Dirigente - Maggio 2019

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MAGGIO 2019

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

Speciale

L’ITALIA IN FIERA Retribuzioni

QUANTO GUADAGNANO I MANAGER? Marketing

I PERSUASORI ARTIFICIALI MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)


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Editoriale a cura del presidente Manageritalia

MIGLIORIAMO IL LAVORO CON IL WELFARE

L

a stima preliminare dell’Istat sul Pil del primo trimestre evidenzia il ritorno del segno positivo con un +0,2% e quindi la fine della minirecessione. Un sospiro di sollievo, certo, ma non cancella naturalmente le criticità con cui la nostra economia deve confrontarsi. Le indicazioni provenienti dal mercato del lavoro sono comunque positive e testimoniano una debole reattività del sistema produttivo. Assistiamo a un progressivo utilizzo del welfare contrattuale, specialmente nelle sue articolazioni previdenziali, assistenziali e formative per migliorare il lavoro e siamo convinti possa rappresentare un passo determinante per cambiarlo davvero e aumentare la professionalità dei lavoratori e la competitività delle aziende e del sistema. Rispondere alle richieste di beni e servizi dei lavoratori; riconfigurare i criteri di valutazione dei risultati professionali; adattare la contrattazione alle evoluzioni sempre più dinamiche dei contesti produttivi; aiutare i lavoratori e le imprese a gestire la complessità di un lavoro che cambia rapidamente. Sono queste le tendenze emergenti nelle relazioni sindacali oggi e si trovano in contrasto con coloro che considerano ancora il contratto di lavoro solo come uno scambio tra retribuzione e prestazione o uno strumento per risolvere i conflitti. Compito della contrattazione è anche trovare un efficace incontro tra la sempre più ampia offerta di benefit, a volte superflui, e le diverse situazioni ed esigenze di lavoratori e aziende e, guardando alle necessità di un lavoro che cambia, deve considerare adeguatamente i bisogni di tutte le parti negoziali, anche quelle degli erogatori, che trovano sempre più interesse nel progettare il welfare aziendale

alla luce delle ricadute fiscali derivanti. Occorre quindi delineare le linee guida della domanda di welfare aziendale da un confronto tra gli interessati in azienda affiancati dai rappresentanti di imprese e lavoratori che, a monte, ne stabilisca gli scopi e a valle ne verifichi i risultati. Va ripensato, anche in questo ambito, il ruolo dei sindacati e il significato della contrattazione collettiva, anche individuando la rappresentatività delle associazioni sindacali e imprenditoriali in ogni settore, come ha recentemente proposto il Cnel, attraverso un codice unico di identificazione dei contratti. È determinante che le parti sociali siano maggiormente consapevoli non solo dei termini normativi, ma anche dei processi e dei modelli organizzativi che si vogliono realizzare e dei contesti sociali e territoriali entro cui si muovono, attivando anche livelli di contrattazione di prossimità. Occorre partire dalle persone, ovvero dalla qualificazione professionale, culturale ed etica degli interlocutori aziendali e dei rappresentanti dei lavoratori e da una visione comune sugli effetti delle trasformazioni del lavoro e sull’evoluzione del concetto di remunerazione. La sfida della contrattazione moderna deve portare a una trasformazione anche culturale, che dovrebbe avere come priorità la ricerca di soluzioni per gestire la coabitazione intergenerazionale, per migliorare la produttività, vera emergenza del Paese, per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro, in nome di un’innovazione sistemica, basata sulla qualificazione delle persone. Un lavoro questo, proprio dei corpi intermedi, soggetti irrinunciabili dello sviluppo. Un sindacato moderno e protagonista, quale è Manageritalia, è in grado di svolgere un ruolo fondamentale nel disegnare il nuovo welfare, tutelare al meglio il lavoratore e cambiare il lavoro per competere. Guido Carella - guido.carella@manageritalia.it

MAGGIO 2019 GENNAIO/FEBBRAIO 2015

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Sommario   Speciale fiere  6 L’Italia in fiera  8 Un settore col segno più  12 Aefi, un volano per economia ed export 16 Focus con i principali player fieristici internazionali nel nostro territorio Retribuzioni 22 Quanto guadagnano i manager?

Innovazione 44 No Agile mindset? No digital transformation! Marketing 50 I persuasori artificiali Uno di noi Giuseppe Monita 58 Il commercial operation manager

RUBRICHE 38 Osservatorio legislativo

Economia 28 Il turismo religioso in Italia: sfide e opportunità

InfoMANAGER Manageritalia Quadri 73 Congedi, cosa prevede la legge e il ccnl Associazioni territoriali Manageritalia Lombardia 76 20 anni di successi! Assidir 78 Che sfortuna, l’infortunio! Cfmt 80 Scuola di management 81 Digital Awareness Improvement

48 Filosofia in 60 Pillole di benessere

Comunicazione 34 Come convincere ai tempi del web

61 Arte è online su

62 Libri

Case history 40 Retail disruption: Hema-Cina

63 Letture per manager 64 Lettere

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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

Speciale

L’ITALIA IN FIERA

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Retribuzioni

QUANTO GUADAGNANO I MANAGER?

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

Marketing

I PERSUASORI ARTIFICIALI MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)

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Speciale fiere

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L’ITALIA IN FIERA

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n tempi di digital e online imperanti, come stanno le care e vecchie fiere? Stanno bene, come ci dicono in apertura i dati Aefi, l’Associazione esposizioni fiere italiane che le rappresenta tutte. Crescono per numero di manifestazioni (1.000), espositori (200mila) e visitatori (20 milioni). I dati dicono anche che nasce dalle fiere il 50% dell’export nazionale, e l’88,5% delle pmi e il 75% delle imprese industriali le considera il principale strumento promozionale. Le nostre fiere inoltre si espandono in modo crescente anche all’estero. Sono sempre più omnichannel, puntando sull’importanza dell’incontro fisico che continua e si valorizza ancor più anche online sino al successivo appuntamento. Insomma, un market place vitale per il b2b, ma sempre attento anche al cliente finale. A seguire un’intervista al presidente Aefi Giovanni Laezza e poi un focus con i protagonisti delle più importanti fiere del territorio nazionale, quelle di Bologna, Milano, Verona e Rimini.

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Speciale fiere

UN SETTORE COL SEGNO PIÙ Il sistema fieristico italiano: consistenza, andamento e prospettive del settore Loredana Sarti segretario generale Aefi, Associazione esposizioni e fiere italiane

L

E FIERE ITALIANE rappresentano un insostituibile strumento per la promozione, il marketing e l’internazionalizzazione delle imprese, un canale dedicato che offre contatti diretti con il pubblico. Ogni anno si svolgono in Italia più o meno mille fiere che attraggono, secondo le nostre stime, circa 200mila espositori e 20 milioni di visitatori. La consistenza della nostra struttura produttiva è di 2.304.748 metri quadrati coperti e più di 4 milioni di metri quadrati totali e questo assegna alle fiere italiane il secondo posto in Europa e il quarto nel mondo (Ufi, World Map of Exhibition Venues, 2017 Edition). In Europa, rispetto a quanto avviene in Italia, si sta però investendo molto per ampliare i quartieri fieristici, implementare l’accessibilità, creare infrastrutture digitali e migliorare l’accoglienza, ma sicuramente lo sviluppo è più intenso nei nuovi mercati: Russia, Cina e India registrano incrementi della superficie espositiva superiori al 20% e affidano alle fiere grandi obiettivi, come la creazione di coesione e sviluppo territoriale, l’affermazione dell’affidabilità del Paese e lo sviluppo dell’economia. Negli anni i proprietari dei quartieri fieristici sono diventati anche organizzatori delle manifestazioni e oggi più del 51% delle fiere internazionali è organizzato dalle fiere associate Aefi.

Un supporto per l’economia Le fiere hanno per l’Italia una storia antica di supporto allo sviluppo economico italiano. Anche recentemente, come rileva il professor Giulio Sapelli (“Un supporto prezioso per l’economia”, Il Sole 24 Ore, 10 luglio 2018), «l’Italia ha resistito alla crisi mondiale e ha tenuto il punto nella deflazione secolare che è iniziata con la crisi del primo decennio del 2000 grazie alla conti-

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nuità che è stata garantita tra produzione, commercializzazione, scambio proprietario di prodotti delle nostre imprese, soprattutto grazie al sistema fieristico».

Settori numeri e mercati: una fotografia incoraggiante Le fiere si distinguono in fiere internazionali, nazionali, regionali e locali.

Le 200 fiere internazionali previste per il 2019 sono concentrate principalmente nei settori tessileabbigliamento-moda (15%), sporthobby-intrattenimento-arte (12%), gioielli-orologi-accessori (9%), food-bevande-ospitalità (9%) e industria-tecnologia-meccanica (7%) (figura 1). Sono importanti anche le fiere nazionali come strumento per avvi-

cinare le imprese e i consumatori sul nostro territorio. Le manifestazioni fieristiche hanno un ruolo fondamentale per la promozione del settore, soprattutto sui mercati internazionali: è infatti evidenziato da ricerche effettuate nel corso degli anni che nasce dalle fiere il 50% dell’export nazionale, che l’88,5% delle pmi e il 75% delle imprese industriali considera

Figura 1 - Manifestazioni italiane internazionali 2019 per settori* principali Tessile, abbigliamento, moda

44

Sport, hobby, intrattenimento, arte

34 27

Gioielli, orologi, accessori Food, bevande, ospitalità

26 21

Industria, tecnologia, meccanica 17

Agricoltura, silvicoltura, zootecnia Arredamento, design d’interni

14 12

Bellezza, cosmetica 10

Costruzioni, infrastrutture 9

Salute, attrezzature ospedaliere Altro

69 0

10

20

30

40

50

60

70

* Le manifestazioni classificate in più settori vengono conteggiate in ognuno di essi Fonte: dati di settore, Coordinamento interregionale fiere - calendario 2019, aggiornato al 12/9/2018

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Speciale fiere Figura 2 - Confronto tra gli indici dell’andamento dell’export italiano e gli indici dei visitatori esteri delle manifestazioni internazionali italiane dei settori Aefi, indice 2012=100 125

Visitatori stranieri Export settori Aefi

120 115

110

105 100

95

90 2012

2013

2014

2015

2016

2017

Fonte: elaborazioni Prometeia su dati Eurofairs statistics 2018

le fiere e le esposizioni il principale strumento promozionale. Quest’aspetto è ancora più evidente se si fa riferimento alle fiere che rappresentano il made in Italy. Con l’aiuto della società di consulenza Prometeia abbiamo monitorato i settori agroalimentare, edilizia-arredo, moda-bellezza, tempo libero e tecnologia che pesano il 29,7% per il valore della produzione, il 35% per le esportazioni, il 63,2% sul totale delle esportazioni. E su questi settori le fiere italiane stanno conseguendo significative espansioni internazionali*. È anche significativa la relazione tra la crescita dei visitatori stranieri con * I dati sulle manifestazioni fieristiche nazionali e internazionali, dove non diversamente specificato, sono fonte Aefi.

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+17% e l’aumento più che proporzionale dell’export italiano: +22% (figura 2). Le fiere hanno un ruolo molto importante nello sviluppo dei territori: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto si confermano le regioni in cui le rassegne internazionali sono maggiormente localizzate (figura 3). Sul ruolo delle fiere come strumento di politica industriale si diffonde sempre più la consapevolezza che 1 euro investito nelle fiere ne genera 2 durante la fiera stessa e 8 se si includono i contratti di follow-up. Si stima inoltre che dei 98 milioni di dollari spesi ogni anno per le fiere, il 50% vada al settore e l’altro 50% ai territori.

Andamento nel 2018 Il 2018 è stato un anno positivo: gli indicatori che l’indagine congiunturale Aefi rileva, e cioè superficie espositiva, espositori, visitatori e fatturato, hanno mostrato sempre saldi positivi. I dati dell’Osservatorio Aefi trovano ulteriore e autorevole conferma nel raffronto con l’analisi effettuata da Isfcert-Istituto certificazione dati statistici fieristici riconosciuto da Accredia relativamente alle fiere certificate.

Prospettive e criticità Le fiere rappresentano per l’Italia un grande patrimonio e si stanno intensificando gli interventi per accogliere un numero sempre maggiore di operatori e per far vi-


Figura 3 - Manifestazioni italiane internazionali e nazionali 2019 per regione Le prime 5 regioni per numero di manifestazioni (posizione, numero e % sul totale) LOMBARDIA Pos. N.

%

Pos. N.

%

1 67 33,50

1 48

21,33

VENETO Pos.

N.

3

23 11,50

%

PIEMONTE Pos.

N.

%

2

36

16,0

EMILIA-ROMAGNA Pos.

N.

%

2 39 19,50

Pos.

N.

%

4

16

7,11

TOSCANA Pos.

N.

%

4

19

9,50

PUGLIA Pos.

N.

%

5

16

7,11

LAZIO Pos.

N.

%

5 15

7,50

Pos.

N.

3

19 8,44

%

Manifestazioni 2019 Internazionali Nazionali

vere tutto l’anno le manifestazioni attraverso gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie e gli investimenti per migliorare le superfici esistenti e rafforzare l’assetto strutturale con alleanze societarie e commerciali. Non mancano però le ombre: il sistema fieristico italiano, per competere ad armi pari con il mondo ed essere ponte per la

crescita, necessita della risoluzione di tre problemi fondamentali, che non richiedono risorse ma specifici chiarimenti nella legislazione nazionale. Ciò che il settore chiede è la possibilità di operare secondo regole europee che vedono fra l’altro da decenni una completa liberalizzazione, certezza sull’assetto societario delle fiere che vede una

grande partecipazione del settore pubblico, come del resto avviene negli altri paesi europei, e infine un’equa tassazione soprattutto relativamente all’Imu. Redditività del settore, competitività e, in ultimo, l’esistenza stessa, sono fortemente messe in dubbio dalla mancata soluzione di queste problematiche. 

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Speciale fiere

AEFI, UN VOLANO PER ECONOMIA ED EXPORT Innovazione, internazionalizzazione, digitalizzazione, formazione sono oggi le parole chiave dello sviluppo delle fiere e per il business delle aziende. Ne parliamo con Giovanni Laezza, presidente Aefi, l’Associazione esposizioni e fiere italiane che ha come obiettivo quello di creare sinergie tra i più importanti quartieri fieristici italiani stimolando il settore a fare sistema e a condividere esperienze e conoscenze.

Giovanni Laezza è presidente Aefi, Associazione esposizioni e fiere italiane.

Roberta Roncelli

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Com’è cambiato il mondo delle fiere negli ultimi anni? «Per competere, essere attrattive per gli espositori e offrire nuove esperienze ai visitatori, le fiere sono in continua evoluzione: sono sempre meno spazi fisici in cui esporre e sempre più partner per il business delle aziende, in grado di accompagnarle nella definizione di strategie tailor made. È aumentata la sinergia con gli eventi congressuali, perché le fiere sono anche luogo di aggiornamento e formazione per gli operatori professionali e di orientamento per la creatività manuale per il grande

pubblico. Negli ultimi anni, inoltre, la tendenza dei quartieri fieristici italiani si è spostata verso l’organizzazione diretta delle manifestazioni perché permette di valorizzare il prodotto, di instaurare un rapporto forte con espositori e visitatori elaborando un progetto di sviluppo che sia sempre più in linea con le loro esigenze». Cosa ne pensa del digital? «La digitalizzazione è ormai imprescindibile per estendere, oltre il momento fieristico, il potenziale dell’evento. Tecnologia, web e


social media sono sempre più strategici e sinergici alle esposizioni per dare slancio al business delle imprese. Le nuove tecnologie hanno influenzato le modalità di organizzazione delle manifestazioni potenziando la parte di servizi. Quello che le fiere devono fare è investire sulla formazione. Nuove tecnologie richiedono nuove competenze e disporre di figure professionali preparate permette di fronteggiare la concorrenza straniera. Quello della formazione è un nodo strategico che le università e gli istituti professionali devono portare avanti anche con riferimento al settore fieristico e che le fiere devono poi sviluppare con la propria attività facendo della formazione di espositori e visitatori un fattore di successo».

Qual è stato e qual è il ruolo di Aefi? «L’Associazione è nata con l’obiettivo di creare sinergie tra i più importanti quartieri fieristici italiani stimolando il settore a fare sistema e a condividere esperienze e conoscenze. Oggi conta 36 associati che, ogni anno, organizzano circa 1.000 manifestazioni su una superficie espositiva totale di 4,2 milioni di metri quadrati e coinvolgono milioni di visitatori ed espositori da tutto il mondo. Aefi è l’interlocutore privilegiato per gli operatori e le istituzioni, oltre a rappresentare e promuovere sia in Italia che all’estero gli interessi del settore. Svolge un ruolo di sostegno per gli associati attraverso lo sviluppo di numerose iniziative nell’ambito della formazione, del marketing, della

promozione e della ricerca, oltre a supportare i soci con le attività delle proprie commissioni: tecnica di quartiere, giuridico-amministrativa, internazionalizzazione e fiere in rete. Grazie ai nostri contatti e al continuo dialogo con ministeri e istituzioni, abbiamo ottenuto negli anni alcuni riconoscimenti come il piano straordinario per il made in Italy che ha dato un grande impulso al settore. Auspichiamo che presto vengano definiti alcuni nodi ancora irrisolti come la tassazione Imu. Ci auguriamo anche che l’art. 49 del decreto Crescita recentemente varato sia esteso anche alle pmi che scelgono di partecipare alle fiere internazionali che si svolgono in Italia. Sarebbe un’ulteriore conferma del ruolo delle fiere quale leva strategica per l’indu-

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Speciale fiere Le fiere italiane vanno anche all’estero, sono un importante driver per l’export? «Assolutamente sì. Dalle stime del nostro Osservatorio emerge che dalle fiere nasce il 50% dell’export delle imprese che vi partecipano e per il 75,3% delle pmi italiane le fiere sono lo strumento fondamentale per promuovere i propri prodotti e sono il veicolo a costi contenuti e con un notevole abbattimento dei costi per raggiungere i mercati esteri, soprattutto quelli lontani e culturalmente diversi».

«Le fiere sono il luogo di incontro tra domanda e offerta, rappresentano un’occasione insostituibile per le aziende in termini di relazioni, di visione e di “prova” della qualità dei prodotti. In qualsiasi business la relazione personale è determinante» stria italiana e un altro traguardo per tutto il settore e per il nostro costante lavoro». Quale rapporto hanno le fiere con i vari territori e il loro sviluppo? «C’è sempre maggiore attenzione alla sinergia con il territorio, a creare eventi fuori salone che coinvolgano la città e il grande pubblico e che possano portare valore e generare un grande im-

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patto sull’economia locale. Non dobbiamo dimenticare poi che le fiere di piccole e medie dimensioni sono strategiche in quanto espressione e vetrina del territorio su cui insistono. Per questo vanno valorizzate e sostenute». Oggi le fiere italiane fanno sistema per competere in uno scenario globale? «Per essere competitivi è fondamentale fare sistema. Negli ultimi anni si sono sviluppati alcuni progetti di aggregazione, sia in termini societari sia su determinati prodotti, e altri potrebbero concretizzarsi. L’obiettivo è sempre quello di unirsi, a livello nazionale, per rafforzare il sistema ed essere più forti verso i competitor esteri».

Guardando al futuro, le fiere ci saranno ancora? «Le fiere sono il luogo di incontro tra domanda e offerta, rappresentano un’occasione insostituibile per le aziende in termini di relazioni, di visione e di “prova” della qualità dei prodotti. In qualsiasi business la relazione personale è determinante. Il digitale avrà una componente sempre più rilevante, ma complementare. Inoltre le fiere hanno un ruolo di rilievo anche per l’occupazione: è un comparto molto dinamico, che riunisce e rappresenta tutti gli altri settori, coinvolge molti addetti e molte competenze. La sempre crescente necessità di innovazione, di quartieri tecnologicamente all’avanguardia, offre grandi opportunità anche a nuove professioni». 


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Speciale fiere

FOCUS CON I PRINCIPALI PLAYER FIERISTICI NEL NOSTRO TERRITORIO

BOLOGNA Antonio Bruzzone direttore generale BolognaFiere

MILANO Fabrizio Curci amministratore delegato Fiera Milano

VERONA Giovanni Mantovani direttore generale Veronafiere

RIMINI Ugo Ravanelli amministratore delegato Italian Exhibition Group

Come si è trasformato il sistema fieristico italiano e che risposta ha dato il mercato? Le fiere sono ancora efficaci per promuovere i propri prodotti e servizi? Quale il ruolo del management? La parola ad Antonio Bruzzone, direttore generale BolognaFiere, Fabrizio Curci, amministratore delegato Fiera Milano, Giovanni Mantovani, direttore generale Veronafiere, e Ugo Ravanelli, amministratore delegato Italian Exhibition Group, società nata nel 2016 dalla fusione tra le fiere di Rimini e Vicenza. Enrico Pedretti

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Come è cambiata la vostra fiera e il suo modello di business negli ultimi anni? BOLOGNA «I modelli di business sono in continua evoluzione e le fiere, imprese che offrono servizi ad alta specializzazione, devono seguire – se non anticipare – questi trend offrendo nuovi strumenti alle imprese e agli operatori. Il nostro impegno è rivolto a offrire servizi che rendano sempre più facile partecipare a una fiera e sviluppare nuove opportunità di business, ma anche a proporre format espositivi in target con un mercato globalizzato in cui innovazione e networking sono fattori essenziali».

MILANO «Il 2018 è stato un anno determinante per accelerare il processo

di crescita, il cambiamento culturale, tecnologico e organizzativo del nostro gruppo. Con l’approvazione del piano strategico 2018-2022 abbiamo deciso di puntare fortemente su quattro linee strategiche: sviluppo del portafoglio di manifestazioni di terzi e del business congressuale, valorizzazione dei servizi, rafforzamento delle manifestazioni direttamente organizzate ed espansione del business internazionale».

VERONA «Abbiamo modificato il nostro modello da fiera dell’offerta, che si concentrava sull’espositore, a fiera della domanda. Tutto questo ha implicato una selezione e profilazione sempre più puntuale del visitatore di riferimento per lo specifico mercato di

interesse delle rassegne che organizziamo».

RIMINI «Italian Exhibition Group è nata nel 2016 incorporando la Fiera di Vicenza in Rimini Fiera. Si è trattato, in Italia, della prima operazione di questo tipo e ci ha collocati al secondo posto nella graduatoria fieristica del Paese dopo Milano. L’accelerazione del nostro modello di business è dunque costante, orientato sempre più all’internazionalizzazione e alla promozione delle filiere produttive più rappresentative del made in Italy nel mondo. Penso a quelle della gioielleria e dell’oro a Vicenza, o a quelle del food a Rimini, in entrambi i casi Ieg funge da piattaforma di promozione dei due mercati».

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Speciale fiere E che risposta ha dato il mercato? BOLOGNA «La miglior risposta del mercato sono i risultati che le nostre manifestazioni registrano, soprattutto in termini di incremento delle presenze internazionali. Poi l’alto indice di innovazione nella proposta di prodotti e tecnologie in esposizione e la sempre maggiore consapevolezza, da parte delle imprese, dell’importanza strategica di partecipare a una fiera».

MILANO «Grazie ai risultati raggiunti il mercato ci sta premiando. Oggi Fiera Milano è un’azienda solida che ha chiuso il 2018 con un utile netto di 18,6 milioni di euro rispetto a 1,7 milioni del 2017. Quest’anno, inoltre, torneremo dopo sette anni a proporre la distribuzione di un dividendo ai nostri azionisti del valore di 0,13 euro per ogni azione». VERONA «Il mercato ha risposto in modo assolutamente positivo. Non solo per quanto riguarda i razionali economici, ma anche per la soddisfazione del cliente che monitoriamo in modo puntuale e costante in riferimento a tutti i nostri prodotti». RIMINI «Direi ottima e i dati del 2018 recentemente approvati lo confermano. Il fatturato consolidato di Ieg è pari a 159,7 milioni di euro (+22,2% sui 130,7 milioni del 2017). In crescita anche la redditività operativa con il margine operativo lordo (Ebitda) a 30,8 milioni (+32,6% sui 23,2 milioni del 2017). L’Utile netto consolidato è pari a 10,8 milioni (+17,9% sui 9,2 milioni del 2017)».

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Quali sono i plus della vostra fiera? BOLOGNA «La centralità di Bologna, che la rende facilmente raggiungibile dall’Italia e dall’estero; le dimensioni e la qualità delle strutture del quartiere fieristico e anche la bellezza e la qualità della vita della città. E poi il know-how della società e la fortissima esperienza internazionale che ci vede quale più dinamico operatore fieristico sui mercati internazionali in cui abbiamo esportato i nostri eventi leader. Oggi più del 30% del nostro fatturato è generato dall’attività all’estero e una società del gruppo, BFChina, è dedicata al business fieristico sui mercati asiatici e alle strategie di sviluppo dell’incoming di operatori dall’Asia».

MILANO «La qualità e completezza dei servizi, l’eccellenza delle fiere organizzate e ospitate, passando attraverso la modernità degli spazi. Fiera Milano infatti gestisce uno dei più vasti, moderni e funzionali quartieri espositivi al mondo, a pochi passi da Milano: 345mila metri quadrati lordi coperti, a cui

vanno aggiunti 60mila metri quadrati all’aperto. Inoltre, in città sorge MiCo - Milano Congressi, fra i più grandi centri congressi d’Europa che ogni anno ospita in media 200 eventi e accoglie più di 300mila delegati».

VERONA «Essere proprietari dei marchi e organizzatori diretti di tutte le principali rassegne che si svolgono nel nostro quartiere espositivo, anch’esso di proprietà, e anche di quelle che promuoviamo all’estero, dove siamo presenti anche con nostre piattaforme in aree geoeconomiche importanti come il Sudamerica e l’Asia orientale». RIMINI «La caratteristica principale che ci differenzia dalla gran parte degli altri quartieri fieristici è quella di essere organizzatori diretti degli eventi espositivi ospitati. Siamo infatti leader in Italia nell’organizzazione di eventi fieristici e tra i principali operatori del settore fieristico e dei congressi a livello europeo, con le strutture di Rimini e Vicenza».


Quali i settori core e quale il rapporto con il territorio? BOLOGNA «BolognaFiere è la fiera dei maggiori distretti industriali italiani. Qui hanno i loro eventi leader di riferimento internazionale: l’agroalimentare, la cosmesi, la ceramica, l’automotive, la meccanica agricola, solo per citarne alcuni. Il rapporto con il territorio è consolidato e sinergico e si esprime anche nel coinvolgimento della città in iniziative dedicate al grande pubblico che servono per proporre, a una platea ancora più ampia, le eccellenze esposte in fiera».

VERONA «Agroalimentare, agritech, vitivincolo, olivicolo, design e lusso legati all’arredo e alla pietra naturale, marmo-lapideo dalle tecnologie agli accessori, ai materiali, acciaio e meccanico, tempo libero e turismo. La provincia di Verona ha una ricchezza manifatturiera che fin da subito ha generato una risposta fieristica che nei secoli si è strutturata – la Fiera di Verona nasce nel 1898 – per arrivare ai giorni nostri».

MILANO «Moda, arredamento, sistema casa, meccanica strumentale, turismo, ospitalità professionale, alimentare, impiantistica ed energia, edilizia, arte e nautica sono solo alcuni dei settori che valorizza e promuove attraverso fiere ospitate o organizzate direttamente. Ma Fiera Milano vuol dire anche motore di sviluppo per l’economia del territorio grazie a un rapporto di reciprocità con la città e la regione. Il rapporto tra il quartiere fieristico e il territorio in cui opera è davvero unico e fondamentale. Quest’ultimo rinasce grazie all’insedia-

RIMINI «Fieristico e congressuale. Le fiere si possono raggruppare in cinque categorie: food & beverage; jewellery & fashion; tourism, hospitality and lifestyle; wellness and leisure; green & technology. Ma Ieg ha linee di business anche nei settori allestimenti, ristorazione, editoria. Il rapporto col territorio, nel nostro caso i territori, è fondamentale. Le fiere sono un potente volano di business per le aree su cui insistono e non a caso la maggior parte di esse, Ieg inclusa, è partecipata dagli enti territoriali».

mento di nuove attività e la fiera aumenta la sua competitività per chi vi giunge da ogni parte del mondo».

Quale il ruolo del management nella gestione e nel successo della vostra Fiera e di una Fiera in generale?

BOLOGNA «Come in ogni impresa sono le donne e gli uomini che la costituiscono, la loro professionalità e il loro impegno, tra i fattori di successo. Mi consenta di dire non solo a livello manageriale, a tutti i livelli». MILANO «Al primo posto della propria attività c’è la valorizzazione delle risorse umane di cui, ovviamente, il management è una parte. Siamo un’azienda di servizi e l’elemento indispensabile per il nostro funzionamento e per la ricerca dell’eccellenza è il capitale umano». VERONA «Il ruolo del management è saper guardare allo stesso tempo al futuro del settore nel suo complesso, al futuro della propria azienda e dei singoli prodotti, facendo in modo che le linee siano chiare e tutti i collaboratori tendano all’unico obiettivo». RIMINI «Il fattore umano è alla base del successo di ogni impresa e nel settore fieristico penso che ciò sia ancora più vero. La fiera è un media, è fatta di relazioni, di rapporti internazionali e di business, di contatti fra persone. Il management deve quindi essere qualificato, ma avere anche spiccate doti di empatia col cliente, di valorizzazione delle sue esigenze, di visione strategica del futuro, di tensione continua all’innovazione».

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Speciale fiere Cambierà e come la vostra fiera per essere sempre appealing in futuro? BOLOGNA «Cambierà in funzione delle esigenze del mercato e proponendo strumenti, soluzioni e opportunità innovative e declinate ai diversi settori di riferimento. Inoltre sta evolvendo anche dal punto di vista strutturale, con un programma di interventi di revamping e ampliamento della superficie espositiva per essere ancora più competitivi su scala internazionale. Interventi che hanno già raggiunto il primo step del programma con la realizzazione di due nuovi grandi padiglioni che abbiamo inaugurato nell’autunno 2018».

MILANO «Stiamo creando un quartiere

Perché un’azienda b2b o b2c dovrebbe venire in fiera in tempi di digitalizzazione del business?

BOLOGNA «Perché il digitale è uno strumento a disposizione del business importante, che facilita e offre nuove applicazioni ma che non sostituisce il confronto diretto con i clienti e i competitor e di quanto scaturisce da questo incontro. Diciamo che è un ottimo amplificatore e agevolatore delle strategie di business e di cui teniamo conto nell’individuare nuovi servizi e strumenti». MILANO «Le fiere sono ancora strumenti insostituibili, anche in tempi di digitalizzazione del business. Nulla può eguagliare il contatto personale diretto tra chi cerca prodotti o soluzioni complesse per il proprio business e chi è in

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sempre più intelligente. Vogliamo rendere i nostri quartieri espositivi ancora più safe and smart, per una maggiore sicurezza e competitività. L’obiettivo è semplice: offrire servizi di qualità a visitatore, espositore e organizzatore, con un approccio che garantisca la migliore sostenibilità ambientale. In quest’ottica si inseriscono i numerosi investimenti tecnologici che i nostri spazi espositivi stanno ricevendo».

VERONA «La nostra organizzazione e i nostri prodotti fieristici cambiano in continuazione. La nostra forza è lavorare in modo verticale sulle rassegne restando a contatto col mercato di riferimento ogni giorno e cogliendo immediatamente esigenze e tendenze del mercato. Queste

grado di fornirli, spesso adattando la sua offerta alle specifiche esigenze del cliente. Le manifestazioni fieristiche garantiscono la possibilità di incontro e confronto, l’esperienza “tattile” e il dialogo».

VERONA «Le ragioni sono diverse e andrebbero declinate per ciascuna delle fiere che organizziamo. Ogni epoca ha i suoi cambiamenti che sembrano stravolgere il passato per rientrare in una logica umana. Il rapporto umano, finché esisterà l’uomo, rimane insostituibile per la conoscenza, l’incontro, la relazione. La digitalizzazione, un processo dove siamo fortemente impegnati con investimenti importanti, non fa altro che aiutare in diversi modi questo incontro e renderlo maggiormente profittevole sotto molti aspetti».

sono la nostra forza e la nostra esperienza, che ci fanno essere sempre fiduciosi verso il futuro».

RIMINI «I mercati sono mutevoli e le nostre strategie devono anticiparli. Negli ultimi anni abbiamo avviato un importante percorso di espansione all’estero, anche attraverso la conclusione di joint venture con operatori locali di grande spicco (ad esempio negli Stati Uniti, Emirati Arabi e in Cina). Ci muoveremo soprattutto lungo questa direttrice, puntando a offrire alle aziende servizi sempre più efficaci e qualificati, come quelli di matching e incontro online: siamo stati i primi in Italia ad attuarli, oltre dieci anni fa, nel settore fieristico».

RIMINI «Le fiere b2b sono forti perché non basta vedere su uno schermo le caratteristiche di un prodotto e sapere quanto costa per comprendere se risponde alle proprie esigenze. Bisogna capire che azienda c’è dietro, i servizi che fornisce. E poi occorre informarsi e formarsi per rimanere al passo con i tempi, “toccare” le innovazioni, “annusare” le tendenze del proprio settore. Sul fronte b2c, invece, la caratteristica esperienziale la fa da padrona. Le aziende vogliono far vivere ai propri clienti momenti unici, tagliati su misura, per conquistarli e fidelizzarli. E un’esperienza motivazionale più coinvolgente di quella maturata in fiera tra migliaia di persone che condividono la stessa passione, mi creda, non c’è».


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Retribuzioni

QUANTO GUADAGNANO I MANAGER? Retribuzioni ferme per i manager, con i dirigenti nuovamente in trend negativo, lieve crescita per i quadri. In aumento i manager che percepiscono una quota di variabile. Le funzioni meglio retribuite sono marketing, area amministrativa e finanziaria, vendite. Vediamo alcuni approfondimenti tratti dall’Osservatorio annuale JobPricing.

Matteo Gallina data manager Osservatorio JobPricing

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L

E RETRIBUZIONI dei manager hanno vissuto negli ultimi anni situazioni particolarmente delicate nel mercato del lavoro, che hanno sortito come effetto un impoverimento della categoria non solo sul lato occupazionale (oggi dirigenti e quadri rappresentano meno del 6% degli occupati dipendenti di imprese private), ma anche sul versante retributivo. Per i dirigenti tra il 2014 e il 2018 si è avuta una riduzione della quota fissa della retribuzione pari a -4,8%; per i quadri una dinamica sostanzialmente stazionaria (+1,7%) e comunque inferiore al trend complessivo del mercato (+2,1%), trainato da una crescita retributiva significativa degli operai.

La dinamica retributiva, secondo lo studio condotto dall’Osservatorio JobPricing per Manageritalia, sembrava aver segnato un’inversione di tendenza nel 2017, con lieve crescita, subito smentita nel 2018 dove si registra nuovamente un calo delle retribuzioni dei dirigenti (-0,7%), mentre i quadri si mantengono sul livello di crescita lieve (+0,2%) registrato anche l’anno precedente. Tale dinamica appare tuttavia in linea con una stagnazione retributiva espressa nel 2018 con un lieve calo (-0,3%) generale degli stipendi lordi.

Retribuzione variabile e trend 2015-2018 La retribuzione media di un dirigente nel 2018 è stata pari a 101.096 euro lordi annui, con un calo di circa 700 euro sul 2017), quella di un quadro a 54.136 euro, con una crescita di circa 100 euro lordi (tabella 1). La componente variabile dei manager, a integrazione della retribuzione fissa, è pari a 19.234 euro per i dirigenti, che nel 2018 hanno percepito una quota variabile (circa 3 su 4), mentre la quota media percepita dai quadri è di 6.059 euro, spettante a poco oltre il


DIRIGENTI 101.096 E

QUADRI 54.136 E

Tabella 1 - Ral media 2018 e trend retributivo 2014-2018 QUALIFICA DIRIGENTI

RAL 2014 (E)

RAL 2015 (E)

RAL 2016 (E)

RAL 2017 (E)

RAL 2018 (E)

TREND 2017-2018 (%)

TREND 2014-2018 (%)

106.230

104.266

101.224

101.821

101.096

-0,7

-4,8

QUADRI

53.231

53.217

53.799

54.021

54.136

0,2

1,7

IMPIEGATI

30.465

30.624

30.894

30.814

30.770

-0,1

1,0

OPERAI

23.707

23.937

24.608

24.865

24.780

-0,3

4,5

TOTALE

28.665

28.693

29.309

29.380

29.278

-0,3

2,1

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Retribuzioni

Tabella 2 - Retribuzione variabile QUALIFICA

INCIDENZA % SULLA RAL (RELATIVA AI SOLI PERCETTORI DI UNA QUOTA VARIABILE

DIRIGENTI QUADRI

RETRIBUZIONE VARIABILE ANNUA LORDA PER I PERCETTORI DI VARIABILE (E)

20

19.234

11,6

6.059

Settore e dimensione

Tabella 3 - Trend 2015-2018 percettori variabile QUALIFICA

2015 (%)

2018 (%)

DIFFERENZA

DIRIGENTI

63,9

76,8

+12,9

QUADRI

54,2

70,7

+16,5

Tabella 4 - Ral media 2018 per settore e qualifica SETTORE AGRICOLTURA

48.934

INDUSTRIA DI PROCESSO

104.950

55.555

INDUSTRIA MANIFATTURIERA

101.825

56.261

EDILIZIA

101.745

55.578

UTILITY

100.126

56.658

COMMERCIO

99.008

53.119

97.791

51.288

109.560

56.243

SERVIZI FINANZIARI

Le retribuzioni si muovono sempre più verso strutture “pay for performance”: sono sempre più collegate al “valore” portato all’azienda e al business

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QUADRI (E)

92.874

SERVIZI

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DIRIGENTI (E)

percepita al “valore” portato da ciascuna risorsa all’azienda e al business. Lo dimostra come i manager che hanno percepito una quota di variabile sono in percentuale cresciuti molto negli ultimi 4 anni (tabella 3).

70% dei lavoratori con questa qualifica) (tabella 2). Appare chiaro che le politiche retributive per i manager (ma non solo, visto che si tratta di una dinamica generale per tutte le qualifiche) si muovono sempre più decisamente e con velocità verso strutture “pay for performance” in grado di collegare la retribuzione

Passando a un’analisi settoriale, si conferma che i servizi finanziari sono il comparto che paga meglio i manager, seppur il livello retributivo dei quadri sia stato raggiunto dai “pari qualifica” dei settori dell’industria manifatturiera. L’agricoltura, invece, è ancora il fanalino di coda (tabella 4). Oltre al settore, il fattore di maggiore differenziazione manageriale è la dimensione dell’azienda: il delta fra una microimpresa e una grande (+1.000 dipendenti) è di circa 17.000 euro lordi nel caso dei dirigenti e di circa 3.000 euro lordi nel caso dei quadri (tabella 5). Il differenziale tra dirigenti e quadri, in conseguenza di questo aspetto, cresce al crescere della dimensione aziendale, seppur si possa osservare come il passaggio da aziende medio-grandi a big company sia remunerativo per un dirigente, ma non lo sia per un quadro.

I ruoli organizzativi I dati mettono in evidenza come, escludendo il vertice aziendale, sia la funzione marketing quella


in cui i dirigenti sono in media meglio retribuiti (100.479 euro lordi annui). Al secondo posto troviamo i dirigenti dell’area amministrazione e finanza, mentre al terzo i dirigenti della funzione vendite, i quali beneficiano di una componente variabile ben più significativa delle altre funzioni analizzate (22,3%). In fondo alla graduatoria troviamo i dirigenti di qualità e sistemi informativi (tabella 6). Venendo ai quadri, la funzione vendita la fa da padrone, con retribuzioni fisse e variabili decisamente più elevate rispetto ai colleghi di altre funzioni dell’organizzazione. Spiccano in alto per componente fissa i quadri in ambito produttivo, oltre i 55mila euro lordi annui, con la classifica che si chiude anche in questo caso con profili in ambito Ict e qualità.

Tabella 5 - Ral media 2018 per dimensione aziendale e qualifica SETTORE MICRO (fino a 10 dipendenti)

QUADRI (E)

91.171

52.417

PICCOLA (da 11 a 50)

97.000

53.259

MEDIA (da 51 a 250)

100.372

54.708

MEDIO-GRANDE (da 251 a 1.000)

102.048

55.722

GRANDE (oltre 1.000 dipendenti)

107.948

55.112

GAP MICRO-GRANDE AZIENDA

18,4%

5,1%

ma soprattutto nell’ultimo quadriennio si è assistito a un sempre maggiore sentimento di soddisfazione per i quadri, contrapposto a un calo di soddisfazione dei dirigenti (tabella 7). È tuttavia interessante rilevare come la popolazione manageriale

L’indice di soddisfazione dei quadri è in costante aumento, mentre quello dei dirigenti è in calo

Tabella 6 - Ral media e retribuzione variabile (incidenza % sulla Ral dei percettori) per posizioni manageriali

Tutti soddisfatti? Al netto dello stipendio percepito, ogni lavoratore può soggettivamente esprimere un proprio livello di soddisfazione connesso alla retribuzione, elemento che le aziende dovrebbero tenere in considerazione nella costruzione di sistemi di gestione delle politiche retributive. Stando a quanto emerso dall’indagine “Salary satisfaction report 2019” dell’Osservatorio JobPricing, sembrerebbe che i manager siano moderatamente soddisfatti del proprio pacchetto retributivo,

DIRIGENTI (E)

DIRIGENTI POSIZIONI MANAGERIALI

QUADRI

RAL MEDIA (E)

VAR MEDIO (%)

RAL MEDIA (E)

VAR MEDIO (%)

100.479

19,2

54.721

11,5

AMMINISTRAZIONE, FINANZA E CONTROLLO

99.195

18,2

54.905

10,4

VENDITE

98.807

22,3

57.805

16,0

ACQUISTI, LOGISTICA E SUPPLY CHAIN

97.962

17,8

54.647

10,5

RISORSE UMANE E ORGANIZZAZIONE

97.467

19,0

53.798

10,7

PRODUZIONE

95.360

16,7

55.158

9,5

CUSTOMER SERVICE E POST VENDITA

95.054

17,8

54.023

11,1

AREA TECNICA & RICERCA E SVILUPPO

94.039

17,2

52.821

9,7

QUALITÀ

93.485

15,5

51.840

9,2

ICT & DIGITAL

92.658

17,2

52.259

10,2

MARKETING E COMUNICAZIONE

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Retribuzioni

Indici di soddisfazione (da 0 a 10) Tabella 7 - Livelli retributivi: soddisfazione complessiva QUALIFICA

INDICE 2019

TREND 2016-2019

DIRIGENTI

5,4

-0,3

QUADRI

4,9

+0,6

IMPIEGATI / OPERAI

4,1

+0,2

TOTALE

3,7

+0,3

8a

Tabella 8 - Sistemi retributivi applicati DIRIGENTI

QUADRI

SODDISFAZIONE COMPLESSIVA

5,5

4,9

EQUITÀ INTERNA

6,0

5,3

COMPETITIVITÀ ESTERNA

6,1

5,4

PERFORMANCE E RETRIBUZIONE

5,7

4,8

8b SODDISFAZIONE COMPLESSIVA

5,5

4,9

RETRIBUZIONE VARIABILE INDIVIDUALE (INCENTIVI COLLEGATI AI RISULTATI)

5,6

5,4

BONUS/GRATIFICA A FINE ANNO (A DISCREZIONE DELLA DIREZIONE/PROPRIETÀ)

5,8

5,2

ALTRI PREMI NON MONETARI (ES. VIAGGI, GADGET TECNOLOGICI ECC.)

5,8

5,8

BENEFIT / WELFARE - SERVIZI AI DIPENDENTI

5,9

5,4

INCENTIVI DI LUNGO TERMINE (VAR. MEDIO-LUNGO PERIODO, STOCK OPTION/GRANTS ECC.)

5,4

5,7

NESSUN ELEMENTO ECCETTO LA RETRIBUZIONE FISSA

4,3

3,4

(più i dirigenti che i quadri) esprima in generale giudizi positivi rispetto all’equità interna, ossia alla percezione di essere pagati in modo equo rispetto agli altri colleghi, ma anche alla competitività esterna, ossia la percezione di essere pagati in linea con coloro che in aziende simili ricoprono lo stesso ruolo. Qualche perplessità in più, invece, i manager di tutti i livelli sembrano averla circa il fatto che i sistemi retributivi a loro applicati siano effettivamente capaci di riconoscere in modo adeguato il loro contributo individuale al raggiungimento dei risultati aziendali (tabella 8a). Quest’ultimo aspetto assume un peso rilevante nella misura in cui la presenza di ulteriori elementi di reward in aggiunta alla retribuzione fissa, anche quando legati al raggiungimento di obiettivi, determinano un innalzamento significativo della soddisfazione dei lavoratori e dei manager (tabella 8b). 

Fai il tuo checkup retributivo Manageritalia, grazie alla collaborazione con JobPricing, propone ai manager associati la consultazione di JP Analytics, la più completa banca dati di profili retributivi italiani, con 1.900 posizioni censite e 35 settori di mercato analizzati. Dall’area riservata My Manageritalia puoi attivare gratuitamente la versione di prova e ottenere la valutazione retributiva di mercato della tua posizione e di un’altra posizione a tua scelta. JP Analytics dà la possibilità di scaricare per ogni posizione indagata una scheda retributiva che riporta la curva di mercato della retribuzione fissa e globale e l’incidenza della retribuzione variabile, con la possibilità di approfondire il dato di mercato per molteplici variabili (come il settore e la dimensione aziendale, la seniority nella posizione ecc.). JP Analytics, strumento professionale a supporto delle politiche retributive, delle direzioni hr e delle aziende, prevede una promozione esclusiva per gli associati Manageritalia, con l’acquisto di schede retributive aggiuntive al prezzo agevolato di 30 euro (prezzo di listino 50 euro). Richiedi gratuitamente il checkup della tua retribuzione. Accedi all’area riservata My Manageritalia >> Servizi professionali >> checkup retributivo

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Economia

IL TURISMO RELIGIOSO IN ITALIA: SFIDE E OPPORTUNITÀ Tra visitatori, pellegrini e appassionati di arte e cultura, un settore ancora in gran parte da esplorare e su cui il nostro Paese può scommettere per la crescita e lo sviluppo dei territori. Occorre comprendere la nuova esigenza di spiritualità andando oltre le mete devozionali della tradizione. L’offerta può essere ampliata e promossa per favorire nuovi business. I giovani e i manager sono al centro di questo processo. Le prospettive per i prossimi anni? Molto buone, a patto che si faccia sinergia e si mettano in relazione luoghi e servizi con un marketing in grado di promuovere il nostro patrimonio religioso anche all’estero.

Alessandro Cugini docente universitario e manager esperto di turismo religioso

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P

RIMA DI AFFRONTARE il tema degli itinerari religiosi in Italia e valutare le loro prospettive per il futuro, è opportuno porsi una domanda: qual è il rapporto oggi tra giovani, religione e spiritualità? Armando Matteo parlò per primo della “prima generazione incredula” e del difficile rapporto tra i giovani e la fede (Vita e Pensiero, 2009). Iniziarono quindi ricerche

quantitative: nel 2013 l’Istituto Toniolo registrò che i giovani under 30 che si dichiaravano credenti nella religione cattolica erano il 55,9%, atei il 15,2%, agnostici il 7,8%, credenti in un’entità superiore il 10%. Solo il 15,4% disse di partecipare a un rito settimanale. L’anno dopo (La condizione giovanile in Italia. Rapporto Giovani, Il Mulino 2014) registrò che alla domanda: “Lei crede a qualche tipo di religione o credo filosofico?” la percentuale dei sì era scesa al 52,2%. Successivamente, iniziarono analisi qualitative: Rita Bichi e Paola Bignardi (A modo mio, giovani e fede in Italia, Vita e Pensiero) rilevarono che “la quasi totalità dei giovani intervistati mostra un atteggiamento positivo nei confronti dell’esperienza di fede. Anche chi di-


Grafico 1 - Le religioni del mondo moderno (in milioni di aderenti stimati) 2.500 2.200 2.000 1.500

1.500

1.122 1.000

1.000 576 405

500

400 108

15

Cattolica 1.100 Protestante 480 Altre chiese e istituzioni cristiane varie 250 Ortodossa 225 Anglicana 73 Orientali (nestoriana, neofisita ecc.) 72

Visnuismo Sivaismo Altre 1256 comunità

580 220 200

Sikh

7

6

(e Ebr br ea ais mo Fe ) de ba h Co à’i nfu cia ne sim o*

an Cul im ti ist ici Ta ois ta * Sc int ois ta

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chiara di non essere credente afferma che credere dà speranza, consolazione, aiuto, amore. Se dunque sotto la coltre di superficialità e di indifferenza si riesce a scavare, emerge una sensibilità umana aperta alla trascendenza, alla ricerca di Dio. Una ricerca non esplicita, ma nascosta nelle domande di senso, di pienezza, di intensa umanità. Paolo Squizzato (Dalla cenere la vita. Un percorso di consapevolezza, Paoline) la definisce “termometro di grande sete di spiritualità che nella Chiesa fatica a trovare risposte. Come Chiesa diamo religione, ma c’è un abisso tra religione e spiritualità. Solo nel silenzio, nell’interiorità, riposa Dio”. Alessandro Castegnaro (Giovani in cerca di senso, Qiqajon) registra che tra le due collocazioni estreme (integralisti e atei-

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* Spesso uno seguace dell’altra Fonte: www.adherents.com

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Economia agnostici) esiste una vastissima terra di mezzo invisibile. In essa si muovono i nuovi cercatori spirituali, le spiritualità non formali, i partecipanti occasionali agli eventi liturgici, chi partecipa per “imprinting” ai cosiddetti “tempi forti”, quelli che leggono nella natura, nella cultura, nell’arte, nella socializzazione di un percorso fisico (Cammino) un’emozione spirituale.

Nel 2013 l’Istituto Toniolo registrò che i giovani under 30 che si dichiaravano credenti nella religione cattolica erano il 55,9%, atei il 15,2%, agnostici il 7,8%, credenti in un’entità superiore il 10%. Solo il 15,4% partecipava a un rito settimanale

A ottobre 2018, nel documento finale del sinodo dei vescovi I giovani, la fede e il discernimento vocazionale (§ 49 Spiritualità e religiosità), ritroviamo che “i giovani dichiarano di essere alla ricerca del senso della vita e dimostrano interesse per la spiritualità”. Con un’avvertenza però: “Tale attenzione si configura talora come una ricerca di benessere psicologico più che un’apertura all’incontro con il mistero del Dio vivente. Rimangono vive, però, alcune

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pratiche consegnate dalla tradizione, come i pellegrinaggi ai santuari, che a volte coinvolgono masse di giovani molto numerose, ed espressioni della pietà popolare, spesso legate alla devozione a Maria e ai Santi, che custodiscono l’esperienza di fede di un popolo”.

L’animazione territoriale per la valorizzazione delle comunità La premessa iniziale fotografa il sentiment religioso dei giovani in Italia. Ci si può chiedere ora se la valorizzazione e la promozione dei nostri territori, delle nostre aree interne, possa avvenire attraverso la fruizione del patrimonio religioso culturale e materiale per creare nuove opportunità di crescita e di sviluppo culturale, sociale ed economico. La risposta a questa domanda è affermativa, ma ad alcune condizioni. Ricercatori italiani (come Salvio Capasso, SRM 2014) hanno studiato questo fenomeno attraverso un moltiplicatore di presenza che tiene conto della quantità e della qualità del fenomeno turistico di un’area. Il sistema auspicato dovrebbe comporsi di idonei servizi (alloggi, logistica, ristorazione, agenzie di prenotazione, attività culturali, sportive e ricreative) e di offerta innovativa e multidisciplinare. La multidisciplinarietà deve essere l’elemento chiave per avviare un’animazione territoriale basata sullo studio del territorio nelle sue diverse componenti

(società e ambiente, attori e risorse, storie e tradizioni, cultura e arte, spiritualità e pastorale). In questo senso la ricerca dovrà essere sottoposta a esperti di teologia e arte, di pianificazione territoriale e urbanistica, di geografia, di scienze naturali, di storia e filosofia, di psicologia sociale ecc. Ma non basta: serve il consiglio e il consenso della popolazione, spesso aliena dal considerare questo patrimonio una risorsa sociale ed economica. Questo tipo di approccio consentirà di “evitare l’errore commesso in passato di imporre dall’alto scelte sul territorio non coinvolgendo i soggetti economici che qui sono già radicati, incentivando quei processi di sviluppo locale che comunque esistono – seppure con regole e modalità proprie – in alcune aree anche del meridione” (Paola De Vivo, Franco Angeli). In questa ricerca deve essere determinante il ruolo da accordare ai giovani del luogo. Questi possono fornirci la chiave della più opportuna offerta culturale-spirituale locale, magari congiunta con quella naturalistica, ambientale ed enogastronomica. Nella Conferenza internazionale di Cancun, Benedetto XVI rimarcò: «La possibilità che i viaggi ci offrono di ammirare la bellezza dei paesi, delle culture e della natura ci può condurre a Dio», favorendo l’esperienza della fede, «difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro Autore» (Sap 13,5).


Il turismo spirituale per la coesione sociale di comunità Partendo da ciò, il sistema potrà contribuire alla nascita di una nuova coesione comunitaria se sarà composto da elementi che turisticamente siano in grado di soddisfare domande di esperienza individuale, di un kairòs (es.: sentiero per meditazione e pellegrinaggio, anche individuale e fuori dagli eventi collettivi); teologicamente siano coerenti con la presenza fisica e pastorale della chiesa locale (es.: illustrazione storica e artistica dei beni culturali ecclesiali locali); organizzativamente creino nuovi servizi (es.: Infopoint) e opportunità di lavoro. Economicamente sia composto da una rete di attori locali che contribuiscano all’equilibrio economico del rapporto entrate/uscite complessivo (es.: la rete di servizi accoglienza, alloggio, refezione ecc. dovrà contribuire a finanziare l’ente che realizza il sistema complessivo). Questi elementi organizzativi non sono facili da comporre: il primo proviene da una domanda emozionale individuale, il secondo da finalità ecclesiali, il terzo dal contesto umano e il quarto è di carattere economico. Vi sono alcuni casi di successo già avviati, altri in fase di avvio: personalmente sto curandone uno nel territorio sorrentino-amalfitano, nel piccolo Comune di Pimonte, che grazie alla sua conformazione montana sta riscoprendo sopite tradizioni

di pellegrinaggi verso luoghi sacri e storici, naturalistici e panoramici, per provocare anche emozioni di turismo spirituale. Come scrisse un amico, “l’heritage culturale per una nuova economia della bellezza… è l’unico segmento a concentrarsi sul mood, sul feeling e sul sentiment del viaggiatore contemporaneo” (Federico Massimo Ceschin, Non è petrolio, Claudio Grenzi Editore). Il turismo spirituale, o come lo chiamo io Religious light tourism (Cugini, SAF-PFTIM 2019) può aiutare sia giovani alla ricerca di senso della vita attraverso la bellezza sia altri a crearsi un proprio lavoro nel campo della divulgazione spirituale, della guida escursionistica, della ricettività alberghiera o presso altri operatori turistici.

Qualche numero su cui riflettere La domanda moderna di turismo devozionale si sta trasformando in quella di turismo religioso inte-

grato dalla cultura. Ma è difficile misurare questa trasformazione. Troppo facile dire che è turismo religioso la visita a una delle circa 100mila chiese o a uno dei 1.700 santuari italiani e che il dato annuale di presenze sia di oltre 6 milioni. Anche se rilevassimo questo dato nazionale mediante il computo della ricettività, paradossalmente avremmo difficoltà a capire la motivazione religiosa o meno del viaggio: per gli arrivi dall’estero, tutte le rilevazioni istituzionali, poi, sono generiche (i moduli chiedono solo se “per vacanza” o “per lavoro”). Questa difficoltà mi è confermata dal recentissimo e tradizionale XXII Rapporto sul turismo italiano del Cnr-Iccs. Esso non include il turismo religioso tra le sue analisi: i settori sono mare, montagna, città d’arte, terme, laghi, crociere, nautica, congressi, enogastronomia e sport. Turista e pellegrino si incontrano qualora l’esperienza del turismo religioso

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Economia Figura 2 - Cammini italiani. Le vie di collegamento e le vie tematiche.

abbini i tratti caratteristici del turismo a quelli della religione, o meglio della spiritualità. È il passaggio dal turismo religioso al turismo spirituale, del quale non esistono né potranno mai esistere rilevazioni, essendo un fenomeno sociale e non economico. Possiamo dire solamente che l’attenzione del turista alla ricerca di senso, all’esperienza, alla fede è in forte incremento: si pensi allo sviluppo negli ultimi anni dei cosiddetti Cammini (figura 2).

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Opportunità e sfide: oltre il cristianesimo In Italia oggi il turismo religioso è incoming verso le mete devozionali, ma anche outgoing di italiani in Terra Santa, a Lourdes ecc. Noi siamo e restiamo il paese del turismo devozionale cristiano della confessione cattolica. Solo negli ultimi anni si avvertono aperture della Cei sulla trasformazione verso il turismo spirituale. La sfida è dunque quella di offrire un’esperienza spirituale non solo cristia-

na: dobbiamo impegnarci perché il turismo religioso si rivolga a soddisfare una spiritualità più ampia di quella cristiana che attragga il turismo estero, in gran parte non cattolico. Il turismo religioso che prevedo è “light”, cioè più ampio e leggero, accessibile non solo ai credenti di una religione, intesa come forma devozionale tradizionale, ma anche ai non praticanti alcuna religione, a coloro che siano di ogni età, fede o nazionalità, anche al di fuori del cristianesimo, siano desiderosi di una “esperienza di senso”. Il sentimento religioso tratto dall’esperienza spirituale è perfino per l’esistenzialismo – tendenzialmente agnostico – l’unica testimonianza interiore della verità di fede. Su questa prospettiva è chiara la nostra debolezza e impreparazione sul piano della specializzazione: per le guide turistiche adatte a tale nuova esigenza ci sono buone pratiche, come la Scuola arte e teologia della Facoltà teologica di Napoli, che formano queste nuove figure professionali.

Il ruolo del management Proprio perché è in atto una trasformazione – non solo per le confessioni cristiane – dal turismo devozionale a quello dei “turisti della fede”, da un punto di vista manageriale occorre comprendere i bisogni della nuova domanda turistica e organizzare nuovi servizi per soddisfarla. C’è chi vuole il silenzio e la meditazione (la ri-


sposta sono le vacanze di soggiorno in monasteri, eremi, case d’accoglienza) chi vuole itinerari spirituali (l’offerta è dei cammini che prolificano in tutto il territorio nazionale; chi chiede viaggi leisure con motivi culturali accessori (si organizzano pacchetti tailored di arte sacra, bellezza del paesaggio, enogastronomia e natura). Il ruolo del management è decisivo perché deve garantire – specie agli stranieri che ci giudicano inflessibilmente – il rapporto quali-

tà/prezzo rispetto ad altri paesi concorrenti che in pochi anni ci hanno sorpassato nelle classifiche mondiali, pur non possedendo il nostro patrimonio storico, artistico, culturale, e soprattutto gestire flussi, il marketing territoriale e garantire un approccio strategico diffuso. Se l’obiettivo è mantenere il 5° posto, la valorizzazione del Religious light tourism italiano potrà contribuire a conseguirlo integrando l’attuale turismo religioso tradizionale, devozionale, cattoli-

co con altre proposte in linea con la sensibilità contemporanea. 

Questo articolo è una sintesi della relazione “Comunità coese per lo sviluppo dei territori” presentata nel corso dell’ultima edizione di Koinè (Vicenza, 16-18 febbraio), la principale piattaforma europea d’incontro dedicata alla filiera internazionale del settore religioso (dall’arredamento liturgico e i componenti per l’edilizia ai paramenti sacri, dagli articoli religiosi all’editoria, organi e strumenti musicali, servizi, viaggi, pellegrinaggi) ospitata e organizzata da Italian Exhibition Group. La diciottesima rassegna internazionale della fiera ha celebrato il traguardo dei trent’anni con un’Edizione speciale dedicata al turismo spirituale e all’edilizia di culto.

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Comunicazione

COME CONVINCERE AI TEMPI DEL WEB La retorica gode di ottima salute: l’antica arte della persuasione in chiave contemporanea Andrea Granelli presidente e fondatore Kanso

L

A RETORICA è convincere? Lo studioso Olivier Reboul afferma che «è l’arte di persuadere attraverso il discorso». È lecito, allora, chiedersi cosa si intenda per discorso. Il panorama è vasto e comprende la comunicazione, orale o scritta, che nasce con lo scopo di cambiare l’opinione del ricevente o di modificarne i comportamenti, gli atteggiamenti o gli stati d’animo. In altre parole la retorica ha sempre un’intenzione, non vuole essere neutra perché non è quella la sua natura. Di conseguenza il suo campo di applicazione è ampio: i discorsi, la pubblicità, le conversazioni nel web, i comizi, i botta e risposta dei talk show, le immagini rientrano nella pratica della retorica e ne sono oggetto di studio. Possono rientrarci, ad esempio, anche le lezioni, se l’intento è far apprezzare la materia e usare espedienti per farla comprendere e ricordare, o la saggistica, se mira a convincere il lettore sulla validità di una teoria.

Uno strumento per i leader Dove si applica la retorica oggi? I campi sono numerosi. Ad esem-

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pio, nel mondo del business è fondamentale in quanto i leader sono tali poiché possiedono l’arte della negoziazione e della gestione delle dispute per motivare, sciogliere conflitti, creare consenso, anche quando non dispongono delle leve retributive o di status necessarie. Sanno utilizzare la retorica del racconto del futuro per presentare i piani di sviluppo, illustrare idee di business e business plan su cui non c’è evidenza ma solo fiducia. Riescono prima degli altri a cogliere gli indizi e a «connettere i puntini», pre-figurando il futuro che sta manifestandosi. Sono maestri nell’arte del naming, cioè creano le parole giuste per aziende, prodotti, servizi e progetti, arricchendo di valore simbolico


La retorica in 3 punti

la loro componente concreta e fattuale. Una pratica che i retori chiamano funzione adamitica: «Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi quello doveva essere il suo nome» (Gen. 2, 19). I leader sono inoltre abili nel rigenerare i significati, ossia nel ri-semantizzare le parole “fondative” di un’organizzazione per riallineare e ridare le priorità ai comportamenti dei suoi membri. Sanno usare con intelligenza il potere delle immagini per comprendere, convincere e descrivere ciò a cui la parola non arriva. E, infine, padroneggiano con disinvoltura le tecniche per giustificarsi quan-

do non riescono a portare i risultati attesi.

Dalla teoria alla pratica La complessità, il fascino e l’ubiquità della retorica richiedono quindi, quasi impongono, un metodo articolato e sfaccettato che oscilla continuamente dall’alto al basso, dalla teoria alla pratica, dalle questioni poste dalla cultura alta alle tecniche pratiche richieste dalla quotidianità. Un buon uso della retorica richiede anche studio e soprattutto un’attenta preparazione di ogni intervento importante, soprattutto se breve e veicolato in modo informale. Infatti la retorica non appartiene al passato ma vive e gode di ottima salute. Persino il digitale che, sulla carta, dovrebbe esserne il nemico numero uno, ha invece riportato la

Vivere l’oggi senza conoscere la retorica è come andare nudi al Polo Nord. La proliferazione delle notizie nel web, l’esplosione delle immagini, le fake news, il linguaggio del populismo o l’uso manipolativo dei dati richiedono nuove competenze interpretative. Nuove sì, ma allo stesso tempo antiche. In sintesi potremmo dire che la retorica è tre cose:

convincere

Mette infatti a disposizione una miniera di tecniche per migliorare le proprie capacità di comunicazione.

capire

Perché offre una chiave di lettura della comunicazione contemporanea: dalla raffica degli hashtag ai duelli a colpi di post, dai creatori di linguaggi contemporanei ai rapper con le loro dispute.

vaccino

In quanto consente di non essere immunodepressi di fronte al populismo digitale, al birignao dell’aziendalese e ai ragionamenti fallaci, che sembrano logici ma logici non sono.

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Comunicazione «In principio era il Verbo»

Giovanni, Vangelo 1, 1

«La paro la di Dio è viva, efficace e più tag liente di ogni spada a doppio tag lio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle mi do lla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore»

nte sovrano, «La paro la è un pote piccolissimo po iché con un corpo conduce e del tutto invisibile profondamente a compimento opere la virtù divine. Infatti essa ha di rimuovere di troncare la paura, e gioia, il do lore, d’infonder mpassione» d’intensificare la co di Elena Gorgia da Lentini, Encomio

«I confini del mio linguagg io sono i confini del mio mondo»

Ludwig Wittgenstein, Tractatus

«Non si può non comunicare»

San Paolo, Eb 4, 12

Paul Watzlavick, Pragma tica della comunicazione umana e quindi anche il silenzio è comun icazione

«Ti piaccia o no, tutti siamo negoziatori. La negozi azione è un aspetto della nost ra vita. La sfida non è però el iminare i conflitti, ma trasform arli» Roger Fisher, William Ury, Get

ting to Yes

«Parla solo se hai da dire qualcosa che valga più del silenzio»

Gregorio di Nazianzo, Discorsi

nde abilità a r g a n u le «Ci vuo oco spazio» p in o tt tu re Lucilio a racchiu de Seneca, Lettere a

Andrea Granelli e Flavia Trupia hanno recentemente scritto il libro La retorica è viva e gode di ottima salute. Un dialogo continuo e ibridante tra topoi e supercazzole tra i giganti dell’antichità e le comparse della contemporaneità. Vedi la recensione a pagina 63.

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«Il linguagg io non ore, rende l’uomo mig li ma più potente»

Thomas Hobbes, Leviatano

«Che mi s i d rig he scrit iano due te dalla m ano dell’uomo più onesto , e ci trove rò d i che farlo impic care» attr ibuita, tra gli

retorica al centro, rivestendo il suo corpo antico con abiti moderni. L’introduzione più efficace all’importanza della comunicazione non può non essere essa stessa un atto di comunicazione efficace e coin-

altri, al Cardin

al de Richelieu

volgente. Per stimolare una riflessione sul tema ecco una selezione molto meditata di aforismi (“fulminei corto circuiti linguistici e mentali”, secondo la definizione di Franco Volpi). 


Errare è umano.

017.PP01.01.2019.03

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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia

PROPOSTE DI LEGGE SULL’EDUCAZIONE CIVICA

osservatorio

La posizione di Prioritalia e Manageritalia

I

l tema dell’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole viene periodicamente ripreso nelle aule parlamentari. L’attuale maggioranza appare molto interessata al tema, tanto che la Camera dei deputati ha approvato in soli quattro mesi un Testo unificato delle numerose proposte di legge presentate in questa legislatura sulla materia. Obiettivo comune delle iniziative parlamentari è quello di formare cittadini responsabili e attivi e di “promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica”.

Il Testo unificato, all’esame ora del Senato, prevede l’introduzione di un insegnamento “trasversale” di educazione civica di 33 ore annuali, affidato anche a più docenti, da svolgersi nell’ambito del monte orario obbligatorio e finalizzato alla cittadinanza responsabile. Oltre all’insegnamento della Costituzione, le tematiche affrontate riguardano l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, la cittadinanza digitale, l’educazione alla legalità e al rispetto delle persone, degli animali, della natura e del patrimonio pubblico.

Prioritalia e Manageritalia, che hanno partecipato alla stesura di una delle proposte di legge presentate, hanno accolto favorevolmente l’accelerazione dell’iter e il testo elaborato, specie nella parte in cui prevede il riferimento all’Agenda 2030 e una forte sinergia tra scuole e territorio, avrebbero preferito non fosse inserito un nuovo insegnamento nell’ordinamento scolastico, bensì implementata l’ora di Cittadinanza e costituzione già esistente. http://bit.ly/CommCultura

IL BILANCIO DELL’AZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE NEL 2018

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+ 11% dal 2017 al 2018

milioni di operatori, gestito dal part11,25 10,2 9,6 ner tecnologico Sogei, e mostra le 4,8 proprie potenziali3,11 3 1,8 1,3 0,5 tà nel contrasto alle 2016 2017 2018 frodi (in due mesi Versamenti diretti Da attività di promozione della compliance sono stati bloccati Tramite agenti della riscossione Totale recupero ordinario da attività di controllo 688 milioni di euro matici dell’Agenzia. Sul versante dell’indi falsi crediti Iva). Sul fronte dell’attività di servizio ai cittadi- terpretazione normativa, il 2018 ha visto ni, nel 2018 sono stati erogati rimborsi a l’Agenzia rispondere a 11.167 interpelli famiglie e imprese per un ammontare di in scadenza nell’anno. Il modello F24 si 17,5 miliardi di euro (+8% rispetto all’an- conferma essere il principale strumento no precedente). Cresce l’utilizzo dei servi- per il versamento di imposte e contributi: zi online, sono 8,4 milioni gli utenti regi- nel 2018 sono complessivamente affluiti strati ai servizi telematici dell’Agenzia ai sistemi dell’Agenzia versamenti per (+20% sul 2017) e aumentano le visite al 608 miliardi di euro, al netto delle comcassetto fiscale, che sfiorano i 30 milioni pensazioni, di cui il 96% tramite servizi (+12% rispetto al 2017). Dei circa 1,9 telematici. milioni contratti di locazione quasi 7 su 10 sono stati registrati tramite i servizi telehttp://bit.ly/FocusEvasione Fonte: Agenzia delle Entrate

S

ono stati presentati dal direttore dell’Agenzia delle entrate, Antonino Maggiore, i dati relativi all’attività svolta nel 2018. Lo scorso anno sono stati riportati nelle casse dello Stato 16,16 miliardi di euro derivanti dalle ordinarie attività di controllo, l’11% in più rispetto al 2017 (14,5 miliardi). Si tratta di somme effettivamente incassate tramite versamenti diretti (+10%), lettere per la compliance (+38%) e ruoli (+4%). Si registra, invece, una flessione delle entrate derivanti da misure straordinarie, come la definizione delle liti fiscali (-87%), la rottamazione (-41%) e la voluntary disclosure (-25%), dalle quali derivano incassi per 3 miliardi di euro che, sommati ai recuperi da controlli ordinari, portano il dato complessivo degli incassi 2018 a 19,2 miliardi di euro. La e-fattura continua il suo “rodaggio” con 350 milioni di documenti già arrivati al Sistema di interscambio da circa 2,7

Recupero ordinario da attività di controllo

18 16 14 12 10 8 6 4 2 0


RAPPORTO SDGS 2019 Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia

I

l 17 aprile l’Istat ha presentato la seconda edizione del Rapporto sui Sustainable development goals (SDGs) adottati con l’Agenda 2030 dall’Assemblea generale delle Nazioni unite. I 17 goals stabiliscono l’agenda fissata dalla comunità globale per porre fine alla povertà, proteggere il pianeta e assicurare prosperità a tutti entro il 2030 e si articolano in 169 sotto-obiettivi che fanno riferimento a diversi domini dello sviluppo relativi a tematiche di ordine ambientale, sociale, economico e istituzionale. L’Istat, come gli altri istituti nazionali di statistica, ha il compito di costruire l’informazione statistica necessaria al monitoraggio dell’Agenda 2030 per il nostro Paese e pertanto, con cadenza semestrale, ha reso disponibili molti indicatori per l’Italia su una piattaforma informativa dedicata, attualmente popo-

lata da 273 misure che rispondono, spesso integrandola, alla domanda informativa che emerge da buona parte degli indicatori proposti dall’Onu. Oltre al posizionamento dell’Italia lungo la via dello sviluppo sostenibile, il rapporto offre alcuni approfondimenti tematici e di analisi. In particolare quest’anno si è cercato di rendere disponibile un maggior numero di disaggregazioni degli indicatori che consentano di approfondire l’analisi sia a livello territoriale sia rispetto alle diverse caratteristiche socio-demografiche delle persone. Vi è poi uno specifico capitolo che mira ad analizzare le interconnessioni esistenti tra obiettivi, target e indicatori della strategia.

Quello dei collegamenti e dei trade-off tra i diversi ambiti che compongono l’Agenda 2030 è un aspetto di rilevanza cruciale soprattutto per la programmazione degli interventi di policy. Spiegare, evidenziare, analizzare le interconnessioni tra goal, target e indicatori può facilitare la comprensione delle dimensioni e della complessità dello sviluppo sostenibile, può aiutare a utilizzare al meglio le informazioni statistiche disponibili e può anche facilitare le scelte relative a strategie o azioni potenzialmente in competizione tra loro. http://bit.ly/RapportoSDGs

RIPRENDERÀ O NO L’INIZIATIVA LEGISLATIVA DEL CNEL?

I

l Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro ha approvato il nuovo programma di attività per il biennio 2019-2020, condiviso dalle 38 forze sociali e produttive che lo compongono, che hanno sottolineato la piena funzionalità dell’organo costituzionale e il suo nuovo ruolo strategico per lo sviluppo del Paese, dopo anni di immobilismo. Punto focale del nuovo programma è il rilancio dell’iniziativa legislativa con la presentazione di disegni di legge sulle materie di competenza del Cnel, iniziativa assente da decenni (l’ultimo disegno di legge presentato nel 2017 è proprio sull’autoriforma del Cnel). Ma altrettanto importanti e qualificanti rappresenteranno la funzione consultiva del Consiglio con un ruolo di terzietà – anche nei riguardi delle istituzioni europee – il supporto alla contrattazione collettiva e al mercato del lavoro e la valutazione dell’impat-

to delle politiche pubbliche nelle materie di fisco, lavoro, economia e ambiente. In direzione totalmente opposta al rilancio del Cnel segnaliamo la presentazione, da parte del senatore Roberto Calderoli della Lega, di un disegno di legge costituzionale finalizzato all’abrogazione dell’art. 99 della Costituzione, al fine di sottrarre al Cnel la qualità di organo di rilievo costituzionale, con l’intento di una sua successiva abolizione con legge ordinaria. Secondo il presentatore, il Cnel non ha efficacemente svolto la funzione di assicurare la partecipazione politica delle forze sociali, funzione che – a suo avviso – potrà essere meglio realizzata da nuovi istituti di democrazia diretta e dalla valorizzazione del ruolo del Parlamento. http://bit.ly/ddlCostituzionale

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Case history

RETAIL DISRUPTION: Hema-Cina

Un superstore capace di utilizzare le ultime tecnologie per valorizzare la retail experience: semplicità e velocità si integrano con la multi-sensorialità e lo shopping online Fabrizio Valente fondatore e amministratore Kiki Lab - Ebeltoft Italy

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I

L RETAIL è un settore particolarmente esposto alla velocità dei cambiamenti, accelerati anche per la rivoluzione imposta da web, digital, e-commerce. Nel giro di pochissimo tempo abbiamo assistito a un fenomeno di disruption del settore. Un concetto difficile da tradurre in italiano. Può significare caos o disturbo, ma sempre più spesso indica una rottura degli schemi. Una rottura necessaria per affrontare mercati in evoluzione, con correnti sempre più forti e non facilmente prevedibili: c’è il rischio di perdere la rotta e addirittura affondare, cioè chiudere bottega. Ma c’è anche, sapendo sfruttare la corrente, l’opportunità di prendere l’abbrivio e dirigersi verso gli obiettivi molto più velocemente di prima. Nell’osservatorio di Kiki Lab, Retail Observa®, la disruption è un concetto ricorrente: Hema è

un interessante caso di successo, che ci aiuta a ridefinire il linguaggio del retail del futuro.

Alibaba Group Il gruppo cinese Alibaba è ormai diventato un ecosistema di attività e servizi per tutta la catena del retail. Tra le innovazioni più interessanti e di successo nel 2015 ha lanciato Hema, un superstore alimentare. Il negozio esalta la multisensorialità, con numerose postazioni per provare i prodotti e un enorme reparto del pesce, con numerose vasche che ospitano pesci e molluschi vivi. Questa soluzione è molto gradita in Cina dove, a partire dai mercati, i clienti amano scegliere personalmente i pesci da acquistare, o anche da farsi cucinare al momento nel ristorante integrato, per un consumo in loco o da asporto.

Ristorazione Il ristorante occupa circa il 20%


dell’area dei superstore (quasi 1.000 mq) e viene gestito con un alto livello di automazione. Il cliente fa il check-in con il proprio cellulare a uno dei totem di accoglienza. Si accomoda al tavolo assegnato, scansiona il QR code e ordina tramite app. Il cibo arriva con contenitori robotizzati che scorrono fra i tavoli su percorsi ad altezza tavolo e lampeggiano quando giungono a destinazione. Solo le zuppe e i piatti famiglia sono portati ai tavoli dagli addetti. Ogni tavolo è dotato anche di tablet per gli ordini, ma è ormai già molto diffuso l’uso del proprio smartphone. Il tablet viene usato per vedere filmati sulla preparazione del cibo, su come funzionano i robot oppure per chiamare un addetto.

Omniexperience I clienti, grazie allo smartphone, inquadrando i QR code possono accedere a molte informazioni

HEMA-CINA: INFO CHIAVE SUPERSTORE 2015

100+

lancio

supermercati in Cina

4.500 mq superficie media

60%

1999 nascita

20% del pv dedicato alla ristorazione percentuale di vendite online dei negozi

40 mld $ fatturato 2018

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Case history aggiuntive relative ai prodotti: dagli ingredienti alla provenienza, dagli allergeni alle certificazioni di qualità. Oltre naturalmente alle valutazioni dei clienti, a ricette e suggerimenti personalizzati in base alle proprie abitudini di consumo. Le casse sono tutte in modalità self-checkout con il pagamento tramite AliPay, che può essere attivato anche tramite riconoscimento facciale.

Negozio liquido Il superstore funge anche da centro logistico per le spese ordinate

online dai clienti. Un ampio gruppo di addetti si trova costantemente in area vendita per prelevare rapidamente i prodotti dagli scaffali. Spesso li si vede correre poiché gli standard di consegna sono di mezz’ora per i clienti nel raggio di 3 km. Il processo è facilitato da diverse postazioni in negozio in cui gli addetti possono depositare gli shopper dopo aver terminato la raccolta dei prodotti e un sistema automatico li fa giungere nell’area delle spedizioni, in modo molto teatrale grazie a una serie

di nastri trasportatori sospesi sul soffitto.

Commento finale Hema dimostra le potenzialità di integrare l’esperienza di retail fisico con le tecnologie e l’online, generando soddisfazione fra i clienti, oltre a efficienza operativa e maggiore redditività di base e riuscendo a garantire un’elevata multisensorialità dell’esperienza e un adeguato livello di servizio. La sfida è raggiungere in tempi adeguati il ritorno sugli importanti investimenti effettuati. 

Chiavi di successo, casi dal mondo e idee per l’Italia Il Retail è uno dei settori maggiormente esposti alla velocità dei cambiamenti, anche per la rivoluzione imposta da web, digital, e-commerce. Nel giro di pochissimo tempo si è assistito a un fenomeno di disruption del settore: concetto che può significare caos, ma che sempre più spesso indica una rottura degli schemi necessario per affrontare i mercati in evoluzione. Nell’osservatorio Retail Observa® di Kiki Lab il termine disruption è un concetto che ritroviamo spesso. Durante l’evento saranno presentati tendenze e casi di successo che stanno ridefinendo il linguaggio del Retail del futuro, partendo dagli scenari emersi dai principali Congress internazionali. Ne discuteremo con Fabrizio Valente, fondatore e amministratore di Kiki Lab – Ebeltoft Italy Cfmt Learning House Milano - venerdì 5 luglio orario 11-13 e lunch a seguire Per info e iscrizioni: Luigia Vendola lvendola@cfmt.it - 02 54063137 http://www.cfmt.it/formazione/eventi/retail-disruption-2019

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Innovazione

NO AGILE MINDSET? NO DIGITAL TRANSFORMATION! Perché le organizzazioni anche in Italia vogliono diventare Agile? Una prima apparente risposta ce la fornisce una ricerca del MIT che constata che le organizzazioni Agile crescono di fatturato il 37% più rapidamente e fanno il 30% in più di profitti rispetto alle organizzazioni convenzionali. Ma il vero motivo per cui le organizzazioni vogliono diventare agili è per diventare customer-centriche, il che significa avere la capacità di focalizzarsi sui bisogni dei singoli clienti, ovvero fare “business agility”. Per fare questo devono essere capaci di leggere e interpretare grandi quantità di dati, devono prendere decisioni istantanee e comprendere come plasmare le tecnologie ai loro bisogni. Per adottare e utilizzare l’enorme vantaggio competitivo che le tecnologie oggi offrono occorre iniziare dal mindset organizzativo. Parafrasando un celebre commercial: No Agile mindset? No digital transformation!

Fabio Lisca founder Agile school, Agile catalyst e Agile coach

Nicola Longo fondatore e managing partner Skills Management

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L’

INGRESSO DI UN NUOVO PARADIGMA organizzativo emergente, quello di autonomia condivisa, segna il passaggio da una cultura del business che basava la sua logica sulla metafora della guerra (battere i competitor) a una cultura del business in cui la sfida si sposta sul costruire, grazie alle relazioni con i propri clienti, quella unicità di interazioni e servizi che nessun altro è in grado di dare loro. Questo cambiamento avviene grazie alla spinta di un mondo sempre più V.U.C.A. (volatile, incerto, complesso e ambiguo) e la spinta della tecnologia digitale (si dice che l’intelligenza artificiale sta avendo lo stesso impatto che la locomotiva ebbe nella Seconda rivoluzione industriale), ma anche che viviamo in un mondo in grado di creare “abbondanza”. Un mondo in cui la creazione di nuovi modelli di business e nuovi prodotti e servizi è alla portata di tutti. Tutti quelli che hanno adottato il Mindset Agile e che sono Business Agile.


I

Sapersi adattare Questo scenario non è il futuro, è già ora e dipende largamente dalla capacità delle organizzazioni di adattarsi rapidamente alla domanda delle “community” dei clienti, in termini sia di nuovi prodotti sia di servizi innovativi; essere consapevoli che la competizione si svolge su un mercato globale in cui tutti i protagonisti sono impegnati in un continuo processo di relazione e innovazione e prendere atto che chi non agisce con flessibilità e plasticità al cambiamento è quasi certamente destinato a essere marginalizzato (vedi grafico a pag. 46). Quindi, la velocità di adattamento è l’unica risposta possibile. Ciò ha determinato una crescente attenzione verso l’approccio Agile: un mindset basato sul paradigma organizzativo di autonomia condivisa (vedi tabella a pagina 47). adattarsi rapidamente alla domanda del cliente in termini sia di nuovi prodotti sia di servizi innovativi

IL METODO AGILE FUNZIONA SE LE AZIENDE SANNO

essere consapevoli che la competizione si svolge su un mercato globale in cui tutti sono impegnati in un continuo processo di relazione e innovazione agire con flessibilità e plasticità al cambiamento

53%

incapacità di cambiare cultura organizzativa e introdurre il mindset agile

35%

tentativo di inserire metodologie agile in un ambiente con mentalità non agile

33%

mancanza di persone che abbiano appreso skills necessarie al mindset agile

PRINCIPALI BARRIERE NELLE AZIENDE USA E UK CHE GIÀ UTILIZZANO IL METODO AGILE

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Innovazione All’interno del Agile mindset, però, si sono sviluppate, e continuano a generarsi, una molteplicità di metodologie, strumenti e pratiche che vengono spesso applicate senza essersi prima assicurati di aver compreso e diffuso la cultura Agile. Infatti, senza aver creato e diffuso una cultura Agile, metodi e strumenti, pur innovativi, non producono i benefici attesi. L’applicazione di questo approccio si è rivelata spesso complessa

Il paradigma organizzativo più diffuso è ancora quello di “predizione e controllo”, alla base dei modelli di business convenzionali

e controproducente. Le organizzazioni più grandi, profondamente strutturate, sono molto differenti rispetto alle più piccole e flessibili startup oppure alle aziende di sviluppo software. Il paradigma organizzativo più diffuso è ancora quello di “predizione e controllo”, alla base dei modelli di business convenzionali, della modalità operativa della maggior parte delle corporation, delle business school, dei percorsi formativi manageriali a partire dagli Mba, del quoziente intellettivo e dell’intelligenza emotiva, dei sistemi di valutazione e di incentivazione, dei modelli di competenze e di Mbo. Di conseguenza, per alcune grandi imprese, è stato difficile adottare in modo completo l’Agile, il che ha portato a sviluppare delle soluzioni intermedie. Cercare, pe-

rò, di affrontare la digital transformation con soluzioni architettate all’interno del paradigma “predizione e controllo” eleva, alla potenza “enne”, il rischio di ottenere effetti inefficaci.

Cambiare approccio innanzitutto Come già Albert Einstein ricordava, pur vivendo in un contesto con un grado e una velocità di turbolenza minori, “non puoi risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo”. Il paradigma di autonomia condivisa è emerso come soluzione alternativa al paradigma di predizione e controllo per gestire la crescente complessità. I risultati, ottenuti dalle organizzazioni che lavorano secondo il paradigma di autonomia condivisa, sono stati tali da

My co-workers always do what is right for our customers Percent “strongly agree” in France, Germany, Spain and the Uk

Employees who wiew their companies as AGILE

51%

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Employees who wiew their companies as PARTLY AGILE

Employees who wiew their companies as NOT AGILE

19% 38%


Dal paradigma di predizione e controllo al paradigma di autonomia condivisa Predizione e controllo

Autonomia condivisa

Struttura organizzativa

Top-down, gerarchica, autoreferenziale

Sistema, orizzontale, focalizzata sul cliente

Come vengono prese le decisioni

Dal management separato dal lavoro produttivo

Integrandole nel lavoro produttivo e distribuite

Sistemi di misura

Budget, target, standard

Capacità e variabilità correlato allo scopo

Disegno organizzativo

Funzionale

Basato sulla domanda, il valore e il flusso

Attitudine nei confronti del cliente

Contrattuale

Quello che è importante

Attitudine nei confronti del fornitore

Contrattuale

Cooperativa

Ruolo del management

Gestire persone e budget, controllo

Agire sul sistema, apprendimento continuo

Cambiamenti

Reattiva per progetti

Adattivi su tutto il sistema

Approccio

Quello che è conveniente per l’organizzazione Quello che vogliono i clienti dal punto di vista dal punto di vista della gerarchia funzionale della risposta di tutto il sistema

Strategia produttiva

Economie di scala

attirare l’attenzione delle organizzazioni convenzionali, ancora ancorate a vecchi paradigmi. Le ricerche annuali di Version One mettono infatti in evidenza che sebbene il 94% del business in Usa e Uk stia praticando qualche metodologia Agile, le principali barriere rimangono per il 53% l’incapacità di cambiare la cultura organizzativa e di introdurre il mindset Agile; per il 35% il tentativo di inserire metodologie Agile in un ambiente con mentalità non Agile; per il 33% la mancanza di persone che abbiano appreso le skills necessarie al mindset Agile. Ma allora cosa si deve intendere per Agile? E come questo approccio può produrre veramente i risultati attesi?

Agile mindset Agile è la capacità di rispondere in modo rapido anche ad aspetti

non pianificati; è la capacità di ripianificare continuamente che cosa fare per cogliere le opportunità che emergono dall’ambiente in cui si opera. La diffusione su larga scala di Agile avvenne nelle organizzazioni di sviluppo software all’inizio del nuovo millennio e solo da poco si sta diffondendo in molte altre organizzazioni che operano in settori molto differenti tra loro. Da un’attenta analisi dei maggiori casi di successo emerge però un dato chiaro: ogni organizzazione ha implementato l’Agile a modo suo; non esiste un metodo uguale per tutti; ognuno trova il proprio framework e il proprio modello operativo utilizzando i molti strumenti offerti dall’Agile mindset. La difficoltà più grande ed evidente è quindi la mancanza di un adeguato cambio culturale nelle orga-

Economie di flusso

nizzazioni che si avvicinano ai modelli Agile. Questo significa che diverse aziende approcciano Agile prendendo una delle metodologie, in genere Scrum, e la inseriscono nella loro azienda senza agire prima sulla cultura organizzativa precedente e senza cambiare nulla della struttura organizzativa stessa. Accade che i team che lavorano in Scrum ottengono col tempo dei miglioramenti in termini di performance. Ma se non cambia il sistema, se non cambia la struttura organizzativa e il modo in cui l’organizzazione lavora, è molto difficile che l’azienda possa ottenere i risultati che spera di avere, adottando le metodologie Agile. Ovviamente molti di questi progetti sono destinati al fallimento e quindi anche le convinzioni che Agile non possa funzio-

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Innovazione G R E E N nare. Peccato che quello che stanno facendo, Agile proprio non è.

E C O N O M Y Raffaele Tovazzi filosofo esecutivo

La strategia del Gattopardo In pratica queste organizzazioni usano Agile per attuare la strategia del Gattopardo: tutto cambia affinché nulla cambi. Ecco perché Scrum sta diventando il metodo per fare Agile senza esserlo. È opportuno ricordare che l’Agile mindset è la capacità di un’organizzazione di cambiare rapidamente strategia, struttura, processi, ruoli, competenze e tecnologie per cogliere le opportunità esistenti e produrre maggior valore per il cliente e per tutti gli stakeholder. Ma se sono solo i team a lavorare con Scrum e l’organizzazione non cambia, non possiederà mai le caratteristiche distintive dell’Agile mindset. Una volta che l’organizzazione ha veramente adottato un Agile mindset, Agile non è più solo una modalità interna di lavorare ma diventa la modalità di fare business, di produrre innovazione, di creare nuovi modelli di business basati sulle interazioni e le personalizzazioni non solo con i clienti ma anche con gli utenti, con coloro che non sono ancora clienti ma potrebbero diventarlo. In questo senso le interazioni sono più importanti delle transazioni. La business agility, più ancora che le metodologie Agile e la loro applicazione, parte dal cambio di mindset per utilizzare il vantaggio che le tecnologie oggi offrono. 

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I

l 4 luglio di quest’anno partirò da Londra a bordo di una bici a noleggio e attraverserò l’Europa fino ad arrivare a Milano. La domanda più ricorrente da parte di coloro a cui ho confidato questo piccolo segreto è stata “perché?”. Il compito della filosofia è sempre stato quello di aprire gli occhi, rendere evidente una realtà che sta davanti a noi ma che, in virtù delle distrazioni di cui ci circondiamo, scegliamo di non recepire. Greta Thunberg, la giovane attivista svedese divenuta paladina dello sviluppo sostenibile, sembra aver poco a che vedere con il mondo del business in cui io e te caro lettore cerchiamo di sopravvivere e prosperare ogni giorno. Eppure pochi giorni fa, mentre passeggiavo per Regent Street nel centro di Londra, un dettaglio ha catturato la mia attenzione: come ogni anno dal 2014 ad oggi, in occasione dell’Earth Day, Apple ha scelto di colorare la foglia del proprio logo in un brillante verde acceso. C’è chi parla di una mossa di marketing e chi di una manipolazione per evitare che gli Extinction Rebellion prendano di mira le loro boutique. Ma io credo che questo dettaglio vada inquadrato in una prospettiva un po’ più ampia. Il mindset che definisce lo spartiacque tra un semplice professionista e un imprenditore, tra un commerciale e una manager, tra un teorico e un filosofo esecutivo è quello che le neuroscienze chiamano “abilità di pensiero sistemico”. Con questa espressione definiamo la capacità, perlopiù innata, di operare in una dimensione più ampia di pensiero, una dimensione che vada oltre il proprio “io” e i propri interessi individuali. Riprendiamo la “Legge Zero” della robotica di Isaac Asimov declinandola in chiave umanistica: “un elemento all’interno di un sistema non deve recare danno al sistema né può permettere che, a causa del suo mancato intervento, il sistema riceva danno”. Senza la Natura non ci sono i mercati, senza i mercati non ha senso parlare d’impresa, senza l’impresa manager e imprenditori perdono la loro funzione di motore dello sviluppo economico e sociale. La green economy non è una moda, bensì la risposta a una condizione urgente del nostro sistema che chi si definisce manager o imprenditore non può più ignorare.


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Marketing

I PERSUASORI ARTIFICIALI Scordatevi i Persuasori occulti di Vance Packard. Siamo in piena era di persuasori artificiali. Il marketing, già artificiale di suo (nella narrativa), sta per diventare artificiale a tutti gli effetti: pensato, realizzato e consegnato (all’utente) da menti meccaniche, ovviamente intelligenti. L’intelligenza artificiale è l’anima del (nuovo) marketing e dunque commercio. Lo giurano tutti. Lo gridano tutti. Sarà poi vero? Un piccolo viaggio nei concetti, strategie, applicazioni e promesse di questa presunta rivoluzione. Thomas Bialas futurologo

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ROMISED you a miracle”, cantavano negli anni Ottanta i Simply Mind. Ora negli anni quasi 2020 i Deep Mind (che tra l’altro è anche un’impresa britannica di intelligenza artificiale controllata da Google) cantano “Delivery you a miracle”. L’eccitazione è alta per la consegna di un marketing super artificiale mai banale. In realtà nessuno sa cosa sia o se esista l’intelligenza artificiale ma che importa: powered by artificial intelligence è il buzzslogan del momento sapientemente veicolato dai markettari e piazzisti tecnologici. Le cose stanno così: il marketing, già artificiale di suo (nella narrativa), sta

per diventare artificiale a tutti gli effetti: pensato, realizzato e consegnato (all’utente) da menti meccaniche. Scordatevi dunque i Persuasori occulti di Vance Packard. Siamo in piena era di persuasori artificiali. L’uomo che sapeva troppo (vecchio thriller di Alfred Hitchcock) diventa la macchina che saprà (o dice di sapere) troppo. “Hey Siri” sussurra il manager attaccato all’iPhone “dove posso trovare un buon marketing artificiale in zona?” Ovunque, rispondono i vari affabulatori high-tech. Da Cogitocorp a Persado fino a Picasso Labs è un bombardamento di pittoresche sigle, di startup, di mega società tecnologiche e di consulenza, di cose come il Marketing AI Institute e di proclami


assoluti come “Artificial intelligence is the most powerful technology of the 21st century” pronunciata alla famosa Rise of AI Conference che si svolge ogni anno a maggio a Berlino e “Il marketing e il ruolo del marketing manager cambieranno drammaticamente” pronunciato da Iskender Dirik, md/ ceo Microsoft ScaleUp & Startups, che si autodefinisce AI Freak, per altrettanti bombardamenti di promesse. Le promesse “pubblicitarie” dei nuovi persuasori artificiali sono allettanti. Bigbom promette l’automazione e ottimizzazione multi-channel con relativo calo dei costi; Picasso Labs analisi creativa della concorrenza e del proprio brand supportata da AI; Automated Insights contenuti gene-

rati automaticamente partendo dai dati (produce, tanto per fare un esempio, oltre tremila articoli al trimestre per clienti come Microsoft e Yahoo); Lyrebird la creazione di script audio in pochi secondi; Persado copywriting automatizzato sui social media; Adobe Sensei tools di intelligenza per i programmi Adobe; Albert la gestione ultra veloce dei media grazie a una piattaforma di marketing integrata con AI; Phrasee i post e la pubblicità su Facebook; Reactful la valutazione del movimento del mouse per proposte mirate all’acquisto; Posterscope la programmazione ottimale dei contenuti della pubblicità esterna; AI Assist l’assistenza clienti conversazionale automatizzata;

Tutti quanti promettono di automatizzare ogni cosa per un’assoluta e artificiale autogestione di ogni azione, promozione e sì, anche predizione

Chorus il conversation cloud intelligente; Everstring e Radius piattaforme dati b2b completamente automatizzate. Tutti quanti promettono poi di automatizzare gli acquisti (soprattutto quelli di routine, anche se dispositivi come il Dash Button di Amazon sono state un fallimento), ricerca, insights, creatività, conte-

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Marketing nuti, copywriting, account management, canali, portali, media, tracciabilità, profilazione, personalizzazione, relazione, call center, prezzi (dynamic pricing, nel gergo), consumi e tutto quello che vi viene in mente, anche cose tipo una influencer artificiale su Instagram per la promozione di pro-

dotti e servizi (esiste, si chiama Lil Miquela ed è generata da un software) per un’assoluta e artificiale autogestione di ogni azione, promozione e sì, anche predizione (l’oracolo in versione IA elabora modelli e scenari futuri su cui, come impresa, appoggiarsi). Promesse e sarcasmo a parte, qua-

TARGET ARTIFICIALE: BENVENUTA ROBOTEENAGER Sognare di diventare un robot normale? Dopo la generazione X (gli invisibili), la generazione Y (i millennial) e la generazione Z (i nativi digitali) si ricomincia dalla prima lettera dell’alfabeto, quasi ad annunciare una nuova epoca. Generazione A (gli attivi artificiali). “Reale, virtuale o artificiale per me è uguale” dice la generazione artificiale. Quella in arrivo sarà la prima generazione che troverà del tutto normale chattare, amoreggiare, litigare, discutere e collaborare con intelligenze artificiali sotto forma di chatbot, computer cognitivi, robot, assistenti vocali e gadget di varia natura. Per la futura generazione A la tossicodipendenza tecnologica è una droga di cui non fare a meno. Avere il corpo connesso dalla testa ai piedi con mille device pura normalità. Che target sarà? Sicuramente post fattuale (insensibile ai fatti) e forse gender neutral. La civiltà digitale e artificiale con la sua estetica e socializzazione fluida è gender neutral nell’essenza. Il risultato è un’ibridazione dei comportamenti e un marketing che bara brutalmente con i dati sottratti, con una manipolazione dei desideri mai immaginata neanche dai persuasori occulti.

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li sono i concetti forti, le strategie rilevanti e le applicazioni reali di questa presunta rivoluzione?

I fondamentali Come dice Daniel Casarin, fondatore di Adv Media Lab, “a voler semplificare, l’intelligenza artificiale applicata al marketing è un uso molto sofisticato di grandi masse di dati, macinati da algoritmi che in parte sono programmati per farlo e in parte stanno ormai imparando a farlo da soli”. Corretto, ma non è solo questione di deep learning ma anche di deep advertising, la pubblicità che ti colpisce nel tuo profondo, magari anche con il contextual marketing come ha fatto l’emittente inglese Channel 4 che per prima ha sperimentato una pubblicità televisiva basata su IA per piazzare prodotti in scene rilevanti per il brand. Per non parlare poi del “marketing aumentato”, che grazie alla cosiddetta mixed reality (un ibrido che mischia realtà virtuale e quella aumentata) è in grado di veicolare informazioni e promozioni mirate (sui dati elaborati in tempo reale) mentre magari inquadri un albergo. Poi ci sono i classici del nuovo marketing che comprendono: voice search, Big Data Analytics, customer pattern recognition, Programmatic advertising, chatbots, Predictive behavior modeling, personalized content creation e il tanto celebrato hyper targeting. Altre cose all’orizzonte.


Cosa pensano i marketing manager dell’IA? Per certi versi tutto il bene possibile. In questa fase l’euforia e l’entusiasmo sono alle stelle (come in passato per i big data, anche per l’intelligenza artificiale il marketing è stato ed è ottimo e abbondante). Per i manager l’IA avrà un ruolo determinate per il marketing futuro (93%) innescando grossi cambiamenti nelle pratiche quotidiane (85%), soprattutto per interagire meglio e più velocemente con i clienti (78%). Il vero problema pare essere il presente, o meglio la capacità di fare marketing supportato da IA. Infatti, solo il 31% dei manager intervistati ha fatto i primi timidi passi in questa direzione. Questo il responso di un recente focus group realizzato in Germania da SRH Berlin su un campione di ben 200 marketing manager suddivisi in 6 distinte categorie in base all’approccio nell’utilizzo dell’IA. Gli opportunisti (27%) la sfruttano per migliorare l’efficacia a breve termine, gli scettici (27%) la considerano un “terminator” distruttivo del marketing, gli strategici (16,2%) come perno per lo sviluppo dell’intera azienda, gli ottimizzatori data-driven (12,3%) come abilitatore del marketing basato su big data, gli embracer (9,3%) come vera rivoluzione del marketing futuro e infine i pragmatici (8,3%) come mero strumento per semplificare le attività quotidiane del marketing. Scettici 27%

Opportunisti 27%

Dammi il cinque Per ora si gioca in cinque, cinque come le applicazioni principali. Numero uno, customer experience: già oggi, come testimonia bene il chatbotsummit.com, l’assistenza clienti è supportata da chatbot che forniscono esperienza personalizzata 24 ore su 24, soprattutto con conversational chatbot che danno la sensazione di interagire con una persona reale. Numero due, advertising: grazie al content targeting la pubblicità online diventa sempre più efficiente e con l’analisi semantica del contesto

Strategici 16,2%

gli annunci appaiono in modo mirato in base ai precedenti comportamenti (e scelte) del cliente. Numero 3, contenuti: sempre più spesso i contenuti, specialmente quelli di routine, vengono automatizzati nella formulazione e veicolazione con analisi di quello che funziona meglio in un determinato contesto. Numero 4, social media: molti social bot fungono da brand tracker e danno per esempio l’allarme in caso di gravi problemi di immagine, anche con diffusioni virali condivise su larga scala.

Data driven 12,3%

Embracer 9,3%

Pragmatici 8,3%

Numero 5, insights: intuire con il supporto dell’IA cosa succede “dentro” il mercato è una delle attività principali del nuovo marketing predittivo.

L’invasione degli ultra-artificiali Le cose stanno così: internet è pervasiva e l’AI sarà pervasiva o, detto diversamente, i campi di applicazione sono e saranno infiniti. Il traduttore DeepL si pubblicizza come l’unico che coglie le più piccole sfumature grazie alle reti neurali; Kit, l’assistente virtuale di

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Marketing Shopify, promette di migliorare il marketing e le vendite; booking. com offre il nuovo servizio Booking Experiences (un chatbot) che sfrutta tramite AI milioni di preferenze e suggerimenti dei visitatori; nel consiglio d’amministrazione di Deep Knowledge Ventures siede e partecipa un algoritmo di nome Vital; Google con AutoML sperimenta i software AI che si correggono da soli; l’app Unloop (come migliaia di altri) affianca gli umani nella gestione della vita quotidiana, la startup inglese Lightvert proietta la pubblicità direttamente nell’occhio del consumatore; Cogitocorp supporta imprese come l’assicurazione sanitaria Humana Inc con call center completamente automatizzati in grado di accorgersi se il cliente è stressato o di cattivo umore adeguando il servizio, Salesforce con

Scarica il report Bot.Me: A revolutionary partnership di PwC http://pwc.to/2VQBfva

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la versione Einstein propone funzioni predittive per personalizzare le raccomandazioni ai clienti, Guuru trasforma la gente comune non solo in ambasciatori del marchio ma anche in supporto e servizio clienti, mentre i chatbot monopolizzano già oggi in parte le relazioni fra impresa e clienti.

Il cliente ignoto “Non sappiamo chi compra da noi”. Il cliente il cui corpo (e anima) non è stato identificato appartiene al passato. L’iper promessa è l’iperpersonalizzazione, chiave della vera fidelizzazione costruita su relazioni profonde e durature. Chiaro: se riesci a mangiare e digerire grandi quantità di dati dettagliati in tempo reale e responsive il tanto ricercato “offerte solo per i tuoi occhi” è quasi cosa fatta. Velocità dunque, ma non solo. Per sapere tutto devi anche spiare tutto. I giornali, giustamente, dedicano molto spazio al gioco “così sorvegliano tutti”: dai soliti Google & Facebook fino alle più piccole imprese che con il nuovo marketing tracciano ogni gesto per prevedere ogni nostro presunto (e sottolineo presunto) desiderio. Anticipandolo. E, dunque, tentando di manipolarli anche commercialmente. In fondo l’idea di fondo di Aura Vision Labs è proprio quella: un grande negozio che vi guarda con tecniche di identificazione biometrica per studiare, catalogare e interpretare i dati dei clienti nel punto vendita.

Stesso discorso per Synaps Intelligent Outdoor ads che adatta il messaggio sui display digitali esterni in base al tipo di veicolo che transita (se guidi una Bmw appariranno spot di altre auto premium). Anche gli smart speaker, ovvero gli ormai famosi assistenti digitali vocali stile Amazon Echo o Google Home (ma anche Siri su iPhone), non solo ascoltano le nostre richieste ma ci ascoltano come dire “a prescindere” raccogliendo informazioni. Per non parlare del tanto temuto e discusso riconoscimento facciale stile NtechLab o Findface. D’altra parte il rilevamento del volto per un targeting in tempo reale con contenuti mirati è una delle promesse più gettonate, vedi ADPack osannata come “winner of German Accelerator 2018”.

Prodotti predittivi Ovvio: da predictive analytics a predictive products il passo è breve. In futuro, sempre più prodotti e/o servizi saranno dotati di una funzione per così dire predittiva, come nel caso di Square Order che consente di ordinare e ritirare un caffè quando sei pronto grazie alla tecnologia di previsione dell’arrivo esatto nel punto vendita.

Sfida creativa Quando il bot di Botnik scrisse un capitolo dell’ottava saga di Harry Potter lo scalpore fu grande. Ok, erano solo tre pagine e molto marketing, ma intanto si comunicava


Strane cose all’orizzonte. Il deep learning diventa deep advertising. La psicologia del profondo diventa automazione del profondo. Il point of sale diventa mind of sale. Benvenuti nell’era della nuova comunicazione. Il marketing, già artificiale di suo (nella narrativa), sta per diventare artificiale a tutti gli effetti: pensato, realizzato e consegnato (all’utente) da menti meccaniche, ovviamente intelligenti, i nuovi persuasori artificiali ballano a ritmo di algoritmo, occultano sapientemente i dati. Predicono e predicano un futuro dove tutto diventa possibile, anche l’automazione della personalizzazione, e mentre McDonald’s ci comunica che il panino migliore è quello suggerito dall’IA e noi convinti ce lo pappiamo, tutto appare chiaro: la persuasione non è più umana questione. In esclusiva per noi il keynote speaker del World Marketing & Sales Forum di Milano, Mohanbir Sawhney, della Kellogg School of Management, per uno speech che apre le porte alla futura automazione e intelligenza artificiale nel marketing. Sul palco Luca De Biase, Thomas Bialas, Mirko Pallera ceo di Ninja Marketing, Luca Ruju fondatore della startup Predixit, Lorenzo Montagna fondatore di Seconda Stella e presidente VR/AR Association. La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi. Per informazioni: www.cfmt.it - Anna Scirea - ascirea@cfmt.it - 02.5406311

che le macchine qualcosa creano. Che so: una canzone alla Beatles (a dire il vero penosa), un quadro in stile Rembrand o un verso alla Shakespeare. Imitazioni e trastullamenti ma intanto il guanto di sfida è stato lanciato.

Target algoritmo? La domanda forse non sorge

spontanea ma tant’è. Se in un prossimo futuro i consumatori demanderanno tutta una serie di scelte agli assistenti personal virtuali (anche sotto forma di personal chatbot) allora possiamo ipotizzare anche un futuro mondo del marketing dove le imprese saranno costrette a influenzare non più (solo) il clien-

te in carne e ossa ma l’algoritmo di turno.

Al prossimo giro? In prima posizione al giro finale prevedo il marketing mentale. Chiedere a Zuckerberg del silent speech interface e soprattutto partecipare il 13 giugno all’evento i Persuasori artificiali (vedi box). 

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IL COMMERCIAL OPERATION MANAGER Giuseppe Monita è associato a Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata. Con lui parliamo del ruolo del manager nelle commercial operation, di gestione di team internazionali da remoto, di crescita professionale e del suo rapporto con l’associazione.

Giuseppe Monita, director, contracts, tendering & customer services Europa, Medioriente, Africa (Emea) Btg plc.

Enrico Pedretti

Cosa vuol dire oggi essere dirigente dell’area commercial operations e nello specifico a capo del dipartimento contracts & tendering delle relazioni clienti? «Le mie competenze vanno dall’area legal a quella commercial. Serve una solida formazione di base in management administration e poi un valido percorso di sviluppo professionale in parallelo con una formazione continua. Tutto questo per servire un cliente duplice: gli stakeholder (PA ospedaliera e governativa, operatori sanitari con regolamentazioni differenti per ogni paese europeo) e i pazienti per i quali sviluppiamo terapie innovative che salvano la vita o ne migliorano la qualità». Quali sono i punti di forza da mettere in campo? «Flessibilità, positività, resistenza fisica (viaggiare molto stanca) e mentale (si lavora sempre, anche durante gli spostamenti aerei) e allo stesso tempo pensare strategica-

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mente (sapere guardare oltre). Per lavorare in un ambiente internazionale occorre essere aperti alle altre culture, avere enorme rispetto degli usi e costumi, sapere accettare punti di vista che possono apparire diametralmente opposti ai nostri e considerare che le diversità culturali possono creare grandi ostacoli nella realizzazione di un progetto, ma allo stesso tempo arricchirlo. Gioca un ruolo importantissimo l’ascolto attivo». Cosa è determinante per essere vincenti e quale il ruolo del management? «Ho un team di persone basate in differenti paesi europei, quindi il rapporto di fiducia è parte fondante della nostra attività. Agisco da tutor con i più giovani e con ampia delega con gli altri, il tutto in modo sinergico per fonderci in una vera squadra. A questo si aggiunge l’energia positiva, la capacità di essere multitasking, ma estremamente attenti al dettaglio,


quella di destreggiarsi nell’ambiguità e quantità delle email, di conoscere i propri limiti e ammettere gli errori». Come gestisce un team internazionale vivendo in Molise? «Non occorre il Dove ma il Come. Gli strumenti informatici hanno accorciato le distanze e si può dialogare con più persone in differenti continenti nello stesso momento. In futuro bisognerà guardare sempre di più alle province che hanno tanto da dare in termini di qualità della vita. Vivere in Molise è stata una mia scelta. Spero che questo mio messaggio possa contribuire a far capire alle nuove generazioni che non bisogna fare le valigie con biglietto di sola andata per l’estero ma programmare anche il biglietto di ritorno e restare in contatto con il mondo contribuendo a far crescere l’Italia». Prima delle biotecnologie ha lavorato per l’Onu, branch manager di un’agenzia per la somministrazione del lavoro. Un percorso utile e vincente? «È stato un lungo percorso che ho iniziato ai tempi dell’università iniziando con uno stage presso l’Onu, per poi passare a un contratto di special service agreement, un’impresa per nulla semplice. Sin dall’inizio ho impostato un percorso che mi ha portato a raggiugere il mio obiettivo: lavorare in un ambiente internazionale».

Cosa fare per crescere professionalmente nella sua funzione e settore? «Come in tutti i settori per crescere ci vuole tanto impegno. Credo che siano molto apprezzate le persone che non si limitano a lavorare le ore stabilite da contratto ma che credono in quello che fanno e lo fanno con un’ottica più imprenditoriale che da dipendenti. Bisogna sapere trovare poi i propri spazi per formarsi in continuazione, anche in autonomia, e prima di ricevere bisogna saper dare e dimostrare con i fatti più che con i cv e le parole». Bisogna guardare anche all’estero? «Non solo bisogna guardare all’estero ma bisogna anche fare esperienza diretta. Ho vissuto per un periodo di tempo a Ginevra durante la mia precedente esperienza lavorativa e ho avuto la fortuna di avere nel mio ufficio ben 26 differenti nazionalità: lavorare con colleghi provenienti da differenti parti del mondo è stata un’esperienza di vita fantastica che non può che lasciare un segno positivo e creare solide basi per poter crescere in un mondo ormai diventato davvero globalizzato, ma anche piccolo volendo». Lei vive a Campobasso, in Molise, che ambiente professionale

MANAGERITALIA PUGLIA, CALABRIA E BASILICATA

L’associazione in numeri Dirigenti 165 Quadri 29 Executive professional 36 Pensionati 40 TOTALE 270 Maschi 237 Femmine 33 dati di maggio 2019

e manageriale c’è e come sfruttarlo? «Il tempo a disposizione per vivere la città non è tanto, ma devo dire che c’è un clima molto positivo e si riesce a discutere di temi di interesse comune che non toccano soltanto il lavoro manageriale ma anche il benessere della comunità locale». Lei è associato a Manageritalia Puglia, Calabria e Basilicata: che rapporto e quali vantaggi ha? «Sono un utente a distanza, come nel lavoro, e quando serve loro ci sono sempre. Per problemi di tempo non riesco a partecipare a tutti gli eventi ma cerco di frequentare i corsi di formazione organizzati da Cfmt: sono di altissimo livello e noi manager abbiamo davvero bisogno di formazione in un mondo complesso e in continuo cambiamento». 

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benessere

PILLOLE DI BENESSERE

MARTELLATE DI BENESSERE Il massaggio Tok Sen, antico trattamento thailandese

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Pietre calde, cristalli, tamponi di erbe, coppette, bambù sono alla base di massaggi piuttosto comuni nelle spa, ma martello e scalpello sono decisamente insoliti. Il massaggio Tok Sen (dove tok significa “colpire” e sen fa riferimento alle linee meridiane del corpo) può a prima vista intimorire, tanto è vero che in Italia non è diffuso. Il trattamento ha tuttavia origini molto antiche e al tempo stesso umili: nasce nella Thailandia del nord e veniva praticato dai contadini per sgranchire i muscoli dopo una lunga giornata di lavoro nelle risaie. Oggi è diffuso in tutto il paese. Il massaggio è total body e si avvale di un martello (chiamato Limb) e di uno scalpello (Khone) in legno, la persona che si sottopone al trattamento resta vestita e dura circa un’ora. I colpi devono essere di intensità variabile e vengono eseguiti dalla testa ai piedi, evitando martellate dirette alle ossa e sulla colonna vertebrale, ma focaliz-

zandosi su punti specifici, i meridiani yin e yang (12 + 8) del corpo, secondo le indicazioni della medicina cinese. I meridiani vengono considerati canali di energia che a volte possono chiudersi per problemi a livello fisico o psichico. L’efficacia del trattamento è dovuta non solo ai colpi ma alle vibrazioni: una sorta di eco interna che il bravo terapeuta dovrebbe riconoscere. Più infatti il suono prodotto è cupo e più il “blocco” risulta intenso. Il movimento effettuato con lo scalpello con due punte di dimensioni diverse viene eseguito in modo diagonale e con colpi a breve intermittenza. Il rumore è secco ma non troppo forte, tanto che il ritmo può risultare ipnotico. Il Tok Sen aiuta a risolvere il mal di schiena, dolori cervicali o posturali, a spalle e gambe e può essere considerato stimolante, dunque dà una sferzata di energia. La particolarità è che al termine le reazioni possono essere in alcuni casi molto forti: c’è chi si mette a piangere (non dal dolore), chi sente l’impulso di urinare, rimettere o avverte dentro di sé un’energia sessuale improvvisa. Non c’è nulla di strano in tutto ciò, dato che la stimolazione dei punti energetici può anche avere queste conseguenze. Il risultato finale? Ci si sente bene, quasi liberati da nodi che stringevano il nostro corpo, pronti ad affrontare una lunga serata o una giornata di impegni lavorativi. Dove si può provare in Italia? A Milano presso Alma Matters, dove viene anche insegnato (www.almamattersmilano.com), a Venezia (Lanna Gaia, www.lannagaia.com) o a Genova (Shivago, www.ttm.it).


ARTE Claudia Corti

C Crying Girl, 1963, Collezione Privata.

ROY LICHTENSTEIN, GENIALE ARTISTA NASCOSTO DIETRO UNA FINTA BANALITÀ

arte

DOVE Roy Lichtenstein Multiple Visions Mudec Milano fino all’8 settembre

Correva l’anno 1961: il presidente John F. Kennedy, eletto pochi mesi prima, presta giuramento pronunciando il celebre discorso “non chiedetevi cosa il vostro paese può fare per voi, ma cosa voi potete fare per il vostro paese”; e mentre Yuri Gagarin è il primo astronauta nello spazio, a Berlino si costruisce il muro che per decenni dividerà non solo una città, ma il mondo intero. In un clima generale di benessere economico e di grandi trasformazioni sociali, nell’America del 1961 i nuovi eroi e idoli da venerare si trovano negli schermi televisivi o nei grandi cartelloni pubblicitari ai lati delle strade. Al mondo in bianco e nero della prima metà del secolo si contrappone quello fatto di colori sgargianti, di eccessi, di consumismo sfrenato apparentemente alla portata di tutti. Cambiano i valori, cambia la visione del mondo, cambia la società. E ovviamente non può non cambiare anche il linguaggio artistico. La nuova forma di espressione si chiama Pop Art, intendendo per “pop” un diminutivo di popular, un’arte che trae ispirazione dalle espressioni di massa. Proprio in quel 1961 Roy Lichtenstein, newyorkese e profondamente americano, realizza le sue prime opere pop ispirandosi ai fumetti, la nuova letteratura di massa. Inquadra grandi particolari di una figura enfatizzando un tipo di ottica tipica dello zoom cinematografico; ingigantendo il soggetto le li-

nee di contorno nere vengono accentuate risultando eleganti quanto un arabesco, così come il colore diventa puro e più brillante. Mickey Mouse, Braccio di Ferro, hamburger e hot dog, palline da golf, tshirt, ma anche opere riprese da Matisse, Picasso, Mondrian e Monet, persino Carrà, in un continuo rimando tra cultura elevata e cultura di massa. C’è spazio persino per gli interni di abitazioni, addirittura lo studio ovale della Casa Bianca, che ogni nuovo presidente tende a personalizzare aggiungendo o modificando qualche piccolo particolare. E poi la donna, il soggetto che più di tutti risente dei profondi cambiamenti sociali: dalla casalinga perfetta dei primi anni 60, felice e realizzata in mezzo a frigorifero e aspirapolvere, alla creatura fragile, tormentata e triste (rigorosamente a causa di un uomo!) dei fotoromanzi, dalla femminista indipendente degli anni 70 all’icona di sensualità degli anni 90. Il tutto raccontato attraverso l’iconico uso dei punti Ben-Day, ovvero il sistema di puntini usato nella stampa dei fumetti per esaltare le sfumature dei vari colori... oggi li definiremmo pixel digitali! Solo apparentemente facile e banale, l’arte, perché di Arte con la A maiuscola si tratta, di Roy Lichtenstein da decenni continua a essere di ispirazione per grafici, pubblicitari e chiunque si lasci sedurre dal potere inesauribile di linee e colori.

CURIOSITÀ Nonostante il grande successo, nei primi anni una parte del pubblico e della critica faticarono a capirne la portata geniale, al punto che nel 1964 la rivista Life intitolò l’articolo a lui dedicato “È lui il peggior artista d’America?”. A dimostrazione che è sempre bene non prendere per oro colato ciò che si legge sulle riviste!

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LIBRI Davide Mura

Odifreddi e Farinetti: due mondi a confronto Cosa accomuna un matematico e un imprenditore? Chi dei due frequenta di più i sogni e chi insegue una verità cinica? In questo affascinante faccia a faccia tra due mondi apparentemente opposti, Piergiorgio Odifreddi e Oscar Farinetti si confrontano sui temi più urgenti dell’attualità: dai cambiamenti climatici alla politica, dall’importanza del rispetto per la filiera del cibo alle prospettive dell’Italia per i prossimi anni. Dialogo tra un cinico e un sognatore, Piergiorgio Odifreddi, Oscar Farinetti, Rizzoli, pagg. 240,  17.

L’appello di Greta per l’ambiente Greta Thunberg ha parlato ai grandi del mondo iniziando così la sua battaglia contro il cambiamento climatico. Il suo messaggio ha coinvolto in tutta Europa centinaia di migliaia di ragazzi che seguono il suo esempio in occasione dei #Fridaysforfuture. Si tratta di una vera e propria rivoluzione che non pare destinata a fermarsi, una battaglia da combattere per un futuro sottratto alle nuove generazioni al ritmo furioso dei 100 milioni di barili di petrolio consumati ogni giorno. La nostra casa è in fiamme, Greta Thunberg, Mondadori, pagg. 240,  16.

A BORDO DI UN SOGNO

libri

Dalla sua creazione nel 1883 per servire la tratta ParigiCostantinopoli alla sua ultima corsa nel 2009, l’Orient Express percorse mezza Europa portando con sé storie e avventure leggendarie. Emblema del viaggio di lusso, il treno divenne il mezzo di trasporto preferito di artisti, scrittori e rappresentanti dell’alta borghesia e della nobiltà. Il libro di Guillaume Picon, con le fotografie di Benjamin Chelly e la prefazione di Sir Kenneth Branagh (aka Hercule Poirot in Murder on the Orient Express), ripercorre la storia del celebre treno e allo stesso tempo del periodo d’oro del viaggio. Il volume raccoglie immagini, ritratti, pezzi di arredamento, documenti ufficiali, lettere private, cartoline svelando il dietro le quinte del treno: da come funzionava e veniva organizzata la ristorazione per i passeggeri alla meccanica delle locomotive. Orient Express - The story of a legend, Guillaume Picon, Acc Art Books, pagg. 260,  37.

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LETTURE per MANAGER

...permanager

Marco Lucarelli

LA RETORICA NON APPARTIENE AL PASSATO Siete sommersi dalle troppe informazioni. Guardate tutti i giorni i principali giornali online, siete iscritti a una serie di newsletter che vi aggiornano sul vostro ambito professionale. Sui social seguite una serie di guru per rimanere al passo delle tendenze in campo digitale e lavorativo. La verità è che non ci state capendo molto. Non riuscite a valutare se tutta l’informazione assorbita vi abbia fatto crescere personalmente o aiutato nel vostro lavoro. Anzi, questo sovraccarico informativo più che lasciarvi qualcosa ve l’ha tolto. Vi ha tolto la capacità di prestare attenzione e distinguere cosa è vero, cosa è falso e cosa solo verosimile. Questo libro La retorica è viva. E gode di ottima salute. Convincere, capire, vaccinarsi ai tempi del web (di Andrea Granelli e Flavia Trupia, Franco Angeli editore) vi invita a fermarvi e tornare indietro di secoli. Non fraintendete, non si tratta di uno di quei testi scolastici rimasti imbalsamati a prendere polvere nelle vostre librerie dai tempi delle superiori. Stiamo parlando di una riscoperta della retorica applicata al mondo del business attuale. Sì, perché senza accorgervene, la retorica è ancora viva e vegeta. Utilizzata dai leader aziendali per negoziare, convincere, risolvere conflitti. Oppure per illustrare i business plan, raccontare i futuri scenari possibili e ottenere il coinvolgimento dei propri collaboratori verso tali obiettivi. I leader capaci di sfruttare le tecniche retoriche sono anche quelli in grado di dare i nomi alle idee, ai prodotti e ai servizi arricchendoli di valore simbolico. Sanno inoltre usare il potere delle immagini e descrivere laddove la parola non arriva. Ecco allora gli autori accompagnarci nei fondamenti della retorica antica adattandola all’uso moderno. Si co-

mincia dall’Inventio, ossia dalla capacità dell’oratore di raccogliere le idee, trovare le fonti e gli argomenti che lo sosterranno durante il suo discorso. Discorso che dovrà seguire le regole della Dispositio, della strutturazione affinché l’ascoltatore venga accompagnato, come in un viaggio, in questa opera di convincimento. Una volta definiti gli argomenti e la loro struttura di presentazione, ecco intervenire l’Elocutio, ossia la creazione di immagini suggestive nella mente dell’ascoltatore. Non solo argomentazione quindi, ma capacità di lasciare il segno nel ricordo di chi ha ascoltato. Diamo per scontata la Memoria, ossia il fatto che l’oratore conosca i contenuti della sua presentazione e li ricordi senza dover leggere di continuo il materiale. Finiamo con l’Actio, ossia l’importanza dell’espressione corporea durante il discorso, se è vero che “noi comunichiamo per il 7% con le parole, per il 38% con il modo di dirle e per il 55% con le espressioni del volto e del corpo” allora l’importanza di questa tecnica retorica parla da sola. Siete ancora convinti che il mondo del business, del management non abbia niente a che fare con questi retaggi letterari di un passato lontano? Leggete queste parole di Charles De Gaulle: «[…] La vera scuola del comando è nella cultura generale. Attraverso di essa, il pensiero è messo in grado di esercitarsi con ordine, di distinguere nelle cose l’essenziale dall’accessorio, di cogliere gli effetti e le interferenze, in definitiva di elevarsi al livello in cui gli insiemi si configurano nel loro complesso senza pregiudicare la percezione delle sfumature». Esattamente quello che dovrebbe fare un manager. Leggi e commenta le recensioni sul portale Manageritalia sotto la categoria Management > Letture per manager www.manageritalia.it

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LETTERE Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it

Le dimissioni del lavoratore padre Ho deciso di presentare le dimissioni, quindi ho espletato la procedura telematica di comunicazione delle stesse. L’azienda mi ha notificato che, poiché ho un figlio di età inferiore a tre anni, tale procedura non è sufficiente, in quanto la normativa richiede che le dimissioni debbano essere convalidate presso la Direzione territoriale del lavoro, anche da parte del lavoratore padre. È corretto? In quali problematiche potrei incorrere nel caso decidessi di non dare seguito alla richiesta dell’azienda? G.P. – Firenze

lettere

La norma che ha introdotto l’obbligo di convalida telematica delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali ha espressamente escluso da tale procedura le dimissioni presentate dalla lavoratrice madre e dal lavoratore padre, che continuano a essere soggette alla disciplina di cui all’art. 55 del Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Se la cessazione per dimissioni avviene durante il periodo in cui vige il divieto di licenziamento della lavoratrice madre, ovvero entro il compimento del primo anno di vita del bambino, la legge prevede per la madre l’esenzione dall’obbligo di prestare il preavviso e il diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. La stessa norma di legge estende l’applicazione di tale tutela al padre lavoratore, ma solo nel caso in cui abbia fruito del congedo di paternità. Infine, il comma 4 del suddetto articolo ha stabilito che “la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’art. 54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo del ministero del Lavoro e delle politiche sociali competente per territorio” e che “a detta convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro”. Il non aver ribadito che tale vincolo, per quanto riguarda il padre, si applica solo nel caso in cui egli abbia fruito del congedo di paternità, ha dato luogo a una confusione interpretativa da parte di consulenti ed esperti, che ha riguardato le

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stesse Dtl, tanto che da più parti è stato richiesto un chiarimento ministeriale. Chiarimento che (alla data di redazione di questa risposta) non ci risulta ancora essere stato fornito. Nel frattempo è intervenuta la Corte di cassazione (sentenza 11 luglio 2012, n. 11676), risolvendo il contrasto interpretativo. A giudizio della Corte, infatti, non esisterebbe un autonomo diritto di convalida delle dimissioni da parte del padre lavoratore, finalizzato a tutelare il padre in quanto tale. Non vi sarebbe infatti alcuna necessità di verificare la volontà dimissionaria del padre, al fine di prevenire pregiudizi a suo carico, posto che nessun datore di lavoro avrebbe interesse a favorire le dimissioni del lavoratore quando diventa padre, se questi non chieda di usufruire del congedo di paternità o di quello parentale. Solo in questo caso, secondo la Cassazione, il datore di lavoro può venire a conoscenza della paternità del proprio dipendente, e solo in questa circostanza può rendersi necessaria una tutela rafforzata contro possibili coercizioni della volontà del dipendente medesimo. La fruizione del congedo di paternità farebbe invece scattare la riferita tutela, con la conseguente invalidità delle dimissioni rassegnate in violazione dell’obbligo di convalida. Occorre tuttavia segnalare che tale sentenza non poteva tenere conto delle modifiche normative che hanno introdotto, in relazione alle nascite avvenute a partire dal 1° gennaio 2013, l’obbligo per il padre di astenersi dal lavoro per un giorno (congedo elevato a 5 giorni dal 2019, con possibilità di richiedere un ulteriore giorno in alternativa alla madre), entro cinque mesi dalla nascita del figlio. Obbligo che porta quasi inevitabilmente a conoscenza del datore di lavoro l’intervenuta paternità del dipendente, fatto salvo il caso in cui le dimissioni intervengano prima del momento di utilizzo discrezionale delle giornate di astensione obbligatoria. Pertanto, in attesa dei chiarimenti ministeriali, si dovrebbero adottare questi criteri: se il padre ha usufruito del congedo di paternità, dovrà recarsi all’Ispettorato territoriale del lavoro competente per la convalida delle dimissioni, che valuterà l’effettiva e consapevole volontà di presentare le dimissioni e che provvederà a rilasciare un provvedimento di convalida; se non ha usufruito del congedo di paternità, il lavoratore padre potrà seguire la procedura ordinaria, prevista dalla normativa, presentando le dimissioni in modalità telematica. Le dimissioni presentate con modalità alternative a quelle descritte sono inidonee a interrompere il rapporto di lavoro.


Inserto mensile di Dirigente n. 5 / 2019

a cura di Thomas Bialas

DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #54 02/ IKEA TORNA IN CITTÀ 04/ TENDENZE DA TENERE D’OCCHIO 08/ INTERNET OF SHIT SAVE THE DATE: PERSUASORI ARTIFICIALI MILANO, 09 GIU 2019

Nuove professioni L’esorcista digitale Stufi del solito talentuoso, spocchioso, brufoloso evangelista digitale? È tempo di far entrare in azione l’esorcista digitale. Altro che digital detox. Siamo tutti posseduti e imbevuti come imbuti di retorica digitale über alles. Digitalizzazione come religione, come colossale e collettiva sbornia, eh diamine, qualcuno di sobrio ci vuole pure in azienda! Per il World Economic Forum il Critical thinking è una delle doti (o skills) più gettonate per il futuro. Allora iniziamo a criticare. Leggo sulla newsletter di Talent Garden che una loro startup ha inventato un vaso con una piantina dotata di unità tecnologica che funge da purificatore d’aria smart. Aria smart? Che

diavolo è? Le piante danno ossigeno e purificano l’aria per vocazione vegetale di milionaria esperienza. Tutto questo mi fa venire in mente la ridicola invenzione di Juicero (leggi a pagina 8) e la relativa sigla: IOS che sta per Internet of shit. Mai epoca fu meno innovativa (confrontate l’invenzione della lampadina e le invenzioni sostanziali della Belle Époque). È tutto solo un duplicato: abbiamo digitalizzato tutto l’esistente (dalla musica con Spotify alle mappe geografiche con Google Maps, fino alle relazioni con WhatsApp) e portato tutto il mondo reale (compreso il lavoro) nei computer e device (tra l’altro con un costo energetico abnorme).

cfmt.it/formazione/eventi/persuasori-artificiali

Soprattutto copiare, simulare e replicare il reale non ci dice ancora nulla sul reale valore e senso del digitale, a cosa mi serve? Le cose semplicemente vengono fatte perché si possono fare (specialità delle startup). D’accordo. Ma dov’è il nuovo, quello vero? In realtà il digitale non sta cambiando il contenuto, ma solo la forma di presentazione. Questo è lo stato delle cose. Chiunque parli di digitalizzazione, come se fosse da tempo diventata qualcosa di proprio, dice una mezza bugia. Bene, e cosa deve fare l’esorcista digitale? Scovare e scacciare le presunte innovazioni ridicole, inutili o malefiche che invadano il mondo. Mi candido.


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––Future retail Back to city

––Ikea torna in città E con lei i negozi Per lunghissimi anni i commercianti hanno versato lacrime amare. Il centro si svuota. Il centro è un’arida landa desolata. Il centro è privo di clienti contenti che fanno acquisti da noi piccoli negozianti. Maledetti centri commerciali fuori città. Maledetta Ikea. La quale però ora torna in città per soddisfare la (forse) rinata stanzialità. Certo, la gente vola volentieri ma è stufa di fare chilometri di pellegrinaggio nelle mega mecche del consumo. Qui e ora, sembra il nuovo motto. I fatti sono questi e forse il segnale di un cambiamento nelle abitudini di consumo. Dunque, dicevamo che Ikea torna in città con un format showroom di ridotte dimensioni (400 mq), un luogo per progettare ma non comprare, al limite ordinare con consegna a casa.

Accade a Londra e accadrà (secondo i piani) a Parigi e New York. Ikea Planning Studio punta dunque su servizi e ambientazione e soprattutto su un cambio di strategia basato su due trend in atto. Primo: lo shopping fuori porta non è più sexy ma solo stress e perdita di tempo (i mega assortimenti si trovano anche online). Secondo: cambiano le abitudini e i desideri della clientela (soprattutto giovane), ora si pretende comodità, velocità, esperienza, servizi e competenza vera. Morale: per i negozi di vicinato è suonata l’ora della riscossa ma solo a condizione di nuovi e originali format.


DIRIGIBILE #54

https://tinyurl.com/y7jhu8es https://tinyurl.com/yxp4ab9m

––Il robot arriva in città E con lui i pedoni La macchina a guida autonoma rende (più) autonomi i pedoni? Vediamo. Secondo Samuel Schwartz, autonominatosi guru del traffico, le città del futuro saranno un’enorme area pedonale off limits per la circolazione dei veicoli. Il merito secondo lui è della prossima robotizzazione della mobilità. Questa e altre tesi sono spiegate e puntualizzate nel suo nuovo libro No one at the wheel: driverless cars and the road of the future. Spiccano mezzi autonomi in tutte le salse e declinazioni: piccole, grandi e soprattutto nelle più disparate versioni che vanno da fitness studio a spazi coworking in movimento. Insomma, una nuova mobilità che soddisfa ogni esigenza in modalità streaming e on demand. Le auto private sono bandite, come pure le motociclette.

I collegamenti avvengono sottoterra, con tunnel stile metropolitana, e il centro storico (ma anche la periferia) si ripopola di persone e vita all’aria aperta con, si spera, enorme vantaggio per negozi, ristoranti e ogni forma di intrattenimento e socializzazione. Suona utopico e forse lo è ma immaginare città non più congestionate e dominate dalle auto (basta vedere Roma) è una giusta sfida, anche per il commercio.


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––Future trends Tendenze in evidenza TREND 01 Cina: il trionfo dell’orgoglio E della volontà. Suona un po’ sinistro ed evoca vecchi fantasmi tedeschi (nazisti) ma tant’è. La fenomenale crescita e affermazione dei brand cinesi è frutto di una macchina da guerra in piena fiducia in se stessa. Made in Cina ora significa creato (e non copiato) in Cina. Non è solo Eric Schmidt, ex ceo di Google, a dire che Internet si è diviso in due versioni distinte: una a guida statunitense e una a guida cinese e che stiamo per assistere a un nuovo impero di innovazione globale. È il loro secolo, forse.

LYNK & CO: LA NETFLIX DELLA MOBILITÀ

XIAOMI: PIANGE IL TELEFONO (DEGLI ALTRI)

Ovvio, non l’hanno inventato loro, lo smartphone. Ma a furia di andare a rimorchio (per esempio producendo il blasonato iPhone) ora sanno quello che fanno. Siamo qui per restare per l’eternità, grida Xiaomi. Aprire contemporaneamente 500 negozi in India? Nessun problema. Invadere i mercati di tutto il mondo, compreso Regno Unito e Stati Uniti? Nessun problema. E Trump può abbaiare quanto vuole. Così parlò il nuovo impero celeste. https://www.mi.com/global/support/contact/

LUCKIN COFFEE: E GUERRA SIA, CARA STARBUCKS

Che fai, mi copi? Sì, ma non solo. Come se lo avessi inventato tu il caffè. Certo Starbucks non si immaginava una startup posseduta dalla velocità: solo nel 2018, la catena ha lanciato 2.000 negozi in tutta la Cina, con altri 2.500 negozi entro la fine del 2019. E ora si va all’estero, esibendo dichiarata ostinazione con un coffee shop basato su ordinazioni high tech (solo con app), consegna rapida e prezzi ovviamente più bassi dell’ex imperatore americano. https://www.luckincoffee.com

“We are the new car brand for a world that doesn’t need one” cita lo slogan very cool sul sito di Lynk. Ecco, ora vogliono pure fare i precursori trendy della nuova mobilità senza possesso. Ciao California. Un business model che ha un grande potenziale e presa sulla generazione “Netflix mentality”: vivi on demand e in streaming, con un abbonamento mensile che rende superflua la proprietà dell’auto ma anche il classico sharing. https://www.lynkco.com


DIRIGIBILE #54

TREND 02 Plastic is over If you want it, e Bio-on lo vuole. L’azienda italiana che sta rivoluzionando il mondo della plastica è solo la punta più innovativa dell’iceberg. Ma non è solo una questione d’impresa. Sta per diffondersi il motto: “ogni giorno ambientalismo”. I consumatori sono alla ricerca di modi per diventare il cambiamento che vogliono vedere nel mondo. Al netto del fenomeno mediatico Greta, resta il fatto che la Plastic free economy è il mega trend del secolo. O meglio: evitare la plastica come la peste è il denominatore comune di ogni futuro business. PLOGGING: MI RIFIUTO DI CORRERE

ADIDAS & CO: A PIEDI SENZA PLASTICA NEL PARCO

La vita di plastica non è così fantastica. Segno dei tempi: dal no alla pelliccia al no alla plastica. I consumatori cercano alternative più sostenibili e i brand stanno iniziando a reagire. Starbucks ha annunciato la rimozione di cannucce di plastica dai suoi coffee shop, Lego la realizzazione di mattoncini con materiali biodegradabili a base vegetale e Adidas l’obiettivo di utilizzare solo plastica riciclata entro il 2024. https://www.adidas.it/parley

HI FLY: DECOLLA IL PRIMO VOLO PLASTIC-FREE

Il primo viaggio aereo senza materiali di plastica monouso a bordo. La compagnia di voli charter Hi Fly fa molto marketing, ma anche molto bene (se prosegue così) all’ambiente. Queste iniziative cresceranno sempre di più come testimoniano molti altri esempi, da Lush, che offre le proprie basi in contenitori riutilizzabili, a Dresden Optics, che propone occhiali con materie plastiche riciclate. https://tinyurl.com/yycj3kbf

Senza raccoglierli. I rifiuti. Il nuovo fitness trend nato in Svezia consiste nel raccogliere rifiuti mentre si corre, ovviamente postando poi sui social. Il termine è un neologismo, combinazione delle parole svedesi “plocka upp” (raccogliere) e “jogging”. Una tendenza che ha portato molte app di fitness come Lifesum a integrare nell’applicazione servizi che consentono agli utenti di registrare e tracciare la propria attività di plogging come allenamento.


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TREND 03 Assistenzialismo digitale Internet of things diventa internet of assistants in tutte le salse, compreso in cucina, come nel caso del rubinetto Sensate che con Kohler Konnect è gestibile completamente tramite controllo vocale (per esempio riempire una pentola fino a un certo livello). Lo stato assistenziale digitale è a una svolta. Meno app e più chatbot e servizi basati su mappe e soprattutto più assistenti incorporati in tutti gli oggetti di uso comune che diventeranno di fatto la nuova interfaccia di dialogo e comando. La trasformazione vocale darà una forte spinta agli assistenti. Addio smartphone? https://tinyurl.com/y976ccl4

AMAZON: ALLEARSI CON ALEXA

In principio era la Parola e ora la parola è il nuovo dio digitale. La competizione tra Amazon Alexa e Google Assistant riguarda principalmente la quantità di funzionalità e abilità o la capacità di supportare più lingue e dispositivi. E in questo Alexa, per ora è avanti. Sempre più oggetti si fregiano della medaglia Alexa built-in come Silo, un sistema di contenitori sottovuoto che mantiene i cibi più freschi e più a lungo, controllato vocalmente. https://www.heysilo.com

GOOGLE: MAPPARE IL FUTURO

Le mappe diventano sempre più intuitive e anche predittive. Proprio come il suo concorrente cinese Baidu, Google Maps è stato recentemente arricchito da una miriade di nuove funzionalità, tra cui la pianificazione di gruppo, opzioni per il business locale e la possibilità di avvisarti quando è ora di partire, in modo da essere sicuro di arrivare a destinazione in tempo. Assistenza in tempo reale per la vita in movimento. https://www.baidu.com

BOSE: VISTO CHE MUSICA

Ascolta il mondo con occhi nuovi, verrebbe da dire. Bose Frames sono una via di mezzo tra cuffie, piattaforma audio in realtà aumentata, gestione dati Gps e ovviamente occhiali da sole. Di fatto uniscono tutto questo in un unico prodotto. Un dispositivo indossabile per ascoltare musica, fare telefonate e chiedere aiuto agli assistenti virtuali, il tutto con un prodotto dal design classico (non come Google Glass). https://tinyurl.com/y4o98zpp


DIRIGIBILE #54

TREND 04 Retailtain me Intrattienimi con il tuo negozio. Brick and Mobile: Amazon & Co. Amazon dovrebbe aprire un negozio proprio a Milano: sarà (pare) il classico format 4 Star, un negozio che vende solo i prodotti con le recensioni migliori (appunto almeno quattro stelle). Si parla tanto del crollo del commercio fisico: in realtà nel 2018 in Usa le aperture di negozi sono state maggiori delle chiusure. Il problema per molti “vecchi” retailer è che si tratta di una nuova generazione di negozi non partorita dalla “old commerce economy. CASPER: NON DORMIRE IN PIEDI

Ma essere innovativi. Se vendi materassi allora devi vendere anche la nostalgia del riposo perfetto, oppure uno spazio per rigenerarsi. Fino a un anno fa Casper era solo un semplice rivenditore online. Ora è anche un luogo fisico assai particolare costruito attorno al prodotto. Si chiama The Dreamery e come suggerisce il nome è uno spazio per fare un pisolino di qualità che spezzi la frenetica vita in città.

APPLE: AI CONFINI DELLO SPAZIO

Privato e pubblico si fondono in un unico spazio. Ovvero incontriamoci in piazza Apple. È da tempo che il colosso di Cupertino ha portato il concetto di vendita al dettaglio a un livello relazionale successivo spostando il focus sull’interazione tutto incluso. Apple store non più semplice tempio devozionale ma town square store. Luogo che intrattiene come un salotto all’aperto che rivitalizza la zona. Giusto così. https://www.apple.com/retail/townsquare/

FORTY FIVE TEN: ROMPERE LE CONVENZIONI

Tentare non nuoce. Anche se ufficialmente classificabile come un classico grande magazzino, Forty Five Ten ignora audacemente la secolare logica di questo format lasciando che il vero e proprio shopping delle merci si svolga online e cercando nel luogo fisico di fare altro bandendo ogni standardizzazione. Nello store intime aree boutique, cambi continui, mostre d’arte e insomma molta esperienza unica da vivere (nel mondo reale). https://fortyfiveten.com

https://dreamerybycasper.com


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FUTURETECH

INVENZIONI & INNOVAZIONI

INTERNET OF SHIT SPREMI LE MENINGI

grido di “cambieremo il mondo delle spremute per sempre”. Juicero non è solo in questo mondo. Fai un giro su una qualsiasi società di venture capital della Silicon Valley e troverai molte startup che reinventano le cose che tu dai per scontate. Domanda legittima: ma la digitalizzazione migliora veramente la vita o questo continuo trastullarsi con il “whatever, put a digital in it” non ci sta forse distraendo dal senso che ogni innovazione dovrebbe avere?

Forse qualcuno ricorda il fallimento della startup Juicero, quando in un video si dimostrò che lo spremifrutta da 700 dollari era completamente inutile, e che i sacchetti contenenti la frutta si potevano spremere con le mani. È uno dei migliori esempi della stupidità della Silicon Valley. 120 milioni di dollari di venture raccolti per uno dei prodotti più idioti di sempre e promosso da un ceo che si atteggia a nuovo Steve Jobs al

ZOZO.COM/IT/EN

Zozo, il brand giapponese che scansiona il corpo con la tuta Zozosuit e smartphone, vuole inaugurare una nuova fashion era con vestiti su misura a basso costo. https://www.youtube.com/watch?v=k9Dk1GloV2w

EXPERIENCENERVANA.COM

Chimica allo stato puro. Le cuffie Nervana rilasciano sostanze stimolanti per “sentire” la musica a livello più inconscio. Meglio il trip musicale dei veri Nirvana. https://www.youtube.com/watch?v=Jqw9ANudjEc

Guarda il video di Bloomberg: https://tinyurl.com/muo3fs5

ALLBIRDS.COM

Startup sostenibile. Allbirds produce scarpe ecologiche realizzate con risorse naturali come l’eucalipto e gli scarti della canna da zucchero. https://www.youtube.com/watch?v=OrsRxHqLDic

IRL-LABS.CO

Digital detox sunglasses. Appena li ho visti su Kickstarter me ne sono innamorato. Parlo degli occhiali “scherma schermo” (i monitor diventano neri). https://www.youtube.com/watch?v=_IroHvN-sOs

KURANI.US

Apre nel 2020 in India una scuola villaggio tutta improntata sul benessere e sulla felicità degli alunni, per imparare a dominare il futuro creandolo e non subendolo. https://vimeo.com/254373789

PASSPORTINC.COM

Digital micro-mobility management solution. Tre grandi città degli Usa uniscono le forze per sperimentare un sistema di gestione della micro mobilità collaborativa. https://www.youtube.com/watch?v=uP6jvCb1UpE


Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione

QUADRI

CONGEDI, COSA PREVEDE LA LEGGE E IL CCNL Tutti i lavoratori dipendenti hanno la possibilità di astenersi dal lavoro, in particolari circostanze, usufruendo di congedi retribuiti o meno. Esaminiamo quello matrimoniale, per formazione e per motivi familiari Mariella Colavito

ufficio sindacale Manageritalia Lombardia

Matrimonio

Per contrarre matrimonio il congedo retribuito avrà una durata di 15 giorni di calendario, non frazionabili. Il congedo spetterà anche nel caso in cui il lavoratore contragga seconde nozze aventi validità civile. Il periodo di godimento inizia in occasione del matrimonio. Alcuni contratti collettivi[1], però, obbligano il datore di lavoro a concedere il congedo a partire dal terzo giorno antecedente alla celebrazione, compatibilmente con le esigenze dell’azienda. Qualora il quadro rinunci a godere di tale periodo nulla gli sarà dovuto a titolo di risarcimento. Il quadro, da parte sua, dovrà esibire il certificato di matri-

monio una volta rientrato in azienda.

Formazione La legge 53 del 2000 ha introdotto nel nostro ordinamento i congedi per la formazione extralavorativa. I quadri con almeno cinque anni di anzianità presso la stessa azienda potranno richiedere un congedo non retribuito della durata massima di 11 mesi, continuativi o frazionati, nell’arco dell’intera vita lavorativa. La formazione deve essere diretta al completamento della scuola dell’obbligo, al conseguimen-

[1] art. 158 ccnl 18/7/2008 dipendenti terziario (Confcommercio); art. 133 ccnl 20/1/2010 dipendenti settore turismo (Confcommercio).

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MANAGERITALIA QUADRI

R

to del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle finanziate dal datore di lavoro. Tale periodo non è utile ai fini del computo dell’anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, la malattia o con altri congedi. I contratti collettivi definiscono le modalità di fruizione e i termini di preavviso e possono anche prevedere condizioni di miglior favore rispetto alle previsioni di legge. Ad esempio, per i dipendenti del terziario[2] sono sufficienti 4 anni di anzianità (anziché 5 richiesti dalla legge) per accedere al congedo.

Motivi personali Sempre la legge 53, al comma 2, ha introdotto il congedo non retribuito per gravi e documentati motivi relativi alla situazione personale del dipendente, del

coniuge o del convivente o della parte dell’unione civile, dei parenti e degli affini entro il terzo grado, dei genitori (anche adottivi o affidatari), dei figli, dei fratelli e delle sorelle, dei suoceri, dei generi e delle nuore. Per gravi motivi, ad esempio, si intendono le necessità familiari derivanti dal decesso di uno dei soggetti indicati, situazioni di grave disagio personale (esclusa la malattia) o circostanze che determinino un impegno particolare del dipendente nella cura e nell’assistenza di tali persone, anche a seguito di patologie acute o croniche che portino alla riduzione o alla perdita di autonomia o che richiedano assistenza continuativa o necessitino della partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario. Il congedo ha una durata massima di 2 anni, continuativi o frazionati, nell’arco di tutta la vita lavorativa. Il limite si calcola secondo il calendario comune ed è

quindi comprensivo dei giorni festivi e non lavorativi. Chi ha più di un familiare disabile può beneficiare del congedo per ciascuno di essi, ma sempre con il limite massimo di 2 anni. Si tratta di un periodo non utile ai fini dell’anzianità aziendale.

Procedure Per quanto riguarda le procedure da seguire, la legge rimanda alla contrattazione collettiva. Il contratto del terziario [3], ad esempio, prevede una richiesta scritta con l’indicazione dei motivi e della durata del congedo corredata da documentazione. Per i trasporti[4], la medesima richiesta dovrà essere presentata dal lavoratore con un preavviso di almeno 15 giorni (sono fatti salvi i casi di oggettiva impossibilità). Il datore di lavoro deve esprimersi sulla richiesta di congedo entro 10 giorni (15 per il contratto dei trasporti). Il dinie-

[2] art. 160 ccnl 18/7/2008 dipendenti terziario (Confcommercio). [3] art. 157 ccnl terziario 18/7/2008 e successivi rinnovi. [4] art. 21 - disposizioni generali - ccnl logistica, trasporto e spedizione (Confetra) dell’1/8/2013 e successivi rinnovi.

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Sport, benessere e natura...

[5] decreto legislativo 151/2001, art. 42, comma 5 e 5 ter.

PASSO DELLO STELVIO m 2.760 - 3.450

BORMIO Foto: archivio Bormio Terme, archivio snowmotion, Fausto Compagnoni, Franco Bissoni, Massimo Mandelli, Claudio Scaccini

go, il rinvio, la concessione parziale del congedo dovranno essere motivati dal mancato rispetto dei termini del regolamento o da ragioni organizzative e produttive che non consentano la sostituzione del lavoratore. Su istanza del quadro la richiesta dovrà essere riesaminata nei successivi 20 giorni (10 per i lavoratori del terziario). Ben diverso è il congedo straordinario retribuito[5] della durata di 2 anni che spetta ad alcuni familiari del portatore di un handicap grave, accertato dalle unità sanitarie locali tramite apposite commissioni. In ogni caso il congedo non retribuito per gravi motivi familiari e quello straordinario non possono complessivamente superare i 2 anni nell’arco dell’intera vita lavorativa. Questo congedo spetta ai lavoratori dipendenti secondo il seguente rigoroso ordine di priorità: al coniuge convivente o la parte dell’unione civile convivente della persona disabile in situazione di gravità; al padre o alla madre, anche adottivi o affidatari; figlio convivente; fratello o sorella convivente; parente o affine entro il terzo grado convivente. Il richiedente il congedo straordinario ha diritto a percepire un’indennità economica a carico dell’Inps, anticipata dal datore di lavoro, che comunque non può superare un importo massimo fissato anno per anno dall’Istituto previdenziale.

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da MAGGIO a NOVEMBRE Albergo Quarto Pirovano

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MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI

20 ANNI DI SUCCESSI Il Gruppo Volontariato - Manager per il sociale di Manageritalia Lombardia quest’anno compie 20 anni: sono circa 270 gli associati che mettono le loro competenze e la loro esperienza al servizio del terzo settore Gianni Mari

volontario e associato a Manageritalia Lombardia

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enerdì 29 marzo, nella splendida cornice del Museo dei Navigli a Milano, si è svolta la Festa per i 20 anni del Gruppo Volontariato Manager per il sociale di Manageritalia Lombardia.

La coordinatrice del Gruppo Volontariato Manager per il sociale Giancarla Bonetta.

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Ha aperto i festeggiamenti il vicepresidente Luigi Catalucci che ha ringraziato gli associati che hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo del Gruppo Volontariato. Ha proseguito il presidente federale Guido Carella, il

quale ha sottolineato come l’esperienza del team e la mission di mettere a disposizione del terzo settore le competenze professionali dei propri associati, sia stato lo spunto per l’origine di Prioritalia. Giancarla Bonetta, la coordinatrice del Gruppo Volontariato, ha proseguito la mattinata dando lettura del messaggio che il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha voluto inviare quale ringraziamento per l’attività svolta dagli associati (vedi lettera a destra). Ha poi ringraziato per la loro presenza i responsabili di alcune delle realtà con le quali il Gruppo ha collaborato nel corso degli anni tra cui Goffredo Modena, presidente e fondatore di Mission Bambini; Luigi Maraghini Garrone, presidente della Croce Rossa di Milano;


Carla Mondolfo, past presidente Associazione Nazionale Subvedenti; Marco Magnelli, direttore Banco Alimentare Lombardia; Marco Pietripaoli, direttore Ciessevi Lombardia. Spazio poi all’intervento del professor Marco Grumo, direttore della divisione Non profit e impresa sociale di Altis, dal titolo “Abbiamo bisogno di imprenditori sociali di qualità”. Grumo ha sottolineato come, in un mercato del sociale sempre più competitivo, per essere davvero efficaci nel loro operato e generare un reale impatto sociale, gli enti del terzo settore devono dotarsi di professionisti e manager preparati e competenti, per sviluppare progetti imprenditoriali sociali di qualità e per gestirli in modo ottimale. La mattinata è proseguita con alcune testimonianze delle più significative collaborazioni nella storia del Gruppo Volontariato e con un breve intervento di Eligio Levi in ricordo di Amedeo Fioroni, i due promotori della nascita del Gruppo nel 1999. Giancarla Bonetta, a chiusura dell’evento, ha sottolineato il forte legame di appartenenza alla nostra associazione lombarda e l’ancora più forte legame tra professionisti che hanno l’obiettivo comune di influire positivamente e concretamente sulla comunità, affermando il ruolo a tutto tondo che un manager deve avere nella società: «Offriamo il valore delle nostre competenze, al di sopra di ogni interesse personale, e il nostro tempo, risorsa altrettanto preziosa, e riceviamo una irripetibi-

Il Gruppo Volontariato - Manager per il sociale di Manageritalia Lombardia nasce nel 1999 su idea di Eligio Levi e Amedeo Fioroni. Oggi sono circa 270 i manager associati (in servizio e non) coinvolti in più di 150 progetti che mettono le loro competenze e la loro esperienza professionale al servizio di numerose onlus in modo totalmente volontario. Oltre 31mila le ore dedicate solo nel 2018, per un controvalore stimato di oltre 2 milioni di euro! Il Gruppo è coordinato da Giancarla Bonetta. Per informazioni o segnalazioni contatta lo sportello volontariato ogni mercoledì dalle 9.30 alle 12.30 allo 02 62535045 milano.volontariato@manageritalia.it Scopri vent’anni di attività del Gruppo in questo video: http://bit.ly/gvpventennale

le esperienza di rapporti umani, oltre alla gratificazione di risultati concreti, non sempre facili da raggiungere». Ha poi voluto ringraziare nominalmente tutti i collaboratori che l’affiancano nella gestione del Gruppo e anche le delegazioni territoriali che contribuiscono fattivamente a un numero importante di progetti. Infine, come ogni compleanno che si rispetti, spazio ai festeggiamenti e al brindisi, un momento in cui gli ospiti hanno comunque sfruttato l’occasione per condividere con i colleghi le loro esperienze, e bere alla salute dei progetti che in futuro dovranno affrontare.

Il Sindaco

Gruppo V olontaria to M Messagg io XX Ann anagerItalia Lomba iversario di fondaz rdia ione

Caro Pres idente Ro berto Be ccari, Care e Ca ri Volont ari di Man Vi ringraz agerItalia io sentita Lombard ia, mente pe fondazio ne r il realtà ch del Gruppo Volo Vostro invito al 20 e manife ntariato mo annive – Manag sta in m professio rsario di er per il odo effic nalità ch Sociale: e distingu un e l’identit ace il binomio Non poss generosit a à ambros o purtrop ian à e po a inviarVi a. il mio salu essere presente per impe to e quel gni Un Santo lo della Ci ttà di Mila di lavoro, ma teng lombardo, Gli oltre no. o don Luig 260 man ager di cu i Monza, diceva: gratuitam “Il bene va i si compo ente alle fatto bene ne il Vost nostro m ol te asso ro Gr ”. territorio portando ciazioni di volont uppo aderiscon manager o iale. Volo ariato pr in dote ntariato esenti su bisogno la prop non è so (come m l ria prof lo ol ti po es organizzaz di Voi co sionalità rtare aiu m to diretto ioni e le associa unque fanno), m manager a chi ha iale per re a zioni co ndere se n il sape anche sostenere il bene. mpre più le re organi efficace zzativo la loro az Milano è e ione: fare la capitale bene del volont uomini ch e vi si de ariato no di n solo pe ma anch r il numer e per la qu cano, tra i più alt i in o di donn alità e l’e Vostro Gr ee fficacia or assoluto tra le cit uppo è pa tà d’Euro ganizzativ rte di qu ad una id pa, a de esta ea ha bisogn di città che cresce eccellenza e cont lle Associazioni. Il o. ribuisce og sostenen do ni gi chi, per ra Queste gioni dive orno le rse, ne rimanendo ragioni per dirV i grazie fedeli alla e per ch città. L’A Vostra m iederVi issione e m di contin agli antic collabora ministrazione co uare hi e zione con m Voi in un unale rinnova il nuovi bisogni della e terzo settore so m no chiam omento storico in suo impegno all maggiore. ati a fare a cui pubb lico, priv squadra at con inte Grazie a nsità sem o tutte e tu tti Voi. pre

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CHE SFORTUNA, L’INFORTUNIO! Come ridurre i danni, almeno sul piano economico

N ASSIDIR

ella vita di tutti i giorni è possibile incappare in un infortunio sia in ambito lavorativo sia nel tempo libero. Gli infortuni possono avere infatti le cause più diverse e portare a conseguenze temporanee o permanenti che comportano anche un danno economico che, nei casi più gravi, può essere anche di importo molto rilevante. Se non è possibile annullare i danni fisici alla persona, biso-

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gna però tenere presente che è possibile trasferire su altri il danno economico che deriva, nell’immediato o nel tempo, dalle conseguenze dell’infortunio subito. Come farlo? Provvedendo a coprirci da questo tipo di rischio con una polizza assicurativa.

Le coperture per gli associati Manageritalia Poiché da parte della maggio-

ranza delle persone vi è una scarsa attenzione a questo problema, è bene sottolineare che per gli associati Manageritalia, attraverso Assidir, esistono opportunità assicurative mirate a risolvere non solo le esigenze personali ma anche quelle dei familiari. Partendo dai dirigenti in servizio, il contratto nazionale prevede che sia presente una copertura specifica e molto tutelante a loro favore sottoscritta dall’azienda presso la quale operano. Il consiglio più importante è di verificare con l’azienda che la polizza sia stata attivata e risponda a quanto previsto dal ccnl. Nel caso dei quadri, per i quali non è prevista alcuna copertura contrattuale dal rischio di in-


fortuni, la sottoscrizione della polizza è a carico del singolo, con la sola esclusione di coloro che operano in aziende che hanno provveduto a tutelarli con una polizza collettiva. Gli executive professional, che non possono fare riferimento ad alcun contratto collettivo, possono provvedere in autonomia alla sottoscrizione di una polizza contro gli infortuni che offra le garanzie più ampie possibili. Infine, come già accennato, è possibile tutelare i propri cari con una specifica copertura che li copra dai rischi di infortuni che si possono verificare nell’ambito della vita privata, in casa, nei luoghi di vacanza, nella pratica dello sport o nei momenti di svago.

COSA SI INTENDE PER INFORTUNIO IN CAMPO ASSICURATIVO L’infortunio è un evento dovuto a causa fortuita, violenta ed esterna che produce lesioni fisiche obiettivamente constatabili le quali hanno come conseguenza la morte, un’invalidità permanente oppure un’inabilità temporanea. In altre parole, l’evento che ha portato all’infortunio deve essere casuale, come ad esempio una caduta, deve avere delle conseguenze dirette sul soggetto assicurato, deve lasciare dei segni palesi come una frattura e non deve essere ascrivibile a una malattia pregressa.

Quando interviene la polizza Le polizze infortuni coprono i casi in cui le dirette conseguenze sull’assicurato sono di norma un’invalidità permanente o la morte.

IL SUPPORTO DI ASSIDIR PER GLI ASSOCIATI MANAGERITALIA Dirigenti

 Offerta alle aziende di una polizza infortuni collettiva come da ccnl

Quadri

 Offerta di una polizza individuale, o collettiva aziendale, realizzata ad hoc

Executive professional - prosecutori volontari - familiari

 Valutazione delle singole situazioni personali e familiari  Offerta di coperture individuali, appositamente articolate, sulla base delle esigenze emerse

Queste polizze possono inoltre fornire altre garanzie quali, ad esempio, una diaria per inabilità temporanea, ricoveri ospedalieri, ingessatura e immobilizzazione della persona o il supporto in caso di perdita dell’autosufficienza. Ulteriori garanzie riguardano il rimborso di spese ospedaliere o per cure particolari come la fisioterapia; da non confondere con quelli delle polizze sanitarie e delle “casse mutue” aziendali o di categoria. Vista la varietà di garanzie disponibili, vale la pena sottolineare l’importanza di fare un approfondimento ed è bene ricordare che, per gli iscritti a Manageritalia, la strada più facile da percorrere per valutare la propria posizione e decidere cosa sia meglio fare per sé e per i propri familiari è quella di chiamare Assidir per avvalersi della sua esperienza e competenza in materia. Per saperne di più contatta ASSIDIR

numero verde 800401345 email info@assidir.it - www.assidir.it

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SCUOLA DI MANAGEMENT Amministrazione Tax&Finance Nuovo welfare aziendale e fringe benefits Una panoramica sulle novità fiscali introdotte ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente Milano

26 settembre

Roma

7 ottobre

L’arte del cfo: la capacità di progettare sistemi La figura dell’Office of strategy management Milano

27 maggio

Roma

10 luglio

Crisi d’impresa: misure di allerta e procedure di gestione L’impatto della nuova normativa sulle imprese in bonis

CFMT

Roma

8 luglio

Milano

Marketing e vendite Creare una customer experience memorabile Come coinvolgere il proprio pubblico in maniera non convenzionale per ottenere attenzione, interesse e fiducia durante l’intero processo di vendita Bari

-

-

Firenze

NEW!

6 giugno

Roma

11 giugno

Ambidextrous organization Management innovation & strabismo organizzativo

Milano

28 maggio

PER INFORMAZIONI:

Roma

3 luglio

Milano

9 luglio

Sales people empowerment Cambiamento e trasformazione Milano

21 giugno

Roma

18 ottobre

Leadership e people management Essere brand ambassador della propria azienda Per valorizzare e comunicare verso l’esterno il proprio ruolo, la propria esperienza e le proprie competenze Padova

Megatrend e il loro impatto sui business Imparare a conoscerli e a interpretarli Milano

-

10 luglio

Agile project management Scopri i vantaggi della metodologia Agile per la gestione dei progetti 26 giugno

-

Tattiche negoziali e contromosse Come arricchire le proprie capacità negoziali

Strategia e organizzazione

Roma

31 maggio

4 giugno

MILANO

4 giugno

-

-

Leading and motivating people - Le strategie vincenti Palestra esercitativa sulla gestione dei collaboratori NEW!

Udine NEW!

Milano

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25 giugno

Roma

12 luglio

Leading by partnership L’equilibrio dinamico nella relazione 25 giugno

Genova

10 luglio

ROMA

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La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.

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DIGITAL AWARENESS IMPROVEMENT

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itorna il ciclo di incontri “DAI - Digital awareness improvement, Conversazioni sulla trasformazione” per approfondire sia i più importanti temi connessi ai driver tecnologici relativi alla trasformazione digitale, sia la componente umana – quella soft – che consente di riprogettare le organizzazioni, i processi e le competenze per cogliere il meglio delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Cambiano i contesti, le dinamiche competitive, i rischi, gli strumenti di lavoro, i valori manageriali e soprattutto la mentalità e sensibilità dei collaboratori (e dei clienti), in particolare di quelli più giovani. E l’esperienza che viviamo sul campo cambia i nostri comportamenti anche in modo consapevole e meditato. Per questi motivi anche il “mestiere del manager” richiede aggiornamenti periodici. Per comprendere il senso della rivoluzione digitale in corso, prima ancora di parlare di competenze digitali è necessario partire dall’acquisizione di una nuova consapevolezza relativa al tema della trasformazione digitale e dei punti di forza e debolezza che tale fenomeno presenta, oltre che delle sfide di fronte alle quali pone azienda e manager.

Coordinamento degli incontri a cura di Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute, e Andrea Granelli, socio fondatore Kanso. Con il supporto di Stefano Epifani affronteremo i più importanti temi connessi ai driver tecnologici relativi alla trasformazione digitale: realtà virtuale e realtà aumentata;

intelligenza ar tificiale e blockchain. Con il supporto di Andrea Granelli approfondiremo gli aspetti culturali, valoriali e relazionali, parleremo di fake news, macro trend, big data e mentalità indiziaria. Il successo dell’introduzione delle tecnologie digitali dipenderà sempre di più dai fattori umani e dalle dimensioni soft.

I prossimi appuntamenti  Dalle fake news all’apprendimento continuo Milano, 22 maggio - orario 17,30-19,30 Roma, 17 luglio - orario 17,30-19,30  Realtà virtuale e realtà aumentata: cosa cambia nel mondo dei servizi Milano, 26 giugno - orario 17,30-19,30 Roma, 15 novembre - orario 13-15  Big data e mentalità indiziaria Milano, 18 settembre - orario 17,30-19,30 Roma, 24 gennaio - orario 17,30-19,30  Intelligenza artificiale: applicazioni attuali Milano, 20 novembre - orario 17,30-19,30  Macro-trend del digitale e l’arte di connettere i puntini Milano, 18 dicembre - orario 17,30-19,30  Blockchain: come ripensare le catene del valore e i modelli di business Milano, 27 febbraio 2020 - orario 17,30-19,30

PER INFO E ISCRIZIONI: MILANO: Luigia Vendola - lvendola@cfmt.it - tel. 02 54063137 ROMA: Veronica Ciccarone - vciccarone@cfmt.it - tel. 065043053

http://www.cfmt.it/formazione/eventi/dai-dalle-fake-news-allapprendimento-continuo?ed=198484

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Hanno collaborato a questo numero MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA

Thomas Bialas, futurologo, cura l’inserto Dirigibile ed è responsabile del progetto Future Manage(50, 65) ment Tools di Cfmt. Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

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Alessandro Cugini è docente di Organizzazione aziendale e referente di turismo religioso nella Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia di Napoli. È ceo nella Rete d’imprese Trecc-Turismo religiosoculturale cooperativo campano, segretario dell’Associazione Laici e Gesuiti per Napoli onlus e consigliere regionale Confcooperative Campania. Autore del libro Religious light tourism (SAF-PFTIM 2019), in cui (28) viene approfondito il tema del turismo religioso.

Matteo Gallina è data manager in JobValue | JobPricing, società di consulenza aziendale in ambito total reward (analisi e politiche retributive, benchmarking, budgeting e cost-controlling). (22)

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Andrea Granelli è presidente e fondatore di Kanso, società di consulenza che si occupa di innovazione e change management. È specializzato in cultura digitale e in leadership. Ha lavorato prima in Montedison e in McKinsey e poi come ceo in tin.it (l’operatore Internet del gruppo Telecom Italia) e in TILab (l’azienda che gestisce le attività di R&D e venture capital sempre del Gruppo Telecom). È anche (34) presidente dell’archivio storico Olivetti.

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI

Fabio Lisca è founder Agile School, Agile Catalyst e Agile Coach, PCC @ ICF, Professional Scrum Master @ Scrum Org, ICAgile Authorised Instructor. Dal 2011 applica metodologie Agile e Lean al mi(44) glioramento delle performance dei team. Autore de Il quinto paradigma (Franco Angeli).

CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO

Nicola Longo è managing partner di Skills Management, da oltre 30 anni si occupa di consulenza direzionale e formazione manageriale nell’ ambito del change management & performing people; è docente del Cfmt dal 1994 e autore di numerosi articoli e pubblicazioni sul tema del cambiamento organizzativo. (44)

ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Editore: Manageritalia Servizi srl

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di opera(63) tori virtuali. Gianni Mari è volontario e associato a Manageritalia Lombardia. Loredana Sarti è segretario generale Aefi-Associazione esposizioni e fiere italiane

Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli

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Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta

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Fabrizio Valente è partner fondatore di Kiki Lab - Ebeltoft Italy, società specializzata nel retail a 360°, Opera con attività di consulenza, ricerche e formazione per retailer e IdM di vari settori, posizionamenti e dimensioni, membro italiano del consorzio Ebeltoft Group, che oggi raggruppa 23 società e opera in tutto il mondo. È inoltre partner Cfmt. (40) 44

22

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Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it

da Manageritalia 65

Mariella Colavito, ufficio sindacale Manageritalia Lombardia.

Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale Manageritalia.

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Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com

(64)

Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa

73

La diffusione di maggio 2019 è di 36.252 copie



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