DIRIGENTE - Aprile 2018

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N. 4 APRILE 2018

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

SPECIALE GENERARE INTERGENERAZIONALITÀ MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)



Editoriale a cura del presidente Manageritalia

UN FUTURO SOSTENIBILE

I

n Italia l’indice di dipendenza degli anziani, cioè il peso economico della popolazione non attiva (ultra 64enni) su quella attiva (20/64 anni) è in continua crescita: oggi è di 37 anziani ogni 100 adulti, sarà di 58 nel 2040 per arrivare, nel 2050, a 65 anziani ogni 100 adulti. Questo indice può essere messo in relazione con gli effetti che l’invecchiamento demografico comporta sulla spesa socio-sanitaria correlata all’età della popolazione e mostra quanto sia complessa la relazione tra le generazioni, anche con riferimento all’allungamento della vita attiva. Anche per questo ritengo che si debba guardare a un futuro migliore con l’assunzione di responsabilità e il coraggio di fare scelte sostenibili nel tempo. Una visione che non ho percepito nella lunga campagna elettorale: non ho ritrovato programmi che alzassero lo sguardo sul futuro del Paese, né nelle confuse trattative per formare un nuovo governo. La politica, ancora una volta, sembra orientare la propria azione solo alla ricerca del consenso elettorale, mentre i tempi che viviamo richiederebbero un’assunzione seria di responsabilità, avendo come obiettivo prioritario il bene della collettività. I partiti, nel tempo, non hanno mai affrontato con serietà i problemi dai quali dipende il futuro del Paese: la demografia, il debito pubblico, la competitività e la produttività delle nostre imprese e dei servizi pubblici, l’incremento della forza lavoro, i nostri rapporti con l’Europa. Indubbiamente il quadro demografico dei prossimi decenni cambierà molti paradigmi e le modifiche della piramide delle età daranno luogo a profonde trasformazioni sociali, lavorative, economiche e culturali, rispetto alle quali non sarà facile immaginare con quali politiche, strumenti e azioni ricostruire un nuovo ordine socia-

le, nuovi equilibri. È ragionevole ipotizzare quindi che, a parità di condizioni, l’impatto sul Pil della spesa sociale e assistenziale diverrà insostenibile. Solo operando tempestivamente su alcune leve macro economiche sarà possibile attenuare l’aggravio del welfare per effetto dell’invecchiamento demografico. Si deve intervenire efficacemente sulla crescita di alcuni fattori chiave, quali la competitività, la partecipazione al mercato del lavoro (in particolare quella femminile), il sostegno all’occupabilità per allungare la vita attiva. Cosa possiamo realisticamente fare noi per contrastare le tendenze in atto e ottenere l’imprescindibile consenso della politica? È possibile immaginare una presa di coscienza collettiva promossa e sostenuta dalla comunità manageriale, pubblica e privata del Paese, e da tutti coloro che possano mettere a fattore comune conoscenze e competenze per la futura sostenibilità generazionale, senza rimandare ancora la responsabilità della ricerca di soluzioni per limitare il carico sulle future generazioni. È possibile immaginare un nuovo modello di rappresentanza della comunità manageriale che dia vita a un’anima movimentistica per agire quella responsabilità culturale e sociale che guardi al bene collettivo e che svolga un ruolo propulsore fondamentale. È possibile immaginare un nuovo patto sociale fondato sul merito, sull’inclusione, sull’equità sociale, sulla tolleranza, su una nuova coscienza e identità collettiva. Vogliamo avviare un dibattito su questi temi, come vedrete leggendo questo numero della rivista, per arrivare nella nostra assemblea nazionale di giugno all’individuazione di alcune aree di intervento che, mi auguro, grazie alla condivisione e alla partecipazione di molti, possano essere declinate in progetti e/o attività di mobilitazione per proposte di legge. Guido Carella - guido.carella@manageritalia.it

APRILE 2018 GENNAIO/FEBBRAIO 2015

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Sommario Fisco 36 Tempo di tasse

Speciale   6 Generare intergenerazionalità

Focus 40 Le tre “C” della moderna transportation

8 Intervista L’insostenibile società italiana 12 Demografia Oltre gli squilibri 16 Consumi Marketing della nostalgia 20 Lavoro Serve cooperazione tra generazioni 24 Storytelling Daddy, sei vecchio ma figo

Uno di noi Mauro Carbonetti 44 Manager della moderna distribuzione

RUBRICHE 30 Osservatorio legislativo 48 Pillole di benessere

Fondo Mario Negri 72 Un anno brillante

26 Formazione Generazioni alla prova

49 Arte

Intervista Andrea Franzoso 32 Chi tace acconsente!

51 Letture per manager

è online su

InfoMANAGER Manageritalia Quadri 63 Dimissioni e licenziamento Consulenza online 66 AskMit colf&badanti Assistenza fiscale 68 50&PiùCaaf torna in associazione Associazioni territoriali 70 World wide manager Manageritalia 71 Pensioni news

50 Libri 52 Lettere

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Assidir Cassa De Lellis 77 Flexible benefit Cfmt 80 Corsi di formazione 81 Driving change

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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

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MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

SPECIALE GENERARE INTERGENERAZIONALITÀ MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)

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Speciale

Generazrieonalità intergenera

GENERARE INTER Come lavorare per un’alleanza pag.

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gatti, o Ma omista r u a ssere  M go ed econ à tende a e it é sociolo enerazional volta perch g a r n e t a u f n tto «L’in plicata di ita è u mo v m a l l o c e più to d n sia . rse no gamen » l’allun col quale fo fare i conti a e t e n n e e ib rec riuscit ancora

L’

12 o Rosina,  Alessandr rio di Demografia a professore ordina escere la rispost «Per tornare a cr ua ic of pr lla deve arrivare da a generazioni, tr e on zi ra collabo ere come che però deve av di ione quello che principale attenz é ch zi an re possono da nuovo i giovani ziani possono quello che gli an conservare».

ITALIA deve prendere in mano il suo futuro gestendo proattivamente i fenomeni in atto. Tra i principali abbiamo l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della vita sperata, la trasformazione digitale del lavoro e delle professioni e l’aumento della volatilità e dell’importanza delle competenze, l’accentramento della vita economica e sociale nei grandi centri e l’aumento della necessità di leadership civiche in tutti i territori. Fenomeni vastissimi che necessitano del grande filo conduttore e rigeneratore dell’innovazione. Un’innovazione digitale, ma non solo, che non può essere relegata ai soli luoghi di lavoro, dove comunque è ancora scarsa e a macchia di leopardo. Un’innovazione che deve essere sostenibile, amica, generatrice di opportu-

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16 inola,  Anna Z l marketing sicologia de p i d te n ce o ia, d della nostalg o«Economia tr el vintage, re o n marketing d i n definizio so marketing. Le tto è lo stesso: conce tante ma il meglio passato per puntare sul resente. vendere al p ng sfrutta rketi Anche il ma zionalità». ra e n l’interge

nità e diffusa a ogni livello economico e sociale. Un’innovazione che deve incidere sui rapporti tra le generazioni, sui modelli economici e sociali, sul welfare e su tutto quello che è determinante per la vita delle persone. Un’innovazione che deve portarci a fare la differenza, a crescere cambiando i paradigmi e gli schemi di gioco, a fare squadra, a lavorare veramente tutti insieme nella massima sinergia, a puntare sul talento, ad affidarci a chi ha le competenze per guidare un processo che ha poi comunque bisogno di tutti. Ecco perché i manager hanno un ruolo chiave. Perché stanno già affrontando tutte queste sfide in azienda e possono traghettare l’innovazione e i suoi driver verso tutte le aziende e nella società. Sta a loro renderla alla portata di tutti, facendone capire meccanismi e opportunità, modelli e applicazioni in modo concreto e diffuso.


GENERAZIONALITÀ tra generazioni e competenze pag.

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20  Odile Ro amministr botti, atore unic o Learning «La contra Edge pp non è mai osizione tra genera zioni sta la collabo ta così forte né razione co sì Le organiz difficile. zazioni ha nno un ruolo da g ioc la tendenz are nell’invertire ae i manager , al loro interno, h anno più d la poss i altri responsab ibilità, e quindi la ilità, di av viare il cambiame nto».

atrone,  Maurizio M rmatore fo e coach, scrittore vvero fungere da o m «Potrem h dei nostri da mentor e coac ster senza Millennial e Link iosi, perché apparire spocch re evolutivo abbiamo il dove e generazioni di ispirare le nuov otiva, all’intelligenza em iasmo, ntus l’e al alla curiosità, ca». gi te ra alla visione st

Possono guidare un movimento che, solo diventando tale, può cambiare davvero il nostro futuro. Un movimento che, come capita in azienda, veda il manager fare da innesco ed enzima di mutamenti che per avere successo devono poter contare su un ruolo attivo e determinante di tutti. L’elaborazione, in atto da tempo anche al nostro interno, deve concentrarsi e generare una forte innovazione sostenibile, concreta, rigenerabile e consistente nei seguenti ambiti:  trasformazione digitale e del lavoro: competenze e processi adattivi;  geografia delle competenze: inclusione e territori;  welfare, demografia e patto tra generazioni. Un processo guidato e cementato anche dall’intergenerazionalità, dalla capacità di far lavo-

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26  Raoul Nacamulli e aziendale ordinario di Organizzazion lli, he ng iri  Cristiano Gh umane rse riso ne associato di Gestio n parte gra lla de nza «Secondo l’esperie ess sin -Bu Big a ti dei partecipan ciato lan me Ga l na tio Intergenera nel 2017 da Cfmt, la tituisce multigenerazionalità cos a minaccia, più un’opportunità che un vani sia i a condizione che sia i gio iprocamente rec no sca manager si ricono tenze distintive come portatori di compe . e complementari fra loro»

rare veramente insieme le varie generazioni. Ne parliamo nelle pagine che seguono per iniziare un dibattito che proseguirà online, nelle prossime assemblee e verrà poi concretizzato in proposte e azioni per generare veramente innovazione, portando il contributo dei manager anche fuori dalle aziende, nella società e presso le istituzioni. Un’azione in atto da tempo con Prioritalia, il veicolo che Manageritalia e le organizzazioni hanno creato anni fa per questo scopo, ma che deve ora trovare ancora maggiore concretezza e capacità di coinvolgere gli altri. Perché non c’è più tempo e i cambiamenti, così come l’innovazione, incalzano in ogni dove, ma dobbiamo imbrigliarli e metterli al nostro servizio, non subirli passivamente. Buona lettura! Seguiteci e dateci il vostro contributo di idee e determinazione. Ne va del nostro futuro.

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Speciale

Generazrieonalità intergenera

Intervista

L’INSOSTENIBILE SOCIETÀ ITALIANA Parliamo con il sociologo ed economista Mauro Magatti di intergenerazionalità, ovvero di sostenibilità umana, dei problemi e delle opportunità che la nostra società si trova ad affrontare per non soccombere.

Mauro Magatti, sociologo ed economista, è professore ordinario all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Editorialista del Corriere della Sera, nel corso degli anni ha pubblicato numerose monografie e saggi su riviste italiane e straniere, partecipando a network universitari internazionali e dirigendo progetti per agenzie quali Ue, European science foundation, Miur, Ministero del lavoro, Regione Lombardia, Camera di commercio di Milano, Caritas italiana, Fondazione Cariplo, Fondazione Pastore, Fondazione Agnelli, Fondazione Edison, Banca Intesa.

Enrico Pedretti

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Oggi si parla tanto di intergenerazionalità, ma cos’è e come si concretizza nella realtà? «In realtà in Italia se ne parla come di una cosa di cui ci si dovrebbe occupare, ma non lo facciamo più di tanto. L’intergenerazionalità ha a che fare con un aspetto fondamentale di tutto ciò che accade nella vita sociale ed economica e cioè che tutto scorre nel tempo. Questo segnalatore, lo scorrere del tempo, è il rapporto tra le generazioni. Quindi, se questa dimensione non viene elaborata, alla fine si pagano i conti».

che nelle piccole imprese. Ormai però da diversi decenni la questione è diversa, ci vuole molto tempo per portare un nuovo nato a essere pronto a vivere una vita sociale: è un investimento lungo e incerto. E quindi quell’elemento tradizionale tende un po’ a invertirsi nel suo contrario. Evidentemente però questo ha delle conseguenze sullo stesso processo di sviluppo, perché senza la spinta che viene proprio dall’energia vitale dei giovani e dal subentro delle generazioni diventa difficile avere società dinamiche, aperte».

L’intergenerazionalità non è sempre stata quella che permetteva alla società di crescere ed evolvere, passando il testimone di padre in figlio? «Storicamente i nuovi nati erano considerati energia per sviluppare le attività, prima agricole e poi an-

Forse ce n’era più prima di oggi o le generazioni si sono ampliate accorciando il lasso di tempo che le contraddistingue? «Oggi ce n’è sicuramente di meno e dobbiamo guadagnarla di più come consapevolezza, dobbiamo un po’ più volerla. L’inter-


generazionalità tende anche a essere più complicata di una volta perché l’allungamento della vita è un fatto recente col quale forse non siamo ancora riusciti bene a fare i conti. La vita attiva una volta era 20-30 anni, oggi invece 50-60 anni e quindi anche la relazione tra le generazioni diventa molto più complessa». Oggi si gioca sul conflitto intergenerazionale o c’è davvero? «Il conflitto c’è, in Italia in modo particolare. Per fare un esempio, la generazione baby boomer lascia pochi figli e molti debiti e un’eredità ambientale pesante. I giovani faticano ad avere le stesse prospettive e possibilità che avevamo noi. In tanti paesi, in modo particolare in Italia, anche il problema della diseguaglianza tende a sovrapporsi all’elemento intergenerazionale».

Su questo influisce la crisi e la rivoluzione in atto a livello economico e sociale? «La crisi sicuramente ha pesato. Ma poi conta molto l’elemento tecnologico, nel senso che chi è più avanti negli anni fa molta fatica ad aggiornarsi. Di conseguenza le società rischiano di rimanere indietro perché sono formate più da persone anziane che da giovani». Qualcuno sta tentando di far passare i pensionati come ladri del futuro dei giovani. Cosa ne pensa? «Penso che, per le ragioni che ho detto prima, dobbiamo entrare in un ordine di idee in cui non c’è solo una soluzione binaria vita attiva/vita non attiva. Dobbiamo elaborare una fase che richiede istruzioni, organizzazione fiscale e lavorativa nuove, in cui si lavora meno e più a lungo. Lo schema

binario penso che sia troppo rigido e crei molti problemi». Oggi la distanza tra le generazioni è più ampia. Che influenza hanno i molto più repentini mutamenti tecnologici e sociali su questo? «I cambiamenti sono intensi e

«Storicamente i nuovi nati erano considerati energia per sviluppare le attività, prima agricole e poi anche nelle piccole imprese. Ormai però da diversi decenni la questione è diversa, ci vuole molto tempo per portare un nuovo nato a essere pronto a vivere una vita sociale: è un investimento lungo e incerto»

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Speciale

Generazrieonalità intergenera

Intervista

quindi è difficile seguirli, ma in realtà non c’è niente di automatico. Allo stato attuale non c’è, ma dipende molto anche dalla famosa questione dell’aggiornamento long life learning. Nelle società che diventano così lunghe dal punto di vista esistenziale la questione della formazione cambia completamente natura rispetto al passato».

«Non c’è dubbio che la torta debba ampliarsi, ma allo stesso tempo va poi anche divisa. Negli ultimi anni c’è stato un problema duplice: sia di un calo della dimensione della torta che della sua divisione»

Quali sono oggi in Europa esempi virtuosi di intergenerazionalità? «Il caso più interessante è quello francese, che da tempo ha messo la questione dell’equilibrio intergenerazionale al centro delle proprie politiche nazionali. Tra i paesi avanzati è l’unico che ha un equilibrio demografico vagamente decente». In Italia invece c’è qualche esempio virtuoso? «L’Italia in questo è davvero molto indietro. Il tema è largamente vittima anche della pole-

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mica biologica che da molto tempo ruota intorno alla famiglia, per cui se sei cattolico sei per la famiglia, se sei laico sei contro e questo è un problema. Comunque la culla dell’intergenerazionalità resta prima di tutto la famiglia». Com’è invece la situazione negli altri continenti? «L’Europa e il Giappone sono i continenti messi peggio. Meglio invece gli Usa, in quanto sono stati terra di grande immigrazione dove il tema della famiglia è sempre stato trasversale, anche se si cominciano a vedere segni di inversione di tendenza. Per il resto del mondo è noto esattamente il contrario. È un problema demografico e di crescita, ma anche culturale, familiare ed economico». L’Italia per tornare a crescere deve contare sul contributo di tutti? Dannoso litigare per fette di una torta che si restringe… meglio collaborare per ampliarla? «Né l’una né l’altra, come i fatti dimostrano. Che la torta debba ampliarsi non c’è dubbio, ma allo stesso tempo va poi anche divisa. Negli ultimi anni c’è stato un problema duplice: sia di un calo della dimensione della torta che della sua divisione». La politica deve mettere mano ai pochi soldi che ci sono per far sì

che la torta cresca? Il suo compito è anche togliere a qualcuno per dare ad altri, ai giovani per esempio? «La politica ha la legittimità di introdurre e fare scelte coraggiose. Il problema è che queste scelte stanno in piedi a due condizioni: che la politica sia credibile e coerente in quello che fa e che non si può intervenire in questi ambiti se non nel quadro di un’azione che ha bisogno anche del suo consenso. Questo è un po’ il cane che si morde la coda, perché ovviamente la misura in cui la politica pensa di vincere le prossime elezioni sarà sempre e solo quella che le farà guadagnare voti. Ci sono dei momenti in cui bisogna assumersi dei rischi sapendo che si può perdere o vincere, ma quel rischio è pensato per il bene, in questo caso della comunità nazionale». Come possiamo far nascere sul lavoro, a livello sociale ed economico, più intergenerazionalità e situazioni in cui la sinergia porta a un risultato dove 1+1 fa 3? «Dobbiamo costruire un’alleanza tra le generazioni, altrimenti l’Italia non ne esce. La generazione dei 50-70enni dispone della massima quantità di risorse immobiliari e mobiliari e vivrà più a lungo. Bene, bisognerebbe trovare il modo di far transitare una quota di queste risorse alla generazione dei 25-35enni, ovviamente non per sostenerne i consumi


ma le attività economiche e produttive di sviluppo. Il décalage tra le generazioni è così evidente che se non riusciamo a costruire condizioni favorevoli è molto difficile che questo paese ce la possa fare». Questa alleanza è data solo da uno scambio o ci sono tante altre cose che all’interno della società e della vita in comune possono nascere? «Questa alleanza è un asse fondamentale, ma da sola non basta. L’Italia, tradizionalmente, è un paese in cui lo spazio che si dà ai giovani, ad esempio nelle attività professionali o in azienda, è molto ristretto. In altri paesi si scommette sui giovani e sulle loro capacità». I giovani da noi hanno poco spazio per motivi culturali o perché oggi abbiamo molto di più rispetto a 50 anni fa? «Il problema culturale c’è e penso sia legato al tipo di famiglia che abbiamo avuto, al fatto che le gerarchie della Chiesa cattolica siano statiche, così come nelle imprese e nelle organizzazioni. Ovviamente, soprattutto nella fase del Dopoguerra, questo effetto si è sentito meno per l’aumento delle possibilità economiche. Adesso, però, che siamo da vent’anni in una situazione di stagnazione, il problema è tornato fuori in maniera addirittura più acuto».

Ritornando all’alleanza tra le generazioni, abbiamo bisogno di un progetto condiviso supportato anche a livello legislativo e di percorsi portatori di valore e risultati a favore di tutti? «Nel mio libro Cambio di paradigma, uscito qualche mese fa, lo si spiega bene. Siamo entrati in questa fase storica in un momento in cui se non si ha la capacità politica di fissare delle priorità e creare delle coerenze per raggiungerle non si va da nessuna parte. L’intergenerazionalità, ovvero la sostenibilità umana, è un parametro che dovremmo aver capito. Non si può andare avanti senza questo parametro. Se lo capiremo possiamo correggerci altrimenti andremo a sbattere sul tema demografico, che è molto probabile che accada».

Insomma, serve la politica e la sua visione di indirizzo, ma la società deve muoversi anche in modo autonomo? «Questa è la solita storia del paradosso “è nato prima l’uovo o la gallina?”. La politica da sola non fa niente, la società idem. Tra queste due dimensioni c’è un nesso evidente. Ovviamente il problema è che quando i circuiti funzionano al contrario trovare il momento che permette di invertirli è sempre un problema. Può essere una crisi, un gruppo politico illuminato, può essere una serie di movimenti dal basso che riescono a incidere sulla cultura diffusa… le soluzioni storicamente sono tante. Le due cose dialogano tra di loro. Se non c’è dialogo però è impossibile». 

La culla dell’intergenerazionalità resta prima di tutto la famiglia.

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Speciale

Generazrieonalità intergenera

Demografia

OLTRE GLI SQUILIBRI La collaborazione tra generazioni rende vincente il Paese Alessandro Rosina professore ordinario di Demografia Università Cattolica Milano

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ITALIA è uno dei paesi sviluppati che maggiormente hanno lasciato crescere accentuati squilibri generazionali. Questi squilibri costituiscono un rilevante freno allo sviluppo competitivo dell’economia, rendono meno stabile il sistema di welfare pubblico, alimentano diseguaglianze sociali e territoriali. Ma per tornare a crescere in termini di ricchezza economica e di benessere sociale la risposta più che dal conflitto deve arrivare dalla proficua collaborazione tra generazioni, che però deve avere come principale attenzione quello che di nuovo i giovani possono dare anziché – come è spesso avvenuto sinora nel nostro Paese – quello che gli anziani possono conservare. Le generazioni più mature dovrebbero spostarsi dalla difesa di quanto raggiunto nel passato al mettersi a disposizione per consentire alle nuove generazioni di disporsi in ruoli d’attacco verso il futuro. Solo con questa strategia di base è possibile un gioco di squadra vincente.

Gli squilibri da gestire Partiamo dai dati e dai rischi dello

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squilibrio per poi arrivare alle opportunità della collaborazione tra età e generazioni diverse. Un primo squilibrio da gestire è quello demografico. La persistente denatalità ha ridotto prima le fasce più giovani (under 25) e sta ora mordendo la fascia giovane-adulta (25-34). Le coorti più consistenti, nate nel periodo del baby boom, hanno oggi attorno ai 50 anni. Questo significa che nei prossimi anni gli squilibri diventeranno sempre più problematici all’interno del sistema produttivo italiano. Avremo sempre meno trentenni e quarantenni, mentre abbonderanno i cinquantenni e sessantenni. Già oggi i trentenni sono un terzo in meno (comprendendo anche l’impatto dell’immigrazione) rispetto ai cinquantenni. Un secondo squilibrio che pesa sulle nuove generazioni è quello del debito pubblico, che ha a monte un patto generazionale disatteso e che a


valle rende più incerto il percorso di sviluppo del Paese. Oltre a farsi carico del debito, i nuovi entranti, strutturalmente più deboli, devono comunque assumersi i costi di coorti anziane sempre più ampie (le quali assorbiranno sempre più risorse per previdenza e spesa sanitaria). Detto in altri termini, le nuove generazioni si trovano con meno condizioni per produrre ricchezza ma con maggiori costi da sostenere. Questi squilibri si possono gestire e superare solo passando dalla preoccupazione dei rischi legati a vincoli e costi all’investimento sulla capacità di produrre ricchezza e benessere delle nuove generazioni in tutto il loro corso di vita. Che questo non lo stiamo oggi facendo con successo lo mostra non solo il tasso di disoccupazione giovanile, in diminuzione ma che continua ad essere tra i più alti in Europa, ma soprattutto il tasso di Neet (i giovani

usciti dal sistema di istruzione ma non entrati nel sistema produttivo). In Italia abbiamo il record negativo di tale indicatore non solo tra gli under 25 ma anche, ancor più, nella cruciale classe 2534. L’incidenza dei Neet tra i giovani-adulti sfiora il 30%. In tale classe demografica gli occupati sono scesi, per effetto della denatalità e dell’aumento dei Neet, da circa 6,3 milioni all’entrata in questo secolo a circa 4 milioni attuali. Il macigno di inattivi trentenni rischia di pesare negativamente sul futuro collettivo più del debito pubblico (per mancato contributo alla crescita e per costo sociale). Tra chi poi ha un lavoro, la condizione è spesso instabile ma soprattutto le retribuzioni sono mediamente basse. I dati dell’ultimo rapporto Adepp (Associazione enti previdenziali privati) mostrano come nel 2016 un libero professionista di età compresa tra i 30 e

Per tornare a crescere in termini di ricchezza economica e di benessere sociale la risposta deve arrivare dalla proficua collaborazione tra generazioni, che però deve avere come principale attenzione quello che di nuovo i giovani possono dare anziché quello che gli anziani possono conservare

i 40 anni abbia guadagnato in media circa 20mila euro, contro i 48mila della fascia 50-60 anni. Non meraviglia, di conseguenza, la tendenza crescente dei giovani qualificati a cercare maggiori opportunità all’estero (rallentata nell’ultimo anno come conseguenza di Brexit).

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Speciale

Generazrieonalità intergenera

Demografia Le opportunità di collaborazione tra generazioni

Diventa strategico aumentare le potenzialità di pieno impiego dei giovani ma anche favorire un meno anticipato ritiro degli anziani. Questo sta avvenendo anche per l’aumento della longevità e quindi del miglioramento della salute psico-fisica delle generazioni più mature

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Squilibri come quelli prodotti nel nostro Paese non si possono superare, tornando a generare crescita, se non mettendo virtuosamente e sinergicamente in campo tutte le forze mobilitabili. Il primo punto è quello della piena valorizzazione del capitale umano delle nuove generazioni. Anche portando però a livelli medi europei l’occupazione giovanile, il rapporto tra popolazione anziana e popolazione attiva rimarrebbe comunque uno dei peggiori nel mondo sviluppato (per la nostra demografia più debole). Dobbiamo quindi nel contempo valorizzare maggiormente una componente che sarà sempre più abbondante nei prossimi decenni, ovvero gli adulti più maturi (55-64) e i senior (65-74 anni). Diventa quindi strategico aumentare le potenzialità di pieno impiego dei giovani, ma anche favorire un meno anticipato ritiro degli anziani. Fortunatamente questo sta avvenendo non solo per la riduzione delle nascite ma anche per l’aumento della longevità e quindi del miglioramento della salute psico-fisica delle generazioni più mature. Come raccontato nel libro Il futuro che (non) c’è. Costruire un domani migliore con la demografia (scritto con Sergio Sorgi, Bocconi editore 2016), i paesi e le aziende che saranno in grado di mettere in relazione virtuosa e integrata (di mu-

tuo stimolo, interscambio e supporto) generazioni diverse, avranno molte più possibilità di crescere ed essere competitive. Crescere in un mondo sempre più complesso e in continuo cambiamento richiede la necessità: di acquisire una formazione solida in partenza e un atteggiamento positivo e intraprendente nel costruire il proprio percorso professionale; di mantenere elevate le abilità che possono indebolirsi nel tempo e valorizzare l’arricchimento di esperienze e relazioni sviluppate nel proprio percorso; di cogliere l’opportunità di mutua contaminazione e cooperazione tra persone con sensibilità e competenze diverse; di mettere continuamente in discussione le mappe di lettura della realtà e le modalità di azione in essa per raggiungere i migliori obiettivi all’interno di uno scenario con coordinate in continuo mutamento.

In Italia mancano politiche di age management Senior che rimangono sul posto di lavoro solo come zavorra (sentendosi inadeguati e senza stimoli) e aziende costrette a pagarli ma senza ritorno produttivo, consentiranno magari allo Stato di risparmiare sulla spesa pensionistica, ma rischiano di peggiorare le condizioni di vita delle persone, vincolando al ribasso la competitività delle aziende. Il miglioramento delle possibilità di lavoro a tutte le età, mettendo a frutto le capacità e


le competenze in ogni fase della vita, aiuta a crescere di più e meglio. Forzare invece la permanenza al lavoro in età avanzata rischia di creare squilibri nel mercato del lavoro tra giovani e anziani senza produrre crescita e nuove opportunità per tutti. Lo spostamento in avanti dell’età pensionabile deve quindi essere accompagnato da politiche di age management, che stentano però a decollare nel nostro Paese. È interessante a questo proposito l’iniziativa di Osservatorio senior (www.osservatoriosenior.it) che, assieme a un gruppo di imprese e organizzazioni-pilota, ha svilup-

pato il progetto “Silver value”. L’obiettivo è quello di “riconoscere e dare visibilità a strategie organizzative e pratiche aziendali che favoriscono una lunga, produttiva e appagante vita attiva, valorizzando capacità e competenze proprie delle varie fasi della vita lavorativa, in un contesto positivo di collaborazione tra dipendenti giovani e maturi”. Nel concreto tale progetto prevede un’auto-misurazione su base annuale su un set di indicatori, consentendo di verificare la rispondenza delle scelte gestionali e politiche alle buone pratiche in materia di gestione e valorizzazione dei

senior e di collaborazione tra generazioni. L’Italia può ancora sperare in un futuro migliore del presente se dimostrerà di essere in grado di mettere in campo e valorizzare le potenzialità che ha, creando opportunità per tutti in un contesto di crescita. Questo va fatto sia con una politica lungimirante che faccia da regia e promozione dall’alto, sia attraverso alleanze e pratiche virtuose dal basso. Solo così possiamo infatti spostare dalla difesa all’attacco la nostra strategia di reazione alle sfide poste dai grandi cambiamenti (non solo demografici) di questo secolo. 

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Speciale

Generazrieonalità intergenera

Consumi

MARKETING DELLA NOSTALGIA Nintendo riporta in scena Super Mario Bros, il brand Stone Island è di nuovo protagonista della scena hip hop, rispunta il Winner Taco… Tornano in scena gli anni 80 unendo vecchie e nuove generazioni

E

CONOMIA della nostalgia, marketing del vintage, retro-marketing. Le definizioni sono tante ma il concetto è lo stesso: puntare sul passato per meglio vendere al presente. C’è chi ripropone vecchi prodotti, ovviamente perfezionati e adattati all’epoca contemporanea. C’è chi “riesuma” personaggi un tempo famosi e poi caduti nel dimenticatoio. Oppure chi concentra l’attenzione su pratiche sociali o momenti generazionalmente decisivi.

Anna Zinola

Un tuffo nel passato

libera professionista, docente di Psicologia del marketing Università di Pavia

Un esempio interessante arriva da Nintendo. L’azienda ha di recente lanciato una nuova versione della sua storica console Nes (Nintendo entertainment system), introdotta per la prima volta sul mercato nel 1983. La nuova Nes è più piccola dell’originale ed è nettamente migliore in termini di caratteristiche tecniche. Tuttavia ha preinstallati gli stessi giochi che andavano di moda negli anni 80, come Super Mario Bros. Un modo per attirare quei consumatori che 40 anni fa giocavano

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con la loro prima console. E – come recita lo spot dif-

fuso su YouTube – un modo per far fare loro un tuffo nel passato, in quel periodo aureo che, almeno nel ricordo, è l’infanzia.

Brand e marketing rétro Il fenomeno è particolarmente evidente nella moda, dove – complice il successo dello stile hypster – sono tornati in auge brand del passato. Si va da Champion, grande nome dello sportwear americano ricomparso sulle t-shirt dei teenager, a Roy Rogers, marchio italia-


stata interrotta da anni. È il caso di Winner Taco: il gelato, popolare negli anni 90, era stato eclissato da referenze considerate maggiormente in linea con le esigenze dei consumatori. Ora è tornato e viene

no di jeans fondato alla fine degli anni 40 e diventato famoso negli anni 70. Senza dimenticare Stone Island, oggi un nome di riferimento per molti protagonisti della scena hip hop contemporanea. I suoi capi sono stati indossati da Drake, una delle persone più influenti dell’industria musicale, e da Vince Staples, tra i più apprezzati rapper della nuova generazione. Il risultato è un fatturato in crescita vertiginosa (in 5 anni è aumentato del 100%) e un posto nella top ten dei brand più hot del 2017 stilata dalla rivista Business of fashion. Il retro-marketing non risparmia il food. Anche in ambito alimentare sono stati infatti ripescati prodotti del passato, la cui distribuzione era

consumato sia da chi lo mangiava da piccolo e vuole riprovare le emozioni del passato, sia da chi all’epoca non era neppure nato ma, magari, ne ha sentito parlare dai genitori o dai fratelli maggiori. Sì, perché di fatto questi prodotti giocano su un duplice livello. Da una parte attirano i più adulti che li conoscevano (e consumavano) in passato e sono alla ricerca della loro personale “madeleine proustiana”. Dall’altra parte incuriosiscono i più giovani, che ne hanno memoria indiretta, grazie al racconto degli adulti. Sicuramente ci sarebbe spazio per altri ripescaggi, come dimostra il successo riscosso dalla pagina Facebook “Rivogliamo il Soldino del Mulino Bianco”, nata con l’intento di convincere l’azienda a rilanciare la merenda al cioccolato. Del resto chi di noi non ha un prodotto del cuore,

indissolubilmente legato al ricordo della merenda pomeridiana o dell’intervallo a scuola?

Perché ci rivolgiamo al passato Le ragioni alla base di questo boom sono almeno tre. In primo luogo c’è l’effetto nostalgia. Poiché il presente (e, ancora di più, il futuro) appare incerto, ci si rivolge al passato, che in quanto tale, è soffuso di un alone magico. Ciò che abbiamo mangiato, acquistato, provato 10, 20, 30 anni fa ci appare, nel ricordo, migliore: il cibo aveva un altro sapore, gli abiti una qualità più elevata, i film una sceneggiatura più solida. Il passato è l’arcadia felice, l’età dell’oro. E anche un ottimo sistema per vendere i prodotti che affiorano nel ricordo. In seconda battuta c’è il tema della fiducia. Se un brand è sopravvissuto nel tempo significa che non ha né deluso i suoi consumatori né tradito la loro fiducia. Vale per la Fiat 500, modello introdotto nel 1936 e oggi riproposto seppur adattato ai comfort moderni, per la Vespa – che continua a essere il mezzo a due ruote più ambito dai teenager – e per gli occhiali Ray-Ban. Ovviamente non funziona per tutti i marchi: è fondamentale essere un brand che ha attraversato indenne i decenni, senza incorrere in scandali o in episodi spiacevoli. In caso contrario l’effetto rebound è dietro l’angolo. In terza istanza c’è l’aspetto dello storytelling. Guardare al passato

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Generazrieonalità intergenera

Consumi

e sulle passerelle. Miu Miu, Saint Laurent e Sacai – giusto per fare qualche esempio – hanno fatto sfilare piumini ipercolorati e bomber dal maxicollo simili a quelli indossati dalle protagoniste del film “Sposerò Simon le Bon”.

Non solo beni di consumo

significa avere (già confezionata, pronta) una storia da raccontare. Non solo: spesso si tratta di una storia nota che molti consumatori conoscono o nella quale possono riconoscersi. Da un punto di vista strettamente economico, è un bel risparmio: non occorre investire risorse per inventare qualcosa di nuovo. Basta raccontare – magari utilizzando le piattaforme digital (come i social network e le app) – ciò che è accaduto. Il sistema funziona soprattutto per le marche ben radicate nell’immaginario collettivo di una generazione o di un gruppo, poiché possono più facilmente fare leva sull’identificazione. Emblematico è in tal senso il recente revival dei prodotti che erano stati propri dei “paninari”, subcultura che negli anni 80 si diffuse da Milano al resto del paese. Capi ispirati a quegli anni (come il bomber colorato, la cintura con la macro fibbia in metallo, oppure le felpe con il nome della marca in evidenza) sono tornati nei negozi

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Il fenomeno non riguarda solo i beni di consumo ma investe anche il mondo dell’entertainment. Nel 2017 ci sono stati 34 remake e spin off di vecchi film e serie televisive, tra i quali Twin Peaks, Dinasty, Blade Runner e Star Wars. Allo stesso tempo, negli ultimi anni Netflix e Fox hanno lanciato serie “Eighties” come Stranger Things, Snowfall, Glow e The Americans. Il servizio di musica in streaming Spotify ha lanciato la playlist “Macchina del tempo”: 30 canzoni selezionate da un algoritmo in base alla data di nascita dichiarata al momento dell’iscrizione. I super eroi Marvel (Iron Man, Spiderman, Capitan America), nati quasi tutti negli anni 60, sono i protagonisti dei blockbuster degli ultimi tempi. Anche la televisione ha puntato su trasmissioni dal sapore rétro. Il “Rischiatutto” di Mike Bongiorno è stato rifatto con accuratezza filologica da Fabio Fazio. “Nemica amatissima” ha riportato in auge lo scontro tra le eterne rivali Lorella Cuccarini e Heather Parisi, mentre Renzo Arbore ha fatto il picco di share con la versione aggiornata di “Indietro tutta”. Nicola Savino ha

invece ideato (e presentato) “90 Special”. Il programma – il cui sottotitolo recita “Che ne sanno i 2000?” – è un viaggio tra i personaggi, la musica e i giochi dell’ultimo decennio del secolo scorso.

La seconda giovinezza del vinile E poi c’è il revival del vinile. I dischi, che sembravano scomparsi con l’avvento del digitale, stanno vivendo una seconda giovinezza. La Fimi (Federazione dell’industria musicale italiana) ha stimato che negli ultimi dieci anni le vendite dei 33 e dei 45 giri siano cresciute in modo costante. Solo nel triennio 2013-2016 si è registrato un incremento delle vendite pari a l’84%, mentre il fatturato è aumentato da poco più di 2 milioni di euro a quasi 4 milioni.

Tutto bene, dunque? Non proprio. Viene spontaneo domandarsi se le risorse spese per guardare indietro non potrebbero essere investite per guardare avanti. Certo, riproporre un format già noto (sia esso una marca, un prodotto o una storia) è meno rischioso che idearne uno nuovo: una sorta di scommessa (già) vinta in partenza. Tuttavia è anche decisamente meno creativo. Ripiegare (ripiegarsi) sul passato è un po’ come abdicare alla possibilità di costruire qualcosa di nuovo, diverso, originale. Un po’ come abdicare al futuro. 


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Lavoro

SERVE COOPERAZIONE TRA GENERAZIONI La contrapposizione tra le generazioni è forte. Le organizzazioni hanno un ruolo da giocare nell’invertire la tendenza e i manager la responsabilità di avviare il cambiamento

Odile Robotti amministratore unico Learning Edge

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L’

IDEA che gli interessi delle diverse generazioni siano naturalmente contrapposti e che un’alleanza sia impossibile è sbagliata ma diffusa. Il conflitto intergenerazionale è alimentato dalla demagogia dei posti di lavoro per giovani “in cambio” di quelli dei più senior e l’antagonismo fomentato da confronti fra pensionati “ricchi” e giovani “poveri”. Non c’è da stupirsi che, fuori dalla sfera familiare, nella quale la solidarietà è molto forte nel nostro Paese, a livello organizzativo e sociale la collaborazione tra generazioni non sia la norma. Anzi, c’è da domandarsi se non si stiano creando le condizioni da tempesta perfetta che potrebbero portare la tensione sociale tra generazioni a livelli ancora più alti. Se vogliamo evitare questa deriva, dobbiamo creare una valida “alternativa collaborativa”. Le organizzazioni, in molte delle quali ora si trovano quattro generazioni, sono una palestra naturale per mostrare alle generazioni che cooperare conviene.

Collaborazione, non solo uffici condivisi Così tante generazioni contemporaneamente insieme nelle organizzazioni non si erano mai viste. Nella maggior parte dei casi persone di età differenti si limitano a co-abitare lo spazio organizzativo. A volte si assiste addirittura a


una segregazione generazionale: alcune funzioni e uffici sono composti solo da giovani, altri solo da senior. Anche se questo non è intenzionale (le attività ad alta intensità di innovazione o di tecnologia, per esempio, richiedono conoscenze che sono più diffuse nei giovani), l’organizzazione di solito non interviene per assicurare un mix diversificato per età. Quando invece la separazione è una scelta, come nel caso dei cosiddetti “cimiteri degli elefanti”, dove i senior vengono “parcheggiati” in attesa del pensionamento, il segnale è ancora peggiore.

Ma anche nei casi più favorevoli, in cui le generazioni si trovano a lavorare fianco a fianco, le cose non sono così semplici. Gruppi di progetto diversificati per età presentano grandi opportunità di interscambio e apprendimento, ma le incomprensioni e le frizioni sono maggiori rispetto a gruppi più omogenei. Per non parlare del capo giovane che deve gestire persone notevolmente più senior, o della situazione opposta. Garantire che vi sia diversità generazionale ovunque nell’organizzazione è solo condizione necessaria, non sufficiente, per farle col-

laborare: generazioni diverse messe “in una provetta” senza altri accorgimenti a volte nemmeno si mescolano.

Cambiamo atteggiamento Fino ad ora la collaborazione intergenerazionale ha ricevuto scarsa attenzione nelle organizzazioni. La misura principale adottata per favorire l’interscambio tra generazioni sono i programmi di mentoring, spesso con reversementoring (in cui i ruoli vengono invertiti: il mentee diventa mentore e viceversa). Esistono anche varie iniziative di cross-mentoring (in cui mentor e mentee non appartengono alla stessa organizzazione, a volte nemmeno allo stesso settore) gestite da associazioni. Sia i programmi interni sia quelli interaziendali sono molto validi e stanno dando risultati promettenti, ma il loro scopo, di solito, è quello di accelerare lo sviluppo delle risorse a maggiore potenziale, non di migliorare l’interazione tra generazioni. La mancanza di pervasività di queste iniziative, riservate a numeri limitati di risorse selezionate, le rende inadatte a cambiare la mentalità di tutti sulla collaborazione intergenerazionale. A questo si aggiunga che, anche nei casi in cui vi sarebbero storie di fruttuosi sodalizi intergenerazionali da raccontare, a questi non viene data risonanza. Insomma, il mento-

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Lavoro

ring, così come è fatto attualmente, non è in grado di cambiare la narrazione e diventare veicolo di cambiamento perché riguarda numeri troppo piccoli e perché l’esperienza non viene condivisa in modo sistematico. Inoltre, pochissime organizzazioni fanno formazione sui cosiddetti pregiudizi espliciti e impliciti (quelli che abbiamo e non sappiamo di avere) legati all’età, pur essendo noto dalla letteratura scientifica che questi sono tra i più diffusi. Dato che questa formazione è prerequisito per il successo di qualsiasi iniziativa di collaborazione intergenerazionale, la maggior parte delle organizzazioni non dispone del sub-strato adatto ad avviarle.

L’organizzazione, palestra di collaborazione intergenerazionale Alcune azioni sono indispensabili a livello organizzativo per promuovere la cooperazione tra generazioni. La formazione sui pregiudizi legati all’età deve diventare pervasiva. False credenze e stereotipi su tutte le generazioni sono molto diffusi (senior sclerotizzati e incapaci di stare al passo coi tempi, giovani sfaccendati e con scarsa capacità di comunicazione interpersonale ecc.). Particolarmente colpiti sono gli over 55, dei quali

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spesso si enfatizzano i limiti senza prendere in considerazione i punti di forza. Questo, oltre a non incoraggiare certo i giovani a cercare un dialogo, influenza anche gli over stessi minandone l’autostima. Quello che si può ipotizzare per contenere i costi e agire rapidamente è una formazione “a cascata” in cui si forma un gruppo ristretto, questo forma altre persone e così via. Bisogna sfruttare le complementarietà tra punti forti e deboli di ogni generazione. La generazione di appartenenza è solo un tassello di un mosaico complesso che ci definisce come persone. Ma resta vero che l’epoca in cui si è nati determina opportunità, vincoli e condizionamenti. Essere nativi digitali o essere cresciuti quando si leggeva tanto (forse per mancanza di alternative) ha ripercussioni su come comunichiamo e su alcune nostre abilità. Negarlo è inutile, ma considerarlo un destino è sbagliato: molte competenze si possono imparare dagli altri. Con questo in mente, le differenze tra generazioni diventano un’opportunità. Naturalmente, le persone vanno indirizzate e accompagnate in questa direzione. Il punto di partenza è insegnare ad apprezzare le differenze e viverle come fonte di apprendimento e arricchimento personale.

È necessario avere un mix generazionale diversificato in tutte le aree organizzative e in tutti i progetti. Il primo passo è misurare la presenza delle generazioni nei vari livelli gerarchici e ovunque nell’organizzazione. Dove la situazione è poco diversificata (intere aree che sono “riserve indiane” di senior oppure “parco giochi” di giovani), occorre domandarsi se questa distribuzione sia ottimale. A titolo di esempio, una funzione marketing composta solo da giovani in un’organizzazione la cui clientela, attuale o potenziale, ha età media elevata dovrebbe suscitare perplessità, eppure è un fenomeno diffuso. Occorre ampliare l’interscambio generazionale oltre “i soliti noti”.


se, ma se non vengono diffusi sotto forma di storie facili da comprendere e ricordare non contribuiscono a cambiare l’atteggiamento delle persone.

I programmi di mentoring “elitari” destinati ad alti potenziali o comunque a risorse selezionate sono utili per i soggetti coinvolti, ma non cambiano la mentalità collettiva. Sarebbe opportuno dare a tutti l’opportunità di collaborare (con un programma di mentorship o lavorando su un progetto comune) con altre generazioni. Questo richiede un approccio diversificato che includa altri strumenti e occasioni oltre al mentoring, sostenuto da una campagna di comunicazione interna che evidenzi i vantaggi dell’interscambio e un supporto per organizzarli. È importante dare gli strumenti per collaborare. Non si nasce mentor (e nemmeno mentee) e solo pochi sono “naturalmente” pronti e in grado di ricoprire questi ruoli.

Se si vuole ampliare il numero di iniziative di mentorship, sarà importante non dimenticare di spiegare in cosa consistono i ruoli e quali sono gli errori comuni da evitare. Allo stesso modo, lavorare con persone di generazioni diverse richiede qualche indicazione che faciliti la comprensione reciproca. Nulla di questo è complicato da trasmettere e comprendere, ma non è scontato. Bisogna usare lo storytelling per far capire le opportunità della collaborazione. Le esperienze positive di collaborazione intergenerazionale possono essere usate per cambiare la narrazione intorno ai rapporti generazionali. Esistono molti esempi di collaborazione positiva fra persone di età diversa nelle organizzazioni e fuori di es-

Serve incoraggiare e celebrare i senior che vogliono restituire alle giovani generazioni. Le persone più senior spesso vogliono “restituire” alle generazioni successive qualcosa dell’esperienza maturata. Non è però sempre vero che siano in grado di auto-organizzarsi, né che sappiano come trasferire conoscenze implicite ad altri. Inoltre, potrebbero non essere motivati a farlo se si vedono in competizione con i giovani. È quindi importante legittimare e celebrare il ruolo dei senior che, a vario titolo, trasmettono conoscenze ed esperienze e anche supportarli con un po’ di organizzazione e formazione. Le sfide che la nostra epoca si trova a fronteggiare sono complesse e richiedono soluzioni sistemiche che nessuna generazione da sola è in grado di portare avanti e forse nemmeno di concepire. Eppure, la contrapposizione tra generazioni non è mai stata così forte né la collaborazione così difficile. Le organizzazioni hanno un ruolo da giocare nell’invertire la tendenza e, al loro interno, i manager hanno più di altri la possibilità, e quindi la responsabilità, di avviare il cambiamento. 

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Generazrieonalità intergenera

Storytelling

«G

DADDY, SEI VECCHIO MA FIGO

uarda» le ho detto mentre finivo il mio boccone di pizza «che per essere vecchio mi sento giovane». Mia figlia, una liceale quattordicenne più alle prese con le pene d’amore che con i libri di scuola (e refrattaria ai miei predicozzi), mi ha ascoltato consumando con calcolata lentezza il suo ultimo triangolo di margherita. Si è pulita la bocca con il tovagliolo e mi ha contraddetto: «No, no, daddy, sei proprio vecchio». Ingoiando infine l’ultimo sorso di coca-cola mi ha tenuto d’occhio e, immediatamente dopo, stante la frustrazione stampata sul mio volto, ha aggiunto che però sono figo e mi shippa (termine che significa “ti vedo bene”) con una sua prof che non conosco.

Maurizio Matrone coach, scrittore e formatore per Adacta Consulting

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L’appuntamento settimanale io-e-lei in pizzeria, a tu per tu, che abbiamo battezzato la pizza filosofica, era cominciato, quella sera, con il latino. L’avevo stuzzicata sui termini puer e senex, sostenendo la tesi di Hillman (chi, scusa?) che l’uno e l’altro si manifestano allo stesso modo e a intermittenza in molte fasi della vita, ovvero, ero finito a citare che il puer ispira lo sbocciare delle cose e il senex presiede al raccolto. Mi aveva detto “ah” con estrema sufficienza e io le avevo imbastito un paragone didattico/ paternalista dal latino all’epica raccontando di come Ulisse, vecchio-come-tuo-padre, avesse teso l’arco non con la forza ma

con la sapienza, beffeggiando e uccidendo i boriosi Proci. Mi ha risposto che l’indomani aveva la verifica di matematica. Avevo forse qualche pillola anche per il quadrato di un trinomio? Ah, ho fatto io un po’ piccato ritraendo con imbarazzo l’indice saccente che era rimasto a mezz’aria. «E comunque, papà (mi chiama così quando diventa seria), Ulisse i Proci li uccide. Il padre che divora i suoi figli, come si chiamava, già, quel dio lì?» mi ha domandato forse fingendo di non saperlo. Già: Cronos o Saturno, la faccia cattiva del senex, quello del tempo che passa e non tor-


nerà più come le occasioni perdute cantate da Battiato (chi, scusa?). Già. Il padre creatore e distruttore (chi, Battiato? No! Oh mio Dio!). Mi ero consolato bevendo il primo generoso sorso di birra. Lei mi aveva puntato le dita a mo’ di pistola minacciandomi: «Non ti partirà mica il pippone che tu alla mia età…» imitando perfettamente il mio tono nonnesco. Infatti stava per partire, stava. Poi per fortuna era arrivata la pizza, si era allora parlato di termini e situazioni legati all’intergenerazionalità. Che so, il rapporto tra una matita e una musicassetta (che cosa, scusa?), l’invecchiamento inesorabile della popolazione, il lavoro, le pensioni da mandare in pensione, i Whatsapp, l’uso del messaggio vocale al posto della conversazione telefonica, gli emoticon per chiarire le ambiguità di tutte le loro sfidanti abbreviazioni, tutti sempre collegati eccetera. Tutte cose affascinanti, fighe, a modo loro. Ma fremeva dalla voglia di dirmi di Luca. Ah: le emozioni transgenerazionali! E ascoltiamo di Luca! Dopo le narrazioni del tipo loamo-ma-lui-non-lo-sa, incroci di sguardi, sfioramenti di gomiti, sorrisi rubacchiati, oh è così bello come… (e mi ha fatto due nomi che io non avevo mai sentito)! è così… e dopo che così-non-lo-sapeva-neanche-lei, siamo tornati allegramente sulla questione intergenerazionale. Lei non si poneva il problema. Dal suo punto di vista interessava solo i vecchi come me perché stanno lì a pensarci. «Secondo me» ha concluso, «hai un’idea vecchia dell’invecchiamento, daddy». E dopo quella frase terminale le avevo detto appunto che per essere vecchio mi sentivo giovane e lei mi aveva restituito che no, non lo sono, ma sono figo. Ecco, io non ricordo di aver mai considerato figo mio padre, lui sì che era vecchio alla mia età, mentre io alla loro età mi sento… cioè, sono figo! E in fondo manco io mi sono preoccupato mai di intergenerazio-

nalità finché sono diventato un super adulto, diciamo così. Per me i vecchi andavano solo rottamati! Figo, ho pensato, deve essere l’anello che lega le generazioni tra le istanze vintage dell’Eros di ritorno e quelle evoluzionistiche dell’Eros di andata. In questa new aging possiamo dichiararci che non possiamo fare a meno l’uno dell’altro e che, forse, ma non so se io abbia ragione, oggi i vecchi sono più tecnologicamente vicini (anche se tendono a inumidirsi le dita per sfogliare le pagine del quotidiano sull’iPad) e più emotivamente in sintonia con i giovani di quanto i nostri vecchi lo siano stati con noi. Io mi vergognavo a mangiare la pizza con mio padre e figuriamoci a parlare con lui di potenziali fidanzate! E ad andare in vacanza con i miei, poi, non ne parliamo! Erano poco interessanti: poco fighi e tanto noiosi. E invece, adesso, mica si vergognano di viaggiare con noi “anziani” e di postare selfie su Facebook! Per tali giovani siamo dei simpatici vecchi matti della specie senex imprudens iocularis con i quali trascorrere allegre giornate. Più seriamente mi sento di dire che potremmo davvero fungere da mentor e coach dei nostri Millennial e Linkster senza apparire spocchiosi, perché abbiamo il dovere “evolutivo” di ispirare le nuove generazioni – oltre che alle nuove opportunità mondane – all’intelligenza emotiva, alla curiosità, all’entusiasmo, alla visione strategica. Non credo, e per carità mi sbaglierò, che questa commistione affettivo/tecnologica sia un merito nostro, degli anziani intendo, bensì dei giovani perché la vecchiaia e i terribili aspetti correlati li vedono solo i vecchi quando non riescono a valorizzare ciò che si può imparare dalle nuove generazioni. In questo senso, io, all’età di mia figlia ero molto più vecchio e almeno adesso sarò anche vecchio o vecchiovane, sì, ma figo. «Quindi, secondo te, sarei una specie di daddy cool come cantava il compianto Boney M…» (chi, scusa?) «No, no, daddy, non ti scomodare, lo cerco da sola su Youtube e, se è figo, lo posto!». 

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Formazione

GENERAZIONI ALLA PROVA

Questo il filo conduttore di BIG-Business Intergenerational Game lanciato nel 2017 da Cfmt in collaborazione con Assogiocattoli. Un “serious game” a elevato grado di immersività e verosimiglianza giocato a squadre composte da manager e studenti universitari. Riproponiamo qui un estratto dell’articolo apparso su L’Impresa n. 1/2018 intitolato “Il valore della partnership tra generazioni” a cura dei professori dell’Università di Milano-Bicocca Raoul C. D. Nacamulli (ordinario di Organizzazione aziendale e direttore del Bicocca training and development centre) e Cristiano Ghiringhelli (associato di Gestione delle risorse umane).

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N

EL CORSO di un intero mese si è svolta in Italia una grande sperimentazione sociale all’insegna del motto “simulando s’impara”. Poco meno di cento squadre miste, composte da studenti universitari e da manager affermati, hanno vissuto un’avventura all’insegna della collaborazione intergenerazionale. Il laboratorio in cui questo esercizio si è svolto è stato Big, un acronimo che sta per Business intergenerational game, promosso da CfmtCentro di formazione management del terziario, giocato nello scorso mese di novembre da 87 squadre intergenerazionali, coinvolgendo oltre 500 junior e oltre 200 manager di tutta Italia. In un contesto web based, il team di gio-

co di ciascuna “impresa virtuale” si è ingaggiato per raccogliere profittevolmente sfide di mercato attraverso l’investimento di capitale sociale intergenerazionale. I risultati conseguiti complessivamente sono interessanti perché sfatano alcuni luoghi comuni che sottolineano come il “digital divide” fra generazioni costituisca una barriera spesso insormontabile allo sviluppo della cooperazione.

Collaborare è possibile e utile Dalla sperimentazione di Big risulta evidente come la collaborazione fra generazioni sia possibile e produttiva quando prevalga un’atmosfera di riconoscimento intergenerazionale reciproco. Dall’altro lato tale collaborazione risulta facilitata dalla progressiva


prese devono giocare per avere successo. Nel rapporto intergenerazionale sperimentato dal vivo durante il gioco si sono realizzati degli scambi dei rispettivi saper essere e saper fare generazionali che hanno permesso di superare delle impasse rilevanti che si erano presentate nel corso del gioco. A questo proposito vale quanto detto da un partecipante: «Tu dell’altra generazione hai ciò che io non ho e che può essere utile a entrambi per vincere assieme».

Processi di decisione più efficaci

diffusione trasversale delle competenze digitali. Nella “società del rancore”, così come è stata definita l’atmosfera italiana attuale nel rapporto Censis di quest’anno, la diversità generazionale appare fondamentalmente come un disvalore, mentre dal laboratorio intergenerazionale di Big la situazione appare più inclusiva: non è il rancore a dominare, ma il riconoscimento reciproco e la collaborazione fra generazioni diverse risulta essere al centro. Al termine delle tornate di gioco i partecipanti a Big hanno espresso il loro punto di vista sulle sfide del rapporto fra generazioni alla luce dell’esperienza vissuta nel gioco. In estrema sintesi, l’immagine della collaborazione tra generazioni restituita dai partecipanti è quella di un percorso

collettivo di crescita, individuale e di gruppo, per prove ed errori, alla ricerca di un equilibrio capace di generare risultati migliori grazie all’orientamento inclusivo di tutti.

Scambio di saper essere e saper fare

Si mette in luce poi che la collaborazione fra generazioni rende possibile lo sviluppo di processi di decisione originali, non particolarmente sofisticati (o peggio barocchi), ma più evoluti e più capaci di far fronte alle sfide che ci si trova davanti, dei modi di decidere più in grado di far fronte bene e rapida-

BIG continua nel 2018 con la formazione sul territorio per tutti i giovani che hanno partecipato al business game

Secondo l’esperienza della gran parte dei partecipanti, la multigenerazionalità costituisce più un’opportunità che una minaccia, a condizione che sia i giovani sia i manager si riconoscano reciprocamente come portatori di competenze distintive e complementari fra loro. Una maggioranza qualificata dei partecipanti sottolinea l’idea cha la valorizzazione della collaborazione fra generazioni differenti possa essere una carta importante che i dirigenti delle im-

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Generazrieonalità intergenera

Formazione

mente a situazioni incerte e complesse. Questo perché le scelte condivise in maniera trasparente fra generazioni sono in grado di motivare di più. Insomma, Big ha insegnato ai partecipanti che “i punti di vista diversi possono non essere un problema, ma al contrario divenire una risorsa” per il gioco. Ma non solo.

Simulando s’impara Il risultato, non scontato, di questa esperienza costituisce anche il frutto di un processo di apprendimento virtuoso che si è realizzato durante il gioco all’insegna del motto “simulando s’impara”. D’altra parte, imparare attraverso “serious game” complessi come Big può essere una via privilegiata da percorrere che consente di ottenere i vantaggi dell’apprendimento informale per prove ed errori realizzato sul campo, scansando i pericoli connessi all’intreccio tra forma-

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zione e lavoro. Sempre più le organizzazioni di successo del mondo attuale sono rappresentate come degli spazi in cui si apprende attraverso l’esperienza all’insegna di “sbagliando s’impara”. Le simulazioni complesse “mettono in scena”un contesto lavorativo verosimile entro cui risulta possibile imparare attraverso il fare, senza mettere in pericolo il buon funzionamento dell’organizzazione. Infatti, il potenziale che l’opportunità di scambio intergenerazionale porta con sé può produrre risultati tangibili solo a patto che si svolga un percorso di apprendimento e di crescita, al tempo stesso individuale e interpersonale, ovvero, come afferma un giocatore di Big: «Slancio ed esperienza, se ben equilibrate, portano a far convergere l’intelligenza sui risultati da perseguire più rapidamente». E, ancora, un buon equilibrio tra le diverse disponibilità a correre rischi delle due

generazioni come è riportato in quest’esperienza di un junior: «I manager possono essere “prepotenti”. A fin di bene, visto le loro esperienze e conoscenze… ma insieme si possono sviluppare idee che siano, sì, figlie dell’esperienza, ma rispettino i tempi brevi tipici dei giovani, che si buttano a pesce sulla nuova sfida».

La giusta tensione verso l’innovazione Il rapporto con l’innovazione è un’altra tensione che si introduce quando generazioni diverse si incontrano e collaborano per il raggiungimento di un obiettivo comune per il quale bisogna trovare il giusto equilibrio. Infatti, secondo alcuni partecipanti a Big, se da una parte i manager protraggono il “si è sempre fatto così”, tomba dell’innovazione e lapide delle opportunità, dall’altro ci sono i Millennial che spingono per approcci innovativi, ma raramente si chiedono se quell’innovazione può portare effettiva efficienza e soprattutto efficacia concreta. Insomma, il motto “simulando s’impara” risulta sempre più importante nell’era attuale caratterizzata sia dalla trasformazione digitale sia dalla presenza di generazioni diverse al lavoro. Ciascuna delle generazioni in gioco è depositaria di competenze utili al lavoro comune, purché siano valorizzate attraverso un dialogo costante che renda l’organizzazione un luogo di condivisione delle co-


noscenze, di apprendimento e d’innovazione continua.

Verso un esperanto multigenerazionale Ci si è domandato se nell’era attuale, dominata dalla trasformazione digitale e dalla velocità dei cambiamenti, la multigenerazionalità della forza lavoro costituisca una ricchezza oppure un vincolo. Su questo nel nostro Paese ci sono punti di vista differenti fra cui quello estremo che punta alla rottamazione nel mondo del lavoro delle generazioni più anziane all’insegna del presupposto che, per innovare, occorre prima di tutto rompere i ponti con il passato. L’esperienza di Big ci dà una lezione differente dagli stereotipi più diffusi sul tema, perché orientata verso il primato della collaborazione intergenerazionale. Quest’ultima intesa non solo come la strada maestra verso l’inclusione sociale, ma anche come la via principale per la crescita professionale e per lo sviluppo delle organizzazioni. Se si adotta questa prospettiva, la sfida chiave riguarda il rafforzamento di forme di “organizzazioni multigenerazionali” innovative, perché capaci di apprendere attraverso il superamento delle barriere di comunicazione interculturale fra generazioni differenti. È questa un’operazione né facile né scontata. Infatti, da un lato abbiamo i lavoratori baby boomer e quelli della generazione X, che si sono formati e hanno svilup-

BIG, IL SERIOUS GAME PER RISANARE UN’AZIENDA Nel gioco Big ciascuna squadra rappresenta un’azienda del settore del giocattolo inizialmente in difficoltà che va il più possibile risanata e resa profittevole, utilizzando al meglio non solo le risorse materiali di cui si dispone, ma anche le risorse immateriali fra cui, in particolare, il capitale sociale della squadra, ossia le competenze e la credibilità dei dirigenti e degli specialisti che compongono il team. Tutto questo facendo riferimento a un arco di tempo limitato: quattro settimane di gioco, ciascuna delle quali rappresenta un trimestre, nel complesso un anno simulato. Chi ha vinto Big? Al primo posto Bigminds, una squadra di Bergamo composta da 10 persone [Dario Bauccio (junior), Nicolò Bilotta (junior), Giovanni Blini (junior), Michele Castello (manager), Marino Ferrarese (manager), Andrea Martinenghi (junior), Arianna Mombelli (junior), Gianmaria Pizzi (junior), Matteo Silvestre (junior), Federica Testa (junior)]. Al secondo posto Florence, squadra di Firenze composta da 10 membri [Stefano Arcangeli (manager), Marielita Canchanya (junior), Lapo Del Sette (junior), Francesca Delli Paoli (junior), Michele Di Pasquale (junior), Lorenzo Gallorini (junior), Cristiana Ioana Iuoras (junior), Elisa La Mendola (junior), Lorenzo Moscufo (junior), Paolo Serventi (manager)]. Al terzo Bottegai, team di 6 elementi provenienti da Bologna [Pasqualino Alicandro (manager), Giuseppe Matera (junior), Mirko Rubini (manager), Mattia Rubini (junior), Nicola Rubini (junior), Giuseppe Silvestro (junior)]. I giovani vincitori del business game si sono aggiudicati corsi di formazione nelle più prestigiose Università italiane e business school.

pato le proprie esperienze professionali ben prima dell’affermazione della società d’internet, dall’altro ci sono i millennial e la generazione app, la cui formazione e sviluppo professionale ha avuto l’imprinting del mondo del web e dei social media.

Il volano delle competenze digitali In sostanza, il tema è come valorizzare le differenze intergenerazionali che possono costituire un’immensa ricchezza, se si fertilizzano reciprocamente attraverso il lavoro di gruppo e l’integrazione organizzativa. Un elemento facilitante di quest’impresa è costituito dall’estensione esponenziale delle com-

petenze digitali attraverso le generazioni a cui si assiste attualmente. Insomma potrebbe essere, paradossalmente, proprio la diffusione intergenerazionale delle competenze digitali uno degli importanti fattori costitutivi di un complesso linguaggio intergenerazionale fondato su una consapevole legittimazione reciproca: una sorta di esperanto che renda fruttuosa la collaborazione fra generazioni differenti nel mondo del lavoro per produrre ricchezza e valore per tutti. In conclusione, i risultati che provengono dall’esperienza di Big ci fa ben sperare sulla possibilità di affermarsi di nuove specie di imprese che siano intergenerazionali e innovative e produttive assieme. 

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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia

IDENTIKIT DELLA XVIII LEGISLATURA

L

osservatorio

o scorso 23 marzo i quasi mille parlamentari neoeletti hanno varcato i portoni di Palazzo Madama e Montecitorio, insediando definitivamente il nuovo Parlamento. La XVIII legislatura ha preso il via. Il tasso di ricambio parlamentare relativo alla percentuale di neoeletti che non hanno fatto parte della scorsa legislatura è pari al 65,91% alla Camera e al 64,26% al Senato; una percentuale così alta non si registrava dal passaggio dalla I alla II legislatura. Non mancano le eccezioni: Pierferdinando Casini entra in Parlamento per la sua decima legislatura, Emma Bonino alla nona, ottava legislatura per Umberto Bossi, Roberto Calderoli e Elio Vito, Stefania Prestigiacomo alla settima. La Lega ha cambiato oltre l’80% dei suoi rappresentanti in Parlamento, mentre il 65% dei parlamentari del M5S non ha mai ricoperto incarichi politici. Questo nuovo Parlamento è il più giovane della storia repubblicana. Scende infatti l’età media, pari a 44,3 anni alla Camera, dove i deputati non possono

averne meno di 25. L’età era già diminuita di 5 anni nella passata legislatura. Al Senato l’età media è pari a 52,12 anni (si abbassa così di oltre 2 anni il dato della scorsa legislatura), dove per entrare bisogna avere compiuto 40 anni. Alberto Stefani, eletto alla Camera, con i suoi 25 anni è il parlamentare più giovane. Un altro dato record della XVIII legislatura riguarda la percentuale di donne che siedono in Parlamento: il 34% (rappresentavano però il 45% dei candidati), mai così alta nella storia repubblicana, ma senza avvicinarsi alla soglia del 40% prevista dalla legge elettorale. È stata infatti aggirata la regola attraverso il meccanismo delle pluricandidature al femminile, grazie alle quali i colleghi maschi in seconda posizione hanno facilmente scalato la classifica. Nonostante sia aumentato il numero di donne nelle istituzioni, c’è ancora molto da fare per migliorare il loro peso politico. Numerosa la presenza in Parlamento del mondo delle professioni: gli avvocati i

più numerosi, con circa 80 rappresentanti tra Camera e Senato; tre i magistrati (contro i 18 di sei anni fa). Circa 30 i giornalisti e medici, seguiti da insegnanti e commercialisti. La Lega vanta un record di nuovi deputati e senatori con precedenti esperienze in comuni e Regioni: il 40% dei deputati e il 30% dei senatori hanno rivestito ruoli amministrativi a livello comunale, in controtendenza con il dato generale (10%). Diversamente dal 2013, i parlamentari del M5S vengono dal mondo delle professioni e hanno in media titoli di studio più alti e spesso sono laureati. Il primo adempimento dei nuovi eletti è stata la votazione dei loro presidenti. Il nuovo presidente della Camera dei deputati è Roberto Fico, mentre la nuova presidente del Senato della Repubblica è per la prima volta una donna, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Nelle scorse settimane il Parlamento ha poi eletto una serie di figure centrali per la distribuzione del potere sia alla Camera sia al Senato, dalle otto vicepresidenze ai

Nelle foto, Roberto Fico, presidente della Camera, e Maria Elisabetta Casellati, presidente del Senato.

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capigruppo di aula alle presidenze di commissione, dalla costituzione degli uffici di presidenza alla nomina dei sei questori e dei 16 segretari d’aula e ha inoltre proceduto alla formazione dei gruppi parlamentari. La diciottesima legislatura sta già dando i primi segnali di vitalità. Nella prima settimana risultavano già presentate ai due rami del Parlamento 540 proposte di legge: 377 alla Camera mentre al Senato ne sono arrivate 163. L’oggetto spazia da un tema all’altro: l’istituzione della commissione Antimafia e di quella sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, alcune norme per disciplinare le nuove norme di cittadinanza, norme per un fisco più equo e giusto, l’istituzione della pensione di base, disposizioni sull’adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita, la tutela degli animali

di affezione, l’abolizione delle attuali Regioni e Province e l’istituzione di 36 nuove Regioni, il ripristino dell’art. 18 contro i licenziamenti illegittimi, l’elezione diretta del presidente della Repubblica, l’istituzione della giornata nazionale delle famiglie, la reintroduzione del vuoto a rendere ecc. Adesso sono previste una serie di scadenze obbligate che porteranno – o dovrebbero portare – verso la formazione del nuovo governo. Intanto la prima tappa della manovra di finanza pubblica del 2019 avrebbe dovuto essere la presentazione, il 10 aprile in Parlamento, del Def, il Documento di economia e finanza che definisce il perimetro in cui si muoverà la politica economica del nostro Paese nei prossimi anni. L’Unione europea ha concesso uno slittamento per la presentazione del Def da

parte del nuovo esecutivo, che sarà riempito di contenuti con l’indicazione delle diverse misure di bilancio. Nell’attesa sono state nominate le commissioni speciali di Camera e Senato che rispecchiano il peso dei gruppi politici in parlamento per l’esame degli atti urgenti di governo. Ci sono vecchi provvedimenti, tra decreti e decreti legislativi, che attendono l’esame urgente del Parlamento e su cui dovranno esprimere un parere: dalla riforma del codice antimafia al registro pubblico delle opposizioni fino alle pensioni complementari dei cittadini europei. Camera dei deputati http://www.camera.it/leg18/1 Senato della Repubblica http://www.senato.it/home

ASSEGNO DI RICOLLOCAZIONE: COME VA?

L’

Assegno di ricollocazione (Adr) è uno strumento di politica attiva previsto dal decreto legislativo 150/2015 e introdotto in via sperimentale nell’ambito dei servizi per il lavoro. Chi sono i destinatari? I soggetti disoccupati beneficiari da almeno 4 mesi della Naspi. In cosa consiste? In un assegno spendibile presso un centro per l’impiego o un soggetto accreditato a livello nazionale e regionale. Non si tratta quindi un ammortizzatore, ma di una somma con la quale si ottiene, su richiesta del disoccupato, un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro. L’assegno viene riconosciuto agli operatori solo in caso di risultato occupazionale (dopo il raggiungimento di una soglia minima viene riconosciuta anche una Fee4Services). Vediamo come è andata la sperimentazione iniziale e gli sviluppi che la misura ha avuto negli ultimi mesi. La fase sperimentale, avviata nel 2017 su un campione di 28mila disoccupati, non ha avuto un forte impatto: appena il 9,4% dei potenziali destinatari ha richiesto l’assegno. I motivi sono molteplici e soprattutto sono legati al fatto che la procedura dell’assegno di ricollocazione tende a responsabilizzare molto il soggetto destinatario, tanto da essere percepito come una misura “rischiosa” rispetto al mantenimento dello status di disoccupato e in caso di rifiuto delle offerte di lavoro.

Al contrario, si è visto che l’applicazione dell’assegno nella trattativa relativa alla crisi industriale di Almaviva ha comportato un’adesione da parte dei lavoratori molto più alta e questo ha fatto capire che se l’attivazione dell’assegno avviene non dopo 4 mesi di Naspi, bensì già in fase di crisi aziendale, l’impatto è ben diverso. Ciò ha indotto il legislatore a introdurre nell’ultima legge di bilancio una norma che ha esteso la possibilità di usufruire dell’assegno di ricollocazione anche ai lavoratori titolari di un trattamento straordinario di integrazione salariale in presenza di un piano di ricollocazione. Ci auguriamo che questa misura, a regime dal 2018, sia utilizzata sempre più da operatori e lavoratori disoccupati. Ricordiamo che la nostra Agenzia del lavoro XLabor può essere scelta dai soggetti disoccupati per usufruire dell’assegno di ricollocazione. A tale scopo XLabor nei prossimi mesi parteciperà alla manifestazione di interesse per accedere al servizio. Avviso pubblico Anpal http://bit.ly/dir1-4-18 Testo integrale della circolare Assolavoro http://bit.ly/dir2-4-18

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Intervista

CHI TACE ACCONSENTE! Che cosa succede se un dipendente decide di non volgere lo sguardo altrove quando si accorge che il capo della sua azienda ruba? Se di fronte al dilemma “salvare la propria carriera o la propria coscienza” opta per quest’ultima? Andrea Franzoso lo ha raccontato nel libro Il disobbediente (PaperFIRST) in cui ripercorre la sua vicenda umana e professionale.

N Andrea Franzoso è oggi autore televisivo Loft.

Alessandro Gaetani blogger ed educatore finanziario

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EL FEBBRAIO 2015 Andrea Franzoso, funzionario dell’internal audit di Ferrovie Nord Milano, scoprì che il suo presidente addebitava all’azienda le spese personali e della sua famiglia. Lo segnalò internamente, ma gli dissero: «Lascia stare». Il presidente del collegio sindacale fu ancora più esplicito e gli prospettò un avanzamento di carriera: «Utilizza queste informazioni a tuo vantaggio: sii furbo, ascolta i miei consigli, e quel posto da dirigente sarà tuo». Come contropartita gli chiese “soltanto” di alleggerire il report di audit. Franzoso, invece, andò dai carabinieri e presentò un esposto, firmandolo con nome e cognome. Partì allora un’inchiesta della Procura di Milano per peculato e truffa aggravata: il presidente Norberto Achille fu costretto a dimettersi e fu rinviato a giudizio. Andrea Franzoso pagò a caro prezzo la sua scelta: subì ritorsioni e un trasferimento in un

altro ufficio, senza più alcun compito di controllo. Attorno a lui si fece il vuoto: i colleghi gli voltarono le spalle e presero a evitarlo. Infine, perse il lavoro. Il 24 ottobre 2017 l’ex presidente di Ferrovie Nord è stato condannato a due anni e otto mesi di carcere. «Il mio non è un libro-denuncia – precisa l’autore – non è la storia dello scandalo Ferrovie Nord, che costituisce soltanto lo sfondo. Ho cercato di spiegare le ragioni e il senso della mia scelta. Ciò che è capitato a me è successo a molti altri in passato; avviene oggi, accadrà domani: che strada prendere quando ci troviamo di fronte a un dilemma etico?». Lei nel 2015 lavorava nell’internal audit di Ferrovie Nord Milano e si occupava di organismi di vigilanza. Come si era svolta sino ad allora la sua carriera? «Dopo il liceo ho frequentato l’Accademia militare di Modena e per


otto anni ho prestato servizio come ufficiale dei carabinieri, congedandomi col grado di capitano. Mi sono laureato in Giurisprudenza, ho un baccalaureato in Filosofia e un Master in business administration (Mba) conseguito presso la Sda Bocconi». Le piaceva il suo lavoro (e fare il manager)? «Era il lavoro con cui mi guadagnavo da vivere. Detto con franchezza, le mie passioni stavano altrove: la letteratura, il teatro, il cinema, la montagna...». Cosa ricorda di quando ha scoperto che il suo presidente utilizzava denaro pubblico per i suoi interessi? «Ricordo un forte senso di nausea e di rivolta morale… e lo sdegno verso i colleghi che sapevano e tacevano». Ha mai avuto dubbi sul da farsi? «Mai. D’altra parte io ero stato assunto proprio per fare ciò che ho fatto. Con molta serenità e fermezza ho segnalato ai vertici che

avevamo i ladri in casa, o meglio, in azienda, e che a rubare era nientepopodimeno che il presidente!». All’interno dell’azienda le dissero di lasciare stare. Perché secondo lei ci fu questa reazione? «Chi mi parlò così aveva qualche scheletro nell’armadio e temeva che saltasse fuori. A pesare, ci fu anche una buona dose di menefreghismo e di sottili connivenze. Attorno ai capi, si sa, ci sono tanti cortigiani che cercano di lucrare qualche beneficio attraverso l’adulazione o i ricatti. E il silenzio su certe faccende viene ricompensato a peso d’oro. Bonus, promozioni, altri incarichi… devo continuare?». Di fatto fu lei a venire isolato e ad essere trasferito ad altra funzione aziendale, senza compiti di controllo. Come furono quei momenti? «Dolorosi. A ferirmi furono soprattutto il voltafaccia dei colleghi, l’ipocrisia dei doppiogiochi-

sti e l’indifferenza degli ignavi. Di chi sta alla finestra e cerca di capire da che parte tiri il vento». Nonostante questi ostacoli non si perse d’animo e denunciò i fatti all’esterno, alle forze dell’ordine. Cosa la spinse a mettere a rischio il suo lavoro e la sua carriera? «Ho sentito che avevo la responsabilità di porre fine a quello scempio di risorse pubbliche. La responsabilità, ma anche il potere: era nelle mie possibilità e l’ho fatto. A spingermi fu anche il rispetto verso me stesso. Ho pensato: un altro lavoro lo posso trovare, ma se calpesto la mia dignità, non posso metterla in lavatrice. Persa una volta, è persa per sempre. Chi ha un prezzo non vale niente». Oggi rifarebbe tutto quello che ha fatto? «Certo, mille volte. Voglio continuare a essere un uomo libero». Non sono forse i manager quelli che più di tutti in azienda dovrebbero dare l’esempio e fare il pos-

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Intervista sibile per combattere e annullare l’illegalità? «Già, dovrebbero dare l’esempio. Purtroppo, molti manager antepongono la carriera e il successo personale all’etica e al bene comune. Tra la fedeltà alla propria coscienza e quella al proprio ambiente di lavoro, ai loro capi, alla “cordata” vincente, optano per

Whistleblower: letteralmente “colui che soffia il fischietto”, ossia il lavoratore che, invece di farsi i fatti suoi, segnala corruzione e malaffare.

quest’ultima. Più che per paura, per un calcolo opportunistico. Così facendo, però, si condannano a una vita da mediocri e all’infelicità. Per fortuna ci sono anche tante persone oneste e capaci: è grazie a loro se non affondiamo». Tutti i lavoratori, non solo manager, hanno però un ruolo in questo. Come devono agire? «È vero. Ciascun lavoratore ha la responsabilità di segnalare ciò che non va e di denunciare gli illeciti. Io non ho niente da insegnare, ciascuno di noi sa bene come deve

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agire: secondo coscienza e nel rispetto delle leggi». Lei è stato il portabandiera della legge sul whistleblowing approvata dal parlamento ed entrata in vigore il 29 dicembre 2017. È sufficiente? «No che non lo è, perché è necessario anzitutto un cambiamento culturale. Certo, la legge stessa fa cultura, ma il transito verso un nuovo paradigma richiede tempi lunghi. Tra l’altro è interessante notare che nella nostra lingua non esiste un termine semanticamente corrispondente all’inglese whistleblower (letteralmente “colui che soffia il fischietto”, ossia il lavoratore che – come l’arbitro che fischia il fallo per fermare il gioco sporco – invece di farsi i fatti suoi segnala corruzione e malaffare). I termini usati hanno tutti quanti un’accezione negativa: delatore, spia, talpa, gola profonda, sicofante, infame… Quando manca una parola, manca l’idea, la possibilità. Quella cosa lì è inconcepibile, impensabile. Però esportiamo all’estero la parola “omertà”: questa sì, tutta italiana. La lingua riflette la società che la parla. E noi, fin da piccoli, cresciamo con l’adagio che Chi fa la spia non è figlio di Maria… Io lo sostituirei con quest’altro: Chi tace acconsente». Com’è cambiata la sua vita dopo questo episodio e adesso cosa fa? «Quelli che ieri erano i miei hobby

– la scrittura ecc. – oggi sono diventati il mio lavoro: faccio l’autore televisivo per Loft, la casa di produzione e web-tv del Fatto Quotidiano. La qualità della mia vita è migliorata». Quale consiglio darebbe ai manager e a tutti i lavoratori per creare le condizioni che siano di default un antivirus all’illegalità? «Di ricordarsi che chi chiude gli occhi di fronte a un illecito non fa il bene della propria azienda: distrugge un bene intangibile quale la fiducia, senza la quale una società non può prosperare. Di tenere la schiena dritta. Di non scegliere ciò che conviene, ma ciò che è giusto, bello, vero. Di coltivare l’interiorità e l’empatia. Di rispolverare il buon vecchio esame di coscienza. Di andare più spesso a teatro, di assistere a qualche rappresentazione delle tragedie greche, in primis, l’Antigone di Sofocle. Di leggere la grande letteratura. Di guardare negli occhi i propri figli e di ricordarsi che l’eredità più preziosa che lasceremo loro non è fatta di beni immobiliari o mobiliari, ma di valori veri, quelli che non si devono depositare in banca, ma che danno senso alla vita e scaldano il cuore. Insomma, prima del manager deve esserci l’uomo. Non servono nuove leggi o nuove procedure: ce ne sono fin troppe. Abbiamo bisogno di persone perbene, di persone autentiche». 


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Fisco

TEMPO DI TASSE Un percorso a ostacoli tra novità e insidie per il prossimo modello 730/2018 Romeo Melucci responsabile servizio fiscale 50&Più Caaf

È

PARTITO il conto alla rovescia per la presentazione del modello 730/2018 da parte degli oltre 20 milioni di cittadini che lo scorso anno hanno percepito redditi da lavoro dipendente o da pensione. Per molti rappresenta l’occasione per recuperare parte delle spese sostenute lo scorso anno e avere il rimborso del proprio conguaglio a credito già dal mese di luglio, per i dipendenti, oppure da agosto per i pensionati. In un articolo dello scorso mese di novembre il Sole 24 Ore ha diffuso i dati del rapporto annuale Ocse sulle “Entrate da tassazione” dal quale emerge che il fisco italiano è al sesto posto, tra i paesi membri, per tassazione più elevata. In particolare, il rapporto Ocse ha certificato che nel 2016 le tasse nella penisola sono state pari al 42,9% del Pil contro la media del 34,3%.

Una dichiarazione sempre più complessa In Italia, nel corso degli ultimi anni, per mitigare la crescente pressione fiscale e dare slancio alla ripresa economica, si è fatto spesso ricorso a nuove forme di agevolazioni fiscali e modifiche di quelle esistenti. L’effetto collaterale, tuttavia, è che

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la nostra dichiarazione dei redditi è divenuta sempre più complessa. Basti pensare ad alcune delle novità introdotte da quest’anno, come la Certificazione unica per le cosiddette “locazioni brevi” che, in alcuni casi, subiranno una ritenuta d’acconto, oppure alla nuova detrazione per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio volti all’adozione di misure antisismiche, il cosiddetto “sisma bonus”. In quest’ultimo caso sarebbe bastata una detrazione con poche regole, vista la reale utilità del beneficio e i potenziali destinatari. Tuttavia il legislatore ha stabilito un coacervo di disposizioni e regole correlate che a confronto il labirinto di Minosse è paragonabile a un’autostrada a tre corsie. Anzitutto questa detrazione non va confusa con quella dello scorso anno, che era pari al 65% ed era rivolta soprattutto all’abitazione principale (erano esclusi gli altri immobili a uso abitativo ricompresi, invece, nel nuovo sisma bonus). La nuova detrazione spetta solo per gli interventi le cui procedure autorizzative sono iniziate a partire dal 1° gennaio 2017 (altrimenti entra in gioco la detrazione con le regole dello scorso anno). Gli edifici devono essere ubicati nelle zone sismiche 1, 2, 3 di


cui all’Ordinanza del presidente del consiglio dei ministri del 20 marzo 2003. La misura della detrazione può essere del 50% oppure anche del 70% (in caso di passaggio a una classe di rischio sismico inferiore), ma può arrivare fino all’80% (se il passaggio avviene per due classi). Inoltre, se gli interventi sono effettuati su parti comuni condominiali, la detrazione del 70% passa al 75% e quella dell’80% all’85%.

Precompilato: è affidabile? A soccorso dei contribuenti, dopo il triennio di sperimentazione, arriva però la dichiarazione precompilata che l’Agenzia delle entrate metterà a disposizione dal 15 di aprile sul proprio portale. Quest’anno troveremo nella pre-

compilata, in aggiunta alle altre spese, anche quelle sostenute dai genitori per la frequenza degli asili nido dei propri figli e, in alcuni casi, anche le erogazioni liberali effettuate a favore delle Onlus (per questi ultimi soggetti la comunicazione all’Agenzia è ancora facoltativa). Ma quanto sono affidabili i dati che troveremo nella precompilata? Il Sole 24 Ore, in un articolo pubblicato nello scorso mese di settembre, ha evidenziato che è ancora elevato il numero di interventi che i Caf devono effettuare sulla dichiarazione precompilata. In riferimento al modello 730/2017, i quadri della dichiarazione che hanno subito meno modifiche, rispetto alla precompilata, sono stati il quadro “C”, che accoglie i redditi di

lavoro dipendente e pensione, variato solo nel 10,9% dei casi, e il quadro dei familiari a carico variato nel 18,6% dei casi. Passiamo ora alle note dolenti. Il quadro “B”, in riferimento ai fabbricati, ha subito modifiche nel 54,8% dei casi. Tra le caselle più modificate quella relativa ai “casi particolari Imu”, alla percentuale e giorni di possesso. Il quadro “E”, invece, in riferimento a oneri e spese, continua a essere quello più variato in assoluto, con una percentuale del 92,5%. Se si considera il solo rigo E1, relativo alle spese mediche, la percentuale di precompilati modificati è al 60,8%, nonostante la comunicazione obbligatoria imposta dall’Agenzia alla quasi totalità degli addetti al settore (studi medici, farmacie, strutture sani-

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Fisco

MODELLO 730/2018 – PRINCIPALI NOVITÀ E NUOVE AGEVOLAZIONI FISCALI CUI È POSSIBILE USUFRUIRE  Cedolare secca: a decorrere dal 1° giugno 2017, oltre ai proprietari e ai titolari di altri diritti reali, anche i comodatari e gli affittuari che locano gli immobili per periodi non superiori a 30 giorni possono assoggettare a cedolare secca i redditi derivanti da tali locazioni.  Locazioni brevi: a decorrere dal 1° giugno 2017 i redditi dei contratti di locazione non superiori a 30 giorni, conclusi con l’intervento di soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online, sono assoggettati a una ritenuta del 21% se questi ultimi intervengono anche nel pagamento o incassano i canoni o i corrispettivi derivanti dai contratti di locazione breve. La ritenuta è effettuata direttamente dall’intermediario che, rilasciata una Cu denominata “Certificazioni redditi-locazioni brevi”, evidenzia l’ammontare percepito e le ritenute operate.  Premi di risultato e welfare aziendale: innalzato da 2.000 a 3.000 euro il limite dei premi di risultato da assoggettare a tassazione agevolata. Il limite è innalzato a 4.000 euro se l’azienda coinvolge pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro e se i contratti collettivi aziendali o territoriali sono stati stipulati fino al 24 aprile 2017.  Sisma-bonus: da quest’anno sono previste percentuali di detrazione più ampie per le spese sostenute per gli interventi antisismici effettuati su parti comuni di edifici condominiali e per gli interventi che comportano una riduzione della classe di rischio sismico. In particolare la detrazione varia dal 50 all’80% per interventi antisismici effettuati sulle singole unità immobiliari e dal 50 all’85% per quelli realizzati su parti comuni di edifici condominiali.  Eco-bonus: percentuali di detrazione più ampie (fino al

tarie ecc.). Anche il quadro “D”, degli altri redditi, risulta modificato nel 42,9% dei casi, con particolare riguardo al rigo D7, codice 4, in

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75%) per alcune spese per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici condominiali.  Spese d’istruzione: aumentato a 717 euro il limite delle spese d’istruzione per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale d’istruzione.  Spese sostenute dagli studenti universitari: per gli anni d’imposta 2017 e 2018 il requisito della distanza, previsto per fruire della detrazione del 19% dei canoni di locazione, si intende rispettato anche se l’università è situata all’interno della stessa provincia ed è ridotto a 50 km per gli studenti residenti in zone montane o disagiate.  Spese sanitarie: limitatamente agli anni 2017 e 2018, sono detraibili le spese sostenute per l’acquisto di alimenti a fini medici speciali, con l’esclusione di quelli destinati ai lattanti. Per “alimento a fini medici speciali” s’intende un prodotto destinato alla gestione dietetica di pazienti da utilizzare sotto controllo medico oppure destinato all’alimentazione di pazienti con capacità limitata o alterata di assumere alimenti comuni, oppure con altre esigenze nutrizionali determinate da condizioni cliniche (per l’elenco degli alimenti è possibile consultare il sito www.salute.gov.it).  Art-bonus: dal 27 dicembre 2017 è possibile fruire del credito d’imposta per le erogazioni cultura, anche per le erogazioni liberali effettuate nei confronti delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione.  5 per mille: da quest’anno è possibile destinare una quota pari al 5 per mille della propria imposta sul reddito a sostegno degli enti gestori delle aree protette.

cui, coloro che aderiscono a Fondi o Casse di assistenza sanitaria, si vedono automaticamente inserite delle somme da assoggettare a tas-

sazione per presunte spese mediche portate in detrazione in anni precedenti e poi rimborsate. Si tratta, in realtà, di spese sanitarie


dell’anno 2016 che vanno assoggettate a tassazione, inserendole al rigo D7 solo nel particolare caso in cui il dichiarante le abbia detratte nel modello 730/2017 e, successivamente, siano state oggetto di rimborso, dal proprio Fondo o Cassa di assistenza sanitaria, nel corso dell’anno successivo. È necessario poi considerare che molte spese, come ad esempio quelle di ristrutturazione o il bonus arredi, non saranno inserite direttamente nel 730 precompilato ma nel separato prospetto aggiuntivo e dovrà essere il dichiarante a verificarle ed eventualmente a inserirle nella propria dichiarazione. Per chi volesse avvalersi della dichiarazione precompilata dovrà controllare attentamente tutta la dichiarazione, con la consapevolezza che l’esonero dai controlli documentali sugli oneri detraibili e deducibili, da parte dell’Agenzia, è possibile averlo solo se si “accetta” la dichiarazione senza effettuare alcuna modifica sul calcolo del reddito complessivo oppure nell’imposta.

quelle esistenti che conoscevamo subiscono variazioni o cancellazioni (si pensi al bonus arredi per le giovani coppie introdotto nel 2016 e non confermato per il 2017). È vero che lo scorso anno i cittadini che hanno scelto il fai-da-te con la precompilata sono arrivati a 2,3

ceveremo controlli documentali da parte dell’Agenzia delle entrate. Chi si rivolge a un Caf, o a un professionista abilitato, deve consegnare, oltre alla delega per l’accesso al modello 730 precompilato, il modello 730-1, in busta chiusa, che riporta la scelta per destinare

milioni, ma restano oltre 17,5 milioni coloro che nel 2017 si sono avvalsi dei Caf.

l’8, il 5 e il 2 per mille dell’Irpef. È necessario sempre esibire al Caf o al professionista abilitato la documentazione necessaria per verificare la conformità dei dati riportati nella dichiarazione. I principali documenti da esibire sono la Certificazione unica e le altre certificazioni che documentano i redditi percepiti e le ritenute subite, gli scontrini, le ricevute, le fatture e le quietanze che provano le spese sostenute, gli attestati di versamento d’imposta eseguiti con il modello F24. 

Cosa fare allora? Una normativa sempre più complessa Il quadro della situazione e i dati che abbiamo evidenziato dimostrano che, nonostante lo sforzo dell’Agenzia, non ci sono ancora le condizioni per un fisco semplice e a portata di tutti. La normativa diviene ogni anno più complessa, nascono nuove detrazioni, mentre

Risulta ancora evidente per la propria dichiarazione dei redditi, l’esigenza di avere l’assistenza di un operatore specializzato che oltre a consentirci di beneficiare di tutte le detrazioni e le agevolazioni fiscali a cui si ha diritto, ci dia la certezza che, sui dati certificati dal Visto di conformità, dopo aver ricevuto il nostro conguaglio a credito non ri-

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Focus

LE TRE “C” DELLA MODERNA TRANSPORTATION Condividiamo tutto. Sempre di più. E non è solo una questione di risparmio, ma anche di community. Cosa significa? Lo abbiamo chiesto a due giovani country manager alla guida (è proprio il caso di dirlo!) di due realtà vincenti nel mondo della transportation e che hanno rivoluzionato il nostro modo di viaggiare: la piattaforma di carpooling BlaBlaCar e l’app di navigazione social Waze. Tre le “C” del loro successo: carpooling, crowdsourcing e appunto community. Alla base non possono invece mancare innovazione, tecnologia e naturalmente il concetto di sharing economy. Loro sono Dario Mancini e Andrea Saviane. Eliana Sambrotta

 Dario Mancini

NE PARLIAMO CON

È il country manager della branch italiana di Waze. Classe 1976, ha lavorato per Lexmark e British Telecom fino ad arrivare a Google, dove dal 2012 al 2017 è stato head of industry dell’area Tech & Telco italiana.

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 Andrea Saviane Country manager di BlaBlaCar Italia. Nasce a Treviso nel 1983, nel 2013 diventa marketing manager di BlaBlaCar Italia e nel 2014 è country manager.

Qual è l’utente tipo di Waze?  Dario Mancini «L’utente tipo di Waze è variegato, ci sono viaggiatori che utilizzano l’app anche due volte al giorno, per andare e tornare dal posto di lavoro seguendo il percorso migliore. La peculiarità di Waze è che grazie alla community e alla comunicazione in tempo reale degli utenti è in grado di fornire il percorso più veloce anche per i tragitti quotidiani e quindi già conosciuti. Anche dal punto di vista demografico il target dell’app è abbastanza variegato. Sicuramente abbiamo gli “innovatori tecnologici” e gli utenti più “smart”, quindi tendenzialmente più giovani, ma raggiungiamo anche fasce d’età più alte, perché Waze viene vissuto come un compagno di viag-


sciamo la strada, Waze dà una serie di informazioni in più grazie all’interazione in tempo reale con la community ed è per questo che risulta molto utile anche per i tragitti che già conosciamo perfettamente. La comunità è vincente, soprattutto quando si parla di traffico, che poi è anche una delle nostre mission. Pensate che il traffico è un vero e proprio costo per il nostro Paese: secondo alcuni dati di Ambrosetti, le code nel traffico ci costano tra i 5 e i 7 miliardi di euro l’anno e, dimezzando i tempi di spostamento, l’Italia potrebbe risparmiare tra 5,5 e 7 miliardi all’anno».  Andrea Saviane

gio grazie a tutta una serie di informazioni in più che mette a disposizione». A proposito di compagno di viaggio, non è pericoloso “socializzare” alla guida?  Dario Mancini «La nostra priorità è sicuramente la sicurezza stradale. Infatti, appena accedi all’app, appare sullo schermo una domanda che permette di interagire solo con coloro che sono passeggeri. Abbiamo sviluppato la possibilità di interagire con il conducente esclusivamente attraverso i comandi vocali senza mai toccare il telefono. Inoltre, sempre in tema sicurezza, abbiamo introdotto anche il Child Reminder Alert, che ricorda al genitore di prendere il bimbo una volta arrivato a destinazione».

E invece l’utente tipo di BlaBlaCar?  Andrea Saviane «BlaBlaCar si rivolge a tutti i viaggiatori che hanno la necessità di spostarsi su tratte interurbane. La piattaforma è pensata, da un lato, per gli automobilisti che devono percorrere lunghi tragitti e vogliono avere la possibilità di chiacchierare e spartire con altri le spese di carburante e pedaggio. Dall’altro, per chi non dispone di un’auto e viaggia da o verso zone non servite da un trasporto pubblico capillare o che semplicemente cerca una modalità di viaggio più social e conveniente». Cosa spinge l’utente a scegliervi, solo il risparmio o c’è di più?  Dario Mancini «Mentre un navigatore è utilizzato generalmente quando non cono-

«Una ricerca realizzata da Collaboriamo con il TRAILab dell’Università Cattolica ha rilevato che gli utenti BlaBlaCar considerano la possibilità di fare il viaggio in compagnia un elemento distintivo del carpooling. Il servizio viene scelto dai viaggiatori per due principali motivazioni: il risparmio e la socialità, nella maggior parte dei casi indicate assieme». Fondamentale per voi è essere sempre all’avanguardia: quali novità in vista?  Dario Mancini «Due delle principali novità che abbiamo sviluppato recentemente sono l’integrazione con Android Auto e l’integrazione con Spotify. Grazie a quest’ultima partnership, evitiamo agli automobilisti di passare da un’app all’altra per cam-

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Focus biare la playlist musicale durante la guida: il mondo della musica e il mondo dell’auto sono storicamente molto legati».  Andrea Saviane «Abbiamo appena lanciato una nuova funzionalità che rende i collegamenti in carpooling con le piccole città ancora più facili. Ora il passeggero può inserire il suo esatto luogo di arrivo: un paese, un quartiere o persino un indirizzo preciso. BlaBlaCar cerca un conducente che possa lasciarlo in un punto in prossimità del tragitto che ha già stabilito di percorrere e, una volta che il conducente accetta la piccola deviazione, il passeggero può usufruire di un Nasce nel 2006 in Francia ed è la più grande piattaforma al mondo per il carpooling su lunghe distanze. Mette in contatto persone che vogliono viaggiare con conducenti che si spostano nella stessa direzione, permettendo loro di viaggiare insieme e di condividere le spese. Il sito e le app sono pensate per creare una community sicura in cui gli utenti dichiarano la propria identità e costruiscono la propria reputazione di viaggiatore affidabile grazie ai feedback dei compagni di viaggio.

Sulla piattaforma i online BlaBlaCar gl e ch an no sso po ti uten so to specificare quan da i, on no chiacchier , da “Bla” a “BlaBlaBla” r! Ca Bla Bla me no il qui

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viaggio che lo porta molto più vicino alla sua destinazione finale». Cosa significa per voi digital?  Dario Mancini «Per noi essere digital significa utilizzare la tecnologia per il raggiungimento di un bene più ampio e comune: il supporto agli automobilisti in tutto il mondo. Grazie alla nostra app gli utenti possono risparmiare tempo prezioso, migliorando la qualità della guida e del traffico nelle nostre città, e dunque della vita più in generale. Questo è possibile anche grazie all’aggiornamento costante delle mappe da parte di oltre 250mila map editor volontari a livello globale. Tutte queste attività contribuiscono all’obiettivo più grande di compartecipare alla sicurezza stradale per una mobilità migliore».  Andrea Saviane

«L’esperienza del viaggio con BlaBlaCar è ibrida, tra digitale e reale: nasce online, sulla piattaforma web e sulle app, si sviluppa in un incontro fisico tra i viaggiatori e si conclude nuovamente sulla piattaforma, dove gli utenti si scambiano un feedback reciproco. Citando ancora la ricerca realizzata da Collaboriamo e dall’Università Cattolica, nell’84% dei casi i viaggiatori dichiarano di sentirsi parte di un gruppo che contribuisce a cambiare il mondo in modo positivo e il 95% del campione condivide il vissuto del viaggio con i propri contatti».

La società sta mutando, ma si è veramente superato il concetto di proprietà privata?  Dario Mancini «Possiamo dire che la sharing economy ha già esplorato un po’ tutti i mondi di possibile utilizzo, dall’immobiliare ai mezzi di trasporto, dalla musica al mondo del business e delle tecnologie. Difficile poter dire quale sarà il modello dominante del futuro, ma è chiaro che la tecnologia avrà sempre un ruolo molto importante. Sicuramente nel breve-medio termine lo sharing ha ancora una buona vita».  Andrea Saviane

«L’esplosione della sharing economy ha dimostrato che ci sono ampi margini di trasformazione per la proprietà privata. Il settore dell’automotive è in particolare fermento: dal car sharing al carpooling, fino ai diversi progetti per lo sviluppo di veicoli autonomi che potrebbero non essere destinati a singoli viaggiatori ma a una comunità o all’amministrazione di un territorio, al pari del trasporto pubblico. Noi stiamo sperimentando nuove formule: in Francia è stato lanciato BlaBlaLines, un nuovo servizio per i pendolari giornalieri». L’economia della condivisione rappresenta un’opportunità di crescita generale?  Dario Mancini «Sicuramente la sharing economy


rappresenta un’importante opportunità di crescita e di sviluppo di nuovi interessanti modelli di business. C’è in atto una profonda trasformazione ed è importante “contenere” le innovazioni tecnologiche in un sistema normativo e legale affinché questi cambiamenti siano un’effettiva opportunità per l’economia del nostro Paese».  Andrea Saviane

«Le piattaforme di condivisione online hanno consentito di sbloccare immense opportunità di collaborazione tra gli individui: hanno reso possibile lo sviluppo della fiducia interpersonale su di una scala senza precedenti. In passato, due individui dovevano incontrarsi e interagire più volte tra loro prima di potersi fidare reciprocamente. Oggi internet permette a ognuno di accumulare feedback da molte persone diverse». Quale nuovissima attività sharing si sta affacciando sul mercato?  Andrea Saviane «In questo contesto di grande dinamicità, credo che vedremo una fase di ulteriore rilancio della sharing economy non appena la tecnologia blockchain inizierà a essere applicata su larga scala agli scambi peer-to-peer. Gli smart contracts a costo zero, la tracciabilità decentrata delle transazioni e gli scambi di moneta virtuale sono potenzialmente in grado di abbattere i costi di gestione delle piatta-

È un’app di navigazione social basata sul crowdsourcing. Infatti, si alimenta e vive grazie al forte contributo della propria community mondiale, oltre 100 milioni di utenti. Tra questi esiste una comunità di map editor che volontariamente editano le mappe, mentre gli utilizzatori dell’app possono segnalare buche, ingorghi, incidenti ecc. in tempo reale. Waze è stata inserita da Forbes fra le 50 app più rilevanti al mondo. Nasce come startup israeliana e nel 2013 viene acquisita da Google.

forme e di renderle più facilmente scalabili. Un esempio molto affascinante è MyBit, che grazie alla blockchain consente ai privati di effettuare microinvestimenti e di condividere la proprietà di impianti e macchinari, distribuendo in modo rapido, sicuro e a basso costo i relativi profitti». Cosa significa fare il manager in un’azienda innovativa come la vostra?  Dario Mancini «Sicuramente l’aver mantenuto la mentalità di una startup, quale era Waze, all’interno di un’azienda molto più grande come Google è vincente: siamo comunque a tutti gli effetti una grande azienda internazionale ma abbiamo mantenuto, proprio per l’importanza che ha per Google il mondo della transportation, una realtà indipendente. In Waze siamo circa 400 dipendenti a livello globale, il che ci dà la possibilità di pensare e agire come un’azienda grande ma non enorme e quindi in maniera molto più agile. Poi logicamente ci sono i nostri pilastri fondamentali: l’inno-

Waze non è solo soci al ma anche sociale: è stata una delle app più utilizzate durante l’ uragano Harv ey in Usa segnaland o distribu tori aperti o ce ntr ta/emerge i di raccolnza è avvenuto . Lo stesso durante i recenti te rremoti in Italia, se gnalando punti di a ssistenza, strade chiu se ecc.

vazione, la tecnologia e il crowdsourcing».  Andrea Saviane «Essere manager di una realtà orientata all’innovazione come BlaBlaCar significa confrontarsi ogni giorno con giovani di grande talento, che pensano sempre meno come dipendenti e hanno sempre più spesso uno sguardo da microimprenditori. Significa accettare e stimolare dinamiche di decision making sempre più orizzontali invece che top down. Vuol dire anche confrontarsi con un mondo digitale in continuo mutamento che obbliga a rimettere in discussione ogni giorno le competenze acquisite e a cercarne di nuove». 

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Uno di noi

MANAGER DELLA MODERNA DISTRIBUZIONE Due chiacchiere con Mauro Carbonetti sul ruolo e il valore che un amministratore delegato può e deve dare in un’azienda della grande distribuzione organizzata. Carbonetti è associato a Manageritalia Ancona dal 1989.

Mauro Carbonetti è amministratore delegato del gruppo Magazzini Gabrielli, realtà di riferimento della grande distribuzione organizzata italiana.

Enrico Pedretti

Cosa vuol dire oggi essere amministratore delegato in un mercato sempre più mutevole? «Vuol dire avere senso innato e profondo di responsabilità e attitudini quali la curiosità verso tutto ciò che è innovativo, senza perdersi nella grande varietà di ciò che si può vedere, distinguendo i particolari e inserendoli in un quadro generale. Significa avere visione sistemica. Per lavorare in tale ampiezza occorre essere abili nei processi di delega, mantenendo in equilibrio costante l’autonomia delle persone delegate e il controllo necessario affinché non si perda la linea di navigazione». Quali i must da mettere in campo, indipendentemente da azienda e settore? «Riconoscere in primis che i risultati si raggiungono con persone e collaboratori competenti e motivati. Occorre a questo scopo essere sfi-

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danti e riconoscere i meriti, imparare dagli errori, generare ottimismo e passione. Per fare tutto ciò serve un impegno costante e continuo per coinvolgere l’intera azienda nella costruzione di una rete trasversale di relazioni che faccia da propulsore verso l’innovazione e la crescita organica delle competenze». Come un amministratore delegato può dare contributo e valore all’azienda? «Questo può avvenire solo se si ha una profonda comprensione del business e del proprio mercato di riferimento. Capire e lavorare principalmente sulle leve, sugli asset che possono generare valore per tutti i portatori di interesse, non solo per i soci, e quindi in grado di far progredire l’organizzazione verso uno sviluppo “sano” che tenga costantemente presente la vision dell’impresa e il percorso migliore per realizzarla».


Quale il percorso vincente per un manager della moderna distribuzione? «Percorrere le tappe che partono dal mercato, meglio dalla conoscenza del cliente. Sembrerebbe quasi ovvio ma non è così. La mia esperienza mi ha mostrato grandi flop anche di persone strutturalmente dotate. Partire quindi da ciò significa porsi le domande giuste, mettersi nella logica di comprendere ciò che facciamo e per chi lo facciamo. Affrontare le sfide di questo settore senza conoscere a fondo le tematiche dei punti vendita significa mantenere un gap nel proprio bagaglio professionale che difficilmente si potrà colmare». Cosa fare per crescere professionalmente? «Fare esperienze anche diversificate, allargare il campo dei propri interessi e non smettere mai di studiare e aggiornarsi. Occorre un confronto costante con colleghi di altri settori e aziende. Coltivare relazioni aperte e collaborative. Non disdegnare compiti di natura operativa e soprattutto non saltare fasi della propria attività professionale solo per cercare di arrivare prima al traguardo. D’altronde anche un amministratore delegato passa normalmente una grande quantità del proprio tempo in attività gestionali concrete, determinate spesso da problemi anche di sopraggiunta urgenza che hanno bisogno di essere risolti».

Lei è sempre stato nel retail, quali punti di forza di business e manageriali offre e sono esportabili altrove? «In questo settore la complessità dello stesso abitua alla flessibilità e duttilità necessarie per un approccio modulare e scalabile. Si impara a gestire l’incertezza e a convivere con lo stress che la stessa genera, ma soprattutto si impara a focalizzare costantemente l’attenzione sulle persone, attraverso l’ascolto e

Come sta cambiando la moderna distribuzione e come cambierà? «Il cambiamento è già in atto ed è ormai conclamato. Il mercato e i consumatori, insieme ai fattori acceleratori generati dalla tecnologia digitale, dalla sensibilità ambientalistica, dalla maggiore attenzione salutistica, dai cambiamenti sociali e del lavoro, ha imposto un ripensamento totale dei paradigmi con cui si dava risposta alle istanze della domanda. È or-

MANAGERITALIA ANCONA Manageritalia Ancona è l’organismo che rappresenta i manager nelle Marche

L’associazione in numeri Dirigenti 163 Quadri 56 Executive professional 29 Pensionati 70 TOTALE 318 Maschi 275 Femmine 43 dati del marzo 2018

l’osservazione. Oggi i dati generati dalla tecnologia a sostegno delle decisioni sono un grande aiuto, ma rappresentano pur sempre una bella fotografia del passato. Viceversa per guardare avanti occorre sempre l’intuizione che solo l’uomo può avere interpretando i segnali che spesso non sono così evidenti».

mai chiara una significativa focalizzazione e segmentazione delle formule commerciali delle insegne distributive. Pensare a un’offerta generalista non trova più sufficiente riscontro da parte dei clienti, i quali sempre più vogliono sentirsi unici come entità intellettuale e personale. A tutto ciò occorre dare risposte sempre più

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Uno di noi efficaci se si vuole continuare a fare questo mestiere». E-commerce e punto vendita fisico per voi sono rivali o complementari? «Sono rivali se pensiamo a competitor che definiamo pure player, sono complementari se un’insegna moderna vuole dare le famose risposte alle istanze dei propri clienti. Il nostro mestiere implica la conoscenza a fondo dei bacini ove sono le location, ciò significa anche attrezzarsi al meglio per offrire i servizi di cui i potenziali clienti hanno necessità di usufruire. Pertanto attivare servizi di home delivery o di click & collect per facilitare l’attività di rifornimento ritengo sia una necessaria evoluzione della nostra attività commerciale. Farne a meno significa fare spazio ai competitor. Anzi, un’insegna “forte” sul territorio qualifica di per sé il servizio di richiesta attraverso la tecnologia e ne rafforza in qualche modo l’elemento fiduciario». Vive ad Ascoli Piceno, che ambiente professionale c’è e come sfruttarlo? «Ogni ambiente in cui ci si cala mostra i suoi vantaggi e le sue peculiarità. La nostra regione, e soprattutto la valle del Tronto, ha vissuto e sta vivendo periodi di crisi che non scopro io oggi. Il tessuto imprenditoriale è costituito principalmente da pmi, ma con eccellenze di prodotto riconosciute anche su scala nazio-

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nale e a volte internazionale. Ovviamente qui l’imprenditore è molto presente nel business. Questo irrobustisce la dinamica imprenditoriale degli eventuali manager presenti in tali imprese. Certamente può essere per certi versi un vantaggio, ma occorre saperne cogliere le sfumature, soprattutto in merito alle dinamiche di delega e del rapporto fiduciario che questo si porta dietro». Come fare networking con vantaggi per sé e l’azienda, magari anche divertendosi? «La tecnologia digitale offre opportunità che fino a qualche lustro fa non era neanche immaginabile. Occorre però fare una precisazione, tutto ciò che è mediato da un sistema tecnologico a volte non copre appieno quello che invece si può ottenere da una sana discussione aperta e frontale in cui ognuno possa percepire anche le più piccole sfumature di ciò che viene raccontato. Per questo occorre mantenere rapporti diretti e costanti fuori dall’azienda, selezionando opportunamente i consessi ove si ritenga opportuno essere presenti (non necessariamente inerenti la propria specificità professionale), per migliorare costantemente le proprie competenze e la gestione del business». Managerialmente parlando, Ascoli Piceno e la sua regione come sono messi? «Esistono delle ottime professiona-

lità che purtroppo a volte sono sottovalutate, in quanto su scala nazionale forse veniamo considerati una regione un po’ “invecchiata” sotto l’aspetto culturale e professionale, con pochi stimoli competitivi e territoriali. In realtà non è così: la mia esperienza mi ha insegnato e fatto conoscere realtà e persone di assoluto valore che nulla avrebbero da invidiare a colleghi di regioni maggiormente titolate. Le difficoltà in questo territorio esistono e sono di non poco conto, basti pensare soltanto ai collegamenti e alle infrastrutture moderne che qui sono ancora latenti e non confrontabili con la fascia tirrenica. Questo accresce notevolmente le difficoltà della mobilità che purtroppo si riesce a fare soltanto a costo di veri “sacrifici” di natura personale». Lei è associato a Manageritalia Ancona: che rapporto e quali vantaggi ha? «Ho usufruito molto durante gli anni degli eventi formativi e dei vari workshop proposti dal Cfmt, ma ho anche utilizzato diverse tipologie di consulenza necessarie a chiarire aspetti del mio rapporto di lavoro. Ritengo anche molto valide le proposte assicurative utilizzabili ad esempio nel caso di viaggi all’estero. In generale il rapporto con l’associazione è stato da me sempre apprezzato e ritengo di aver avuto, ogni qual volta richiesto, il supporto necessario». 


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PILLOLE DI BENESSERE Giorgio Pivato medico chirurgo in Humanitas San Pio X di Milano

benessere

DOLORI HIGH-TECH

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La nuova era di internet, degli smartphone e dei pc ha avuto effetti radicali su chi siamo e su come ci relazioniamo con gli altri. Ma se il cambiamento in atto andasse ben oltre la sfera socio-psicologica, coinvolgendo anche il nostro corpo? Sui mezzi pubblici, in macchina, nei locali, questo è quello che fa la gente con le proprie mani: schiacciare bottoni per comunicare e navigare, cliccare, scorrere e strisciare con le dita. Come conseguenza di questi nuovi stili di vita sono stati previsti cambiamenti anatomo-strutturali delle mani, esattamente come sembra essere successo alla nostra bocca dopo la diffusione dell’uso delle posate. Aspettando che questi cambiamenti abbiano luogo, è consigliabile riconoscere e trattare precocemente i sintomi legati “all’utilizzo tecnologico delle nostre mani” per evitare che questi si cronicizzino. Appare evidente come ogni movimento

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ripetuto in maniera quasi compulsiva nell’arco della giornata possa essere causa di dolore muscolare o tendineo. Il fatto che il pollice sia il segmento maggiormente impiegato nello svolgimento di questo tipo di attività non significa che polso e avambraccio siano risparmiati. Senza un trattamento adeguato i muscoli diventano più rigidi, causando una diminuzione della mobilità e della forza, oltre ad essere dolenti. Come ridurre l’infiammazione Non è possibile vicariare i gesti potenzialmente dannosi tra quelli praticati nello svolgimento delle attività più frequenti: navigare in internet, mandare messaggi, giocare. Esistono però alcuni semplici accorgimenti che possono ridurre la componente infiammatoria del dolore. Negli stadi acuti, applicare del ghiaccio sulla zona interessata è sicuramente il rimedio più efficace; nelle situazioni croniche invece il calore può contribuire a rilassare i muscoli, permettendo un migliore stretching. Praticare esercizi di allungamento delle dita e del polso può aiutare a distendere i muscoli e ridurre il senso di tensione. Naturalmente, la cosa migliore da fare quando si comincia a percepire dolore alle mani è fare una pausa.

Se il dolore si esacerba in concomitanza di movimenti specifici, raccomandiamo anche di modificare il modo in cui si usa il telefono, ad esempio utilizzando l’indice anziché il pollice per premere i pulsanti o toccare lo schermo. Utile anche sfruttare tutte quelle applicazioni che permettono di usare la voce per dettare testi, risparmiando così l’utilizzo delle mani. Al persistere della sintomatologia si consiglia comunque di consultare un medico specializzato nel trattamento delle patologie della mano. Mal di mouse Un ultimo accenno va fatto alla sindrome del tunnel carpale, cioè la compressione del nervo mediano al polso che è causa di fastidiosi formicolii, dolori e alterazioni della sensibilità. Se da un lato la tecnologia ha finito per far crescere di molto il numero di persone affette da sindrome del tunnel carpale (chiamata, non a caso, anche mal di mouse), dall’altro molte soluzioni hightech consentono di alleviare il dolore e prevenire l’insorgere della sindrome. Il mouse, infatti, è il primo indiziato nella stragrande maggioranza dei casi: induce l’utente ad assumere una posizione poco naturale, facendo pressione su tendini, nervi e legamenti del polso. Allo stesso modo, anche la tastiera ha la sua fetta di responsabilità nell’insorgere dell’infiammazione del polso. Rispettando alcuni concetti base di ergonomia, sono oggi a disposizione mouse verticali e trackball, oltre alle cosiddette “tastiere divise” che, grazie a una disposizione dei tasti che segue l’andamento curvo dei polpastrelli, favoriscono la digitazione limitando la compressione e l’infiammazione del nervo.


ARTE Claudia Corti

Sera di carnevale, olio su tela, 1886, Philadelphia Museum of Art

arte

ROUSSEAU, IL DOGANIERE DALL’ANIMO GENTILE DOVE Impressionismo e avanguardia Milano, Palazzo Reale fino al 2 settembre

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In una serata limpida e stellata, rischiarata dalla luna piena, una strana coppia emerge da un fitto bosco di alberi spogli, diretta non si sa dove: sono due maschere, Colombina e Pierrot. A lato un capanno, al di là del quale sembra di intravedere un volto, talmente impercettibile da rendere impossibile capire se si tratti di una presenza buona o minacciosa. È la sera di Carnevale, eppure ciò che traspare è una profonda sensazione di pacatezza e silenzio; è lontano il clamore della festa, e anche i due protagonisti, piccoli in uno spazio immenso, richiamano più la malinconia che il divertimento sfrenato. Forse la festa è già finita, o forse i due si sono allontanati dal proprio ruolo per il desiderio di vivere un brano di vita diversa. Sono tante le domande, ma una sola certezza: la dimensione onirica dell’atmosfera. A dipingere questa tela nel 1886 fu Henri Rousseau, all’epoca quarantaduenne autodidatta all’esordio pittorico. Si narra che abbia portato questo dipinto al Salon des Indipendents accatastato con altri su una carretta di legno spinta a mano. Nato in una famiglia modesta, Rousseau non aveva una formazione artistica; dopo diversi impieghi aveva trovato lavoro all’ufficio del dazio parigino e per questo mestiere gli venne attribuito il soprannome di “Doganiere”.

Il lavoro, non molto impegnativo e caratterizzato da lunghe pause, gli consentì di dedicarsi al disegno e alla pittura. Fu l’inizio di un vortice che lo portò di lì a poco a chiedere la pensione anticipata, affittare un atelier e dedicarsi totalmente, anima e corpo, alla sua grande passione. Stroncato dalla critica per la mancanza di prospettiva delle sue opere, incompreso anche dai suoi contemporanei, che vedevano in lui soltanto un ingenuo autodidatta, Rousseau cercò di colmare le sue lacune frequentando il museo del Louvre, dove aveva modo di imparare le varie tecniche copiando i capolavori del passato, o visitando il Giardino botanico o il Museo di storia naturale, luoghi in cui studiava la vegetazione esotica che avrebbe poi popolato la sua arte. Solo in pochi, come Gauguin e Picasso, compresero quegli scenari immaginari prodotti dalla mente di un uomo rimasto bambino nonostante i lutti che caratterizzarono la sua vita (perderà ben sette figli in pochi anni); ma lui non ambiva alla fama o alla ricchezza, voleva dipingere perché solo così trovava serenità. E allora si tuffò nel suo mondo popolato di alberi e creature fantastiche dove non esisteva il male e l’aggressività, aprendo senza saperlo la strada alle avanguardie del 900 e al Surrealismo con il suo inconfondibile stile naïf.

CURIOSITÀ Rousseau morì nel 1910 in povertà e in silenzio senza disturbare, così come era vissuto; le partecipazioni per il suo funerale arrivarono infatti in ritardo e il suo ultimo viaggio fu accompagnato da soli sette amici.

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LIBRI Davide Mura

Per ricordare la Grande Guerra Con questo romanzo Roberto Roseano si è aggiudicato il premio Acqui Storia per la sezione del romanzo storico. Il protagonista del libro, Pietro Roseano, nato nel 1896, era il nonno dell’autore. Nell’autunno del 1915 venne arruolato in fanteria per combattere in Trentino e sull’altopiano della Bainsizza. Col grado di sergente entrò volontario nella scuola d’assalto della seconda Armata a Sdricca di Manzano, vicino a Udine. Si trovò così a vivere in prima persona la nascita e l’epopea di un corpo leggendario della prima guerra mondiale, gli Arditi. In occasione del centenario della fine della Grande Guerra, un romanzo per ripercorrere quel periodo convulso ed eroico e un omaggio familiare. L’Ardito, Roberto Roseano, Itinera Progetti, pagg. 416,  22.

Oltre l’Italia dei “no” Il saggio scritto a quattro mani da Alberto Brambilla e Stefano Cianciotta è ricco di esempi che fanno arrabbiare. Per colpa di una classe politica miope e di una burocrazia che pesa come un macigno, parecchie scelte strategiche si sono perse dietro a infiniti dibattiti e il nostro paese ha perso grandi opportunità che altri si sono aggiudicati. Interessante la disamina di casi eclatanti che hanno suscitato chiacchiere infinite sui media, come quello dei vaccini. Ma il libro non è una lunga lista di errori: la volontà di invertire la tendenza viene espressa attraverso una serie di proposte utili e potenzialmente proficue su fisco, spesa pubblica, mercato del lavoro, giustizia, scuola e università. I «no» che fanno la decrescita, Alberto Brambilla, Stefano Cianciotta, Guerini e Associati, pagg. 160,  18,50.

dall’ESTERO

50 modi per trovare un lavoro

libri

Le guide per trovare il lavoro giusto abbondano sugli scaffali delle librerie, ma questa è diversa. Dev Aujla, ceo della società di recruiting Catalog, collabora con organizzazioni non profit e startup e intende offrire consigli poco convenzionali soprattutto ai giovani in cerca del loro primo impiego. Il libro si propone di insegnare come individuare le proprie abilità e aspirazioni, vero punto di partenza che presuppone un’analisi di bisogni e obiettivi. L’autore sconsiglia di accettare un lavoro qualsiasi, magari spinti dallo sconforto o da esigenze materiali, perché questo sarà in grado di rovinarci l’esistenza. Attraverso 50 consigli strutturati e pratici – dalle diverse e nuove modalità per fare networking a come sfruttare situazioni e occasioni magari in apparenza lontani da riferimenti professionali, a come trovare insoliti e inaspettati datori di lavoro, fino alle carriere multiple e alla formazione su misura – Aujla invita alla creatività, all’intraprendenza e infonde coraggio, soprattutto quando inviamo il curriculum dopo aver letto un annuncio online (ma è davvero utile o si tratta forse del canale meno efficace?). Lo stile e il linguaggio rifugge i tecnicismi e sembra essere pensato per i Millennial, i primi a trovarsi in mezzo al tornado del nuovo mondo del lavoro, con regole molto diverse rispetto al passato, dove magari si poteva lavorare per 45 anni nella stessa azienda. E quando l’occasione si presenta, come affrontare un primo colloquio? cosa chiedere e non chiedere nel contratto? come gestire imprevisti nella fase di selezione? e perché è importante prendersi una vacanza tra un lavoro e un altro? La guida è un utile vademecum che riassume anni di esperienza, svelando trucchi e ciò che accade dietro le quinte dei processi di recruiting. 50 Ways to get a job: an unconventional guide to finding work on your terms, Dev Aujla, TarcherPerigee, pagg. 256, $ 15.

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LETTURE per MANAGER

...permanager

Marco Lucarelli

IL COACH WOODEN E IL SUO CAMPIONE Si fa presto a dire coaching. Una pacca sulla spalla e siamo tutti “coach”. Questa la nuova parola chiave della letteratura manageriale presa in prestito dal mondo sportivo. In questo passaggio di campo, però, si rischia di perderne il significato e di diluirne il senso. Un po’ come il gioco che si faceva da bambini: a forza di ripetere la stessa parola, questa perde di significato. Coaching, coaching. Intendiamoci, la svolta è positiva. Segnala un chiaro intento da parte delle direzioni del personale di dotarsi di metodologie illuminate nella gestione dei propri collaboratori. Meno concentrazione sulla performance, al “voto di rendimento”, e più attenzione alle possibilità di sviluppo. Un percorso capocollaboratore che spinge quest’ultimo a tirare fuori il meglio di sé, seguendo le proprie attitudini. L’obiettivo è quello di migliorarsi per ottenere il massimo dalla propria carriera lavorativa e allo stesso tempo contribuire ai risultati dell’azienda. Fin qui tutto bello ma, come detto, a volte le parole ripetute spesso tendono a perdere significato. Il rischio è di ridurre l’essere “coach” a comportamenti di facciata dove il capo-allenatore si mostra solo un po’ più comprensivo e attento alle esigenze personali del singolo, ma senza incidere in modo efficace sulle sue potenzialità. Perché spesso si confonde la parola coaching con il semplice incoraggiamento benevolo, di facciata. Un percorso difficile quello del nuovo capo-allenatore, inutile negarlo, ma che può davvero tirare fuori dei veri “campioni” aziendali. Ecco allora che per recuperare il vero significato della parola “coach” dobbiamo

ritornare al suo campo di origine, quello sportivo. L’occasione ce la fornisce Kareem Abdul-Jabbar, uno dei più grandi cestisti americani di tutti i tempi, nel suo libro Coach Wooden and me: 50 anni di amicizia dentro e fuori dal campo (Add editore). L’aspetto interessante di questo libro non è tanto la celebrazione del grande fenomeno sportivo entrato nella storia del basket americano. È anche questo ma non solo. È principalmente la storia del suo allenatore John Wooden, considerato il più grande allenatore di basket di tutti i tempi. Una figura, quella di Wooden, fondamentale per la carriera di Kareem Abdul-Jabbar, tanto da spingerlo a scrivere questo librotributo. Dalla foto di copertina e dal racconto che ne fa il cestista americano intravediamo l’immagine di un omino con gli occhiali, sempre in cravatta e camicia bianca. Una persona religiosa, modesta ed educata, incapace di alzare la voce né tantomeno offendere qualcuno. Immagine che stride con quella aggressiva da “vincente a stelle e strisce” che abbiamo degli sportivi americani. La differenza? Tutto in un diverso concetto di cosa vuol dire essere allenatore. Una “vision”, diremmo oggi, dove “il compito principale di un allenatore dovrebbe essere quello di plasmare non giocatori migliori ma persone migliori”. Un libro che parla di un campione e del rapporto con il suo allenatore, una storia di successi sportivi e umani. Con un sottofondo di musica jazz.

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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)

No obiettivi, no premio!

lettere

Nella lettera di nomina a dirigente è stata inserita una clausola secondo cui la mia retribuzione risulterebbe composta da una parte fissa e da un premio annuo di risultato, da corrispondersi al raggiungimento degli obiettivi prefissati in uno specifico documento, che tuttavia non è stato mai formalizzato per iscritto. Sono trascorsi due anni e non ho ancora percepito alcun premio, nonostante gli importanti risultati conseguiti. Potrò pretendere, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, il pagamento di quanto dovuto? A.G. - Como

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Sarebbe preferibile intervenire già da ora in via bonaria e sollecitare il datore di lavoro a dare seguito all’impegno preso, invitandolo anche a formalizzare per iscritto, per il futuro, gli obiettivi e le modalità di quantificazione del premio che dovrà essere erogato al loro raggiungimento. La questione della mancata assegnazione degli obiettivi nel contratto di lavoro altrimenti diventa complessa da risolvere, in quanto è il dirigente a dover dimostrare il danno subito e tale onere probatorio risulta essere, nella maggior parte dei casi, particolarmente gravoso. A tal fine non può ritenersi sufficiente la sola indicazione contenuta nel documento con cui è stata formalizzata la sua nomina a dirigente. La prova di aver subito un danno patrimoniale a causa della mancata definizione degli obiettivi ex ante risulta essere particolarmente ardua poiché si tratta di dimostrare, in primis, che si sarebbe potuto ottenere il premio, e poi che ciò non

è avvenuto a causa dell’inadempienza del datore di lavoro, tutto ciò basandosi su elementi oggettivi, ovvero su prove, ma anche presunzioni, che devono essere “gravi, precise e concordanti”. In tal caso, sulla base della giurisprudenza consolidata, al lavoratore può essere riconosciuto non il diritto a percepire il premio vantato ma un importo di natura risarcitoria per perdita di chance, e cioè di un danno consistente non nella perdita di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo (Corte di cassazione, ordinanza 2293 del 30 gennaio 2018), poiché è stata accertata una concreta ed effettiva occasione perduta di conseguire un determinato bene. Nel momento in cui si riesce a provare la sussistenza di un pregiudizio certo, anche se non nel suo ammontare, l’accertamento e la quantificazione di tale perdita è devoluto al giudice di merito, in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 del codice civile, anche sulla base degli elementi forniti dalla parte lesa.

L’ufficio sindacale di Manageritalia è di supporto alle associazioni territoriali per quesiti relativi al contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti e quadri associati e chiarimenti di natura fiscale e previdenziale in relazione al rapporto di lavoro dipendente. Per gli executive professional è un servizio di consulenza di carattere informativo e orientativo su aspetti legati al contratto di lavoro libero-professionale.



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Inserto mensile di Dirigente n. 4 / 2018

a cura di Thomas Bialas

DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #43 02/ ARRIVA LA SPEEDFACTORY 04/ PSYCHEDELIC MANAGEMENT 08/ AMMAZZA CHE FUTURO! SAVE THE DATE: LA RIPRESA C'È. MA È DAVVERO PER TUTTI? MILANO, 3 MAGGIO 2018 https://tinyurl.com/yavt2akt

Deficienza artificiale La macchina è stupida, l’uomo pure Uomini stupidi si fanno raccontare da altri uomini altrettanto stupidi che non esistono macchine stupide. Diventa così plausibile parlare di intelligenza artificiale anche in presenza di un aspirapolvere robotizzato. Occhio: la macchina fa cose stupide (compiti specifici) anche quando vincere contro il campione mondiale di Go la fa sembrare intelligente. Per il Go, va detto, come ha fatto notare il Chaos Computer Club, che bastava rimpicciolire o ingrandire di poco la scacchiera per mandare in palla il sistema (l’uomo si sarebbe adattato

con nonchalance). Per Rodney Brooks, studioso di robotica ed ex direttore del laboratorio di informatica e intelligenza artificiale del MIT, «l’AI è una gigantesca bolla, o meglio balla», per l’informatico Jaron Lanier «l’idea stessa è una frode» e per Noam Chomsky «il pensiero è una caratteristica umana. Un giorno l’IA penserà davvero? È come chiedere se i sottomarini nuotano. Se lo chiami nuoto, i robot penseranno, sì». Mentre in tempi recenti il cognitivista Howard Gardner ha smontato ben 15 miti dell’intelligenza artificiale. Aggiungo: riconoscere un volto non significa

trovarlo interessante e imparare dagli errori non significa provare rimorso. Gli scienziati e i tecnici addetti al “nutrimento” delle macchine parlano di algoritmi, big data, elaborazione, mica di intelligenza artificiale, la quale è solo l’ennesimo religioso oppio del popolo in salsa tech. Pura mitologia: da Scientology a Artificiology il passo sarà breve. Tutto bene, ma forse, come mi ricorda il mio amico Luca De Biase, «la premessa della deficienza artificiale è la deficienza umana». Condivido.


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––Future factory Chi vince 4-0? Per vincere la partita della fabbrica intelligente bisogna correre parecchio. Per chi produce running shoes è un gioco da ragazzi.

https://www.adidas.it/speedfactory https://tinyurl.com/ybeevnag https://tinyurl.com/ycu75wcl http://manufacturingmap.nikeinc.com

––Industry 4.0 Inevitabile, Watson Industry 4.0: se ne parla in ogni occasione fino alla nausea e ormai ogni consulente la include di default nel catalogo dei servizi offerti. Il mio pensiero a riguardo è (per i lettori di Dirigibile) arcinoto. Non sopporto questa sigla e trovo la parola industria irrilevante per rilevare il futuro della futura impresa che scavalca i confini di primario, secondario e terziario per fonderli in una nuova realtà. Per cui è cosa buona e giusta abbandonare la teoria (mettere in discussione la tesi) per focalizzarsi sulla pratica (mettere in evidenza i fatti). E lo facciamo, guarda un po’, proprio con un esempio tedesco, paese nel quale è nata la retorica dell’industria 4.0. Elementare, o meglio, inevitabile.


DIRIGIBILE #43

––Fabshopping Il negozio laboratorio Adidas Storefactory a Berlino fonde il secondario con il terziario. Un negozio fabbrica-laboratorio con servizio di sartoria digitale per articoli personalizzati e realizzati dallo stesso cliente sul posto. Con il progetto Knit For You (cucito per te) il cliente partecipa nel punto vendita in prima persona alla progettazione e realizzazione del prodotto.

––Hub, basta la parola Produzione digitalizzata Agile, connessa e orientata al cliente. La fabbrica completamente automatizzata e robotizzata di Adidas si chiama Speedfactory e permette alla società tedesca di esplorare, testare e cocreare con i consumatori nuovi modelli, nonché reinventare il design e definire il futuro del marchio nella realizzazione di piccole unità produttive nelle città che contano. Praticamente piccoli hub produttivi estremamente flessibili, veloci e creativi nella realizzazione delle sneakers, e soprattutto innovativi grazie alla tecnologia additiva Futurecraft 4D della società Carbon e alla collaborazione con Siemens per testare su una copia gemella virtuale (digital twin) ogni processo della nuova fabbrica. Il modello di fabbrica decentralizzata è invece opera di Oechsler Motion.

VIDEO https://tinyurl.com/yasj8w9d https://tinyurl.com/ybsrz3xx

––Qui e ora 4.0? Localizzatelo Lo avevo scritto nel 2012: «In futuro imprese come Lego, Ikea, Artemide, Apple o BMW saranno pure e semplici società di design che cedono algoritmi e software per l’autoproduzione locale. Tutto diventerà local grazie alla produzione additiva rapida e di globale resterà solo la libera circolazione dei dati e delle materie prime». Pian pianino ci siamo. Adidas sembra sperimentare la nuova rilocalizzazione con una produzione il più vicino possibile al cliente, con un classico servizio just-in-time. L’effetto collaterale (positivo) di questo nuovo reshoring è anche una più oculata gestione “circolare” dell’economia e dunque più ecologica ed etica.


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––Psychedelic Management LSD for leadership, o yeah! Per essere realmente collaborativi, creativi, innovativi bisogna prima essere surrealmente collaborativi, creativi, innovativi? Forse.

https://thethirdwave.co https://tinyurl.com/jboke6d https://tinyurl.com/y82elcht https://tinyurl.com/ybtrdmja

––All together now Bom bom bom bompa bom John Lennon si sparava convinte dosi di LSD per scrivere e comporre musica. Nasce così per l’album Revolver il brano Tomorrow Never Knows, esperimento capolavoro del nascente rock psichedelico. Ma non è di macrodosaggio che vogliamo parlare bensì di microdosaggio. Facciamo un passo indietro. Si accusa spesso la classe dirigente (aziendale e politica) di fare un uso troppo disinvolto di cocaina, “roba brutta” che produce eccitazione e un’efficienza fin troppo euforica, che alla fine tende al dominio talvolta paranoico. Nell’era dell’economia collaborativa e innovativa, abbiamo invece bisogno di “pace e amore al lavoro” per condividere con empatia e simpatia. Tutti insieme ora.


DIRIGIBILE #43

––Il coach stupefacente Apri la mente, manager Passi per lo yoga coaching ma lo psychedelic coaching? Financial Times, Economist, Business Insider. Quando tanta stampa economica parla di un tizio che afferma che “il microdosaggio aumenta l’efficienza manageriale, la reattività all’imprevisto, la creatività generativa, la concentrazione e la collaborazione”, è tempo di parlarne. Paul Austin, che ama iniziare i suoi TED Talk avvisando il pubblico che ha appena preso una dose di LSD, si autodefinisce “a professional microdosing coach”. E poi dicono che non ci sono più nuovi sbocchi professionali. E che fa? Semplice: il psychedelic evangelist che diffonde il verbo del “flow status” (cogliere il flusso), oggi in voga nel business. Austin è addirittura arrivato a profetizzare: «Coloro che consumano sostanze psichedeliche domineranno il futuro mondo del lavoro». Vedremo.

––Micro trend Piccolo è bello, fuori L’espansione delle competenze, della creatività e della leadership come non l’avete mai osata immaginare. Cannabis, funghi allucinogeni, psilocibina e, soprattutto, LSD. No, non è un ritorno ai movimentati anni Sessanta, ma un viaggio in un futuro che non ti aspetti. Il microdosaggio consapevole di sostanze stupefacenti per migliorare le capacità gestionali e di leadership. Stupefacente, ma assai coerente, per dominare un’epoca discontinua che pretende flessibilità e visioni di rottura. Attenzione che alcuni recenti studi (pubblicati su Scientific Reports) sembrano confermare quanto sostenuto dagli hippy da oltre 40 anni: le sostanze psichedeliche aprono le porte a una coscienza superiore (e più libera). Ciò che emerge dai test è che l’attività cerebrale diventa più casuale, meno prevedibile, con una percezione della realtà più profonda e interconnessa. Interconnessa. Proprio quello che ci vuole per l’era digitale post fordista.

––Peace & Work L’estate dell’amore aziendale «Il microdosaggio mi aiuta a pensare in modo più creativo e a concentrarmi maggiormente. Riesco a gestire meglio il mio stress, mantenendo una prospettiva molto più sana e produttiva rispetto a quella che potevo avere prima». Questa una delle testimonianze raccolte da Wired fra i lavoratori della Silicon Valley. Professionisti e imprenditori, anche di alto livello, stanno facendo uso di microdosi di sostanze psichedeliche per aumentare la concentrazione e stimolare la creatività. Il nuovo trend? Consumare dosi molto basse per sperimentare solo gli effetti più lievi e benefici di queste sostanze, niente viaggio psichedelico vero e proprio ma semplice routine socializzante. Insomma: fateci lavorare in pace. Con amore per quello che dobbiamo fare. L’ennesima sciocchezza della valle?


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––Future killing Ammazza che futuro! Eliminare Facebook & Co Morte all’invasore. L’invasore in questione è naturalmente Facebook che in questa classifica dei social da eliminare se la cava ancora bene (“solo” quarto), ma bisogna tenere presente che il dato americano (ricerca su 2.000 utenti dei social) si riferisce a dicembre 2017, dunque prima che scoppiasse lo scandalo sui dati usati da Cambridge Analytica e la campagna #deletefacebook, alla quale ha aderito anche il potente e “visibile” Elon Musk che, pronti e via, ha cancellato gli account di Tesla e SpaceX dalla piattaforma di Zuckerberg, eliminando di fatto un totale di oltre 5 milioni di follower. Certo, nessuno vorrà forse fare a meno dei social e disintossicarsi sul serio, ma intanto la crescente insofferenza mette in sofferenza la superficiale e superba gestione dei montati di testa della tecnologia.

E intanto l’editoria si elimina da sola Almeno nelle dichiarazioni. “Entro 10 anni i giornali saranno morti” afferma pacatamente il New York Times. Chiaro: stanno parlando di quelli in versione cartacea. Già oggi gli abbonamenti digitali del New York Times rappresentano il 60% del fatturato. E domani? Tutti sperano che il 100% digitale produca anche un 100% reale (di denaro). Non scontato. Intanto chi viaggia in business con il Frecciarossa lo sa: neppure gratis riesci a piazzare i quotidiani (noto che solo i “vecchi” rispondono con un sì al “qualcuno vuole un giornale?”. Anche in Italia i dati sono ridicoli: la diffusione cartacea + digitale, nel mese di dicembre 2017, è stata: Corriere della Sera, 289.723 copie, La Repubblica, 210.830 copie e Il Sole 24 Ore, 175.020 copie. Peso sull’opinione pubblica: zero e soprattutto zero innovazione. Suicidio, dunque.


DIRIGIBILE #43

E intanto Amazon elimina i corrieri Il paradiso può attendere, il monopolio no. Amazon punta sempre di più sulla concentrazione dell’offerta in poche mani: due, le sue. Prossima mossa fare a meno dei corrieri per la consegna dei pacchi. Come riportato dal Wall Street Journal il nuovo servizio di consegne 100% Amazon già in fase di test si chiama in codice SWA (Shipping with Amazon). L’obiettivo è il solito: consegne più veloci a costi più bassi. Se a tutto questo si aggiunge l’assalto ai servizi di relazione del retail fisico, grazie a speaker intelligenti (Amazon Echo) che dialogano amabilmente ed efficacemente con il consumatore, allora la “killing zone” di Amazon risulta difficile da contrastare. Il futuro è un gioco a eliminazione diretta.

La parola agli utenti: ecco i social da eliminare nel 2018

fonte: https://tinyurl.com/yapkus5h

TINDER 43%

TWITTER 46%

SNAPCHAT 40%

FACEBOOK 32%

PINTEREST 26%

INSTAGRAM 32%

REDDIT 26%

SLACK 20% SPOTIFY 22% TIDAL 20%

Percentuali delle preferenze

PANDORA 19%

BUMBLE 19%


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FUTURETECH

INVENZIONI & INNOVAZIONI

INNOVAZIONI SENZATETTO

organizzazioni di ridistribuzione di beni e fruibili con una card distribuita agli homeless del quartiere. Il secondo, nato con l’aiuto del Design Museum e Arts Council England, si chiama ProxyAddress e fornisce ai senzatetto un indirizzo sfruttando come recapito proprietà vuote. Per quale ragione? Semplice: fare accedere a tutti quei servizi (assistenza social, patente, conto bancario e così via) per i quali è richiesto burocraticamente un indirizzo.

Non profit non significa per forza no innovation. Anzi: spesso l’innovazione sociale sorprende per originalità e concretezza (anche perché deve “inventare” con risorse limitate). Due esempi visti di recente. Il primo si chiama Action Hunger ed è un distributore automatico di cibo, sanitari e biancheria messo a punto da una startup inglese di Nottingham per le esigenze “basiche” dei senzatetto. Insomma, beni di prima necessità raccolti dai volontari tramite

GOOGLE.IT

Come contrastare la deforestazione dell’Amazzonia grazie a cellulari Android ricondizionati e TensorFlow, il modello di machine learning open source di Google. https://www.youtube.com/watch?v=Lbn6kVlFaSQ

RAPIDMATHEMATIX.COM

Incubata da nex3.com, RapidMathematix ha elaborato un algoritmo che fissa il prezzo alimentare in base a freschezza, inventario e condizioni di mercato. Predittivo.

www.proxyaddress.co.uk - www.actionhunger.org

APOTEKHJARTAT.SE

Apotek Hjartat, farmacie svedesi, installa nei pdv finestre che simulano la luce del giorno per combattere i cali d’umore durante i lunghi inverni. https://www.youtube.com/watch?v=4XcOzWxYvqw

HEALTHSCIENCES.KU.DK

Ricercatori dell’università di Copenhagen hanno sviluppato un metodo per stampare singole dosi di farmaci su codici QR Code commestibili e personalizzabili. https://vimeo.com/253397934

MOYAPOWER.COM

Energie rinnovabili. Una startup inglese lancia un suggestivo sistema per produrre energia catturando il vento generato nelle gallerie delle metropolitane. https://www.youtube.com/watch?v=B75MYwICXzg

ERGONDESK.COM

Co-working e dintorni per l’ennesimo tentativo di innovare il teamwork in ufficio. Questa volta con un circolare tavolo trasformista che si adatta alle esigenze. https://www.youtube.com/watch?v=LW_FKOiV4M8


Associazioni S ervizi S anità Contratto Previdenza Formazione

QUADRI

DIMISSIONI E LICENZIAMENTO Tutto quello che c’è da sapere sui termini di preavviso Mariella Colavito

ufficio sindacale Manageritalia Milano

I

n caso di risoluzione del rapporto di lavoro, sia per dimissioni sia per licenziamento, la parte che intende recedere dal contratto è tenuta a rispettare dei termini di preavviso. Il periodo di preavviso è il lasso di tempo che intercorre tra la comunicazione del recesso e la chiusura effettiva del rapporto di lavoro ed è stato introdotto per evitare che un’interruzione immediata della prestazione possa danneggiare una delle parti. Il periodo di preavviso può essere svolto in servizio oppure le parti possono accordarsi perché non vi sia prestazione, pagando un’indennità sostitutiva. Il licenziamento è la risoluzione del rapporto di lavoro su iniziativa del datore di lavoro. Il recesso va comunicato per iscritto e la lettera, oltre l’indicazione dei motivi che lo sorreggono, può contenere la richiesta del datore di lavoro di svolgere il periodo

di preavviso in servizio, lasciando così intatti, durante tale intervallo, tutti i diritti e gli obblighi connessi alla prestazione lavorativa. La malattia o l’infortunio che si verifichino durante tale lasso di tempo sospendono il preavviso, facendone così slittare il termine finale. Lo stesso discorso vale per le ferie. L’art. 2109 del codice civile, infatti, esclude che il datore di lavoro possa imporle durante il preavviso, ma nulla impedisce che le parti si accordino diversamente: anche in questo caso il preavviso verrà sospeso, salva pattuizione contraria.

Durata del preavviso La durata del periodo di preavviso varia a seconda dell’anzianità aziendale e della qualifica e, così come la decorrenza, è fissata per i singoli settori dalla contrattazione collettiva.

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MANAGERITALIA QUADRI

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Nel contratto del terziario[1] il preavviso da licenziamento decorre dal 1° e dal 16° giorno del mese ed è di 60 giorni di calendario per i quadri con anzianità fino a 5 anni di servizio compiuti, 90 giorni per quelli che hanno un’anzianità aziendale tra i 5 e i 10 anni, 120 giorni per i quadri in azienda da più di 10 anni. Per i settori dei trasporti e della logistica[2], i termini sono di 2 mesi e 15 giorni per l’anzianità non superiore ai 5 anni, 3 mesi e 15 giorni per i quadri con anzianità compresa tra i 5 e i 10 anni, 4 mesi e 15 giorni per i dipendenti che abbiano superato i 10 anni di servizio. I termini sono gli stessi anche per i quadri dipendenti da agenzie marittime[3]. I quadri del settore turistico[4] hanno un periodo di preavviso di licenziamento di 4 mesi se lavorano in azienda da almeno 5 anni compiuti, 5 mesi per il quadro con anzianità oltre i 5 anni e fino a 10 anni di servizio e 6

mesi per chi possiede un’anzianità superiore.

Esonero prestazione Se a seguito di licenziamento l’imprenditore intende esonerare il lavoratore dalla prestazione, non solo dovrà comunque corrispondergli l’indennità sostitutiva in un’unica soluzione, applicando la stessa aliquota fiscale del tfr, ma sarà anche tenuto a versare i contributi sociali all’Inps. Se invece è il lavoratore a rifiutarsi di prestare servizio per il termine stabilito, il datore di lavoro non sarà tenuto a corrispondergli l’indennità e il rapporto di lavoro avrà termine immediatamente. L’obbligo del preavviso non sussiste nelle ipotesi di recesso durante il periodo di prova. Scopo della prova, infatti, è permettere a entrambe le parti di valutare la convenienza del rapporto di lavoro, lasciando loro la possibili-

tà di risolvere il contratto liberamente, senza alcun periodo di preavviso. Analogo discorso vale per il licenziamento in tronco per giusta causa (ex art. 2119 del codice civile): l’inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del quadro è talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro, anche solo per i termini di preavviso.

Diritto all’indennità: casi particolari Ci sono infine delle ipotesi in cui il preavviso di licenziamento va indennizzato in ogni caso:  risoluzione del rapporto di lavoro per cessazione dell’attività aziendale o fallimento, quando non sia possibile svolgere in servizio la prestazione;  morte del lavoratore. In questo caso l’indennità sostitutiva del preavviso, così come tutte le spettanze di fine rapporto, andranno liquidate agli eredi;  dimissioni presentate dalla lavoratrice entro il primo anno di età del bambino. In questo caso, pur trattandosi di dimissioni, il datore di lavoro dovrà corrispondere l’indennità sostitutiva nella misura prevista per il licenziamento. [1] art.

234, ccnl 18/7/2008 per i dipendenti del terziario.

[2] art.

36, parte generale ccnl 1/8/2013 del personale dipendente dalle imprese della logistica, trasporto e spedizione.

[3] art.

40, ccnl 17/4/2014. per i dipendenti agenzie marittime.

[4] art.

187, ccnl 20/2/2010 per i dipendenti aziende turistiche (Confcommercio).

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MANAGERITALIA CONSULENZA ONLINE

ASKMIT COLF & BADANTI

Assumere un collaboratore domestico o familiare è complicato? Quali adempimenti burocratici bisogna assolvere se decide di interrompere il rapporto di lavoro? Posso pagarlo con i voucher? E la busta paga? È obbligatoria? Fai la tua domanda ad AskMit, il servizio di consulenza online in 48 ore su tematiche di lavoro, previdenza, fisco, legale e assicurazioni L’Italia, lo sappiamo, è un paese che invecchia e il bisogno di assistenza per gli anziani è in continua crescita. Così come in crescita è la richiesta di collaboratori/collaboratrici domestiche per assolvere quelle noiose faccende di casa a cui non si riesce a stare dietro. Le leggi e le regole che disciplinano questi lavori poi sono particolari e si modificano in continuazione, per questo Manageritalia ha stipulato un accordo con 50&piùCaaf che consiste in uno sconto del 15% sulle tariffe praticate dalle diverse sedi territoriali per la gestione completa degli aspetti retributivi, previdenziali ecc. dei collaboratori familiari (al momento disponibile solo per le province di Firenze, Genova, Milano e Roma, vedi accordo a pagina 68). Una risposta concreta alle tante domande pervenute negli ultimi anni su questo tema, delle quali vediamo sotto alcuni esempi. Vorrei sapere se è necessario consegnare mensilmente alla

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mia colf domestica la busta paga insieme alla retribuzione o se è sufficiente consegnarle annualmente la Cu e trimestralmente copia dei versamenti Inps. Se la busta paga mensile fosse necessaria, a quali rischi/ sanzioni si potrebbe andare incontro nel caso in cui in passato non fosse mai stata fatta? L’obbligo di consegna della busta paga non è previsto per i privati datori di lavoro per il personale addetto esclusivamente ai servizi familiari. Tuttavia, l’art. 33, comma 1, del ccnl lavoro domestico stabilisce che il datore di lavoro, contestualmente alla corresponsione della retribuzione, deve predisporre un prospetto paga in duplice copia, una per il lavoratore, firmata dal datore di lavoro, e l’altra per il datore di lavoro, firmata dal lavoratore. Il prospetto deve contenere la retribuzione minima, eventuale superminimo, gli scatti e, se erogato, il compenso sostitutivo vitto/alloggio. Nel prospetto paga dovranno risultare le ore ordinarie e straordi-

narie, le festività erogate e le trattenute per oneri previdenziali (se questi vengono trattenuti). Il datore di lavoro non è quindi obbligato per legge a consegnare e conservare le buste paga, ma in caso di contestazione da parte del lavoratore è tenuto a dimostrare di avergli corrisposto il giusto compenso per ogni istituto e avere adempiuto agli obblighi


relativi alla consegna del prospetto paga. Il datore di lavoro domestico, non essendo sostituto d’imposta, non può rilasciare la Cu, ma rilascia una dichiarazione sostitutiva (art. 33, comma 4, del ccnl) nella quale indica le somme erogate al lavoratore nell’anno. La stessa deve essere rilasciata entro 30 giorni in caso di cessazione del rapporto di lavoro ed entro il termine di scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi per i rapporti non cessati. La nostra collaboratrice intende risolvere il rapporto di lavoro con noi. Quali adempimenti burocratici dobbiamo svolgere? Il vostro servizio ci può assistere per il calcolo del tfr dovuto? Utilizzando il suo pin Inps dovrà comunicare all’Istituto, attraverso il sito o il contact center al numero 803.164, la data di cessazione del rapporto di lavoro. Se non fosse in possesso del pin può avvalersi della nostra assistenza. La 50&Più Servizi si occupa di tutte le incombenze legate

alla gestione del rapporto di lavoro domestico, se desidera avvalersi della nostra struttura per la redazione del prospetto di liquidazione può contattare l’ufficio più vicino a lei collegandosi al sito www.50epiu.it, nella parte destra in alto troverà la voce “Dove siamo”. Vorrei assumere una collaboratrice domestica. Il lavoro previsto è limitato a 3 ore settimanali in un giorno prestabilito della settimana, ma con facoltà di modifiche per esigenze sia della mia famiglia che della prestatrice d’opera. Ad esempio, non è previsto alcun servizio per uno o due mesi nel periodo estivo. È possibile pagarla con i voucher? I voucher si possono usare solo ed esclusivamente per prestazioni occasionali mentre l’attività lavorativa da lei esposta è continuativa. Una volta concordato l’orario di lavoro, qualora per motivi personali del datore di lavoro il lavoratore non potesse svolgere la sua attività lavorativa, la mancata prestazione deve comunque essere retribuita, fatto salvo aver concordato precedentemente che le ore non lavorate possono essere recuperate in altre giornate. È possibile stabilire precedentemente che le ferie verranno usufruite in uno dei due mesi estivi in cui il ddl ne godrà. Dovrei assumere una collaboratrice per prendersi cura in maniera continuativa di una persona anziana e vorrei avere alcune informazioni: A) come vengono considerate le ore di lavoro notturne, sono straordinari o rientrano nel computo del turno “normale”?; B) è possibile convertire le ferie in gior-

ni di lavoro pagati, su richiesta della collaboratrice?; C) come bisogna regolarsi in caso di richiesta di congedo di maternità anticipata e maternità facoltativa?; D) come funzionano le indennità per eventuali infortuni sul lavoro? Rispondo alle sue domande: A) Il lavoro di notte non viene considerato straordinario se la collaboratrice è stata espressamente assunta per discontinue prestazioni assistenziali di attesa notturna in favore di soggetti autosufficienti o per discontinue prestazioni assistenziali notturne in favore di soggetti non autosufficienti qualora la collocazione temporale della prestazione sia ricompresa tra le ore 20 e le ore 8. Non è straordinario se il lavoratore è assunto esclusivamente per garantire la presenza notturna, qualora la durata della presenza stessa sia interamente ricompresa tra le ore 21 e le ore 8. B) Non è possibile “monetizzare” le ferie, che sono un diritto irrinunciabile del lavoratore: la collaboratrice, per ogni anno di servizio, matura 26 giorni di ferie e ne deve obbligatoriamente beneficiare. C) Il ccnl di settore prevede la possibilità di richiedere anticipatamente la maternità: la collaboratrice deve presentare all’Inps la richiesta corredata di certificato medico rilasciato dall’Asl. La possibilità di richiedere la maternità facoltativa non è invece contemplata dal ccnl. D) La quota contributiva versata ogni trimestre comprende il contributo per l’assicurazione del lavoratore. Tale contributo obbligatorio viene versato all’Inail che, in caso di infortunio, provvede a indennizzare direttamente il lavoratore.

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MANAGERITALIA ASSISTENZA FISCALE

TORNA IN ASSOCIAZIONE L’accordo annuale con il Centro autorizzato di assistenza fiscale per la compilazione del 730 si arricchisce di due nuovi utili servizi per la gestione dei contratti di locazione e la gestione di colf e badanti Cosa prevede l’accordo Assistenza alla compilazione delle dichiarazioni dei redditi modello 730;  raccolta delle schede conformi al modello approvato con decreto del ministro delle Finanze, sottoscritte dal contribuente, contenenti le scelte operate dai contribuenti ai fini della destinazione dell’8, del 

5 e del 2 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche;  elaborazione e trasmissione in via telematica all’amministrazione finanziaria delle dichiarazioni dei redditi;  consegna di copia delle dichiarazioni a ciascun contribuente;  comunicazione ai sostituti d’im-

posta del risultato contabile delle dichiarazioni, ai fini del conguaglio a credito o a debito in sede di ritenuta d’acconto;  calcolo e compilazione del modello F24 Imu e Tasi;  predisposizione e stampa della dichiarazione Imu;  visure catastali per immobili o terreni di proprietà del dichiarante;

TARIFFE PER ASSOCIATI (salvo condizioni di maggior favore presenti a livello locale) Servizi per la dichiarazione dei redditi  Assistenza alla compilazione 730 singolo

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 Assistenza alla compilazione 730 congiunto

70

€ € € € € €

10 10 350 100 70 15*

5*

Altri servizi  Elaborazione e stampa mod. F24 acconto Imu-Tasi (a modello)  Assistenza alla compilazione 730 saldo Imu-Tasi (a modello)  Dichiarazioni di successione  Domande di voltura per fabbricati e terreni (prima)  Domande successive nell’ambito della stessa dichiarazione  Visure catastali per le prime 5 unità immobiliari (o frazione di 5)  Per ogni ulteriore gruppo di 5 unità o frazione di 5 nell’ambito della stessa provincia e per lo stesso dichiarante  Gestione colf e badanti (solo per le province di Firenze, Genova, Milano e Roma)  Gestione contratti di locazione *Iva esclusa. ** Sconto sul tariffario applicato dall’ufficio territoriale.

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sconto 15%** sconto 15%**


dichiarazioni di successione;  domande di voltura al catasto edilizio urbano e al catasto dei terreni;  gestione dei contratti di locazione;  gestione colf e badanti (al momento disponibile nelle sole province di Firenze, Genova, Milano e Roma), offre servizi di: – consulenza per l’orientamento preliminare nell’individuazione dei corretti livelli da applicare alla figura professionale da assumere; – stipula e predisposizione della lettera di assunzione; – denuncia obbligatoria di inizio, fine rapporto e variazioni all’Inps; – elaborazione prospetti paga mensili e di tredicesima; 

– gestione ferie, malattia, maternità, infortunio; – elaborazione prospetto paga di fine rapporto con calcolo del tfr e modello Cu (ex Cud); – calcolo dei contributi previdenziali e produzione dei modelli Mav per il versamento all’Inps.

Come richiedere il servizio Contattare la propria associazione territoriale e fissare un appuntamento. L’assistenza sarà fornita presso le sedi territoriali di Manageritalia o presso le sedi provinciali e zonali del Caf, a seconda della disponibilità di entrambe le parti.

Importante

tare la propria card Manageritalia. I consulenti Caaf verificheranno, attraverso la lettura del codice a barre, l’esattezza dei dati e potranno così tenere traccia delle consulenze erogate. Anche i familiari potranno presentarsi con la card dell’iscritto ed essere quindi “riconosciuti”.

Rivolgiti alla tua associazione territoriale per fissare un appuntamento Vedi le novità del modello 730 e consulta l’elenco dei documenti da presentare http://bit.ly/dir4-4-18

Gli associati dovranno presen-

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MANAGERITALIA ASSOCIAZIONI TERRITORIALI

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WORLD WIDE MANAGER Il nuovo servizio per gli associati lombardi che si trasferiscono all’estero per lavoro si è presentato al pubblico il 19 marzo. Molti i partecipanti all’evento interessati a questo tipo di consulenze internazionali

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ggi non esistono più confini, la globalizzazione tocca ogni aspetto delle nostre vite e quello lavorativo non fa eccezione, tanto più se si lavora in azienda. Con il risultato che la mobilità internazionale è in costante aumento. Secondo una recente indagine Manageritalia, il 65% dei dirigenti del terziario trascorre parte del

All’evento del 19 marzo hanno partecipato i consulenti dello studio Pirola Pennuto Zei e dello studio Cesaro, il presidente di Manageritalia Milano Roberto Beccari, il responsabile del servizio Paolo Scarpa e il manager Giacomo Cortese moderati dalla giornalista Benedetta Corbi.

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proprio tempo lavorativo all’estero, ma sta diventando sempre più diffuso anche trasferirsi oltre confine per un periodo della propria vita. Per espatriare servono certamente più competenze, più attitudine al cambiamento, più flessibilità. Ma la sfida non è solo professionale, diventa emotiva, familiare, sociale e culturale. Una sfida che si affronta più facilmente con l’aiuto di uno strumento pensato apposta per i nuovi manager in movimento. Ecco perché è nato World Wide Manager, il servizio di Manageritalia Milano che fornisce consulenze tramite due partner professionali d’eccellenza, lo studio Pirola Pennuto Zei e lo studio Cesaro, specializzati rispettivamente nell’ambito fiscale e in quello legale familiare. Il servizio offre la possibilità di un parere gratuito a chi si trovi nella condizione di dovere conoscere regole, abitudini e orga-

nizzazione del nuovo paese nel quale andrà a svolgere la propria attività lavorativa. World Wide Manager è attivo da gennaio e sta già riscuotendo successo, visto che, trasferendosi da un paese a un altro, si ha a che fare non solo con una nuova realtà aziendale e professionale, ma anche con leggi, norme, vincoli e culture diverse da quelle del proprio paese di origine. Il 19 marzo scorso si è tenuto un incontro di presentazione presso il meraviglioso Palazzo Clerici nel cuore di Milano, sede peraltro dell’istituto Studi di politica internazionale. L’evento è stato occasione di incontro con i consulenti partner dell’iniziativa che sono stati oggetto di curiosità e domande. Molti i partecipanti con alle spalle una o più esperienze di lavoro all’estero e che tanto avrebbero desiderato avere a disposizione un servizio del genere al momento della loro partenza. I dubbi comunque rimangono anche al rientro, perché spesso restano sospese diverse questioni, come quella previdenziale, che meritano di essere approfondite. Il momento di confronto, moderato dalla giornalista Benedetta Corbi, è stato preceduto dalla presentazione di World Wide Manager a cura di Paolo Scarpa, il responsabile del servizio.

World Wide Manager è un servizio di Manageritalia Milano usufruibile su appuntamento da prenotare presso la sede di via Fatebenefratelli 19 Milano, contattando la segreteria scrivendo a worldwidemanager@manageritalia.it o al numero 02 62535050


Cedu corso alla

MANAGERITALIA

ida eritalia-C ta Manag n deiu g e n n o io c z iziativa perequa in l’ ta a o c z r n a a m o l’ina metà m volti nella – pur considerand in o c È partita ti a n a ali uropea ei pensio Managerit du (Corte e e i, C tt a favore d a fa ll a In o . s 3 ricor i sarebbe 012-201 critti (a cu eventuale gli anni 2 n is u ti i a d n o io it on un’inipens ell’es parte dei pportati c certezza d u a s d ) a o h m li o – 3) dell’u e 2012-201 dei diritti re requazion e p la ppresenta ta a spett ora per ra a Cida. e in d s m o o ta c a tt to in fa a d or quanto utilizz n e o r c e s ziativa co à s it e u a e in contin continuar Un’azione merita di n o n i municah c da una co . ti ta e tutelare n s ie iu h g g ic al portale tati ra mat a r andando ati sono s un banco n im r io e s h n c e n p ), a Oltre alla mila ordinaria del caso. Gli oltre 8 i ta s n o io p z o a il m for o presenti ema tutte le in ni del ricorso, eran zione (per n o ec e n io raz dizio nte proced della Fede tura e con entualme a v ie n r r d u e s te e l e r u n s ta zio n Cida er valu o p c li ti ti comunica a u n i n io n dan o venz formazio eventuale legali con l’ i d e tutte le in r tu a s ic li if g ver equenndosi a risposte fr latore per o e e lc re rivolge d a n c a n m u o d ionale, uazione e resse. torio naz cata pereq e attenzione e inte n a m a ll a subìto d uto grand tiva ha av ti. L’inizia

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PENSIONI NEWS

Fondo

Mario N egr Come c modell i: certificazi omuni one o Cu/20 cato ag in form 18 li inter ato ca es

rta sati in nuali c oc he atte ceo effettua to lo sc casione dell’u stano l li oper a pens orso an ltimo i ate no ion nvio n sono n nell’ar più inv e corrispost o, i certificat ea rise a e le r i iati pe rvata d anAll’are itenu r po el s ar degli is iservata si a ito www.fond sta ma resi d te fiscaon cc cr isponib ili sponib itti: nel caso ede con le cr egri.it. edenzi ili, pos fossero a sono e l s l’appos i t g a i t à e smar in pos ssere ita fun rite o c nuo zi I pensi omunq sesso onati c one presente vamente ric ue in hieste he su del Fon utilizz dido pos non fossero n l sito. ando sono o elle con nalmen tten di te ne terr , muniti di co ere la certifi zioni di acced ito di ca er del cer riale Manage ce fiscale, pre zione recand e al sito tificato sso la p osi per ritalia , autor . izzand ropria assoc soia o la sta mpa ca ziortacea

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UN ANNO BRILLANTE

FONDO MARIO NEGRI

Risultati molto soddisfacenti per gli iscritti al Fondo di previdenza integrativa. Un’analisi del bilancio 2017 Alessandro Baldi

presidente Fondo Mario Negri

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l 2017 è stato un anno brillante in cui si sono raggiunti tre obiettivi molto soddisfacenti: il risultato economico, l’aumento degli iscritti, il miglioramento patrimoniale e quindi la rivalutazione delle pensioni.

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Risultato economico

di spese e imposta sostitutiva del 20,47%) per il “Comparto bilanciato medio termine” dedicato al tfr;  +3,44% netto (4,62% al lordo di spese e imposta sostitutiva del 20,73%) per il “Comparto bilanciato lungo termine” dedicato al tfr.

Il risultato economico di 143 milioni di euro, dopo l’accantonamento di ben 34 milioni di euro di imposte, è a memoria il più consistente mai realizzato dal Fondo, sia in termini assoluti che relativi. E comporta per gli iscritti il seguente incremento delle posizioni previdenziali:  +6,5% netto (8,04% al netto di spese e prima del carico fiscale del 19,15%) per i “conti individuali”;  +2,3% netto (3,01% al lordo di spese e imposta sostitutiva del 15,78%) per il “comparto garantito” dedicato al tfr, le cui risorse sono impiegate in polizze di capitalizzazione gestite da primarie compagnie assicurative;  +2,23% netto (3,08% al lordo

Merito principale di tali risultati – che nel 2017 per i fondi negoziali sono stati in media del 2,60% netto – è stato il buon andamento dei mercati azionari con volatilità ai minimi e crescita ai massimi storici, grazie alle politiche accomodanti ed espansive delle principali banche centrali, alla ripresa di fiducia dei consumatori e quindi alla crescita globale. Situazione sfruttata al meglio grazie al completamento del riassetto dei mandati di gestione, a un equilibrato dosaggio nell’allocazione delle risorse fra investimenti azionari e obbligazionari e tra le principali aree economiche, la conferma della linea prudenziale e un’attenta attività di controllo del rischio. Un’azione che il Fondo

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Negri porta avanti da tempo con costanza e convinzione. Per l’obbligazionario i mandati specialistici hanno confermato la loro capacità di portare un rendimento apprezzabile. Ottimo il rendimento per l’Emerging markets (9,72% netto spese e lordo imposte) che beneficia dell’analisi “top-down” strategica per paese e della gestione attiva del posizionamento sulla duration. Ancora interessante il rendimento, ricercato a livello globale su vari rischi di mercato, del mandato High Yield (6,76% netto spese e lordo imposte) con alto livello di diversificazione geografica su più ambiti di struttura del capitale. Mentre il buon rendimento del mandato Global bonds area nord Europa (+5% netto spese e lordo imposte) è stato guidato da un’esposizione globale focalizza-


ta su finanziari, selezione titoli e analisi dei fondamentali di settore. Solidi anche i risultati del mandato Convertible bonds (+6,76% netto spese e lordo imposte). Mentre rendimenti più contenuti e sotto le attese si sono avuti per i mandati Global bonds, con una duration a breve, cui è affidato un ruolo di stabilizzazione del porta-

foglio (1,65% netto spese e lordo imposte). Sul fronte azionario il mandato dell’Equity Usa ha colto il miglior risultato (28,70% netto spese e lordo imposte) con una strategia di portafoglio titoli incentrata sulla crescita e su fondamentali solidi. Ottimo anche il risultato del mandato European small cap

(22,15% netto spese e lordo imposte), attivato all’inizio del 2017, il cui maggior driver di rendimento è l’analisi bottom-up con view dinamica di settore e paese. Apprezzabili anche i risultati dei mandati Equity Asia (18,38% netto spese e lordo imposte), Azionario Europa (13,74% netto spese e lordo imposte) e Global equities

RENDIMENTI 2017

Rendimento* (%)

2017 2016 2015 2014 Tfr – Garantito

2,73 2,89

2,75

Tfr – Bilanciato medio termine

2,80 1,93

1,61 2,80

Tfr – Bilanciato lungo termine

4,34 –

3,88 3,71

Conti individuali

8,04 2,49

2,36 3,31

Tfr – Mantenuto in azienda

2,09 1,79

1,50 1,50

3,16

*Valore al netto di spese e commissioni, al lordo dell’imposta sostitutiva

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FONDO MARIO NEGRI

con posizionamento full invested (16,85% netto spese e lordo imposte). Per quanto riguarda la parte immobiliare, le aspettative sul mercato si sono rafforzate e le attese, pur con la lentezza del trend in atto, sono improntate a un maggior ottimismo in ragione della migliorata congiuntura economica, al contributo dell’erogazione del credito e al percorso di crescita delle compravendite. A questo si contrappone la sensibile crescita del carico fiscale. La misura dei canoni, rimasti per lo più invariati, registra un’attenuazione delle pressioni al ribasso: il mercato è dinamico e presenta un leggero abbattimento delle quote di sfitto. Per poter beneficiare dei vantaggi gestionali offerti dai fondi immobiliari, per gli ulteriori investimenti in tale classe di attivo rispetto a quelli presenti come impieghi diretti, nel 2011 è stato

costituito il Fondo Immobiliare Negri sotto forma di fondo chiuso riservato, con durata ventennale, il cui “business plan”, ora aggiornato, prevede la realizzazione di un investimento complessivo di 260 milioni di euro che si completerà nel 2018. La gestione affidata alla Bnp Paribas Re Investment Management Italy Sgr p.a. ha prodotto nel 2017 un rendimento di oltre il 6% (netto spese e lordo imposte).

Iscritti Il numero dei dirigenti iscritti (oltre 40mila a fine 2017) è il più alto mai raggiunto nella lunga vita del Fondo, grazie a una continua crescita negli ultimi anni. Cresciute tutte le categorie: dai dirigenti in servizio ai volontari, ai non versanti e ai pensionati. Particolarmente significativo l’incremento di quasi il 3%, costante ormai da tempo, dei dirigenti in servizio e volontari.

Per quanto riguarda le prestazioni, l’ammontare medio delle pensioni di vecchiaia annue in essere è di circa 7.200 euro, mentre l’età media dei nuovi pensionati, costantemente in crescita, è nel 2017 di quasi 65 anni. L’importo di pensione medio è conseguente alla scelta dei percettori che prediligono la liquidazione dell’80% in capitale e solo del 20% in rendita.

Riallineamento patrimoniale e rivalutazione pensioni I risultati ottenuti permettono di confermare, e in qualche aspetto migliorare, il progressivo processo pluriennale di riallineamento patrimoniale previsto dal piano attuariale, peraltro appena riformulato in seguito alla consueta revisione quinquennale. Questo ha consentito il ritorno a una politica di rivalutazione delle pensioni in essere che vedrà attribuire, dal 1° gennaio 2018, un incremento dell’1% che compensa totalmente la svalutazione monetaria del 2017.

Investimenti 2018 Anche nell’impostazione dell’asset allocation per il 2018 si è assegnata la preminenza al criterio prudenziale connaturato alla finalità previdenziale del Fondo. Per cautela, considerata la crescita sostenuta dei mercati nell’anno appena concluso, sono state apportate riduzioni ai limiti potenziali di esposizione ad alcune classi di strumenti a maggior rischio, riservando attenzione al giusto equilibrio tra rischio e rendimento attesi.

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ASSET ALLOCATION 2018 Invest. AAA/A A-/BBB- H. Yield/ Convert. grade unrated

Equity Forex

Min

(%) (%) (%) (%) (%) (%) (%)

Min

Max

Max

Max

Max

Max

Tfr – Bilanciato medio termine

45,0

0,0

100,0

20,0

10,0

25,0

20,0

Tfr – Bilanciato lungo termine

25,0

0,0

100,0

20,0

10,0

50,0

15,0

100,0

30,0

70,0

20,0

5,0

65,0

25,0

10,0

35,0

20,0

35,0

5,0

65,0

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10,0

30,0

15,0

Tfr – Garantito (polizze capitalizzazione) Conti individuali e riserva pensionati Asset allocation complessiva

Le prospettive La rinnovata conferma delle differenti funzioni e modalità gestionali della previdenza complementare rispetto a quella pubblica evidenziano i vantaggi della scelta di valorizzazione della prima come supporto nell’erogazione delle prestazioni pensionistiche nell’età della quiescenza. Nel sistema pubblico la sostenibilità è continuamente rimessa in discussione, rendendola incerta, nel comprensibile intento di soddisfare pressioni contingenti derivanti da esigenze sociali che inevitabilmente incidono sulle condizioni di equilibrio nel grado di copertura delle prestazioni future attese. Nella previdenza complementare la sostenibilità è assicurata meglio dal sistema di norme che la disciplinano, sulla cui attuazione vigila la Covip, e fondate sul sistema della capitalizzazione individuale. A beneficio della previdenza integrativa e delle prestazioni erogabili agli iscritti, sono intervenute le disposizioni che, in materia

di welfare, hanno assegnato un ruolo attivo ai fondi pensione con l’istituzione della Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata) e la possibilità di destinazione alla contribuzione integrativa dei premi di produttività aziendali. Nel corso del 2017 i fondi pensione complementari sono stati destinatari di ulteriori provvedimenti (legge annuale per il mercato e la concorrenza e legge di bilancio dello Stato 2018) mirati a un incremento delle adesioni grazie alla modulazione del conferimento del tfr e a un’offerta di maggiore flessibilità nell’erogazione delle prestazioni con funzione di supporto al reddito e di politiche attive in fasi di disoccupazione. Ben vengano quindi interventi positivi del legislatore sulle prestazioni della previdenza complementare, che trovano il Fondo pronto al loro accoglimento come occasione di accrescimento della propria funzione. Resta importante però che questi provvedimenti vengano assunti e mantenuti avendo sempre a riferi-

mento un’equilibrata visione complessiva della missione istituzionale principale assegnata alla previdenza complementare. Infatti, la costituzione di adeguate risorse per offrire un soddisfacente tasso di sostituzione aggiuntivo a quello della previdenza obbligatoria al momento del pensionamento verrebbe depotenziata in caso di eccessivo ricorso a prestazioni anticipate che incidono sul processo di accumulo.

Per altri dati e notizie sulla gestione dell’esercizio, chiuso al 31 dicembre 2017, vedi la relazione e i prospetti di bilancio riportati nel fascicolo allegato al prossimo numero di Dirigente e presente sul sito www.fondonegri.it

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FLEXIBLE BENEFIT Strumenti per aumentare il benessere e la sicurezza dei dipendenti con evidenti vantaggi fiscali. La Cassa interaziendale di assistenza sanitaria Carlo De Lellis entra a ragione tra i protagonisti di questa nuova realtà un vero e proprio “paniere” di beni e servizi che può scegliere in base alle proprie esigenze e preferenze. Nel nostro Paese, per la verità, sembra che i flexible benefit siano ancora un oggetto abbastanza misterioso per la gran parte delle imprese. Dal “Rapporto Welfare Index PMI 2017” (cui hanno partecipato Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni) risulta infatti che oltre il 70% delle piccole e medie imprese non sanno nem-

I vantaggi fiscali Eppure questi strumenti offrono evidenti vantaggi fiscali sia per i dipendenti sia per le aziende, consentendo loro di abbattere il cosiddetto “cuneo fiscale”. Per i dipendenti, infatti, la parte di reddito erogata nella forma di flexible benefit non viene assoggettata a trattenute contributive e fiscali, per le imprese invece non c’è l’obbligo di corrispondere i contributi previdenziali sulla quota di retribuzione a questi destinata.

ASSIDIR CASSA DE LELLIS

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uando si affronta il tema della remunerazione dei dipendenti si parla sempre più frequentemente di flexible benefit, un termine inglese che sta a indicare servizi e prestazioni non monetarie che un’impresa può erogare ai propri dipendenti in aggiunta alle forme tradizionali esclusivamente monetarie. I flexible benefit sono infatti costituiti da beni o servizi “reali” e vengono di solito utilizzati dalle aziende per sostituire una parte delle quote di retribuzione accessoria con lo scopo di aumentarne il potere di acquisto e dare al dipendente la possibilità di migliorare la qualità della propria vita e della propria famiglia. Tra le categorie di benefit più diffusi vale la pena ricordare le casse sanitarie integrative, i servizi sanitari e, per il benessere della persona, il rimborso delle spese scolastiche (tasse, rette e libri), viaggi, sport, tempo libero, abbonamenti a cinema e teatri, trasporti collettivi e fondi di previdenza. In altre parole, grazie a precisi accordi aziendali, al dipendente viene assegnato un budget di spesa che gli consente di accedere a

meno di cosa si tratti, il 24% circa sanno che esistono ma non hanno approfondito il tema, solo il 5,8% ne conosce caratteristiche e dettagli. Quanto all’utilizzo di questi strumenti, poi, le quote scendono drasticamente se si considera che fa uso dei flexible benefit solo l’1% delle imprese che ha dichiarato di conoscerli (meno del 30% del totale delle pmi).

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ASSIDIR CASSA DE LELLIS

Al di là degli altri vantaggi che possono nascere dall’aumentata motivazione dei dipendenti grazie a questi strumenti, va rilevato come i flexible benefit consentano di limitare la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori e ottimizzare i costi per le aziende. Certamente, però, quanto più ampio è il paniere tanto più è complessa la gestione operativa con i partner che erogano beni e servizi per cui, da qualche anno, sono state realizzate delle piattaforme che consentono l’accesso via internet a veri e propri “portali”. Va però sottolineata la differenza delle possibilità di interesse e uti-

lizzo dei vari tipi di benefit; se non si hanno figli in età scolare non c’è interesse per l’area istruzione, c’è chi non usa i mezzi pubblici, non va a teatro e nei musei o non è interessato a corsi di lingue ma, tutti, pongono una particolare attenzione al tema salute.

Un servizio a sostegno della salute Infatti, nessuno di noi è purtroppo esente dalla necessità di tenere sotto controllo il proprio stato di salute e quello dei familiari anche se, in funzione del rapporto di lavoro dipendente in essere e del relativo inquadramento (dirigente, quadro, impiegato), sono atti-

LE PRESTAZIONI La Cassa interaziendale di assistenza sanitaria Carlo De Lellis offre, attraverso Unisalute, un numero molto elevato di prestazioni che fanno parte di un piano sanitario di assoluto rilievo. Eccone alcune delle più importanti Rimborso spese per:  ricoveri ospedalieri, trasporto e ospedalizzazione domiciliare post ricovero;  parto naturale o cesareo;  diagnostica extra-ospedaliera di alta specializzazione;  cure e accertamenti diagnostici domiciliari e ambulatoriali;  assistenza infermieristica domiciliare;  acquisto di lenti e occhiali;  acquisto di protesi e ausili medico ortopedici e acustici;  trattamenti fisioterapici;  cure termali;  prestazioni psichiatriche;  cure odontoiatriche e ortodontiche;  long term care. Inoltre: possibilità di effettuare, ogni anno, esami diagnostici a scopo preventivo presso strutture convenzionate;  aumento dei massimali dei rimborsi in caso di prestazioni oncologiche. 

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ve forme di assistenza più o meno complete che rientrano nella categoria del cosiddetto welfare aziendale. In quest’area, va sottolineato, esiste la possibilità di accedere a uno strumento particolarmente utile senza la necessità di procedere con l’adesione a piattaforme o altri strumenti più o meno complessi: è sufficiente che l’azienda si associ alla Cassa interaziendale di assistenza sanitaria Carlo De Lellis, ente senza fini di lucro iscritta all’Anagrafe dei fondi sanitari e costituita per volontà di Manageritalia e Assidir. Il suo scopo è promuovere forme di assistenza sanitaria integrativa su base collettiva aziendale: i beneficiari delle prestazioni della Cassa sono i dipendenti delle aziende associate. La Cassa interaziendale di assistenza sanitaria Carlo De Lellis offre ai propri iscritti, grazie a un accordo/regolamento tra l’azienda e i propri dipendenti, la possibilità di usufruire di prestazioni sanitarie di qualità mettendo a loro disposizione sia l’accesso alle oltre 7.500 strutture convenzionate di Unisalute, compagnia leader del settore, sia il rimborso delle spese mediche sostenute presso enti al di fuori del proprio network. I dipendenti possono aderire alla Cassa con due diverse formule: “completa”, per coloro che non godono di altre casse o fondi di assistenza sanitaria integrativa, oppure “integrativa”, per i dipendenti che godono già di altre casse o fondi sanitari per effetto di accordi collettivi di lavoro riguardanti la propria categoria.


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DRIVING CHANGE

Il gioco di squadra tra generi e genetazioni per innovare i modelli competitivi

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riving Change è un gioco di parole a metà tra il linguaggio golfistico e quello d’impresa, sarà il campo pratica nel quale sperimentare spunti per guidare il cambiamento. Il golf, oltre a essere uno sport individuale e allo stesso tempo avere in sé un alto tasso di socialità, è una forma mentis fortemente vicina a quanto vivono quotidianamente manager e imprenditori. Sul campo da golf e nelle club house si gioca ma non solo: ci si confronta, si ragiona sugli stili di management e si costruiscono straordinarie occasioni di business. Così come l’impresa ha sempre più bisogno di un management di qualità, con idee forti in grado di governare il cambiamento, così il management di imprenditorializzare le sue logiche di azione; questo processo, che è ormai in atto, ha bisogno di un “campo pratica” sul quale confrontarsi con modalità nuove e suggestive, alla ricerca di fonti di ispirazione capaci di alimentare il pensiero e innovare la cultura aziendale.

In questa edizione di Driving Change vogliamo affrontare il tema dell’intergenerazionalità da

una prospettiva ampia, che parte dall’assunto che la strada è quella dello scambio e dell’integrazione tra le generazioni all’interno del mondo delle organizzazioni. Per questo parliamo di “gioco di squadra” tra generazioni. In questa prospettiva, ci aiuteranno a riflettere sul tema sia esperti, studiosi di questi temi, sia personalità dello sport e imprenditori. Al momento della riflessione seguirà il momento del gioco e della sperimentazione sul campo, con qualche idea ed esperienza in più.

PROGRAMMA    10-12 Interviste condotte da Carlo Romanelli, fondatore e presidente di Net Working    12-13 Brunch 13,30-18 Gara di golf a squadre (shot gun) – Invitational con max 72 giocatori; attività e gioco a squadre sul campo da golf, coordinati da un pool di maestri e formatori (per i neofiti)

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16 aprile a Milano – Castello Tolcinasco Golf Club Generazioni “in campo” e generazioni “in panchina” Alessandro Rosina, professore di demografia alla Cattolica di Milano Massimo Barbolini, allenatore di volley femminile di fama internazionale

7 maggio a Padova – Golf Club Padova Generi e generazioni: una rivoluzione nel gioco di squadra Maria Cristina Bombelli, fondatrice e presidente di Wise Growth Juri Chechi, “il signore degli anelli”, uno dei più importanti sportivi di sempre

28 maggio a Milano – Molinetto Country Club Allenarsi all’intergenerazionalità: tra competitività e complementarietà Odile Robotti, amministratore unico di Learning Edge Alessandro Campagna, allenatore della nazionale di pallanuoto Settebello

11 giugno a Roma – Circolo del Golf Roma Acquasanta La rivoluzione nel gioco di squadra tra generi e generazioni Maria Cristina Bombelli, fondatrice e presidente di Wise Growth Massimo Barbolini, allenatore di volley femminile di fama internazionale

PER MAGGIORI INFORMAZIONI: Anna Scirea Elena Massaro Lucia Canullo

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APRILE 2018

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Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, cura l’inserto Dirigibile ed è responsabile del progetto Future Manage(55) ment Tools di Cfmt. Alessandro Baldi ha un’esperienza professionale maturata in una importante società di revisione (72) internazionale. È presidente del Fondo Mario Negri. Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

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Alessandro Gaetani è blogger ed educatore finanziario. Autore del blog www.economiafamiliare.it. (32) Scrive articoli, rubriche, e-book su materie economiche. Cristiano Ghiringhelli è professore associato di Gestione delle risorse umane all’Università di Milano(26) Bicocca.

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di ope(51) Maurizio Matrone è executive professional manager, coach, scrittore e formatore sui temi della

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI

Narrativa d’impresa per Adacta Consulting, conduce laboratori di narrazione, comunicazione, creatività e innovazione per aziende e pubbliche amministrazioni. È autore di saggi, romanzi, racconti, sceneggia(24) ture, opere per l’arte e i ragazzi.

FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI

ratori virtuali.

Romeo Melucci è responsabile servizio fiscale di 50&Più Caaf.

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Raoul C. D. Nacamulli è professore ordinario di Organizzazione aziendale all’Università di Milano-Bicoc(26) ca e direttore del Bicocca Training and development Centre. Alessandro Rosina è professore ordinario di Demografia e direttore del Center for applied stati(12) stics in business and economics all’Università Cattolica di Milano. Giorgio Pivato è responsabile di chirurgia della mano e microchirurgia ricostruttiva in Humanitas (48) San Pio X di Milano. Odile Robotti è amministratore unico di Learning Edge, società specializzata nella formazione manageriale e nello sviluppo delle risorse umane. È anche cofondatrice e presidente dell’organizzazione di volontariato MilanoAl(20) truista e dell’associazione di promozione sociale ItaliaAltruista.

Anna Zinola si occupa di consumi dal 1993, dapprima all’interno di istituti di ricerca, poi come libera professionista. Dal 2003 insegna Psicologia del marketing all’Università di Pavia. Ha scritto alcuni libri dedicati ai temi dei (16) consumi. Collabora con Corriere.it, Mark up e Micro & Macro Marketing. 32

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CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it

da Manageritalia Mariella Colavito, ufficio sindacale Manageritalia Milano. (63) Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale.

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Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa

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La diffusione di aprile 2018 è di 35.139 copie




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