DIRIGENTE - Giugno 2014

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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

la Guerra del Lavoro

è già

scoppiata

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)


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Sommario

Editoriale 4 Rottamare la corruzione per il rilancio dell’Italia Speciale lavoro 6 La guerra del lavoro è già scoppiata

Management 40 Paese che vai...

InfoMANAGER

Consumi 44 Sempre più soft

Manageritalia 65 Quadri di valore

Turismo 48 Alla ricerca del lusso

14 + Benessere + Produttività

RUBRICHE

21 Storie di buone connessioni

26 Osservatorio legislativo 32 Non solo consumi

Interviste 28 Federico Capeci Like generation

70 Maternità e congedi Assidir 66 Capitello. novità per una polizza di successo Associazioni territoriali 68 Un premio per guardare avanti

38 Mondo del lavoro 52 Di buon grado

34 Francesco Delzio Autostrade: non solo una striscia d’asfalto

69 Il nostro welfare in vetrina

53 Arte 54 Libri 55 Letture per manager

Fasdac 72 Il rimborso in forma indiretta

56 Lettere

57 N. 6 GIUGNO 2014

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

la Guerra del Lavoro

è già

scoppiata MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato R

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)

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Editoriale a cura del presidente Manageritalia

ROTTAMARE LA CORRU PER IL RILANCIO DE D

alla metà del 2013 il nostro Paese è gradualmente rientrato nella mappa degli investitori. Un interesse che è andato accentuandosi quando si è cominciato a intravedere una stabilità politica che mancava da anni. La ripresa, dopo sette anni di crisi che hanno ridotto di un decimo i redditi delle famiglie e di un quarto l’attività industriale, comincia a dare qualche timido segnale, ma è fragilissima. È una finestra di opportunità unica per l’Italia, ma occorre avere il coraggio di operare scelte forti e in netta discontinuità con il passato. In questo contesto il giudizio interlocutorio di Standard&Poor’s ha rappresentato una mezza doccia fredda, che riporta il governo a fare i conti con l’attenzione vigile dei mercati, i quali non si accontentano della raffica di annunci. Vogliono una raffica di cambiamenti. Corruzione, malaffare e illegalità sono quotidianamente agli onori delle cronache. A fronte di un’Italia che con il recente voto ha detto, in modo più che esplicito, che vuole cambiare ed essere protagonista in Europa, stanno venendo a galla i veri motivi per cui non riusciamo a riprenderci. Legalità, competenza, merito e quindi concorrenza, gli unici fattori capaci di garantire uno sviluppo vero e per tutti, sono sconosciuti, per non dire contrastati, in ogni dove, ma soprattutto negli snodi di potere che regolano la nostra vita e il nostro futuro. In Italia chi non paga le tasse è un furbo o, quando va bene, è giustificato perché deve sopravvivere. La corruzione senza una risposta forte della politica continuerà a pesare come un macigno. Bisogna rivedere questa cultura: evasori corrotti e corruttori devono essere considerati semplicemente dei ladri. Nel pieno della bufera di tangentopoli, sotto il consueto diluvio di inchieste per corruzione, l’11 febbraio 1994 venne approvata la “legge antitangenti”, o “legge Merloni”. Una legge che però nel corso degli anni è stata scientemente depotenziata con un’assurda moltiplicazione di regole farraginose che portano deroghe e scorciatoie e sfociano in puro arbitrio, producendo a loro volta corruzione. Nel caso del Mose di Venezia, non c’è solo la politica, ma gli imprenditori, la guardia di finanza, gli organi di controllo. Un sistema mostruoso che, se verranno confermate le accuse, si è manifestato in maniera pervasiva e capillare. Evasione e corruzione stanno pervadendo il Paese e il carico di tasse e legalità è sempre e solo sui soliti noti. A fronte di questo, i sacrifici chiesti soprattut-


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RUZIONE DELL’ITALIA to, ma non solo, a dipendenti e pensionati, opprimono e sono sempre meno giustificati. Dobbiamo reagire con forza e determinazione. L’unica risposta efficace alla corruzione è una giustizia che rispetti tempi certi e brevi e stabilisca chi è colpevole e chi è innocente. In vista del semestre europeo, dell’Expo 2015 e dell’effettivo rilancio economico e sociale dell’Italia, dobbiamo voltare veramente pagina. Politica, istituzioni, chi rappresenta gli attori economici e sociali e tutti noi dobbiamo, compatti, mettere al primo posto dell’agenda il ritorno alla legalità. La forte astensione al voto, che si è accentuata con il recente ballottaggio delle amministrative, è la rappresentazione plastica di una crisi di sistema. Racconta di un’Italia stanca di un potere giudicato con scetticismo e insofferenza crescenti. Siamo insomma alla ricerca di nuovi equilibri per una nuova politica che persegua gli interessi della collettività, che anticipi e risolva i problemi in fretta. Stiamo facendo valere il ruolo propositivo del management, in nome della responsabilità, della competenza e della capacità di visione strategica che ci contraddistinguono. Siamo tutti sempre più consapevoli che, per uscire dalla crisi, è necessaria una forte assunzione di responsabilità da parte di chi, come noi, ha le possibilità e le competenze, e quindi il dovere, di dare il proprio contributo al cambiamento. Nella nostra Federazione, intanto, siamo a metà mandato ed è tempo di fare alcune considerazioni e valutazioni. In questi ultimi mesi, insieme ai miei più diretti collaboratori dell’ufficio di presidenza, ho visitato le Associazioni territoriali, partecipando ai consigli direttivi. A tutti i rappresentanti territoriali della nostra categoria è stata chiesta una valutazione degli ultimi due anni di attività sia federale che territoriale, nonché come pensano di organizzarsi per il ricambio in vista del prossimo mandato. La Federazione e le Associazioni territoriali stanno lavorando con il consueto impegno alla realizzazione degli obiettivi posti dal Piano Operativo 2012-2016. La prossima Assemblea nazionale, a Milano il 20 e 21 giugno, sarà l’occasione per conoscere lo stato di avanzamento dei lavori dei gruppi attuativi. Tanto lavoro dunque, all’interno e all’esterno della nostra Federazione, in vista di un autunno nel quale ci aspetta una nuova impegnativa tornata contrattuale. Guido Carella (guido.carella@manageritalia.it)

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Speciale lavoro

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l lavoro è cambiato in modo drastico e cambierà ancora di più. Per affrontare questa guerra, come ci racconta Walter Passerini che apre questo speciale, serve cambiare mentalità e capire i nuovi paradigmi. Sicuramente dobbiamo valorizzare sempre più le persone per aumentare l’occupazione, il benessere e la produttività. Questo è l’obiettivo del progetto sviluppato da Manageritalia in collaborazione con Cibiesse (Cfmt Business School) e sostenuto da Fondir (Fondo paritetico interprofessionale per la formazione dei dirigenti) che abbiamo portato in tutta Italia per fare informazione, cultura e passare all’azione. A pagina 14 il progetto “La valorizzazione del patrimonio aziendale per l’occupazione, il benessere e la produttività” e l’esperienza di due grandi aziende che lo stanno attuando. Un cambiamento che deve essere guidato dai manager e da una sempre più forte presenza manageriale nelle aziende italiane. Proprio quello che sta facendo Managerinimpresa, iniziativa affidata a Cfmt (Centro di formazione management del terziario) da Manageritalia e Confcommercio. A pagina 21 la testimonianza di alcuni manager e imprenditori che hanno aderito al progetto. Queste alcune delle possibili armi con le quali dobbiamo affrontare la guerra del lavoro! 6

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GUERR È GIÀ

Occorre cambiare al più presto paradigmi e idee per creare occupazione e ricostruire un progetto unitario, riprendendo in mano il filo di questo caos apparente e distruttivo Walter Passerini

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RESCE IL LAVORO NEL MONDO, ma non tutti lo sanno. Sul futuro della principale e più nobile attività dell’uomo si addensano molte nubi e troppe profezie. Molte di queste sono fallaci, perché sono figlie del pregiudizio e di impostazioni ideologiche ormai del tutto superate. Prendiamo ad esempio la teoria della scarsità. Questa teoria afferma che, per quanto possiamo fare, la quantità di lavoro nel futuro è destinata sempre più a ridursi, tanto che non ci sarà lavoro per tutti. Nulla di più sbagliato. Nel mondo in realtà il lavoro sta crescendo in quantità, per effetto di diversi fenomeni ineluttabili: la spinta dei paesi emergenti e appena emersi, Brics in testa (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ma anche Mint (Messico, Indonesia, Nigeria, Turchia), porta a far emergere anche il lavoro che, sotto la spinta dei lavoratori di quei paesi e della domanda di diritti fondamentali, balza così alla luce del sole, passando dall’area del nero e del grigio all’emersione e alla regolarizzazione. Ciononostante, i seguaci di questa teoria, che ha precise anche se qualche volta inconsapevoli derivazioni in ciò che prevedeva Thomas Malthus, impazzano e imperversano sui media.


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RRA DEL LAVORO SCOPPIATA

C’era una volta Malthus Malthus era un economista inglese famoso per il suo Saggio sul principio della popolazione, scritto nel 1798, in cui sosteneva che l’incremento demografico avrebbe creato non pochi problemi al mondo. La popolazione infatti cresce, secondo il suo parere, in proporzio-

ne geometrica, mentre le ricchezze crescono in proporzione aritmetica. Ne nascerebbe quindi uno squilibrio tra popolazione e mezzi di sostentamento, il cui risultato sarebbe quello di un generale impoverimento. Da qui la necessità di porre rimedio e freni all’aumento della popolazione, senza esclu-

dere guerre, carestie, epidemie, che di fatto avrebbero contribuito a ridurre l’incremento eccessivo della popolazione. Non stupisce che a sostenere queste teorie fossero proprio le classi dirigenti inclini a giustificare la crescente povertà nel mondo, la miseria e la precarietà che avvol-

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Speciale lavoro

SETTE RIMEDI POSSIBILI

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Le culture del lavoro: dal lavoro dipendente al lavoro intraprendentemDobbiamo avere una cultura del lavoro che lo veda certo come un diritto ma anche come un dovere e quindi come un progetto, qualcosa da costruire, da realizzare anche a livello personale. Questa cultura tende a darsi da fare per il raggiungimento di obiettivi e risultati. Chi la interpreta non crede che il lavoro debba essere per forza dato da qualcuno all’esterno, ma che al contrario possa essere un progetto, da costruire da soli o con altri, per il raggiungimento di obiettivi di senso e di utilità per gli altri.

I servizi per il lavoro: la rete che non c’è, ma che ci saràmIl diritto al lavoro del futuro sarà sempre di più il diritto ad avere dei servizi per il lavoro. La complessità delle molteplici forme del lavoro, l’esigenza crescente di adeguare l’offerta di lavoro alla domanda sempre più selettiva e specifica delle imprese rendono oggi indispensabile la creazione di un’efficace rete di servizi di accompagnamento al lavoro, sull’esempio delle esperienze dei più avanzati paesi europei.

Dopo aver indagato per anni le realtà dell’universo occupazionale, Passerini e Marino denunciano le contraddizioni e le assurdità del mondo del lavoro attuale, dove è in corso una vera e propria “guerra” su scala planetaria. Nell’ampia disamina di come è cambiato il lavoro di tutti noi, da quello dipendente a quello delle varie professioni, i due autori indicano sette rimedi possibili (sintesi a fianco) per costruire un futuro dignitoso per tutti.

Le fabbriche delle competenze: scuola e formazione alla guerra del lavoromIl cantiere della formazione deve essere maggiormente sviluppato se si vuole vincere la guerra delle competenze, se vogliamo che i giovani, ma anche i meno giovani, partecipino alla guerra del lavoro dotati di un’attrezzatura più robusta. Attraverso lo sviluppo dell’alternanza tra scuola e lavoro, con il rilancio dell’apprendistato, degli stage e dei tirocini, la quota di giovani formati può aumentare di numero e di qualità.

L’insostenibile leggerezza delle buste pagamSe guardiamo all’Europa, in Italia si registrano stipendi netti più bassi e costo del lavoro più alto. A questi due parametri se ne aggiunge un terzo: la bassa produttività. Per

La guerra del lavoro, Walter Passerini, Ignazio Marino, pagg. 409, BUR.

geva le classi sociali più basse. Malthusiani e neomalthusiani sono i più espliciti interpreti di questa teoria, che assegna alla crescita, al progresso, al lavoro un limite invalicabile. Tesi vigorosamente contrastata, per esempio, dalle teorie di Karl Marx, che non esi-

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sviluppare la produttività però non ci sono alternative: è necessario che il mix tra retribuzione fissa e variabile si sposti a favore della seconda, per dare di più a chi

tò a definirle “stupidaggini”, secondo cui il progresso avrebbe sempre guidato e fatto crescere il mondo, in coincidenza con la ribellione delle classi più povere che, impadronitesi dei propri diritti, avrebbero strappato lavoro e ricchezze per una redistribu-

zione del plusvalore più equa. I teorici attuali di questa teoria della scarsità e della decrescita, più o meno felice, stanno per la verità anche oggi ottenendo un certo seguito, la cui domanda più legittima e latente è semmai quella di recuperare una discussione sul-


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PER IL FUTURO lavora meglio, secondo parametri trasparenti di gruppo o individuali, equi, efficaci e alla luce del sole.

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I giacimenti occupazionali: come e dove si crea lavoromIl primo canale per creare lavoro è quello delle pmi, il secondo quello dei territori e delle specializzazioni. Le pmi devono spostare verso l’estero le proprie prospettive e i propri orizzonti. L’export sta diventando infatti sempre più rilevante per il futuro delle imprese italiane. Tra i giacimenti occupazionali destinati nel futuro a produrre posti di lavoro e a risolvere bisogni spesso trascurati c’è il terzo settore, che comprende il non profit, la sanità, l’assistenza, l’istruzione e la ricerca.

La spinta dei paesi emergenti e appena emersi porta a far emergere anche il lavoro che balza così alla luce del sole, passando dall’area del nero e del grigio all’emersione e alla regolarizzazione

Mettersi in proprio: una scelta, un’opportunitàmIl lavoro del futuro non sarà solo lavoro dipendente, ma in ogni caso sarà lavoro intraprendente, dentro o fuori l’impresa. Avviare una propria attività non è un ripiego ma una reazione necessaria, una sfida, un’opportunità, un percorso creativo e di apprendimento continuo. Il mondo sta cambiando e ha bisogno di essere conosciuto, per questo sono importanti esperienze di studio o di lavoro all’estero, dove annusare il mondo e costruire percorsi di lavoro, carriera e imprenditorialità.

Mestieri ricercati, mestieri che tornano o che nessuno vuole faremAi cercatori di lavoro attenzione ai settori gomma e plastica, legno e arredo e tessile, che nel prossimo quinquennio registreranno un fabbisogno medio annuo di occupazione negativo. Tra i settori dinamici nei servizi troviamo sanità, assistenza sociale e servizi sanitari, turistico alberghiero, seguiti dai servizi alle persone e servizi finanziari e assicurativi. È interessante inoltre verificare quanto spazio nella creazione di occupazione potrebbe esserci nei mestieri artigiani, che subiranno una profonda trasformazione grazie alle tecnologie.

la qualità dei nuovi modelli di sviluppo, più ecologici ed equamente economici, attenti e rispettosi di persone e ambiente, per frenare la devastazione del pianeta. Ma non mancano altre varianti della stessa teoria e altri sostenitori, che di fatto imputano all’eccessivo svi-

luppo delle tecnologie la colpa del furto del lavoro. Tra le tecnologie e il lavoro, secondo costoro, è in corso una guerra, che si può vincere solo redistribuendo tra le persone il lavoro che c’è e che sarà sempre più scarso. All’interno di questa cor-

rente ha tra l’altro preso piede una deriva favorevole all’ozio, più o meno creativo: le tecnologie ci risparmiano lavoro e fatica, dicono gli epigoni di questa tendenza, per cui a noi spetta la riduzione del lavoro in favore dell’ozio creativo, in modo da inaugurare una nuova era rinascimentale, alla ricerca di una nuova Arcadia. La realtà, invece, ci sta rivelando la fallacia e l’ingenuità di queste teorie, che anche inconsapevolmente si aggirano per il mondo e traggono ispirazione, spesso a insaputa di chi le sostiene, da un famoso libretto di Paul Lafargue, Diritto all’ozio, scritto nel 1880. Lafargue è anche noto per aver sposato la figlia di Marx, Laura, ma non era molto simpatico al suocero, che di lui diceva: «Mi annoia con il suo proudhonismo e certamente non mi lascerà tranquillo finché non gli avrò rotto quella sua testa di creolo».

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Alcuni teorici imputano all’eccessivo sviluppo delle tecnologie la colpa del furto del lavoro. Secondo costoro è in corso una guerra che si può vincere solo redistribuendo il lavoro tra le persone

I fautori del mercato Ci sono però anche altre teorie che sostengono tesi diverse. Vale qui la pena sottolinearne alcune. Le teorie liberiste dell’economia, per esempio, sostengono che il mercato è il risultato dell’equilibrio perfetto tra domanda e offerta, che tra di loro si relazionano a seconda dell’opportunità del vantaggio e della concorrenza, vero driver del progresso. In questa teoria, l’occupazione è il frutto di questa “mano invisibile” che governa le sorti del mondo ed è sua funzione di accompagnamento. È il libero mercato nel suo irresistibile dispiegarsi a creare il progresso e quindi il lavoro, ma anche a seguirne i cicli, che ovviamente possono essere positivi ma anche negativi. Il liberismo trovò però il suo maggior insuccesso di fronte alla grande crisi del 1929, che diede vita al diffondersi delle teorie keynesiane. Saranno queste ultime a caratterizzare lo sviluppo dell’economia e del lavoro che, in particolare nel secondo

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Dopoguerra, videro una forte immissione di spesa pubblica per la ricostruzione dei sistemi economici, con interventi dello Stato sempre più massicci, tanto da far nascere anche derive di tipo statalista e interventista. Al di là delle radici culturali che affondano nel passato la loro legittimazione, oggi, di fronte alle difficoltà cicliche dell’economia e alla crescente interdipendenza dei sistemi, sembrano farsi strada posizioni più pragmatiche e sempre meno ideologiche, secondo le quali, per esempio, creare occupazione e posti di lavoro è un obiettivo etico oltre che economico. Per i sostenitori di questa posizione, infatti, l’economia è una branca della filosofia morale, più che un insieme di tecniche o di meccanismi automatici. Una posizione che è sostenuta da solidi economisti del nostro tempo, la cui figura più autorevole è senz’altro quella di Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998.

Una guerra globale Sarà la prossima “Guerra dei trent’anni”: nessuno l’ha ufficialmente dichiarata, ma è già iniziata. È una guerra planetaria, globale, continentale, nazionale, regionale, ma anche locale, che arriverà nei piccoli territori, nei distretti, nelle città, sconvolgendo i sistemi. Una guerra pervasiva, combattuta anche inconsapevolmente. Una guerra dalla quale nessuno potrà salvarsi o sentirsi al riparo. Una guerra che è già in corso, oggi, quando le persone sono all’erta, perché sentono la propria azienda scricchiolare. Una guerra che mette in luce le debolezze di ciascuno, il vuoto di competenze, l’incertezza delle identità, la fragilità della lungimiranza delle visioni. Una guerra combattuta dagli italiani contro gli stranieri, perché pensano erroneamente che questi ultimi vengano nel nostro Paese per toglierci il lavoro. Una guerra sotterranea degli italiani contro i te-


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deschi, perché pensano che vogliano creare un’Europa made in Germany; dei tedeschi contro i greci, gli spagnoli, gli italiani. Una guerra degli europei contro gli americani e degli americani contro i cinesi. Una guerra di tutti contro tutti. Che nei singoli paesi diventa una guerra dei giovani contro gli adulti, dei dipendenti privati contro quelli pubblici, dei lavoratori autonomi contro le libere professioni, dei giovani professionisti contro i professionisti affermati e così via. C’è un bel lavoro da fare per ricostruire un progetto unitario, per riprendere in mano il filo di questo caos apparente e distruttivo. È necessario lavorare ancora sul piano delle analisi non effimere, sulla diagnosi di questo fenomeno, per poi passare senza indugio alle soluzioni, alle terapie, alle proposte. È ormai sotto gli occhi di tutti il fatto che la portata dei problemi richiede una nuova leadership.

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Creare lavoro La globalizzazione infatti acuisce Un buon punto di riferimento per e determina tutti i fenomeni. la comprensione della rivoluzione Il mondo è diventato più grande, in corso, e che ne tratta non in ter- ma anche più piccolo e, sopratmini impressionistici ma con im- tutto, molto più interdipendente. pressionanti dati scientifici, è uno Un mondo che Clifton racconta studio internazionale, che ci aiuta a così: la domanda di leader è camcapire sotto un’angolazione nuova biata; le maggiori richieste di leae originale quale sia l’impatto del- dership hanno a che fare sopratla globalizzazione sul mondo del tutto con un nuovo compito, lavoro su scala planetaria. quello di creare nuovo lavoro. Lo ha condotto Jim Clifton, nella Sulla terra, spiega Clifton, ci sono 7 sua qualità di chairman e ceo della miliardi di persone, di cui 5 sono Gallup, uno dei più importanti isti- adulti con oltre 15 anni di età, cioè tuti di ricerca e di sondaggi a livel- in età lavorativa. Di questi 5 miliarlo mondiale. È un primo risultato di, 3 lavorano o vogliono lavorare. di un lavoro avviato da oltre cinque La maggior parte di questi 3 miliaranni, che presenta una riflessione di di persone desidera naturalmenmolto approfondita, appassionata te un lavoro a tempo pieno e regoe per molti aspetti sconvolgente: lare. Ma qui si apre un problema. The coming jobs war (Gallup press, In questo momento nel mondo, ci NY, 2011). What every leader must sono solo 1,2 miliardi di posti di laknow about the future of job creation è voro con queste caratteristiche il sottotitolo (Quello che ogni lea- (full time, regolari e formalmente der deve sapere sul futuro della riconosciuti). Si apre così una vocreazione di lavoro). È dall’inizio ragine di 1,8 miliardi di posti che della crisi e per rispondere ad essa, mancano e che andrebbero creati. secondo Clifton, che Ma il 50% di chi vuole un buon podal 2008 è cominciata la guerra per creare buoni posti di lavoro. Attività SUL BLOG che ha superato tutte quelle precedenti e le preoccupazioni dei responsabili economici e politici di tutti i I post di Walter Passerini paesi del mondo, tratti dal libro La guerra del lavoro. mettendoli di fronte a Partecipa alla discussione problemi e a sfide che mai erano state sperimentate.

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La partita del lavoro si gioca sullo scontro tra economie diverse, tra newcomer al banchetto dello sviluppo e vecchi padroni del mondo, acciaccati e opulenti

sto a tempo pieno, che Clifton definisce regolare e di almeno 30 e più ore la settimana, non l’ha trovato e potrebbe non trovarlo, mentre un 10% rischia di cercare senza successo un lavoro part time. È da questa realtà che nasce una

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gigantesca sfida per la stabilità nel mondo, determinata dalla mancanza di questi 1,8 miliardi di posti, che equivalgono a circa un quarto dell’intera popolazione mondiale. Lavorare meno per lavorare tutti? Che fare? Come affrontare il problema? Gli imbelli e i falsi scenaristi propongono la rimozione tout court del problema: dobbiamo lavorare di meno, redistribuire il lavoro che c’è, fuorviando le strategie e disegnando così un futuro improbabile di armonia e di libertà dalla schiavitù del lavoro. Lavorare meno per lavorare tutti è ormai uno slogan frusto e im-

potente su scala planetaria, dove la partita del lavoro si gioca sullo scontro tra economie diverse, tra newcomer al banchetto dello sviluppo e vecchi padroni del mondo, acciaccati e opulenti; sino a quando la fame dei paesi emergenti non arriverà a intaccare i paesi ricchi, obesi di consumi. Il processo è ormai in atto. Le aree del mondo sono in subbuglio. Si scontrano l’incomprimibile spinta a partecipare al banchetto da parte dei paesi più poveri con la legittima domanda dello sviluppo e del mantenimento di diritti, di benessere e di democrazia. Tutto questo sconvolge i nostri sonni e alimenta le nostre paure. 䡵


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+BENESSERE +PRODUTTIVI Abbiamo portato in tour per l’Italia un progetto che mira a valorizzare il patrimonio aziendale per incrementare l’occupazione, il benessere e la produttività. Lo abbiamo sperimentato in due grosse aziende. E sono solo le prime… Eliana Sambrotta

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ER CAMBIARE A VOLTE non serve uno tsunami, ma piccole onde leggere che col tempo corrodono la riva e modificano la conformazione geografica della costa. Così come per competere sul mercato a volte non servono necessariamente grossi investimenti o grandi rivoluzioni aziendali, ma bastano buone prassi e nuovi modelli organizzativi che promuovano un cambiamento culturale nella gestione delle risorse. Di cosa parliamo? Per fare due semplici esempi: benessere aziendale e intergenerazionalità. Come possono aiutare un’azienda a crescere? Ve lo spieghiamo di seguito, attraverso un progetto e due aziende (e che aziende!) che lo hanno provato sulla propria pelle. Ma partiamo dall’inizio, o meglio dalla fine dell’inizio. Si è svolto lo scorso 6 maggio, nella suggestiva cornice del Tempio di Adriano nel cuore di Roma, l’evento conclusivo del progetto “La valorizzazione del patrimonio aziendale per l’occupazione, il benessere e la produttività”. Conclusivo si fa per dire, perché se è vero che la serata è stata un’occasione per fare il punto sul progetto a un anno circa dalla sua partenza, è altrettanto vero che i lavori sono appena iniziati! Il progetto nasce da un’idea di Manageritalia e in particolare del Gruppo Donne Manager di Milano sostenuta poi da Fondir (Fondo paritetico interprofessionale per la formazione dei dirigenti) e realizzata in collaborazione con Cibiesse (Cfmt business school). Si sviluppa dall’esigenza di capire cosa fanno oggi le aziende per competere e si pone come obiettivo quello di individuare come possono farlo meglio attraverso politiche di benessere aziendale e di intergenerazionalità. In particolare, nel primo caso si tratta di coprire specifici bisogni o migliorare la vita in ufficio, in famiglia, nella quotidianità per motivare e coinvolgere il lavoratore accrescendo la sua produttività e il suo benessere con aspetti retributivi non solo monetari; nel secondo caso si tratta di pratiche organizzative e non, volte a valorizzare il patrimonio di competenze, consolidate e nuove, favorire l’occupazione giovanile nel sereno e proficuo dialogo intergenerazionale. L’indagine La prima fase del progetto si è concretizzata con la realizzazione di un’indagine svolta nel marzo 2013 da AstraRicerche su un campione rappresentativo di aziende e manager del terziario, nel 60% dei casi occupati in multinazionali estere e italiane e nel 30% dei casi occupati in ruoli di general management. Obiettivo della ricerca: capire se e come le aziende si stanno attrezzando per competere meglio sul mercato e comprendere se abbiano in atto o in previsione politiche intergenerazionali o di benessere aziendale. Emerge che per competere le azien-

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de oggi puntano quasi tutte su ricavi, riduzione dei costi e produttività. Due su tre puntano su innovazione, organizzativa o di prodotto, e solo un terzo sul benessere dei lavoratori. E quali strumenti vengono utilizzati per massimizzare questa produttività? Primeggiano l’utilizzo di tecnologie abilitanti e nuovi modelli di efficienza per lavorare meglio ed evitare gli sprechi (63%) mentre solo in fondo alla classifica troviamo strumenti quali politiche di conciliazione e welfare aziendale (23%) e adozione sistematica di piani di sviluppo professionale (20%). Altri due i dati eclatanti emersi: solo il 21% attua politiche di benessere aziendale e solo il 10% sta adottando politiche intergenerazionali. Che fare allora? I manager intervistati pensano si debba insistere su formazione (87%) e comunicazione e approfondimento (75%), visto che solo un’azienda su due svolge programmi di comunicazione interna. I focus group La seconda fase del progetto si è svolta tra giugno e luglio 2013: a Milano sono stati effettuati due focus group, uno sul tema del benessere aziendale e uno sul tema dell’intergenerazionalità, che hanno coinvolto in totale una decina di aziende. Alcune di queste aveva-

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no già attivato politiche di welfare e intergenerazionalità, altre stavano valutando l’idea, altre ancora si approcciavano per la prima volta a questo tipo di programmi. L’obiettivo di questi focus group è stato quello di approfondirne la conoscenza e consentire un riscontro qualitativo su quanto emerso nell’indagine. Il road show La terza fase ha visto la diffusione del progetto da Nord a Sud: la squadra di Donne manager di Manageritalia ha presentato il progetto attraverso una formula di convegni e tavole rotonde che ha aperto le danze in settembre a Bari, all’interno della rinomata Fiera del Levante, per poi procedere in ottobre con Ancona e Monza, passando per Catania in gennaio e concludendo con Padova in febbraio. Una scelta studiata quella di toccare città alternative ai più classici e battuti capoluoghi regionali e in alcuni casi città nuove a questo tipo di convegni, scelta dettata proprio dall’idea di diffondere il progetto su tutto il territorio nazionale. Ogni incontro ha coinvolto partecipanti interessati alla tematica e relatori di spicco provenienti dal mondo delle istituzioni, delle imprese e della business community locale.

I progetti pilota Due le aziende ad oggi che stanno sperimentando il progetto: Idm a Milano ha avviato quello di benessere aziendale, Bulgari a Roma ha introdotto l’intergenerazionalità (vedi box a pagina 18 e 19). L’evento finale L’ultima fase si è svolta a Roma, con l’evento conclusivo del 6 maggio scorso che ha dato spazio alla presentazione del progetto (che non aveva ancora toccato la capitale), alle sperimentazioni con le aziende pilota, i cui vertici erano presenti per un confronto, e infine a una tavola rotonda partecipata da Romano Benini (direttore master politiche del lavoro Link Campus University), Gabriele Gabrielli (docente Università Luiss), Marisa Montegiove (presidente Manageritalia Servizi), Michele Tripaldi (presidente regionale Lazio e vicepresidente nazionale Aidp), Sabrina Asfoco (staff assessore Lavoro Regione Lazio) e Stefano Venditti (presidente Asset Camera, azienda speciale di Camera di Commercio di Roma). Il percorso finora effettuato dimostra un lavoro intenso che in realtà è appena iniziato, ma che ha già colto l’entusiasmo di aziende, manager, dipendenti, Manageritalia, Fondir, Cibiesse e, ovviamente, il Gruppo Donne Manager.


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LE AZIENDE PILOTA

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Nata nel 2001, con oltre 33 milioni di euro di ricavi al 2013, più di 600 collaboratori e una distribuzione territoriale di 6 process center, 2 data center e 6 document center, Idm si posiziona come la prima realtà italiana che garantisce una gestione diretta, globale e integrata di tutti i processi documentali cartacei e digitali in outsourcing.

Il progetto di Benessere aziendale Smart welfare consiste in un modello messo a punto dal Gruppo Donne Manager di Manageritalia sulla base di sperimentazioni di successo con aziende di piccole, medie e grandi dimensioni e messo a disposizione dalla Federazione per supportare manager e imprenditori nell’attivare la leva delle risorse umane in azienda per affrontare le sfide del mercato. È strutturato in fasi progressive di sviluppo: coinvolgimento del management, formazio-

IL PROGETTO IN IDM Idm ha introdotto nel settembre 2013 il progetto di Benessere aziendale focalizzandosi su quattro macro obiettivi: comunicazione, coinvolgimento, valorizzazione delle azioni in essere, sviluppo di nuovi interventi di benessere, tutti punti emersi da un’indagine interna. I criteri che hanno dettato le scelte successive sono stati: la possibilità di raggiungere più macro obiettivi, la fattibilità in tempi brevi e la sostenibilità nel tempo, l’applicabilità all’intera collettività Idm, l’investimento economico ridotto e/o pari a zero.

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ne del gruppo di lavoro di referenti del benessere, analisi del benessere aziendale, scelta delle azioni chiave da attivare, valorizzazione del progetto verso i dipendenti e gli stakeholder, misurazione delle attività messe in atto. Il progetto è adattabile ad ogni realtà aziendale. L’obiettivo è utilizzare al meglio politiche, strumenti, azioni che migliorano l’organizzazione aziendale, la flessibilità organizzativa e lavorativa. I vantaggi sono sintetizzabili in miglioramento del clima, aumento della motivazione, riduzione dell’assenteismo, miglioramento della produttività.

Questo ha portato a selezionare tre nuove azioni sulle otto esplorate: la creazione di bacheche aziendali in ognuna delle sedi Idm, con l’identificazione di una coppia di referenti del benessere aziendale per ogni sede e la creazione di apposite inbox per stimolare la propositività di ogni dipendente; l’attivazione di convenzioni esterne su aree specifiche; la realizzazione di una web wall aziendale. Tre elementi hanno contribuito al successo del progetto: l’adesione del comitato di direzione Idm; la creazione di un gruppo di binomi di referenti ben motivati sul territorio; il supporto della direzione risorse umane che ha consentito un costante dialogo durante tutto l’iter progettuale, coniugando efficacia ed efficienza. Il successo del progetto in corso ha portato Idm a voler considerare l’estensione del progetto anche nelle sue altre sedi.


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Nata a Roma nel 1884 come singolo negozio di gioielleria, oggi l’azienda è presente in 24 paesi con una rete distributiva di 295 boutique e un portafoglio di prodotti e servizi che spazia da gioielli e orologi a profumi, accessori e hotel. Oggi conta 3.800 dipendenti ed è parte del Gruppo Lvmh.

InterAGEing è un progetto che propone, per ogni azienda, la soluzione più idonea e sostenibile per massimizzare l’interazione produttiva tra generazioni. Manageritalia ha sviluppato e sta diffondendo l’iniziativa per sostenere prassi innovative a testimonianza di cambiamenti culturali e organizzativi etici e competitivi; diffondere soluzioni giuslavoristiche sostenibili per introdurre formule di collaborazione innovative tra diverse generazioni; affiancare aziende proattive nella realizzazione di pratiche manageriali virtuose come entità aperte al cambiamento e all’innovazione, leader di nuovi modelli socialmente ed economicamente efficaci.

Modelli come il mentoring e il tandem garantiscono una strutturata capitalizzazione delle competenze e la conservazione dei saperi professionali, così come la preparazione di alte professionalità. Modelli come il variabile o la staffetta propongono contrattualità creative con la possibilità di dare spazio a nuove assunzioni e più sfidanti o gratificanti equilibri tra vita e lavoro per i senior. In sintesi, l’iniziativa propone un cambiamento sistemico, culturale e organizzativo che sappia valutare nuovi modelli di management, una strutturata valorizzazione del capitale umano e l’inserimento di forme flessibili di impiego in azienda, per recuperare una dimensione etica dell’impresa come soggetto economico attivo di un rinnovato tessuto sociale più responsabile e solidale.

IL PROGETTO IN BULGARI Dallo scorso dicembre, nell’ambito del progetto di Intergenerazionalità, Bulgari ha avviato il programma di mentoring, attraverso il coinvolgimento di molteplici funzioni aziendali in un processo teso a valorizzare talenti offrendo loro un percorso di apprendimento ad alta velocità e alta esposizione, grazie alla disponibilità e cura di altrettanti senior manager che con i giovani lavorano su obiettivi comuni sia di business sia di sviluppo dei percorsi di carriera. Otto giovani promettenti professionisti, selezionati dalla direzione Hr, sono stati abbinati ad altrettanti senior manager con i quali hanno concordato uno specifico progetto professionale, sia esso un obiettivo operativo o una più ampia maturazione manageriale. A questo percorso, junior e senior sono stati introdotti attraverso giornate di formazione complementari e un metodo applicativo che li accompagni nel fare chiarezza sugli intenti reciproci, nel condividere il livello di aspettativa, definire le metriche di successo, stabilire le regole della collabora-

zione. La metodologia attribuisce grande responsabilità al junior che è stimolato a “farsi manager” della partnership in modo che il proprio processo di apprendimento sia naturale, ma anche accelerato e facilmente replicabile in situazioni simili della sua vita professionale, anche in relazioni non così protette. Le finalità della collaborazione sono variegate e spesso dipendono dagli obiettivi che il “match” si pone di raggiungere: autostima professionale, gusto delle sfida, prospettiva strategica, pensiero laterale, sensibilità diplomatica, capacità relazionali, imprenditorialità… e non è detto che il profilo junior sia il solo ad apprendere!

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STORIE

DI BUONE CONNESSIONI Managerinimpresa, l’iniziativa affidata a Cfmt da Manageritalia e Confcommercio, sta dando i suoi buoni frutti. Ecco la testimonianza di alcuni manager e imprenditori che hanno aderito al progetto Simona Silvestri

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OME DARE NUOVO IMPULSO alla propria azienda in uno scenario sempre più competitivo? Sono ormai 27 i progetti avviati in altrettante piccole e medie imprese italiane da Managerinimpresa. L’iniziativa è affidata a Cfmt da Manageritalia e Confcommercio nell’ambito di Managerattivo (managerattivo.cfmt.it), programma che ha l’obiettivo di valorizzare e sostenere il riposizionamento professionale dei dirigenti non occupati e favorirne l’incontro con le imprese, soprattutto medie e piccole, che intendano cogliere opportunità di crescita. Managerinimpresa nasce per supportare le pmi nella realizzazione di progetti di sviluppo del loro business ed è promosso attraverso le realtà locali di Manageritalia e Confcommercio. Mettendo a fuoco le esigenze specifiche dell’imprenditore, Cfmt favorisce l’incontro con un manager, al momento non occupato, che abbia un profilo in linea con gli obiettivi dell’azienda, selezionandolo tra coloro che hanno partecipato ai percorsi formativi Managerattivo. L’inserimento del manager in azienda è correlato alle specifiche esigenze del progetto per un periodo massimo di sei mesi, indicativamente due giorni alla settimana fino al completamento dell’obiettivo, con l’affiancamento di un team di professionisti Cfmt. Manager e imprenditori ci spiegano cosa ha trasformato un progetto di consulenza in una connessione virtuosa.

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«L’affiatamento tra l’imprenditore e il manager è fondamentale», afferma Marco Verona, manager e consulente di Croce Azzurra Padova, azienda che opera nel settore pet food. «Nella mia esperienza professionale ho sempre vissuto l’azienda a fianco dell’imprenditore. Ci vuole empatia per portare organizzazione e managerialità senza stravolgere l’anima dell’azienda». Verona ha svolto la sua attività in ambito organizzativo e commerciale per imprese italiane di medie dimensioni, prevalentemente nel settore degli integratori alimentari e dei prodotti farmaceutici, ma anche in quello dei servizi. Il presidente di Croce Azzurra Padova, Lorenzo Borgato, ci racconta la sua storia. Lavora in questo mondo dal 1971 e l’azienda aveva allora una configurazione societaria

«Ci vuole empatia per portare organizzazione e managerialità senza stravolgere l’anima dell’azienda» (Marco Verona) «Cercavamo un “integratore” di tutti i ruoli dell’azienda, che ci aiutasse a rivedere l’organizzazione dei vari rami d’impresa» (Lorenzo Borgato)

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completamente diversa: «L’ultima variazione è avvenuta nel 1985, quando da un ramo dell’azienda è nata questa srl per iniziativa di tre soci che già vi lavoravano. Avevamo un unico punto vendita e dal settore della zootecnia rurale l’attività si è estesa a quella industriale, associando poco alla volta il prodotto pet. Oggi abbiamo un fatturato di circa 7 milioni e mezzo di euro, equamente suddivisi tra dettaglio e ingrosso, dieci punti vendita e una quarantina di collaboratori». Un manager come integratore di ruoli Alla domanda del perché l’azienda ha scelto di avvalersi di una competenza manageriale specifica esterna Borgato risponde: «All’inizio del 2013 Croce Azzurra Padova stava attraversando un momento di difficoltà. Eravamo stati vittime di un ingente furto di prodotti e avevamo visto la fuoriuscita di tre figure commerciali passate ai competitor. Dovevamo contrastare la concorrenza e rilanciarci e cercavamo un “integratore” di tutti i ruoli dell’azienda, che

LORENZO BORGATO presidente di Croce Azzurra Padova

Croce Azzurra Padova

MARCO VERONA manager e consulente di Croce Azzurra Padova

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ci aiutasse a rivedere l’organizzazione dei vari rami d’impresa. Marco Verona si è rivelato capace di capire e mediare tra le diverse realtà umane che compongono l’azienda, creando sinergie che stanno dando frutti inaspettati». «È importante che la nuova figura che si inserisce all’interno dell’azienda – commenta Verona – riesca a ottenere l’approvazione e l’appoggio anche dei collaboratori dell’imprenditore. Saper far giocare una persona nel proprio ruolo è fondamentale per far vincere una squadra. Applicando questo stile vedo che i risultati arrivano. I margini sono più ridotti di un tempo, la competizione è molto forte. A un’azienda serve una squadra unita che sappia lavorare bene insieme». La collaborazione tra manager e imprenditore ha funzionato, tanto che il progetto, iniziato nell’ambito dell’iniziativa Managerinimpresa, prosegue. E in Croce Azzurra Padova già si profila il cambio generazionale con la prospettiva di guardare al futuro, valorizzando le risorse umane già attive in azienda.


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Multiradio Multiradio è una concessionaria di pubblicità di Carpi (Modena) che opera su diversi mezzi. La radio, prevalentemente, ma anche carta stampata, internet e tv. Gianni Prandi, presidente di questa azienda, diciottenne nel 1975 fonda per hobby Radio Bruno. «Credo che riuscire a tradurre una passione in un lavoro, che faresti anche gratis, sia una discreta fortuna. Nei primi anni il business non c’era. La concessionaria nasce nel 1978, quando abbiamo preso la decisione di venderci» ricorda Prandi. «L’attività è cresciuta e oggi in Multiradio, con i dipendenti e gli agenti, siamo in 30. Il fatturato vale circa 7 milioni di euro. Nelle radio lavorano 70 persone tra dipendenti e collaboratori».

SABINA DE PIERI manager e consulente di Multiradio

Una visione più strutturata per l’impresa «Avevamo bisogno di irrobustire il settore marketing e commerciale. Multiradio ha una ventina di agen-

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ti monomandatari e si serve di 5-6 agenzie esterne. La nostra è una realtà abituata da anni a lavorare senza avere all’interno un sistema crm. Serviva una figura in grado di portare una competenza specifica e una visione più strutturata» continua Prandi. Questa figura è Sabina De Pieri, manager con 15 anni di esperienza in marketing e comunicazione presso centri media al servizio di diversi brand e poi direttore marketing per una concessionaria radio e web: «In passato ho svolto la mia attività in startup importanti per cui era decisivo strutturare processi e flussi di lavoro. Il progetto di Multiradio prevede l’implementazione di un crm per ottimizzare i risultati della forza vendita e fornire alla direzione commerciale dei kpi di immediata consultazione. Gli aspetti di maggior valore sono il monitoraggio delle attività e dell’andamento dei fatturati, l’ottimizzazione dei flussi di lavoro e la condivisione

GIANNI PRANDI presidente di Multiradio

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di competenze e informazioni». «Sabina De Pieri – aggiunge Prandi – si è inserita nella nostra struttura con attenzione e professionalità, sapendo relazionarsi in modo appropriato con il personale. Il progetto sta entrando nella fase operativa, che prevede anche la formazione della rete vendita». «Per lavorare bene con un imprenditore è importante riconoscersi sui valori» continua De Pieri. «Credo nello scambio e nell’aggiornamento professionale: occorre continuare a imparare per rinnovare il pro-

«Credo nello scambio e nell’aggiornamento professionale: occorre continuare a imparare per rinnovare il proprio bagaglio di conoscenze» (Sabina De Pieri) «Serviva una figura in grado di portare una competenza specifica e una visione più strutturata» (Gianni Prandi)

prio bagaglio di conoscenze. Vogliamo che il crm di Multiradio non sia soltanto uno strumento tattico per la rete di agenti e per questo la formazione sarà anche di tipo motivazionale. I venditori danno già ottimi risultati ma è fondamentale che riescano a esprimere anche un’anima consulenziale. C’è sempre la possibilità di arricchirsi».

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Nabla Quadro «I maker definiscono quelli come me i talker, quelli che chiacchierano» dice Giovanni DeCarli, manager e consulente di Nabla Quadro, azienda romana specializzata nello sviluppo di sistemi a supporto della mobilità, dei trasporti e della logistica sia in ambito pubblico (Smart City) sia privato. DeCarli è laureato in fisica con un’esperienza ventennale e diversificata nell’Ict per aziende multinazionali e italiane, con focus sui modelli di business, strategie goto-market e vendita. «Io invece sono un maker» commenta Ruggero Rosati, ingegnere, esperto in tecnologie per l’ambiente e il territorio, che di Nabla Quadro è uno dei fondatori. «L’azienda è stata creata nel 2010 all’interno dell’Incubatore ITech - Bic Lazio e con due soci e altrettanti collaboratori è stata finora un labora-

«Dove i soci vedono delle difficoltà, io vedo delle opportunità e sto cercando di trasferire la mia convinzione» (Giovanni DeCarli) «Serviva un esperto che potesse aiutarci a impostare il posizionamento, la strategia di marketing e la distribuzione» (Ruggero Rosati)

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torio di ricerca e sviluppo. La produzione è esternalizzata. Siamo arrivati a una linea di prodotti commercializzabili che coprono tutti gli aspetti della mobilità urbana. A questo punto dobbiamo costruire il nostro mercato. La struttura è ampiamente sottodimensionata e serviva un esperto che potesse aiutarci a impostare il posizionamento, la strategia di marketing e la distribuzione». Le difficoltà come opportunità Abbiamo chiesto a DeCarli che valore sta portando in azienda: «Per cinque anni sono stato socio di una startup dell’hi tech. Anche allora la sfida era quella della crescita. Per Nabla Quadro l’idea di fondo è quella di fare rete con altre aziende e proporre un modello di servizio. Le sollecitazioni per questa piccola impresa sono enormi, c’è molto interesse da parte di interlocutori importanti ed esigenti. Con le pubbliche amministrazioni si tratta di fare cultura prima ancora di una trattativa economica. Bisogna far capire che l’uso di queste tecnologie innovative può migliorare enormemente la vita dei cittadini. Dove i soci vedono delle dif-

RUGGERO ROSATI fondatore di Nabla Quadro

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GIOVANNI DECARLI manager e consulente di Nabla Quadro

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ficoltà, io vedo delle opportunità e sto cercando di trasferire la mia convinzione». «Per noi il fattore tempo è fondamentale – continua Rosati – mentre nelle grandi realtà le tempistiche sono del tutto differenti. Ed è proprio la differenza di velocità che a volte provoca frustrazione, anche in termini di cash flow: pochi mesi di ritardo possono essere vitali. A questo è dovuto il mio disincanto in certe occasioni. Non è facile, ma oggi c’è più movimento e ottimismo. Se ci si impegna nel voler portare innovazione si hanno ottime prospettive». Gli asset dei manager, un valore per le aziende C’è spazio nella consulenza a supporto delle pmi e delle startup? «Sono convinto che il mercato delle pmi sia ricchissimo di potenzialità, di talenti e di capacità» risponde DeCarli. «La visione non sempre riesce a essere tradotta in modelli e processi. Gli asset dei manager, con il loro network di relazioni, possono essere di grande valore per le imprese. Chi guarda lontano ed è flessibile ha anche la possibilità di divertirsi».


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OSSERVATORIO LEGISLATIVO

osservatorio

a cura di Manageritalia

IL JOBS ACT È LEGGE stato convertito nella legge 16 maggio 2014, n. 78, il decreto legge 20 marzo 2014, n. 34, recante “Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese” (cosiddetto Jobs Act). La conversione in legge e il testo coordinato sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 19 maggio 2014. La legge apporta modifiche al decreto legislativo 368/2001 sui rapporti a tempo determinato, al decreto legislativo 167/2011 sul contratto di apprendistato e al decreto legislativo 276/2003 in materia di somministrazione.

È

A seguito delle modifiche e integrazioni apportate in fase di conversione in legge, il ministero del Lavoro ha predisposto una scheda di sintesi con le principali novità che riguardano: contratto a tempo determinato (art. 1); apprendistato (art. 2); elenco anagrafico dei lavoratori (art. 3); semplificazioni in materia di Durc (art. 4); contratti di solidarietà (art. 5). La schede di sintesi: http://bit.ly/1kJBBtx Il testo della legge: http://bit.ly/1phTanF

GARANZIA GIOVANI: OPPORTUNITÀ PER RAGAZZI DISOCCUPATI

l primo maggio, festa del Lavoro, è partita la Garanzia Giovani, il programma biennale italiano – cofinanziato dalla Ue con 1 miliardo e 513 milioni di euro – dedicato ai giovani disoccupati di età compresa tra i 15 e i 29 anni e che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha spesso chiarito che è «destinato a tutti quelli che non studiano, non lavorano, non stanno seguendo nessun corso formativo»: gli ormai noti Neet. Il piano della Garanzia Giovani coinvolgerà tutta l’Italia e dovrà garantire un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato, tirocinio, altra misura di formazione o inserimento nel servizio civile ai giovani disoccupati appartenenti a questa fascia di età. Fino al 31 dicembre 2015 i giovani interessati potranno aderire all’iniziativa registrandosi al sito nazionale www.garanziagiovani.gov.it

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o ai siti attivati dalle regioni, comunque collegati in rete fra loro. I giovani potranno presentare le domande e scegliere la regione da cui essere presi in carico (non necessariamente quella di residenza). A quel punto le richieste verranno smistate ai centri per l’impiego o alle agenzie private (accreditate dagli enti locali) che avranno il compito di contattare i giovani e di stilare i singoli profili. Al 15 maggio hanno aderito a Garanzia Giovani 45.829 ragazzi, di questi 30.704 lo hanno fatto attraverso il sito nazionale e 15.125 attraverso i portali regionali. La provenienza geografica dei giovani mostra che la maggior parte di loro risiede in Campania (9.887 unità, pari al 22% del totale), in Sicilia (16%) e in Toscana (9%). La residenza del giovane non è preclusiva per la scelta della regione dalla quale

ricevere il portafoglio di servizi. Infatti, il 26% di questi ha scelto una regione diversa da quella di residenza. Conclusa questa prima fase, l’obiettivo sarà quello di offrire ai partecipanti, entro i quattro mesi successivi, una proposta (contenuta in un patto di servizio) di inserimento al lavoro, di apprendistato, di tirocinio, di istruzione e formazione, di autoimprenditorialità o di servizio civile. Ricordiamo che lo scorso 9 aprile Manageritalia e Agenzia Piemonte Lavoro hanno sottoscritto un Protocollo d’Intesa in cui viene delineata una vera e propria operazione sperimentale di welfare che coinvolge giovani da inserire nel mondo del lavoro e manager involontariamente disoccupati o neo-pensionati su una serie di possibili interventi specifici, da attuare congiuntamente. Stiamo lavorando affinché il Protocollo venga presto siglato anche in altre regioni.


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INCENTIVI ALLE ASSUNZIONI na guida aggiornata allo scorso aprile sugli incentivi alle assunzioni, alla creazione di imprese, sulle agevolazioni per le imprese e sui bandi per l’occupazione. Questo in sintesi il contenuto presente nel documento realizzato da Italia Lavoro nell’ambito del Programma Pot - Pianificazione territoriale operativa. Il documento presenta una serie di schede descrittive e informative che analizzano le varie tipologie di agevolazioni/incentivi alle assunzioni. Si tratta di uno strumento di particolare interesse, in cui sono censite tutte le misure d’incentivazione frutto di dispositivi normativi e di bandi attivati a livello nazionale, regionale e provinciale. Il documento fornisce una sintesi periodica dedicata, oltre che alle assunzioni, anche alla creazione d’impresa. La guida è articolata rispetto ai diversi target oggetto della possibile assunzione incentivata (giovani, donne, lavoratori over 50, lavoratori in Cigs, lavoratori in mobilità, lavoratori svantaggiati) e per ciascuna specifica misura chiarisce i requisiti richiesti al datore di lavoro, al lavoratore, il meccanismo di incentivazione e i riferimenti normativi. Nel documento è inoltre presente una sezione dedicata ai

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bandi, maggiormente rilevanti in termini di impatto occupazionale, pubblicati da Italia Lavoro nell’ambito dei suoi programmi nazionali, tra cui Manager to Work, l’ormai noto intervento che vuole realizzare azioni di politica attiva volte a incentivare il reinserimento nel mercato del lavoro di ex dirigenti e quadri disoccupati, anche attraverso forme di autoimpiego o creazione di impresa. A tal proposito si informa che a maggio è stato raggiunto il plafond di 9.715.000 euro messo a disposizione dal Fondo sociale europeo. Sono oltre 400 i colleghi dirigenti che ne hanno usufruito. Stiamo collaborando con il ministero del Lavoro e con Italia Lavoro per un rifinanziamento del bando. Guida incentivi all’assunzione e alla creazione d’impresa: http://bit.ly/1ke4h9w

BONUS 80 EURO: LE ISTRUZIONI INPS PER LA RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE ulla Gazzetta Ufficiale n. 95 del 24 aprile 2014 è stato pubblicato il decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, recante “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale”. Il provvedimento, entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione, contiene, tra l’altro, disposizioni dirette alla riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati. In particolare, per il 2014, l’art. 1 del decreto riconosce ai titolari di reddito di lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati, la cui imposta lorda sia superiore alle detrazioni da lavoro loro spettanti, un credito così articolato: per i possessori di reddito complessivo non superiore a 24.000 euro, il bonus è pari a 640 euro; in caso di superamento del limite di 24.000 euro, il credito decresce fino ad azzerarsi al raggiun-

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gimento di un livello di reddito complessivo pari a 26.000 euro. L’Inps, con circolare n. 60 del 12 maggio, ha reso note le modalità di recupero di tale bonus fiscale. Si ricorda che il credito dovrà essere rapportato al periodo di lavoro nell’anno e che il sostituto d’imposta, al fine di erogare il bonus, utilizzerà l’ammontare complessivo delle ritenute disponibili in ciascun periodo di paga (ritenute relative all’Irpef, alle addizionali regionale e comunale). In caso di incapienza del monte ritenute, il datore di lavoro utilizzerà per la differenza i contributi previdenziali. Decreto legge: http://bit.ly/1mXwNmI Circolare: http://bit.ly/Sel0TO

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GENERATION Cresciuti a pane e social network, i ragazzi nati tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000 hanno fatto dell’autenticità la loro cifra distintiva. Ne parliamo con Federico Capeci, direttore generale Duepuntozero Research del

FEDERICO CAPECI

gruppo Doxa e autore del libro #Generazione 2.0.

Direttore generale di Duepuntozero Research del gruppo Doxa, è uno tra i più apprezzati ricercatori di mercato in Italia sulle tematiche digitali. In Coca Cola Italia prima, poi ad in Oto Research, gruppo Fullsix,è docente e advisor di corsi di specializzazione e master e speaker in convegni ed eventi sullo scenario web italiano.

Enrico Pedretti

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Chi sono i giovani al centro del suo saggio e qual è il loro comune denominatore? «Sono i ragazzi cresciuti con il cosiddetto Web 2.0, ovvero il web che tutti noi oggi frequentiamo con disinvoltura tra forum, blog, social network, Wikipedia, ma che fino a pochi anni fa non esisteva. I siti, infatti, si consultavano, si leggevano e l’unico modo per interagire con chi aveva pubblicato un contenuto era inviare un’email. È a un certo punto che il mondo è cambiato drasticamente, grazie alla diffusione di questo nuovo modo di vivere la rete che si basa sull’interazione, sulla condivisione e sul contributo libero di molti. Quando questo cambiamento è avvenuto (intorno agli anni 2004-2009), un gruppo di ragazzi adolescenti stava crescendo, sperimentando la pro-

pria identità, tra post, commenti, like e share. Il più piccolo stava iniziando le scuole medie, il più grande era all’università: si tratta di uno dei periodi più importanti per la crescita di un individuo, su cui i social network e il web più in generale hanno agito plasmando una nuova forma mentis. Sono i nostri 18-30enni di oggi, i ragazzi che si aprono ora al mondo (economico, sociale, politico ecc.) e che dovrebbero prendere in mano il nostro futuro». Sono i famosi “bamboccioni”? «In effetti sono quelli che molti etichettano in questo modo. Sbagliando di molto la prospettiva. Il libro che ho scritto parla di ragazzi differenti: propone una visione molto più positiva e speranzosa di quella che ci mostrano i media ed è il risultato di una ricerca che


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ho condotto osservando il rapporto tra il web e la nostra società da oltre dieci anni. Dal mio punto di vista non sono né bamboccioni, né svogliati, né incompetenti... Ovviamente non si può generalizzare, ci saranno anche ragazzi fatti così, è ovvio, ma ciò che intendo dire è che il loro dna è un altro. È quello di chi non ha barriere di spazio, di tempo, di socializzazione: sono in grado di esprimere il significato più alto della globalizzazione moderna. Non subiscono il fascino del possesso delle cose e dello status symbol: sono molto più autentici, concreti, veri dei giovani delle generazioni precedenti. Il web,

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infatti, ti mette a nudo, se non sei tu a farlo sono i tuoi amici che ti impongono di essere autentico e di dare un contributo agli altri. Questo avviene ogni giorno nei forum, nei blog, su Wikipedia, battendo su una tastiera o toccando un telefono». Si può dire che sono sempre online? «Sì, sono tanto online. Ma vivono anche, grazie a Dio! Praticamente tutti hanno un accesso a internet e frequentano il web per disparati motivi: per intrattenere relazioni, per comunicare, per svagarsi, per imparare. Ma questo non va a discapito di quella che qualcuno

chiama la vita reale: perché quella che vive online non dovrebbe esserlo? Siamo noi, che ricordiamo la rete fatta di avatar e di nomi falsi, che vediamo questi mondi non reali, virtuali appunto. Oggi, invece, la rete è fatta da persone, dalle loro vere relazioni, che siano vissute anche nella vita su strada o meno». Ma soprattutto cosa vogliono e quali obiettivi hanno? Cosa si aspettano da noi? «È una generazione che non chiede nulla, che non si aspetta nulla. Non lotta contro qualcuno come facevano le precedenti, ma prende il mondo come un dato di

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Intervista

Partendo da una ricca mole di dati, frutto di più di 15.000 interviste, l’autore propone una lettura del binomio giovani-web che, oltrepassando gli stereotipi, interpreta e riconosce l’originalità, le capacità, i valori e l’entusiasmo di un’intera generazione. Una generazione che si è costruita la sua identità nel mondo digitale, anzi nel partecipativo e collaborativo Web 2.0. #Generazione 2.0, Federico Capeci, Franco Angeli, pagg. 160, € 21.

fatto per costruire (e qui lotta, sì…) un qualcosa di diverso, più a portata di mano, più a propria immagine. Come una pagina di un forum o di Facebook, che parte in un modo ma che poi cresce e si modifica con il contributo di tutti. E il punto sta proprio qui: non aspettiamoci che ci chiedano un aiuto, anche perché sanno che non abbiamo la capacità di capirli, visto che spesso fraintendiamo i loro comportamenti. Siamo noi però che abbiamo la responsabilità di muoverci verso di loro, capendoli, valorizzandoli, supportandoli, dandogli spazio, insomma. Sono loro che sono nel giusto, non noi. Perché il mondo da un certo momento è cambiato e noi o cambiamo il modo con cui

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lo guardiamo o ci affidiamo a loro. Occorre accettare di salire a bordo di questa fluidità, che solo i giovani riescono a ben interpretare». Come capirli e dialogare con loro come genitori ma non solo? «Il libro propone un nuovo paradigma per poter entrare in contatto con i giovani. Per questo fa un passo ulteriore rispetto alle tante voci di supporto o di sfida che si sentono da più parti. Si chiama “STILE”, un acronimo di Socialità, Trasparenza, Immediatezza, Libertà, Esperienza, che sono i 5 contenitori di valori che ci aiutano a capire questi ragazzi e ci conducono a intrattenere un dialogo con loro».

E quando li abbiamo in azienda come collaboratori, cosa pensano e vogliono dal lavoro? «Ogni manager dovrebbe avere un esponente della Generazione 2.0 al proprio fianco, un assistente al cambiamento, potrei dire. Ma è difficile, perché a volte non riusciamo neanche a capirli, e quindi ad apprezzarli. Dal lavoro vogliono progetti concreti, non grandi programmi a lungo termine, chiedono trasparenza e meritocrazia. È una generazione che chiede molto, insomma, e che non rispetta i ruoli. Ma proprio per questo ci dovrebbe interessare, in un momento come questo che ci richiede un forte ripensamento delle logiche con cui facciamo business e impresa». Insomma, sapremo dargli briglia e sapranno essere loro il riscatto di un paese stanco? «Difficile dirlo oggi, quando rappresentano una porzione molto piccola della nostra vecchia popolazione e quando il tasso di disoccupazione giovanile supera il 40%. Ma abbiamo il dovere e la responsabilità di far sì che questo accada: il loro modo di vedere le cose è intimamente nuovo e positivo, per questo, ritengo, abbiamo di fronte un buon carburante per la ripresa, ma occorre una miccia che solo i genitori, gli insegnanti, i politici, i capi di impresa possono decidere di attivare o meno». 䡵


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NON SOLO CONSUMI Cosimo Finzi

consumi

GIOVANI IN FUMO

AstraRicerche è stata fondata nel 1983 dal professor Enrico Finzi. Si occupa di ricerche di marketing e sociali per clienti appartenenti a molti settori merceologici, utilizzando molteplici metodologie d’indagine. Si caratterizza per una struttura snella e flessibile, improntata alla qualità e all’innovazione, e affianca al servizio di ricerca la consulenza di marketing e di comunicazione a clienti – imprese nazionali e multinazionali – di tutte le dimensioni. Collabora con Manageritalia con indagini e analisi di dati che spesso mirano a sintetizzare fenomeni complessi o a far emergere informazioni latenti.

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Nella perdurante fase di crisi economica è purtroppo facile perdere di vista o dare meno importanza ad alcuni temi fondamentali come quello della salute. Tra le tante “emergenze croniche” (l’ossimoro dà bene l’idea della gravità e della durata del problema) che non vanno dimenticate c’è quella del fumo di sigaretta. AstraRicerche ha condotto alcune indagini presso gli studenti delle scuole secondarie superiori (quindi 14-19enni) di Milano e del Piemonte, portando alla luce dati sconcertanti. A fronte di fonti ufficiali che indicano una diffusione del fumo di sigaretta presso i giovani italiani attorno al 21-22%, i valori riscontrati dall’Istituto sono nettamente superiori: tra il 32 e il 35% dei giovani intervistati afferma di fumare attualmente (e solo il 40-42% indica di non aver mai avuto esperienza di fumo di sigaretta). E se per molti aspetti le donne stanno positivamente raggiungendo gli uomini nelle dinamiche sociali, lavorative, di consumo, c’è da segnalare, in negativo, il “sorpasso” delle giovani fumatrici sui giovani fumatori: ad esempio in Piemonte fuma il 35% delle ragazze, “staccando” i ragazzi (30%). Ancor più impressionante è la crescita con l’aumentare – anno dopo anno –

dell’età degli intervistati: raggiunta la maggiore età, circa la metà dei giovani partecipanti alle indagini afferma di fumare. E non c’è affatto l’intenzione di smettere: meno della metà dei fumatori ci sta pensando o sta per affrontare quello che – è giusto ricordarlo – è comunque un tentativo di smettere e quasi mai una certezza di riuscirvi. I danni alla salute sono rilevantissimi e non riguardano solo l’aumento del rischio di ammalarsi di tumore ai polmoni: si tratta anche di danni ad altre parti del corpo (la bocca, la pelle, gli occhi, il sistema cardio-circolatorio…) e, più in generale, la riduzione delle proprie capacità fisiche e mentali. Ma c’è dell’altro: a Milano il numero medio di sigarette fumate al giorno è 7, come a dire che 640 euro “se ne vanno in fumo” ogni anno. Negli incontri di divulgazione dei corretti stili di vita con i giovani, gli esperti di Fondazione Umberto Veronesi hanno cercato di far ragionare gli studenti anche su questo aspetto, verificando che – per quanto banale – la conversione dal prezzo di un pacchetto piccolo (spesso 2,50 euro) al totale annuale (appunto 640 euro mediamente a Milano, 900 euro secondo la media italiana calcolata in altre indagini) è una vera sorpresa. Con questa riflessione ci avviciniamo a comprendere il meccanismo con cui il fumo “sfonda” tra i giovani: la dipendenza (legata agli effetti della nicotina) non si manifesta in modo immediato per cui è facile iniziare, poi aumentare il numero di sigarette fumate al giorno e poi trovarsi a essere oggettivamente dipendenti quando si pensava di poter control-

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IL FUMO E GLI STUDENTI MILANESI

17,2% fumo regolarmente ogni giorno o quasi

1,9% non indica

42,1% non ho mai fumato in vita mia

17,2% fumo qualche volta, saltuariamente 1,2% ho fumato regolarmente in passato ma ora non più 4,4% ho fumato saltuariamente in passato ma ora non più

16% ho fumato qualche sigaretta ma ho smesso subito

AstraRicerche per Fondazione Umberto Veronesi - aprile 2014 - interviste a studenti milanesi 14-19enni

lare facilmente il proprio comportamento (“smetto quando voglio”, “posso fumare per uno-due anni e poi interrompere anche di colpo”). Quello del fumo è quindi un ingresso strisciante nella vita dei giovani, favorito proprio dal costo percepito come basso del singolo pacchetto. Quali i motivi per iniziare? Essenzialmente due, secondo le rilevazioni di AstraRicerche: l’aspetto “sociale” (il fatto che lo fanno in tanti, che aiuta – o meglio aiuterebbe – a socializzare, il fatto che fa sentire accettati nel proprio gruppo di amici ecc.) e la presunta efficacia contro l’ansia, i dispiaceri grandi o piccoli della vita, lo stress.

È rilevante tutto ciò per i manager?

infine perché il fumo, come altri vi-

Credo che lo sia per vari motivi: come italiani in generale e specificamente per il loro ruolo di opinion leader nella società italiana; come parte di comunità più ristrette (la famiglia, il gruppo di amici ecc.) nelle quali gli adulti svolgono un ruolo fondamentale di esempio per i più giovani (i figli dei fumatori tendono a essere fumatori in misura estremamente superiore ai figli dei non fumatori: fumare non è solo una scelta che impatta sul fumatore ma anche su chi vive con lui, e non solo per ben noti effetti del fumo passivo);

zi, limita le capacità dell’individuo, e quindi anche dei lavoratori (meno efficienti perché indeboliti – nel fisico e nella mente – dagli effetti della nicotina e delle centinaia di sostanze che si sprigionano per effetto della combustione, molte delle quali tossiche o cancerogene), non consentendo loro di dare – a se stessi e alle aziende – il meglio, di manifestare le loro potenzialità; quest’ultimo aspetto è spesso sottovalutato, mentre dovrebbe essere considerato con attenzione da chi può favorire la riflessione delle human resource in merito.

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Intervista

NON SOLO

FRANCESCO DELZIO

UNA STRISCIA D’ASF Si allungano come vene e arterie, si accavallano come nervi e muscoli, si estendono per chilometri e chilometri e conducono quasi ovunque. Sono le autostrade, percorse ogni giorno da un flusso interminabile di automezzi di ogni genere e dimensione. Eppure, le autostrade non sono solo strisce di grigio asfalto puntellate da caselli, oasi di rifornimento e ristoro: sono business, tecnologia, investimenti, comunicazione e strategia. Ne parliamo con Francesco Delzio, da due anni direttore relazioni esterne, affari istituzionali e marketing di Autostrade per l’Italia, società che si posiziona ai primi posti in Europa tra i concessionari di costruzione e gestione di autostrade a pedaggio con una rete di circa 5.000 km in Italia, Brasile, Cile, India e Polonia.

È direttore relazioni esterne, affari istituzionali e marketing di Autostrade per l’Italia. È conduttore del programma radiofonico La Scossa su Rtl.

Roberta Roncelli

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Giornalista, manager, scrittore, docente universitario… Un percorso professionale davvero creativo il suo. Ce lo racconta? «Da piccolo sognavo di fare il giornalista e per cinque anni l’ho fatto, lavorando in alcune testate Rai dopo aver frequentato il master Rai a Perugia. Mi sono laureato in Giurisprudenza presso la Luiss Guido Carli, che per me è una “seconda casa” per varie cariche tenute e attività svolte.

Sempre in Luiss oggi insegno Corporate communication e Lobby e politica e sono condirettore del master in Relazioni istituzionali, lobby e comunicazione d’impresa, che ho fondato. A 26 anni ho avuto l’opportunità di entrare in Confindustria come direttore dei giovani imprenditori: una vera sfida a quell’età, anche perché non c’era mai stato un dirigente così giovane nell’organizzazione confederale. Dopo


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SFALTO

sette anni appassionanti ho scelto una strada più prettamente manageriale: prima entrando nel gruppo Piaggio come direttore relazioni esterne e affari istituzionali, due anni fa in Autostrade per l’Italia come direttore relazioni esterne, affari istituzionali e marketing. Oggi presiedo anche Ad Moving, la nostra concessionaria di pubblicità e ho esteso le mie deleghe ad Atlantia, coordinando le stesse funzioni in Aeroporti di Roma». Quale ritiene debba essere oggi il percorso professionale di un giovane che si affaccia al mondo della comunicazione e dei rapporti istituzionali? «Difficile dirlo perché in realtà i

percorsi “non codificati” sono spesso i più efficaci. Direi che per la comunicazione servono curiosità, sensibilità “istintiva”, preparazione tecnica sul funzionamento dei diversi media e proiezione internazionale. Il resto si costruisce sul campo. I rapporti istituzionali, invece, sono stati affidati per troppo tempo alla “praticaccia” da corridoio». Come sta cambiando la comunicazione negli ultimi anni? Quale ruolo hanno le nuove tecnologie? «Oggi viviamo all’interno di un immenso frullatore. In media abbiamo a disposizione la più grande mole di informazioni della storia della comunicazione e paradossalmente il minor numero di

strumenti di formazione. Il rischio dello “spaesamento” è fortissimo. Vince chi riesce a scegliere in questo delirio informativo le notizie utili, avendo capito il “senso profondo” di ogni medium e riuscendo a definire strategie multi-media in cui ogni mezzo non si sovrappone all’altro, ma ne moltiplica l’effetto. Nel villaggio globale la comunicazione è questione di straordinaria complessità, che richiede strategie raffinate e nervi saldi». Qual è la strategia di comunicazione e di marketing adottata da Autostrade per l’Italia? «È una strategia innovativa e articolata. Da almeno due anni stiamo costruendo una nuova “narrazio-

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Intervista

Valorizziamo l’Italia

ne” del nostro gruppo, che racconta ed enfatizza quale contributo forniamo allo sviluppo e alla mobilità del Paese attraverso investimenti, tecnologie e servizi di qualità». In che modo? «Cerchiamo di farlo in modo caldo e interattivo per dare un volto a ciò che prima si tendeva a considerare semplicemente una striscia d’asfalto e un casello. Il nostro principio-cardine è “non lasciare mai solo” chi viaggia in autostrada. Fornendo un’offerta di servizi di qualità ai nostri clienti – offerta centrata sull’innovazione tecnologica e sull’efficienza – e un sistema di informazioni sulla mobilità completo e tempestivo, senza limitarci a raccontare ciò che succede ma dando consigli e indicando i trend di traffico, per consentire a tutti di programmare meglio un viaggio. Perché l’attenzione al cliente e ai servizi che vengono forniti è già oggi e sarà sempre di più nei prossimi anni il primo indicatore

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“Sei in un Paese meraviglioso” è l’iniziativa di valorizzazione del territorio di Autostrade per l’Italia che fa delle aree di servizio una vetrina e una cassa di risonanza del patrimonio del nostro Paese. Nelle aree di servizio, infatti, gli automobilisti possono trovare una maxi installazione racchiusa all’interno di una cornice all’ingresso del ristorante o del bar, che racconta e propone originali experience di viaggio studiate in relazione al tempo disponibile (3 ore, mezza giornata, 1 giorno, 2 giorni). Lungo la rete autostradale, in prossimità dei caselli di uscita dei diversi itinerari proposti, i cartelloni “Touring”, che ripropongono l’immagine rappresentativa di ogni experience e il nome dell’itinerario, segnalano le bellezze del territorio circostante. Le experience sono consultabili anche sul sito www.autostrade.it nella sezione dedicata a “Sei in un Paese meraviglioso”, ricca di foto e informazioni di dettaglio sulle tappe e sugli itinerari.

del successo (o meno) del nostro lavoro quotidiano». State pensando a investimenti sulla sicurezza? «La sicurezza di chi guida è la priorità assoluta di Autostrade per l’Italia da molti anni. Basti pensare

a Tutor (che permette di rilevare la velocità media dei veicoli, ndr), una tecnologia che abbiamo ideato e introdotto per primi in Europa. Ha letteralmente cambiato le abitudini di guida degli italiani, consentendo di salvare ogni anno 300 vite umane. Un altro investimento rile-


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vante in tema di sicurezza è stato negli ultimi anni la stesa su tutta la nostra rete dell’asfalto drenante, che ha reso molto più sicure le nostre autostrade in condizioni meteo particolarmente critiche. La nostra attenzione per la sicurezza ci porta anche a occuparci della salute di chi viaggia in autostrada ogni giorno, perché lo fa per professione: in alcune aree di servizio è attivo “L’angolo della prevenzione”, un servizio gratuito – realizzato insieme alla Croce Rossa Italiana – che consente agli autotrasportatori di fare un piccolo “check up” in tempo reale del proprio stato di salute». Cos’è My Way? «My Way è un’iniziativa di grande successo e in continua crescita. È un vero e proprio canale tv, che abbiamo costruito insieme a Sky mettendo insieme due eccellenze.

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Oggi My Way rappresenta lo strumento più efficace e impattante per chi vuole conoscere il “mondo” delle autostrade: non solo le informazioni sul traffico, ma anche i consigli di sicurezza, le experience turistiche offerte dai territori connessi dalla nostra rete autostradale, il Telepass, il Tutor, le aree di servizio. L’evoluzione più recente di My Way ci ha consentito di fornire – sempre su Sky Meteo24 e su Sky Tg24 – le informazioni aggiornate sul traffico delle grandi città, a partire da Roma e Milano, e di accompagnare i tifosi di calcio nelle loro trasferte attraverso un servizio di traffico dedicato che va in onda sui canali sportivi di Sky». Quale obiettivo si pone il progetto “Sei in un Paese meraviglioso. Scoprilo con noi”? «L’obiettivo è di far scoprire agli italiani le bellezze nascoste dei lo-

ro territori, raggiungibili in un raggio di 50 km dai caselli autostradali, e di valorizzare lo straordinario giacimento di potenziali mete della provincia italiana che oggi rischia di essere ignorato dai flussi turistici. È un progetto che stiamo sviluppando insieme a Touring Club e Slow Food – con i quali abbiamo già selezionato e messo a disposizione di chi viaggia circa 150 experience originali di tipo culturale, artistico, ambientale e gastronomico – e che ci ha portato fino ad oggi ad attrezzare più di 30 aree di servizio su tutto il territorio nazionale». Le autostrade possono essere quindi considerate una infrastruttura e un servizio per supportare il rilancio del turismo nostrano? «Credo proprio di sì. Le autostrade devono essere sempre più connesse con i territori che attraversano e le loro aree di servizio possono diventare una straordinaria vetrina delle bellezze del territorio. È un nuovo ruolo sociale della nostra infrastruttura, che Autostrade per l’Italia ha intenzione di svolgere nei prossimi anni in modo sempre più efficace e consapevole». Come sarà l’autostrada del futuro? «Sarà un hub di tecnologia e qualità, con il cliente-viaggiatore al centro. E si sposerà ancor di più con i territori che attraversa, esaltandone la bellezza e la capacità d’attrazione». 䡵

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MANAGER, LE COMPETENZE CI SALVERANNO Executive fitness e skill development per la competitività individuale e la managerializzazione delle imprese Fabio Ciarapica

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ggi investire nelle competenze è interesse comune di aziende, istituzioni, individui. Il singolo ne è attore protagonista, portatore e principio “pro-attivo”; le aziende sono scenario, laboratorio e organi beneficiari; le istituzioni teatro e corpo (sociale). Le competenze professionali (non solo le conoscenze ma anche le capacità manageriali) sono richieste dai processi organizzativi, ma sono detenute dalle persone. Solo potenziandole e aggiornandole si possono raggiungere virtuosi traguardi comuni manager-impresa.

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Quindi, chi deve investire sulle competenze manageriali? Le aziende o i singoli manager? È un costo o un investimento? Per le aziende investire sullo sviluppo delle competenze dei propri manager è uno strumento di total rewarding, per i singoli, svilupparle è una forma di previdenza individuale ormai ineludibile. Da tempo le indagini Manageritalia confermano che non ci possono più essere le “aziende mamma” e che il manager deve rompere gli schemi prendendosi rischi maggiori e investendo personalmente in una gestione proattiva del proprio sviluppo, perché solo con l’indipendenza (sviluppo professionale) potrà essere co-fautore del proprio destino (carriera). Il problema/opportunità dell’evoluzione del ruolo manageriale (investimenti in formazione, coaching…) si sta spostando dalle aziende al singolo individuo per motivi sia di budget che di people strategy: nessuna azienda è in grado di garantire lunghe collaborazioni, ergo importanti investimenti sui singoli.

Il ruolo di manager e imprese Oggi i manager hanno la responsabilità trasversale di dover realizzare molteplici target contemporaneamente: quelli macro-aziendali, quelli del proprio ruolo/funzione/business unit; quelli del proprio sviluppo professionale. In parallelo dovrebbe giocare un ruolo più significativo la responsabilità sociale delle imprese: tutelare meno “il posto” ma garantire mag-


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giori possibilità di investimento nell’aggiornamento delle skill personali che rimangono poi patrimonio anche del singolo e del suo bagaglio professionale. Però è oggettivamente difficile, soprattutto per le medie imprese, avere risorse per sviluppare le competenze dei singoli, che a qualsiasi livello professionale devono quindi farsi parte attiva per “emanciparsi” dal ruolo di forza-lavoro per assumere quello di “forza delle competenze”. Non più dunque il “posto” per coltivare un ruolo e assumere competenze, ma attraverso queste esprimere una professionalità che meriti un “posto”. La competitività delle imprese dovrebbe d’ora in poi basarsi sullo storno dei costi di burocrazia e fiscalità a favore di investimenti in competenze. Un condiviso e costante investimento sulla valorizzazione delle competenze è la principale via per aumentare la managerializzazione delle imprese, partendo dallo spunto molto italiano del “manager-imprenditivo”. Il sistema istituzionale, associativo, imprenditoriale e sindacale dovrebbe incentivare ancor di più l’accesso dei singoli a percorsi formali di misurazione e sviluppo e certificazione delle competenze affinché queste vengano formalizzate e quindi riconosciute. Infatti per le imprese (anche piccole) avere più competenze in casa equivale a maggior competitività, mentre per il singolo allenare e sviluppare le proprie competenze serve a ottenere migliore e maggiore

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professionalità, remunerazione e rivendibilità sul mercato del lavoro. Dobbiamo quindi focalizzarci sulle competenze e la possibilità di aggiornare grazie a esse i nostri modelli organizzativi.

Su quali competenze investire? Le aziende oggi hanno bisogno di un business partner che abbia un mix di competenze di vision di mercato, strategica e sistemica, capacità realizzative, relazionali e comunicative, stabilità emotiva unita a flessibilità. Come “fare” il manager ed “esserlo” oggi? Le aziende hanno bisogno di competenze ma anche, in qualsiasi funzione manageriale, di business partner con la visione del mercato, non solo del proprio ruolo. Si può esserlo valorizzando le proprie capacità manageriali (e aggiungiamo comportamenti e valori) che dobbiamo allenare, tenere in forma e aggiornare in parallelo all’evoluzione di ruolo e responsabilità aziendale. Ciascun manager (senza essere necessariamente un top manager) deve quotidianamente essere attore del cambiamento aziendale e della propria evoluzione, secondo percorsi ormai non più regolari e non necessariamente ascendenti. Preparazione e fedeltà non bastano, occorre fare automanutenzione delle proprie competenze, coltivazione delle proprie relazioni e network, allenamento con tecniche di professional fitness e dedicare tempo al proprio coaching manageria-

le (sia di networking che di apprendimento).

Per cogliere opportunità… Occorre essere noi stessi un’opportunità! Con proattività, immaginazione, energia e skill coaching. Gandhi diceva: «Sii il cambiamento che chiedi al mondo». Così il manager-imprenditivo e l’imprenditore di se stesso devono occuparsi personalmente dell’evoluzione del loro ruolo (self career management) perché le aziende, che ci piaccia o meno, hanno trasferito questa attività al singolo e non ne guidano più gli sviluppi. È un problema di taglio del “cordone ombelicale” e di necessità di investimento costante sul proprio fitness professionale (e non singole azioni spot per gestire un’emergenza, ovvero la perdita del posto…) da considerarsi come leva per il continuo adattamento al cambiamento, attraverso due strumenti principali: il networking professionale non meramente amicale e l’apprendimento continuo. L’apprendimento continuo è l’unica garanzia di essere costantemente allineati al mercato e al proprio benessere manageriale. Parte dalla definizione dei propri obiettivi, passa dall’identificazione delle competenze necessarie per raggiungerli e da un’approfondita valutazione del loro possesso, da tradurre quindi in consapevolezza del proprio posizionamento e “valore” manageriale. Investire in competenze conviene quindi a tutti. Le competenze ci salveranno.

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PAESE CHE VAI... Come gestire le risorse umane all’estero e quali ostacoli vanno superati? I risultati di una ricerca di Itim Italy e Manageritalia Anna Paola Simonetti

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ER LE AZIENDE e le organizzazioni che operano a livello internazionale la gestione degli affari e delle risorse è spesso difficile. Negoziare, collaborare, coordinare attività e portare a termine progetti complessi varia da paese a paese: nel modo di comunicare, di organizzare il lavoro, di motivare un gruppo di collaboratori e porsi come leader. Possono sorgere dunque conflitti e incomprensioni che rischiano di mettere a repentaglio la buona riu-

scita di programmi partiti da presupposti tecnici, finanziari e di crescita eccellenti. Nel nostro grande villaggio globale, in cui la rapidità di spostamenti e di comunicazione abbrevia le distanze e ci catapulta in altre nazioni, spesso si perde la percezione dell’effettiva lontananza geografica e culturale tra un paese e l’altro: lo shock che ne deriva è una sindrome di cui soffrono molte persone assegnate all’estero per lavoro. Oggi aziende e organizzazioni hanno sempre più bisogno di


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una “bussola” per orientarsi tra le molte differenze culturali. Ma come affrontano il problema? Itim (Institute for training in intercultural management) ha recentemente condotto una ricerca internazionale per approfondire il tema e misurare la propensione delle aziende a preparare in modo specifico il proprio personale al contesto internazionale. In Italia la ricerca è stata condotta in collaborazione tra Itim Italy e Manageritalia su un campione di circa 200 manager. Più formazione nelle relazioni strette Il 45% dei manager ha dichiarato che i dipendenti coinvolti in attività interculturali ricevono una preparazione specifica, soprattutto quando è stretta la relazione tra la

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sede centrale e le sedi periferiche. Gli investimenti sulla formazione internazionale sono decisi a livello della casa madre nel 52% dei casi; nei restanti casi le decisioni sono prese a livello locale. Da un punto di vista quantitativo, l’investimento appare abbastanza contenuto: solo nel 10% delle risposte supera i 1.000 euro all’anno per dipendente; per circa un terzo si attesta tra 100 e 1.000 euro; un altro terzo dichiara che non viene dedicato alcun investimento. Dato, quest’ultimo, piuttosto preoccupante: si sottostimano i rischi che l’incompetenza culturale può comportare e si mettono a repentaglio gli obiettivi aziendali perseguiti a livello internazionale. Un dato interessante riguarda il confronto tra l’assenteismo per

Oggi aziende e organizzazioni hanno sempre più bisogno di una “bussola” per orientarsi tra le molte differenze culturali. Come affrontano il problema?

malattia del personale locale rispetto agli espatriati: non c’è alcuna differenza tra i due gruppi (84% delle risposte). Questo contrasta parzialmente con quanto affermano le ricerche sull’argomento, che rilevano come il disagio degli espatriati, non adeguatamente preparati a confrontarsi con la cultura del paese ospitante, si manifesta spesso in un incremento delle malattie, soprattutto psicosomatiche e, quindi, dell’assenteismo. Conoscenza della cultura organizzativa Per circa il 70% degli intervistati è importante o molto importante la conoscenza della cultura organizzativa, la preparazione delle persone che operano a livello internazionale e l’integrazione dei dipendenti stranieri. È anche interessante osservare chi viene coinvolto nelle attività di formazione degli espatriati: nel 43% dei casi la formazione è riservata al diretto interessato, nel 4% dei casi è coinvolta anche la famiglia e in un terzo dei

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La preparazione interculturale dovrebbe entrare a far parte dei percorsi formativi e di sviluppo disegnati per il personale aziendale casi la formazione riguarda anche i colleghi della sua unità organizzativa. A questo proposito, l’esperienza maturata da Itim Italy in vent’anni di consulenza ad aziende italiane e straniere suggerirebbe di estendere la preparazione anche alla famiglia dell’espatriato (qui evidenziata solo per un 4% dei casi), perché molto spesso una causa d’insuccesso delle assegnazioni all’estero è imputabile proprio allo

I RISULTATI IN FINLANDIA UN CONFRONTO CON L’ITALIA Itim ha a disposizione, per un confronto, i dati del sondaggio condotto da Itim International anche in Finlandia. Ne risulta che gli italiani sono molto più preparati alla crescita internazionale in termini culturali (45% contro 24%). A differenza di quelle italiane, le organizzazioni finlandesi perseguono un approccio più decentrato nelle decisioni sugli investimenti per l’integrazione e la gestione interculturale, rendendo più difficile una valutazione complessiva. Le imprese finlandesi investono annualmente solo 250 euro a shock culturale sofferto dal partner e dai figli, che senza alcuna preparazione preventiva accompagnano l’espatriato. È anche molto importante che i colleghi della casa madre conoscano e comprendano le diverse prassi e consuetudini del paese in cui il collega espatriato opera, altrimenti quest’ultimo può provare la frustrante sensazione di sentirsi solo nel gestire problemi su due

fronti, uno all’estero e uno in patria. Complessivamente i dati della ricerca sono incoraggianti ed evidenziano una crescente attenzione delle aziende a individuare soluzioni per rimuovere gli ostacoli e le barriere interculturali: per la maggioranza degli intervistati, infatti, l’acquisizione di specifiche competenze culturali è importante o molto importante. Sfide per le aziende Dalle risposte date alla domanda aperta su quali sfide attendano oggi le aziende emerge innanzitutto la necessità di acquisire competenze linguistiche, confermando così una delle carenze purtroppo più diffuse in Italia; in secondo luogo la necessità di offrire anche a manager di unità periferiche opportunità di una carriera internazionale e di accrescere gli scambi di personale qualificato tra paesi, assicurandone l’integrazione. Una sfida particolare, espressa con ironia da un intervistato, consiste nel convincere gli italiani a non insistere nel voler godere anche all’estero di tutte le festività previste

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Italy persona in formazione interculturale e 1.000 euro per l’integrazione degli specialisti assegnati all’estero per lavoro. Anche i manager finlandesi hanno indicato chiaramente che i temi e le competenze culturali sono importanti o molto importanti per la loro azienda. Gli investimenti in formazione e sensibilizzazione alle diversità culturali si effettuano solo per il diretto interessato e in alcuni casi anche per il team di lavoro. Raramente la preparazione all’esperienza internazionale coinvolge anche i familiari, comunque con maggior frequenza in Finlandia che in Italia (14% contro 4%). dal calendario nazionale. Curiosamente, proprio uno dei casi di negoziazione utilizzati da Itim nei suoi corsi, è dedicato al problema di come conciliare, tra varie culture, questa esigenza, sentita da molte nazionalità: il caso è sempre un buon punto di partenza per rendersi conto concretamente di quanto sia difficile raggiungere una soluzione soddisfacente per tutte le culture coinvolte.

trarre e trattenere i giovani talenti. È chiaro che una formazione efficace non può basarsi semplicemente sulla conoscenza delle regole di galateo e di business étiquette (facilmente reperibili anche in internet), ma deve andare molto oltre, offrendo strumentazione di bordo per chi deve oggi operare in contesti multiculturali. Per progettare e finanziare programmi di formazione di questo ti-

Itim Italy è la licenziataria unica per l’Italia di Itim International, istituto specializzato nella ricerca, formazione, consulenza e coaching relativi alla comprensione, gestione e armonizzazione delle differenze culturali in contesti multiculturali lavorativi e d’affari. Itim International, fondata nel 1985, è costituita da una rete di affiliate presenti in tutto il mondo, con sede centrale in Finlandia.

po è necessaria una visione a lungo termine, che nel perimetro globale sappia scorgere la stretta connessione tra le competenze culturali dei propri manager e il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Diventa così realizzabile l’auspicio espresso nella ricerca da un intervistato: far sì che le diversità culturali diventino un valore aggiunto e non un ostacolo alla crescita delle aziende italiane. 䡵

Preparazione interculturale La maggioranza degli intervistati sottolinea la necessità di acquisire sensibilità e competenze interculturali che consentano di capire in profondità culture diverse dalla nostra e di acquisire efficacia nelle relazioni a 360°, utilizzando processi di comunicazione e management coerenti con i differenti contesti. In altre parole, la preparazione interculturale dovrebbe entrare a far parte dei percorsi formativi e di sviluppo disegnati per il personale aziendale, tanto più oggi che la prospettiva di una carriera internazionale è diventata una leva motivazionale sempre più forte per at-

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Consumi

SEMPRE PIÙ PIÙ

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Se da un lato siamo sempre più alla ricerca del “sodo” per quanto riguarda il nostro corpo, lo stesso non facciamo per quanto riguarda gli alimenti. I consumatori propendono sempre più verso i cibi molli: libero arbitrio o determinismo? Domenico Villani

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CENA CON GLI AMICI mi capita spesso di essere al centro delle curiosità sulle caratteristiche dei cibi che mangiamo e recentemente a una cena i commensali volevano che io valutassi quale fosse il migliore tra due formaggi, uno morbido e uno stagionato. Per fortuna quella sera tra i presenti c’era qualcuno che aveva fatto tesoro, in analoghe circostanze, delle mie considerazioni e così ho evitato di spiegare che per formaggi così diversi tra loro non aveva senso fare un confronto, il giudizio si sarebbe basato solo sul gusto personale. Al di là di questa osservazione, magari anche troppo rigorosa, ho avuto la conferma di una tendenza: la propensione al morbido. Fresco o stagionato? Negli ultimi decenni il consumo di formaggi prodotti in Italia si è spostato verso quelli freschi, 50% nella grande distribuzione organizzata, tanto che se non ci fossero il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano, la percentuale di formaggi stagionati, che hanno sempre rappresentato un comparto consolidato nelle nostre abitudini di consumo, sarebbe molto bassa. Questa tendenza però non riguarda solo i formaggi, ma anche tantissimi altri prodotti alimentari, ed è in controtendenza con il fatto che oggi la gente per quanto riguarda il proprio corpo è sempre più alla “ricerca del sodo”. Non ci sarebbe nulla di male se a spingere le persone a preferire i prodotti morbidi da quelli duri fossero, diciamo così, motivi naturali, cioè dettati da dinamiche personali. Ma la dinamica è al contrario: sono le scelte di “altri”, prodotte da esigenze che non hanno nulla a che vedere con le nostre “preferenze consapevoli”, a innescare i cambiamenti. Scelte guidate Sarebbe molto semplice e anche divertente, tra l’altro, affermare che una bella mattina i consumatori si sono svegliati e hanno deciso, tutti insieme, di cambiare gusto e iniziare a preferire prodotti morbidi. Ovvia-

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mente non è così. Purtroppo l’inesauribile e nemmeno tanto lento avvicinamento al morbido non è frutto del libero arbitrio, in quanto le motivazioni dietro questo tipo di alimentazione sono di altro genere. Consideriamone alcune. La prima è di carattere economico. Prendiamo ad esempio il prodotto da cui sono partito: il formaggio. Vendere un formaggio fresco significa incassare quasi subito il corrispettivo del lavoro svolto, al contrario di quello stagionato in cui l’incasso non solo è posticipato rispetto alla produzione (possono passare anche diversi anni) ma si corre anche il rischio che il lavoro svolto possa essere vanificato in quanto le variabili nel corso della stagionatura sono diverse e non sempre controllabili e gesti-

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bili. Di conseguenza, gusto, qualità e caratteristiche organolettiche sono messi in secondo piano quando non ignorati tout court. Un altro motivo è di carattere commerciale. Se osserviamo con attenzione gli spot pubblicitari vediamo come i prodotti morbidi siano quelli più frequenti, anzi, per alcuni prodotti si arriva al paradosso di promuovere la morbidezza anche per cibi per i quali è indice di scarsa qualità. C’è un altro motivo che svolge un ruolo importante nella scelta del cibo morbido: la contrazione del tempo dedicato alla cottura, alla presentazione e al consumo dei cibi; questo lo possiamo facilmente constatare dalla larga diffusione

di prodotti pre-cotti, insalate prelavate, parmigiano pre-grattugiato e così via. In sostanza, giorno dopo giorno veniamo indirizzati verso un gusto “globalizzato” e soprattutto “guidato”, in modo che si possa vendere e produrre lo stesso prodotto in tutto il mondo. Gli effetti fisici... e non solo Insomma, una vera e propria operazione di analfabetizzazione alimentare. Gli effetti non sono solo quelli sinora menzionati, ma potrebbero riguardare il nostro organismo e in particolare il nostro apparato dentale. Sappiamo che tutti gli apparati umani hanno bisogno di essere tenuti in allenamento per funzionare al meglio. È così anche per quello dentale. La riduzione o addirittura

Negli ultimi decenni il consumo di formaggi prodotti in Italia si è spostato verso quelli freschi, 50% nella grande distribuzione organizzata

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Non ci sarebbe da stupirsi se le future generazioni avessero a disposizione un numero di denti inferiore agli attuali 32

la mancata attività provoca un impigrimento che, nel caso dell’apparato dentale, significa un rilassamento dei muscoli masticatori. Questo fenomeno alla lunga, oltre a non far nascere più i quattro den-

ti del giudizio o a tenerli nascosti sotto la gengiva, è dannoso in età infantile e rappresenta probabilmente una concausa non trascurabile nell’insorgenza di malocclusioni dentali, fenomeno in continuo aumento. Non ci sarebbe dunque da stupirsi se le future generazioni avessero a disposizione un numero di denti inferiore agli attuali 32. A questo proposito mi viene in mente una raccomandazione che mi faceva mia nonna: «Mastica 33 volte prima di deglutire, così non si gonfia la pancia», che tradotto in termini un po’ più scientifici signi-

fica rendere più facile la digestione. Una cosa del genere oggi è improponibile, sia per la tenera consistenza delle attuali pietanze che non lo giustificherebbero, sia per la dilagante filosofia del fast food. Vorrei concludere precisando che non ho nulla contro le pietanze morbide. Sono per una pacifica, utile, indispensabile e sana coesistenza e per una scelta effettivamente e genuinamente consapevole, senza alcuna preclusione ma semplicemente dettata dal nostro effettivo gusto personale e dal tipo di sensazioni che desideriamo percepire al momento. 䡵


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ALLA RICERCA DEL LUSSO Le previsioni per i viaggi di fascia alta registrano una domanda in crescita. Quali sono le destinazioni prescelte e cosa ci si aspetta? I risultati di un’indagine internazionale Davide Mura

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LEGANTI resort ai tropici, hotel a cinque stelle all’interno di palazzi storici, voli in first class, crociere per piccoli gruppi su navi dove ogni comfort è assicurato, elicotteri per transfer privati fino a punti panoramici, treni storici riportati in vita con salotti al posto delle normali cabine, spa con colonne di marmi e affreschi ai soffitti e molto altro. Una vacanza del genere fa parte dei vostri desideri? Fino a quanto sareste disposti a spendere? Un numero crescente di persone, nonostante i messaggi di austerity provenienti dai media, sono propensi ad alleggerire il proprio conto in

banca per un viaggio esclusivo dove il livello dei servizi è sempre più alto. Il settore del turismo luxury gode di ottima salute, anche per il mercato italiano. Il dato sembra stridere con quello che si sente ripetere e richiede un’interessante precisazione che sgombera il campo dai soliti luoghi comuni sulla nicchia dei super ricchi: il comparto non riguarda infatti solo la fascia di viaggiatori con redditi elevati, ma coinvolge anche persone che magari stanno attente a far quadrare i conti a fine mese e che preferiscono viaggiare meno frequentemente ma associare a questa esperienza il top presente sul mercato e, anche solo una volta nella vita, sce-


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gliere di vivere un’esperienza fuori dall’ordinario. Le offerte in tal senso del resto non mancano. A indagare sui trend legati ai viaggi di lusso è la recente ricerca di Aigo, società attiva nella comunicazione e nel marketing turistico, insieme a Pangea Network (12 agenzie indipendenti), effettuata su un campione di 368 operatori professionali in sei paesi europei. Per il 77% degli intervistati queste proposte continuano a rappresentare una fonte importante di fatturato, un business che incide sui bilanci, con prospettive di crescita positive. Niente flessioni per la prima classe Il 47% del campione dichiara che la sua clientela prenota oltre quattro viaggi di lusso l’anno. L’analisi dei mercati mostra che ad acquistare più di questo numero è soprattutto la clientela tedesca (89%), seguita da quella italiana (49%) e da quella francese (40%). Il mercato italiano appare ricettivo verso tali proposte e ha ottenuto lo scorso an-

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no le migliori performance (+12 punti percentuali) insieme a quello francese (+3 punti). Quando e per quanto tempo ci si concede un’esperienza di questo tipo? Si parte soprattutto nei mesi di dicembre e agosto e il periodo medio è di 10 giorni. Per quanto riguarda il budget, il 54% degli intervistati indica una spesa media per viaggio a coppia compresa tra 5.000 e 10.000 euro (più 4 punti percentuali rispetto alla scorsa edizione). A spendere oltre 10.000 euro sono circa 2 viaggiatori su 10. Questo tipo di vacanza viene solitamente prenotata con uno o due mesi di anticipo da clienti che acquistano pacchetti che includono in prevalenza volo, hotel ed eventuali escursioni. Le prospettive del settore sono dunque incoraggianti. I professionisti del travel trade europeo che hanno partecipato all’indagine esprimono previsioni molto buone: il 31% ritiene che la sua clientela viaggerà di più, per il 28% la tendenza a viaggiare rimarrà sta-

bile rispetto al 2013. Analizzando i singoli mercati, la previsione più ottimistica, con un maggior numero di viaggi rispetto al 2013, riguarda Spagna (46%), Regno Unito (41%) e Paesi Bassi (30%), mentre Francia (31%) e Italia (30%) si attendono una situazione stabile. Identikit del viaggiatore luxury In tutti i paesi oggetto dell’indagine i viaggi di lusso continuano a essere acquistati principalmente dai viaggiatori di età compresa tra i 36 e i 55 anni (68%). Il 30% invece ha più di 55 anni e solo il 2% ne ha meno di 35. A effettuare

Il mercato italiano appare ricettivo verso proposte di viaggio luxury e ha ottenuto lo scorso anno le migliori performance insieme a quello francese

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I trattamenti di bellezza e quelli legati al benessere hanno sorpassato la gastronomia: un massaggio in più e un pasto gourmet in meno

viaggi di lusso, per tutti i mercati, continuano a essere principalmente le coppie (70%), ma aumenta il numero delle famiglie (26%, pari a una crescita di 7 punti percentuali rispetto allo scorso anno). Il viaggio con amici rimane in terza posizione. Quali sono i fattori di maggiore appeal? La risposta è omogenea: gli intervistati ritengono che la loro clientela continui ad associare il viaggio di lusso alla privacy ed esclusività (20%) e alla qualità dell’alloggio (20%). In riferimento alla precedente edizione dell’indagine, sottolinea Aigo, è curioso notare che i trattamenti di bellezza e quelli legati al benessere hanno sorpassato la gastronomia: un massaggio in più e un pasto gourmet in meno dunque. Al momento della prenotazione, i viaggiato-

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ri sono attratti dal valore aggiunto (65%); dal prezzo (18%); da pacchetti con offerte speciali (14%); da servizi e strutture dedicate alle famiglie (3%). Secondo gli operatori del settore, il viaggiatore tipo è esigente e selettivo, in particolare verso il rapporto qualità-prezzo (39%), attento alle destinazioni di tendenza (7%), informato e consapevole (33%), alla ricerca di servizi sempre più esclusivi (21%). Per quanto riguarda le mete in ascesa, tra i primi paesi spiccano Sud Africa, Oman, Emirati Arabi, Cina, Giappone, Brasile e altre destinazioni in Asia. La rete vince sul passaparola Dove si recuperano informazioni sui viaggi di lusso? Come per altre tipologie di vacanza, anche in questo caso il web ha un ruolo determinante: secondo gli intervistati i viaggiatori preferiscono reperire notizie in rete (38%) piuttosto che avvalersi di consigli da amici e parenti (31%). Le guide di viaggio e le pubblicazioni specializzate rappresentano la terza fonte di informazioni in tutti i mercati (19%), a seguire i cataloghi dei tour operator (7%), stampa/tv/radio (4%),

fiere ed eventi (1%). Analizzando i singoli mercati, internet è preferito in Italia (48%) e nel Regno Unito (44%), il passaparola invece è ancora in voga in Francia (56%), Germania (43%) e Spagna (32%). Per il 33% degli intervistati, tra i siti web i più visitati e accreditati dai viaggiatori sono quelli dedicati alle recensioni e alle testimonianze di altri viaggiatori. Anche le pagine ufficiali degli hotel e delle compagnie aeree vengono consultate e su queste i viaggiatori completano la prenotazione (25%) e i profili social media ufficiali per l’8%. I blogger di viaggio, analizzati per la prima volta in questa edizione, incidono per il 4%. L’idea che emerge è che anche in questo caso è la fiducia verso chi ha provato queste esperienze a condizionare la scelta. E se quando vediamo sulla bacheca Facebook una foto che ha come sfondo un mare tropicale, una suite o una spa in mezzo alla natura siamo spinti ad approfondire sulla destinazione, forse il marketing turistico dovrebbe prendere in considerazione il fattore “I”: un’umana e comprensibile invidia verso un sogno che non è irrealizzabile. 䡵


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DI BUON GRADO Piero Valdiserra

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IL GRECO DI TUFO

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Il Greco ha un nome evocativo e immaginifico, che racchiude in sé sensazioni di classicità e di mediterraneità. Sa di storia ellenica, di antiche colonie, di civiltà nascenti, di trasmigrazioni d’uve dal Vicino Oriente su su fino a quella che i Romani chiamavano Campania Felix. Il Greco può considerarsi fra i vitigni più antichi che si conoscano. Secondo gli agronomi si tratta con ogni probabilità della stessa uva che Plinio riteneva essere stata importata, in età preromana, dalla penisola ellenica: nello specifico sarebbe giunta dalla Tessaglia, trasferita dai Pelasgi, e in Campania avrebbe trovato conveniente dimora alle falde del Vesuvio, ambientandosi sui tufi a matrice vulcanica, ricchi di zolfo, o sui suoli argillosi fra l’avellinese e il beneventano, dove tuttora prospera. Fin da allora se ne ricava un vino dal temperamento focoso. In un’iscrizione pompeiana ancor oggi leggibile, un amante respinto esplode in un’invettiva dal sapore inequivocabile: «Sei veramente gelida, Bice, e di ghiaccio, se ieri sera nemmeno il Greco ha potuto scaldarti!». Nei secoli intercorsi fra i tempi di Virgilio e l’inizio del Novecento, si registrò un numero sterminato di testimonianze sui luoghi di coltivazione dell’uva Greco e sulla bontà dei suoi vini. Sotto il suo nome, in realtà, venne catalogato un gran numero di vitigni che si differenziavano soltanto per i toponimi di provenienza. Significativo a questo proposito quanto accadde ai tempi della Repubblica di Venezia: grazie all’elevata popolarità raggiunta, e grazie ai prezzi di vendita molto remunerativi dei vini importati dall’Oriente, nel territorio della Serenissima si improvvisarono numerosi vini chiamati Greco, prodotti con i viti-

gni più disparati. A quell’epoca, per emulare i grandi passiti del Mediterraneo orientale, nella città lagunare e in altre zone d’Italia si sviluppò una produzione di vini, prevalentemente dolci, che presero ovunque il nome di Greco, a voler definire con questo termine una tipologia enologica senza prendere in considerazione le varietà utilizzate per la produzione. Oggi l’uva Greco è diffusa in Puglia, in Molise, nel Lazio e, più a nord, in Toscana e in Liguria, ma la sua area di elezione rimane la Campania. Nei comuni di Tufo e di Santa Paolina dà un bianco di straordinario carattere, dal colore giallo brillante e dalla spiccata complessità olfattiva (mela cotogna e mandorla). Difficile da vinificare, nelle produzioni più tradizionali tende ad avere un’acidità volatile elevata e a imbrunire precocemente per l’ossidazione. Una recente, folgorante definizione giornalistica lo ha classificato come un vino “ruvido e difficile, nervoso e impegnativo da interpretare. Un ragazzo ostico, di poche parole ma pieno di qualità che molti, purtroppo, cercano di omologare dandogli forzatamente un’eleganza che non gli è propria”. Nel 2003 il Greco di Tufo ha ottenuto la Denominazione d’origine controllata e garantita. In questa versione ha un colore giallo paglierino, che assume col tempo riflessi dorati. Il suo profumo è netto, gradevole, caratteristico; il suo sapore è asciutto e armonico. Prodotto anche nel tipo spumante, alla temperatura di 8-10 gradi è un eccellente abbinamento per ostriche, aragoste, crostacei, zuppe e fritture di mare, senza dimenticare i formaggi (caciocavallo, provola, mozzarella di bufala).


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ARTE Claudia Corti

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arte

L’arte delle donne: FRIDA KAHLO

DA NON PERDERE Frida Kahlo Roma, Scuderie del Quirinale fino al 31 agosto

È un vezzo tipicamente femminile quello di mentire sull’età, ed evidentemente non ne era immune neppure la nostra artista, anche se per motivazioni diverse dalla mera vanità; Frida Kahlo era nata nel 1907 a Coyoacan, un distretto di Città del Messico, figlia di un fotografo tedesco e di una nobildonna messicana, ma amava raccontare di essere nata nel 1910, l’anno della Rivoluzione di cui si sentiva “figlia”, esponente del Messico moderno che ne era scaturito. Affetta da spina bifida, abituata da subito a lottare, dimostrò per tutta la vita di essere davvero figlia di quella rivoluzione che tanto amava, determinata, indipendente, ostile verso ogni forma di convenzione sociale. A diciotto anni rimase vittima di un drammatico incidente che le condizionò per sempre l’esistenza: nello scontro tra l’autobus su cui viaggiava e un tram subì la frattura della colonna vertebrale in tre punti. Rimasta immobilizzata in un busto e costretta a letto per anni – subirà ben 32 interventi nell’arco della sua vita – iniziò a dedicarsi all’arte; i genitori le avevano fatto costruire un letto speciale con un cavalletto e un baldacchino dotato di specchio per potersi osservare e autoritrarre. «Dipingo me stessa perché passo molto tempo da sola e sono il soggetto che meglio conosco», era solita spiegare quando le sue opere iniziarono ad avere una certa risonanza. I dipinti di questi anni sono di caratte-

re autobiografico, episodi legati al terribile incidente o autoritratti in cui emerge il rapporto conflittuale con il suo corpo martoriato e devastato dalle fratture e dagli interventi. Ripresa a fatica la sua vita in mezzo a dolori lancinanti, conobbe il noto pittore di murales Diego Rivera. Si sposeranno nel 1929, e una seconda volta nel 1940 dopo un divorzio dovuto ai continui tradimenti da parte di entrambi. Dall’incontro con Rivera scaturì una poetica vicina al surrealismo: Frida adesso non si limita più a raccontare vicende biografiche, ma ne narra l’essenza profonda, una vera sublimazione del dolore; rappresenta spesso un bambino, il figlio che non aveva mai potuto generare, ma anche se stessa in un periodo felice della sua vita. Profondamente ostile a qualsiasi tipo di etichetta, Frida si discostò dal Surrealismo per approdare a quello stile vagamente naïf con cui raccontò ciò che veramente amava e di cui si sentiva parte: il colore delle civiltà precolombiane e il folclore delle tradizioni popolari messicane, senza mai dimenticare che al centro di tutto c’era se stessa con la sua carica di passionalità e originalità, come nell’Autoritratto con collana di spine e colibrì del 1940 (olio su lamina metallica, cm 63,5 x 49,5). Muore nel 1954 affidando il suo commiato a una celebre frase: «Spero che l’uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più!».

CURIOSITÀ Frida è stata la prima donna latinoamericana a essere stata effigiata su un francobollo statunitense nel 2001. L’anno successivo è uscito nelle sale cinematografiche il film biografico “Frida”, la cui protagonista, Salma Hayek, ha ricevuto una nomination all’Oscar proprio per l’interpretazione della protagonista.

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LIBRI Davide Mura

L’istituzione delle città metropolitane

libri

A partire dal 2008 tre interventi legislativi nazionali sono stati adottati per dare corso alla riforma che designa le città metropolitane come nuovo livello istituzionale, ma nessuna di queste iniziative ha ancora trovato attuazione. L’ultimo arrivato, il disegno di legge Delrio, individua almeno 10 città metropolitane con circa 18 milioni di abitanti nelle regioni a statuto ordinario e un quadro nelle regioni a statuto speciale ancora tutto da delineare. Partendo dall’analisi delle principali aree di dibattito – norme, istituzioni e politica, futuro contesto socio-economico – il libro è uno strumento utile per comprendere il processo in atto e le sue ricadute sulla vita quotidiana. Città metropolitane, Walter Tortorella, Massimo Allulli, Marsilio, pagg. 169, € 15.

Un giallo milanese che parte dal macabro ritrovamento nelle toilette di una grande azienda del cadavere di un’impiegata. Il delitto è avvenuto durante la pausa pranzo e a scoprire il corpo senza vita è Francesca Zanardelli, una Bridget Jones meneghina alle prese con un lavoro poco entusiasmante ma che le garantisce la sopravvivenza. La storia è stata scritta in modo realistico e affronta al di là della cornice noir le contraddizioni all’interno delle organizzazioni, la paura del precariato e le tensioni tra colleghi negli uffici. Tra cotolette plastificate e riti della quotidianità in città, la storia si snoda con colpi di scena e situazioni in cui molti si potranno riconoscere. Omicidi in pausa pranzo, Viola Veloce, Mondadori, pagg. 240, € 14.

Vignette e paradossi per l’inglese Dopo aver provato differenti metodi, speso soldi e dedicato un mucchio di tempo all’apprendimento della lingua inglese, sempre con esiti incerti, Luci Gutiérrez è ricorsa alle sue doti di illustratrice per rappresentare parole, verbi ed espressioni attraverso vignette umoristiche, paradossali e grottesche. La tecnica ha ottenuto risultati insperati e così è nato un libro che intende fornire 17 lezioni a tutti coloro che non sono nati in un paese anglo-

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La dinastia degli hotel

C’è un cadavere in azienda

La storia di successo degli Hilton è una storia che nasconde i tormenti legati alla vita dei suoi fondatori e discendenti. Come un romanzo – o forse una soap opera – J. Randy Taraborrelli racconta le fila di un’idea di business che ha raggiunto in fretta importanti risultati, partendo dalle intuizioni felici del “patriarca” Conrad Hilton, anche lui alle prese con vicende e scandali privati. Il gruppo di hotel sembra avere tutte le caratteristiche per essere sempre sotto i riflettori, come dimostra l’ereditiera Paris. Ma al di là del gossip, la saga appassiona e sprigiona un ottimismo e una capacità imprenditoriale tipicamente americana che ha portato alla diffusione degli alberghi in ben 80 paesi in tutto il mondo. The Hiltons, J. Randy Taraborrelli, Grand Central Publishing, pagg. 300, $ 30.

sassone e che per studio o lavoro devono apprendere la lingua di Shakespeare in tempi rapidi. Un originale manuale linguistico che passa dall’alfabeto ai phrasal verbs senza incappare in un attimo di noia, presentando condizionali e verbi irregolari in modo accattivante e curioso. Un approccio che si rifà ai libri per bambini ma con un piglio malizioso e ironico. Allo stesso tempo, un invito a non scoraggiarsi e a non credere che imparare l’inglese sia un’impresa impossibile. English is not easy, Luci Gutiérrez, BUR, pagg. 344, € 15.


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LETTURE per MANAGER

...per manager

Marco Lucarelli

Era un mago in PowerPoint. R.I.P. È ora di decidere cosa volete venga scritto nel vostro necrologio. Potete scegliere tra: “lo ricordiamo per le sue indimenticabili presentazioni PowerPoint al board”; “trascurava i compleanni dei figli per controllare fino all’ultimo le stime di budget”; “non usciva mai di casa senza il suo Blackberry”; “trascorreva le festività in conference call”. Ironia a parte, in questo mondo del lavoro iperconnesso con colleghi di lavoro che lavorano in altri paesi con fusi orari differenti, è facile cadere nella sindrome workalcoholic. Una sindrome che costringe a ritmi di lavoro estenuanti, all’incapacità di “staccare”, di avere una vita regolata tra tempi privati e tempi lavorativi. Di questo e di come uscirne ne parla Arianna Huffington nel libro Cambiare passo. Oltre il denaro e il potere. La terza metrica per ridefinire successo e felicità (Rizzoli, pagg. 360). Questo eccesso di lavoro sembra essersi esteso a tutta la cultura del lavoro, dove viene dato per scontato che per fare carriera si debba in qualche modo sacrificare la propria vita privata, i due mondi sarebbero inconciliabili, impossibile essere manager e allo stesso tempo buoni genitori, compagni o semplicemente godersi la vita fuori dall’orario di lavoro. Il tema del prolungarsi della permanenza in ufficio oltre l’orario di lavoro sembra essere una prassi consolidata. Solo chi è disponibile al sacrificio è degno di salire la scala gerarchica. Peccato però, come ci ricorda questo libro, che i numeri (per chi lavora in azienda sono i soli dati sui quali ci si possa basare) dicano cose diverse. Dicono che a causa dello stress lavorativo salgono le assenze per ma-

Leggi e commenta tutte le recensioni di Marco Lucarelli sul blog

#letturexmanager

lattia, gli errori sul lavoro, la demotivazione e il burnout. Senza contare gli impatti sul sistema sanitario e quindi sul “conto economico” degli stati. Aziende illuminate come Google, Boston Consulting Group e Microsoft (solo per citare alcuni casi riportati nel libro) hanno capito questa cosa e si sono mosse di conseguenza. L’obiettivo è chiaro: un lavoratore sereno e soddisfatto potrà essere più creativo, produttivo, fidelizzato di quanto lo siano gli altri.

Meditate gente, meditate Lo stress da troppo lavoro è favorito anche dall’ormai convivenza quotidiana con smartphone e tablet. Difficile resistere alla tentazione della luce rossa che lampeggia e segnala una nuova email appena arrivata. La verità è che l’attuale modello di successo, che si identifica con superlavoro, esaurimento da stress, mancanza di sonno, lontananza dalla famiglia, connessione 24 ore su 24, non funziona. Non funziona per le aziende, né per le società in cui è il modello dominante, né per il pianeta. Non funziona per le donne e neanche per gli uomini.

L’autrice Arianna Huffington è presidente, direttore ed editor-in-chief dell’Huffington Post Media Group, editorialista e autrice di 13 libri. Nel 2013 è stata inserita nella lista Forbes delle donne più potenti del mondo e nel 2006 e nel 2011 in quella delle 100 personalità più influenti del mondo secondo Time Magazine. GIUGNO 2014

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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)

La detassazione dei premi di produttività

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Vorrei sapere che procedure occorre seguire per poter ottenere la detassazione dei premi di risultato legati agli obiettivi conseguiti e alla produttività. M.R. - Firenze

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Innanzitutto occorre premettere che la detassazione dei premi di produttività si applica non sugli importi erogati a titolo individuale ma è necessario che sia stato siglato un accordo collettivo aziendale o territoriale. Per la detassazione dei premi erogati nel 2014 le intese siglate entro il 14 maggio di quest’anno devono essere depositate presso la Direzione territoriale del lavoro (Dtl) entro il 30 giugno, mentre quelle sottoscritte successivamente al 14 maggio devono essere depositate entro 30 giorni dalla data di stipula. Restano validi gli accordi di produttività ancora in vigore e che rispondono alle condizioni stabilite lo scorso anno con apposito decreto del presidente del consiglio dei ministri. Tali accordi devono disciplinare le erogazioni legate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione ed efficienza organizzativa, collegate ai risultati riferiti all’andamento economico o agli utili dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale, incerte nella loro corresponsione e nel loro ammontare. Gli accordi possono essere rivolti alla totalità dei dipendenti o a categorie degli stessi.

Un’ulteriore condizione per poter usufruire della detassazione è non aver percepito nell’anno di imposta 2013 un reddito superiore a 40.000 euro lordi. Se sono soddisfatte queste condizioni, i premi di produttività percepiti nel 2014 fino a un massimo di 3.000 euro annui (limite incrementato di 500 euro rispetto al 2013) non sono soggetti a Irpef e alle addizionali locali, ma sono sottoposti alla tassazione fissa del 10%. Il requisito reddituale dei 40.000 euro annui non è invece previsto per la decontribuzione dei premi di produttività, applicabile sugli importi erogati a tale titolo nel limite del 2,25% (per il 2014) della retribuzione imponibile ai fini contributivi. La decontribuzione è totale sulla quota a carico del lavoratore e fino al 25% dell’aliquota dovuta dai datori di lavoro, senza perdita della copertura pensionistica. Il 29 maggio è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale Lavoro-Economia del 14 febbraio che conferma le disposizioni per lo sgravio contributivo. Per essere pronti all’invio delle istanze telematiche all’Inps, è opportuno che i datori di lavoro che non abbiano già provveduto in tal senso procedano tempestivamente al deposito degli accordi presso le Dtl, dal momento che tale adempimento deve essere effettuato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto, cioè entro il 28 giugno 2014.


inserto mensile di Dirigente n. 6 -2014

DIRIGIBILE

a cura di Thomas Bialas

Segnali di futuro visti dall’alto #05

FUTURE MARKETING Facebook & Co. Gli errori delle imprese

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FUTURE CAR

L’auto che guida da sola resta sola?

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FUTURE OFFICE CARTA CANTA? ANCORA PER POCO FUTURE MARKET ANDARE A RIMORCHIO DELLE NICCHIE INFOGRAFICA DEL MESE PER SOPRAVVIVERE, IL RETAIL DEVE OCCUPARE NUOVI SPAZI FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo

L’INUTILE BLA BLA BLA Riunitevi in piedi, è meglio

La prossima volta che vi convocano a un meeting rispondete con una fragorosa risata. Meglio un liberatorio “ah ah ah” dell’obbligatorio “bla bla bla”. È una vera e propria piaga che da sempre accompagna i piani alti delle aziende. Mi riunisco dunque sono, manager. Le tipologie sono molte (briefing, debriefing, kick off, team building ecc.) ma la sostanza non cambia: si perde tempo a detta dei diretti interessati. Non male se si pensa che il top manager passa il 90% del suo tempo in

FUTURE BANKING

Distruzione creativa: è il turno delle banche?

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meeting di varia natura e il middle manager un buon 60%. Anzi, il paradosso è proprio questo: gli stessi manager che convocano le riunioni nei questionari sull’utilità dei meeting mettono nella maggioranza dei casi la crocetta su “perdita di tempo”. Qualcosa non quadra e non solo per l’eccesso di partecipanti. È che siamo rimasti fermi agli anni Ottanta e ancora prigionieri della cultura gestionale dell’impresa industriale fordista. Insomma, in passato perdere tempo in chiacchiere e pippe strategiche non era così grave... le cose andavano avanti quasi per inerzia. Su 40 ore settimanali 20 buttate nel cesso ci poteva anche stare. Non più oggi e non più nel futuro. In un’economia complessa il tempo (poco) va ottimizzato per progettare contenuti e soluzioni. Un buon esercizio può essere il meeting in piedi. Tiene svegli e facilita la concentrazione. Per portare a bordo il proprio team sui nuovi progetti basta e avanza un’ora. E poi tutti di nuovo al lavoro, quello vero.


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FUTURE MONEY MONETA VIRTUALE PRODUCE PERDITA REALE Investire un milione di dollari (soldi veri) in Bitcoins (soldi “falsi”) e poi vederli svanire. Per forza: sono dei bit e non degli atomi. Molti investitori e imprese ci hanno rimesso delle belle cifre. Bitcoin arriverà (si dice) anche su Ebay e PayPal ma intanto i dubbi sulla criptomoneta restano. Truffe, riciclaggio di denaro sporco, attacchi speculativi e soprattutto informatici, fallimenti (il crack della piattaforma giapponese per scambio di Bitcoin, MtGox) e alla fine arresti eccellenti (per esempio il ceo di BitInstant e vicepresidente della Bitcoin Foundation).

D’accordo, le stesse cose succedono nel mondo dell’economia reale (da Parmalat ai mutui subprime) quindi business as usual. La domanda però resta: che futuro ha Bitcoin? Per il Nobel dell’economia Paul Krugman sono un pacco, per i Silicon Valley addicted una rivoluzione. Vediamo. Per ora Bitcoin è stato soprattutto un gioco speculativo. Tra l’altro più aumentano le transazioni e più aumentano le esigenze di calcolo del sistema con un consumo energetico “mostruoso” (non basta una centrale nucleare per il fabbisogno). Il potenziale è interessante ma non certo per fare concorrenza a euro o dollaro. Può forse affermarsi per transazioni internazionali sostituendo l’oneroso (per i clienti) Western Union oppure come micropagamento per artisti e musicisti. http://www.youtube.com/watch?v=2T2Kqn5MmEI

FUTURE MARKET ANDARE A RIMORCHIO DELLE NICCHIE Un rimorchio per bici made in Cina si trova a partire da 30 euro. Quello prodotto dall’azienda di Monaco di Baviera Hinterher a 497 euro. Ha senso? Sì se si punta sul sense making e se l’obiettivo per il 2014 è vendere 1.000 rimorchi a bikefreakers e amanti della qualità su due ruote. In un mercato globale di 7 miliardi troverai sempre una nicchia di 1.000 persone disposte ad acquistare un prodotto originale e personalizzabile. Questo piccolo esempio ci insegna anche un’altra cosa: che la tanto celebrata polarizzazione del mercato (premium o discount, o da una parte o dall’altra) è una semi bufala già andata a male. In

FUTURE WORK È INIZIATA L’INVASIONE DEI ROBOTS Ne avevamo parlato ampiamente nel numero di marzo di Dirigibile con l’infografica dedicata ai white collar robots. Tre mesi dopo ne parla anche Repubblica con un pezzo a firma di Riccardo Luna. La notizia? Il patron di Amazon Jeff Bezos ha annunciato diecimila nuove assunzioni entro la fine dell’anno. Solo che non saranno uomini e donne ma robot. Diecimila robot magazzinieri per smistare le merci del category killer del commercio elettronico. Vantaggi ovvi: niente ferie, niente richieste, niente contratti e niente sindacato. Il paradiso del capitalista tecnologico è già in terra. Certo che alla fine i conti non tornano:

se sempre più umani vengono sostituiti dalle macchine chi compra tutti i prodotti stipati nei magazzini automatizzati? Detto così suona un po’ eccessivo, ma la questione di ripensare il ruolo del genere umano (loro lavorano, noi riceviamo un reddito di cittadinanza “universale” e regaliamo il nostro tempo per attività utili alla collettività?). Anche perché Amazon è solo la punta dell’iceberg mediatico. La tecnologia intelligente o intelligenza artificiale abbinata a sofisticati software sta mutando in ogni ambito il lavoro, anche in quelli “meno appariscenti come www.viasto.com che propone colloqui di assunzione quasi automatizzati. http://www.kivasystems.com http://www.youtube.com/watch?v=qU4YMDJNzpg

SO WHAT? Il nuovo si afferma solo quando è meglio o più efficiente del vecchio. Non è questo il caso. Non useremo la valuta digitale per pagare tasse o altro. Bitcoin è probabilmente solo una moneta di transizione o apripista come fu Altavista per i motori di ricerca. Poi arrivò Google.

realtà gli operatori più ispirati si stanno riposizionando sfruttando nuove posizioni intermedie dove eccellere. Anche perché la spartizione del mercato tra lusso e primo prezzo più che una vera pratica è una teoria o, meglio, pericolosa dicotomia. Più saggio, come ha fatto la piccola azienda tedesca, è reinterpretare il moribondo mercato della fascia media con nuove formule e posizionamenti. Dunque da polarizzazione a ibridazione. È questione di sfumature. Radical cheap, cheap chic, cheap premium, premium, radical premium. Dimenticavo: Hinterher è cheap premium (esclusività allargata e accessibile a molte tasche) così come l’iPhone o i gelati Häagen-Dazs. http://www.hinterher.com http://www.youtube.com/watch?v=CvaRlQRJuKI


DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

FUTURE MARKETING SOCIAL. GLI ERRORI DELLE IMPRESE Navighi in rete e vedi sopravvivere le vecchie pratiche invasive e odiose del marketing che fu: bombardare e coprire con banner e video il contenuto che stai leggendo. Chapeau per la perseveranza (che come sappiamo è diabolica). Rimediamo. Primo: puntare sul content marketing. Le imprese devono sfruttare Internet per dare informazioni e soluzioni concrete ai bisogni dei clienti. Il motivo? Come dimostrano le statistiche gli utenti digitano spesso su Google un problema e attendono come risposta una soluzione. Secondo: ogni social media richiede un

linguaggio diverso: Twitter è più elitario mentre Facebook più piazza chiassosa. Terzo: abolire l’aggressività pubblicitaria. Ogni social media ha le sue regole. Su Instagram, per esempio, ci attendiamo belle foto e non coupon. Quarto: mai rifiutare a priori un nuovo social network. Per molti esperti Snapchat è solo l’ennesima stupidaggine da teenager ma intanto ci girano 400 milioni di messaggi al giorno. Quinto: il cliente è Re ma questa volta davvero. Fate come alcuni ristoranti americani che consentono al cliente d’inviare un feedback in tempo reale tramite il servizio Talk to the Manager oppure accettate contrattazioni sui prezzi come la piattaforma di matching consumatori-produttori kwizzme.com. http://www.smiirl.com https://talktothemanager.com http://kwizzme.com

FUTURE OFFICE CARTA CANTA? ANCORA PER POCO Se siete stati in un tribunale allora sapete cosa significa essere sommersi da carta. Alcuni uffici sparsi negli angusti corridoi sono addirittura solo carta (manca lo spazio per ospitare il genere umano). È come un’eco dal passato perché il futuro è paperless. Non certo per la favola del minor impatto ambientale (anche il digitale impatta) ma per pura convenienza ed efficienza. Le nuove leve lavorano di default senza carta semmai il problema sono le vecchie leve “assuefatte” dalla carta. Come mi confida un manager: «All’inizio è come

FUTURE CAR L’AUTO CHE GUIDA DA SOLA RESTA SOLA? Nel senso di unico esemplare sul mercato? L’auto senza conducente (self driving car) è il tormentone mediatico dell’anno (a dire il vero degli ultimi anni). È sufficiente che ci sia lo zampino dell’onnipresente Google che subito si grida al miracolo tecnologico che rivoluziona, come sempre, tutto. Di prototipi ed esemplari ce ne sono già a bizzeffe e tecnicamente ammirevoli se testate in condizioni ideali. Come ha fatto notare Wired l’auto di Google s’impianta in presenza di condizioni meteo avverse (quindi niente gita in montagna) e soprattutto non sopravvive nel vecchio

mondo “offline”. Se salta la connessione al web salta tutto. Ma la domanda vera è: perché mai usarla? Poi restano oltre ai dubbi sociologici quelli più prettamente economici. I costi aggiuntivi per dotare una vettura delle funzioni base (guida senza conducente in contesti facili come autostrada per esempio) si aggira sui 4mila euro. Per funzioni più complesse la tecnologia è così sofisticata che alla fine bisogna tirare fuori altri 10mila euro, come minimo. Un pricing irrealistico per il mercato di massa. Fino al 2020 non ne vedremo in giro. http://www.youtube.com/watch?v=dk3oc1Hr62g#t=19 http://www.youtube.com/watch?v=CqSDWoAhvLU#t=12

dover smettere di fumare, si fa fatica». La strada in ogni caso è segnata. Prendere appunti: molti, me compreso, amano schizzare le idee su un foglio bianco. Bamboo Stylus o iStroke riescono a emulare il gesto fluido del pensiero (cervellobraccio-mano-penna) e con l’app MyScript le note manoscritte vengono convertite in testo digitale e condivise con altri. Archiviare, cercare, condividere, fatturare: fra i migliori i soliti Dropbox, Evernote (straordinario per progetti di gruppo), Google Keep, Google Docs, Basecamp, SquareUp, Hightail, Turboscan, Doodle, Teamviewer. E per la carta che resiste ancora (per esempio posta)? Basta trasformarla in file digitale tramite servizi cloud come Dropscan.

SO WHAT? L’utilità è molto dubbia, per ora. Possiamo invece contare sull’invasione di soluzioni intelligenti (smart) e tecnologiche per assistere il conducente nella guida come per esempio la nuova Mercedes Classe S piene di chicche (può frenare e sterzare autonomamente in certe condizioni).


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FUTURE BANKING 1 ALÌ BABÀ E I QUARANTA LADRONI Lo sapete, no? Alibaba, la più grande piattaforma commerciale B2B del mondo, lancia l’estate scorsa Yu’ebao, un prodotto che funziona più o meno come un libretto di risparmio tradizionale: investe nei mercati e restituisce interessi ma a un rendimento decisamente superiore a quello delle banche – intorno al 7 per cento. Risultato? In pochi mesi 60 milioni di correntisti e 47 miliardi di euro tirati su. La banca centrale cinese ha subito reagito imponendo regole anche a loro. Ma intanto l’assalto c’è stato. E chi sono i 40 ladroni? Tutti quelli (ma sono molti di più) che a vario titolo vogliono rubare spazio alle banche e/o decretarne la fine (almeno del monopolio). Una distruzione creativa che secondo le stime di Accenture non promette nulla di buono. Lo scenario: la concorrenza degli operatori non bancari potrebbe erodere un terzo dei ricavi entro il 2020. Certo, le banche hanno molti anticorpi e sicuramente le fosche previsioni delle grandi società di consulenza servono (a loro) per avere incarichi (salvateci voi!) ma intanto dormono e sottovalutano il salto antropologico della cosiddetta generazione Y. Il nuovo consumatore si chiede infatti con insistenza: “cosa me ne faccio di una lenta banca in carne e ossa quando ho il mio smartphone a portata di mano?” La domanda è tosta perché ci dice una cosa molto chiara. Entrate e uscite, dare e avere sono solo concetti digitali e quindi soggetti a semplice compensazione su schermo. Pagare poi con il proprio conto i costi di mantenimento di una filiale suona per loro come un’assurda eresia. La loro futura banca si chiama, simbolicamente, iNvest ovvero user friendly come l’iPhone.

FUTURE BANKING 2 ESERCIZI DI DISTRUZIONE BANCARIA Bankless banking. È nell’aria e a un certo punto qualcuno inspirando profondamente troverà la giusta ispirazione per la futura tempesta finanziaria. Gli esercizi d’inspirazione e sperimentazione sono in corso da anni, sono tanti e con un chiaro obiettivo: rendere le banche superflue. Iniziamo. In principio fu Zopa (ricordate) il peer to peer lending service (prestiti fra privati) e poi a seguire in questi anni un’esplosione di iniziative e formule: dal crowdfunding in tutte le salse e ora sfruttato anche dalle imprese per farsi finanziare all’outvesting e localvesting fino alle solite onnipresenti app per sistemi di pagamento e gestione dei propri soldi. Non mancano, a parte i big player come Google, Facebook & Co, le solite Start Up “disruptive” come la svedese iZettle che ha lanciato un sistema di pagamento elettronico in stile Square anche in Europa, le americane Moven e Simple, la banca senza sportelli che accetta depositi tramite la fotocamera dello smartphone, e avverte i clienti se sono a rischio di fare una spesa che non possono permettersi e poi una miriade di nuove proposte che abbinano finanza con lo spirito del social networking come Kapitalfreunde e Friendsurance in Germania. Per le banche segnali troppo deboli? Dicevano così anche le case discografiche ai tempi del primo iPod.


DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

FUTURE BANKING 3 RIPENSARE LA BANCA IN TEMPO Se c’è un settore endemicamente immobile è proprio quello bancario. L’ultimo baluardo del fordismo ottuso. Non c’è niente che vada per il verso giusto: i prodotti sono obsoleti, i servizi sono obsoleti, il linguaggio è obsoleto, le filiali (a parte qualche tentativo di restyling, ma solo formale) sono obsolete e ovviamente il personale è obsoleto (stile banca Mary Poppins). Proviamo a immaginare una banca “servoluta”. Iniziamo. Intanto via le filiali, non servono più a niente. Meglio puntare su flagship store per i clienti business e su modelli ibridi di hub lab bank, spazi laboratorio per incubare nuovi business e nuove formule di crowdfunding. Per il resto (clientela privata) conviene puntare su un concetto di co-banking. In futuro la banca (almeno la sua versione fisica) potrebbe assomigliare a una fabbrica che nessuno più conosce. In sostanza un luogo aggregatore di servizi finanziari di tutte le banche stile www.mint.com o www.moneymeets.com. A quel punto basta un bancomat per tutti i brand bancari. Perché quello che oggi veramente chiediamo a una banca (e ai suoi impiegati) è di fungere da coach e personal trainer per affrontare la caotica discontinuità e complessità della vita finanziaria con servizi intelligenti e personalizzati su smartphone e tablet.

http://www.zopa.com http://www.smartika.it/Web/ https://neighbor.ly https://www.kapitalfreunde.de https://www.fidor.de https://www.friendsurance.de https://www.simple.com https://www.moven.com http://collaborativefund.com http://www.outvesting.org http://www.moola-hoop.com http://www.peoplelikeu.com.au https://www.lendico.de http://www.smava.de https://www.lendingclub.com http://www.google.com/wallet/ https://squareup.com https://www.dwolla.com https://www.smartypig.com https://www.chirpify.com https://www.wonga.com https://www.izettle.com https://sumup.it


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Infografica del mese

DA RETAIL A RETALE EHI NEGOZIANTE: RACCONTACI UN’ALTRA STORIA. PER SOPRAVVIVERE IL RETAILER DEVE RISCRIVERE LA SCENEGGIATURA DEL LUOGO FISICO

NEGOZI IN RITIRATA: MUSICA - 71%

FOTOGRAFIA - 66%

COMPUTER - 48%

DIMAGRIRE

STUPIRE

UNIRE

Ridimensionare, snellire, rassodare e consolidare. Obiettivo 2020. Dopo una lunga e rigorosa dieta a zone il retail è tornato alla sua forma ideale. Un retail snello e scattante che rinuncia al peso superfluo. In futuro bisogna ragionare in termini di fitness. O come dicono in Inghilterra: diet or die, o ti metti a dieta o muori. Decrescita funzionale anziché crescita esponenziale. Ma non basta rassodare i prezzi. Una dieta terapeutica richiede metodo e costanza. Chi è a dieta assume poche calorie. Dunque pochi dipendenti. Chi è a dieta fa molte rinunce e mantiene solo alcune funzioni vitali e strategiche per sopravvivere con un radicale focus sul core business. Chi è a dieta punta su uno stile di vita spartano e senza fronzoli (Ikea?). Chi è a dieta talvolta opta per regimi drastici “o la va o la spacca”. La discountizzazione è una dieta molto hard ma non sempre mantiene quello che promette. Chi è a dieta guarda con sospetto al commercio obeso. Quel gigantismo così sproporzionato e fuori luogo. P.s. Chi non vuole mettersi a dieta deve innovare i piatti.

Tornati in forma grazie alla dieta è tempo di cimentarsi in acrobazie. Il consumatore dell’era digitale è molto sfuggente, esigente e dirompente nelle sue scelte. Per esempio utilizza le piattaforme di crowdfunding (la classica kickstarter.com o quelle più “negozio” come www.crowdsupply.com, www.christiestreet.com e outgrow.me) come nuovi shopping mall dove ordinare prodotti sorprendenti (spesso prototipi o serie limitate) oppure si rivolge a siti come 8select.de/cms/index.php e www.modomoto.de per farsi vestire senza fatica (curated shopping). Ci avete fatto caso? È sempre la rete a mettere i bastoni fra le ruote del retail fisico. Imprevedibile e velocissimo in nuovi format. Direte: non è mainstream. Vero, ma per ora. Ad eccezione del food il retail può sopravvivere solo se punta su esercizi di radicale riposizionamento. Come? Mettendo umilmente in discussione la propria attività. Si anticipa il cambiamento solo se si è disposti a cambiare. Troppo ovvio? Sì ma per stupire (i clienti) bisogna prima morire (e poi rinascere).

Unire tutti i canali in un unico canale. Suona come una stupida formula ma significa solo che il cliente non ragiona in termini di categorie (aziendali) ma di esperienza che è unica e ben integrata (nel cervello). Ogni prodotto e servizio dev’essere disponibile come “unicum” su tutti i device e canali senza distinzione (forzosa) fra online e offline. Molte le aziende, anche della old economy, che sperimentano unioni a 360 gradi. Burberry con Customer 360 (una sorta di facebook interno) è stato un pioniere nell’integrazione (ed esperienza) dei canali digitali con la dimensione fisica. Nike, che ieri era solo un grande produttore e distributore di sneakers, oggi è leader nella personalizzazione e socializzazione dei prodotti e maestro nel fondere tutti i canali ed esperienze (compresa la gamification). Amazon è un category killer? Certo, ma i retailer più avveduti (e sufficientemente forti) cercano l’abbraccio come ha fatto la catena 7 Eleven: ospitare gli amazon locker (armadietti elettronici per ritiro merce ordinata) non crea solo traffico nel negozio ma sinergia con il mondo digitale.


DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO fonte: Capgemini

Il retail non produce più impiego (e reddito). Posti di lavoro persi in Usa nel retail dal 2003 a oggi.

LIBRI

ABBIGLIAMENTO - 43%

- 41%

CASALINGHI - 34%

EXIT STRATEGY Smettetela con i budget, i trimestri, il breve periodo e con molte pratiche aziendali ormai fuori luogo (e fuori tempo). Prendetevi del tempo (in alcuni casi abbandonate il morto che cammina), rifugiatevi in un luogo pensante e progettate un nuovo retail. Perché il paradosso è che siamo di fronte a un eccesso di opportunità. Il salto antropologico in atto produce una nuova specie (umana) che chiede nuove offerte, completamente diverse. Davanti a noi si aprono immense praterie pressoché disabitate dalla razza retail. Il problema è che molti hanno gli occhi puntati su spazi affollati. Guardate altrove e occupate nuovi spazi.

Il retail ha un pessimo fisico Lo spettro del retail anoressico è in agguato. E non è questione di crisi o non crisi. Digitalizzazione, disintermediazione, smaterializzazione. Ovvero: il negozio fisico svanisce o serve ad altro (Fit-lifting e showrooming). Il punto è che almeno un 30% del retail in circolazione deve sparire perché non serve più. Serve un piano B per molti retailer e catene.


DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO

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FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI SPECIALE INTERNET OF THINGS COCCOLATI DALLA RETE DA INTERNET DELLE COSE A INTERNET DELLE CURE Connected care. Prendersi attivamente cura di ogni esigenza umana con oggetti di uso quotidiano trasformati in smart device tramite la connessione digitale. Questo è quanto. Trendwatching.com è un sito di tendenze da prendere con le pinze. Spesso le spara grosse e gonfia ed esalta tutto con neologismi alla moda. Molte aziende seguono quello che loro dicono e magari si esaltano pure loro. Resta il fatto che sono bravi a segnalare tramite i loro trendhunter, sparsi per il globo, quello che succede. Non

PET CARE

PintoFeed è un dispositivo, o meglio mangiatoia comandata a distanza via smartphone che permette di liberare una razione di croccantini per cani e gatti. http://www.youtube.com/watch?v=sp-qLJPmcug

MUSCLE CARE

Ancora wearable technology. Athos propone un sensore integrato nell’abbigliamento sportivo che monitora e misura l’attività di muscoli, cuore e respiro. http://www.youtube.com/watch?v=Zbtc-unamZs

tutto quello che succede di nuovo ha e avrà senso in futuro. Comunque sia internet of things è sempre un tema caldo anche se non sfugge alla puntuale retorica delle presunte “disruptive innovations” (vi ricordate Second Life?). Gli esempi riportati testimoniano la varietà delle possibili applicazioni. Molte le sciocchezze (anche se ben “disegnate”), come www.toymail.co, ma molte anche le cose realmente utili come per esempio le soluzioni per una casa più sicura e semplice da vivere. Insomma, abbandonata l’euforia resta una sola domanda: lo tsunami smart porta a un vero progresso (vita migliore) o solo a un intasamento dei dati? http://www.youtube.com/watch?v=d_9sKV1MP-Y

GOOD NIGHT CARE

Good Night Lamp si propone come un social network fisico. Il video parla da solo come il fatto che su kickstarter.com il progetto non ha raggiunto l’obiettivo di raccolta fondi. http://www.youtube.com/watch?v=sr4s1c6kXqY

FAMILY CARE

Sense Mother è una matrioska in salsa digitale che grazie a una rete di sensori sparsi per casa si prende cura (avvisando) di tutte le incombenze quotidiane. http://www.youtube.com/watch?v=WC9gwznicM8

HOME CARE

Termostati intelligenti. Tutti parlano di Nest (in orbita Google) ma la tedesca Tado è arrivata prima sul mercato europeo. http://tinyurl.com/n6wlfc5 http://tinyurl.com/pnm99ox

MOTOCYCLE CARE

La tecnologia della realtà aumentata arriva sulle moto. Il casco Skully, oltre a proteggere la testa ha uno specchietto retrovisore sulla visiera e navigatore integrato. http://www.youtube.com/watch?v=b7AYfq9uIY8


16 06 2014

12:01

ASSOCIAZIONI S ERVIZI ANITÀ CONTRATTO S PREVIDENZAFORMAZIONE

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MANAGERITALIA

QUADRI DI VALORE Su www.manageritalia.it la più grande indagine sui quadri aziendali

È

appena stata lanciata da Manageritalia l’indagine – che si avvale della prestigiosa collaborazione tecnica di AstraRicerche e Od&M Consulting, e della forza di due aziende leader quali LinkedIn e Praxi – per inquadrare

il middle management del pubblico e del privato. Per dare forza e sostanza a una vera managerializzazione dell’economia indispensabile per crescere. I quadri nel settore privato in Italia sono oggi – gli ultimi dati ufficiali Inps rielaborati da Manageritalia si fermano al 31 dicembre 2012 – 425mila e nel pieno della crisi sono aumentati del 10%. Una crescita che ha interessato tutto lo stivale andando dal +23,4% della Calabria al +5,5% del Piemonte. Quadri che hanno un’età media di 47 anni (47,4 gli uomini e 45,6 le donne) e, con il 28,1% di donne (+24,1% dal 2008 al 2012), sono manager ben più rosa dei dirigenti (15% le donne, +15,4% dal 2008 al 2012). E le donne quadro sono il 32% in Lazio, il 30,9% in Sardegna, il 29,7% in Lombardia, il 29,5% in Emilia Romagna e, in coda, solo il 19,4% in Trentino-Alto Adige e Puglia. Mentre, a riprova della prossima parità, sono già il 35% tra i 25-34enni.

Ma chi sono i quadri, cosa fanno e cosa vogliono oggi? Questo è ciò che Manageritalia e i suoi partner nell’operazione QUADRI DI VALORE vogliono approfondire e attualizzare lanciando la più grande indagine mai fatta in Italia su questa importante fetta di manager. I quadri infatti sono manager a tutti gli effetti dei quali la nostra economia ha assolutamente bisogno per fare finalmente quella rivoluzione manageriale che può portarla a competere al meglio sui mercati globali.

Sei un quadro? PARTECIPA E DIFFONDI. Sei un dirigente? INVITA A PARTECIPARE I QUADRI CHE CONOSCI. GIUGNO 2014

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INFOMANAGER_06.14

13 06 2014

12:43

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CAPITELLO Novità per una polizza di successo

ASSIDIR

La possibilità di sottoscrizione della polizza di capitale differito rivalutabile è ora estesa anche ai familiari

T

utti i dirigenti o ex dirigenti associati a Manageritalia hanno la possibilità, già da molti anni, di mettere a frutto i propri risparmi in modo privilegiato attraverso Capitello, una polizza di capitale differito rivalutabile che dà gli stessi vantaggi dell’analoga polizza Convenzione Antonio Pastore n. 3140 attiva per tutti i dirigenti in servizio. In particolare, la polizza Capitello utilizza la medesima gestione finanziaria (la Gestione separata Previr) e quindi ha gli stessi rendimenti della polizza collettiva beneficiando, in ogni caso, della garanzia di rendimento minimo ivi prevista. Il successo della polizza Capitello, confermato dal rilevante numero di contratti stipulati, testimonia il costante gradimento da parte degli associati Manageritalia. Proprio per questo l’Associazione Antonio Pastore e Manageritalia hanno deciso di dare la possibilità anche ai familiari di sottoscrivere direttamente la polizza Capitello, usufruendo così in prima persona di tutti i vantaggi di questa forma di risparmio.

Caratteristiche e vantaggi di CAPITELLO

Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. I prodotti assicurativi indicati sono offerti da Aviva Assicurazioni Vita spa in coassicurazione con Generali Italia spa. Prima della sottoscrizione leggere le Condizioni di assicurazione disponibili presso l’Intermediario e pubblicate sul sito www.assidir.it

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GIUGNO 2014

Capitello è nato, vale sempre la pena di ricordarlo, con l’obiettivo di rispondere alle molteplici e crescenti esigenze degli associati in tema di risparmio personale. Ecco quindi riassunte le caratteristiche che rendono più vantaggioso il prodotto: 䡵 duplice forma: a “Premio unico una tantum” per diversificare investimenti di media e grande portata e a “Premi unici ricorrenti” come piano di ac-

cumulo dilazionato nel tempo con cifre più contenute; inoltre, è possibile sia stipulare più di un contratto dello stesso tipo, sia accostare la forma “Una tantum” a quella “Ricorrente”; 䡵 certezza della prestazione: consolidamento del capitale versato e rivalutato anno per anno e in più un rendimento annuo minimo garantito (0,75% per i premi versati dal 2014), che sono aspetti di valore per chi cerca la protezione dei propri risparmi;


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13 06 2014

12:43

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3,57%

ento il rendim assicurati to agli u i c s o n rico 13 per il 20 ti nti passa i rendime lli futuri : e n o zi n Atte di que indicativi non sono

䡵 massima flessibilità: per la forma a “Premio unico una tantum”, libertà nella scelta dell’importo da versare (minimo 8.000 euro), possibilità di riscatto totale e parziale del capitale, senza penalizzazioni e dopo solo un anno dalla stipula; possibilità di optare, alla scadenza, per una rendita vitalizia o per la liquidazione del capitale;

䡵 tutti i vantaggi tipici della polizza vita rivalutabile: nessuna imposta sul premio, nessuna imposta di bollo, tassazione della rivalutazione solo al momento del riscatto, impignorabilità e insequestrabilità del capitale;

䡵 costi di gestione ridotti: i caricamenti applicati ai premi versati e la percentuale trattenuta sui rendimenti realizzati dall’impresa di assicurazione sono fortemente concorrenziali rispetto alle polizze presenti sul mercato assicurativo, consentendo di ave-

䡵 in caso di morte dell’assicurato: liquidazione del capitale maturato senza applicazione di alcuna tassazione; il capitale è svincolato dall’asse ereditario, il contraente ha la facoltà di designare liberamente i beneficiari, con possibilità di variarli in ogni momento.

re tassi di rivalutazione riconosciuti al capitale molto interessanti;

Informazioni e documentazione www.assidir.it Dirigenti e quadri >> Linea Famiglia >> Capitello

Per richieste di consulenza numero verde Assidir 800401345

Per altri chiarimenti Servizio Convenzioni Assidir numero 02277981

CAPITELLO: anche per i quadri e per i loro familiari le stesse opportunità di accantonamento dei dirigenti Sulla base di quanto oggi previsto nella Convenzione Capitello, anche i quadri, gli ex quadri e i loro familiari possono sottoscrivere una polizza Capitello. È un’opportunità di grande valore, in quanto mette a loro disposizione uno strumento unico di previdenza integrativa di terzo pilastro con condizioni speciali che completano le prestazioni pensionistiche Inps e quelle di previdenza complementare previste dai fondi pensione di categoria.

GIUGNO 2014

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ASSOCIAZIONI TERRITORIALI

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13 06 2014

12:43

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UN PREMIO PER GUARDARE AVANTI... ... e per ricordare: Manageritalia Milano celebra il presidente Lorenzo Guerriero dedicandogli un premio alle tesi di laurea più lungimiranti e innovative. A Giulia Greta Pochettino la prima edizione

per allungare la conservabilità dei prodotti ittici. «Al momento della discussione della tesi ho notato nel pubblico e nella commissione vivo interesse per l’argomento – commenta Giulia – per questo ho deciso di partecipare al bando, anche come comple-

Giulia Greta Pochettino con Luigi Catalucci, presidente Manageritalia Milano, e Guido Carella, presidente Manageritalia.

tamento del mio bagaglio di esperienze, ma non avevo attese in merito alla vittoria!». E alla domanda circa i suoi sogni per un futuro professionale ci risponde: «Subito dopo la laurea ho

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i è svolta durante l’assem-

S

ta all’affermazione dei valori fon-

cominciato a lavorare nel mondo

blea di Manageritalia Mila-

danti della categoria e alla costru-

del caffè e delle torrefazioni come

no dello scorso maggio la

zione di un sistema di welfare inno-

“mastro caffettiere”, scoprendo un

consegna del Premio Lorenzo Guer-

vativo tuttora all’avanguardia, la

mondo di altissima professionalità

riero, la prima edizione di un ricono-

commissione valuta le tesi presen-

a livello europeo. Il mio obiettivo è

scimento di 10mila euro volto a pre-

tate in base a criteri di rilevanza in

quello di portare in Italia, in cui la

miare la miglior tesi di laurea discus-

termini di innovazione e lungimi-

tradizione del caffè di qualità si è

sa nel 2013 tra i figli degli associati.

ranza rispetto al tema trattato e fi-

persa, una cultura più approfondi-

Il consiglio direttivo di Milano ha

nalità progettuali della tesi, oltre

ta di questa splendida materia pri-

voluto istituire questo riconosci-

ovviamente a considerare la vota-

ma, anche attraverso competizioni

mento per onorare la memoria di

zione e la carriera formativa.

e concorsi internazionali».

un grande presidente e l’opera da

E così, in linea con questi criteri, è

L’opportunità è rivolta a tutti gli stu-

lui svolta a livello associativo e fe-

Giulia Greta Pochettino, laureata

denti figli di associati Manageritalia

derale. Un premio che per ora è

in Scienze agrarie, che si aggiudi-

Milano che si candideranno avendo

previsto in tre edizioni (seguiranno

ca la prima edizione del Premio Lo-

sostenuto la tesi magistrale (per il

quelle del 2014 e 2015), in corri-

renzo Guerriero.

premio 2014 la domanda va presen-

spondenza cioè del mandato del

Lo fa con una tesi sperimentale sul-

tata in Associazione entro il 31 otto-

consiglio direttivo in carica.

le differenze chimiche e nutriziona-

bre di quest’anno, per maggiori info:

In linea con i principi che hanno

li tra i prodotti dell’acquacultura e

milano.segreteria@manageritalia.it

guidato l’attività di Guerriero, vol-

della pesca, corredata da prove

oppure tel. 0262535050).

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Anche quest’anno Manageritalia ha partecipato alla Giornata nazionale della previdenza. I nostri fondi contrattuali si confermano un modello virtuoso per i dirigenti

anageritalia, insieme a

M

La nostra presenza alla tre giorni

nerazione (non si paga solo con il

Confcommercio, ha preso

ha voluto puntare i riflettori sui no-

denaro ma anche con il welfare) e

parte con un suo stand al-

stri fondi contrattuali e bilaterali e

una riflessione sul ruolo in questo

la quarta edizione della Giornata

in generale sul sistema virtuoso e

ambito di politica, parti sociali, isti-

nazionale della previdenza (Gnp),

innovativo del nostro welfare, che

tuzioni, imprenditori, manager e la-

l’evento che si è tenuto a Milano dal

unisce alla previdenza e alla sani-

voratori.

14 al 16 maggio scorso. Focus della

tà anche la formazione, le politiche

Al convegno, moderato dal giorna-

manifestazione il mondo delle pen-

attive per il lavoro e le coperture da

lista Walter Passerini, hanno parteci-

sioni e del welfare, rivolto a tutti, da

rischi vari (long term care). Nella

pato rappresentanti del mondo poli-

chi ha bisogno di saperne di più sul-

seconda giornata della Gnp Mana-

tico e della business community.

la propria situazione previdenziale

geritalia e Federmanager hanno

Molti gli spunti emersi, tra cui l’im-

ai giovani che debuttano nel mon-

organizzato una tavola rotonda dal

portanza del talento manageriale

do del lavoro. A questo proposito

titolo “Job: act now! Quale riforma

nel cambiamento della cultura or-

molti gli under 30 presenti. Il bino-

del lavoro?”. L’obiettivo? Fare il

ganizzativa all’interno delle impre-

mio previdenza e lavoro del resto

punto sui cambiamenti oggi neces-

se, un commento all’impianto inizia-

oggi è imprescindibile, come ha ri-

sari in tema di organizzazione

le del Jobs Act e alcune riflessioni

cordato l’organizzatore di questo

aziendale (flessibilità, merito, ge-

sulla forza della collettività per far

appuntamento, Alberto Brambilla.

stione per obiettivi ecc.) e di remu-

decollare il welfare privato italiano.

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MANAGERITALIA

IL NOSTRO WELFARE IN VETRINA

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MANAGERITALIA

MATERNITÀ E CONGEDI Stabilità del posto di lavoro e tranquillità economica per la lavoratrice. Tutele anche per il padre Mariella Colavito

a tutela della maternità e

L

introdotto la facoltà di distribuire i

do obbligatorio e due facoltativi da

della paternità prevista dal

cinque mesi in modo più flessibile:

godere entro cinque mesi dalla na-

nostro ordinamento si inseri-

la lavoratrice potrà rimanere in ser-

scita del figlio, retribuiti con un’in-

sce in un più ampio contesto di ga-

vizio fino a un mese prima della da-

dennità a carico dell’Inps pari al

ranzie finalizzate a salvaguardare il

ta presunta del parto e astenersi nei

100% della retribuzione. Il giorno di

ruolo fondamentale svolto dalla fa-

quattro mesi successivi, a condizio-

congedo obbligatorio si configura

miglia e riconosciuto dalla Costitu-

ne che uno specialista del Servizio

come un diritto autonomo del padre,

zione. Alla luce di queste esigenze,

sanitario nazionale attesti l’assenza

fruibile in aggiunta al congedo di

la riforma dei congedi parentali1 ha

di pericolo per la madre e il nasci-

maternità goduto dalla madre (e

dettato norme che assicurano la sta-

turo. Lo stesso vale per il parto pre-

anche qualora la stessa non ne ab-

bilità del posto di lavoro e una certa

maturo: i giorni non goduti prima

bia diritto). I due giorni di congedo

tranquillità economica alla lavora-

del parto si sommano al periodo

facoltativo, invece, possono essere

trice, estendendo per alcuni aspetti

successivo. Il padre potrà usufruire

goduti a patto che la madre rinunci

questa tutela anche al padre.

del congedo di paternità solo qua-

ad altrettanti giorni del proprio con-

Le lavoratrici gestanti hanno il dirit-

lora vi sia infermità, decesso o ab-

gedo di maternità.

to a permessi retribuiti per effettuare

bandono della madre, oppure qua-

visite mediche specialistiche, esami

lora sia affidatario esclusivo.

prenatali o accertamenti clinici, nel

70

Congedi parentali Su richiesta esplicita del dipendente,

caso in cui questi debbano essere

La retribuzione

il datore di lavoro dovrà inoltre con-

eseguiti durante le ore lavorative.

Per i dipendenti del terziario, dei tra-

cedere un periodo ulteriore di asten-

sporti e del settore turismo durante il

sione a ciascun genitore nei primi ot-

Il congedo di maternità

congedo di maternità il datore di la-

to anni di vita del bambino: i cosid-

La legge individua un periodo du-

voro integra l’indennità Inps fino al

detti congedi parentali. Si tratta di

rante il quale la lavoratrice è obbli-

raggiungimento del 100% della retri-

sei mesi, continuativi o frazionati al-

gata ad astenersi da qualsiasi atti-

buzione2. Il contratto dei trasporti, in-

la madre, più sei mesi, continuativi

vità lavorativa, percependo quasi

vece, prevede l’erogazione del 100%

o frazionati al padre, purché la som-

per intero la retribuzione: il conge-

della retribuzione per i primi quattro

ma dei due periodi non superi glo-

do di maternità. È infatti vietato adi-

mesi e dell’80% per il quinto.

balmente i dieci mesi. Se il padre si

bire al lavoro le donne durante i

La legge 92 del 28 luglio 2012 (leg-

astiene per un periodo non inferiore

due mesi che precedono la data

ge Fornero) ha introdotto, a decorre-

a tre mesi, il limite massimo a lui

presunta del parto, per il periodo in-

re dal 1° gennaio 2013, un’importan-

spettante sale a sette mesi e il limite

tercorrente tra questa data e quel-

te novità a sostegno della genitoria-

complessivo a 11 mesi. Qualora il

la effettiva del parto e nei tre mesi

lità. Da tale data, infatti, i padri po-

genitore sia uno solo, gli spetteranno

successivi. La riforma del 2000 ha

tranno fruire di un giorno di conge-

dieci mesi.

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Si ricorda che il padre potrà usufrui-

rici, ad accogliere le richieste delle la-

tesi è indispensabile un certificato di

re del congedo parentale anche du-

voratrici di trasformazione tempora-

malattia rilasciato da uno specialista

rante i mesi di astensione obbligato-

nea del rapporto di lavoro, da tem-

del Servizio sanitario nazionale (o con

ria della madre.

po pieno a tempo parziale.

esso convenzionato). In nessun caso

In caso di parto gemellare, i periodi

Tutte le lavoratrici, inoltre, fino al

sono ammessi controlli sull’effettivo

di congedo parentale spettanti si

compimento del primo anno di età

stato di malattia del bambino da par-

moltiplicano in relazione al numero

del bambino hanno diritto a due ore

te dell’Inps o del datore di lavoro. Al

nati3.

di riposo giornaliero (anche cumula-

rientro dai periodi di astensione obbli-

Per quanto riguarda il trattamento

bili) se l’orario di lavoro supera le sei

gatoria e facoltativa, il lavoratore, fi-

economico, il genitore in astensione

ore giornaliere; un’ora, se l’orario di

no al primo anno d’età del bambino,

facoltativa avrà diritto a un’indenni-

lavoro è inferiore a sei ore. Questi pe-

dovrà essere assegnato alla stessa

tà pari al 30% della retribuzione glo-

riodi di riposo devono essere consi-

unità produttiva dove era occupato

bale fino ai tre anni del bambino e

derati ore lavorative a tutti gli effetti

al momento della richiesta di asten-

per un periodo massimo, complessi-

e comportano la possibilità per la

sione o in altra ubicata nello stesso co-

vo tra i genitori, di sei mesi. Dai tre agli

madre di uscire dall’azienda. Il pa-

mune e gli dovranno essere assegna-

otto anni di età, e comunque per la

dre potrà godere di questi permessi

te le ultime mansioni svolte o mansio-

parte di congedo eccedente i sei me-

nel caso in cui sia affidatario esclusi-

ni equivalenti. La legge, inoltre,

si, l’indennità spetterà solo se il reddi-

vo del figlio, in alternativa alla ma-

escluse alcune ipotesi tassative, ga-

to individuale è inferiore a 2,5 volte il

dre che non se ne avvalga, nel ca-

rantisce la conservazione del posto di

trattamento minimo di pensione.

so in cui la madre non sia lavoratri-

lavoro vietando, a pena di nullità, il

ce dipendente, in caso di suo deces-

licenziamento della madre, dall’inizio

so o grave infermità.

della gestazione fino al compimento

dei bambini

Congedi parentali a ore Di recente

introduzione4

è la possibi-

di un anno di età del bambino. In ca-

lità di fruire dei congedi parentali an-

Permessi non retribuiti

so di fruizione del congedo di paterni-

che a ore, purché i contratti collettivi

Entrambi i genitori, alternativamente

tà, il divieto di licenziamento si appli-

di settore stabiliscano le modalità di

tra loro, possono godere di permessi

cherà anche al padre.

fruizione e i criteri di calcolo della ba-

non retribuiti per la malattia del figlio.

se oraria. Per permettere l’assistenza

La possibilità di assentarsi per tutta la

del bambino fino al compimento del

durata della malattia vale fino al

terzo anno d’età, i contratti collettivi

compimento del terzo anno del bam-

del terziario e del turismo5 obbligano

bino. Per i figli di età compresa tra i

il datore di lavoro, pur in considera-

tre e gli otto anni il diritto a fruire dei

zione della fungibilità dei lavoratori

permessi è ridotto a cinque giorni la-

interessati e con precisi limiti nume-

vorativi all’anno. In entrambe le ipo-

1

2

3 4 5

Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (TU in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità). Art. 185 ccnl 18 luglio 2008 per i dipendenti del terziario; art. 8 Sezione speciale prima, ccnl 26 gennaio 2011 per il settore trasporto e spedizione merci; art. 179 ccnl 20 febbraio 2010 per i dipendenti del settore turismo (Confcommercio). Messaggio Inps n. 569/2001. Legge 228 del 24 dicembre 2012. Art. 90 ccnl 18 luglio 2008 per i dipendenti del terziario; art. 183 ccnl 20 febbraio 2010 per i dipendenti del settore turismo (Confcommercio).

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IL RIMBORSO IN FORMA INDIRETTA FASDAC

Come preparare e presentare una pratica in quattro facili passaggi

1

UN SOLO EVENTO DI MALATTIA

PER ASSISTITO

La pratica: • deve riferirsi a un solo evento di malattia per ogni singolo assistito; • può contenere più documenti di spesa (fatture, ricevute, ...); • deve raccogliere anche la documentazione sanitaria (certificati

2

SEI MESI PER PRESENTARE LA DOCUMENTAZIONE ALL’ASSOCIAZIONE

• La pratica deve essere presentata all’Associazione territoriale Manageritalia di appartenenza entro sei mesi dalla data del primo documento di spesa.

3

COME CHIEDERE IL

• “Agosto non conta”: se il termine di sei mesi cade nel mese di agosto, la pratica potrà essere presentata entro lo stesso giorno di settembre.

di importante che le fotocopie siano soltanto in bianco e nero e di buona qualità (il contrasto tra il testo e lo sfondo deve essere il più possibile marcato).

RIMBORSO

Deve essere presentata una specifica richiesta utilizzando: • per le pratiche mediche il modulo P01/M; • per le pratiche odontoiatriche il modulo P01/D. I moduli devono essere compilati e sottoscritti dal titolare iscritto al Fasdac anche se le spese sono sostenute per un proprio familiare. Il modulo P01/D deve essere compilato e firmato anche dal dentista nell’apposita parte.

• Per il rimborso dei farmaci deve essere utilizzato il modulo P01/F, da compilare e allegare in fotocopia nella richiesta di rimborso (mod. P01/M o mod. P01/D). • Per il rimborso dei ticket (esclusi quelli per farmaci) deve essere utilizzato il modulo P01/T, da compilare e allegare in fotocopia nella richiesta di rimborso (mod. P01/M).

I moduli sono scaricabili dai siti: www.fasdac.it • www.manageritalia.it

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MANAGERITALIA

TUTTA LA DOCUMENTAZIONE SOLTANTO IN FOTOCOPIA

• Sono accettate soltanto le fotocopie della documentazione sia sanitaria (certificati medici, cartella clinica, ...) che di spesa (fatture, ricevute, ...). • Il Fondo adotta un sistema OCR di lettura ottica dei documenti. È quin-

4

medici, cartella clinica, ...) indicata nelle norme per il conseguimento delle prestazioni Fasdac per ciascuna tipologia di prestazione (accertamenti diagnostici, ricoveri, cure odontoiatriche, ...); • non può essere di importo inferiore a € 51,65.


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ALTRE INFORMAZIONI UTILI PREVENTIVAZIONE DEI RIMBORSI NELLA

FORMA INDIRETTA

In caso di spese di una certa entità è consigliabile richiedere la valutazione del rimborso a fronte di preventivi rilasciati da dentisti o medici chirurghi. Cosa fare? La richiesta di valutazione deve essere trasmessa all’Associazione territoriale Manageritalia di appartenenza.

COME TROVARE LE CONVENZIONI DIRETTE

Accedi alla pagina dedicata sul sito Manageritalia Dirigenti >> Servizi e consulenze >> Convenzioni sanitarie

I VANTAGGI DELLA FORMA DIRETTA (CONVENZIONI) Il Fasdac eroga anche prestazioni in forma diretta, con maggior vantaggio per l’assistito, tramite strutture convenzionate (vedi box a fianco). Ecco i vantaggi: • pagamento di una sola parte della spesa: 30% per le cure odontoiatriche, 20% per le visite specialistiche, 20% per le prestazioni di diagnostica, 15% per i ricoveri presso case di cura, ospedali e day hospital, nulla per le prestazioni di fisioterapia, nulla per gli specifici programmi di prevenzione promossi dal Fondo, nulla per i ticket; • compartecipazione alla spesa su tariffe agevolate concordate con le singole strutture; • fruizione immediata delle prestazioni senza dover presentare alcuna richiesta di rimborso; • non applicazione della detrazione fissa di € 51,65.

Inoltre, nell’area riservata My Manageritalia (servizi Fasdac, convenzioni sanitarie), è possibile effettuare la ricerca per cognome dello specialista desiderato. IMPORTANTE È opportuno verificare preventivamente con la struttura e/o specialista scelti, l’adesione alla convenzione Fasdac.

PER SAPERNE DI PIÙ www.fasdac.it • www.manageritalia.it

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Hanno collaborato a questo numero FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto (57) Future Management Tools di Cfmt.

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Fabio Ciarapica è consigliere di amministrazione di

I NOSTRI

BLOG

Praxi e managing director di Praxi Alliance ltd. Si occupa da sempre di valorizzazione delle persone nelle organizzazioni ed (38) executive search a livello internazionale.

Claudia Corti è laureata in lettere, indirizzo moderno artistico, ed è guida turistica per le province di Milano, Pa(53) via, Monza e Brianza. Cosimo Finzi è amministratore delegato di AstraRicerche, società leader nelle indagini sociali e negli scenari di (32) mercato.

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una

crisiesviluppo.manageritalia.it

Oltre la crisi, per cogliere opportunità e sviluppo

multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. Cura anche la rubrica #letturexmanager sul blog crisiesviluppo.mana(55) geritalia.it.

Walter Passerini è editorialista de la Stampa e curatore delle pagine di “Tuttolavoro”. È stato responsabile dei principali supplementi dedicati al mondo del lavoro e delle professioni. Ha lavorato per il Corriere della Sera, dove ha ideato e diretto “Corriere Lavoro” è stato poi responsabile di “Job 24” (6) (Sole 24 Ore) e di “Io Lavoro” (Italia Oggi ).

CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO

ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Gay Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta

Anna Paola Simonetti è titolare di Itim Italy e senior consultant di Itim International. Dal 1994 è docente e coach (40) d’interculturalità in Italia e all’estero.

Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità

Piero Valdiserra

è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel beverage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico bolognese Gaudio (mar(52) keting@rinaldi.biz).

Domenico Villani è sommelier, maestro assaggiatore e docente Onaf, maestro assaggiatore Onas e assaggiatore Onav. Organizza corsi ed eventi enogastronomici e tra le altre attività collabora con Gambero Rosso e con l’azienda speciale della Camera di commercio di Roma. Fa parte del Gruppo di lavoro di Manageritalia Roma Manager@eat. (44) da Manageritalia

Per i pensionati di oggi e di domani

FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI

Direzione, redazione, amministrazione: 20129 Milano - via Antonio Stoppani 6 tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it

donne.manageritalia.it

pensioni.manageritalia.it

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI

è responsabile comunicazione ed (21) eventi per Cfmt - Progetto Managerattivo.

Simona Silvestri

Conversazioni tra uomini e donne sulle pari opportunità

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Mariella Colavito, ufficio sindacale Manageritalia (70) Milano. Daniela Fiorino, ufficio sindacale Federazione. (56)

Concessionario pubblicità PUBLIMASTER 20146 Milano - via Winckelmann 2 tel. 02424191 - fax 0247710278 direzione@publimaster.it Grafica THE GRAPHIC FORGE snc 20129 Milano - via Antonio Stoppani 4 tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO LOMBARDA spa Via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolitolombarda.it Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa La diffusione di giugno è di 34.983 copie


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