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N. 1-2 GENNAIO/FEBBRAIO 2014

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA NASCE LO SPECIALE

DIRIGIBILE OGNI MESE 8 PAGINE DI

SEGNALI DI FUTURO V I S T I DA L L’ A LTO

FARE IL MANAGER

INCHIESTA

ESTERO

ALL’

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)


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Sommario

Editoriale Manageritalia 6 Aziende e... 36 Veneto, obiettivo ripresa aziende nel tempo della crisi 40 Il nuovo che avanza (e va rafforzato) Copertina L’opinione di Andrea Lionzo 8 Manager da esportazione 14 La voce di chi è partito Interviste a Peter Durante e Cesare Savini

64 Formazione Opportunità per i figli degli associati Assidir 62 Assicurazione auto più vantaggiosa con Genertel e Manageritalia

43 Arte 44 Libri

Fisco 24 La stabilità è legge

Manageritalia 61 Sottoscritti 4 nuovi accordi

22 Osservatorio legislativo 42 Di buon grado

Società 16 Stop agli sprechi

45 Letture per manager 47 Lettere

Consumi 30 Non mi faccio “fregare”

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RUBRICHE

InfoMANAGER

48 ... al fin della licenza, io tocco!

FUTURO

NASCE LO SPECIALE

Istruzioni per l’uso

DIRIGIBILE

OGNI MESE 8 PAGINE DI

SEGNALI DI FUTURO V I S T I DA L L’ A LTO

N. 1-2 GENNAIO/FEBBRAIO 2014

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA NASCE LO SPECIALE

DIRIGIBILE

OGNI MESE 8 PAGINE DI

SEGNALI DI FUTURO V I S T I DA L L’ A LTO

INCHIESTA

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato R

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

FARE

IL MANAGER ALL’

ESTERO

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)

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Editoriale a cura del presidente Manageritalia

AZIENDE E... AZIENDE NEL TEMPO D I

n questi anni difficili, sono tante le imprese del made in Italy che hanno saputo innovare, che sono state capaci di aprire una fase concertativa tra le parti sociali, avendo ben chiari gli obiettivi di sviluppo, produttività e innovazione del cui raggiungimento tutti si sarebbero giovati. A queste imprese non è mancato il contributo della cultura e del modello manageriale e, tutti insieme, questi fattori hanno consentito loro di mantenere i livelli occupazionali, rimanere sul mercato e, anzi, affrontare anche quello internazionale. Sul versante opposto troviamo invece quelle aziende che, invocando la crisi, hanno chiuso, collocato in cassa integrazione o licenziato. La cassa integrazione in deroga, finanziata con ulteriori 600 milioni di euro dall’ultima legge si stabilità, viene erogata a totale discrezione degli assessorati regionali competenti. Dovrebbe far riflettere il fatto che il gettito fiscale generato dalle imprese è pari ai sussidi che esse ricevono dallo Stato. Però, mentre il gettito proviene da quelle ben amministrate e che producono profitto, i sussidi vanno anche a quelle in difficoltà perché inefficienti e obsolete. Una situazione, questa, che non può più essere elusa. In un periodo di crisi economica la gestione degli esuberi è senza dubbio una questione molto delicata. I sacrifici dei lavoratori sono spesso richiesti, in modo strumentale, come soluzione necessaria alla perdurante crisi e con la minaccia di tagli ancora più pesanti al personale. La scelta dei contratti di solidarietà, che può essere una delle soluzioni da adottare in questi casi, comporta una contrazione sul piano economico dei diritti dei lavoratori non sempre giustificata dalla situazione contabile dell’impresa in crisi. Il sospetto è che il taglio dei costi del personale sia utilizzato come facile scorciatoia, quando invece ci potrebbero essere altre forme di risparmio per salvaguardare gli organici. Pensiamo inoltre che un uso distorto dei contratti di solidarietà possa


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O DELLA CRISI costituire una pericolosa deriva, una specie di zona franca nella quale si sospendono le tutele contrattuali più elementari, in deroga a quanto stabilito dai ccnl, in nome della flessibilità. In Italia, quindi, assistiamo al seguente paradosso: da una parte condanniamo le aziende cinesi che sfruttano i loro connazionali facendoli lavorare in condizioni disumane, dall’altra per aumentare la produttività e contrastare quel tipo di competitività le imprese, anziché far leva sulla qualità del lavoro, la abbassano, disconoscendo progressivamente tutti i valori conquistati in decenni di lotte sindacali. Ci sono dunque imprese italiane che in un periodo di crisi come quello attuale riescono addirittura ad adottare strategie basate sul welfare aziendale e imprese che, al contrario, scaricano sullo Stato, attraverso la richiesta di ammortizzatori sociali, o sui propri lavoratori, attraverso i contratti di solidarietà, i momenti di difficoltà economica. Penso all’Electrolux, all’Ilva, alla Fincantieri, all’Alitalia, all’Indesit, solo per citarne alcune. Queste riflessioni vengono da noi fatte mentre riprende il dibattito sul Jobs act di Matteo Renzi. Abbiamo dato un nostro primo parere come Cida sul documento del segretario del Pd, sottolineando come il riordino delle fattispecie contrattuali e la flessibilità in entrata non devono a nostro avviso far venir meno le tutele del lavoro essenziali; la compressione dei diritti deve avere carattere temporaneo e deve avere dei limiti precisi. In vista dell’approfondimento che inizierà probabilmente nelle prossime settimane su questi temi, accennati oggi nell’editoriale, chiederemo di formare appositi gruppi di lavoro in Cida, allo scopo di focalizzare in dettaglio le nostre posizioni su ciascun aspetto di una materia così delicata e così strategicamente importante per il futuro di noi tutti. Guido Carella (guido.carella@manageritalia.it)

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MANAGER DA ESPORT Come è accolto un manager italiano all’estero? Cosa pensano del nostro paese al di là dei confini? Quanto è utile un’esperienza internazionale? I risultati di un’indagine esclusiva Eliana Sambrotta

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ONTENTI DEL LAVORO, della vita personale, delle relazioni… insomma, oltreconfine è un bel vivere! Al di là del luogo comune che dipinge le città estere vivibili e green, tecnologiche e ricche di offerte di lavoro, flessibilità, opportunità e meritocrazia, i manager italiani che si trovano in altri paesi effettivamente confermano che lavorare all’estero offre molti di questi vantaggi. È chiaro il quadro che emerge da una recente indagine di Manageritalia e Kilpatrick a cura di AstraRicerche, che si è posta come obiettivo quello di indagare la situazione dei manager italiani all’estero. Quali manager? Parliamo soprattutto di chi occupa posizioni di general management (40%), marketing, vendite e commerciale (17%), amministrazione, finanza e controllo (12%) e personale (11%); in multinazionali estere (53%), italiane (42%) o in aziende locali del paese che li ospita (5%). Poco più della metà di loro è all’estero da massimo cinque anni (il 28% da meno di tre), mentre il 19% si è trasferito da oltre dieci anni.


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RTAZIONE

Dove per l’esattezza? Principalmente in Europa (55%), a seguire Asia (26%) e America (18%). Perché partire? Nella quasi totalità dei casi, i manager sono volutamente andati a lavorare all’estero, spesso cercando loro stessi un’azienda che offrisse quell’opportunità o concordandolo con l’azienda nella quale già erano in Italia. Solo una pallida minoranza (4%) ha subito questa decisione o magari è stata obbligata dall’azienda. I motivi che li hanno spinti all’este-

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ro sono legati al lavoro: possibilità professionali più stimolanti di quelle presenti in Italia (51%), voglia di un’esperienza internazionale (38%), passaggio obbligato per fare carriera in azienda (24%). C’è anche chi è stato “costretto” dal fatto di non aver trovato opportunità

interessanti in Italia (27%) o da motivi personali/familiari (9%). A dispetto di quel che si possa pensare delle cosiddette fughe di cervelli in età universitaria, solo il 5% si trova in un paese straniero perché vi è rimasto dopo essersi trasferito per motivi di studio.

L’INDAGINE Effettuata da AstraRicerche per Manageritalia e Kilpatrick, “La fuga dei talenti: i manager italiani espatriati” si è basata su interviste via web a oltre 1.500 manager italiani che attualmente vivono e lavorano all’estero. Nei 15 giorni nei quali è rimasta attiva l’indagine, hanno risposto in 447, un campione rappresentativo per caratteristiche anagrafico-professionali degli oltre 10mila dirigenti italiani attualmente espatriati. I 447 sono, infatti, nel 90% dei casi maschi e nel 10% femmine, il 38% ha fino a 40 anni, il 49% tra 41 e 50 e il 13% oltre 50 anni. Sono, nel 74% dei casi, coniugati o conviventi e di questi il 56% ha la famiglia al seguito.

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Su cosa puntare? Se il manager italiano oltreconfine è soddisfatto, soprattutto dal punto di vista professionale, cosa pensano di lui gli stranieri con cui si deve confrontare? Pare che di noi vengano apprezzati in particolare passione e impegno nel lavoro, capacità relazionali e creatività. Seguono resistenza e capacità di affrontare situazioni difficili, esperienza e capacità in settori specifici, spirito imprenditoriale e visione strategica. Invece risultiamo penalizzati per quanto riguarda la multiculturalità, decretata piuttosto scarsa, l’incapacità di staccarsi dai modelli aziendali/manageriali italiani e l’eccessivo richiamo delle radici. Quindi per fare carriera in terra


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straniera gli intervistati suggeriscono apertura al cambiamento (72%), spirito di adattamento (71%) e voglia di mettersi in gioco (51%). Poi anche intraprendenza, umiltà e visione. In effetti queste risposte rispecchiano un punto successivo dello studio che denota come la capacità della classe manageriale italiana (chi oggi vive e lavora in patria) di muoversi in ambito internazionale è scarsa. Gli intervistati all’estero criticano nei loro colleghi rimasti qui la poca esperienza e frequentazione dell’estero (lo pensa l’85%), li ritengono impreparati ad affrontare le sfide che arrivano dall’estero (51%) e senza lo standing internazionale necessario per muoversi in un mondo globale (55%). La nota positiva è che la maggioranza degli intervistati crede che comunque nei loro colleghi ci sia la voglia di confrontarsi con l’estero.

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Italian appeal L’attrattività dell’Italia per i manager stranieri è discreta: quasi la metà dei manager italiani intervistati che lavorano all’estero afferma di conoscere manager stranieri disposti a trasferirsi in Italia. E questo avviene più per chi oggi è in America (58%), rispetto a chi è in Europa (47%) o Asia (40%). I motivi restano però ancorati alle caratteristiche del Bel Paese: lo farebbero infatti principalmente perché l’Italia rimane sempre uno dei più bei paesi del mondo (secondo il 90%). Mentre ben pochi si sposterebbero perché da noi ci sono realtà aziendali interessanti (24%) o perché avrebbero buone opportunità professionali (12%). Più meritocrazia e meno discriminazioni Nello specifico cosa rende altri paesi luoghi migliori e così soddisfacenti per lavorare? L’ampia maggioranza è molto o abbastanza d’accordo nel riscontrare più meritocrazia generalmente in tutti gli ambiti (86%), nell’ammettere che è più facile fare carriera per merito e senza avere particolari conoscenze (79%) e che le cono-

All’estero è un altro mondo anche per quanto riguarda le donne, che hanno più possibilità di fare carriera perché vige il merito, non sono discriminate e sono aiutate da più servizi per la famiglia

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scenze valgono e si usano in relazione al merito e all’esperienza delle persone (79%). Un altro mondo anche per quanto riguarda le donne, che hanno più possibilità di fare carriera perché vige il merito (lo dice il 68%), non

sono discriminate (64%) e sono aiutate da più servizi per la famiglia e/o condivisione dei carichi familiari (61%). Casa è sempre casa, ma… L’84% dei manager italiani al-

Kilpatrick – International executive search è un importante player per la ricerca di executive, manager e specialisti. Offre servizi unici con accesso a più di 40 paesi e 130 uffici grazie a 10 sedi proprie e al network internazionale Iesf (International executive search federation): recruitment a livello internazionale; conoscenza solida del mercato e comprensione delle problematiche di business.

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l’estero conferma che l’Italia resta il più “Bel Paese” in cui vivere e otto su dieci vorrebbero che il paese dove vivono oggi la prendesse ad esempio per molti aspetti della vita sociale. Ma, ci sono sempre dei ma… Una netta maggioranza afferma che qui oggi non ci sono prospettive a livello economico e sociale per pensare di tornare (83%), l’Italia dovrebbe prendere il paese dove abita oggi come esempio per molti aspetti della vita professionale (77%), l’Italia è un paese corrotto (66%) e ha una pessima immagine all’estero (61%). In questo il giudizio più severo pro-


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viene da chi vive in Europa, rispetto a chi sta in America. Eppure casa è sempre casa perciò solo l’8% degli intervistati non tornerebbe in Italia durante la sua vita lavorativa. C’è chi lo farebbe nel breve periodo (il 26% tra uno o due anni), nel medio (33% fra tre e cinque anni), nel lungo (34% tra sei e dieci anni) o nel lunghissimo periodo (6% oltre dieci anni). Il motivo principale per tornare è quasi unicamente affettivo, quindi per riavvicinarsi alla famiglia (principale o altri parenti cari se la famiglia vive già all’estero) o per la qualità della vita. Poco più di un terzo (37%) sono quelli che tornerebbero per opportunità professionali. I pochissimi che non tornerebbero neanche per sogno lo motivano con il fatto che il paese è in declino e non credono potrà riprendersi (lo pensa il 67% di loro), con la mancanza di valide opportunità professionali (58%) e di meritocrazia (42%). Meno della metà sostiene che non tornerebbe perché ormai ha costruito la sua vita dove vive ora. Il ruolo del manager all’estero Indipendentemente dal paese o continente di appartenenza degli intervistati, la figura del manager è ritenuta una componente importante della classe dirigente (96%), una delle professioni più ambite dai giovani (76%) e ha ruolo e voce in capitolo nel definire le scelte economiche del paese (65%). Oltre il 70% afferma che nel proprio

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Esperienze internazionali Il ritorno in patria dei manager che hanno lavorato all’estero potrebbe dare grossi vantaggi all’Italia: due terzi degli intervistati ritiene che porterebbe nel mondo del lavoro e nell’economia gli aspetti positivi appresi all’estero, guiderebbe aziende in modo vincente sui mercati esteri e allineerebbe il mondo del lavoro a quello dei paesi più avanzati.

paese la distinzione tra top manager della finanza e la generalità dei manager è netta e che questi ultimi raramente hanno una pessima reputazione nell’immaginario comune. Uno scenario ben diverso da quello di casa nostra, dove la parola manager ha ancora confini molto confusi, e spesso negativi! Guardando quel che hanno lasciato alle spalle e confrontandolo con il paese dove vivono ora, è chiaro

come l’Italia non sia la patria dei manager perché ha una scarsa presenza manageriale nel privato (lo dice l’87%), ha manager pubblici inferiori a quelli dei principali paesi (85%), dà poco spazio ai manager nel privato per la predominanza di imprese familiari (63%). Ma questo non incide sulle capacità visto che solo uno su tre pensa che i manager italiani siano meno bravi di quelli dei paesi più avanzati. 䡵

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LA VOCE DI CHI È PARTITO PETER DURANTE vice president human resources and organization North America di Prysmian Group, classe 1973, all’estero da due anni.

Si è trasferito perché ha cercato un’opportunità all’estero o perché la sua azienda lo ha trasferito? Domanda e offerta si sono incontrati. Avevo voglia di un’esperienza all’estero e Prysmian aveva probabilmente bisogno di qualcuno con le mie caratteristiche in Nord America. Ho sempre viaggiato tanto all’estero per lavoro e per varie multinazionali, ma vivere tutti continuativamente una cultura diversa dalla mia mi mancava. Ora posso dire che sono due modi molto differenti di vivere l’estero. E l’espatrio lo trovo più gratificante. Come viene visto il manager italiano dagli stranieri? In modo eccellente. E a ragione. All’estero gli italiani non hanno una gran fama, soprattutto per la politica e il sistema paese pessimo che la politica ha costruito. Esportiamo sempre l’idea che da noi non funzioni nulla. E spesso è vero. Per contro cibo, design e moda restano le nostre eccellenze. E la managerialità sta diventando un prodotto export, forse perché la nostra italianità, un misto di grande adat-

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tabilità culturale, unita all’abitudine di convivere e districarsi con la difficoltà del sistema Italia in cui siamo cresciuti, fa di noi persone creative e resistenti, spesso in grado di fare la differenza. Cosa le piace di questo paese a livello professionale che in Italia manca? La certezza di essere in un sistema che funziona. Spesso mi sembra una pausa dalle difficoltà. Anche qui non tutto funziona, ma le volte in cui ho il dubbio che l’idea su cui sto lavorando possa incontrare ostacoli dettati da burocrazia, “cattivo” sindacato, centri occulti di potere, incompetenza… sono molto molto minori. E questo aiuta tutti a dare di più, a pensare in modo più creativo, a pensare a come aggiungere valore, crescere, e non a come superare gli ostacoli che ci saranno. È il sistema in sé quindi che libera creatività e fiducia. E cosa le manca invece dell’Italia? Gli affetti, il cibo, la storia, la cultura, il colore, l’estetica, la diversità di luoghi e persone, il poter passeggiare in un centro storico. Faccio sempre più fatica a capire come sia possibile che su questi pilastri non siamo in grado di costruire il futuro per le prossime generazioni. Abbiamo tutto. Pensa di tornare prima o poi? Certo che sì. L’Italia è la nazione più bella del mondo. E da fuori si impara ad apprezzarla semmai di più. Certo mi spaventa un po’ rientrare perché questa pausa di normalità ti vizia. E avendo bimbi piccoli la grande fiducia e il grande investimento sulle future generazioni che si respira in Usa, in Italia non c’è. Per contro la cultura, la storia, a tratti la fatica, che il nostro paese ci insegna sono un bagaglio personale e professionale unico. L’italianità si costruisce in Italia, e semmai dopo si esporta.


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CESARE SAVINI general manager ITT Motion technology in Repubblica Ceca, classe 1973, all’estero da 12 anni (8 in Cina e da 4 in Repubblica Ceca).

Si è trasferito perché ha cercato un’opportunità all’estero o perché la sua azienda lo ha trasferito? In realtà è semplicemente capitato. Dopo i miei primi due anni intensi di “gavetta” in Pirelli, dove ero entrato come giovane ingegnere di produzione, mi è stata offerta l’opportunità di un’esperienza in Cina per una green field operation nel settore dei cavi speciali per i trasformatori di potenza. Il progetto era molto ambizioso e io non ho esitato ad accettare la sfida. Dopo otto anni sono stato contattato per un’altra opportunità in Europa, quindi con la possibilità di avvicinarmi all’Italia. Nuovo progetto, nuovo settore, azienda di primo livello e con una prospettiva di crescita sfidante e quindi interessante. Pertanto ho accettato di “rientrare” in Europa. Come viene visto il manager italiano dagli stranieri? Dipende: abbiamo esportato esempi, sia nel bene che nel male. Cosa le piace di questo paese a livello professionale che in Italia manca? Se pur in maniera diversa, Cina e Repubblica Ceca rimangono due paesi ideali dove fare impresa. Volendo semplificare, in entrambi i paesi è presente a vari livelli e con sfumature diverse, dalle istituzioni al cosiddetto tessuto sociale, un sentimento diffuso e virtuoso per il quale viene privilegiato il Lavoro piuttosto che il Posto di lavoro, come spesso accade in Italia in maniera acritica e miope. E cosa le manca invece dell’Italia? L’Italia è senza dubbio un grande paese, con tante eccellenze in

diversi settori, ma anche con tanti difetti. Mi mancano dagli aspetti più materiali, come la varietà del cibo, la tranquilla ma per certi versi straordinaria normalità della vita del mio paese, i miei vecchi, la mia famiglia, i profumi e i colori della mia campagna, le attività del centro delle cittadine piemontesi al mattino, i bar; a quelli più spirituali legati alla sacra romana Chiesa cattolica e apostolica. Per contro non mi mancano affatto il nostro continuo piangerci addosso, la dietrologia e gli interessi di parte, il nostro povero senso dello Stato, le furberie e il vivacchiare, lo scarso impegno, la poca onestà intellettuale, le clientele, il parlar male dell’Italia (non c’è nessun altro popolo al mondo che dileggia, schernisce, spesso insulta l’Italia quanto gli italiani), lo scarso rispetto per il lavoro, la retorica vuota. Pensa di tornare prima o poi? Non ho mai cercato attivamente di rientrare, ma l’Italia è e resta il mio paese, sono orgoglioso di essere italiano e se si presentasse l’opportunità sarei più che contento di farlo.

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STOP

AGLI SPRECHI Una valanga di sprechi alimentari nel nostro paese e nel mondo: Manageritalia Roma fa il punto con un panel di esperti. Dall’impatto economico alle azioni virtuose da adottare con urgenza

L’

INCIPIT DEL WORKSHOP “QUANTO BASTA (QB)” sullo spreco alimentare è arrivato dalla presidente di Manageritalia Roma Marcella Mallen durante una riunione del Gruppo di lavoro Manager@eat. Ricordo che appena Marcella disse: “Spreco alim...” la mente di alcuni componenti del team si mise in moto, già proiettata al convegno dello scorso 30 novembre. Un’altra precisazione riguarda l’obiettivo del workshop: i partecipanti avrebbero dovuto assumere il ruolo di ambasciatori di una nuova sensibilità. Tra i tanti temi esposti, uno in particolare è stato affrontato, anche se con diverse sfumature, da tutti i relatori. Ad accennarlo per prima è stata Marta Leonori, assessore a Roma Produttiva, ed è stato ripreso immediatamente dopo dal conduttore Federico Quaranta, che affronta da anni il tema dello spreco nelle sue trasmissioni radiotelevisive. L’attuale società è caratterizzata dall’egoismo, da un esasperato individualismo, in contrapposizione agli elementi che invece dovrebbero caratterizzare una comunità: l’altruismo o la condivisione.

Domenico Villani Un modello economico insostenibile Non so se ci sia mai stato un periodo storico in cui la condivisione ab-


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bia prevalso sull’egoismo, ma una cosa è certa: l’attuale modello economico di sviluppo mette a rischio l’equilibrio del genere umano, generando anche un’instabilità ecologica. Contrastare quindi questo modello è il modo migliore per evitare una catastrofe. Insomma, l’aspirazione a disfarsi dell’attuale sistema per sostituirlo con uno nuovo e possibilmente migliore non è una questione ideologica, ma è una necessità per la sopravvivenza della specie umana. Federico Quaranta ha usato la metafora degli antichi romani che hanno visto arrivare i barbari nel momento in cui hanno smesso di amministrare l’impero e si sono lasciati sopraffare dai propri vizi. Cambiare un modello di sviluppo come quello attuale non è affatto facile; basti pensare alle contraddizioni esistenti anche in quelle aree del pianeta che potrebbero far tesoro degli errori del mondo occidentale, come l’esempio citato da Catherine Dickehage, direttore del

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Wfp (World food program) Italia: «Ci sono persone in Kenia che non hanno cibo ma hanno il cellulare». Per questo l’impegno dell’organizzazione in cui lei opera è diretto soprattutto all’educazione alimentare nelle strutture scolastiche, dove non ci sono archetipi da sostituire. Ovviamente non basta criticare e restare passivi di fronte alle evidenti storture che stanno caratterizzando il nuovo secolo e Federica Corsi di Oxfam Italia (sviluppo, emergenza e campagne di opinione contro l’ingiustizia della povertà del mondo) nel suo intervento ha illustrato alcune delle azioni da intraprendere alla base della campagna legata al tema della sicurezza alimentare che l’organizzazione a cui appartiene sta conducendo. Caccia al marchio: l’oligopolio delle multinazionali Tra i temi proposti da Federica Corsi ce n’è uno presentato come “caccia al marchio” che vorrei sottolineare: il suo studio ha dimo-

strato che il numero delle multinazionali alimentari che detengono una fetta considerevole della nutrizione umana nel mondo è molto ridotto, rendendo così difficile influire sulle loro scelte produttive attraverso il nostro potere di piccoli consumatori, a meno di diventare una massa critica pienamente consapevole. Sebbene le norme europee antitrust limitino le concentrazioni di società, è indubbio che in diversi settori siamo in presenza di veri e propri oligopoli. Anche nel settore alimentare, in particolar modo nella grande distribuzione e nell’approvvigionamento di materie prime essenziali (vedi grano), si nota questa tendenza. Le conseguenze negative non sono solo di carattere sociale (riduzione posti di lavoro), etico (alta probabilità di cartello e ridotta trasparenza) ed economico (gestione dei prezzi), ma riguardano anche il tema dello spreco. È vero che tutte le imprese, anche quelle individuali, hanno a cuore il fattu-

L’attuale modello economico di sviluppo mette a rischio l’equilibrio del genere umano, creando anche un’instabilità ecologica: contrastarlo è il modo migliore per evitare una catastrofe

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La cultura dominante sembra essere solo quella del presente, e non viene preso in considerazione nemmeno il passato, senza il quale non ci sarebbe alcun futuro

rato, ma nel caso delle multinazionali in regime di oligopolio il fatturato costituisce l’unico obiettivo e per ottenere una sua continua crescita non si tiene conto dei bisogni effettivi e reali delle persone.

Soprattutto lascia molto a desiderare la gestione sostenibile dei fattori produttivi. Un esempio: il rischio che le multinazionali alimentari possano trovare un accordo nel commercializzare i loro prodotti solo in confezioni “famiglia” è molto alto. Ce ne sarebbero altri di esempi, ma per brevità sintetizzo tutto con la morale che scaturisce da queste dinamiche: abbiamo sempre meno libertà di poter effettivamente scegliere. Diventiamo “consumattori” Altra conseguenza delle concentrazioni è anche quella di vanificare gli effetti positivi del sensibile

aumento della responsabilità sociale d’impresa sottolineato dal direttore dell’Osservatorio Socialis Roberto Orsi nel corso del suo intervento, e questo grazie soprattutto al contributo dei manager. I benefici generati da questo orientamento sono enormi non solo per l’impresa stessa ma anche per tutta la collettività. Tuttavia, nel momento in cui le aziende perdono la loro indipendenza e vengono accorpate in una multinazionale che opera a livello mondiale, la responsabilità sociale cede il passo ad altri valori. Per invertire questa tendenza dovremmo diventare, come ha sotto-


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lineato Federica Corsi, “consumattori”, cioè partecipi e responsabili di quelle che sono le risorse che tutti noi dobbiamo garantire per il futuro. E a proposito di futuro, c’è purtroppo da evidenziare un’altra grave lacuna dell’attuale modello di sviluppo: la mancanza di progettualità. La cultura dominante sembra essere solo quella del presente, e non viene preso in considerazione nemmeno il passato, senza il quale non ci sarebbe alcun futuro. Non è un caso che siano sempre crescenti le difficoltà per i manager nelle loro aziende, non solo di fare piani a lungo termine, ma anche a medio e qualche volta addirittura a breve termine. Non so se il motivo dipenda dal fatto che oggi i poteri sono, nella maggior parte dei casi, in mano a persone che per la loro età non si pongono il problema di cosa succederà da qui a cinquant’anni in quanto la cosa non li riguarda. Personalmente non credo che sia questo il motivo o perlomeno non quello principale. Basti vedere nel nostro paese la sempre minore importanza che la classe dirigente, soprattutto negli ultimi vent’anni, ha assegnato alla scuola, che è il luogo dove si costruisce il futuro, e alla ricerca, che è l’unica a garantire uno sviluppo. Le azioni anti-spreco Fortunatamente sono numerose le iniziative cosiddette “riparatrici”

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promosse sia dalle istituzioni che da organizzazioni private dirette a ridurre lo spreco attraverso la ridistribuzione del cibo che altrimenti andrebbe gettato, a varie realtà umanitarie, o attraverso la sperimentazione mirata a ridurne la quantità. Alcuni esempi sono stati citati dall’assessore Marta Leonori per quanto riguarda la città di Roma e da Chiara Pastore, dell’Università di York, per quanto riguarda il Regno Unito. Dopo la performance di Angela Sajeva, che ha rappresentato in forma di monologo teatrale l’articolo “Quando il frigorifero non c’era”, pubblicato sul numero di ottobre della rivista Dirigente, è seguita la tavola rotonda. Diversi gli spunti, tutti interessanti e stimolanti, che hanno riproposto l’importanza di un’educazione alimentare nelle scuole, allo scopo di trasmettere quella consapevolezza che purtroppo oggi è deficitaria. Oltre a questo aspetto di cui personalmente condivido l’importanza, vorrei soffermarmi su un altro concetto introdotto da Elio Ragazzoni, direttore della rivista InForma e vicepresidente dell’Onaf (Organizzazione nazionale assaggiatori di formaggi): nel rispondere alla domanda sulla cucina tradizionale basata sull’ottimizzazione delle risorse, ha sottolineato la componente tempo, da cui il paradosso che oggi troviamo il tempo per buttar via, ma non per recupera-

Oggi troviamo il tempo per buttar via, ma non per recuperare e rigenerare, come invece facevano le generazioni precedenti

re e rigenerare, come invece facevano le generazioni precedenti e come tendenzialmente succede ancora oggi di quello che rimane del mondo contadino. Una cucina etica Non è recente il cambio di velocità del nostro quotidiano, basti pensare alla pubblicità dei primi anni Cinquanta che promuoveva

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Società

La cucina deve essere un mezzo per condividere “le buone cose”, dove per “buone cose” si intende anche l’etica, il rispetto, e io aggiungerei il “quanto basta”

un prodotto con lo slogan “contro il logorio della vita moderna” e l’impressione è che col passare degli anni il ritmo della nostra vita stia accelerando sempre di più, soprattutto nelle grandi città. Purtroppo questo cambiamento sta avvenendo anche nel mondo orientale, la cui cultura rappresenta il tempo in modo circolare, in contrapposizione alla rappresentazione lineare della cultura occidentale, e questo poteva costituire una specie di freno e di moderatore di velocità, ma il fatto è che si sta verificando il con-

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trario. Tutto ciò si ripercuote inevitabilmente sul principio del “quanto basta”, e come ha avuto modo di affermare lo stesso Elio Ragazzoni «noi non ci rendiamo conto che buttando via molto è come se buttassimo via qualcosa di noi stessi». In coda alla tavola rotonda la questione della qualità, un tema molto discusso, anche con il contributo dei presenti in sala, e che vorrei sintetizzare con due affermazioni; una è di Luca Falasconi di Last Minute Market, «è meglio acquistare mezzo chilo di pomodori di Pachino anziché uno di pomodori di Pechino», l’altra di Maria Marino, ordinario di Fisiologia all’Università RomaTre, «per la scienza la qualità di un alimento è data dalla percentuale di nutrienti che contiene». Anche lo chef Fabio Campoli, presidente del Circolo dei Buongustai, che ha concluso il workshop, ha dato rilevanza a quest’aspetto, sostenendo che la cucina deve essere un mezzo per

condividere “le buone cose”, dove per “buone cose” si intende anche l’etica, il rispetto, e io aggiungerei il quanto basta. Il finale ha visto la premiazione delle scuole che hanno partecipato al concorso sul tema dello spreco. È stata una soddisfazione sapere che alcuni dei partecipanti “spreconi” già il giorno dopo il convegno avevano iniziato ad assumere nuovi comportamenti, finalizzati alla riduzione se non all’eliminazione degli sprechi alimentari. Ciò mi ha spinto ad attendere del tempo per scrivere l’articolo in quanto ho voluto indagare per conto mio per sapere se altri si fossero accodati ai “virtuosi” della prima ora. Il risultato è stato talmente lusinghiero che sarebbe un peccato se il convegno del 30 novembre rappresentasse un “una tantum” e non invece un punto di partenza; pertanto auspico la possibilità di ripetere l’iniziativa nel 2014 anche in prospettiva dell’Expo 2015, inserendovi esperienze di vita comune che testimonierebbero un diverso approccio nell’acquisto di prodotti alimentari, generatosi a seguito del convegno. Infine, come recita il proverbio: “gli ultimi saranno i primi”, mi auguro che i primi protagonisti possano essere proprio quelle generazioni che sono proiettate a vivere il futuro che noi, con ancora poca consapevolezza, stiamo costruendo. 䡵


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OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia

Agevolazioni per la diffusione della lettura

osservatorio

Il Jobs act

anageritalia, tramite Cida, ha risposto all’invito lanciato dal segretario del Pd Matteo Renzi a tutte le associazioni e parti sociali a inviare osservazioni al cosiddetto “Jobs act”, il documento contenente le sue proposte per risolvere le problematiche del mondo del lavoro e rilanciare la produttività delle imprese. Abbiamo formulato le nostre prime osservazioni su pressione fiscale, riduzione della spesa, agenda digitale, riduzione delle forme contrattuali, burocrazia, assegno universale per chi perde il posto di lavoro, semplificazione delle norme sul lavoro e rappresentatività sindacale. In vista del dibattito che inizierà nei prossimi mesi su questi temi, chiederemo di formare appositi gruppi di lavoro in Cida, allo scopo di focalizzare in dettaglio le nostre posizioni su ciascun punto contenuto nel documento di Renzi.

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Bloccato il tentativo di introdurre un tetto massimo sulle pensioni 8 gennaio scorso le organizzazioni della dirigenza sono riuscite a bloccare l’ennesimo tentativo di colpire le pensioni medio-alte. Erano state presentate sette mozioni da diversi schieramenti politici che prevedevano di introdurre un limite massimo d’importo pensionistico allo scopo di destinare tale forma di risparmio a favore delle pensioni più basse. Le mozioni rispecchiavano i contenuti di analoghe proposte di legge attualmente all’esame della commissione Lavoro della Camera. Le organizzazioni dei manager hanno immediatamente reagito contro questa iniziativa e la maggioranza parlamentare ha mostrato di comprendere le nostre ragioni approvando una mozione finale che di fatto non prevede l’adozione di misure solidaristiche immediate, ma anzi condiziona l’emanazione di provvedimenti da parte del governo al monitoraggio delle misure introdotte con l’ultima Legge di stabilità. Il contatto con i parlamentari sta conti-

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nuando in questi giorni, perché il rischio che venga fissato un tetto massimo di erogazione delle pensioni è sempre in agguato. In commissione Lavoro, infatti, nonostante l’Aula abbia deciso di soprassedere, non è stato interrotto l’esame delle proposte di legge che disciplinano questa materia. Tramite Cida abbiamo manifestato alla relatrice dei provvedimenti, l’onorevole Gnecchi del Pd, le nostre argomentazioni, sottolineando come l’assunto di base dei provvedimenti in esame sia sbagliato, in quanto si dà per scontato che nelle pensioni di importo elevato, calcolate con il metodo retributivo, non vi sia corrispettività tra contribuzione e pensione. Abbiamo posto in evidenza come, al contrario, vi sono molti esempi (pensioni baby, vitalizi ecc.) in cui la mancanza di tale corrispondenza è evidente a tutti, ma i provvedimenti di legge non fanno ad essi riferimento rivolgendosi alle cosiddette “pensioni d’oro” per motivi demagogici o ideologici.

l decreto legge 145 del 23 dicembre 2013 “Destinazione Italia” (vedi box a a fianco) ha previsto alcune agevolazioni per la diffusione della lettura dei libri cartacei: è stata introdotta una detrazione fiscale del 19% sulle spese sostenute dal 2014 al 2016 per l’acquisto di libri per un importo massimo di € 2.000, di cui € 1.000 per i libri scolastici e universitari e € 1.000 per tutte le altre pubblicazioni. Ovviamente plaudiamo a tale iniziativa del governo, che da una parte agevola la diffusione della cultura, dall’altra consente alle famiglie di recuperare almeno parzialmente le spese molto onerose dovute all’acquisto dei libri scolastici. Ricordiamo che tale problema era stato sollevato anni fa dal Gruppo Donne Manager di Manageritalia, che aveva fatto notare alle istituzioni politiche come per le spese relative ai livelli intermedi della scuola pubblica (ovvero scuola primaria di secondo grado e scuola secondaria, escludendo la scuola primaria di primo grado per la quale i libri di testo sono gratuiti) non fosse prevista alcuna forma di agevolazione fiscale, né di rimborso. Il Gruppo Donne Manager, tramite la Federazione, aveva quindi chiesto un rimborso almeno parziale delle spese alle famiglie oppure una forma di deducibilità o di detraibilità della spesa. Siamo quindi molto soddisfatti del risultato, anche se appare un po’ tardivo, considerando che riguarda solo i libri cartacei e che nella scuola secondaria è sempre più diffuso l’uso dei tablet. Ricordiamo che in Francia lo Stato corrisponde alle famiglie un assegno per l’inizio dell’attività scolastica il cui importo varia dai 300 ai quasi 400 euro.

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DECRETO DESTINAZIONE ITALIA l decreto legge “Destinazione Italia” (decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145) contiene una serie di interventi urgenti al fine di attrarre investimenti esteri. Il decreto è entrato in vigore il 24 dicembre scorso. Tra le misure adottate: 䡵 maggiore credito alle imprese, consentendo più diffusi canali di finanziamento delle imprese sul mercato, alternativi e complementari al credito bancario, idonei a contrastare efficacemente il credit crunch, oltre a spingere anche sull’investimento degli investitori istituzionali italiani verso il finanziamento delle imprese italiane; 䡵 per favorire l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo è stabilito un credito d’imposta sul 50% delle spese incrementali in questi settori negli anni 2014-2016, con agevolazioni massime di 2,5 milioni di euro per impresa e un budget totale pari a 200 milioni di euro annui. Si prevede l’attivazione di nuovi investimenti in R&S per oltre 600 milioni di euro; 䡵 per l’internazionalizzazione delle imprese e l’incentivazione delle esportazioni si prevede il rifinanziamento dell’attività di promozione dell’Ice per 22 milioni di euro per l’anno 2014; 䡵 per favorire la digitalizzazione e l’ammodernamento tecnologico delle pmi sono stanziati

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finanziamenti a fondo perduto mediante voucher dell’importo massimo di 10mila euro; 䡵 abbattimento dei costi dei premi assicurativi rc auto e lotta alle frodi; 䡵 per contrastare le crisi industriali e favorire lo sviluppo dell’autoimprenditorialità e delle piccole imprese, sono erogati mutui agevolati a tasso zero e specialmente rivolti a giovani e donne; si prevedono 300 milioni di nuovi investimenti e 3.000 nuovi occupati; 䡵 sono ridotti i costi gravanti sulle tariffe elettriche con l’introduzione di un sistema incentivante opzionale offerto ai produttori di energia elettrica rinnovabile. Sono stati varati, inoltre, alcuni interventi finalizzati a ridurre in modo strutturale il costo della bolletta elettrica. Il risparmio previsto è di circa 850 milioni di euro; 䡵 viene istituito un Fondo di garanzia di 100 milioni di euro per consentire l’accesso dei grandi progetti di innovazione industriale ai finanziamenti della Banca europea per gli investimenti; 䡵 si procede alla semplificazione e razionalizzazione delle attuali agevolazioni per le pmi concentrandole nella forma del mutuo agevolato a tasso zero ed eliminando la parte di contributo a fondo perduto per gli investimenti di piccole o micro imprese costituite da non più di sei mesi in forma societaria e in cui la maggioranza dei soci e delle quote di partecipazione sia composta da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, oppure donne;

䡵 vengono introdotte detrazioni fiscali del 65% per un massimo di 20mila euro per gli interventi di rete fissa o mobile che consentono l’utilizzo della connessione digitale, data nei limiti consentiti dalla normativa europea di aiuti de minimis; 䡵 per arginare la fuga di cervelli e per facilitare l’attrazione di investitori, studenti, ricercatori e lavoratori altamente qualificati in Italia, si introducono misure di agevolazioni per start-up. Il commento di Manageritalia al pacchetto di misure è positivo. È ovvio che la condizione essenziale per attrarre investimenti in Italia è dimostrare ai mercati la stabilità del governo italiano e la governabilità. Si tratta di riforme poco onerose che vanno nella giusta direzione e che tuttavia dovranno vedersela con tutta una serie di ostacoli che in Italia è facile trovare sulla strada delle riforme (in special modo sulle questioni dove la legislazione è concorrente tra Stato e regioni oppure di competenza esclusiva di queste ultime). L’attuazione è il vero punto interrogativo dell’intera operazione. Non tanto verso l’estero, sul quale il documento fa delle proposte interessanti, ma soprattutto verso l’Italia, dove si gioca la partita decisiva. È giusto proporre una visione complessiva, che attraversa tutti i settori di policy, ma poi prima di procedere all’attuazione occorrerà avere chiara una scala di priorità e concentrarsi su un numero non eccessivo di strumenti, in base ai benefici attesi e alle difficoltà di attuazione.

Abolizione finanziamento pubblico ai partiti l consiglio dei ministri del 13 dicembre ha approvato un decreto legge che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti, ovvero il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali. A decorrere dall’anno finanziario 2014 (quindi con le dichiarazioni dei redditi relative al 2013), ciascun contribuente potrà (se lo vorrà) destinare il 2 per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche a favore di un partito politico che si sia dotato di statuto. Sempre a decorrere dal 2014, dall’imposta lorda sul reddito si potranno detrarre le erogazioni liberali in denaro effettuate dalle persone fisiche in favore dei partiti. Inoltre sarà possibile detrarre un importo pari al 75% delle spese sostenute dalle persone fisiche per la partecipazione a scuole o corsi di formazione politica promossi e organizzati dai partiti (con un tetto mas-

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simo di 750 euro annui). Il paradosso è che da anni Manageritalia si batte per ottenere la detrazione dei corsi di formazione per riqualificare i dirigenti, mentre ai partiti sono bastati pochi giorni per ottenere la detrazione delle spese per la formazione partitica. Come si è detto, i partiti che intendono avvalersi dei benefici previsti dal decreto legge devono dotarsi di statuto e potranno partecipare al finanziamento privato in regime fiscale agevolato e alla ripartizione annuale del 2 per mille. Ciascuna persona fisica potrà effettuare erogazioni liberali in denaro a favore di un singolo partito politico per un valore fino a 300mila euro o comunque non oltre il limite del 5% dell’importo dei proventi iscritti nel conto economico del partito, mentre il limite per i soggetti diversi dalle persone fisiche è di 200mila euro.

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LA STABILITÀ È LEGGE Aumento delle tasse, indicizzazione delle pensioni, riduzione del cuneo fiscale, introduzione della Iuc. Queste e altre ancora le novità della manovra da 14,7 miliardi a cura di Manageritalia

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N PRIMO ESAME delle tabelle della manovra preoccupa: nel 2014 ancora un aumento di tasse con il Fisco che peserà per due miliardi in più. La manovra approvata alla Camera il 23 dicembre con il voto di fiducia vale, infatti, 14,7 miliardi di euro. Guardando al saldo tra maggiori e minori entrate, emerge che la manovra aumenta il prelievo fiscale e contributivo di 2,1 miliardi nel 2014, di circa 600 milioni nel 2015 e di quasi 2 miliardi nel 2016. Con il 54% della pressione fiscale effettiva (ma che in alcuni casi arriva a superare il 60%), quella riferita al Pil emerso, il nostro paese ha il record della tassazione fra le economie sviluppate. Se nel resto del mondo sembra prevalere la tendenza a ridurre la pressione fiscale, noi siamo in netta controtendenza. L’altissimo livello della pretesa fiscale in Italia rappresenta il primo incentivo all’evasione. E si sa bene chi sono i soliti che pagano: lavoratori dipendenti e pensionati che tutti i giorni leggono sui quotidiani di scandali sul cattivo uso di quanto da loro regolarmente versato in tasse anno dopo anno. Che fine fanno i nostri soldi? Che fine fanno i soldi che pagano i cittadini? Spesso è impossibile saperlo, gli stessi tecnici addetti alla contabilità dello Stato non lo sanno. In maniera chiara e precisa vorremmo sapere dove finiscono le tasse che paghiamo. Deve diventare ben visibile la destinazione dei proventi fiscali. Servono regole chiare e trasparenti, che rendano evidenti le finalità delle tasse e i beneficiari effettivi; contemporaneamente occorre dare un forte impulso alla lotta all’evasione fiscale. Il Commissario straordinario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli ha confermato più volte che la maggior parte dei risparmi sarebbero stati destinati alla riduzione della tassazione sul lavoro. Anche lui, nei giorni scorsi, si è indignato sapendo che invece al Fondo per il taglio del cuneo fiscale, è destinato l’ammontare dei risparmi derivanti

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dalla razionalizzazione della spesa pubblica, al netto della quota già considerata nella Stabilità, ma soprattutto «delle risorse da destinare a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e di impegni inderogabili». Ma quali sono queste esigenze prioritarie di equità sociale e questi impegni inderogabili? Finirà che i tagli della spesa corrente finanzieranno altra spesa corrente. E poi, quando si vuole cancellare un’imposta, è difficile trovare i fondi per coprire quel vuoto. Di certo una gran parte arriverà dagli stessi contribuenti sotto le spoglie di un’altra tassa. Da una parte si toglie, dall’altra si prende. Non dimentichiamo poi le cosiddette “clausole di salvaguardia”: una sorta di spada di Damocle sul contribuente: se un’imposta non dà gettito, allora ne scatta un’altra. Anche l’aumento di acconti sulle imposte ha incidenza sulle famiglie. L’anticipo di gettito che lo Stato chiede ai contribuenti spesso, in tempi di crisi, accentua situazioni di difficoltà in cui si trovano famiglie e imprese. Lo statuto del contribuente (poco applicato…) prevede un periodo di almeno 60 giorni tra la decisione di imporre una tassa e il termine

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per farla pagare. Termini già violati più volte con diversi provvedimenti. Un vizio, quello della retroattività delle imposte, che in Italia si ripete spesso. Di seguito sono riportate le maggiori novità della legge di stabilità (legge 27 dicembre 2013, n. 147) pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre.

Indicizzazione delle pensioni La legge di stabilità 2014 ha modificato le percentuali per la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, riferendoli all’intero importo pensionistico e non più alle fasce di reddito, determinando quindi un’ennesima contrazione del valore reale delle pensioni. Le nuove aliquote sono: 100% per i trattamenti pensionistici complessivamente pari o inferiori a tre volte il trattamento minimo Inps; 95% per la fascia di importo

Che fine fanno i soldi che pagano i cittadini? Spesso è impossibile saperlo, gli stessi tecnici addetti alla contabilità dello Stato non lo sanno

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periore a cinque volte e pari o inferiore a sei volte il trattamento minimo (tra € 2.477,15 e € 2.972,58); 40% per il 2014 e 45% per il 2015 e 2016 per i trattamenti superiori a sei volte il minimo (superiori a € 2.972,58).

della pensione superiore a tre volte e pari o inferiore a quattro volte il trattamento minimo Inps (tra € 1.486,29 e € 1.981,72); 75% per la fascia di importo della pensione superiore a quattro volte e pari o inferiore a cinque volte il trattamento minimo Inps (tra € 1.981,72 e € 2.477,15); 50% per la quota di pensione su-

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Per il solo 2014 non è riconosciuta la perequazione per le fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo Inps. Rispetto alla formulazione inizialmente proposta al Senato, la norma sulla perequazione approvata alla Camera assicurerebbe comunque la rivalutazione del 40% su tutto l’importo della pensione fino a sei volte il minimo, limitando il blocco solo alla parte eccedente. Si tratterebbe quindi di un blocco parziale e non totale come avvenuto nel 2008 e nel biennio 2012 e 2013. In ogni caso, oltre al blocco, peseranno anche le nuove percentuali di rivalutazione, che sono decisamente inferiori a quelle in vigore

dal 1° gennaio 2001 e tuttora vigenti, ovvero 100% fino a tre volte il minimo, 90% per la fascia da tre a cinque volte e 75% per la quota superiore a cinque volte il minimo Inps. Insomma, un danno economico non indifferente non solo nell’immediato ma anche nel futuro poiché gli effetti si protraggono per tutta la vita del pensionato. Danno che si aggiunge all’aumento del carico fiscale dovuto alla nuova Iuc (Imposta unica comunale), all’Iva, alle addizionali Irpef regionali e comunali ecc.

Contributo di solidarietà sui trattamenti pensionistici Nella formulazione iniziale si prevedeva l’applicazione di un contributo di solidarietà del 5%, del 10% e del 15% a partire da 150mila euro annui. Alla Camera il limite è stato abbassato, per cui la norma prevede ora: 6% per gli importi superiori a € 90.126,26 annui (14 volte il trattamento minimo Inps); 12% per gli assegni superiori a € 128.811,80 annui (20 volte il trattamento minimo Inps); 18% per gli importi superiori a € 193.217,70 annui (30 volte il trattamento minimo Inps). Saranno colpiti dalla misura circa 50.000 pensionati.


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Aliquote contributive per gli iscritti alla gestione separata Inps La legge di stabilità è intervenuta sull’aliquota a carico dei pensionati e degli iscritti anche ad altra gestione: per essi l’aliquota passa dal 21 al 22% nel 2014 e dal 22 al 23,5% nel 2015, mentre resterà al 24% dal 2016 in poi. È invece rimasta invariata per il 2014 l’aliquota contributiva prevista per i liberi professionisti con partita iva iscritti in via esclusiva alla Gestione separata Inps (27%). Per gli altri iscritti in via esclusiva (co.co.co. e co.co.pro) dal 1° gennaio 2014 l’aliquota aumenta al 28%.

Cumulo tra pensioni ed emolumenti da incarichi nelle pubbliche amministrazioni Il cumulo previsto dalla legge di stabilità 2014 riguarda i trattamenti pensionistici erogati da gestioni previdenziali pubbliche e i trattamenti economici erogati da amministrazioni ed enti pubblici; sommati insieme essi non devono superare il trattamento economico annuo del primo presidente della Corte di cassazione, ovvero circa 304mila euro. Le organizzazioni della dirigenza hanno contribuito a sventare, anche con la manifestazione di protesta dell’11 dicembre a Roma al Teatro Eliseo, il tentativo di ripristinare il cumulo tra pensioni e redditi da lavoro privato contenuto in numerosi emendamenti

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presentati da diversi gruppi parlamentari alla Camera. Il ripristino del divieto di cumulo avrebbe rappresentato un pericoloso passo indietro, un incentivo al lavoro sommerso, non creando maggiore permanenza al lavoro.

Insomma, la speranza che i risparmi di spesa o l’aumento dell’entrata possano determinare una riduzione delle tasse per dipendenti e imprese si assottigliano sensibilmente.

Detrazioni e deduzioni fiscali Cuneo fiscale Per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale, la legge di stabilità ha introdotto il fondo unico per la riduzione della pressione fiscale che verrà finanziato con la spending review e i proventi derivanti dalla lotta all’evasione. Una metà del fondo verrà utilizzata per diminuire, attraverso le deduzioni, la pressione fiscale delle imprese; l’altra metà per ridurre, attraverso le detrazioni, il carico fiscale che grava sui lavoratori. Le risorse inoltre andranno anche a professionisti e pensionati. Va ricordato che ha suscitato molte critiche, anche da parte del Commissario per la spending review Carlo Cottarelli, la previsione che i risparmi dovuti a quest’ultima affluiranno nel predetto fondo al netto di una quota destinata a “esigenze prioritarie di equità sociale e di impegni inderogabili”; insomma, si arriverebbe al paradosso che con i risparmi della spesa corrente verrebbero finanziate iniziative di spesa corrente. Quanto all’altra forma di finanziamento del cuneo fiscale, la lotta all’evasione, nel 2013 si registra un’altra flessione del 7%.

La legge di stabilità ha rimodulato le detrazioni da lavoro dipendente a partire dal 2014 per 20 milioni di lavoratori. Le detrazioni partono da 1.880 euro e si riducono con l’aumentare del reddito, fino alla soglia dei 55mila euro oltre la quale non spetta la detrazione. Inoltre la stessa legge ha previsto un riordino complessivo delle detrazioni d’imposta del 19% che dovrebbe portare a risparmi di spesa per 488,4 milioni di euro nel 2014 e ad altri significativi risparmi nei due anni successivi. Il riordino dovrà essere realizzato con provvedimenti da approvare entro il 31 gennaio 2014, altrimenti si prevedeva una riduzione lineare della percentuale di detrazione dal 19 al 18% a decorrere dall’anno d’imposta 2013 e un’ulteriore riduzione al 17% per l’anno d’imposta 2014. A metà gennaio abbiamo appreso dalla stampa che il governo, per scongiurare il taglio delle detrazioni a tutti i contribuenti, stava vagliando l’ipotesi di operare il taglio sulla base dei redditi, ponendo la soglia dei 60.000 euro come limite oltre il quale abbattere di un punto percentuale la de-

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Fisco trazione. Tale misura avrebbe aggravato il carico fiscale già molto pesante dei redditi medio-alti. Per questo motivo Cida è intervenuta contro la misura del governo e, ad oggi, l’ipotesi ventilata sembra scongiurata. Ricordiamo che l’art. 9 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 ha introdotto per la prima volta la detrazione fiscale del 19% sull’acquisto dei libri cartacei, fino a una spesa di 2mila euro l’anno: metà per i libri scolastici e metà per le altre pubblicazioni. Ad oggi non è ancora chiaro se si procederà ad attuare tale misura o se il governo la ritirerà.

Casa e fisco Nel 2014 la definizione di Imu è destinata ad andare in soffitta con l’introduzione della Iuc (Imposta unica comunale). Il funzionamento della Iuc è più complesso poiché comprende la parte patrimoniale per il possesso dell’immobile, ovvero l’Imu e la fruizione di servizi comunali, sia quelli cosiddetti indivisibili che costituiscono la Tasi a carico sia del possessore che dell’utilizzatore della proprietà, sia quelli sui rifiuti, la Tari, a carico del solo utilizzatore. Ci sono alcuni paletti ben precisi: la somma dell’aliquota massima

di Imu e Tasi non potrà essere superiore al tetto del 10,6%. Per il prossimo anno l’aliquota massima della Tasi relativa alla prima casa non potrà eccedere il 2,5 per mille. Via libera alla proroga, fino alla fine del 2014, della detrazione Irpef del 50% sui lavori di ristrutturazione edilizia (limite di spesa di 96mila euro) e di quella Irpef e Ires del 65% per gli interventi sul risparmio energetico. Nel 2015, i due incentivi verranno ridotti rispettivamente al 40 e al 50%. Infine, dal 2016, rimarrà solo il primo bonus, cioè quello sugli interventi del recupero del


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patrimonio edilizio, che ritornerà alla misura del 36%, con un limite di spesa di 48mila euro per unità immobiliare.

Stop agli affitti in nero Viene finalmente introdotto il divieto di pagamento in contanti degli affitti e dei canoni di locazione, al fine di arginare il fenomeno degli affitti in nero. Non più contanti, dunque, ma assegni, bonifici e moneta tracciabile, tranne per i canoni dovuti per le locazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica. Manageritalia non solo è favorevole alla misura della tracciabilità dei pagamenti, ma ritiene che essa vada estesa a ogni tipo di pagamento, per far uscire dal sommerso tutte quelle transazioni illegali che oggi sfuggono al fisco.

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tuale presuppone una forte sinergia tra strutture pubbliche e private (servizi per l’impiego e agenzie per il lavoro) che riteniamo sia presupposto necessario per rilanciare l’occupazione, attraverso le politiche attive.

Fondi di solidarietà bilaterali È stato abrogato il termine del 31 ottobre 2013 entro il quale le parti sociali avrebbero dovuto procedere alla stipula dell’accordo quadro per la costituzione dei fondi di solidarietà. Le parti potranno quindi siglare l’accordo in qualsiasi momento. Presso il ministero del Lavoro verrà attivato un fondo residuale per quei settori che non sigleranno alcun accordo; per l’attivazione del fondo viene introdotta un’aliquota di finanziamento dello 0,5% dal 1° gennaio 2014.

Politiche attive del lavoro Per favorire il reinserimento dei lavoratori disoccupati fruitori di ammortizzatori sociali una norma della legge di stabilità ha previsto l’istituzione di un fondo per le politiche attive del lavoro, con una dotazione iniziale per il 2014 di 15 milioni di euro che crescerà a 20 milioni nei due anni successivi. Tale fondo finanzierà iniziative anche sperimentali dirette a potenziare le politiche attive valorizzando la sperimentazione attualmente avviata a livello regionale del “contratto di ricollocazione”. Questa nuova fattispecie contrat-

Esodati: salvaguardati altri 23mila La legge di stabilità ha previsto lo stanziamento di 950 milioni di euro dal prossimo anno fino al 2020 per altri 23mila esodati di diverse categorie, ovvero: i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011, che dopo tale data hanno svolto attività lavorativa (non a tempo indeterminato); i lavoratori cessati entro il 30 giugno 2012, oppure dopo tale data ma entro il 31 dicembre 2012,

dietro accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo stipulati entro il 31 dicembre 2011; i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011; i lavoratori in mobilità ordinaria che maturano il requisito pensionistico prima della legge 214/2011, dopo la data di fine mobilità ed entro sei mesi dalla stessa; soggetti autorizzati al versamento dei contributi volontari entro il 4 dicembre 2011 senza accreditamento di contributi effettivi alla stessa data. Fermo restando che va accolta con favore l’estensione della deroga ad altri 23mila lavoratori in difficoltà, resta tuttavia grave e iniquo prevedere la salvaguardia solo per coloro che avrebbero iniziato a percepire la pensione “entro il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore” della riforma Fornero. In tal modo si penalizzano tutti coloro che – pur maturando il diritto in questo periodo – avrebbero iniziato a percepire la pensione da 13 a 15 mesi dopo a causa della famigerata finestra (allungata tra l’altro dalla legge 111/2011). In questo modo non si elimina l’odioso trattamento nei confronti di coloro che, trovandosi in estrema necessità, vengono pesantemente penalizzati.

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NON MI FACCIO

“FREGARE”

Infedele alle marche, sempre più informato e attento agli sprechi: ecco l’identikit del consumatore di oggi secondo AstraRicerche Cosimo Finzi

Dal prossimo numero riprende la rubrica “Non solo consumi”: quest’anno sarà curata da AstraRicerche che sottolineerà alcuni dei principali fenomeni in atto.

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I PARLA SPESSO dell’andamento dei consumi e si cerca di fare previsioni per il futuro a breve e medio termine. Nonostante il clima di moderato ottimismo dei principali osservatori in Italia, è difficile pensare a una vera rilevante ripresa dei consumi interni, se si pensa al fatto che sono necessarie almeno due condizioni: un’effettiva capacità di spesa da parte dei consumatori e un sentiment, un’attitudine più positiva, di maggiore ottimismo. In tutta onestà, è difficile prevedere che le tasche delle famiglie italiane tornino a essere più piene nei prossimi mesi, se solo si ricorda l’effetto dell’elevata e crescente disoccupazione che colpisce tutte le fasce d’età e quasi tutte le aree geografiche, la dinamica piatta delle retribuzioni (e il venir meno di componenti ulteriori del reddito personale presenti fino ad alcuni anni fa come gli straordinari dei lavoratori dipendenti, alcuni bonus ecc.), l’andamento non esaltante delle varie forme d’investimento della liquidità personale (azioni, obbligazioni, buoni dello Stato ecc.). Ci sono altri due elementi da ricordare: il primo ha a che fare con il mood di una grandissima parte dei lavoratori italiani che percepiscono il proprio lavoro come precario e che quindi hanno una tendenza a limitare i propri consumi – sia che si tratti di spe-


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LA PROPENSIONE AL RISPARMIO: un confronto internazionale (valori %)

se ordinarie che di spese straordinarie di maggiore entità – intendendo per precario non solo il lavoro incerto per motivi contrattuali ma anche quello reso tale da dubbi sulla stabilità dell’azienda per cui si lavora; l’altro aspetto è quello del “buco” creatosi negli ultimi anni nei risparmi delle famiglie: se è vero che allo scoppiare della crisi le famiglie italiane non erano indebitate ma, al contrario, tendevano ad avere un buon livello di risparmio accumulato, è anche vero che tale serbatoio si è fortemente ridotto (vedi grafico sopra) e che quella forma di welfare, che è il supporto reciproco all’inter-

Fonte: Eurostat, per i paesi dell’area dell’euro; Ons per il Regno Unito; Bea per gli Stati Uniti

no delle famiglie (in particolare intergenerazionale), rischia di indebolirsi e di decrescere nell’arco di meno di una generazione, con un effetto immediato sulla capacità di spesa delle famiglie e, quindi, sui consumi. In attesa di tempi migliori possiamo cercare di ragionare su cosa resterà nello “spirito del consumatore” quando la crisi avrà allentato la sua morsa: sono infatti numerosi i cambiamenti che chi studia il consumatore avverte come effetto della crisi, ma che non verranno meno quando questa sarà finita. Non solo: ci sono anche variazioni nelle attitudini di acquisto e di consumo che si sono manifestate in questi ultimi anni non specificamente per effetto della crisi ma per altre cause, di cui l’ampliarsi (in senso di nu-

mero di utenti e di intensità di utilizzo) dei servizi internet è la principale. L’infedeltà verso le marche Per effetto della crisi le aziende si trovano a fronteggiare un consumatore sempre più propenso all’infedeltà al prodotto e alla marca: l’abitudine a comprare sempre la stessa referenza è venuta meno per necessità visto che le continue offerte promozionali (nei più disparati settori merceologici e canali di distribuzione) hanno invo-

È difficile prevedere che le tasche delle famiglie italiane tornino a essere più piene nei prossimi mesi, se solo si ricorda l’effetto dell’elevata e crescente disoccupazione

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Consumi

MARCHE ACQUISTATE IN DIVERSI SETTORI Abbigliamento casual

196**

Abbigliamento di genere

408**

Cosmetici

138**

Indagine su un campione di 1.000 intervistati. * AstraRicerche per Calvin Klein, 2013. **AstraRicerche per Swarovski, 2012.

gliato i clienti a provare prodotti e servizi differenti. Se è vero, infatti, che nella prima fase della crisi (2008-2010) è parso che il consumatore preferisse comunque allargare il numero di marche tenute in considerazione per i propri acqui-

sti di uno specifico tipo di prodotto, ma autolimitandosi a pochi brand (naturalmente differenti da consumatore a consumatore), negli ultimissimi anni anche questo parziale vincolo di semi-fedeltà è venuto meno e si assiste alla mol-

tiplicazione del numero di marche effettivamente acquistate in molti ambiti (non a caso dalle ricerche risulta che il numero di brand con cui si è venuti in contatto è in continuo aumento, seppur con un’intensità e una continuità di rappor-


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to inferiore rispetto al passato). Come detto, l’infedeltà porta ad avere un rapporto con un numero molto più elevato di marche; d’altra parte i consumatori sono sempre più abituati a fidarsi anche di brand che non conoscevano fino a poco tempo prima del loro primo acquisto e, in generale, ne ricordano un numero via via crescente (non tutti “top” ma anzi, spesso, “nomi minori”) grazie alla continua sollecitazione che ricevono online sia tramite forme di advertising di tipo tradizionale, sia tramite le offerte che ricevono quotidianamente dai vari servizi che propongono deal, offerte short time, accesso ad aste online ecc. Le nuove strategie di marketing Una delle strade tentate da varie aziende per tenersi stretto il consumatore è quella di proporre nuovi prodotti con caratteristiche forti, distintive, particolari. Certamente il consumatore è aperto e favorevole all’innovazione ma è anche stanco, deluso e quindi diffidente verso quelle nuove pro-

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poste che sembrano essere in qualche modo miracolose, overpromising, in qualche modo appunto “incredibili”. Questa diffidenza si proietta sul rapporto con la comunicazione commerciale e, in particolare, sul rapporto con le varie forme di advertising: risulta evidente che gli spot che magnificano in maniera eccessiva le caratteristiche di un prodotto sono sgraditi fino al punto da generare rigetto. Stanno forse arrivando anni in cui la pubblicità dovrà essere maggiormente capace da un lato di emozionare (come già spesso cerca di fare) ma, dall’altro lato, di convincere il consumatore con idee, proposte credibili, effettivamente utili, che resistano alla prova dei fatti. Ne va del successo dei prodotti, prima di tutto quelli di nuova introduzione sul mercato, e più in generale dell’immagine delle marche, anche quelle dal passato e presente glorioso e forte che sembrano sempre meno poter dormire sonni tranquilli basandosi solo sullo storico intenso rapporto col consumatore. Se le promesse, soprattutto quelle mirabolanti, saranno sempre meno efficaci se semplicemente dichiarate, sarà sempre più rilevante poter far provare al consumatore le effettive qualità, i caratteri distintivi, i plus delle offerte: una recente indagine di AstraRicerche ha mostrato come il contatto diretto presso il punto-vendita sia

rilevantissimo non solo come modalità di creazione dell’awareness (vengo a conoscenza di un prodotto semplicemente perché lo vedo sullo scaffale e magari, grazie a un packaging studiato in maniera intelligente, sono incuriosito e mi avvicino ad esso) ma anche come effettivo invito alla prova, alla conoscenza approfondita e qualificata del prodotto. Non solo: un’altra ricerca mostra come gli eventi business-to-consumer possono essere un’ottima soluzione per creare un rapporto differente con il cittadino-consumatore per cambiare in profondità l’immagine della marca, farne conoscere i prodotti garantendo anche una memorizzazione dei nuovi lanci più intensa e duratura, spingere alla prova o al riacquisto.

Il consumatore è stanco, deluso e quindi diffidente verso quelle nuove proposte che sembrano essere in qualche modo miracolose

Da “più spendi più ottieni” a “meglio spendi più ottieni” Ci sono ancora altri effetti della crisi sulla modalità di rapportarsi al consumo da parte dei cittadini italiani, uno dei quali è il forte cambiamento nel rapporto con il prezzo. È

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Consumi

EFFETTO DELL’ONLINE SULLE DECISIONI DEI CONSUMATORI Indagine su un campione di 1.816 intervistati Prima di acquistare prodotti cerco o faccio cercare le opinioni di altri utenti online, su internet

61,95

Mi fido più delle opinioni dei consumatori online che di quelle degli esperti, dei giornalisti ecc. Seguo aziende o prodotti tramite social network, sono loro follower Ho installato sul mio smartphone una o più applicazioni realizzate per promuovere un’azienda o un brand (come Coca Cola, Activia, Fiat ecc.)

55,6% 46,2%

42,1% Fonte: AstraRicerche per A-Tono, 2013.

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cosa nota che da anni in molti settori merceologici sono presenti proposte low price a cui il consumatore associa una qualità assolutamente accettabile, se non persino comparabile, con quella delle proposte di prezzo superiore. Da molti anni, infatti, la linearità del rapporto qualità-prezzo si è rotta nella mente dei consumatori, per cui non si può dichiarare “più spendi più ottieni” bensì si è passati a un più pragmatico “meglio spendi più ottieni”. Il cambiamento recente ha a che fare con il prezzo di quei prodotti che non nascono come low price ma che sono spesso stati proposti in forte

sconto presso i canali di vendita ove sono disponibili (la grande distribuzione ne è un esempio, in particolare nel campo alimentare, ma questo discorso vale per moltissimi altri settori e canali): il consumatore è ormai più propenso a ritenere giusto, corretto, non il prezzo di partenza bensì quello in promozione; anzi, il “prezzo pieno” viene associato a concetti come esagerazione, furto ecc. Non sarà quindi facile convincere le famiglie italiane che il vero prezzo dei prodotti è quello standard e che le promozioni di prezzo sono in qualche modo eccezioni limitate in quantità, tipologia di prodotti, durata, ammontare del risparmio offerto.

Il consumatore è ormai più propenso a ritenere giusto, corretto, non il prezzo di partenza bensì quello in promozione

Consumatore più informato… Non basta: se per decenni il rapporto tra la comunicazione commerciale e il consumatore è stato basato sulla passività di quest’ultimo che riceveva – tramite vari canali e in varie modalità – informa-

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zioni positive sui prodotti e sui servizi veicolate in modo più o meno diretto dalle aziende, ora non è più così. Si è passati a una fase in cui non solo il consumatore è attivo esprimendo le proprie opinioni anche online (e quindi potenzialmente a una platea di uditori di immense dimensioni), ma è anche cercatore di informazioni scritte da altre persone con una caratteristica – spesso sottovalutata – che cambia completamente la relationship brand-consumer: molti utenti della rete cercano di capire tramite le altrui opinion online quali sono i punti di debolezza, i difetti, le negatività di un prodotto che stanno per acquistare e, grazie all’offerta estremamente ampia in quasi tutti i settori merceologici, non hanno il problema di non trovare una soluzione ai loro desideri. Pur a fronte di un buon numero di marche o prodotti che scartano proprio perché sconsigliati da utenti sconosciuti del web (vedi tabella sopra).


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… e più attento agli sprechi Ma c’è qualcosa di ancor più profondo che si è modificato nella mente dei consumatori (sia chiaro, stiamo parlando solo di una parte non maggioritaria e il fenomeno è in continua ma lenta evoluzione): si tratta del mettere in discussione le quantità acquistate e, in alcuni casi, la necessità stessa di effettuare gli acquisti. Un ottimo esempio è relativo agli acquisti alimentari che, come ha mostrato pochi mesi fa una ricerca effettuata per Granarolo, sono ora oggetto di attenzione maggiore per evitare gli sprechi ricorrendo a tecniche molto diverse che hanno un corrispondente assolutamente identico per altre categorie merceologiche: si va dall’acquistare di meno per evitare di dover eliminare prodotti scaduti al riutilizzare, anche in modo fantasioso, prodotti vicini alla scadenza per creare nuove ricette, dall’acquistare quantità minori (più adeguate alla dimensione del nucleo familiare e alle effettive esigenze) al cercare di conservare meglio (nel caso

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alimentare ad esempio surgelando) i prodotti acquistati. Non si tratta tuttavia solo di evitare sprechi, ma anche di dare nuova vita a prodotti non deperibili che possono essere utilizzati per un periodo più esteso o anche da altre persone: un caso significativo è rappresentato dal passaggio da neomamma a neomamma di prodotti (vestiario, carrozzina ecc.) estendendone il life cycle a due, tre o persino più volte rispetto all’utilizzo per un solo bebè. La crisi ha portato con sé anche l’idea che alcuni prodotti (in particolare quelli di valore elevato, ma in buona misura questo fenomeno si presenta anche nella fascia media e medio-bassa di spesa) possano essere utilizzati più a lungo: cambiare l’automobile attendendo ulteriori due anni, non inseguire l’ultimo modello di smartphone (ebbene sì, anche in un settore che sembra quasi immune dalla crisi alcuni comportamenti stanno cambiando), prestare maggiore attenzione agli elettrodomestici in mo-

Ritengo utile e necessario cambiare il cellulare/smartphone almeno ogni 2 anni nel 2008

76%

nel 2013

44%

Fonte: AstraRicerche.

do da estenderne la vita utile. Insomma, in attesa di un segno “+” di fronte ai dati relativi al consumo degli italiani, sappiamo che le sfide che dobbiamo affrontare oggi e che ancor più ci vedranno impegnati domani, sono nate o amplificate in questi anni di pessima congiuntura economica e non sono destinate a sparire quando questa finirà. 䡵

Il recente impegno personale e familiare per ridurre gli sprechi alimentari (base: riduzione degli sprechi = 35.000.000 15-64 anni = il 90,3% del campione) Acquistiamo meno prodotti (20.200.000)

57,9%

Conserviamo e utilizziamo gli avanzi (19.700.000) Acquistiamo confezioni più piccole (7.800.000) Facciamo porzioni più piccole (6.400.000)

56,3% 22,2% 18,3% Fonte: AstraRicerche per Granarolo, 2013.

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VENETO, OBIETTIVO RIPRESA

Manageritalia

Manager in prima linea e nuove idee premiate alle Giornate di Galileo, iniziativa nata per diffondere la cultura manageriale tra i giovani e ora alla sua 2a edizione Pietro Luigi Giacomon

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I

SEGNALI SONO CHIARI. Per rimanere vincenti nei mercati i modelli di business delle imprese cambiano. I manager non sono rassegnati e le aziende reagiscono con scelte non solo difensive (di diminuzione dei costi), ma di sviluppo. Si estende l’integrazione delle filiere, ma rimane la difficoltà a ricercare forme di collaborazione anche con i concorrenti. La ricerca svolta tra 350 manager del Veneto evidenzia precisi punti di forza (e di debolezza), ma soprattutto dovrebbe spingere il sistema delle pmi a comprendere che senza una maggiore managerialità negli imprenditori e senza un inserimento di nuovi professionisti è molto più difficoltoso riorientrare la propria azienda. “Le Giornate di Galileo”, giunta alla 2a edizione, è un’iniziativa di Manageritalia Veneto, Federmanager Veneto e Cida per diffondere la cultura manageriale tra le giovani generazioni e favorire il confronto tra manager e imprenditori. Le Associazioni hanno coinvolto anche il dipartimento di Scienze economiche Marco Fanno dell’università di Padova, il dipartimento di Ma-


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nagement Ca’ Foscari di Venezia, il dipartimento di Economia aziendale dell’ateneo di Verona, per realizzare il concorso per giovani “Manager anch’io”, la ricerca “Riconfigurare il business model” e un convegno di approfondimento svoltosi nell’Aula Magna Galileo Galilei di Padova.

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Manager non rassegnati L’indagine, cui ha risposto un campione di dirigenti significativo, ha esaminato le scelte strategiche, i cambiamenti organizzativi e i comportamenti adottati dalle imprese nel Veneto e consente quindi di approfondire la situazione della me-

dia-grande azienda veneta e delle prospettive dell’economia (vedi box). Innanzitutto, parlando della situazione settoriale, i manager, dopo cinque anni di crisi, non sono rassegnati. Il 71% ha affermato di non condividere per nulla o poco il fatto che le dinamiche in atto nel

L’INDAGINE La ricerca “Riconfigurare il business model” si è basata su un campione costituito da 350 dirigenti associati operante in tutti i settori manifatturieri e del terziario e ha due precise caratteristiche: lavora per metà in aziende con oltre 50 milioni di euro di fatturato e per un ulteriore 20% in aziende con fatturati tra i 20 e i 50 milioni. Inoltre, è inserito in ruoli di general management per il 27%, di commerciale e marketing per il 28%, nel campo tecnico, produzione, logistica e qualità per il 19%, di amministrazione finanza e controllo per l’11%.

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Manageritalia suo settore di attività inducono ad affermare che non ci sono spazi di sviluppo. Solo il 13% si è detto molto o totalmente d’accordo. Certo, la marginalità si è pesantemente ridotta: il 69% del campione condivide molto o totalmente questo dato. E questa percentuale passa all’81% per i manager che operano in aziende con meno di 10 milioni di euro di fatturato. Sono le aziende commerciali a soffrire di più il problema, per la continua contrazione della domanda interna. Una delle strade di miglioramento è precisa: “mettersi in rete con altre imprese offre opportunità enormi” è politica condivisa molto o totalmente dal 41% degli intervistati, mentre il 20% la ritiene poco o per nulla importante. Posi-

tivamente, la percentuale sale al 51% tra i dirigenti delle imprese con meno di 10 milioni di euro di fatturato. E inoltre sono più favorevoli alle reti i manager con meno di 45 anni d’età! Emergono quindi, come ha affermato Andrea Lionzo dell’Ateneo di Verona nella sua relazione (vedi pagina 38), tre tipi di imprese: in “forte movimento», al “bivio” (e quindi da sostenere anche con nuova managerialità) e “al capolinea”, non in grado di riposizionarsi nell’attuale competizione. I comportamenti delle aziende Quindi, si reagisce alla crisi! Ma, a questo punto, qual è stato nel 2013 l’atteggiamento delle aziende in cui operano i manager veneti? Le imprese, ad esempio, hanno reagi-

to alle mosse strategiche dei concorrenti, invece di anticiparli? Hanno cercato di evitare scontri frontali con i competitor? Ebbene, le risposte sono abbastanza confortanti: il 58% del campione dichiara che il comportamento non è stato di reazione alle mosse dei concorrenti, contro il 19% che in prevalenza o decisamente ha reagito alle strategie degli altri. Inoltre, non è vero che le aziende hanno evitato scontri con i concorrenti, dimostrando quindi aggressività competitiva: per metà del campione ciò è stato fatto in modo marginale oppure per nulla, contro il 20% che ha effettivamente evitato scontri. Ed è importante sottolineare che questa spinta alla competizione cresce al 59% quando si parla di aziende medie con un fattura-

NEGLI ULTIMI TRE ANNI QUALI SCELTE STRATEGICHE HANNO PRODOTTO I MAGGIORI RISULTATI PER LA SUA AZIENDA? RISPOSTE (si potevano fornire fino a tre risposte)

TOTALE

FATTURATO AZIENDALE < 10M

10 - 50M

> 50M

Abbattimento dei costi e ricerca di maggiore produttività

45,9%

43,5%

38,7%

53,2%

Innovazione tecnologica, di processo o di prodotto

43,0%

33,9%

52,7%

42,4%

Incremento del servizio al cliente (pre e post vendita, co-progettazione, time to market)

36,5%

38,7%

43,0%

31,6%

Ingresso in nuove aree geografiche di vendita

34,8%

33,9%

35,5%

35,4%

Sviluppo della politica di immagine e di marca

21,1%

21,0%

23,7%

20,9%

Nuove forme di distribuzione

18,2%

21,0%

17,2%

17,1%

Lancio di nuovi prodotti/servizi elaborati congiuntamente ad altre imprese partner

15,7%

19,4%

19,4%

13,3%

Conseguimento di maggiori dimensioni e sfruttamento di economie di scala

15,4%

9,7%

14,0%

18,4%

Politiche commerciali in collaborazione con imprese partner

12,0%

17,7%

16,1%

8,2%

Esternalizzazione di fasi e funzioni prima svolte all’interno

10,5%

9,7%

8,6%

11,4%

Spostamento all’estero di attività produttive e commerciali

10,3%

8,1%

7,5%

11,4%

Internalizzazione di fasi e funzioni prima svolte da altre imprese

8,3%

12,9%

6,5%

8,9%

Condivisione con imprese partner di tecnologie diverse

3,7%

3,2%

4,3%

4,4%

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a sezione dedicata ai giovani de Le Giornate di Galileo ha premiato le quattro migliori idee-progetto sui temi del miglioramento della gestione aziendale. La “sfida”, che si è tenuta al dipartimento di Scienze economiche di Padova, ha coinvolto giovani studenti iscritti ai corsi di laurea magistrale delle università del Veneto. L’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con il dipartimento di Scienze economiche Marco Fanno dell’università di Padova, il dipartimento di Management Ca’ Foscari di Venezia, il dipartimento di Economia aziendale dell’ateneo di Verona. La commissione di dirigenti di Manageritalia e Federmanager ha preso in esame oltre 30 idee presentate, ha identificato le 20 più interessanti (in termini di fattibilità, originalità, potenziale economico), ha incontrato i giovani che hanno esposto i progetti e risposto alle domande di approfondimento da parte dei manager. Poi ha scelto i quattro vincitori delle borse di studio del concorso Manager anch’io, premiati in occasione del convegno che si è svolto nell’Aula Magna Galileo Galilei il 23 novembre scorso (nella foto da sinistra): Michele Pasquali, studente di Economia e direzione aziendale, Università degli Studi di Padova. Progetto: Augmented reality nel

L

to tra i 10 e i 50 milioni di euro. Tale percentuale è sempre elevata anche per le aziende sotto i 10 milioni di fatturato: infatti, il 58% afferma di non aver evitato scontri (contro il 52% della media). Ma nel caso delle imprese minori cresce anche dal 20 al 27 la percentuale di chi afferma che in prevalenza, oppure decisamente, ha cercato di evitare scontri. Si assiste, pertanto, a una maggiore polarizzazione delle piccole aziende: ed è a questo segmento che imprenditori e dirigenti insieme devono prestare attenzione

retail marketing e vendita. Ilaria Scarpiello, studentessa di Economia e direzione aziendale, Università degli Studi di Padova. Progetto: Wine packaging, una questione di shopping experience. Daniela Bottega, studentessa di Economia e direzione aziendale, Università degli Studi di Padova. Progetto: Lavora con noi! Noi chi? Per fare cosa? Giulia Ribaudo, studentessa di Filosofia della società, dell’arte e della comunicazione, Ca’ Foscari di Venezia. Progetto: Il riflettore: spazio virtuale per un dialogo concreto sui dintorni dell’industria editoriale. La 2a edizione dell’iniziativa, promossa da Manageritalia Veneto, Federmanager Veneto e Cida, si conferma una concreta opportunità per avvicinare i giovani al mondo delle carriere manageriali. È importante che gli studenti comprendano come non siano solo l’approccio teorico e la competenza tecnica a distinguere una performance mediocre da una eccellente, ma anche soft skill quali spirito di iniziativa, originalità, apertura al cambiamento, intraprendenza, capacità di apprendimento continuo e di cogliere opportunità come questa.

per sviluppare la managerialità. Se ne avverte il bisogno anche per un altro elemento della ricerca: quante aziende hanno cercato accordi e altre forme di collaborazione con i concorrenti? A questa domanda, sempre riferita a comportamenti concreti del 2013, solo il 9% parla di una politica decisa o prevalente di ricerca di collaborazione con i concorrenti, ovviamente in vista di un mercato più ampio. Sembra però positivo che tale percentuale passi al 16% nelle aziende con meno di 10 milioni di euro di fatturato.

Le scelte strategiche e organizzative Altri elementi appaiono significativi nella ricerca. È stato infatti chiesto, con l’orizzonte temporale degli ultimi tre anni, quali scelte strategiche hanno prodotto più risultati per l’impresa. Certo, le risposte sono determinate dalla negatività dell’andamento dei mercati, ma rivelano la volontà di reagire alla crisi.

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Manageritalia

L’opinione

IL NUOVO CHE AVANZA (E VA RAFFORZATO) Andrea Lionzo docente di Economia aziendale, Università degli studi di Verona

40

n un’epoca di trasformazioni che minacciano nelle fon-

I

rinnovare la loro cultura imprenditoriale. Alcune imprese so-

damenta la capacità di competere e di creare occupa-

no diventate leader nel proprio segmento o nella nicchia

zione delle nostre imprese, è necessario alzare lo sguar-

che hanno deciso di presidiare. Altre hanno avviato percor-

do e concedersi il tempo per comprendere come stanno

si di crescita attraverso aggregazioni e acquisizioni. Altre an-

davvero cambiando i “fondamentali” della competizione

cora, pur rimanendo piccole, hanno differenziato il proprio

tra imprese. È infatti fuori discussione che siamo di fronte

campo d’azione, in modo da ritagliarsi un ambito proprio

alla fine di un ciclo di sviluppo. E che, per andare avanti, bi-

di innovazione e di crescita. Altre, infine, si sono orientate

sogna cambiare alcuni elementi fondamentali del motore

verso la creazione di un sistema di relazioni forti con il mer-

che ha generato la grande crescita degli ultimi trent’anni.

cato, investendo nel design e nel marchio, nella velocità di

Negli studi di strategic management il concetto che espri-

risposta al cliente, nella personalizzazione del prodotto, nel-

me il motore dell’impresa è quello di business model.

la distribuzione e nel servizio post-vendita.

Il business model tocca le domande “esistenziali” dell’im-

Terzo: se il mercato richiede oggi grande velocità e massi-

presa: quale sistema di offerta posso fornire ai miei clienti?

ma reattività, è altrettanto vero che ogni investimento de-

Per quale offerta i miei clienti sono disposti a pagare un

ve essere attentamente ponderato poiché i rischi di investi-

prezzo congruo? Con quali strutture organizzative e con

re in processi/prodotti sbagliati sono enormi. Ne consegue

quali processi operativi posso allestire in modo efficace ed

l’urgenza di introdurre intense dosi di managerialità nelle

efficiente la mia offerta? Come posso estrarre valore dalle

imprese, perché ciò che può sostenere la buona riuscita de-

attività poste in essere per alimentare lo sviluppo futuro del-

gli investimenti nelle innovazioni imprenditoriali sono le

la mia impresa? Intorno a queste domande è stata articola-

modalità e i tempi in cui l’innovazione stessa è tradotta in

ta la ricerca condotta su 350 manager del Veneto. Dall’in-

pratica. In tempi di vacche magre occorre quindi ripartire

dagine sono emersi almeno tre punti chiave.

dal cuore dell’impresa, ossia dalla sua capacità di dotarsi (e

Primo: molte imprese hanno già trasformato il proprio mo-

di impiegare efficacemente) strumenti di gestione rinnova-

dello di business quando hanno smesso di “inseguire” il lea-

ti (strumenti previsionali, analisi di mercato, meccanismi di

der del proprio settore (spesso tedesco o americano), sono

networking, gestione della supply chain, processi di acces-

andate alla ricerca di nuovi segmenti di mercato, scovando

so a nuova conoscenza e così via).

nicchie redditizie, e hanno innovato il modo di produrre, ag-

Rispetto a questi punti il Veneto non è all’anno zero. Esisto-

giornando il sistema di servizi al cliente e ridefinendo i pro-

no imprese che già oggi fanno da battistrada a tutte le al-

cessi produttivi e distributivi su scala globale.

tre. I loro esempi devono essere meglio conosciuti e siste-

Secondo: molte imprese hanno cominciato ad “autopro-

matizzati per creare (rapidamente) una maggiore familiari-

durre” conoscenza (diversa da quella disponibile sul merca-

tà – culturale, politica, imprenditoriale, manageriale – con

to e quindi facilmente imitabile dai concorrenti) iniziando a

il nuovo che avanza.

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Per l’intero campione le risposte sulle scelte, in ordine di frequenza, sono state: abbattimento dei costi e ricerca di maggiore produttività (46%); innovazione tecnologica, di processo o di prodotto (43%); incremento del servizio al cliente (pre e post vendita, coprogettazione, time to market, 36%); ingresso in nuove aree geografiche di vendita (35%); sviluppo della politica di immagine e di marca (21%). Nelle aziende manifatturiere ha giocato il peso più significativo (52% contro 44% dell’abbattimento dei costi), il terziario ha puntato maggiormente su meno costi e più produttività (48%) e su più servizi al cliente (39%). In tema, invece, di cambiamenti organizzativi si evidenziano fino in fondo gli elementi che stanno caratterizzando l’economia veneta. La negatività è data indubbiamente dalla riduzione degli occupati, cui bisogna rispondere con il rafforzamento delle filiere produttive. Infatti i cambiamenti organizzativi in ordine di frequenza e nell’intero campione sono stati: lo sviluppo di legami duraturi con alcuni fornitori (per il 36%), la riduzione dell’organico complessivo dell’impresa (35%), più sforzi al coordinamento delle attività con le imprese cui si collabora (32%). Al di là di settori e dimensioni, emergono dalla ricerca almeno due modelli strategici diffusi: le imprese con specializzazione di

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fase o di nicchia e quelle alla ricerca di spazi di crescita. Manager e giovani Infine ai manager è stata chiesta un’opinione sui giovani, anche per confrontare le risposte con quelle date nell’indagine della 1° edizione de “Le Giornate di Galileo”. Il giudizio positivo, la voglia di coinvolgimento, il senso della squadra rimane tutto! Ma la crisi ha tolto ulteriore spazio ai giovani, quindi i manager sono un po’ meno ottimisti rispetto al 2012 sulle possibilità e sulle prospettive di carriera dei giovani nelle aziende. Un dato che fa riflettere e un tema, quello della valorizzazione delle nuove generazioni, su cui continuare a impegnarsi (vedi tabella sopra). I modelli di business La ricerca svolta tra i manager veneti, in sostanza, non sottovaluta i dati negativi ma pone in evidenza alcuni comportamenti virtuosi nelle imprese in cui operano i di-

rigenti. Anche con l’obiettivo, da parte di Manageritalia e Federmanager, di spingere a un rafforzamento delle competenze manageriali e di una più estesa presenza dei manager accanto agli imprenditori nell’economia regionale. Quale riconfigurazione dei business model, allora? Una prima tipologia è la ricerca di nuovi spazi di mercato (market extension first), con investimenti nei processi di estensione dei potenziali clienti. Un’altra tipologia è la ricerca della “reattività competitiva” (key-process first), in cui sono fondamentali la riconfigurazione di processi/attività e gli investimenti in reti e network a monte e a valle. Infine, si va verso la ricerca di nuove soluzioni ed esperienze per i clienti (customer first) con un ridisegno dei sistemi di relazioni con la clientela (coordinamento di filiera, Itc ecc.) e quindi investimenti in know-how e in nuove competenze. 䡵

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DI BUON GRADO Piero Valdiserra

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Sono quattro i mixologist che si contendono l’invenzione del cocktail: Daniel Negrete, Francisco “Pancho” Morales, Carlos “Danny” Herrera, Margaret Sames. Non ci avventureremo nei particolari delle loro storie personali, spesso colorite e divertenti; ci limiteremo a ricordare che – pur nella varietà delle attribuzioni – i periodi temporali sostanzialmente coincidono, e collocano la nascita del Margarita a cavallo fra gli anni Trenta e gli anni Quaranta del secolo scorso. Il Margarita è il più comune drink messicano a base di Tequila, il celebre distillato centroamericano di agave blu. Si tratta di un cocktail rinfrescante, tipicamente estivo; il suo sapore salato-aspro lo rende un buon aperitivo, anche se può essere servito benissimo lontano dai pasti principali. Può essere servito in bicchieri di diversa foggia. Il cosiddetto bicchiere Margarita è una variante della classica coppa da champagne, e ricorda nella forma un sombrero rovesciato. In occasioni di rappresentanza il cocktail viene normalmente servito in coppe Martini, mentre in momenti più informali, e magari con l’aggiunta di cubetti di ghiaccio, il drink viene presentato in bicchieri Old Fashioned. Sull’uso del sale la fantasia dei barman negli ultimi anni si è sbizzarrita: in alternativa al normale sale da cucina oggi

vengono proposti il sale di Cervia, dal sapore leggermente più dolce, oppure il sale affumicato di Norvegia, o ancora il sale rosso delle Hawaii, il sale rosa dell’Himalaya, il sale Maldon, il sale di Pirano, il sale di Guerande, di Camargue e tanti altri ancora. Numerose sono le varianti, che aggiungono succhi di frutta al Margarita. Alcuni esempi sono il succo di lime con mirtillo; fragola o pesca con succo di limone; banana con succo di banana. Il lime può essere sostituito dal limone, che ha un sapore un po’ meno aggressivo: per entrambi, comunque, vale la regola di utilizzare solo il succo fresco. Al posto del Cointreau, altro ingrediente del cocktail, possono essere usati altri liquori all’arancia, come il Grand Marnier, il Triple Sec o il Blue Curaçao. La Tequila, infine, è fondamentale che sia ottenuta al 100% da agave blu (agave azul, in etichetta). Del Margarita esistono altre versioni che hanno conquistato una larga diffusione internazionale e che vale la pena menzionare brevemente: il Frozen Margarita (come il Margarita classico, ma servito con ghiaccio tritato), il Tommy’s Margarita (a base di Tequila, lime e due cucchiaini di nettare d’agave), il Cadillac Margarita (con il Grand Marnier al posto del Cointreau), il Blue Margarita (a base di Tequila, Blue Curaçao e lime).

COME SI PREPARA Nelle codificazioni Iba è entrato nel 1987 e nel 1993. La sua ricetta ufficiale di oggi è: 3,5 cl di Tequila, 2 cl di Cointreau, 1,5 cl di succo fresco di lime. Si prepara nello shaker riempito di cubetti di ghiaccio. Si versano Tequila, Cointreau e succo fresco e filtrato di lime. Si agita velocemente quanto basta per raffreddare il liquido senza annacquarlo e si versa nel bicchiere, di cui si è cosparso di sale metà dell’orlo, dopo averlo inumidito con una fettina di lime. Se il sapore del sale non è gradito, si può sempre bere il cocktail appoggiando le labbra sull’altra metà del bordo del bicchiere.


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ARTE Claudia Corti

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La ragazza con l’orecchino di perla DA NON PERDERE La ragazza con l’orecchino di perla. Il mito della Golden Age Bologna, Palazzo Fava fino al 25 maggio

Si è aperta l’8 febbraio a Bologna la mostra dedicata alla pittura olandese del XVII secolo, epoca che per qualità di opere prodotte e prestigio degli artisti viene comunemente definita la “Golden Age fiamminga”. Sovrano indiscusso dell’epoca d’oro olandese è senza dubbio Jan Vermeer, artista misterioso ed enigmatico della cui vicenda biografica ancora molti punti restano oscuri; di lui si sa che trascorse tutta la vita nella natia Delft e che, convertitosi al cattolicesimo, ebbe ben 15 figli. Morì a soli quarantatrè anni, nel 1675, lasciando la famiglia in uno stato di profonda indigenza, dovuto probabilmente anche all’esiguo numero di opere d’arte realizzate nella sua carriera, soltanto trentasei, nonostante la straordinaria fama che lo accompagnò in vita. Dopo un esordio basato su soggetti mitologici e storici, Vermeer si concentrò prevalentemente su tavole di piccolo formato raffiguranti scene di genere con una sola figura, quasi sempre una giovane donna, inserita in interni dall’arredamento essenziale avvolto dalla luce soffusa e vibrante. È in questo contesto che prende vita l’opera più famosa di Vermeer, la cosiddetta Ragazza con l’orecchino di perla (olio su tela, 1665 circa, L’Aia Mauritshuis), una misteriosa giovane dall’identità ignota che si volta a guardarci con grandi occhi luminosi e un

copricapo azzurro e giallo alla turca esaltato dallo sfondo scuro. Il tipo di abbigliamento, del tutto inconsueto per una giovane olandese del Seicento, fa pensare che l’opera fosse una “tronie”, ovvero una variante del ritratto basato non su soggetti reali ma su volti anonimi o di fantasia creati per studiare atteggiamenti ed espressioni. Rafforzerebbe tale ipotesi anche l’oggetto che più di tutti caratterizza l’anonima protagonista, il grande orecchino di perla su cui si concentra la luce; oggi le perle sono per lo più coltivate, ma nel XVII secolo venivano usate in gioielleria solo quelle formatesi naturalmente nelle ostriche; questo le rendeva oggetti costosissimi e alla portata solo di una ristretta élite; per questo motivo entrarono in circolazione finte perle di vetro ritoccate in modo da essere quanto più somiglianti possibile alle originali; l’orecchino della misteriosa fanciulla sembra appartenere a quest’ultima categoria, come se facesse parte di un travestimento studiato dal pittore. Chiunque essa sia, reale o di fantasia, da secoli la giovane con l’orecchino di perla attira su di sé gli sguardi e l’interesse di coloro che, di fronte alla sua espressione stupita, si chiedono quali sogni o pensieri siano mai stati interrotti nel momento in cui si è voltata a guardarci per l’eternità.

CURIOSITÀ Secondo alcuni sondaggi l’opera risulta essere il terzo quadro più conosciuto, amato e riprodotto al mondo dopo La Gioconda di Leonardo e L’urlo di Munch; nota anche come la Monna Lisa olandese, l’anonima fanciulla ha ispirato romanzi, racconti e film.

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LIBRI Davide Mura

Cartolina di un delitto Dario Crapanzano è al suo quarto romanzo della serie di gialli ambientati all’inizio degli anni 50, in una Milano irriconoscibile se non per i nomi delle vie. In palazzi signorili e case di ringhiera, negozi e trattorie, è un brulichio di destini che si incrociano, con virtù e vizi più o meno confessabili. La storia prende il via dal ritrovamento, in una Topolino amaranto, del corpo senza vita di una ragazza. Si tratta di Gilda Dell’Acqua, proprietaria di un bar tabacchi in piazzale Loreto. Le indagini sono affidate ancora una volta al baffuto e simpatico commissario Mario Arrigoni, aiutato dai suoi stretti collaboratori. Colpi di scena e soluzione del caso grazie a un dettaglio determinante. Arrigoni e il caso di piazzale Loreto, Dario Crapanzano, Frilli, pagg. 176, € 9,90.

L’inglese è un must Oggi si dà per scontata una buona conoscenza dell’inglese. Se non tutti riescono a padroneggiare la lingua di Shakespeare, chi viaggia e fa affari con persone straniere non può permettersi di fare gaffe o di scivolare in pericolosi doppi sensi. Gli errori possono anche far sorridere e divertire il nostro interlocutore, ma sono certamente degli ostacoli nelle trattative e danneggiano la nostra immagine. Ecco allora che se le abilità linguistiche sono scarse è necessario correre ai ripari al più presto e ricominciare daccapo. Lo showman e insegnante John Peter Sloan torna in libreria con un libro che non è una semplice grammatica ma adotta un approccio divertente e pragmatico. Per i principianti e non solo. English da zero, John Peter Sloan, Mondadori, pagg. 336, € 15,90.

Un libro è meglio dell’aspirina

libri

Depressione, influenza, coliche, apatia, ipertensione, pene d’amore, dipendenza dal gioco, scarsa autostima e altri malanni e disturbi psicologici possono essere affrontati con l’innovativa biblioterapia. Non è uno scherzo, la cura funziona, assicurano le due autrici, che pur non essendo medici hanno realmente fondato a Londra un servizio (vedere il sito www.thenovelcure.com) che fa uso dei classici della letteratura universale e di opere della narrativa contemporanea per far tornare la salute fisica e mentale, “prescrivendo” titoli di opere letterarie che avrebbero il potere di guarire e che hanno sperimentato loro stesse per prime. Del resto,

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E io non ci sto! In un mondo dove essere sempre piacevoli e tolleranti verso tutto e tutti sembra essere l’atteggiamento più diffuso, un saggio come quello della psicologa Jacqui Marson fa riflettere. Dai genitori che per stanchezza e mancanza di tempo concedono ai figli più del dovuto alle situazioni professionali dove andare controcorrente può creare tensioni che le persone spesso preferiscono evitare. Ma è realmente questa la via migliore per noi e per chi ci circonda? Compiacere a tutti i costi gli altri può essere deleterio, ci mette in guardia l’autrice del libro, che stimola il lettore con una serie di consigli che possono essere applicati in contesti molto diversi, tanto nella vita privata tanto in quella lavorativa. Come imparare a dire di no senza sensi di colpa, Jacqui Marson, Newton Compton, pagg. 256, € 9,90.

bisogna avere molti giorni a disposizione ed essere bloccati a letto per affrontare capolavori indiscussi ma decisamente lunghi come la Recherche di Proust, i romanzi russi dell’Ottocento o alcune opere che magari hanno in apparenza uno scarso appeal e ci riportano ai tempi della scuola, ma che sotto trame e personaggi nascondono quella pillola segreta che ci mette in grado di affrontare meglio la vita di tutti i giorni e, perché no, farci ritornare in forma. Forse allora, col nuovo anno, oltre all’abbonamento in palestra dovremmo farne uno in biblioteca. Curarsi con i libri, Ella Berthoud, Susan Elderkin, Sellerio, pagg. 644, € 18.


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LETTURE per MANAGER

...per manager

Marco Lucarelli

Tutti pazzi per il brand! Mi sono laureato con una tesi sulle tecniche di persuasione applicate al marketing e alle vendite. Sono partito dal pensiero di Vincent Packard riassunto nel suo classico I persuasori occulti per poi approfondire le teorie dello psicologo statunitense Robert Cialdini, autore de Le armi della persuasione. Libri fondamentali per capire gli sforzi che l’industria del marketing e della comunicazione impiegano per vendere. Questo libro di Martin Lindstrom, Le bugie del marketing. Come le aziende orientano i nostri consumi (Hoepli, 2013), si inserisce in questo filone. L’autore, guru del marketing e consulente per aziende come McDonald’s, Procter & Gamble e Microsoft, in questo libro “cambia casacca”. Dismette quella di consulente strategico e si mette dalla parte dei consumatori, svelandoci i trucchi che le aziende usano per farci comprare sempre più cose.

Sempre connessi Come ci ricorda Lindstrom, la pubblicità lavora molto sulle nostre paure: di non avere successo, di non avere abbastanza amici, di non essere stimato, apprezzato. L’essere umano ha un bisogno istintivo di socialità e di appartenenza. Gli smartphone hanno alimentato questa paura di restare soli o di essere percepiti come individui solitari. Questa insicurezza, per l’autore, ha contribuito al successo del social più contagioso dei nostri tempi: Facebook. Perché? È su Facebook che si mandano gli inviti, si pubblicano foto delle feste, ci si scambia messaggi. Non esserci, per molte persone, è come non esistere.

denziano come, per essere popolari, i ragazzini indossino abiti indossati dai ragazzi più popolari: Gap, Nike, Abercrombie. “Un sondaggio condotto su 112.000 teenager in trenta nazioni ha evidenziato come la metà dei ragazzi ha affermato che non comprerebbe mai un capo d’abbigliamento se il logo del brand non fosse visibile”. Il marchio deve anche costare di più rispetto agli altri. I prodotti di tendenza riescono, in nome dell’esclusiva, a imporre un premium price più alto, come Apple e Abercrombie insegnano.

“Un Rolex falso ingannerà tutti tranne te” Siete soddisfatti per aver comprato quegli occhiali di Chanel e quella borsa di Vuitton a un temporary shop nel sottopassaggio della metropolitana (“temporary” nel senso che sparisce appena si profila all’orizzonte una pattuglia di vigili). Però, come vi spiegherà l’esperimento citato nel libro, in realtà questo acquisto ha abbassato un po’ il vostro livello di autostima e aumentato i vostri sensi di colpa. Anche questo rappresenta la forza di un brand.

Perché leggerlo Se siete un marketer aggressivo questo libro vi racconterà le ultime frontiere della sperimentazione psicologica e neurologica applicata ai fini commerciali. Se siete dei semplici consumatori, come lo siamo tutti, vi metterà in guardia di fronte ai tranelli del marketing. Se poi decidete di proseguire nell’acquisto, almeno sarà una scelta consapevole.

Sono un Apple-fan, vesto Abercrombie, ho scarpe Nike. E tu chi sei? Diversi studi sugli adolescenti, citati in questo libro, evi-

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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)

Chiarimenti sull’indennità di disoccupazione Aspi

lettere

Ho recentemente cessato il rapporto di lavoro con una transazione, a fronte della corresponsione di un incentivo all’esodo. Allo stato attuale sono disoccupato. Vorrei sapere se ho diritto all’Aspi e per quante mensilità dura la corresponsione del trattamento di disoccupazione. C.M. - Roma Non abbiamo elementi sufficienti per rispondere in via definitiva al suo quesito. Per determinare il diritto all’Aspi è necessario sapere quale tipologia di cessazione ha portato all’accordo transattivo. Uno dei presupposti per la corresponsione dell’Aspi è infatti la non volontarietà della cessazione del rapporto di lavoro, che deve quindi intervenire su iniziativa dell’azienda oppure deve essere indotta da determinati comportamenti aziendali. L’indennità è concessa a coloro che vengono a trovarsi senza lavoro, e quindi senza retribuzione, per qualsiasi tipologia di licenziamento (compreso quello disciplinare per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa), per scadenza del contratto a termine, per dimissioni per giusta causa e per risoluzione consensuale a seguito di trasferimento della sede di lavoro o di proprietà dell’azienda. L’indennità non spetta, quindi, ai lavoratori che si dimettono volontariamente, ad eccezione delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri che si dimettono durante il periodo in cui è previsto il divieto di licenziamento (dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento del 1° anno di età del bambino). Con l’introduzione dell’Aspi, il legislatore

ha stabilito che la tutela interviene anche nei casi di conciliazione presso le Direzioni territoriali del lavoro (Dtl), a seguito della procedura di comunicazione preventiva che le aziende devono attivare prima di procedere a un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, quello che viene comunemente denominato “licenziamento per motivi economici”, a seguito di operazioni di ristrutturazione aziendale; procedura che si riferisce ai lavoratori che rientravano nella sfera di applicazione dell’art. 18 e quindi non si applica al licenziamento del dirigente. Tuttavia, anche al dirigente, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, seguito da un accordo transattivo sottoscritto in sede sindacale o presso le Dtl, va riconosciuto il diritto all’Aspi. Veniamo alla durata dell’erogazione: varia in base all’età anagrafica del lavoratore alla data della cessazione del rapporto di lavoro e, per il 2014, è di massimo 8 mesi in caso di età inferiore ai 50 anni, 12 mesi in caso di età pari o superiore a 50 anni e inferiore a 55 anni, e 14 mesi (nel limite delle settimane di contribuzione versate negli ultimi due anni) per chi supera i 55 anni di età.

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... AL FIN DELLA LICENZA,

io tocco! Guido Gay

io tocco!

Uno sguardo “dentro” Roma

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A volte la lettura di alcuni dati sulle nostre città colpiscono. È il caso di Roma su cui – scorrendo alcune noticine – si leggono alcuni curiosi dati sparsi. Scopriamo allora che vi sono 67 auto ogni cento abitanti, 56 pedoni sono travolti e uccisi ogni anno, ogni residente produce 660 kg di rifiuti (e poi noi settentrionali sosteniamo che i romani non producono) e i dipendenti comunali sono in numero doppio dei dipendenti della Fiat. Quest’ultimo dato ha originato la stura a critiche e battute umoristiche di chi non capisce che – per quanto complessa – la fabbricazione di auto si esaurisce in movimenti e assemblamenti sempre uguali e ripetitivi mentre l’amministrazione di un grosso comune comporta mille problemi complessi, ripetitivi ma anche emergenti e nuovi e gestisce un funzionamento che è sotto gli occhi di tutti a fronte delle aspettative disparate dei cittadini. Ecco perché il complesso dei dipendenti comunali sembra un esercito e, fra l’altro, si sforza anche con le sole sue forze di combattere un male endemico, la disoccupazione.

Soldi spesi bene Talvolta ci chiediamo dove finiscono i soldi delle nostre tasse introitate dalle Regioni. Il timore è che vengano sciupati o investiti in operazioni non essenziali per il funzionamento della macchina regionale. E, invece, sono in buone mani e sono spesi con oculatezza, con attenzione alle necessità, perfino con immaginazione. Così i revisori interni di Lombardia informatica rilevano 23.000 euro spesi in

prodotti enogastronomici, omaggi natalizi ad assessori e consiglieri regionali, premi in denaro ai dirigenti fuori sede. Altri revisori contabili di apparati amministrativi della regione scoprono che 41.546 euro sono stati investiti in viaggi in Europa e abbonamenti alle stagioni calcisticche o teatrali. Siamo soddisfatti di questi investimenti: i viaggi in Europa significano ricerca e confronto prezioso con altre culture mentre gli abbonamenti al calcio o al teatro allietano il poco tempo libero dei nostri consiglieri così oberati di compiti istituzionali e responsabilità. Sui prodotti enogastronomici non si può indulgere in pensieri critici e fare dell’ironia. Si tratta infatti di regali utili per la salute dei nostri rappresentanti e, quindi, per un brillante espletamento del loro importante mandato.

Nascondino con il fisco La chiamano la regina dei salotti romani. È l’imprenditrice Angiola Armellini e la stanno torturando perché avrebbe evaso le tasse. In realtà è un caso di una sia pur rilevante dimenticanza. Esagerata, quindi, l’accusa di associazione a delinquere, di maxievasione, di Imu e Ici (17 milioni) mai pagati. In fondo si tratta di oltre 2 miliardi che l’accusa dichiara nascosti al fisco, mentre la signora Angiola parla di dimenticanza e sbadataggini relative e, per esempio, a sole 1.243 case di cui è proprietaria. Tutti dimentichiamo qualcosa, non si può torturare una persona per dimenticanze a prescindere, ovviamente, dagli importi evasi o dalla non dichiarata proprietà di immobili.


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FUTURO

ISTRUZIONI PER L’USO Thomas Bialas

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NTICIPARE IL FUTURO è oggi la priorità. Per questo nasce “Dirigibile”, un nuovo inserto per cogliere i segnali di cambiamento. «Che cos’è il futuro?» è la domanda che dà il titolo al recente libro del sociologo Francesco Morace. Già, cos’è il futuro? Non è niente, se non ci pensi. Se attendi che arrivi, come le alluvioni e le tempeste che ultimamente in Italia colgono tutti impreparati. Perché il tema è proprio questo: essere preparati, pronti, attrezzati. Vale per il paese Italia, troppo abituato a gestire solo il tran tran quotidiano, e vale per le aziende, che in tempi così turbolenti devono fare della lungimiranza un’arte e, se vogliamo, una scienza esatta e tempestiva.

ANTICIPARE PER SOPRAVVIVERE Perché oggi è così importante cogliere i segnali di cambiamento in tempo? Mi pare ovvio. Per sopravvivere.Vi ricorda qualcosa? A me un’innovazione estrema di più di dieci anni fa. Mentre le case discogra-

fiche litigavano sugli effetti della pirateria Steve Jobs andò alla radice del problema: «Volete scaricare in modo semplice, conveniente e legale la musica dalla rete? Ecco a voi iTunes e iPod». Quando uscì l’innovazione dell’azienda di Cupertino scrissi un articolo dove affermavo che finiva un’epoca e ne iniziava un’altra. Misi in guardia l’industria dei media e interi settori: attenzione, siete a rischio di estinzione – non subito ma nell’arco di dieci anni sì – se non cambiate registro. Mi aspettavo che a questo punto le aziende corressero ai ripari. Mi aspettavo, per esempio, che Blockbuster stravolgesse il suo modello distributivo e di business mettendo tutto il cinema online con noleggio in streaming a un prezzo “democratico” di uno o due euro. Avrebbe fatto tombola. Certo, rimaneva il problema dei punti vendita fisici, ma anche lì bastava ripensare radicalmente il futuro di quei luoghi immaginando altro. Invece niente. Sappiamo come è andata a finire. Da quella fatidica data che segna prepotentemen-

te l’entrata in scena della civiltà digitale (con conseguente fenomeno della disintermediazione) ho visto andare in malora un’infinità di aziende, grandi e piccine. Per miopia e ottusità. Aggrappati al presente come delle zecche. Paralizzati da budget, obiettivi (sempre a breve) e trimestri da far quadrare. Presente: è proprio questa parola il problema. Perché per guardare oltre bisogna guardare indietro. Suona strano? Può darsi, ma è proprio così.

IMPARARE DAL PASSATO Come spiegano bene i futuristi di professione: chi si occupa di futuro si occupa di passato. “Studia il passato se vuoi prevedere il futuro” è uno dei famosi insegnamenti attribuiti a Confucio. Perché alla fine si studia ciò che è avvenuto per indovinare l’avvenire. Studiare il futuro significa dunque cogliere mutamenti appena accennati, segnali incerti, tendenze confuse, e interpretarne il senso. A volte il futuro ha un gusto atteso, altre volte un gusto che scombussola il metabolismo de-

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gli affari. Oggi prevale la seconda ipotesi. Discontinuità e complessità sono termini sulla bocca dei manager direi quasi quotidianamente. Ora queste discontinuità e complessità devono tramutarsi in opportunità e non solo in calamità. Per questo nasce l’inserto “Dirigibile - Segnali di futuro visti dall’alto”. Un piccolo sforzo editoriale per offrire stimoli utili ai manager. Un viaggio per mettere a fuoco micro, macro e mega tendenze del futuro. Un viaggio a cui prepararsi mettendo in valigia tutto l’occorrente, fra cui una piccola guida immaginaria con le 8 regole minime per guardare alle tendenze con la lente (e la mente) giusta. Senza piglio accademico. Giusto l’abc del buon senso.

REGOLA 1

I trend sono strumenti di orientamento che anticipano i mutamenti in atto. Bussole che indicano sentieri per rinnovare prodotti e servizi. Aiutano a non rimanere imbrigliati nella ragnatela delle infinite opzioni. Aiutano a sopravvivere alla complessità della competizione globale.

REGOLA 2

I trend rilevano trasformazioni che possono essere influenti per il futuro business aziendale. Servono per adattarsi tempestivamente al mercato attualizzando prodotti, servizi e competenze. Spesso sono la punta di un iceberg e fre-

quentemente vengono sottovalutati (soprattutto i segnali deboli) o peggio non avvistati in tempo (di nuovo, soprattutto i segnali deboli).

REGOLA 3

I trend non sono una serie di dati che si possono ingabbiare in un grigio e deprimente foglio di excel. Sono segnali e frammenti di fenomeni che ci raccontano in modo immaginativo ed evocativo cosa clienti e aziende stanno facendo o potrebbero presto fare.

REGOLA 4

I trend o meglio i micro trend e i segnali deboli non ci parlano di cosa accadrà fra dieci o vent’anni (come i megatrend o i macroscenari) ma di quello che accade ora e adesso. Sono un faro sui segnali emergenti. Illustrano l’attitudine che ha un certo fenomeno a prendere una determinata direzione.

REGOLA 5

I trend emergenti vanno compresi in profondità prima di un’eventuale applicazione. Ma non basta un generico reparto marketing o tradizionali strutture di ricerca e sviluppo, serve una trend unit interna all’azienda che attivi un monitoraggio permanente per raccogliere, codificare e sfruttare le tendenze più in sintonia con il proprio business.

REGOLA 6

I trend richiedono un approccio multidisciplinare e multivisionario. Se volete diventare degli specialisti di tendenze allora dovete diventare generalisti. Per raccogliere un trend serve lo zoom, ma per contestualizzarlo e sfruttarlo a dovere serve una mente “grandangolo” o meglio a fish eye.

REGOLA 7

I trend riservano sorprese. Attenzione all’euforia del trendsurfing. Chi cavalca con troppa spavalderia una tendenza rischia di cadere rovinosamente a terra. Non tutti i trend (e segnali) sono onde lunghe e non tutte le onde sono trend, ma spesso solo effimere mode camuffate che i media e presunti esperti enfatizzano.

REGOLA 8

I trend vengono maneggiati secondo il seguente schema: individuare il trend, calcolare l’impatto e reagire. Semplice ed efficace. Ma attenzione, bisogna anche cogliere gli intrecci con il contesto culturale, sociale, economico e tecnologico in cui appare e al limite scompare una tendenza. Per cogliere i segnali di cambiamento, sali con noi su “Dirigibile” e non perderti il primo numero qui a fianco. Un appuntamento mensile ricco di contenuti multimediali e social, per guardare video e approfondimenti fruibili online. 䡵

non finisce qui. Per gustarlo appieno consultalo nella versione pdf sul sito www.manageritalia.it, da cui potrai accedere a numerosi contenuti multimediali, e vieni a discuterne sul blog crisiesviluppo.manageritalia.it.

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Future office

talenti in azienda: se volete i migliori allora siate il migliore ufficio in città

Future risk

le tecnologie che sostituiscono le professioni della conoscenza

FUTURE TRAINING Worst practice. Imparare dai fallimenti FUTURE MINDSET Dirigere il futuro. Un mestiere come un altro INFOGRAFICA DEL MESE Ci vuole cervello per copiare i cinesi FUTURETECH invenzioni & innovazioni Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi

Nasce Dirigibile

micro, macro e mega tendenze del futuro Maneggiare l’esplosivo futuro è la sfida che attende le imprese. Ti distrai un attimo e tutto è già cambiato. Non serve barricarsi in casa, ovvero navigare a vista o chiudersi in nicchie di posizione. Quando il futuro bussa alla porta è già troppo tardi. Meglio stare alla finestra a scrutare. Vedere e prevedere. Agire e reagire. Il nuovo manager deve

Future economy

le frontiere dell’Indie capitalism secondo Bruce Nussbaum

leggere i segnali, anticipare le tendenze, elaborare scenari e concepire visioni perché oggi l’economia è soprattutto capacità previsionale e capacità evolutiva. Ma non basta. Bisogna anche sapere selezionare. Ci sono troppi eventi, troppi dati, troppe tendenze, troppi libri di management. Un troppo che rischia di mandare in cortocircuito la direzione aziendale. Il tema oggi è distillare le tendenze. Il “Dirigibile”, il nuovo inserto di Dirigente, il mensile di Manageritalia, vuole dare un piccolo contributo proprio in questa direzione. Ogni numero è una carrellata di notizie, impulsi e tendenze che sintetizzano un segnale di cambiamento con link e fonti per approfondire. Ogni numero un viaggio per avvistare, in tempo, il futuro che ci attende. Senza fronzoli e giri di parole. Buon “futuro” a tutti.


Future office Talenti in azienda: se volete i migliori allora siate il migliore ufficio in città Vi ricordate gli uffici alla Fantozzi, angusti e punitivi? Basati tra l’altro su un malinteso: è vero che il lavoro nobilita l’uomo ma solo quando al dovere si somma il piacere. Ci sono aziende che vengono sommerse da curricula brillanti. E non sono solo i soliti noti (Google & Co). I “contest” come greatplacetowork.it lo testimoniano: i migliori scelgono i luoghi migliori. Perché non è solo una questione di soldi e di carriera. Alla nuova generazione di talenti piace stare in posti dove si sta bene

(come a casa). Come dimostrano molte ricerche (e direi anche il buon senso) il rendimento del personale aumenta in spazi e uffici progettati in un’ottica non di ottimizzazione dei costi ma del benessere (reale e percepito). Purtroppo spesso le aziende temono che nei luoghi troppo accoglienti si tenda al “cazzeggio”. Niente di più falso. È che abbiamo la memoria corta e abbiamo dimenticato la lezione (di una vita fa) di Adriano Olivetti. Nella sua luminosa fabbrica di Pozzuoli con vista mare la produttività degli operai (gli “indolenti del Sud”) era sorprendentemente (almeno per gli altri imprenditori) più alta della media delle industrie italiane.

Future workskills 10 competenze per il manager 2020 Connettività globale, tecnologie intelligenti e nuovi media sono solo alcuni dei driver che stanno ridisegnando il modo in cui pensiamo al lavoro e alle competenze (spesso cognitive) necessarie per fronteggiare e gestire un futuro sempre meno statico e domabile con le vecchie conoscenze. Il rapporto del noto Institute for the Future di Palo Alto (California) parla chiaro: è finita l’epoca della specializzazione maniacale e dei manager troppo esperti

Future workspace Condividere gli spazi con altre aziende produce più innovazione Dopo il co-working è il momento di sperimentare il shared workspace. Sulla carta la ricetta è semplice: prendete sei aziende non in concorrenza fra di loro, mettetele in un edificio con molti spazi da vivere in condivisione e attendete che gli incontri casuali e occasionali, nonché l’incrocio di competenze ed esperienze (tecnicamente cross-pollination), producano innovazione. Così hanno fatto negli

Usa con il progetto grid70.com alcune aziende locali della città di Grand Rapids (Michigan). Il concept di un hub design che aiuti a pensare fuori dagli schemi è stato partorito da un gruppo di 30 ceo di imprese del West Michigan chiamato, con tono di sfida, “What’s Next”. Fra le aziende che hanno aderito subito: Meijer (food), Amway (commercio), Steelcase (arredamento), Pennant Health (assistenza sanitaria), Wolverine World Wide (scarpe) e Process Automation Concepts (tecnologie). Un trend che negli Usa vede anche altre sperimentazioni. È il caso del quotidiano New York Times, che con il progetto nytimes.com/timespace/ mette a disposizione i suoi spazi per ospitare e incubare start-up. L’obiettivo? I giovani imprenditori usufruiscono di assistenza,

so what? Urge una profonda metamorfosi: da razionalizzare gli spazi (vecchio modello fordista) a rivitalizzare gli spazi (nuovo modello olistico). Certo ha dei costi ma il ritorno è garantito e non solo in termini di appeal (nuovi collaboratori).

in un campo. La complessità e discontinuità richiedono competenze cross-culturali e transdisciplinarità. Certo, diventare “uomini universali” ed eccellere in molteplici campi come Leonardo da Vinci non è alla portata di tutti (o forse di nessuno). Ma simbolicamente il tema è questo perché il futuro ha bisogno di “trasformisti” che cambiano pelle (e competenze) velocemente.

i “vecchi dell’editoria” di nuovi modelli di business per rilanciare l’attività.

so what? Per ideare nuovi prodotti e servizi bisogna uscire dall’isolamento aziendale, mischiare bene le carte e collaborare con gente di altri settori. Crossinnovation, in definitiva. Da attuare in modo radicale (cambiando sede come nel caso di Grid70) ma anche in modo più soft, per esempio ospitando (anche a pagamento) negli spazi in esubero professionisti di altre aziende oppure (già molte lo fanno) piazzando alcuni team di progetto interni in spazi esterni di co-working. Aiuta.


Future economy Le frontiere dell’indie capitalism secondo Bruce Nussbaum Può l’Indie capitalism sostituire il nostro sistema economico stagnante? si chiede Wired Usa in un recente articolo. Per il mondo delle start-up certo che può. Anzi, lo sta già facendo. Non a caso i due termini viaggiano spesso assieme. “Indie per cui”? Indipendente come l’Indie rock o l’Indie movie. Tutta un’altra musica e cinema: alla larga dalle regole della business community e alla ricerca di vie alternative per affermarsi. È un luogo comune pensare che l’Indie sia rilegato sempre e solo a nicchie (vedi Nirvana per la musica e Tarantino per il cinema).

Più che mainstream o non mainstream è una questione soprattutto di attitudine mentale (essere disruptive) e dei (pochi) mezzi usati, spesso lanciando campagne di crowdfundraising su piattaforme come Kickstarter o Indiegogo (gli indipendenti che vanno). Ma cosa significa per imprese e manager essere indie? Significa porsi al di fuori di logiche e modelli della produzione e distribuzione di massa e soprattutto, ai tempi di internet, essere sempre collegati (quasi “appiccicati”) a clienti che diventano collaboratori, ambasciatori, insomma, parte della tribù. Bruce Nussbaum, ex caporedattore del Business Week, è docente di innovazione e design alla Parsons New School of Design di New York e autore del libro Creative Intelligence, piccola bibbia per il popolo degli Indie entrepreneurs.

Future RISK Le tecnologie che sostituiscono le professioni della conoscenza Marc Andreessen, co-inventore del primo browser Netscape, è lapidario: «In futuro ci saranno due categorie di collaboratori in azienda: quelli che danno ordini al computer e quelli che li prendono». Magari non sarà proprio così ma una cosa è certa: già oggi molti “concetti” (vedi ragionamenti) dell’impiegato di concetto sono alla portata di software sofisticati e macchine intelligenti (smart machine). In futuro molte professioni della conoscenza, soprattutto quelle di medio livello, saranno a rischio. Negli Usa chiamano il fenomeno White Collar

Future training Basta con le best practice. Si impara di più dalle worst practice È vero: sbagliando si impara ma magari meglio se dagli errori degli altri. Questo il format della Falicon Conference. Sul palcoscenico per un giorno giovani imprenditori e start-up parlano dei loro fallimenti. Per non ripetere ma anche per imparare come rialzarsi e ripartire da zero. Il prossimo appuntamento in Europa: Londra, 8 aprile 2014.

Robots. A questo tema dedicheremo nel prossimo numero un approfondimento per vedere più nel dettaglio quali categorie di professioni sono a rischio e cosa cambia in azienda nell’era della gestione (e direzione) delle risorse artificiali. Per il manager una nuova sfida. Una sfida che il McKinsey Global Institute ha messo a fuoco nel suo recente studio sulle tecnologie dirompenti che i lettori di “Dirigibile” possono scaricare integralmente dal link indicato.


Future spot Da Instagram a Vine. Bastano 6’’ per uno spot pubblicitario? Se ben fatto, sì. Sintesi, brevità e velocità sono sempre più apprezzati. Per forza: il tempo stringe e i messaggi sono troppi. Vine, applicazione in orbita Twitter, che consente di realizzare e divulgare filmati rigorosamente in 6’’ compie un anno. Time l’ha inserita tra le 50 migliori app dell’anno, perfino Obama ha caricato un suo messaggio e Facebook ha aggiunto nelle funzioni di Instagram i filmati. Ha senso per le aziende fare clip così brevi? Sì, se fungono da trailer per contenuti più lunghi linkati altrove e sì per annunci forti, soprattutto se rivolti a un target giovane.

Future content Scarica i magazine di Future Management Tools di Cfmt Nuovo foresight magazine di segnali e visioni. Un agile “trendistiller” che anticipa e distilla in modalità interattiva e sintetica scenari, tendenze, competenze e innovazioni per il manager del futuro.

Future Service Più che servire colazioni l’albergo del futuro serve servizi Serve altro? Sì, servono più servizi. Per forza. La differenziazione è giunta in molti casi al capolinea. Si riparte con la servolution: la rivoluzione o evoluzione dei servizi. Insomma soluzioni, informazioni e facilities. Vale per tutti i settori e in particolare per quello turistico-alberghiero che ora deve difendersi dall’attacco di airbnb.it e dei vari cloni che trasformano i cittadini e (ex)clienti in concorrenti. Affittare (e socializzare) fra privati case e stanze in tutto il mondo è diventato per molti (anche manager, fra l’altro) il nuovo modo di viaggiare e soggiornare. Bisogna rispondere con nuovi servizi. Un buon esempio viene dal Canada, dove l’hotel Fairmont Pacific Rim di Vancouver ha lanciato un servizio di Bike Butler, un “maggiordomo” che aiuta i ciclisti a esplorare i dintorni con mappe e assistenza. La lezione è chiara: Fairmont offre un valore aggiunto fornendo un’esperienza su misura e dimostra che la strada da percorrere è fornire su aree di nicchia servizi “all inclusive”.

Future FUNDING Arriva il crowdfunding riservato ai bambini Per molti il crowdfunding è una delle leve finanziarie del futuro. Non sorprende dunque che dopo Kickstarter & Co arrivi ora (in versione beta) una piattaforma dedicata a finanziare progetti di imprenditori in fasce. Piggybackr è rivolto a un target che va dall’asilo fino all’età del college. Giovanissimi, ovviamente, solo con il consenso dei loro genitori. L’aspetto interessante: molti progetti hanno un valore e un impatto pedagogico.


Future mindset Dirigere il futuro: per imprese come Shell, Siemens e Volkswagen un mestiere come un altro Prendere decisioni per l’immediato e lontano futuro è (o dovrebbe essere) la quotidianità nelle sale riunioni aziendali. In una formula: guarda lontano e quando hai guardato lontano guarda ancora più lontano allenandoti a pensare l’impensabile. Non è facile perché nessuna azienda ha, verosimilmente, il dono della chiaroveggenza e non sempre intuizioni geniali e scommesse audaci bastano per operare con successo nei mercati di domani. Ma c’è un’altra via, egualmente rischiosa e incerta, ma se vogliamo più ponderata: l’arte dell’elaborazione degli scenari e dell’individuazione dei trend. Un’arte indispensabile in un’epoca di veloci e radicali cambiamenti che alcune grandi aziende dominano con nonchalance. È il caso del colosso tecnologico Siemens, per vocazione future oriented, e di cui consigliamo la lettura dello studio Horizons 2020, elaborato nel lontano 2005 e per questo interessante da leggere per verificare se ci hanno visto giusto, e del colosso petrolifero Shell che per la natura e la complessità del suo core business è quasi obbligato a capire i possibili cambiamenti nei sistemi energetici a lunghissimo termine. Non a caso è stata una delle prime multinazionali a inserire in modo sistematico e con un reparto di 70 collaboratori la pianificazione degli scenari nella business strategy. Un’altra azienda che crede nel futuro e nella pratica del futuro è la Volkswagen, che non solo investe pesantemente in innovazione e sperimentazione di nuovi settori (guarda caso energia) ma ha all’interno dell’azienda profili curiosi, credo, per molte aziende italiane, come per esempio un “head of future affairs” con tanto di dipartimento dedicato. Per dire che il future management viene preso molto sul serio e verrebbe da chiedersi: la casa automobilistica tedesca va bene o diciamo va anche bene perché anticipa il futuro?

Future MUSIC Per innovare nel presente ascolta il passato Led Zeppelin

so what? Solo poche imprese possono permettersi interi reparti e team dedicati all’esplorazione del futuro. Tutti, invece, anche le pmi, possono permettersi una micro trend unit (a volte basta una persona dedicata) interna che attivi un trendwatching permanente per raccogliere, codificare e sfruttare tendenze e innovazioni più in sintonia con il proprio business. Un investimento che oggi tutti dovrebbero fare. Perché un direttore degli affari futuri (un futurist manager) è tanto importante quanto un direttore degli affari presenti.

La musica fa sognare. La musica sa ispirare. Ma mica Rihanna! Il sound per innovare è molto ma molto più vecchio. I Led Zeppelin per esempio. Troppo vecchi? Provate ad ascoltare un brano della band considerata tra i grandi innovatori del rock e tra i principali pionieri dell’hard rock e poi provate a immaginare nuovi prodotti o servizi. Energia pura.


Infografica del mese

Da low cost a high brain ci vuole cervello per copiare i (nuovi) cinesi Investimenti in ricerca e sviluppo in miliardi di euro

2003

2005

2007

2009

2011

16,6

24,6

37

53,7

100,4

Alti investimenti

Alte innovazioni

Alte prestazioni

Certo, la Cina è un gigante e l’Italia è un nano. Ma intanto la Germania (paragone più sportivo) ha investito nel 2011 più del triplo di noi in ricerca & sviluppo (60,9 miliardi di euro) e la sola Apple la bellezza di 2,5 miliardi (media annuale). Ma il vero dato che salta all’occhio è un altro. Nel 2003 potevamo ancora dire “ce la giochiamo alla pari con la Cina” poi (vedi infografica) c’è stata una progressione impressionante (la loro, non certo la nostra) in termini di investimenti in R&S. Se messo in relazione con i duemila e passa miliardi di debito pubblico risulta chiaro il perché siamo fermi al palo.

Non ancora. Il tasso di innovazione è ancora piuttosto deludente. Si semina tanto (denaro) ma si raccoglie poco. Tra aziende cinesi e occidentali il divario è tuttora enorme e la strada da percorrere, per le imprese cinesi, è ancora lunga prima di entrare nell’olimpo delle aziende più innovative. Ma il tempo lavora a loro favore. A differenza di noi occidentali, i cinesi hanno una concezione ciclica del tempo e sanno attendere con pazienza il divenire dei mutamenti in corso. Sanno guardare molto lontano e da impero del costa meno stanno lentamente per trasformarsi in impero tout court. Ad aiutarli (indirettamente) anche le grandi multinazionali, che sempre più spesso aprono divisioni di R&S nel regno di mezzo.

In attesa delle innovazioni, fare cose nuove, i cinesi si concentrano sulle prestazioni, fare cose meglio (o perlomeno alla pari). A livello simbolico un ottimo esempio sono i futuri aerei di linea della Comac (partner Bombardier) perché voler fare concorrenza a Boing e Airbus è già un bel salto qualitativo in avanti nelle sfide tecnologiche. Le prestazioni sono, vedi performance alle Olimpiadi, la loro forza ma anche il loro limite. Di norma pochi colpi di genio. La colpa? Secondo il Pisa Ranking, gli studenti cinesi eccellono in matematica, biologia, chimica, fisica ma non nella creatività (dove finiscono nelle posizioni di coda). Lezione per noi: creare e non copiare.


fonti China Science and Technology Statistical Yearbook; La ricerca e lo sviluppo in Italia, Istat

2003

Exit strategy Già che non investiamo facciamo almeno investire i cinesi. La loro strategia è fin troppo chiara: raggiungere velocemente la vetta tramite l’acquisizione di aziende e del know how mancante. Volete vendere l’attività? Comprate questo libro. http://vimeo.com/41063789

2005

2007

2009

2011


FUTURETECH invenzioni & innovazioni Wearable Future Computer da indossare come nuova moda e nuovo mercato? Occhiali, braccialetti, stivali, giacche oppure, come soluzione più “definitiva”, tatuaggi microchip sulla pelle. Come si chiedono negli Usa: hype or hope? Si è scritto tanto e talvolta troppo (diciamo a sproposito) sul brillante futuro dell’uomo bionico e della tecnologia da indossare. Tutti si aspettano grandi cose dai pompati (in termini mediatici) Google Glass e la stessa Intel ha giurato al Ces 2014 di Las Vegas che il futuro del pc è tutto da indossare. Come stanno le cose? Come

al solito. Non bisogna ragionare in termini di device ma di sistema. Un gadget in più non serve (tipo alcune ridicole giacche sportive con tastiera del cellulare sulla manica) a meno che il gadget non produca un sofisticato sistema di esperienze integrata con i device più in uso (smartphone ecc.). Una buona lezione viene dalla Nike. Il suo Nike FuelBand non è solo un braccialetto fitness con schermo LED per monitorare l’attività fisica ma un sistema (https://secure-nikeplus. nike.com/plus/) che integra sport con gioco (gamification), socializzazione (social media) e competizione. Solo così il futuro è wearable.

Dopo singing in the rain arriva texting in the rain. Il primo “manico” che consente di utilizzare ombrello e smartphone con una mano sola.

Arriva la penna 3D per contenuti con un peso tridimensionale e progettata per essere utilizzata in pochi minuti senza nessun training “tecnologico”.

Nike al primo posto nella classifica 2013 delle imprese più innovative al mondo. Leggere i casi della nota rivista americana è ormai un must.

Il futuro del retail secondo Perch: tracciare il comportamento del consumatore e rendere ogni punto di vendita e superficie un’esperienza interattiva.

acques Carelman

Le invenzioni impossibili del Catalogo degli oggetti introvabili. Due volumi con oggetti di dubbia utilità ma molto utili per aprire la mente e innovare.

Con la piattaforma di e-commerce Nyopoly il sogno di molti consumatori diventa realtà: negoziare e decidere il prezzo per ogni singolo prodotto.


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ASSOCIAZIONI S ERVIZI ANITÀ CONTRATTO S PREVIDENZAFORMAZIONE

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MANAGERITALIA

SOTTOSCRITTI 4 NUOVI ACCORDI Sottoscritti accordi per i dirigenti delle aziende alberghiere (Federalberghi e Aica), degli autotrasporti (Confetra) e della logistica (Assologistica)

R

ispettivamente il 9 e il 18 dicembre e l’8 e il 23 gennaio, Manageritalia ha stipulato quattro importanti accordi per i dirigenti delle aziende alberghiere, dell’industria alberghiera,

delle aziende di autotrasporto e spedizione merci e della logistica. Per tutti, si è convenuto: 䡵

di adeguare la contribuzione per il 2014, a favore del Fondo Mario Negri e del Fasdac, in ottemperanza alle indicazioni fornite dagli attuari;

di confermare per l’anno 2014 il finanziamento delle iniziative del Cfmt volte alla ricollocazione dei dirigenti disoccupati, senza prevedere contributi aggiuntivi a carico delle imprese e dei dirigenti;

di aprire un tavolo permanente di discussione sui temi della bilateralità e del welfare contrattuale.

Inoltre, con Federalberghi e Aica si è deciso di prorogare di un anno la vigenza dell’attuale ccnl che sarebbe scaduto il 31 dicembre 2013, con l’auspicio di poter avviare la trattativa per il rinnovo in tempi migliori degli attuali sotto l’aspetto economico. Per i ccnl Confetra e Assologistica, invece, la scadenza era già stata fissata al 31 dicembre 2014 dal precedente accordo di rinnovo, ma era rimasta in sospeso la decisione relativa all’aumento retributivo per l’anno 2014. Al riguardo, si è stabilito di non prevedere alcun incremento, in considerazione del perdurare della situazione di crisi in entrambi i settori, confidando nella comprensione dei dirigenti interessati. Per vedere i testi integrali degli accordi www.manageritalia.it >> Dirigente >> Contratti


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ASSIDIR

ASSICURAZIONE AUTO PIÙ VANTAGGIOSA CON GENERTEL E MANAGERITALIA

L’

assicurazione auto è costantemente al centro dell’attenzione dei media

per le motivazioni più diverse ma, quasi sempre, con connotazioni negative come l’elevato costo o le limitazioni che vengono poste al contraente. Ecco invece alcune notizie positive che confermano la validità degli accordi tra Manageritalia e Genertel, grazie ad Assidir. Non dimenticando che Genertel è stata la prima compagnia assicuratrice a offrire un modo diverso per sottoscrivere e gestire la propria assicurazione auto, è giusto sottolineare come sia tuttora uno dei principali attori ai vertici delle classifiche e in grado di offrire un ottimo rapporto

tri clienti Genertel.

coperture. Desiderando sintetizzare in

l’assicurato in caso il guidatore sia in stato di ebbrezza; 䡵 perdita delle chiavi;

qualità-

prezzo delle

I vantaggi con la card Manageritalia Ecco alcuni dei van-

䡵 spese di reimmatricolazione a seguito di incidente, furto e incendio; 䡵 spese per rifacimento della patente smarrita o distrutta;

taggi che si possono otte-

䡵 la tariffa prevede un blocco de-

gli ultimi ag-

nere, oltre naturalmente a tutte le

gli incrementi aggiuntivi per tutte

giornamenti dell’offerta che Ge-

opzioni della polizza standard Ge-

le auto che rientrano nella catego-

nertel mette a disposizione, pos-

nertel, come rc auto, furto e incen-

ria “alta cilindrata” (quelle con al-

siamo asserire che, a parità di ga-

dio, cristalli, kasko o minikasko,

meno 19 cavalli fiscali).

ranzie ed estensioni scelte dall’as-

eventi speciali ecc.

sicurato, l’associato Managerita-

䡵 rinuncia da parte della compa-

Per chi vuole assicurare una motoci-

lia gode di condizioni migliori e

gnia assicuratrice alla rivalsa sul-

cletta sono previste interessanti con-

poche parole

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costi più bassi degli al-

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Richiedi il tuo preventivo 䡵 Collegati al sito www.assidir.it, clicca sul logo Genertel e scopri i vantaggi a te riservati insieme alle condizioni di polizza. Elabora il tuo preventivo e, se soddisfatto, acquista la tua polizza online dando il tuo numero di card Manageritalia. 䡵 Oppure chiama il numero verde di Genertel 800.68.18.57, seguito

dal codice 7525 riservato agli associati Manageritalia. Gli operatori sono a tua disposizione dal lunedì al sabato, dalle 8 alle 20. Potrai acquistare direttamente la polizza comunicando sempre il tuo numero di card Manageritalia.

www.assidir.it PER RICHIEDERE UN PREVENTIVO È NECESSARIO AVERE A DISPOSIZIONE I SEGUENTI DATI DATI PERSONALI

Nome, cognome e indirizzo Codice fiscale Codice MIT riportato sulla card associativa (se il preventivo viene richiesto online deve essere riportato nella casella “codice filiale”) Se unico guidatore o meno del veicolo da assicurare Numero di chilometri percorsi all’anno

DATI DEL VEICOLO

Marca e modello Anno di prima immatricolazione Potenza del veicolo espressa: 䡵 in CV fiscali se autovettura 䡵 in “massa complessiva se autocarri o caravan” 䡵 in KV se motocicli

dizioni per i periodi di “sospensione” dell’assicurazione durante i quali non si utilizza il mezzo, ma anche la possi-

Targa

bilità di entrare fin dall’inizio nella stessa classe di merito dell’automobi-

Leasing

le, qualora questa sia più conveniente di quella “di ingresso”, nel momen-

Autovettura mantenuta in box chiuso (se viene stipulata anche la garanzia “Incendio e Furto”)

to in cui si acquista una moto.

Veicolo dotato di antifurto (idem)

Da ultimo, ulteriori condizioni particolari per chi voglia aderire al sistema “Genertel quality driver”, al-

DATI ASSICURATIVI

Scadenza dell’attuale polizza Attestato di rischio

trimenti noto per l’uso della cosiddetta “scatola nera”.

taggi per i nostri associati siano sta-

Manageritalia per negoziare le mi-

In conclusione, non possiamo non

ti ottenuti, negli anni, grazie al

gliori condizioni possibili all’interno

ribadire come l’ampia serie di van-

mandato che Assidir ha avuto da

del mercato assicurativo.

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MANAGERITALIA

Formazione

OPPORTUNITÀ PER I FIGLI DEGLI ASSOCIATI Borse di studio su welfare, politiche del lavoro e previdenza

anageritalia contribuisce

M

do e terzo candidato uno sconto

Oltre a una conoscenza approfon-

alla formazione dei gio-

del 40% sull’iscrizione.

dita del settore, il corso fornisce i re-

vani più in gamba che

Tra gli elementi che saranno valu-

quisiti professionalizzanti obbliga-

vogliono lavorare nell’ambito delle

tati nell’assegnazione delle borse

tori imposti dalle nuove norme (de-

politiche del lavoro, del welfare e

ci sono la media degli esami e il

creto ministeriale 79/2007) per ac-

della previdenza complementare.

voto di laurea, oltre alla motiva-

cedere alle cariche di amministra-

Ai figli degli associati si offre l’oppor-

zione e all’interesse per la mate-

zione, gestione, direzione e control-

tunità di partecipare a due distinti

ria. Per partecipare occorre essere

lo di tutte quelle forme di previden-

percorsi formativi di alta qualità.

in possesso del diploma di laurea

za complementare (decreto legisla-

(triennale o superiore).

tivo 252/05).

Le iscrizioni sono aperte fino al 21

Il Fondo Mario Negri offre una bor-

Master alla Link Campus University

febbraio, le lezioni inizieranno a fi-

sa di studio dal valore di 2mila eu-

ne marzo a Roma.

ro al candidato più meritevole. An-

Il master in management dei Ser-

Gli interessati possono inviare cv e

che in questo caso, tra gli elemen-

vizi e delle politiche per il lavoro,

una breve lettera di motivazione a

ti che saranno valutati nell’asse-

organizzato dalla Link Campus

niccolo.gorisassoli@managerita-

gnazione delle borse c’è il rendi-

University, mira a qualificare pro-

lia.it

mento nello studio, la motivazione

fessionisti in grado di operare nel-

Per ulteriori informazioni:

e l’interesse per la materia.

le istituzioni e nei servizi per il la-

http://bit.ly/1dSJlFI

Le iscrizioni sono aperte fino al 20 marzo, le lezioni inizieranno il 27

voro, nelle relazioni industriali, nei campi delle risorse umane e

marzo a Milano. Gli interessati possono inviare cv e

Manageritalia, partner scientifico

Corso alta formazione alla Liuc

del master, finanzia una borsa di

Il corso professionalizzante di alta

borsestudio@fondonegri.it

studio per l’intero valore del ma-

formazione universitaria in Ammi-

Ulteriori informazioni su:

ster (12mila euro) e offre al secon-

nistrazione, gestione, direzione e

http://bit.ly/I2WEYp

del welfare aziendale.

controllo delle forme di previdenza complementare della Liuc Università Cattaneo si rivolge a giovani diplomati o laureati in discipline economiche, giuridiche, statisticoattuariali e umanistiche che vogliono specializzarsi nel settore della previdenza.

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una breve lettera di motivazione a


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Hanno collaborato a questo numero FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto (51) Future Management Tools di Cfmt.

I NOSTRI

BLOG

Oltre la crisi, per cogliere opportunità e sviluppo

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Cosimo Finzi è amministratore delegato di AstraRicerche, società leader nelle indagini sociali e negli scenari di mer(30) cato.

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale tlc dove si occupa di operatori virtuali. Cura anche la rubrica #letturexmanager sul blog crisiesviluppo.mana(45) geritalia.it. Piero Valdiserra

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI

FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO

ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel beverage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico bolognese Gaudio (mar(42) keting@rinaldi.biz).

Editore: Manageritalia Servizi srl

Domenico Villani è sommelier, maestro assaggiatore e docente Onaf, maestro assaggiatore Onas e assaggiatore Onav. Organizza corsi ed eventi enogastronomici e tra le altre attività collabora con Gambero Rosso e con l’azienda speciale della Camera di commercio di Roma. Fa parte del Gruppo di lavoro di Manageritalia Roma Manager@eat. (16)

Direzione, redazione, amministrazione: 20129 Milano - via Antonio Stoppani 6 tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it

donne.manageritalia.it

da Manageritalia

Conversazioni tra uomini e donne sulle pari opportunità

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Claudia Corti è laureata in lettere, indirizzo moderno artistico, ed è guida turistica per le province di Milano, Pa(43) via, Monza e Brianza.

Pietro Luigi Giacomon, è presidente di Manageritalia Veneto, opera nella formazione manageriale e nella gestione di progetti di sviluppo delle risorse umane. È docente (36) a contratto all’Università di Padova.

crisiesviluppo.manageritalia.it

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA

Daniela Fiorino, ufficio sindacale Federazione. (47)

Direttore responsabile: Guido Gay Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Luca Padovani, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta

Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità PUBLIMASTER 20146 Milano - via Winckelmann 2 tel. 02424191 - fax 0247710278 Grafica THE GRAPHIC FORGE snc 20129 Milano - via Antonio Stoppani 4 tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ALL GRAPH SYSTEM srl 28100 Novara - via Verbano 138 tel. 0321477625 - infoags@tiscali.it Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana

pensioni.manageritalia.it

Per i pensionati di oggi e di domani

Accertamenti diffusione stampa La diffusione di gennaio/febbraio è di 35.835 copie


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