità extra-alberghiera (Bed&Breakfast e case vacanze)? Riteniamo di sì, ma sarebbe stato più chiaro esprimerlo in forma ufficiale nel provvedimento, a vantaggio dei titolari delle strutture e dei professionisti che li assistono nei loro adempimenti fiscali. Regime applicabile I redditi da sublocazione per il periodo del 2017 precedente all’estensione alla cedolare secca sono anch’essi soggetti all’aliquota age-
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volata al 21% o restano redditi diversi soggetti a Irpef? E qual è la data spartiacque per l’applicazione effettiva della nuova imposta alle sublocazioni? L’aliquota va applicata all’intero valore della prenotazione o all’incasso del titolare, al netto delle commissioni del sito o dell’agenzia immobiliare? Modalità di regolarizzazione delle ritenute omesse a giugno Gli intermediari immobiliari e i portali telematici (Airbnb, booking.com e simili) sarebbero stati obbligati a versare le ritenute operate in giugno 2017 entro il 17 luglio. Ma i leader del settore dell’accomodation extra-alberghiera non hanno operato in giugno alcuna ritenuta. Soggetti non residenti & web tax Non sembrano spaventare i colossi del B&B online le sanzioni per gli omessi adempimenti del sostituto d’imposta perché la loro linea è proprio negare di essere sostituti d’imposta, come conseguenza della non residenza in Italia delle rispettive società. Non è in discussione l’imponibilità dei redditi da locazione breve, ma l’applicazione della ritenuta ai pagamenti in
favore di proprietari e gestori. Nel nascente conflitto la posizione dello Stato italiano è molto poco liberista, se pensiamo alla recente web tax, un controverso provvedimento di legge che punta, nell’era dell’economia digitale, alla regolamentazione della tassazione per le multinazionali che operano su internet, con l’obiettivo di garantire equità fiscale e concorrenza leale, recentemente rimodulata in una nuova forma più leggera, consentendo alle società estere con stabile organizzazione in Italia accordi preventivi con l’Agenzia delle Entrate.
La situazione oggi I portali online stanno continuando a erogare i compensi a proprietari e gestori, senza applicare la ritenuta del 21%, anche a causa della loro residenza fiscale all’estero e del timore di obblighi fiscali anche societari verso l’Italia. Airbnb e booking.com hanno rispettivamente sede legale in Irlanda e in Olanda e versano in quei paesi le rispettive imposte sui redditi societari. Benefattori o evasori? È guerra di cifre su meriti e demeriti per le attività ricettive extra-
alberghiere presenti online. Secondo Airbnb, l’impatto economico positivo sul pil nazionale nel 2016 dei viaggiatori pervenuti in Italia attraverso il loro sito è stato di 4,1 miliardi di euro. In particolare gli host (proprietari e gestori) italiani hanno guadagnato un totale di 621 milioni di euro condividendo le loro case e le persone ospitate hanno speso oltre 3,5 miliardi di euro presso realtà economiche locali. Viceversa, secondo il rapporto Atr, Associazione degli albergatori della città metropolitana di Milano, nella sola città lombarda il maggiore gettito dall’applicazio-
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Fisco milioni di euro, che comparato ai 2,18 miliardi di risparmio per gli 1,5 milioni di proprietari di immobili che hanno applicato nello stesso anno l’imposta ridotta, risparmiando, dimostra che l’operazione cedolare secca grava ogni anno sul bilancio dello Stato per quasi due miliardi di euro (1,865 miliardi di euro).
ne della cedolare secca sarebbe di 2,8 milioni di euro, da sommare a ulteriori 1,5 milioni di euro incassati a titolo di tassa di soggiorno, per oltre 4 milioni di euro di imposte incassate in più. Un’operazione molto costosa In attesa dei presunti benefici dalla nuova tassa per lo Stato, ricordiamo che, fra gli scopi della cedolare secca, c’era l’emersione di maggiore base imponibile nell’area delle locazioni. Secondo il rapporto “Gli immobili in Italia 2017” (Agenzia delle Entrate - ministero dell’Economia - Dipartimento finanze), la base imponibile emersa, a seguito dell’introduzione della cedolare secca, oscilla tra 1 e 1,5 miliardi di euro. Ma applicando ai redditi da immobili riemersi dal nero la cedolare al 21%, l’aumento di gettito ottenuto dall’Erario è di soli 315
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Effetti della nuova imposta sulle tariffe Quando la nuova ritenuta verrà finalmente applicata dalle agenzie, è altamente probabile un effetto inflattivo, con aumento dei prezzi da parte dell’intero comparto extra-alberghiero italiano. L’effetto di un incremento dei prezzi delle abitazioni locate ai turisti potrebbe essere un minor numero di ospiti totali per l’intero settore. Airbnb, infatti, non è solo la nota società di San Francisco. Air+Bnb (aereo + alloggio e prima colazione) è la filosofia di viaggio degli attuali frequent flyers, ben diversi dagli appartenenti al “Jet-Set” degli anni 60. Oggi, all’origine dei budget ridottissimi per l’allog-
gio, ci sono le tariffe aeree delle compagnie low cost: un viaggiatore che oggi vola da Londra a Roma a 50 euro (o anche a meno) pagherà malvolentieri più di 50 euro a notte per una sistemazione nella nostra capitale. Si tratta di un turismo di massa, composto da viaggiatori che scelgono la propria destinazione prevalentemente in base ai prezzi e non all’unicità del luogo o dell’alloggio. Un turismo mordi e fuggi con una media totale (dati Istat) di nemmeno quattro notti di permanenza a ogni soggiorno, dal quale è facile che l’Italia sia tagliata fuori, visti i suoi prezzi già elevati e ancora crescenti. Hotel vs case Tutto da valutare l’impatto positivo o compensativo per il comparto alberghi di un eventuale calo di ospiti nelle case: non sembrereb-
bero per ora in grado di avvicinare agli hotel i turisti orientati a B&B & Co., né le tariffe alberghiere, mediamente più alte rispetto a quelle delle case, né la ricettività, molto più bassa per gli hotel - a Roma solo un quinto dei posti letto rispetto al settore extra-alberghiero, senza tener conto degli affitti turistici. Su booking.com il rapporto fra hotel e “case” è ancora più sfavorevole, con gli alberghi solo al 7,66% degli alloggi totali in Italia sul portale, contro l’87,68% di strutture extra-alberghiere e il 4,05% di agriturismi. È opinione diffusa che alberghiero ed extra-alberghiero siano ormai due comparti molto differenziati dello stesso settore turistico, sia a livello qualitativo che quantitativo. A evidenziare i livelli di servizio estremamente differenti fra le due realtà, rimandiamo al sito www.hotelvsairbnb.it
CEDOLARE SÌ O CEDOLARE NO? QUESTO È IL DILEMMA In molti casi, la cedolare al 21% non è conveniente, in particolare per quei soggetti che hanno: bassi redditi, elevati oneri personali deducibili/detraibili, elevati costi documentati per l’attività turistica. In una simulazione di calcolo comparato delle imposte fra gestore e proprietario, con gli stessi oneri detraibili e senza altri redditi personali, non emerge la convenienza del regime della cedolare secca, che risulta addirittura più onerosa, a causa dell’impossibilità di chi adotta tale regime di dedurre o detrarre oneri e spese. A parità di lordo (40.000 euro), il reddito netto del proprietario (31.600 euro), interamente soggetto alla cedolare secca, è più basso di quello del gestore (34.540 euro), i cui redditi sono soggetti a Irpef.
I dati Istat ci confermano inoltre che la durata dei soggiorni in hotel e in casa è sensibilmente diversa: negli alberghi la permanenza media è pari a circa 3 notti per ospite, mentre negli esercizi extraalberghieri è di 5,33 notti. I volumi dei due comparti, secondo il report Istat, cominciano a essere comparabili, almeno come numero totale di ospiti: dei 392,8 milioni di
presenze totali, quelle negli hotel sono due terzi del totale, mentre una presenza su tre è in appartamenti, ma con una maggiore crescita per l’extra-alberghiero.
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Fisco Cedolare secca… e poi? L’adempimento che riguarda i percettori di redditi da locazioni brevi (B&B/case vacanze/affitti turistici, con o senza cedolare secca) resta esclusivamente la dichiarazione dei redditi annuale (modello 730 o Unico, ora denominato redditi PF).
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Per tali soggetti (proprietari e gestori), per tutti i redditi da immobili, restano validi gli adempimenti fiscali nelle consuete modalità ancora vigenti nella corrente stagione fiscale, relativa all’anno d’imposta 2016, con versamento annuale della cedolare secca.
I proprietari e gestori non devono effettuare il versamento diretto della cedolare secca su base mensile con F24, in quanto questo codice è valido solo per i versamenti degli intermediari immobiliari (agenzie e portali online) nella loro nuova funzione di sostituti di tale imposta.
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Manageritalia
UNIVERSO ASSOCIATIVO L’andamento dei manager e delle alte professionalità associati a Manageritalia si attesta a 34.687, poco sotto il massimo di sempre. Vediamo i mutamenti in atto
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ANDAMENTO dei manager privati dall’inizio della crisi (2008) al 2015, ultimo dato ufficiale Inps disponibile, ha visto una forte diminuzione dei dirigenti (-9,5%) e un ampio aumento dei quadri (+13%). Il calo dei dirigenti ha colpito soprattutto l’industria e in misura molto minore i servizi. Il trend si è invertito negli ultimi anni, soprattutto nel 2015. Infatti, dal 2011 al 2015 i dirigenti privati sono aumentati dell’1,2%. Una ripresa ancora limitata solo
ad alcune regioni: Molise (+8,5%), Lombardia (+5,2%), Lazio (3%) e Trentino-Alto Adige (+0,8%). I quadri nello stesso periodo hanno continuato a crescere (+3,8%), seppure a un ritmo più limitato. Una ripresa, quella dei dirigenti privati, confermata anche dai dati riferiti a solo quelli del terziario, che hanno uno dei sei contratti gestiti da Manageritalia. I dirigenti del terziario con contratto Manageritalia hanno subito il contraccolpo della crisi molto meno dei dirigenti privati dell’industria e anche di quelli dei servizi. Infatti, dopo aver raggiunto il massimo di sempre nel 2008 (22.178), negli anni di crisi sono scesi sino a un minimo di 21.644 (-2,4%). Già nel 2016 sono però tornati in positivo raggiugendo il massimo di sempre 22.364, già superato dall’ulteriore aumento dei primi mesi del 2017 (+1,5% gennaio-giugno). I manager associati a Manageritalia L’andamento dei manager e delle alte professionalità associati a Manageritalia ha subito solo minimi contraccolpi dalla crisi e nel 2016 si attestano a 34.687, poco
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sotto il massimo di sempre (35.514 nel 2011). La base associativa 2016 è composta per il 54% dai dirigenti in servizio. A seguire abbiamo i dirigenti pensionati (28%), che restano iscritti per fruire dei servizi e per il legame che hanno con alcuni fondi contrattuali, gli executive professional (13%), cioè quei manager o alte professionalità che operano con contratti libero-professionali, e i quadri (5%). Questi manager operano e sono quindi iscritti per il 54,6% all’Associazione di Milano, a seguire a quella di Roma (17,1%), per scendere sino ad Ancona e Trieste (0,6%). A livello territoriale, quindi, il Nord ovest pesa il 65%, il Centro il 18%, il Nord est il 15% e Sud e isole il 3%. Le donne, in continua crescita, sono il 19% e gli uomini l’81%. L’età media è di 56 anni. Caratteristiche professionali Parlando dei soli manager attivi, questi lavorano principalmente nel settore contrattuale del commercio (92%), a seguire nei trasporti (2,4%), negli alberghi (0,8%), nelle agenzie marittime (0,6%) e nei magazzini generali (0,2%). Operano nel 50% dei casi in aziende sotto i 100 dipendenti e ricoprono ruoli principalmente nelle aree direzione generale (30%), amministrazione, finanza e controllo (13%), commerciale (11%), vendite (10%) e consulenza (8%).
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PILLOLE DI BENESSERE A cura della redazione
benessere
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SOS PELLE
Trattamenti ad alta quota green ed express per riparare i danni del sole dopo l’estate
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Il mare è un grande alleato di bellezza, ma vento, sole e salsedine possono indubbiamente danneggiare la nostra pelle, in particolare quella del viso, che al rientro dalle vacanze può risultare spenta, opaca e con segni visibili antiestetici: rughe, macchie, disidratazione e secchezza localizzata nei punti più sensibili. Il poco tempo a disposizione e il desiderio di ricorrere a trattamenti efficaci e naturali spingono sempre più persone a ricorrere a cure “express” che da un lato permettono di conservare a lungo i benefici del mare, dall’altro riparano la pelle danneggiata e la preparano per l’autunno e l’inverno, infondendo allo stesso tempo una sensazione di relax e benessere. I trattamenti migliori hanno una durata di almeno 80 minuti e prevedono esfolianti e nutrienti naturali che sfruttano specifiche proprietà curative, come il cirmolo, il miele grezzo, i cristalli di sale montano e le erbe autoctone. Ne abbiamo selezionati tre, proposti in altrettante spa all’interno di hotel benessere in Austria e in Svizzera facilmente raggiungibili dall’Italia. 1 - Scrub al pino cembro e cristalli di sale montano Durante un lungo e distensivo massaggio della durata di 80 minuti su un lettino ad acqua riscaldato a 37 gradi viene applicato lo scrub preparato al momento e su misura con oli essenziali e sale grezzo, miele locale, arnica e iperico (due erbe medicinali), Biopir (estratto dal lievito di birra) e piccole particelle di pino cembro dal forte potere rilassante e purificante, in grado di esfoliare la pelle con delicatezza. Gli oli e il miele grezzo nutrono in profondità rendendo splendente e liscio ogni tipo di pelle. Dove provarlo: Gradon-
na Mountain Resort, Kals, Tirolo, Austria, www.gradonna.at/it/. 2 - La forza del cirmolo È un vero rituale che dura quasi dure ore, in grado di infondere profondo benessere anche alle persone più agitate. Inizialmente viene applicato un profumatissimo impasto di sale montano del Karwendel ammorbidito da un voluttuoso olio di pino cembro biologico, dalle proprietà rilassanti, disinfettanti e germicida. L’olio di cirmolo ha un forte effetto calmante e balsamico sulle vie respiratore: cresce in alta quota ed è stata osservata anche una riduzione fino a 3.500 battiti cardiaci al giorno. Segue un massaggio lungo e delicato, sempre con olio di cirmolo, che infonde positività, aiuta a ripristinare la fiducia in se stessi e risveglia la voglia di vivere. Il trattamento termina con un impacco a base di argilla bianca e l’applicazione di un balsamo idratante al cirmolo. Dove provarlo: Krumers Post Hotel, Seefeld, Tirolo, Austria, www.krumers.com/it/. 3 - Massaggio con timbri alle erbe Reinterpretazione di un rituale orientale in chiave grigionese: ovvero sacchettini di tessuto naturale vengono riempiti di erbe mediche e curative delle montagne circostanti e immersi in olio caldo. Questo trattamento è in grado di attivare le forze per l’autoguarigione ed esplica un forte effetto rigenerante sui tessuti cutanei. Immersi nell’olio caldo i timbri vengono passati su tutto il corpo con sfioramenti e leggere pressioni. La pelle appare subito liscia grazie all’effetto esfoliante mentre le essenze delle erbe, attivate dall’olio caldo, penetrano in profondità. Dove provarlo: La Val Bergspa, Brigels, Canton Grigioni, Svizzera, www.laval.ch/it/ home.html.
ARTE Claudia Corti
E
La lezione di danza, 1873-1874, olio su tela, Musée d’Orsay
LE BALLERINE DI DEGAS:
arte
quando l’eccezione conferma la regola
Esattamente 100 anni fa, il 27 settembre 1917, si spegneva a Parigi a causa di un aneurisma cerebrale il pittore Edgar Degas. Ridotto alla cecità e in totale solitudine, si era ritirato a vita privata da oltre vent’anni, tanto che il suo funerale, in una Parigi nel bel mezzo della sanguinosa guerra che avrebbe cambiato il volto dell’Europa, passò decisamente sotto silenzio con il suo tono dimesso e pochi partecipanti, tra cui l’amico di sempre, l’ottuagenario Claude Monet. Quel giorno si chiuse definitivamente la grande stagione dell’impressionismo, che proprio da Monet e Degas aveva avuto origine. Nato nel 1834 a Parigi in una famiglia dell’alta borghesia – il padre apparteneva a una famosa dinastia di banchieri – Degas, dopo gli studi in giurisprudenza, più per compiacere la famiglia che non per effettivo interesse, si era dedicato totalmente all’arte senza trovare particolari ostacoli e opposizioni nell’ambiente da cui proveniva. Innamorato dell’arte rinascimentale italiana, aveva intrapreso un suo personale “grand tour” nel nostro Paese visitando Napoli, Roma e Firenze, per poi tornare in Francia con la convinzione che alla base di ogni opera d’arte dovesse necessariamente esserci un buon disegno. Tale convinzione, unita a una fraterna amicizia con Édouard Manet, da
cui aveva appreso la possibilità di conciliare passato e avanguardia, fecero di lui un impressionista della prima ora decisamente atipico, il meno impressionista tra gli impressionisti, arrivando persino a sostenere che, se fosse stato al governo, avrebbe predisposto un reparto della gendarmerie appositamente per controllare la schiera dei pittori di paesaggio en plein air! Non realizzò mai paesaggi, ma si concentrò esclusivamente sul movimento e la luce, quasi un’ossessione per lui. Nacquero così i fantini e le corse di cavalli, realizzati rigorosamente a memoria e in atelier, e soprattutto le celeberrime ballerine, il soggetto più rappresentativo dell’artista. Centinaia di giovani danzatrici sono nate dai pennelli di Degas, intente a provare, ad allacciarsi le scarpe, a sistemarsi una calza, a parlottare tra loro prima di un esame sotto lo sguardo severo di un insegnante, così come accade in una celebre tela del Musée d’Orsay, in cui venti ragazze animano una stanza in scorcio, spontanee in ogni loro movimento, soprattutto la fanciulla che, visibilmente annoiata, siede sul pianoforte a sinistra e si gratta la schiena come se, secondo le regole della moderna fotografia, il pittore non fosse presente a rendere eterne loro e partecipi noi di un pezzetto di vita autentica.
CURIOSITÀ Uno dei tutù maggiormente usati nella danza classica con la gonna lunga tra il ginocchio e la caviglia prende il nome di “tutù Degas”, proprio in omaggio al rapporto quasi esclusivo tra il pittore e l’universo della danza.
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LIBRI Davide Mura
dall’ESTERO
libri
VUOI LAVORARE MEGLIO? LASCIA PERDERE I SOCIAL
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Ogni giorno sentiamo decantare i vantaggi che i social network possono portarci in termini di business, nuove opportunità, idee, contatti e nuovi modi per dare il via a scambi e conversazioni con potenziali clienti. Eppure, c’è chi prende le distanze da tanta euforia e invita a lasciar perdere gli onnipresenti social, affermando addirittura che per avere successo e dare il massimo non sono affatto necessari, anzi, spesso ci allontanano dai nostri obiettivi, ci fanno perdere tempo, denaro, energie e rappresentano un’incessante fonte di distrazione. Può sorprendere che l’invito a disconnetterci e a chiudere i nostri account arrivi da guru del web, a cominciare da Arianna Huffington, fondatrice di un impero della comunicazione online che ha fatto dei social e della condivisione delle notizie il suo punto di forza. Nei giorni scorsi, durante l’iConic Conference di New York, la Huffington si è detta preoccupata: «Il settanta percento delle persone dormono con i loro telefoni nel proprio letto. Siamo costantemente raggiunti da notifiche, post, messaggi, email. Eppure i momenti più creativi avvengono quando lasciamo perdere tutto questo, non a caso, spesso, mentre facciamo la doccia. Da imprenditrice posso dire la stessa cosa: è fondamentaDeep Work: rules for focused success in a dile avere il tempo per la riflessione, sviluppare la capastracted world, Cal Newport, pagg. 304, Grand cità di cogliere le idee migliori senza essere distratti». Central Publishing, $ 28. La distrazione costante, favorita dalla tecnologia, sembra essere l’ostacolo principale per raggiungere i nostri obiettivi ed essere più produttivi, ottenendo i nostri risultati in meno tempo. E non a caso tra le skill oggi più richieste c’è proprio la capacità di focalizzarci su un compito che richiede sforzi cognitivi senza perdere tempo in inutili e dannose distrazioni. È questa la tesi di Cal Newport, docente di computer science presso la Georgetown University e autore del libro Deep Work: rules for focused success in a distracted world, un saggio che è diventato in questi mesi un bestseller presso la business community. Probabilmente la sfida è trovare il giusto equilibrio, la tecnologia fa parte della nostra vita e del nostro lavoro: non possiamo più farne a meno. Ma allo stesso tempo, avere il coraggio di spegnere il nostro smartphone è un atto di coraggio e doveroso se dobbiamo svolgere un compito che richiede la nostra concentrazione.
LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
MARIO PAVESI, UNA STORIA DI SUCCESSO Un romanzo d’impresa “on the road” che ricostruisce un pezzo di storia italiana partendo dalle aree di ristorazione. Questa la vicenda narrata da Giuseppe Romano nel libro Novara: la prima area di ristoro autostradale. Storia, abitudini, architetture della sosta in viaggio dal grill Pavesi a Chef Express pubblicato da Franco Angeli. Vicenda che ha le sue origini nel 1947, sull’autostrada Torino-Milano, dove, in corrispondenza di uno slargo nei pressi di Novara, nasce quella che diventerà la prima area di ristorazione in Italia, la prima di una serie che ormai siamo abituati a vedere ovunque durante i nostri viaggi. Questo primo punto di ristoro, aperto dall’imprenditore Mario Pavesi, era in origine uno spaccio di biscotti che offriva ai pochi automobilisti del Dopoguerra la possibilità di fare una sosta e assaggiare i famosi Biscottini di Novara preparati dalle monache novaresi seguendo una ricetta che risale al Cinquecento. È proprio attraverso i celebri biscotti “pavesini” che il libro ripercorre un pezzo di storia economica italiana a partire dal Dopoguerra per arrivare ai giorni nostri, passando per il “boom economico” degli anni Sessanta. Una storia che vede un ragazzo della provincia di Pavia diventare uno tra i più celebri imprenditori italiani. Nato nel 1909, figlio di un falegname, Mario Pavesi è uno che non si accontenta. Ha aperto una panetteria ma è ambizioso e ha un’attenzione per i minimi dettagli, oltre alla capacità di andare subito al sodo. Doti queste che gli serviranno anche quando, ormai diventato affermato capitano d’industria, si recherà nei suoi punti vendita per controllare personalmente la qualità della merce in vendita. Mario Pavesi è un visionario e intuisce che su quello slargo della Torino-Milano, strada a singola car-
reggiata inaugurata nel 1932, si può costruire qualcosa, un luogo di ristoro destinato a cambiare le abitudini di viaggio di milioni di italiani. Un’idea già presente negli Stati Uniti ma che ancora nessuno aveva importato in Italia. Lo farà Pavesi e lo farà puntando in alto, chiamando i migliori architetti dell’epoca che daranno vita alle prime forme di “architettura pubblicitaria” nel nostro Paese. L’imprenditore pavese però non vuole rimanere confinato nelle autostrade, pensa in grande e vuole che i suoi prodotti diventino di massa. Nel 1952, quindi, i Biscottini di Novara vengono ripensati, alleggeriti dal punto di vista nutrizionale e industrializzati. Cambia anche il nome e diventano i Pavesini resi celebri da Topo Gigio, personaggio amato dai bambini e protagonista del format pubblicitario Carosello. Una storia di successo trainata anche dalle stazioni di ristoro sulla rete autostradale che vedranno una crescita di fatturato annua del 10% fino all’“austerity” degli anni Settanta, periodo della crisi petrolifera e conseguente caduta del traffico automobilistico. Un business che negli ultimi anni però vede segnali di ripresa, tanto da spingere il gruppo Cremonini a partecipare alla gara per il rinnovo delle concessioni e aggiudicarsi la gestione dell’area di Novara, la numero 1, quella da dove tutto è iniziato.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Ape sociale per disoccupazione
lettere
Vorrei sapere se il riconoscimento del diritto all’Ape sociale è previsto anche per i dirigenti disoccupati e quali sono i documenti da presentare per certificare lo stato di disoccupazione. A.P. - Genova
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La possibilità di richiedere l’Ape sociale (la prestazione assistenziale che viene erogata dallo Stato fino alla decorrenza della pensione) è riservata a tutti i lavoratori, compresi i dirigenti, che abbiano compiuto i 63 anni di età, maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni e si trovino in una delle seguenti situazioni: • assistano da almeno sei mesi il coniuge, l’unito civilmente, un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104; • abbiano una riduzione della capacità lavorativa uguale o superiore al 74%, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità; • siano lavoratori dipendenti che, al momento della decorrenza dell’Ape sociale, risultino svolgere o aver svolto in Italia, da almeno sei anni, in via continuativa, una o più delle attività lavorative ritenute “gravose” ed elencate in un apposito allegato annesso al decreto (in questo caso, l’anzianità contributiva richiesta è di almeno 36 anni); • siano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura, di cui all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (non applicabile ai dirigenti), e abbiano concluso, da almeno tre mesi, di godere della prestazione per la disoccupazione loro spettante. Con riferimento a quest’ultima ipotesi, oggetto del quesito del nostro lettore, si precisa che alla doman-
da deve essere allegata la lettera di licenziamento o di dimissioni per giusta causa e che sarà poi l’Inps a verificare lo status di disoccupazione, tramite la consultazione della permanenza del richiedente nelle liste di disoccupazione presenti presso i centri per l’impiego. Infine, nelle faq pubblicate sul sito dell’Inps il 12 luglio 2017, un intero capitolo è riservato al caso in cui il richiedente non abbia percepito la prestazione di disoccupazione, dal momento che uno dei requisiti richiesti è appunto di avere usufruito interamente della prestazione di disoccupazione e avere mantenuto lo status di disoccupato dopo il termine della stessa per un periodo minimo di tre mesi. In proposito, l’Istituto ha precisato che il beneficio non si estende ai soggetti semplicemente inoccupati che non abbiano diritto a conseguire alcuna prestazione di disoccupazione per mancanza dei requisiti necessari ai sensi della normativa vigente, né possono accedervi coloro che, pur avendone avuto i requisiti, non hanno presentato domanda al momento della cessazione dell’attività lavorativa. In tali casi, pertanto, la domanda di Ape sociale non potrà essere accolta. Il termine per la presentazione della prima istanza per coloro che raggiungono i requisiti entro il 2017 è già decorso (15 luglio). È comunque possibile presentare domande tardivamente, ma non oltre il 30 novembre di ciascun anno, che saranno prese in considerazione nel caso in cui dal monitoraggio dovesse risultare un residuo delle risorse finanziarie stanziate. Tuttavia è ipotizzabile che tale situazione non si verifichi quest’anno, poiché al 15 luglio sono state presentate più di 66mila domande (il 10% in più rispetto alle stime del governo). Infine, si precisa che le informazioni riportate sono state formulate sulla base delle indicazioni attualmente fornite dall’Inps, ma non escludiamo che possano seguire ulteriori aggiornamenti, come avviene normalmente in fase di prima applicazione di una nuova norma di legge.
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inserto mensile di Dirigente n. 9 / 2017
DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #37
FUTURE PACKAGING
Patata? Tatuata ovviamente
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FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI INFOGRAFICA DEL MESE DA WELLNESS A SELFNESS
SAVE THE DATE: HUMAN.OS: HUMAN OPERATING SYSTEM È TEMPO D’INNOVARE SE STESSI. 7 NOVEMBRE 2017 MILANO - WOBI http://tinyurl.com/y9wy2bdb
Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo
FUTURE BUSINESS Vita da cani
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DISCUSSIONE 4.0 Oltre l’industria
Dobbiamo decidere di cosa vogliamo discutere. Se vogliamo discutere di industria 4.0 allora lasciamo la parola ai crucchi che già a casa loro hanno i loro bei problemi con questo maledetto termine. Le critiche arrivano da tutte le parti: da accademici, economisti, giornalisti, sociologi ed esperti vari. Si punta il dito sulla continuazione del fordismo con altri mezzi, ossia puro restyling comunicativo. “4.0?”, sbuffa un giornalista, “è la solita vecchia fabbrica, il solito vecchio sindacato e la solita vecchia politica, tutto rimane come è, ma con connessione internet stupefacente”. Caustico ma non infondato. La sigla 4.0 è un “gradito” wishful thinking dell’intero apparato industriale tedesco. L’illusione è che lo stato sociale tedesco e l’industria tedesca possono, nella versione di economia digitale, proseguire con le stesse regole di prima. Si automatizza e si digitalizza tutto quello che si può automatizzare e digitalizzare in modo adattivo e reattivo: fabbriche, magazzini,
FUTURE FARMING Tra le nuvole
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uffici, processi e servizi, senza però sciogliere il nodo dell’occupazione e più in grande senza avere una visione di una nuova società e, se vogliamo, civiltà. 4.0 cosa, dunque? Anche Accenture ha preso giustamente (e furbescamente) le distanze da industry 4.0, chiamando il tutto “la connected workforce industriale” (vedi report https://tinyurl.com/ybro2t3v). E veniamo al punto. Se proprio dobbiamo tenerci questo stupido termine di ispirazione fordista, allora almeno applichiamolo laddove la discussione urge. Dovremmo parlare di economia 4.0, di lavoro 4.0, di organizzazione 4.0, di scuola 4.0, di società 4.0 e soprattutto di un’impresa 4.0, che ragiona ed esiste oltre le categorie primario, secondario e terziario. Il futuro è dell’impresa della conoscenza e non dell’industria della resistenza (che resiste o tenta di resistere al suo declino). Parliamone e troviamo un nuovo mindset.
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FUTURE MOBILITY ECOSISTEMI AUTONOMI Molte case automobilistiche della old economy rimangono come immobilizzate di fronte alla nuova mobilità. Non dico spaventate ma preoccupate sì. È uno dei settori dove sono attesi i più radicali cambiamenti, dunque un settore in subbuglio. È pur vero che lo scenario The digital car della Deutsche Bank mostra scetticismo sul mercato della guida autonoma (non prima del 2040, secondo loro) ma è altrettanto vero che nel frattempo pirotecniche innovazioni, spesso innescate da nuovi player legati alla Silicon Valley, illuminano i cieli. Intel ha appena acquisito Mobileye, Ibm assieme a Local Motors ha
lanciato il minibus a guida autonoma Olli e New Deal Design, un nuovo concept di ecosistema a trasporto autonomo denominato Autonomics con tanto di comunità temporanee. Roba strana! Ed è solo l’inizio. Il termine più adatto per descrivere tutto ciò è metamorfosi. Sentiremo sempre più spesso parlare non solo di tecnologia, ma anche di service design e architettura d’interni. La nostra previsione: ci vorrà del tempo ma alla fine la mobilità come servizio piattaforma sarà la norma, come vedere per strada ristoranti, uffici e fitness studio a guida autonoma. https://newdealdesign.com/work/autonomics http://meetolli.auto SCARICA THE DIGITAL CAR DELLA DEUSTSCHE BANK: http://tinyurl.com/yco9kpnu
FUTURE HOTELS IBRIDAZIONI A CINQUE STELLE Ormai esiste già da qualche anno ma è sempre un piacere passarci una notte. Parlo del Praktik Bakery di Barcellona, l’hotel che ospita una meravigliosa panetteria nella hall (aperta anche al pubblico esterno) e una clientela cosmopolita con cui è bello socializzare. Uno dei tanti esempi di come in fondo è facile innovare se si colgono le nuove esigenze del turista dell’era digitale. No a scrivanie, bagni piccoli e hall enormi, sì a letti trasformisti, docce a vista e spazi di co-working e co-housing. No alle regole fisse e alla rigidità degli orari (vedi incubo del check out), sì alla flessibilità per ogni servizio (light lunch, spuntini e Spa a
FUTURE PACKAGING FRUTTA? TATUATA OVVIAMENTE Chi fa abitualmente la spesa al supermercato lo sa bene. Torni a casa e ci vogliono (per un carrello bello pieno) almeno 20 minuti buoni per liberare frutta e verdura dalle confezioni. Alla fine il risultato (almeno per me e la mia famiglia numerosa) è un’enorme sacco di plastica da smaltire. Un problema, per il pianeta, non da poco. Ben vengano allora innovazioni forse poco spettacolari ma sostanziali. L’innovazione potremmo chiamarla “natural labeling” ovvero etichettare direttamente frutta e verdura con una sorta di tatuaggio innocuo.
L’introduzione sul mercato è dell’olandese Eosta, uno dei distributori europei più grandi (se non il più grande) di prodotti freschi biologici. L’idea della marchiatura a laser ad alta precisione che disegna loghi e scritte “scolorando” l’area della buccia, senza alcun contatto diretto con la polpa e senza l’utilizzo di inchiostro, è invece dell’azienda spagnola Laser Food che, assieme all’università di Valencia, ha sviluppato questa semplice ma efficace tecnica per ora ceduta in esclusiva a Eosta per i prodotti Bio. Al momento il gruppo olandese lo sta sperimentando in alcuni supermercati, anche per valutare l’accoglienza dei consumatori. Sostenibile. http://tinyurl.com/ya7gaotf http://www.laserfood.es/index.php/es/
qualsiasi ora), anche perché ormai si lavora a progetto e non si conoscono orari e luoghi fissi e soprattutto no al personale vestito come negli anni 60 (stile film Shining). Gli alberghi spesso deludono le nuove aspettative? Regolare: la maggior parte sono stati concepiti e costruiti in un’epoca molto diversa da quella che stiamo vivendo. Era il tempo della civiltà industriale e del fordismo e c’era una netta divisione tra lavoro e tempo libero. Ora tutto è saltato e non c’è più nessuna separazione. Quanti lavorano tramite computer, telefoni e iPad anche mentre sono in vacanza? Siamo davanti a situazioni ibride e destrutturate e gli spazi ricettivi devono adeguarsi. http://www.hotelpraktikbakery.com/it
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE WAREHOUSE AMAZON AFFOGA Sott’acqua c’è più spazio. Logico, anzi logistico. Amazon non è nuovo a strane pensate e strani brevetti. Negli anni il colosso del commercio online di Seattle ha tentato, spesso con successo, di brevettare idee talvolta pazzesche o addirittura strampalate: dai droni per le consegne ai magazzini volanti fino all’airbag per lo smartphone. Ma un magazzino subacqueo, ecco, sinceramente questo neanche il Dirigibile poteva immaginarselo. Certo, là fuori lo spazio comincia a scarseggiare e spesso la logistica in orizzontale è poco
efficiente. Meglio ragionare per strati in verticale, magari sott’acqua. Il nuovo brevetto depositato con successo si chiama giustappunto “Aquatic Storage Facilities”. Il commento dell’emittente televisiva statunitense CNN è stato «We’ve got no idea if this is anything more than some Amazon engineers spitballing, but it does look cool». Cool, inteso come freddo, sicuramente. Resta da capire, al di là dei dettagli tecnici (pacchi che salgono in superficie grazie a palloncini gonfiati), il perché. Veramente tutto ciò può essere più efficiente e conveniente? In attesa di vederlo (forse) all’opera potete divertirvi a studiare i dettagli del progetto nel pdf da scaricare in fondo alla pagina. SCARICA IL NUOVO BREVETTO DI AMAZON http://www.freepatentsonline.com/9624034.pdf
FUTURE BUSINESS VITA DA CANI Lasciando perdere la folle moda cinese di verniciare i cani, anche altre nuove mode che si rifanno al trend noto come humanized pets (animali umanizzati) non scherzano. L’idea di fondo? Presidiare nicchie di mercato con, quasi, impensabili proposte. Ecco allora in ordine sparso: integratori alimentari, pop corn, birre, snack adatti a umani e cani (sì, avete capito bene: da sgranocchiare assieme davanti alla tv), tappetini connessi che avvertono il padrone che Fido si sente solo, canne terapeutiche per animali vecchi e malati, Pet Tunes con musica specifica per gatti, fitness studio, alimenti vegani, divani con cuccia integrata
FUTURE RETAIL OVVIAMENTE IN STREAMING Ciclo di vita di un prodotto. Per lungo tempo produttori e retailer hanno cercato di accorciare tutto quello che si poteva accorciare (vedi fast fashion o obsolescenza programmata). Ora in una logica di streaming si va nella direzione opposta: allungare il ciclo o meglio il prodotto non muore (quasi) mai ma viene continuamente aggiornato. La cosa non sorprende. Il trend dello streaming (vedi Netflix o Spotify) trasforma ogni atto di consumo in un atto circolare (da economia circolare) che mantiene in vita ogni oggetto/consumo in una logica di ottimizzazione e aggiornamento permanente.
Nessun acquisto (e prodotto) è più definitivo o conclusivo. L’upgrade diventa il nuovo credo delle nuove generazioni. Possedere, utilizzare e poi buttare via dopo poco tempo non fa più parte dello spirito del tempo. Never ending services, prestazioni on demand e ovviamente approccio beta (anche nel mondo fisico). Muoversi, dunque, nel negozio in modalità streaming e trasformare la shopping experience in uno streaming experience, magari con dei format di “real life streaming”, ecco la sfida del futuro. Non facile ma un futuro must per ogni retailer.
e poi il meglio in assoluto, visto alla Ugly Duck Gallery di Londra, ovvero: la prima mostra d’arte specificamente pensata e riservata ai cani. Certo, alla fine molti falliscono o non decollano, come nel caso della startup Shoo, che su Kickstarter ha tentato di convincere gli investitori che una linea cosmetica adatta per entrambi, stesso shampoo per lei e lui (il cane), era una gran bella pensata, ma anche no, ci viene da dire. https://www.hundhund.com/collections/dog https://www.billyandmargot.com http://tinyurl.com/yceqmhg4 http://tinyurl.com/y9q858k3 https://www.thehonestkitchen.com http://tinyurl.com/yc9ba6xv https://canna-pet.com https://www.petacoustics.com
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FUTURE FOOD 01 DE-PROCESSARE Il nuovo consumatore pretende i vantaggi dei vecchi processi industriali (sicurezza, igiene, durata della scadenza, facilità nella preparazione) ma non gli svantaggi, noti come l’incomprensibile “chimica nel piatto”, dove per incomprensibile si intende l’impossibilità del consumatore medio di venirne a capo, fra sigle e parole (vedi additivi) ignote. In pratica food convenience autentica che lascia alle spalle il paradigma della produzione fordista (veloce, economico e abbondante) per sostituirlo con approcci degni della futura “alimentazione della conoscenza” (io so cosa mangio). Va da sé che tutto questo porta non solo a una sofisticata differenziazione e personalizzazione, ma anche semplificazione della composizione che deve il più possibile riprodurre la qualità della preparazione casalinga che sta idealmente per purezza e naturalezza. De-processare significa per le grandi marche (oggi in difficoltà) poter promettere e garantire che il prodotto è realizzato con ingredienti che si trovano mediamente in ogni casa. Insomma, meno trasformazione e più sottrazione (di componenti inutili come vera sostanza). Oggi vince chi dimostra in etichetta di avere meno ingredienti (e questo mi ricorda certi pancarré, visti negli Usa con un elenco di ingredienti lungo nove righe), chi punta sulla fisica e non sulla chimica e su preparazioni che evocano i tempi lunghi di una vera zuppa di pesce. De-processare come nuovo minimalismo qualitativo. Quasi Zen nell’essenza. Per big food e molti prodotti di largo consumo consolidati si annunciano tempi duri e certo non basta rivedere la composizione togliendo olio di palma e qualche dolcificante.
FUTURE FOOD 02 TRA LE NUVOLE La civiltà digitale è orizzontale ma l’agricoltura digitale è verticale. È così? Parrebbe. Le città espandendosi erodono i suoli destinati all’agricoltura. Cresce la popolazione e allo stesso tempo cresce anche la domanda di frutta e verdura fresca. In futuro dovremo ricavare da superfici minori più nutrimento di quanto finora prodotto. Come? Coltivando in cielo, o quasi. Per molti, infatti, è vertical farming la vera rivoluzione dell’agricoltura urbana. Coltivazioni su livelli sovrapposti sia salendo, o meglio arrampicandosi su “grattacieli delle colture”, sia scendendo nei piani sottostanti servendosi di metodi come l’aeroponica, l’idroponica e l’acquicoltura con il vantaggio, almeno a livello teorico, di ottenere una distribuzione a km zero: si vende direttamente nei negozi e ristoranti dell’edificio. Insomma, un nuovo local high tech. Per i fautori di questo sistema il reddito dovrebbe aumentare, non soltanto per metro quadro, bensì anche grazie alla riduzione dei consumi di risorse e a una produzione attiva tutto l’anno, al riparo dalle intemperie (tecnicamente economia circolare). Non mancano però anche le critiche, in primis i costi e gli impatti dell’illuminazione e irrigazione artificiali, e per i puristi il dubbio che tali prodotti abbiano le stesse qualità di quelli coltivati all’aria aperta. Resta il fatto che sempre più imprese sperimentano in quella direzione e non solo a livello produttivo (vedi Sky Greens di Singapore o FarmedHere di Chicago) ma anche a livello di retail (vedi a Berlino il primo orto verticale realizzato da Infarm per un supermercato della catena Metro).
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE FOOD 03 AGRICOLTURA 4.0 Con tutto questo parlare di 4.0 non poteva mancare la patata 4.0, connessa e digitalizzata in ogni sua manifestazione. Stiamo ovviamente parlando della cosiddetta agricoltura di precisione. Precisa perché intrisa di big data, IoT e automazione. Obiettivo? Mappare e ottimizzare le effettive esigenze colturali (anche sotto forma di dialogo tra uomo e piante) con interventi di concimazione mirata riducendo, almeno sulla carta, l’uso di prodotti chimici. Guardando più in là nel tempo possiamo realisticamente immaginare un graduale declino (e scomparsa) della manodopera umana. I robot faranno il lavoro sporco (semina, raccolta e distribuzione) e una volta tanto potrebbe essere una buona notizia (fine dello sfruttamento sottopagato). Se poi tutto diventa digitale vuoi che Google & Co abbiano in futuro un ruolo marginale? Forse no. Per l’agricoltura potrebbe accadere quello che è accaduto nel settore della mobilità: molti nuovi player (vedi local motor) che sfruttano il loro notevole know-how digitale e tecnologico per innovare il mercato. Apple Food, per esempio, non suona niente male e da Google glass a Google grass il passo è breve (e magari funziona anche meglio).
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Infografica del mese
DA WELLNESS A SELFNESS L’INNOVAZIONE SI SPOSTA DAL BENESSERE SOCIALE A QUELLO PURAMENTE INDIVIDUALE. OTTIMIZZARE SE STESSI, E NON LA SOCIETÀ. COLPA ANCHE DELLE NUOVE TECNOLOGIE. IERI: XIX-XX SECOLO
OGGI, DOMANI: XXI SECOLO TECHNOLOGIES OF THE SELF
TECHNOLOGIES OF LEISURE
TECHNOLOGIES OF PROSPERITY
TECHNOLOGIES OF SOCIAL ORGANIZATION
TECHNOLOGIES OF SURVIVAL
MALESSERE
BENESSERE
(BEN)ESSERE
Da società del benessere a società del malessere. Come vanno le cose per l’economia italiana e per la vita degli italiani? Maluccio, vero? Quando calano i consumi e la produttività, politici e presidenti delle varie associazioni di categoria si allarmano e invitano a “rilanciare l’economia”. Ma come sa ogni buon giocatore di poker non si può rilanciare all’infinito, soprattutto quando si bluffa sempre. A un certo punto, bisogna abbandonare il tavolo da gioco e fare altro. Già, altro. Ma cosa? Innovare, certo, ma dove e come (in quali ambiti)? La verità è un’altra ed è stata ben documentata da alcuni saggi usciti recentemente. The Innovation Illusion di Frederik Erixon, The Rise and Fall of American Growth di Robert Gordon, The Great Stagnation di Tyler Cowen. Tutti sono concordi nel definire l’attuale società come stagnante, pigra e per niente innovativa. A peggiorare, paradossalmente, la situazione ci si mette anche la tanto osannata tecnologia: rapida, invasiva e dirompente. Ribalta sì il mondo del lavoro annunciando spettacolari profitti, ma lascia gli esseri umani ai margini. Dunque malessere.
Ma come abbiamo fatto a perdere tutto il benessere costruito con così tanta fatica e lotta? Andando a ritroso nel tempo possiamo, semplificando, osservare quanto segue: le invenzioni/innovazioni si sono focalizzate per secoli e secoli su tecnologie di sopravvivenza (fuoco, vestiti, igiene, pastorizzazione, medicine ecc.), tecnologie per l’organizzazione sociale (alfabeto, calendario, denaro, elettricità, fognature, treni, telefono, anticoncezionali ecc.), tecnologie per il benessere (frigo, automobile, produzione di massa ecc.), per i tempo libero (radio, tv) senza dimenticare le conquiste in ambito sociale. Ora siamo a un punto morto. Al di là della retorica della socializzazione 2.0 è tempo di guardare in faccia alla nuda e cruda verità: quella attuale è l’epoca della solitaria innovazione individuale. Smartphone, Youtube, Facebook, realtà virtuale o i selfie innovano il sé (solitudine) e non il noi. L’impatto, inteso come prosperità per la collettività, è praticamente nullo. Troppo provocatorio? Forse. Ma se non vogliamo un futuro di serie B, beh allora è tempo di immaginare un piano B.
Se siamo soli nell’universo (abbandonati dallo stato (ex) sociale) su cosa possiamo fare conto allora? Sull’essere ben pronti. La fine del wellness segna l’inizio del selfness. Questa metamorfosi ha una precisa ragione, diciamo antropologica e di adattamento sociale. Di fronte alla crescente complessità e imprevedibilità del mondo globalizzato e tecnologizzato, le persone vogliono o meglio devono (per non soccombere) lavorare sul sé. Il leitmotiv del futuro sarà vivere con piena autocoscienza, evitando la paranoia e il panico e soprattutto l’eterodirezione tipica della vecchia e ormai defunta economia assistenziale. Innovare se stessi. Solo coniugando fitness, wellness, selfness e mindfulness l’uomo può raggiungere l’equilibrio ideale di persona responsabile e consapevole e sopravvivere nella società deresponsabilizzata. Esercitare e migliorare le competenze fisiche, emotive e mentali, in modo tradizionale (vedi yoga o zen) oppure in modo hi-tech (restyling e manipolazione di corpo e mente in ottica cibernetica). Qualunque sia la scelta, resta obbligata. Ottimizzare se stessi.
IL DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO Fonte: adattamento The hierarchy of innovation, Nicholas Carr e Gottlieb Duttweiler institute
I CINQUE STADI DELL'INNOVAZIONE: INVENZIONI DI IERI, OGGI E DOMANI
EXIT STRATEGY L’innovazione sta cambiando pelle. Non più al servizio della prosperità e del benessere collettivo ma mero strumento per l’individuo. Migliorare se stessi, espandere se stessi. Ovvio: nell’economia della conoscenza l’unico capitale che vale è quello cerebrale.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
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FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI
A chi va la responsabilità se il robot lascia un po’ a desiderare o se si fa fin troppo desiderare? Se il tema è il sesso, mai quesito è stato più urgente e se vogliamo controverso. Il fatto è recente: in Canada la magistratura ha svolto indagini su un signore che ha ordinato dalla società giapponese Harumi Designs un sexbot dalle sembianze infantili. Siamo di fronte alla pedofilia robotica si chiede Aimee van Wynsberghe, direttore della Foundation for Responsible Robotics? Non è un tema da poco per il futuro.
BRASKEM.COM
Sviluppata dalla brasiliana Braskem, la plastica che cambia colore quando l’alimento confezionato non è più commestibile potrebbe mandare in soffitta le date di scadenza. http://tinyurl.com/ybuyev6z
IDEACITY.CO.KR
Microbi, germi, batteri terrorizzano mezza (indebolita) umanità. Ben venga allora (si fa per dire) Clear Win, lo sterilizzatore a ultravioletti per i corrimano delle scale mobili. http://tinyurl.com/y8mkwznk
Nel suo rapporto Our sexual future with robots, la giovane professoressa della Delft University of Technology (Olanda) si pone una serie di quesiti etici scomodi, e ovviamente ancora senza risposta. Il sesso con i robot richiama alla mente film e letteratura di fantascienza, ma lo scenario in cui robot e umani condividono il letto è meno futuribile di quello che si può pensare. Urge un dibattito per calcolare l’impatto e prevedere misure di “contenimento”. Soprattutto per decidere cosa è accettabile e permesso e cosa no.
credit photo _ http://tinyurl.com/y9m8kz6s
ROBOT RESPONSABILI LE RELAZIONI PERICOLOSE
http://responsiblerobotics.org
HOCHURAYU.COM
Helmfon, il casco da ufficio per isolarsi dai colleghi rumorosi con tanto di microfono, auricolari e persino di videocamera per conferenze, è il classico esempio di innovazione buffa. https://www.youtube.com/watch?v=DreBmeIscJs
NISSANNEWS.COM
Il Nissan Workspace è una rivisitazione moderna dei vecchi “Bulli” Volkswagen in uso dai figli dei fiori. Non solo per creativi capelloni nomadi, ma per chiunque voglia lavorare on the road. http://tinyurl.com/pqn67me
EINRIDE.EU
Della svedese Einride l’ennesimo prototipo di camion elettrico a guida autonoma. Obiettivo? Avere 200 T-pods sulle strade entro il 2020. Troppo presto. http://tinyurl.com/y9nxjrzf
CARETAG.KLM.COM
Klm innova costantemente. Questa volta è il turno di Care Tag, un badge da attaccare a borse e zaini che fornisce al turista suggerimenti audio e geolocalizzati. http://tinyurl.com/y7bujksc
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
ASSIDIR
COME, DOVE E QUANTO SPENDIAMO PER ASSICURARCI Panoramica del settore assicurativo italiano. In risalto le informazioni più interessanti per i “privati”, persone o famiglie cui appartengono gli associati Manageritalia
I
rischi contro i quali ci si assicura sono principalmente quelli relativi alla persona (malattia, infortuni e morte) e ai beni: abitazione, incendio, furto, eventi naturali, responsabilità civile del capo famiglia, tutela legale, oltre a quelli legati all’utilizzo di moto, autovetture e altri mezzi di trasporto (responsabilità civile, fur-
to, incendio). Sono poi molto diffuse anche altre coperture assicurative che costituiscono vantaggiose forme di risparmio. Tutte le polizze che riguardano le coperture e i rischi di cui sopra, è utile ricordarlo, fanno capo ai due cosiddetti “rami” in cui si suddividono le assicurazioni: ramo vita e ramo danni.
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Analizziamo ora quali sono i valori in gioco, ricordando quali e quanti sono i canali di distribuzione delle polizze assicurative in Italia. In effetti, possiamo sottoscrivere la nostra polizza attraverso un agente di assicurazione, un broker, un consulente finanziario abilitato o una sim, presso uno sportello bancario o direttamente dalla compagnia assicuratrice per telefono o con le procedure di e-commerce.
ASSIDIR
Ramo danni In Italia, nel 2016, per quanto riguarda i “rami danni” sono state sottoscritte polizze assicurative per quasi 32 miliardi di euro, di cui poco meno della metà riguarda le polizze obbligatorie Rc auto. Vediamo una sintesi delle varie categorie di coperture che interessano direttamente i privati.
Infortuni In campo assicurativo, per infortuni si intendono quelli professionali ed extra-professionali. Per ciascun tipo di copertura si consiTipo copertura RAMI DANNI
derano le garanzie per il caso morte, per invalidità permanente, per l’inabilità temporanea e per il rimborso delle spese di cura. Per questo tipo di coperture gli italiani hanno speso nel 2016 poco più di 3 miliardi di euro.
norma queste coperture vengono vendute sotto forma di “pacchetti” in abbinamento alla copertura Rc auto. Il valore delle coperture Cvt ha superato nel 2016 i 2 miliardi e 630 milioni di euro.
Malattia
Incendio ed elementi naturali
In campo assicurativo, per malattia si intende ogni alterazione dello stato di salute non dipendente da infortunio. Le assicurazioni sanitarie coprono eventuali costi derivanti da problemi alla salute della persona, affrontando le spese per il ricovero ospedaliero, le analisi specialistiche, l’assistenza sanitaria domiciliare ecc. Per le coperture assicurative malattia gli italiani hanno speso nel 2016 quasi 2 miliardi e 350 milioni di euro.
Corpo veicoli terrestri Le coperture Corpo veicoli terrestri, indicate come Cvt, coprono alcuni rischi del ramo auto, tra cui le più importanti sono furto, incendio, kasko, atti vandalici, cristalli, calamità naturali ecc. Di Valore premi 2016 (in migliaia di e)
Infortuni
3.008.313
Malattia
2.348.526
Corpo veicoli terrestri
2.634.074
Incendio ed elementi naturali
2.377.265
Altri danni ai beni
2.758.970
Rc generale
2.899.157
Tutela legale
340.855
Assistenza
644.878
Rc auto Altri rami danni
13.493.793 1.446.819
Fonte: Ania – premi del lavoro diretto italiano 2016, edizione 2017
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Se è facile comprendere cosa si intenda per assicurazione contro gli incendi, è bene precisare quali rischi coprono quelle relative agli elementi naturali. Le assicurazioni contro gli elementi naturali coprono i danni ai beni mobili e agli stabili a seguito di piene, inondazioni, uragani, grandine, valanghe, pressione della neve, frane, caduta di sassi. Per queste coperture gli italiani hanno speso nel 2016 quasi 2 miliardi e 380 milioni di euro.
Furto Alla categoria degli “altri danni ai beni” appartengono dei rischi molto noti a tutti, tra cui il più importante è il rischio di furto nelle abitazioni. Per coprirsi da questi rischi gli italiani hanno speso nel 2016 quasi 2 miliardi e 760 milioni di euro.
Rc generale Le coperture assicurative che vengono classificate come Responsabilità civile generale sono quelle che riguardano tutti i casi di Rc verso terzi, tranne la conduzione di autoveicoli terrestri, aerei, marittimi o fluviali. Alcune, di particolare interesse per privati e professionisti, sono le coperture denominate “Rc professionale” ed “Rc capo famiglia”. Queste poliz-
ze, nel 2016, hanno richiesto un totale di quasi 2 miliardi e 900 milioni di euro.
Tutela legale Per quanto riguarda le polizze che garantiscono la copertura delle spese per la tutela legale, di privati o aziende, la spesa complessiva è stata pari a 341 milioni di euro circa.
Assistenza L’ultima categoria di coperture di cui ci occupiamo è quella a cui appartengono le polizze destinate all’assistenza alle persone in situazione di difficoltà (le più note sono le assicurazioni viaggi e simili) per le quali operano delle compagnie specializzate come Europ Assistance, con cui sono in atto convenzioni particolari per gli iscritti Manageritalia. Per queste polizze gli italiani hanno speso nel 2016 circa 650 milioni di euro.
Altro Oltre a tutti questi tipi di polizza, alla categoria dei cosiddetti rami danni appartengono anche altre coperture per un valore complessivo inferiore a 1,5 miliardi di euro, di cui non diamo dettagli, che riguardano corpi veicoli ferroviari, aerei, marittimi, merci trasportate, Rc aerei, Rc natanti, credito cauzione, perdite pecuniarie.
Canali di vendita Diamo ora un rapidissimo sguardo ai canali di vendita presso cui gli italiani sottoscrivono le proprie polizze. Come facilmente intuibile, gli agenti di assicurazione fanno la
parte del leone con una percentuale del 77,1%, che sale all’84,2% se si fa riferimento alle sole assicurazioni auto e scende al 69,8% per l’insieme degli altri rami danni. Ancora molto basse le percentuali delle vendite di polizze telefoniche: 1,4% del totale, con la punta più alta nel ramo auto 2,2%, contro lo 0,5 degli altri rami. Più interessanti, invece, quelle relative alle vendite effettuate via internet, che si attestano al 3% del totale, che sale al 5,3% per il ramo auto e scende allo 0,7 per gli altri rami.
Ramo vita Passando ora ai rami vita, è necessario tenere presente che nel 2016 le polizze di assicurazione hanno raggiunto un valore superiore ai 102 miliardi di euro. Questo importo è stato sottoscritto per il 14% circa presso agenti e consulenti finanziari o sim, per un valore dello 0,6% presso broker, per l’8% circa con vendite dirette da parte delle compagnie assicuratrici, per quasi il 63% presso sportelli bancari.
Da una veloce analisi dei rami vita non sarà difficile comprendere il perché di questa situazione. Ai rami vita, infatti, appartengono le vere e proprie assicurazioni sulla vita umana, per un valore di quasi 74 miliardi di euro, le sottoscrizioni di fondi di investimento assicurativi per 24 miliardi di euro circa e altre forme di risparmio, tra cui fondi pensione, capitalizzazioni e piani individuali pensionistici per un totale di circa 9 miliardi di euro. Nel prossimo numero continueremo l’esame della situazione assicurativa in Italia, con riferimento alle opportunità particolarmente vantaggiose messe a disposizione degli associati Manageritalia.
Per ulteriori informazioni: www.assidir.it email info@assidir.it Numero Verde 800 401345
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MANAGERITALIA QUADRI
JOBS ACT, COSA È CAMBIATO PER I QUADRI? Flessibilità nell’esecuzione della prestazione, modularità nei rimedi in caso di licenziamento illegittimo, demansionamento, contrattazione collettiva… in sintesi, “tutela giuridica dei quadri”. Ne parliamo con Filippo Olivelli, professore di diritto al Lavoro Cosa è cambiato per i quadri con l’introduzione del Jobs act? «Come sappiamo il Jobs act non è una legge in sé, ma una formula che si riferisce ai decreti delegati emanati in attuazione della legge delega 183 del 2014. Da questo punto di vista rivestono particolare importanza per la fi-
Filippo Olivelli, professore di Diritto al lavoro dell’Università degli studi di Macerata, ha parlato del tema della tutela giuridica dei quadri anche nel corso della parte pubblica dell’assemblea di Manageritalia Ancona del 27 maggio scorso.
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gura del quadro sia il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, sia quello del 15 giugno 2015, n. 81. Con il primo atto, in particolare, è stato introdotto il cosiddetto contratto a tutele crescenti, mentre con il secondo è stato riformulato l’art. 2103 del codice civile. Queste due disposizioni, ma anche tutto il dettato legislativo che è stato predisposto a seguito della legge delega del 2014, hanno sicuramente introdotto maggiori “dosi di flessibilità” nell’esecuzione della prestazione e anche una certa modularità nei rimedi in caso di licenziamento illegittimo». Il quadro che entra in una nuova azienda con contratto a tutele crescenti perde l’art. 18. Si può contrattare individualmente di non perderlo? «Il decreto legislativo 23/2015 ha lo scopo di ridurre l’alea giudiziaria che segue il ricorso a seguito di un licenziamento in quanto, proseguendo in una direzione che era stata già tracciata sin dal 2012, fornisce al datore di lavoro nozioni certe circa le conseguenze in caso di licenziamento ritenuto illegittimo. D’al-
tronde, il decreto non si limita a questo ma riduce in qualche modo anche le tutele che erano state garantite in precedenza ai lavoratori dipendenti. In particolare, quando risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, soggettivo o per giusta causa, il giudice dichiara comunque estinto il rapporto di lavoro, ma condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità commisurata a ogni anno di servizio del dipendente. Questo rimedio appare meno efficace del precedente sistema sanzionatorio predisposto dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, quindi è possibile per il lavoratore contrarre, singolarmente, dei rimedi ulteriori e migliorativi rispetto alla disciplina legale che gli garantiscano una maggiore stabilità del posto di lavoro. Certo è che ciò è rimesso alla sua forza contrattuale e al suo potere di condizionare le trattative con il datore di lavoro. Mi sembra quindi che sia una possibilità rimessa a pochi quadri, peraltro estremamente formati e “appetibili” sul mercato del lavoro».
Si introducono anche possibilità di demansionamento per necessità organizzative? «La novità maggiore per il quadro, a mio modo di vedere, è stata la modifica della disciplina in materia di mansioni. Il nuovo art. 2103 del codice civile, infatti, consente al datore di lavoro, tra le altre possibilità, di adibire il lavoratore alle mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte. Questo passaggio segna, almeno formalmente, l’abbandono del criterio dell’equivalenza delle mansioni svolte e la conseguente tutela della professionalità acquisita per abbracciare, invece, un meccanismo che amplierà, probabilmente, il credito che il datore di lavoro può vantare rispetto alla corretta esecuzione della prestazione. Ciò avrà sicuramente delle ricadute positive per il complesso dell’organizzazione aziendale, che sarà più dinamica ed elastica e meglio potrà rispondere ai veloci cambiamenti produttivi. Tuttavia, da altro punto di vista, comporterà per il quadro la necessità di saper svolgere un numero ampio e diversificato di attività a prescindere, probabilmente, dal rispetto, o meno, della sua professionalità. Inoltre, è stato introdotto il cosiddetto patto di demansionamento, un accordo cioè da siglare in sede protetta che consente il demansionamento del lavoratore oltre il proprio livello di inquadramento con la consequenziale perdita della relativa retribuzione».
Quali ricadute sulla contrattazione? «Tutto il complesso legislativo che è stato predisposto utilizza una tecnica che fa molto uso del rinvio e della delega alla contrattazione collettiva. In buona sostanza la legge si spoglia, per così dire, di alcuni compiti e demanda alle organizzazioni collettive quello di regolare alcune fattispecie del rapporto di lavoro. Ebbene, è da registrare un forte impulso al ruolo della contrattazione sindacale anche aziendale. Pertanto, da questo punto di vista, ritengo che i sindacati in generale dovrebbero porsi in una prospettiva non di difesa strenua e ostruzionistica del cambiamento, ma al contrario cavalcare questa possibilità. In buona sostanza ritengo che, pur nel rispetto dei differenti ruoli, sia possibile per le controparti contrattuali raggiungere un vantaggioso punto di equilibrio rispetto alle loro esigenze. Questo implica, dunque, che la
tutela del quadro non potrà più essere ancorata a istituti che oramai, piaccia o non piaccia, non sono più utilizzabili viste le condizioni socio-economiche del nostro Paese. Sarà compito quindi dei sindacati calibrare in maniera diversa e da altra prospettiva nel contratto collettivo le tutele da garantire in futuro ai quadri. Ampio e molto valoriale deve essere il ruolo di supporto ai quadri in ambito di contrattazione aziendale e individuale». Per avere informazioni e consulenza qualificata utilizza AskMit, il serviwww.askmit.it zio online con risposta in 48 ore su tutto quello che riguarda il contratto quadri del terziario e molto altro. Informazioni e assistenza su argomenti riguardanti il rapporto di lavoro per dirigenti, quadri, liberi professionisti e imprenditori, tra cui: informazioni e tutele legali e contrattuali; informazioni, apertura e gestione partita Iva; informazioni, avvio e gestione di attività d’impresa; informazioni e consulenza su incentivi per il lavoro, politiche attive e outplacement.
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EXECUTIVE MASTER Come sviluppare le competenze distintive dei manager eccellenti
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a realtà aziendale e gli scenari di mercato necessitano di manager che sempre più sappiano bilanciare la capacità di apprendere con quella di agire. Manager e imprenditori avranno la responsabilità di comprendere e gestire la complessità, creare la visione e le condizioni organizzative per lo sviluppo di idee geniali applicabili. All’élite di dirigenti che dovrà affrontare questa sfida è rivolto l’Executive Master del Cfmt, un programma in general management che si focalizza sulle competenze distintive dei superior performer, competenze ritenute critiche per conseguire risultati eccellenti sia nel breve che nel lungo periodo. Il progetto è sviluppato e realizzato in collaborazione con l’Università Carlo Cattaneo Liuc di Castellanza. Una partnership che garantisce il coinvolgimento di una faculty d’eccezione bilanciata tra i più qualificati docenti, consulenti e uomini di azienda. Il progetto consta di quattro moduli (due giorni consecutivi per ciascun modulo). All’interno di ciascun modulo vengono affrontati i temi più cri-
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Fornisce una visione sistemica e per processo
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Offre un panorama sugli strumenti più avanzati di management e leadership
Gestire se stessi e le persone Gestire il business Creare il futuro I partecipanti avranno così la possibilità di “rileggere” se stessi e la propria azienda. All’interno di ciascun modulo, nel tardo pomeriggio, sono previsti gli incontri Nuove frontiere. I partecipanti potranno riceve-
PER MAGGIORI INFORMAZIONI:
Cristina Peytchev Luigia Vendola
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Consente di attuare una rilettura personale e aziendale a 360°
I PUNTI DI ECCELLENZA
È basato sulle competenze distintive dei manager eccellenti
tici con cui i manager dovranno cimentarsi nel prossimo futuro, sia per garantire i risultati economici nel breve che per assicurare stabilità alle loro organizzazioni.
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Mette a confronto le visioni dei principali fenomeni culturali ed economici emergenti
re, attraverso un dialogo con personaggi provenienti da ambiti diversi da quello manageriale, stimoli e idee innovative da applicare al proprio lavoro nella logica della contaminazione. Dopo il quarto modulo, ulteriori due giornate “Elective”, scelte dai partecipanti, per approfondire e consolidare le proprie conoscenze e capacità manageriali.
25a edizione - Il calendario 1° MODULO 9-10/11/2017 2° MODULO 18-19/12/2017 3° MODULO 11-12/1/2018 4° MODULO 8-9/2/2018
cpeytchev@cfmt.it lvendola@cfmt.it
tel. 02 5406311 tel. 02 54063137
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La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti in regola con il versamento dei contributi.
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A SCUOLA DI MANAGEMENT NE
MARKETING E ORGANIZZAZIO FORZE DI VENDITA
STRATEGIA E ORGANIZZAZIO
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tation alla social Dalla digital repu intelligence : b e dei social media Le metriche del we posto up es pr me etarle co conoscerle e interpr ting rke ma dia me l l e socia per azioni di digita Bari 10 novembre Milano 13 ottobre -
Anticipation: usar e il futuro nel pres ente L’anticipazione è un a versione innovati va del pensiero strate gico Bologna 26 settembr e - Milano 10 novemb re La potenza del w hy Come creare ambie nti organizzativi ric chi di valore e significa to Torino 20 ottobre - Mi lano 5 dicembre
ork Channel & netw ent partner managem li delle reti commercia ne zio nta La rapprese buzione e dei canali di distri ma 30 ottobre Ro re ob Milano 18 ott
CFMT
ent Creare engagem ney nel customer jour proprio pubblico il e er olg Come coinv enzionale in maniera non conv Roma 17 ottobre Milano 10 ottobre Udine 12 dicembre
CONTROLLO DI GESTIONE E
Il modello A3: th inking, visualizing, chan ging together Come costruire e de scrivere un foglio A3 seguendo le 7 fasi del processo Milano 12 ottobre Roma 10 novembre
GESTIONE RISORSE UMANE
FINANZA
La gestione d’im presa in ambien te ipercompetitivo Cosa cambia nella gestione di impresa Roma 6 dicembre Modelli finanzia ri in excel Come costruirli e va lutarli Roma 13 dicembre Strategy executio n Strumenti e soluzion i a supporto del management Roma 12 ottobre - Mi lano 17 ottobre
SEGRETERIA CORSI:
MILANO
Luigia Vendola lvendola@cfmt.it, 02 54063137
da! Chi domanda... coman ntri: Cambiare le regole degli inco io! do oggi la conversazione la gui novembre 16 Milano 19 ottobre - Padova Agility: da play maker a game changer organizzazione e il Come rendere la propria flessibile e innovativo ce, proprio team agile, velo bre otto 27 Milano 9 ottobre - Roma Blue ocean leadership per un mondo vuca act leader Come diventare un high imp bre otto 12 Milano 5 ottobre - Roma Udine 24 novembre
ROMA
Lucia Canullo lcanullo@cfmt.it, 06 5043053
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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, è
curatore dell’inserto Dirigibile e responsabile del progetto Future
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Management Tools di Cfmt.
Gian Carlo Cocco è presidente della Gian Carlo Cocco srl con sede in Svizzera. È iscritto all’Albo degli Psi(22) cologi. È docente presso l’Università E-Campus di Novedrate. Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
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Georg Hirschi è senior vice president of sales, marketing & innovation Emea alla Lee Hecht Harrison. Ha esperienza a livello globale e approfondita competenza su come sviluppare, trasformare e rendere operativi i progetti di trasformazione dell’attività commerciale. Possiede un ricco curriculum di progetti di trasformazione su vasta scala riu(32) sciti in tutti i settori e le aree geografiche.
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Rod Gutierrez è director leadership & organisational transformation alla Lee Hecht Harrison. È psicologo e dirigente d’impresa australiano nei settori rischi e sicurezza, trasformazione culturale, sviluppo aziendale e leadership. Consulente, facilitatore e relatore con esperienza a livello globale, ha affiancato alcune tra le società più grandi e complesse del mondo nella risoluzione delle problematiche più impellenti. (32)
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di ope(61)
FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI
ratori virtuali.
Gian Piero Scilio è managing partner Mida, si occupa di persone e organizzazioni attraverso interventi integrati di formazione e coaching. Entusiasta dei collegamenti neuroscientifici con le tradizioni millenarie. Collabora come docente con Cfmt da più di dieci anni. (34)
Elena Grinta
è consulente e opinion leader su temi di comunicazione con un’esperienza inernazionale, è membro del Global Council della Bcma - Branded content marketing association e co-fondatrice nel 2013 dell’Osservatorio branded entertainment (Obe). Ha appena pubblicato il libro Branded Entertainment – La rivoluzione del (38) settore Marcom inizia da qui edito da Franco Angeli.
Sergio Lombardi è dottore commercialista, revisore legale autorizzato alle attività di consulenza del lavoro, già componente della commissione Diritto del lavoro dell’Ordine dei dottori commercialisti di Roma. È autore di numerosi articoli in quotidiani economici e riviste specializzate. www.sergiolom(50) bardi.net/; info@sergiolombardi.net.
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CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità
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da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale.
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Carla Panizza, responsabile centro studi.
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Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO LOMBARDA spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolitolombarda.it Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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La diffusione di settembre 2017 è di 35.247 copie