N. 9 SETTEMBRE 2018
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
COME SONO CAMBIATI I CONSUMI? Management
IL MANAGER ACROBATA Attualità
ISTRUZIONE E LAVORO: ITALIA SPACCATA
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
L’ITALIA E LA (IN)CERTEZZA DEI DIRITTI
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ono passati 100 giorni da quando il nuovo governo è al lavoro. Fino ad oggi abbiamo assistito ad annunci, sfide, proclami, ripensamenti ma ancora poche decisioni. Nelle prossime settimane però con la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza dovranno essere indicati gli obiettivi per i conti pubblici del prossimo triennio e il governo dovrà disegnare la rotta della sua politica economica con il lavoro di scrittura della legge di stabilità. Dalle decisioni del governo dipende il futuro del Paese, che non si è arreso alla crisi e che con fatica cerca di riprendersi. Leitmotiv, purtroppo anche di questo nuovo governo, sono gli attacchi alle cosiddette pensioni d’oro, con diverse proposte caratterizzate da palesi carenze tecniche, incongruenze giuridiche e strumentalizzazioni politiche. Mettere in discussione la tenuta di un sistema di regole, revisionandole a posteriori dopo che hanno prodotto effetti, è pericoloso. Le pensioni sono state calcolate con le leggi statali in vigore in quel momento, con le regole che lo Stato si era dato. Come si vuole fare con le pensioni si potrebbe fare anche con altro, rimettendo in discussione la certezza dei diritti. I lavoratori hanno fatto i calcoli sulle leggi in vigore e gestito in conseguenza la propria storia di vita. Ogni persona deve essere posta in condizione di valutare e prevedere, in base alle norme generali dell’ordinamento, il proprio futuro. Non viene considerato il valore dell’autonomia privata nell’autodeterminazione del proprio progetto di vita e della realizzazione dei propri bisogni e nel desiderare un futuro migliore. Sul tema della retroattività delle leggi e delle certezze dei diritti dovremmo riflettere dunque con attenzione.
Qualsiasi legge retroattiva può essere un ulteriore segnale di fuga per capitali e imprese. In mancanza di certezze le imprese rinviano gli investimenti e le famiglie non spendono. Che fiducia si può avere in un paese che può mettere in discussione qualsiasi impegno preso anche nel passato? In Italia oggi il successo è un tabù, mentre va di moda il pauperismo e combattere l’eccellenza. Una politica pauperistica, arrendevole e fatta di annunci è disincentivante per tutti. La lotta senza quartiere contro il merito, la promozione indefessa della mediocrità comporta un peggioramento dell’economia, un incentivo a non investire nelle competenze scientifiche, ad affidare incarichi a persone senza competenze. Stiamo correndo ingenti rischi nel rivedere le regole e le norme certe per ottenere solo una manciata di milioni di riduzione di costi. L’operazione, in tal modo, dimostra di essere solo marketing politico. Come lo è l’annunciata “pace fiscale” che nella realtà rappresenta, a tutti gli effetti, l’ennesimo condono e quindi un’ulteriore beffa per coloro che, come la categoria dei manager, sono tra i maggiori contribuenti dello Stato. Perché non si pongono in essere iniziative serie di contrasto all’evasione per garantire un consistente recupero di risorse? Tutto ciò che nell’arco della vita si è costruito con impegno, merito e ottenuto non con privilegi ma nel pieno rispetto delle normative, merita il rispetto dei patti e dei diritti sanciti dalla Costituzione. E questo vale anche per la categoria manageriale, le cui pensioni sono il risultato di contributi versati nell’arco di una vita lavorativa caratterizzata da impegno e responsabilità. Abbiamo il diritto e il dovere di costruire un futuro migliore. Guido Carella guido.carella@manageritalia.it
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Sommario Copertina
Attualità
6 Il nuovo consumatore
48 Istruzione e lavoro: Italia spaccata
Previdenza complementare
16 Come migliorare la propria copertura? Intervista a Alessandro Baldi Fondo Mario Negri
Intervista
InfoMANAGER Manageritalia Quadri 75 Le dimissioni volontarie
Otto Scharmer 52 La Teoria U sarà il vostro asso nella manica
Assidir 78 La Polizza Nuova Capitello “3176”
Uno di noi Giovanni Nastasi 56 General manager al servizio dei viaggi di lusso
Management 22 Il manager acrobata Lavoro 30 Col merito si cresce
RUBRICHE
Formazione
28 Osservatorio legislativo
34 Big: un tuffo in azienda 36 Big: i giovani raccontano
58 Pillole di benessere
Cfmt 80 Scuola di management 81 Learning path: wellness 360°
Iniziative Manageritalia
42 Premio Eccellenza Lido Vanni 44 Tennis, metafora della vita?
è online su
59 Arte
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60 Libri 61 Letture per manager 62 Lettere
N. 9 SETTEMBRE 2018
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
COME SONO CAMBIATI I CONSUMI?
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Management
IL MANAGER ACROBATA Attualità
ISTRUZIONE E LAVORO: ITALIA SPACCATA
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Copertina
IL NUOVO CONSUMATORE Beni, servizi, comportamenti nel nostro Paese: come sono cambiati i consumi delle famiglie dall’inizio della grande crisi? Trend, analisi e curiosità tratti dal libro La rivoluzione nel carrello. Viaggio nei consumi dell’Italia che cambia (Guerini Next) di Anna Zinola
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BBIAMO ancora ben chiara l’immagine degli impiegati della Lehman Brothers che escono dalla banca con i loro scatoloni. Eppure, nonostante sembri ieri, sono trascorsi 10 anni dall’inizio della “grande crisi”. Probabilmente la più lunga e grave dal Dopoguerra. Un cataclisma che ha riorientato e modificato i consumi delle famiglie. Al punto che possiamo parlare di una nuova tipologia di consumatore che si distacca secondo diverse modalità dal passato.
Indietro non si torna Il primo cambiamento riguarda le scelte d’acquisto. La crisi ha imposto tagli e limitazioni che hanno spinto i consumatori a ridefinire le loro priorità. In pratica, ciascuno di noi è stato costretto a chiedersi: cosa mi serve? cosa mi interessa davvero? a cosa, invece, posso rinunciare? I dati forniscono una risposta chiara: le scelte hanno premiato i prodotti e i servizi legati al tempo libero e al benessere personale. In una parola, all’esperienza. In un quadro fortemente incentrato sui servizi, quali sono i beni che “tengono”? In primis il food, e non solo perché è una categoria di prima necessità. L’investimento sul cibo ha una marcata connotazione emotiva: significa cura di sé, esplorazione, autogratificazione. E poi ci sono i prodotti per i “piccoli” di casa: i bambini e, sempre più spesso, i cani. Mentre, infatti, il numero dei figli diminuisce, quello dei pet aumenta. E con esso la spesa a loro dedicata. Infine non va dimenticata la tecnologia, smartphone in testa. Del resto lo smartphone rappresenta lo strumento di accesso per eccellenza a tutto quel mondo (fatto di social network, blog, siti, forum) attraverso il quale le persone si informano e formano le proprie opinioni. È parte integrante (se non il perno) del modo di essere dei consumatori contemporanei.
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Copertina La crisi ha imposto tagli e limitazioni che hanno spinto i consumatori a ridefinire le loro priorità. In pratica, ciascuno di noi è stato costretto a chiedersi: cosa mi serve? cosa mi interessa davvero? a cosa, invece, posso rinunciare? Le scelte hanno premiato i prodotti e i servizi legati al tempo libero e al benessere personale. In una parola, all’esperienza. Meglio lo smartphone dell’auto Se il food e la tecnologia crescono, alcuni beni durevoli, in passato ritenuti fondamentali, vivono una fase di relativo regresso. È il caso ad esempio dell’auto, che ha perso appeal soprattutto tra i giovani. Dal 2012 a oggi la percentuale di 18/19enni che ha preso la patente è calata. Colpa dei costi di accesso e di manutenzione dell’auto. Ma segno anche di una diversa cultura. Per la generazione Z la macchina non è più uno status symbol. Il suo posto è stato preso dalla tecnologia: meglio uno smartphone di ultima generazione della patente. È, questo, un cambiamento epocale poiché segna un ribaltamento dei valori che per decenni sono stati centrali per il consumatore italiano.
La spesa “frammentata” A mutare non sono stati solo i prodotti e i servizi acquistati, ma anche le strategie di spesa. Gli italiani hanno abbandonato il rito della “spesona” settimanale all’i-
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permercato per puntare sulla diversificazione dei luoghi di acquisto. Il motivo è semplice: la “grande” spesa del sabato non è più conveniente né dal punto di vista economico né dal punto di vista pratico. Meglio pianificare la spesa giorno per giorno e ampliare il range dei canali (offline e online). Insomma, il consumatore di oggi è molto diverso da quello precrisi. E pensare di tornare indietro sarebbe illusorio. Se anche i redditi tornassero ai livelli dei primi anni 2000, i consumi non sarebbero più gli stessi. La crisi economica, congiunta alle nuove spinte culturali, ha disegnato una nuova geografia dello shopping. Sta a noi trovarne le coordinate.
Fratelli (diversi) d’Italia A guardarli così, di primo acchito, i consumatori italiani sembrano tutti uguali: iperconnessi, con lo smartphone sempre in mano, dediti al buon cibo e attenti ai piccoli di casa. Ma basta andare un poco più a fondo per scoprire differenze macroscopiche. A livello geografico prima di tutto. Prendiamo come esempio il tema della salute: nelle regioni del Mezzogiorno la spesa sanitaria pro capite è più bassa rispetto alla media del Paese. Il che si traduce in minore disponibilità di cure mediche, ricoveri ospedalieri più brevi e tempi di attesa più lunghi. Ovviamente la difficoltà di accesso ai
O C I G O L O X U A UTILIZZA IN C A D S A F N O P I TUOI COU L’Istituto Auxologico Italiano aderisce alla campagna di prevenzione Fasdac Prevenzione base Prevenzione cardiovascolare Prevenzione oncologica del seno Prevenzione oncologica dell’utero Prevenzione oncologica della prostata Prevenzione oncologica del colon-retto
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servizi di assistenza sanitaria spinge a ricorrere all’alternativa della sanità privata. Non a caso, nel corso degli ultimi cinque anni, le regioni che hanno riscontrato un incremento più significativo della spesa privata sono quelle del Meridione.
Gli italiani al Nord sono più longevi che al Sud… Ma la conseguenza più evidente (e per certi versi scioccante) di questa disparità riguarda la vita media. Oggi, a livello complessivo, la speranza di vita alla nascita si attesta su 80 anni per gli uomini e arriva a 85 per le donne. In realtà, però, al Nord si vive in media di più che al Sud. Per fare un esempio, la differenza tra il TrentinoAlto Adige e la Campania supera
i tre anni. Non solo: nel corso degli ultimi vent’anni la mortalità sotto i 70 anni è diminuita in tutte le regioni settentrionali ed è risultata stazionaria in quelle del Centro. Al Sud, al contrario, il trend è in forte aumento, al punto da far perdere agli individui che risiedono in questa area del paese ciò che era stato guadagnato negli anni successivi al secondo Dopoguerra.
… e investono di più in attività culturali Anche gli investimenti nelle attività culturali risentono della variabile territoriale. Chi investe più soldi in cultura risiede al Nord: 160 euro contro una media di 130. Il Centro è sotto la media nazionale, come le Isole e il Sud. Giusto per prende-
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Copertina re gli estremi: in Trentino-Alto Adige si spendono al mese oltre 208 euro contro i 59,31 del Molise. Ma alla base del divario ci sono anche il reddito e il titolo di studio. La partecipazione alle attività culturali è infatti connessa al livello di benessere delle fami-
glie e al livello di formazione. E nelle famiglie a basso reddito si verificano fenomeni di vera e propria “esclusione culturale”, con una quota di mancata partecipazione che supera il 55% degli appartenenti al gruppo sociale. Sulla gestione del tempo libero incide anche la dimensione anagrafica: l’orientamento verso l’una o l’altra attività è condizionato dall’età. Così, per esempio, il teatro e le mostre d’arte sono particolarmente amati dal pubblico che ha superato i 60 anni, mentre i concerti live pop e rock sono frequentati soprattutto dagli under 30. Agli spettacoli sportivi dal vivo assistono in primis i giovani tra gli 11 e i 24 anni e a ballare in un locale vanno gli under 35 e gli over 60. È evidente che i luoghi frequentati dai due segmenti non sono gli stessi. Tuttavia entrambi mostrano un elevato livello di fedeltà: sia che ci si scateni in discoteca sulle note della house, sia che ci si lanci in pista al ritmo dell’orchestra Casadei, si tende a farlo con regolarità.
La conseguenza più evidente della disparità tra Nord e Sud riguarda la vita media. Al Nord si vive in media di più che al Sud. Non solo: nel corso degli ultimi vent’anni la mortalità sotto i 70 anni è diminuita in tutte le regioni settentrionali ed è stazionaria in quelle del Centro. Al Sud, al contrario, il trend è in forte aumento. 12
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Il tempo è un blob In questi dieci anni, oltre ai prodotti e ai luoghi dello shopping, sono cambiati i tempi e gli orari degli acquisti. La scansione giorno/notte si è sfumata, appiattita, sino a essere talora del tutto eliminata. Per rendersene conto basta fare un giro in un supermercato cittadino dopo le 21: se in passato tra le corsie si trovavano al massimo un paio di persone alla ricerca di una bottiglia di vino da portare in regalo a cena, oggi sono tanti coloro che fanno la spesa by night
o comperano qualcosa da riscaldare al microonde. Pioniere del 24/7 è stata la catena Carrefour, che, dopo il primo esperimento del 2012 a Milano, ha via via esteso la formula a molti altri punti vendita. Gli store che hanno adottato questo approccio registrano un incremento delle vendite e picchi di presenza verso le due di notte. Ovviamente l’ubicazione del punto vendita è fondamentale. A Gallarate, a due passi dall’aeroporto di Malpensa, si vedono entrare
molte persone dopo la mezzanotte. Numerosi clienti notturni sono in divisa da pilota o da hostess, ma c’è anche chi torna da un viaggio e ha il frigo vuoto e chi, durante la giornata, non ha avuto il tempo di fare la spesa.
Meglio di notte: dallo shopping al fitness e al wellness Non ci sono solo i supermercati. Anche il mondo del fitness si è attrezzato per rispondere alle nuove esigenze. Coloro che possono con-
cedersi un po’ di tapis roulant o un paio di vasche solo in tarda serata possono scegliere una palestra con orario esteso. Fit Star è stata fra le prime in Italia a sperimentare l’apertura 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno. Nella palestra milanese di corso Sempione alle 23 si possono trovare una cinquantina di sportivi che alzano i bilancieri dalle panche e sudano sulla cyclette. Sostituiti, all’una di notte, da una decina di altri che possono entrare, sebbene alla reception non ci sia nessuno, con il badge.
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Dal fitness al wellness il passo è breve. E infatti le spa si sono inventate la Late night wellness, cioè benessere notturno alle terme. Si inizia verso le 20, magari con un aperitivo in acqua, e si finisce in-
La rivoluzione nel carrello. Viaggio nei consumi dell’Italia che cambia (Guerini Next) è l’ultimo libro di Anna Zinola, docente di psicologia del marketing all’Università di Pavia. Lavora come consulente nel settore delle ricerche di mercato e scrive su Corriere della sera, Corriere.it, Mark up e Micro & Macro Marketing.
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torno a mezzanotte: per i clienti è un modo per passare una serata diversa dal solito, per le strutture termali un sistema per avere un buon afflusso in una fascia oraria che di solito è “morta”. Attenzione, l’appiattimento temporale non riguarda solo la scansione giorno/notte. Anche il passaggio delle stagioni è stato stravolto. Il fenomeno è stato innescato dai marchi di abbigliamento che hanno via via ampliato il numero di collezioni presentate nel corso della stagione. E, in questo modo, hanno “abituato” il consumatore ad aspettarsi sempre qualcosa di nuovo, a trovare – entrando in negozio o scorrendo le pagine di un sito di e-commerce – una novità più novità della precedente.
Appiattimento temporale anche con il food Il processo di accelerazione ha coinvolto allo stesso modo alcune categorie alimentari. Prendiamo il caso dei prodotti da ricorrenza, vale a dire le ricette legate a un certo periodo dell’anno. È tutto un giocare di anticipo: a ottobre compaiono sugli scaffali i cioccolatini di Halloween, che ai primi di novembre si mescolano con panettoni e pandori. A inizio gennaio, quando a casa probabilmente i consumatori hanno ancora un paio di panettoni da smaltire, arrivano i dolci di carnevale e il martedì grasso è già momento di uova pasquali e colombe... E così via, in un circolo (vizioso?) senza fine.
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Previdenza complementare
COME MIGLIORARE LA PROPRIA COPERTURA? La Relazione Covip 2017 offre lo spunto per riflettere sulla consapevolezza che ciascun lavoratore ha dei propri investimenti nella pensione complementare Valeria Pistolese responsabile relazioni istituzionali Manageritalia
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ARIO PADULA, presidente della Covip (l’Autorità di vigilanza della previdenza complementare e ora anche delle Casse professionali), ha illustrato lo scorso giugno la Relazione per il 2017 (http://bit.ly/ coviprelazione2017). La Relazione ci dice che alla fine dell’anno passato il sistema di offerta di previdenza complementare è costituito da 415 forme pensionistiche: 35 fondi negoziali, 43 fondi aperti, 77 piani individuali pensionistici (Pip), 259 preesistenti, e FondInps. Sempre nel 2017 il totale degli iscritti alla previdenza complementare è stato pari a circa 7,6 milioni di persone, in crescita del 6,1% rispetto all’anno precedente. In particolare gli iscritti ai fondi negoziali sono aumentati del 7,8%. Tale incremento (conseguente principalmente all’introduzione delle nuove adesioni contrattuali) si è però tradotto in un modesto incremento dei flussi contributivi. Tuttavia sono 1,8 milioni gli iscritti alla previdenza complementare
che, nel 2017, non hanno effettuato contribuzioni: in parte è per effetto dell’incremento delle adesioni contrattuali (alle quali non sono seguiti conferimenti) e in parte è segno dei tempi (sono tutti quei soggetti che hanno sospeso il versamento della contribuzione perché hanno perso il lavoro o per altre cause). E i rendimenti dei fondi pensione negoziali? Si sono attestati in media al 2,6%, battendo i rendimenti del Tfr in azienda che si sono rivalutati dell’1,7%; i fondi aperti si sono rivalutati del 3,3%; i Pip del 2,2% e le gestioni separate di Ramo 1° dell’1,9%. Ricordiamo che il comparto Conti individuali del Fondo Mario Negri quest’anno ha distribuito agli iscritti un rendimento netto del 6,5%. Analogamente, sulla distanza a dieci anni, i fondi negoziali hanno superato il rendimento del Tfr (media annua del 3,3% contro il 2,1% del Tfr). La Relazione ha mostrato un particolare importante, ovvero una “spiccata tendenza per gli iscritti alle forme di previdenza complementare a rimanere nel comparto
di ingresso e, conseguentemente, a non modificare il portafoglio nel corso del ciclo di vita”. Ciò può tradursi in scelte poco oculate, tenendo conto dei diversi bisogni che emergono nelle fasi della vita. La Relazione Covip sottolinea come i giovani, in ogni caso, rimangano ancora ai margini del sistema di previdenza complementare “anche per effetto delle difficoltà a entrare nel mercato del lavoro con continuità di rapporto e adeguatezza di retribuzione”. Ma così sarà difficile per loro avere un’adeguata copertura previdenziale. Sotto la fascia di età dei 34 anni, la partecipazione alla previdenza complementare, pari al 19%, è di oltre un terzo inferiore rispetto alle fasce di età più mature; la contribuzione è meno della metà.
Per quanto riguarda le donne, la partecipazione è inferiore a quella degli uomini: 25,4 contro 31,4% in media, gap che riguarda tutte le classi di età; la contribuzione è inferiore di un quinto. Questi i dati. I fondi pensione sono stati oggetto di attenzione da parte del legislatore negli ultimi anni. Ricordiamo che l’ultima legge sulla concorrenza ha introdotto la frazionabilità del Tfr maturando da destinare ai fondi pensione, mentre la legge di Bilancio 2018 ha reso misura strutturale la Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata).
Pensare al futuro Ciascun lavoratore dovrebbe pensare per tempo al proprio futuro previdenziale, non solo aderendo
Nel 2017 il totale degli iscritti alla previdenza complementare è stato di circa 7,6 milioni di persone, il 6,1% in più rispetto al 2016
a un fondo di previdenza complementare, ma anche seguendone i rendimenti nel tempo e magari modificando le scelte a seconda dei bisogni – propri e della famiglia – del momento. Ciascuno di noi avrebbe a disposizione un piccolo capitale cui attingere in caso di necessità. Oggi, grazie allo strumento della Rita, si ha anche la possibilità di farsi anticipare quanto accumulato sul fondo pensione in caso di disoccupazione
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Previdenza complementare
L’OPINIONE DI ALESSANDRO BALDI
ridionali. Riguardo al Tfr, il flusso complessivo si attesta intorno ai 25 miliardi di euro, di cui 14 restano accantonati in azienda, 5,8 vengono versati alle forme di previdenza complementare e 5,7 sono versati al Fondo di Tesoreria».
Alessandro Baldi, presidente del Fondo Mario Negri.
A giugno è stata presentata la Relazione della Covip per il 2017. Il settore è in buona salute? «Il settore della previdenza complementare, che ammonta a più di 240 miliardi di euro, soffre ancora molto in termini di diffusione. La Relazione Covip mostra come, considerando il numero di iscritti, il tasso di partecipazione sia al 28,6%, ma se viene riferito ai soli versanti dei contributi nel 2017 il tasso di partecipazione si attesta intorno al 22% su una platea di circa 26 milioni di forze di lavoro. I valori più bassi e inferiori alla media si rilevano in gran parte nelle regioni me-
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E riguardo i nostri associati? «Per quel che riguarda il Fondo Mario Negri il discorso è diverso: il tasso di adesione al Fondo è del 100%, ma per quanto riguarda il conferimento del Tfr viaggiamo intorno al 40% e quindi c’è ancora un ampio margine di miglioramento da parte nostra. Circa i conferimenti taciti la cifra che riguarda i nostri iscritti è veramente irrisoria e questo dimostra l’alto livello di consapevolezza che c’è nella categoria». Gli iscritti ai fondi negoziali sono aumentati quasi dell’8%, questo significa che c’è una maggiore consapevolezza del proprio futuro previdenziale? «Non proprio, l’aumento è surrettizio perché dovuto in buona parte alle cosiddette adesioni contrattuali, che falsano i dati perché a fronte di un’adesione automatica da parte del lavoratore, dovuta all’inserimento della previsione nel ccnl
di un contributo aziendale obbligatorio di misura minima in mancanza del conferimento del Tfr, le somme versate non sono sufficienti ad assicurare una prestazione futura adeguata al lavoratore». E cosa può fare lo Stato? Come può essere assicurata un’adeguata informazione e cultura previdenziale soprattutto ai giovani? «Lo Stato può fare molto: occorre educare i giovani a pensare al proprio futuro previdenziale fin dalla scuola, dove dovrebbero essere impartite le prime nozioni di base. Occorre far emergere la forte rilevanza sociale del risparmio previdenziale, far capire quanto sia importante fare scelte corrette per assicurarsi una vecchiaia serena. In seguito dovrebbe essere il sindacato a esercitare un ruolo di informazione/formazione sulle importanti funzioni che può svolgere la previdenza complementare ed è sempre il sindacato che dovrebbe in qualche modo aiutare i lavoratori ad adottare le scelte giuste». In futuro la previdenza complementare sarà valorizzata o penalizzata? «Negli ultimi anni la previden-
za complementare è stata interessata da una serie di norme (tra cui l’aggravio della tassazione sui rendimenti, la possibilità di ricevere il Tfr in busta paga ecc.) che da un lato hanno reso meno conveniente l’adesione ai fondi e dall’altro hanno fornito un messaggio fuorviante in merito all’importanza della previdenza integrativa. Noi auspichiamo che ora si vada in controtendenza e che il secondo pilastro venga finalmente valorizzato e incentivato. Nell’attuale assetto del sistema pensionistico, che vede una forte correlazione tra contributi e prestazione e vede i giovani accedere tardi al mercato del lavoro e con carriere discontinue, occorre rendere il più possibile adeguato il proprio risparmio previdenziale alle necessità dell’ultima fase del ciclo di vita. La previdenza complementare rappresenta – sempre di più – un’utile risposta a questo rischio, ma deve essere incentivata adeguatamente. La promozione dell’inclusione previdenziale, avvenuta sulla base delle adesioni contrattuali, è un fatto positivo ma deve essere accompagnata da un’adesione piena anche sul piano contributivo, altrimenti il rischio povertà non verrà coperto».
FONDI NEGOZIALI
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43
FONDI APERTI
77 IL SISTEMA DI OFFERTA DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE IN ITALIA (dati Relazione Covip, dicembre 2017)
PIANI INDIVIDUALI PENSIONISTICI (PIP)
259
PREESISTENTI
415 forme pensionistiche FONDINPS
prima della maturazione della pensione. Occorre quindi pensare a investire sul proprio futuro in maniera continuativa e oculata e non come si fa abitualmente, ovvero alla fine della propria carriera, quando è troppo tardi per pianificare le proprie scelte. I fondi pensione ci possono aiutare
in questo? Oppure dobbiamo essere noi lavoratori a farci parte attiva? La cultura previdenziale scarseggia nel nostro Paese e il legislatore aveva previsto misure, con l’ultima legge di concorrenza, per migliorare l’informazione e la conoscenza da parte dei lavoratori al fine di orientarne le scelte.
rendimenti dei fondi pensione negoziali
2,6%
1,7%
rendimenti del Tfr in azienda
3,3% fondi aperti RENDIMENTI FONDI 2017 (dati Relazione Covip, dicembre 2017)
IN QUESTO QUADRO: Il comparto Conti individuali del Fondo Mario Negri quest’anno ha distribuito agli iscritti un rendimento netto del 6,5%
2,2%
1,9%
pip
gestioni separate di Ramo 1°
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Management
IL MANAGER ACROBATA In tempi complessi, l’atteggiamento migliore per affrontare le sfide e gli ostacoli. Le dimensioni di questa condizione oggi vincente Thomas Bialas futurologo
È
BELLO ANDARE al circo, soprattutto quando “non sorprende” con le solite pagliacciate. Come il Cirque du Soleil, noto in tutto il mondo per avere reinventato il circo eliminando in toto gli animali e creando incredibili spettacoli onirici, visionari, acrobatici, con un team multidiscipli-
nare che amalgama antiche arti e nuove tecnologie. In scena non solo performer circensi, acrobati, pagliacci ma anche cantanti, ballerini, mimi, atleti, strumentisti, comici, bike rider su Bmx, motociclisti, pattinatori e, sì, anche drag queen. Un funambolismo che è puro simbolismo sognante, ma allo stesso tempo lucido realismo basato sulla perfezione di ogni gesto. Dunque Cirque du Soleil co-
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me una delle imprese di intrattenimento più innovative di sempre. E fin qui nulla di
nuovo sotto il sole (lo sappiamo). Di nuovo c’è una legittima domanda, anzi due. Può il circo e il suo vocabolario essere un modello gestionale del futuro?
Un mindset per il futuro Può l’acrobata essere la virtù del manager del futuro? Crediamo di sì, e non tanto perché Karl Lagerfeld si è sempre definito un acrobata e camaleonte (ci sta nella moda) ma perché il Cirque du Soleil è un tentativo (assai riuscito) di
dominare la complessità mettendo in campo non solo la creatività (visibile a tutti gli spettatori) ma soprattutto precisione, sincronicità, esercizi, ripetizione per spingere ogni componente ai propri limiti per giungere alla perfezione di ogni dettaglio. Sembra l’ideale per l’impresa, a patto che il manager si doti di mente acrobatica, una mente che gira ad abile virtuosismo nell’affrontare situazioni difficoltose. I manager acrobati sono tanti quanti gli approcci e i comportamenti ingegnosi. Vediamone alcuni. Acrobata problematico. Dirla con Pulp Fiction “Mi chiamo Wolf e risolvo problemi”? Quasi. L’abilità di andare a caccia di problemi per risolverli produce, ovvio, business. Qualche esempio simbolico. Problema: come faccio ad assicurare le mie tavole da surf per pochi giorni? Con la startup hepster.com, che con il motto “protect your lifestyle” assicura in modo situativo ogni
attività sportiva, anche una giornata di maratona. Problema: come posso guadagnare denaro extra come azienda? Con peerspace. com, che permette a startup, musei e imprese di affittare i propri spazi per infinite occasioni. Problema: come faccio a ottenere un po’ di marijuana nella prossima ora? Con eaze.com, che in California consegna Cannabis per uso terapeutico in modo veloce e discreto. Certo non devi dare fastidio a business consolidati con soluzioni troppo audaci, come produrre energia a costi irrisori altrimenti fai la fine di Nikola Tesla, il genio dell’elettricità morto nel 1943, boicottato ed etichettato come scienziato pazzo. Ma questo è un’altro problema, non risolvibile. Acrobata ripristinato. Ripristinare, azzerare, annullare, resettare, insomma, riformulare. Il reset inizia con un pensiero di fondo: stiamo annaspando ma ancora non affogando. Ripristinare non è buttare via tutto ma riavviare il sistema in uso buttando via molta spazzatura (fra cui dogmi e paradigmi). Rimodellare il retail (così come esempio), un sistema congestionato da troppi chiodi fissi (online, offline, omnichannel, showrooming ecc.). Illuminate questo caso. Scoprire, provare e forse comprare nuovi prodotti innova-
tivi. b8ta.com ha alcuni punti di vendita negli Stati Uniti: che il cliente compri nel negozio, online, altrove, da altri o chissà dove non frega niente a nessuno. Non ci sono prezzi e neppure offerte speciali o commessi. Semplicemente una galleria (tipo museo) con un assortimento assai disomogeneo dove i produttori possono collocare i loro prodotti (pagando, ovvio) senza l’assillo del pricing. Retail come puro servizio con tanto di monitoraggio sul comportamento dei clienti con dati condivisi con i produttori. Un bell’update del sistema, non c’è che dire.
Il manager si deve dotare di mente acrobatica, una mente che gira ad abile virtuosismo nell’affrontare situazioni difficoltose. I manager acrobati sono tanti quanti gli approcci e i comportamenti ingegnosi
Acrobata climatico. Questo sulla carta è facile (o perlomeno logico). Fare acrobazie per adattare prodotti e servizi al cambiamento climatico (spesso trascurato). In montagna lo hanno capito velocemente da tempo. Sparare con i cannoni neve artificiale (mi-
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Management nimo sindacale), sparare nuovi servizi e nuovi intrattenimenti (massimo imprenditoriale). In tempi recenti abbiamo visto cose niente male, come aprire con supercargo portacontainer nuove rotte commerciali nell’Artico causa scioglimento dei ghiacci.
La storia insegna una grande verità. I sistemi non tollerano che l’essere umano possa maneggiare con maggiore successo situazioni imprevedibili del sistema stesso (sofisticati software), per questo in azienda i collaboratori (ma anche i manager) hanno paura di sorprendere chi comanda. L’organizzazione non ama le sorprese, anche se invoca sempre sorprendenti innovazioni
Sfruttare, dunque, come ha fatto il colosso danese Maersk Line il rialzo delle temperature. Il climate change è rischio ma anche opportunità per ogni settore e attività. Chiedersi come può influire e quali soluzioni nuove potrebbero servire è una domanda che tutti devono farsi. Roba di nicchia? Esattamente il contrario.
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Secondo il servizio metereologico tedesco (Dwd), circa l’80% delle attività economiche è influenzata dal tempo (clima), non solo l’agricoltura o il turismo ma ogni forma di commercio e retail e, sì, ogni servizio. Curioso che venga sottovalutato. Nuovi modelli di business basati sul clima possono aprire nuovi mercati. Tempo di nuove acrobazie. Acrobata spaziale. We can work it out, possiamo lavorarci, cantavano i Beatles, e dove, se non negli uffici? Workspace oggi: spazi di condivisione, divani, angolo cucina, terrazzi, d’accordo, ma dove sono gli spazi acrobatici veri? Ho visto scivoli e altalene ma anche trampolini e, sì, pareti per arrampicata libera per un, come lo chiamano loro (brooklynboulders.com/gowanus), active co-working. Ecco, se vogliamo dirla tutta la mente acrobatica deve essere allenata fisicamente con spazi adeguati alle evoluzioni. Il fisico influisce sullo stato mentale e allora perché non prevedere negli uffici l’acrobatica sui tessuti per esercizio sospesi in aria? Acrobata sorprendente. New York, 15 gennaio 2009. Sorprendere con un atterraggio impossibile e fuori protocollo nel fiume Hudson cinque minuti e otto secondi dopo il decollo, a causa di un impatto con volatili che danneggiò entrambi i motori. Nessuna vittima e molto stupore, ben
accolto da tutti eccetto dal National Transportation Safety Board, che al primo giro denunciò i piloti di condotta spericolata e pericolosa non conforme alle simulazioni test, poi al secondo giro la manovra venne inserita nelle procedure d’emergenza. La storia insegna una grande verità. I sistemi non tollerano che l’essere umano possa maneggiare con maggiore successo situazioni imprevedibili del sistema stesso (sofisticati software), per questo in azienda i collaboratori (ma anche manager) hanno paura di sorprendere chi comanda. L’organizzazione non ama le sorprese, anche se invoca sempre sorprendenti innovazioni. Che fare? Per esempio leggere Pensieri lenti e veloci del premio Nobel Daniel Kahneman e il Cigno Nero di Nassim Nicholas Taleb. Acrobata voglioso. Senza passione nessuna innovazione, amano ripetere, come dire che dobbiamo sempre avere una gran voglia e provare grande piacere per quello che facciamo. Quasi un obbligo morale nella società edonistica, anche nel lavoro, il che ci porta all’avido piacere orgiastico e distruttivo di The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese. Roba per pochi. Si chiede a tutti i collaboratori di provare grande eccitazione e piacere per quello che c’è da fare (magari di routine). Le cose più tristi le ho viste ai meeting motivazionali. Come
La creatività deve essere puntuale come un orologio svizzero per scandire innovazione. Pensiero troppo acrobatico? Non per il manager acrobata. Lui tiene in equilibrio la complessità. Lui capovolge i problemi e li trasforma in opportunità. Lui attira e gestisce talenti orchestrando le differenze. Lui si destreggia nelle difficoltà con imprevedibile precisione. Lui sincronizza ogni dettaglio e componente del team in opera di perfezione. Lui affronta i mercati in punta di piedi. Lui stupisce il pubblico con prodotti e servizi spettacolari. Sa tanto di grande circo, di quello più fantasioso e favoloso al mondo. In esclusiva per noi alla ventunesima giornata del ciclo fmt.day il keynote speaker del World Business Forum di Milano, Daniel Lamarre, presidente ceo del Cirque du Soleil per uno speech che trasforma il visionario in straordinario stile manageriale. Apri gli occhi e sogna. Apri gli occhi e cambia. Qui al Wobi insieme al giornalista Luca De Biase, a Thomas Bialas, Daniele Lago, designer e imprenditore funambolico Lago Arredamenti, ed Emilio Salvatore Leo, imprenditore visionario e ri-fondatore dell’impresa di famiglia Lanificio Leo. La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi. Special event @ Wobi - World Business Forum/Posti limitati Milano - MiCo Milano Congressi – 30 ottobre, h 17-19 Per informazioni: www.cfmt.it - Anna Scirea - ascirea@cfmt.it - 02 5406311
tutte le droghe dura poco. No, la strada deve essere un’altra. Per avere mille acrobati vogliosi in azienda bisogna avere mille acrobati che si esibiscono liberamente (come nel circo). E come si fa? Chiedendo semplicemente “cosa vuoi veramente”. Acrobata pigro. L’impresa sopravvaluta l’operosità. L’attività è bene, la passività è male. Chi si ferma è perduto. Ma sarà vero? I portieri che rimangono immobili ai rigori parano (statisticamente) il 60% dei tiri, ma paradossalmente è un’opzione poco praticata. Meglio buttarsi platealmente che rimanere inermi. Il mondo pretende azione, ovunque, an-
che quando si è in coda in autostrada e cambiare continuamente la corsia non fa (statisticamente) che aumentare la congestione del traffico. L’acrobazia qui consiste nell’onirico ma lucido vagare che sfrutta un ozio misurato e programmato che interviene quando è il caso di intervenire. O meglio: non fare niente e aspettare. Siamo tutti vittime dell’impaziente Action Bias (vedi in Borsa), ma spesso l’attesa funziona meglio, come sanno i poliziotti esperti che attendono prima di intervenire durante una rissa. E in ambito aziendale? Suona strano ma la vera strategia di Steve Jobs era (parole sue) “I’m gonna
wait for the next big thing”. Aspettare che altri inventassero qualcosa per poi appropriarsene con ricombinazioni, come dire, ingegnose. Acrobata discutibile. Mettere in discussione gli indiscutibili dogmi che paralizzano l’impresa è giusta acrobazia del manager innovatore. Lo sappiamo: in tutti i settori ci sono regole ferree finché non arriva qualche eretico che le rompe. Alcuni esempi storici di “spacca dogmi”: il toyotismo di Kiichiro Toyoda ha rotto il dogma fordista (taylorismo) “i lavoratori sono esseri con due braccia che casualmente hanno anche una testa”, includendo
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Management
Atlas, il robot acrobata
Un ammasso di ferraglia esegue un salto mortale all’indietro. Morire non può, essendo un robot umanoide alto più di un metro e mezzo della Boston Dynamics, azienda specializzata in robotica (prima in orbita Google, poi rivenduta a SoftBank). Il video dell’acrobazia ha fatto il giro del mondo e destato stupore: “Le macchine fanno tutto meglio di noi”. Non proprio perché ci sono voluti infiniti tentativi prima di riuscirci (una volta). Dunque esercizio e ripetizione. Se vogliamo imparare qualcosa dalle macchine allora è la tenacia e la dedizione. Sbagliare e sbagliare ancora fino a quando finalmente la cosa riesce. Certo, le macchine non si abbattano mai e continuano a lottare per quello che sono programmate. Tutto qua il segreto. Impariamo allora l’indifferenza e il distacco dal risultato. Il buddismo lo insegna da sempre? Certo, ma le macchine non lo sanno e ahimè neppure noi umani.
Suona strano ma la vera strategia di Steve Jobs era (parole sue) “I’m gonna wait for the next big thing”. Aspettare che altri inventassero qualcosa per poi appropriarsene con ricombinazioni, come dire, ingegnose
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ogni lavoratore in processi innovativi e qualitativi; Anita Roddick (fondatrice di The Body Shop) ha rotto il dogma dell’industria cosmetica “i cosmetici devono essere testati sugli animali” facendone a meno e diventando pioniera della sostenibilità cosmetica; Larry Page e Sergey Brin hanno rotto il dogma classico dei media “le informazioni costano denaro” creando con Google un modello gratuito ba-
sato sullo scambio di informazioni (e dati); Aldi e i discounter in generale hanno rotto il dogma “i supermercati devono offrire un grande assortimento”, riducendo drasticamente spazi e numero di prodotti; le compagnie aeree low cost hanno rotto il dogma “volare è costoso e lussuoso” ribaltando l’intero settore del turismo. Acrobata spassoso. Se ti diverti troppo allora non stai lavorando. Se ti diverti troppo o fai divertire troppo allora forse sei un comico ma certo non un professionista. Chi mai vuole un’auto divertente? Non vogliamo forse tutti un auto affidabile? Perché mai il lavoro come svago e passatempo piacevole, come sfida alla noia, dovrebbe funzionare in azienda (Max Weber e la sua etica potrebbero inorridire)? Qui si fa sul serio. Mica siamo al circo. Appunto. A qualche mio amico Google ricorda un circo, già, per i colori. Funziona giusto lì, direte. Mica detto. L’umorismo smorza, riduce i conflitti, relativizza, ossigena e alla fine fa bene per gestire la complessità. Non solo. “In questa azienda ci divertiamo alla grande, il nostro lavoro quotidiano? Fare acrobazie sul mercato” potrebbe essere un ottimo slogan per reclutare giovani talenti. Acrobata ambiguo. La vita è ambigua e non univoca. Il manager acrobata lo sa bene ma deve
quotidianamente combattere contro la normalità e, soprattutto, contro la sicurezza. Chi non vuole essere sicuro? Del proprio lavoro, stipendio, mercato, collaboratore e dipendente, moglie, famiglia? Ma il mondo e l’economia viaggiano a insicurezza e quando diciamo durante una riunione o a un cliente l’abusato “assolutamente sì” intendiamo “assolutamente boh”. Segno dei tempi. Chi è sicuro non vede né rischi né opportunità e mette a rischio la vera stabilità, che è solo lo stato mentale dell’impermanenza. Problema: il pluralismo infastidi-
sce in azienda, così come la diversità. A parole tutti concordano, “abbiamo bisogno di talenti e team multidisciplinari e multietnici (tutti si immaginano Google così)”, ma orchestrare e dirigere le differenze richiede una buona dose di ambiguità da digerire come condizione permanente della complessità. Se il mondo non è sicuro devi essere sicuro di te stesso. Tutto qui. Acrobata equilibrato. Chiudiamo con l’aspetto più importante. L’equilibrio è la base di ogni acrobazia. Ma come si diventa equilibrati in ogni gesto, azione, pensiero e decisione? La
mente equilibrata pretende un fisico equilibrato. Qualcuno storcerà il naso ma la strada più efficace (e maestra) è praticare yoga. Lo pratico da molto tempo e ho imparato che agire sul corpo significa agire sullo stato mentale, in particolare le posizioni di equilibrio che non solo migliorano la concentrazione ma anche il nostro livello di focalizzazione. Infine c’è il respiro e, come ricorda il tennista Djokovic, «la respirazione è la cosa più importante, devi padroneggiarla per affrontare la pressione e le situazioni molto stressanti, solo così c’è equilibrio».
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
osservatorio
VIETATO PAGARE LE RETRIBUZIONI IN CONTANTI
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al 1° luglio 2018 è entrata in vigore la norma prevista dalla legge 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) che ha stabilito che datori di lavoro o committenti debbano corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo, attraverso gli strumenti di pagamento individuati quali: bonifico sul conto identificato dal codice Iban indicato dal lavoratore; strumenti di pagamento elettronico; pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; emissione di assegno. Non è quindi più consentito effettuare pagamenti in contanti, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 5.000 euro. Tale obbligo si applica ai rappor-
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ti di lavoro subordinato, indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa e, infine, ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci. Restano espressamente esclusi i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni, i rapporti
di lavoro domestico e i compensi derivanti da borse di studio, tirocini, rapporti autonomi di natura occasionale. L’Ispettorato nazionale del lavoro ha fornito chiarimenti con le note 4538 del 22 maggio 2018 e 5828 del 4 luglio 2018. http://bit.ly/Inl-nota4538 http://bit.ly/Inl-nota5828
RESIDENZA FISCALE ALL’ESTERO DEI LAVORATORI “IMPATRIATI”
L’
Agenzia delle entrate, con risoluzione n. 51/E del 6 luglio 2018 sul regime fiscale agevolato dei lavoratori impatriati, ha ribadito che, per fruire del beneficio fiscale, ai sensi del decreto legislativo 147/2015, il soggetto interessato deve essere in possesso di un titolo di laurea e avere svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, o avere svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream. Inoltre, i tecnici dell’Agenzia precisano che, oltre al possesso di tali requisiti, la persona fisica deve avere mantenuto la residenza fiscale all’estero per almeno due periodi d’imposta e che tale periodo costituisce quello minimo sufficiente a integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato italiano, necessario per accedere al regime agevolativo. http://bit.ly/agenzia-entrate-risoluzione51E
ESCONO I SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOALS 2018 PER L’ITALIA
I
Sustainable development goals fanno riferimento a diversi domini dello sviluppo relativi a tematiche di ordine ambientale, sociale, economico e istituzionale, delineando un piano d’azione globale per i prossimi 15 anni. Il Cape Town global action plan definisce la strategia per mettere in atto tutte quelle azioni necessarie alla modernizzazione e al rafforzamento dei sistemi statistici a livello nazionale e globale. A partire dal dicembre 2016 l’Istat ha reso disponibili, con cadenza semestrale, molti indicatori per l’Italia sulla piattaforma informativa dedicata agli SDGs. Quest’anno, assieme al nuovo rilascio di dati, l’Istituto ha presentato anche il primo Rapporto sugli SDGs: una descrizione accurata dei processi che
hanno condotto alla scelta degli indicatori, una loro descrizione puntuale e una prima analisi delle tendenze temporali e delle interrelazioni esistenti tra i diversi fenomeni. Questo
nuovo prodotto, tassello di un mosaico sempre più ricco di analisi e ricerche che l’Istituto mette a disposizione in qualità di ente pubblico di ricerca, non è solo un’occasione per capire a che punto si collochi il nostro Paese nella strada verso lo sviluppo sostenibile, ma rappresenta un invito alla comunità scientifica all’uso di questi dati. Il ruolo cruciale del Sistema statistico nazionale e dell’Istat per la produzione dell’informazione necessaria al monitoraggio dell’Agenda 2030, nonché della strategia nazionale di sviluppo sostenibile, ha visto un’attività molto intensa negli ultimi anni e prevede la continuazione di un’attività analitica e di ricerca sul tema dello sviluppo sostenibile. http://bit.ly/rapportoSDGs-2018
ISTAT: NUOVA GEOGRAFIA ECONOMICA
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a giugno di quest’anno esiste un Registro statistico di base dei luoghi (chiamato Rsbl) varato dall’Istat. Il Registro avvicinerà numeri e territori, contribuirà ad aumentare il fabbisogno di informazione statistica locale e servirà anche a definire nuove geografie/mappe rilevanti (i mercati del lavoro, le aree ecologiche, i rischi idrogeologici, le biodiversità, le aree di sviluppo rurale). Il Registro è un’infrastruttura che, a regime, consentirà di annullare il tradizionale trade-off tra disponibilità dei dati e loro dettaglio territoriale, consentendo analisi socio-economiche anche su dimensioni sub-comunali. Avremo quindi maggiori informazioni sullo sviluppo dei sistemi territoriali superando l’artificialità
delle delimitazioni amministrative. E tutto ciò in una fase dell’economia reale in cui la componente legata alla mobilità di merci e persone (i flussi) ha aumentato il suo peso. Una prima anticipazione delle potenzialità del Registro viene dall’ampliamento del dettaglio di analisi delle imprese industriali e dei servizi che rinnova la geografia economica nel nostro Paese. Si traccia, per esempio, un “nuovo triangolo industriale” che ha come vertici Milano, il Veneto delle piccole e medie imprese e l’Emilia delle multinazionali tascabili. Poi c’è il Mezzogiorno, meno produttivo e più vulnerabile, in cui sono rari eppure presenti distretti ad alta produttività.
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Lavoro
COL MERITO SI CRESCE Il nostro Paese non spicca per meritocrazia, eppure è l’unica via per tornare a competere, come dimostrano le indagini e le opinioni della business community
Maria Cristina Origlia giornalista e vicepresidente Forum della Meritocrazia
A
SECONDA DELL’AREA geografica, ci si imbatterà in reazioni di vario genere, ma tutte inconcludenti. Nelle regioni più produttive lo daranno per scontato, senza accorgersi delle numerose distorsioni che hanno sotto il naso, in altre, pur concordando sulla sua importanza, non si faranno scrupoli a far capire alle società di recruiting che “uomo è meglio”. In altre ancora, in genere quelle meno produttive, ci si sentirà rispondere che è tempo perso. E se si affronta il tema in ambito accademico, non se ne caverà un ragno dal buco, perché l’opinione generale è che il merito non è oggettivo e quindi la meritocrazia non può esistere. Credo che quello del merito sia uno degli esempi più evidenti della tendenza dei popoli latini a indulgere sulle parole e ad essere poco pragmatici.
Obiettivo di sviluppo sostenibile Per chi come noi del Forum della Meritocrazia vuole rendere visibile a tutti quanta differenza ci sia tra un mercato del lavoro meritocratico – trasparente, volto alla valorizzazione dei talenti e al rico-
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noscimento di chi si impegna – e uno abituato all’opacità, all’inefficienza e alla competizione sleale, non resta che agire. La strategia che abbiamo scelto è quella di partire dall’analisi della realtà, dai numeri e porci obiettivi di trasformazione della cultura e dei comportamenti, attraverso progetti pluriennali, misurabili, rivolti ai giovani, alle imprese, alle istituzioni. Il coinvolgimento delle community di riferimento, anche attraverso partnership con università, aziende leader ed enti prestigiosi, è fondamentale per raggiungere il significativo impatto sociale che ci prefiggiamo. E, a questo proposito, vale la pena ricordare che l’intento del Forum della Meritocrazia rientra alla perfezione almeno in uno dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030, un faro per chiunque – paese, azienda e organizzazione – voglia mantenersi competitivo nel prossimo futuro. L’obiettivo 8 è infatti dedicato al “Lavoro dignitoso e crescita economica” e recita: “Incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti”.
Giornata nazionale del merito Uno dei punti chiave per raggiungere l’obiettivo è sensibilizzare le aziende, a partire dai cda e dal top management, senza dimenticare i manager, che possono diventare efficaci agenti di cambiamento all’interno dell’organizzazione. Ecco perché abbiamo deciso di stringere una partnership con il Cfmt, Centro di formazione management del terziario, che vanta più di 20mila dirigenti associati. La seconda edizione della Giornata nazionale del merito, che si è svolta lo scorso 22 maggio presso la sede di Confcommercio a Milano, è stata l’occasione per mettere la prima pietra di un percorso di sensibilizzazione e approfondimento che ha l’ambizione di rendere il merito strutturale nella gestione del lavoro. Intanto, siamo partiti dai numeri. Abbiamo mappato la
situazione attraverso una survey a cui hanno risposto oltre 500 manager delle aziende associate a Cfmt, per il 60,5% pmi e 39,5% grandi imprese.
Bocciati in Europa In generale, i manager reputano il merito un fattore strategico di competitività per la propria organizzazione e si ritengono preparati (65%) a gestirlo, ma ammettono (53%) che le imprese italiane sono meno meritocratiche di quelle estere. Dato che conferma quanto emerge la rilevazione del Meritometro nel 2017, che vede l’Italia rimanere in ultima posizione rispetto ai 12 paesi della Vecchia Europa, con un punteggio pari a 23,15 che ci vede lontani 44 punti dalla Finlandia, prima in classifica, e 10 punti dalla Spagna, in penultima posizione. Difficile che un paese così poco meritocratico pos-
sa esprimere aziende campioni del merito. Ma forse qualcosa si muove sotto la spinta della competizione globale, che ci mette ogni giorno a confronto con il resto del mondo. È interessante infatti notare che a rispondere nel campione non sono direttori Hr, più abituati ai temi legati alle performance, ma dirigenti e manager delle funzioni di business. Cosa che fa intravedere una nuova consapevolezza. Quando si passa a esaminare le azioni su cui poggia una sana policy meritocratica, però, ci si rende conto di quanto sia ancora debole il nuovo mindset. Ad esempio, al primo posto come importanza per promuovere il merito viene indicata la qualità e lo sviluppo del capitale umano, corretto ma generico, se poi non si sostanzia di interventi atti a correggere le tipiche distorsioni nella selezione e nei percorsi di carriera. All’ultimo posto, le pari opportu-
MERITOMETRO 2017
67%
33%
23% SETTEMBRE 2018
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Lavoro nità, e così si mostra di non aver compreso uno degli aspetti fondamentali del merito, quello di valorizzare le potenzialità delle persone indipendentemente dal genere o da altre diversità, non ancora considerata una ricchezza.
Meritocrazia e Hr: percorsi formativi Pare quindi incoraggiante che il 63% dei rispondenti si sia dichiarato interessato ad approfondire e dibattere ulteriormente i temi della gestione del merito nelle organizzazioni, con particolare riferimento al legame tra meritocrazia e gestione delle risorse umane, individuazione dei relativi Kpi e ai meccanismi di valutazione delle performance. Ecco perché, assieme a Cfmt, stiamo mettendo a punto una proposta di percorsi ad hoc per i manager e, dall’altra, studieremo come inserire il fattore merito nelle relazioni industriali del settore, così da renderlo sistemico. Del resto, ci sono dei precedenti importanti.
Stimoli dalle startup Uno su tutti, quello di Vitec Group Imaging Division, ex Manfrotto, leader mondiale nel mercato della fotografia, video e intrattenimento, che in una fase di grande trasformazione del business model e di posizionamento ha compreso l’importanza di avere tutta l’azienda a bordo. E ha scelto la strada apparentemente più ardua, ma dai risultati di lungo periodo assai più
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incoraggianti. La creazione di un tavolo comune con il sindacato di riferimento (Fim-Cisl) e l’Università di Pisa, come partner scientifico, ha generato nel 2013 un Sistema di valutazione della performance, basato su principi meritocratici e non discriminatori, ribattezzato “modello Manfrotto”, inserito nel contratto integrativo. Gli ottimi risultati di business confermano la validità della scelta a favore della condivisione e del merito. Ma altrettanto stimolante è la spinta che sta arrivando – anche su questo fronte – dalle startup, di cui le aziende potrebbero far tesoro. Just Knock, nata da due socie determinate a rivoluzionare il settore del recruiting all’insegna della trasparenza e delle capacità dei candidati. Il loro modello offre alle aziende di scegliere il candidato ideale sulla base della capacità di rispondere sviluppando un progetto, ad esempio, di marketing, elaborato ad hoc dalle aziende stesse. Non potrà valere per tutte le posizioni, ma funziona – lo dimostra l’elenco di prestigiosi clienti conquistati in questi tre anni di attività – e ha il pregio di aver sfidato vecchie, spesso viziate, consuetudini, mettendo al centro le capacità dei candidati.
no deciso di mettere a frutto l’esperienza di famiglia nell’hôtellerie. L’obiettivo è premiare il merito dei professionisti che lavorano a contatto con il pubblico negli alberghi e nei ristoranti attraverso un’app che consente agli ospiti di esprimere apprezzamenti, consentendo di crearsi una reputazione online e di offrire ai datori di lavoro una misura per valutare e premiare le soft skill. In particolare, gentilezza verso i clienti e passione verso la propria professione sono i due fattori cardine su cui si concentra la app per valutare le persone in questo settore, in cui è molto difficile trovare personale di qualità. Un sistema semplice, quello proposto da NicePower, integrato da survey anonime interne per raccogliere anche la valutazione dei colleghi. Al momento è applicato nell’hotel di famiglia e in altre quattro strutture, oltre a una scuola di hôtellerie, che però ha un effetto dirompente. Tanto da indurre alcuni dipendenti a non accettare la sfida, che porta con sé un’assunzione di responsabilità e un approccio autentico al lavoro che non tutti sono pronti ad accettare.
Un assist dalla tecnologia Altrettanto sfidante è l’idea della neonata NicePower, startup lanciata da tre sorelle con percorsi lavorativi diversi alle spalle, che han-
Scarica il report Merito in azienda. Il ruolo del manager http://bit.ly/meritoinazienda
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Formazione
UN TUFFO IN AZIENDA Il business game del Cfmt ha portato i giovani vincitori a vivere un’esperienza formativa all’interno di due aziende leader del mercato dei giocattoli: Quercetti e Lego Roberto Panzarani docente di Innovation management e presidente Studio Panzarani
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L PROGETTO “Big - Business intergenerational game” di Cfmt è stato realizzato lo scorso anno. L’iniziativa ha valorizzato il rapporto intergenerazionale attraverso un gioco che ha visto sfidarsi squadre composte da manager e giovani. È proprio questa collaborazione alla base di Big, in grado di fondere l’esperienza sul campo dei manager con le competenze dei nativi digitali, così che gli uni possano imparare dagli altri. Tutti i partecipanti sono stati chiamati a gestire un’impresa che opera nel mercato dei giocattoli. Ad ogni squadra è stata assegnata un’azienda del settore in una situazione di crisi, con l’obiettivo di riportarla ad avere un buon posizionamento sul mercato. I riconoscimenti per le prime due squadre classificate, oltre alla possibilità di scegliere delle attività formative, sono stati due viaggi per visitare due eccellenze di quel settore, la Quercetti a Torino e la Lego a Billund, in Danimarca. L’esperienza del learning tour è per definizione un’esperienza immersiva. Nel caso delle due aziende visitate, tante sono state
le emozioni che hanno facilitato dei processi di apprendimento che non possono essere sviluppati leggendo solamente dei libri o navigando in internet. Se l’apprendimento, come si dice, è basato per l’80% sull’emozione, il learning tour costituisce un acceleratore di conoscenza per tutte le persone che intraprendono il viaggio.
Quercetti: modelli organizzativi, filiera e tecnologia Cosa ci portiamo a casa dopo la visita in Quercetti? Nel nostro caso, l’incontro con l’imprenditore Quercetti ha costituito per i ragazzi un’occasione unica di visitare un’azienda eccellente del made in Italy e allo stesso tempo di apprenderne la storia e l’evoluzione dall’attuale amministratore delegato, nonché figlio del fondatore dell’azienda. Sicuramente sono emerse molte cose interessanti, a cominciare
dal modello organizzativo, assolutamente informale ma efficace, che dà valore alla qualità. Ha colpito me e i ragazzi che sono arrivati con una lettura di strutture gerarchiche e tradizionali. Tutta la filiera del prodotto avviene nello stesso luogo ad esempio. Un altro aspetto è l’inserimento di tutte le tecnologie più innovative come le stampanti 3D e questo sottolinea il valore che arriva dagli ingegneri più giovani, che hanno visioni diverse ma portano a chi è in azienda da oltre trent’anni un contributo fondamentale al mantenimento della qualità del prodotto.
Lego: un’esperienza cognitiva Per quanto riguarda la Lego, al di là della visita aziendale, quella che con i partecipanti abbiamo vissuto è stata una vera e propria esperienza cognitiva, vissuta all’interno della Lego experience, che ci ha fatto vedere dal di den-
tro cosa significa essere un’adaptive enterprise. Per i ragazzi vivere in prima persona l’esperienza Lego a 360° è di sicuro un vantaggio competitivo notevole. La Lego, con la sua apertura al mondo esterno, ha la capacità di navigare all’interno di un modello di business in cui i fornitori, i clienti e i collaboratori costituiscono i protagonisti dell’“ascolto” aziendale. L’attenzione all’attività di learning della Lego è fondamentale per fornire prodotti ad alto contenuto cognitivo per i suoi clienti, ma è innanzitutto una prassi all’interno dell’azienda, dove tutte le attività organizzative si basano sul concetto di apprendi-
mento continuo, cosa che è stata trasferita e percepita durante la nostra visita. Anche l’aspetto interaging è quello che colpisce nel modello Lego, in quanto offre, con i suoi prodotti, un ponte esclusivo tra generazioni che vanno dall’utilizzo dei prodotti del brand per la formazione a quello dello sviluppo cognitivo dei bambini. L’iniziativa del learning tour all’interno del progetto Big ha permesso dunque ai partecipanti non solo di vivere da vicino la realtà di due grandi aziende, ma anche quella di prepararsi fin da subito a una realtà del lavoro in continua evoluzione.
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Formazione
I GIOVANI RACCONTANO Cosa ti sei portato a casa da questo business game e learning experience? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei vincitori delle prime due squadre qualificate, Bigminds e Florence Roberta Roncelli
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Come è stato partecipare al progetto Big-Business intergenerational game di Cfmt? Giovanni Blini. «È stato coinvolgente, ha permesso di sviluppare conoscenze, modelli di ragionamento, sviluppare abilità di coordinamento e relazioni di gruppo tra profili professionali differenti». Francesca Delli Paoli. «Questo gioco è stato curato nel dettaglio. Mi sono immedesimata al meglio in una situazione così verosimile con la possibilità di vedere da vicino alcune dinamiche aziendali». Michele Di Pasquale. «È stata un’esperienza irripetibile, fantastica e istruttiva».
Lorenzo Gallorini. «Una di quelle esperienze che quando finiscono sei dispiaciuto… e questo la dice lunga». Andrea Martinenghi. «È stata un’esperienza intensa e divertente. Come nei migliori giochi è stata immersiva, al punto che simulazione e realtà si sono fuse: per un mese il nostro obiettivo è stato impegnarci al massimo per fare eccellere la Riboni (l’azienda di giocattoli fittizia che i partecipanti di Big dovevano risanare, ndr)». In questa simulazione di realtà siete stati uniti a dei manager allo scopo di risanare un’azien-
sione sono al centro, non il titolo o l’età. Perché tra diverse esperienze di vita c’è la potenzialità di sommare approcci e punti di vista diversi che possono portare a una visione più completa».
da. La collaborazione intergenerazionale conviene? Giovanni Blini. «Conviene in quanto è la proposta di alternative per il problem solving ed è influenzata da un background personale e professionale unico. Diverse generazioni possono combinare prospettive differenti per una strategia smart». Michele Di Pasquale. «Un’azienda ha bisogno di persone con diversi punti di vista. Se un’azienda ha molta esperienza ma è poco attenta ai nuovi bisogni e ai nuovi e vecchi modi per soddisfarli non sopravvive, neanche se si chiama Kodak. Allo stesso modo un’azienda, seppur valida
e con un buon business plan, incontrerà maggiori difficoltà se non ha persone con abbastanza esperienza». Lorenzo Gallorini. «La collaborazione intergenerazionale conviene perché il mix che si crea fra l’esperienza dei senior con le idee, la voglia di fare e imparare dei junior è una pozione potentissima che se sfruttata in maniera ottimale porta a grandi risultati». Andrea Martinenghi. «Conviene sicuramente quando si incontrano individui che hanno voglia di lavorare in gruppo, di imparare qualcosa dagli altri e far imparare qualcosa agli altri, creando un contesto in cui le idee e la discus-
E com’è stato fare il manager? Giovanni Blini. «È stato semplice per quanto riguarda la comunicazione fra colleghi e junior, prendere invece decisioni e avere l’ultima parola su lavori effettuati da coetanei è stato delicato. La ricetta vincente è stata l’ascolto, non seguendo una gerarchia verticale ferrea ma dando valore alle idee piuttosto che al ruolo ricoperto. È ancora più complesso in quanto il ruolo di marketing manager era il first mover e primo decisore della strategia generale, da far comprendere, accettare e promuovere ai senior con molta più esperienza della mia». Michele Di Pasquale. «Abbastanza stimolante, chiaramente era una simulazione e nella realtà aziendale le problematiche sono maggiori per frequenza, rischiosità e intensità. Ma uno degli insegnamenti maggiori che abbiamo ricevuto è la coesione, le decisioni delle diverse aree devono essere armonizzate». Lorenzo Gallorini. «Per uno studente di economia aziendale diventare manager è il sogno nascosto nel cassetto... quindi farlo in un contesto come Big, simulazione organizzata in modo perfetto, è stato molto
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Formazione piacevole e gli ottimi risultati ottenuti molto appaganti». Andrea Martinenghi. «È stata una soddisfazione assumermi responsabilità e far contare la mia voce e le mie idee in un contesto di business. Ma sono consapevole di aver provato solo una parte dei benefici che comporta questo ruolo, e ben poco del rovescio della medaglia che naturalmente può essere una parte altrettanto importante di esso». E come è stata invece l’esperienza del learning tour in una vera azienda di giocattoli? Giovanni Blini. «Un perfetto mix fra didattica ed esperienza. Direi la combinazione più efficace per
imparare. Ho vissuto un’esperienza che mi ha permesso di imparare a imparare». Francesca Delli Paoli. «È stato molto utile e interessante. Mi ha permesso di scoprire per la prima volta come un’azienda opera realmente, consentendomi di vedere in concreto ciò che ho studiato dal punto di vista teorico in questi anni di università». Lorenzo Gallorini. «Il learning tour all’interno di Quercetti ci ha permesso di toccare con mano molte delle dinamiche che avevamo trovato all’interno del gioco, dall’area marketing all’ammini-
strazione, passando dalla produzione al magazzino ecc.». Andrea Martinenghi. «Per due giorni è stato come vivere in un sogno e la Lego ha saputo sorprendere le nostre già altissime aspettative». Avete riscontrato un dialogo e una collaborazione tra generazioni all’interno dell’azienda? Giovanni Blini. «La Lego pare sia un’azienda illuminata da questo punto di vista. La passione con cui i collaboratori partecipano alla creazione di valore economico e sociale è da prendere come esempio».
Nelle foto alcuni dei partecipanti al Business game. Qui a fianco, la squadra Bigminds, prima classificata, durante il tour alla Lego a Billund in Danimarca: da sinistra A. Mombelli, F. Testa, D. Bauccio, L. Panariello (Cfmt), R. Panzarani (Studio Panzarani), A. Martinenghi, N. Bilotta, M. Silvestre, G. Blini. Sotto, la squadra Florence, seconda classificata, durante il tour in Quercetti a Torino: da sinistra, M. Canchanya, M. Di Pasquale, L. Del Sette, ing. S. Quercetti (Quercetti), R. Panzarani (Studio Panzarani), L. Moscufo, L. Gallorini, E. La Mendola, F. Delli Paoli.
Francesca Delli Paoli. «Ho visto una grande collaborazione tra le varie generazioni all’interno di Quercetti. Probabilmente il fatto che essa non abbia dimensioni eccessive facilita tale collaborazione e consente ai vari individui di conoscersi meglio e aiutarsi a vicenda, apprendendo l’uno dall’altro. Michele Di Pasquale. «Non è diffi-
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cile vedere aziende distrutte da lotte fratricide nel momento in cui viene a mancare il fondatore. In Quercetti finora questo non è avvenuto, segno che c’è una unità di intenti tra i vari componenti e le varie generazioni». Di che tipo? Giovanni Blini. «Del tipo che preferisco: pare che tutti siano incentivati ad apportare valore alle attività aziendali, a prescindere dal ruolo di responsabilità coperto». Francesca Delli Paoli. C’è una stima reciproca tra le varie generazioni, entrambe sanno di poter apprendere molto le une dalle altre». Lorenzo Gallorini. «Ho notato collaborazione nell’area della realizzazione dei giocattoli in cui un giovane ingegnere ha introdotto nuove tecniche o macchinari per diminuire il tempo della creazione dei pezzetti per i prototipi, come ad esempio le stampanti 3D o l’uso di materiali più leggeri, meno costosi ecc. Un altro esempio di collaborazione l’ho notato nell’area marketing dove hanno affidato a una giovane ragazza tutta la parte social». Cosa vi portate a casa da questa esperienza? Giovanni Blini. «Per prima cosa ho capito che è in un’organizzazione all’avanguardia il vantaggio competitivo più importante, la seconda è che se mi guardo intor-
no mi chiedo come le strutture organizzative esistenti non si aggiornino a un modello migliore: c’è e funziona meglio per tutti. Sento che è quella la direzione che vorrei intraprendere». Francesca Delli Paoli. «Il legame che si è venuto creare con i miei compagni di squadra. Pur non conoscendoci prima di questo progetto, siamo riusciti a collaborare il più possibile. Tutto ciò cercando di condividere idee e opinioni con il fine di raggiungere un obiettivo comune». Michele Di Pasquale. «È stata un’occasione di studio pratico e non nozionistico vedere applicati alcuni dei concetti studiati sui libri, non può che aiutarci a fissarli e a farli nostri». Lorenzo Gallorini. Tutto. Dall’ini-
zio alla fine. Ho imparato a gestire molte dinamiche che la teoria sui libri non ti insegna. La vera forza della nostra squadra è stato il gruppo, dove ognuno diceva la propria opinione, la propria idea, ma nessuno sovrastava gli altri, le decisioni erano prese sempre di comune accordo ed è stato questo che ci ha portato a ottenere un ottimo risultato». Andrea Martinenghi. «Una maggiore consapevolezza dei miei punti di forza e della concreta intenzione di una parte della classe dirigente del Paese di migliorare questo paese e investire nelle future generazioni. Maggiori motivazioni. Insegnamenti che avrei difficilmente trovato altrove. Nuovi amici e contatti. La memoria di un’esperienza speciale».
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Intervista
RISTORANTE MAR’È: IL SOGNO DI UN MANAGER DIVENTA REALTÀ Reinventarsi a pochi anni dalla pensione si può. E se si ha voglia di continuare a lavorare diventa anche l’occasione per perseguire un sogno tenuto nel cassetto. Come fare? Ce lo racconta Roberto Zecchi, per anni dirigente di svariate multinazionali, che uscito dal mondo del management ha intrapreso una nuova strada imprenditoriale nel settore del food
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49 ANNI è uscito dal mondo del management cogliendo l’opportunità, offerta e non voluta, di un incentivo all’esodo importante. Un qualcosa che accade a molti e che, come ci rivela Roberto Zecchi, può diventare
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un’occasione per reinventarsi e trovare nuove strade di business, coltivando e facendo diventare realtà, imprenditoriali e remunerative, quei sogni che ognuno di noi ha riposto nel cassetto per anni. Partiamo dall’inizio… «Nel 2003, dopo un grande lavoro e il raggiungimento di obiettivi molto importanti, a causa di divergenze di vedute con il management ho accettato di lasciare la società per cui operavo a fronte di una buonuscita consistente. Un po’ spiazzato e un po’ preoccupato, ho deciso di prendermi un anno sabbatico per raggruppare le idee e pensare al mio futuro. Mi sono reso conto che sarebbe stato alquanto arduo cercare di proseguire fino alla pensione nell’ambiente manageriale aziendale a cui ero abituato. Fondo così con altri partner una società di consulenza direzionale, la Management Concepts, che svolgeva l’attività di ristrutturazione e face out di medie e piccole imprese. Per cinque anni ho aiutato vari imprenditori a trovare modi diversi di fare business sia in Italia che all’estero. Nel 2008, per
un motivo che ancora oggi non mi riesco a spiegare, ho deciso di entrare nel mondo dell’edilizia, proprio all’inizio della crisi. Il momento storico, che penalizzava in maniera importante tutti gli imprenditori nel campo edile, mi ha permesso di analizzare le problematiche che il mercato opponeva in maniera manageriale cercando di trovare soluzioni razionali che favorissero l’incontro della domanda e dell’offerta e, grazie all’esperienza maturata negli anni in differenti situazioni, mi ha consentito di avere successo, nonostante fossi neofita del settore, in un’attività che prosegue ancora oggi con successo. Nonostante tutto, sentivo però che mi mancava di realizzare comunque il mio sogno che avevo da giovane. Avere un ristorante dove incontrare tanti amici allo scopo di bere bene, mangiare meglio e stare in compagnia». Ed è qui che nasce Mar’è - Il Buon Gusto… «Per puro caso, come spesso accade nella vita, scopro che lo storico ristorante da Mauro, di cui fin da giovane ero cliente, avrebbe presto
ADVERTORIAL
chiuso i battenti. Preso da ricordi di una vita, ho deciso di portare avanti un’attività a cui ero molto legato, mantenendone l’ambiente elegante ma dandogli un nuovo corso. Così da aprile di quest’anno nasce Mar’è - Il Buon Gusto, un ristorante dal concept dedicato al “solo pescato, solo fresco, solo Mediterraneo”, dove l’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità di una proposta gastronomica fatta di sole eccellenze sono un diktat irrinunciabile. Un luogo dove i buongustai possono godere di un menu creativo che strizza l’occhio alla tradizione, proposto in un ambiente senza tempo, dall’eleganza classica e servito con cura e attenzione da uno staff capace di coccolare il cliente. Insomma, un indirizzo perfetto sia per un business lunch che per una cena rilassante. L’impegno è tanto, sia dal lato economico che organizzativo, ma sono davvero contento di fare questa esperienza che, devo dire, mi mancava. E visto il successo del ristorante stiamo già pensando di creare un laboratorio de Il Buon Gusto. Un laboratorio di pasta fresca e pasta ripiena di altissima qualità che servirà ristoranti, ma che funzionerà anche come take-away/ delivery e fast lunch con paste fresche e una scelta di sughi freschi». Cosa consiglieresti a chi come te si ritrova a dover rivoluzionare la propria vita lavorativa? «Il pensiero mi corre alla legge
Fornero che, penalizzando moltissimo tutti quelli che sono nati come me dal 1953 in poi, mi ha costretto a fare cose che non avrei mai fatto se fossi andato comodamente in pensione con la legge precedente. Ma non mi sono abbattuto e il consiglio che voglio dare è proprio quello di non scoraggiarsi, mettere da parte le preoccupazioni e far rifiorire quel sogno che si pensava di non poter più realizzare. Si può fare e, anche se le ansie non mancano come in ogni attività imprenditoriale, la mia nuova attività di ristoratore mi sta regalando tante soddisfazioni e, se devo dirla tutta, mi fa anche sentire più giovane di quello che sono».
Roberto Zecchi, già manager e direttore amministrativo e finanziario per realtà industriali e multinazionali come l’americana Armour Medicamenta del gruppo Revlon specializzata in produzione e commercializzazione di farmaci e chimica fine, l’olandese Stork Argon (macchinari per la stampa serigrafica e relativi materiali di consumo), la RoC del gruppo LVMH (cosmetica/farmaceutica), l’americana Helene Curtis International Italia (cosmetica), la Viking Office Products (cancelleria), poi consulente direzionale per svariate società, è ora impegnato nel settore dell’edilizia e più recentemente nel settore del food e della ristorazione con il suo “sogno nel cassetto”, il ristorante Mar’è – Il Buon Gusto.
Mar’è – Il Buon Gusto Via Colonnetta 5 – Milano Tel. 02.5461727 - www.mareilbuongusto.it Chiuso la domenica È riservato uno sconto del 10% a tutti gli iscritti a Manageritalia, dietro presentazione della card associativa
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Lavoro
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INIZIATIVE MANAGERITALIA
TENNIS, METAFORA DELLA VITA?
Ecco gli highlight del 31° Torneo di tennis Manageritalia che si è svolto a giugno a Santagiusta, Sardegna
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«Gli elementi basilari del tennis sono quelli dell’esistenza quotidiana, perché ogni match è una vita in miniatura», sosteneva Andre Agassi, tennista americano, già numero 1 della classifica mondiale, 60 titoli ATP in bacheca, certamente tanti ma non quanti quelli di sua moglie, Steffi Graf (107!). E così, giusto per iniziare il racconto di come sia trascorsa la 31a edizione del Torneo di tennis Manageritalia, abbiamo accontentato i caldi animi femministi (Billie Jean King docet) delle signore che, dal 23 al 30 giugno hanno calcato i tosti campi in cemento dell’Igv Club Santagiusta in Sardegna.
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Le spiagge e il mare di Castiadas (lo “scoglio di Peppino”, vedere per credere!), la meravigliosa accoglienza e i servizi del club che ci ha ospitato sono state ancora una volta la splendida cornice (per i meno avvezzi allo sport, il dipinto intero) della manifestazione sportiva. Quindi, se «Wimbledon è il Vaticano del tennis» (Giorgio Bassani, scrittore e poeta), questa location merita sicuramente la vostra attenzione: più che un pellegrinaggio, fateci un pensiero per la prossima vacanza unendovi al colorato gruppo di Manageritalia. Veniamo ora ai 57 grammi della gialla (o verde?) pallina da tennis e alle
storie che vi hanno gravitato attorno nella kermesse che, anche quest’anno, ha contato numeri di tutto rispetto: 81 tennisti iscritti dai 9 agli 80 anni, 8 tornei, 173 partite giocate tra singolari e doppi. Due acquazzoni pomeridiani hanno costretto organizzazione e tennisti a comprimere i tempi delle qualificazioni dei 6 tornei singolari, ma la buona volontà degli atleti e le regole introdotte quest’anno (che strizzavano l’occhio a quelle utilizzate nelle finali NextGen) hanno consentito al torneo di rispettare i tempi dei tabelloni dai quarti in poi. Prima di dare il giusto risalto ai protagonisti delle fasi finali, un meritato
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applauso (mai scontato!) va a tutti i partecipanti: dai tennisti in erba (alti quanto le loro racchette) fino a quelli più navigati (con piatto corde pari a una paellera), l’energia e la passione sono trasudate da ogni 15 giocato. A bel contorno al tutto, appassionati e fan appollaiati a bordo campo intenti a scambiarsi valutazioni su caratteristiche tecniche, atletiche e fair play dei tennisti.
Lamanuzzi, finalisti nel 2017, si fermano in semifinale dando così il via a una finale interamente romana tra i due classificati FIT, Massimo Malighetti e Giulio Cianfanelli, quest’ultimo sconfitto probabilmente per difetto di solidità e continuità, non certo per differenze di talento e tecnica (foto n.).
Singolare maschile associati over (trofeo Manageritalia)
Il girone di classificazione, con Luca Martinengo a pieni punti e Dario Del Medico subito a ruota, già lasciava intravedere l’epilogo. Sbrigate infatti le faccende delle semifinali, rispettivamente contro Orazio Guerra e Marco Rugginenti, è Martinengo a portare a casa il trofeo (foto n.).
Al via con 15 giocatori, le semifinali vedono impegnati gli irriducibili Ernesto Zinghini, Vessillo Valentinis e Ugo Casagranda (già protagonisti dello scorso anno) e il ritrovato Gabriele Baso, per tutti “l’uomo da battere”. E la realtà ha rispecchiato il pronostico con la vittoria di Baso sull’ottimo Casagranda che può consolarsi ritrovandosi nella cronaca che fece Roddick dopo aver perso la finale di Wimbledon 2005 contro Federer: «Ho tirato sul suo rovescio e mi ha passato, ho tirato sul suo diritto e mi ha passato. Sono stato dietro e mi ha passato anche se ero sulla linea di fondo». Paragoni (speriamo graditi) a parte, a entrambi i nostri complimenti! (foto n.).
Singolare maschile associati under (trofeo Assidir) “Il tennis non è una questione di vita o di morte. Molto di più!” rispecchia molto di questo torneo che, fortunatamente solo in alcuni casi, ha visto prevalere l’animo competitivo al carattere amatoriale della manifestazione. Andrea Rustioni e Gabriele
... e grazie a
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Singolare familiari/ospiti (trofeo Aviva)
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Singolare femminile (trofeo Manageritalia Servizi) Intrigante e pungente, così come le sue protagoniste, è stato il torneo delle signore del tennis che, per tecnica e competitività, nulla hanno da invidiare ai colleghi senza gonnellino. Si ferma in semifinale il cammino di Patrizia Riboni, detentrice del titolo, e di Raffaella Totonelli, che lasciano il passo alla finale tra Monica Di Fabrizio e Nicoletta Cavalleri. Saranno il caldo e lo sforzo profuso il giorno prima dalla Di Fabrizio a proclamare vincitrice la Cavalleri (foto n.).
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Doppio giallo maschile associati (trofeo Cargeas) Parte dagli ottavi il torneo che, al sano agonismo tennistico, unisce la
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Doppio giallo misto (trofeo Ricoh)
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suspense dell’estrazione per la formazione delle coppie. L’urna del sorteggio non sarà prestigiosa quanto quella della Champions League (trattasi di “robaccia” da calciatori), ma le palpitazioni non mancano mai. Il gruppo si snellisce, cade qualche big, lascia al secondo turno anche il presidente Guido Carella (quest’anno ai blocchi di partenza). Allo scatto finale si presentano le coppie Gabriele Baso/Stefano Barbieri e Ernesto Zinghini/Gianluca Carpio. Partita avvincente fino all’ultimo smash che vede prevalere Zinghini/Carpio (foto n.).
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Anche qui il fascino del sorteggio ma, vista la presenza di entrambi i generi, ad ogni estrazione si respira l’aria del college con il brivido dell’assortimento delle coppie che sfileranno al ballo di fine anno. Sulla pista, per il cha cha cha finale, si presentano Samanta Agosti e Flavio Coppo e, dall’altra parte della rete, Raffaella Totonelli con Marco Rugginenti. Non ce ne vogliano gli altri tennisti ma, su tutti, spicca la performance di Flavio Coppo che, con nonchalance e forte della saggezza (tennistica e non) che poggia sui suoi ormai prossimi 80 anni (auguri!), prende per mano la sua compagna e insieme conquistano il titolo (foto n.).
Singolare ragazzi under e singolare ragazzi over “La vita, come il tennis, è questione di tempi. Se arrivi in tempo sulla palla, questa approda facilmente nell’altra metà campo, ma se sei in ritardo tutti i tuoi sogni si incaglieranno in una semplice rete.” Se il tennis è metafora della vita, la voglia e l’entusiasmo che abbiamo visto in bambine, bambini, ragazze e ragazzi scesi in campo, ci fa pensare e sperare che nulla potrà fermarli nel
cammino delle loro esistenze. I migliori complimenti vanno a Giovanni Rugginenti, Federico Giordano e Federica Zavi (rispettivamente 1°, 2° e 3a classificata nella categoria “under”) e a Alessandro Fiaschi, Davide Martinengo e Gianmarco Salvetti (rispettivamente 1°, 2° e 3° classificato nella categoria “over”). A tutti e 15 i partecipanti va il nostro “C’mon!” (foto n.).
Concludiamo così «I tempi cambiano. Mi piace avere delle distrazioni, togliere un po’ la testa dal tennis. Ma alla fine so perché mi alzo tutte le mattine e perché vado a letto la sera: è per giocare a tennis». (Roger Federer) Se è vero per re Roger, è solo parzialmente vero per noi di Manageritalia; certamente il tennis è il grande protagonista dell’appuntamento estivo, ma altrettanto lo sono la voglia di incontrarsi e stare insieme, anche con la propria famiglia, per godersi un po’ di relax e il bello delle relazioni. E allora, non mancate al prossimo appuntamento del 2019!
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Attualità
ISTRUZIONE E LAVORO: ITALIA SPACCATA Cresce il divario tra Nord e Sud per quanto riguarda il livello scolastico e le opportunità professionali. Dati recenti mostrano una tendenza preoccupante e forti squilibri interni al Paese
Carla Panizza responsabile centro studi Manageritalia
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N ITALIA, a fine 2017, si stima che il 60,9% della popolazione di 25-64 anni abbia almeno un titolo di studio secondario superiore, un valore distante da quello medio europeo (77,5%). Sulla differenza pesa in particolare la bassa quota di titoli terziari: 18,7% in Italia e 31,4% nella media Ue. Dal 2008 al 2017 la quota di popolazione con almeno il diploma secondario superiore è in deciso aumento. Più contenuta, rispetto alla media europea, è invece la crescita della quota di popolazione con un titolo universitario. Il livello di istruzione delle donne risulta più elevato di quello maschile: il 63% ha almeno un titolo secondario superiore (contro il 58,8% degli uomini) e il 21,5% ha conseguito un titolo di studio terziario (contro il 15,8% degli uomini). Inoltre, i livelli di istruzione femminili stanno aumentando più velocemente di quelli maschili. Il gap di cittadinanza è molto ampio in Europa, soprattutto in Francia e Germania. Fanno eccezione il Regno Unito, dove il livello di istruzione degli stranieri
è superiore a quello dei cittadini inglesi, e la Spagna, che presenta quote di coloro con almeno un diploma secondario superiore piuttosto simili tra stranieri e locali. A differenza di quanto accaduto in altri paesi europei, negli ultimi
nove anni in Italia la quota di stranieri in possesso almeno del titolo secondario superiore si è molto ridotta e al tempo stesso non è aumentata la quota di chi ha un titolo terziario.
Formazione giovani e benessere: nodi da sciogliere Nel 2017, la quota di 18-24enni che hanno abbandonato precocemente gli studi si stima pari al 14%. Per la prima volta dal 2008 il dato non ha registrato un miglioramento rispetto all’anno
precedente. Questi dati mettono in luce le criticità dell’Italia nel cogliere l’obiettivo di portare tutti i giovani a raggiungere adeguati livelli di istruzione e, conseguentemente, nel garantire equità nei livelli di benessere della popolazione. Nel 2017, la quota di 30-34enni in possesso di titolo di studio terziario è pari al 26,9% (39,9% la media Ue): già bassa nel Nord e nel Centro (30% e 29,9%), nel Mezzogiorno si riduce al 21,6%, con un divario territoriale in aumento. Nonostante un aumento dal 2008
al 2017 di 7,7 punti, l’Italia è la penultima tra i paesi dell’Unione e non è riuscita a ridurre il divario con l’Europa. Il divario di genere è a favore delle giovani donne: è laureata oltre una giovane su tre a fronte di un giovane su cinque ed è superiore a quello medio europeo e degli altri grandi paesi dell’Unione e in forte aumento. Uno studio sui dati dell’Agenzia per la coesione territoriale e dell’Ocse per il periodo 20002015 ha cercato di stimare l’investimento pubblico per formare i giovani del Sud residenti poi emigrati prendendo in esame quanto ogni studente beneficia direttamente o indirettamente di alcuni servizi pubblici annoverati nel bilancio pubblico e relativi al capitolo “istruzione” fino al momento della laurea, fissato a un’età di 25 anni. La stima sia dell’Agenzia sia dell’Ocse del costo sostenuto ammonta a circa 30 miliardi di euro, con una media di 1,8 miliardi all’anno.
Titoli di studio e ricadute occupazionali In Italia il premio dell’istruzione, inteso come la maggiore occupabilità al crescere dei livelli di istruzione, è pari a 19,1 punti nel passaggio dal titolo secondario inferiore al titolo secondario superiore e a 9,7 punti nel confronto tra quest’ultimo e il titolo terziario. I vantaggi nell’occupazione
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ISTRUZIONE - CONFRONTO TRA ITALIA ED EUROPA Popolazione di 25-64 anni Possessori almeno di diploma secondario superiore
77,5% 60,9% 63%
58,8%
Popolazione di 25-64 anni Possessori di titoli terziari
31,4% 18,7% 21,5%
15,8%
sono maggiori proprio laddove si rilevano le maggiori criticità, ossia per le donne e nel Mezzogiorno. È chiaro che livelli più elevati di istruzione sono associati a migliori opportunità di lavoro, retribuzioni più elevate, migliori condizioni sanitarie e maggiore impegno sociale dell’individuo, con ricadute positive sulla crescita economica e sull’intera collettività. Inoltre il problema rischia di aggravarsi. Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ha dedicato un numero monografico della Rivista economica del Mezzogiorno alle università nel Meridione, da cui emerge che ogni anno il Sud perde miliardi di euro a causa della migrazione dei giovani verso le università
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del Centro-Nord: 174mila iscritti su 685mila (oltre 1 su 4) che si trasferiscono in città dell’Italia centrale e settentrionale, dove portano un indotto di oltre 3 miliardi di euro, pari a un terzo della crescita economica del Mezzogiorno dell’ultimo anno. I laureati, infatti, dopo non tornano indietro, contribuendo così a spopolare e impoverire i territori. E anzi, sono poi anche i laureati del Sud ad andare verso Nord. Dal 2000 sono stati almeno 200mila i giovani laureati che hanno lasciato il Meridione per trovare casa e lavoro da Roma in su.
Proposte per colmare il gap I flussi da Sud a Nord non sono certo una novità nella storia del nostro Paese, ma i numeri che circolano segnalano che la tendenza si va rafforzando. Molto dipende non tanto dalla qualità dell’insegnamento ma dall’aumento delle differenze nel mercato del lavoro: è comunque la strutturale carenza di occasioni di occupazione qualificata nel Sud a rappresentare, secondo gli analisti, la causa prima di questi flussi di pendolarismo. Di fatto le vite mobili dei giovani meridionali sono segmentate in tre comparti: i diplomati delle scuole medie superiori che scelgono di andare a studiare altrove, i laureati delle università meridionali che appena presa la lau-
rea partono verso Nord e i pendolari a lungo raggio, residenti nelle regioni del Sud ma che di fatto vivono/lavorano al Nord. Tra le proposte per contrastare il fenomeno, si propone di puntare su piccoli atenei del Sud potenziandoli e tenendo conto delle loro specifiche situazioni e difficoltà legate al territorio. In un quadro di doveroso incremento delle risorse complessive a livello nazionale, si può prevedere una riserva a favore delle università del Sud che ne favorisca la crescita della qualità. L’università è il luogo dove la conoscenza è prodotta e il territorio è il luogo dove la conoscenza è condivisa per il benessere culturale ed economico della comunità. Il rischio è che si arrivi a un impoverimento culturale del Mezzogiorno senza precedenti, un drenaggio di intelligenze, competenze e talenti destinato a influenzare la vita civile, amministrativa e politica: si tratta di un fenomeno rilevante con conseguenze demografiche più generali.
PER SAPERNE DI PIÙ Report Istat, livelli di istruzione della popolazione e ritorni occupazionali: i principali indicatori http://bit.ly/dir9-1-18 Svimez, una valutazione degli effetti economici di breve periodo dell’emigrazione universitaria dal Sud al Centro-Nord http://bit.ly/dir9-2-18
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Intervista
OTTO SCHARMER: LA TEORIA U SARÀ IL VOSTRO ASSO NELLA MANICA A tu per tu con il fondatore di un modello manageriale e di leadership “disruptive” tra i più apprezzati al mondo. Le applicazioni e i punti di forza per cambiare la cultura aziendale, ponendo al centro gli individui e facendo decollare il business
Otto Scharmer, docente del Mit di Boston, è uno dei più importanti studiosi di gestione del cambiamento a livello internazionale.
Enrico Pedretti
Cos’è la Teoria U? «Ci sono tre elementi chiave su cui si fonda la Teoria U. Il primo: sviluppare una struttura per riconoscere i punti ciechi di cui soffre la nostra leadership. Il secondo: articolare un metodo per attuare il cambiamento, attraverso una consapevolezza che comprenda processi, principi e altre forze esterne. Il terzo: sviluppare una nuova “narrazione” per i cambiamenti in atto nella società che sia in grado di incidere su tutti i nostri sistemi operativi, sia mentali sia istituzionali». Come è arrivato a definirla? «Le origini del modello U sono il risultato di molti incontri e dialoghi con leader del pensiero come Peter Senge, Rick Ross, Joseph Jaworski, W. Brian Arthur, France-
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sco Varela e le mie successive riflessioni sui temi del pensiero sistemico, dell’innovazione e della leadership applicata alla trasformazione. Questi mi hanno portato progressivamente alla formulazione del concetto di “presencing”, una parola che fonde “sensing” (intuire) con “presence” (presenza). Significa percepire e realizzare il più alto potenziale futuro». Nasce in un contesto di business e/o sociale? «È nato come ricerca basata sull’azione. Sono un ricercatore al MIT. La ricerca attiva funziona secondo il principio che non puoi capire un sistema a meno che non lo cambi. Come ricercatore sei coinvolto. Partecipi al cambiamento del mondo reale, piuttosto che limitarti a osservarlo. Negli ultimi 20
anni ho partecipato e collaborato a diverse iniziative di cambiamento in tutto il mondo, tra cui Cina, Indonesia, Europa, Africa, Brasile e Nord America». L’obiettivo di questa teoria è generare innovazione vera, cosa vuol dire? «La Teoria U è un approccio alle organizzazioni, alla leadership e all’innovazione che coniuga l’approccio pragmatico al cambiamento sistemico, con un senso più ampio del bene comune. Mette in risalto l’importanza della coscienza e della collaborazione per guidare un cambiamento reale». Lei dice che dobbiamo apprendere guardando al futuro che non è
ancora accaduto e vuole emergere. Cioè? «Il presencing è la capacità di percepire e realizzare il tuo più alto potenziale futuro. Non si tratta di prevedere il futuro, si tratta di percepirlo e realizzarlo così come sta emergendo. Si tratta quindi di sentirlo con il cuore, cercarlo con la mano e trasformando noi stessi in un veicolo che sappia agire in quel dato campo, in quel preciso istante del presente. È una capacità di cui abbiamo bisogno oggi in tutti i settori e sistemi della società». Quali sono quindi i punti di forza della sua teoria? «L’innovazione più importante riguarda la creazione di un meccanismo di coordinamento 4.0 che ha
come principio quello di rendere il sistema percepibile e visibile a se stesso: si chiama awareness-based collective action. ABC (azione collettiva basata sulla consapevolezza), cioè, sulla capacità di vedere il tutto. La Teoria U favorisce la comprensione di come questa collaborazione, al di là dei confini, possa essere aggregata ed estesa a sistemi più grandi: regioni, paesi e continenti». Può provocare momenti di stallo un cambiamento così profondo dell’agire quotidiano di un’organizzazione e/o addirittura rigetto? «Quando si va a rintracciare la radice indoeuropea della parola “leadership”, trovi “leith”, che si-
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Intervista gnifica “andare avanti”, “attraversare la soglia” o “morire”. Pensiamoci: la radice della parola leadership significa “morire”. Il territorio più profondo dell’ascolto richiede un lavoro interiore intenzionale per illuminare il punto cieco, ovvero la nostra condizione interiore. Connettersi alla nostra fonte di creatività nella parte inferiore della U richiede di attraversare le tre porte, o soglie, e quindi di sospendere la tua voce del giudizio, del cinismo e della paura. Questo può richiedere del tempo poiché non sempre è facile calarsi mentalmente e culturalmente in questo tipo di logica». Quali risultati evidenti genera la sua applicazione nel breve termine, anche per incoraggiare tutti ad andare avanti con convinzione? «Da un punto di vista della società, abbiamo fatto buoni progressi riguardo i problemi risolvibili con le startup o con le soluzioni all’interno delle organizzazioni esistenti. Ma è stato molto più difficile progredire riguardo ai problemi che possono essere risolti solo coinvolgendo un’ampia gamma di diversi soggetti e attraverso tutti i settori. Sfortunatamente, quasi tutte le principali sfide della leadership dei nostri tempi rientrano in questa categoria. È qui che il metodo della Teoria U può essere adoperato. Abbiamo già visto risultati negli ambiti del cibo sostenibile, della
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salute, dell’educazione e anche in merito al ri-collegamento tra interessi commerciali o di business all’impatto sociale. Siamo ancora agli inizi, ma il concetto è stato comprovato in tutti questi settori». Quanto ci vuole perché un’organizzazione riesca ad applicare e vivere la sua teoria in pratica e appieno? «È difficile da dire perché dipende totalmente da quanto i membri dell’organizzazione siano disposti, come individui e come gruppo, a lasciare andare la loro modalità abituale di ascolto, e a iniziare a impostare la loro attenzione in modo nuovo». Cosa serve per farlo al meglio? «I principi e le pratiche fondamentali della Teoria U si svolgono in cinque fasi: approfondisci il tuo ascolto; ascolta con la mente e il cuore spalancati; ascolta gli altri; ascolta ciò che emerge da te stesso; ascolta ciò che l’universo vuole che tu faccia. Crea un contenitore per il tuo core team. Poi intraprendi dei percorsi di scoperta e ascolto che ti portino nei luoghi di maggiore potenziale e ti permettano di vedere il tuo sistema da nuove prospettive. Vai in luoghi di quiete dove la conoscenza possa emergere in superficie. Ritirati e rifletti. Permetti alla conoscenza interiore di emergere. Cristallizza ciò che sta per succedere ed esplora attraverso esperimenti di prototipazio-
ne a ciclo rapido. Evolvi e scala il nuovo, co-plasmando e coltivando il più ampio ecosistema di innovazione di cui fai parte». Qual è il ruolo del manager e del management più in generale? «In qualità di dirigente, l’attenzione è sulla prossima dirompenza che ridefinisce il proprio business e su come può diventare parte della coprogettazione. Le pratiche e il presencing (l’essere presenti a se stessi e a quello che ci circonda) sono fondamentali per questo, per insegnare alla propria organizzazione a co-percepire e a co-modellare il futuro mentre emerge. Si ha bisogno di quella capacità per restare sulla cresta dell’onda, in ambiti caratterizzati da grandi travolgimenti, il che è tra l’altro un tratto caratteristico dei tempi in cui viviamo».
teplicità dei diversi stakeholder. Riflettendo in questa maniera ci si muove quindi verso uno spazio di creatività collettiva».
Come si inserisce l’implementazione della Teoria U nell’evoluzione manageriale e organizzativa in corso? «Attraverso l’apprendimento e l’applicazione dei principi e delle pratiche fondamentali della Teoria U». E come impatta su mission e cultura aziendale? «La Teoria U viene applicata per esempio nel settore finanziario (fintech). Per il loro processo di gestione le aziende usano molte pratiche di sensing, quindi sostanzialmente spostano la percezione da un modo più analitico di osservazione (basato esclusivamente sulla mente razionale) a un altro imperniato maggiormente sulla reale esperienza di un ecosistema di business che comprende la mol-
A livello pratico, dove e da chi è già stata ad oggi applicata? «La maggior parte delle idee della Teoria U e il processo del presencing sono scaturite da applicazioni pratiche, quindi lavorando a partire da situazioni di vita reale. Sono molti i partner con cui ho avuto il piacere di lavorare, tra questi Ali Baba, Daimler, Federal Express, Fujitsu, Google, Hewlett-Packard, McKinsey and Company, Nissan, La Banca Mondiale e il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite. L’elenco completo può essere trovato su http://www.ottoscharmer. com». E i risultati quali sono? «In una zona rurale di 300.000 abitanti vicino a Francoforte, una rete di medici ha applicato il processo U, coinvolgendo pazienti e medici nel dialogo. I risultati? Migliori cure di emergenza per i pazienti, cooperazione inter-istituzionale, riduzione dei costi e riduzione quasi a zero dei reclami dei pazienti. Altri esempi possono essere trovati in questa presentazione: https://www.slideshare.net/happysammy/ theory-u». Su quali problemi delle organiz-
zazioni attuali incide migliorandoli? «La consapevolezza del sistema di tipo “ego” è quando sei bloccato nella tua prospettiva del silo. È una prospettiva mono. Consapevolezza dell’ecosistema significa prestare attenzione all’intero sistema, da tutte le prospettive e da tutti i punti di vista. Il cambiamento da ego a eco è il cuore del processo U del presencing: abbiamo bisogno di lasciar andare le vedute rigide e divise a silo e di abbracciare le prospettive degli altri prestando attenzione all’interezza del sistema. Abbiamo imparato che è abbastanza fattibile. Ma ci vuole un buon contenitore, un buono spazio di “tenuta” che consenta a un gruppo di diversi soggetti interessati di compiere insieme un tale percorso». Quali sono i tre motivi che dovrebbero convincere chiunque ad abbracciare questo nuovo modo di agire? «Poiché viviamo in un’epoca di grandi disastri sociali, non possiamo affrontare le sfide del cambiamento senza attingere al contesto più ampio, che è definito da tre divisioni principali: divisione ecologica, sociale e spirituale. Questi sono il risultato della nostra crescente disconnessione dalla natura, dagli altri e da noi stessi. Il nuovo lavoro del leader richiede di prestare attenzione a queste divisioni e trovare modi pratici per rimetterle in collegamento».
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Uno di noi
GENERAL MANAGER AL SERVIZIO DEI VIAGGI DI LUSSO Puntare a un’experience distintiva per i clienti e i collaboratori: questi gli ingredienti per crescere nel settore dell’hôtellerie di lusso. Ne parliamo con il nostro manager siciliano Giovanni Nastasi di Belmond Villa Sant’Andrea, Taormina.
Giovanni Nastasi è general manager presso Belmond Villa Sant’Andrea Taormina mare.
Enrico Pedretti
Cosa vuol dire oggi essere general manager di un’azienda dell’hôtellerie di lusso mondiale in Italia? «Significa essere prima di tutto l’anima dell’hotel che ne determina il successo, in quanto si è responsabili dell’organizzazione di tutte le attività sotto il profilo tecnico e gestionale, avendo cura di mantenere la struttura sempre ai più alti livelli di efficienza, manutenzione e sicurezza. Il successo è altresì determinato dal gioco di squadra, pertanto è essenziale avvalersi di eccellenti e motivate professionalità, poiché si vince tutti assieme». Quali i must da mettere in campo, indipendentemente da azienda e settore? «È importante trasmettere allo staff la propria visione, condividendo con tutti gli obiettivi e puntando a un’eccellente qualità del
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servizio, che sta alla base di ogni azienda di successo. In particolare, nel nostro settore è fondamentale una scrupolosa attenzione alla “guest experience” per permettere all’ospite di rallentare i ritmi frenetici della vita quotidiana e riconnettersi, durante la vacanza, ai propri affetti o a quello che sta più a cuore». Come un general manager può dare contributo e valore all’azienda? «Lo sviluppo delle professionalità, con programmi di coaching, è parte essenziale dei compiti di un buon manager, con risvolti molto positivi per l’azienda che accresce il valore delle proprie risorse. Motivare e spronare quotidianamente i propri collaboratori è un fattore importante per far sì che l’intera azienda funzioni al meglio incontrando le esigenze e aspettative dei propri clienti».
MANAGERITALIA SICILIA
L’associazione in numeri
Lei è da sempre nell’hôtellerie. Come ha cominciato? È un’esperienza che consiglierebbe? «Ho iniziato a lavorare in hotel alle isole Eolie per pagarmi gli studi e mi sono subito innamorato di questa professione perché si contribuisce a rendere felici gli altri favorendone il benessere. È una sensazione molto appagante. Questa carriera la consiglierei sicuramente a un giovane, che avrebbe la possibilità di venire a contatto con diverse culture e persone di svariate nazionalità. È come se si viaggiasse intorno al mondo pur rimanendo in hotel». È in un gruppo che dichiara di essere collezionista di hotel iconici, treni e crociere fluviali nel mondo. Cosa c’è di vincente, istruttivo ed esportabile altrove in questa esperienza? «Il lusso oggi è qualcosa che riguarda l’esperienza e la nostra collezione si distingue per questo. Facciamo molta leva sull’aspetto emozionale per catturare il favore dei nostri ospiti presenti e futuri, coccolandoli all’interno degli hotel in tutti i momenti del loro soggiorno, offrendo esperienze uniche per scoprire la Sicilia o luoghi nei quali si sta soggiornando». Cosa fare per crescere professionalmente nell’hôtellerie e nel turismo di lusso? «Gli ingredienti principali sono sicuramente l’onestà, la serietà, il
rispetto e una forte determinazione. Impegno e flessibilità, unite a un atteggiamento positivo, devono andare di pari passo anche con una scrupolosa attenzione ai servizi offerti e alla soddisfazione del cliente». Come è cambiata negli anni l’hôtellerie? «Una volta l’hôtellerie di lusso era contraddistinta dal servizio in guanti bianchi e dall’atteggiamento reverenziale dello staff nei confronti dell’ospite. Oggi l’accoglienza non è fatta di soli inchini ma da un servizio attento e non intrusivo. Significa andare oltre le aspettative e anticipare i desideri dell’ospite facendo leva sulla cosiddetta “intelligenza emotiva”. Certi risultati si possono raggiungere solo attraverso una formazione continua fatta a tutti i livelli, sia in aula che on the job, oppure sfruttando delle piattaforme e-learning». Voi non vendete camere ma esperienze indimenticabili di vario tipo. Vero? «Certo, le nostre strutture offrono delle esperienze uniche e indimenticabili perché sempre più i clienti di oggi cercano il viaggio e non la vacanza. I nostri ospiti vogliono scoprire la destinazione nella sua veste autentica, integrarsi al contesto che la circonda, assaggiare i piatti tipici e conoscere le persone del luogo».
Dirigenti 111 Quadri 13 Executive professional 16 Pensionati 36 TOTALE 176 Maschi 156 Femmine 20 dati settembre 2018
Dal punto di vista manageriale Taormina, dove lei risiede, la Sicilia e il Sud come sono messi? «Taormina sta vivendo il suo momento magico dopo la grande vetrina mediatica del G7, ospitato lo scorso anno, che ha visto coinvolte in prima persona le nostre strutture Belmond. A Taormina c’è un’alta concentrazione di alberghi 5 stelle, la professionalità è molto elevata, tanto che nuove e altrettanto blasonate compagnie alberghiere internazionali hanno deciso di investire in questa destinazione». Lei è associato a Manageritalia Sicilia: che rapporto e quali vantaggi ha? «Sono associato dal 2009 e da subito ho trovato molti vantaggi. A prescindere dal supporto sanitario, ho trovato molta disponibilità nel rispondere in modo professionale a diversi quesiti. Molto apprezzate le opportunità di formazione e gli incontri organizzati, che mi hanno permesso di conoscere altri associati per scambio di opinioni».
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PILLOLE DI BENESSERE
benessere
Silvoterapia: il richiamo della foresta
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La vita quotidiana nelle città congestionate dal traffico e il lavoro in uffici non sempre salubri fanno nascere in noi un desiderio latente di ricongiungerci con la natura. Una risposta a questa esigenza diffusa? La silvoterapia. Questa pratica sta diventando di moda ed è divenuta oggetto di seminari di formazione. In cosa consiste? Passeggiare a piedi nudi nei boschi, abbracciare gli alberi, ascoltare il fruscio delle foglie e un corso d’acqua che scorre, annusare il profumo della resina, sdraiarsi su un prato e via dicendo, guidati magari da un wellness coach specializzato. Il consiglio principale della silvoterapia è quello di abbracciare gli alberi. Il modo migliore per farlo è avvicinarsi e sedersi accanto all’albero, appoggiando la schiena sul suo tronco. Dopodiché, bisognerebbe mettere la mano destra sul nostro plesso solare (all’altezza dello sterno) e la sinistra sulla schiena, sui reni, così da posizionarla tra noi e la pianta. A chi è consigliata la silvoterapia? La silvoterapia è consigliata anche in ambito medico a tutti quelli che soffrono di stress, ipertensione, insonnia e nervosismo, ma non solo. Questa pratica promette di risolvere problemi respiratori come asma e bronchite, diminuire l’ipertensione, rinforzare le difese immunitarie, diminuendo la secrezione di cortisone e attivando i linfociti NK, che uccidono le cellule can-
cerogene. Respirare aria pulita, circondati dagli alberi dei boschi, è del resto un efficace toccasana per la nostra salute. Svolge un’azione benefica sia sul nostro apparato circolatorio, stimolando la produzione di globuli rossi e riattivando la circolazione, sia sul nostro apparato respiratorio, facilitando la respirazione. A queste passeggiate si possono affiancare esercizi di respirazione e di autoconsapevolezza per riflettere anche sulle proprie radici: un’intensa e rigenerante immersione in se stessi. La silvoterapia è proposta inoltre da hotel e spa circondati da boschi e foreste. Un bagno nel bosco La pratica ha una tradizione antica e arriva dal Giappone, dove è stato coniato il termine shinrin-yoku. Il “bagno nel bosco” può prevedere dunque esercizi mirati in una cornice di pace e tranquillità, così come sessioni di quello che è stato definito il Green Hatha Yoga. Anche il mondo della formazione aziendale si sta accostando a questa disciplina, tanto che sono sempre più diffusi seminari all’interno di boschi e parchi per rinforzare il legame tra i partecipanti e superare il desiderio di competere, favorendo la creatività e produttività. Rientrati in ufficio, si dovrebbe lasciare spazio a elementi naturali: piante, poster con immagini di foreste, oli essenziali, oggetti in legno.
ARTE Claudia Corti
C
Innalzamento della Croce, olio su tela, 1611, Cattedrale di Anversa.
LA MALIZIA È NEGLI OCCHI DI UN ALGORITMO?
arte
Facebook, Rubens e la censura
DOVE La città di Anversa celebra Rubens con l’arrivo di una dozzina di opere del maestro fiammingo direttamente nella sua casa natale (fino al 13/1/2019). L’esposizione si inserisce nella kermesse culturale Baroque in Antwerp, con iniziative per tutto il 2018 (www.visitantwerpen.be)
Chissà se nel 1611, nel completare il celebre Trittico dell’Innalzamento della Croce, il pittore fiammingo Peter Paul Rubens avrebbe mai potuto immaginare che 400 anni più tardi un algoritmo avrebbe etichettato come pornografia un seno, neanche troppo in bella mostra, di Maria Maddalena e il sedere scoperto di qualche putto? Ovviamente no, al massimo avrebbe dovuto preoccuparsi del giudizio dei committenti e, cosa ben più pericolosa, della censura ecclesiastica, che peraltro, va detto, mai avrebbe obiettato di fronte a un capolavoro indiscusso di tale portata. Eppure nell’estate del 2018 anche Rubens è rimasto intrappolato nelle maglie della censura, non del Tribunale dell’Inquisizione, ma di quella ben più clamorosa del colosso statunitense Facebook. Sì, perché evidentemente i programmi adibiti al controllo di ciò che sia lecito mostrare e cosa censurare non sono in grado di distinguere tra pornografia e arte. E così nella pagina ufficiale dell’Ente del Turismo fiammingo è stato oscurato il 20% delle immagini relative a opere di Rubens contenenti nudi maschili e femminili. La risposta di Visitflanders non si è
fatta attendere: in un video divenuto virale in poche ore ha mostrato finti poliziotti all’interno della casa museo di Rubens ad Anversa nell’atto di creare una barriera davanti alle opere incriminate, invitando i visitatori a lasciare in tutta fretta le sale, proteggendoli così dal pericoloso contatto con immagini sconvenienti. È solo l’ultimo di una serie di episodi che hanno visto oscurare con la stessa motivazione la Venere di Villendorf, forse la più celebre scultura del Paleolitico, pitture parietali pompeiane, l’Origine du Monde di Gustave Courbet e perfino la Sirenetta di Copenaghen, immortalata ogni anno da migliaia di turisti. Ma torniamo al 1600. Rubens non si pose mai il problema della nudità nelle sue opere poiché ciò era pienamente consentito. Lo era tanto in opere di carattere profano quanto in ambito religioso. Nei vari e prolungati soggiorni in Italia l’artista fiammingo aveva infatti potuto osservare da vicino sia la statuaria classica sia il lavoro di Michelangelo, in entrambi i casi figure monumentali la cui nudità rappresentava addirittura un valore etico di perfezione. Nel secolo di Rubens, in cui il senso della morte era così forte e sentito, a causa delle molteplici e ripetute epidemie di peste il nudo diventava una sorta di “memento mori”, l’eterna contrapposizione tra vita e morte, tra gioia e dolore, tra sacro e profano… almeno fino all’era di Facebook.
CURIOSITÀ La storia della censura in arte è molto lunga, basti pensare al celebre caso dei personaggi del Giudizio Universale di Michelangelo, ritenuti indecenti dal Concilio di Trento e coperti a suon di foglie di fico e perizomi da Daniele da Volterra, che non a caso si meritò per questo intervento il soprannome di Braghettone.
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LIBRI Davide Mura
Il Marchionne che non ti aspetti Nominato nel 2004 al vertice di una Fiat sull’orlo della bancarotta, in tre anni Sergio Marchionne ne mette in ordine i conti, grazie allo snellimento della struttura burocratica, all’accelerazione dei processi decisionali e ai nuovi modelli. La morte prematura ha acceso la curiosità su un percorso di vita, oltre che professionale, straordinario. Ma chi era Sergio Marchionne lontano dai riflettori? Il vicedirettore di La7 Marco Ferrante ci racconta l’uomo dietro l’imprenditore. Interessante cogliere i tratti salienti della sua leadership e il modo in cui si interfacciava con i suoi collaboratori stretti. Il carisma, in lui, si esprimeva attraverso dettagli che pochi erano in grado di cogliere. Marchionne, Marco Ferrante, Mondadori, pagg. 152, 18.
Prima di mandare il figlio all’estero Stefano De Angelis ha redatto un’utile guida ricca di informazioni per i genitori intenzionati a far viaggiare e studiare all’estero i propri figli in totale sicurezza. L’obiettivo di queste esperienze altamente formative dovrebbe essere ottimizzare risultati e divertimento. Il libro è agevole e completo e affronta tutti gli aspetti pratici, come ad esempio la scelta del college e degli insegnanti madrelingua migliori. De Angelis – che ha fatto viaggiare migliaia di giovani studenti – offre preziose indicazioni su come scegliere la destinazione e su criteri per selezionare le organizzazioni a cui affidarsi, con consigli pratici per unire al tutto un sano divertimento. Ciao mamma, parto, studio e mi diverto, Stefano De Angelis, Sperling, pagg. 196, 15,90.
dall’ESTERO
Perché dobbiamo smetterla di lamentarci in ufficio
libri
Il malessere inizia per molti già la domenica: la sola idea di recarsi sul luogo di lavoro il giorno seguente genera un’ansia diffusa che diviene più acuta verso sera. Eppure, non c’è alternativa: bisogna andare in ufficio. L’umore inizia a migliorare verso il mercoledì, per stare poi molto meglio il venerdì, considerato il “giorno della liberazione”. Il lavoro dovrebbe essere un terreno di gioco dove imparare a conoscersi di più, dove sviluppare le nostre competenze e attivare i nostri talenti e renderci utili. Le due autrici di questo saggio, Christine Lewicki, coach specializzata in leadership, e Emmanuelle Nave, direttrice risorse umane con formazione in psicologa e terapia Gestalt, ci propongono una sfida, uno sforzo cosciente per non lamentarsi durante 21 giorni consecutivi. Ci sarà poi tutto il tempo necessario per porsi delle domande: che cosa si nasconde dietro la nostra lamentela? cosa cerchiamo di ottenere con questa strategia dagli effetti “tossici”? Il libro si rivolge soprattutto ai lavoratori dipendenti, ma non mancano gli stimoli per i liberi professionisti, gli imprenditori e in generale chiunque abbia a che fare con un ambiente professionale. Interessante la sezione dedicata alla psicologia delle lamentele: dentro di noi c’è l’eco di voci dell’infanzia che magari ci suggerivano scelte di vita e percorsi di carriera spesso completamente diversi da quelli intrapresi, da cui la frustrazione. Il sentimento che la nostra vita sia in modalità pilota automatico e vada avanti su binari rigidi procura allo stesso tempo un senso di profonda insoddisfazione. Una sfida, dunque, ma anche un gioco con prove da superare, esercizi di respirazione e tecniche suggerite per sviluppare i nostri sensi e permetterci di creare un legame con il nostro ambiente. J’arrête de râler au boulot! 21 jours pour être (enfin) heureux au travail, Christine Lewicki, Emmanuelle Nave, Eyrolles, pagg. 181, 11,90.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
DIPENDENZA DAI SOCIAL: COME USCIRNE Bene. Avete pubblicato sui social tutte le foto delle vostre vacanze. Le avete condivise con parenti e amici, in cambio avete ricevuto parecchi like. Le foto più belle, con relativi commenti, sono state a loro volta condivise con altre persone. Tutto il vostro network è a conoscenza delle vostre vacanze e di quanto vi siete divertiti. Molto bene. Adesso cancellate tutto. No, non ci siamo capiti. Non dovete cancellare le foto, i commenti appena pubblicati la cui condivisione vi ha fatto sentire così popolari. No, dovete proprio eliminare il vostro account. Dovete cancellarvi da tutti i social network ai quali siete iscritti. Per quale motivo? Di motivi ce ne sono almeno dieci come ci racconta Jaron Lanier, autore del libro Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social (Il Saggiatore, giugno 2018). Una di queste ragioni consiste proprio nel superare la paura da disconnessione, la sindrome FOMO, acronimo che sta per Fear of missing out, la paura di perderci qualcosa. Una paura subdola che spinge a rivolgere in modo costante il pensiero a quello che sta succedendo nel nostro network, alla necessità di essere sempre informati su tutto. Una sindrome, la FOMO, che spinge verso l’invidia, verso il bisogno di sbirciare nella vita degli altri, morsi dal dubbio che carriera, vacanze, relazioni personali altrui siano meglio delle nostre. Una percezione falsata ma amplificata dalle molteplici connessioni che proprio la struttura dei social network favorisce. All’invidia si risponde quindi con al-
trettanta ostentazione, i social ci permettono di diventare i migliori pr di noi stessi, amplificando le nostre normali vacanze ed esperienze in momenti unici, da ostentare per combattere la nostra banalità. Tutto deve essere sempre “super”. Altro aspetto amplificato dai social network (e dal mondo digitale in generale) è quello del flusso continuo di notizie: gossip, politica, concerti, economia. Un blob indistinto che si mescola ulteriormente con i post dei nostri amici, con le foto del matrimonio di nostra cugina in Australia o dei gattini della zia. Un flusso continuo di informazioni inutili che ci travolge ogni giorno e che, se non arginato, rischia di sommergerci. Come uscirne? Questo libro potrà aiutarvi a staccare la spina. Non siete ancora del tutto convinti? Lo sarete quando capirete che i social generano dipendenza, come le sigarette. La notifica lampeggiante, la richiesta di amicizia, il commento positivo al nostro post hanno un effetto sul nostro cervello. Ogni messaggio o foto che compare sul display genera una piccola scarica di endorfine alimentando così la nostra dipendenza dai social. A sostegno, l’autore cita esperimenti psicologici di scuola comportamentista che ci riportano indietro di anni. Vi ricordate l’esperimento sui cani condotto dallo psicologo russo Ivan Pavlov? Ecco, questa volta i protagonisti dell’esperimento siamo noi.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
I permessi per le visite mediche
lettere
Buongiorno, sono un quadro e lavoro presso un’azienda del terziario. Avrò bisogno di assentarmi per effettuare visite mediche e accertamenti sanitari e vorrei sapere se sono previsti permessi retribuiti a tale scopo. O.P. - Genova
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I lavoratori dipendenti hanno di norma diritto a fruire di permessi per effettuare visite mediche, accertamenti diagnostici o terapie. Tale diritto può essere disciplinato dalla contrattazione collettiva oppure, in mancanza, come avviene nel settore terziario, dagli usi o regolamenti aziendali che possono disporre: • la concessione di permessi retribuiti, previa presentazione di attestazione del medico che certifica la prestazione sanitaria e il giorno e l’orario in cui la stessa è stata effettuata; • l’imputazione delle ore di assenza al monte ore di permessi spettanti a fronte della riduzione dell’orario di lavoro (cosiddette rol) o delle ex festività; • la concessione di permessi non retribuiti. Normalmente gli accordi o i regolamenti aziendali stabiliscono anche se il tempo impiegato per recarsi sul luogo della visita sia o meno da retribuire. In alcuni casi, i permessi non vengono concessi se non in situazione di particolare urgenza o quando è possibile dimostrare che non possono essere effettuati al di fuori dell’orario lavorativo. Le assenze per accertamenti medici possono rientrare nel regime delle assenze per malattia, in particolare quando questi risultano talmente invasivi da richiedere un periodo di convalescenza, o se è necessario siano effettuati in un regime di day hospital. Naturalmente, perché l’assenza sia indennizzata come malattia, occorre che la struttura o il centro medico producano un’apposita certificazione che dovrebbe essere trasmessa telematicamen-
te all’Inps. È opportuno accertarsi di ciò con la struttura ospedaliera e, in caso di impossibilità, farsi rilasciare un certificato cartaceo che poi si deve aver cura di trasmettere all’Inps e al proprio datore di lavoro. In proposito, il ccnl dipendenti del terziario prevede che non vengano applicate trattenute sull’indennità di malattia per i periodi non coperti dall’Inps, se l’assenza avviene per ricovero in day hospital. Nei casi di cicli di cura ricorrenti per patologie di natura specialistica che comportano incapacità al lavoro (compresi i trattamenti emodialitici, chemioterapia ecc.), i lavoratori privati aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia possono produrre un’unica certificazione attestante la necessità di trattamenti ricorrenti che qualifichi ciascun periodo come ricaduta del precedente. La certificazione di tali cicli deve essere inviata all’Inps e al proprio datore di lavoro prima dell’inizio della terapia con l’indicazione dei giorni previsti per l’esecuzione. È utile a considerare, ai fini dell’indennità previdenziale, i diversi giorni di malattia come un unico evento. A prestazioni effettivamente eseguite, l’interessato deve presentare dichiarazioni periodiche della struttura sanitaria con il relativo calendario delle cure eseguite. Le assenze dal lavoro per le terapie devono comunque essere certificate nelle consuete modalità mediante certificazione telematica oppure, ove questa non sia possibile, cartacea. Fin qui si è trattato delle assenze per visite mediche durante l’attività di servizio, ma anche nel corso dei periodi di assenza per malattia può capitare che – durante le fasce orarie di reperibilità – il soggetto debba allontanarsi dalla propria abitazione per sottoporsi a prestazioni, visite o accertamenti diagnostici. In questo caso non viene meno la situazione di malattia, ma sarà necessario fornire una comunicazione preventiva al datore di lavoro e utilizzare, come giustificativo in caso di visita di controllo domiciliare, l’attestazione rilasciata dalla struttura sanitaria.
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Inserto mensile di Dirigente n. 9 / 2018
a cura di Thomas Bialas
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #47 02/ ATTENZIONE AI FAKE TRENDS 06/ DA DEEP LEARNING A DEEP RETAIL 08/ LA MORTE TI FA GOOGLE SAVE THE DATE: IL MANAGER ACROBATA MICO MILANO CONGRESSI, 30/10/2018 https://tinyurl.com/yazrsg62
Il multiperformer Specie in via di apparizione Quali sono i mestieri e lavori del futuro? Quali nuove figure professionali nasceranno da qui al 2030? Se lo chiedono tutti in tutte le stramaledette occasioni (forum, scenari, talk show). Giovani e vecchi. Giornalisti e ricercatori, politici ed “esperti”, istituzioni e aziende. Chiarisco subito. Chi se ne frega. Le vere domande sono due. La prima, per palati fini e anticonformisti: se il lavoro non ha più bisogno di noi, allora perché avremmo bisogno di lavorare? La seconda, per palati abituati alla
radice del problema: quali sono le competenze del futuro? Non cosa vuoi fare domani ma chi vuoi essere domani. Qualità. O meglio, scelte vocazionali e non opportunistiche. Ho cambiato mestiere infinite volte (per pudore non svelo il numero) e una piccola cosa l’ho imparata. Se il multicereale fa bene alla salute allora la multiperformance fa bene al lavoro (il proprio). Capacità e prestazioni multiple. Una cultura e un’istruzione molto diversificata e variegata. Esprimersi e bene in
molti ambiti come i grandi musicisti polistrumentisti dotati di notevole flessibilità e capacità di adattamento in tempi rapidi. L’altra cosa che ho imparato è che di questi tempi tutti sono condannati a essere anche creativi, anche un parrucchiere, anche (a maggior ragione) un manager. Ho visto fallire parecchi parrucchieri da uomo (che sanno tagliare i capelli) e nascere pochi parrucchieri da uomo (che sanno dare un taglio ai vecchi format) per mancanza o abbondanza di originalità.
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––Future change Cambiare prospettiva
––Future stories Attenzione ai fake trends Niente è come sembra, niente è come appare perché niente è reale, anche se pubblicato sulle più note riviste di economia e affari. Il problema vero, almeno per le aziende, non sono le fake news ma i fake trends con storie di business che fanno presagire tendenze, scenari e mercati dove magari buttarsi. La superficialità è diventata negli ultimi dieci anni la cifra stilistica di molta stampa. Potrei citare esempi all’infinito (li raccolgo per studio), ne cito due. L’immenso boom del bike sharing in Cina era stato ovunque salutato e commentato come l’ennesima conferma che la sharing economy è il trend, salvo poi scoprire che si trattava di un’enorme bolla con montagne di biciclette abbandonate e arrugginite e startup miliardarie finite in bancarotta. Disastro ambientale, altro che green trend. Ancora più “fake” la storia di Elizabeth Holmes, giovane imprenditrice osannata sulle copertine delle riviste come la Steve Jobs donna, per la sua startup Theranos con cui prometteva di rivoluzionare le analisi con una sola goccia di sangue. Peccato che era (pare) una truffa e ora rischia vent’anni di carcere per frode. Morale: piedi per terra, cervello vigile e investigativo (vedi Future FAQ).
http://hubot.org https://tinyurl.com/yd67tjna https://tinyurl.com/yd4dpft8 https://tinyurl.com/yddc2wnc https://www.theranos.com
DIRIGIBILE #47
––Future jobs Singing package deliverer Sai cantare e rendere la gente felice? Il tuo prossimo job? Corriere cantante. Ottimo per compleanni, anniversari o serenate. Questo almeno il parere di Hubot, una simpatica finta agenzia di lavoro olandese per persone e robot. Hubot non si limita a provocare con curiosi ma plausibili mestieri futuri (organ designer, remote savior, digital detox dietitian, robot cocca e data waiter), ma ha anche un’anima più seria: esplorare il futuro del lavoro e ispirare istituzioni, aziende, persone, compresi quelle escluse dal mercato del lavoro anche con mostre-evento camuffate da agenzia di collocamento che mette in scena il lavoro del futuro con prospettive nuove e di rottura.
––Future FAQ Not so frequently asked question Faccio il giornalista da una vita e so che a una buona domanda spesso corrisponde una buona risposta. In termini aziendali e manageriali buone domande portano a buone soluzioni e innovazioni. L’arte di pensare (e domandare) l’impensabile viene poco insegnata ed è un male. Soprattutto le domande sul futuro andrebbero formulate quotidianamente. Fra dieci anni ci saranno ancora stazioni di servizio e banche? Quante professioni spariranno a causa della digitalizzazione? Certo, siamo ancora sul generico e infatti l’impresa deve porsi domande scomode, inusuali e “profonde”. In Grammatica della fantasia (1973), Gianni Rodari ci introduce all’arte di inventare storie (che poi significa porre domande). Dunque insegnare ai collaboratori a pensare con il punto interrogativo. Non basta però. Mi sento di consigliare l’introduzione in azienda di uno spazio chiamato “Future room”, una stanza per immaginare futuri da incubo e da sogno. Proprio quando le cose vanno bene la stanza diventa fondamentale (vedi Kodak, Blockbuster, Nokia ecc.).
––Future digital L’affermazione digitale Tutti a parlare di trasformazione digitale. Ottimo. Perché è il tema del momento. Però a dirla tutta è un po’ tardi per parlarne. La cosiddetta trasformazione digitale è avvenuta più di dieci anni fa. Oggi niente è digitale perché tutto è già digitale e l’adozione seriale di piattaforme e strumenti non è più sufficiente, così come le soft skill e il sempre citato digital mindset. Meglio allora parlare di affermazione digitale. Perché è tempo di passare dalla trasformazione (abilità e intensità dell’applicazione digitale in azienda) all’affermazione (reale impatto dell’applicazione digitale sul mercato e business). Questione di testa. Il digital impact misura la reale efficacia dell’agire digitale. Ragiona in termini strategici di affermazione e successo. Un disco in vinile che diventa file musicale digitale è trasformazione, mentre un file musicale che ottiene un milione di download è affermazione. Ovvio, ma spesso ignorato, altrimenti non accadrebbe, come invece accade, che affermate multinazionali pubblichino foto di prodotto su Instagram per avere 3mila follower (meno di mia nipote).
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––Future retail Per molti ma non per tutti Tutti preoccupati e ossessionati. C’è vita fuori dall’online? Per chi e soprattutto come? Per molti non resterà che la nostalgia dei bei tempi andati. Ma per pochi i bei tempi iniziano proprio ora. ––Hungry retailer Amazon, il divoratore
––Retail thinking Pensa a qualcosa
Amazon non è mai sazio o forse ha solo il verme solitario o forse vuole solo essere solitario sul mercato. Difficile stare dietro a tutto quello che combina, quindi cito solo una recente notizia che ho letto sul Wall Street Journal: Amazon compra per circa un miliardo di dollari Pillpack, una startup nata 5 anni fa, specializzata nella consegna a domicilio di farmaci. Non un “postino” qualsiasi, ma una società innovativa che consegna al cliente un dispositivo che contiene tutti i medicinali correttamente divisi (già razionati) per giorno in bustine etichettate. In questo modo basta sfilare quotidianamente dalla bocca del dispender ogni bustina. Ottimo per anziani (e non) smemorati. Pessimo per tutti gli altri (concorrenti). Walgreens, Rite Aid e Cvs, sono (pare) già crollati in Borsa. La fame continua.
Per innovare bisogna prima pensare a qualcosa di diverso. Rimango sempre di sasso quando vedo fallire negozi con una sorta di fatale rassegnazione. C’è un enorme spazio per nuovi format ma solo se alla professionalità (saper fare il proprio mestiere) si affianca la creatività (saper pensare altri mestieri). Prendete i parrucchieri da uomo (in evidente crisi d’identità) e immaginatevi dei menù con taglio e aperitivo e angolo detox. Insomma, c’è da creare all’infinito. Oppure pensate alle frontiere gourmet che si possono dilatare all’infinito. I più svegli hanno già trasformato il Kebab in una esperienza premium, anche nel design del locale, vedi a Milano Babek o Mariù e a Wiedikon (Zurigo) il nuovo Ayverdis. Idee dunque. Poi certo si può sempre tentare la scorciatoia tecnologica, come ha fatto la spagnola Evvo con SuperLab, progetto di supermercato del futuro che fonde online e offline per offrire una nuova esperienza interattiva ai clienti, ma molto meglio pensare qualcosa di inaudito come un negozio (a cui non importa se venga venduto qualcosa (online o offline) poiché espone e fa provare articoli di altri.
DIRIGIBILE #47
––“Alline” retailer Nessuna linea di confine E-commerce (commercio elettronico), a-commerce (commercio automatizzato), online, offline, per loro tutto è uguale. Loro vogliono avere successo su tutta la linea. Nessuna linea di confine, di demarcazione, di separazione. Essere ovunque in ogni contesto senza inutili divisioni. Loro sono quelli che vi fanno soffrire, sono i Jeff Bezos che vi rubano la merenda e che arrivano sempre prima e ovunque (ora Amazon consegna direttamente nel bagagliaio della vostra auto parcheggiata in città), sono i Jack Ma che vi lasciano le briciole (di Alibaba il record assoluto dello shopping online, durante la giornata dei single, con 25,4 miliardi di dollari in 24 ore). Sono macchine da guerra lampo che occupano ogni territorio, prima l’online e poi l’offline (il colosso online JD.com ha annunciato di voler aprire nel 2019 1.000 negozi fisici al giorno – sì, avete letto bene – con l’obiettivo di arrivare nei prossimi anni a un milione di convenience store).
––Online retailer Diamo i numeri Qualche dato (da ecommerceDB.com whitepapers) di contorno può tornare utile per capire chi padroneggia online. La classifica che segue prende in esame i primi 10 negozi online negli Stati Uniti, in termini di vendite effettuate (in miliardi di dollari) durante tutto l’anno 2017.
http://superlabproject.com https://www.mariukebab.it https://ayverdis.ch https://tinyurl.com/y84qqctq https://tinyurl.com/yaeektvd https://tinyurl.com/yaemy3pw https://tinyurl.com/y7gwt8ql https://tinyurl.com/ybp2dou2 http://eatyourfeed.knorr.com https://tinyurl.com/ycxsgunu https://tinyurl.com/y7runmwu
https://tinyurl.com/ycd67tcs https://tinyurl.com/y9ptku3r http://looxidlabs.com https://tinyurl.com/ydfh7d3v https://tinyurl.com/ybzf3ftg https://tinyurl.com/y8mr55pf https://imagr.co https://aws.amazon.com/it/rekognition/ https://tinyurl.com/y8pk3n8k https://cloud.google.com/vision/ https://b8ta.com
1
AMAZON con $ 52,80
2
WALMART con $ 14,01
3
APPLE con $ 6,27
4
THE HOME DEPOT con $ 5,80
5
BEST BUY con $ 5,38
6
MACY’S con $ 3,99
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TARGET con $ 3,62
8
KOHL’S con $ 3,61
9
COSTCO WHOLESALE con $ 3,47
10
WAYFAIR con $ 3,39
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––Future retail Diversamente abili Bisogna essere diversi. Più magici, profondi e automatizzati. I retailer cercano di reimmaginare tutto facendo ampio uso delle nuove tecnologie per stupire con servizi mai visti (forse) prima. Motivo? Il solito: lo spazio si è rimpicciolito. ––Da point of sale a point of magic Diventare il genio della lampada del consumatore per esaudire ogni suo desiderio. Ecco il retailer magico. Un genio in versione “4.0” la cui lampada si può strofinare (e dunque interrogare) tramite smartphone, smartwatch, smart speaker e tanto altro ancora. Prendete Google Vision o Amazon Rekognition che promettono (lo scrivo in inglese perché rende meglio l’idea) un “totally shoppable physical environment”. Inquadri con il device un oggetto qualsiasi (delle scarpe da passeggio in città) e subito hai tutte le informazioni e opzioni di acquisto. Capacità di ricerca visuale spesso supportata dalla realtà aumentata, come nel caso di ARKit, applicazione di Apple per iPhone iPad, di Ikea Place, l’app in realtà aumentata per visualizzare il mobile in casa e dei camerini in realtà aumentata realizzati da Alibaba in partnership con i grandi magazzini InTime. Obiettivo? Essere onnipresenti ed efficienti in ogni contesto dove il potenziale cliente “transita” in quel preciso istante con personalizzazione istantanea, ripeto istantanea. Non facile ma da provare.
DIRIGIBILE #47
––Da e-commerce ad a-commerce
––Da deep learning a deep retail
Accompagnare il cliente passo per passo in ogni scelta e decisione. Ecco il retailer automatizzato. Le persone nella versione “lavoratori” vedono con paura l’automazione che produce disoccupazione, ma al contempo nella versione “consumatori” vedono di buon occhio l’automazione che produce semplificazione (mai stupirsi dei sentimenti multipli e contraddittori del genere umano), in ogni fase della shopping experience: “Trovami il prodotto giusto, negozia il miglior prezzo, prenota il mio prossimo appuntamento, consegna quando sono in casa, gestisci le mie finanze, anticipa e personalizza ogni mio desiderio”. Una rivoluzione a ritmo di algoritmo e a suon di digitale, vocale, facciale, gestuale, virtuale, geospaziale e artificiale (intelligenza) che rende possibile il passaggio dal commercio elettronico a quello automatizzato. Gli esempi sono infiniti – consegnare, come fa Freda, gli assorbenti proprio quando il cliente ha il ciclo; addebitare, come fa Revolut Pay-per-Day, l’assicurazione solo quando sei in viaggio, chatbot o assistenti digitali (vedi smart speaker Amazon Echo) sempre più performanti – e dunque suggeriamo di scaricare lo scenario a-commerce (vedi link).
Conoscere il cliente meglio di quanto il cliente conosca se stesso. Ecco il retailer profondo. Imparare, dunque, dal deep learning. Certo, i grandi dati (in quantità e qualità come gli emotional data) sono la forza di gravità che attrae (indirettamente) i clienti. Sapere tutto per sapere offrire esattamente quello che il cliente intimamente (forse) vuole. Allora ben vengano (si fa per dire) cose come Eat your Feed di Knorr per ricette personalizzate sui feed del proprio Instagram, brevetti (assai discutibili) come quello di Walmart per una tecnologia che rileva lo stato emotivo dei consumatori mentre girano per il negozio, esperienze di shopping subconscio (eBay con Saatchi Art), proposte di viaggio basate su dati emozionali (Air New Zealand) e display pubblicitari nelle metropolitane (São Paulo Metro’s Yellow Line) dotati di sensori e tecnologia di riconoscimento facciale per monitorare la reazione delle persone. Tutto questo è la semplice e inevitabile evoluzione della personalizzazione: non chiedere ciò che il cliente vuole, non ingaggiarlo ma scoprire le preferenze più profonde. Fa molto big deep brother? Ovvio. E la privacy? Best fake news ever.
SCARICA LO SCENARIO A-COMMERCE http://www.cfmt.it/sites/default/files/ magazine/2018-07/FMT-SIGH_20_ aCOMMERCE_maggio2018.pdf
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FUTURETECH
INVENZIONI & INNOVAZIONI
LA MORTE TI FA GOOGLE Scoprire la data di morte con un grado di precisione del 95%. Quando senti certe sparate sai con precisione che sono in ballo algoritmi e intelligenza artificiale. In questo caso c’è di mezzo Google, quindi una “garanzia” per piazzare la notizia. Pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature (sempre sensibile alle grandi fonti) e ripresa dalla stampa di tutto il mondo, lo “scoop” di poter prevedere in modo affidabile rischio di mortalità e di nuovi ricoveri (analizzando dati di gente in ospedale)
dimostra ancora una volta che il futuro è in mano a pochi abili affabulatori. In ogni caso puntare, per diversificare, sulla sanità (e sulla più sempre precaria salute degli umani) è cosa buona e giusta per monetizzare. Lo sa pure l’altro grande diversificatore (e monopolizzatore): quell’Amazon che, con un laboratorio di ricerca chiamato “Grand Challenge” ma anche “1492” e “Amazon X” e tenuto fino a oggi segreto, cerca di entrare in grande stile nel ricco settore dell’Health Care con un approccio pigliatutto (come modello): diagnosi, cura e consegna a casa.
JAMESLAWCYBERTECTURE.COM
FESTO.COM
Ricavato da vecchie tubature del sistema fognario, OPod è una soluzione a basso costo per giovani coppie che non possono permettersi abitazioni convenzionali. https://www.youtube.com/watch?v=3aZhWV1fN7Y
LIGHTVERT.COM
Pubblicità oculare. Con un unico flusso di luce e un unico riflettore, la startup inglese Lightvert proietta la pubblicità direttamente nell’occhio del consumatore. https://www.youtube.com/watch?v=QsIlQfglA6c
Dalla multinazionale tedesca Festo, un robot subacqueo autonomo a forma di seppia, ideale per compiti di precisione. https://www.youtube.com/watch?v=fRNq55EbnZc
PIGGYBANK.NG
Dalla startup nigeriana fintech Piggybank una piattaforma online che supporta e aiuta le persone a risparmiare con premi (interessi) per gli obiettivi raggiunti. https://www.youtube.com/watch?v=WUU7ws750pk
KARTENT.COM
A KarTent il prestigioso premio Red Dot Design per queste tende in cartone sostenibili e interamente riciclabili, ideali per festival musicali e raduni in generale. https://www.youtube.com/watch?v=yTpEaeGB_Nw
NANOLLOSE.COM
Nulla si crea, nulla si distrugge con Nullarbor, una nuova ecofibra a uso tessile ricavata dalla biomassa di scarto dell’industria di trasformazione della noce di cocco. https://vimeo.com/271195515
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Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
QUADRI
LE DIMISSIONI VOLONTARIE Tutto quello che c’è da sapere sui tempi e le modalità Mariella Colavito
ufficio sindacale Manageritalia Lombardia
L
a risoluzione del rapporto di lavoro, oltre che per licenziamento, può aver luogo per dimissioni, ossia su iniziativa del lavoratore. Sebbene la legge non dica nulla a riguardo, quasi tutti i contratti collettivi richiedono per le dimissioni la forma scritta. E, senza dubbio, l’atto scritto è l’unico mezzo idoneo a dare certezza alla volontà del lavoratore e a determinare la decorrenza dei termini di preavviso.
Preavviso di dimissioni Ci sono dei termini di preavviso da rispettare. Spesso tali termini coincidono con quelli stabiliti per il licenziamento, con alcune eccezioni[1]. I contratti dei trasporti, della logistica e delle agenzie marittime prevedono, per il licenziamento, termini di 2 mesi e 15 giorni, per i quadri che non hanno superato i 5 anni di servizio, 3 mesi e 15 giorni, per i lavoratori con anzianità compresa tra i 5 e i 10 anni, 4 mesi
e 15 giorni, per i quadri con oltre 10 anni di servizio. Questi termini, in caso di dimissioni, vanno ridotti della metà. Il contratto del terziario[2], invece, prevede termini di dimissioni ad hoc: 45 giorni di calendario per i quadri con anzianità fino a 5 anni, 60 giorni per anzianità tra i 5 e i 10 anni di servizio e 90 giorni in caso di anzianità superiore a 10 anni. Il preavviso di dimissioni può essere svolto in servizio, lasciando così intatti per tutta la sua durata i diritti e gli obblighi connessi alla prestazione lavorativa, oppure può essere corrisposta l’indennità sostitutiva. A fronte delle dimissioni, il datore di lavoro, su richiesta del lavoratore, potrà rinunciare al
[1] art.
36, Parte generale del ccnl unico della logistica, trasporto merci e spedizione dell’1/8/2013; art. 40, ccnl 17/4/2014 per i dipendenti agenzie marittime.
[2] art.
241, ccnl 18/7/2008 dipendenti terziario.
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MANAGERITALIA QUADRI
R
preavviso, senza pagamento della relativa indennità, interrompendo così con effetto immediato il rapporto lavorativo.
Esonero prestazione Qualora invece sia l’imprenditore, di sua iniziativa, a esonerare il lavoratore, dovrà corrispondergli l’indennità sostitutiva. Il dipendente che si dimetta senza rispettare i termini di preavviso sarà tenuto a risarcire il danno subito dal datore di lavoro: quest’ultimo, infatti, potrà trattenergli dalle spettanze nette di fine rapporto l’importo lordo delle retribuzioni dei mesi non lavorati. Un’eccezione a quanto detto è contenuta nei contratti collettivi dei dipendenti di aziende del settore trasporti, della logistica
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e delle agenzie marittime: il datore di lavoro ha facoltà di troncare il preavviso, sia all’inizio che durante lo svolgimento, senza corrispondere alcuna indennità sostitutiva.
Dimissioni telematiche: come funziona A partire da marzo 2016 le dimissioni devono essere formalizzate, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematica[3]. Non è più sufficiente, quindi, una semplice lettera consegnata al datore di lavoro. La procedura – che prevede la compilazione telematica di un modulo contenente i dati relativi al lavoratore, all’azienda e al rapporto di lavoro – può essere effettuata personalmente dal
quadro sul sito dell’Inps o del ministero del Lavoro. In questo caso è necessario munirsi del Pin dispositivo dell’Inps o dello Spid (Sistema pubblico di identità digitale). In alternativa, il dipendente potrà rivolgersi a un soggetto abilitato (Manageritalia, patronato, Ispettorato territoriale del lavoro) che avrà il compito di identificare il lavoratore, compilare i dati e inviarli al ministero del Lavoro. Entro 7 giorni dalla trasmissione del modulo il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni con le medesime modalità.
[3]
art. 26, decreto legislativo 151/2015; decreto ministeriale del 15 dicembre 2015.
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LA POLIZZA NUOVA CAPITELLO “3176” Dal 15 settembre è sottoscrivibile la Polizza Nuova Capitello “3176” utile a soddisfare le esigenze di accantonamento individuale degli affiliati all’Associazione Antonio Pastore associati a Manageritalia e ai loro familiari
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ASSIDIR
uò capitare di avere una disponibilità finanziaria da investire: scadenza di precedenti investimenti, liquidazione di premi economici da parte dell’azienda presso la quale si presta servizio, ricavi derivanti dalla vendita di un bene immobile, un’eredità o una vincita. Gli affiliati Antonio Pastore iscritti a Manageritalia possono accedere a un prodotto assicurativo “vita” messo appositamente a punto dalle imprese assicuratrici Aviva Vita e Generali Italia, che si rivela come un’interessante forma di risparmio/investimento: la
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Polizza Nuova Capitello “3176” a premio unico una tantum. Questa polizza sostituisce la precedente “Capitello”, nata nella sua prima stesura nel 1999, e presenta sostanziali differenze rispetto alle precedenti convenzioni che si sono susseguite nel tempo.
Caratteristiche e dettagli La Polizza Nuova Capitello “3176” è tecnicamente una polizza mista a premio unico con rivalutazione annua del capitale prestata da Aviva Vita e Generali Italia. I premi versati in forma una tantum confluiscono nelle stesse gestioni separate che le citate imprese assicuratrici utilizzano per la gestione dei premi relativi alle Convenzioni Capitello e Antonio Pastore precedenti, ovvero la gestione separata Previr. Per quanto riguarda le caratteristiche di chi può sottoscrivere la polizza ricordiamo che è necessario essere iscritti a Manageritalia in qualità di dirigenti, ex dirigenti, quadri, ex quadri e avere un’età all’in-
gresso compresa tra i 20 e gli 85 anni. La sottoscrizione è consentita anche ai familiari in linea retta degli stessi associati (coniuge, figli, genitori e nonni). Il contraente/assicurato potrà versare un premio unico una tantum non inferiore a 15.000 euro e non superiore a 1.000.000 di euro annuo. Nel rispetto dei massimali annui, la sottoscrizione della Polizza può essere fatta anche più volte in un anno.
I costi I costi applicati al premio unico si limitano a: un importo fisso di 30 euro per sottoscrizioni fino a 20.000 euro; una percentuale una tantum, definita tecnicamente “caricamento”, che varia da 3,5% fino a 0,5% in funzione dell’importo del premio versato. Sul rendimento delle gestioni separate è previsto anche un minimo trattenuto annuo pari allo 0,70%. Pur considerando l’assenza, su questa polizza, di un rendimento minimo garantito annuo e del con-
solidamento del capitale maturato e che le performance passate non possono essere indicative di quelle future, i rendimenti riconosciuti dalle gestioni separate si sono sempre attestati ai massimi livelli del mercato assicurativo. A scadenza è comunque previsto un capitale minimo pari al premio investito al netto degli eventuali riscatti parziali effettuati.
Scadenze e riscatti La scadenza è fissata al raggiungimento del 90° anno di età. In caso di decesso nel corso del periodo di durata contrattuale è prevista la liquidazione del capitale maturato ai beneficiari designati. La Polizza Nuova Capitello “3176” permette non solo il riscatto totale in qualsiasi momento prima della scadenza contrattuale (a condizione che sia trascorso almeno un anno dalla data della sua stipulazione), ma anche la possibilità di riscatti parziali, con un minimo di 10.000 euro e lasciando comunque in giacenza un capitale pari almeno a 10.000 euro.
Perché Le caratteristiche della Polizza Nuova Capitello “3176” costituiscono quindi una risposta alle esigenze di accantonamento di un capitale ai fini di risparmio/ investimento. Tengono inoltre conto dell’attuale situazione dei mercati finanziari che non consente più alle imprese di assicurazione di fissare un rendimento minimo garantito annuo, com’era previsto invece nelle precedenti convenzioni “Capitello”. Giova qui sottolineare come la
situazione economico-finanziaria, notevolmente cambiata (vedi articoli di approfondimento a cura di Marco Liera su Dirigente n. 10-11-12/2017), abbia influenzato la creazione di nuovi contratti assicurativi e anche le scelte di welfare per la nostra categoria, sia a livello collettivo sia a livello individuale. Manageritalia, infatti, è impegnata da molti anni con la propria controllata Assidir per mettere a disposizione dei propri associati non solo delle tutele assicurative e previdenziali a carattere collettivo, ma anche soluzioni, ugualmente molto valide, per esigenze individuali dei singoli associati. Ci riferiamo a scelte di carattere personale, da non confondere quindi con le polizze collettive e cumulative (“vita” e “danni”) legate al nostro contratto collettivo nazionale di lavoro prestate dalla convenzione stipulata dall’As-
sociazione Antonio Pastore (Convenzione 3175). Ciò significa che, pur godendo di alcune condizioni particolarmente favorevoli, ogni affiliato all’Associazione Antonio Pastore, associato a Manageritalia, potrà accedere alla Polizza Nuova Capitello “3176” solo se e quando vorrà, secondo le proprie disponibilità. Per saperne di più contatta ASSIDIR
numero verde 800401345 email info@assidir.it Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Prima della sottoscrizione leggere attentamente il fascicolo informativo disponibile sul sito di Assidir. I prodotti sono emessi da Aviva Vita SpA sede legale e sede sociale in Italia Via Scarsellini 14, 20161 Milano. Pec: aviva_vita_spa@legalmail.it. Capitale sociale € 155.000.000 (i.v.) R.E.A. di Milano 1676319 Iscrizione al Registro delle Imprese di Milano e codice fiscale 08701770151. Partita Iva 05930150015. Società soggetta a direzione e coordinamento di Aviva Italia Holding SpA. Impresa autorizzata all’esercizio delle assicurazioni con decreto del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato n. 17860 del 9/9/1988 (Gazzetta Ufficiale n. 223 del 22/9/1988). Iscrizione all’albo delle Imprese di assicurazione n. 1.00075. Iscrizione all’albo dei gruppi assicurativi n. 038.00009.
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E TAX&FINANCE
ITE
MARKETING E VEND
marketing networking Social media nali di social ca i e re ia d si e 30 novembr Come pre e - Milano, 22 br to ot 18 e Roma, 3 gitale Marketing di l customer ia digitali ne ed m ei d o ol Il ru consumatori journey dei ottobre bre - Bari, 12 Milano, 5 otto
CFMT
ui. ixata sono q AR u VReady? , virtuale e m ta ta en m au Realtà nti? Voi siete pro novembre e - Roma, 12 br to ot 16 , Milano
Economics 4 Manager Un progetto in 5 giornate su come ges le tematiche tire economico-fi nanziarie e l’interpreta zione del bila ncio Roma, a part ire dal 25 se tte m bre Milano, a pa rtire dal 7 no vembre
Introduzione alla fatturazi one elettronic Analizzare a compiutamen te, con taglio pratico e op erativo, le no vità normativ Milano, 9 no e vembre - Ro m a, 13 novembr Bologna, 14 e dicembre
Gdpr, il nuov o regolamen to Ue sulla pr Come camb ivacy ia la protezi one dei dati: sulle aziend l’impatto e Napoli, 18 se ttembre - Pa lermo, 19 ot Roma, 29 otto tobre bre - Genova, 4 dicembre Milano, 19 di cembre
LEADERSHIP & PEOPLE MANAGEMENT Chi domanda... comand a! Cambiare le regole degli incontri: oggi la conversazione la guido io! Roma, 26 settembre - Tor ino, 27 novembre Milano, 12 dicembre Eugolf - Emotion & Execut ion Lezioni di empowerment manageriale sul campo da golf Pieve Emanuele (Mi), 18 settembre Cagliari, 5 ottobre - Rom a, 10 ottobre Le parole: finestre o muri? Prevenire e gestire i con flitti nei contesti organizzativi Firenze, 19 ottobre - Udine , 27 novembre
PER INFORMAZIONI:
MILANO
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STRATEGIA E ORGANIZZAZIO
n e Industry 4.0 Digital transformatio itale cavalcare l’onda dig o, Anticipare il futur e br em Milano, 12 dic Roma, 24 ottobre o il business model Crescere ripensand ccesso l’innovazione in su Come trasformare Milano, 6 novembre Brescia, 4 ottobre gement Agile project mana ile per lla metodologia Ag de Scopri i vantaggi etti la gestione dei prog - Milano, 10 ottobre re mb Firenze, 26 sette Roma, 15 novembre
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ROMA
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La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.
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LEARNING PATH: WELLNESS 360° I segreti dello sport e altre tecniche per superare lo stress e potenziare le capacità di leadership
I
l Learning Path “Wellness 360°” è costruito per coloro che pensano che essere manager non significhi solo avere capacità gestionali e organizzative, ma anche capacità di governare il pensiero e gestire le proprie emozioni. In sostanza: essere, non solo fare. Energia interiore, ottimismo, impegno, disciplina e resilienza sono competenze che accomunano la professione del manager con le attività di un atleta. Questo Learning Path punta a migliorare il benessere fisico ed emotivo e, di conseguenza, genera effetti positivi sulla capacità del manager di guidare il team e i progetti. È ideale per chi mostra segnali di stress e vuole combatterli, per chi vuole attingere dalle tecniche dello sport e della meditazione per potenziare le capacità di leadership e per chi desidera sviluppare le capacità di resilienza e ottimismo per superare le condizioni di stress causate dalle responsabilità del proprio ruolo.
I learning path Percorsi già tracciati, per esperienze di apprendimento personalizzate ll format Learning Path è stato ideato per passare dalla logica della singola attività formativa a quella dell’esperienza di apprendimento integrata e blended. Ciascun Learning Path, che presenta una selezione di pillole formative, corsi online e giornate di formazione in presenza, permette di creare la tua storia della formazione a par-
tire da una narrazione che abbiamo immaginato per te. Ogni Learning Path è suddiviso in più aree per permettere di affrontare diverse tematiche e più discipline di apprendimento. Il Learning Path Wellness 360°comprende: Yoga & Mindfulness per il benessere emotivo; laboratori per gestire lo stress e aumentare la resilienza; situazioni mutuate dalle più diverse discipline sportive per esercitare la propria leadership e la capacità di stare in squadra. La partecipazione è flessibile e modulabile in base alle esigenze: ogni attività può essere fruita singolarmente e non prevede propedeuticità.
Wellness 360°: le prossime attività a calendario Running manager Attività fisica e sport possono diventare strumenti per aumentare coinvolgimento, motivazione nei singoli e coesione nei team. La corsa è funzionale a creare una forma mentis adeguata a gestire lo stress. Segrate, Palacus Idroscalo 27 settembre, 9-13
EcoBodyMind Gran parte dei sintomi negativi legati allo stress riguardano in modo particolare l’umore e la nostra normale capacità di reagire agli eventi esterni. Questa abilità può essere migliorata. Milano, 15 novembre, 9-13 Bologna, 29 novembre, 9-13
Mindstrength La ricerca scientifica ha dimostrato che l’abbinamento movimento/ stimoli cognitivi è il metodo più efficace per stimolare e rendere più performanti le capacità cognitive. La metodologia Mindstrength abbina esercizi complessi dal punto di vista cognitivo con la stimolazione motoria. Segrate, Palacus Idroscalo 5 ottobre, 9-13
Vincere sotto pressione Insegnamenti per il management dal mondo dello sport competitivo ad alto livello I partecipanti, supportati da un questionario di autovalutazione, saranno accompagnati da un esperto nella preparazione di sportivi di élite e da uno specialista delle tecniche di gestione dello stress nel mondo del lavoro. Roma, 15 ottobre, 14-18 Milano, 16 ottobre, 9-13
PER INFORMAZIONI: Anna Scirea - ascirea@cfmt.it - tel. 0254063111
SETTEMBRE 2018
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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, cura l’inserto Dirigibile ed è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt. (22, 65) (59)
Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. (61) Maria Cristina Origlia è giornalista del Sole 24 Ore, esperta di cultura e innovazione manageriale. Ricopre con orgoglio il ruolo di vicepresidente del Forum della Meritocrazia, che collabora con il Cfmt (30) per la realizzazione di iniziative sul merito in azienda.
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Roberto Panzarani è docente di Innovation Management. Si occupa dello sviluppo di programmi di innovazione manageriale per il top management di aziende e istituzioni italiane e internazionali. È (34) membro del comitato tecnico scientifico di CFMT.
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI
da Manageritalia Mariella Colavito, ufficio sindacale Manageritalia Lombardia.
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Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale.
(62)
Carla Panizza, responsabile centro studi.
(48)
Valeria Pistolese, responsabile ufficio relazioni istituzionali.
(16)
FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella
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Coordinamento: Roberta Roncelli
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Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità
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Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com
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Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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La diffusione di settembre 2018 è di 36.004 copie