DIRIGENTE - Novembre 2015

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N. 11 novembre 2015

la rivista di Manageritalia

Food4minds food4minds scuola e lavoro: colmiamo il gap

tecnologia come sarĂ la spesa nel 2020?

Al via il nuovo servizio online di consulenza qualificata per affrontare al meglio vita professionale e personale Mensile di informazione e cultura dei dirigenti, quadri e professional del terziario Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)



Editoriale a cura del presidente Manageritalia

PROVE DI STABILITÀ

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ome ogni anno in questo periodo, buona parte della nostra attenzione è focalizzata sulla legge di stabilità. Come (quasi) sempre accade, le aspettative vengono disattese ed emergono sorprese (di solito spiacevoli), come quella recente sul mancato aumento dell’indicizzazione delle pensioni. Pensioni che sono sempre, e sempre di più, il bancomat del

dimento: il loro incarico è totalizzante e, di solito, poco si concilia con una riduzione d’orario. Le peculiarità del nostro ruolo professionale richiedono infatti politiche del lavoro e di welfare che tengano conto delle specificità della categoria e sappiano rigenerarle e rimetterle in gioco. Per questo cerchiamo di coinvolgere le istituzioni, la politica e le

Paese, come stiamo apprendendo anche dalle proposte dell’Inps al governo di questi giorni. Al centro del dibattito sulla stabilità, tanto per cambiare, c’è l’argomento tasse. L’abolizione della Tasi, infatti, focalizza il dibattito su un aspetto rilevante ma non determinante ai fini di una reale innovazione del sistema fiscale. La pressione fiscale sulla categoria – come illustrato nelle pagine che seguono – resta davvero insostenibile. L’Italia ha bisogno di un fisco che metta tutti i cittadini sullo stesso piano, punendo i furbi e premiando i contribuenti onesti. Un fisco che misuri complessivamente i redditi da lavoro, il patrimonio e i consumi e smetta di far gravare la redistribuzione della ricchezza e la progressività dei tributi solo sulle spalle dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, in primis noi. Costruire questo fisco è una sfida che ci impegna costantemente. Una sfida che fa parte del percorso per rigenerare l’economia e la società, dare giusto valore al lavoro, adeguare il welfare ai nuovi scenari. Uno dei fronti su cui da tempo ci battiamo, a questo proposito, ovvero l’occupazione dei lavoratori maturi, è finalmente diventato di attualità. Nella legge di stabilità sono infatti previste misure per mantenere l’occupazione degli over 60 incentivandone il part-time. Prendiamo atto del passo in avanti, pur sapendo che i dirigenti non saranno molto interessati dal provve-

imprese su un disegno di ampio respiro che valorizzi la managerialità e la diffonda. Tra i progetti in cantiere ricordiamo quelli per portare competenze nelle piccole e medie imprese e nelle start-up. Stiamo sviluppando la seconda fase del programma avviato con il ministero dello Sviluppo economico per portare export manager nelle aziende e stiamo studiando l’introduzione di benefici fiscali e contributivi per i manager che investono la liquidazione (e le competenze) in progetti imprenditoriali innovativi. Ci saranno delle novità anche sulle politiche attive. Abbiamo deciso di sostenere con misure straordinarie i colleghi in difficoltà, chiedendo ai dirigenti in attività un contributo extra di dieci euro sulla tessera associativa del prossimo anno. Un piccolo ma significativo aiuto per offrire percorsi volti alla riqualificazione e al reinserimento in azienda a centinaia di manager disoccupati. Il modello è “Comincio… da tre!”, il progetto costruito con le parti datoriali e sospeso in questo periodo di latenza contrattuale; lo sosteniamo con le nostre risorse, in attesa della firma del nuovo contratto. L’ambizione è mantenere sempre aggiornato il nostro welfare contrattuale, elemento distintivo fondamentale per la stabilità del patto associativo, base su cui appoggiarsi per dedicare tutte le energie al servizio delle imprese e delle organizzazioni in cui operiamo. Guido Carella (guido.carella@manageritalia.it)

NOVEMBRE 2015 GENNAIO/FEBBRAIO

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Sommario Copertina  6 Ask Mit: risposte a portata di click Formazione 10 Scuola e lavoro: colmiamo il gap

Produttività & Benessere 46 Anche il governo crede nel nuovo lavoro Fisco 50 Spremuti come limoni

Marketing 18 Come aumentare i clienti con la local search

Diritto 22 Un registratore in ufficio

34 Mondo del lavoro

Tecnologia 26 Come faremo la spesa nel 2020?

Rubriche

16 Osservatorio legislativo

Manageritalia 69 Executive Professional Una consulente con una marcia in più 72 Quadri I quadri visti dalle società di ricerca Assidir 74 Il “compagno di viaggio” degli associati

44 Non solo consumi 54 Di buon grado

Cfmt 77 Prova d’orchestra

55 Arte

#Prioritalia 30 Ripartiamo da Expo

InfoManager

56 Libri

Pensioni 36 Errare è umano, perseverare è diabolico

57 Letture per manager 58 Lettere

è online su

Intervista 40 Marco Scorti Siemens, rivoluzione smart

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la rivista di maNageritalia

food4miNds scuola e lavoro: colmiamo il gap

Mensile di informazione e cultura di Manageritalia Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

tecNologia come sarà la spesa Nel 2020?

Al via il nuovo servizio online di consulenza qualificata per affrontare al meglio vita professionale e personale Mensile di inforMazione e cultura dei dirigenti, quadri e professional del terziario Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)

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Copertina

risposte a portata di click Al via il nuovo servizio online di consulenza qualificata per affrontare al meglio vita professionale e personale. Rispondono esperti Manageritalia, avvocati, commercialisti, notai, giuslavoristi e altri specialisti

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Formazione

SCUOLA E LAVORO: COLMIAMO IL GAP Un progetto per evidenziare l’importanza delle competenze per crescere. Il Gruppo Donne Manager di Manageritalia Milano dà il via a un programma concreto per far dialogare scuola e aziende e aumentare la sinergia partendo da quello che serve oggi nel mondo del lavoro Silvia Pugi

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A ANNI i manager segnalano i gap formativi dei giovani che entrano oggi nel mondo del lavoro, una grave inefficienza per le imprese e il sistema. Per questo Manageritalia da tempo ragiona su cosa fare, soprattutto oggi in un contesto dove le competenze e le professionalità diventano in parte obsolete in pochi anni. A pochi giorni dalla fine di Expo, poi, è bene ribadire che l’istruzione, intesa anche come necessità di nutrire le menti, è l’unico modo per assicurare che dopo aver colmato la fame fisica si operi anche per avere una vera crescita economica e sociale. Sulla base di queste premesse nasce il progetto “food4minds: formare per crescere”, ideato dal Gruppo Donne Manager di Manageritalia Milano per dare risposte a un paese, l’Italia, dove il livello d’istruzione, mai eccelso, sta oggi addirittura regredendo. Ma soprattutto per avere risorse fresche in linea con le richieste del mercato, aumentare occupabilità dei giovani e competitività delle aziende.

food4minds: formare per crescere L’obiettivo del progetto? Avvicinare la scuola e il mondo del lavoro, sempre più competitivo, aumentare dialogo e sinergia tra queste due realtà mettendo i manager a fare da ponte. Il programma, a cui collabora anche la società di consulenza 4PValue, si articola su due piani che procedono in sinergia, uno per le aziende e uno per le scuole (vedi ta-


bella a pagina 12). L’attività per le aziende prevede una valutazione organizzativa che produce come esito l’analisi delle competenze e una gap analysis su uno o due processi/ruoli critici. L’attività per le scuole parte dall’analisi delle competenze e dalla gap analysis svolte in azienda per definire i loro progetti formativi. Per le aziende, la gap analysis è il modo per individuare le competenze richieste dal mercato, mettere a confronto una o più funzioni aziendali, sviluppare piani forma-

tivi interni, definire le caratteristiche dei ragazzi da prendere in stage e indirizzare la formazione dei prossimi giovani da assumere. Per la scuola, invece, la gap analysis dà indicazioni su come arricchire e orientare corsi e insegnamenti opzionali, scegliere le testimonianze dei manager e gli stage dei ragazzi in azienda. Le scuole, inoltre, grazie a una partnership tra Manageritalia e la società di formazione Master Coder, potranno sviluppare corsi di programmazione informatica attra-

L’obiettivo di food4minds è avvicinare la scuola e il mondo del lavoro, mettendo i manager a fare da ponte tra questi due mondi verso i quali apprendere competenze di logica e problem solving.

Progetti pilota Nel corso dell’anno scolastico 2015-2016 partiranno tre progetti

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Formazione

Le scuole, grazie a una partnership tra Manageritalia e la società di formazione Master Coder, potranno sviluppare corsi di programmazione informatica

pilota in Lombardia. Le aziende, con risorse manageriali e competenze proprie, sono Nadella Italia, Enterprise Hotel e Prodotti Gianni; tra le scuole abbinate alle aziende troviamo l’Istituto d’istruzione superiore Leonardo da Vinci, l’Istituto alberghiero Carlo Porta e molte altre ancora in fase di verifica e approvazione. Il coordinamento

del progetto pilota è garantito da un gruppo di manager volontari del Gruppo Donne Manager e l’obiettivo futuro è diffondere il progetto in tutto il territorio italiano.

Formazione fa rima con crescita Il lancio di “food4minds: formare per crescere” è avvenuto lo scorso

Il programma Per saperne di più: www.manageritalia.it >> eventi e iniziative >> food4minds email: food4minds@manageritalia.it Scuole di secondo livello (licei, istituti tecnici e professionali)

Durata

2 anni scolastici

2 anni scolastici

Impegno richiesto

4-5 giornate l’anno

4-5 giornate l’anno e il periodo di stage/apprendistato

Risultati

Analisi delle competenze necessarie per essere competitivi in una delle funzioni dell’azienda Verifica dei profili presenti in azienda rispetto alle competenze richieste dal mercato Piano di formazione per il personale presente in azienda Ragazzi in stage Possibilità di indirizzare la formazione scolastica dei giovani da assumere eventualmente in futuro

Indicazioni su come orientare i corsi della scuola, con particolare riguardo per gli insegnamenti opzionali Testimonianze di manager a scuola Ottenimento di stage e apprendistati per gli studenti

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SCUOLA

Piccole-medie imprese

AZIENDA

A chi si rivolge


2 ottobre a Milano, nel corso di un convegno in cui sono state presentate indagini internazionali e una specifica su un campione di nostri manager. Le ricerche internazionali presentate da Daniele Checchi, docente di Economia del lavoro all’Università Statale di Milano, non lasciano dubbi: la crescita economica di un paese è fortemente correlata al livello di competenze misurato su studenti e adulti, più che al numero di quanti terminano gli studi superiori e universitari. Un elevato tasso di scolarità superiore e universitaria è la condizione necessaria ma non sufficiente, perché oltre alla quantità di anni passati a studiare, è fondamentale la qualità della formazione ricevuta. Oltre alla crescita, l’elevata scolarità incide su coesione ed equità: benessere della popolazione, qualità della partecipazione sociale e innalzamento del capitale sociale. Chi fa training on the job ha livelli di competenza più elevati, non basta scegliere un indirizzo pro-

Il Gruppo Donne Manager di Manageritalia Milano nasce nel 1997 per promuovere la partecipazione delle donne alla vita associativa e valorizzarne il ruolo nel tessuto sociale, politico, economico e familiare del nostro Paese. Da allora, la presenza delle donne in Manageritalia è stata sempre crescente e il Gruppo è diventato un punto di riferimento per la creazione di una cultura della valorizzazione delle diversità di genere. Per saperne di più sul Gruppo, sugli obiettivi e i successi http://bit.ly/gruppodonnemanager

fessionale nella scuola secondaria. Gli studi sulle competenze evidenziano anche che la possibilità di accountability (per esempio attraverso esami centralizzati), combinata con autonomia gestionale delle scuole, produce esiti migliori e la stratificazione precoce degli indirizzi di scuola secondaria riduce la media e aumenta la variazione degli esiti in termini di competenza. La scolarizzazione precoce (frequentazione della scuola materna) accresce la capacità di apprendimento e quindi la formazione delle competenze.

La crescita economica di un paese è fortemente correlata al livello di competenze misurato su studenti e adulti Cosa dicono i manager Nell’indagine di AstraRicerche per Manageritalia effettuata a settembre su quasi 1.200 dirigenti italiani del settore privato e presentata durante il convegno da Enrico Finzi, presidente di AstraRicerche, i manager bocciano il sistema formativo italiano, giudicandolo non meritocratico e incapace di valorizzare le qualità degli studenti migliori (68,3%). Il 40% degli intervistati nega che la scuola prepari i giovani in modo valido, secondo le necessità del mondo del lavoro. Esprimendosi invece su ciò che occorre al Paese, i manager mettono in risalto la formazione con-

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Formazione

ANCHE LA RIFORMA DELLA SCUOLA PUNTA AL DIALOGO CON LE AZIENDE La riforma della scuola (legge 13 luglio 2015, n. 107 - Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione), nota come la Buona Scuola, intende preparare meglio i ragazzi al mondo del lavoro con stage e materie di studio più vicine alle richieste delle imprese, introducendo gli insegnamenti opzionali e i periodi di alternanza scuola-lavoro. Tutti gli studenti tra i 15 e i 19 anni dovranno dunque fare un’esperienza di lavoro: si tratterà di un totale di almeno 200 ore per i licei e 400 ore per gli istituti tecnici e professionali, da svolgersi nell’ultimo triennio, a scelta durante l’anno scolastico o nel periodo di vacanza, in Italia o all’estero. Ogni scuola dovrà inserire nel proprio piano triennale di offerta formativa (Ptof) dei corsi opzionali, che possono utilizzare fino al 20% del monte ore annuale. I corsi potranno essere dei potenziamenti e approfondimenti delle materie obbligatorie, oppure degli insegnamenti su materie extra, vicine alle richieste delle imprese, puntando a far acquisire agli studenti competenze nuove, spendibili nel mondo del lavoro. Gli eventuali insegnamenti opzionali scelti e le esperienze di alternanza scuola-lavoro verranno inseriti nel curriculum dello studente, daranno diritto a crediti formativi e concorreranno al voto finale dell’esame di Stato (maturità o diploma). Rispetto al passato, l’alternanza diventa obbligatoria solo per le terze classi, per poi riguardare le quarte e le quinte. Per l’anno scolastico 2015-2016 coinvolgerà 500.000 ragazzi, mentre a regime gli studenti coinvolti saranno circa 1 milione e mezzo. Un modello a cui ispirarsi è quello della scuola tedesca, dove le aziende investono risorse di tempo importanti sugli studenti, perché hanno capito che si tratta di investimenti redditizi. La sfida è realizzare programmi che davvero portino benefici alle imprese, progetti in grado di mettere a frutto la voglia di fare dei ragazzi, orientando le scuole a svolgere progetti di interesse delle aziende e utilizzando i laboratori come banco di prova per identificare i giovani più in gamba.

tinua durante tutta la vita professionale (97,5%): servono più diplomati che entrano nel mercato del lavoro ma poi ampliano la loro formazione in base alle necessità delle aziende e le loro attitudini (94,3%). Dicono con forza che serve più dialogo tra il mondo della scuola/università e il mondo del lavoro per seguirne meglio le esigenze (97,7%) e mag-

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giore qualità dei docenti, anche tramite nuovi criteri di selezione (97,1%) e aggiornamento e qualificazione (97,1%). Ai giovani, per i manager carenti sul fronte delle soft skill (proattività, gestione del tempo e capacità di decisione) e delle capacità relazionali e manageriali, ma anche di competenze linguistiche e digitali, suggeriscono soprattutto

di svolgere piccoli lavori, anche non coerenti con il tipo di studio, durante la scuola superiore/università per capire il mondo del lavoro (74,3%) e di studiare all’estero, anche solo con l’Erasmus, durante l’università (71,6%). Quasi la metà suggerisce di non fermarsi alla laurea, ma di scegliere un master/formazione post universitaria.


Tavola rotonda: quale istruzione per crescere? Dopo la presentazione nel dettaglio del progetto da parte di Claudia Lucarelli del Gruppo Donne Manager e di Roberto Cucumazzo, fondatore della società partner 4PValue, attiva nella consulenza di direzione e organizzativa per migliorare prestazioni e profitti, il convegno di Milano si è concluso con una tavola rotonda moderata dalla consulente di carriera e giornalista Luisa Adani. Per Gabriele Toccafondi, sottosegretario al ministero dell’Istruzione, università e ricerca, «il progetto di Manageritalia è lodevole e in linea con i principi cardine della Buona Scuola. La riforma è infatti incentrata sull’alternanza e sul dialogo scuola e mondo produttivo». Secondo Irene Tinagli, commissione Lavoro Camera dei deputati, «dobbiamo lavorare sulle competenze che serviranno tra qualche anno, perché il mondo del lavoro sta cambiando in modo vorticoso e l’uso delle tecnologie muta molti paradigmi». Per Enrico Loccioni, presidente di Loccioni Group, il dialogo con la scuola e la crescita dei giovani in sinergia con i senior rappresenta un vantaggio competitivo. Laura Bruno, hr director Italia e Malta di Sanofi, ha testimoniato come la multinazionale lavori da

Un momento della tavola rotonda: da sinistra Enrico Loccioni, Marisa Montegiove, Irene Tinagli, Gabriele Toccafondi, Laura Bruno.

anni con le scuole, benché i ragazzi manchino ancora oggi di capacità espositive, di relazione e di fare squadra. Secondo Livio Marchiori, amministratore delegato Nadella Italia (una delle aziende pilota del progetto), svolgere con professionisti e in modo strutturato progetti come “food4minds: formare per crescere” rappresenta la via più efficace per permettere alle aziende di comprendere quali aree richiedano nuove risorse e attirare di conseguenza nuovi talenti, mentre per Giorgio Rembado, presidente Associazione nazionale presidi, i numeri dell’alternanza fanno ben sperare sulla strategia per combattere la disoccupazione giovanile e l’iniziativa di Manageritalia è un programma concreto per mettere in

pratica quanto previsto dalla riforma della scuola. «Manageritalia» ha chiarito Marisa Montegiove, presidente Manageritalia Servizi e responsabile del Gruppo Donne Manager, «ha lanciato il progetto di sinergia scuola-azienda spronata dai manager associati, che vedono i giovani entrare in azienda privi delle giuste competenze e provano sulla loro pelle come poi questo freni la competitività delle loro aziende sui mercati globali». «Questo impegno dei manager per migliorare il sistema formativo e i suoi output è un dovere sociale, ancor prima che l’egoismo di avere risorse valide da plasmare per competere e crescere», ha concluso Roberto Beccari, presidente di Manageritalia Milano. 

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OSSERVATORIO LEGISLATIVO

osservatorio

a cura di Manageritalia

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REGIME FISCALE SPECIALE PER I LAVORATORI RIMPATRIATI

È

stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, contenente “Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”, entrato in vigore il 7 ottobre. Il provvedimento riguarda diversi ambiti della normativa tributaria ed è volto non solo all’internazionalizzazione imprenditoriale ma anche ad attirare investimenti stranieri nel territorio nazionale. Tra gli altri, al fine di attrarre capitale umano qualificato, all’art. 16 si prevede un regime di favore per i lavoratori rimpatriati; viene stabilito che per tali lavoratori, impiegati in ruoli direttivi o con alta specializzazione, che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, impegnandosi a permanervi per un periodo di almeno due anni, il reddito di lavoro dipendente ivi prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 70% del suo ammontare. Non sono previsti limiti di età, ma di livello di istruzione. Occorre infatti avere almeno una laurea alle spalle e rivestire “una qualifica per la quale sia richiesta alta qualificazione o specializzazione”. È prevista anche una soglia minima temporale: aver risieduto all’estero per almeno cinque anni, prima del ritorno in Italia. La norma, definita “regime speciale per la-

voratori rimpatriati”, si applica per un quinquennio. Per la piena operatività della nuova normativa occorrerà attendere un decreto del ministero dell’Economia e delle finanze che fisserà le disposizioni di attuazione e le cause di decadenza dal beneficio. Ricordiamo che ha una filosofia analoga, ma con declinazioni pratiche diverse, la legge 238/10 (definita legge Controesodo) che si applica ai nati dopo il 1° gennaio 1969 e abbraccia una platea professionale ampia, includendo tra i beneficiari i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi e gli imprenditori, mentre la nuova norma approvata parla solo di redditi da lavoro dipendente. In termini di bonus fiscale, la legge 238/10 risulta più conveniente (calcola come reddito imponibile solo il 20% per le donne e il 30% per gli uomini), tuttavia scadrà il 31 dicembre 2017. Dopo tale data, senza ulteriori proroghe, resterà in vigore solo la nuova norma. Decreto legislativo 14/9/15, n. 147 “Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”: http://bit.ly/dir2-11-15 Legge 30/12/10, n. 238 “Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia”: http://bit.ly/dir3-11-15

INCONTRI PER LA SESSIONE DI BILANCIO

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anageritalia ha avviato gli incontri in vista dell’iter del disegno di legge di stabilità 2016. Abbiamo analizzato la possibilità di prevedere ulteriori sostegni per le start-up e le pmi innovative, in particolare per l’introduzione di voucher che consentano alle pmi di avvalersi della figura di un innovation manager e per agevolare l’investimento nel capitale di start-up o di micro/piccole imprese degli incentivi all’esodo di manager estromessi dal mercato del lavoro. Disegno di legge di stabilità per il 2016: http://bit.ly/dir1-11-15


START-UP E PMI INNOVATIVE

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l ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato di recente due interessanti rapporti sulle micro, piccole e medie imprese. Il primo, dal titolo “Small business act - Le iniziative a favore delle micro, piccole e medie imprese” (Sba), è il sesto rapporto redatto dal Mise, con la finalità di analizzare le azioni intraprese dal governo italiano per favorire l’attività economica di queste imprese. Oltre a illustrare tutti i provvedimenti legislativi emanati a favore delle due tipologie d’impresa, le start-up e le pmi innovative, il rapporto evidenzia come il lavoro e la produzione si stanno evolvendo e i Fablab, centri attrezzati per realizzare prototipi e sperimentazioni, siano in crescita costante: “Oggi, per molte imprese italiane, il luogo della produzione sta diventando sempre più un mix tra garage, bottega artigiana e laboratorio: dall’incontro tra tecno-

logia digitale e produzione personalizzata, dal mix tra tecnologie di stampa 3D e creatività tipica della produzione artigianale e manifatturiera di alta qualità, può passare la via di un nuovo ‘saper fare’ artigiano e il rilancio della manifattura italiana attraverso il connubio tra abilità artigiane, innovazioni e design”. Se anche registriamo un ritardo rispetto agli altri paesi europei sul fronte dell’innovazione, nel periodo più recente, tuttavia, stanno emergendo segnali di un certo “risveglio tecnologico” da parte di molte imprese italiane. Da quando è stata istituita la nuova sezione del registro delle imprese, hanno acquisito lo status di start-up innovative, nella prima decade di maggio 2015, 3.925 imprese. Gli incubatori certificati sono 28, 21 dei quali nel Nord, 6 nel Centro e 1 nel Mezzogiorno.

Le start-up innovative operano prevalentemente nel comparto dei servizi (oltre l’80% delle imprese), in particolare nei settori della consulenza informatica e produzione di software (circa il 40% del totale start-up), ricerca scientifica e sviluppo (il 17%), commercio (4,5%). Solo poco meno del 17% delle start-up opera nei settori dell’industria. Il 56% delle start-up innovative è localizzato al Nord, il 22% sia al Centro che nel Mezzogiorno. Il rapporto conclude affermando che in relazione agli incentivi, i primi riscontri sull’accesso alle misure agevolative sono positivi e si registra un numero crescente di imprese che si qualificano come start-up innovative e accedono a una serie di strumenti volti ad accrescerne il potenziale innovativo. Il Rapporto Sba: http://bit.ly/dir4-11-15

INDAGINE SULLE PMI: PER ESSERE ECCELLENTI DEVONO AVERE MANAGER

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l ministero per lo Sviluppo economico ha diffuso i risultati di un’indagine su un campione rappresentativo di mille piccole e medie imprese “eccellenti”, con la principale finalità di approfondire la recente performance congiunturale e i principali fattori di competitività, il grado di conoscenza e di utilizzazione delle recenti misure di politica industriale adottate dal governo nell’ambito della direttiva comunitaria relativa all’attuazione dello Small business act (Sba), il grado di informatizzazione, le strategie di investimenti, le strategie di innovazione e di internazionalizzazione. Da notare che tra i criteri di individuazione delle pmi eccellenti, per le quali non esiste una definizione univoca, sono state selezionate, da un universo di circa 61mila imprese (tra i 10 e i 250 addetti) con un fatturato tra 2,5 e 50 milioni di euro, quelle che superavano almeno due tra questi tre requisiti: avere realizzato nel triennio 2012-2014 spese in r&s, avere un discreto livello di managerialità (presenza di almeno tre manager/quadri),

avere realizzato nel 2014 o programmato per il 2015 investimenti innovativi. Tra le imprese selezionate, più dell’80% ha realizzato investimenti nel 2014 e ha annunciato l’intenzione di realizzarne entro la fine del 2015. Il 96,7% ha ammesso di aver sostenuto investimenti innovativi (di prodotto, di processo e di carattere organizzativo) nel 2015, mentre il 95,4% ha dichiarato il proposito di farlo l’anno prossimo. Inoltre, il 56,3% delle imprese eccellenti ha comunicato di avere svolto attività all’estero tra il 2012 e il 2014, per di più con ottimi risultati: la quota di fatturato esportato è pari al 34,8%, con una punta del 43,5% nella manifattura. Infine, il 38,3% delle imprese ha dichiarato di avere indirizzato le esportazioni verso nuovi mercati, dei quali l’82% verso i paesi appartenenti all’area extra Ue. D’altronde l’apertura verso i mercati esteri è una tendenza diffusa tra le cosiddette imprese “eccellenti”. Sintesi dell’indagine: http://bit.ly/dir5-11-15

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Marketing

COME AUMENTARE I CLIENTI CON LA LOCAL SEARCH Le opportunità del digital marketing nel retail: nuovi canali, modalità di pagamento e customer service

Giulio Gargiullo

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DATI sul comparto del franchising presentati dal Salone Franchising Milano lo scorso 23 ottobre mostrano dei segnali incoraggianti. Nel primo semestre del 2015 il franchising ha fatto registrare una crescita del fatturato pari a +0,6% (rispetto allo stesso periodo del 2014), in linea con la ripresa del pil

un giro d’affari complessivo pari a 23 miliardi di euro; 180.000 impiegati nel settore; un fatturato passato dai 21,5 miliardi del 2008 ai 23 miliardi del 2014, dopo un lungo periodo di crescita zero dovuta alla forte crisi economica che non ha risparmiato nessun settore dell’economia italiana. I segnali di ripresa, dunque, si intravedono e fanno ben sperare.

e dell’economia italiana. I numeri che ruotano attorno al comparto sono di tutto rispetto:

I trend del franchising Il centro studi Rds del Salone Franchising Milano ha anticipato inoltre alcuni dati significativi che ci fanno capire qualcosa in più sul comparto e sulle prospettive che ruotano attorno ad esso. La crescita è trainata in particolar modo da negozi sempre più specializzati: dal +3% del food (ri-


Due chiacchiere con Luca Bove Uno dei principali esperti del local search marketing in Italia, offre consulenza a catene di negozi e franchising proprio per sfruttare il canale cosiddetto local search Cos’è la local search e perché è importante? «Gli ultimi dati di Google parlano chiaro: un utente su quattro effettua ricerche con intento locale, una percentuale che raggiunge addirittura il 50% nel caso di ricerche effettuate su dispositivi mobile, quindi tendenzialmente on the go. Per ricerche con intento locale si intendono tutte quelle ricerche accompagnate da un riferimento geografico esplicito, ad esempio “negozio scarpe a Roma”, oppure “ristorante a Milano” ecc., oppure ricerche di tipo “vicino a me”, che spesso vengono offerte in maniera implicita dagli strumenti che usiamo sugli smartphone. L’utente può cercare su internet non solo un’attività in generale (come appunto negozio di scarpe a Roma), ma più in dettaglio anche l’indirizzo specifico di una data attività (ad esempio, McDonald’s Stazione di Roma). Sempre su internet può consultare gli orari di apertura e di chiusura o il numero di telefono della sede. Inoltre, può perfino recarsi in loco sfruttando le app di navigazione». Cosa significa tutto ciò? «Significa semplicemente che se uno store non è visibile tra i risultati di ricerca di Google, o meglio, tra i risultati locali di Google, oppure nell’app Google����������������������������� Maps, sta perdendo una grossa fetta di mercato: i suoi potenziali clienti potrebbero rivolgersi alla concorrenza, di conseguenza le sue possibilità di crescita e di maggiori guadagni vengono fortemente messi in discussione. Se un utente ti cerca e non ti trova si rivolge altrove. Se un utente ti cerca e ti

trova con informazioni errate, in ogni caso non ti raggiunge. È necessario che i franchisor investano nella promozione locale di tutte le varie sedi del proprio brand, in modo che ciascuna di queste sia ben visibile tra i risultati locali (Google Maps, app di navigazione, Local Pack, …), con dati e informazioni corrette e quindi facilmente raggiungibile. È indispensabile poi che il sito web possieda uno store locator ottimizzato, ovvero una sezione del sito dedicata a tutte le sedi che costituiscono il franchising o la catena di negozi. Lo store locator di fatto sarà costituito dall’insieme delle location page (questo è il nome tecnico usato da Google per definire il singolo punto vendita) riferite a ciascuna sede, nelle quali l’utente potrà reperire una serie di informazioni utili: indirizzo, mappa integrata, orari di apertura, descrizione dell’attività, dello staff ecc. Inoltre, ciascuna sede dovrà avere una scheda Google + Local verificata e ottimizzata così da favorire la promozione a livello locale, sfruttando il servizio messo a disposizione da Google per i proprietari che gestiscono più di 10 sedi: Google My Business Locations». Ci sono categorie che più di altre beneficiano degli investimenti nel local search marketing? «Sì, sicuramente i ristoranti e tutte le attività legate al mondo della ristorazione, come pub, pizzerie ecc., sono molto avvantaggiate dalla promozione locale in quanto più di altre vanno a intercettare un pubblico che cerca soprattutto da dispositivi mobile e on the go, per cercare locali “nelle vicinanze” rispetto al punto in cui ci si trova. Di-

ciamo che è il target “locale” per eccellenza. Purtroppo, però, è ancora un settore in cui questo tipo di investimenti scarseggia. È proprio per far comprendere gli enormi vantaggi che il local search marketing – ma più in generale il digital marketing – possono dare a questo tipo di attività, che ho deciso di scrivere insieme a Nicoletta Polliotto un libro dal titolo Ingredienti di digital marketing nella ristorazione, edito da Flaccovio Editore. Sicuramente però esistono anche altre categorie che potrebbero trarre enormi vantaggi dai risultati locali, come ad esempio le strutture alberghiere e turistiche, i centri estetici, benessere e salutistici o tutte le attività legate al mondo dell’abbigliamento e della moda. Penso ad esempio ai grandi marchi con sedi sparse in tutto il mondo. Ottimizzare la propria presenza online è di vitale importanza!». Riusciamo a dare delle stime più o meno reali? Un investimento nel local search marketing quanto può portare concretamente? «Se si investe in maniera mirata e opportunamente ottimizzata le percentuali di crescita del fatturato possono raggiungere anche il 10%. Ottenere più clienti in sede significa maggiori guadagni e un incremento di fatturato. E con investimenti relativamente contenuti. Anche perché sono ancora in pochi che li fanno».

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Marketing

22%

20%

Abbigliamento

Food

Servizi ai privati

19%

Franchising: i settori merceologici principali

17%

Prodotti per la casa

3%

Servizi per le imprese

6%

Articoli per la persona

10%

storanti vegani, per celiaci, a chilometro zero, birrerie, vendita di soli prodotti fritti, ristoranti a tema) al +2,5% di abbigliamento e accessori (abbigliamento per bambini, camicerie, calze, intimo). La formula del franchising è già ampiamente collaudata nel Nord Italia, ma il dato significativo riguarda il Centro e il Sud, dove è in forte espansione. Il ruolo delle donne è sempre più determinante: il 33,15% del totale dei 51.000 imprenditori in affiliazione sono donne, con un aumento del 20% dal 2008 al 2014.

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Commercio specializzato

I settori merceologici più scelti dagli affiliati nel 2014 sono: abbigliamento (22%), food (20%), servizi ai privati, cioè i servizi a domicilio o in negozio per la cura della persona (19%), commercio specializzato (17%), articoli per la persona (10%), servizi per le imprese (6%), prodotti per la casa (3%). Click retail In questo contesto così articolato qual è il ruolo che può svolgere il digital marketing? Può servire a dare ulteriore impulso e vitalità all’intero comparto?

Una prima risposta ci viene proprio da Antonio Fossati, ceo di Rds, che organizza il Salone Franchising Milano insieme a Fiera Milano. Ecco le sue parole: «Il mondo del retail sta cambiando rapidamente, basti pensare alle nuove tendenze del click & collect stores (acquisto su internet e ritiro in negozio), l’omnicanalità (cioè il ricorso a tutti i canali dai dispositivi mobili e il pc al punto vendita, dai chioschi multimediali al direct mail) dello slowpay (nuovo servizio di pagamento in tre mesi senza interessi), del servizio al cliente sviluppato al massimo come fattore chiave della vendita. Il franchising è dentro questo trend, per questo abbiamo sviluppato nel salone una nuova area, chiamata “R+++”». Il ruolo di internet, della multicanalità e più in generale del digital marketing non “risparmia” nemmeno il comparto del franchising, tutt’altro. Se opportunamente sfruttato, il digital marketing può rivelarsi uno strumento indispensabile ai fini della crescita dell’intero comparto, sia lato franchisor sia lato franchisee (ovvero degli affiliati). Penso, ad esempio, alle grandissime opportunità che il local search marketing, parte integrante del digital marketing, può dare ai singoli store, a prescindere dalla categoria merceologica di riferimento. 


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Diritto

UN REGISTRATORE IN UFFICIO Quando è possibile registrare di nascosto una conversazione all’interno degli ambienti di lavoro? Le sentenze della Cassazione su alcuni casi recenti Corinne Ciriello

È

LEGITTIMO registrare una conversazione ne-

gli ambienti di lavoro senza avvertire il diretto interessato? Di recente, proprio su questo tema, è intervenuta un’interessante sentenza della sezione lavoro della Corte di cassazione (n. 27424 del 2014). La sentenza ribadisce che il dipendente è autorizzato a registrare la conversazione con il proprio datore di lavoro se ciò è necessario per far valere un proprio diritto in tribunale in un eventuale procedimento sia civile sia penale, anche considerando che i suoi colleghi, una volta chiamati a esporsi concretamente, difficilmente arriveranno a compromettersi per difendere la posizione del collega vessato, con il rischio di attirare le antipatie di superiori e pari grado e subire eventuali ritorsioni. Il problema della privacy La registrazione del colloquio tra persone presenti effettuata da un soggetto che partecipi alla conversazione costituisce una valida prova nel corso di un processo, senza che tale condotta comporti la violazione della privacy dei

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soggetti registrati. Questo perché la registrazione di un colloquio avvenuto sul posto di lavoro non è considerabile un illecito sia dal punto di vista civile che disciplinare. Tale condotta non presup-


pone in sostanza una violazione contrattuale del rapporto fiduciario tra datore e dipendente. Non c’è neppure una violazione sotto il profilo penale: l’art. 51 del codice penale esclude la punibili-

cesso, in nessun caso può essere considerata illecita, neanche da un punto di vista disciplinare. Il supremo giudice del lavoro conferma un orientamento già espresso dalle sezioni unite in sede pena-

caso esaminato, poi, la registrazione fatta per fornire prova delle angherie subite sul posto di lavoro costituisce anche esercizio del diritto del lavoratore alla tutela della sua salute e del diritto di difesa.

È vietato registrare di nascosto sul luogo di lavoro le conversazioni private dei propri colleghi

tà di un’attività diretta a tutelare l’esercizio del proprio diritto di difesa. Pertanto, dal momento che la registrazione della conversazione con queste caratteristiche costituisce una prova valida per il pro-

le: è legittima la registrazione di conversazioni purché chi registra sia presente alla conversazione. L’“intercettazione” perseguibile penalmente avviene solo quando chi registra non è presente. Nel

Largo alle cimici? Ci sono tuttavia delle eccezioni: è vietato ad esempio registrare di nascosto sul luogo di lavoro le conversazioni private dei propri colleghi, anche nel caso in cui il dipendente si veda costretto a procurarsi le prove di una condotta mobbizzante ai propri danni. La suprema Corte di cassazione (sentenza n. 26143 del 21 novembre 2013), nel pronunciarsi rispetto alla vicenda di un medico che aveva registrato, di nascosto, frammenti di conversazione tra colleghi, raccolti negli spogliatoi o nei locali di lavoro di comune frequentazione in violazione del loro diritto alla riservatezza, per poi utilizzarli in sede giudiziaria per supportare la denuncia di mobbing contro il primario dell’ospedale, ha ritenuto giustificato e legittimo il licenziamento in tronco del dipendente sulla base del fatto che un comportamento di questo genere è da considerarsi illecito, in quanto lesivo del

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Diritto sintonia e reciproca fiducia condizionano la prestazione lavorativa nel suo insieme.

La Corte di cassazione afferma il principio di diritto secondo cui il venir meno della fiducia ha rilevanza non solo nei rapporti tra datore di lavoro e dipendente, ma anche nei rapporti tra i dipendenti

diritto alla riservatezza dei lavoratori sul luogo di lavoro. Il medico licenziato aveva quindi tenuto un comportamento tale da integrare un’evidente violazione del diritto alla riservatezza dei suoi colleghi, “avendo registrato e diffuso le loro conversazioni intrattenute in un ambito strettamente lavorativo alla presenza del primario e anche nei loro momenti privati svoltisi negli spogliatoi o nei locali di comune frequentazione”, utilizzandole strumentalmente per una denuncia di mobbing, rivelatasi, tra l’altro, infondata. La mancanza di fiducia Quest’ultima pronuncia rivela un principio particolarmente innovativo e punta i riflettori sull’instaurarsi di un clima di sfiducia nei confronti del medico che aveva tenuto la condotta descritta, non solo da parte del datore di lavoro – per l’oggettiva gravità dei fatti addebitatigli e puntualmente pro-

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Quando il contenuto della registrazione è determinante per il giudice Ma vediamo altri casi. In modo diverso la suprema Corte si è espressa nella sentenza n. 10430 del 2007

vati – ma anche dei colleghi che avevano subito un’intollerabile invasione della propria sfera privata. La Corte afferma che il “clima di mancanza di fiducia che si era venuto a creare nei confronti del ricorrente” aveva comportato il venir meno di un elemento “indispensabile per il miglior livello di assistenza” e, quindi, per garantire la “qualità del servizio” della struttura sanitaria nella quale erano avvenuti i fatti, “con grave e irreparabile compromissione anche del rapporto fiduciario che avrebbe dovuto permeare il rapporto tra il dipendente e l’azienda ospedaliera datrice di lavoro”. In altri termini, la Corte sostiene il principio di diritto secondo cui il venir meno della fiducia ha rilevanza non solo nei rapporti tra datore di lavoro e dipendente, ma anche nei rapporti tra i dipendenti, in particolare quando tale elemento permea le mutue relazioni di un gruppo di lavoratori, la cui

su una lavoratrice a tempo determinato che, in giudizio, aveva prodotto come prova una cassetta registrata per dimostrare l’esistenza di un clima di “particolare ostilità” nei propri confronti (la registrazione documentava il colloquio tra lei e il datore di lavoro in occasione della richiesta delle ferie) tale da indurla a dimettersi prima della scadenza del contratto, con conseguente danno economico. La Corte, nel confermare la sentenza di accoglimento delle istanze della lavoratrice, ha stabilito che l’acquisizione della prova si era svolta lecitamente e che, più in generale, il giudice possa legittimamente formare il proprio convincimento sulla base delle registrazioni audio, qualora da queste emergano elementi utili a formare un giudizio e/o alla ricostruzione dei fatti di causa. Per concludere, la giurisprudenza prevede che il lavoratore, vittima di comportamenti vessatori, per dimostrare il mobbing o, in generale, per fare valere i propri diritti, possa avvalersi di registrazioni audio che rivestano i requisiti di legge senza incorrere in alcuna sanzione. 


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Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Prima della sottoscrizione leggere il fascicolo informativo consultabile sul sito www.assidir.it Il prodotto assicurativo indicato è offerto da Aviva Italia S.p.A., sede legale e sede sociale in Italia Via Scarsellini 14 20161 Milano Tel. 02.2775.1 Fax 02.2775.204 E-mail/Pec aviva_italia_spa@legalmail.it Iscrizione al Registro delle Imprese di Milano, Codice Fiscale e Partita IVA 09197520159 R.E.A. di Milano 1277308 Capitale Sociale Euro 45.684.400,00 (i.v.) Impresa autorizzata all’esercizio delle assicurazioni con decreto del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato n. 18652 del 09/10/1990 (Gazzetta Ufficiale n. 247 del 22/10/1990) e con Provv. ISVAP n. 2282 del 25/05/2004 (Gazzetta Ufficiale n. 128 del 03/06/2004) Iscrizione all’Albo delle Imprese di Assicurazione n. 1.00091 Iscrizione all’albo dei gruppi assicurativi n. 038.0000. L’impresa è soggetta al controllo dell’IVASS. Ai sensi della legge 196/03 e del Regolamento IVASS 34/2010, le comunichiamo che i suoi dati personali, fornitici in occasione dell´iscrizione a Manageritalia o di contatti con Assidir, sono trattati nel rispetto delle regole relative all´informazione e alla promozione di prodotti assicurativi. Ricordiamo che è sua facoltà richiedere in ogni momento, senza alcun onere a suo carico, di non essere contattato per le finalità di cui sopra, entrando nella sua AREA RISERVATA nella sezione Dati Personali, spuntando le caselle relative al consenso promozionale.


Tecnologia

Come faremo la spesa nel 2020? La vendita al dettaglio di prossima generazione prende forma grazie al digitale e alla robotica. Il caso Coop presentato all’Expo

C

ome cambierà il nostro modo di fare la spesa al supermercato? Quali sono i trend tecnologici del settore consumer retail? La visita al padiglione Expo di Coop è stata l’occasione per un tuffo nel futuro digitale, applicato in questo caso al settore food. Accenture, multinazionale della consulenza strategica e tecnologi-

Marco Lucarelli

ca, oltre ad essere partner ufficiale di Expo 2015, ha realizzato proprio per Coop il primo supermercato del futuro. Durante la visita a questo supermercato iper-tecnologico, la per-

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Novembre 2015

cezione è di fare un passo indietro nel tempo e un salto quantico in avanti, nel futuro più digitale. Il passo indietro è dato dal recupero della vecchia concezione di mercato, dove tutte le merci sono


Durante la visita a questo supermercato iper-tecnologico, la percezione è di fare un passo indietro nel tempo e un salto quantico in avanti, nel futuro più digitale

visibili a colpo d’occhio e possono essere soppesate e valutate per capirne qualità e provenienza. Rispetto al vecchio mercato cambia però il modo. Infatti, come se fossimo davanti a uno schermo di “Minority report”, basterà indicare un prodotto presente sullo scaffale per vedere comparire sul monitor informazioni sulla storia del prodotto, ingredienti, valori energetici, impatto ambientale e soprattutto se contiene sostanze alle quali potremmo essere allergici. L’interazione gestuale con i pro-

dotti è resa possibile dalla tecnologia di Microsoft Kinect, un sensore di movimenti molto sofisticato e utilizzato anche nei videogiochi. Se poi passiamo dagli scaffali del mercato a quelli del reparto frigo, anche qui potremo, con un semplice gesto della mano, ottenere tutte le informazioni su valori nutrizionali e paesi di provenienza della merce esposta. Inutile

dire come tutti i computer siano sempre connessi a internet e i dati, aggiornati in tempo reale, siano immagazzinati nella nuvola del cloud. Siamo così pigri da non aver voglia di prendere il prodotto dallo scaffale per metterlo nel carrello? Ecco venirci in aiuto la robotica. Sempre nel supermercato hi-tech è all’opera un braccio robotizzato che, mentre scegliamo como-

Novembre 2015

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Tecnologia

Nel negozio virtuale si “entra” dopo aver indossato un paio di visori 3D. Una volta prese le misure del nuovo ambiente sarà sufficiente muovere le mani per scorrere prodotti, esplorarne caratteristiche e informazioni oltre, ovviamente, a poterli acquistare

damente i prodotti dal nostro tablet, riempie per noi il cestino con il quale ci dirigeremo poi alla cassa.

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Novembre 2015

Il neuromarketing è diventato realtà Le neuroscienze lavorano da anni allo studio dei movimenti oculari durante la scelta dei prodotti. Che cosa guardiamo? Cosa ci colpisce di più di un prodotto? Il colore della confezione, la forma? Quali sono le caratteristiche che ci spingono a effettuare l’acquisto? Durante la visita al supermercato Coop si ha l’impressione che questi studi siano diventati realtà. Ogni nostra interazione con i prodotti esposti è tracciata ed è immediatamente disponibile per fini statistici. Quanti hanno osservato quel dato prodotto? Di questi, quanti sono passati all’acquisto? Per chi si occupa di marketing nella grande distribuzione e di analisi dei dati, tutto questo rappresenta una miniera di informazioni utili per comprendere comportamenti e scelte dei consumatori.

Fare acquisti ai tempi della realtà virtuale Se pensavate di avere già visto tutto durante questa visita, vi sbagliate. Vi mancano ancora gli acquisti nel negozio virtuale sviluppato sempre da Accenture in collaborazione con la società Avanade. Nel negozio virtuale si “entra” dopo aver indossato un paio di visori 3D, una volta prese le misure del nuovo ambiente nel quale ci stiamo muovendo, sarà sufficiente muovere le mani per scorrere prodotti, esplorarne caratteristiche e informazioni oltre, ovviamente, a poterli acquistare. Esausti da tanta tecnologia? Vi meritate un tranquillo rientro a casa dove, ad aspettarvi in cucina, troverete un frigorifero pieno, anche se vi siete dimenticati di fare la spesa: connesso a internet, avrà provveduto a ordinare i vostri prodotti preferiti oltre a recapitarli a casa tramite un drone. Fantascienza? Ne riparliamo tra qualche anno, neanche tanto in là. 


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#Prioritalia

Ripartiamo da Expo Dalla Cascina Triulza, il padiglione dedicato alla società civile, #Prioritalia rilancia il suo programma per aggregare e valorizzare le forze vitali e produttive del Paese Eliana Sambrotta

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pochi giorni dalla chiusura e nel pieno delle ormai celebri code che hanno affollato il sito espositivo milanese, #Prioritalia non è mancata. Ha voluto mostrare in un tale contesto globale il suo impegno civile e la sua innovazione sociale, rilanciandosi attraverso nuovi obiettivi. Per farlo ha scelto sabato 17 ottobre all’interno di Cascina Triulza, lo spazio dedicato in Expo 2015 alla società civile e proprio per questo destinato a restare permanente. L’evento “Manager&Sociale: crescere insieme” è partito dai risultati dell’indagine sulla responsabilità dei manager verso la società e lo sviluppo di intelligenza sociale realizzata su un campione di 400 manager in collaborazione con Manageritalia, AstraRicerche e Osservatorio Socialis, da cui è emerso che per il 92% di loro il ruolo professionale implica una maggiore responsabilità nei confronti dello sviluppo della società italiana.

Perché? Per mettere a disposizione competenze molto qualificate (lo pensa il 59%), farsi portavoce delle necessità altrui presso interlocutori privilegiati (38%), mettere a disposizione il network professionale e relazionale esterno all’azienda (31%), offrire consulenze gratuite (25%). La ricerca Quasi tutti i manager sottolineano anche quanto sia importante che il numero e le azioni di forme organizzate della società (terzo settore e altre) continuino a crescere in Italia, soprattutto perché questo processo di crescita contribuisce alla diffusione di valori ed esempi positivi (58%), stimola il senso civico (55%), induce l’impresa a comportamenti socialmente responsabili (38%), risponde in maniera più capillare alle necessità del territorio e delle comunità locali (38%), offre opportunità reali a chi non ne ha (20%). Ma anche e soprattutto perché il welfare pubblico è sempre più debole (45%).


Affinché crescano le forme organizzate della società si suggerisce di creare momenti di incontro e di scambio tra profit e non profit (54%), rafforzare le competenze

diversi relatori, a partire da quello della neo presidente Marcella Mallen, che ha sintetizzato la missione di #Prioritalia nella «valorizzazione della voglia di “dare” del mana-

Da sinistra: Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager, Marcella Mallen, presidente #Prioritalia, e Guido Carella, presidente Manageritalia. A lato una parte del junior board con la presidente Mallen e a destra un momento della tavola rotonda.

professionali di chi opera in questo ambito con la formazione (52%), migliorare le proposte progettuali (40%), creare e mettere a disposizione indicatori di affidabilità (32%), migliorare le capacità di rendicontazione (22%) e acquisire infine competenze professionali attraverso il recruiting (13%). Manager&Sociale: crescere insieme L’evento ha visto una folta partecipazione e numerosi interventi di

gement italiano, organizzarla, darle identità e riconoscibilità. Vogliamo far emergere il lato solidale, generoso e dinamico del management italiano, il suo impatto costruttivo sulla società». Proprio in

Per il 92% dei manager il ruolo professionale implica una maggiore responsabilità nei confronti dello sviluppo della società italiana

coerenza con questo, #Prioritalia affianca all’attività strategica e di guida del consiglio direttivo (formato da esponenti delle associazioni di manager costituenti Cida, Federmanager, Fenda, Fidia e Manageritalia) quella di stimolo di un board di giovani costituito da otto under35, alcuni dei quali presenti all’incontro del 17 ottobre, che già si distinguono per un ruolo importante a livello economico e sociale. Come

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#Prioritalia

è un’associazione nata per valorizzare l’impegno civile della comunità manageriale e coinvolgere il tessuto vivo e produttivo del Paese nell’aspirazione di un’Italia migliore. Fondata nel 2012 dalle organizzazioni dei dirigenti, dei quadri e delle alte professionalità italiane (Cida, Federmanager, Fenda, Fidia e Manageritalia), ha sviluppato un’attività di supporto a organizzazioni non profit e amministrazione pubblica e alcune proposte concrete per il Paese. Oggi si assume la responsabilità diretta di operare nella società civile per promuovere e realizzare una visione di sviluppo attraverso il dialogo e la partnership con alcuni interlocutori strategici che svolgono un ruolo attivo nel sistema sociale, culturale ed economico.

Per ulteriori informazioni su chi è, cosa fa, come si muove #Prioritalia naviga il nuovo sito www.prioritalia.it, dove troverai anche il video dedicato all’evento del 17 ottobre.

Innovare socialmente vuol dire costruire un ponte tra chi ha una buona idea e chi ha la capacità economica, progettuale, relazionale di adottare e realizzare quell’idea dandole le gambe per farla camminare da sola

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novembre 2015

Jacopo Mele – a soli 23 anni è digital life coach in Guedado, realtà leader in strategia di impresa, brand identity e brand reputation – che definisce l’innovazione sociale come «una rampa di lancio che rappresenta la storia, da cui parte un aereo che rappresenta il nostro viaggio che si va a fertilizzare nelle varie atmosfere, innovandosi perché incontra nuove nubi, quindi conosce nuove persone, aziende, cittadini, insomma, persone, per-

sone, persone che si fertilizzano tra loro e condividono l’innovazione senza limiti». Per Francesca Buttara, che invece in #Prioritalia si occupa di comunicazione&media relation, innovare socialmente vuol dire «costruire un ponte tra chi ha una buona idea e chi ha la capacità economica, progettuale, relazionale di adottare e realizzare quell’idea dandole poi le gambe per farla camminare da sola». Tra gli altri protagonisti della mattinata, condotta dal giornalista Sky Gianluca Semprini, anche Roberto Panzarani, docente di innovation management all’Università Lumsa di Roma, che ha sottolineato come «l’innovazione sociale, quella che vuole mettere in campo, sviluppare e moltiplicare #Prioritalia, si ha quando nuove idee che funzionano, sviluppate, organizzate e realizzate da persone (consumatori, cittadini, ma anche istituzioni e organizzazioni) danno soluzioni a bisogni sociali ancora insoddisfatti». Gli esempi possono essere tanti e vanno dall’imprenditorialità sociale all’educazione a distanza, dai movimenti per il riconoscimento dei diritti delle donne alle riforme sanitarie e pensionistiche, dai nuovi modelli di sostenibilità alle pratiche collaborative sui codici opensource. Riparte così l’attività di #Prioritalia, finora particolarmente centrata sull’iniziativa 1.000 manager per 100 progetti. 


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Mondo Mondo del del lavoro lavoro

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MANAGER OGGI: ISTRUZIONI PER L’USO Cosa deve fare oggi un manager per gestire al meglio la sua professionalità? Fabio Ciarapica

Per la versione integrale dell’articolo http://bit.ly/dir6-11-15

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ell’era della disruption, fare carriera è rimasta solo un’espressione, a maggior ragione con il progressivo inserimento nei talent pool manageriali di elementi di diversity e di generazioni nuove con altre aspettative. In aziende sempre meno piramidali e verticistiche, il manager più che fare carriera deve valorizzarsi, pensando alla propria crescita professionale nell’ottica del self development. Questa concezione di carriera si basa quindi più sulle competenze e il networking che non sulle progressioni prestabilite o sulle conoscenze. Crescere professionalmente significa osservarsi con consapevolezza nei propri comportamenti organizzativi e nelle proprie azioni manageriali, chiedere feedback a capi, colleghi, collaboratori e coach. Quindi, bisogna prestare attenzione alle soft skill, avere un business plan e un posizionamento di se stessi, del brand yourself. In sintesi, fare self career management.

Apprendimento continuo L’apprendimento continuo serve per essere allineati al mercato e attenti al proprio benessere manageriale. Bisogna partire dalla definizione dei propri obiettivi, identificazione delle competenze per raggiungerli e valutazione del loro possesso. Se ci viene posta la domanda “se esco da questa azienda sono in grado con il mio background attuale di riposizionarmi adeguatamente sul mercato” e la risposta è

positiva, bisogna continuare a “stare sul mercato”, perché il mondo del business e la professione sono in continua evoluzione. Se è negativa, il manager non deve abbassare la guardia ma continuare a migliorarsi con le linee guida indicate e che riterrà più opportune.

Come allenarsi? Oggi i manager hanno una responsabilità trasversale su target e obiettivi plurimi contemporaneamente: quelli macro-aziendali, del proprio ruolo/funzione/business unit e del proprio personale sviluppo professionale. Occorre quindi lavorare a 360° su se stessi: conoscenze e tecnicalità, skill manageriali per l’interno dell’organizzazione e skill relazionali con l’esterno. L’aiuto di un executive coach oggi può essere decisivo per poter analizzare il proprio equilibrio tra competenze richieste dal mercato e possedute; e predisporre azioni di potenziamento delle competenze alla luce dei gap. Senza dimenticare lo skill coaching sui temi relazionali/networking. Se si è particolarmente predisposti, si può iniziare ad agire autonomamente con alcune linee guida.

Quali aziende target? La scelta delle aziende alle quali rivolgersi dipende dal background e dagli obiettivi. Ma deve essere chiaro che per chi è cresciuto in multinazionali estere si aprono strade in parte diverse da chi non ci è mai stato, così come per chi è


vissuto in aziende imprenditoriali. E anche il new business e la startup sono delle opportunità, ma non per tutti.

Estero? Un must Le esperienze all’estero sono sempre un nice to have dall’Erasmus universitario in poi. A certi livelli manageriali sono invece un must. Denotano apertura mentale, capacità di rischio, acquisizione di competenze distintive. Ma l’opportunità dell’estero o l’esperienza va valutata e sfruttata al meglio.

Diversity esperienziale? Start-up, m&a, eventi “particolari” ma sempre più frequenti: sono fonti decisive di arricchimento, ancora una volta se contestualizzate in un percorso coerente e lineare, per settore o macro settore. Possono certamente rappresentare la svolta (anche se rischiosa) di una carriera. O la definitiva scelta di essere consulente o imprenditore. È ovvio che il background di ognuno e l’esperienza specifica fanno la differenza.

Cosa cercano oggi le aziende? Teoricamente, virtuosamente, dovremmo dire: cultura digitale, capacità di fare coaching interno all’azienda, contributo culturale. Capacità di innovare se stessi e il proprio contesto di influenza. E, soprattutto per le aziende italiane, proattività, senso di responsabilità e di appartenenza. In pratica oggi le aziende, anche le

più stabili, cercano manager pronti ad affrontare il rischio e a saperlo gestire nei suoi elementi finanziari e tecnologici, ovvero innovazione di prodotti e servizi, non per il puro gusto di cambiare ma per i bisogni di innovazione e risposta agli imprevisti richiesti oggi dal mercato.

Networking tra il dire e il fare Il networking con il solo obiettivo di intercettare opportunità, quindi per ricollocazione, è una pratica che non paga alla lunga, ma sempre più nemmeno nel breve. Il ricevente si accorge di questo obiettivo strumentale e ne diffida, magari inconsapevolmente. Il networking “per imparare e condividere” è più nobile, ma anche concretamente utile. L’abbinata chiave è networking e collaboration.

Reputazione “Build your professional brand” è uno slogan sempre più attuale, a maggior ragione con l’espansione esponenziale del social professional networking, sia professionale generalista (LinkedIn ovviamente ma anche Xing nei paesi di lingua tedesca, Viadeo in quelli francofoni, Dajie in Cina) che – in alcuni settori – già orientatosi a community verticali. La reputazione è importante, nel senso che i manager devono costruirsi un’effettiva sicurezza in se stessi e nelle proprie risorse che consenta di non dover necessariamente rispondere a banali aspettative altrui.

Digitale Il digitale è un’altra parola chiave dei nostri tempi che qualcuno confonde con una skill tecnologica social (essere uno smanettone smart…). Oggi, da people manager devi saperti orientare tra il nuovo che avanza apprezzando (e sfruttando) nuove o più junior (generazionali appunto) professionalità emergenti. Da manager alla ricerca di opportunità, invece, devi saperti orientare informandoti. Sapendo che il digitale è già (quasi) una base imprescindibile e data per scontata come gli economics, che sappiamo quanto sia pericoloso dare per scontato, ma che comunque non viene più indagata puntualmente. Quindi, anche per il digital in quanto “competenza”, si può aprire uno scenario paradossale di “scontata dimenticanza”.

Must be Gli assi portanti della managerialità odierna sono, sinteticamente: presidio degli economics, orientati al saving, al crisis management, al cash management; people management, sempre più diretto, duale/ di team, e sempre meno di gruppi larghi/di funzioni; integrità manageriale, stimolata dal fatto che sono richieste azioni ad alto rischio di deprimere tale integrità: le aziende hanno bisogno di giocatori e attori molto credibili, la cui forza morale si percepisca anche nei momenti peggiori.

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Pensioni

ERRARE È UMANO,

PERSEVERARE È DIABOLICO

Ancora una volta il governo fa cassa con le pensioni. Per coprire sul piano finanziario le nuove misure introdotte dalla legge di stabilità 2016 sul versante pensionistico, viene prorogata di altri due anni la norma sull’indicizzazione delle pensioni

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A MANOVRA FINANZIARIA per il 2016 contiene alcune importanti novità sui temi dell’occupazione e della previdenza. Un’innovazione negativa, che Manageritalia insieme a Cida sta fortemente contrastando, è la norma che prevede la proroga, per il biennio 20172018, di quanto già previsto per il triennio 2014-2016 dalla legge 147/13, emanata dal governo Letta sul blocco della perequazione delle pensioni. Le altre norme previdenziali contengono misure sull’invecchiamento attivo e sugli esodati ma, come è noto, è del tutto assente la normativa sulla flessibilità in uscita, materia che il governo ha rinviato al prossimo anno, e che invece va faticosamente avanti come iter parlamentare. Se la misura del part-time per i 63enni dimostra che il governo sta prendendo consapevolezza del problema della permanenza forzata al lavoro causata dalla riforma pensionistica del 2011, appaiono invece deludenti le altre disposizioni normative sul fronte previdenziale e del lavoro. L’intervento sugli esodati, per quanto lodevole, risolve solo parzialmente il problema; inoltre non si riduce la pressione fiscale sulle pensioni, ma viene solo estesa l’area esente dalla tassazione. Infine, la misura agevolativa per le nuove assunzioni appare molto timida rispetto a quella dello scorso anno, che ha invece contribuito, più del Jobs act, ad aumentare la stabilità dei contratti di lavoro. Di seguito le novità più rilevanti.

Proroga del blocco dell’indicizzazione delle pensioni

a cura di Manageritalia

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Nel 2017 sarebbe dovuta essere ripristinata la norma della legge 388/2000 che prevedeva la rivalutazione per fasce (100% sull’importo mensile fino a 3 volte il minimo Inps, 90% da 3 e 5 volte il minimo, 75% oltre il quintuplo del minimo). Un meccanismo decisamente più favorevole della cosiddetta “norma


Letta” vigente fino a tutto il 2016, che comporta un aumento non per fasce ma sull’intero importo, basato su un indice di incremento decrescente con il crescere della pensione. L’utilizzo della norma Letta era stato prefigurato, inizialmente, come clausola di salvaguardia nel caso in cui non fossero risultate sufficienti le risorse messe in campo per le tre misure pensionistiche introdotte dal disegno di legge di stabilità (part-time, esodati e “opzione donna”). Nella stesura definitiva del provvedimento, il governo ha invece deciso di utilizzare tale proroga come copertura finanziaria di quelle misure. Ricordiamo che la norma Letta prevede la rivalutazione piena degli assegni previdenziali fino a tre volte il minimo (pari a circa 1.500 euro), mentre per quelli sopra tre volte e fino a quattro volte l’indicizzazione è del 95%, sopra quattro volte e fino a cinque volte il minimo la rivalutazione si abbassa al 75%, sopra cinque volte e fino a

sei volte l’indicizzazione è fino al 50% e sopra le sei volte al 45%.

Opzione donna La legge 243/04 ha consentito, in via sperimentale e fino al 31 dicembre 2015, la cosiddetta “opzione donna”, ovvero il pensionamento anticipato per chi ha 57 anni di età (58 se lavoratrice autonoma) e 35 anni di contribuzione, ma con il calcolo per il trattamento pensionistico solo con il metodo contributivo. Successivamente l’Inps aveva dato un’interpretazione restrittiva della norma, che aveva escluso numerose lavoratrici dalla sua applicazione perché aveva compreso nella data di scadenza (31 dicembre 2015) anche la finestra mobile. Ora, con il disegno di legge di stabilità 2016, viene data la possibilità di godere dei benefici della predetta norma alle lavoratrici che entro il 31 dicembre 2015 maturano i requisiti adeguati agli incrementi della speranza di vita, ovvero a coloro che hanno 57 anni e 3 mesi se dipendenti, 58 anni e 3 mesi se lavoratrici autonome, indipendentemente da

quando decorre la pensione. La platea si aggira intorno a 36mila persone e il costo complessivo dell’estensione dell’opzione supera i 2 miliardi di euro.

Part-time in uscita dal lavoro Il disegno di legge di stabilità introduce una misura a favore dell’invecchiamento attivo. I lavoratori del settore privato con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che matureranno entro il 31 dicembre 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, potranno ridurre l’orario del rapporto di lavoro in misura compresa tra il 40 e il 60%. La riduzione dell’orario, concordata con contratto individuale, dà diritto alla contribuzione figurativa da parte dello Stato per la parte

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Pensioni mancante, nonché a un’integrazione mensile da parte dell’azienda corrispondente alla contribuzione previdenziale a carico del rapporto di lavoro sempre sulla parte mancante. Sottolineiamo che la misura non corrisponde al modello della staffetta generazionale avviata in questi anni a livello regionale per-

ro e a 8.000 euro per gli over 75. Siamo lontani dalla richiesta di alleggerimento fiscale per i pensionati avanzata da anni da Manageritalia: la misura viene compensata, come si è detto, dalla proroga del blocco della perequazione, una forma di solidarietà “intercategoriale”.

Settima salvaguardia ché non c’è la condizionalità per i lavoratori esodati dell’assunzione di un giovane disoccupato.

I lavoratori del settore privato con contratto di lavoro a tempo indeterminato, che matureranno entro il 31 dicembre 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia, potranno ridurre l’orario del rapporto di lavoro in misura compresa tra il 40 e il 60%

D’altra parte, proprio l’obbligo di assumere un giovane aveva determinato l’insuccesso dell’iniziativa, perché le imprese affermavano che non potevano sostenerne il costo.

Incremento della “No tax area” per i pensionati Solo a partire dal 2017 viene estesa l’area esentasse per i pensionati, dagli attuali 7.500 euro a 7.750 eu-

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Le disposizioni vigenti prima della riforma del sistema previdenziale del 2011 continueranno ad applicarsi ad alcune categorie di soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento dopo il 31 dicembre 2015, complessivamente circa 26.000 soggetti, più 5.000 delle salvaguardie precedenti. Siamo lontani dalla cifra indicata dal ministero del Lavoro, ovvero 49.500 potenziali fruitori, ma la misura comunque viene incontro a una discreta fascia di lavoratori che erano stati penalizzati dall’improvviso innalzamento dell’età pensionabile della riforma previdenziale del 2011.

Sgravio contributivo per assunzioni a tempo indeterminato Viene rifinanziato lo sgravio contributivo per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato introdotto dalla legge di stabilità dello scorso anno, ma al 40% fino a un limite massimo di 3.250 euro all’anno, con la durata di 24 mesi per le assunzioni effettuate

nel 2016. L’esonero viene applicato ai lavoratori che nei sei mesi precedenti non siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro. L’agevolazione è stata quindi notevolmente ridotta; in tutto l’azienda che assume nel 2016 risparmierà 6.500 euro, mentre se lo facesse nel 2015 risparmierebbe in tre anni più di 24.000 euro.

Premi di produttività L’art. 14 del disegno di legge di stabilità prevede incentivi fiscali per i premi aziendali legati alla produttività. Alle somme erogate a tale titolo dall’impresa in esecuzione di contratti aziendali o territoriali sarà applicata un’imposta sostitutiva del 10%, fino a un massimo di 2.000 euro l’anno (2.500 per le aziende che “coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione aziendale”). Di tale agevolazione potranno beneficiare i titolari di reddito da lavoro dipendente di importo non superiore a 50.000 euro. I premi di risultato dovranno essere collegati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione.

Voucher aziendali per il welfare Il disegno di legge di stabilità prevede nuovi interventi in tema di welfare aziendale riformando la relativa disciplina di trattamento


fiscale (artt. 51 e 100 del Testo Unico sulle imposte dei redditi). La norma incentiva il ricorso al welfare contrattuale. Esso stabilisce che le somme, i servizi e le prestazioni erogate dai datori di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti “per la fruizione dei servizi di educazione e istruzione anche in

fruizione di servizi di assistenza agli anziani e ai soggetti non autosufficienti, non concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente”. La formulazione dell’articolo è poco chiara. Sembrerebbe che, a differenza dei premi di produttività per i quali è prevista un’imposta sostitutiva del 10%, le somme

Il disegno di legge di stabilità prevede nuovi interventi in tema di welfare aziendale riformando la relativa disciplina di trattamento fiscale

età pre-scolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali, per le borse di studio a favore dei medesimi familiari e per la

relative ai voucher non concorrono al reddito, anche se vengono richiesti dal lavoratore in sostituzione del premio di produttività. Finora invece le agevolazioni del welfare aziendale venivano appli-

cate solo se il datore di lavoro lo concedeva su base volontaria. È necessaria, anche per tali somme, la stipula di un contratto aziendale o territoriale e vale sempre l’importo massimo di 50.000 euro. 

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Intervista

SIEMENS, RIVOLUZIONE SMART

MARCO SCORTI

Lavoro agile per tutti i dipendenti: la multinazionale tedesca adotta un modello organizzativo radicale all’insegna dell’estrema flessibilità e del lavoro per obiettivi. E la produttività impenna

Head of talent acquisition, employer branding & diversity, Siemens

Simona Cuomo

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E INIZIATIVE del cosiddetto “lavoro agile” stanno lentamente prendendo piede anche nelle imprese italiane, seppur a macchia di leopardo e con un problema culturale da risolvere legato al superamento del controllo dei dipendenti. Tra le aziende che hanno deciso di abbracciare in modo radicale l’applicazione dello Smart working c’è Siemens, che da tre anni ha deciso di andare oltre le singole iniziative per alcuni dipendenti e adottare un nuovo modo di impostare il lavoro all’insegna della flessibilità di orari e di spazi, valutando solo i risultati e gli obiettivi raggiunti e in sostanza dando la possibilità a ciascuno di organizzare la propria attività in totale autonomia. Ne parliamo con Marco Scorti, head of talent acqui-

sition, employer branding & diversity, Siemens. Qual è stato il cambiamento nell’applicazione del concetto di flessibilità che ha interessato l’azienda a partire dal 2011? «Si può parlare di una vera e propria rivoluzione culturale in Siemens, che presuppone l’organizzazione responsabile dei tempi di lavoro e degli obiettivi. Prima di questo momento, l’organizzazione del lavoro era dettata da tempi legati all’orario della timbratura e del passaggio ai tornelli: una cultura della presenza con deroghe individuali da giustificare. In questo quadro, le forme di flessibilità temporale precedentemente esistenti erano sostanzialmente due: una forbice oraria di entrata e uscita e il part-time, la cui adozione,


così come accade nella maggioranza delle imprese in Italia, è stata esclusivamente femminile. Il Siemens Office (denominato nella sua fase di avvio “Paradigm Shift”), partito nel 2011, ha rappresentato un radicale cambiamento culturale per i dipendenti di Siemens in Italia perché basato su un nuovo modo di lavorare». In cosa consiste il progetto Siemens Office e quante persone coinvolge? «Il progetto coniuga le pratiche di workplace design e flexi time e le supera, introducendo una filosofia di organizzazione del lavoro ascrivibile alle pratiche di agile working. I dipendenti Siemens coinvolti nel progetto possono infatti prestare la loro attività lavorativa indipendentemente dalla localizzazione geografica, grazie all’uso di idonei strumenti, secondo i loro tempi e le loro preferenze nelle modalità di svolgimento del lavoro, in modo che capacità e abilità siano continuamente stimolate e massimizzate. Si riducono così i vincoli logistici, non è più necessario timbrare il cartellino e viene meno il concetto di postazione di lavoro fissa. Nella fase pilota sono state coinvolte quattro funzioni centrali (human resource, corporate communication, information technology e real estate) fino a estendersi ad alcune divisioni di business. L’adesione al progetto è volontaria per

ogni singolo collaboratore. Oggi coinvolge circa 1.700 persone». Quali sono stati i principali cambiamenti a livello organizzativo dell’introduzione del Siemens Office? «Il cambiamento più evidente è senza dubbio relativo alla riorganizzazione degli spazi e al layout dei nuovi uffici. Non esiste più il concetto di ufficio personale, chiuso, privato e gestibile individualmente: gli spazi sono ampi e aperti. Le postazioni sono una di fianco all’altra, “neutre”, senza alcuna personalizzazione. Ampio spazio è stato dato invece alle sale per le riunioni o comunque per i momenti di incontro e condivisione. Sono previste anche aree silenzio-

se e più appartate per i dipendenti che devono svolgere attività che richiedono concentrazione». La postazione di lavoro fissa dunque sparisce? «Il concetto alla base del progetto Siemens Office è la gestione “non territoriale” della postazione. Ogni giorno il dipendente può cercare la

«Ogni giorno il dipendente può cercare la sistemazione più consona in base alle sue specifiche esigenze per quella giornata e alla tipologia di attività da svolgere»

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Intervista sistemazione più consona in base alle sue specifiche esigenze per quella giornata e alla tipologia di attività da svolgere. La postazione occupata dovrà essere “ripulita”

«Il lavoro da casa, organizzato secondo i tempi e le esigenze individuali, conduce a una forte capacità di concentrazione e di organizzazione»

da tutti gli effetti personali e dalla documentazione utilizzata nel corso della giornata. Nella pratica del lavoro quotidiano questo significa che al mattino il singolo collaboratore, dopo aver deciso di svolgere il suo lavoro in sede, deve pensare

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a scegliere la postazione in base alla specifica attività. Ciò avviene in funzione del contenuto del lavoro specifico e sottende un processo di responsabilizzazione individuale, alla base e al tempo stesso parte integrante del cambiamento culturale. In merito agli strumenti e alle tecnologie informatiche che hanno reso possibile questo cambiamen-

una relazione fortemente fiduciaria che introduce da un lato un’ampia capacità di delega e dall’altro quella di auto-organizzazione e responsabilità. In questo nuovo modello organizzativo non trova più ragion d’essere il controllo legato alla presenza fisica in sede o da remoto del collaboratore».

to, l’azienda ha fornito a tutti i dipendenti un portatile e un cellulare. La connessione internet a casa, inoltre, viene rimborsata fino a una determinata cifra mensile».

E quali sono stati i cambiamenti riscontrabili a livello individuale, nel work-life balance dei singoli dipendenti? «La sensazione prevalente è che a seguito dell’introduzione del nuovo modello si lavori più intensamente ed efficacemente. Il lavoro da casa, organizzato secondo i tempi e le esigenze individuali, conduce a una forte capacità di concentrazione e di organizzazione: la maggior produttività avvertita è legata alla possibilità di distribuire il lavoro in base ai momenti della giornata in cui si è fisicamente e mentalmente disponibili, e perché si è potenzialmente raggiungibili al lavoro a qualsiasi ora della giornata. Ovviamente questo aspetto può produrre nel lungo periodo una difficoltà nella capacità di separare il lavoro dal resto della propria vita: il lavoro potrebbe diventare invasivo e produrre la sensazione di un total work, senza momenti reali di stacco e recupero. Anche da questo punto di vista, diventa fondamentale l’attitudine individuale a gestire nelle relazioni or-

La relazione tra capo e collaboratore cambia in quest’ottica? «Il fondamento del Siemens Office è l’organizzazione del lavoro per obiettivi. Questa modalità cambia profondamente il rapporto tra capo e collaboratore orientandolo a


Il premio per il lavoro agile ganizzative “ambientali” spazi personali nel rispetto di quelli altrui. Ad ogni modo il sentimento che prevale è che l’aumento dell’intensità e delle ore di lavoro effettivamente dedicate non sia un elemento negativo in sé poiché è più che compensato dalla possibilità di “amministrarle” e conciliarle con altri impegni privati». Oltre agli incrementi di produttività ed efficienza se ne trae anche un miglioramento nell’efficacia e nella qualità del lavoro quotidiano? «Certamente. Si lavora meglio e quindi il lavoro “pesa” di meno. Il vero vantaggio di questo modello a livello individuale è nella possibilità di realizzare effettivamente il work-life balance con un effettivo recupero di spazi da dedicare alla vita sociale: c’è chi riesce a gestire figli piccoli e a coprire le emergenze senza dover fare ricorso a una baby-sitter; chi ha potuto seguire un familiare durante la degenza in ospedale senza che il suo lavoro ne subisse la minima conseguenza e chi finalmente è riuscito a riprendere un’attività fisica in modo costante, solo per citare alcuni esempi. Inoltre, un modello di flessibilità “diffusa” e disponibile per tutti gli attori organizzativi evita l’insorgere dell’effetto “stigma”, cioè quel sentimento di devianza rispetto a ciò che è premiato e riconosciuto dalla maggioranza: il fatto che si utilizzi questa modalità di lavoro con orari flessibili

Siemens ha ottenuto il primo premio Smart working award ex aequo con Intesa San Paolo nel corso dell’evento “Smart working: scopriamo le carte!”, di cui Manageritalia era partner, organizzato lo scorso 20 ottobre dall’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano - Mip School of management del dipartimento di Ingegneria gestionale. L’Osservatorio, giunto alla sua quarta edizione, si propone come il punto di riferimento per lo sviluppo della cultura dell’innovazione dei modelli di lavoro in ottica smart working e per la definizione di metodologie caratterizzate da un approccio multidisciplinare.

scardina la percezione di un impegno o di un trattamento differente nei confronti di coloro che hanno

responsabilizzati e quindi liberi di adattare il programma alle loro necessità di work-life balance.

un face time ridotto rispetto ai colleghi a favore, come detto, di una cultura che premia la qualità della performance».

Ciò che ha funzionato è l’assenza di un percorso di implementazione standardizzato ma con ampi margini per ciascun manager di autonomia decisionale e personalizzazione nel rispetto delle attività caratteristiche della propria funzione e del gruppo di lavoro. La leva utilizzata all’avvio del programma è stata quella di un processo di adozione graduale e a macchia di leopardo del Siemens Office: una sorta di sperimentazione sul campo con una sua gradualità sia in termini di diffusione sia in termini di mediazione rispetto alle regole. La sperimentazione iniziale per passaggi incrementali (cioè ad esempio indicando soltanto alcuni giorni alla settimana come momento per il lavoro in modalità smart) consente agli stessi manager di avere un feedback sull’andamento del progetto e sui risultati in termini di efficacia ed efficienza del loro team e di acquisire una fiducia concreta, di applicare modifiche e cambiamenti necessari e di arrivare così a piccoli passi ad “allentare del tutto le briglie del controllo”». 

Ci sono state delle criticità nell’implementazione del progetto? «Al momento dell’introduzione del Siemens Office, l’elemento principale di potenziale problematicità è stata la paura del cambiamento e della novità. In particolare questi dubbi e perplessità hanno riguardato sia il tema della perdita delle relazioni sociali e di identificazione organizzativa sia il timore che un modello organizzativo di questo tipo, caratterizzato dall’assenza di regole, potesse generare una situazione di eccessiva anarchia». Che cosa ha determinato in definitiva la buona riuscita del programma? «La buona riuscita è dipesa dall’atteggiamento dei responsabili: quando questi hanno sposato il progetto, lavorando da casa secondo le specifiche esigenze, anche i collaboratori si sono sentiti

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non solo consumi

consumi

Anna Zinola

Le tendenze dei consumi alimentari

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Le patatine al cioccolato, la pasta senza glutine, il gelato alle alghe, i noodles in busta, la frutta a km zero, l’hamburger vegano. Sugli scaffali del supermercato oggi c’è tutto e il contrario di tutto. Sì, perché il nostro modo di “trattare” il cibo (il modo in cui lo acquistiamo, prepariamo, presentiamo, mangiamo) è profondamente cambiato. E, in questo processo di trasformazione, non mancano certo le contraddizioni. Accade, così, che lo stesso consumatore passi dal prodotto tipico a quello etnico, spenda un piccolo patrimonio per acquistare un taglio di carne pregiato e si ingegni per recuperare la buccia delle patate e ridurre al minimo lo spreco alimentare. Insomma, quello dei consumi alimentari è un mare magnum nel quale non è facile districarsi. Nelle prossime righe proviamo a individuare tre segnali, tre orientamenti – trasversali al mondo del food – che ci aiutano a delineare alcune possibili vie di sviluppo.

Curiosità Il primo segnale riguarda la curiosità. Il consumatore contemporaneo è desideroso di trovare e provare qualcosa di nuovo: nuove cucine, nuovi sapori, nuovi mix, nuove consistenze. Si spiega in tal modo il boom di abbinamenti insoliti, come le patatine al lime e pepe rosa oppure il gelato all’ortica. Quello del cioccolato è uno dei comparti più fantasiosi. Si va – per citarne solo alcuni – dal cremino al sale e olio extravergine di olive alle praline con il rosmarino, dalla boule di cioccolato fondente ripiena di Mojito alla tavoletta al brownie. Anche i prodotti natalizi, a partire dal panettone, mostrano accostamenti bizzarri. Se fino a qualche tempo fa il classico dolce natalizio era disponibile al massimo in 3-4 versioni, oggi lo potete trovare in decine di varianti: alla frutta, alle nocciole, all’amaretto, farcito con crema al gianduia, con crema di liquore oppure con panna e amarena. L’obiettivo è evidente: am-


pliare il target e, nel contempo, dilatare i tempi di acquisto e di consumo. Quando, intorno alla metà di ottobre, le prime referenze natalizie compaiono al supermercato, il consumatore acquista il panettone o il pandoro classico, magari da mangiare a colazione, in alternativa ai soliti biscotti. Poi, spinto dalle novità, prova una versione farcita, per poi tornare al prodotto tradizionale, che viene portato in tavola in occasione della cena del 24 o del pranzo del 25 dicembre. Insomma, la diversificazione e l’ampliamento dell’offerta permettono di sostenere l’allargamento della tempistica e del target e, dunque, di supportare le vendite.

fare) bene. Ecco, allora, i cibi biologici, quelli a km zero, ma anche gli alimenti di origine non animale oppure privi di un certo componente (il glutine, lo zucchero, il lattosio, le uova). Di fatto il bisogno di mangiare sano è tanto marcato da non risentire in maniera evidente della crisi economica. In altri termini, i consumatori non badano a spese per il cibo che considerano salutare. Lo dimostra il mercato del biologico, le cui richieste, nel 2014, sono aumentate per il terzo anno consecutivo, nonostante i prezzi siano in media superiori rispetto a quelli degli analoghi “convenzionali”. I dati parlano chiaro: nel 2012 aveva acquistato almeno un prodotto biologico il 53,2% degli italiani, nel 2013 il 54,5% e, nel 2014, il 59% (fonte: Nomisma-Osservatorio Sana). Non solo: una parte consistente di chi compera bio lo fa con una certa continuità. Si parla, cioè, di almeno una volta alla settimana per il 37% degli acquirenti e di ogni giorno per il 22%. Discorso analogo per il comparto gluten free, che vale 250 milioni di euro (fonte: Aic). Ad acquistare i biscotti o la pasta per celiaci sono, ovviamente, i soggetti allergici o intolleranti. Ma ci sono anche 600.000 famiglie che, ogni anno, comperano un alimento privo di glutine senza che ci sia la patologia di mezzo, nella convinzione che le referenze senza glutine siano più sane.

Socialità Salutarietà Il secondo segnale tocca il tema della salutarietà. Consapevoli del fatto che l’alimentazione condiziona in modo significativo lo stato complessivo di salute, i consumatori cercano di privilegiare gli alimenti che fanno (o dovrebbero

Il terzo segnale investe l’aspetto della socialità. Da sempre il cibo è, nel nostro Paese, un elemento di aggregazione. La novità sta nel fatto che oggi, complice il web, consente di mettere in relazione persone che non si conoscono. Il fenomeno si chiama social eating e si basa

su un meccanismo semplice. L’oste (ovvero chi cucina) indica in rete giorno, ora, luogo e menù. Coloro che intendono partecipare devono iscriversi e pagare una quota, con la quale contribuiscono alle spese sostenute per la preparazione del pasto. In linea di massima gli invitati sono sconosciuti gli uni agli altri, pur essendo accomunati dalla passione per la buona tavola. Il sistema è, almeno in teoria, win win, nel senso che tutti ne traggono un vantaggio. Il cuoco ha la possibilità di mettersi alla prova, con un investimento economico limitato, mentre i convitati mangiano in compagnia a un prezzo minore di quello che pagherebbero per una pizza e una birra. Certo, non mancano le polemiche legate agli aspetti fiscali (la transazione economica non viene in alcun modo registrata) o al rispetto delle normative igieniche. Intanto, però, le piattaforme di social eating si moltiplicano e diversificano l’offerta. Anche molti food store di nuova generazione – Eataly in primis – svolgono una funzione di socializzazione. Non ci si va soltanto per fare la spesa, ma per trascorrere del tempo in compagnia in modo piacevole: si beve l’aperitivo, si pranza, si fa un giro tra gli scaffali, si sfogliano i libri, si compera la mozzarella fresca oppure la birra artigianale. Il fenomeno non riguarda solo i grandi “empori” del cibo ma coinvolge anche i mercati di nuova generazione, che si sono progressivamente affermati nelle nostre città. È il caso del Mercato Metropolitano a Milano, del Mercato di Mezzo a Bologna, del Mercato Centrale di Firenze o, ancora, del Mercato del Carmine di Genova. 

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Produttività & Benessere

ANCHE IL GOVERNO CREDE NEL NUOVO LAVORO

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ELLA LEGGE di stabilità 2016, ormai in via di definizione, è evidenziato con slan-

cio l’aspetto riguardante il “nuovo lavoro” che serve per ripartire. Quello che noi, Manageritalia e i suoi manager, stiamo promuovendo con l’iniziativa “Cambia Il Lavoro con Produttività & Benessere”. Non pensiamo di essere stati noi

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a indurre il governo a considerare tali sviluppi, anche se conosce la nostra iniziativa, ma ben vengano tutti quegli alleati e quelle misure che possono diffondere e rafforzare un vero cambiamento e un nuovo senso del lavoro. Tornando alla legge di stabilità, l’ipotesi, se confermata, mostra inequivocabilmente la volontà del governo di favorire il ricorso al welfare aziendale – o meglio,

contrattuale – anche nell’ambito dell’erogazione della parte variabile del salario legata alla produttività, favorendo fiscalmente i servizi di welfare rispetto all’equivalente in denaro. Insomma, un motivo in più per continuare la nostra azione con ancora più slancio. E per questo non possiamo che contare prima di tutto sulla vostra partecipazione e azione.

DIVENTA FAN e condividi l’iniziativa con colleghi e amici http://bit.ly/dir5-6-15

DISCUTI SUL BLOG Segnala e racconta esperienze dirette o indirette di questo nuovo lavoro http://bit.ly/dir6-6-15

CONTATTACI pb@manageritalia.it

PASSA ALL’AZIONE Valuta i programmi, anche solo come traccia per capire come sia facile cambiare InterAGEing http://bit.ly/dir8-6-15

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Smart Welfare http://bit.ly/dir7-6-15

Un fiocco in azienda http://bit.ly/dir9-6-15


L’opinione di Mariano Corso professore ordinario presso la facoltà di Ingegneria dei sistemi del Politecnico di Milano, dove insegna “Organizzazione e risorse umane” ed “Economia e organizzazione aziendale” Cosa pensa che dovrebbe cambiare nel mondo del lavoro in Italia oggi per andare verso maggiore produttività e benessere di aziende e lavoratori? «Occorre innanzitutto superare le rigidità dei modelli organizzativi attuali, ripensando, grazie anche alla di-

lavoro agile collegato alla legge di stabilità promosso dal governo, che riprende alcuni concetti della proposta di legge sullo smart working del 2014 promuovendolo come strumento non solo di conciliazione ma anche come leva per l’incremento della produttivi-

sponibilità di nuove tecnologie, l’organizzazione del lavoro e gli stili di management. In questo lo smart working può avere un ruolo importante: avviare un percorso di smart working significa rimettere in discussione i vincoli legati a luogo e orario di lavoro, lasciando alle persone maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una loro maggiore responsabilizzazione sui risultati. Si tratta di un cambiamento win-winwin perché permette di ottenere benefici per le aziende che vedono migliorare la produttività e ridursi i costi legati a spazi e trasferte, per le persone che migliorano il loro work-life balance e riducono tempi e costi di pendolarismo, per l’intera società che vede ridursi inquinamento, traffico e inutile urbanizzazione».

tà. Il vero motore del cambiamento tuttavia sono e restano aziende e lavoratori. Fortunatamente sono sempre più numerose le organizzazioni che si stanno muovendo in questa direzione: il 17% delle aziende medio-grandi ha progetti organici, mentre il 14% sono in fase esplorativa. È importante che anche lavoratori e organizzazioni sindacali spingano in questa direzione incoraggiando anche le organizzazioni più conservative ad avviare sperimentazioni».

Chi dovrebbe farsi carico maggiormente di porre le premesse per questo cambiamento? «Un attore è senz’altro il legislatore, che ha il compito di rimuovere i vincoli normativi e promuovere il cambiamento. Dopo anni di disinteresse, molto positivo è il disegno di legge sul

Cosa pensa dell’iniziativa di Manageritalia? «L’iniziativa è di grande interesse perché stimola tutti i manager a pensare ai due concetti di “produttività” e “be-

nessere dei lavoratori” non in contrapposizione, ma come tra loro siano non solo compatibili ma necessariamente collegati. È un’utile iniziativa che contribuirà alla diffusione tra i manager della consapevolezza di essere chiamati ad agire da protagonisti nello sviluppo di una nuova cultura del lavoro, più flessibile, intelligente e responsabile. L’innovazione e le nuove tecnologie per i manager non sono una minaccia e neanche più soltanto un’opportunità per far acquisire alla propria azienda un vantaggio competitivo. Innovazioni dell’organizzazione del lavoro come lo smart working rappresentano per i manager una vera e propria responsabilità sociale che va perseguita sia individualmente sia come famiglia professionale».

Guarda il video sul canale youtube di Manageritalia https://bit.ly/dir11-6-15

NOVEMBRE 2015

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IL FUTURO DEL LAVORO secondo Chip Espinoza

I MANAGER MILLENNIAL I manager millennial stanno crescendo di numero e questa nuova generazione cambierà il mondo del lavoro. Chip Espinoza ha studiato i millennial negli ambienti di lavoro: autore di saggi come Millennials who manage e Managing the millennials, afferma che la nuova generazione di manager creerà nuovi posti di lavoro che metteranno in primo piano le persone I manager baby boomer hanno creato programmi di supporto per tutti i dipendenti. I manager della generazione X hanno reso i luoghi di lavoro più informali, rendendo comune il termine “business casual”. Che cosa porterà la prossima generazione di manager nel mondo del lavoro? Un nuovo modo per misurare la produttività I millennial manager eviteranno i report annuali formali sulle performance, rimpiazzandoli con feedback più frequenti e informali in grado di favorire una comunicazione migliore tra manager e dipendenti. Work-life blend anziché work-life balance I manager millennial sono favorevoli a una fusione tra lavoro e vita privata. «Non si preoccupano se il lavoro sconfina nella vita personale, ma vogliono allo stesso tempo che quest’ultima abbia spazio sul lavoro», spiega Espinoza, secondo cui i millennial non spegneranno l’interruttore della loro vita privata per otto ore. Le relazioni hanno nuove priorità L’intelligenza emotiva è la nuova parola d’ordine dei manager millennial. I concetti di consapevolezza di sé, autoregolazione e creazione di relazioni saranno la chiave negli ambienti di lavoro guidati dai manager millennial. La fusione di lavoro e vita privata per i manager millennial orientati a queste relazioni significa inoltre che i rapporti che hanno al lavoro non saranno solo considerati rapporti di lavoro ma saranno coltivati anche nel privato. Stimolare i dipendenti I millennial hanno come impostazione mentale la valorizzazione di dipendenti e collaboratori e sono propensi ad agevolare i loro percorsi di carriera. I millennial sono buoni ascoltatori e come manager cercano nuove idee e stimoli dai loro collaboratori. «I millennial sono problem solver, vogliono migliorare le attività senza difendere i processi, tenendo le cose come sono sempre state negli ultimi dieci anni», aggiunge Espinoza. I millennial sono disponibili a sperimentare nuove strade, sfidando i processi e pensando in modo diverso il lavoro. Lisa Evans (Freelance di Toronto che tratta argomenti legati alla salute mentale e fisica) Articolo originale:

48

NOVEMBRE 2015

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SPREMUTI COME LIMONI La pressione fiscale continua a crescere e i più colpiti sono i redditi medio-alti Nicola Quirino

N

ell’ultimo decennio la pressione fiscale è cresciuta in Italia a un ritmo particolarmente sostenuto, tanto da assorbire nel 2014 una quota del reddito nazionale di poco inferiore al 44%, contro il 39,6% rilevato in media negli altri paesi europei. A tale accelerazione – che ha penalizzato soprattutto i percettori di redditi

medio-alti (dichiarati al fisco) – hanno contribuito innanzitutto le incisive manovre di consolidamento della finanza pubblica. Perché queste manovre sono state per lo più realizzate con misure procicliche dal lato delle entrate, ovvero sottraendo risorse a un’economia già in fase di indebolimento. Nonostante l’impegno a ridurre gli sprechi e a migliorare l’effi-

Irpef e addizionali secondo le dichiarazioni presentate nel 2014 Dirigenti Numero (migliaia)

280

Altri Totale contribuenti contribuenti 40.710

40.990

Irpef + addizionali (milioni di e) 14.373 153.417 167.790 Irpef erariale (milioni di e)

13.459 138.779 152.238

Addizionale regionale (milioni di e) 655 10.524 11.179 Addizionale comunale (milioni di e) 259 4.114 Aliquota media Irpef + addizionali

39,3

Fonte: elaborazione su dati ministero dell’Economia e Inps

50

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20,7

4.373 21,6

cienza della macchina amministrativa, i tagli di spesa sono risultati più virtuali che reali e la tanto

decantata spending review ha finito solo con l’alimentare uno sterile dibattito ideologico tra sostenitori e oppositori dell’intervento pubblico. Dibattito che, nei momenti di più acceso contrasto, ha riportato indietro le lancette dell’orologio di un paio di secoli, facendo dimenticare a molti che la sfida posta dalla globalizzazione delle economie non può essere affrontata con le politiche del passato e che il modello del “tassa e spendi” alla lunga produce distorsioni e inefficienze tali da soffocare le potenzialità di sviluppo di un paese. Senza dimenticare che tale modello determina forti sperequazioni nella ripartizione del carico tributario laddove – come in Italia – il fenomeno dell’evasione assume dimensioni ma-


Addizionali regionali e comunali nei maggiori centri urbani, Anno 2015* Comuni Anno 2015

20.000

Roma

526 1.452 2.298 3.144 3.990 139,1 230,0 248,2 257,3 262,7

importo var. % su 2005

Milano importo var. % su 2005

croscopiche e l’ampiezza del nucleo familiare non costituisce di fatto un indicatore di capacità contributiva.

Tributi variabili Se è vero che nell’ultimo decennio la pressione fiscale è lievitata sensibilmente, è anche vero però che le singole categorie di tributi hanno mostrato una certa variabilità di andamento. Nel periodo compreso tra il 2004 e il 2014, infatti, il gettito delle imposte dirette ha segnato un +28,3%, quello delle imposte indirette un +24,4% e quello dei contributi sociali un +22,5%. Il più pronunciato ritmo di crescita delle imposte dirette è essenzialmente riconducibile alle maggiori entrate derivanti dall’Irpef (+25,8%) e dalle relative addizionali regionali e comunali (rispettivamente +60,5% e +172,4%).

264 7,8

Reddito 40.000 60.000 80.000 100.000

916 1.421 1.927 2.435 78,2 79,0 79,4 79,8

Napoli importo var. % su 2005

566 1.132 1.698 2.264 2.830 102,1 102,1 102,1 102,1 102,1

Torino importo var. % su 2005

510 1.170 1.908 2.733 3.559 50,0 72,1 87,1 101,0 109,4

Palermo importo var. % su 2005

506 1.012 1.518 2.024 2.530 130,0 130,0 130,0 130,0 130,0

Genova importo var. % su 2005

435 1.017 1.640 2.264 2.890 58,8 88,3 99,5 106,6 110,9

Bologna importo var. % su 2005

436 67,7

974 1.530 2.121 2.727 87,3 96,2 103,9 109,8

Firenze importo var. % su 2005

285 1,8

681 1.059 1.443 1.829 21,6 26,1 28,8 30,6

Bari

431 53,9

911 1.413 1.918 2.424 62,7 68,2 71,3 73,1

importo var. % su 2005

* Dati assoluti in euro e variazioni % rispetto al 2005 Fonte: elaborazione su dati ministero dell’Economia

Manager tartassati Come dimostra la documentazione statistica disponibile, l’inasprimento del prelievo sul reddito personale ha colpito in misura particolarmente pronunciata i manager e gli altri contribuenti appartenenti alle fasce di reddito medio-alte. A sostegno di ciò, basti focalizzare l’attenzione sui dati contenuti nelle tabelle, dalla lettura dei quali si rileva sinteticamente che: i dirigenti (pubblici e privati) ammontano a 280mila unità, pari allo 0,6% del totale contribuenti; con 14,4 miliardi di euro, concorrono per il 9% circa al gettito dell’Irpef e delle addizionali regionali e comunali; questi tributi incidono complessivamente per quasi il 40% sul reddito imponibile

dei dirigenti, contro un’aliquota di poco superiore al 20% applicata agli altri contribuenti; nell’ultimo decennio sono lievitate sensibilmente le addizionali, specie nei maggiori centri urbani. Su un reddito imponibile di 100mila euro, il peso delle addizionali (regionali e comunali) ha segnato un +262,7% a Roma, un +130% a Palermo, un +110,9% a Genova, un +109,8% a Bologna, un +109,4% a Torino, un +102,1% a Napoli, +79,8% a Milano ecc. Leggendo questi dati, sorgono spontanee due domande. La prima: ma il federalismo non doveva arrecare vantaggi ai contribuenti? La seconda: ma il sistema non contempla già un forte contributo di solidarietà? 

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iniziative manageritalia

SCI E RELAX A BORMIO Dal 14 al 21 febbraio

le prenotazioni sono aperte fino al 15 gennaio

Giovedì 18 febbraio Manageritalia offre ai suoi ospiti una cena valtellinese nel suggestivo rifugio Sunny Valley situato a 2.700 metri d’altezza nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio. Possibilità per chi lo desidera di rientro in fiaccolata con gli sci.

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36ma Coppa di Sci Manageritalia e settimana bianca all’Hotel Palace di Bormio (So), splendida cittadina nel cuore dell’Alta Valtellina



di buon grado Piero Valdiserra

L’

grado

la BARBERA

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L’uva Barbera e il vino omonimo che se ne ricava hanno origini molto antiche, anche se le prime testimonianze storiche certe non vanno più in là del XVII secolo. La prima menzione ufficiale risale al 1798, quando compare nella stesura dell’ampelografia dei vitigni coltivati in Piemonte, opera del conte Nuvolone, all’epoca vicedirettore della Società agraria di Torino. Comincia da quel momento un rapporto molto stretto e ben documentato con il territorio di questa regione, dove si pensa che l’uva sia nata. In breve, Barbera diventa sinonimo di vino piemontese per eccellenza. Un vino non privo di ascendenti letterari illustri, da Carducci a Pascoli, ma che nel tempo consolida la sua fama come prodotto da osteria per antonomasia: Paolo Monelli, grande antesignano dell’enogastronomia contemporanea, lo definisce “il fante dei vini piemontesi”, e l’indimenticabile Giorgio Gaber ne fa oggetto di una delle sue ballate più celebri, “Barbera e Champagne”. A metà degli anni Ottanta del secolo scorso, lo scandalo del metanolo oscura per un po’ il settore enologico nel suo complesso e questa varietà in particolare. Da allora, un rinnovato impegno di aziende e consorzi permette tuttavia nel breve volgere di pochi anni di disegnare una nuova immagine, moderna e dinamica, alla Barbera. Tra i pionieri del nuovo corso va segnalato soprattutto Giacomo Bologna, che con l’introduzione dell’affinamento in legno rivoluziona per sempre il modo di produrre questo vino, mettendolo in grado di competere con altri nobili rossi italiani e stranieri. Oggi la Barbera – e usiamo la declinazione al femminile, preferita nella sua terra di elezione – è diffusa in Piemonte,

in Lombardia, in Emilia e in diverse altre regioni del Centro e del Sud Italia. Con il Sangiovese e il Montepulciano, è fra le varietà rosse più presenti nel nostro Paese. Impiegata esclusivamente per la vinificazione, la Barbera mostra ottime proprietà sia quando viene lavorata in purezza, sia quando è abbinata ad altre varietà. Se trattata da sola, dà un risultato squillante e strepitoso, quintessenza della tradizione di campagna: presenta colore rosso rubino, è ricca di profumi, con richiami di frutta rossa, sottobosco e spezie, mentre in bocca lascia emergere un gusto asciutto, austero, sostenuto da un’ottima acidità. Quando è unita ad altre varietà, apporta alle tipologie associate alcool, acidità e spesso anche colore. Un tempo vino da portarsi dietro andando al lavoro, e da consumarsi la sera nelle mescite di paese e di città, la Barbera si è oggi adattata con successo allo stile di vita dei suoi nuovi estimatori. Rivisitata, riposizionata, valorizzata anche in versioni meno austere, non intende comunque rinunciare alla sua tradizione e tradire il suo glorioso, popolaresco passato. Servita in tavola a temperatura di cantina, è l’accompagnamento ideale per le grandi liturgie gastronomiche della sua terra, come il gran bollito e la bagna cauda; tiene poi superbamente testa agli arrosti, ai fritti misti, alla selvaggina, ai formaggi piccanti, alle salse forti e ai sapori pepati in genere. Volendo, nelle sue versioni più evolute può accostarsi anche alla piccola pasticceria finale, come amaretti, baci di dama, cuneensi, albesine. Un’ultima curiosità: in Piemonte esistono ancora alcuni filari di una ormai rara Barbera Bianca, usata soprattutto come uva da assemblaggio.


ARTE Claudia Corti

S

Essai de figure en plein-air: Femme à l’ombrelle tournée vers la droite, 1866, olio su tela, Parigi Musée d’Orsay.

arte

Monet, luce e colore Dove Monet. Dalle collezioni del Musée d’Orsay. Torino, Gam, fino al 31 gennaio.

«Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. A forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente». Questo scriveva Claude Monet in merito al rapporto tra l’arte e la natura, da sempre al centro del suo universo pittorico. Formatosi sull’esempio della pittura realista di Gustave Courbet, durante la sua lunghissima carriera, 60 anni di arte, a cavallo tra ’800 e ’900, Monet andò ben oltre il suo ispiratore, affermandosi prima come pittore impressionista, per poi arrivare a gettare le basi delle avanguardie novecentesche per l’uso della luce e del colore. Amante del paesaggio, trovò gli ideali compagni di viaggio negli Impressionisti, i quali, stanchi di una pittura la cui tecnica non veniva rinnovata da secoli, ne scardinarono i principi abolendone di fatto tutti i capisaldi: la nuova pittura sarebbe nata en plein air e non più nel chiuso degli atelier, senza un disegno di preparazione, ma agendo direttamente con il colore steso per accostamenti cromatici e, per finire, privilegiando il criterio della sensazione che si ricava di fronte a una veduta senza curarsi della perfezione dei dettagli. Nell’ottica di una pittura così concepita

la luce diveniva elemento centrale, un principio attivo in grado di modellare le figure; ed è proprio studiando la luce che Monet diede inizio a celeberrime serie tra cui i Covoni, o le 31 vedute della Cattedrale di Rouen, poiché lo stesso oggetto nella luce del mezzogiorno non potrà essere uguale a se stesso immerso nella luce di un tramonto, con la pioggia o il sole, e così via. Senza perdere mai di vista il paesaggio, Monet si dedicò anche allo studio della figura; è così che realizzò nel 1886 la “Donna con il parasole girata verso destra” (ne esiste una versione contemporanea con la stessa figura girata verso sinistra). La modella è Suzanne Hoschedé, figlia di Alice, la seconda moglie di Monet. A figura intera in mezzo a un prato con il parasole in mano in una giornata di vento, Suzanne appare come parte integrante del paesaggio circostante: un insieme di tonalità chiare e splendenti in un prato dai colori giallo, verde, rosa, viola, distribuiti per piccoli tocchi assorbiti separatamente dalla retina umana ma restituiti tutti insieme nel complesso di un’emozione. Suzanne fu costretta a posare per lunghe ore, fino allo sfinimento, perché il pittore potesse cogliere tutte le sfumature della luce riflessa e le restituisse in un’opera che ormai era già pienamente proiettata verso il futuro del nuovo secolo.

curiosità Il termine Impressionismo fu coniato da un inconsapevole giornalista in senso dispregiativo proprio di fronte a un’opera di Monet dal titolo “Impressione. Sole nascente”... Ignorava che sarebbe diventato il movimento più amato al mondo!

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Libri Davide Mura

Dal processo alla croce Corrado Augias ritorna sui temi a lui cari e ripercorre gli ultimi momenti di vita di Cristo. Come un teatro, sul palco salgono tutti i personaggi noti, da Ponzio Pilato al fariseo Nicodemo, da Giuda a Erode Antipa. Augias ribalta una serie di giudizi analizzando documenti e fonti diverse, spingendo il lettore a porsi molte domande. La narrazione procede scorrevole e la vicenda umana drammatica coinvolge fin dalle prime pagine. Le ultime diciotto ore di Gesù, Corrado Augias, Einaudi, pagg. 252,  20.

Milano, 50 anni dopo Nel 1965 un giovane fotografo di talento, Carlo Orsi, ritrae Milano. Luci e ombre, miserie e nobiltà, confronti e contraddizioni: frammenti di città. Mezzo secolo dopo, Orsi torna a ritrarre la sua Milano. Con la stessa sensibilità di allora e l’esperienza di una vita. Nuovi frammenti di un tessuto urbano che ha subito profonde trasformazioni, dagli anni Settanta alla Milano da Bere, fino alla città di Expo con i nuovi quartieri. Testi di Aldo Nove. Milano 2015, Carlo Orsi, Skira, pagg. 112,  80.

Lo sguardo di un genio

libri

Se il termine “genio”, spesso abusato, può sintetizzare le doti eccezionali che distinguono un essere umano, allora inequivocabilmente Leonardo da Vinci fu un genio, in grado di stupire ancora oggi. La casa editrice Skira, in occasione della mostra dedicata durante i mesi dell’Expo (proprio a Milano Leonardo visse per oltre un ventennio e il suo Uomo vitruviano è diventato il simbolo dell’esposizione universale), ha dato alle stampe un poderoso volume suddiviso in dodici sezioni, ciascuna contraddistinta da contributi di approfondimento firmati da esperti quali Juliana Barona, Roberto Paolo Ciardi o Rodolfo Maffeis. Il libro si prefigge di raccontare l’approccio di Leonardo all’arte – pittura, scultura, musica – e alle scienze ed è curato da due

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Intrigo a villa Spada Dopo il successo di Imprimatur, pubblicato in 60 paesi, Rita Monaldi e Francesco Sorti confezionano un secondo avvincente romanzo, ambientato a Roma durante l’estate del 1700. Dietro ai festeggiamenti organizzati dal cardinal Spada, segretario di Stato pontificio, in occasione delle nozze di suo nipote, si tessono le trame di un intrigo che coinvolge figure eminenti e paesi in crisi. Nel romanzo anche uno scoop “storico” che sbugiarda un testamento falso legato all’ascesa al trono dei Borboni. Secreteum, Rita Monaldi e Francesco Sorti, Baldini & Castoldi, pagg. 840,  20.

specialisti internazionali affiancati da un comitato scientifico prestigioso. Analizzati e commentati dipinti, disegni e manoscritti provenienti da collezioni private e da musei e biblioteche di tutto il mondo, come il Louvre, la National Gallery of Art di Washington, i Musei Vaticani, la Royal Collection di Windsor e la Pinacoteca Ambrosiana. Tra i capolavori presentati, la Madonna Dreyfus, la Belle Ferronnière, l’Annunciazione e il San Giovanni Battista, trenta fogli del Codice Atlantico e altrettanti disegni dalle collezioni reali inglesi. Leonardo, Maria Teresa Fiorio, Pietro C. Marani (a cura di), Skira, pagg. 616,  69.


letture per manager

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Marco Lucarelli

Leggi e commenta le recensioni di Marco Lucarelli sul blog

Diffusione dell’arte dello strisciare Riponetelo sullo scaffale. Se avete preso questo libro per regalarlo a qualche vostro odioso collega per fargli capire cosa pensate veramente di lui allora questo è il libro sbagliato. Sbagliato perché L’arte di strisciare di Paolo Iacci (GueriniNext Edizioni, 2015) ha un titolo fuorviante. Sembrerebbe il solito libello velenoso contro colleghi striscianti, ossequiosi con i capi, i cosiddetti lecchini. In realtà è un libro che si avvicina più al pamphlet letterario. Ne consegue che, l’odiato e ottuso collega sopra citato, non lo capirebbe. Prima di tutto è necessario fare una distinzione tra consorterie e networking. Quest’ultimo si basa su contatti tra professionisti che interagiscono in modo solidale ma che hanno sempre come discrimine il merito come valore e la reciproca stima lavorativa. Diverso invece il discorso per la consorteria, un virus che attanaglia le grandi burocrazie con “cordate aziendali di tipo connivente e, quindi, in ultima istanza, mafioso”, dove “i valori vengono negati a favore dell’intrallazzo e della colpevole complicità interpersonale”. Da dove nascono questi comportamenti? Quali sono i fattori storici, culturali e sociologici che hanno portato alla diffusione dell’arte dello strisciare? L’autore di questo libro li individua nel male dei nostri tempi, ossia la totale perdita di ogni riferimento politico, civile, sociale, etico condiviso. Perdita, questa, che confina l’individuo in una crisi non solo economica ma

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anche di valori. I legami ormai “liquefatti” tendono a dissiparsi, a disgregarsi. Da qui nasce il bisogno di una “guida”, di entrare a fare parte della gente che conta, dove il distinguo non è più dato dai valori ma dalla reciproca convergenza di interessi. Interesse reciproco che nelle grandi organizzazioni, soprattutto di tipo pubblico, prende le forme dello scambio, capi-cordata si circondano di fidati collaboratori scelti non sulla base della capacità ma della fedeltà, formando così dei “gruppi informali in cui tutti gli adepti si muovono di concerto, occupando quante più posizioni di potere possibile, in un meccanismo di favori incrociati, per consentire carriere più veloci e una vita aziendale migliore a tutti gli appartenenti allo stesso gruppo”. Le ricadute negative, sia in termini economici generali sia di carriere bloccate per gli individui, sono evidenti soprattutto in Italia, dove i tassi di mobilità di carriera sono molto contenuti. L’ultimo rapporto, sempre citato nel libro, dell’Indagine longitudinale sulle famiglie italiane (Ilfi) evidenzia come il 70% degli intervistati sia rimasto dopo dieci anni sempre fermo al livello occupazionale della prima assunzione. Un destino già scritto dove la forza oscura dello strisciare trionferà sempre sul bene? Gli antidoti esistono e si chiamano apprendimento continuo per aumentare sempre la propria spendibilità sul mercato del lavoro e ampio networking personale per avere supporto durante tutte le fasi dello sviluppo professionale. Quindi, crederci sempre, arrendersi mai.

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lettere Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)

Dirigenti e bonus per le assunzioni

lettere

Sto valutando una proposta di assunzione e, per quanto riguarda la determinazione del costo aziendale, vorrei sapere se il bonus per favorire le nuove assunzioni introdotto da quest’anno si applica anche ai dirigenti. In caso affermativo, vorrei sapere quali sono le condizioni per poterne usufruire e se è compatibile con eventuali altre agevolazioni, anche contrattuali. A.L. - Cremona

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L’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail) introdotto dalla legge di Stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), si applica alle assunzioni con contratto a tempo indeterminato riguardanti tutti i lavoratori dipendenti, compresi i dirigenti, mentre sono espressamente esclusi i contratti di apprendistato e di lavoro domestico. Le aziende non possono beneficiare dello sconto contributivo se l’assunzione riguarda lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro. L’esonero, inoltre, non spetta per le assunzioni relative a coloro con i quali i datori di lavoro avevano in essere un contratto a tempo indeterminato nei tre mesi antecedenti il 1° gennaio 2015, anche considerando società controllate o collegate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.

Il bonus non spetta, infine, con riferimento ai lavoratori per i quali sia già stato usufruito in relazione a una precedente assunzione a tempo indeterminato. Il legislatore ha ritenuto anche utile precisare che tale minore versamento non avrà alcuna ripercussione negativa sul computo delle prestazioni pensionistiche. Per le nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2015 e con riferimento a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2015, lo sgravio contributivo è riconosciuto nel limite di 8.060 euro annui e per un periodo massimo di 36 mesi. Il governo sembra intenzionato a confermare lo sgravio contributivo anche per le assunzioni che interverranno nel corso del 2016 ma, probabilmente, non nella stessa misura e per la medesima durata triennale (vedi articolo a pagina 36). L’esonero contributivo non è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa pubblica, mentre è compatibile con le agevolazioni contributive previste dall’art. 28 del ccnl dirigenti aziende del terziario, con riferimento alla previdenza complementare (Fondo Mario Negri) e alla previdenza integrativa individuale (Associazione Antonio Pastore), se sussistono i requisiti anagrafici qui indicati. Si ricorda infine che, sempre al fine di favorire il ricorso al contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, dal 1° gennaio di quest’anno il costo del lavoro relativo a questa tipologia di contratto è deducibile ai fini Irap.



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NUMERO SPECIALE / COMPETENZE MANAGERIALI inserto mensile di Dirigente n. 11 / 2015

DIRIGIBILE

a cura di Thomas Bialas

Segnali di futuro visti dall’alto #19 esploriamo il futuro grazie a:

FUTURE SKILLS

p. 2/3

Come cambia il lavoro

DIGERITO IL FUTURO? Ora dirigilo

Ti hanno detto che tutto sta per cambiare e che nulla sarà più come prima. Ti hanno detto che le macchine e i robot ci sostituiranno in tutte le mansioni, comprese quelle intellettuali. Ti hanno detto che da qui a 50 anni saranno molto poche le persone che lavoreranno fulltime: molti potrebbero non lavorare proprio. Ti hanno detto che in futuro saremo costretti a cambiare mansioni almeno 40 volte durante la nostra carriera e a imparare continuamente

FUTURE SKILLS

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FUTURE SKILLS

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Come cambia il comando

Come cambia la competenza

nuove skills. Ti hanno detto che il curriculum è vecchio e che ora contano storie personali e biografie complesse. Ti hanno detto che il nuovo manager si circonda di talenti e non di funzioni. Ti hanno detto che la futura impresa è un continuo flusso di collaboratori che saltano da un progetto all’altro come talent task force. Ti hanno detto che il management partecipativo e collaborativo è la nuova leva per rendere l’azienda più flessibile e competitiva. Ti hanno detto che i nuovi spazi di lavoro assomigliano più a un asilo che a un ufficio. Ti hanno detto che i nuovi dipendenti non vogliono essere comandati ma coccolati e allenati. Ti hanno detto che le vecchie formule di successo basate su abilità di performance sono superate. Ti hanno detto che bisogna mandare in soffitta le competenze “alla MBA”. E soprattutto ti hanno detto che forse non ci sarà più bisogno di te. Digerito il futuro? Ora dirigilo con nuove competenze. No, non parliamo delle solite skills basate sull’ennesima moda manageriale, ma di qualcosa di molto più sostanziale. L’impresa del futuro ha bisogno di

un manager bravo nei piani B, visionario nelle strategie, unico nei contenuti, mentore con i collaboratori, civico verso la società, scopritore di talenti, versatile come i siti responsive e soprattutto “umano” nelle qualità esibite. Competenze personali “vere” e una leadership che umanizza i processi, compreso ROI e istogrammi, e che mette al centro ogni singolo lavoratore della conoscenza in un ambiente lavorativo aperto, sperimentale e senza gerarchie. Il nuovo manager segna la fine delle competenze omologate e l’inizio delle competenze “diversamente abili” dalle macchine. Perché per gestire tutta questa velocità di trasformazione bisogna tornare ad avere un rapporto forte con le proprie “Eigenschaften”, qualità uniche, rare e sorprendenti. Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo


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FUTURE SKILLS / COME CAMBIA IL LAVORO MENO MANAGER PER TUTTI Furbizie da linguaggio burocratico. Esuberi superiori alle attese in Unicredit: 18.200 dipendenti in Europa. In Italia, così scrive la Repubblica, gli esuberi nuovi dovrebbero riguardare 540 persone, per la maggior parte dirigenti. Esubero: questa parola “fredda” mi fa venire in mente 1984 di Orwell o Il mondo nuovo di Huxley. Esiste ovviamente un modo più “caldo” per dire le cose: 18.200 persone restano senza lavoro e senza soldi, compresi i manager. Come cambia il lavoro? È il non lavoro che cambia la vita di molti nell’immediato futuro.

A CHE LAVORO GIOCHIAMO?

QUESTO LAVORO È MACCHINOSO

Ma si lavora ancora oggi o si gioca solo a ping pong? Come nella nuova sede italiana di Linkedin a Milano, un po’ casa un po’ ufficio. Divanetti e poltrone, ma anche un’amaca e un giardinetto interno, e poi calcio balilla, ping pong, playstation, cucina conviviale, stanza-cantina con poltrone in pelle e bottiglie di vino per andare “su di giri” con qualche collega, e infine chitarre e biciclette per spostarsi in città. Già, giocare. Ci avete mai fatto caso? Le aziende più innovative sono quelle i cui ambienti di lavoro assomigliano più a un asilo che a un ufficio. Dunque altalene al posto delle sedie, oppure addirittura un tavolo (come lo swing table concepito dai designer di Duffy London) dove dondolarsi durante le riunioni. Che dire: se volete i migliori (talenti) allora siate il migliore ufficio in città. Accogliente e divertente. Lifestyle e workstyle si fondono. Impossibile distinguerli. Trasformare gli spazi di lavoro in spazi ibridi dove le idee prendono forma è il nuovo mantra. Lavorare in uno spazio bello migliora la qualità della vita e del lavoro. Ma quale spazio? Obbligare tutti al co-working in ambienti aperti non porta per forza a maggiore collaborazione. Gli uffici giusti mischiano aree di condivisione con aree d’isolamento. Luoghi “multidisciplinari”.

Meglio farlo fare alle macchine. Secondo il futurista britannico Rohit Talwar andiamo verso uno scenario dominato da robot e intelligenza artificiale. La sua tesi: stanno nascendo nuove forme di smart software che rimpiazzeranno sempre più lavori. Questo porterà alla scomparsa di molte occupazioni attuali, che abbiamo calcolato tra il 30 e l’80%. Da qui a 50 anni, saranno molto poche le persone che lavoreranno full-time. Molte persone potrebbero non lavorare proprio, oppure lavorare fino a 100 anni... Niente di nuovo per i lettori di “Dirigibile” (ne parliamo fin dal primo numero). La questione però è un’altra. Chi vede oggi minacciata la propria professione da algoritmi e automazione intelligente deve guardarsi allo specchio e riflettere su: “Ma io cosa faccio effettivamente? Un semplice lavoro di routine che anche una macchina può fare o un lavoro tosto di testa, originale e raffinato

che nessun artifizio, anche il più intelligente, può imitare e replicare?”. Non tutti sono però così apocalittici. Il futurist Matthias Horx si è fatto un’altra idea. Ogni rivoluzione tecnologica uccide lavoro ma genera anche lavoro, spesso più del previsto e immaginabile. La vera qualità richiesta oggi alle persone è una straordinaria flessibilità e capacità di reinventarsi ogni giorno.


DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

LAVORA MENO E PRODUCE DI PIÙ

CHI NON LAVORA NON FA L’AMORE Questo mi ha detto ieri mia moglie. Sciocchezze. Non lavorare potrebbe fare bene sia all’amore sia alla società. Se, come molti minacciano o auspicano, in un prossimo futuro metà del lavoro verrà svolto dalle macchine, allora o il tasso di disoccupazione salirà al 50% o lavoreremo tutti solo la metà facendo altro. Cioè cosa? Beh, intanto bisogna tassare le macchine e separare il lavoro dal reddito. L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (ma anche la cultura cattolica) ne escono scontenti, ma l’umanità potrebbe uscirne contenta. Il lavoro non come punizione o merce di scambio, ma come espressione delle nostre vere qualità e inclinazioni da esibire liberamente. Pensateci: abolizione dei burocratici sussidi di disoccupazione e creazione di liberatori redditi di “esistenza” come cittadini del mondo. Ognuno deve fare le cose che ama o per cui è portato regalando il proprio tempo

all’innovazione sociale, culturale, civica e all’elaborazione di nuove idee per un mondo migliore. Utopia? No, perché l’uomo non deve più ragionare in termini di impiego ma di “come impiego il mio tempo ‘liberato’ per trovare me stesso”.

Secondo uno studio di Microsoft i dipendenti americani giudicano 16 ore delle 45 che passano ogni settimana in ufficio come improduttive. Peggio ancora va per il tempo passato in meeting e riunioni varie, giudicate nel 70% dei casi come perfettamente inutili. In estrema sintesi, la ricerca giunge alla conclusione che mediamente in una settimana 3 giorni lavoriamo e 2 li sprechiamo. Come dice Bob Kustka, esperto di produttività e time management: «Più lavoriamo e meno efficienti siamo». Niente di nuovo sul fronte aziendale? Vero. Ma siamo sempre lì, in trincea ad aspettare che qualcosa accada. La soluzione? Nuovo campo di battaglia: dichiarare guerra al troppo lavoro e magari fare le riunioni in piedi. Si viene subito al dunque.

IL MANAGER DEVE ESSERE

http://duffylondon.com/ http://www.thefutureorganization.com http://www.reinventingorganizations.com

https://www.youtube.com/watch?v=gcS04BI2sbk

ASCOLTATORE AUDACE AUTENTICO CIVICO COLLABORATIVO COMPLICE CONVIVIALE ELASTICO EMPATICO EVOLUTIVO INNOVATIVO INTUITIVO LUNGIMIRANTE

MEDITATIVO NARRATORE RIFLESSIVO SCOPRITORE SERVIZIEVOLE SINTETICO SOCIALE SPERIMENTALE TRASPARENTE VALORIALE VERSATILE VISIONARIO


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FUTURE SKILLS / COME CAMBIA IL COMANDO

QUESTO CAPO QUESTO CAPO NON ESISTE (PIÙ)? È SQUADRISTA Vi ricordate alcuni anni fa? In Belgio un intero paese è riuscito a sopravvivere e bene (funzionava tutto come al solito: dalle scuole agli ospedali, al traffico ordinato in strada) senza il capo (il governo) per 541 giorni. Un record per Wikipedia. Ovvio il successivo dubbio. Ma oggi si comanda ancora o l’azienda si dirige da sé? No, non vogliamo parlare del Self Management Institute o della solita Semco brasiliana ma di Holacracy, di questi tempi sulla bocca di tutti in fatto di “qui non comanda più nessuno” e tutto funziona in una reciproca e armoniosa cooperazione di decisioni flessibili fra le parti naturalmente interconnesse. Sulla carta, perché secondo le critiche di Steve Denning, opinionista di Forbes (molti altri hanno invece esaltato il modello antigerarchico), in realtà ogni gruppo di lavoro, definito “circolo”, è sì dotato di autonomia gestionale, ma dipende dagli obiettivi del circolo gerarchicamente superiore. Per quanto riguarda invece l’assenza di figure manageriali, è più che altro un’assenza semantica: è sparito il termine ma non coloro che guidano. Allora perché parlarne tanto? Forse perché la mitica Zappos (leader nell’e -commerce di calzature in orbita Amazon) di Tony Hsieh si è “holacrizzata” da un anno a questa parte per diventare il nuovo modello organizzativo del futuro. Sì, ma con quali risultati? Confusione, scrive il Wall Street Journal. Sperimentazione, con qualche delusione, ribatte Zappos. Di fatto dopo aver eliminato manager, titoli e stipendi il cerino è tornato a Tony Hsieh, che ora dovrà anche affrontare lo scetticismo della borsa e degli headhunter (nessun titolo, nessuna carriera). Da studiare e valutare fra un anno. Come anche Valve, sulla stessa lunghezza d’onda.

Non fascista. Lo squadrista moderno non vuole intimidire (gli avversari) ma favorire (i collaboratori). Per dirla con la neozelandese Trade Me: «We let people self-organise into small, cross-functional teams called squads». Total squadification, ecco il nuovo mantra dell’autorganizzazione motivazionale (motivata dai manager, ex). Non è roba solo per piccole realtà o start-up. Come dice Frank Kohl-Boas, head of HR Northwest, central & eastern Europe di Google. «All’inizio dell’avventura di Google i fondatori erano convinti che si poteva benissimo fare a meno dei manager, poi però ci siamo accorti che un affiancamento ai vari team poteva tornare utile. Chiaro, non come comando, perché i lavoratori della conoscenza vogliono conoscenze non comandi. Non a caso i nostri manager sono privati dai vari status symbol: niente ufficio più grande, niente auto aziendale, niente smartphone più grande, niente divise. Da noi il management significa “solo” coaching e mentoring. Di squadre per l’appunto».

QUESTO CAPO È SUONATO Ancora squadre. Chi comanda in Spotify (leader nello streaming musicale on demand con 60 milioni di clienti in tutto il mondo)? In teoria qualcuno, in pratica nessuno. O per dirla con il fondatore svedese Daniel Ek «Un buon collaboratore prende nel 70% dei casi la stessa decisione che prenderebbe il capo, nel 20% dei casi una decisione migliore e solo nel 10% una decisone di “emme”». Quindi il loro motto è “non chiedere (in alto) ma fare”. Per una, ormai, ex start-up dirompente che conta oggi fra i partner aziende “convenzionali” come Coca-Cola, Goldman Sachs e Deutsche Bank quasi un azzardo, ma tant’è. Niente management dunque? Sì, ma con moderazione, ovvero moderando. Se vuoi avere i migliori programmatori e talenti devi offrire moltissima libertà, questo il credo di Spotify. Certo, devi essere al loro fianco ma senza gerarchie e comandi formali. I 1.200 programmatori dell’azienda svedese possono contare su circa 60 cosiddetti agile coach. Il loro ruolo è affiancare le varie squadre interdisciplinari composte da 6 a 20 persone, che a loro volta fanno parte, se lavorano nello stesso ambito, di una tribù tematica più vasta (max 150 persone) che si scambia opinioni e idee con incontri periodici. La gestione senza capo da Spotify significa soprattutto feedback permanenti su tutto fra tutti (loro lo chiamano demoing: provare e dimostrare) con valutazione dell’operato fra simili. Chiaramente tutta questa libertà ha un prezzo. Inizialmente questo processo crea insicurezza perché se nessun capo pone limiti, i limiti se li deve porre ogni collaboratore o gruppo. Poi si devono creare sofisticate alchimie interne per valutare le competenze di ognuno e saperle mettere in gioco quando servono. Inoltre tutto fila liscio solo con una sostanziale riduzione dell’ego e della competitività. In fondo bisogna gioire del successo altrui, condividendolo in modo genuino. Non scontato.


DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

QUESTO CAPO E ALTRI CAPI

QUESTO CAPO È MECCANICO

Il gruppo Haufe di Friburgo modula e adatta lo stile di direzione alle persone che ha in azienda, anche periodicamente e senza nessun chiaro modello in testa. Potremmo chiamare questo modello anche responsive (come per i siti). Non solo: in futuro ogni manager sarà anche HR manager responsabile per le questioni del proprio team. Già, team. Uno dei grandi temi del futuro è quello di trasformare il comando in “semplice” serviceteam. Ministry Group (comunicazione) ha fatto proprio questo: sostituire le gerarchie con “anarchie” di orientamento. Alcuni invece puntano su vere e proprie elezioni, come nel caso della svizzera Umantis. Qui il management, compreso il ceo, viene eletto dai collaboratori e rimane in carica solo per un anno. Lo stesso accade anche da W. L. Gore, azienda innovativa sia nei prodotti che nella conduzione molto “flat”. Poi c’è Enrico Loccioni, innovatore del lavoro e ora anche Cavaliere del lavoro. Il fatto che si parli troppo di Loccioni (e relativo stile gestionale) è un dato di fatto che fa dire: basta citare quel caso. Il fatto invece che venga intervistato e portato ad esempio da testate straniere come modello di comando è un dato di fatto che ci fa dire: osserviamo allora questo caso, da più vicino, magari andando a visitare questa “piccola” eccellenza italiana.

Techief executive officer. Sufficiente come suggestione per farvi venire la pelle d’oca? Prendere ordini dalle macchine e credere in loro. La fine del management è null’altro che l’inizio del chip ceo? Futura macchina senza conducente (self driven car) uguale a futura impresa senza conducente (self driven business)? Domande che non trovano una risposta qui e ora ma magari al MIT, che sulla questione ha alcune idee ben chiare. In passato la tecnologia serviva per agevolare (supporto) le decisioni del manager. Ma cosa succede se la tecnologia pretende non di agevolare ma di decidere direttamente, forte della propria capacità di maneggiare enormi masse di dati (vedi Ibm Watson e simili)? Che viene messa in discussione la stessa esistenza del management? Non proprio, ma analogamente a quello che è avvenuto nelle fabbriche “intelligenti” anche qui è richiesta una rivoluzione copernicana delle competenze e abilità. “L’algocrazia” (comandano gli algoritmi) domina l’economia digitale e forse richiede che l’essere umano (e il manager) rifletta su un nuovo umanesimo digitale dove macchine e umani riescono a convivere bilanciando mansioni e soprattutto responsabilità e dilemmi etici.

http://www.loccioni.com http://www.self-managementinstitute.org http://www.holacracy.org http://www.zapposinsights.com/about/holacracy http://tinyurl.com/ow778ml http://gettingthingsdone.com http://workisnotajob.com/en http://tinyurl.com/o4oyf3z http://www.trademe.co.nz http://nomad8.com


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FUTURE SKILLS / COME CAMBIA LA COMPETENZA

COMPETENZE, WHAT ELSE?

COMPETENZE EFFIMERE

COMPETENZE MUTEVOLI

Qual è il mio settore di appartenenza è una domanda del passato. Infatti Larry Page e Sergey Brin non se la pongono mai. Qual è il mio settore di competenza è una domanda del futuro. Infatti Larry Page e Sergey Brin se la pongono sempre. Questo produce, nel caso di Google, una moltiplicazione dei piani B nei più disparati campi e una visione delle possibilità ampia e senza restrizioni. Può un retailer d’abbigliamento aprire alberghi? Certo, se ha le competenze in casa.

“10 trends that will change management forever”. Questo il tono “profetico”, che si ripete come un mantra, inesorabile, anno dopo anno, sugli osannati siti specializzati in tendenze di competenze. Ma la moda è (sempre) effimera, dunque anche le periodiche competenze alla moda. Oggi tutto deve essere empowerment, team building, bottom-up, lean thinking, design mindset, balanced scorecard, diversity management e ovviamente resiliente. Se non sei resiliente non vali niente. Oltre la terminologia di stampo anglosassone, oltre l’ammirazione incondizionata per le business school e oltre la riproduzione alla cieca di modelli imparati a memoria c’è un mondo fatto di parole e gesti di senso. Basterebbe saper fare un’unica cosa: saper pensare. Lo sanno fare tutti. No. Lo sanno fare in pochi. Per questo vale così tanto. Se volete avere più futuro come manager allora dovete avere meno trend in cui credere.

Piuttosto che prepararci a unico lavoro barra competenza, dovremmo prepararci all’idea che avremo sempre più impieghi e competenze diverse in divenire. Imparare a imparare sempre nuove skills. Alcune delle più importanti? Risolvere problemi (aumentano), progettare contenuti (scarseggiano), prevedere cambiamenti (uccidono). Quest’ultima competenza è la più trascurata. Ce l’avete in azienda un responsabile per la lungimiranza o un direttore per gli affari futuri che prevede gli avvenimenti e vi provvede in tempo? No? Allora il vostro tempo è passato.

COMPETENZE PIGRE Vediamo. Meglio un genio pigro che un idiota operoso (vedi Newton seduto sotto il melo). L’impresa sopravvaluta l’operosità. L’attività è bene la passività è male. Chi si ferma è perduto. Ma sarà vero? I portieri che rimangono immobili ai rigori parano (statisticamente) il 60% dei tiri, ma paradossalmente è un’opzione poco praticata. Meglio buttarsi platealmente che rimanere inermi. Il mondo pretende azione, ovunque. Eppure forse bisognerebbe seguire le orme zen di Drugo, straordinario fannullone del film dei fratelli Coen Il grande Lebowski e osare più pigrizia o meglio ozio. Perché, detto in termini aziendali: è impossibile essere produttivi senza essere pigri, perché il pigro sarà sempre alla ricerca di un modo più semplice e veloce per fare una cosa e quindi di conseguenza essere più produttivo. Non è teoria, è pratica: infatti Bill Gates (così si racconta in Microsoft) assumeva tizi pigri ogni qualvolta si presentava qualche lavoro spinoso da fare.


IL DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

COMPETENZE TOTORO

COMPETENZE ALLA MERKEL

Il mio vicino Totoro è un bellissimo film d’animazione del grande Hayao Miyazaki e Totoro è un grosso e tondo animale, incrocio tra un orso e un procione, calmo e bonario, che ama dormire tanto (come i koala) e rendersi invisibile a tutti, mostrandosi solo a chi effettivamente desidera. Ci piace immaginare un manager così, onirico. Custode non della foresta, ma dell’azienda. Il buon sonno dovrebbe diventare una competenza chiave e priorità delle HR. Il “macho manager” che dorme tre ore a notte prende decisioni annebbiate. Il “dreamy manager” invece prende decisioni illuminate.

O alla Helmut Schmidt se preferite, l’ex cancelliere tedesco mancato di recente. Pragmatismo. L’arte di adattare le visioni alla realtà. I visionari aumentano la complessità, i pragmatici la riducono gestendola. Entrambi sono necessari in azienda ma il secondo è più affidabile, perché il pragmatico sa che la soluzione migliore è meglio della soluzione perfetta. Niente di futuribile ma sicuramente una delle qualità più importanti per ogni manager di ogni epoca.

COMPETENZE CONCENTRATE

COMPETENZE ALTERNATIVE

COMPETENZE AMICHEVOLI

Basta con il fondamentalismo del piano A. Questa non è più l’epoca di Tina, (there is no alternative) ma di Mona (more options, noble alternatives). Detto diversamente, non esiste alternativa ma solo alternative (come nuovo terreno di gioco). In un’epoca discontinua e complessa il cambiamento non è un nemico ma lo status quo e l’unico approccio valido è “facciamo questo oppure quest’altro”. Avere uno o più piani B significa avere manager abili nell’elaborazione e gestione delle continue opzioni. Sperimentare (come innovare) costa certo denaro, ma se l’alternativa o prospettiva a medio termine è di salutare il mercato, allora è denaro ben investito. Ovviamente si deve sperimentare piani B a tutto campo e quindi non solo una singola innovazione, una singola tecnologia, un singolo modello di business.

Da collega di lavoro ad amico di lavoro. L’amicizia invade ogni spazio, anche quello professionale. I nuovi talenti pretendono ambienti informali, collaborativi e distesi. Se devo lavorare tanto allora devo starci bene come a casa mia. La leadership si trasforma in leader(friend)ship. Non solo. Mi fido dunque non ti controllo. Mi fido dunque ti seguo. Trust-based performance management o anche followership. L’amicizia come competenza produce sostanza, rilevanza, reputazione, ascolto, conversazione e soprattutto la capacità di cogliere e mettere in risalto le vere abilità e competenze dei collaboratori che vengono analizzati non in base al curriculum ma in base alla personale biografia umana.

A furia di ottimizzare e rendere tutto efficiente siamo diventati parte integrante delle macchine e ci siamo scordati del vero mestiere che ci compete: riflettere su come le cose possono andare meglio o diversamente. Non è colpa solo di Excel o del gestionale. La concentrazione e il dovuto isolamento sono la vera competenza del futuro. La complessità richiede innovazione, l’innovazione richiede idee, le idee richiedono pensiero e il pensiero richiede silenzio, o meglio vita contemplativa come nei conventi. Una strada per ritrovare la dovuta calma e lucidità è quella dello yoga. Per il neuroscienziato Sat Bir Khalsa di Harward, l’antica arte indiana è proprio quello che serve ai manager per prendere decisioni ponderate ed equilibrate.

MA IL MANAGER SOGNA NUOVE COMPETENZE Leggi in anteprima gli highlights dell’indagine qualitativa “Il nuovo management: sfide e impatto sulle competenze” svolta dal T-Lab di Cfmt su un panel di esperti, opinion leader e dirigenti d’impresa. Scopri come cambiano sfide da fronteggiare, ruolo del manager e competenze chiave.

http://www.cfmt.it/tlab

http://tinyurl.com/org9ssl http://tinyurl.com/kjdotjc


DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

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FUTURE SKILLS I’M THE NEW HUMANAGER No, non parliamo delle solite skills basate sull’ennesima moda manageriale, ma di qualcosa di molto più sostanziale. Già, perché le varie business school vi rifilano competenze a getto continuo. Concentriamoci invece su qualcosa di diverso: su qualità, o Eigenschaften, che faranno la differenza nei prossimi anni. Perché nell’era dei computer cognitivi e dell’intelligenza artificiale dobbiamo dire: “fine alle competenze omologate e inizio alle competenze diversamente abili dalle macchine”. Ovvero, humanize your skills. PROFILO 08 IL MANAGER RESPONSIVE IMITA IL COMPORTAMENTO DEI SITI RESPONSIVE

PROFILO 01 IL MANAGER ALTERNATIVO SUONA SOLO PIANI B

Potremmo anche chiamarlo il manager svolta, spiazzante nelle decisioni e conscio che l’economia della conoscenza inizia quando l’alternativa non è più l’ultima spiaggia ma la prima, ovvero la norma.

Potremmo anche chiamarlo il manager mutante, ben conscio che nella propria e altrui (collaboratori) vita professionale le competenze dovranno adattarsi velocemente ai continui cambiamenti.

PROFILO 02 IL MANAGER NUVOLA SOGNA CON I PIEDI PER TERRA

PROFILO 07 IL MANAGER SILENZIO ISOLA LA CONCENTRAZIONE PER PASSARE ALL’AZIONE

Potremmo anche chiamarlo il manager onirico, lucido nel vagare e conscio che l’ozio misurato e programmato rende visibili soluzioni che gli altri manco si sognano.

Potremmo anche chiamarlo il manager basta blablabla, consapevole che l’innovazione richiede idee, le idee richiedono pensiero e il pensiero richiede silenzio, o meglio vita contemplativa anche in azienda.

PROFILO 03 IL MANAGER IN PUREZZA GOVERNA UNICITÀ AL 100%

Potremmo anche chiamarlo il manager vino, perché vinifica decisioni in purezza puntando al 100% su unicità, senso e verità del contenuto aziendale e gestionale.

SAVE THE DATE

Scopri il nuovo manager il 3 dicembre al Talent Garden di Milano durante Humanager, del ciclo Future Management Tools di Cfmt. http://tinyurl.com/pw8agty

PROFILO 06 IL MANAGER BIOGRAFO LEGGE SOLO STORIE DI COMPETENZE DA RACCONTARE PROFILO 04 IL MANAGER MODERATORE PARTECIPA MODERATAMENTE AI GIOCHI ALTRUI Potremmo anche chiamarlo il manager mentore, perché guida e affianca piccole squadre in un clima di autogestione controllata e allenata dove giocare, creare e reinventare i mercati di domani.

PROFILO 05 IL MANAGER BENEFIT NON PRETENDE MA RENDE BENEFICI A TUTTI

Potremmo anche chiamarlo il manager migliore, perché nel suo piccolo opera per un mondo migliore mettendo al centro delle decisioni elementi di civic economy, di cause marketing e di social innovation.

Potremmo anche chiamarlo il manager cv free, capace di aprire le porte a uno storytelling “intimo” dei candidati per valutare i collaboratori e i loro punti di forza ragionando in termini di vera rilevanza.


Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione

EXECUTIVE PROFESSIONAL

UNA CONSULENTE CON UNA MARCIA IN PIÙ Quattro chiacchiere con Anna Censi, amministratore unico di Alkemia. Associata a Manageritalia Milano dal 1996, oggi in qualità di executive professional

Com’è la vita da executive professional? «La mia nuova vita è iniziata alla fine del 2008 quando ho lasciato una posizione al vertice di un’azienda multinazionale, più o meno la sesta esperienza nella mia vita professionale. Un’occasione che aspettavo da tempo, per dire il vero, che non ho subito con problematicità. Da allora il percorso è stato lungo, parecchie difficoltà ma anche tante soddisfazioni. Ho costituito una piccola società di consulenza, Alkemia, che si occupa di management consulting per le imprese sui temi del marketing internazionale, delle reti di impresa e delle start-up». “Un’interazione con vertici aziendali per contribuire alle scelte operative, decisionali e strategiche del cliente”, dice la definizione di executive professional. Non un consulente come tanti altri? «Assolutamente no. Un consulente che ha una marcia in più nel mondo delle imprese: perché alle competenze continuamente aggiornate affianca l’esperienza, spesso decennale, della pratica

in azienda. È quel consulente che, oltre a sapere, sa anche fare accadere le cose e interagire con un sistema complesso di soggetti e relazioni. È un punto di differenza molto importante, che ci mette su un altro piano rispetto ad altre figure professionali che ruotano intorno all’azienda, quali i professionisti con albo o gli accademici».

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MANAGERITALIA EXECUTIVE PROFESSIONAL

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Qual è il plus tangibile che l’executive professional mette in campo nei confronti dei clienti dopo una vita professionale da manager? «Chiariamo un punto: spetta all’executive professional valorizzare se stesso e spetta a noi tutti insieme valorizzarci di fronte alla business community. Se non c’è la voglia di mettersi in gioco, di aggiornarsi continuamente su temi tecnici ma anche di varia cultura, di assumersi dei rischi, non si fa strada fuori dall’azienda. Diventa infatti difficile esprimere valore quando ci si confronta con i clienti. Se invece si riesce a intraprendere questa via “virtuosa” su base continuativa, poter vantare un percorso da executive in azienda fa la differenza. Sa cosa ho scritto sulla presentazione della mia società? “Gli interventi di Alkemia sono orientati al risultato di gestione e alla concretezza”. Credo che sia uno statement che possano proporre in maniera credibile solo i professionisti con un percorso manageriale alle spalle». Cosa serve oggi per svolgere in modo vincente questo ruolo? «Innanzitutto una grande determinazione e uno spirito imprenditoriale, si propone se stessi prima di tutto, il maggior capitale di cui un essere umano dispone. È poi fondamentale aggiornarsi continuamente: mi piace affermare che siamo dei “facilitatori” nella trasmissione della conoscenza, un argomento di grande attualità e di grande valore non solo per l’impresa ma anche per lo sviluppo del Paese. In ultimo, il network di relazioni è molto

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importante. Non solo per accedere a clienti e commesse, ma soprattutto per scambiare idee e alimentare il sistema della conoscenza». Il fatto che l’Italia sia un paese di pmi e aziende padronali a gestione familiare può essere un’opportunità per gli executive professional? «Sicuramente sì, perché le pmi avvertono la loro debolezza sui principali temi legati allo sviluppo dell’impresa di oggi, quali l’innovazione e l’internazionalizzazione, ma anche perché quest’ambito potrebbe costituire un terreno di confronto con Confcommercio, la nostra associazione datoriale, in aggiunta alle relazioni industriali. Certo, il ricorso alla managerialità esterna al contesto familiare da parte della pmi è un percorso culturale arretrato e lento a progredire, sul quale è però necessario agire a livello sistemico.

Esistono tuttavia tanti altri ambiti che necessitano di competenze manageriali e che possono costituire delle opportunità per gli executive professional. Basti pensare, per esempio, alle start-up e ai relativi sistemi di finanziamento, al mondo della cultura e dell’arte, alle onlus, alla pubblica amministrazione nella gestione di progetti complessi spesso finanziati dai fondi Ue». Dall’indagine che abbiamo svolto sugli executive professional associati a Manageritalia emerge un problema sul fronte formazione: pochissimi la fanno e troppi vivono di rendita su quella passata. Quale formazione serve e come farla? «Per quanto riguarda la formazione, certamente avviare un’impresa richiede competenze diverse da quelle funzionali al percorso aziendale. In generale ritengo che il fabbisogno formativo


dell’executive professional sia attinente lo sviluppo dell’imprenditorialità e la gestione dell’impresa, aspetti con i quali si trova a misurarsi quotidianamente in via diretta o indiretta. Ci sono inoltre i temi relativi al “passaggio”, nella fase di uscita dal contesto aziendale, sui quali un percorso formativo specifico, quale Managerattivo (il percorso di Cfmt per supportare il manager a ricollocarsi sul mercato, ndr), è a mio avviso fondamentale, in modo particolare per sviluppare la capacità di adattamento delle proprie abilità manageriali a situazioni diverse da quelle sperimentate nella pregressa esperienza professionale». Oltre alla formazione, quali sono oggi i must in termini di servizi e supporti per un executive professional?

«L’executive professional è spesso un “battitore libero” e nella maggior parte dei casi non appartiene ad alcun ordine professionale. Ha quindi necessità di sentirsi parte di una community e di disporre di servizi funzionali allo svolgimento della propria attività, quali servizi legali, fiscali, assicurativi, solo per citarne alcuni. Anche i fondi sanitari e pensionistici collegati alla contrattazione collettiva dovrebbero essere modulati in modo più flessibile per accogliere le esigenze dei prosecutori volontari, che costituiscono la maggior parte degli executive professional». Cosa ti aspetti da Manageritalia? «Mi aspetto innanzitutto un maggior impegno nel rappresentare una categoria professionale che non può e non deve più essere

definita con il termine “ex-manager”, che riconduce tristemente a esperienze ormai concluse. Gli executive professional sono il fronte della nuova managerialità, che trova forme e rappresentazioni variegate in una società e in un sistema imprenditoriale più “liquido”. Abbiamo la necessità di partecipare ai tavoli istituzionali più funzionali allo sviluppo della categoria e di rafforzare la nostra visibilità sulla base di una maggiore partecipazione al dibattito economico e politico: in questo ambito il ruolo dell’Associazione è fondamentale. Gli executive professional sono infatti una grande risorsa per lo sviluppo del sistema impresa e del Paese, tanto quanto la managerialità che si esprime nel contesto della contrattazione collettiva aziendale».

MANAGERITALIA PER GLI EXECUTIVE PROFESSIONAL Manageritalia e le sue 13 associazioni territoriali sono per gli executive professional un luogo fisico e virtuale dove: avere rappresentanza e voce a livello istituzionale, economico e sociale, anche per valorizzarne ruolo e contributo allo sviluppo del Paese; trovare servizi e consulenze in ambito contrattuale, previdenziale, copertura rischi, sviluppo professionale; fare networking e condividere informazione e cultura manageriale e di business; partecipare a eventi professionali, culturali e ludici.

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IL PARTNER IDEALE dei manager di oggi e di domani Seguici e partecipa su www.manageritalia.it, blog e canali social

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MANAGERITALIA QUADRI

I QUADRI VISTI DALLE SOCIETÀ DI RICERCA Un popolo variegato quello del middle management italiano nel quale ritroviamo la futura classe dirigente Oggi i quadri hanno mercato?   Ciarapica «Sì, sono ripartiti anche gli investimenti nelle risorse umane e i quadri sono un buon compromesso qualità/ prezzo. Sono anche il più facile primo approccio delle pmi familiari alla gestione manageriale esterna».   Contardi «I quadri hanno sempre avuto mercato, purché siano disposti a essere al passo con i tempi e flessibili nell’approccio. Essere aggiornati oggi è un must per tutti».   Pedone «Quello che discrimina nell’avere mercato è lo standing professionale e i quadri italiani oggi ne hanno».

OPPORTUNITÀ R

Vedi il nuovo percorso formativo Ride the change: conoscere la propria unicità per gestire il cambiamento. Partecipa alla discussione sui quadri sul blog crisiesviluppo.manageritalia.it e sui social Manageritalia. Per restare aggiornato sui percorsi formativi http://bit.ly/formazionequadri

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  Tamagni «Sì, perché c’è una piccola ripresa e permettono di portare dentro manager con esperienza e potenziale con un costo aziendale accettabile». Dal vostro punto di vista, com’è percepita e utilizzata questa figura in azienda?   Ciarapica «In molti settori è semplicemente uno status/step di crescita più che un ruolo organizzativo ben definito. Ci sono quadri che sono “super professional” e individual contributor (nella r&d, nell’It…) e altri con ampie responsabilità di budget o people management (realtà produttive o commerciali) e di reporting gerarchico oltre che funzionale».   Contardi «Il quadro può essere il giovane di talento a cui si dà particolare attenzione o il profilo solido su cui l’azienda poggia la sua storia e le sue competenze».   Pedone «È una figura destinata a profili ad alto potenziale di crescita professionale con ruoli manageriali, di alta specializzazione o con un mix delle due».   Tamagni «Stanno coprendo responsabilità e aree nuove, anche perché hanno professionalità di recente evoluzione tipo com-

pliance e digital, quasi unicamente reperibili in under 35-40. Poi sono la futura classe dirigente». E per voi che li cercate e li piazzate, che lavoratori sono?   Ciarapica «Sono profili che necessitano di grande attenzione consulenziale perché spesso fanno la differenza, soprattutto nelle medie imprese italiane. Nelle medie aziende sono spesso l’oggetto principale delle nostre ricerche: persino i primi riporti dell’imprenditore e della direzione generale sono spesso quadri. Ma si tratta tendenzialmente di junior manager, eventualmente in una fase di passaggio verso la dirigenza».   Contardi «È un profilo interessate che richiede di essere valutato bene. Spesso ha accesso a informazioni confidenziali e ricopre ruoli chiave. Perdere un quadro a volte fa più male di un dirigente».   Pedone «Sono generalmente bravi e costano meno...».   Tamagni «Sono una “merce” da coltivare perché vanno a coprire ruoli chiave, e quelli di maggiore potenziale sono la futura classe dirigente». Il Jobs act ha avuto impatto sui quadri?   Ciarapica «Temevamo incidesse di più in negativo sulla mobilità, mentre solo nel 10% dei casi i quadri ai quali offrivamo nuove opportunità ci hanno posto la questione».   Contardi «Sui profili più senior e con posizioni stabili abbiamo riscontrato un po’ di reticenza al cambiamento. Su chi è alla ricer-


Fabio Ciarapica è managing director PraxiAlliance

ca di una nuova opportunità invece è un vero e proprio acceleratore».   Pedone «Può essere un’arma per chi, dovendosi ricollocare, trova nella maggiore flessibilità del contratto a tutele crescenti un’arma in più anche per entrare come quadro».   Tamagni «Non ha inciso in modo rilevante sulle richieste di professionalità da inserire come quadri, anche se il contratto a tutele crescenti è per l’azienda un buono stimolo. Ha forse inciso di più sulla mobilità degli attuali quadri, visto che alcuni temono la minor protezione dell’eventuale nuovo contratto». I quadri oggi apprezzano questo inquadramento professionale meno o più di prima?   Ciarapica «Per alcuni quadri è un passaggio verso la dirigenza, ma è anche un importante punto di arrivo per chi, magari diplomato e non laureato, magari donna con figli, si è sempre percepito come impiegato di buon livello ma non pienamente manageriale e si autogratifica con un “livello” di riconoscimento, accede a rimborsi sanitari, strutture di formazione manageriale, orario forfetizzato, qualche responsabilità nella gestione di risorse ecc.».

Francesca Contardi è managing director Page Personnel Italia

Giovanni Pedone è country manager di Lee Hecht Harrison | DBM

  Contardi «Il quadro porta con sé maggiori coperture assicurative, come quelle sanitarie, e rappresenta il gradino tra l’impiegato e la dirigenza. Quindi l’apprezzamento è lo stesso, anzi, viste le migliorie apportate, direi anche più di prima».   Pedone «È un inquadramento molto apprezzato perché conferma il riconoscimento dell’alta professionalità e questo è un dato a mio avviso in aumento. In alcune aziende i quadri hanno stipendi ben superiori ai minimi contrattuali dei dirigenti».   Tamagni «Oggi diventare quadro rappresenta un obiettivo fondamentale perché significa raggiungere una posizione di responsabilità e può rappresentare il passaggio naturale per una futura dirigenza». C’è comunque sempre e forte la tendenza a fare il salto verso la dirigenza?   Ciarapica «Sì, in particolare in alcuni settori (professional service, financial service), per i talenti più giovani e dinamici, entro i 40. Tendenza per cui lo status di quadro per certi aspetti/ruoli è un po’ un limbo, una zona di confine nell’assunzione di responsabilità di risorse, budget, persone. Quindi, lo status dirigenziale è ancora un target per i laureati in economia con

Francesco Tamagni è managing director Intermedia Selection e partner Key2people

percorsi lineari e magari alle spalle genitori manager baby boomer. Ma la tendenza alla dirigenza e al suo “mito” di status sociale anno dopo anno è un po’ mitigata, anche perché è sempre più facile subire l’espulsione nei casi sempre più frequenti di ristrutturazioni, m&a».   Contardi «Tutti vogliono diventare dirigenti, per status, stipendio potenziale, per coperture sanitarie e quanto connesso all’inquadramento o al vissuto storico. Devo ancora incontrare qualcuno che rifiuti un passaggio di questo genere».   Pedone «Solo in parte, considerando che oggi ciò che rappresenta la differenza tra i due inquadramenti è il perimetro di ruolo e di responsabilità, che per i quadri è in aumento orizzontale, per i dirigenti sempre più selettivo e orientato a posizioni apicali. In altre parole, sempre più spesso i quadri possono coprire posizioni di middle management, al confine quindi con inquadramenti dirigenziali, viceversa, per i dirigenti, è necessario muoversi in modalità verticale e su posizioni/ruoli di vertice».   Tamagni «Il salto alla dirigenza è meno automatico rispetto a circa dieci anni fa. Solo i migliori e quelli di potenziale possono ambire all’agognato obiettivo della dirigenza».

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Il “compagno di viaggio” degli associati Assidir, la struttura che è a disposizione degli associati e dei loro familiari per supportarli e assisterli in campo assicurativo

Q

Assidir

ualsiasi uomo, in momenti di particolare bisogno, sente la necessità di ricorrere a un aiuto esterno per sé o per i propri familiari. Nella maggioranza dei casi, potrebbero trovare una risposta utile attraverso strumenti alla portata di tutti, qualora si abbia la possibilità di conoscerli e poterli utilizzare. Per tutti gli associati Manageritalia Assidir mette a disposizione un supporto sostanziale in grado di intervenire nei momenti di maggiore bisogno. La mission di Assidir è infatti quella di operare fornendo informazioni, consulenze e soluzioni assicurative sia sul fronte delle “tutele contrattuali” sia su quello, molto più ampio, delle necessità personali e familiari di tutti i dirigenti, ex dirigenti, quadri ed executive professional iscritti a Manageritalia.

Le aree di intervento Scorriamo rapidamente le aree di intervento della società che, es­ s endo parte integrante del siste­ma Manageritalia, opera da 25 anni per mettere a disposizio-

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tualmente un supporto per la verifica degli adempimenti formali, quali ad esempio l’indicazione delle modalità con cui segnalare o eventualmente modificare i beneficiari delle prestazioni assicurative. Il secondo, invece, si attiva ogni qual volta si rende necessario effettuare delle verifiche tecniche su una pratica presentata da un associato e, a titolo esemplificativo, interviene con un consu-

ne offerte assicurative dedicate al nostro mondo.

La Convenzione assicurativa Antonio Pastore Per quanto riguarda le convenzioni contrattuali per i dirigenti, Assidir gestisce la Convenzione assicurativa Antonio Pastore che costituisce la previdenza integrativa individuale prevista dal ccnl e che può essere definita come il servizio “storico” di Assidir. In particolare, per questo servizio l’attività di Assidir si sviluppa attraverso tre uffici dedicati. Il primo, che si occupa di tutto quanto riguarda la gestione delle 37.000 posizioni individuali attive, segue gli associati a partire dal controllo della correttezza dei dati per ogni pratica o operazione aperta avendo effettuato, nell’ultimo anno, circa 30.000 consulenze telefoniche. Questa attività ricopre una grande importanza per l’assistenza fornita agli associati in quanto, tramite un numero di telefono dedicato, è possibile ricevere con immediatezza informazioni sulla propria posizione ed even-

lente legale nei casi di “tutela legale” o “polizza Ponte” e con un consulente medico nel caso di problematiche sanitarie. L’area commerciale, infine, svolge un’attività di supporto agli associati sul territorio grazie alla costante presenza in quasi tutte le associazioni e delegazioni di Manageritalia. L’attività è relativa sia agli aspetti gestionali e operativi della Convenzione Antonio Pastore, sia all’analisi della situazione assicurativa personale dell’associato e dei suoi familiari tramite un servizio di checkup assicurativo che si conclude


con l’indicazione, per le aree che eventualmente risultassero scoperte, delle soluzioni assicurative che Assidir dispone per gli associati Manageritalia. Per quanto riguarda le necessità assicurative sul fronte personale e familiare degli associati di qualsia­si categoria, Assidir realizza, in partnership con le compagnie di assicurazione con le quali ha mandato, nuovi prodotti assicurativi ad hoc, definiti at-

con particolare riguardo alle problematiche dell’abitazione, prima casa o secondarie, e dei mezzi di trasporto come auto e moto. Una seconda importante area di intervento riguarda la protezione e l’accumulo di capitale che si effettua attraverso la ben nota polizza di capitale differito Capitello che, sfruttando i vantaggi di poter essere membri di una comunità, assicura per gli accantonamenti degli associati gli stes-

traverso le ricerche di mercato effettuate con il proprio centro stu­di, al fine di offrire il miglior rapporto prezzo/prestazioni.

si rendimenti della Convenzione Antonio Pastore.

Convenzioni assicurative targate Assidir

Sempre nella stessa area, Assidir offre importanti tutele sia per quanto riguarda la sfera della previdenza integrativa individuale sia per le cosiddette polizze vita. L’ultima area per la quale gli associati Manageritalia possono contare sul supporto professionale di Assidir è quella della salute; infatti, oltre ai fondi di assistenza contrattuali previsti, sono disponibili ed

Ecco ora, in estrema sintesi, le aree di intervento per le quali sono disponibili delle soluzioni assicurative che possiamo definire come “targate Assidir”. Prima fra tutte l’area relativa alla protezione del proprio patrimonio sia per quanto riguarda il valore dello stesso sia per la responsabilità civile a questo collegata,

Infortunio, malattia, non autosufficienza

estensibili ai familiari anche delle tutele in caso di infortunio, malattia e non autosufficienza.

Coperture online e app Per fornire un servizio sempre migliore e attuale, Assidir ha da tempo messo a disposizione un’app informativa e di contatto utilizzabile da smartphone, oltre a diverse coperture assicurative che possono essere sottoscritte direttamente online attraverso il sito www.assidir.it. Si tratta, in questo caso, di polizze particolarmente semplici sia da comprendere, per quanto riguarda le caratteristiche, sia da sottoscrivere, per le modalità totalmente online. Le aree per le quali sono attive delle coperture online sono quelle della famiglia, delle vacanze e della salute; un elenco destinato ad allungarsi a breve con ulteriori polizze. Da ultimo, ma non per importanza, il servizio di assistenza a 360° che Assidir offre a tutti gli associati e ai loro familiari attraverso l’utilizzo della card Manageritalia. Ciò che dobbiamo fare, tutti noi associati Manageritalia, è quindi non dimenticare il “compagno di viaggio” Assidir che abbiamo sempre al nostro fianco.

Per maggiori informazioni consulta il sito www.assidir.it oppure telefona al numero 02.202031

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PROVA D’ORCHESTRA Armonia e ritmo nella direzione aziendale

SCUOLA DI MUSICA CLUSTER MILANO, 10 DICEMBRE - dalle ore 9 alle 13 dale”, che dopo l’esordio romano del 19 novembre, arriverà a Milano il 10 dicembre nella piacevole cornice della Scuola di musica Cluster. Luciano Ziarelli non sarà solo come per gli altri appuntamenti del progetto, ma potrà contare su una validissima spalla: Vicky Schaetzinger, musicista di fama europea. Una coppia, questa, già affiatata grazie anche alle tournée teatrali in tutta Italia degli spettacoli “Ciao, come sto?” e “La liquidazione”. Nella musica armonia e ritmo da sempre convivono in un equilibrio che stupisce e affascina ogni volta che si ascolta una buona esecuzione. Allora, perché non utilizzare la metafora dell’orchestra, dei suoi musicisti e del suo direttore per riflettere su come anche nell’incede-

CFMT

T

enuto a battesimo da Cfmt nel 1998, il progetto Smile con Luciano Ziarelli non sembra risentire del tempo che passa, anzi, il format, arricchito nel corso degli anni, oggi conta un set di workshop che toccano gli aspetti fondamentali del management. Un progetto innovativo e fuori dagli schemi ortodossi della formazione, che utilizza le teorie dell’intelligenza emotiva e le mette in pratica nella formazione emozionale. I diversi workshop del progetto affrontano tutte le principali competenze, capacità professionali e personali richieste a chi ricopre incarichi di responsabilità e relazione. Da quest’anno il progetto si arricchisce di un nuovo workshop, “Prova d’orchestra. Armonia e ritmo nella direzione azien-

re quotidiano, professionale e personale, si possa migliorare questo equilibrio vitale di relazione e di esecuzione? L’orchestra sinfonica è una squadra formidabile, e nelle orchestre più blasonate accade pure che un nuovo direttore debba essere accettato dai musicisti. Nelle aziende non è così ma il fenomeno ci fa riflettere e spiega bene perché in un concerto siamo colpiti dalla perfetta intesa tra il direttore e i musicisti. E il successo è sempre e comunque dell’ensemble, mai di uno solo e neppure del solo direttore. Insomma, del team. Poi accade che quando il talento è straordinario qualcuno diventi un applaudito solista. Che comunque suonerà sempre con qualcun altro, con un’orchestra. Con una squadra.

PER MAGGIORI INFORMAZIONI

Andrea Rescalli, email: arescalli@cfmt.it La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi.

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Hanno collaborato a q u e s to nume r o FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt e curatore dell’inserto Dirigibile. (61)

I NOSTRI

BLOG

Praxi e managing director di Praxi Alliance ltd. Si occupa da sempre di valorizzazione delle persone nelle organizzazioni ed executive search a livello internazionale. (34)

studio legale associato Ciriello-Cozzi di Milano (www.ciriello-cozzi.it), specializzata da anni nell’ambito della responsabilità civile, della contrattualistica e del diritto del condominio. (22)

Simona Cuomo

è leadership professor, lead coach, coordinatore diversity management lab Sda Bocconi School of management - area Organizzazione&Personale. (40)

Giulio Gargiullo è

ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta

Nicola Quirino

è docente di Finanza pubblica all’Università Luiss e all’Accademia della Guardia di Finanza. (50)

Piero Valdiserra

è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel beverage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico bolognese Gaudio (marketing@rinaldi.biz). (54)

Anna Zinola

si occupa di consumi dal 1993, dapprima all’interno di istituti di ricerca, poi come libera professionista. Dal 2003 insegna Psicologia del marketing all’Università di Pavia. Ha scritto alcuni libri dedicati ai temi dei consumi. Collabora con Corriere.it, Mark up e Micro & Macro Marketing. (44)

Per i pensionati di oggi e di domani

CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una

mostre d’arte. Componente del Gruppo Donne Manager di Manageritalia Milano. (10)

pensioni.manageritalia.it

FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI

Editore: Manageritalia Servizi srl

Silvia Pugi è partner di Artelling, società che organizza

Conversazioni tra uomini e donne sulle pari opportunità

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI

un online marketing manager e vanta una lunga esperienza nel business legato alla Russia e a diverse aziende del settore luxury. (18)

multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. Cura anche la rubrica #lettu­rexmanager sul blog crisiesviluppo. manageritalia.it. (26, 57)

donne.manageritalia.it

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Corinne Ciriello è avvocato, socia fondatrice dello

artistico, ed è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza. (55)

Oltre la crisi, per cogliere opportunità e sviluppo

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Fabio Ciarapica è consigliere di amministrazione di

Claudia Corti è laureata in lettere, indirizzo moderno

crisiesviluppo.manageritalia.it

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA

da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale (58)

Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli

Direzione, redazione, amministrazione: 20129 Milano - via Antonio Stoppani 6 tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità PUBLIMASTER 20146 Milano - via Winckelmann 2 tel. 02424191 - fax 0247710278 direzione@publimaster.it Grafica THE GRAPHIC FORGE snc 20129 Milano - via Antonio Stoppani 4 tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO LOMBARDA spa Via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolitolombarda.it Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa La diffusione di novembre è di 35.038 copie


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