N. 10 OTTOBRE 2016
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
Ripartire da formazione e leadership Primo piano
CFMT PER COMPETERE
Intervista a Vince Molinaro
THE LEADERSHIP CONTRACT
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
PENSIONATI SÌ, MA I GIOVANI?
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l 28 settembre governo e sindacati hanno firmato un
documento con gli interventi previsti in materia di pensioni nei prossimi tre anni. Una ripresa della concertazione, almeno in questo caso, che coinvolge solo il governo e la triplice sindacale. Non vogliamo criticare la nostra esclusione, non siamo nostalgici della finta concertazione che ha spento le relazioni sindacali di questo Paese, vorremmo condividere le riflessioni sulle conseguenze di questa trattativa a quattro. Il 15 ottobre il governo ha approvato il disegno di legge di bilancio per il 2017. Si tratta di una manovra di 27 miliardi di euro, di cui 7 miliardi nei prossimi tre anni per misure a sostegno delle pensioni basse e dell’uscita flessibile dal lavoro. Tra gli interventi, quello di aumentare la 14esima a quei 2,1 milioni di persone che già la prendono e quello di estenderla a 1,2 milioni di pensionati in più rispetto agli attuali. Sarebbe stato più equo utilizzare l’Isee, che pesa reddito e patrimonio non del singolo ma dell’intero nucleo familiare. Per quanto riguarda l’introduzione dell’Anticipo pensionistico, le informazioni divulgate dal governo il 15 ottobre non confermano alcune anticipazioni che avevamo ricevuto sulla possibilità di accesso al cosiddetto Ape social, anche da parte dei percettori di redditi medio-alti. Tuttavia, riteniamo apprezzabili alcuni interventi volti a rendere più conveniente il ricorso all’Ape volontaria (detrazione del 50% sugli interessi; agevolazioni fiscali per i lavoratori che aderiscono a forme di previdenza complementare e vorranno “sostenere” l’Ape con la Rita). Un’altra proposta, molto interessante per i nostri associati, è quella che prevede la possibilità di cumulare tutti i contributi previdenziali non coincidenti, maturati in gestioni pensionistiche diverse, inclusi i periodi di riscatto della laurea, ai fini sia delle pensioni di vecchiaia sia di quelle anticipate. Questa possibilità
potrà essere esercitata, a differenza di quanto accade ora, completamente senza oneri, da tutti gli iscritti presso due o più forme di assicurazione obbligatoria. Infine, non possiamo non apprezzare le nuove agevolazioni sui premi di produttività. Tuttavia, equità sociale e flessibilità riguardano soprattutto i pensionati e poco i giovani. A nostro avviso questa sperequazione fra la spesa pubblica destinata ai più anziani e quella a favore delle nuove generazioni è un limite allo sviluppo. Le norme del Jobs act avrebbero avuto bisogno di un accompagnamento più largo e di creare sinergie con le politiche attive. Ad oggi però siamo ancora in attesa dell’operatività dell’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive. Le disuguaglianze in Italia non sono solo nell’iniquità della distribuzione del reddito, quanto nel fossato che divide le generazioni. È recente un’indagine condotta da Acli e Cisl su un campione di ventenni che ha rilevato il loro inedito “indice di arrendevolezza”. Come far ritrovare loro la voglia di andare incontro al futuro anche se il futuro (non) c’è? È di pochi giorni fa il rapporto della Fondazione Migrantes: aumenta la percentuale di chi parte per non tornare e per lo più sono giovani, motivati dal cercare nuove opportunità. Con questo non vogliamo dire che i pensionati e i pensionandi non meritino le giuste attenzioni, come dimostrano le varie istanze presentate anche con Cida alle istituzioni, ma ora è indispensabile dare segnali di cambiamento e dirottare le poche risorse per promuovere lo sviluppo e per far ripartire la fiducia sul nostro Paese. Anche di questo si discuterà nelle prossime assemblee territoriali presso tutte le associazioni dove, naturalmente, si dibatterà sul rinnovato contratto della categoria. Abbiamo ricevuto dagli associati tante sollecitazioni sull’argomento e le assemblee saranno il momento giusto per parlarne insieme. Guido Carella (guido.carella@manageritalia.it)
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è online su
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Sommario Copertina 6 Formazione per competere
46 Paolo Crepet Amore e dolore 2.0
Intervista 14 Vince Molinaro Essere leader oggi
Risorse umane 38 L’arte delle relazioni
Green economy 18 La visione ecosostenibile dell’Emiro Focus F. Rivolta e G. Carella 25 Ccnl: incontro tra manager e imprese Management 28 Frugal innovation Interviste 34 Domenico De Masi Innovare per cambiare
InfoMANAGER Manageritalia 67 Contratto Ccnl: (il voucher per) il ricollocamento 71 AskMit risponde Polizze RC della famiglia 72 Executive professional Sei certificato?
My Manageritalia 50 Un anno dalla A alla Z Produttività&Benessere 52 Cambiare il mondo del lavoro è possibile?
Fasdac 75 Verifica i codici fiscali dei tuoi familiari
RUBRICHE 32 Lavoro manageriale 48 Osservatorio legislativo 54 Di buon grado 55 Arte 56 Libri 57 Letture per manager 58 Lettere
Cfmt 76 Economics 4 manager Assidir 78 Terremoti: una calamità naturale imprevedibile Iniziative Manageritalia 42 Carnevale sugli sci dal 26 febbraio al 5 marzo
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NUMERO SPECIALE / BLOCKCHAIN
inserto mensile di Dirigente n. 10 / 2016
N. 10 OTTOBRE 2016
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #28
Ripartire da formazione e leadership
esploriamo il futuro grazie a:
Primo piano
CFMT PER COMPETERE
Intervista a Vince Molinaro
THE LEADERSHIP CONTRACT
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
FUTURE TRANSACTIONS
p. 2/5
Fondo di previdenza Mario Negri
FUTURE FINANCE
CFMT Centro di formazione management del terziario
p. 6/7
Associazione Antonio Pastore
FUTURE MANAGER
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
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La crypto valley
Men in block
mi guardavano storto. Ma ora i tempi sono
trasformazione digitale che porterà,
Il futuro in 12 pillole
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Copertina
FORMAZIONE PER COMPETERE La formazione come must per lo sviluppo professionale dei manager e per la competitività del sistema. Questo emerge con forza dall’evento “Cfmt&Sda Bocconi, 20 anni insieme per lo sviluppo manageriale”
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E LA FORMAZIONE è indispensabile al Paese e alle imprese per crescere, quella fatta dai dirigenti lo è ancor più perché ha effetti benefici e moltiplicativi su tutta l’azienda, lavoratori in primis, per competere. Se ne è parlato il 19 settembre nell’aula magna dell’Università Bocconi a Milano, celebrando vent’anni di collaborazione tra Sda Bocconi e Centro di formazione management del terziario, il Centro creato oltre vent’anni fa con lungimiranza da Manageritalia e Confcommercio all’interno del contratto collettivo nazionale di lavoro dei dirigenti. Cfmt e Bocconi collaborano in particolare nel master per neo dirigenti denominato Starting. Un’indagine su 400 partecipanti a Starting racconta come la formazione sia un acceleratore di competitività per manager, lavoratori e aziende. E questo è ancora più importante per aziende e manager dei servizi.
Enzo Rullani Trasformazione delle funzioni manageriali Infatti, come ha sostenuto Dario di Vico in un recente articolo sul Corriere della sera del 1° settembre 2016, occorre ripensare al ruolo decisivo che l’economia dei servizi ha nel capitalismo contemporaneo, specialmente in un sistema come quello italiano impegnato a fare un difficile “salto di qualità” in termini di investimenti immateriali, trasformazione delle filiere e dei modelli di business, personalizzazione delle prestazioni.
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le imprese nel mondo post 2000 devono infatti associare le relazioni dirette interpersonali, cresciute nei sistemi locali (di cui hanno esperienza), con quelle a distanza, che danno accesso alle reti globali. E devono inoltre declinare il sapere pratico e informale, usato in prece-
Se la produttività e il pil in Italia non crescono come accade in altri paesi europei, è anche perché la trasformazione in atto eccede l’orizzonte della fabbrica industriale, investendo in modo diretto l’economia terziaria. Che, certo, richiede l’uso diffuso di nuove tecnologie, ma richiede soprattutto il cambiamento della cultura delle persone che dovrebbero guidare e utilizzare la rivoluzione tecnologica e produttiva in corso. Questa cultura – e in particolare la cultura manageriale e imprenditoriale – in Italia deve evolvere più rapidamente che in altri paesi, per adattarsi al mutamento di un contesto che sta diventando sempre più globale e digitale. Su questo terreno le imprese italiane hanno un compito più difficile di quello
che tocca a quelle di altri paesi, dotati di una presenza di grandi imprese multinazionali impegnate da tempo sul fronte della ricerca e dell’internazionalizzazione. In Italia, infatti, l’eredità culturale e organizzativa lasciata dal successo dei sistemi locali (distrettuali) e dall’uso diffuso della conoscenza pratica (personale, non codificata), nel periodo 1970-1990, è diventata – col tempo – un freno inibitore, che pesa sulla capacità di evoluzione delle imprese, negli anni post 2000. Rispetto alla golden age distrettuale, infatti, il vento è cambiato, ma per le imprese e per i manager non è facile abbandonare le vecchie rotte e cercarne attivamente delle nuove, in direzioni differenti. I nuovi modelli di business del-
denza, con i linguaggi formali e i codici che è necessario usare nell’economia digitale.
Siamo di fronte a trasformazioni che stanno cambiando in profondità sia la funzione manageriale, sia le forme organizzative delle imprese, che richiedono innovazioni parallele nei processi formativi
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Copertina
PERCORSI DI CRESCITA NELLA STARTING La formazione è determinante per il rinnovamento delle professionalità manageriali e per la competitività delle aziende. Questo emerge anche dall’indagine “Percorsi di
crescita nella starting community” svolta su un campione di 400 manager per comprendere il punto di vista dei partecipanti al percorso Starting per neodirigenti di Cfmt
Confronto tra le competenze da rafforzare per i manager nominati prima e dopo il 2008 Dirigenti pre-crisi 0%
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20%
30%
Dirigenti post-crisi 0%
40%
10%
20%
30%
40%
Gestire i conflitti
30,6%
37,4%
Visione strategica
34,7%
26,8%
Valutare l’impatto economico delle decisioni
24,0%
35,8%
Leadership
22,4%
34,1%
Motivare, far crescere le persone
22,4%
32,5%
Costruire relazioni collaborative
27,6%
21,1%
Competenze digitali
27,6%
18,7%
Ragionare fuori dagli schemi
21,9%
22,8%
Promuovere/sostenere il cambiamento
22,4%
21,1%
Competenze relative alla propria funzione
14,8%
18,7%
Interpretare i valori aziendali
12,8%
13,8%
Resilienza
10,7%
15,4%
Ragionamento sistemico
10,7%
11,4%
Apprendere
10,2%
6,5%
Confronto tra le priorità strategiche dell’azienda e le competenze da rafforzare nel prossimo triennio Razionalizzazione di strutture e processi
Motivare le persone
Innovazioni radicali nei prodotti/servizi
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Leadership
Motivare Relazioni le persone collaborative
10%
Competenze digitali
Leadership
Sostenere il cambiamento
0%
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Gestire conflitti
Motivare le persone
Crescita attraverso acquisizioni
Sviluppo digitale
Relazioni collaborative
20%
Impatto economico decisioni
Competenze digitali
30%
Visione strategica
Ragionare fuori dagli schemi
Gestire conflitti
40%
50%
60%
Visione strategica
Visione strategica
70%
80%
90%
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COMMUNITY dalla sua prima edizione a oggi. Gli intervistati dichiarano, in effetti, che la frequenza a Starting li ha spinti a incrementare la loro partecipazione a ulteriori attività formative (54%), e ad ampliare il ventaglio delle modalità con cui aggiornarsi (34%), incoraggiando sia l’azienda che i propri collaboratori a investire in questo campo. Del resto, la formazione manageriale serve ad alimentare una mobilità di carriera e di competenze che, anche in Italia, ha il suo peso: il 54% degli intervistati ha in effetti cambiato funzione (54%), dopo la nomina a dirigente, talvolta anche passando a un livello gerarchico più elevato (18%). Mentre il 34% ha cambiato azienda. Tra le competenze di cui si sente più bisogno per il futuro (per i prossimi 3 anni) viene infatti richiamata la capacità di gestire conflitti (33%), in forte crescita rispetto a quanto questo aspetto è stato valutato nei tre anni precedenti. In effetti, le aziende oggi razionalizzano, lavorando molto sui costi, cosicché l’orizzonte strategico adottato dai manager e richiesto dalle aziende stesse si è abbassato: la visione strategica, ricordata come importante dal 63% degli intervistati con riferimento agli ultimi 3 anni, viene indicata solo dal 31% come competenza chiave del prossimo futuro. Sono le competenze digitali, assai più di quelle di visione strategica, che ci danno la cifra del cambiamento in corso, passando – nel confronto tra passato e futuro – dall’11 al 24%. Le aziende, del resto, stanno ormai spingendo sul cambiamento, anche se quasi la metà degli intervistati le vede concentrate sulla razionalizzazione dell’esistente. Ma – proseguendo nel dualismo di prospettiva di cui abbiamo parlato – anche in Italia sono ormai molte le aziende impegnate nella digitalizzazione (34%) o in innovazioni radicali dei prodotti e servizi (33%). È vero che l’attenzione prestata all’internazionalizzazione, alle partnership e alle acquisizioni resta minore di quanto potrebbe/dovrebbe essere (solo un quarto circa del campione le ricorda come fattori determinanti nella professione manageriale di oggi). Ma digitalizzazione e innovazioni radicali non possono col tempo che mettere in movimento anche questi aspetti, per adesso rimasti sotto tono.
Verso il nuovo paradigma dell’economia digitale/globale Il 1994, anno in cui comincia l’attività di Cfmt e il programma Starting, è un anno significativo per il sistema italiano. Esso coincide infatti con l’avvio, anche in Italia, di una “transizione lunga” verso il nuovo paradigma dell’economia digitale/globale, perché ci si rende conto che il capitalismo distrettuale sta perdendo colpi, e che bisogna puntare, di conseguenza, su un diverso assetto delle filiere e su una diversa cultura imprenditoriale/ manageriale. Seguendo l’esperienza dei manager che hanno partecipato a Starting, la ricerca è dunque in grado di restituirci, dal 1994 in poi, una fotografia interessante dell’evoluzione della cultura e professionalità manageriale in questa difficile – e non ancora finita – ricerca di nuovi modelli di azione. Inoltre, è anche in grado di mettere a fuoco il contributo dato dalla formazione manageriale (nel Cfmt e altrove) alla creazione di capacità e visioni del mondo corrispondenti ai cambiamenti richiesti.
Il sistema manageriale italiano Il punto di partenza di questa evoluzione, che investe un po’ tutti i paesi avanzati, ha importanti specificità nel caso italiano. Fare il manager in Italia richiede infatti di misurarsi con un contesto diverso da quello che è presente in altri paesi. La ricerca ci ri-
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Un momento delle premiazioni al convegno “Cfmt&Sda Bocconi, 20 anni insieme per lo sviluppo manageriale” del 19 settembre scorso. Nella prima foto il presidente di Cfmt Pietro Luigi Giacomon con Roberto Cugnaschi, sales and marketing manager Mondial, che dopo il percorso Starting per
neo dirigenti di Cfmt, in collaborazione con Sda Bocconi, ha continuato con costanza il proprio sviluppo formativo con il Centro di formazione, e nella seconda foto Massimo Lomartire, head of large client presso Willis Towers Watson, che ha partecipato alla prima edizione di Starting.
manda fin dall’inizio l’immagine di un dualismo italiano in tema di cultura manageriale prevalente. Da un lato, il manager entra in dialettica con il comando forte (ma distante) della grande multinazionale, che delega il mercato italiano a dirigenti dotati di una certa autonomia operativa (ma con poca autonomia strategica). Dall’altro, una nutrita schiera di imprese familiari assegna al manager (se c’è) un ruolo di collaboratore, non molto autonomo, chiamato a lavorare gomito a gomito con il capo-azienda. Un ca-
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po-azienda che spesso si è fatto da solo e che ha un sapere fortemente intuitivo e pratico, non sempre compatibile con le competenze e i modelli di azione del manager intraprendente e autonomo. Va da sé che questa situazione, ereditata dal passato, deve fortemente trasformarsi per adattarsi all’economia digitale/globale di oggi. Se non altro perché moltissime piccole imprese, che ancora sono prive di manager (realmente autonomi) dovranno nei prossimi anni managerializzarsi per interiorizzare – con l’apporto di più
intelligenze collaborative – le conoscenze che servono a muoversi nelle reti digitali/globali di oggi. La formazione, da questo punto di vista, costituisce un’esperienza determinante per il rinnovamento delle professionalità manageriali.
Come viene vissuta la formazione di Cfmt? In definitiva, la tendenza che la ricerca ci restituisce è quella che guarda alla creazione di un ambiente di apprendimento fluido e multidisciplinare, che possa esse-
Il laser a femtosecondi al Centro Diagnostico Italiano
COMPETENZA MEDICA E TECNOLOGIA AVANZATA PER LA CHIRURGIA OCULISTICA Negli ultimi 20 anni la chirurgia della cataratta, in assoluto l’intervento più eseguito nel mondo, ha raggiunto una grande standardizzazione e degli ottimi risultati grazie alla anestesia topica (solo gocce di collirio), alla microincisione (circa 1,8-2,2 mm.) e alle lentine intraoculari Premium. L’utilizzo del laser a femtosecondi, approvato da FDA e CE, aggiunge una sicurezza e una delicatezza irraggiungibili con l’intervento classico. Il laser a femtosecondi ha una risoluzione nanometrica, può operare direttamente all’interno dell’occhio senza dover “aprire” il bulbo oculare, può essere programmato al computer in modo da effettuare in pochi secondi interventi impossibili manualmente. Le fasi principali dell’intervento, infatti, vengono programmate dal chirurgo al computer ed effettuate dal laser in pochi secondi, senza l’utilizzo di bisturi metallici, pinze chirurgiche e sonde di facoemulsificatori ad ultrasuoni. Il laser può costruire l’incisione corneale seguendo una forma intrastromale impossibile da eseguire manualmente, garantendo così un posizionamento, un dimensionamento e una tenuta perfetti. Questa tecnica consente minor invasività, minor infiammazione e decorso post operatorio più veloce con ripresa delle normali attività quasi dal giorno dopo l’intervento.
di cristallini di ultima generazione, Piccola chirurgia oculistica (calazio, cisti, neoformazioni palpebrali, xantelasmi), Pterigion, Interventi laser per glaucoma e retinopatie, Interventi laser per correzione difetti visivi (laser a femtosecondi ed eccimeri), Crosslinking corneale, Trapianti corneali (cheratoplastica lamellare, endoteliale e perforante).
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Ma il laser a femtosecondi non è utilizzato solo per la sostituzione del cristallino in caso di cataratta. Viene impiegato anche per effettuare la cosiddetta Bladeless LASIK, l’intervento che risolve i difetti visivi. Ed inoltre oggi viene utilizzato anche per la chirurgia dei trapianti corneali, sia lamellari che endoteliali. In questo caso col laser a femtosecondi effettua un accoppiamento perfetto tra donatore e ricevente con miglior risultato refrattivo post operatorio. La chirurgia refrattiva che problemi può risolvere? Miopia, astigmatismo, ipermetropia e oggi anche la presbiopia se le condizioni anatomiche oculari lo consentono. Il servizio di chirurgia oculistica del Centro Diagnostico Italiano di Milano si avvale non solo di strumentazioni tecnologiche all’avanguardia, ma anche e soprattutto della competenza professionale dell’equipe chirurgica, in grado di operare in Day Surgery o in One Day Surgery, le principali patologie oculari che necessitano di intervento: Interventi di cataratta con impianto
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re personalizzato, assegnando agli utilizzatori un ruolo attivo. Non solo di fruitori passivi di contenuti che vengono calati dall’alto. L’apprendimento che conta, ovviamente, è quello che si fa, giorno per giorno, nell’esperienza pratica, ossia – in gran parte – in modo informale e “sul campo”. Ma, in questi processi, anche la formazione ha ormai un ruolo rilevante: ogni manager del campione dichiara infatti di frequentare 7/8 attività formative all’anno, sia che operi in aziende familiari che in multinazionali. La rilevazione ci informa inoltre su come, nell’esperienza fatta dai partecipanti, vengono vissuti i diversi (possibili) percorsi formativi. Il Cfmt raggiunge un buon posizionamento, perché quasi la metà di coloro che hanno seguito il percorso Starting oggi continuano a svolgere le loro attività formative ancora presso il Cfmt, affiancandole ovviamente con altre possibilità: la formazione in azienda (61%), presso consulenti (28%) o quella fatta presso business school (20%). E questo avviene senza differenze di fondo tra manager giovani e più anziani. La domanda di formazione dunque c’è, ed è importante non solo per la trasformazione del nostro sistema produttivo, ma anche per sollecitare l’interesse diretto dei manager verso l’investimento professionale che è necessario fare per rinnovare modelli interpreta-
tivi e schemi operativi di azione: quasi il 30% degli intervistati ha infatti partecipato a iniziative formative pagandone di persona il costo, mentre l’azienda si è caricata l’onere della formazione in più della metà dei casi. Bisogna che questa domanda di formazione trovi risposte adeguate in un’offerta che faccia da battistrada nel processo di cambiamento in corso, anticipando idee ed esperienze che poi i manager, grazie all’apprendimento realizzato, possono sperimentare e adattare al lavoro di tutti i giorni.
In conclusione L’integrazione di diversi metodi e di diversi percorsi di apprendimento è oggi una necessità per fronteggiare in modo intelligente la complessità di situazioni che cambiano e si differenziano con grande rapidità. Il Cfmt, sulla base anche dei risultati emersi dalla ricerca, è impegnato a portare avanti un progetto formativo che mira a collegare in modo sempre più diretto e flessibile il cambiamento in corso nell’ambiente competitivo con l’evoluzione della cultura manageriale e delle forme organizzative che la strutturano in azienda. La “fedeltà” dei tanti partecipanti a Starting che, con il passare del tempo, hanno continuato a rimanere parte del progetto formativo del Cfmt, incoraggia la ricerca di nuovi percorsi di apprendimento
Moltissime piccole imprese, che sono prive di manager realmente autonomi, dovranno managerializzarsi per accedere alle conoscenze necessarie a muoversi nelle reti digitali/globali di oggi
manageriale, da realizzare in sintonia non solo con le aziende interessate, ma anche con altre strutture di ricerca e formazione (business school, università, centri di consulenza e di ricerca). Lo sviluppo di Starting nel corso dei vent’anni passati ha contribuito in modo importante all’arricchimento della cultura manageriale dei partecipanti e delle aziende che li hanno avuti come manager o consulenti. Bisogna continuare su questa linea di reciproca contaminazione tra capacità ed esperienze differenti. Anche nell’apprendimento manageriale l’offerta formativa deve infatti arricchire le sue capacità e i suoi collegamenti adottando una logica di open innovation che valorizza le competenze migliori presenti nel sistema culturale e professionale del nostro tempo, consentendo la loro condivisione grazie a reti affidabili e plurali di co-investimento sul nuovo.
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Intervista
ESSERE LEADER OGGI
VINCE MOLINARO
La parola a Vince Molinaro, il consulente che ha rivoluzionato il concetto di leadership negli Stati Uniti introducendo l’idea di un vero e proprio Contratto di leadership
Autore internazionale di bestseller sul tema della leadership, oratore e consulente di top manager, è oggi global managing director-strategic solutions di Lee Hecht Harrison.
Enrico Pedretti
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Cos’è la leadership per un manager oggi? «Fino a dieci anni fa si riteneva che ci fosse una differenza tra i manager e chi ricopriva ruoli di leadership. Gli incarichi erano sostanzialmente diversi l’uno dall’altro. Oggi i confini sono sfumati, ci si aspetta che i manager agiscano da leader. La leadership dunque è un tratto distintivo dei manager». Cos’è cambiato rispetto al passato? «Il mondo attuale è molto più complesso, viviamo tempi mutevoli, incerti. Il modello di leadership non è più centralizzato ma distribuito e diffuso in azienda. Occorrono leader a ogni livello, dal frontline fino alle posizioni di vertice. Ci sono molti segnali che indicano i problemi con chi occupa ruoli di leader. Secondo la ricerca che ho presentato nel mio libro The leadership contract, il 65% dei manager americani ha un atteggiamento distaccato nei
confronti del proprio lavoro ed è indifferente verso il successo della propria azienda. Altre ricerche mettono in luce che solo il 7% dei dipendenti crede e ha fiducia nel proprio leader». Cosa differenzia oggi una leadership buona da una cattiva? «È un problema di responsabilità. I veri leader sono autenticamente responsabili e trasparenti. Sono chiari, portano un nuovo senso di urgenza al loro ruolo». Perché oggi è ancora più importante per le aziende avere dei leader veri? «Per colmare un vuoto a questo livello. Ci sono persone che ricoprono ruoli di comando senza la giusta responsabilità. I leader portano all’esecuzione di una strategia, sono concentrati nell’ottenere un forte impegno da parte dei dipendenti. Costruiscono la cultura organizzativa ogni giorno».
tecniche. Se non ci si sente a proprio agio nel ruolo di leader, se non si è portati, occorre avere il coraggio di dire no». Veniamo alla seconda regola: la leadership è un’obbligazione, rispettala! «Occorre applicare e rispettare la leadership ogni giorno per fare in
Qual è il compito di questi leader, che lei definisce responsabili? «Le aspettative sono alte. La sfida è comprendere queste aspettative, impegnarsi a essere un leader veramente responsabile. Quando ci assumiamo davvero un ruolo di leadership sottoscriviamo di fatto un contratto». Cosa l’ha portata a essere uno dei più importanti consulenti di leadership per manager e aziende e a elaborare addirittura un contratto? «Un fatto tragico. Una mia collega morì di cancro a causa del suo ambiente di lavoro, impregnato di una cultura manageriale tossica. Il mio impegno è stato di aiutare il maggior numero possibile di leader a essere forti e autorevoli. L’idea di un contratto mi venne quando iniziai a vedere clienti investire molti soldi nello sviluppo dei loro leader senza essere felici dei loro risultati».
Ma perché la necessità di un vero e proprio contratto? «Per sgomberare il campo dai luoghi comuni. Riteniamo che ognuno voglia essere un leader ma non è vero. Il migliore ingegnere o responsabile commerciale non è il migliore manager o leader. Solo attribuendo a qualcuno una posizione di leadership non significa che possa diventarlo. La nostra ricerca ci mostra un alto livello di insoddisfazione verso la leadership». Si può essere formati per diventare leader? «Sì, ma occorre voler diventare un leader, altrimenti non serve a nulla e si creano soltanto frustrazioni». La prima regola da sottoscrivere nel contratto che lei propone è: la leadership è una decisione, prendila! Di cosa si tratta? «La leadership è una decisione e occorre prenderla deliberatamente. Questo significa definire te stesso leader. Spesso abbiamo ottimi professionisti che raggiungono l’eccellenza per le loro competenze
modo che la nostra organizzazione sia più forte. Una volta che decidi di essere un leader, riconosci che questa è accompagnata da impegno e responsabilità. Abbiamo obbligazioni nei confronti delle nostre imprese, dei nostri clienti, dei nostri impiegati, verso le comunità dove facciamo i nostri affari». La leadership è un duro lavoro: preparati. «Troppi leader preferiscono occuparsi solo degli aspetti migliori, ma il loro ruolo richiede di prendere decisioni impopolari, dare feedback ai colleghi, richiamare i comportamenti improduttivi e così via: se li evitiamo indeboliamo noi stessi e le nostre aziende. Fare il leader oggi non è semplice, ci sono richieste e pretese sempre maggiori». La leadership è comunità: connettiti. «La leadership è una community. Troppi leader sono isolati e sconnessi gli uni dagli altri. Tutto ciò è estenuante. I leader devono costruire relazioni con i loro colleghi per essere ancora più forti».
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Intervista Cosa vuol dire in definitiva sottoscrivere questo contratto? «Prima di tutto significa capire cosa ci si aspetta da te come leader e avere un riconoscimento. Durante la carriera professionale è verosimile che
Vince Molinaro ha creato, insieme al suo team, programmi pluripremiati di sviluppo della leadership in svariati settori, tra cui l’energia, i servizi finanziari, la tecnologia e le telecomunicazioni, la pubblica amministrazione e i servizi professionali. Ha condotto anche ricerche pionieristiche sulla “leadership responsabile” apparse su riviste del calibro di Forbes, Inc.com e Harvard Business Review. È autore di tre libri tra cui, appunto, The leadership contract, rimasto a lungo nelle classifiche dei bestseller del New York Times e di Usa Today.
vengano assegnati nuovi ruoli di leadership, magari attraverso una promozione. In ogni momento si ha bisogno di una pausa per riflettere su cosa significa essere un leader, essere chiari sulle aspettative e rifirmare il contratto di volta in volta. Firmare questo contratto presuppone un impegno profondo. Tutti attorno a te avvertiranno la tua passione, saranno ispirati da te e ne beneficeranno. Molti leader hanno dichiarato che dopo aver firmato il contratto si sentono leader anche nella sfera privata: sono leader in famiglia e nella propria comunità». E lavorare con questi leader in azienda cosa presuppone? «Presuppone coinvolgimento, impegno, condivisione delle proprie idee. Chi lavora con un cattivo leader al contrario penserà: “questa persona non merita il mio contributo”». Qual è l’impatto di una buona leadership sui risultati e le performance di un’azienda? «C’è una stretta correlazione tra una forte leadership e le perfor-
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mance di un’azienda. I miglioramenti si riscontrano soprattutto nell’esecuzione della strategia, nei tempi e nelle modalità di risoluzione dei problemi. I veri leader si fanno carico delle proprie responsabilità, coinvolgono e motivano verso obiettivi concreti, arrivando molto spesso ai risultati o esplorando nuove vie. I cattivi leader, al contrario, si aspettano che siano altri a risolvere i problemi e non accettano l’evidenza che i principali fallimenti aziendali sono attribuibili proprio a loro». Qual è l’impatto sugli stakeholder e sulla società? «I leader oggi hanno obblighi anche nei confronti delle comunità in cui operano. A lungo abbiamo creduto che le aziende fossero separate dalla società, ma in realtà ne fanno parte con legami oggi sempre più solidi. Ci sono molti esempi di grandi aziende che assumono un ruolo da protagoniste nella società». Ma se un manager volesse sotto-
scrivere il contratto da dove dovrebbe partire? «Nel libro propongo un percorso e un piano con i quattro punti da appli-care su di sé e sottoscrivere. In particolare c’è un capitolo proprio dedicato a un modello per i manager». La crisi della leadership oggi investe anche la politica: il suo contratto è valido anche per i politici? «Sì, perché il concetto è che non si è mai leader per se stessi e per proteggere i propri interessi. I politici devono essere al servizio dei paesi e delle città che dirigono. Il punto è capire perché si è deciso di entrare in politica: per alimentare il proprio egoismo e raggiungere interessi personali o per essere utili agli altri?». Per chiudere, qual è il ruolo dei manager in un mondo del lavoro in costante cambiamento? «Per essere leader i manager dovrebbero lasciare l’organizzazione meglio di quando l’hanno trovata».
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Green economy
LA VISIONE ECOSOSTENIBILE DELL’EMIRO Strategie a medio-lungo termine lanciate negli Emirati arabi uniti in questi ultimi anni: uno dei primi paesi a promuovere iniziative nel campo delle energie rinnovabili grazie alla visione inspirata dei suoi leader Mario Chimento
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A RAPIDA crescita dell’industria delle energie rinnovabili ha spinto le autorità dell’Emirato di Dubai a organizzare presso il Convention and exhibition centre di Dubai, in concomitanza con la fiera Acqua, energia, tecnologia e ambiente (Wetex), la prima edizione del Dubai solar show. Oltre alle altre forme di energia rinnovabile, l’evento, che si è tenuto dal 4 al 6 ottobre scorso, ha messo in evidenza le ultime innovazioni nel campo dell’e-
nergia solare attraverso una piattaforma unica che favorisce i rapporti di cooperazione tra il settore pubblico e privato per lo sviluppo di soluzioni tecnologicamente avanzate. Gli Emirati arabi uniti sono stati uno dei primi paesi a promuovere iniziative nel campo delle energie rinnovabili grazie alla visione inspirata dei suoi leader. Nel gennaio 2012 lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, vicepresidente e primo ministro degli Emirati e governatore di
ultimo di preservare l’ambiente per le generazioni future. Per mantenere un ambiente sostenibile e rinforzare la crescita economica a lungo termine, l’iniziativa prevede la realizzazione di una serie di programmi e linee guida in materia di energia, agricoltura, investimenti e trasporto sostenibile, oltre all’emanazione di nuove politiche ambientali e per l’edili-
Dubai, con il motto “a green economy for sustainable development” promulgò un’iniziativa progettuale a lungo termine per la costruzione di un’economia ambientale e sostenibile. A tale disegno su scala nazionale va aggiunto il Piano Dubai 2021, nonché la visione strategica “Dubai clean energy”, che si propone di raggiungere importanti traguardi ambientali e di sostenibilità da qui al 2050 fornendo con energia pulita il 75% del fabbisogno energetico nazionale.
L’iniziativa Green economy e le sei aree d’azione Relativamente all’iniziativa Green economy, patrocinata anche dal presidente degli Eau, lo sceicco Khalifa bin Zayed Al Nahyan, il governo mira ad assumere, a livello mondiale, un ruolo leader in tale settore industriale. Tale progetto ambisce a che il paese diventi, in un contesto di economia verde, un hub globale, nonché esempio di successo, al fine di migliorarne la competitività e lo sviluppo sostenibile con il traguardo
zia volte a migliorare la qualità della vita nel paese. La proposta Green economy si basa su sei principali aree d’azione supportate da un importante numero di interventi legislativi, politici, programmatici e progettuali. Il primo campo a sostegno dell’energia verde è costituito da un gruppo di programmi e politiche volti a promuovere la produzione e l’utilizzo di energie rinnovabili e tecnologie ad esse correlate che incoraggi la produzione di energia tramite combustibile pulito. Nel settore pubblico e privato sono anche promossi quei lavori per lo sviluppo di elevati standard
“Dubai clean energy” si propone di raggiungere importanti traguardi ambientali e di sostenibilità da qui al 2050 fornendo con energia pulita il 75% del fabbisogno energetico nazionale
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Green economy
Il governo mira ad assumere un ruolo leader a livello mondiale nel settore industriale della green economy con il traguardo ultimo di preservare l’ambiente per le generazioni future
quali-quantitativi e il miglioramento dell’efficienza dei consumi energetici. Il secondo ambito include le politiche del governo a sostegno degli investimenti nella Green economy con l’obiettivo di facilitare la produzione, l’importazione, l’esportazione e la riesportazione di prodotti e tecnologie verdi, nonché creare nuove opportunità di lavo-
ro per i cittadini e formare in tale campo i quadri direttivi nazionali. Il terzo ramo dell’iniziativa si identifica nella “Green city”. Tale area prevede un insieme di politiche urbanistiche volte a preservare l’ambiente tramite l’efficientamento energetico delle abitazioni e degli edifici. In esso sono anche ricompresi quei progetti diretti a promuovere sia il trasporto ecologico sia quello sostenibile. Queste risoluzioni si aggiungono a quei programmi concepiti per purificare l’aria nelle città degli Emirati fornendo un ambiente sano per tutti. Il quarto campo di intervento prevede l’utilizzo di quelle risorse necessarie ad affrontare gli effetti sul territorio generati dal cambiamento climatico con l’impiego di politiche e programmi per la riduzione delle emissioni di monossi-
do di carbonio provenienti da siti industriali e commerciali. Sarà anche promossa l’agricoltura biologica attraverso una serie di incentivi a livello federale e locale. In tale area sono anche ricomprese quelle proposte a salvaguardia della biodiversità e a tutela dell’equilibrio ecologico, della fauna selvatica e dell’ambiente marino del paese. Il quinto ambito dell’iniziativa Green economy è stato denominato “Green life”; a esso sono associate tutta una serie di politiche e programmi volti a razionalizzare l’utilizzo delle risorse idriche, dell’energia elettrica e naturale, così come l’impiego di risorse per lo sviluppo di progetti per lo smaltimento e il riciclaggio dei rifiuti generati in ambito commerciale o privato. In tale contesto saranno anche promosse varie iniziative di sensibilizzazione e di educazione ambientale. Il sesto campo considera lo sviluppo e la promozione di una tecnologia verde la cui prima fase di attuazione prevede la cattura del monossido di carbonio e la conversione dei rifiuti in energia. Tale “Green economy initiative”, e il suo conseguente impatto su scala nazionale, si integra perfettamente con il Dubai plan 2021. La visione di Dubai per il 2021 La visione del piano descrive il futuro di Dubai attraverso prospettive olistiche e complementari
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incentrate sui propri abitanti e sulla società, da sempre considerati alla base dello sviluppo della città. Questo contesto delinea le prerogative richieste ai residenti di Dubai e necessarie al raggiungimento degli obiettivi di crescita della città in tutti i settori, prendendo anche in esame il miglioramento della società indispensabile a so-
il luogo preferito in cui vivere, lavorare e visitare. • “The place”: una città intelligente e sostenibile. • “The economy”: Dubai come hub centrale nell’economia globale. • “The government”: un governo precursore ed eccellente.
stenere e responsabilizzare i propri individui al raggiungimento dei traguardi stabiliti. Il piano, orientato all’ambiente urbano nel suo insieme, ivi comprese sia le proprietà naturali sia il costruito, guarda all’esperienza vissuta dai residenti e visitatori di Dubai come risultato della loro interazione con questo ambiente e dei suoi servizi economici e sociali. Inoltre, il piano si concentra anche sull’economia come motore di sviluppo della città e suo combustibile per alimentare il piano di marcia prestabilito. Infine, il piano rinforza il governo quale guardiano dello sviluppo della città in tutti gli aspetti. Tali propositi sono stati suddivisi in sei temi, ognuno dei quali mette in evidenza un gruppo di obiettivi strategici per lo sviluppo della città formando così la visione di Dubai per il 2021. I temi delineati sono: • “The people”: una città di persone felici, creative e responsabilizzate. • “The society”: una società inclusiva e coesa. • “The experience”: Dubai come
Parallelamente all’approccio Green energy di lungo termine, sempre grazie all’impulso dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, è stato promosso il manifesto Dubai clean energy strategy 2050 con l’obiettivo di rendere Dubai un centro globale di energia pulita ed economia sostenibile. In questo caso la strategia sostenuta dalla leadership dell’emirato si fonda su cinque pilastri essenziali: le infrastrutture, la normativa, il finanziamento, lo sviluppo di capacità e competenze, la creazione di un mix di fonti energetiche ecosostenibili. Le infrastrutture Tale pilastro comprende grandi progetti come l’imponente Mohammed bin Rashid Al Maktoum solar park, che ha l’ambizione di diventare il più grande generatore mondiale di energia solare prodotta da un singolo impianto, con l’obiettivo di erogare 5.000 mw entro il 2030 grazie a un investimento totale di 50 miliardi di aed (circa 12 miliardi di euro). La prima fase di questo progetto
opera già dal 2013, producendo 13 mw. La seconda fase inizierà a produrre energia da aprile 2017 raggiungendo una capacità di 200 mw, la terza invece comincerà le operazioni nel 2020, arrivando a produrre 800 mw mentre per le fasi restanti, le attività inizieranno nel 2030 raggiungendo la sopramenzionata capacità di 5.000 mw, che si stima rappresenti il 25% della futura produzione totale di energia dell’Emirato di Dubai. Lo sviluppo delle infrastrutture include anche la realizzazione di un centro di innovazione globale e di un centro per la ricerca e lo sviluppo. Il centro di innovazione propone un insieme di centri di ricerca e sviluppo avanzati, specializzati in nuove tecnologie per l’energia pulita quali un centro sperimentale per la tecnologia solare, un centro di ricerca droni, un centro per tec-
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Green economy nologia di stampa 3d, nonché un centro sperimentale per la dissalazione delle acque tramite lo sfruttamento dell’energia solare. 500 milioni di aed (circa 120 milioni di euro) saranno investiti in ricerca e sviluppo in settori quali l’integrazione di reti intelligenti, l’efficienza energetica e la produzione di energia elettrica da energia solare. Il pilastro infrastruttura comprende anche la creazione di una nuova zona franca sotto il nome di Dubai green zone dedicata ad attrarre centri di ricerca e sviluppo e aziende/startup emergenti nel campo della Green energy.
Il Mohammed bin Rashid Al Maktoum solar park ha l’ambizione di diventare il più grande generatore mondiale di energia solare prodotta da un singolo impianto
La normativa Il secondo pilastro si basa sulla creazione bifase di una struttura legislativa a sostegno delle politiche di energia pulita. La prima fase sarà attuata attraverso l’iniziativa “Shams Dubai” con lo scopo di incoraggiare i proprietari di immobili a impiantare pannelli solari sui tetti dei loro edifici e il loro collegamento alla principale
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rete di distribuzione urbana, quella gestita dalla Dubai electricity and water authority (Dewa). La seconda fase prevede il coordinamento con la municipalità di Dubai al fine di emanare una serie di decisioni per l’integrazione di tecnologie volte alla razionalizzazione dei consumi e alla produzione di energia con l’obbligo
ti internazionali quali l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena), così come con società internazionali e altri centri di ricerca e sviluppo. Tale pilastro contribuirà alla creazione di un modello sostenibile per la ricerca e lo sviluppo nel settore dell’energia pulita basato sulla specializzazione delle risorse
di installare pannelli solari sui tetti di tutti gli edifici di Dubai entro il 2030.
umane in tale ambito.
Il finanziamento Il terzo pilastro è legato al finanziamento di investimenti nella ricerca e sviluppo di soluzioni per l’energia pulita e sue applicazioni. Questo pilone prevede la creazione del “Dubai fondo verde”, per un valore di 100 miliardi di Aed (circa 24 miliardi di euro), che contribuirà con le sue risorse finanziarie a facilitare l’erogazione di prestiti agevolati a tasso di interesse ridotto agli investitori nel settore dell’energia pulita dell’Emirato. La Dewa garantirà la gestione della domanda nonché il valore economico del progetto. Lo sviluppo di capacità e competenze Il quarto caposaldo mira alla creazione e rafforzamento delle capacità e competenze delle risorse umane attraverso programmi di formazione globale nel campo dell’energia pulita, in cooperazione con organizzazioni e istitu-
La creazione di un mix di fonti energetiche ecosostenibili Il quinto e ultimo pilastro si incentra sulla creazione entro il 2030 di un mix di fonti energetiche ecosostenibili che comprende l’energia solare per il 25%, l’energia nucleare per il 7%, il carbone pulito per il 7% e il gas per il restante 61%. Entro il 2050 il mix di fonti energetiche aumenterà gradualmente l’impiego di energia pulita fino al 75%, rendendo così Dubai la città con la minore emissione di gas a effetto serra (Carbon footprint) nel mondo. Questo caposaldo prevede anche l’utilizzo di tecnologie e meccanismi all’avanguardia per la generazione di energia attraverso lo smaltimento dei rifiuti, con l’obiettivo di trasformare l’80% dei rifiuti dell’Emirato in energia entro il 2030. Per concludere, un piccolo vanto nazionale: L’Ambasciata italiana degli Emirati arabi uniti è stata la prima ambasciata del paese ospitante a installare ed essere alimentata tramite pannelli solari.
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Focus
CCNL: INCONTRO TRA MANAGER E IMPRESE Dopo la firma del rinnovo del contratto del luglio scorso, parliamo con il direttore generale di Confcommercio Francesco Rivolta e con il nostro presidente Guido Carella. Un contratto e un rapporto tra le parti che guardano lontano
Come siamo arrivati a questo rinnovo del ccnl? ■ Francesco Rivolta «In uno scenario difficile. Per la difficoltà di coniugare un contratto nazionale che deve avere una visione di medio-lungo periodo, con un contesto economico piegato sul contingente che fatica a guardare in pro-
spettiva le potenzialità dell’impresa italiana». ● Guido Carella «Le difficoltà oggettive del periodo attuale e quelle soggettive di chi noi e Confcommercio rappresentiamo, dirigenti e imprese, non ci hanno sicuramente agevolato. C’è voluto un po’ per trovare il giusto punto
d’incontro, per guardare in modo sinergico non il dito, ma la luna. Alla fine lo abbiamo fatto, direi in modo innovativo e lungimirante». Il ruolo della contrattazione collettiva, del ccnl di lavoro e della bilateralità ne esce rafforzato? ■ F.R. «Pensiamo di sì. Il nuovo
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Focus fare che offre sanità, assistenza, copertura da rischi vari e formazione, si cura quindi del suo sviluppo professionale e di varie fasi del suo ciclo di vita personale e familiare. Ha valide e innovative tutele attive, tra cui, oltre al voucher per l’outplacement, la sicurezza della continuità del welfare contrattuale per 12 mesi nel caso sia licenziato».
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Francesco Rivolta direttore generale di Confcommercio.
Guido Carella presidente di Manageritalia.
contratto contiene previsioni in linea con le novità legislative intervenute dall’ultimo rinnovo. Si agevolano le imprese con strumenti nuovi e si ridisegnano alcune tutele, nel mentre si valorizza il welfare contrattuale. Questo dimostra che la contrattazione nazionale non solo non ha esaurito la sua funzione ma può essere un riferimento straordinariamente utile». ● G.C. «Certo, anche se noi non abbiamo mai avuto dubbi. Infatti, il contratto è, oggi sempre di più, un’indispensabile base di partenza perché imprese e dirigenti instaurino su solide e consolidate norme rapporti di fiducia capaci di portare reciproci vantaggi in un mondo del business sempre più sfidante. Questo a maggior ragione per aziende oggi ancora prive di vera managerialità, che nella contrattazione collettiva hanno un forte aiuto normativo e culturale per porre le premesse per una ge-
stione capace di farle stare sul mercato e competere».
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ll ccnl attuale mette le imprese sempre più in grado di attrarre e trattenere validi manager e quindi competere al meglio? ■ F.R. «Il contratto è uno strumento importante per attrarre dirigenti, il pacchetto di welfare infatti è molto interessante, poi la singola azienda può costruire con il dirigente ulteriori politiche incentivanti che ritiene più idonee alla sua organizzazione». Il ccnl attuale mette i dirigenti in grado di affrontare le sfide professionali al meglio? ● G.C. «Direi di sì, anche se non c’è limite al meglio. Infatti, ha un impianto normativo che gli permette di gestire efficacemente l’ingresso, la permanenza e l’uscita dall’azienda nella determinante posizione di dirigente. Ha un wel-
Quali sono oggi i punti di forza del contratto? ■ F.R. «È uno strumento che si adatta a un giovane dirigente così come a un manager navigato. Questo consente all’impresa di operare nella certezza di regole chiare, ma al contempo flessibili, adattabili a diverse professionalità ed esperienze del proprio management». ● G.C. «Oltre a quanto già detto, che è qualcosa di completo e innovativo, questo contratto dà la possibilità di avere, con versamenti volontari, una continuità al welfare contrattuale sia in caso di espatrio all’estero con diverso contratto sia di uscita dal contratto, volontaria o meno, per operare come libero professionista o imprenditore». E quelli del welfare contrattuale? ■ F.R. «È un pacchetto completo. Dalla previdenza complementare interamente defiscalizzata alla sanità integrativa per tutto il nucleo familiare a un’offerta formativa di qualità pensata non solo per il singolo dirigente, ma rivolta anche a
sostenere iniziative aziendali per le quali risulta strategica la formazione continua del manager. È inoltre significativo che le parti abbiano rinnovato il loro impegno sul welfare con un accordo sulla governance dei fondi contrattuali». ● G.C. «Il nostro welfare è un punto di forza per la completezza
copertura da rischi vari abbiamo attivato la long term care dal 2001, quando nessuno in Italia sapeva neppure cosa fosse».
delle aree presidiate, ricordiamoci la formazione e lo sviluppo professionale, e per l’innovazione che da sempre contraddistingue le sue prestazioni. Basti pensare che da tanti anni il Fondo sanitario punta sulla prevenzione, un servizio anche culturale. Anche a livello di
■ F.R. «È una scommessa. Lo abbiamo fatto perché pensiamo che sia importante agevolare le imprese che vogliono assumere nuovi dirigenti o promuovere la crescita interna dei loro quadri. Imprese con un forte management hanno maggiori opportunità in termini di
Il rinnovo introduce una modularità crescente del welfare contrattuale e quindi una maggiore flessibilità in termini di retribuzione e costo del lavoro. Perché?
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crescita, sviluppo di nuovi mercati, capacità di competere. Le aiutiamo a investire sulla professionalità agevolando il costo iniziale». ● G.C. «Perché vogliamo che sempre più imprese si dotino di dirigenti senza nascondersi dietro a falsi alibi di costo, ma anzi usando il contratto come elemento di attrazione. Perché così facendo offriamo più occasioni ai giovani e a chi deve rientrare nel mondo del lavoro. Perché così pensiamo di garantire più solidità e continuità al nostro sistema contrattuale, a tutto vantaggio anche di chi il contratto lo ha oggi e lo avrà in futuro».
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Management
FRUGAL INNOVATION La trasformazione delle consuetudini organizzative. Per meglio dire quando l’innovazione passa dalle persone Leonardo Previ
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N UN ARTICOLO pubbli-
cato sul Corriere della sera del 12 settembre scorso, Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs Italia, dichiara: «Molte consuetudini e certezze sui modelli lavorativi consolidatisi negli ultimi 150 anni saranno messe sotto pressione nei prossimi decenni. Questa trasformazione genera grandi criticità, ma occorre vederne l’aspetto positivo: nuove opportunità per le aziende». È evidente come la trasformazione di cui parla Ramenghi sia, in realtà, facilmente traducibile nella pressione costante verso l’innovazione che, già da oggi, le aziende ricevono da più parti: esternamente, da clienti, consumatori e istituzioni; internamente, da collaboratori, impiegati e dipendenti, sempre più attenti a quanto l’azienda in cui lavorano sia all’avanguardia nei più diversi settori. Ma che cosa si intende quando si parla di innovazione? La cultura manageriale si trova alle prese con un problema spinoso. Si tratta di una questione terminologica
che ha ricadute molto concrete sull’attività manageriale e sui risultati aziendali. Quando la cultura organizzativa moderna è nata, l’innovazione era una questione di pertinenza di un numero ridotto di manager, perché rappresentava una delle tante variabili competitive. Agli altri dirigenti non era assegnato il compito dell’innovazione, sem-
digital non possono più essere gli unici mantra delle aziende innovative. La trasformazione riguarda le consuetudini e i modelli lavorativi, ovvero l’azienda nella sua totalità.
mai quello della gestione. Per lungo tempo, alle necessità d’innovazione le imprese rispondevano stanziando budget adeguati e, a loro volta, circoscritti ad ambiti specifici. Innovare oggi Non è più così. Oggi la capacità di innovare con continuità è considerata dai mercati il fattore critico di successo, il criterio attraverso il quale si misura il vantag-
gio sui competitor. Quando si parla di innovazione all’interno delle organizzazioni, non si può più fare riferimento unicamente al concetto originario, ovvero a qualcosa di puntuale e riconoscibile. Un’azienda in grado di innovare è necessariamente un’azienda che introduce cambiamento in modo capillare e trasversale ai diversi dipartimenti e funzioni organizzative. Questo significa che high-tech e
Innovazione frugale è il nome di questa trasformazione: un’innovazione priva di budget dedicati, ma in grado di coinvolgere l’organizzazione in modo complessivo. In che modo? Nel 2012 Navi Radjou, un consulente con una lunga esperienza in Silicon Valley, e Jaideep Prabhu, docente alla Cambridge University, pubblicarono il loro primo libro, Jugaad innovation, che ha portato i lettori nei caserecci laboratori di innovazione di paesi come l’India, il Brasile o il Kenya, per esaminare le radici di questa mentalità frugale (Jugaad è una parola hindi che indica una soluzione innovativa o improvvisata, nata
Molte consuetudini e certezze sui modelli lavorativi consolidatisi negli ultimi 150 anni saranno messe sotto pressione nei prossimi decenni
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Management
Frugal innovation lecture Incontro con Jaideep Prabhu
Oggi l’innovazione passa attraverso settori che richiedono corposi investimenti, come il digitale e l’high-tech. Questa non è, però, l’unica via all’innovazione. Esiste un’altra strada, totalmente differente e spesso più economica. È la strada dell’innovazione frugale, l’abilità di “fare di meglio con meno”. Una nuova mentalità che vede la scarsità di risorse come un’opportunità, non come un ostacolo. Una strategia che cambia le regole del gioco e che punta a reincorniciare gli asset già disponibili per ottenere innovazione e vantaggio economico. Ma che cosa significa esattamente “fare di meglio con meno”? E come è possibile introdurre la frugalità all’interno dei contesti aziendali? Ne parliamo con Jaideep Prabhu, professore di Marketing e di Indian business&enterprise presso la Judge business school dell’università di Cambridge, co-autore del best seller Jugaad innovation e di Frugal innovation, vincitore del premio Management book of the year 2016. La partecipazione è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con gli appositi contributi.
Roma, 22 novembre 2016 Cfmt Roma - via Palestro, 32 - dalle 17 alle 19 Per info e iscrizioni: www.cfmt.it - Marco Donati - mdonati@cfmt.it - 06.5043053
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dall’ingegno e dall’intelligenza). Il libro racconta come imprenditori pieni di iniziativa e aziende
con risorse limitate siano riusciti a escogitare soluzioni tanto frugali quanto utili e di successo.
La capacità di innovare con continuità è considerata dai mercati il fattore critico di successo, il criterio attraverso il quale si misura il vantaggio sui competitor
Jugaad innovation e Frugal innovation La pubblicazione di Jugaad innovation e il messaggio di cui gli autori si facevano portatori (è possibile innovare in modo frugale, senza stanziare consistenti budget dedicati) ha incontrato l’interesse delle economie sviluppate, che ormai da qualche anno si tro-
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vavano di fronte a uno scenario di crisi che non sapevano come affrontare. Ciò di cui le imprese occidentali avevano bisogno era ripensare in modo sostanziale il proprio modo di operare, di realizzare prodotti e servizi, di interagire con consumatori e clienti, creando maggiore valore per loro stessi e per la società. Il successo che Jugaad innovation ha riscosso negli Usa, in Europa e in Giappone ha spinto l’Economist a commissionare a Radjou e
Prabhu una nuova ricerca che identificasse le best practice, in termini di innovazione frugale, all’interno delle economie sviluppate. Ne è nato Frugal innovation, un libro che presenta i sei principi dell’innovazione frugale (coinvolgere e ripetere, rendere flessibili le proprie risorse, creare soluzioni sostenibili, modellare il
competitor. Ne è un esempio l’esperienza di Auchan che, nel 2014, ha messo in commercio nuovi prodotti. Uno è una teiera che rimuove automaticamente le foglie di tè dopo che sono rimaste in infusione in acqua calda; un altro è un dispositivo che aiuta a mantenere in equilibrio una torta sul sedile di un’automobile durante
comportamento dei consumatori, co-creare valore con i prosumer farsi amici innovativi) e mostra il modo in cui aziende pionieristiche, come General Electric, Renault-Nissan, Siemens, Auchan, Amazon, Unilever e molte altre stiano compiendo importanti sforzi per assimilare processi frugali e, soprattutto, una mentalità frugale nelle loro organizzazioni. Si tratta di imprese che hanno saputo vivere la profonda crisi di questi ultimi anni come un’opportunità per trasformare le proprie logiche manageriali. Frugal innovation racconta come alcune di queste aziende, ad esempio, stiano applicando in modo capillare i principi della sharing economy, uno dei fondamenti dell’innovazione frugale: Hershey e Ferrero, entrambi produttori di dolciumi, condividono i magazzini e i mezzi per la distribuzione dei loro prodotti in Nord America. Oppure come grandi gruppi stiano facendo proprie le logiche della co-creazione e dell’ingegnosità collettiva, ottenendo guadagni significativi sui
la guida. Questi prodotti non sono stati sviluppati da noti marchi di beni di consumo, sono stati ideati dai clienti della catena di negozi, i quali sono stati invitati da Auchan a inviare idee di prodotti innovativi attraverso un sito web. Grazie a una comunità di designer, le idee vincenti sono state trasformate in prodotti veri e propri, in vendita nei negozi Auchan.
Alcune aziende stanno applicando in modo capillare i principi della sharing economy, uno dei fondamenti dell’innovazione frugale, mentre grandi gruppi stanno facendo proprie le logiche della co-creazione
Questa è la strada dell’innovazione frugale, una strada che è riuscita a scalfire le abitudini decennali di grandi imprese occidentali, insegnando loro a scovare l’abbondanza nella scarsità e a giovarsi della crisi per aprirsi a nuove opportunità.
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Lavoro Mondo manageriale del lavoro ciare dal primissimo step professionale una carriera, in un contesto con effettive aperture internazionali (mercati/consumatori), ma anche con un reale modello organizzativo multicountry (filiali/stabilimenti/rete/head quarter), sembrerebbe sempre di più una conditio sine qua non. Non semplice in Italia. La dicotomia tra corporation e pmi sembra ampliarsi sempre di più, nonostante gli strumenti e
CARRIERE INTERNAZIONALI
soprattutto la cultura digitale potrebbero invece chiudere questa forbice. Con l’arrivo delle nuove generazioni manageriali si creano oggi anche all’interno delle grandi organizzazioni delle
Opportunità o necessità
Stiamo forse usando uno slang troppo
interazioni sensibilmente diverse tra di
smaccatamente anglofono/anglofilo:
loro rispetto al passato per il mindset
Fabio Ciarapica
può darsi, ma oggi conoscere bene l’in-
con cui affrontano le responsabilità, i
glese non è certo un plus. Occorre una
target, il rapporto work-life balance…
seconda lingua e possibilmente una terza,
La segmentazione generazionale delle
meglio se non europea.
carriere è oggi un dato di fatto che crea
D
a molti anni ormai, sia per i positivi fenomeni della globalizzazio-
Le età manageriali
comunicativi e di “potere” differenti,
hiring post crisi poi, si approfondisce in
Le dinamiche generazionali e l’età ma-
nonché diverse interazioni con il merca-
maniera rilevante il tema relativo allo
nageriale non sono né un valore né un
to e i consumatori.
sviluppo internazionale della propria
disvalore, ma una delle variabili oggetti-
carriera manageriale. A volte opportuni-
ve della possibilità di sviluppare una car-
tà, a volte necessità!
riera internazionale. Paradossalmente
Assessment delle intelligenze manageriali
ne prima e a causa del frozen
potremmo dire che per una carriera in-
Rispetto quindi all’aging, si devono fare
I basic
ternazionale la seniority non paga. Non
considerazioni relative agli scenari inter-
Se ne parla in maniera ridondante e af-
solo perché occorre essere preparati a
nazionali molto diverse tra manager
frontando sempre gli stessi temi: la neces-
sacrifici (famiglia, viaggi, fusi, alimenta-
30/35enni e manager 50/55enni. Una
saria propensione, il background socio-
zione…) senza, come un tempo, i bene-
corretta analisi delle proprie intelligenze
familiare, l’education di livello, il master,
fit degli expat “pionieri” bensì, ormai, a
manageriali può supportare il posiziona-
le lingue. In particolare, ultimamente, non
parità di condizioni (economiche) gene-
mento della propria carriera a livello in-
si è potuto fare a meno di recitare ripetu-
rali, che migliorano non perché si è all’e-
ternazionale. Oltre una certa età mana-
tamente i mantra consulenziali della glo-
stero ma solo se si performa. Ma anche
geriale/anagrafica occorre infatti consi-
bal employability attraverso il networking
per il valore aggiunto atteso dagli emplo-
derare che nella gestione di un cambia-
(social!), il diversity
yer internazionali che puntano solo ai
mento il profilo di rischio è superiore a
mindsetting, il ge-
concetti di “innovazione” senza una
quello delle opportunità.
nerational surfing,
chiara definizione del concetto stesso e
Le intelligenze manageriali intorno ai 30
il manager digital
declinazione funzionale rispetto ai propri
anni sono ancora fluide e rispondono
embedded.
prodotti/mercati di riferimento. Incomin-
alle esigenze attuali delle corporation.
Ti è piaciuto l’articolo? Se sei curioso e vuoi saperne di più leggi la versione integrale sul portale di Manageritalia http://bit.ly/dir10-carriere-internaz
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all’interno delle organizzazioni registri
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Rispetto ai comportamenti organizzativi
I team hr international investono e svilup-
all’interno delle grandi organizzazioni è
da mettere in atto all’interno, sono fluide
pano liste di skill e competenze che de-
comunque difficile, da gestire e da fi-
le facoltà orizzontali di comprendere
scrivano il perfetto manager internazio-
nanziare. È un dilemma per molte mul-
mappe culturali differenti e quindi adat-
nale, e fanno poi sempre fatica a trovare
tinazionali. Spesso il tema delle carriere
tamento, cambiamento, trasformazio-
i “basic” tra i candidati interni ed esterni,
internazionali è un elemento di marke-
ne; in una parola change management.
quali le lingue e la propensione interna-
ting interno ed esterno, di employer
Rispetto allo sviluppo di prodotti/servizi/
zionale. E poi, semplicemente, le corpo-
branding, per molte corporation.
mercati, sono fluide le facoltà di innova-
ration pensano a implementare questa
La relazione tra casa madre che si ritiene
zione necessarie per attività (e carriere)
diversity con programmi internazionali di
“proprietaria” del manager e la branch
non legate a un contesto e quindi global.
mobilità per scoprire che hanno costi
dove si è mossa la persona può mutare:
Dopo i 50 anni il rallentamento dei pro-
proibitivi e finire per selezionare giovani
out of sight, out of mind, lontano dagli
cessi neuro-fisiologici non significa rallen-
manager nel mercato sotto casa. Ed è il
occhi, lontano dal cuore; e le carriere
tamento tout court della managerialità o
singolo manager talentuoso che deve
paradossalmente possono incagliarsi.
delle carriere, implica però maggiormen-
investire e muoversi, per ricevere però
E per gli individui non c’è certezza del
te la necessità di utilizzo delle proprie
parità di condizioni di partenza del local.
“biglietto di ritorno”. Sapere questo ren-
intelligenze “cristallizzate”. Anche a li-
Molti che pensavano di fare un paio d’an-
de la decisione iniziale di muoversi più
vello internazionale in tal caso conviene
ni di esperienza all’estero hanno poi visto
difficile ma consapevole. Il tema princi-
investire la propria carriera su ruoli/fun-
i figli diventare maggiorenni, il partner
pale rimane ancora quello di mantenere
zioni focalizzati a innovazioni incremen-
trovare un lavoro e integrarsi, o invece
il proprio network e aggiornare sempre
tali, a implementazioni (fare sempre me-
separarsi. E l’exit strategy è molto molto
le proprie competenze distintive. Non
glio cose che si sanno fare). Anche un
difficile a quel punto. Ma i parametri nel
solo aggiornando il profilo Linkedin ma
manager senior per età anagrafica può
frattempo saranno cambiati; e nel breve/
anche identificando e mantenendo con
trovare sbocchi internazionali investendo
medio termine, non nel lungo. È difficile
la propria community di riferimento il
su ciò che sa fare e facendolo meglio.
per gli head quarter tenere traccia dei
diretto contatto telefonico e qualche ca-
propri manager in giro per il mondo.
ro, vecchio, old-fashioned aperitivo all’i-
Il tema della mobilità internazionale
taliana.
La relazione con i ruoli e le corporation L’incidenza del settore e della funzione re attentamente analizzata: un conto è operare nelle operation che si delocalizzano, un conto nel retail che si contrae fisicamente ed espande digitalmente. A livello internazionale occorre saper predire i trend e la geo-localizzazione dei centri di competenza mondiali coerenti con le proprie competenze manageriali. Sta diventando sempre più importante
Opportunità di carriera internazionale
manageriale di appartenenza deve esse-
Above the “social”: manager relazionale, manager internazionale
• Apprendimento professionale • Sviluppo selettivo delle intelligenze • Posizionamento organizzativo
• Cristallizzazione delle intelligenze • Consolidamento del ruolo • Trasmissione dei saperi
per le grandi organizzazioni internazionali dimostrare le proprie credenziali globali attraverso un talent management centrato sulle diversità/integrazio-
Età anagrafica • Piena espressione delle proprie capacità • Consapevole partecipazione a processi di trasformazione • Evoluzione motivata del proprio ruolo
ni culturali dei loro dipendenti.
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Intervista
INNOVARE PER CAMBIARE
DOMENICO DE MASI
La prima cosa da fare per innovare? Cambiare la scuola italiana, madre di tutte le sventure e di tutte le speranze. Dobbiamo cambiare anche la nostra visione del mercato del lavoro e, in azienda, servono nuove tecnologie e creatività. Questo è il messaggio che ci lancia il sociologo Domenico De Masi, protagonista, quest’anno, del Forum Hr – di cui Manageritalia è partner – che avrà come tema centrale l’ispirazione come driver di innovazione e di cambiamento
Sociologo e professore di Sociologia del lavoro, è stato preside della facoltà di Scienze della comunicazione all’Università La Sapienza di Roma ed è professore emerito di Sociologia del lavoro. Dirige Next. Strumenti per l’innovazione ed è membro del comitato scientifico della rivista Sociologia del lavoro.
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Cambiare e innovare sono due azioni consequenziali, ma spesso si cerca una senza l’altra? «Si può cambiare in bene o in male, arretrando o avanzando. Se ci si sposta dalla situazione di base, e comunque ci si sposti, si cambia. Nella parola innovare, invece, è contenuta una certa dose di positività. Innovare, infatti, è sinonimo di svecchiare». Oggi si parla tanto di cambiamento, ma perché, non solo nel mondo del lavoro, dobbiamo cambiare? «Non dobbiamo cambiare per cambiare. Nel lavoro, nella società e nella vita dobbiamo innovare solo ciò che è superato».
A livello generale, cosa dobbiamo cambiare? «Dobbiamo cambiare prima di tutto e soprattutto la scuola, che è la madre di tutte le sventure e di tutte le speranze. Negli anni Ottanta alcune regioni del mondo capirono che il futuro di un paese dipende dall’innovazione e dalla conoscenza – dunque, dalla scolarizzazione – mentre altre, tra cui l’Italia, non lo capirono. Enrico Moretti, docente di Economia a Berkeley, ha dimostrato con dovizia di dati che “la scolarità è divenuta la nuova discriminante sociale, a livello sia individuale sia di comunità” e che dal numero dei laureati dipende il destino economico delle città sia americane che europee. Le aree con maggiore percentuale di abitanti laureati hanno maggiore occupazione, stipendi più alti, minore criminalità, meno divorzi, vita culturale più intensa, migliore qualità della vita. Negli Stati Uniti le aree metropolitane più ricche e avanzate (come Boston e San Jose) hanno una percentuale di laureati che oscilla tra il 47 e il 56%; le aree metropolitane più povere e arretrate (come Merced e Yuma) hanno una percentuale di laureati che oscilla tra l’11 e il 13%».
Come si posiziona l’Italia? «In Italia la percentuale di laureati è del 13%, dunque più o meno pari a quella delle due aree metropolitane più disastrate d’America. La nostra percentuale di iscritti all’Università sul numero di giovani in età universitaria (19-25 anni) è pari al 34,4% tra i maschi e al 40,8% del totale. Nella Corea del Sud la percentuale è del 98%; negli Stati Uniti è del 94%; in Spagna è dell’85%. Consapevole del rapporto virtuoso tra numero di laureati e sviluppo, la Germania, che pure ha una percentuale di iscritti all’università più che doppia rispetto a quella italiana, ha adottato una serie di incentivi per indurre i diplomati a proseguire gli studi: pur di attirare studenti ha eliminato le tasse per il primo triennio e ha accolto molti giovani emigranti diplomati. Noi, invece, con un esiguo numero
chiuso, stiamo sbarrando l’accesso all’università a un prezioso capitale umano composto da migliaia di giovani volenterosi. Invece di adeguare le strutture carenti alla quantità potenziale degli studenti, preferiamo ridurre il numero delle matricole, castrando così ogni possibilità di sviluppo per l’università e per il paese». Parlando invece del mondo del business e del lavoro? «Dobbiamo cambiare la nostra visione del mercato del lavoro rendendoci conto che il progresso tecnologico elimina più posti di quanti ne crei. Ciò comporta la necessità di ridistribuire il lavoro tra coloro che sgobbano dieci o più ore al giorno e coloro che sono disoccupati. Comporta pure la necessità di creare subito un reddito di cittadinanza per i Neet (Not
Negli Stati Uniti le aree metropolitane più ricche e avanzate hanno una percentuale di laureati che oscilla tra il 47 e il 56%; in Italia la percentuale di laureati è del 13%
engaged in education, employment or training), cioè per i giovani che hanno terminato magari brillantemente gli studi, ma non trovano lavoro». L’innovazione è umanamente più difficile dello status quo, cosa fare per coinvolgere tanti o tutti? «Per innovare in azienda occorrono nuove tecnologie e creatività. Per incentivare la creatività occor-
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Intervista
INSPIRING FUTURE (IS CHANGING TOO) Un vero cambiamento non viene da una visione. Un vero cambiamento arriva quando facciamo seguire un’azione alle nostre idee e insight, stabilendo rituali che consentiranno al nuovo comportamento di stabilizzarsi. E se estendessimo a tutti la possibilità di essere piccoli o grandi ispiratori di cambiamento, quanto cambierebbe l’organizzazione che viviamo? L’ispirazione come driver di innovazione e di cambiamento è il tema centrale dell’ottava edizione del Forum delle risorse umane, principale appuntamento italiano annuale dedicato ai temi del lavoro e del people management. Il luogo unico dove top manager, imprenditori, hr professional possono formarsi e dialogare con la comunità politica, economica, scientifica e sociale del paese. Il forum delle risorse umane è l’unico evento del settore a partecipazione gratuita.
17 novembre 2016, dalle ore 8,30 alle ore 18 Palazzo Lombardia - Milano.
re abbattere le barriere burocratiche; incoraggiare il clima di entusiasmo; ottenere che la mission e gli obiettivi dell’impresa siano condivisi da tutti i suoi componenti; formare gruppi creativi unendo personalità fantasiose e personalità concrete; privilegiare la leadership partecipativa e carismatica, improntata alla leggerezza e alla sperimentazione; insistere con tenacia nelle azioni innovative senza scoraggiarsi di fronte agli insuccessi; non indulgere alla furbizia e non farsi tentare dalle scorciatoie; non discriminare chi assume atteggiamenti critici; coniugare locale e globale; curare l’estetica dei luoghi e la cortesia dei comportamenti; dare senso alle cose che si fanno evitando quelle insensate; curare la dimensione femminile dell’azienda, fatta di soggettività, emotività, estetica, etica e cura».
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Qual è il ruolo dei lavoratori nell’innovazione e come coinvolgerli e renderli protagonisti? E quello dei giovani? «Sia il ruolo dei lavoratori che quello dei giovani è imprescindibile. Purtroppo ogni progresso, oltre a portare vantaggi, fa anche delle vittime. Occorre, dunque, assecondare il progresso facendo in modo che i suoi vantaggi e i suoi danni siano equamente distribuiti su tutti i soggetti coinvolti nel processo produttivo: fornitori, operai, impiegati, manager, dirigenti, proprietari e consumatori. I giovani, a loro volta, sono protagonisti essenziali dell’innovazione perché figli dell’era e della cultura digitale. I “digitali” vivono guardando al futuro. Si godono l’ubiquità conquistata grazie ai cellulari e a internet. Sperano che la biogenetica gli procuri una vita più lunga e più sana. Considerano positiva la pa-
rificazione tra i sessi. Amano l’ozio almeno quanto amano il lavoro. Vivono la notte almeno quanto vivono il giorno; non fanno distinzione tra giorni feriali e giorni festivi. Ammirano l’arte e la musica contemporanea. Condividono il controllo delle nascite, l’eutanasia, la globalizzazione, il telelavoro, la flessibilità. Sono sensibili all’ecologia, allo sviluppo sostenibile, alla multi-razzialità. Non fanno troppa differenza tra le attività di studio, di lavoro e di tempo libero; tra i rapporti tangibili e quelli virtuali. Sono intellettualmente nomadi. Tendono a comunicare per mezzo di “nuovi esperanti” come la musica rock, la cultura post-moderna, la disinvoltura dei rapporti sessuali, l’assenza di ideologie forti. Anche quando non sono ottimisti, comunque accettano il mutamento. Concordano con Eraclito quando afferma: “È nel mutamento che le cose si riposano”». Tornando all’economia, quale scenario futuro sarebbe il più auspicabile e perché? «Credo che, fra dieci-quindici anni, il pil pro capite nel mondo sarà cresciuto almeno del 150% rispetto a oggi. I potenziali consumatori saranno un miliardo in più. Il Primo mondo conserverà il primato nella produzione di idee ma riuscirà sempre meno a saccheggiare i paesi poveri. I paesi emergenti produrranno soprattutto beni materiali. Il Terzo mondo continuerà
a fornire materie prime e manodopera a basso costo. L’Unione europea resterà il più grande blocco economico, con la migliore qualità della vita. La Cina avrà le maggiori riserve valutarie, le maggiori banche del mondo e almeno 15 megalopoli con più di 25 milioni di abitanti. Accanto ai Bric (Brasile, Russia, In-
voro crescerà a velocità esponenziale grazie al progresso tecnologico. L’effetto congiunto di legge di Moore, riconoscimento vocale, nanotecnologie e robotica, comporterà un enorme “sviluppo senza lavoro”. I lavori manuali e quelli intellettuali ma esecutivi saranno assorbiti dalle macchine, trasferiti nei
ne aumenterà e un numero crescente di Neet sarà costretto a consumare senza produrre. In questo caso si avrà una riduzione dei consumi e un aumento dei conflitti sociali».
dia, Cina), saranno emersi i Civets (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia, Sud Africa). In tutti questi paesi aumenteranno i consumi e l’inquinamento».
paesi emergenti o affidati a immigrati. La Cina sarà la più grande fabbrica e l’India sarà il più grande ufficio del mondo. I creativi occuperanno la parte centrale del mercato, più garantita e retribuita. Se il lavoro esecutivo non verrà ridistribuito, la disoccupazio-
do il suo livello di istruzione e il suo ruolo socio-politico, sono implicati nei processi innovativi e devono farsene carico. I manager parlano sempre di innovazione ma ne fanno poca. Sarebbe bene che ne parlassero di meno e ne facessero di più».
Parlando invece di lavoro? «Credo che la produttività del la-
In Italia quali attori devono farsi carico di questo cambiamento? «Tutti i cittadini, ciascuno secon-
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Risorse umane
L’ARTE DELLE RELAZIONI Per capire il rapporto con gli altri, anche in azienda, l’arte è un ottimo attivatore emotivo che mostra reti invisibili di sentimenti Valeria Cantoni
L’
ESSERE UMANO è geneticamente em-
i nostri simili. Grazie ad alcune cellule cerebrali possiamo reagire in
patico. Siamo esseri in relazione, ma spesso questa naturale attitudine all’incontro con l’altro si trasforma in un inciampo continuo tra malintesi, blocchi, asimmetrie emotive e conoscitive. Il linguaggio e il modo in cui usiamo le parole hanno un ruolo fondamentale nel permetterci di restare empaticamente collegati o nel disconnetterci dagli altri. Le aziende, dopo la famiglia, sono i luoghi con maggiore densità di conflitti, di non detti, di sentimenti taciuti, aspettative disattese, bisogni mancati. Sono sistemi complessi dove, come batteri, prolificano l’invidia, la gelosia, la rabbia, la paura, il disagio, l’amarezza. Emozioni che restano silenziose e mai espresse, se non nella solitudine delle proprie auto che riportano a casa dopo una giornata di lavoro tra rumori assordanti di parole raramente ascoltate.
modo speculare alle azioni e alle intenzioni dell’altro, imitare nel nostro corpo e nella nostra mente la sua emozione, la sua sensazione. L’imitazione di quell’emozione, di quella sensazione, di quell’atto consentono l’esatta comprensione dello stato d’animo dell’altro essere umano e quindi le sue intenzioni. Ma, una serie di fattori esterni, tra cui la cultura dell’azienda, il clima che vi si respira, il livello di gerarchizzazione, si uniscono a fattori interni, come i pregiudizi individuali, la cultura dei singoli, le emozioni, le aspettative, le insicurezze e insieme costruiscono barriere invisibili che impediscono all’empatia di fiorire. Troppo spesso infatti ci sentiamo incompresi o non in grado di comprendere il nostro interlocutore, ma fatichiamo a trovare l’origine dei nostri sentimenti, imputandola sempre all’altro, e ancora più di frequente perdiamo di vista la causa prima dei conflitti in cui siamo coinvolti. Il grande psicologo Marshall Rosenberg, creatore della comunicazione non violenta e autore di nu-
Empatia in azienda Nelle organizzazioni è difficile praticare l’empatia, quel dono naturale che le neuroscienze ci dicono essere alla base delle relazioni con
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merosi libri sul tema, parla dell’importanza della creazione, prima di tutto, di un vocabolario dei sentimenti, perché siamo molto alfabetizzati sui pensieri e a livello del cognitivo, ma analfabeti rispetto ai sentimenti e alle emozioni. Non sappiamo riconoscerle né dare loro un nome e, poiché nominare è mettere al mondo, le emozioni restano inesistenti e inconsce, creando non pochi problemi alla nostra quotidianità e al nostro equilibrio. L’importanza del linguaggio Bisogna imparare a riconoscere e dialogare con le nostre emozioni, accettare ciò che è alla radice dei nostri sentimenti, interrogarli e os-
servarli con una certa distanza, senza farci gettare nella burrasca emotiva e, dall’altra parte, non averne paura, non chiuderci in una scatola piombata nell’illusione di poter avere il controllo di tutto, comprese le persone con cui entriamo in relazione. Partire dal linguaggio è un buon modo per misurare il rapporto tra azione e reazione, tra parola e sentimenti indotti, tra i miei bisogni e ciò che l’altro mi può offrire. L’arte da questo punto di vista è uno straordinario attivatore emotivo ed è in grado di mettere in scena il gioco delle emozioni, mostrando reti invisibili di sentimenti. Là dove c’è odio e separazione, si dise-
Nelle organizzazioni è difficile praticare l’empatia, quel dono naturale che le neuroscienze ci dicono essere alla base delle relazioni con i nostri simili
gna un ponte e si riconnettono comunità. A partire da queste premesse, nasce l’edizione 2016 di Art for business lecture che mette al centro il tema delle “relazioni”: qual è il messaggio che voglio trasmettere? Che opportunità di apprendimen-
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Risorse umane to offro a chi mi ascolta? In che modo favorisco la condivisione con il mio gruppo di lavoro? E soprattutto, qual è l’intenzione che muove la mia azione? Perché è questa la domanda con la quale dobbiamo fare i conti ogni giorno al lavoro. Sappiamo che siamo responsabili di ciò che decidiamo di fare o di non fare. Spesso entrano
l’altro. Quanto più siamo responsabili e consapevoli nel portare avanti la risposta a questi interrogativi tanto più generiamo un percorso fertile di scambio verso l’altro che ascolta e partecipa.
in gioco elementi che, inevitabilmente, influenzano le nostre scelte: dinamiche sclerotizzate, malintesi, pregiudizi, filtri di varia natura e distorsioni che impattano sul messaggio e dunque nel rapporto con
vo e non scontato. Di fronte alla tela bianca, l’artista sceglie dove fissare il primo punto, che direzione dare alla sua linea, alla quale ne seguono altre, per poi passare dalla linea alla forma, cre-
Impariamo dall’arte Su questo punto l’artista è colui che può offrirci un punto di vista nuo-
Dal 2010, Art for business lecture rappresenta un appuntamento fisso per gli associati di Cfmt. Un format consolidato che ogni anno offre un’occasione di confronto e di ispirazione a partire dallo scambio con le arti. Quest’anno Cfmt, in collaborazione con ArtsFor, società di consulenza culturale e di formazione manageriale, pone il tema delle “relazioni” al centro della lecture, avvalendosi della rappresentazione visiva, che nella forma del disegno costituisce forse il linguaggio artistico più antico, affascinante e coinvolgente allo stesso tempo. Il tratto distintivo del disegno è la linea, che rappresenta il corrispettivo della parola nel linguaggio verbale. Le linee danno vita alle forme e dunque all’immagine, così come le parole danno vita a un pensiero o a un racconto. In occasione della lecture, verrà messa in scena una performance fatta di linee, forme, luci e colori per riconoscere nuove possibilità nelle relazioni dentro un contesto organizzativo.
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Milano, Teatro Arsenale, via Cesare Correnti 11 dalle 19 alle 20,30 Per info e iscrizioni: emassaro@cfmt.it
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ando pieni e vuoti, luci e ombre. Prende vita una rappresentazione che è sempre il risultato di un confronto tra desiderio e rinuncia: c’è un piacere, una necessità che conduce da un lato e una necessità di dover fare a meno dall’altro. Qualcosa resta indietro, rimane sottotraccia, non si vede. Inizialmente i confini sono sfumati, il disegno è parziale, la percezione è frammentata. C’è una determinazione che viene continuamente rivista attraverso cancellature, interventi dall’esterno, trasformazioni legate a errori e accadimenti lungo il percorso, influenze generate dal contesto. Allo stesso modo accade dentro un’azienda. Possiamo così osservare il risultato del nostro operato e fare esperienza di ciò che si è creato solo alla fine, come racconta la filosofa Adriana Cavarero riprendendo un passaggio di Karen Blixen: “Un uomo, che viveva presso uno stagno, una notte fu svegliato da un gran rumore. Uscì allora nel buio e si diresse verso lo stagno, ma nell’oscurità, correndo in su e in giù, a destra e a manca, guidato solo dal rumore, cadde e inciampò più volte. Finché trovò una falla sull’argine da cui uscivano acqua e pesci: si mise subito al lavoro per tapparla e, solo quando ebbe finito, se ne tornò a letto. La mattina dopo, affacciandosi alla finestra, vide con sorpresa che le orme dei suoi passi avevano disegnato sul terreno la figura di una cicogna”.
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INIZIATIVE MANAGERITALIA
CARNEVALE SUGLI SCI DAL 26 FEBBRAIO AL 5 MARZO
Non mancate alla 37a Coppa di Sci Manageritalia e settimana bianca al Grand Hotel Misurina di Blu Hotels, nelle vicinanze di Cortina d’Ampezzo, nel meraviglioso scenario delle Dolomiti Per maggiori informazioni www.manageritalia.it oppure 0229516028
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È arrivato il tempo di rispolverare sci e racchette, Manageritalia ha già organizzato per voi il prossimo appuntamento invernale! Stiamo parlando della 37a Coppa di sci, la meta prescelta è lo splendido Lago di Misurina (Belluno) presso il Grand Hotel Misurina. Un’accogliente struttura situata nelle vicinanze di Cortina d’Ampezzo, a un’altitudine di 1.754
metri, e collocata nel meraviglioso scenario delle Dolomiti e delle Tre Cime di Lavaredo. Gli impianti di Monte Agudo di Auronzo e Misurina offrono agli sportivi oltre 25 km di piste, mentre a 6 km dal Grand Hotel si trovano gli impianti di Cortina Faloria e Cristallo, raggiungibili con una navetta gratuita a orari prestabiliti. Un’alternativa allo sci? La struttu-
La quota di partecipazione si riferisce solo al soggiorno. Gli skipass si possono acquistare autonomamente presso gli impianti di risalita.
ADULTI in doppia, tripla e quadrupla in doppia uso singola riduzione 3° e 4° letto
Quota e 590 e 885 e 443
Quota + massaggio* e 620 e 915 e 473
Free e 295
– –
QUOTA DI PARTECIPAZIONE
BAMBINI (se in camera con due adulti)
ra dispone di un centro benessere completo di sala massaggi, sauna, bagno turco, idromassaggio, piscina coperta e palestra. Per chi invece ama stare a contatto con la natura, il Lago di Misurina e le sue montagne offrono numerose possibilità di passeggiate tra i boschi e sentieri battuti.
da 0 a 2 anni non compiuti da 2 a 11 anni non compiuti
* Possibilità di effettuare un massaggio della durata di 40 minuti al prezzo speciale di 30 euro (solo se prenotato nella quota camera).
Supplementi da pagare in loco Culla: e 8 al giorno (l'hotel non prevede servizio di biberoneria) Animali di piccola taglia (fino a 15 kg): e 15 al giorno Garage al coperto: e 10 al giorno o e 35 a settimana (fino ad esaurimento) Le camere saranno consegnate entro le ore 17 (primo pasto in entrata: cena) e dovranno essere rilasciate entro le ore 10 del giorno di partenza (ultimo pasto in uscita: pranzo).
LA QUOTA COMPRENDE Sette notti con trattamento di pensione completa, acqua e vino ai pasti, cocktail di benvenuto, cena tipica in hotel, accesso al centro wellness con sala massaggi, sauna, bagno turco, idromassaggio, piscina coperta e palestra (esclusi trattamenti), servizio navetta per gli impianti di risalita, sci accompagnato (per due giorni gli sciatori saranno guidati da un atleta Fisi), connessione wifi, parcheggio esterno, ski room.
LA QUOTA NON INCLUDE Extra in genere, scuola di sci, trattamenti estetici, eventuale tassa di soggiorno da pagarsi in loco al momento della partenza, parcheggio al coperto, tutto quanto non riportato alla voce “La quota comprende”.
RINUNCE E PENALITÀ Per annullamenti comunicati: da 30 a 10 giorni prima della partenza, penale del 50%; da 10 a 7 giorni prima della partenza, penale dell’80%, da 7 giorni a no show, penale del 100%. Non è previsto nessun rimborso all’ospite che decida di interrompere la vacanza.
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INFORMAZIONI UTILI GRAND HOTEL MISURINA
Via Monte Piana, 21 - 32040 - Misurina - Cortina, Belluno Tel. 043539191 - Fax 043539194 Distanza dalla stazione: Calalzo 45 km COME ARRIVARE Autostrada A4 fino a Mestre, poi A27 per Belluno. Proseguire in direzione Cadore fino ad Auronzo; dall’autostrada del Brennero uscita Bressanone direzione Brunico-Dobbiaco. Seguire per Cortina d’Ampezzo, poi bivio per Misurina.
MODALITÀ DI PRENOTAZIONE E VERSAMENTO DELLA QUOTA DI PARTECIPAZIONE Inviare la sola scheda di prenotazione, pubblicata nella pagina a
fianco, senza effettuare il pagamento. Manageritalia Servizi, ricevuta la scheda, provvederà al più presto a confermarvi la prenotazione o, nel caso fossero già esaurite le camere, ad avvertirvi dell’inserimento del nominativo nella lista d’attesa. Una volta avvenuta la conferma da parte di Manageritalia Servizi, spetterà a voi a provvedere, entro massimo 5 giorni, al pagamento della quota con bonifico bancario in un’unica soluzione. Copia del bonifico dovrà essere inviata a Manageritalia Servizi. Dati bancari Banco Popolare, Filiale di Trento Iban IT 23 I 05034 01804 000000050352 Swift: BAPPIT21860 Causale: Evento Manageritalia unito al cognome del partecipante.
LE PRENOTAZIONI SONO APERTE FINO AL 27 GENNAIO
REGOLAMENTO Gara in programma: Slalom gigante in due manche (sabato 4 marzo). Quota di partecipazione alla sola gara per chi non soggiorna: e 25 da pagare sul posto allo staff Manageritalia (provvedere personalmente alla propria assicurazione). Partecipanti: possono gareggiare gli iscritti a Manageritalia, i loro familiari e ospiti, tesserati Fisi e non. I tesserati Fisi dovranno comunicare all’atto dell’iscrizione il punteggio e la categoria di appartenenza. Responsabilità: nessuna responsabilità verrà assunta per quanto possa accadere a concorrenti o a terzi durante allenamenti o gare.
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scheda di prenotazione
SCHEDA DI PRENOTAZIONE 37 a COPPA DI SCI MANAGERITALIA - 26 febbraio/5 marzo Grand Hotel Misurina - Misurina - Cortina Da ritagliare e inviare a:
MANAGERITALIA SERVIZI
VIA STOPPANI 6 • 20129 MILANO • TEL. 0229516028 • FAX 0229516093
Cognome.............................................................................. Nome .................................................. Associazione .................................................... Via .......................................................................................................................................................... Città .................................................................... Tel. ........................................................................ Cell. ...................................................................... Email ..................................................................
PRENOTO PER ME STESSO 1. .......................................................................................................................... data di nascita ........................................ codice fiscale * partecipa alla gara Richiesta di emissione fattura da parte dell’Hotel sì
no
indicare i dati fiscali se diversi da quelli sopra riportati
ragione sociale..............................................................................
P. Iva
E/O PER LE SEGUENTI PERSONE 2. .......................................................................................................................... data di nascita ........................................ codice fiscale * Associato/Associazione............................................ familiare
ospite
partecipa alla gara
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ospite
partecipa alla gara
4. .......................................................................................................................... data di nascita ........................................ codice fiscale * Associato/Associazione............................................. familiare
PRENOTO:
ospite
CAMERA
partecipa alla gara
doppia uso singola n.
doppia n.
tripla n.
quadrupla n.
massaggi n. CULLA
GARAGE
ANIMALI
(Da pagare in loco)
Mi impegno a pagare la quota di .................................... con bonifico bancario in unica soluzione appena avuta conferma della mia prenotazione da parte di Manageritalia Servizi Firma .......................................................................................................... * Dato obbligatorio richiesto ai fini assicurativi e fiscali • Autorizzo la pubblicazione delle mie immagini scattate nel corso della settimana per uso rivista Dirigente e web SÌ
NO
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Intervista
AMORE E DOLORE 2.0 PAOLO CREPET
Dai fatti di cronaca alle relazioni virtuali, fino alle nuove dipendenze: come il digitale e i social network stanno cambiando i rapporti umani, la psiche e l’affettività? Dove occorre intervenire? Ne parliamo con Paolo Crepet, psichiatra e sociologo
È psichiatra e sociologo. Dal 2004 è direttore scientifico della Scuola per genitori. Autore di numerosi libri, tra cui, l’ultimo, Baciami senza rete.
Paolo Crepet torna in libreria con un saggio dal titolo Baciami senza rete, una riflessione nata dopo anni di studio sulle nuove tecnologie e il loro impatto sulla nostra società, insieme alle esperienze dirette con i suoi pazienti. La pervasività del mondo digitale è sempre più preoccupante e ha conseguenze sulle relazioni umane e sui sentimenti, liquidi e anestetizzati.
Davide Mura La cronaca ci presenta molto spesso episodi drammatici, come le violenze filmate e diffuse in rete, in cui i social e il web sembrano avere un ruolo oscuro. Internet può essere una cassa di risonanza di una società sempre più cinica e voyeuristica? «Più che cassa di risonanza direi cinghia di trasmissione. Internet non crea dei fenomeni che non ci sono. Li fa semplicemente apparire. Io, lei e chiunque altro fino a vent’anni fa, per quanto potessimo
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coltivare relazioni sociali, conoscevamo una pochissima porzione del mondo e quindi il giudizio sulle persone e sul mondo era molto limitato. Ora internet fa sì che tutto sia visibile: chiunque può apparire, chiunque può scrivere. Questo per chi ha inventato internet e vende internet viene scambiata come una grande libertà e opportunità. Io
serie di evidenti effetti collaterali, tra cui quello più ridondante, ovvero quello sulla libertà».
non voglio affermare che non sia vero, sto semplicemente aggiungendo a questa considerazione una
sintossicarsi? «Naturalmente dipende dal livello a cui si è arrivati, come con l’eroina. È evidente che se si è arrivati ad essere connessi 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno, non credo che sia compito mio spiegare ai genitori e agli insegnanti che questa è una linea che è già molto oltrepassata e che sviluppa già degli effetti collaterali molto invadenti».
Quali sono le nuove patologie psichiatriche che hanno secondo lei un legame stretto con i social network? Lei parla dell’ansia da “doppia v” di Whatsapp. Qual è la cura migliore? È necessario di-
Esiste un problema di educazione alla rete? Chi dovrebbe farsene carico? «Esiste un problema di educazione come in tutte le cose. Internet a maggior ragione. Se ne devono fare carico gli adulti, nei confronti di loro stessi prima e verso i giovani poi, gli insegnanti, verso se stessi e verso le persone a cui si rivolgono. C’è un problema: se una volta al liceo lei prendeva 4 si dava per scontato che il professore di italiano che le aveva dato quel voto fosse una persona colta. Sulla base della sua cultura giudicava la sua non cultura. Se siamo tutti ignoranti, come facciamo a dare 4? Se lei ha
un figlio e vuole dirgli di smetterla di smanettare con il suo smartphone e poi lei smanetta per sei ore in più, come fa a dirglielo? Viene meno quella cosa fondamentale che si chiama autorevolezza, in una società che l’ha già persa da tempo». Il suo libro affronta il tema dei rapporti umani ai tempi di Facebook: come si sono trasformate le relazioni oggi in cui possono iniziare e concludersi rapidamente con un click? «Dire che l’eccesso di virtualità che ha invaso le nostre relazioni sociali e affettive sia un danno è banale perfino rilevarlo. Che a questo si aggiungano tutta una serie di aspetti, di maleducazione dei rapporti, nelle relazioni, per cui un amore nasce e finisce con un click e un controclick, anche questo la dice lunga sulle nostre mutevoli relazioni, che si stanno banalizzando. Il problema è proprio la banalizzazione. Perché vede, dentro l’amore c’è il dolore. Non si può togliere il dolore dall’amore, perché sennò diventa un sentimento qualsiasi. Il dolore non deve essere necessariamente atroce, però vuol dire che chi è innamorato ha paura di perdere la persona che ama, questa paura ha a che fare con il dolore. Questo è un aspetto formidabile, perché rende l’amore un sentimento straordinario. Se lei toglie il dolore, rende l’amore una sorta di prêt-àporter facilissimo ed è la fine».
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia
osservatorio
NUOVO AVVISO SUL FONDO SELFIEmployment
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al 12 settembre scorso, il fondo SELFIEmployment si è aperto a tutti i giovani, di età superiore a 18 anni, iscritti al programma Garanzia giovani. Secondo il nuovo avviso non è più obbligatorio aver partecipato a un percorso di accompagnamento finalizzato all’autoimprenditorialità. I giovani possono presentare domanda come imprese individuali, società di persone e cooperative con un numero di soci non superiore a 9. L’impresa/società può essere in fase di avviamento o costituita da non più di 12 mesi rispetto alla data di presentazione della domanda, purché inattiva. Sono ammesse anche le associazioni professionali e le società tra professionisti solo se avviate da meno di 12 mesi e non ancora attive. La domanda può essere inviata esclusivamente online, attraverso la piattaforma informatica di Invitalia.
I requisiti per presentare la domanda Possono presentare la domanda i giovani che non frequentano un regolare corso di studi o di formazione, che non sono inseriti in tirocini curriculari e/o extracurriculari. Devono inoltre essere disoccupati, avere residenza sul territorio nazionale e aver aderito al programma Garanzia giovani.
Finanziamenti e spese ammissibili Possono essere finanziate le iniziative in tutti i settori della produzione di beni, fornitura di servizi e commercio, anche in forma di franchising. Le spese ammissibili alle agevolazioni comprendono attrezzature, macchinari, impianti e allacciamenti; beni immateriali a utilità pluriennale, a eccezione di brevetti, licenze e marchi, comprese fee di ingresso per le iniziative in franchising; ristrutturazione di immobili entro il limite massimo del 10% del valore degli investimenti ammessi. Attraverso il fondo SELFIEmployment è concesso un finanziamento a tasso zero e non assistito da nessuna forma di garanzia reale e/o di firma. Sono previste tre misure, a seconda dell’importo del piano degli investimenti microcredito (iniziative con piani di investimento inclusi tra i 5.000 e i 25.000 euro); microcredito esteso (tra i 25.001 e i 35.000 euro); piccoli prestiti (tra i 35.001 e i 50.000 euro). Le domande di finanziamento devono essere compilate esclusivamente per via elettronica, utilizzando la procedura a disposizione sul sito internet www.invitalia.it.
MANAGERITALIA A SUPPORTO DI INVITALIA
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anageritalia offrirà dirigenti con il ruolo di mentor per l’accesso ai due fondi SELFIEmployment e Smart&Start. Nel mese di settembre un gruppo di lavoro formato da rappresentanti di Invitalia, Manageritalia e Federmanager si è riunito per dare attuazione al Protocollo firmato nel mese di giugno scorso. Manageritalia e Federmanager danno il loro supporto a Invitalia nell’ambito del tutoraggio che quest’ultima svolge in merito alle agevolazioni erogate dai fondi SELFIEmployment (vedi sopra) e Smart&Start. Smart&Start è un progetto del ministero dello Sviluppo economico già avviato da un paio d’anni, gestito sempre da Invitalia, con una dotazione finanziaria di circa 200 milioni di euro, che sostiene la nascita e la crescita delle startup innovative ad alto contenuto tecnologico. Il fondo concede agevolazioni finanziarie e tutoring tecnico-gestionale. Per agevolazioni finanziarie si intendono mutui senza interessi che possono arrivare fino all’80% delle spese ammissibili. Per entrambi i fondi Manageritalia e Federmanager sono chiamate a fornire profili di dirigenti con il ruolo di mentor nell’ambito dell’attività di tutoraggio svolta da Invitalia. In questa prima fase si sta vagliando la mappatura dei profili e delle competenze da una parte, e la mappatura della domanda dall’altra.
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DIBATTITO SULLA FLESSIBILITÀ PENSIONISTICA
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ubblicato il focus dell’ufficio parlamentare di Bilancio sul dibattito sulla flessibilità nei requisiti di pensionamento fissati dalla riforma Fornero. Riforma che aveva l’obiettivo di mettere in equilibrio di lungo periodo il sistema pensionistico con l’aumento del tasso di occupazione nella fascia di età 55-64 anni. Per effetto della riforma oggi il divario si è dimezzato ma è ancora rilevante. L’aumento del tasso di occupazione in questa fascia si è però accompagnato a un declino del tasso di occupazione delle fasce di età più giovani. L’introduzione della flessibilità in uscita potrebbe ridurre gli effetti di uno spiazzamento intergenerazionale dei lavoratori anziani su quelli giovani, ma anche sostenere la produttività del lavoro e assicurare un maggior adattamento delle regole di pensionamento alle esigenze individuali. Nel recente dibattito pensionistico sono emerse due proposte di flessibilità, la “Damiano” e la “Boeri”. Entrambe prevedono un canale di uscita aggiuntivo a quelli già esistenti, sulla base di uno “scambio” tra anticipazione del pensionamento rispetto ai normali requisiti e riduzione dell’importo della pensione. Nelle stime dell’Upb, se tutti coloro che avessero l’opportunità di sfruttare la flessibilità effettivamente lo facessero, nel 2017, secondo la proposta “Damiano”, ci sarebbe una maggiore spesa pubblica per oltre 3 miliardi di euro, crescente sino a raggiungere gli 8 miliardi nel 2024. In questa proposta il pensionamento sarebbe possibile a partire da 62 anni e con un’anzianità minima di 35, senza distinzione tra uomini e donne. Sulle quote retributive delle pensioni sarebbero applicati abbattimenti percentuali (tra l’8 e il 2%) nel caso di pensionamento prima dei 66 anni. Gli abbattimenti si trasformerebbero in premi di prolungamento carriera nel caso di pensionamento da 67 anni in poi.
La proposta “Boeri” vorrebbe estendere a tutti i lavoratori il canale di pensionamento con almeno 63 anni e 7 mesi di età e 20 di anzianità contributiva, con aggancio ai progressi di vita attesa, applicando, sulla quota retributiva della pensione, un abbattimento del 3% per ogni anno che separa l’età di pensionamento flessibile da quella del normale pensionamento di vecchiaia. La flessibilità proposta da Boeri peserebbe meno sui conti pubblici: da 650 milioni di euro del 2017 a 2,8 miliardi del 2024. Entrambe le proposte non sono neutrali da un punto di vista attuariale. Nella proposta governativa dell’Ape (Anticipo pensionistico) la flessibilità verrebbe finanziata con il ricorso a un prestito bancario che, una volta raggiunti i requisiti per la normale uscita per vecchiaia o anzianità, il pensionato ripagherebbe tramite trattenute alla fonte sulla sua pensione. Questa opzione implicherebbe abbattimenti significativamente superiori rispetto a quelli delle proposte “Damiano” (al massimo 2% per anno di anticipo) e “Boeri” (3% all’anno). Il progetto governativo contempla anche l’attivazione di una detrazione fiscale, selettiva nelle condizioni
economiche, per sostenere alcune categorie di pensionati nella restituzione del prestito. Tuttavia, secondo l’attuale formulazione in discussione, non tutti i lavoratori licenziati avrebbero convenienza a chiedere l’Ape. Infatti, chi percepisce redditi superiori a 1.200 euro netti (questa la soglia entro la quale lo Stato dovrebbe farsi carico dei costi dell’Ape) potrebbe decidere, nel caso abbia altre fonti di reddito, di attendere il pensionamento effettivo piuttosto che impegnarsi in un mutuo ventennale. Oltre all’Ape, sono in discussione altri strumenti pro flessibilità, e in particolare misure specifiche per i lavoratori precoci, gli usurati e quelli con storie contributive ripartite tra più gestioni pensionistiche, oltre a un’ottava salvaguardia per gli esodati. Focus:
http://bit.ly/dir10-pensioni
PREMI DI PRODUTTIVITÀ: I DATI SUI CONTRATTI DEPOSITATI
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seguito di quanto previsto dal decreto interministeriale 25 marzo 2016 sulla tassazione agevolata dei premi di produttività e delle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili di impresa, il ministero del Lavoro ha reso disponibile la procedura per il deposito telematico dei contratti aziendali e territoriali. Il 15 luglio scorso era il termine per effettuare l’invio dei modelli relativi agli accordi sottoscritti nel 2015. Entro la scadenza sono state compilate 13.543 dichiarazioni di conformità, di cui 10.547 si riferiscono a contratti sottoscritti nel 2015. In testa Lombardia (3.860), Emilia Romagna (2.245), Veneto (1.231) e Piemonte (1.202). I 13.543 contratti depositati hanno uno o più dei seguenti obiettivi: produttività (10.574), redditività (7.907), qualità (6.121). Soltanto 1.351 prevedono anche forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori, portando il limite delle somme erogabili con tassazione agevolata fino a 2.500 euro lordi, mentre 2.290 prevedono misure di welfare aziendale con la connessa detassazione e contribuzione.
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My Manageritalia
UN ANNO DALLA A ALLA Z Giunto alla sua 26a edizione, Il libro dei fatti, edito da Adnkronos Libri, è ora in vendita e disponibile gratuitamente solo per gli associati in versione digitale. Una pubblicazione unica nel suo genere, un’enciclopedia di notizie di facile consultazione e strumento di lavoro necessario per il mondo del giornalismo. Ecco alcuni degli avvenimenti più importanti, in Italia e nel mondo, che hanno segnato il 2015 e che il volume approfondisce
D In esclusiva per gli associati Manageritalia, Il libro dei fatti 2016 in formato ebook. Un volume utile per il mondo dell’informazione e accademico, ma al tempo stesso un modo di apprendere gli eventi principali dell’ultimo anno, di conoscerne di nuovi e di singolari o di ricordarli mettendosi alla prova. Scarica gratuitamente la tua copia su My Manageritalia > Servizi Professionali > Libro dei fatti 2016. Buona lettura!
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AL PRIMO VOLO della nuova Alitalia a Expo 2015, che per un anno ha trasformato Milano nella capitale mondiale dell’alimentazione; dall’elezione del nuovo presidente della Repubblica al Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco. Sono solo alcuni degli avvenimenti più importanti dell’anno che ci siamo lasciati alle spalle e che Il libro dei fatti, giunto alla 26a edizione, ci racconta con puntualità, precisione e dovizia di approfondimenti. Fatti che, pur avendo come scenario il nostro Paese, hanno avuto grande eco in Europa e nel mondo. Come la nascita della nuova Alitalia, in partnership con Etihad Airways,
compagnia di bandiera degli Emirati arabi uniti che ne detiene il 49% delle azioni, presieduta da Luca Cordero di Montezemolo. Il primo
airbus della nuova compagnia ad alzarsi in volo è in livrea speciale: quella di Expo 2015.
“Nutrire il pianeta. Energia per la vita!” è il messaggio-guida della grande manifestazione che ha raggiunto il record di oltre 21 milioni
di presenze. Sicurezza alimentare, prevenzione di gravi malattie, innovazione, biotecnologie, ambiente. La grande kermesse dell’Expo ha segnato il ritmo e l’avanzare di questioni e priorità che
Rivoluzione che tocca diversi ambiti della vita quotidiana, a partire dall’introduzione dell’identità digitale e al pin unico per tutti i servizi della pubblica amministrazione. Senza dimenticare il Piano nazionale per la scuola digitale, mirato – come ha dichiarato il ministro Stefania Giannini – «a riposizionare il nostro modello
hanno influenzato molte scelte politiche ed economiche del 2015. Una fra tutte, la sostenibilità, declinata in tutti gli ambiti della vita sociale, protagonista di uno degli speciali di questo volume. Evento importante è stato, alla fine del 2015, la COP21, la Conferenza di Parigi sul clima, conclusasi con l’impegno da parte di tutti i paesi ad abbassare la temperatura del pianeta, orientandosi verso un modello di sviluppo alternativo a quello fino a oggi dominante. Digitalizzazione, innovazione e semplificazione: sono i criteri che hanno ispirato diverse azioni del governo Renzi. Il libro dei fatti approfondisce questi temi in un focus specifico, dove si parla del 2016 come l’anno del “Rinascimento digitale”.
educativo». Il focus enumera, inoltre, tutte le novità e i fatti in ambito tecnologico e digitale, come la Cookie law per i gestori di siti e blog, la Carta dei diritti e dei doveri della rete o lo sbarco in Italia di Netflix, leader internazionale nel settore dei video. Nelle oltre 900 pagine del volume trovano spazio tutti gli avvenimenti in Italia e nel mondo. Il 2015 inizia con un avvenimento politico importante: l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, subentrato a Giorgio Napolitano, dimessosi il 14 gennaio. A dicembre, Papa Francesco apre il Giubileo straordinario della Misericordia, che si concluderà il 20 novembre 2016. Il 4 maggio, la Camera dà il via libero definitivo all’Italicum, la riforma della legge elettorale. Nel mese di giugno ritorna dalla sua missione nello spazio, durata 199 giorni, Samantha Cristoforetti e il 6 dicembre muore a 96 anni Licio Gelli, l’ex maestro venerabile della Loggia P2.
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Produttività&Benessere
CAMBIARE IL MONDO DEL LAVORO È POSSIBILE? L’opinione di Luciano Pero ricercatore socio-economico, consulente aziendale e docente al Mip - Politecnico di Milano
Cosa pensa che dovrebbe cambiare nel mondo del lavoro in Italia per andare verso maggiore produttività e benessere? «Le aziende italiane hanno un disperato bisogno di aumentare la competitività attraverso un processo di innovazione ad ampio spettro, che coinvolga sia il mercato e i modi di vendita, sia i prodotti, sia i sistemi di produzione e di organizzazione dell’impresa e della rete produttiva. L’innovazione può avere tante strade e tanti modi, ma deve essere più veloce del passato».
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Chi dovrebbe farsi carico maggiormente di porre le premesse per questo cambiamento? «I processi di innovazione nascono dalle energie imprenditoriali e dagli investimenti nelle imprese e nei settori. Quindi le mosse principali spettano agli imprenditori e ai manager che li supportano. Ma anche il governo e gli attori sociali, come i sindacati e le associazioni, possono e devono fare molto per creare condizioni più favorevoli e di stimolo al processo innovativo». Qual è il ruolo dei manager? «I manager hanno un ruolo
centrale nel progettare e condurre il processo di innovazione; devono essere dei leader e dei trascinatori del cambiamento che è allo stesso tempo tecnologico, organizzativo, di gestione delle risorse umane e di mercato. A loro volta gli imprenditori devono assicurare gli investimenti e le strategie di successo, mentre i sindacati devono favorire il processo e garantire la partecipazione diretta dei lavoratori all’innovazione». Cosa pensa dell’iniziativa di Manageritalia? «L’iniziativa di Manageritalia, focalizzata sull’innova-
zione dei sistemi di organizzazione e gestione delle risorse umane e sul miglioramento delle condizioni di lavoro, può essere un buon contributo al generale processo di sviluppo del sistema produttivo di cui ha bisogno il nostro Paese». Oggi anche la legge di stabilità favorisce questo cambiamento. Alla luce di ciò che vede da anni sul campo, cosa fare per cambiare davvero l’organizzazione aziendale? «La legge di stabilità incentiva i premi di risultato che puntano a un incremento
È un obiettivo ambizioso, ma se mettiamo al centro le persone e il merito, più managerialità, nuovi modelli organizzativi e la collaborazione di tutti, possiamo farcela. Con l’iniziativa “Cambia il lavoro con Produttività&Benessere” Manageritalia punta ad aumentare la produttività e migliorare il benessere di lavoratori e aziende. Lo vogliono i manager e i lavoratori italiani, lo dicono le teorie ed esperienze più avanzate a livello mondiale.
reale di produttività e la partecipazione diretta dei lavoratori. È una buona cosa ma ci vuole anche un diffuso cambio di cultura nelle imprese, anche aggiungendo più managerialità, che porti a coinvolgere maggiormente tutti i lavoratori nel miglioramento dei processi produttivi e nella gestione quotidiana del lavoro». E quali risultati aspettarsi? «Dobbiamo puntare a un salto di qualità sia nelle performance dei processi di produzione e di servizio, sia nella qualità della vita delle persone e nella qualità della condizioni di lavoro nelle imprese. Sembrano obiettivi antitetici, ma in effetti sono collegati e alla portata dei prossimi anni».
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www.manageritalia.it > Focus > Progetti Manageritalia > Produttività&Benessere
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DI BUON GRADO Piero Valdiserra
È
grado
LA RIBOLLA GIALLA
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È un vitigno di frontiera, la Ribolla Gialla, divisa com’è nel suo territorio storico di produzione tra il Friuli e la Slovenia. Stando al solo versante italiano, la Ribolla Gialla è la varietà che più di tutte ha assistito e partecipato alla storia del popolo friulano negli ultimi settecento anni. Il primo documento che ne fa menzione risale alla fine del XIII secolo, mentre a partire dalla metà del secolo successivo si comincia ad affermare la tradizione di offrire la Ribolla ai personaggi illustri che visitano Udine. In epoca rinascimentale la crescita d’importanza della cultivar può essere dedotta anche dalla notevole evoluzione dei suoi prezzi di vendita. Venendo a tempi più vicini a noi, fino agli anni Sessanta del secolo scorso la Ribolla Gialla – a dispetto della sua lunga storia – è ormai considerata nelle campagne friulane il vitigno più popolare e meno importante di tutti, destinato soprattutto al consumo domestico: per antica consuetudine la giornata di lavoro dei contadini viene retribuita con la quota di salario concordata, più un litro e mezzo di Ribolla. Negli ultimi anni la Ribolla Gialla conosce tuttavia un’autentica rinascita, che la porta a essere conosciuta e apprezzata anche fuori dall’ambito strettamente locale. Oggi la varietà è coltivata nella fascia collinare che da Tarcento giunge fino all’Istria, attraversando il Carso triestino. È contemplata in purezza nelle doc Collio e Colli orientali del Friuli e si trova inserita in svariati uvaggi di collina. In pianura invece non si è mai diffusa in maniera apprezzabile. Il vino omonimo che se ne ottiene ha colore paglierino lucente, spesso con riflessi verdolini, più attenuati e con sfumatu-
re dorate nelle versioni sottoposte ad affinamento in legno o a più lunga macerazione. I profumi sono piuttosto delicati nei toni vegetali e floreali. Al palato il vino è discretamente corposo e di buon equilibrio, sostenuto da un’ottima spalla acida che ne sottolinea la caratteristica freschezza. Le vinificazioni che prevedono l’uso del rovere danno luogo a espressioni più intense e importanti, a dimostrazione di una buona predisposizione all’invecchiamento. Il recente rinascimento della Ribolla Gialla è dovuto inoltre, anzi diremmo soprattutto, alla sua versione spumantizzata, il cui pioniere indiscusso è stato il produttore Manlio Collavini. Alcuni decenni fa, dopo una serie di sperimentazioni intraprese quasi per caso, Collavini ha messo a punto un suo metodo che ha permesso di ottenere una bollicina immediata, semplice, pulita, con una mineralità dissetante e con un finale dall’impronta amarognola e tostata, per terminare in un allungo fresco e sapido. Servita a una temperatura di 8-10 gradi, la Ribolla Gialla nella versione ferma si abbina quando è giovane ad antipasti e fritture di pesce, piatti di mare conditi con olio d’oliva, carpaccio di trota o di spada con olio e aneto, primi come le trenette al pesto o il risotto all’astice, sformati di verdure. Se è più strutturata può sposare piatti più impegnativi come orzo e fagioli, brodetti di pesce in rosso, paste con sughi importanti, carni bianche, formaggi semistagionati. Lo spumante di Ribolla è insuperabile come aperitivo e con il prosciutto crudo di Cormòns, e accompagna mirabilmente tutti i crudi e tutti i frutti di mare.
ARTE Claudia Corti
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M.C. Escher, Relatività, litografia, 1953.
arte
IL FANTASTICO MONDO DI ESCHER DOVE Escher Milano, Palazzo Reale fino al 22 gennaio
Quando si osserva un’opera d’arte, l’elemento che immediatamente balza agli occhi, soprattutto in pittura, è il colore; poi possiamo notare la linea, o l’inclinazione di una pennellata che, un po’ come la grafia per ogni individuo, è unica per l’artista. Se utilizzassimo questi parametri per analizzare la complessa arte di Maurits Cornelis Escher dovremmo dichiarare resa incondizionata prima ancora di iniziare! Con Escher, infatti, ci troviamo di fronte all’uso di due semplici colori, il bianco e il nero, eccezionalmente il rosso, oltre alla pratica dell’incisione, una tecnica per cui l’opera viene ricavata incidendo una lastra di legno o pietra, riempiendola di inchiostro e imprimendola sulla carta. Nato in Olanda nel 1898, Escher si avvicina al mondo dell’arte piuttosto tardi, dopo anni di insuccessi scolastici, fatta eccezione per il disegno, e un viaggio in Italia nel 1922 organizzato dalla famiglia nel tentativo di farlo rialzare da una forma depressiva. L’incontro con l’Italia coincide con l’inizio della carriera artistica, dai primi esperimenti molto vicini allo stile di Giacomo Balla fino alla maturità, in cui risulterà determinante lo studio di testi di psicologia in cui si cercava di esaminare le complesse teorie di percezione della forma, ovvero
come il cervello “legge” la realtà che ci circonda, spesso deformandola. È il principio delle illusioni ottiche, ed Escher ne farà un punto di partenza per creare opere d’arte veramente incredibili, giocate sulla percezione dei pieni e dei vuoti, delle superfici concave e convesse variabili in base alla luce, delle superfici riflettenti, o delle figure geometriche impossibili. Ma Escher non è solo matematica, geometria e leggi razionali; Escher è anche fantasia e libertà: in una delle sue opere più celebri, Relatività, attraverso l’impiego di molteplici punti di fuga in contemporanea, costruisce un sistema di rampe di scale con sedici manichini per cui tutto ciò che ci sembra razionale, il manichino che scende una scala, solo inclinando da una parte o dall’altra la testa, risulterà essere esattamente il contrario! Scale che salgono e scendono intersecandosi, finestre che diventano porte, botole che danno l’accesso a mondi impossibili, eppure così incredibilmente affascinanti. Tutto è il pretesto per sconfiggere ciò che lui stesso definiva “il tiranno”, la legge di gravità, o semplicemente la monotonia di pareti con angoli di 90 gradi, ricordandoci che spesso è divertente uscire dalla razionalità degli adulti e, osservando il mondo da un punto di vista diverso, tornare un po’ bambini!
CURIOSITÀ Le scale di Escher sono tra le più riprese e citate dagli anni 80 a oggi: dal video Labyrinth di David Bowie a film come Una notte al museo, da cartoni animati come i Simpson a spot pubblicitari molto recenti (Sky, Audi, ecc.), una vera “Eschermania”!
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LIBRI Davide Mura
Giustizia made in Italy Un libro-dialogo appassionante, senza tecnicismi, sui temi più attuali e controversi della giustizia italiana. Gli autori sono i noti magistrati Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, protagonisti della stagione di Mani Pulite. Domande e risposte si alternano toccando argomenti come il carcere, la corruzione, la macchina burocratica e gli intrecci con la politica. La tua giustizia non è la mia, Gherardo Colombo, Piercamillo Davigo, Longanesi, pagg. 176, 12,90.
I sogni dell’anima Pietro Citati ci conduce in un viaggio verso la rappresentazione del sogno nel mondo dell’antica Grecia, in cui questa dimensione aveva significati e orizzonti molto più ampi rispetto a quelli definiti dagli psicologi moderni. L’esplorazione dell’universo onirico prosegue e attraversa i secoli, con molti riferimenti ai grandi autori della letteratura mondiale che hanno affrontato il tema del sogno: da Proust a Kafka, da Jane Austen a Stendhal. Sogni antichi e moderni, Pietro Citati, La Feltrinelli, pagg. 408, 22.
dall’ESTERO
Vita e carriera nelle mani del designer
libri
La Stanford University ha inaugurato un corso innovativo chiamato Design your life. L’obiettivo? Applicare il processo creativo del design alle grandi domande della vita. Il corso è tenuto da Bill Burnett e Dave Evans, che per anni hanno lavorato nelle aziende tecnologiche della Silicon Valley e hanno pubblicato un libro su questi temi. L’approccio insegnato da Burnett e Evans stravolge tutta una serie di luoghi comuni legati alla professione e alla carriera, offrendo molti spunti su cui riflettere. Un esempio? Cambiare strada, smetterla con il mito del “seguire le proprie passioni” o credere che il percorso di studi intrapreso determini necessariamente il proprio lavoro. La maggior parte dei ragazzi usciti dal liceo non conoscono quali siano le proprie passioni e spesso ne hanno una solo quando iniziano a dedicarsi a un’attività. Inoltre, spesso si tende a credere che la propria vita abbia sbocchi piuttosto rigidi e se si fanno scelte sbagliate si è “rovinati” per sempre. Il punto è che non esiste una via giusta, né un solo sé, ma più opzioni e alternative valide. Il corso di Burnett e Evans è tra i più amati dell’università, è a numero chiuso e al termine c’è un esame che prevede la presentazione di tre prototipi: agli studenti viene chiesto di presentare tre progetti di vita che riguardino i cinque anni successivi alla laurea. Nel libro viene seguito questo approccio, che è quello del designer che procede per tentativi ed errori, non sapendo a priori con precisione a cosa porteranno la sua idea e il suo progetto iniziali. Vita e carriera, assicurano i due autori, possono essere disegnati come uno spazio abitativo o un prodotto tecnologico e riservare, sempre, sorprese inaspettate. Designing your life: how to build a well-lived, joyful life, Bill Burnett, Dave Evans, Alfred A. Knopf, pagg. 272, $14,96.
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LETTURE per MANAGER
...permanager
Marco Lucarelli
Amelia, il robot che ci ruberà il lavoro Da qualche tempo circola su LinkedIn una slide che mette a confronto fatturato e numero di dipendenti di grosse multinazionali rispetto a quello di giovani aziende a forte innovazione tecnologica. Piccole startupDavide sarebbero in grado di fare business in modo più efficiente e veloce rispetto alle grosse multinazionaliGolia. Il messaggio è chiaro: si possono fare profitti e gestire un’impresa anche con poche persone, riducendo al minimo necessario le risorse cosiddette “umane”. I “like” ricevuti sui social da questo post mi hanno fatto riflettere. Sono tutte condivisioni provenienti da avidi speculatori, da investitori di fondi d’investimento ingolositi dalla possibilità di forti ritorni sull’investimento a fronte di costi fissi ridotti? No. I “like” erano anche di normali knowledge worker, persone che lavorano per grosse aziende. Un’intera categoria di lavoratori che in un futuro neanche troppo lontano perderanno il loro posto di lavoro. 250 milioni entro il 2025, questa la stima della società di consulenza McKinsey. Licenziamenti causati da una sempre maggiore spinta verso l’automazione di tutte quelle attività da “colletto bianco” che si ritenevano al sicuro da questa minaccia, considerandola una cosa da reparto verniciatura di qualche catena di montaggio. Invece il futuro ha fatto passi da gigante in pochi anni e si è avvicinato molto pericolosamente a noi. Scettici? Leggete il libro di Riccardo Staglianò, Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro (ed. Einaudi, 2016) per rendervi conto di come l’innovazione tecnologica stia portando nelle aziende sicuramente un miglioramento nei processi, ma spesso con dei costi
sociali non indifferenti. Staglianò, giornalista de La Repubblica, ci porta in giro per il mondo a vedere queste realtà dove ormai fabbriche e magazzini sono abitati solo da efficienti e silenziose macchine. Macchine in grado di svolgere il lavoro degli umani, a costi inferiori, e senza rivendicazioni di nessun tipo. Intendiamoci, la robotica ha indiscutibili vantaggi, libera l’uomo da quei lavori usuranti e nocivi per la salute. Nel frattempo, però, è arrivata Amelia. Amelia è un’operatrice del call center, ma può essere anche un avvocato e forse in futuro potrebbe diventare anche un medico. Amelia è in grado di apprendere le informazioni che gli vengono fornite. Amelia è un avatar disegnato con i tratti di una donna nordica capace di rispondere al telefono e risolvere i problemi di clienti nervosi oppure di analizzare, al posto di un avvocato, migliaia di pagine di un contratto, evidenziandone i punti critici ai quali rivolgere l’attenzione. Il tutto in una manciata di minuti. Niente più uffici legali impegnati, e pagati, per diverse giornate lavorative. Medici, giornalisti, avvocati, segretarie possono e saranno sostituite da computer capaci di auto-apprendere e fornire rapide soluzioni anche in quei settori dove il sapere umano, fino a ieri, sembrava essere il confine invalicabile. Notizie da un futuro lontano? Leggendo questo libro sembrerebbe proprio di no.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Part-time e anzianità contributiva Inps Sto concordando un’assunzione con contratto part-time verticale, in sintesi lavorerò a tempo pieno (8 ore) per soli tre giorni a settimana. Se dovessi accettare tale proposta, avrò delle penalizzazioni in termini pensionistici?
lettere
N.S. – Roma
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I periodi di mancato lavoro dei dipendenti part-time vanno conteggiati ai fini del calcolo dell’anzianità contributiva necessaria ad acquisire il diritto alla pensione. L’esclusione di tali periodi dal calcolo, se non esiste una ragione obiettiva che giustifica questo trattamento speciale, è illegittimo, in quanto viola la normativa comunitaria sul part-time nella parte in cui vieta la discriminazione dei lavoratori che riducono l’orario. Su questo argomento è intervenuto recentemente il Tribunale di Padova (con sentenza n. 473 del 5 luglio 2016, relatore Perrone) in una controversia sorta con l’Inps in un caso di part-time verticale ciclico, in cui la riduzione oraria veniva distribuita su base annua e ciascun dipendente alternava 9 mesi di lavoro a orario pieno (8 ore giornaliere) a tre mesi in cui non svolgeva alcuna attività lavorativa. L’Inps aveva gestito questi rapporti accreditando la contribuzione solo per i 9 mesi durante cui la prestazione veniva svolta e considerando sospeso il rapporto di lavoro per i restanti 3 mesi, creando in capo ai dipendenti un vuoto rilevante ai fini della maturazione del diritto alla pensione. Il Tribunale, rifacendosi a una giurisprudenza consolidata (in ultimo si è pronun-
ciata in tal senso la Corte di cassazione con sentenza 29 aprile 2016, n. 8565), ha riconosciuto il diritto ai lavoratori part-time a vedersi accreditata presso l’Inps l’anzianità contributiva utile ai fini della pensione anche per i periodi in cui, applicando la riduzione di orario concordata con il datore di lavoro, non era stata svolta la prestazione lavorativa. La Cassazione aveva a sua volta richiamato i principi affermati da una pronuncia della Corte di giustizia europea, la n. 395 del 10 giugno 2010, secondo cui in tema di anzianità contributiva utile ai fini pensionistici non è giustificabile una disparità di trattamento tra lavoratori a tempo pieno e part-time. Inoltre, secondo la disciplina comunitaria del sistema contributivo e pensionistico, dettata dalla direttiva CE 97/81, l’anzianità contributiva utile ai fini della determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione va calcolata per il lavoratore a tempo parziale come se fosse occupato a tempo pieno e, quindi, prendendo in considerazione anche i tempi non lavorati. Solo qualora la prestazione lavorativa sia stata interrotta o sospesa per un impedimento, i periodi di tempo non lavorati non rilevano sul calcolo dell’anzianità contributiva; invece, se l’impiego è continuativo, non può esserci interruzione nell’anzianità contributiva. Il rapporto di lavoro part-time ha invece delle ripercussioni sulla misura della pensione, poiché la retribuzione viene riproporzionata all’effettivo orario di lavoro svolto e, conseguentemente, anche i contributi previdenziali saranno versati in misura inferiore.
NUMERO SPECIALE / BLOCKCHAIN inserto mensile di Dirigente n. 10 / 2016
DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #28 esploriamo il futuro grazie a:
FUTURE TRANSACTIONS
p. 2/5
FUTURE FINANCE
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FUTURE MANAGER
p. 8
La crypto valley
Men in block
mi guardavano storto. Ma ora i tempi sono maturi. Lo si capisce dal fatto che il furbo stratega aziendale (furbo perché coglie un trend quando è bello che maturo) Don Tapscott ha fatto uscire proprio quest’anno il suo ultimo saggio intitolato Blockchain Revolution. Bene: quindi i “blockchaingers” sono già pronti a cambiare la finanza, i business e il mondo intero? Ni. Borse Valori, banche, imprese IT, multinazionali, fintech e una miriade di startup, più i soliti investor, tutti a sperimentare e giocare. Sì, ma ancora è presto per disegnare uno scenario attendibile. Le possibilità d’impiego sono a livello teorico tantissime, ma a livello pratico si sente ancora la mancanza di un chiaro e convincente business model. Una cosa però è chiara. Nessun manager può permettersi, ancora a lungo, di ignorare questo termine perché la posta in gioco è troppo alta. Anche se ci sono ancora molti interrogativi di tipo tecnologico, economico e legale senza risposta, nessuno dubita più che il principio Blockchain diventerà un elemento centrale della futura economia decentralizzata e della
trasformazione digitale che porterà, presumibilmente, a disintermediare i disintermediatori della prima ora (vedi all’interno di Dirigibile Uber senza Uber). Certo, a oggi è totalmente assente la necessaria alfabetizzazione (come per il digitale ieri e in parte ancora oggi). Essendo un tema tecnologico richiede tempo per essere digerito. Ma come insegna ogni nutrizionista, se non assaggi non metabolizzi.
Il futuro in 12 pillole
BLOCKCHA(I)NGERS
Rivoluzione al blocco di partenza È il tema o buzzword del momento. Tutti a parlare di Blockchain con o senza cognizione di causa. Ancora qualche anno fa era roba da adepti eretici o tecno idealisti convinti di poter cambiare il mondo a suon di Bitcoin. Quando parlavo in qualche workshop del cuore di Bitcoin (Blockchain, per l’appunto) come infrastruttura tecnologica che attiva complessi meccanismi e opportunità di decentralizzazione in ogni ambito d’affari,
SAVE THE DATE CROSS INNOVATION L’INNOVAZIONE CAMBIA DIREZIONE FIRENZE 27 NOVEMBRE 2016 CFMT-FMT HTTP://TINYURL.COM/JUFLQTN
Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo
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FUTURE TRANSACTIONS IL FUTURO IN 12 PILLOLE Secondo una previsione del World Economic Forum, entro il 2025 le attività registrate e veicolate da tecnologie basate su Blockchain genereranno oltre il 10% del Pil mondiale. Non poco. Il Gottlieb Duttweiler Institut di Zurigo va anche oltre, affermando in modo profetico che Blockchain è oggi per le transazioni ciò che internet è stato vent’anni fa per la comunicazione. Un cambio di paradigma e preludio a una nuova società. E dato che le transazioni sono il cuore del fare economico, tutte le istituzioni e poteri centrali verranno messi in discussione. Più che industry 4.0 pare questa, in potenza, una vera rivoluzione della convivenza economica e sociale.
FOR DUMMIES
WHATSDAPP
BAAS
Blockchain for dummies. Perché lo siamo tutti (sviluppatori esclusi). L’Institute for the Future tenta di spiegarlo in un video di due minuti. Ci proviamo anche noi con un testo da leggere in altrettanto tempo. Proviamo. Blockchain è un protocollo open-source strutturato in una rete di nodi che possono convalidare, registrare e monitorare le transazioni complesse in modo dinamico e istantaneo, facendo a meno di intermediari e server centrali. Oppure: è un database distribuito e libro contabile in cui sono registrate tutte le transazioni (scambio di titoli e azioni, atti notarili, votazioni al seggio elettorale ecc.) sorvegliate da una rete di nodi che ne garantiscono la correttezza e l’anonimato. Oppure: una blockchain è una struttura di dati usata per creare un ledger di transazioni digitali che, anziché essere basato su un singolo provider, viene condiviso in una rete distribuita di computer in modo aperto, trasparente e pubblicamente verificabile che trasformerà in modo sostanziale la nostra concezione riguardo allo scambio di valori e asset. Ancora poco chiaro? Wikipedia.
Quando WhatsApp diventa WhatsDapp è tempo di parlare di Ethereum, la creatura finanziata via crowdfunding con 18 milioni di dollari come capitale iniziale del ventunenne Vitalik Buterin, butterato come l’estetica nerd pretende. Etherum utilizza la blockchain non soltanto per transazioni finanziarie (con la propria valuta Ethers), ma anche per l’erogazione dei cosiddetti «smart contracts, compresi contratti complessi. Se ne parla tanto perché la sua rete con 6.600 e passa nodi ha superato i 5.600 di Bitcoin e perché molte imprese iniziano a testare servizi, come Augur, una piattaforma attiva nella predizione e scommesse su eventi nel mondo reale o Slock.it, specializzata in smart contract tecnologies e che conta fra i partner colossi come Samsung e Microsoft. E whatsdapp? Semplice, come concetto: con whatsapp il messaggio “ciao come stai?” passa attraverso il server che ora e per sempre si impossessa dei tuoi dati, con whatsdapp il “ciao come stai” si decentralizza (frammenta) e passa attraverso nodi (computer) che vedono transitare solo una porzione del messaggio (per esempio ciao). Non poco come potenziale.
Da Software as a Service a Blockchain as a Service. Ovvio che andasse a finire così. Infatti tutti a buttarsi a capofitto in un business che promette miracoli (economici). Amazon Web Services ha stretto un accordo con Digital Currency per sperimentare le opportunità della nuova infrastruttura tecnologica, Ibm, oltre a sfruttare Blockchain per proteggere, anche con il monitoraggio “intelligente” di Watson, i sistemi e le reti IoT da attacchi, la mette anche a disposizione dei clienti con la piattaforma Cloud Bluemix (offerta per ora in versione Beta), lo stesso fa Microsoft con Azure, piattaforma per testare e distribuire applicazioni Blockchain su architettura Ethereum. Intanto, Allianz ha testato assieme a Nephila l’utilizzo dei smart contracts in ambito assicurativo, mentre Visa, Orange e Nasdaq hanno pesantemente investito nella promettente piattaforma Chain.com specializzata in soluzioni blockchain per le imprese. E se i grandi si buttano nella mischia allora non è più roba da nerd brufolosi e startup destinate al veloce oblio.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
UBER SENZA UBER VERY SMART? Facebook senza Facebook, Kickstarter senza Kickstarter, Ebay senza Ebay e Airbnb senza Airbnb. Ottenere gli stessi servizi facendo a meno di loro e delle loro garanzie. È la sfida più radicale dei blockchain utopisti (o opportunisti): disrupt the disruptors, disintermedia i disintermediatori rendendoli superflui, in particolare il loro ruolo di rassicurante garante di intermediario digitale fra domanda e offerta. O per dirla con Tapscott ,“Instead of putting the taxi driver out of a job, blockchain puts Uber out of a job and lets the taxi driver work with the customer directly”, Slock.it, ArcadeCity, Weifund, Synereo, La Zooz. Gli anti Uber & Co sono già all’opera con infrastrutture che automatizzano ogni aspetto, compreso la sicurezza. Vera (futura) gloria o solo fumo negli occhi? È presto per dirlo, ma certo la decentralizzazione estrema ha, come nuovo modello di business, in riserbo queste e altre sorprese. Perché se gli utenti possono fidarsi di una tecnologia che da “sola” vigila, le cosiddette multisided platforms perdono, in prospettiva, di significato e forse per la prima volta il vecchio sogno di una democratica rete dominata dall’economia peer to peer trova una nuova sponda. Almeno fin quando i soliti noti non si appropriano dei ferri del mestiere.
Didascalico: «smart contracts», contratti che possono essere firmati ed eseguiti in tutto o in parte in maniera automatica (code), senza che sia necessario negoziarne le varie componenti (dalla stipula alla firma, ai termini specifici) attraverso l’intervento di intermediari umani (banche per esempio). Meno didascalico: il compratore versa in anticipo il denaro su un “trusted account” e appena la merce risulta consegnata il sistema sblocca automaticamente la cifra. Sembra un’ottima idea. Ma lo è? Vediamo: la merce ordinata in Cina arriva in ritardo e danneggiata. Il dramma non è attendere il ritiro e la sostituzione, no, il vero dramma è che il denaro è bloccato e inutilizzabile fino alla risoluzione del contratto. E questo è solo un esempio banale, pensiamo invece al complicato mondo delle riassicurazioni. La verità è che gli automatismi sono sempre un po’ naïf e sottovalutano la complessità del comportamento umano e dei contratti, le cui questioni aperte (malintesi, fraintendimenti, diverse interpretazioni e cavilli vari) vengono, non a caso, chiuse da avvocati o giudici. Smart contracts? Forse la cosa più intelligente è utilizzarli in ambito Iot e industry 4.0 per regolare e mettere in sicurezza le transazioni autonome delle macchine e oggetti intelligenti.
DECONOMY Se il cuore di Blockchain è la decentralizzazione, allora la futura economia è senza centro. Questa la tesi di Deconomy, un piccolo scenario che scrissi due anni or sono per il ciclo Future Management Tools di Cfmt. Un’era dove informazioni, transazioni, dati, pagamenti, organizzazioni, mercati e controllo centrale si dissolvono per lasciare spazio a sistemi aperti, diffusi e condivisi. In piena trasparenza e sicurezza (questa, almeno, la promessa). Bitcoin è stata solo l’apripista, o meglio la punta dell’iceberg. Sì, perché il vero potenziale di Bitcoin non è nella moneta, ma nella tecnologia sottostante, con cui migliaia di computer in una rete distribuita utilizzano tecniche crittografiche per creare un registro pubblico permanente di ciascuna transazione. Portando il principio alle estreme conseguenze diventa possibile decentrare ogni cosa: da internet ai database, dai contratti alla produzione fino alla burocrazia e governance. La futura economia decentralizzata promette di rivoluzionare la gestione aziendale amplificando tutte le pratiche collaborative e di condivisione eliminando molti intermediari.
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http://bitcoinvox.com https://theodi.org/about https://liberland.org/en/main/ http://backfeed.cc/ http://www.theselc.org/ https://resonate.is/ http://ujomusic.com/ https://www.stocksy.com/ https://openbazaar.org/ http://www.membersmedia.net/
BLOCKATI
MONEY
Dalla rete. Molti sono stati presi per il naso da Bitcoin rimediando fregature e figuracce. Perché con Blockchain (che fra l’altro ha partorito Bitcoin) dovrebbe essere diverso? Inutile girarci intorno. Se non domini il tema verrai dominato. Se sei un manager alla “Julian Assange” dici di no quando senti puzza di bruciato, se sei invece un manager normale (come tutti) dici di sì e bruci con i tuoi dati. E cosa mai può bruciare se blockchain, così lo storytelling in voga, è la cosa più sicura della terra? Di tutto. Nulla vieta di utilizzare il protocollo per contratti illegali o per veicolare malware all’interno del sistema e, come riportato già l’anno scorso da Bitcoinvox, anche la blockchain può essere “inquinata” da informazioni introdotte da cybercriminali che si fa poi fatica a rimuovere. Ma una delle vere problematiche dei blockchain pubblici è l’incapacità di controllarli e fermare il loro funzionamento perché, come nel caso delle “Decentralized autonomous organization” (Dao), la gestione e il controllo sono automatizzati su regole predeterminate.
L’utopia dei “blockchaingers” della prima ora e di molte fintech è un mondo senza banche e senza soldi. Ma sappiamo che non sarà così. Intanto i poteri forti sono sempre più forti delle utopie (è stato così anche per internet) e poi le banche si sono già appropriate del protocollo per i loro futuri affari. Il consorzio R3 Cev composto da una quarantina di banche più le solite It come Intel, Ibm, Microsoft ecc. sperimenta già a pieno regime la tecnologia per le transazioni monetarie. La Deutsche Bank ha concluso, con successo, nel proprio Innovation Lab di Londra, un test sui cosiddetti Smart Bonds e, in partnership con la svizzera Ubs, ha sviluppato, già che c’era, pure una nuova criptovaluta denominata Utility Settlement Coin. Stesso dicasi per Citigroup con la loro Citicoin. Per i puristi un “falso blockchain”, ma intanto per loro un bel mezzo per velocizzare le transazioni, ridurre i costi e tenere a bada coloro che vogliono disintermediare la banche e il loro ruolo. E Bitcoin? Taavet Hinrikus, ceo di TransferWise, già pronostica la morte della moneta virtuale: «È poco adottata, nessuno la usa, penso che l’esperimento possa dichiararsi concluso». Vedremo.
BLOCKCHAINGERS Vuoi tu bloccare il nostro cambiamento? Ci dispiace, tempo scaduto. Analogamente al World Wide Web, che ha reso per la prima volta nella storia dell’umanità disponibile uno spazio informativo universale, Blockchain intende rendere disponibile uno spazio universale per la veicolazione e transazione (regolata) di “valori”. Dove ci porta tutto questo? È (più o meno) facile da immaginare: a una rivoluzione dei contratti in ogni ambito (da azienda ad azienda e da persona a persona) che funziona in base a neutrali e automatizzate piattaforme “trust”, ma soprattutto a un’accelerazione di industry 4.0 che proprio perché basata su processi di decentralizzazione necessita di un tool di decentralizzazione intelligente in grado di controllare anche le autonome transazioni di Iot. Poi ovviamente una riduzione dei costi, maggiore efficienza e maggiore (presumibile) sicurezza. Resta da capire chi farà la parte del leone. I sognatori (spesso i precursori della tecnologia) sognano al solito un mondo migliore (vedi vecchia etica hacker), i realisti invece realizzano un mondo ancora migliore, per loro (vedi vecchio business as usual). A voi la scelta da chi farsi sbranare.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
MANIFESTO
NEXT 1984?
Decentralizzazione, ubiquità, trasparenza, disintermediazione radicale, autorganizzazione e autoregolazione. E poi? Qual è il manifesto di Blockchain? Future nazioni che si basano su informazioni che si autogovernano in un contesto di libera condivisione fra i partecipanti del sistema? Contribuire al tramonto delle istituzioni centrali con una forsennata decentralizzazione in ogni ambito che sblocca le catene di ogni impianto burocratico? E quali sono invece i laboratori fisici reali? La solita Estonia, certo, che recentemente in partnership con il mercato borsistico elettronico Nasdaq ha avviato un sistema che consente agli azionisti di usare la blockchain per esprimere il proprio voto nelle assemblee, con notevole risparmio di tempo. E poi la “Free Republic of Liberland”, un fazzoletto di terra fra la Serbia e la Croazia (abbandonato e, pare, non reclamato) che si è autoproclamato per volere e voce di Vit Jedlicka Liberland e che ha avviato (parrebbe) il più grande progetto laboratorio di Blockchain al mondo: far girare l’intera macchina delle transazioni burocratiche, finanziarie ed economiche tramite Blockchain. Utopico? Certo, ma intanto conta fra i richiedenti di cittadinanza un centinaio di informatici di blockchain. Basterà? Il potere, da sempre, ama centralizzare per controllare le sorti dell’umanità, l’essere umano invece ama decentralizzare per esprimere liberamente il proprio destino e potenzialità. Il potere, però, di solito vince, assorbendo.
Il grande fratello vi guarda, di nuovo, e forse se Orwell scrivesse oggi il suo romanzo, Blockchain avrebbe un ruolo centrale, da vero protagonista. La trasparenza “eccessiva” e funzionale al funzionamento della blockchain può comportare seri rischi per la privacy. Quando un dato viene registrato, tutti i nodi devono verificarlo e, per farlo, potrebbero avere bisogno di molti dati personali. Secondo la software engineer Jeni Tennison, direttore tecnico dell’Open Data Institute “esistono alcune tipologie di dati, nello specifico dati personali, dove l’impossibilità di rimuoverli retroattivamente potrebbe comportare dei problemi”. Per esempio dati personali relativi all’insolvenza, al cambio di sesso o qualsiasi “incidente di percorso” (a chi non capita?) che diventano un macigno per l’eternità. Ulteriore macigno è il rischio di furto di identità, di doxing o la richiesta di diritto all’oblio. L’irreversibilità delle azioni sulla blockchain e il suo sviluppo fanno temere anche il peggio: scrutati da uno sguardo “dispotico”, blockchain sa cosa hai fatto ieri sera. Una blockchain biografica che documenta ogni nostra attività dalla culla alla bara non è fantascienza ma logica (finale) conseguenza di una perfetta macchina di transazioni verificabili (e presumibilmente sicure). E poi dai dati fitness personali (braccialetti) sul cloud a una health blockchain il passo è breve. Lo stesso dicasi per una skill blockchain che contiene ogni nostro dannato minuto lavorativo. Utopia negativa? Non credo. La nostra reputazione futura non dipenderà più, per esempio, dal comunque manovrabile profilo Linkedin, ma da un protocollo che blocca ogni umana personalizzazione.
https://www.youtube.com/watch?v=Fqr8_iQv8hU http://blockchain-revolution.com https://www.youtube.com/watch?v=1ycJfp6-6Is http://www.lazooz.net/ http://tinyurl.com/zx8c8zr https://hack.ether.camp/home https://www.cryptocoinsnews.com/ https://azure.microsoft.com/it-it/solutions/blockchain/ https://chain.com https://r3cev.com http://tinyurl.com/hgl5q5y https://it.wikipedia.org/wiki/Blockchain https://helperbit.com/#whyhelperbit http://tinyurl.com/zynstpy http://tinyurl.com/ja8gu26 http://dcg.co https://www.ethereum.org/foundation https://www.augur.net https://slock.it http://weifund.io https://www.synereo.com http://www.lazooz.net
DECENTRALIZED Economy. La parola chiave è decentralizzare e rompere ogni monopolio. E qui ci sarebbe tantissimo da scrivere perché blockchain potrebbe essere il proseguimento della sharing economy con altri mezzi. O meglio, nuova linfa per rimodellare forme high tech di cooperativismo. Uber, Airbnb, Ebay vengono spacciati come i fari della sharing economy e della sana collaborazione: tutti possono partecipare, tutti possono scambiare, tutti possono condividere, chiaro, alle condizioni dettate dai grandi intermediatori. Fare a meno dei loro server centrali è la sfida. Difficile capire se gli sfidanti hanno i numeri e gli attributi per farcela, però in rete si osserva una certa effervescenza di proposte in quella direzione: finanza (Weilfund), social network (Synereo), trasporti (La Zooz), ecosistemi (Ethereum, Backfeed, Theselc, Quishare), musica (Resonate, Ujomusic), scommesse (Augur), foto (Stocksy), e-commerce (OpenBazaar), film (Membersmedia). Falliranno tutti? No, dai, per favore.
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CRYPTO VALLEY
Elementare Watson. La Silicon Valley delle criptovalute e di Blockchain si trova in Svizzera fra Zugo e Zurigo. E dove se no?
Questo almeno è il parere del Gottlieb Duttweiler Institute di Zurigo. D’accordo, di parte (interessata) ma anche facente parte di una ristretta cerchia di think tank a livello planetario realmente misurati (e non esaltati) nelle affermazioni. La quale affermazione, mappa alla mano, dimostra una certa vitalità e presenza di imprese
che a vario titolo rappresentano e/o vogliono rappresentare la futura finanza ed economia decentralizzata basata sulla tecnologia blockchain. In particolare la presenza della Ethereum Foundation, una delle star della scena dei nuovi protocolli, funge da magnete che attrae molte altre startup. La mappa che presentiamo è,
nella versione pdf di Dirigibile, interattiva e corredata di molti link. Vale la pena visitare questo piccolo fazzoletto di terra perché, come afferma il GDI, “Blockchain cambierà la transazione così come internet ha cambiato la comunicazione”. Fosse vero, una bella rivoluzione. Meglio trovarsi pronti.
Bitcoin Cryptotech
HITZKIRCH
STEINH
BLOCKCHAIN SERVICE RESEARCH BITCOIN SECURITY
IL DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO Finance 2.0 Bitcoinnews.ch Ecurex
Swisscom e-Foresight
Validity Labs ETHCOSS
Securosys Elevence Digital Finance
ETH DISCO
Swiss Fintech Association
Greater Zurich Area
Swissmine
Bernegger Ventures
Nexussquared
Moneygrid
Lykke
ZURICH
Fehr Advice
Criptocash
USTER
IBM Research
RUSCHLIKON Swiss Finance Startups
STAFA Bitcoin Suisse
BAAR
Crypto
Infoguard
HAUSEN Bitfinitum Akasha
ZUG IFZ
Mount 10 Ethereum Foundation
Blockchain-Innovation.com
Xapo
FEUSISBERG
Monetas MME Legal
Shapeshift
Sapphire Innovation Blockchain Source Patria Digitalis
Iproptus
WALCHWIL
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
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FUTURE MANAGER MEN IN BLOCK Il man in block non si blocca davanti al futuro. Guarda avanti e sa che il domani sarà molto ma molto decentralizzato. Quindi ragiona in termini di blocchi e non di unità. Per innovare e talvolta risparmiare tempo e denaro. IO DECENTRALIZZO... INTERNET
Una rete completamente decentralizzata che non si rifà agli innumerevoli strati di server e datacenter presenti oggi ma li rimpiazza con la costruzione di un’infrastruttura peer-to-peer tipo maidsafe.net/
L’ORGANIZZAZIONE
Costruire organizzazioni decentralizzate e autonome (DAO) con protocolli tipo Ethereum è la nuova sfida.
LA BANCA
Bitcoin e dintorni. Secondo Accenture il sistema finanziario centralizzato tenderà a dissolversi in una pluralità di sistemi di pagamento, transazioni e nuovi servizi.
L’ARCHIVIAZIONE
Storage. Informazioni e dati. Tutto questo non risiede più su server ma, tramite servizi come storj.io, sui nostri PC ed è messo a disposizione degli altri attraverso protocolli peer-to-peer.
L’INFRASTRUTTURA
Da Software as a Service a Blockchain as a Service. Microsoft e Ibm già lo offrono. Da usare o copiare come servizio.
IL BUSINESS MODEL
Disintermediare coloro che hanno disintermediato, affermandosi come nuove piattaforme monopolistiche (vedi Uber o Airbnb), è la nuova formula dirompente dei futuri affari
IL CONTRATTO
Smart contracts. L’innovazione delle reti distribuite e l’applicazione della crittografia consentono di automatizzare e stringere contratti (di qualsiasi natura) in modo sicuro e autonomo.
LA BUROCRAZIA
La decentralizzazione come strumento di sburocratizzazione. Il manager blockchain fa suo il modello gestionale dell’Estonia per velocizzare e semplificare.
IL DATABASE
L’archiviazione dei dati aziendali su enormi server centrali comporta enormi rischi. Blockchain per i dati significa semplificare la gestione degli archivi e della supply chain con nodi decentralizzati.
L’IDENTITÀ
Le nuove identità digitali si staccano dal nostro corredo burocratico con nuove forme di “passaporti” decentralizzati (onename.com e identifi.com/). L’identity management diventa centrale per il futuro.
IL CURRICULUM
Niente di lineare, niente di sequenziale. Vietata ogni gerarchia delle informazioni. Il curriculum decentralizzato è una rappresentazione circolare di contenuti.
LE APPLICAZIONI
Da app a dapp. Con le “decentralized apps” la pubblicazione dei contenuti o delle applicazioni è formata dalle stesse persone che la usano senza più intermediari.
Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione
CONTRATTO
CCNL: (IL VOUCHER PER) IL RICOLLOCAMENTO In caso di perdita dell’incarico, un percorso di outplacement per ricollocarsi
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opo il rinnovo siglato il 21 luglio scorso da Confcommercio e Manageritalia, il contratto collettivo nazionale di lavoro dei dirigenti del terziario, della distribuzione e dei servizi punta con più forza anche sulle politiche attive per gestire in modo più completo l’uscita del dirigente dall’azienda.
L’art. 40 tratta esplicitamente di outplacement stabilendo: 1. “Le parti concordano che, in caso di licenziamento (diverso da giusta causa) o di risoluzione consensuale nelle sedi conciliative, su formale richiesta del dirigente l’azienda definirà l’attivazione di una procedura di outplacement,
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MANAGERITALIA CONTRATTO
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sempreché lo stesso non abbia attivato un contenzioso giudiziale o arbitrale avverso il recesso intimato”. 2. “L’azienda liquiderà alla società di outplacement, individuata d’intesa con il dirigente interessato, un voucher per compartecipare alle spese, di importo pari a 5.000 euro netti, non monetizzabile, da utilizzare entro 12 mesi dall’interruzione del rapporto di lavoro. Sono fatte salve condizioni di miglior favore concordate individualmente”. Inoltre l’art. 21, in tema di aggiornamento e formazione professionale per i dirigenti, afferma al punto 8 che “il Cfmt definirà convenzioni con le principali società di outplacement presenti sul mercato, per favorirne la conoscenza a imprese e dirigenti, anche al fine dell’utilizzo del voucher di cui all’art. 40”. Vediamo quindi in pochi passi chi e come ne può fruire. Come attivarlo? I dirigenti licenziati (non per giusta causa) o che hanno risolto il rapporto in modo consensuale (sempre che non siano in arbitrato o causa) devono richiederlo formalmente all’azienda e inserirlo tra le condizioni di chiusura del rapporto. Di cosa si tratta? Si tratta di un voucher di 5.000 euro (al netto d’Iva), non monetizzabile, che l’azienda liquiderà alla società di outplacement scelta dal dirigente.
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CONVENZIONE PARTE PRIMA Il programma si articolerà, per ogni CFMT-AISO dirigente destinatario, nelle seguenti Caratteristiche del programma di outplacement
fasi:
FASE 1 - Bilancio delle competenze e caratteristiche ll Bilancio delle competenze e caratteristiche permette di mettere a punto un progetto professionale attraverso un’analisi sistematica delle caratteristiche personali e professionali: • vengono analizzati i principali ruoli ricoperti, le realizzazioni conseguite, le competenze professionali e le caratteristiche personali; • vengono utilizzati materiali strutturati quali test e/o schede di autovalutazione; • vengono mappate, ricostruite e valorizzate le competenze possedute dal destinatario riesaminando il percorso educativo, formativo e professionale e l’area dei valori, dei bisogni e dei desideri. Nei primi incontri con il consulente dell’azienda associata ad Aiso il
A cosa dà diritto? La convenzione stipulata da Cfmt con Aiso (Associazione italiana società outplacement) dà diritto di fruire, presso una delle società aderenti, di un percorso di outplacement, creato ad hoc per gli iscritti Manageritalia, della durata di 12 mesi (vedi box in alto). Per maggiori dettagli leggi la convenzione e le condizioni su www. manageritalia.it > Manageritalia > Dirigenti > Contratti > Commercio. Perché l’Aiso? Perché l’Associazione, unica in Italia nel settore, garantisce qua-
lità, trasparenza ed esperienza consolidata delle dieci società aderenti che si occupano di outplacement e di consulenza di carriera. Il dirigente è comunque libero di rivolgersi anche ad altre società, valutando che offrano le stesse condizioni in termini di affidabilità e contenuti. Come scegliere? È importante che il dirigente, ipotizzando un possibile licenziamento e/o uscita consensuale, si rivolga sempre alla sua associazione territoriale Manageritalia per conoscere tutto quanto previsto dal
destinatario analizza in profondità il suo percorso professionale e viene supportato nel definire “cosa sa fare” e “cosa vuol fare” attraverso l’analisi delle proprie conoscenze, capacità e caratteristiche, sia professionali che personali. Questa fase permette di valutare le diverse strade da percorrere nell’ambito del lavoro dipendente oppure autonomo. FASE 2 - Il progetto professionale Per decidere quale strada percorrere e per formulare gli obiettivi da conseguire verso il proprio progetto professionale è necessario identificare i propri valori, bisogni, desideri che idealmente si vorrebbe soddisfare. Questi infatti costituiscono il livello di motivazione in grado di sostenere la realizzabilità del proprio progetto. Attraverso i colloqui individuali è possibile identificare un fil rouge volto a raccontare quali sono i criteri che hanno guidato le scelte, i diversi
contratto in questi casi. Il personale dell’ufficio sindacale fornirà, con il supporto di XLabor, l’agenzia per il lavoro di Manageritalia, anche le necessarie informazioni per fruire del voucher e per contattare una o più società Aiso presenti sul quel territorio e incontrarle per capire bene, nel corso di un apposito colloquio, cosa aspettarsi dal servizio. Solo così potrà poi scegliere a ragion veduta se e con chi fare il percorso di outplacement. Cosa aspettarsi? Nell’outplacement nessuno cerca un nuovo incarico per noi. La
cambi di ruolo o di azienda, per far comprendere la visione organica del proprio percorso di carriera. Le competenze e gli obiettivi del destinatario, coniugati con le esigenze del mercato del lavoro, consentono di definire un progetto professionale realizzabile che guiderà tutto il percorso di rientro nel mondo del lavoro. Avere un quadro completo delle proprie competenze e capacità e una visione chiara dei propri obiettivi permette alla persona di attuare azioni efficaci ed efficienti nella ricerca di nuove opportunità. FASE 3 - Caccia e attività di job scouting Il consulente dell’azienda associata ad Aiso affianca il destinatario nell’attività di ricerca di nuove opportunità professionali. Si potenziano gli strumenti di comunicazione con il mercato: dal cv al profilo sui network professionali, alle lettere di autocandidatura, alla gestione e sviluppo del network. In caso di avvio di un’attività autono-
società deve però garantire un valido supporto per affiancarci nelle fasi di valutazione delle competenze, definizione del progetto professionale e ricerca diretta sul mercato. I risultati forniti annualmente dalle società Aiso dicono che circa l’80% dei dirigenti che hanno usufruito del servizio ritrova, in un tempo medio di sei mesi, un incarico manageriale, consulenziale e/o imprenditoriale. Il successo dipende direttamente, oltre che dalla professionalità di chi ci affianca, dall’iniziare subito appena usciti dall’azien-
ma o imprenditoriale, il destinatario viene supportato e guidato da prima nella scelta e successivamente nella realizzazione dell’attività scelta. Il programma ha l’obiettivo di dare supporto sui seguenti aspetti: • valutazione iniziale della fattibilità dell’idea imprenditoriale; • rispondenza del profilo personale con l’iniziativa. FASE 4 - Inserimento e monitoraggio Il destinatario, avvalendosi di un supporto costante da parte dei consulenti dell’azienda associata ad Aiso, valuta e coglie nuove opportunità professionali. Sono preparati insieme i colloqui di selezione attraverso simulazioni live, ne è fatta un’analisi congiunta per affinarne l’efficacia e sono valutate le alternative per prendere la decisione giusta e cogliere la migliore opportunità possibile. Il rapporto con l’azienda associata ad Aiso prosegue poi con il monitoraggio dell’inserimento nella nuova attività.
da il percorso di outplacement e dal farlo con il massimo impegno. Non a caso si dice che “cercare un lavoro è un lavoro” e farlo affiancati da validi consulenti è sicuramente meglio. C’è anche la formazione del Cfmt? Sì, l’attività delle società Aiso sarà svolta in forte sinergia con il Cfmt e con Manageritalia. Questo anche per sfruttare al meglio, e coerentemente a quanto emerso nella prima fase dell’outplacement, le opportunità formative (massimo 5) che il Cfmt offre gra-
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MANAGERITALIA CONTRATTO
STATISTICHE GENERALI AISO, ANNI 2013-2015 Dirigenti
2013
2014
2015
Numero candidati
1.134
1.176
1.154
% di successo
78%
80%
84%
Età media
51
50
50
Mesi medi
6,6
6,6
5,9
Lavoro dipendente
62%
59%
68%
Tempo indeterminato
30%
40%
50%
Tempo determinato
31%
19%
18%
Co.Co.Pro. – Partita Iva
20%
24%
19%
Microimprenditorialità – Soc. consulenza
18%
17%
13%
tuitamente ai dirigenti senza un rapporto di lavoro nell’anno successivo alla cessazione dei versamenti contrattuali. Il tutto sarà garantito dal periodico scambio di informazioni tra le persone delle sedi Cfmt di Milano e Roma che seguono i dirigenti in fase di ricollocazione, i consulenti di outplacement delle società Aiso e il personale delle associazioni territoriali. Dopo aver seguito per anni dirigenti in fase di ricollocamento che si sono rivolti all’outplacement e/o hanno seguito i percorsi similari “Comincio da… Tre!” o “Managerattivo” tenuti dal Cfmt, l’esperienza ci dice che avere un supporto è più efficace e dà risultati migliori e in minor tempo. Per questo a inizio del 2016 – in attesa di ripristinare con il rinnovo contrattuale politiche attive volte a dare continuità a quanto già offerto dal contratto anche attraverso il Cfmt – siamo
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intervenuti per supportare i dirigenti usciti dall’azienda involontariamente, con indennità minime e momentaneamente non occupati. L’abbiamo fatto offrendo a questi dirigenti in via sperimentale e momentanea il servizio di outplacement “Riattiva”, gestito da una delle società Aiso. XLabor, l’agenzia per il lavoro di Manageritalia, che ha qui gestito la fase di avvio dei dirigenti all’outplacement e controllato i risultati, diventa oggi ancor più il veicolo di Manageritalia per le politiche attive. Il percorso “Riattiva”, finanziato grazie alla solidarietà dei dirigenti in servizio con un aumento di 10 euro sulla sola quota di iscrizione 2016 e utilizzando altri fondi della Federazione, sta dando buoni risultati. Nei primi mesi di attività già il 50% dei manager ha ritrovato un incarico. Insomma, il lavoro si può perdere, questo per un dirigente non
è una novità. Da sempre e ancora oggi il nostro contratto tutela queste situazioni soprattutto, ma non solo, con preavviso e indennità per licenziamento ingiustificato. Oggi, per varie ragioni, la frequenza di perdita dell’incarico si è alzata, con una conseguente diminuzione della permanenza media nella stessa azienda. Allora quando accade, licenziamento o accordo consensuale che sia, magari anche perché si valuta di dover accettare nuove sfide, è meglio cercare un nuovo incarico supportati da professionisti e metodi in linea con le migliori esperienze a livello internazionale. Con nessuna garanzia se non quella di non tralasciare nulla e giocarsela al meglio. Anche questo è un importante tassello per tutelare il lavoro dirigenziale e offrire a tutti l’opportunità di gestire davvero attivamente carriera e sviluppo professionale.
POLIZZE RC DELLA FAMIGLIA
www.askmit.it
Mio figlio di 9 anni ha fatto cadere lo smartphone del nonno, rovinandolo in modo irrecuperabile. Mi sono a questo punto chiesto: se avesse rotto il telefono a casa di un amico, avrebbe potuto chiedermi i danni? Sicuramente il proprietario del telefono potrebbe chiedere a lei, in qualità di genitore del minore, il risarcimento del valore attuale del cellulare. Esistono polizze assicurative che assicurano la “Responsabilità civile della famiglia”, quindi tutelano la famiglia da richieste di risarcimento di danni causati senza volontà da uno dei componenti del nucleo familiare stesso, nella vita privata. In genere queste coperture hanno un costo contenuto (circa 100 euro) e possono essere comprese all’interno della copertura “globale abitazione” che annovera anche i rischi di incendio e furto. Il nostro consiglio è di attivare
subito una tutela sul patrimonio della famiglia, almeno per quanto riguarda la responsabilità civile, poiché potenzialmente i danni causati a terze persone possono essere di entità molto elevate: provi a pensare a un incidente sulla pista da sci, contro un professionista affermato, la quantificazione del risarcimento può arrivare facilmente a qualche centinaia di migliaia di euro. Stiamo iniziando una collaborazione con una colf, rispettando le regole di assunzione previste. Un conoscente in situazione analoga ha ricevuto dalla propria colf una richiesta di risarcimento poiché si è fatta male in casa scivolando su uno scalino un po’ usurato. Possiamo fare in modo di avere una copertura assicurativa per questi eventuali casi? Nel caso in cui la colf subisse un danno fisico durante lo svolgimento delle sue mansioni a casa vostra, voi ne sareste responsa-
MANAGERITALIA
Sono belli, sono cari, ma casa, figli e animali possono essere una vera fonte di guai! Non tutti sanno però che le polizze assicurative rc capofamiglia possono venirci in aiuto e tutelarci nel caso accadano piccoli o grandi incidenti. Vediamo attraverso un paio di domande e risposte gestite da AskMit alcune situazioni che potrebbero riguardare ognuno di noi
bili – in qualità di datori di lavoro – nel caso in cui si evidenziasse una vostra responsabilità (ad esempio negligenza o trascuratezza nella gestione/manutenzione dell’immobile di vostra proprietà e dei relativi arredi). Tramite una polizza di responsabilità civile della famiglia, che tutela tutto il nucleo familiare convivente (risultante dallo stato di famiglia) per i danni causati involontariamente a terze persone, durante la vita privata e in relazione alla proprietà o alla conduzione di un immobile, è possibile costruirsi idonea tutela. Per quanto riguarda il caso in esame è bene verificare che sia presente la garanzia specifica per “responsabilità civile verso i dipendenti addetti ai servizi domestici incluso giardinaggio”, che copre anche la rivalsa degli enti previdenziali e assistenziali. Il costo è piuttosto contenuto, considerando i massimali elevati e l’ampia gamma di situazioni coperte.
AskMit è un servizio, esclusivo e compreso nella quota associativa, di consulenza online in 48 ore su contratti, fisco, aspetti legali, previdenziali e assicurativi. A rispondere un team multidisciplinare formato da esperti di Manageritalia, avvocati, fiscalisti, giuslavoristi, notai e commercialisti appartenenti a studi professionali di tutta Italia. Alle domande assicurative risponde Assidir.
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MANAGERITALIA EXECUTIVE PROFESSIONAL
SEI CERTIFICATO? A pochi mesi dall’avvio della certificazione delle esperienze professionali degli executive professional facciamo il punto con chi l’ha già ottenuta La certificazione Eep (Experienced executive professional) è un importante strumento per valorizzare questa figura e migliorarne posizionamento e vendibilità sul mercato manageriale. Ne parliamo con i nostri associati Alessandro Balboni di Bologna (dopo una carriera come quality manager nel settore meccanico e automotive, ha subito e cavalcato la crisi riposizionandosi come quality manager libero-professionista); Paolo Fiorentino di Napoli (ingegnere elettronico e da oltre dieci anni manager libero-professionista con incarichi ai vertici di diverse aziende); Luisa Focacci di Roma (dopo una lunga carriera culminata come general management della filiale italiana di una multinazionale Usa, oggi è consulente senior di direzione e organizzazione aziendale); Donatella Zappieri di Milano (dopo una carriera come direttore creativo in Swarovski, oggi è luxury goods strategic consultant).
Perché ha richiesto la certificazione? Paolo Fiorentino «Perché nella consulenza aziendale e nel temporary management, dove l’autoreferenzialità la fa da padrona e non esistono criteri oggettivi per differenziare l’offerta, un’attestazione delle esperienze pro-
Alessandro Balboni
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fessionali e delle competenze sottese rappresenta un elemento distintivo». Luisa Focacci «Perché fosse ufficialmente riconosciuto il mio livello di esperienza e la mia capacità di contributo per i vertici aziendali e per la fiducia nell’ente certificatore Manageri-
Paolo Fiorentino
Luisa Focacci
talia, che ritengo estremamente qualificante». Donatella Zappieri «Sentivo l’esigenza di dare uno “status” al mio essere professionista del settore. La mia esperienza lavorativa negli ultimi sei anni è stata talmente diversificata e ricca di nuove sfide che la certificazione rappresenta un modo per dar loro la giusta solidità e riconoscibilità». Per un professionista, aver lavorato per anni come dirigente o consulente dei vertici in azienda è visto come un plus? Alessandro Balboni «Certo, oggi più che mai per affiancare le aziende come professional non contano tanto i titoli di studio, ma competenze approfondite, variegate e “agite” operativamente come manager e/o a supporto del top management aziendale». Paolo Fiorentino «Da oltre dieci anni lavoro come manager libero-professionista, rivestendo i ruoli apicali di amministratore e direttore generale. Ciò sicuramente aggiunge valore all’attività anche da professionista della consulenza aziendale, in quanto offre una visione complessiva e trasversale delle problemati-
Donatella Zappieri
che aziendali e fornisce una capacità di relazionarsi e di comprendere i fabbisogni della proprietà». Luisa Focacci «Certamente, ho avuto riscontri da parte dei miei committenti/clienti sul valore della mia complessiva esperienza professionale come dirigente per 12 anni e più recentemente come consulente, nonché del valore della specifica certificazione negli ambiti in cui opero come consulente senior da circa 18 mesi». Donatella Zappieri «L’aver lavorato in azienda consente di capire le dinamiche organizzative interne, di muoversi con facilità a seconda della scala gerarchica. L’essere professionista e consulente consente di contro di confrontarsi sempre con nuovi
obiettivi e di doversi mantenere sempre aggiornati e al passo con le nuove dinamiche. Nel mio caso essere stata dirigente e oggi consulente è senz’altro un ottimo mix di percorso e professionalità». Poterlo dimostrare rapidamente con una certificazione è un vantaggio? Alessandro Balboni «La certificazione non aggiunge molto all’esperienza, ma ne attesta la continuità, il livello manageriale, e arricchisce il cv di noi professional. Specie se integrata con altre attestazioni, un profilo professionale variegato e solide referenze, nel senso positivo e anglosassone del termine». Donatella Zappieri «C’era bisogno di trovare la nostra giusta collocazione all’interno di Ma-
nageritalia e al contempo di presentarsi ai nuovi clienti con una certificazione riconosciuta dalla nostra stessa Associazione». Ha già cominciato a far valere la certificazione? Paolo Fiorentino «Sì, pubblicandola sul mio sito web e sui social media che utilizzo per promuovere le mie attività professionali. Un utilizzo più concreto della certificazione richiede, a mio avviso, un intervento da parte di Manageritalia, che dovrebbe enfatizzare il proprio ruolo di rappresentanza, facendosi promotrice dell’iniziativa anche nei confronti del mondo dei potenziali “clienti”». Luisa Focacci «Certo, solo l’aver inserito il logo Eep nella mia firma automatica e in LinkedIn ha
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CERTIFICAZIONE EXPERIENCED EXECUTIVE PROFESSIONAL La Certificazione delle esperienze professionalizzanti ideata da Manageritalia per gli executive professional ha l’esclusivo e determinante scopo di comprovarne le esperienze professionali qualificate per migliorare posizionamento e vendibilità sul mercato. Chi può richiederla Gli executive professional iscritti a Manageritalia, in regola con la quota associativa, che posseggono i requisiti di cui all’art. 15 della Carta associativa. L’attività di certificazione, per garantirne l’oggettività ai clienti e a tutte le parti interessate, rispetta i principi generali della certificazione di persone, come definiti dalla norma ISO 17024. Requisiti Possono diventare executive professional certificati “Experienced” coloro che abbiano maturato negli ultimi sei anni almeno quattro anni di esperienza lavorativa con contenuti professionali specifici espressi in contesti manageriali e a contatto con o in qualità di decisori primari aziendali o di progetto e abbiano sviluppato almeno quattro esperienze lavorative complesse (ad esempio progetti, consulenze, collaborazioni, formazione ecc.), o abbiano agito continuativamente all’interno delle stessa organizzazione con clienti diversi. Come fare domanda La domanda va presentata all’associazione territoriale alla quale si è iscritti, fornendo tutte le informazioni necessarie per dimostrare la presenza dei requisiti e compilando il modulo di richiesta online. Per maggiori informazioni: www.manageritalia.it > Manageritalia > Executive professional > Certificazione experienced executive professional
portato evidenti riscontri positivi, la certificazione è un tangibile e visibile riconoscimento della professionalità e dell’esperienza sottostanti». Che valore può avere quindi questa certificazione, anche in termini di qualificazione della sua figura professionale? Alessandro Balboni «La certificazione Eep è comunque, per certi ruoli e professioni “non normate”, un plus, un quid distintivo di consolidata, provata e accertata professionalità. Invito pertanto tutti gli executive professio-
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nal di Manageritalia a informarsi e a presentare la domanda». Paolo Fiorentino «Come già detto, il valore della certificazione è legato al rendere distinguibili le esperienze del professionista che la consegue rispetto alla “concorrenza”. Perché ciò avvenga è però necessario che Manageritalia enfatizzi il proprio ruolo di rappresentanza, facendosi promotrice dell’iniziativa anche nei confronti del mondo dei potenziali “clienti”, perché venga percepito il valore dello strumento e il rigore della procedura, ma anche per diffondere
adeguatamente i nominativi di coloro che ne sono provvisti». Donatella Zappieri «Abbiamo bisogno di creare una nuova consapevolezza all’interno della categoria dei consulenti. Spesso non si conosce bene l’effettiva professionalità che c’è dietro questa figura, soprattutto per chi ha deciso di lasciare l’azienda da poco. Creare massa critica grazie alla certificazione ci consentirà di ottenere non solo più visibilità ma soprattutto l’affidabilità del nostro percorso e la valorizzazione delle nostre esperienze sul campo».
VERIFICA I CODICI FISCALI DEI TUOI FAMILIARI È necessario per il Fasdac recepire e verificare i codici fiscali dei propri assistiti, in particolare quelli relativi ai familiari. Collabora con il Fondo, accedi a My Manageritalia, dove troverai un nuovo servizio per consultare ed eventualmente aggiornare i dati farlo tramite la compilazione del modulo di autocertificazione “Mod. IC/05” (scaricabile dal portale www.manageritalia.it o dal sito www.fasdac.it), che dovrà poi trasmettere all’associazione territoriale Manageritalia di appartenenza unitamente a una fotocopia del proprio documento di identità.
Avere il codice fiscale dei familiari assistiti dal Fasdac è molto importante: la sua mancanza potrebbe generare la sospensione e conseguente ritardo nella liquidazione delle relative
pratiche sanitarie, al solo fine di non incorrere in sanzioni da parte dell’autorità tributaria.
FASDAC
P
er rispettare gli obblighi di legge, il Fasdac si trova nell’assoluta e urgente necessità di recepire e verificare i codici fiscali dei propri assistiti. In particolare quelli relativi ai familiari degli iscritti, molti dei quali risultano mancanti o inesatti. Per questa specifica esigenza è stato introdotto nell’area riservata del portale Manageritalia il nuovo servizio “Gestione anagrafiche familiari” (My Manageritalia > Servizi Fasdac > Gestione anagrafiche familiari), mediante il quale il dirigente potrà consultare i dati anagrafici dei propri familiari, così come risultano negli archivi del Fondo, ed eventualmente integrarli e/o modificarli direttamente online. Questo nuovo servizio ha carattere esclusivamente anagrafico e si riferisce ai soli familiari già presenti negli archivi del Fondo. La Gestione anagrafiche familiari non permette l’inserimento di nuovi familiari ancora non censiti e le cancellazioni. Nel caso il dirigente abbia necessità di inserire un nuovo familiare, potrà
Ringraziamo gli associati per la collaborazione!
IMPORTANTE in My Manageritalia > Servizi Fasdac, un nuovo servizio per verificare i dati anagrafici dei familiari: Gestione anagrafiche familiari
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ECONOMICS 4 MANAGER Come gestire le tematiche economico-finanziarie e l’interpretazione del bilancio
L’ CFMT
attuale momento economico è caratterizzato in misura strutturale da mercati con repentini cambiamenti di scenari, che possono diventare vantaggi o criticità per l’azienda che deve raggiungere i suoi obiettivi e, conseguentemente, per il manager che deve impostare, di riflesso, le scelte strategiche. Occorre perciò che tutti i manager dell’azienda acquisiscano e si “allenino” sui principi economics al fine di cogliere e gestire con accuratezza e velocità le opportunità/ conseguenze degli impatti economico-finanziari che i cambiamenti degli scenari di mercato possono generare per l’azienda e per il business. Il progetto “Economics 4 manager” vuole essere quindi una “palestra di allenamento” nella quale acquisire, in modo esperienziale e interattivo, il know-how indispensabile per essere vincenti sul mer-
cato e avere quella flessibilità e adattabilità a sempre nuovi scenari d’azione come richiesto dal nostro attuale contesto competitivo. L’allenamento viene proposto attraverso un percorso su più moduli ciascuno caratterizzato da differenti stimoli e tools didattici. L’esperienza formativa inizia con un laboratorio sugli economics tramite una simulazione da gestire senza l’utilizzo di supporti informatici, ma esclusivamente con un “tableau” e un “kit” di oggetti vari, per continuare con sessioni di apprendimento graduali e diverse tra loro (aula ed e-learning).
risultati delle scelte strategico-operative, l’analisi delle performance tramite gli indici economico-finanziari, l’analisi dei costi e le metodologie a supporto del controllo direzionale.
Gli obiettivi
3°: L’azienda e i suoi risultati Durata: 1 giorno Milano, 18 novembre
Il percorso ha lo scopo di sensibilizzare e preparare i dirigenti “non finance” sulle tematiche inerenti la gestione economico-finanziaria di un’azienda, l’interpretazione del bilancio e l’impatto sui
I moduli 1°: Il mondo degli economics. Laboratorio esperienziale Durata: 2 giorni non consecutivi Milano, 4 e 11 novembre 2°: Il conto economico Durata: 2 ore Collegamento in aula virtuale 15 novembre
4°: Moving economics Durata: 1 giorno Milano, 25 novembre
in collaborazione con PER MAGGIORI INFORMAZIONI: www.cfmt.it - Luigia Vendola - lvendola@cfmt.it, 02 54063137 La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi. I moduli del progetto non sono fruibili singolarmente.
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TERREMOTI: UNA CALAMITÀ NATURALE IMPREVEDIBILE Come proteggere almeno il valore delle nostre case
A ASSIDIR
nche quest’anno la nostra penisola ha subito una catastrofe naturale che ha profondamente colpito non solo il patrimonio di alcuni storici paesi del centro Italia ma, soprattutto, numerosissime persone. L’Italia è un territorio che si muove da milioni di anni e continuerà a farlo; non dimentichiamo che le splendide Dolomiti erano nel passato delle barriere coralline e, nel tempo, sono arrivate a oltre 3.000 metri di altezza, salendo di qualche millimetro, o di qualche centimetro, alla volta.
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Purtroppo noi italiani, anche se spesso cerchiamo di rimuoverlo dai nostri pensieri, dobbiamo renderci conto che il nostro paese, tra i più belli del mondo, è anche tra quelli più a rischio di terremoto e, anche se non è il caso di ripetere informazioni che sono passate decine di volte in tv, un fatto certo è che in Italia, se pur in aree diverse, si verifica un terremoto dai lutti e danni rilevanti almeno ogni 3 o 4 anni. Chi esce fisicamente indenne da un terremoto si trova molto spesso a dover fare i conti con un’a-
bitazione fortemente danneggiata se non addirittura distrutta. Prima conseguenza, la più diretta: trovare un luogo dove andare a ripararsi per vivere e recuperare, o sostituire, i beni per uso quotidiano. Seconda conseguenza, non meno importante anche se meno immediata: perdita di una totale o consistente parte del proprio patrimonio personale. Se per la prima conseguenza scattano gli immediati aiuti pubblici e la solidarietà degli altri italiani, per la seconda la soluzione è più complessa ma
soprattutto, come la storia purtroppo ci insegna, richiede tempi lunghissimi, si potrebbe dire “biblici”.
MAPPA DI PERICOLOSITÀ SISMICA IN ITALIA
Una polizza contro le calamità naturali Un aiuto estremamente importante, in questo caso, può venire dall’aver stipulato un’assicurazione contro i rischi legati a disastri o calamità naturali che, è bene ricordarlo a titolo di esempio, non sono solo quelli dei terremoti ma anche quelli dei cosiddetti rischi idrogeologici cui appartengono frane, alluvioni ecc. Tutti rischi, questi, che non sono un’esclusiva del territorio italiano ma sono presenti in molti altri paesi del mondo di cui tutti noi abbiamo sentito parlare per gli eventi catastrofici che li hanno colpiti negli ultimi decenni. Vediamo quindi, in estrema sintesi, cosa succede nel nostro e in altri paesi che ci sembrano particolarmente interessanti in quanto vicini a noi geograficamente o per un elevato livello di rischio, non dimenticando che, secondo Maria Bianca Farina, presidente Ania (Associazione nazionale delle imprese di assicurazione), «il territorio italiano presenta, al suo interno, zone che mostrano un’alta esposizione ai disastri naturali di larga scala. Da recenti indagini risulta, ad esempio, che il 45% della popolazione e il 50% delle imprese vive e opera in zone a elevato rischio di alluvione; due terzi dei comuni si trova in zone a rischio terremoto e un’analoga percentuale di fabbricati è costruita senza criteri antisismici».
Come affrontano il problema i governi locali Una situazione – quella legata alla presenza della popolazione, ai rischi e alla tipologia delle costruzioni – che cambia da
nazione a nazione e richiede l’intervento dei governi locali nella definizione delle strategie con cui affrontare questi eventi. I modi in cui i governi dei diversi paesi hanno affrontato la problematica delle assicurazioni
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ASSIDIR
contro i rischi da calamità naturali sono quindi sostanzialmente tre: rendere obbligatoria la sottoscrizione di un’apposita copertura assicurativa da parte dei proprietari di case; incentivare la sottoscrizione di polizze di assicurazione grazie a sgravi fiscali; non fare assolutamente nulla. Pur senza voler fare una classifica tra governi più o meno lungimiranti, non bisogna dimenticare che la componente assicurativa viene a valle di quella legata alle caratteristiche delle costruzioni che costituisce la principale forma di prevenzione. Il caso più significativo è quello del Giappone, largamente segnalato da tutti i media, in cui
Paese
le rigidissime norme costruttive fanno sì che anche i terremoti di elevata intensità, come quello dello scorso agosto ad Amatrice, non provochino danni sensibili agli immobili. Nei paesi dove le costruzioni sono antiche o non sono in gran parte antisismiche, come la Turchia, la Francia, il Belgio, la Spagna o la California, il problema è stato comunque affrontato con delle politiche regolamentate a livello nazionale. Se, come si può vedere nella tabella sotto, California e Turchia hanno reso obbligatoria questa copertura assicurativa, Giappone, Francia e Spagna danno ai privati la possibilità di scaricare dalle imposte da pagare il costo sostenuto per la polizza.
Intervento dello Stato per favorire la sottoscrizione delle polizze contro il rischio sismico Obbligatorietà
Incentivazione
Nessuno
Focus sull’Italia Il nostro Paese, nonostante l’alternarsi di moltissimi governi nei passati decenni e l’elevato livello di rischio idrogeologico e sismico, non ha mai deliberato nulla in materia lasciando ai privati la massima libertà di assicurarsi o meno anche se, sempre secondo Maria Bianca Farina, «il sistema di copertura dei danni catastrofali adottato in Italia ha fatto sì che fosse sostanzialmente il settore pubblico a coprire i grandi danni avvenuti, danni che ammontano ogni anno, in media, a circa 3 miliardi di euro». Una situazione che è inutile commentare ma che, inevitabilmente, responsabilizza ognuno di noi nella protezione dei pro-
Principali tipologie di polizze contro il rischio sismico Accessoria a polizza incendio
Specifica
PAESI A ELEVATO RISCHIO SISMICO California
Sì Sì
No –
No –
Sì Sì
Sì Sì
Giappone
– No
Sì Sì
– No
Sì Sì
– No
Italia
– No
– No
Sì Sì
Sì Sì
– No
Turchia
Sì Sì
– No
– No
– No
Sì Sì
PAESI A BASSO RISCHIO SISMICO Belgio
No –
Sì Sì
No -
Sì Sì
– No
Francia
– No
Sì Sì
No –
Sì Sì
– No
Spagna
– No
Sì Sì
No –
Sì Sì
– No
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pri beni utilizzando criteri antisismici, in caso di nuove costruzioni e ristrutturazioni, o attraverso la sottoscrizione, quando possibile, di una polizza assicurativa. Questo tipo di assicurazione, ovviamente, non può ridarci immediatamente la nostra casa ma può consentirci di ottenere in tempi sufficientemente brevi il supporto economico per intervenire, in completa o parziale autonomia, nella riparazione o nella ricostruzione del bene distrutto o danneggiato. E inoltre, sempre che la nostra casa sia assicurabile dai terremoti, non va dimenticato che la garanzia contro i danni provocati da calamità naturali è spesso già inclusa, o può esserlo con un giustificato incremento del premio nelle più diffuse polizze standard per le abitazioni che coprono, di norma, i rischi legati a furto e incendio. Certamente, come per tutte le coperture assicurative, esistono dei parametri che contribuiscono alla definizione dell’assicurabilità di un bene e del corrispondente premio. In altri termini, se la nostra casa è moderna e costruita con criteri antisismici dovremo pagare un premio sicuramente inferiore a quello di chi è proprietario di un’abitazione “antica”, in pietra e calce, per la quale e, analogamente, a parità di caratteristiche costruttive, il premio sarà diverso a seconda che la casa sia costruita in una zona dichiarata a elevato rischio sismico, come quelle degli Appennini, o in una zona a basso rischio o quasi nullo come la Sardegna. Va segna-
lato inoltre che è facoltà delle compagnie di assicurazione decidere di non assicurare contro il rischio terremoto le abitazioni con caratteristiche costruttive che non rispettino i criteri minimi antisismici o che si trovino in zone a elevatissimo rischio. Dimentichiamo le innumerevoli idee e proposte, più o meno attuabili, che sono apparse e rimbalzate su giornali e canali televisivi, anche se siamo coscienti che l’unico modo per risolvere in maniera organica la problematica assicurativa dei danni da calamità naturali sarebbe quello di interventi normativi validi a livello nazionale come fatto in altri paesi.
Come verificare il nostro livello di copertura assicurativa Cosa fare, quindi, per verificare il nostro livello di copertura assicurativa dai rischi che possono derivare dalle calamità naturali? Il percorso è molto semplice e si compone di tre passi principali. 1 La prima domanda che dobbiamo porci è se disponiamo di una qualsiasi forma di assicurazione sulla casa. 2 Una volta che la verifica ha dato esito positivo, rivolgiamoci al nostro assicuratore, insieme a lui esaminiamo con attenzione la polizza per individuare quali siano i rischi effettivamente coperti (furto, incendio, disastri e calamità naturali ecc.) e quali siano le eventuali limitazioni che potrebbero rendere nulla o parziale la copertura e il conseguente indennizzo, ad esem-
pio legate alle caratteristiche dell’abitazione. 3 A questo punto, in funzione di ciò che è emerso, sarà bene prendere le opportune decisioni per lasciare tutto invariato, se siamo già assicurativamente coperti, o provvedere con le necessarie integrazioni o la sottoscrizione di una polizza opportuna.
Assidir cosa può fare per noi? Proprio per la propria natura di intermediario assicurativo al servizio degli iscritti a Manageritalia, Assidir ci può assistere, in forma assolutamente gratuita, nel percorso appena descritto per offrirci le risposte alle nostre domande tecniche e la ricerca delle eventuali coperture più adatte alle nostre necessità. Telefonando o inviando un’email potremo fissare un appuntamento con gli esperti assicurativi di Assidir per valutare la nostra situazione e cercare, se possibile, come garantirci, almeno sul piano economico, la necessaria tranquillità anche per i rischi derivanti da terremoti e calamità naturali.
Per ulteriori informazioni: www.assidir.it email info@assidir.it Numero Verde 800 401345
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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, è curatore dell’inserto Dirigibile e responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt. (59) (38)
Valeria Cantoni è presidente di ArtsFor e partner di Cfmt.
Fabio Ciarapica è senior partner di Ægis Human Consulting Group. Si occupa da sempre di valorizzazione delle persone nelle organizzazioni, executive audit ed executive search a livello internazionale. (32)
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Mario Chimento, residente dal 2008 negli Emirati arabi uniti, è managing director di Chimento Consulting FZE, società di consulenza specializzata nel supportare le imprese italiane nei mercati emergenti degli Emirati arabi uniti e del Golfo GCC. (18)
Claudia Corti è laureata in lettere, indirizzo moderno artistico, ed è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza. (55) Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. (57) (28)
Leonardo Previ è presidente di Trivioquadrivio e partner di Cfmt.
Enzo Rullani dirige il T-Lab-Laboratorio del terziario che innova di Cfmt e insegna Economia della conoscenza presso la Venice international university. (6) Piero Valdiserra è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel beverage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico bolognese Gaudio (marketing@rinaldi.biz). (56)
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella
6
Coordinamento: Roberta Roncelli
18
Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta
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Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità Lapis srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it
28
Grafica THE GRAPHIC FORGE Sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it
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inserto mensile di Dirigente n. 10 / 2016
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DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #28
da Manageritalia
esploriamo il futuro grazie a:
Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale. FUTURE TRANSACTIONS
p. 2/5
FUTURE FINANCE
p. 6/7
FUTURE MANAGER
(58)
p. 8
La crypto valley
Men in block
mi guardavano storto. Ma ora i tempi sono maturi. Lo si capisce dal fatto che il furbo stratega aziendale (furbo perché coglie un trend quando è bello che maturo) Don Tapscott ha fatto uscire proprio quest’anno il suo ultimo saggio intitolato Blockchain Revolution. Bene: quindi i “blockchaingers” sono già pronti a cambiare la finanza, i business e il mondo intero? Ni. Borse Valori, banche, imprese IT, multinazionali, fintech e una miriade di startup, più i soliti investor, tutti a sperimentare e giocare. Sì, ma ancora è presto per disegnare uno scenario attendibile. Le possibilità d’impiego sono a livello teorico tantissime, ma a livello pratico si sente ancora la mancanza di un chiaro e convincente business model. Una cosa però è chiara. Nessun manager può permettersi, ancora a lungo, di ignorare questo termine perché la posta in gioco è troppo alta. Anche se ci sono ancora molti interrogativi di tipo tecnologico, economico e legale senza risposta, nessuno dubita più che il principio Blockchain diventerà un elemento centrale della futura economia decentralizzata e della
trasformazione digitale che porterà, presumibilmente, a disintermediare i disintermediatori della prima ora (vedi all’interno di Dirigibile Uber senza Uber). Certo, a oggi è totalmente assente la necessaria alfabetizzazione (come per il digitale ieri e in parte ancora oggi). Essendo un tema tecnologico richiede tempo per essere digerito. Ma come insegna ogni nutrizionista, se non assaggi non metabolizzi.
Rivoluzione al blocco di partenza È il tema o buzzword del momento. Tutti a parlare di Blockchain con o senza cognizione di causa. Ancora qualche anno fa era roba da adepti eretici o tecno idealisti convinti di poter cambiare il mondo a suon di Bitcoin. Quando parlavo in qualche workshop del cuore di Bitcoin (Blockchain, per l’appunto) come infrastruttura tecnologica che attiva complessi meccanismi e opportunità di decentralizzazione in ogni ambito d’affari,
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SAVE THE DATE CROSS INNOVATION L’INNOVAZIONE CAMBIA DIREZIONE FIRENZE 27 NOVEMBRE 2016 CFMT-FMT HTTP://TINYURL.COM/JUFLQTN
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Il futuro in 12 pillole
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