N. 6 GIUGNO 2018
LA RIVISTA DI MANAGER
LIA
Kevin Eikenberry
Come gestire e guidare un team da remoto
Statunitense, esperto di fama mondiale di leadership development and learning, è autore di The Long-Distance Leader e fondatore del Remote leadership institute
Leadership
FORD: CAMBIARE PER MIGLIORARE Società
IL LAVORO AL CENTRO MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
RIPRENDIAMOCI IL FUTURO
“B
ello sentir parlare di progetti concreti per rilanciare il Paese e vedere i sindacati dei manager occuparsi non dell’interesse corporativo, ma di quello dell’Italia e degli italiani”. Queste le parole di uno dei politici che l’8 giugno a Milano hanno chiuso con una tavola rotonda il Meeting Prioritalia 2018, che è anche stata la parte pubblica della 91esima Assemblea Manageritalia. Un punto di vista condiviso da tutti gli altri politici presenti all’evento dal titolo “Costruire un patto generazionale nell’economia dell’innovazione e delle competenze”. Tutto è iniziato alla mattina, quando oltre 70 persone – manager, leader sociali e d’impresa – hanno lavorato in tre gruppi per sviluppare proposte nei seguenti ambiti: trasformazione digitale e del lavoro; geografia delle competenze; welfare, demografia e patto tra generazioni. Certo, non siamo partiti da zero ma da quanto fatto negli ultimi anni con la partecipazione di migliaia di manager associati e che è emerso nelle recenti assemblee territoriali, così come da un’apposita indagine su oltre un migliaio di quelli che mi stanno leggendo. Grazie davvero a tutti. Nel pomeriggio, dopo che ho aperto l’evento con la presidente della Fondazione Prioritalia Marcella Mallen, il risultato della mattinata è stato restituito ai 400 presenti prima della tavola rotonda finale di confronto con la politica. Tante le idee e le proposte, che sono l’importante tappa di un percorso iniziato da tempo e culminato nel 2012 con la nascita di Prioritalia. Perché molti manager che rappresentiamo ci chiedono da tempo di portare il loro contributo anche fuori dalle aziende, per rilanciare il Paese e contribuire a delineare lo sviluppo economico e sociale.
Un ruolo che ci hanno riconosciuto anche gli italiani: come ha dimostrato l’indagine di AstraRicerche presentata in apertura, dicono a larga maggioranza che siamo tra gli attori principali per portare innovazione e sviluppo nell’economia e nella società. Non tirandosi indietro, riconoscono poi che per tornare a crescere “serve il contributo di ogni cittadino, anche del mio e di tutte le generazioni insieme, pensionati compresi”. Sui driver sono chiari: servono concretezza, innovazione, formazione, competenze e merito, la cui mancanza è valutata causa della difficile situazione del Paese. Un risultato che sfata ogni conflitto intergenerazionale. Perché gli italiani, tutti, chiedono più intergenerazionalità, che oggi ritengono sia scarsa a livello economico e sociale, dimostrando una volontà a collaborare tra generazioni. E farlo, soprattutto al lavoro, è parte del nostro ruolo, che dobbiamo assumerci subito e con forza. Insomma, da anni di lavoro e da questa giornata esce una risposta forte e chiara all’invito del premier Giuseppe Conte del 5 giugno al Senato che, parlando delle parti sociali, ha detto «Occorre rimettere in moto, in maniera corale, tutte le molteplici energie positive del nostro Paese». Proprio questo è l’obiettivo che ci guida e che ha dato le mosse a Fondazione Prioritalia. Oggi dobbiamo dare seguito a un percorso già iniziato per elaborare un nuovo modello di rappresentanza della comunità manageriale. Questo vuole certo dire, in primo luogo, dare cittadinanza alle paure diffuse, ma anche al valore delle conoscenze e competenze per alzare lo sguardo oltre le angosce del presente. Guido Carella guido.carella@manageritalia.it
GIUGNO 2018 GENNAIO/FEBBRAIO 2015
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Sommario Lavoro 46 Dai contratti alle competenze
Copertina 6 Leader a distanza Leadership 12 Ford, cambiare per migliorare
Economia 52 Per competere con successo
Società 16 Il lavoro al centro 49 Giganti di vetro e acciaio Generare intergenerazionalità 22 I robot si prenderanno cura dei nostri anziani?
Uno di noi Gianluca Tesolin 56 Il manager dei surgelati di qualità
Innovazione 26 Life after sale
RUBRICHE 30 Osservatorio legislativo
36 Il senso di una rivoluzione di senso
44 Lavoro manageriale
InfoMANAGER Manageritalia Associazioni territoriali 71 Abbiamo adottato la chiesa del Gesù di Mirandola Quadri 73 Formazione 2018 Mario Negri 76 Borse di studio Assidir 78 Una polizza per navigare in sicurezza Cfmt 80 Scuola di management 81 Executive competence roadmap
58 Pillole di benessere
Formazione 32 L’informatichese e i suoi tormentoni
59 Arte è online su
60 Libri
Intervista Giancarla Bonetta 40 Terzo settore: a quando la riforma?
61 Letture per manager 62 Lettere
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N. 6 GIUGNO 2018
LA RIVISTA DI MANAGER
LIA
Kevin Eikenberry
Come gestire e guidare un team da remoto
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Statunitense, esperto di fama mondiale di leadership development and learning, è autore di The Long-Distance Leader e fondatore del Remote leadership institute
Leadership
FORD: CAMBIARE PER MIGLIORARE
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
Società
IL LAVORO AL CENTRO MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Copertina
LEADER A DISTANZA Fare il manager nelle organizzazioni di oggi presuppone una gestione differente delle persone e il coordinamento di gruppi di lavoro da remoto. Cosa cambia per chi guida i team in questo modo? Ne parliamo con Kevin Eikenberry, fondatore del Remote Leadership Institute e autore del libro The Long-Distance Leader Davide Mura
Kevin Eikenberry è un esperto di fama mondiale di leadership development and learning ed è chief potential officer del Kevin Eikenberry Group. È il creatore del Remarkable leadership learning system e il cofondatore del Remote leadership institute insieme a Wayne Turmel. Tra i suoi clienti, American Red Cross, Cirque du Soleil, Southwest Airlines e altri ancora. Ha scritto libri su temi manageriali e leadership e cura un blog molto seguito.
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Proviamo a dare una definizione di leadership da remoto? «Prima di parlare di leadership bisogna partire dai team in remoto, tipicamente costituiti da persone che lavorano insieme pur trovandosi in differenti luoghi fisici. Pensi ad esempio a un gruppo di lavoratori nel settore
vendite. La realtà attuale richiede però una definizione differente. Dunque direi che un “remote team” è ogni team in cui anche solo un membro o più membri non lavorano nello stesso luogo, a volte, spesso o tutto il tempo. Che cosa significa questo per un leader? Significa che deve costruire delle nuove skill se deve gestire in questo modo un solo collaboratore, un intero gruppo o un team “ibrido”, in cui ci sono delle persone che si incontrano ogni giorno e altre non così spesso. In sostanza, occorre innanzitutto ripensare se stessi e il proprio lavoro di manager in modo nuovo». Ma quali caratteristiche dovrebbe avere un manager che voglia essere leader in questa nuova organizzazione del lavoro? «Ho speso molto tempo a riflettere su questa domanda, non solo per scrivere un libro dedicato al tema e per lavorare con i miei clienti, ma perché io stesso mi considero un “remote leader”, con un team composto da persone che si trovano in varie parti degli Stati Uniti. Per farla breve, le competenze richieste per gestire e guidare le persone non sono cambiate molto nella storia. Ci sono infatti dei principi senza tempo che dobbiamo ancora applicare, anche quando i nostri team sono “sparpagliati”. Ciò
che è mutato in alcuni casi è come applichiamo quelle competenze, astuzie e sfumature che dobbiamo mettere in campo». Facciamo un esempio. «Per non essere troppo astratto, posso dirle che le skill richieste per comunicare un messaggio in maniera efficace e con successo non sono di certo mutate, ma la
«“Remote team” è ogni team in cui anche solo un membro o più membri non lavorano nello stesso luogo, a volte, spesso o tutto il tempo» comunicazione è più complicata quando non guardiamo in faccia il nostro interlocutore e facciamo affidamento su uno strumento tecnologico per consegnare il nostro messaggio. Ecco allora che dobbiamo sviluppare abilità specifiche e diverse. I leader che si trovano a grandi distanze devono essere più consapevoli e misurare ogni loro singola azione e parola, anziché rispondere o reagire senza riflettere, magari di impulso. Con meno tracce visive e meno contatti in generale ogni aspetto della gestione delle persone è diventato più difficoltoso nel nostro mondo».
The Long-Distance Leader approfondisce un’indagine condotta dal Remote leadership
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Copertina institute, di cui lei è cofondatore, su oltre 225 manager che coordinano persone che lavorano da remoto. Quali sono gli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca? «Abbiamo fatto un’indagine iniziale e stiamo continuando a raccogliere dati su questi aspetti. A tal proposito, saremmo molto interessati ad avere il punto di vista anche di voi manager italiani: potete rispondere alla nostra
indagine sul sito http://RemoteLeadershipInstitute.com/ LDLsurvey. Nel libro abbiamo riportato alcuni dati. Tra tutti, ne voglio citare tre: 1) i team da remoto sono piuttosto grandi, il 54% dei rispondenti ha dichiarato di gestire un team di 11 o più persone; 2) non tutti lavorano da remoto, il 70% ha dichiarato di gestire team ibridi, anziché team con tutti i membri che lavorano da remoto; 3) ci sono preoccupa-
«Se possibile, trova un modo per incontrare i tuoi collaboratori prima o poi: l’esperienza di un incontro fisico può avere un impatto molto positivo. Cerca poi di trascorrere più tempo con mezzi dalla comunicazione più ricca come il telefono, anziché l’email o i messaggi»
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zioni comuni e la più diffusa (58%) è se si possa essere efficaci nel gestire le persone da remoto come quando si trovano nello stesso luogo fisico: naturalmente noi ne siamo certi e il saggio è stato concepito per aiutare i manager a fare esattamente questo». Quali sono i reali vantaggi e svantaggi nel lavorare con talenti in differenti parti del mondo? «Il vantaggio più grande e ovvio di un remote team è racchiuso nella sua domanda: se i suoi membri possono lavorare da ovunque, il mondo intero diventa allora il nostro grande mercato del talento. Lavorare con più fusi orari, e soprattutto con culture diverse, non è sempre semplice quando assumi o ingaggi per singoli progetti persone in altre parti del pianeta, ma questi problemi sono senz’altro gestibili. Il rischio più grande è in realtà che può essere più facile attirare gli smart worker in un’altra organizzazione: se lavori da casa e cambi azienda ma continui a lavorare dalla tua abitazione, molte barriere del cambiamento svaniscono e la tua routine non verrà intaccata. Poiché il motivo principale per cui le persone danno le dimissioni è il fatto di avere problemi col proprio manager, ecco che diventa cruciale avere una leadership efficace quando si gestiscono persone all’interno di team in remoto».
REGOLE PER UNA LEADERSHIP DA REMOTO EFFICACE 19
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Quando tutte queste regole vengono meno, ricordati la regola numero 1.
Rifletti prima sul tuo modello di leadership e poi sul luogo fisico.
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Assicurati che il tuo percorso di formazione e sviluppo di leadership contempli anche la leadership da remoto.
Riconosci il fatto che lavorare con collaboratori da remoto richiede una gestione differente delle persone.
Sappi che lavorare da remoto cambia le dinamiche interpersonali, anche se non lo vuoi.
17 Metti sulla bilancia le tue prioritĂ per essere un leader a lunga distanza eccezionale.
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Utilizza la tecnologia come uno strumento, non come una barriera o una scusa.
Accetta il fatto che non potrai mai fare tutto, non provarci neppure.
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Focalizzati sui risultati degli altri e naturalmente sui tuoi.
Esamina le tue credenze e i tuoi pensieri: determinano il modo in cui guidi gli altri.
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Cerca feedback per garantire i tuoi risultati e quelli degli altri.
Guidare le persone con successo significa raggiungere obiettivi di diverso tipo.
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Cerca di massimizzare le potenzialitĂ offerte da uno strumento, altrimenti diminuirai la sua efficacia.
Non stabilire semplicemente degli obiettivi, ma focalizzati sul raggiungimento di questi.
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Identifica i risultati della tua leadership di cui hai bisogno, quindi individua lo strumento di comunicazione utile per raggiungerli.
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Guidare con successo un team significa capire in anticipo cosa le persone stanno pensando, non solo ciò che fanno.
Costruire la fiducia da remoto non avviene mai casualmente.
Cerca di essere il coach del tuo team in modo efficace, a prescindere dal luogo dove lavora.
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Comunica con gli altri non secondo il tuo stile e le preferenze, ma secondo il modo migliore con cui gli altri vogliono comunicare con te.
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Copertina Nel suo libro lei si sofferma sulla differenza tra team remoti e team virtuali. Questa differenza conta davvero? In che modo? «Nei team in remoto il luogo di lavoro varia, ma la struttura rimane generalmente la stessa: le persone sanno a chi devono rispondere. Col concetto di “team virtuale” io intendo qualcosa di più. In un team virtuale puoi essere separato dalla distanza e utilizzare la tecnologia per comunicare, ma la struttura a cui fare riferimento può essere confusa o quanto meno complicata. Se guidi un progetto dove il team è costituito da persone di differenti aree aziendali, puoi avere tutta la responsabilità di leader senza avere un’effettiva autorità. Dato che l’autorità è rimossa dall’equazione, la nostra abilità di influenzare e facilitare i risultati del lavoro diviene persino più importante e sfidante se si è separati da una distanza fisica».
COSA AVEVANO IN COMUNE GIULIO CESARE, NAPOLEONE E LA REGINA VITTORIA? ERANO TRE “REMOTE LEADER”
Una domanda provocatoria: secondo lei è davvero possibile lavorare esclusivamente da remoto e in modo virtuale senza incontrarsi mai di persona? Ci sono in sostanza dei problemi? «Non solo è possibile, ma sta succedendo ogni giorno in tutto il mondo. Conosco persone che hanno lavorato insieme per anni senza essersi mai incontrate fisicamente. Darei alcuni consigli. Se funziona continua a lavorare così. Se possibile, trova un modo per incontrare i tuoi collaboratori prima o poi: l’esperienza di un incontro fisico può avere un impatto molto positivo. Cerca poi di trascorrere più tempo con mezzi dalla comunicazione più ricca come il telefono, anziché l’email o i messaggi. Infine, se non puoi incontrare o non hai incontrato per anni, installa una webcam. Non è esattamente come essere nella stessa stanza ma è uno strumento semplice e straordinario allo stesso tempo che sta
trasformando la comunicazione rendendola più chiara e reale». C’è sempre uno schermo davanti però. In una relazione professionale a lunga distanza ci sono dei momenti di empatia? Pensa che siano importanti? «In ogni relazione, personale o professionale, l’empatia può essere un modo potente per costruire la relazione e la fiducia. Non c’è bisogno di diventare amici stretti con un collega o con la persona che coordiniamo per far sì che il lavoro abbia un livello di qualità alto: quando c’è una forte relazione professionale e un’alta fiducia la produttività crescerà, le frustrazioni si riducono e il lavoro sarà più semplice. Per questi motivi raccomando di essere sempre empatici. Se ti vedo nel corridoio il tuo linguaggio corporeo può suggerirmi di farti una domanda, di fermarmi a parlare un attimo con te, un pretesto per essere appunto empatico. Quando non ci vediamo regolarmente o per niente dobbiamo essere più consapevoli e ritagliarci del tempo per delle conversazioni informali anziché passarci solo informazioni di lavoro, tutto ciò ci offre l’opportunità di apprendere cosa sta accadendo agli altri e interessarci a loro: questo per me vuol dire essere empatico». Parliamo di tecnologia. Qual è il suo ruolo nella remote leader-
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ship e cosa pensa succederà nei prossimi anni? «Quando ho aperto la mia azienda ho comprato un fax e avevo una connessione internet con modem e linea telefonica. La tecnologia è cambiata? Certamente. E senza dubbio continuerà a cambiare. Chissà cosa la realtà virtuale e gli ologrammi potranno fare nei prossimi anni per i remote team! Non sono un futurologo, ma so per certo che dobbiamo utilizzare meglio la tecnologia che abbiamo a nostra disposizione. L’80% degli utilizzatori sfrutta appena il 20% della capacità dei prodotti software, inclusi quelli associati al lavoro di team e alla comunicazione. Ma mentre dobbiamo guardare avanti, utilizziamo quello che abbiamo già ora senza porci dei limiti e approfondendo le potenzialità di ogni singolo strumento». Qual è l’impatto del lavoro da remoto sulla carriera del manager? «Vedo un impatto prevalentemente positivo se il manager è proattivo e desideroso di imparare. La visibilità nei confronti dei senior o dei datori di lavoro se sei lontano può essere un punto debole, ma questo può essere superato se sei un forte comunicatore e stai ottenendo veramente grandi risultati. Se invece sei un dipendente o collaboratore da remoto la visibilità verso il tuo manager è
«Sono convinto che le opportunità offerte alle organizzazioni dal lavoro da remoto e dai remote team siano molte, anche per l’Italia»
una sfida: consiglio di focalizzarsi sulla qualità del proprio lavoro e sui risultati misurabili, così come definito dal tuo coordinatore, in questo modo le probabilità che tu sia riconosciuto e premiato sono molto elevate». Ritiene che lo smart working in un paese come l’Italia possa far crescere la produttività e creare nuove opportunità per imprenditori, manager e dipendenti? «Sono convinto che le opportunità offerte alle organizzazioni dal lavoro da remoto e dai remote team siano molte, anche per l’Italia. Prima di tutto, si può assumere senza confini e mettere insieme un team all’insegna del talento e della diversity per raggiun-
gere e superare le sfide che ti poni. Secondariamente, tutti gli studi mostrano che le persone che lavorano da remoto sono spesso molto più produttive e con meno interruzioni rispetto a coloro che si recano in ufficio ogni giorno. Questi aspetti sono un beneficio per gli imprenditori, ma anche per i manager che costruiscono e gestiscono i team. Per gli individui la prospettiva di fare il lavoro che si ama con un impatto molto più positivo è straordinaria». Lei sembra essere un fan senza riserve del lavoro “agile”. «Aveva dubbi? Il lavoro da remoto è una delle migliori opzioni oggi disponibili».
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FORD, CAMBIARE PER MIGLIORARE Con più di 100 anni di presenza sul mercato, la compagnia automobilistica ha dovuto affrontare grandi crisi, ma è sempre riuscita a superarle grazie alla sua capacità di rinnovarsi. La storia della Ford e del ceo Alan Mulally che riuscì, vicini al collasso, ad adattare l’impresa ai cambiamenti a cura di Wobi
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L 16 GIUGNO 1903, in un’antica fabbrica di vagoni di Detroit, Michigan, nacque la Ford Motor Company, la compagnia multinazionale dedicata alla produzione di automobili. John S. Gray era il presidente, mentre Henry Ford, chiamato il Padre dell’auto, era vicepresidente, detenendo da solo il 25% delle azioni. Al momento della sua fondazione, la compagnia disponeva solo di qualche brevetto e di un prototipo che non era nemmeno terminato. Aveva un capitale liquido di 28.000 dollari, concesso dallo stesso Ford, e contava altri undici azionisti tra cui i fratelli John e Horace Dodge. A un mese dalla sua fondazione, era già stato speso tutto il capitale senza avere ancora venduto una sola automobile. Tuttavia, il 15 luglio ricevettero un assegno di 850 dollari per la vendita del suo primo modello, la Ford A, e a un anno e mezzo dal suo lancio avevano già venduto più di 1.700 unità. Con il passare del tempo, il modello Ford A venne sostituito da diversi altri modelli, con un design sempre migliore. Così, tra il 1903 e il 1908 vennero prodotte 19.823 automobili. Henry aveva obiettivi ben chiari: produrre auto dalle caratteristiche semplici, facili da guidare, popolari, con performance superiori ai modelli esistenti e a basso prezzo. Fino a quel momento le automobili erano riservate a un pubblico molto limitato, a causa degli elevati prezzi di fabbricazione e, quindi, di vendita. Con questi obiettivi, nel 1908 nacque il modello Ford T, venduto a 500 dollari, che portò nelle strade 25.000 unità all’anno e utili maggiori agli undici milioni di dollari. La Ford divenne il sogno americano della classe media, diventando un oggetto di consumo di massa. Il modello
Ford T faceva parte di un programma di sviluppo e produzione che fece crescere la compagnia, raggiungendo il successo commerciale grazie alla catena di montaggio, un metodo di produzione innovativo, tuttora utilizzato, che fu una vera novità durante la seconda parte della Rivoluzione Industriale.
Crisi in agguato Ford si distingueva dai concorrenti per diverse azioni intraprese che contribuirono alla sua crescita. Una di queste fu l’elevato salario che la compagnia pagava ai propri dipendenti. Questi ultimi diventarono addirittura consumatori della Ford T grazie alle risorse economiche su cui potevano contare. L’altra azione fu approfittare della sconvolgente entrata degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale. Sebbene l’impresa si fosse dichiarata pacifista, di fronte all’insormontabile situazione si
mise al servizio del governo e ottenne contratti multimilionari per la fabbricazione di armamenti e veicoli bellici. Un’altra grande svolta sociale avvenne durante la recessione degli anni 20, prima della crisi del 1929. La compagnia approfittò della situazione di caos per trasformarla in un’opportunità: ridusse a 360 dollari il prezzo della Ford T, lanciò una linea di trattori e acquisì la Lincoln Motor Company, impresa destinata alla fabbricazione dei modelli di lusso. Nonostante i suoi grandi successi, Ford dovette affrontare numerosi problemi economici, come la crisi petrolifera del 1973. L’economia nordamericana si bloccò e la crisi si estese a livello mondiale. Nel settore automobilistico i produttori di auto giapponesi erano considerati i responsabili, mentre la sovrapproduzione di automobili e il nuovo aumento dei prezzi internazionale del petrolio contri-
buivano al caos, scatenando un’ondata di fallimenti e bancarotte. Durante questo processo, nel 1979, Ford annunciò importanti cali delle vendite e mostrò, per la prima volta in 35 anni, un deficit nei suoi bilanci, che raggiunse 1,8 milioni di dollari e la sua quota nel mercato nordamericano scese dal 21% al 18%. Di fronte a questa situazione, la compagnia decise di chiudere tre importanti stabilimenti di produzione, di ridurre del 12% il personale in sei mesi e le vendite, in rapporto all’anno precedente, si ridussero del 31%.
Pianificare il futuro Il mondo si stava riorganizzando e le compagnie automobilistiche tornarono lentamente a occupare la propria posizione. Con più di 100 anni di storia, Ford Company si consolidò come uno dei tre giganti dell’industria automobilistica degli Stati Uniti. Tuttavia nel 2006, a causa di un modello che non si adattava ai tempi moderni, ritornò il fantasma della bancarotta, con perdite di 12.700 milioni di dollari. Le persone non avevo più bisogno di macchine grandi, costose e difficili da mantenere. L’impresa era vicina al collasso quando un nuovo ceo entrò a farne parte: Alan Mulally, che riuscì a invertire la tendenza e riposizionare Ford. Mulally incorporò tecnologie di punta nei veicoli, mi-
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ALAN MULALLY - 5 DOMANDE
Quando Alan Mulally divenne ceo di Ford, l’impresa stava subendo la più grave perdita di tutta la sua storia, più di US$ 12.700 milioni. Mulally riuscì a invertire questa tendenza e rese Ford una delle imprese automobilistiche più innovative al mondo
1. Cosa è necessario per portare avanti un cambiamento organizzativo e allineare il team verso una nuova direzione? «La cosa più importante è generare una visione persuasiva affinché tutti i membri del team si sentano coinvolti nel cambiamento. Fondamentale è anche creare una strategia comprensiva che consenta
di eseguire questa visione e riesaminarla regolarmente insieme al piano strategico per poterlo modellare e adattarlo velocemente ai cambiamenti».
2. Ha riscontrato qualche tipo di resistenza al momento dell’implementazione della sua vision? «A dire il vero no, anzi, quasi il contrario: incontrai un forte desiderio di partecipazione. Infatti, Ford è una grande organiz-
gliorandone la produzione e lo sviluppo, e riuscì ad adattare l’impresa ai cambiamenti. Con un nuovo piano, chiamato “The way forward”, Mulally convinse gli azionisti che l’obiettivo
era la redditività, la quale però richiedeva tagli e investimenti per lo sviluppo di nuovi prodotti per attrarre i consumatori. Con questo obiettivo, l’organizzazione dovette ipotecare tutti gli attivi
Alan Mulally è stato presidente e ceo della Ford Motor Company dal 2006 al 2014. Alan ha trasformato la Ford nell’azienda automobilistica numero uno negli Stati Uniti. Ha guidato la Ford lavorando allo stesso tempo su una visione convincente, su una strategia globale e sulla realizzazione del progetto One Ford, garantendo risultati eccezionali a tutti gli stakeholder dell’organizzazione. Sarà presente quest’anno come speaker al World Business Forum che si terrà il 30 e 31 ottobre al Mico a Milano, il più importante congresso di business leader in Europa che offre un’esperienza unica di apprendimento, ispirazione e prezioso networking tra oltre 2.300 senior manager. Visita l’area riservata My Manageritalia > Servizi professionali e scopri l’offerta esclusiva dedicata agli associati Manageritalia per parteciparvi.
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zazione che offre servizi ai clienti da più di 150 anni e sentivamo l’esigenza di adattarci ai cambiamenti e di creare veicoli più efficienti per i nostri consumatori. Quando il consiglio di Ford mi convocò per entrare a far parte della compagnia, la prima cosa che feci fu lavorare a stretto contatto con il team per capire qual era effettivamente la situazione in cui ci trovavamo. Con alla base un impegno reciproco di fiducia, intendevamo
del brand, incluso il logo blu e il marchio Ford. Vennero chiuse sette fabbriche di veicoli e sette di componenti negli Stati Uniti e in Canada, che comportò anche il taglio di circa il 28% delle ore lavorative. Dall’altro lato alcuni dei marchi più costosi vennero venduti, come Aston Martin Jaguar e Land Rover, e si migliorò la produzione e lo sviluppo dei veicoli con il nuovo Global development product system, ispirato alle industrie giapponesi. Si tornò a produrre il brand Taurus, che era stato, secondo le sue parole, “inspiegabilmente ritirato” nonostante fosse stata la linea più di successo dell’azienda. Nel 2010
creare una visione persuasiva per il futuro di Ford, nonostante questo avrebbe richiesto molti cambiamenti. Lavoravamo settimanalmente per esaminare i progressi del piano strategico e ne eravamo molto entusiasti perché, nonostante fossimo coscienti dell’esistenza del problema, eravamo certi che, collaborando, non solo avremmo salvato la Ford, ma avremmo anche dato un futuro redditizio alla compagnia».
3. Quali sono gli altri elementi chiave per una buona leadership? «Costruire un team coeso, nel quale si instauri fiducia. Affrontare i problemi ed essere pratici. Contare su un piano strategico e coinvolgere tutti i membri del
smisero di produrre il marchio Mercury. Quello stesso anno venderono Volvo Cars e i nuovi business si focalizzarono sullo sviluppo di automobili elettriche e ibride. «Non è sufficiente avere una visione. Bisogna allineare le persone attorno a una strategia, un piano chiaro e su precisi indicatori di performance» affermò Alan Mulally con il “One Ford”, un piano strategico basato su tre concetti base. Il concetto di “un team”, per ottenere la leadership attraverso la soddisfazione dei clienti, distributori, azionisti e impiegati. Quello di “un piano”, che bilanciava la struttura dei costi dell’impresa con le sue entrate e quote di
team. Infine gestire le divergenze di opinione in modo costruttivo».
4. Quali crede che siano le sfide che i leader devono affrontare in un mondo in continua evoluzione? «È importante comunicare bene il cambiamento per trasformarlo in conoscimento. Per esempio, in Ford tutti i giovedì teniamo una riunione nella quale presentiamo un business plan e ciascun leader deve analizzare quali sarebbero i rischi, i punti di debolezza e come questo piano potrebbe impattare sul suo dipartimento. Ogni settimana adattiamo il business plan al contesto affinché possa rispondere ai cambiamenti in modo più efficiente».
mercato, accelerando lo sviluppo di nuove linee di auto e ottimizzando le risorse disponibili in tutto il mondo. Infine quello di “un obiettivo”, che consisteva nel crescere assicurando un guadagno per tutti. Per motivare i dipendenti, Mulally consegnò loro delle targhette con una decina di comportamenti attesi, tra cui “assicurare disciplina nei processi”, “mantenere un’attitudine risolutiva”, “mostrare forza emotiva”, “avere aspettative alte” e “ispirare gli altri”. «In Ford mancava un cambiamento culturale e questo fu la mia più grande sfida. Dovetti persuadere i dirigenti a lavorare in team invece di focalizzarsi sulle rivalità interne, spingerli a ri-
5. Qual è la più importante eredità che ha lasciato in Ford? «Direi la cultura del lavoro all’interno del team. Con questo mi riferisco a due aspetti. Da un lato oggi c’è un processo affidabile per la visione, la strategia, il piano e la sua revisione costante. Il secondo aspetto di questa eredità ha a che vedere con il comportamento, essere disposti ad aiutarsi, ascoltarsi e rispettarsi reciprocamente, dare contributi positivi che superino le aspettative. Credo che questo sia ciò che porterà Ford avanti nel futuro, attraverso l’innovazione e la creazione dei migliori veicoli e delle migliori soluzioni mobili per le persone di tutto il mondo».
solvere i problemi che sorgevano, invece di evitare le responsabilità» affermò il nuovo ceo. Rispetto ai suoi profitti, le entrate di Ford nel 2015 salirono a 149.600 milioni di dollari, un 3,8% in più rispetto al 2014. E, sebbene l’industria automobilistica statunitense stava vivendo un momento di incertezza, l’anno passato le vendite aumentarono, raggiungendo 17,55 milioni di unità. Ford vanta più di 100 anni nella vendita di automobili e, dopo aver superato crisi e implementato riforme, ci si aspetta che il futuro sia ancora migliore. Oggi è il secondo produttore di veicoli più grande degli Stati Uniti, riconosciuto a livello mondiale.
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Società
IL LAVORO AL CENTRO Nel 1948 entrava in vigore la Costituzione italiana, la legge fondamentale della nostra Repubblica che pone come primo punto l’importanza del lavoro. Ma cosa è cambiato da quando è stata promulgata? Enrico Finzi sociologo, presidente di AstraRicerche e di Sòno
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L’
ARTICOLO 1 della Costituzione italiana recita: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. È ancora vera questa perentoria affermazione? La risposta non può che essere negativa, per vari motivi che desidero illustrarvi. Procederò per punti.
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Questione di compromessi
In primo luogo, per prenderla un po’ alla lontana, è profondamente cambiato il quadro culturale e politico che portò nel 1947 (settant’anni fa) al “compromesso alto” che fu alla base della messa a punto e dell’approvazione della legge fondamentale del nostro
Stato. Essa, com’è noto, nacque dall’esigenza, condivisa dai maggiori partiti di allora, di chiudere la fase post-bellica con una nuova tavola dei valori – delineata nella prima parte (quella cosiddetta programmatica) della Costituzione – e con nuove regole di funzionamento della democrazia postfascista, identificando un basamento comune, fatto di ideali e procedure, della nuova Italia nata dalla Resistenza. Si trattò di uno sforzo straordinario per intensità politica, qualità morale, cultura, competenza tec-
nica: uno sforzo mai più ripetuto, ancora più rilevante in quanto fu capace di raggiungere l’obiettivo malgrado nel frattempo si fosse rotta l’unità tra le grandi forze rappresentate nell’Assemblea Costituente dopo il fatidico viaggio di Alcide De Gasperi negli Stati Uniti, l’estromissione dal governo dei socialisti e dei comunisti, l’applicazione anche da noi della logica di quella che sarebbe stata definita la Guerra Fredda. Il progetto fu salvato, il che consentì al Paese di godere dei frutti della fattiva collaborazione di tre grandi
Articolo 1 della Costituzione italiana
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro
Il basare il nuovo Stato sul lavoro e sui lavoratori fu una scelta unitaria, in esplicita polemica con l’aspro classismo castale delle classi dirigenti post-unitarie e col peso esorbitante della rendita (agricola, immobiliare, finanziaria, monopolistica ecc.)
tradizioni: quella democristiana, quella social-comunista, quella liberale (in senso stretto col PLI e in senso liberal/radical con il Partito d’Azione). Ciascuna di esse apportò diverse sensibilità e rappresentanza di interessi, con mediazioni non mediocri (non cioè quelle che oggi definiamo “compromesso” in senso spregiativo) ma appunto “alte” (quelle che evocano l’etimologia e il significato positivo di un’intesa basata su “promesse condivise” ovvero con-promesse). Tutto ciò, inutile sottolinearlo, non ha nulla in comune col tempo presente, nel quale le citate tre macroculture politiche sono semi-scomparse, la qualità della politica e dei leader si è straordinariamente abbassata, la rappresentanza degli interessi sociali appare assai indebolita, le promesse in gran parte sono state deluse.
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Il lavoro al centro
L’idea di una repubblica “fondata sul lavoro” fu – dopo la metà degli anni 40 – fortemente sostenuta dalle sinistre rosse (inclusi i socialdemocratici di Saragat), sia per la forza del marxismo sia per l’effettiva capacità del PCI e del PSI di farsi portavoce del
pensi a quel che saranno la CISL e le ACLI) e di gran parte del mondo contadino (a partire dalla Coldiretti). Dunque, il basare il nuovo Stato sul lavoro e sui lavoratori fu una scelta unitaria, in esplicita polemica con l’aspro classismo castale delle classi dirigenti post-unitarie,
ogni sua declinazione “stalinista”, limitando il tutto alla democrazia progressiva fondata sul sostegno delle masse in un contesto occidentale. E qui il “compromesso alto” si è dimostrato fecondo, stabilizzando il Paese e consentendogli un grande sviluppo economico e sociale, compresi taluni periodi di significativa redistribuzione a favore dei lavoratori dipendenti.
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L’apporto della dirigenza
Roma, 27 dicembre 1947: il presidente della Repubblica Enrico De Nicola firma la Costituzione italiana a palazzo Giustiniani in presenza di Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio, e di Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea costituente.
proletariato industriale, concentrato al Nord, così come dei salariati agricoli (i braccianti) e anche dei mezzadri nelle regioni centrali. Ma, seppur con diffuse resistenze, trovò consenzienti molti azionisti (impregnati della cultura di Gobetti) e la stessa DC, rifacentesi alla dottrina sociale della Chiesa e rappresentante di una frazione minoritaria della classe operaia (si
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col peso esorbitante della rendita (agricola, immobiliare, finanziaria, monopolistica ecc.), col rigetto del suffragio universale (solo in quegli anni introdotto con l’apertura del voto alle donne). Certo, certa sinistra era legata a una prospettiva “sovietista”, ma la mediazione voluta e guidata dal trio Togliatti-Nenni-Dossetti sottrasse la centralità del lavoro a
I successivi settant’anni sono stati prevalentemente caratterizzati dalla vittoria dei profitti sui redditi da lavoro, sempre con un peso soffocante delle rendite improduttive. Ma molti contrappesi sono stati attivati per più fattori: il peso dei sindacati, l’azione della politica d’opposizione e talora di governo, le stesse esigenze di estendere il mercato interno delle imprese e di mantenere ampia la base sociale di consenso alle istituzioni eccetera. Col risultato che il lavoro, la sua dignità, i suoi interessi, per certi versi i suoi valori, nel corso di vari decenni non hanno davvero perso, pur non affermandosi come esclusivi. Tutto ciò è avvenuto anche grazie al contributo di molti dirigenti, in particolare dell’industria e dei servizi (meno del settore primario e di quello burocratico): non pochi di essi sono riusciti a convincere gli imprenditori (raramente illu-
minati) ad assumere politiche retributive e di valorizzazione delle risorse umane aperte e di lungo periodo. Nel mentre – prima della loro degenerazione improduttiva e clientelare – anche le Partecipazioni statali hanno collaborato alla crescita (pure al Sud) grazie all’impegno di manager competenti e lungimiranti, oggi ingiustamente dimenticati.
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Verso la crisi
A un certo punto, però, il meccanismo – fondato anche sul lavoro – si è prima inceppato e poi rotto, con conseguenze drammatiche che viviamo ancora oggi: quella che qualcuno ha definito “the new golden age” dell’Occidente è terminata. Dalla crescita accelerata del Pil, dei profitti non finanziari, dei redditi e dei consumi familiari, del welfare, della stessa democrazia consensuale, del conflitto come matrice di sviluppo eccetera si è passati alla crescita rallentata e poi alla stagnazione, al boom dei profitti finanziari, alla perdita di peso – prima relativa e poi assoluta – del lavoro, alla diminuzione del tenore di vita (specie della large middle class), alla riduzione del welfare, alla delegittimazione della politica e delle istituzioni, al calo o al crollo delle organizzazioni di massa, alla demonizzazione del conflitto sociale e così via. Di più: in senso anti-labour hanno giocato – seppure in modi as-
sai variegati – la cosiddetta globalizzazione, il trionfo dell’Asia e in particolare della Cina, l’involuzione degli Usa, la finanziarizzazione dell’economia, l’affermarsi della cultura neo-liberista, l’estendersi delle disuguaglianze, la rivoluzione digitale, le ondate migratorie, la debolezza dell’Europa, l’infragilimento degli stati nazionali, la crisi morale delle élite e delle popolazioni, il diffuso senso di incertezza, la perdita dell’ottimismo, l’emergere di culture populiste non dissimili da quelle che portarono dopo la Prima guerra mondiale al trionfo dei fascismi. In Italia, paese debole nel contesto continentale, la crisi è risultata più grave che altrove, malgrado talune eccellenze. Le variabili nostrane che hanno aggravato il quadro non sono difficili da ricordare: il peso della grande criminalità organizzata, la corruzione pervasiva e dilagante, il deficit di cultura progettuale, la decadenza del sistema politico e istituzionale, l’iper-produzione normativa con leggi confuse e carenti, la scarsa efficienza della pubblica amministrazione, la marginalizzazione della scuola pubblica, gli infimi investimenti (pubblici e spesso privati) in ricerca e sviluppo, oltre che in formazione di base e continua, le distorsioni del sistema bancario, il frequente arroccamento dei sindacati, le miserie di un capitalismo senza visione e – quel
che è paradossale – senza capitali, il decadimento morale con eclissi del senso di responsabilità personale e collettivo, la persistente sotto-valorizzazione delle donne eccetera. Non sorprende che l’Italia sia strozzata da più di due decenni
Quella che qualcuno ha definito “the new golden age” dell’Occidente è terminata. Dalla crescita accelerata del Pil, dei profitti non finanziari, dei redditi e dei consumi familiari, del welfare, si è passati alla crescita rallentata e alla stagnazione, al boom dei profitti finanziari, alla perdita del lavoro, alla diminuzione del tenore di vita, alla riduzione del welfare
dal mix perverso di un elevato debito pubblico, di una bassa produttività, di una carenza di fiducia in sé e nel proprio potenziale. Ed è scontato che la rilevanza del lavoro sia stata messa in discussione e poi affossata. Come? Con l’incremento della disoccupazione manifesta e occulta (quella di chi il lavoro non lo cerca neppure); con la riduzione dei salari e degli stipendi, prima reale e quin-
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di persino nominale; col boom dei contratti non tradizionali, tutti basati sulla precarizzazione, su orari e redditi ridotti, su tutele assenti o limitatissime; con la persistenza del “nero” e dunque dell’evasione fiscale e contributi-
detta percentuale salire al 62%. In effetti, i dirigenti e i quadri (inclusi molti professional) in parte hanno sofferto sulla propria pelle la svalorizzazione del lavoro, anche elevato: licenziamenti, pre-pensionamenti, ridu-
va; con la rinuncia alla formazione, alla valorizzazione, alla motivazione delle lavoratrici e dei lavoratori; talora col ritorno a forme pre-moderne di sfruttamento, caporalato, schiavismo (anche in versione digitale). In senso opposto si sono mosse aree, settori, singole imprese. Ma un dato merita di essere citato: solo un terzo della forza-lavoro è incluso in realtà virtuose, in vario modo tutelanti e valorizzanti i lavoratori. Con un’aggiunta rilevantissima: le organizzazioni produttive che utilizzano almeno un manager vedono la sud-
zioni di redditi e di opportunità, obblighi di attuazione di strategie anti-lavoro, mortificazioni professionali e umane. Ma in generale si sono battuti sia per la tutela dei propri interessi sia per l’addolcimento delle politiche più dure, sia per la difesa di un modello inclusivo di impresa (si pensi all’attività di tanti responsabili delle risorse umane: appunto, risorse e umane...). Talché, se possiamo guardare non cupamente al futuro, lo dobbiamo anche a molti manager e quadri, silenziosi testimoni del valore del lavoro, proprio e altrui.
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Rivalorizziamo il lavoro
Ma il contributo meritorio dei manager e dei quadri non ha potuto modificare a fondo le caratteristiche di gran parte del nostro capitalismo: quello privo di gusto del rischio imprenditoriale, desideroso di protezione, poco capace di investire e di innovare, dipendente dal sistema bancario, utilizzante la rivoluzione tecnologica in ritardo e col fine di ridurre i costi del lavoro e non per accrescere la produttività, incapace di considerare gli addetti come risorse e non solo come costi. L’esito non poteva che essere il mix di cui si è detto. Né il futuro si presenta roseo, dal momento che la nostra crisi politica e ormai anche istituzionale non lascia presagire niente di buono, l’inadeguatezza dell’Europa non aiuta, il neo-protezionismo americano ci penalizzerà, il diffondersi dei robot e dell’IA distruggerà più posti di lavoro di quanti ne creerà. Da tale passaggio epocale potremo certo uscire “in avanti”, né ha senso avvolgersi in un pessimismo cosmico e paralizzante. Ma appare sensato preoccuparsi per la particolare fragilità del Bel Paese, per cui un forte impegno sarà richiesto a tutti coloro che credono che ogni reale sviluppo richieda tensione progettuale, capacità gestionali, cittadini e in particolare lavoratori sereni e motivati, rivalorizzazione del lavoro.
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Generare intergenerazionalità
I ROBOT SI PRENDERANNO CURA DEI NOSTRI ANZIANI? L’intelligenza artificiale compensa il deficit dei caregiver. Il mercato ha un valore globale di 5 miliardi di dollari Aladar Bruno Ianes direttore medico Korian Italia
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FRA TRENT’ANNI oltre un terzo degli italiani sarà over 65, con un inevitabile aumento della spesa per sanità e pensioni a fronte di una progressiva diminuzione della forza lavoro (fonte: Istat, Report sul futuro demografico del Paese, 3 maggio 2018). Per quell’epoca, le persone di novant’anni, che oggi sono circa 700mila, balzeranno a 2 milioni e mezzo. Questi numeri impongono un importante ripensamento dell’intero sistema socio-sanitario, che dovrà ridefinire processi e dinamiche assistenziali per rispondere alle esigenze di una crescente fascia di persone non produttive e fragili.
La geronto-tecnologia Alla luce delle prospettive economiche correlate alla silver economy sta emergendo un ambito interdisciplinare di ricerca che vede protagoniste applicazioni tecnologiche espressamente di-
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segnate per gli over 75. Si tratta del settore battezzato “gerontotecnologia”, senza badare troppo al marketing appeal del termine. Una nicchia di mercato che attribuisce alle tecnologie e all’intelligenza artificiale un ruolo chiave per l’indipendenza, la sicurezza e la qualità della vita dell’anziano. Come suggerisce la recente ricerca Technology in geriatrics pubblicata sulla prestigiosa rivista di geriatria Age and aging, si tratta di un settore destinato a conquistare il proprio successo attraverso un approccio multidisciplinare, nel quale più attori del sistema clinico, quali medici, fisioterapisti, terapisti occupazionali, psicoterapeuti, interagiranno direttamente con bioinge-
gneri, designer, ingegneri informatici e con tutti coloro che si occupano di policy making e regolazione del settore medicale.
L’innovazione versatile della robotica Fra le branche più promettenti della geronto-tecnologia spicca sicuramente la robotica, che con grande versatilità sta dimostrando di poter essere applicata con successo in svariati ambiti di intervento. Robot infermieri e robot fisioterapisti, con sembianze più o meno androidi, stanno prendendo piede in campo riabilitativo con applicazioni che vanno dal campo neurologico, ortopedico, sportivo e geriatrico. Ma non solo: anche nella
robotica chirurgica i robot supportano l’attività del chirurgo per compiere svariati tipi di interventi nell’ambito dell’ortopedia, della neurologia e della laparoscopia.
Un mercato globale da 4,9 miliardi di dollari Secondo una ricerca della Markets and Markets, il valore complessivo del settore dei robot medicali – suddiviso in sistemi di robot chirurgici, robot di riabilitazione, radiochirurgia non invasiva, robot ospedalieri e farmaceutici e altri sistemi robotici medici – aveva raggiunto nel 2016 un valore di 4,9 miliardi di dollari, con una crescita prospettica fino a 12,8 miliardi di dollari
Robot infermieri e robot fisioterapisti, con sembianze più o meno androidi, stanno prendendo piede in campo riabilitativo con applicazioni che vanno dal campo neurologico sportivo e geriatrico. Anche nella robotica chirurgica i robot supportano l’attività del chirurgo per compiere svariati tipi di interventi nell’ambito dell’ortopedia, della neurologia e della laparoscopia
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Generare intergenerazionalità entro il 2021. La robotica chirurgica, pur mantenendo il “peso specifico” più alto nella crescita, dovrà in parte cedere il passo alla robotica riabilitativa, che mostrerà una dinamica di crescita maggiore rispetto a tutti gli altri comparti proprio grazie all’importante impulso ricevuto dagli ambiti neurologico e geriatrico,
che spesso convergono su parecchie patologie dell’anziano.
Riabilitazione hi-tech Fra le macchine presenti nella robotica riabilitativa, Hunova di Movendo Technology rappresenta la tecnologia più recente e innovativa. Il progetto nasce all’Istituto italiano di tecnologia e trae ispirazione proprio dalla robotica umanoide con l’obiettivo di replicare la stessa biomeccanica dell’uomo. Il dispositivo medicale è in grado di misurare le patologie dell’apparato muscolo-scheletrico e del sistema vestibolare e cognitivo offrendo al terapista una strategia riabilitativa per i diversi distretti del corpo.
Doppia robotica sensorizzata per il recupero funzionale Il funzionamento di questa tecnologia ricorda quello di un videogioco: sul touch-screen appaiono oggetti con i quali interagire e il paziente, a seconda dell’arto da riabilitare, può interagire con la macchina, posizionandosi su una seduta o su una pedana per eseguire oltre 160 esercizi riabilitativi.
Il progetto Hunova nasce all’Istituto italiano di tecnologia e trae ispirazione dalla robotica umanoide con l’obiettivo di replicare la stessa biomeccanica dell’uomo. Hunova è un dispositivo medicale Total Body in grado di misurare le patologie dell’apparato muscolo-scheletrico e del sistema vestibolare e cognitivo offrendo al terapista una strategia riabilitativa per i diversi distretti del corpo.
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Gaming e personalizzazione del percorso terapeutico L’obiettivo è misurare in modo accurato le capacità neuromotorie di ciascun paziente, consentendo così di individuare gli
aspetti funzionali da migliorare e di creare percorsi riabilitativi personalizzati. I software offrono protocolli ottimizzati che l’operatore clinico può adattare alla specifica esigenza del paziente. Inoltre, l’utilizzo del gaming correlato agli esercizi rende la riabilitazione più motivante per il paziente, agevolando il compito del fisioterapista.
L’analisi predittiva del rischio di caduta La caduta dell’anziano rappresenta un vero e proprio fattore di rischio. È infatti la prima causa di disabilità degli over 75 e una delle prime cause di morte. In ambito geriatrico le ultime tecnologie permettono di lavorare sul controllo posturale, sulla propriocezione e sull’equilibrio, e vengono utilizzate nell’ambito della prevenzione e nella valutazione del rischio di caduta dei senior e nel recupero degli aspetti cognitivi.
Riabilitazione più semplice ed efficiente Grazie all’utilizzo del sistema virtuale di biofeedback, che supporta l’intero percorso riabilitativo, il paziente esegue la terapia in modo molto più focalizzato e intensivo rispetto alla pratica tradizionale, ottimizzando tempi e risultati. Il fisioterapista può trattare anche due pazienti contemporaneamente, purché in condizioni di autonoma stabilità.
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LIFE AFTER SALE Con la vendita di un nostro prodotto l’obiettivo non può dirsi raggiunto Alberto Baban presidente pmi Confindustria
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GNI VOLTA che concludiamo una vendita perdiamo qualcosa. Non è un’affermazione astratta: questo concetto ha implicazioni profonde sui nostri modelli di business, soprattutto in ottica digitale. Ogni volta che si effettua la vendita il prodotto passa sotto il controllo del cliente e solo attraverso l’utilizzo (user experience) può estrarre i benefici per i quali è stato progettato. Il tipo di utilizzo che il cliente ne fa condiziona il valore che ne ricava. Ad esempio: per quanta percentuale delle sue potenzialità state utilizzando il vostro computer? la vostra autovettura? il vostro televisore? Chi produce oggetti si sforza di migliorarne le performance, di aggiungere funzioni, immaginando (talvolta indagando tramite ricerche di mercato) il modo in cui questi verranno utilizzati. Ma poi quando il prodotto viene effettivamente usato, chi lo ha realizzato lo perde di vista e non sa nulla delle modalità con cui viene realmente impiegato, come spieghiamo nel libro Mind the change. Capire il cambiamento per progettare il business del futuro (Guerini Next).
Seguire il prodotto dopo la vendita: dati e informazioni utili Ora poniamoci un’altra domanda: è davvero importante raccogliere informazioni su come il prodotto viene utilizzato dai nostri clienti? Sicuramente avere queste informazioni ci permetterebbe di mettere a punto versioni migliori, più vicine alle reali modalità d’impiego: potremmo personalizzarlo, oppure insegnare al cliente come usarlo in modo più efficace per rispondere alle proprie esigenze, accrescendone la soddisfazione. Se è vero che i benefici per i quali il prodotto è stato progettato vengono ottenuti attraverso il suo utilizzo, il modo migliore per progettare quel prodotto sarebbe dal suo utilizzo. Oggi la tecnologia digitale permette di rendere il prodotto il tramite reale della relazione con l’u-
dotto. I dati grezzi necessiteranno poi di una elaborazione che li trasformi in insight sui modelli di comportamento dei clienti, sulle preferenze di utilizzo, sugli ostacoli che incontrano e così via. Grazie ai sistemi di analisi si aprono due possibilità: lo sviluppo di nuove generazioni di prodotti, sulla base di ciò che l’impresa apprende sull’utilizzo di quelli attualmente disponibili al mercato; il miglioramento delle performance del prodotto, attraverso l’upgrade del software, oppure l’affiancamento tilizzatore. Grazie alle possibilità di connessione, questo può diventare la piattaforma relazionale che permette al produttore di entrare nella vita del cliente. Vediamo come e quali sono le conseguenze. Nell’articolo sulla digital first pubblicato sul numero di marzo di questa rivista abbiamo illustrato le caratteristiche del prodotto digitale, definendo otto vettori di sviluppo che possono essere visti come altrettante dimensioni per trasformare un prodotto tradizionale in uno digitale. Ora è giunto il momento di approfondire le ricadute di un prodotto divenuto digitale sulla relazione con il mercato. La ragione risiede nel fatto che per sfruttare le potenzialità di un prodotto digital first occorre un cambiamento di prospettiva radicale non solamente sul prodotto, ma anche e soprattutto sulla relazione che abbiamo con il mercato.
Come entrare nella vita del nostro cliente Un prodotto digitale può raccogliere dati (sensing), elaborarli (thinking) e trasmetterli a un centro o ad altri prodotti circostanti (connecting). Questo consente di entrare nella vita del nostro cliente, osservandolo (=raccogliendo dati) nel momento in cui estrae benefici dal nostro prodotto. Ciò significa poter spostare l’obiettivo dalla vendita alla gestione dell’intera vita del prodotto nelle mani del cliente. Perché è dalla vendita in avanti che si crea il valore sia per il cliente sia per l’impresa. Come cambia il rapporto impresacliente quando il prodotto diventa connesso? La user experience si trasforma nel momento centrale della relazione, perché in quel momento si generano i dati che l’impresa raccoglie e può usare per migliorare le performance del pro-
La tecnologia digitale permette di rendere il prodotto il tramite reale della relazione con l’utilizzatore. Grazie alle possibilità di connessione, il prodotto può diventare la piattaforma relazionale che permette al produttore di entrare nella vita del cliente
di servizi in grado di accrescere i benefici per il cliente, o ancora la condivisione dei dati con altri operatori che creano ecosistemi di valore intorno al prodotto. Il secondo punto è quello che maggiormente rappresenta una rivoluzione rispetto al passato. Prodotti digitali presidiati da un software possono migliorare e adeguarsi
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progressivamente a ciascun singolo utilizzatore, come fanno ad esempio le vetture Tesla o i nostri smartphone. Ogni difetto originario viene superato da nuovi aggiornamenti di software, mentre le opzioni di personalizzazione rispondono ai modelli di utilizzo dei singoli. Ogni volta che il sistema si aggiorna l’esperienza di utilizzo migliora, accrescendo la soddisfazione e approfondendo il lock-in del cliente. Si innesca un loop, che chiamiamo digital value loop: a mano a mano che il prodotto viene utilizzato migliorano le performance del prodotto e cresce la sua capacità di generare soddisfazione. La metafora della relazione passa da un “se ti sei trovato bene torni a comprare da me” a un “più ti conosco più posso migliorare la tua esperienza di utilizzo del mio prodotto”.
Nuovi servizi a valore aggiunto Oltre alla possibilità di migliorare le performance del prodotto, la disponibilità di dati sul suo utilizzo abili-
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ta anche la possibilità di creare nuovi servizi a valore aggiunto. I dati permettono di anticipare (forecasting) e quindi predisporre soluzioni che anticipano il problema oppure sfruttano ciò che ci si attende avverrà. I dati possono anche essere ceduti a terze parti affinché queste offrano servizi utili al verificarsi di certe condizioni: si possono così costruire ecosistemi di valore in cui imprese diverse partecipano alla realizzazione di benefici per il cliente in un certo contesto di utilizzo. Accanto ai nuovi servizi, i dati generati durante la user experience possono anche essere condivisi con altri utilizzatori per accrescere l’esperienza oppure condividere un apprendimento che in questo modo diventa ancora più veloce. Se il cliente può giovarsi delle esperienze fatte da altri utilizzatori, il suo apprendimento diventa più rapido e ancora più product specific. Questo ha ricadute importanti sia sulla sua soddisfazione sia sul lock-in competitivo.
Il prodotto come strumento di relazione Infine, il prodotto connesso può abilitare gli utilizzatori a contribuire con propri suggerimenti e intuizioni nello sviluppo di nuovi prodotti e soluzioni, secondo logiche di co-creazione, come tipicamente avviene con i software rilasciati in versione beta. Questo cambio di prospettiva, che introduce il produttore dentro il
momento dell’utilizzo, rendendo il prodotto lo strumento della relazione, offre la possibilità di creare nuovi e più duraturi modelli di business, basati non tanto (o addirittura non più) sulla vendita, bensì su tutto il valore che si può estrarre durante l’intera vita utile del prodotto. In quest’ottica, la vendita diventa l’elemento abilitante per occupare una posizione specifica all’interno del contesto di utilizzo del cliente, senza la quale non sarà mai possibile raccogliere alcun tipo di dato. Occupare quella posizione diventa un imperativo anche competitivo, perché spesso ciascuna categoria di prodotto vede un solo brand essere acquistato e usato. Quanti di voi hanno più di un frigorifero? Più di una macchina del caffè? Più di un computer? Più di un materasso? E, nel prossimo futuro, più di un assistente virtuale? Vendere il prodotto significa occupare quello spazio e quindi da quel momento in avanti disporre dei dati sul suo utilizzo ma anche della sua categoria. Su quei dati si costruisce poi il sistema di offerta, o digital value proposition. A questo punto, se la vendita diventa il momento abilitante, ci si può anche domandare se è dalla vendita che si deve ottenere il margine di profitto, oppure se da essa in avanti si può realizzare il profitto; in altre parole, se la vendita deve richiedere un prezzo o se addirittura non potremmo cedere il prodotto a un prezzo prossimo a zero.
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
LE FRODI SUI FONDI COMUNITARI
L’
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ufficio Valutazione impatto del Senato diffonde e sviluppa la “cultura della valutazione”, elaborando analisi d’impatto delle politiche pubbliche. Tali analisi sono basate sui rischi, i costibenefici e i costi-efficacia delle politiche pubbliche. L’ufficio è presieduto dal presidente del Senato, è composto da un gruppo di lavoro esperto in analisi e valutazione delle politiche pubbliche, composto da personale del Senato e da collaboratori esterni che appartengono a istituzioni pubbliche. L’ultimo lavoro pubblicato dall’Ufficio ha per titolo A spese dell’Europa. Le mille e una frode sui fondi comunitari: come funzionano, a quanto ammontano, chi le combatte.
Entro il 2020, l’Unione europea avrà messo a disposizione dell’Italia, tra fondi strutturali e fondi di investimento, più di 77 miliardi di euro, di cui 46,5 per attuare le politiche di coesione e 31 per la politica agricola comune. Questa considerevole somma rischia di essere oggetto di illeciti vari da parte di truffatori e criminalità organizzata, come già avvenuto in passato. Illeciti e controlli La Guardia di finanza nella passata tornata ha svolto quasi 13mila controlli dal 2014 al 2016. A seguito di tali Testo dell’indagine:
indagini ha riscontrato che in 6 casi su 10 i fondi sono chiesti o ottenuti in maniera fraudolenta. La percentuale sale ancora per la politica agricola comune, arrivando al 64%. Il picco degli illeciti è nel Sud, dove avviene l’85% delle frodi su fondi strutturali e spese dirette della Ue. Mentre il Centro Italia vede il massimo degli illeciti per agricoltura e pesca, registrando quasi la metà dei casi. Ma come arginare le frodi comunitarie? Chi controlla? Chi recupera i soldi indebitamente percepiti? E quali sono i trucchi più usati per arricchirsi a spese dell’Europa?
http://bit.ly/dir-lottafrodicomunitarie
I NUOVI PARLAMENTARI PRESENTANO PIÙ DI 1.100 PROGETTI DI LEGGE
I
n attesa di nominare le commissioni permanenti nel nuovo Parlamento stanno lavorando solo le commissioni speciali per l’esame degli atti del governo, che procedono all’esame del Documento di economia e finanza (Def). E gli altri parlamentari cosa fanno? Presentano proposte e disegni di legge, che al momento nessun organo esamina. Alla Camera sono state finora presentate 700 proposte di legge, mentre al Senato sono stati presentati 435 disegni di legge. Va detto che nelle scorse legislature solo l’1% dei progetti di legge d’iniziativa parlamentare è stato definitivamente approvato. Coloro che
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sono alla seconda esperienza ripresentano progetti di legge già depositati nella precedente legislatura. I neofiti spesso ereditano progetti di legge presentati da colleghi di partito negli scorsi anni oppure accolgono le istanze delle categorie che rappresentano. Su tutti pesa la spada di Damocle dei 753 decreti legislativi attuativi che il nuovo governo e il Parlamento dovrebbero emanare: è lecito esprimere qualche dubbio sull’effettiva futura approvazione di tali provvedimenti, che si riferiscono a riforme la cui impostazione ideologica è molto lontana dal nuovo assetto di governo.
L’APE VOLONTARIO
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opo il primo mese di funzionamento dell’Ape volontario – il nuovo strumento finanziario, attivo da due mesi per consentire ai 63enni con 20 anni di contributi di uscire dal mercato del lavoro con un anticipo fino a 43 mesi – erano state presentate oltre 4.200 domande all’Inps per finanziamenti individuali su-
periori ai 41mila euro. La durata media delle domande presentate è pari a 32 mesi e la rata media richiesta è di 925 euro al mese. In totale ammontano a 173 milioni le risorse già prenotate per le uscite anticipate. Gli interessati all’applicazione di questa misura sono i lavoratori nati tra maggio
CONTRATTO LEGA-M5S: OCCUPAZIONE E PENSIONI Cosa dice esattamente il patto del governo al di là delle promesse elettorali
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el contratto Salvini-Di Maio su cui si basa il programma del prossimo governo, il capitolo dedicato al lavoro si apre con l’obiettivo di garantire una retribuzione equa a ciascun lavoratore. Tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto con l’introduzione di una legge che stabilisca il salario minimo orario in tutti quei settori produttivi e per tutte quelle categorie di lavoratori in cui non sia già previsto tramite la contrattazione collettiva. Cuneo fiscale e politiche attive. Si prevede poi l’abbattimento del cuneo fiscale anche attraverso la riduzione degli adempimenti burocratici, per liberare le imprese da costi inutili. Constatato che la cancellazione dei voucher ha favorito il lavoro sommerso, il nuovo governo intende adottare uno strumento più semplice di quello attuale, attivabile per via telematica ma che non si presti ad abusi. Le politiche attive nelle intenzioni del nuovo governo dovrebbero essere rafforzate anche attraverso la riorganizzazione e al potenziamento dei centri per l’impiego. L’occupazione verrebbe assicurata favorendo gli investimenti “in imprese giovani, innovative e tecnologiche”. Il governo intende favorire la nascita di “nuove figure professionali”adeguate alle richieste della quarta rivoluzione industriale. Anche il sistema della formazione verrà rifor-
mato per adeguare il lavoro ai cambiamenti tecnologici e di offerta, attraverso processi di formazione continua dei lavoratori. Reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza nelle intenzioni del nuovo Esecutivo dovrebbe ammontare a 780 euro netti mensili ed essere rivolto ai cittadini che ne hanno effettivamente bisogno. Il beneficiario dovrebbe comunque impegnarsi nella ricerca attiva del posto di lavoro (per questo viene considerato una forma di politica attiva e non solo passiva). Resta infatti la condizionalità, per cui il lavoratore disoccupato non potrà rifiutare più di tre offerte lavorative in due anni. Sud. Riguardo al Sud, non si prevedono misure specifiche se non la chiusura dell’Ilva a Taranto, ma con la tutela dei livelli occupazionali. Nel contratto non si prevede l’annunciata abolizione del Jobs act né la reintroduzione dell’art. 18. Pensioni e Legge Fornero. Riguardo alle pensioni, si annuncia il superamento della Legge Monti-Fornero, con la previsione di poter uscire dal lavoro o al raggiungimento della “quota 100” (come somma tra età anagrafica e contribuzione e comunque con 64 anni come età minima) o con 41 anni di anzianità contributiva. Si prefigura la possibilità di pro-
rogare l’opzione donna e di riordinare il sistema del welfare con la separazione tra previdenza e assistenza. Vitalizi. Si prevede di adeguare il sistema dei vitalizi dei parlamentari e consiglieri regionali e dei dipendenti degli organi costituzionali al sistema previdenziale applicato ai cittadini. Pensioni d’oro. Dovrebbe infine essere adottato un intervento sulle pensioni d’oro (superiori ai 5.000 euro netti al mese) “non giustificate dai contributi versati”. Testo contratto: http://bit.ly/dir2-contrattogoverno
PRENDE QUOTA 1954 e luglio 1956. L’Inps ha stimato che potenzialmente potrebbe riguardare 300mila lavoratori nel 2018 e 115mila nel 2019. Bisogna attendere adesso i prossimi passi del nuovo governo, che nelle intenzioni vorrebbe modificare la riforma delle pensioni introdotta dalla Monti-Fornero rendendo così di fatto
inutile ricorrere all’Ape e alle altre forme di flessibilità in uscita introdotte dai governi precedenti. Al momento l’Ape volontario non compare nel contratto di governo. Ricordiamo però che la misura di flessibilità è sperimentale fino al 2019 e, avendo un minimo impatto sulle finanze pubbliche (a differenza dell’Ape socia-
le) in quanto i beneficiari si autofinanziano con una tariffa amministrata per poi rimborsare il prestito-ponte nei primi vent’anni di pensione, la misura potrebbe essere comunque prorogata. Portale Inps: http://bit.ly/dir-nuovoportaleinps
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Formazione
L’INFORMATICHESE E I SUOI TORMENTONI Il linguaggio è un’arma potentissima ma nel settore Ict forse non ha la precedenza sui bit e i gigabite. Ecco una hit parade di frasi o parole “digitali” comprensibile ai soli operatori di settore Anna Fonseca Trainer
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È
ABBASTANZA normale che tra simili il comportamento si uniformi. Nel celebre esperimento dei metronomi discordanti (valido anche con gli orologi a pendolo!) vengono posti trentadue metronomi su un tavolo, uno accanto all’altro, e dopo circa un minuto e mezzo questi cominciano a sintonizzarsi fra loro e a produrre un unico sincronizzato tic tac. Lo chiamano effetto risonanza. Anche gli esseri umani si sincronizzano quando condividono lo stesso ambiente. Il fenomeno alla base della risonanza tra gli esseri umani è supportato dall’esistenza dei neuroni a specchio (Rizzolatti, Gallese, Fogassi 1996), una piccola popolazione di neuroni localizzati nella zona frontale e parietale del nostro cervello. Recenti studi collocano i mirror neuron (neuroni a specchio) alla base dell’empatia. Ed è proprio di empatia che sto parlando. Quando le persone condividono uno spazio comune, cominciano ad assumere comportamenti simili, uno di questi è il modo di comunicare. Il
linguaggio è il comportamento peculiare della specie umana.
L’empatia e il contagio linguistico Nel settore Ict o digitale (per definirlo con un termine da Millennial generation), l’empatia si manifesta anche attraverso la condivisione di un linguaggio settoriale, comprensibile ai soli operatori di settore. Da oltre vent’anni mi occupo di comunicazione e spesso sono coinvolta in conversazioni tra vendor e reseller. In più di un’occasione ho potuto notare quanto il loro contagio linguistico si sia trasformato in veri e propri tormentoni. Già qualche anno fa, durante uno dei tanti eventi di settore, fui invitata a fare un intervento sull’importanza delle parole. Le parole fecondano il cervello, creano dei veri e propri scenari emotivi. Spesso non siamo consapevoli delle nostre abitudini linguistiche e cadiamo nell’uso improprio di termini o, ancor peggio, utilizziamo parole “tragiche” capaci di influenzare negativamente il nostro interlocutore. Ad esempio, il sostantivo “appuntamento” deriva dal greco
b a c k a pp am i q ue i d at i
puoi for wardarmi la mail?
appuntare con spillo, quindi fare la punta. Evoca un’immagine appuntita, non proprio positiva per creare un’atmosfera di accoglienza e disponibilità; e poi il verbo “sfruttare”, “approfittare”, “discutere” e altre ancora, che per motivi di brevità mi limito solo a citare. Vi sono poi le parole magiche, quelle che agiscono come dei veri grimaldelli di accesso alla disponibilità dell’interlocutore. Parole come l’avverbio “semplicemente”, “facilmente”, “sì” (parola magica in assoluto), “opportunità”, il pronome “noi”, l’utilizzo della forma verbale in prima persona plurale e altre ancora.
Le parole inglesi italianizzate Nel settore Ict vi abitano pochi linguisti e molti ingegneri e forse
re p ly iam i as ap
è per questo che il linguaggio non ha la precedenza sui bit e i gigabite. Le conversazioni nel nostro settore si svolgono attraverso l’uso di sigle, acronimi, nomi di soluzioni complessi e talvolta incomprensibili, come Iot, big data, disaster recovery, cloud, supply chain, crm, pdm, plm. L’informatichese è un sistema di comunicazione con un suo preciso lessico, una sua fonetica, una morfologia, una sintassi e una sua pragmatica molto precisa. Ma il meglio in questo settore lo si ha quando si “arrangiano” i termini inglesi italianizzandoli, allora sarà frequente sentire frasi come “backappami quei dati” oppure “puoi forwardarmi la mail?”, “mi droppi quel file?”, “replyiami asap”, “la merce l’ho
l a me rc e l’h o de li v e r a t a
Le parole fecondano il cervello, creano dei veri e propri scenari emotivi. Spesso non siamo consapevoli delle nostre abitudini linguistiche e cadiamo nell’uso improprio di termini o, ancora peggio, utilizziamo parole che influenzano negativamente il nostro interlocutore
deliverata”, “stiamo per sappizzare” e altre ancora.
La hit parade dei tormentoni digitali Concludo con una simpatica hit parade dei tormentoni digitali.
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Formazione La mia preferita è: “Dobbiamo capire i mal di pancia del cliente”. Un responsabile commerciale di un vendor molto noto, nell’approntare alcune attività di marketing, era solito ricordarmi che quando si va da un cliente occorre capire quali siano “i suoi mal di pancia”. Ogni volta che ascol-
La domanda che tutti dovremmo porci quando incontriamo un cliente/prospect: “Che tipo di scenario emotivo sto creando con le mie parole?”
tavo questa frase rabbrividivo, perché ero a conoscenza che la squadra addetta alle vendite di questo brand aveva l’abitudine di andare dai clienti e nei primi cinque minuti di conversazione il
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venditore di turno si schiariva la voce e diceva: “Vogliamo capire i suoi mal di pancia!”. Ora, penso che dei propri mal di pancia vorremmo parlarne a un gastroenterologo, se proprio fosse necessario, ma certamente non durante un meeting di lavoro, a degli sconosciuti. Talvolta pronunciamo frasi o modi di dire senza porre attenzione al potere linguistico che una frase o una parola racchiude nella sua etimologia, nella semantica. Parlare a un cliente di mal di pancia significa creare uno scenario emotivo, oltre che imbarazzante, associato al dolore. La domanda che tutti dovremmo porci quando incontriamo un cliente/prospect è: “Che tipo di scenario emotivo sto creando con le mie parole?”. Nell’esempio del mal di pancia: “Può uno scenario di questo tipo agevolarmi in qualche modo?”. “Che tipo di immagini sto evocando?”. Un altro tormentone: “Invio una mail di recap così siamo tutti allineati!” Allineati? Siamo per caso dei soldati? Dobbiamo metterci tutti su una linea? Le immagini rigide non predispongono un cliente, anzi. La comunicazione positiva è composta non solo dalle parole che pronunciamo, ma anche dai suoni, dalle immagini che le parole evocano nelle nostre rappresentazioni mentali. Qui il celebre esperimento sul fonosimbolismo, condotto da Kohler nel
1929 (psicologia gestaltica) sulle parole Takete e Maluma. L’esperimento consisteva nel chiedere a un campione di persone di associare questi due nomi a due diverse forme, una formata da linee rette e spigolose, l’altra da linee curve e morbide. Secondo voi a quale forma è associata la parola Takete? “Siamo sotto staffati”: questa frase è un mix tra l’inglesismo storpiato e l’immagine di una staffa, che richiama il mondo equino. Lascio a voi immaginare il resto. Sarebbe troppo banale dire “siamo sottodimensionati”. Eppure le parole in italiano esistono! Piccola parentesi: non direi mai a un cliente che la nostra azienda non è in grado di supportare le sue esigenze perché il personale è numericamente limitato. Piuttosto direi “abbiamo tantissimo lavoro da fare in questo momento, devo verificare come poter inserire anche il tuo ordine”. La mia hit parade dei tormentoni prosegue. Invito il lettore a completare la classifica, sono certa che ognuno ha i suoi tormentoni da raccontare. L’articolo è un invito alla consapevolezza: il linguaggio è un’arma potentissima capace di avvicinare o di allontanare. È lo strumento che ci permette di rendere noto ciò che proviamo e ciò che pensiamo al mondo esterno. “Ma davvero sei interessato ai miei mal di pancia?”
Il laser a femtosecondi al Centro Diagnostico Italiano
COMPETENZA MEDICA E TECNOLOGIA AVANZATA PER LA CHIRURGIA OCULISTICA Negli ultimi 20 anni la chirurgia della cataratta, in assoluto l’intervento più eseguito nel mondo, ha raggiunto una grande standardizzazione e degli ottimi risultati grazie alla anestesia topica (solo gocce di collirio), alla microincisione (circa 1,8-2,2 mm.) e alle lentine intraoculari Premium. L’utilizzo del laser a femtosecondi, approvato da FDA e CE, aggiunge una sicurezza e una delicatezza irraggiungibili con l’intervento classico. Il laser a femtosecondi ha una risoluzione nanometrica, può operare direttamente all’interno dell’occhio senza dover “aprire” il bulbo oculare, può essere programmato al computer in modo da effettuare in pochi secondi interventi impossibili manualmente. Le fasi principali dell’intervento, infatti, vengono programmate dal chirurgo al computer ed effettuate dal laser in pochi secondi, senza l’utilizzo di bisturi metallici, pinze chirurgiche e sonde di facoemulsificatori ad ultrasuoni. Il laser può costruire l’incisione corneale seguendo una forma intrastromale impossibile da eseguire manualmente, garantendo così un posizionamento, un dimensionamento e una tenuta perfetti. Questa tecnica consente minor invasività, minor infiammazione e decorso post operatorio più veloce con ripresa delle normali attività quasi dal giorno dopo l’intervento.
di cristallini di ultima generazione, Piccola chirurgia oculistica (calazio, cisti, neoformazioni palpebrali, xantelasmi), Pterigion, Interventi laser per glaucoma e retinopatie, Interventi laser per correzione difetti visivi (laser a femtosecondi ed eccimeri), Crosslinking corneale, Trapianti corneali (cheratoplastica lamellare, endoteliale e perforante).
Per organizzare il percorso del paziente, CDI ha istituito un call center dedicato per la prenotazione sia di visite che esami che di interventi chirurgici: 02.48317600
Ma il laser a femtosecondi non è utilizzato solo per la sostituzione del cristallino in caso di cataratta. Viene impiegato anche per effettuare la cosiddetta Bladeless LASIK, l’intervento che risolve i difetti visivi. Ed inoltre oggi viene utilizzato anche per la chirurgia dei trapianti corneali, sia lamellari che endoteliali. In questo caso col laser a femtosecondi effettua un accoppiamento perfetto tra donatore e ricevente con miglior risultato refrattivo post operatorio. La chirurgia refrattiva che problemi può risolvere? Miopia, astigmatismo, ipermetropia e oggi anche la presbiopia se le condizioni anatomiche oculari lo consentono. Il servizio di chirurgia oculistica del Centro Diagnostico Italiano di Milano si avvale non solo di strumentazioni tecnologiche all’avanguardia, ma anche e soprattutto della competenza professionale dell’equipe chirurgica, in grado di operare in Day Surgery o in One Day Surgery, le principali patologie oculari che necessitano di intervento: Interventi di cataratta con impianto
via Saint Bon 20 - 20147 Milano. Per informazioni e prenotazioni: 02.48317600 (Privati e Fondi)
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Innovazione
IL SENSO
DI UNA RIVOLUZIONE DI L’alfa e l’omega della digital transformation: un percorso di approfondimento per i manager Enzo Rullani direttore TLab – Cfmt
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L
A DIGITAL transformation sta cambiando la cultura manageriale delle imprese, imponendo la ricerca di nuovi modelli di business. Dagli ultimi dati Istat risulta che solo il 3% delle imprese italiane (col 13% sul totale degli addetti) ha realizzato in modo compiuto la transizione al digitale. Il restante 97% deve ancora mettere a fuoco il senso e la portata del cambiamento in corso. Ma non può certo rimanere alla finestra, subendo passivamente le innovazioni degli altri. La digital transformation, infatti, riguarda tutti, perché il suo effetto fondamentale è l’emergere di una nuova economia della conoscenza che usa il digitale per generare valore in modi diversi e sfidanti rispetto al passato. Avviando tre grandi traiettorie di evoluzione. La prima è quella più immediata e visibile: grazie alla rete della comunicazione online, oggi è possibile creare valore aumentando rapidamente e in misura elevata i moltiplicatori applicati ai prodotti e ai servizi standard, specie se dematerializzati (sotto forma di dati, app, video, significati, marchi
ecc.). La digitalizzazione permette infatti di replicare e propagare questi standard a costo zero, in tempo reale, nel grande mercato mondiale. Dando origine – nei casi di successo – a percorsi di crescita esponenziale dei volumi dei prodotti e servizi corrispondenti.
Digitalizzazione: due novità dirompenti Ma la moltiplicazione quantitativa degli standard, che estende la logica delle economie di scala, già ampiamente praticata in passato, è solo la punta dell’iceberg. La digitalizzazione, in realtà, apre la strada ad altre due novità dirompenti nella produzione di valore: a) sviluppa automatismi che sono in grado di gestire la complicazione, ossia tutta una serie di varianti codificabili (ex ante), che in precedenza le macchine rigide pre-digitali non erano in grado di garantire e che oggi invece possono essere affidate a robot, algoritmi, learning machine, reti di internet of things (Iot). Col risultato che crescono le possibilità di personalizzare a basso costo prestazioni e prodotti, di velocizzare le lavora-
SENSO
zioni on demand, di organizzare catene di co-produzione nelle filiere globali e nell’organizzazione aziendale, gestendo al meglio le interdipendenze; b) aumenta le capacità creative degli uomini, perché ciascuna persona coinvolta nell’interazione in rete può dare forma a idee e progetti collaborativi, facendo leva su un’intelligenza condivisa di potenza ben maggiore di quella dei singoli. Queste capacità creative consentono di governare a basso costo livelli crescenti di complessità, gestendo varianti non prevedibili e non codificabili ex ante. Diventa così conveniente, nella nuova economia della conoscenza digitalizzata, l’esplorazione della complessità a tutto campo, dando luogo a una gamma molto ricca di esperienze di vita e di lavoro, differen-
ziate in funzione dei singoli casi e mutevoli nel tempo. Moltiplicazione degli standard, espansione degli automatismi capaci di gestire la complicazione, esplorazione di livelli sempre più elevati di complessità mediante forme condivise di intelligenza creativa, cambiano alla radice non solo le forme di concorrenza tra imprese, ma anche la cultura che il management deve mettere in campo per passare dalle vecchie alle nuove forme di generazione del valore.
Uomini 4.0: ritorno al futuro Il Cfmt e l’Università di Udine, in una ricerca in collaborazione terminata da poco, hanno messo a fuoco il nuovo rapporto che la digitalizzazione viene a stabilire tra uomini e macchine, lungo percorsi di creazione del valore orientati
La digital transformation riguarda tutti, perché il suo effetto fondamentale è l’emergere di una nuova economia della conoscenza che usa il digitale per generare valore in modi diversi, e sfidanti, rispetto al passato
verso livelli crescenti di complessità. Ne parla il volume dal titolo Uomini 4.0: ritorno al futuro. Creare valore esplorando la complessità, recentemente pubblicato da Franco Angeli in Open Access. La premessa da cui è partita questa ricerca è che la digitalizzazione ha un elevato potere sostitutivo rispetto al lavoro umano, in tutti i casi in cui si sviluppa propagando
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Innovazione standard replicativi o automatismi digitali, sostituendo il lavoro degli uomini. Non tutto il lavoro, ma specificamente quello di tipo esecutivo che si limita a eseguire programmi o ordini ricevuti da altri. Di qui i timori che la propagazione delle tecnologie digitali si traduca in aumenti di produttività
Il percorso del digitale è necessariamente intrecciato alla formazione di uomini dotati delle competenze e delle capacità necessarie per gestire una transizione dalle grandi potenzialità (in termini di valore producibile) ma anche segnata da contraddizioni importanti
nei settori di applicazione, a prezzo di un corrispondente aumento della disoccupazione tecnologica dovuta alla perdita di posti di lavoro, man mano che compiti svolti in precedenza da uomini vengono affidati a robot o altri automatismi. Bisogna però, su questo versante, considerare anche l’effetto compensativo legato alla crescita della complessità dei prodotti, dei servizi e delle relazioni associata alla digitalizzazione. Infatti, la progressiva crescita della complessità nel mondo digitale – aumentando i gradi di libertà degli user nella domanda dei prodotti e dei servizi – crea valore addizionale usando soprattutto lavoro umano qualificato. Un lavoro intraprendente capace di interagire senza difficoltà con gli automatismi digitali e al tempo stesso di dilatare il campo delle possibilità. In vari modi: immaginando soluzioni e servizi nuovi, creando progetti collaborativi, condividendo conoscenze e significati fuori standard, assumendo la responsabilità e il rischio delle esplorazioni trasformative rispetto al pre-esistente.
Human driven
Uomini 4.0: ritorno al futuro. Creare valore esplorando la complessità Alberto F. De Toni, Enzo Rullani Free download: bit.ly/Uomini4_0Download Franco Angeli
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In effetti, come emerge dalla ricerca Uomini 4.0, le innovazioni di successo studiate negli 11 casi impresa sono soprattutto innovazioni human driven e non solo digital driven. È una costante che vale in tutti i casi in cui bisogna andare
oltre le varianti codificabili (complicazione), per mettere a fuoco possibilità ad alto grado di indeterminazione (complessità). Su queste ultime, in realtà, sono gli uomini ad avere la capacità pratica di valutare e decidere responsabilmente il da farsi. Il percorso del digitale è dunque necessariamente intrecciato alla formazione di uomini dotati delle competenze e delle capacità necessarie per gestire una transizione dalle grandi potenzialità (in termini di valore producibile) ma anche segnata da contraddizioni importanti. Per rendere sostenibile la transizione al digitale è infatti necessario integrare principi e tendenze contrastanti: come abbiamo visto, la produttività digitale che tende a sostituire il lavoro esecutivo con robot e algoritmi deve interagire con la crescita della complessità che genera domanda di nuovo lavoro (qualificato). Ma, un po’ a tutti i livelli, l’integrazione delle diversità diventa la regola, un criterio da rispettare per andare avanti lungo il percorso della transizione: la dilatazione del virtuale deve accompagnarsi alla riscoperta del materiale ancorato alla fisicità dei produttori e dei consumatori in carne e ossa; l’empowerment delle soggettività decentrate, realizzato dalle piattaforme, deve coesistere con il potere monopolistico delle stesse, tutto ancora da disciplinare; il lato positivo, e splen-
dente, delle nuove prestazioni ottenibili dai dispositivi digitali, deve fare i conti con il “lato oscuro” che mette in pericolo la privacy, la sicurezza, la trasparenza delle opinioni e delle (spesso false) verità in rete. La transizione manageriale verso il digitale deve mettere insieme tutto questo. Per farlo in modo efficace, accanto alla pratica sperimentale del nuovo, serve un processo di apprendimento che renda possibile rappresentare e gestire in modo consapevole il cambiamento. È quanto il Cfmt, in collaborazione con Kanso e con il Digital transformation institute, ha messo in programma con una serie di “conversazioni” sul tema, con il roadshow Dai-Digital awareness improvement (vedi box a fianco).
I 6 temi che il management deve affrontare Attraverso la riflessione condivisa nei sei workshop previsti, saranno messi a fuoco temi “caldi” che il management della transizione digitale deve – volente o nolente – affrontare: il cambiamento che investe la leadership manageriale; i nuovi scenari di business e di consumo; il marketing della digital customer centricity; la codificazione delle relazioni (tra blockchain e nuove forme di business); lo smart working dell’ufficio digitalizzato; l’emergere – grazie ai big data e
Il ciclo di incontri Dai-Digital awareness improvement – Conversazioni sulla trasformazione digitale – si pone l’obiettivo di approfondire sia i più importanti temi connessi ai driver tecnologici relativi alla trasformazione digitale sia la componente umana, quella soft, che consente di riprogettare le organizzazioni, i processi e le competenze. I prossimi appuntamenti: eLeadership. Come rileggere la leadership con la lente del digitale Milano Cfmt, 16 luglio || 17,30 – 19,30 Gli scenari di business e di consumo tra intelligenza artificiale, big data e IoT Milano Cfmt, 20 settembre || 17,30 – 19,30 Torino, 27 settembre || 17,30 – 19,30 Roma Cfmt, 10 ottobre || 17,30 – 19,30 Marketing e vendita nell’era della digital customer centricity Milano Cfmt, 18 ottobre || 17,30 – 19,30 Per info e iscrizioni: lvendola@cfmt.it Per i successivi appuntamenti: bit.ly/CfmtUomini4_0
all’IoT – di reti integrate di comunicazione tra cose e persone. Tutti elementi che, nel loro emergere, vanno resi integrati tra loro lungo un percorso condiviso di trasformazione digitale dell’azienda, nelle sue forme organizzative e nel suo modello di business. È un’evoluzione aperta che toglie valore a soluzioni standard e ricette prefabbricate. Bisogna infatti che ciascuna impresa immagini e sperimenti il nuovo in modo ade-
rente alla sua unicità. Anche per questo, nella maggior parte dei casi, i manager che fanno la scelta della digital transformation intuiscono, già in partenza, che si tratta di un percorso non lineare. Un percorso in cui, nel bene e nel male, tutto può accadere. Dunque c’è un’unica prescrizione, prima di iniziare il viaggio: abbiamo bisogno di tracciare una mappa del territorio da attraversare. Prepariamoci.
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Intervista
TERZO SETTORE:
A QUANDO LA RIFORMA? Entro febbraio 2019 associazioni e imprese sociali dovrebbero decidere se diventare o meno Ets, Enti del terzo settore. “Dovrebbero” perché la riforma che li riguarda sta subendo un rallentamento. Ma intanto proviamo a capire che cambiamenti prevede e che obiettivi si pone. Lo abbiamo chiesto a Giancarla Bonetta, responsabile del Gruppo Volontariato di Manageritalia Lombardia, in cui è già operativo un team di lavoro sul tema che supporta le associazioni a districarsi nella giungla burocratica della riforma.
Giancarla Bonetta è responsabile del Gruppo Volontariato di Manageritalia Lombardia.
Eliana Sambrotta
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A che punto siamo con la Riforma del terzo settore? «Siamo oggi ovviamente in una fase di rallentamento a causa delle elezioni e dell’assenza di un governo (al momento dell’intervista, ndr). Sembra ci sia da tutte le parti politiche la volontà di completare la riforma e di applicarla. Una Commissione a livello ministeriale continua a lavorarci, ma per ora non ci sono certezze. Mancano ancora alcuni decreti attuativi ed è in corso la revisione e l’integrazione di alcuni articoli il cui testo è già stato sottoposto alla Camera dei deputati per l’approvazione. Il rischio mini-
mo che si corre è che ci sia uno slittamento nei tempi di entrata in vigore. Anche gli enti maggiormente coinvolti, come i Centri di servizio per il volontariato, pur continuando ad aggiornarsi sono in attesa e non spingono le associazioni a prendere decisioni affrettate». Perché si parla tanto di questa riforma e perché è così importante? «Perché è una riforma pensata per mettere ordine nel grande mondo del Terzo settore, introducendo una categoria più ampia e generale nella quale ricon-
durre tutte le forme associative e di impresa che perseguono senza scopo di lucro finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Scopo principale della riforma è garantire la massima trasparenza delle associazioni e delle imprese sociali». Come? «Tutti i soggetti che decideranno di registrarsi come Ets, Ente del terzo settore, dovranno inserirsi in una delle 26 categorie previste e dovranno essere iscritte in un registro unico nazionale. Avranno alcuni vantaggi, come ad esempio l’accesso al 5 per mille, facilitazioni fiscali e potranno decidere di svolgere un’attività commerciale secondo regole e limiti prefissati. Ma avranno an-
che oneri, come per esempio la redazione di un bilancio d’esercizio o un bilancio sociale. Da sottolineare che si tratta di un vero e proprio cambiamento culturale: oggi il Terzo settore è dedicato alle organizzazioni che operano in campo sociale. Con la riforma includerà anche altre forme associative dedicate al “bene comune”, allargando lo spettro anche per esempio al campo ambientale o al benessere fisico e mentale». In che modo Manageritalia Lombardia, e in particolare il Gruppo Volontariato, si sta muovendo in questo ambito? «Abbiamo creato un team dedicato a questo argomento, il cui compito è quello di raccogliere
tutte le informazioni e produrre una sorta di semplificazione per aiutare le organizzazioni che ci chiedono aiuto, in particolare le piccole associazioni, a riflettere sul proprio futuro, su come vorranno sviluppare la propria attività e quindi prendere la decisione appropriata. Dato che la legge è estremamente complessa, il nostro compito sarà anche quello di indirizzarle verso i soggetti ai quali rivolgersi per gli approfondimenti burocratici: ricordiamo che le organizzazioni che decideranno di diventare Ets e inserirsi in una delle 26 categorie previste dovranno modificare il proprio statuto, rendendolo consono all’attività che vorranno svolgere in futuro».
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Lavoro
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Lavoro manageriale
LA LEADERSHIP COME CHIAMATA George Kohlrieser docente di leadership e comportamento organizzativo alla Business school Imd. Ha partecipato come speaker al World business forum 2017
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uello che desidero fare è portare a casa il concetto di quale sia la parte più umana dell’essere
umano nell’ambito di un’organizzazione. Cosa rende un essere umano tale e cos’è che lo rende performante al di fuori della leadership? La risposta è senso e scopo. Se si perde il senso e lo scopo in ciò che si fa e si perde il senso del perché ci si impegna a essere leader, accade qualcosa di “distruttivo”. La realtà dei fatti è che la leadership è
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una vera e propria chiamata. La doman-
journey). Osservando molteplici culture
ruolo personale; il ruolo professionale;
da che quindi vi dovete fare è: “Come
l’eroe si è sempre interfacciato con una
il ruolo che si ha in un’organizzazione.
trovo senso e scopo in tutto ciò? Come
chiamata, da un lato spinta dal deside-
scelgo di essere leader nell’organizza-
rio e dall’altra bilanciata dal dolore e dal
zione in cui mi trovo? Se definiamo
sacrificio. Eroi ed eroine devono passa-
Liberarsi dagli ostacoli per vivere il proprio scopo
quindi la leadership come una chiama-
re attraverso il sacrificio per poter rag-
La chiamata permette ai leader di usare
ta, questa può essere interna o esterna.
giungere la celebrazione dell’obiettivo
la sofferenza e i sacrifici per raggiunge-
Una chiamata, storicamente riferita al
finale. Ed è proprio questo che deve fa-
re il proprio scopo e significato. Non bi-
mondo religioso, in realtà può essere
re un leader.
sogna esserne ostaggi né a livello fisico
applicata a qualsiasi storia della vostra
Nel ruolo di leadership in cui vi trovate
né a livello psicologico. Bisogna liberarsi
vita. Un’altra domanda che quindi vi
state ancora imparando o state sempli-
dagli ostacoli per vivere il proprio scopo.
dovete porre è: “Quale storia state cre-
cemente svolgendo un compito? Ma
Nelson Mandela diceva: «Sono il mae-
ando e state davvero seguendo la vostra
soprattutto, state osservando l’impatto
stro del mio destino, il capitano della
chiamata?”.
che la vostra leadership ha sugli altri, ol-
mia anima». Una frase incredibilmente
tre che su voi stessi? Queste domande
potente per spiegare l’importanza dello
Il viaggio dell’eroe o dell’eroina
non devono essere applicate solamente
scopo, della missione nella vita di ognu-
nella vostra vita professionale ma anche
no di noi e dell’importanza che questa
Tutto ciò si lega al viaggio dell’eroe o
in quella privata. La chiamata infatti de-
ha nell’ispirare gli altri. La leadership in-
dell’eroina (The heroine’s and hero’s
ve essere analizzata secondo 3 fasi: il
fatti è una questione d’ispirazione, di
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prie. Umanizzare un’organizzazione significa accettare di avere percezioni diverse per poter arrivare a un consenso sulla realtà, comprendendo qual è la differenza tra l’accettare e l’essere d’accordo.
L’importanza dei legami per essere leader La prima ragione per cui un leader fallisce nella sua missione è perché non riesce a creare un legame con gli altri. Le persone hanno bisogno del cambiamento e un leader deve prendersi il rischio di accettarlo. La leadership non significa dare troppi ordini, bensì lasciare le persone libere di scegliere. Un leader può dare istruzioni, ma deve dare la più ampia possibilità di scelta al proprio team. Nelle aziende vi è mancanza di fiducia a causa di comportamenti contrari a questi principi, dovete quindi umanizzare il rapporto con i vostri colleghi per evitare che le persone abbiano pauquanto attraverso le proprie azioni e il
concentrandosi sullo sforzo e sul pre-
ra del cambiamento. Per poter avere
proprio scopo si riesca a ispirare gli altri.
mio che arriva dopo quest’ultimo.
successo bisogna essere in grado di fallire. Se non si è abbastanza sicuri di se
Uno degli elementi che intralcia più spesso il raggiungimento di uno scopo
Paura del fallimento
stessi nella possibilità di sbagliare, non
è la paura. La paura sconfigge più per-
Come società abbiamo fatto un errore,
ci si può spingere oltre i propri limiti.
sone di qualunque altra cosa. Per ripor-
abbiamo premiato troppo il successo,
tare l’umano al centro di un’organizza-
sviluppando così la paura del fallimen-
Il leader come porto sicuro
zione un vero leader deve aiutare le per-
to. Dobbiamo premurarci invece di pre-
Il ruolo del leader è quello di essere un
sone a superare la paura e a vivere la
miare lo sforzo e il sacrificio. Quando si
porto sicuro. Questo significa avere una
propria chiamata. Il cervello umano è
corre una maratona, lo sforzo e il sacri-
persona, un luogo, un oggetto che for-
portato, per natura, a concentrarsi sugli
ficio che essa comporta è immunizzata
nisce conforto e aiuta a trovare la forza
aspetti negativi, perché è focalizzato
dalla soddisfazione data dal concluder-
di assumersi il rischio e cambiare. Ren-
sull’istinto di sopravvivenza. Essere po-
la. Un leader deve imparare a compren-
dere umana un’azienda significa punta-
sitivi è quindi una scelta e i leader devo-
dere le percezioni che hanno altri della
re sull’equilibrio tra “avere un cuore” e
no esserlo per riuscire a motivare le per-
situazione in cui si trovano, senza pre-
sfidare, tra essere porti sicuri e mettere
sone attorno a loro. Non si può vivere
tendere o richiedere che queste siano
alla prova le persone. Un vero leader è
la chiamata attraverso la negatività. Si
uguali alle proprie. La realtà infatti è
colui che dialoga, che cerca una verità
può imparare a essere positivi in qua-
soggettiva, è basata su emozioni ed
più grande ma che al contempo pensa
lunque momento della propria vita,
esperienze e ognuno di noi ha le pro-
all’insieme di tutto ciò.
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Lavoro
DAI CONTRATTI ALLE COMPETENZE Scenari e previsioni nel libro Il futuro del lavoro a cura di Assolombarda e Adapt
Carla Panizza responsabile centro studi Manageritalia
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OME SARÀ il mercato del lavoro nel 2030? Assolombarda e Adapt hanno provato a immaginarlo scrivendo un libro intitolato Il futuro del lavoro (online: http://bit.ly/dir1-futurolavoro). Quella che ci aspetta sarà una trasformazione radicale legata all’impatto delle nuove tecnologie su occupazione e organizzazione. Competenze trasversali, formazione continua e politiche attive diventeranno sempre più strategiche. A incidere saranno anche il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione e la sostenibilità del sistema di welfare. Il problema non è nei numeri ma nella profonda trasformazione che avverrà: circa il 44% dei lavoratori nei prossimi dieci anni cambierà le sue mansioni e questo è un processo che può essere governato. Alcune professioni verranno
meno, altre nasceranno e molte cambieranno sotto la duplice spinta dell’innovazione tecnologica e della nuova globalizzazione. Il libro, di poco più di 70 pagine, guarda a come sarà il mercato del lavoro entro i prossimi 12 anni, avanzando proposte concrete rivolte al governo appena insediato e ai sindacati.
Crescono i contratti a tempo determinato Intanto l’Istat ci informa che la crescita dell’occupazione è costante in questi primi mesi del 2018, soprattutto con i contratti a termine, anche se siamo ancora con un tasso di occupazione inferiore di 9 punti percentuali alla media europea e, considerando anche le forze di lavoro potenziali, ci sono 6 milioni di persone che vorrebbero entrare in questo mercato ma non ci riescono.
Nei prossimi dieci anni circa il 44% dei lavoratori cambierà le sue mansioni. Alcune professioni verranno meno, altre nasceranno e molte cambieranno sotto la duplice spinta dell’innovazione tecnologica e della nuova globalizzazione
Questo incremento dei contratti a tempo determinato può essere visto come sintomo di un mercato del lavoro che cambia. Non significa che il contratto a tempo indeterminato sia destinato a estinguersi, né che vada agevolata la precarietà, ma ci sono forme di lavoro che privilegiano le prestazioni, non la durata. Anche i sistemi di inquadramento previsti oggi potrebbero non essere più validi in quanto la crescente automazione e la possibilità di cambiare mansione o arricchirla permettono di svolgere in modo autonomo più compiti che mal si inseriscono negli inquadramenti attuali.
Il 2017 si avvicina al 2008 Il recupero occupazionale dell’ultimo anno, che ci ha riportati sui livelli vicini a quelli del 2008, ha confermato la forza dei mutamenti: nei 23 milioni di occupati c’è
oltre un milione di part-time in più rispetto a dieci anni fa, è scomparso un milione di manuali (operai e artigiani), ci sono circa 500mila autonomi in meno e altrettanti nuovi dipendenti. L’allineamento del 2017 rispetto al 2008 è stato quasi esclusivamente frutto delle 404mila assunzioni femminili in più mentre gli uomini con un lavoro sono ancora sotto i massimi di dieci anni fa di 417mila unità. Le professioni qualificate si sono ridotte di 362mila unità e il personale non qualificato è cresciuto di 437mila, mentre il settore che ha assorbito più addetti (861mila sempre tra il 2008 e il 2017) è quello del commercio e dei servizi. L’Italia affronta le novità con un mercato del lavoro nel quale, nonostante i recenti incrementi dell’occupazione segnalati dall’Istat, permangono dualismi e criticità. C’è poi il tema dell’invec-
chiamento medio della popolazione con gli ultimi 25 anni che hanno visto aumentare l’età media dei lavoratori italiani da 38 a 44 anni. Nello stesso arco temporale gli occupati con meno di 35 anni sono diminuiti di 3,6 milioni, mentre quelli con più di 45 anni sono cresciuti di 4,2 milioni. Per non dimenticare, infine, il dualismo generazionale e di genere con giovani e donne che hanno tassi di occupazione nettamente inferiori rispetto alle medie europee. È importante offrire una visione sul futuro su temi importanti per la crescita del Paese, come il lavoro, in modo da attrezzarci oggi, invece di dover inseguire il domani.
Nuove competenze, politiche attive e pensiero manageriale Secondo il rapporto Unioncamere 2015, nel 2020, per insufficienza di
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Lavoro competenze digitali, rischiano di restare vacanti 900mila posti di lavoro. Da qui al 2030 mezzo miliardo di persone dovranno imparare nuove competenze. Il cambiamento culturale è la chiave della trasformazione digitale. Non abbiamo quindi alternative che investire sull’innovazione, accettare la sfida dei cambiamenti nel lavoro e affrontare i rischi e le preoccupazioni per quello che potrà determinarsi sul versante delle dinamiche occupazionali e dell’organizzazione del lavoro. Per tutti sarà necessario un aggiornamento delle competenze. Si tratta quindi di ri-orientare il si-
stema formativo verso la continua impiegabilità in un mercato del lavoro caratterizzato da mutazioni veloci e imprevedibili. Le due sfide che deve affrontare riguardano quindi la capacità di anticipare il cambiamento adattando contenuti e linguaggi in modo trasversale ai corsi di studio e di attrezzarsi per la riqualificazione dei lavoratori adulti. Le politiche attive dovranno diventare parte sempre più integrante delle relazioni industriali poiché la flessibilità del mercato del lavoro derivante dalla trasformazione digitale necessiterà di una gestione ottimale dei per-
corsi di carriera, nell’ottica di un vero mercato transizionale del lavoro. Il pensiero manageriale deve produrre lo sviluppo di soluzioni innovative e sperimentali per favorire l’emergere di principi organizzativi rivoluzionari in grado di rendere fluido, competitivo e umano l’ambiente produttivo. Troppo spesso il tema viene affrontato unicamente dal punto di vista delle novità tecnologiche e declinato nei capitoli degli investimenti e della politica industriale, lasciando in secondo piano l’enorme e inevitabile impatto sul mercato del lavoro.
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GIGANTI DI VETRO E ACCIAIO
I grattacieli disegnano lo skyline di molte città del mondo. Perché piacciono e a quale funzione rispondono? Davide Mura
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N TEMPO gli uomini costruivano castelli e fortezze in pietra e laterizio, oggi grattacieli di vetro, acciaio e nuovi materiali resistenti ed ecosostenibili. La geometria di ogni metropoli contemporanea sembra essere segnata da questi imponenti edifici verticali adibiti a uffici o abitazioni private, ciascuno diverso dall’altro per natura, economia, tecnologia ed estetica. Ma perché vengono costruiti i grattacieli? Prima di tutto per motivi pratici: si ottimizzano gli spazi disponibili sempre più ristretti nei centri urbani e
sfruttando l’altezza della struttura si massimizza il valore del terreno, poiché più è alto l’edificio e maggiore è il guadagno del committente.
Un’invenzione americana I grattacieli nascono negli Stati Uniti, in particolare a New York e a Chicago. Già dalla fine dell’Ottocento nella Grande Mela sorgono i primi Buildings con l’armatura in ghisa (i Cast-Iron visibili ancora oggi nel quartiere di SoHo). A Chicago, dopo il devastante incendio del 1871, si costruirono grattacieli con
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ossatura in acciaio, più resistente della ghisa. La possibilità di impiegare materiali all’epoca considerati nuovi, come la ghisa, l’acciaio e il vetro offriva ai progettisti prospettive prima impensabili.
In Europa A partire dagli anni Venti, la visione della città moderna prevede uno sviluppo in altezza. Il tessuto urbano delle città europee è radicalmente diverso da quello americano ma non estraneo alla verticalità. L’Europa vede nei grattacieli un’occasione di rinnovamento architettonico. I progetti di Mies van der Rohe nella Friedrichstrasse a Berlino risalgono al 1919-20. Tra il 1947 e il 1952 Le Corbusier costruisce un palazzo di 18 piani a Marsiglia: si tratta della Unité d’Habitation, nota anche come Cité radieuse. In Italia l’edificio verticale si sviluppa grazie al pensiero razionalista. Il ruolo di Hilberseimer, Mies, Gropius, Mendelsohn, Le Corbusier e in seguito della cultura urbanistica sovietica diviene determinante nel riconoscere l’edificio alto quale elemento morfologico e funzionale della nuova città.
Legno, la nuova sfida Una nuova ambiziosa proposta promette di introdurre il legno, materiale versatile in
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grado di coniugare tradizione, innovazione, efficienza energetica e resistenza statica. Un edificio in legno pesa circa un quarto di un palazzo equivalente costruito in cemento, ciò significa che le fondamenta dovranno essere più piccole. Costruire edifici in legno è inoltre meno rumoroso, non occorrono macchinari pesanti per scavare fondamenta profonde e dato che i pannelli di legno sono compatti risultano più facili da trasportare. Un palazzo in legno ha in definitiva un impatto ecologico fino al 75% inferiore rispetto a quello di un edificio tradizionale.
Una rassegna dei grattacieli più famosi I grattacieli piacciono perché sono edifici unici, frutto dell’ingegno e della creatività. Nella guida Grattacieli, redatta da John Hill e pubblicata in Italia da Logos Edizioni, la storia di una selezione dei grattacieli più noti, dall’Empire State Building al Burj Al Arab, dalla Shanghai Tower alle Petronas Twin Towers. Ispirazione, funzione, particolarità architettonica: il libro permette di scoprire più da vicino tutto ciò che occorre sapere su queste presenze verticali, oggetto di numerose fotografie in tutto il mondo e sfondo immancabile per un selfie d’effetto.
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Economia
PER COMPETERE CON SUCCESSO Cfmt, in collaborazione con Liuc-Università Cattaneo, ha lanciato quest’anno l’Osservatorio nazionale sulla competitività delle imprese del terziario Federica Belfanti Liuc-Università Cattaneo
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NA NAZIONE o una regione è competitiva nella misura in cui le imprese che vi operano sono in grado di competere con successo nell’economia nazionale e globale, mantenendo e migliorando sia le condizioni economiche e lavorative, sia lo standard di vita dei propri cittadini. Guardando i più recenti dati di prosperity perfomance pubblicati dalla World bank e di social progress pubblicati da Social progress imperative, risulta evidente come per il nostro Paese ci sia ancora molto da fare. In termini di prosperity performance, infatti, l’Italia nel 2016 si posiziona tra le nazioni a maggior livello di pil pro capite ma con un trend del -1% negli ultimi dieci anni. Il Social progress index, che misura invece la capacità di una nazione di soddisfare i cittadini in ambito sociale e ambientale, posiziona l’Italia nel 2017 alla ventiquattresima posizione globale, ancora dietro alle principali economie sia europee che mondiali, come Germania, Spagna, Stati Uniti e Giappone.
Un Osservatorio per anticipare i cambiamenti Appare quindi chiaro come, nel rinnovato contesto nazionale e globale in cui si trovano a operare, le imprese e i manager abbiano bisogno di strumenti nuovi che possano aiutarli ad anticipare i cambiamenti, essere efficaci ed efficienti e coniugare la visione di breve con quella di lungo periodo. Il Cfmt ha quindi rilevato la necessità di creare un Osservatorio nazionale che potesse dare voce a imprese e manager di tutta Italia per ascoltare e comprendere le loro difficoltà ed esigenze. Per questo l’Osservatorio ha anche attivato una ricerca online – disponibile al link https://bit.ly/COMPETE2018 – tesa a comprendere le principali sfide e difficoltà che manager e imprenditori si trovano ad affrontare quotidianamente e, auspicabilmente, supportare la competitività delle imprese in Italia. L’indagine è aperta e rivolta a tutti i manager e imprenditori che vogliono aiu-
tarci ad analizzare l’ambiente competitivo in cui si trovano a operare e, soprattutto, a valutare la capacità delle imprese italiane, operanti nei settori del terziario, di competere sui mercati globali. La survey rimarrà aperta fino alla metà di luglio.
Obiettivo L’Osservatorio nasce con l’obiettivo di identificare strumenti e soluzioni che possano aiutare organizzazioni e manager a operare nell’attuale contesto competitivo nazionale e globale. Offre strumenti pratici e ricette manageriali utili a comprendere le fasi determinanti della competitività del settore, ripensare i modelli strategici e gestionali alla base della competitività e identificare le competenze necessarie per sviluppare l’imprenditorialità e l’intrapreneurship aziendale. L’Osservatorio sarà basato presso il Centro sull’imprenditorialità e la competitività di Liuc diretto dal
professor Fernando Alberti. Nato da una partnership con l’analogo Istituto diretto da Michael Porter presso la Harvard Business School con il quale opera in stretta connessione, il Centro sull’imprenditorialità e la competitività concentra la sua attività di ricerca e consulenza sui processi imprenditoriali, innovativi e strategici che accelerano la competitività di imprese, distretti, cluster, istituzioni e territori. Vanta una faculty internazionale composta da accademici, imprenditori, consulenti e policy maker. Tre i focus principali di intervento dell’Osservatorio: le imprese e i manager, con i quali si vuole rispondere a domande come “Qual è lo scenario di riferimento e quali sono le prospettive per le imprese del terziario in Italia? Quali sono le leve strategiche e operative sulle quali i manager del terziario possono agire per migliorare la competitività delle proprie imprese?”; il knowledge sharing, per favorire il confronto e la coopera-
L’Osservatorio nasce con l’obiettivo di identificare strumenti e soluzioni che possano aiutare organizzazioni e manager a operare nell’attuale contesto competitivo nazionale e globale
zione tra i manager del terziario in Italia a livello sia locale che regionale; e infine il networking, per favorire non soltanto la condivisione interna ma anche quella esterna. Un confronto internazionale possibile grazie alla faculty allargata di Porter al quale il Centro sull’imprenditorialità e la competitività partecipa attivamente da quasi dieci anni e che permetterà ai manager italiani non solo una visione as is del perimetro del terziario in Italia, ma anche una visione a tendere del settore nel mondo.
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Economia La metodogia Quali saranno le principali attività dell’Osservatorio e cosa verrà offerto alla comunità di manager e imprenditori del terziario? Innanzitutto una ricerca annuale ispirata al modello sviluppato da Porter per lo studio delle determinanti della competitività di un territorio. L’analisi si compone di tre focus di analisi principali: l’ambiente competitivo di riferimento, i cluster, la strategia delle imprese. L’ambiente competitivo verrà ana-
lizzato grazie alla realizzazione della survey sopra citata, prima edizione italiana della Harvard Business School U.S. Competitiveness Survey. L’analisi dei cluster verrà condotta in collaborazione con Richard Bryden, project director of U.S. Cluster mapping project at the Institute for Strategy and Competitiveness of Harvard Business School. L’obiettivo del progetto sarà quello di approfondire le nuove relazioni e connessioni tra il settore
Cfmt e Liuc vi presentano la prima edizione italiana della Harvard Business School U.S. Competitiveness Survey condotta dall’Osservatorio nazionale sulla competitività delle imprese del terziario. Con questa indagine, l’Osservatorio intende approfondire e analizzare la capacità delle imprese italiane, operanti nei settori del terziario, di competere sui mercati globali. I risultati, che verranno presentati a novembre, contribuiranno a valutare e supportare la competitività delle imprese in Italia. Per info: cbonfanti@cfmt.it Tel. 0254063134 lvendola@cfmt.it Tel. 0254063137
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terziario e l’impresa manifatturiera, offrendo anche una visione comparata a livello regionale e internazionale. La competitività delle imprese verrà invece valutata con un’analisi economico-finanziaria condotta su un campione di imprese operanti nei vari settori del terziario. La stessa analisi verrà anche ripetuta sul campione delle imprese cosiddette “iper-competitive”, ossia tutte quelle imprese che presentano un Return on investment (Roi) maggiore del 50% rispetto alla media del settore per tre anni consecutivi. Per ciascuna delle tre analisi verranno anche presentate le case history più significative al fine di comprenderne gli elementi chiave alla base del loro successo (o insuccesso) e individuare le principali sfide imprenditoriali e competitive per le imprese e i manager di oggi. Al termine del primo di anno di attività verrà poi organizzato, congiuntamente con il Cfmt, un evento di condivisione del report annuale che presenterà i risultati dell’attività dell’Osservatorio. Durante l’evento si prevede, oltre all’intervento di Fernando Alberti e dei ricercatori incaricati del Centro sull’imprenditorialità e la competitività, la partecipazione di Fred van Eenennaam, anche lui stretto collaboratore di Michael Porter presso l’Harvard Business School sui temi della strategia e della competitività.
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IL MANAGER DEI SURGELATI DI QUALITÀ Essere umili e curiosi per dare un contributo effettivo all’organizzazione. Così dice il nostro associato friulano Gianluca Tesolin, amministratore delegato di bofrost* Italia.
Gianluca Tesolin è amministratore delegato bofrost* Italia.
Enrico Pedretti
Cosa vuol dire essere amministratore delegato in un mercato sempre più mutevole e discontinuo? «Significa sviluppare capacità di analisi, anche e soprattutto predittive. Noi in bofrost* siamo costantemente impegnati a raccogliere informazioni che analizziamo in modo dettagliato e critico. Se il risultato orienta al cambiamento dobbiamo reagire con la dovuta efficacia e tempestività; il fattore tempo fa oggi più di ieri la differenza». Quali i must da mettere in campo? «La qualità del prodotto o servizio offerti non deve essere persa di vista o banalizzata e così la capacità di dare a ciascuno il prodotto o servizio in linea con i propri bisogni, utilizzando il canale di contatto preferito. E poi la cura dei collaboratori, perché se loro sono soddisfatti, soddisferanno anche i tuoi clienti. Ultimo, ma determinante, avere una sviluppata sensibilità economica che consente all’organizzazione di crescere in modo sano e sostenibile».
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Come un AD può dare contributo e valore all’azienda? «Ogni giorno cerco di testimoniare concretamente il mio orientamento all’innovazione e al cambiamento, di coinvolgere tutti e confrontarmi per individuare possibilità di sperimentare e imparare anche dagli errori. Un altro aspetto è il valore dell’azienda come bene comune da preservare con orgoglio e senso di appartenenza. Strategico, poi, è favorire la crescita di giovani motivati, per natura più flessibili e aperti al cambiamento e alla sperimentazione». Lei è un manager della distribuzione. Quale il percorso professionale vincente oggi e in futuro? «La velocità e razionalizzazione dei processi determinano il successo sul mercato perché permettono di arrivare prima e con un prodotto/ servizio migliore rispetto ai competitor. La parte digital ormai è l’attualità in tutti i settori che caratterizzano un’organizzazione come la nostra. Dal punto di vista dei colla-
MANAGERITALIA FRIULI-VENEZIA GIULIA
L’associazione in numeri
boratori, è necessario svestire i panni del manager e indossare quelli del coach. Le competenze e conoscenze diventano trasversali e devono continuamente essere allenate e aggiornate». Cosa fare per crescere professionalmente? «Essere umili e curiosi. Queste le caratteristiche di persone che hanno amor proprio e desiderio di dare un contributo effettivo all’organizzazione. Il mondo digital ci permette oggi di creare network impensabili fino a qualche anno fa. Dobbiamo sfruttare questa opportunità per confrontarci e crescere professionalmente». Lei è sempre stato in bofrost*, quali punti di forza manageriali le ha offerto questa esperienza? «Ho avuto la fortuna di mettere in pratica in azienda le conoscenze che gli studi mi avevano fornito. Contemporaneamente ho sperimentato l’importanza e l’efficacia di un contesto aziendale caratterizzato da forte spirito di squadra, confronto aperto e schietto, organizzazione snella. Considero essenziale anche la partecipazione a incontri ed eventi nazionali o internazionali dove si parla al futuro». Come sta cambiando il business del porta a porta? «Il supporto di nuove tecnologie e un cliente sempre più evoluto richiedono all’azienda per eccellere im-
Dirigenti 131 Quadri 20 Executive professional 36 Pensionati 112 TOTALE 299
portanti capacità di pianificazione strategica. Ribadisco con forza che siamo però in un campo Maschi 242 Femmine 57 dove la relazione è fondati a giugno 2018 damentale, la tecnologia permetterà una sempre maggiore professionalizzazione dei venditori, ma non so- re di comprendere i diversi assetti stituirà mai la relazione di fiducia». organizzativi e le prassi in uso. AcE-commerce e vendita porta a porta per voi sono rivali o complementari e sinergici? «Riteniamo che siano assolutamente sinergici e complementari. La strategia deve basarsi su un concetto di omnicanalità perché la scelta del cliente è influenzata da diversi touchpoint con l’azienda. Quello che ci differenzia rispetto alle varie aziende dell’e-commerce è, e sempre sarà, la fiducia dei clienti e il rapporto umano tra cliente e venditore». Vive a Pordenone, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo anche per fare networking con vantaggi per sé e l’azienda? «Non è sempre vero che le dimensioni della provincia incrementino le occasioni di confronto. Penso invece che il networking sia maggiormente condizionato dalle dimensioni dell’azienda e dalla tipologia di business. bofrost* sul territorio è un’azienda di riferimento per dimensioni, occupati e fatturato. Ogni occasione è buona per me per confrontarmi con i colleghi e cerca-
cetto inoltre gli inviti dal mondo universitario, attento alle esigenze dei giovani e alle evoluzioni del business. Imparo sempre qualcosa e racconto sempre volentieri la nostra realtà rispetto alla quale riscontro viva curiosità». Managerialmente parlando, Pordenone e la sua regione come sono messi? Con la recente crisi si sono evidenziati anche dei vantaggi dal punto di vista manageriale quali la possibilità di attrarre con maggiore facilità talenti, un’accresciuta fedeltà dei collaboratori che apprezzano anche i vantaggi offerti dalla provincia in termini di work-life balance». Lei è associato a Manageritalia Friuli-Venezia Giulia: che rapporto e quali vantaggi ha? «Accanto al fondamentale supporto in termini di rimborsi sanitari, sfrutto l’associazione per consulenze previdenziali e giuslavorative. Il piano formativo, poi, è molto completo e ogni giorno meglio organizzato».
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PILLOLE DI BENESSERE
benessere
Carlo Barbieri è medico chirurgo, agopuntore e specialista in medicina tradizionale cinese
MEDICINA TRADIZIONALE CINESE E AGOPUNTURA
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La medicina tradizionale cinese ha una storia millenaria e la sua origine si perde nella leggenda. Si fonda principalmente su tre discipline: agopuntura, erboristeria e massaggi tradizionali, ai quali si possono aggiungere le ginnastiche respiratorie (Qigong, Taiqiquan). L’agopuntura è la terapia maggiormente diffusa in occidente in quanto permette di ottenere buoni risultati in numerose patologie senza l’utilizzo di farmaci, oltre a essere facilmente praticabile in ambito medico. Ciò che differenzia maggiormente la medicina cinese da quella occidentale è l’approccio olistico: il paziente è analizzato nella sua complessità senza focalizzarsi esclusivamente sulla patologia. Secondo questa visione la malattia è provocata da uno squilibrio energetico dell’organismo considerato come sistema formato da corpo e psiche, pertanto se nella medicina occidentale
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si tende a evidenziare un sintomo, in quella cinese si ricercano le cause correlate. L’idea di base è ispirata al taoismo, una filosofia di vita che vede la capacità di invecchiare mantenendosi in buona salute come punto di arrivo della propria esistenza. La formula che meglio esprime questo concetto è (“yang sheng”, nutrire la vita). Per quali disturbi è utile L’Organizzazione mondiale della sanità ha stilato un lungo elenco di patologie per cui l’agopuntura risulta essere efficace, utilizzata come unica terapia o affiancata alla farmacopea occidentale. Nella mia esperienza clinica i disturbi che tratto maggiormente sono le patologie osteoarticolari, le cefalee, le gastriti, l’insonnia, i disturbi ormonali e in generale tutte le patologie stress correlate. Aghi e coppette La diagnosi, in medicina cinese, avviene attraverso lo studio della forma e del colore della lingua e la rilevazione del polso radiale. Queste due pratiche, unite all’osservazione della costituzione e al colloquio iniziale, permettono di individuare il tipo di squilibrio energetico presente nel paziente. Sulla base di questo si decide in quali punti specifici del corpo bisogna agire inserendo gli aghi, talvolta collegati a uno stimolatore elettrico (nella tradizione i punti su cui si può intervenire sono 365, come i giorni dell’anno) o applicando sulla pelle una coppetta di vetro con funzione di ventosa (verrà creato un vuoto d’aria attraverso la bruciatura dell’ossigeno con un cotone infiammato). Oppure lo stesso punto
può essere riscaldato usando un sigaro di artemisia essiccata (moxibustione). Va ricordato che per la medicina cinese le emozioni hanno sede negli organi, dunque un eccesso o un blocco dell’emotività provoca uno sbilanciamento energetico che si ripercuote a livello organico: ad esempio la rabbia è legata al fegato, pertanto se questa emozione si protrae nel tempo troverà sfogo proprio in quest’organo. Una terapia prevede di solito un ciclo di 8/10 sedute una o due volte alla settimana a seconda delle patologie e da come reagisce la persona. Gli aghi vengono lasciati nel corpo per una ventina di minuti. Non ci sono controindicazioni, occorre solo prestare attenzione se il paziente assume anticoagulanti. I manager e la Cina Risulta evidente che la cultura cinese ha sviluppato una visione del mondo totalmente diversa dalla nostra. La cosa per me è stata chiara dalla prima volta che ho varcato la soglia di un ospedale cinese nel lontano 1986. Oggi è sotto gli occhi di tutti e sicuramente molti dirigenti sono allarmati dall’aggressività economica della Cina, frutto di un approccio culturale molto più pragmatico e vincente su molti fronti. Il loro pensiero non si sviluppa secondo i nostri modelli ma procede sempre molto legato alle realtà e fa sembrare anacronistico ad esempio l’atteggiamento americano, improntato sull’efficienza, la velocità e in definitiva l’ansia. È proprio il caso di dirlo: siamo entrati nell’epoca della Cina, dunque perché non riscoprire la loro cultura e medicina millenaria di questa civiltà oggi protagonista?
ARTE Claudia Corti
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arte
DA KILROY A BANKSY: LA STREET ART DAL VANDALISMO ALLA VENERAZIONE
In principio fu un buffo ometto calvo e con un grande naso che emergeva da dietro un muro insieme alle mani aggrappate ai mattoni. Era il lontano 1938 e la strana creatura sarebbe diventata di lì a pochissimo una vera e propria icona della seconda guerra mondiale con la dicitura “Kilroy was here”. Sarà stato il nome dell’ispettore navale statunitense J.J. Kilroy? Chi può dirlo! È solo dagli anni 60 che si inizia a parlare con consapevolezza di graffiti e di arte di strada; viene infatti introdotta nel mercato la bomboletta spray che fin da subito si rivela strumento perfetto per lasciare il proprio nome nella storia. Basti pensare che alla fine del decennio un giovane writer newyorkese gira l’America e in meno di un anno lascia la sua firma, Taki183, in circa trecentomila interventi, attirando l’attenzione dei media e creando, di fatto, la moda dei graffiti. Da quel momento è un proliferare di tag, le firme grafiche, nomi o sigle spesso seguiti da una cifra che altro non è se non il numero della strada in cui si è nati e cresciuti, con l’obiettivo di una condivisione sempre maggiore... erano ancora lontani i tempi dei social network! Ad alimentare l’arte di strada spesso è la sfida verso l’autorità: il graffito è vandalismo e come tale perseguito. Si assiste anche a un’evoluzione, dalla tag all’immagine più elaborata, tra-
sformando le città in musei a cielo aperto secondo il principio per cui se uno spazio è pubblico anche l’arte che lo decora debba esserlo ugualmente. Non a caso sono gli anni 80 di Keith Haring che dipinge sul muro di Berlino bambini che si tengono per mano, dimostrando che se i muri esistono e resistono l’arte è forse l’unico modo per oltrepassarli, quella stessa arte che dovrebbe essere per tutti e di tutti, anche di coloro che mai entrerebbero in un museo. Con il nuovo millennio, infine, la street art assume una nuova dignità, appoggiata e promossa da istituzioni governative per rendere più belle le periferie urbane, salendo con tutti gli onori sul palco del trionfo: ricercata, applaudita, quotata. Nascono nuovi eroi, spesso avvolti in una coltre di mistero che ne alimenta il mito, come Banksy, la cui identità è ad oggi ignota, che da anni, oltre a decorare muri urbani con stencil e colori acrilici, fa vere irruzioni nei musei più famosi al mondo appendendo le proprie opere di fianco a storici capolavori; opere le sue quotatissime, vendute a cifre siderali, in grado di far salire il valore di un intero edificio; eppure è proprio Banksy che consente ai suoi fan di scaricare dal suo sito i propri materiali, perché nonostante tutto è pur sempre arte di strada e per il vero street artist non può essere la disponibilità economica a creare il mercato... ma il gusto del pubblico!
CURIOSITÀ Esiste anche il Reverse graffiti, tecnica che consente di ripulire muri anneriti dallo smog lasciando la sottostante parte sbiancata a forma di figura. È una tecnica che dura poco nel tempo ma ha un grande vantaggio: non è perseguibile... pulire ad oggi non è reato!
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LIBRI Davide Mura
Collane di fiori e notti in tenda con i figli Spegnete la televisione, chiudete in un cassetto il tablet e uscite con i vostri bambini in direzione di un bosco, un parco, ovunque purché all’aria aperta e a contatto con la natura. La pedagogista Marta Versiglia firma un libro ricco di spunti che raccoglie una serie di attività ludiche ma istruttive da svolgere con i propri figli. Si tratta di un vero manuale per genitori che segue il metodo Montessori, alla scoperta di elementi primordiali come l’acqua di una pozzanghera o la corteccia ruvida di un albero, valorizzando anche piccole cadute o sbucciature di ginocchia, occasioni straordinarie per crescere. Attività Montessori all’aperto, Marta Versiglia, Bur, pagg. 144, 13.
Vuoi stare bene? Salta i pasti Raffaele Morelli e il figlio Michael sono da sempre fautori del potere curativo del digiuno. In un’epoca dove bulimia e anoressia sembrano nelle società occidentali i due lati patologici della stessa medaglia, un rapporto più “sacro” col cibo si rivela illuminante. Riscoprendo la tradizione antica del digiuno, i due guru del wellness ci presentano le sue proprietà terapeutiche non solo per il corpo ma anche per la mente: se la pratica è accompagnata da meditazione e silenzio può diventare un appuntamento mono o bisettimanale irrinunciabile. Non mancano le informazioni necessarie per affrontare questa pratica in tutta sicurezza. Il potere curativo del digiuno, Raffaele Morelli, Michael Morelli, Mondadori, pagg. 156, 17.
dall’ESTERO
Il senso del lavoro secondo i Millennial: guida per disincantati
libri
Cosa devo fare per trovare la mia strada? Come riscoprire il gusto per il mio lavoro dopo cinque anni nella stessa azienda? Chi saprebbe dare risposte chiare e sintetiche alla generazione Y, oggi di moda? Già, tutti vogliono parlare ai Millennial, ma pochi sanno affrontare gli interrogativi di tutti quei ventenni e trentenni che stanno cercando di entrare nel mondo del lavoro, oppure già ci sono da qualche anno e si pongono legittimamente delle domande. Pochi parlano il loro linguaggio, a cominciare dai coach, spesso persone con l’età dei loro genitori e disorientati di fronte a un mondo del lavoro imprevedibile. No, gli slogan non funzionano più. Lo sa perfettamente la giovane francese Marion de La Forest Divonne, che parla la lingua dei Millennial perché li conosce, li frequenta, condivide i loro valori ed è soprattutto loro coetanea. Il saggio è una chiacchierata senza alcuna pretesa di dare facili ricette, parte dal mercato del lavoro in Francia – dove il malessere da domenica sera si percepisce in modo evidente ed è emblematico di qualcosa che non funziona – ma è ricco di stimoli e situazioni in cui anche il lettore italiano o europeo potrà ritrovarsi. Non mancano i consigli concreti e gli esercizi testati in prima persona dall’autrice, che ha vissuto sulla sua pelle una riconversione professionale divenendo allenatrice di carriere, senza escludere altre future identità. Réinventer sa vie professionnelle... quand on vient de la commencer, 19,90.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
LA MEDITAZIONE IN MOVIMENTO Non avete tempo per meditare. Sapete che sarebbe utile, lo avete letto ovunque. Articoli e articoli che descrivono i vantaggi di fermarsi a meditare, di praticare la mindfulness. Però, come riuscire tra mille impegni, l’agenda piena di incontri con i clienti, meeting organizzati da mesi, presentazioni da fare? Se in più aggiungete anche un pizzico di sano scetticismo verso quella che sembra essere l’ultima parola di moda prodotta dal marketing manageriale, allora il capitolo è chiuso. Resta il fatto che la pratica della mindfulness è ormai entrata all’interno della letteratura e quindi perlomeno dovete sapere di cosa si tratta. Per mindfulness si intende una pratica di meditazione “laica”, senza connotazioni religiose anche se derivante dai precetti del buddismo. Lo scopo della meditazione mindfulness è riportare l’attenzione del soggetto verso il momento presente, cercando di tralasciare qualunque giudizio, critica o pensiero. Consapevolezza e attenzione, queste le parole chiave. Diversi i benefici derivanti dalla pratica della mindfulness: riduzione dello stress, dell’ansia, miglioramento della concentrazione e della memoria, oltre alla capacità di essere meno aggressivi nel reagire a situazioni critiche. Problematiche queste molto comuni anche tra manager e imprenditori sottoposti a pressioni continue. Una soluzione, per avvicinarsi al mondo della meditazione, avendo poco tempo a disposizione, è quella offerta dal libro di Marc Lestal, Kin-Hin. Meditare camminando. Passo dopo passo raggiungiamo la tranquillità interiore (Vallardi editori).
L’autore è consapevole della vostra mancanza di tempo e limitata disponibilità da dedicare alla meditazione. Per questo vi proporrà di meditare mentre state andando da qualche parte, mentre state camminando per raggiungere l’ufficio ad esempio. Perché non trasformare gli spostamenti quotidiani in un momento da dedicare alla ricerca di se stessi? Ecco allora spiegarci come sfruttare la camminata per liberare la mente grazie al ritmo regolare dei passi, a patto però di staccare la mente e accogliere il momento. Una forma di meditazione orientata all’attenzione verso le diverse espressioni del corpo e della mente (mindfulness o piena consapevolezza per l’appunto). Interessante, tra le varie tecniche elencate, quella della “camminata afghana”. Molto utilizzata in ambito sportivo, permette di affrontare lunghe distanze senza arrivare esausti alla meta. Scoperta da Edouard G. Stiegler negli anni Ottanta a Kabul durante l’incontro con dei cammellieri che avevano appena percorso settecento chilometri in dodici giorni, quasi sessanta chilometri al giorno, durante la transumanza del bestiame. Una tecnica, questa, che permette, controllando respiro e passi in modo coordinato, di camminare velocemente senza fare fatica, consentendo di affrontare lunghi viaggi con serenità arrivando a destinazione senza esaurire le energie. Una tecnica, quella della camminata afghana, che si colloca a metà strada tra la meditazione e l’attività sportiva e che forse vale la pena proviate anche voi.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Il congedo matrimoniale
lettere
Vorrei avere informazioni in merito alla possibilità di usufruire del congedo matrimoniale e, in particolare, sapere se si ha diritto al congedo anche in caso di seconde nozze. S.P. – Padova
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GIUGNO 2018
Le lavoratrici e i lavoratori dipendenti che contraggono matrimonio (civile o concordatario) o che sono parte di un’unione civile hanno diritto a un periodo di congedo retribuito, generalmente pari a 15 giorni di calendario per gli impiegati (una durata diversa può essere prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro o dai contratti aziendali). Il congedo è ormai disciplinato in maniera sostanzialmente uniforme dalla contrattazione collettiva. In genere, sono esclusi dalla fruizione di tale congedo i lavoratori che non hanno superato il periodo di prova. Durante il periodo di congedo il lavoratore è considerato a tutti gli effetti in attività di servizio. Al termine del congedo deve essere esibita regolare documentazione che attesti la celebrazione del matrimonio o dell’u-
nione civile. Naturalmente il congedo può essere fruito da entrambi i contraenti, se sono lavoratori dipendenti. Se la norma contrattuale non indica una precisa collocazione temporale del congedo, si ritiene che il periodo effettivo di fruizione possa essere liberamente concordato tra le parti, a maggior ragione se, in funzione del ruolo svolto, si ha cura di conciliare le proprie esigenze personali con i doveri e le responsabilità derivanti dalla propria attività professionale. È quindi possibile ipotizzare anche un periodo svincolato dalla data della cerimonia, ferma restando l’opportunità di contenere entro un ragionevole lasso di tempo il posticipo del congedo. Si ritiene, inoltre, salvo patto contrario, che il congedo debba fruirsi in un’unica soluzione, senza la possibilità di frazionamenti, i quali, peraltro, mal si conciliano con la natura dell’istituto. Secondo la giurisprudenza non è possibile porre limiti al diritto a usufruire del congedo matrimoniale che, pertanto, deve essere riconosciuto anche per i matrimoni successivi al primo, purché abbiano validità civile.
L’ufficio sindacale di Manageritalia è di supporto alle associazioni territoriali per quesiti relativi al contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti e quadri associati e chiarimenti di natura fiscale e previdenziale in relazione al rapporto di lavoro dipendente. Per gli executive professional è un servizio di consulenza di carattere informativo e orientativo su aspetti legati al contratto di lavoro libero-professionale.
Inserto mensile di Dirigente n. 6 / 2018
a cura di Thomas Bialas
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #45 02/ MOBILITÀ: L’UOMO GIUSTIFICA I MEZZI
CURRICULUM VITAE
04/ FUTURE BODY: IL CORPO MENTE 08/ NEGOZI A GUIDA AUTONOMA
C'è lavoro per te? Chiedilo al robot La buona notizia: c’è lavoro per noi. Per contrastare profili falsi, contenuti e spam, Facebook ha confermato la volontà di portare a 20mila il numero di revisori umani e ingegneri che affiancano l’intelligenza artificiale per scovare tutta questa spazzatura “fake”. La cattiva notizia: non c’è lavoro per noi. Per il signor Alibaba: «I robot cancelleranno milioni di posti». Stesso tono (con dose rincarata) per McKinsey, che avverte: «Le macchine sostituiranno l’uomo nel 49% dei lavori». Difficile
sapere dove porti effettivamente l’automazione spinta (dalla cosiddetta intelligenza artificiale). Resta il fatto che fra distopie e utopie talvolta (forse per rassegnazione) preferiamo la prima notizia. La vera domanda per ognuno di noi dovrebbe invece essere: “Che lavoro farei se non fossi costretto (per vivere)?”. Intanto però possiamo chiedere alle macchine se c’è lavoro per noi nell’immediato. In Germania è nato il portale voluto dall’Agenzia federale del lavoro – job-futuromat.iab.de – il cui slogan
SAVE THE DATE: eLeadership COME RILEGGERE LA LEADERSHIP CON LA LENTE DEL DIGITALE MILANO, 16 LUGLIO 2018 https://tinyurl.com/y9or8ewy
cita: Un robot potrebbe fare il mio lavoro? Digiti una professione e scopri subito il rischio di automazione. Per esempio, per il ragioniere, il rischio di sostituzione da parte delle macchine è nell’ordine del 70% (elevato, come specifica il sito). Niente male questo progetto (servirebbe anche in Italia) ben articolato e con molte informazioni. Certo, poi si può discutere sul dietro le quinte della programmazione (chi ha deciso cosa, su quali basi e parametri). Questo però è un altro film.
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––Future mobility L’uomo giustifica i mezzi Mobilità e città non sono mai state a misura d’uomo ma di mezzo. Per più di un secolo tutto ruotava intorno alle quattro ruote: lavoro, svago, urbanistica. Ieri, domani tutto sarà antropocentrico.
––Future city Cammino, dunque sono Human Scale Mobility e Walkability sono i nuovi concetti della mobilità “umanocentrica”, tant’è che alcune piattaforme (come Walkscore) misurano il grado di camminabilità delle metropoli. Giusto così. La congestione del traffico ha rotto, come pure la pessima qualità dell’aria (e della vita) nelle nostre città. È semplice: la mobilità deve adattarsi ai nostri tempi, al nostro corpo, alle nostre abitudini (umane e non meccaniche). Dunque car sharing, smart mobility service, ampie zone pedonali, lavoro senza spostamenti e tante, tante bici. La solita Copenhagen, ma anche la nuova New York. Di fatto una grande sfida a livello urbanistico per ridisegnare una città dove tutto sia a portata (quasi) di piedi: lavoro, svago, commercio.
DIRIGIBILE #45
http://www.designforwalkability.com https://tinyurl.com/ldl267g https://tinyurl.com/67nvk3 https://tinyurl.com/hurf6zq https://tinyurl.com/nq6p4nr https://motion-tag.com/ticketing https://tinyurl.com/yceycdx3 https://tinyurl.com/y9teew5c https://tinyurl.com/yaxdabbs https://tinyurl.com/y8afq6ms http://techsquat.com/index.html https://tinyurl.com/yd4q5key https://tinyurl.com/yd2ar7g8 https://tinyurl.com/ycur99n5 http://www.mimesysvr.com/# http://lebox.berlin
––Future working Ancora non siete smart? Il motore di vero e proprio cambiamento della mobilità è il lavoro che cambia. Alla fine il vero valore del cosiddetto smart working è una certa assenza di costrittiva mobilità (ore perse in treno e auto). Oggi ci si muove volentieri per viaggiare, non certo per lavorare. Chi può stare fermo sta fermo e lavora vicino a casa, spesso in spazi di co-working (sempre più sofisticati in termini di servizi e soluzioni, per esempio asili nido) e magari si collega con gli altri tramite riunioni oleografiche a distanza (vedi link). Soprattutto i migliori talenti pretendono di vivere e lavorare così. Per le imprese quasi un aut aut. O sei così (flessibile) oppure fai a meno di loro.
––Future housing Modulare, Watson I lunghi spostamenti appartengono alla vecchia civiltà industriale. Una certa immobilità alla Proust torna in auge per vivere la propria quotidianità in modo più circoscritto (muoversi entro certi limiti). Il prefisso “co” come paradigma del vivere condiviso: co-working, co-living, co-housing, co-sharing e soluzioni di microliving come il progetto della BMW Mini Living per attivare nuove forme di convivenza sociale. L’obiettivo è fondere l’attività lavorativa con quella del tempo libero e privata aggregando spazi. Per esempio edifici con sale multifunzionali fluide che servono, per esempio, al mattino come sede per corsi per gruppi di bambini, mentre nel pomeriggio accolgono gli anziani per un caffè e alla sera per lezioni di yoga o conferenze. Insomma, “trasformismo” mobile.
––Future shopping Il centro è commerciale Fare un’ora di coda per andare al centro commerciale? Fatela voi vecchi, noi giovani vogliamo tutto a portata di mano, vicino fisicamente (a due passi) o digitalmente (a un click). Solo Zalando o Amazon? Non proprio. Nuove forme di click and collect, mini supermercati, pop up store, locali e mercati rivitalizzano il centro urbano. Certo, bisogna puntare sui POPOS (privately owned public open spaces) e diventare come retailer leader della vita reale dove, insomma, lo shopping diventa quasi un’attività accessoria. Un luogo dove è in scena la vita vera di tutti i giorni. Una metamorfosi per trasformare i quartieri in life center, dove trovare in miniatura tutto quello di cui abbiamo bisogno per vivere bene.
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––Future body Il corpo mente EYES Smart lenses
BRAIN Brainwave sensor BRAIN Brain-computer interface COMBINED SENSES Eyeborg HORMONES Smart drugs
COMBINED SENSES Wearables HEART Artificial heart: pacemaker
SKIN Microbiome testing
CELLS DNA/Genes: CRISPR-CAS 9
NERVES Bioelectronic medication (implants) COMMUNICATION Human-plant
BIONIC BODY PARTS Bionic hand
COMMUNICATION Human-environment
COMMUNICATION Human-machine
Il corpo non mente? Ora sì, ora è pura finzione, artificio, ben oltre la vecchia chirurgia estetica (si sarà rifatta il naso?). Già, cyborg o meglio corpo 4.0.
DIGESTIVE TRACT Microbiome testing and metabolic tech
BLOOD Biointegrated sensor
COMMUNICATION Human-animal
Questa infografica, basata su uno studio del Gottlieb Duttweiler Institute, illustra lo stato dell’arte tecnologico di un ipotetico “disruptive body” che va dalla nascita (designer babies) fino alla morte (cryonics).
DIRIGIBILE #45
BODY
BIONIC BODY PARTS
COMMUNICATION
BRAIN
Bionic hand http://touchbionics.com Le nuove mani bioniche sono collegate al cervello attraverso il sistema nervoso e i muscoli trapiantati per un effettivo controllo mentale. DNA/genes https://tinyurl.com/y6tw7agf https://www.calicolabs.com Tagliare, alterare e manipolare il materiale genetico umano. La futura tecnologia modifica il DNA per curare malattie e/o ringiovanire le cellule. Biointegrated sensors https://www.dexcom.com/it-IT https://profusa.com/lumee/ I nuovi sistemi con sensori biointegrati garantiscono un monitoraggio glicemico dinamico continuo e/o altri valori nel sangue.
HUMAN – MACHINE Brain-computer interface (BCI) https://www.neuralink.com
Brain-computer interface (BCI) https://www.neuralink.com L’interfaccia cervello-computer consente di manovrare le macchine con la forza del pensiero. Brainwave sensors http://www.berkeleyultrasound.com I sensori di onde cerebrali permettono di intervenire nel trattamento della depressione, morbo di Alzheimer e demenza. EYES Smart lenses https://verily.com/projects/sensors/ smart-lens-program/ Le lenti a contatto “intelligenti” monitorano il livello di glucosio di una persona e, in prospettiva, interazione con gli oggetti che la gente usa abitualmente nella vita di tutti i giorni. NERVES Bioelectronic medication (implants) http://www.galvani.bio La medicina bioelettronica è una scienza emergente per posizionare piccoli dispositivi all’interno del corpo umano programmati per leggere e modificare i segnali elettrici che passano lungo i nervi del corpo, per ripristinare la salute. COMBINED SENSES Wearables https://eagleman.com/research/sensorysubstitution Le tecnologie indossabili, come il giubbotto “sensoriale” sviluppato da David Eagleman, rendono possibile una percezione del mondo completamente nuova. Eyeborg http://www.eyeborgapp.com Il dispositivo creato da Neil Harbisson converte i colori in suoni, ovvero rileva costantemente le frequenze dei colori davanti a sé e trasmette queste informazioni al chip. Le frequenze viaggiano poi attraverso il cranio fino al sistema uditivo della persona. Questo rende possibile ascoltare i colori.
DIGESTIVE TRACT Microbiome testing and metabolic tech https://ubiome.com Sequenziare e analizzare con precisione i microbi nel corpo anche con il supporto di tecniche statistiche avanzate e intelligenza artificiale. È la nuova frontiera della personalizzazione spinta in tema salute. HORMONES Smart drugs https://thethirdwave.co Sostanze in grado di aumentare la capacità cognitiva e microdosaggio di quelle psichedeliche come presunta regolazione del livello ormonale e/o aumento delle capacità percettive. HEART Artificial heart Affidare la propria vita a un cuore artificiale, collegato a due batterie e a un computer nello zaino. Come ha raccontato il modello Andrew Jones in Great Big Stories: “La notte, quando vado a letto, metto prima in carica il telefono, poi me stesso”.
Penso, dunque sono connesso. Se in un futuro non troppo lontano saremo in grado di controllare i device con la sola forza del pensiero, probabilmente dovremo ringraziare l’ennesimo progetto di Elon Musk (il Tesla Man). Si chiama Neuralink e, a parte la solita interfaccia cervello-computer con l’obiettivo di fondere l’intelligenza umana con quella artificiale per ottenere un’intelligenza aumentata, l’idea (in parte folle) è di puntare anche alla Consensual Telepathy: conversazione consensuale telepatica fra persone. HUMAN – PLANT Human-plant interface https://tinyurl.com/y9wfohzx Decodificare il linguaggio delle piante (basato su impulsi elettrici, o eterici secondo gli esoterici) per comunicare con loro è l’ennesima sfida della ricerca che fonde il digitale con il materiale (biologico). Il Project Florence, diretto dall’artista Helene Steiner (Microsoft Research), dimostra che le piante hanno una propria lingua e tenta di ipotizzare interfacce uomo-pianta, per curarle e seguirle meglio. HUMAN – ANIMAL Human-animal interface Internet of animals. Se possono le piante a maggior ragione gli animali. Avevo già visto ridicoli Bau Bau traduttori, ma il tema dell’interazione animale-computer non va sottovalutata. Molti scienziati stanno studiando come, per esempio, la comunicazione wireless possa essere utilizzata per sviluppare un linguaggio comune. HUMAN – ENVIRONMENT Molecular scanner – connect with your environment http://tellspec.com/en/ https://www.consumerphysics.com Connettersi tramite scanner molecolari con l’ambiente circostante, magari per fare il terzo grado a una patata, melanzana o sedia. Insomma, analizzare e monitorare la composizione chimica e fisica delle cose per poi trasmettere il tutto ai nostri device.
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––Future dialogue Conversare con i clienti artificialmente e umanamente Da un lato bisogna tenere alto il livello di dialogo “empatico” in carne e ossa garantendo un colloquiale human touch di nicchia, dall’altro bisogna prendere atto che automazione dei servizi e intelligenza artificiale stanno introducendo nuovi approcci di dialogo con il cliente basati su gesti (automatici) veloci e risposte veloci, magari corredate da consigli. Una cosa è certa: il dialogo non è più un servizio da esternalizzare, ma da tenere in casa come “core business”.
Dialogo effettivo
Il cliente del futuro pretende il massimo risultato con il minimo sforzo. Personalizzazione, semplicità, velocità, automazione, considerazione, rispetto e, sì, anche simpatia. Il tutto in tempo reale come internet ci ha abituati. Nell’ottica del cliente il contatto diretto con l’azienda perde significato. Conta solo il livello effettivo (concreto) della relazione e assistenza, indipendentemente da chi la svolge.
Dialogo chiacchierato
Dialogo datato
I dati (grandi ma anche piccoli) sono la chiave per aprire tutte le porte di una fruttuosa relazione. Ma attenzione: giustamente i clienti mollano i propri dati volentieri solo a condizione di ottenere in cambio un valore aggiunto (reale). Dunque non solo l’analisi dei dati deve essere intelligente (sistemi) ma anche il conseguente dialogo e servizio.
Secondo Gartner entro il 2020 la persona media avrà più conversazioni con i chatbot che con persone in carne e ossa. In futuro la maggior parte dei clienti pretenderà che i loro negozi siano realmente e intelligentemente automatici per conversare in modalità convenience.
DIRIGIBILE #45
Dialogo aumentato
Fissi per 5 secondi la facciata del centro commerciale e ricevi immediatamente sul device recensioni o offerte. Benvenuti nell’era del cliente aumentato che grazie alla cosiddetta mixed reality (realtà aumentata fusa con quella virtuale) ottiene informazioni aggiuntive con dettagli non visibili a occhio nudo.
Dialogo umano
Con tutta questa automazione spinta conviene puntare anche alla relazione spinta. Dopo la sbornia della digitalizzazione è tempo di umanizzazione. Le persone (e relazioni) prima di tutto. Non dimenticandoci che siamo persone in carne e ossa a cui piacciono altre persone in carne e ossa. Oltre la tecnologia c’è il rapporto fra le persone, vera merce rara nel futuro. Garantire con tutti questi computer e chatbot servizi con un tocco umano farà la differenza, soprattutto in ambito retail.
Dialogo individuale
Segmentazioni socio-demografiche e target appartengono a un remoto passato. Le imprese che insistono ancora con queste pratiche rischiano di non riconoscere l’unicità di ogni singolo cliente e servizio su misura. In futuro, anche grazie alla tecnologia, il focus è sull’individuo e i suoi comportamenti ed esigenze (Amazon o Netflix docet).
Dialogo adattivo
Ma anche predittivo e “situativo”. In futuro è il cliente a decidere quando, dove e in quale contesto dialogare. Presidiare tutti i canali possibili, semplificare radicalmente la comunicazione, anticipare le esigenze, automatizzare i processi. Il nuovo commerciante in veste di dialogatorefacilitatore di shopping (che funziona come tante app). Ragionare dunque in termini di retail adaptive service provider.
Dialogo vocale
Parlare con i device o con uno specchio o televisore. Tutti, ancora, a parlare di trasformazione digitale quando invece bisognerebbe parlare di trasformazione vocale, quella sì che nei prossimi 10 anni sconvolgerà abitudini, consumi e dunque business model. I futuri assistenti digitali e vocali diventano veri e propri compagni di sventura di ogni conversazione. Praticamente nuovi amici.
Dialogo antropologico
Studia l’essere umano nel suo tempo (Zeitgeist) e innova il dialogo e relativi servizi di conseguenza. Il marketing antropologico è spesso sottovalutato, così come lo studio e la comprensione profonda dei comportamenti delle persone. Bisognerebbe imparare dallo straordinario lavoro fatto da Generator Hostels sui giovani viaggiatori.
Dialogo fra bot
Il bot del cliente dialoga con il bot del retailer. Suona strano ma non è strano. In un futuro non troppo distante la comunicazione bot-tobot potrebbe diventare la nuova interazione con il cliente. Già oggi vediamo all’opera le prime applicazioni (programmi) che semplificano la vita con delega e automazione delle attività quotidiane. Domani i bot e/o assistenti digitali si specializzeranno in singole aree della vita: dal mobility bot al travel bot fino al health o finance coach.
Dialogo incomprensibile?
https://tinyurl.com/yaz39pu4
SOPHIE, L’ASSISTENTE DIGITALE UMANA https://tinyurl.com/yac28vnd
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FUTURETECH
INVENZIONI & INNOVAZIONI
SELF DRIVEN STORE
della percezione al nuovo commercio, dominato da supermercati viaggianti, aperti 24 ore su 24 e gestiti da commesse ologramma. Vengono chiamati nel gergo “retail innovation” anche staffless store (negozi senza staff umano) e sono l’ultima frontiera dell’a-Commerce. Altro che e-Commerce. Sensato? Forse no. Ma la tecnologia è così: tutto quello che si può fare si farà (poi si vedrà).
Il commercio del futuro fa volentieri a meno dell’essere umano. Tipo auto senza conducente? Certo. Se possono le macchine, perché non anche i negozi? Non è più il consumatore a recarsi al negozio ma viceversa. Certo, il “self driven store”, una sorta di supermercato con tutti i generi di prima necessità della startup Wheelys, è solo un prototipo in sperimentazione a Shanghai (luogo dove tutto è immaginabile e praticabile), ma intanto apre le porte
GUMSHOE.AMSTERDAM
In genere le gomme da masticare finiscono sotto le scarpe. Ben venga un sistema innovativo per raccoglierle, riciclarle e trasformarle in sneaker rosa.
GUARDA IL NEGOZIO DELLA STARTUP WHEELYS GUIDA AUTONOMA https://tinyurl.com/ybf7t75p
GRACECOOLING.COM
Tecnologia indossabile (raffreddabile) per le donne in menopausa. Aiuta a contrastare le vampate di calore con un curioso sistema di raffreddamento. Cool.
https://www.youtube.com/watch?v=f155BH2MErE
DUOLOGI.COM
Duologi promette incrementi delle vendite con prodotti finanziari, digitali, innovativi, come i prestiti istantanei per chi passeggia nei negozi o centri commerciali. https://www.youtube.com/watch?v=3ynXFpfII08
TRIPFUSER.COM
La startup australiana Tripfuser lancia una piattaforma turistica per viaggi personalizzati in Asia e Africa. Esperienze uniche grazie al collegamento con esperti local. https://www.youtube.com/watch?v=RG-BmECiFU8
BIGREP.COM
Presentato come il primo pneumatico da bici stampato in 3D, non è solo bello da vedere ma estremamente flessibile e personalizzabile per ogni ciclista. https://www.youtube.com/watch?v=9pHJNtH8ltQ
NEWS.XBOX.COM
Quando Microsoft, per il lancio di Xbox On, ha creato lo Stay N’ Play Hotel per vivere il gaming in pigiama, mi sono chiesto: può essere un concept per futuri hotel? https://www.youtube.com/watch?v=a348b-O_vjQ
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
ABBIAMO ADOTTATO LA CHIESA DEL GESÙ DI MIRANDOLA A sei anni esatti dalla seconda violenta scossa del sisma, Manageritalia Emilia-Romagna supporta la ricostruzione dell’unica chiesa di proprietà del Comune distrutta dal terremoto
C
on una breve e partecipata cerimonia, e in presenza di massime autorità e cittadini, lo scorso 28 maggio Manageritalia Emilia-Romagna ha dato il via all’adozione della Chiesa del Gesù di Mirandola gravemente danneggiata dal sisma che il 29 maggio di sei anni fa colpì questa regione. L’obiettivo, sfruttando la forza di Manageritalia e dei suoi manager, è portare l’attenzione di tutti sulla necessità di una rapida ricostruzione architettonica e sociale dei luoghi fulcro della città prima del terremoto. In apertura della cerimonia il sindaco di Mirandola Maino Benatti ha dedicato parole di attenzione e ringraziamento: «L’adozione e l’azione di Manageritalia per ridare vita alla Chiesa del Gesù è per la città determinante. Abbiamo quasi completato la
ricostruzione di scuole, abitazioni e aziende, ora dobbiamo velocemente riprenderci i luoghi cardine della nostra vita sociale. La chiesa del Gesù, l’unica di proprietà del Comune, è da sem-
Il sindaco di Mirandola Maino Benatti
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MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
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pre nel cuore e nella tradizione dei mirandolesi per la sua storia e per ospitare tanti momenti determinanti nella vita delle persone come matrimoni e battesimi. Con l’aiuto dei manager e della loro Organizzazione, ora che i fondi ci sono, dobbiamo alzare l’attenzione su questo “simbolo” cittadino, far partire i lavori e scandire e dare visibilità alle varie tappe necessarie per ritornare a viverlo. Noi ci contiamo molto e il loro impegno e la loro determinazione sono una garanzia per far accadere le cose nei tempi stabiliti». La chiesa del Gesù di Mirandola fu conclusa da Alessandro II Pico nel 1689 e consacrata nel 1695 legando la sua storia anche all’annesso convento dei Gesuiti. La chiesa, ricca di stucchi e altari lignee di grandissimo pregio e interesse storico ora con-
servati a Sassuolo, ha vissuto, con l’annesso convento, da protagonista tutta la vita della città. Dalla cacciata dei Gesuiti nel XVIII secolo alle invasioni Napoleoniche, al periodo bellico sino al fatidico 29 maggio 2012. In questo periodo il convento è passato a sede dell’Ospedale Santa Maria Bianca, poi ad archivio storico comunale, biblioteca civica e centro culturale. Insomma, un simbolo della città che non può non tornare a svolgere il suo ruolo centrale.
Quando l’unione fa la forza «Noi manager – ha dichiarato il presidente Manageritalia Emilia Romagna Paolo Longobardi durante la cerimonia – siamo soliti adottare progetti in azienda e con l’aiuto di tutti portarli a termine con costi e tempi certi. Questo vogliamo fare anche a Mirandola, con l’aiuto di tutti quelli che vorranno supportarci e seguirci». Manageritalia ha già operato con le sue associazioni territoriali a supporto delle zone colpite da terremoti negli ultimi anni con donazioni e progetti concreti.
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Ricordiamo ad esempio quelli dell’associazione emiliana, sempre nel 2012: i manager, insieme ai sindaci di sei comuni disagiati, hanno individuato e portato a termine con successo progetti a cui destinare i fondi e il supporto gestionale. Nel 2016, invece, i fondi raccolti da Cida per il terremoto del luglio 2016 in Centro Italia, insieme a quelli delle federazioni aderenti e alla generosità dei nostri associati, sono stati destinati al rilancio delle attività economiche e sociali delle aree colpite, in particolare si è scelto di indirizzare il progetto in Umbria, nella zona di Norcia, e di concentrare l’attività sul settore turistico alberghiero, agricolo e di trasformazione agro-alimentare. Più recentemente, grazie al contributo di Manageritalia Roma, di InfoCert e Conapi e alla partecipazione di Cargeas e Romana Diesel, è stato possibile donare alla valorosa squadra del Soccorso Alpino di Amatrice, in provincia di Rieti, un pick-up Fiat Fullback di cui era sprovvisto, con l’obiettivo di rafforzare la loro capacità di intervento in caso di calamità.
FORMAZIONE 2018 Dopo il successo dello scorso anno, Manageritalia, insieme a Right Management, riparte con una rinnovata offerta formativa per i quadri associati
Il piano formativo Dopo il successo dello scorso anno, si riparte ora con una nuova offerta formativa ancora più ricca riservata ai nostri associati. Figure che all’interno dell’azienda hanno un ruolo sempre più strategico, ad alto livello di formazione e professionalità che comprendono, diffondono, gestiscono e quindi guidano il cambiamento. Il programma proposto vuole favorire la loro crescita professionale e di carriera, offrire gli strumenti necessari per affrontare le sfide con dimensioni strategiche trasversali
quali comunicazione, leadership, change management, teambuilding, negoziazione, teamworking e facilitazione culturale. Un modo per crescere integrando e ampliando quanto previsto dalle loro aziende.
Cosa prevede: le aree di sviluppo In un mercato sempre più globale e competitivo, fare formazione non è un optional ma diventa prioritario e quello che proponiamo risponde proprio alle esigenze e alle richieste degli associati. In una recente survey, infatti, ben il 91% degli intervistati ha dichiarato che la gestione dello sviluppo profes-
Area sviluppo manageriale 1. CHANGE MANAGEMENT Comprendere le principali variabili in gioco in termini di “dinamica di gruppo” e le loro correlazioni con il processo di influenza. Quali sono le basi di legittimazioni della leadership nel cambiamento?; inquadrare un modello di guida/ conduzione condiviso per orientare il gruppo di lavoro nelle fasi di cambiamento; imparare a interpretare il cambiamento (organizzativo, di processo, di strategia aziendale) come base per il consolidamento della propria leadership in azienda.
MANAGERITALIA QUADRI
«H
o trovato il corso molto utile e sono prossimo ad applicare le informazioni apprese al mio lavoro per l’efficacia dei miei compiti»; «Molto interessante e coinvolgente, mi sono stati dati i concetti base in maniera chiara ed efficace, unitamente a esercitazioni pratiche»; «Quanto appreso in aula ha avuto un’influenza positiva sull’organizzazione del team lavorativo»… Queste sono solo alcune delle impressioni raccolte da alcuni degli oltre 300 partecipanti al piano formativo 2017 ideato e sviluppato da Right Management, società di ManpowerGroup che opera nel campo del career e del talent management.
sionale, un tempo supportata dalle aziende, è oggi sempre più lasciata all’individuo, che per questo ha bisogno di organizzazioni che li supportino. Il piano formativo 2018 prevede una giornata d’aula per ognuna delle aree manageriali ritenute prioritarie:
COSA FA IL QUADRO PER GESTIRE IL SUO SVILUPPO PROFESSIONALE? Partecipa a iniziative aziendali strutturate e organiche
47%
Partecipa a eventi associativi di settore
34%
Si tiene aggiornato proponendo iniziative formative all’impresa Si tiene aggiornato frequentando iniziative formative a carico mio Partecipa a diverse community web (es. social network) Partecipa a gruppi di lavoro interfunzionali in azienda
32% 32% 35% 25%
Coaching/Counseling
15%
Partecipa a gruppi di lavoro interaziendali Partecipa a gruppi di approfondimento e iniziative divulgative
16% 13%
Fonte: indagine Osservatorio Manageriale Manageritalia Cfmt 2017 (1.500 manager intervistati)
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MANAGERITALIA QUADRI
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2. LEADERSHIP AVANZATA, VIRTUALE E MULTICULTURALE Gestire con efficacia meeting e long distance conference con interlocutori di altri paesi (collaboratori e colleghi); sviluppare una più efficace collaborazione intra funzionale alimentando la fiducia relazionale all’interno dell’organizzazione; migliorare il flusso della comunicazione riducendo incomprensioni e migliorandone l’efficacia; migliorare le prestazioni del team incidendo sui risultati di business. 3. NEGOZIAZIONE MANAGERIALE Affrontare ogni tipo di negoziazione interna ed esterna; sviluppare le tecniche negoziali più avanzate per gestire con sicurezza e successo le trattative quotidiane; utilizzare un approccio flessibile e creati-
vo; affrontare ogni situazione di negoziazione avendo ben presenti una gamma di possibili accordi a cui arrivare per essere sicuri di vincere in due; chiarire tutte le possibili implicazioni quando accetterete una negoziazione o inviterete qualcuno a negoziare.
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Area sviluppo personale 4. PROATTIVITÀ, PROBLEM SOLVING CREATIVO & DECISION MAKING Acquisire il pensiero e il modus operandi creativo per affrontare in modo nuovo problemi nuovi; imparare a ragionare fuori dagli schemi e dai vincoli spesso autoimposti; imparare a essere creativi con metodo; aggirare i blocchi mentali alla creatività; acquisire tecniche di produzione creativa; saper valutare l’impatto di ogni decisione nel problem solving.
Area sviluppo di carriera 5. SELF CAREER MANAGEMENT Focus sull’individuo Cosa so, cosa so fare e quali comportamenti so agire? Il check-up delle capacità; la piramide del ruolo; le caratteristiche fondamentali del ruolo: le tre dimensioni del ruolo agito; ruolo nell’organizzazione: coerenza tra ruolo dichiarato-atteso-percepito; il percorso professionale ad oggi; proattività vs reattività nel ruolo agito; la sfera di influenza nel ruolo; coinvolgimento e motivazione; le due dimensioni della motivazione (questionario); uno sguardo al domani: impiegabilità nel tempo. I miei punti di riferimento Gli obiettivi del networking; con chi fare networking: i miei stakeholder – esercitazione focus sullo scenario; cosa mi succede intorno?; il mondo del lavoro nel XXI secolo; le competenze della post-modernità; la gestione dei paradossi e dell’ambiguità; esercita-
zione: come gestisco il paradosso e l’ambiguità; focus sull’itinerario: dove vado ora?; il mio percorso professionale – la mia vision professionale; elementi di gestione dello sviluppo professionale; esercitazione il loop fatale. Quando si parte? Il piano d’azione individuale: istruzioni per l’uso. 6. PERSONAL BRANDING & NETWORKING LAB Durante il workshop le persone verranno aiutate a rispondere alle seguenti domande: quali sono i tuoi talenti? Che tipo di professionista sei e vuoi diventare? Come rendere visibile e tangibile il tuo valore? Obiettivi chiave di apprendimento: uscire ed emergere dalla folla; concentrarsi sulle caratteristiche che rendono unici e il loro valore per il mercato; valorizzare l’individualità e le competenze distintive; progettare e implementare un efficace piano di marketing personale; mettere le proprie potenzialità al servizio dei propri sogni.
Iscrizioni Il programma è riservato ai quadri iscritti a Manageritalia in regola con la quota associativa ed è esteso anche agli executive professional iscritti. Consulta la pagina Formazione nel menu della tua associazione (www.manageritalia.it >> chi siamo >> associazioni territoriali >> formazione) dove troverai tutti i dettagli sulle giornate organizzate nel territorio. Vedi il dettaglio del programma formativo 2018: http://bit.ly/dir-formazionequadri
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015-PP02-01-2017-11
BORSE DI STUDIO
FONDO MARIO NEGRI
Online i bandi per il 2018 riservati ai figli di dirigenti iscritti al Fondo Mario Negri che si sono distinti negli studi
A
l via i concorsi per l’assegnazione di borse di studio riservate ai figli di dirigenti iscritti al Fondo Mario Negri, in attività presso aziende tenute alla contribuzione al Fondo stesso, in prosecuzione volontaria o fuori da queste aziende in data precedente a non oltre 12 mesi rispetto a quella di emanazione del bando di concorso, e comunque risultanti iscritti alla data di emanazione del bando di concorso. Oppure, ancora, ces-
sati dal servizio anche oltre il termine di 12 mesi e comunque ancora iscritti al Fondo con un’anzianità contributiva di almeno 15 anni e che siano inoltre già pensionati nell’assicurazione generale obbligatoria, o iscritti al Fondo successivamente alla data di emanazione del bando ed entro il termine di presentazione delle domande o che godano delle prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita (art. 18 dello Statuto, pensione di vecchiaia o
di invalidità). Sono ammesse le domande di iscrizione anche per gli orfani di dirigenti che siano stati iscritti al Fondo. Le votazioni per l’ammissione sono previste in misura differenziata per tenere conto della particolare situazione di alcune tipologie di concorrenti (orfani di dirigenti o diversamente abili). Ricordiamo che è possibile richiedere la borsa di studio del Fondo Mario Negri anche se è stata presentata domanda a più organizzazioni.
Per tutti i concorsi ■ Saranno accettati solo i certificati di studio in originale rilasciati dalle segreterie degli istituti frequentati (non sono ammesse autocertificazioni o dichiarazioni sostitutive di certificazione). ■ È richiesto l’inserimento di riferimenti telefonici e indirizzi email nel modulo della domanda. ■ Nella dichiarazione da allegare per il trattamento fiscale dovrà essere confermato o modificato l’importo della detrazione dall’imposta indicato. Per maggiori informazioni: borsestudio@fondonegri.it. Tutti i bandi sono disponibili sul sito www.fondonegri.it.
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ANNO SCOLASTICO/ACCADEMICO 2017/2018 Categoria, scadenza, valore e numero delle borse PERIO MICHIARA Scuola media inferiore scadenza 29 settembre 2018 n. borse 140 da € 250 MARIO NEGRI Scuola media superiore scadenza 29 settembre 2018 n. borse 520 da € 450
MARIO NEGRI Corsi universitari A partire dal 1° luglio 2018 scadenza 29 giugno 2019 n. borse 230 da € 800
Riservato a studenti di
Media scolastica minima richiesta e note
Ultimo anno di scuola media inferiore
9/10 7/10 per orfani 6/10 per diversamente abili
Scuola media superiore
8/10 per tutte le classi precedenti all’ultimo anno; 7/10 per orfani; 6/10 per diversamente abili; 80/100 per l’ultimo anno; delle 510 borse, fino a 10 per Its o Ifts riconosciuti dal Miur.
Corsi universitari o equivalenti
28/30; 24/30 per orfani; 18/30 per diversamente abili. In mancanza di piano di studio personale e di mancata nel piano di studi statutario di un numero minimo di crediti formativi universitari, sarà presa a riferimento la soglia minima di 60 crediti. Gli esami di idoneità che danno diritto a crediti formativi devono essere sostenuti nell’anno academico in cui sono previsti, salvo diversa indicazione della facoltà frequentata. Le lodi e gli esami di idoneità non concorrono nel computo della media.
ANNO SCOLASTICO/ACCADEMICO 2016/2017 Categoria, scadenza, valore e numero delle borse MARIO NEGRI Premi di laurea scadenza 29 settembre 2018 n. borse 35 da € 1.000
MARIO NEGRI Corsi universitari scadenza 30 giugno 2018 n. borse 230 da € 800
Riservato a studenti di
Media scolastica minima richiesta e note
Corsi universitari o equivalenti (per diplomi di laurea specialistica e vecchio ordinamento)
110/110; 105/110 per orfani; 100/100 per diversamente abili. Possibilità di partecipazione per gli studenti iscritti in università italiane che abbiano sostenuto l’esame di laurea anche in paesi extracomunitari.
Corsi universitari o equivalenti
28/30; 24/30 per orfani; 18/30 per diversamente abili. In mancanza di piano di studio personale e di mancata nel piano di studi statutario di un numero minimo di crediti formativi universitari, sarà presa a riferimento la soglia minima di 60 crediti. Gli esami di idoneità che danno diritto a crediti formativi devono essere sostenuti nell’anno academico in cui sono previsti, salvo diversa indicazione della facoltà frequentata. Le lodi e gli esami di idoneità non concorrono nel computo della media.
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UNA POLIZZA PER NAVIGARE IN SICUREZZA In una nazione con 7.500 chilometri di coste e oltre 600.000 imbarcazioni, per non correre rischi è bene assicurarsi quando si va per mare
N
ASSIDIR
el mese di agosto in Italia si verificano i tradizionali episodi definiti come “esodo di massa”, “città deserte”, “sovrappopolazione delle spiagge” e così via. In realtà i fenomeni legati alle vacanze iniziano già nella seconda metà di giugno, dalla fine delle scuole, per terminare nella prima settimana di settembre e ciò che rende interessante questo periodo dell’anno sono la varietà di luoghi e di modi in cui si trasferisce la vita degli italiani.
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Utilizzando una lente di ingrandimento, dietro la parola vacanze si apre un universo di piacevoli occasioni sia al mare che in montagna: vacanze sedentarie, vacanze sportive più o meno rischiose, vacanze in barca o in viaggio per mare, vacanze culturali o di relax con spostamenti in aereo e altri mezzi, vacanze itineranti in roulotte o in camper, vacanze in motocicletta. Ognuna di queste modalità però è costellata di rischi che si tende
spesso a sottovalutare e per i quali sarebbe sempre bene essere pronti. Se la garanzia migliore è quella di non esporsi volontariamente a inutili rischi, è però anche vero che un evento sgradevole può sempre capitare: dal semplice ritardo di un volo ad altri eventi che hanno impatti ben più significativi sulle nostre finanze o addirittura sui nostri cari. Tra le tante aree per le quali è possibile assicurarsi, su questo numero facciamo un focus su coloro che hanno scelto di “navigare”, cioè viaggiare per mare, sui laghi o fiumi, sperando che non ce ne vogliano tutti coloro che amano stare “lontani dall’acqua”; a loro dedicheremo altri spazi nel prossimo futuro.
La nautica in Italia Escludendo, ovviamente, le crociere, puntiamo la nostra lente di ingrandimento su chi si muove su una barca, un gommone, un cabinato. Per dare una dimensione del fenomeno della nautica, giustificato anche dal fatto che l’Italia vanta uno sviluppo costiero di circa 7.500 chilometri, è sufficiente ricordare che il cosiddetto “parco nautico” è di circa 600.000 unità, delle quali quasi 500.000 non immatricolate, ovvero di piccole dimensioni e quindi prive di quella che per le autovetture è la “targa”. Un settore, quindi, in piena evoluzione, come viene anche dimostrato dal Salone nautico di Genova che presenta ogni anno (a settembre la sua 58ma edizione), in un unico contesto espositivo, le
novità della produzione cantieristica, i motori, l’elettronica, gli accessori, il turismo e tutti i servizi connessi.
I rischi dell’andar per mare Per quanto riguarda i rischi che si possono correre quando si ha e si usa un natante, è necessario prima di tutto distinguere tra quelli legati alla “responsabilità civile” e i rischi di altra natura. Gli aspetti legati alla responsabilità civile rendono le necessità di coperture assicurative per i natanti molto simili a quelle degli autoveicoli, con la sola differenza che ci si muove in acqua anziché su strada e si ormeggia invece di parcheggiare. Un’altra importantissima analogia da non dimenticare è che l’assicurazione per la responsabilità civile è obbligatoria per qualsiasi unità da diporto che sia azionata da propulsione meccanica, ovvero mossa da un motore, sia fisso che amovibile; per quanto riguarda le coperture previste dalle polizze esistono innumerevoli possibilità offerte in funzione delle differenti dimensioni e caratteristiche dei mezzi da assicurare. Anche gli altri rischi, almeno a grandi linee, non sono molto diversi perché anche un natante può venire rubato, subire un incendio o un danneggiamento per cause diverse dalla navigazione. Ricordiamo quindi, brevemente, quali sono le principali aree e possibilità di rischio se si possiede un mezzo per vivere il mare o un lago non solo dalla riva. Al di là dei danni involontariamente causati a terzi dalla navigazione del natante, nell’area della re-
sponsabilità civile ricadono anche i danni che si possono arrecare a terzi dall’incendio del natante stesso, dall’esplosione o dallo scoppio del serbatoio o dell’impianto di alimentazione anche in caso di giacenza a terra o rimessaggio, quelli durante le operazioni di alaggio e varo o durante una regata velica, quelli arrecati a terzi durante il rimorchio di altri mezzi o il traino di persone, come per lo sci nautico.
Le coperture assicurative È bene tenere presente che, per tutti i casi di rischio sopracitati, esistono delle specifiche estensioni delle polizze che garantiscono le opportune coperture assicurative. Ad esempio, è consigliabile coprire il natante dal rischio di incendio e furto e coprire anche i danni che potrebbero venire arrecati a terzi dalle persone che sono trasportate sul nostro mezzo. Non va dimenticato che, come nel caso degli autoveicoli, con la polizza responsabilità civile i trasportati sono ovviamente coperti per i danni da infortunio subiti durante un incidente in cui la colpa sia attribuita al mezzo su cui sono imbarcati. Infine, è sempre consigliabile assicurarsi contro gli infortuni subiti dal conducente del natante e provvedere a una copertura per le spese legali, a tutela dei diritti delle persone assicurate, conseguenti a un sinistro che rientra nelle garanzie della polizza. Da ultimo, sempre nell’ambito delle coperture che si possono attivare per quanto riguarda il “corpo” dell’imbarcazione, non va dimenticata la possibilità di
NON RISCHIARE QUANDO VAI PER MARE, LAGHI O FIUMI: RIVOLGITI A CHI TI PUÒ ASSISTERE PER AVERE LE MIGLIORI GARANZIE PERSONALIZZATE PER TE Per informazioni contattare: ASSIDIR Numero verde 800 401345 email info@assidir.it assicurarsi contro i danni al proprio natante, similmente a quanto avviene per gli automezzi con una polizza kasko.
L’aiuto degli esperti Legato ai natanti, ecco quindi che è emerso un labirinto di rischi e possibili coperture assicurative molto variegato e complesso all’interno del quale solo un esperto può guidarci perché, in più di un caso, solo dopo l’esame della situazione in essere o in divenire si può individuare la soluzione ottimale sia dal punto di vista delle garanzie sia da quello dei costi da sostenere. La conseguenza naturale di questo scenario è che, almeno per tutti gli associati Manageritalia, contattare Assidir può essere la prima cosa da fare non solo per la sua specifica competenza in materia ma anche perché la consulenza è totalmente gratuita è può rivelarsi estremamente vantaggiosa. Non dimentichiamo, infine, che anche per tutti coloro che “non vanno in barca” la consulenza di Assidir è gratuita e li può aiutare nel proteggersi dai rischi di qualsiasi tipo di vacanza.
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SCUOLA DI MANAGEMENT Corsi da giugno a dicembre
AMMINISTRAZIONE TAX&FIN
MARKETING E VENDITE
ANCE
ting Social Media Marke king nali di social networ ca i e ar Come presidi re ob ott Roma 2 Milano 28 giugno re mb ve no Milano 22 ns nced sales negotiatio Win the deal: adva ne di negoziazio Strategie e tecniche ioni lla vendita di soluz ne e per creare valor re mb o 25 sette Roma 3 luglio - Milan
CFMT
ting Models Operational Marke etitivo basato Il vantaggio comp l marketing mix sull’innovazione de lano 18 dicembre Roma 10 luglio - Mi
Moving E4M2 Lo sviluppo della sim ulazione strategica e gestion ale Palermo 22 giugno - Roma 26 no
vembre
La gestione finanzia ria for non financial ma nager Come familiarizza re con gli aspetti fin anziari della gestione d’im presa Milano 27 giugno Verifiche, accertame nti e gestione del rischio fiscale Prassi accertativa e strumenti di difes a Milano 16 luglio - Ro ma 18 luglio
LEADERSHIP & PEOPLE MANAGEMENT Parlare in pubblico Come preparare e realizz are una presentazione efficace Bologna 20 settembre - Mil ano 24 set
NE
STRATEGIA E ORGANIZZAZIO tembre
Eugolf - Emotion & Execut ion: intelligenza e competenza emotiva sul campo da golf Lezioni di empowerment manageriale sul campo da golf Pieve Emanuele (Mi) 18 set tembre Cagliari 5 ottobre - Rom a 10 ottobre Chi domanda... comand a! Cambiare le regole degli incontri: oggi la conversazione la guido io! Milano 28 giugno - Bologn a 12 luglio Roma 26 ottobre - Torino 27 novembre
SEGRETERIA CORSI:
MILANO
Luigia Vendola lvendola@cfmt.it, 02 54063137
ione Dalla strategia all’az ategia in risultati str Per trasformare la Milano 13 novembre Bolzano 2 ottobre onto ger: mindset a confr Imprenditori e Mana ci oc pr ap e delli Consapevolezza, mo relazioni efficaci di e ion uz str co utili alla e or manager - imprendit o 17 luglio lan Mi lio lug 3 Roma n e Industry 4.0 Digital Transformatio itale cavalcare l’onda dig Anticipare il futuro, e br em dic Milano 12 Roma 24 ottobre -
ROMA
Lucia Canullo lcanullo@cfmt.it, 06 5043053
La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.
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EXECUTIVE COMPETENCE ROADMAP Le nuove competenze del manager del terziario
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l Cfmt ha sviluppato un nuovo self-assessment per i propri dirigenti: l’Executive competence roadmap (Ecr) disponibile su survey.cfmt.it. Ecr nasce da un progetto di ricerca condotto da Cfmt, Liuc-Business School e London Business School che ha permesso di identificare quali sono le nuove competenze dei manager del terziario. È stata stilata dai ricercatori una lista di 60 comportamenti manageriali, validata da interviste a professionisti dalla comprovata esperienza aziendale, provenienti da mercati e realtà organizzative molto diverse le une dalle altre, con l’obiettivo di ottenere uno spaccato manageriale quanto più possibile variegato e completo. Dalla ricerca sono emerse quat-
tro macro-aree di attività (gestione di se stessi, le persone, il contesto interno, il contesto esterno) con relativi comportamenti che ciascun manager del settore terziario dovrebbe mettere in pratica nel quotidiano al fine di gestire le proprie persone e il proprio business in modo efficace. A ogni comportamento bisogna associare un grado di importanza oggettivo. Ciascuno risponderà in base al proprio contesto aziendale, alla propria realtà d’appartenenza e al ruolo ricoperto. In secondo luogo, ai rispondenti sarà chiesto di auto-valutare la propria capacità di porre in essere ciascun comportamento. La compilazione non richiede più di dieci minuti e fornisce subito
un report generale e dettagliato scaricabile in formato pdf e un piano con strumenti mirati di sviluppo delle competenze da migliorare.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI: Roberta Corradini email rcorradini@cfmt.it tel. 02 54063126 ATTENZIONE: per compilare l’assessment è necessario andare sul sito survey.cfmt.it e cliccare sul tasto Registrati. Inserire nome, cognome e indirizzo email utilizzato per le comunicazioni con Cfmt. Dopo la procedura di registrazione verrà recapitata un’email con il riepilogo delle credenziali d’accesso.
Conoscere i propri punti di forza e aree di miglioramento consente di essere un manager sempre più efficace, oltre a incidere positivamente sul raggiungimento dei risultati. In relazione alle aree di miglioramento emerse, a ciascun partecipante verrà proposto un piano di sviluppo personalizzato che andrà a integrare interventi specifici dell’offerta formativa Cfmt, con letture di approfondimento sul tema. In questo modo, ciascun partecipante avrà la possibilità non solo di individuare quali siano le proprie aree di criticità ma, soprattutto, di ottenere dei suggerimenti concreti e degli spunti di riflessione per comprendere come ottimizzare il proprio modo di gestire il business e le persone. Risultato globale
253 192
Le persone
Contesto esterno
Contesto interno
Se stessi
110 89
49 32
51 39
43 32
Quanto è importante Quanto si è bravi
Quanto è importante Quanto si è bravi
Quanto è importante Quanto si è bravi
Quanto è importante Quanto si è bravi
Quanto è importante Quanto si è bravi
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Hanno collaborato a questo numero Alberto Baban è presidente pmi di Confindustria e vicepresidente di Confindustria. Fondatore di Tapì e di Venetwork. Membro dell’Innovation board di Ca’ Foscari e del corporate advisory board della (26) Luiss Business School. È coautore del libro Mind the change (Guerini Next).
Carlo Barbieri è medico chirurgo, agopuntore e specialista in medicina tradizionale cinese. (58)
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Federica Belfanti svolge attività di ricerca e formazione presso il Centro sull’imprenditorialità e la (52) competitività alla Liuc-Università Cattaneo. Thomas Bialas, futurologo, cura l’inserto Dirigibile ed è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt. (63) Armando Cirrincione è docente di marketing presso l’Università Bocconi e senior professor presso la Sda Bocconi. Phd in business administration and management, è visiting scholar presso Hec (26) Montreal e Dartmouth college. È coautore del libro Mind the change (Guerini Next).
Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.
(59)
Enrico Finzi è sociologo e presidente di AstraRicerche e di Sòno.
(16)
Anna Fonseca è esperta di comunicazione telefonica. Ha collaborato con diverse realtà aziendali tra cui Hp, Ibm, Microsoft, Sap Italia, Citrix, Trend Micro e CA. È psicologa clinica, grafologa, coach in Programmazione neurolinguistica certificata in Life&Business Coach dalla Society of NLP di Richard (32) Bandler. Autrice di diversi libri sul tema.
Aladar Bruno Ianes è direttore medico di Korian Italia. Dopo la laurea in medicina e chirurgia, si specializza in ortopedia e traumatologia e consegue il master in organizzazione e gestione in sanità alla Bocconi di Milano. Ha al suo attivo oltre 200 attività scientifiche tra pubblicazioni e la partecipazione a convegni in qualità di relatore e/o moderatore. (22)
George Kohlrieser è docente di leadership e comportamento organizzativo alla Business school (44) Imd. Ha partecipato come speaker al World Business Forum 2017. Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. (61) Alberto Mattiello vive a Miami, Florida, dove gestisce il Future thinking, acceleratore internazionale d’innovazione di J. Walter Thompson. Insegna digital innovation all’Università Bocconi ed è lecturer in diversi atenei. È coautore del libro Mind the change (Guerini Next) (26)
Enzo Rullani dirige il T-Lab-Cfmt e insegna Economia della conoscenza presso la Venice interna(36) tional university. 12 52
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it
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FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale.
(62)
Carla Panizza, responsabile centro studi.
(46)
Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa
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La diffusione di giugno 2018 è di 35.665 copie
O C I G O L O X U A UTILIZZA IN C A D S A F N O P I TUOI COU L’Istituto Auxologico Italiano aderisce alla campagna di prevenzione Fasdac Prevenzione base Prevenzione cardiovascolare Prevenzione oncologica del seno Prevenzione oncologica dell’utero Prevenzione oncologica della prostata Prevenzione oncologica del colon-retto
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