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N. 11 NOVEMBRE 2014
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
L’INDAGINE SUL MIDDLE MANAGEMENT ITALIANO
INQUADRA IL QUADRO
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)
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Sommario Editoriale 4 Il quadro: manager a tutto tondo
RUBRICHE
Copertina 6 Inquadra il quadro!
20 Osservatorio legislativo
InfoMANAGER
32 Mondo del lavoro
Fasdac 67 La convenzione ticket si estende
40 Non solo consumi 50 Di buon grado
Eventi 14 La chiave europea della ripresa
70 Il rimborso in forma indiretta
51 Arte 52 Libri 53 Letture per manager
Management 22 Motivazione 3.0
54 Lettere
Assidir 68 Quadri&professional: il welfare individuale Fondo Mario Negri 72 Un sussidio per i figli minori disabili
Formazione 28 Innovazione jugaad 34 Puntare sulle persone Tecnologia 42 La tv che vedremo Eventi 46 Prepariamoci all’Expo
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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
L’INDAGINE SUL MIDDLE MANAGEMENT ITALIANO
INQUADRA IL QUADRO
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato R
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
IL QUADRO: MANAGER A TU L
a lunga stagnazione della produttività delle nostre imprese ha profondamente inciso sui livelli occupazionali e sta producendo una complessa disarticolazione dei ruoli e delle responsabilità delle figure manageriali in un sistema produttivo che stenta a innovarsi e a riorganizzarsi. Tutto ciò ha modificato i paradigmi del mondo del lavoro manageriale, forse tanto da dover ripensare anche alle declinazioni dell’art. 2095 del codice civile circa le categorie dei lavoratori subordinati. Stiamo correndo un forte rischio di un ulteriore impoverimento di managerialità nel nostro sistema produttivo, mentre al contrario è assolutamente necessario recuperare il deficit di cultura e presenza manageriale, in tutte le sue espressioni, per innovare i modelli di governance nelle nostre aziende. Conosciamo bene lo scenario che ha caratterizzato le figure dirigenziali, al contrario sappiamo poco delle difficoltà che hanno colpito anche i quadri, sempre più disorientati e ancora restii ad aggregarsi in un sistema di rappresentanza come Manageritalia che possa meglio rappresentare i valori comuni e dare risposte alle loro istanze professionali. Per questo abbiamo deciso di fare un’indagine di ampio respiro e grande divulgazione che ha riscosso notevole interesse, con ben oltre 6.000 rispondenti. Emerge la figura di un middle management che è manager a tutto tondo, ma che in moltissimi casi, soprattutto quelli riferibili ad aziende con governance familiare – purtroppo il modello prevalente nel nostro Paese – non ha deleghe e poteri necessari per svolgere il proprio ruolo manageriale, per condividere strategie, obiettivi e risultati: una situazione comune anche a
molti dirigenti. Sono ancora poche le aziende che riconoscono il valore della cultura manageriale. È un problema di costo? No, per nulla. Basti pensare che la retribuzione lorda media annua dei quadri è di 55mila euro, che più di un terzo di loro supera gli 80mila e che il minimo contrattuale dei dirigenti è di 54mila euro. Quindi, non è certo questo il freno a che un’impresa passi un quadro a dirigente. I soldi sono spesso un alibi per nascondere un problema culturale dei nostri imprenditori. Basti pensare che dall’indagine emerge che solo metà delle aziende ha formalizzato al momento dell’assunzione cosa si aspettava dal quadro: competenze, ruolo, obiettivi, responsabilità, percorsi formativi e di carriera. Tutto questo in un’economia come quella attuale, globale e in continuo cambiamento, dove occorre capacità innovativa, agilità e velocità di esecuzione, dimestichezza con le nuove tecnologie, condivisione del valore nelle reti alla ricerca continua di nuove marginalità con modestissimi costi, formazione continua per arricchire competenze, conoscenze e capacità di cambiare ruoli e responsabilità nei diversi progetti, soprattutto in modelli organizzativi sempre più destrutturati. È del tutto evidente il valore della cultura manageriale e l’obbligo per le imprese di ripensare alla centralità delle persone non come costo ma come valore e opportunità di crescita. La motivazione, il riconoscimento del merito e il benessere delle risorse umane sono e saranno sempre più correlate alla produttività delle imprese. Imprenditori visionari, dirigenti, quadri ed executive professional possono e devono dare un grande contributo allo sviluppo e alla crescita di nuovi modelli organizzativi più orientati alla crescita personale e al recupero di produttività. La ricerca, come dicevo, conferma che i quadri sono manager a tutti gli effetti, molti dei quali potrebbero
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TUTTO TONDO rientrare nel livello dirigenziale. Manager con solide basi – visto che il 65% ha una laurea e quasi il 15% anche un master – e con un’importante presenza femminile di circa il 30%. Un middle management valido e indispensabile alle nostre aziende, anche alle pmi per competere con maggiori opportunità. Un’ampia maggioranza dei quadri dichiara di avere un ottimo rapporto con i dirigenti, collaborativo e di reciproca fiducia e stima. È diffusa la consapevolezza nei diversi livelli del management che occorre lavorare in team, condividere obiettivi e responsabilità, creare un clima collaborativo e sviluppare una cultura organizzativa e aziendale capace di generare innovazione, collaborazione e sviluppo di reti con tutti gli stakeholder e, quindi, competitività. Come esempio concreto, nel progetto Interageing del Gruppo Donne Manager, una delle fattispecie che vengono proposte alle aziende è proprio quella del Tandem, l’abbinamento di collaboratori senior/junior affini per area funzionale cui affidare progetti congiunti, misurabili e premiabili, al raggiungimento degli obiettivi, con un bonus paritetico. Il sogno della dirigenza è presente in molti dei quadri intervistati, anche se oggi è sbiadito per tanti motivi, uno dei quali è l’errata convinzione di avere maggiori tutele in caso di licenziamento. È verosimile che la riforma del lavoro eliminerà questa barriera psicologica e spingerà i quadri a dover fare affidamento soprattutto sul patrimonio di conoscenze, competenze, capacità d’uso delle stesse, per tutelarsi e crescere professionalmente. Storicamente, e ancora di più oggi, i quadri sono molto lontani dal sindacato classico, al quale quasi mai sono stati iscritti anche nelle loro precedenti qualifiche, e non si riconoscono nella rappresentanza unitaria con operai e impiegati. Sono, invece, più vicini a forme di
rappresentanza sindacale e professionale come la nostra organizzazione, ma sono in ritardo di anni nell’adesione consapevole e numerosa a una casa comune, nonostante Manageritalia abbia avviato da tempo il progetto. Certo, i tempi cambiano, sia i quadri che gli executive professional, cioè migliaia di ex dirigenti che hanno mutato pelle e si relazionano con il mondo delle imprese con molteplici modalità, sono senza riferimenti precisi e hanno la necessità di un partner che li affianchi e li supporti con obiettivi sfidanti, con progetti di formazione continua, una gamma di servizi professionali, un progetto di welfare, di politiche attive e servizi per il lavoro che bilancino la maggiore flessibilità e mobilità nella vita lavorativa con i conseguenti rischi ricorrenti di ricollocazione. Come organizzazione dei dirigenti abbiamo già esteso ai quadri le opportunità offerte dagli attuali bandi di Italia Lavoro a favore dei manager disoccupati, per il reinserimento in azienda o per l’autoimpiego, proprio perché riteniamo che i quadri, in questo periodo di stagnazione, debbano avere le stesse opportunità dei dirigenti. Credo sia concreta la necessità che le parti rappresentative prendano coscienza dei mutamenti in corso e di quelli prospettici del mondo del lavoro manageriale, che questi debbano essere recepiti da modelli contrattuali innovativi. Penso che le parti, anche attraverso l’innovazione dei modelli di bilateralità, debbano divenire principali soggetti regolatori del mercato del lavoro manageriale con l’obiettivo di sviluppare maggiore cultura e presenza manageriale nelle nostre imprese e colmare un gap che le vede sfavorite nei confronti delle imprese dei principali paesi europei. Guido Carella (guido.carella@manageritalia.it)
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Copertina
INQUADRA IL QUADRO! Abbiamo condotto la più grande indagine sui quadri aziendali italiani di sempre e sono emersi cinque “identiquadri”. E tu che quadro sei?
È il raccordo tra impiegati o operai e la dirigenza, il cuscinetto fra decisori ed esecutori, il livello medio-alto nella “catena alimentare” della carriera professionale: stiamo parlando del quadro, colui che a livello aziendale ricopre ruoli di management e responsabilità. Dall’area manager al responsabile amministrativo,
Enrico Pedretti
dal direttore d’agenzia di banca a quello di un supermercato, abbiamo chiesto ai quadri italiani chi sono, cosa fanno e come vivono il loro ruolo oggi, riuscendo così a tracciare, grazie a oltre 6mila risposte, un “identiquadro” preciso, un identikit, anzi cinque identikit, dei quadri aziendali oggi.
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Il quadro perfetto (24,9%): profondamente soddisfatto del ruolo grazie a un’attività professionale in linea con qualifica e competenze, si sente valorizzato e adeguatamente remunerato. Ha autonomia decisionale e delega vera e un rapporto con i superiori di concreta collaborazione, fiducia e stima. È il tipo più femminile, con un’età e un’anzianità aziendale più bassa, più presente al Nord-ovest e nelle multinazionali estere.
Il quadro soddisfatto, ma non troppo (21,2%): contento di essere quadro, svolge attività coerenti a qualifica, conoscenze e competenze e ha una retribuzione adeguata. I “ma” sono quasi tutti nella delega, insufficiente, nel pesante addossamento delle responsabilità solo per i problemi e, in maniera minore, in un rapporto più di subordinazione che di collaborazione con i superiori. È il tipo più maschile, con età e anzianità aziendale più alta, soprattutto diplomato e residente nel Triveneto o nel Centro alto. Lavora in aziende dove spesso è l’unico quadro. Busta paga
Il quadro discount (24,5%): qui è soprattutto la busta paga a non quadrare, sia nella parte fissa che in quella variabile, spesso quasi assente. Tutto il resto va bene: i superiori lo rispettano, gli danno autonomia e collaborazione, fa quello che sa e vuole. Ma il gioco non vale la candela. Anche questo tipo è soprattutto maschio, età e anzianità aziendale media, laurea e/o master e presenza in multinazionali italiane.
Il quadro soldi e poco più (19,7%): ruolo e lavoro non quadrano per nulla e
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se non fosse per i soldi, una retribuzione discreta con benefit accettabili, sarebbe tutto o quasi nero. Vive in una realtà che non lo valorizza, dove l’impegno è massimo e il ruolo minimo, molta subordinazione e scarse collaborazione e delega. Quello che lo distingue dagli altri è lavorare soprattutto in aziende nazionali e padronali, dove l’imprenditore e/o i suoi familiari hanno ruoli manageriali e dove sono presenti anche altri quadri.
Il quadro sull’orlo di una crisi di nervi (9,7%): non fa ciò che vorrebbe e che lo qualifica, non ha collaborazione e scambio con i superiori, gestisce pochi o inesistenti collaboratori diretti. In più lo caricano di responsabilità per situazioni su cui spesso non ha autonomia. Un po’ più donna, giovane anagraficamente e aziendalmente, in possesso di laurea o master, residente al Nord-ovest o nel Centro basso e presente in aziende nazionali di tipo padronale con un fatturato basso.
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CHE QUADRO IN ITALIA?
Copertina Tra “il dire e il fare”il manager Abbiamo tracciato le cinque tipologie di quadro presentate sulla base degli interessanti risultati emersi dalla ricerca. Analizziamoli ora più da vicino. I tre quarti dei quadri intervistati partecipa più o meno attivamente alla definizione delle strategie aziendali, un quinto ne è almeno a conoscenza e solo l’8,7% ne è escluso. Il rapporto tra competenze e mansioni è per l’ampia maggioranza molto (52,3%) o abbastanza (37,6%) coerente, con attività assegnate corrispondenti alla qualifica (76,2%). Poco più della metà ritiene le sue capacità professionali utilizzate correttamente (56,9%). Minoranza
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Il quadro medio italiano, in base al nostro campione più che rappresentativo, ha un’età media di 45 anni, è per un quarto donna (27%), per metà laureato e addirittura il 14,6% ha un master. Vive e lavora soprattutto al Nord-ovest (49,9%), Nord-est (23,9%) e Centro (19,7%) mentre è quasi assente al Sud (6,2%). Metà è diventato quadro nell’azienda attuale (50,6%) e l’altra metà in aziende precedenti (49,5%). Un terzo lavora in una multinazionale estera, il 19,7% in una multinazionale italiana e il 46,5% in un’azienda nazionale (42% padronale). È entrato nell’azienda attuale attraverso conoscenze personali (38,3%), società di ricerca del personale/executive search (26,3%), annunci su siti web (9%) o stampa (8,7%), autocandidatura (5%). Canali professionali e web hanno inevitabilmente più peso tra gli under 40 sia come mezzo di reclutamento sia come strumento professionale: quasi tutti gli under 40 (94%) sono oggi presenti su un social network professionale, contro il 75% degli over 50.
diventa invece chi ritiene la retribuzione adeguata all’attività svolta
(47,4%) e le proprie capacità valorizzate (41,4%). I due terzi degli intervistati dichiarano però di avere autonomia (66,6%) e rispetto del contratto (64,1%), un po’ meno adeguati gli strumenti di lavoro (56,5%), i benefit (53,8%) e le risorse umane a supporto (52,9%). Plebiscitario il fatto che, indipendentemente dalla qualifica, ci si debba conquistare sul campo l’autorità (87%). Il riconoscimento del ruolo c’è prima di tutto all’esterno, da parte di partner/fornitori (82,5%), ma anche all’interno dove troviamo un buon rapporto con i superiori (66,9%) che non interferiscono impropriamente sulle attività gestite (57,2%). Solo un terzo dichiara sconfinamenti e “scaricabarile” da parte dei capi e un rapporto con i superiori/dirigenti poco collaborativo e molto subordinato.
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SETTORE Occupa soprattutto ruoli nel commerciale (19,7%), nelle vendite (5,9%) e nel marketing (6,1%), in tecnica, produzione e qualità (15,7%) e in amministrazione, finanza e controllo (14,4%). Solo il 6,8% è nel general management. Solo il 9% è stato in precedenza dirigente, in questa (2%) e/o in altre aziende (7,6%).
RETRIBUZIONE I due terzi hanno una retribuzione composta da fisso e variabile, con un variabile più basso (43,7%) che medio-alto (23,4%). Tanti, ma non tutti, hanno anche dei benefit (73,2%): soprattutto cellulare/smartphone (68,8%), computer (58,7%) e/o auto (42,3%).
FORMAZIONE Più della metà non ha avuto e non ha formazione specifica al ruolo di quadro/manager da parte dell’azienda (52,4%), gli altri l’hanno avuta appena entrati (39,7%) e/o successivamente (29,8%). Una formazione giudicata dalla maggioranza: buona/discreta (67,4%) o eccellente (6,9%) e definita di comune accordo con l’azienda (38,8%), solo dall’azienda (28,1%) o in piena autonomia dal quadro (8,9%).
Ampliando lo spettro, però, minoritari sono quelli che dichiarano un’autorità verso i dipendenti dell’azienda consona all’inquadramento/ruolo (47,3%) e ancor più autonomia e poteri anche verso superiori/dirigenti (29,4%). Sfatato quindi lo stereotipo che dirigenti e quadri siano ai ferri corti, situazione quasi insignificante, resta il fatto che in questo rapporto gerarchico, ma oggi sempre più collaborativo, c’è ampio spazio per migliorare. Il sogno “sbiadito”della dirigenza Il 79% aspira a diventare dirigente, solo il 37,1% pensa che lo diventerà e il 18,9% che ci sia la possibilità reale di diventarlo. Si vorrebbe la dirigenza soprattutto per la maggiore autonomia decisionale (89,2%) e per gli aspetti economici (retribuzione, incentivi e benefit 85-80%).
Tra gli aspetti negativi del diventare dirigente prevalgono meno tempo per la famiglia (40,5%), minore tutela dal licenziamento (33,6%), minor tempo per vita sociale (27,5%) e maggiore stress (22,5%). Insomma, il sogno c’è, ma è sbiadito per tanti motivi, e resta il fatto che essere quadro per tanti è, se non un sogno, una bella realtà. I quadri aspirano in larghissima maggioranza a diventare dirigenti, ma solo un terzo realisticamente pensa che lo potrà diventare, a dimostrazione che non abbiamo a che fare solo con professionisti di passaggio, bensì molti sono consci che saranno quadri a vita e desiderano essere aiutati a essere manager a tutti gli effetti. In tempi dove le aziende “mamma”, che formano e trattengono a
vita i collaboratori, sono in estinzione, dove la vita delle imprese è mediamente molto più breve di quella professionale dei lavoratori e dove la professione è sempre più sfidante e mutevole, i quadri sentono però il bisogno di un partner che li affianchi quotidianamente. Un partner che non è più l’azienda e potrebbe invece essere un’associazione professionale che dia servizi di vario tipo, che accompagni questi manager in una professio-
Racconta il tuo lavoro di quadro e commenta i risultati dell’indagine sul blog
Partecipa al sondaggio sulle 5 tipologie di quadro
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ne sempre più difficile, ma anche coinvolgente e che va oggi gestita in modo sempre più attivo. Le aziende e la crisi Non c’è alcun dubbio che sul vissuto dei quadri fin qui descritto conti molto l’andamento dell’azienda a fronte della prolunga-
ta crisi in atto. Le aziende degli intervistati negli ultimi anni hanno performato molto meglio (42,5%), peggio (30,7%) o uguale (25,5%) a prima. Solo per il 37,4% degli intervistati l’azienda è oggi più forte di prima, per il 20,1% è stabile e per il 42,5% più debole. Il 65,6% lavora in aziende recente-
L’indagine Quadri di valore di Manageritalia è la più grande operazione di ascolto sul vissuto e sulla realtà dei quadri aziendali italiani mai fatta. Un’indagine via web che tra giugno e settembre 2014 ha visto rispondere oltre 6mila quadri italiani (5.442 risposte valide). L'iniziativa, in collaborazione con AstraRicerche, Linkedin, Od&M Consulting e Praxi, ha prodotto un campione che garantisce una forte rappresentatività dell’universo dei 425mila quadri attivi oggi in Italia nel settore privato.
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mente ristrutturatesi con calo dei dipendenti in generale (76,2%) e dei dirigenti (49,4%) o dei quadri (48,4%) in particolare. Per fronteggiare la crisi un terzo delle aziende non ha fatto nulla, un altro terzo ha cambiato il top management e l’8,4% ha in programma di farlo a breve. Solo un quinto ha fatto formazione specifica per tutti i lavoratori. La crisi ha quindi pesato e continua a pesare non poco. Prevalgono senza ombra di dubbio aspetti negativi: meno risorse finanziarie (77,5%), maggiore stress (73,1%), meno formazione (67,2%), più lavoro (64,9%), minori collaboratori a disposizione (64,7%), maggiori tensioni con i colleghi (53,5%), meno retribuzione variabile percepita (53,5%), meno benefit (41,9%), maggiore mobilità/spostamenti (33,1%). Forte anche la necessità, professionalmente parlando, di cambiare pelle: obiettivi più sfidanti (58,4%), necessità di sviluppare nuove competenze (54,7%) e maggiore flessibilità (53,8%). Seppure minoritari, ci sono anche aspetti molto positivi come l’assegnazione di attività più stimolanti (33%), una maggiore rilevanza del ruolo in azienda (32,7%) e maggiori opportunità di crescita professionale (32,2%). Sindacato sì o no? L’80,1% degli intervistati non è attualmente iscritto ad alcun sin-
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UN NUOVO RAPPRESENTANTE PER I NOSTRI QUADRI È Antonio Votino il nuovo rappresentante quadri di Manageritalia. Eletto nei giorni scorsi all’unanimità dai tredici rappresentanti territoriali, succede ad Andrea Lanzoni, che ha lasciato l’incarico per i numerosi impegni di lavoro. «Manageritalia rappresenta, valorizza e offre servizi capaci di accompagnare i quadri – dice Antonio Votino – in una professione sempre più sfidante. La vera tutela sta oggi nell’aiutare i lavoratori, ancor più se a elevata qualificazione, a sviluppare la loro professionalità in linea con le esigenze del mercato. Dagli importanti risultati dell’indagine “Quadri di valore” ripartiamo per allargare una base associativa, oggi di quasi 2.000 quadri, giovane ma con potenzialità enormi. Siamo il partner ideale dei quadri e li affianchiamo quotidianamente nella loro professione».
CHI È Antonio Votino, 50 anni, coniugato con due figli, è attualmente loyalty e direct marketing manager di ICTeam, società di consulenza e servizi nell’information e business intelligence, e vanta una lunga esperienza nel marketing comunicativo e relazionale. In precedenza, dal 2003 al 2008, è stato responsabile marketing e progetti crm di Volponi e, dal 1993 al 2003, responsabile marketing di Mida 3. Da dieci anni è rappresentante quadri di Manageritalia Ancona. Scrive sul blog di manageritalia http://crisiesviluppo.manageritalia.it.
dacato/associazione professionale e l’86,9% non è mai stato iscritto prima, neppure quando era impiegato o operaio. Tra gli iscritti, il sindacato classico è minoritario (4%) e hanno più peso varie associazioni professionali (13%), tra queste, forse per aver
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condotto l’indagine anche sui nostri quadri associati, troviamo Manageritalia al 10%. Meno di un terzo, invece, dichiara di non desiderare una rappresentanza sindacale per sé e per la categoria dei quadri. Molti gli indecisi/dubbiosi (43,3%) e minoritari
i favorevoli (26,6%). Poi, andando più a fondo, lo zoccolo duro dei contrari scema ancora un po’. Solo il 15,2% nega che se i dirigenti hanno un sindacato debbano averlo anche i quadri e pochi di più (15,7%) che i quadri, al di là del contratto, abbiano bisogno di una rappresentanza sindacale/professionale che li supporti con servizi ad hoc e oggi indispensabili per la professione. Tra i servizi ritenuti utili, richiesti e desiderati dai quadri troviamo: assistenza legale (79,4%), servizi e consulenze previdenziali (79,1%), formazione e sviluppo professionale (78,8%), coperture assicurative da rischi vari professionali (78,6%), assistenza contrattuale (78,3%), coperture assicurative in ambito personale per sé e/o la famiglia (73,9%), assistenza fiscale (68%). Il 59% afferma che far rappresentare i quadri da chi già rappresenta operai e impiegati, come avviene oggi, è illogico e dannoso. La maggioranza (58,3%) ritiene che i quadri dovrebbero essere rappresentati da chi già rappresenta i dirigenti perché entrambi sono manager e hanno indubbie vicinanze professionali. Un terzo lo ritiene invece un controsenso, perché in azienda sono due figure distinte e distanti. Per finire, solo il 13,5% ritiene che i quadri non abbiano bisogno di una rappresentanza sindacale perché il loro ruolo non lo richiede. 䡵
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LA CHIAVE EUROPEA DELLA RIPRESA Azioni di qualità e scenari durante la tre giorni del Nextwork european projects forum di ottobre. Un confronto tra professionisti di vari settori strategici per individuare nuovi sbocchi e opportunità Ettore Ruggiero Villani
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L 2014 È STATO UN ANNO cruciale per l’Europa, tra elezioni del Parlamento, rinnovo delle principali cariche istituzionali, avvio della programmazione 2014-2020 e, per quanto ci riguarda, il semestre italiano di presidenza. Nonostante ciò, in Italia è ancora evidente
una scarsa conoscenza e consapevolezza delle politiche e delle opportunità per costruire l’Europa dei cittadini e delle comunità, sebbene risulti chiaro un ruolo di centralità del Mediterraneo, come spazio di cooperazione e come nuovo modello di sviluppo economico e civile, a cui tutti, ita-
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liani ed europei, sono chiamati a concorrere. La strategia Europa 2020 punta a rilanciare l’economia dell’Ue nel prossimo decennio. Per farlo ha messo al centro dell’attenzione tre priorità che si rafforzano a vicenda e che interpellano anche i manager: una crescita intelligente che sviluppi un’economia basata su conoscenza e innovazione; una crescita sostenibile che promuova un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva; una crescita inclusiva che punti a un’economia con un alto tasso di occupazione a favore della coesione sociale e territoriale. Si tratta, nel concreto, di comprendere come realizzare il primato delle piccole e medie industrie, da
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sempre spina dorsale dell’economia europea (e italiana) e le politiche a favore di un miglioramento della competitività industriale. E, insieme, avviare azioni in materia di disoccupazione, soprattutto giovanile, attraverso la mobilità, il dialogo sociale, la creazione di posti di lavoro e la nuova imprenditoria incentrata sulle nuove tecnologie e sulla comunicazione digitale, la riforma strutturale dei mercati del lavoro e dell’investimento nel capitale umano. I vantaggi della condivisione È su tali priorità che si è concentrato e si concentrerà ancora in futuro il lavoro di Nextwork european projects forum, l’evento internazionale tenutosi per la prima volta
dal 2 al 4 ottobre a Castellaneta Marina, in provincia di Taranto. Un forum promosso dall’associazione Valore Infinito con il patrocinio, tra gli altri, del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche), dell’Anci e degli atenei di Bari, che nasce dall’idea e dall’esperienza di alcuni manager attivi in progetti europei e dalla consapevolezza che i tanti prodotti, risultati e realizzazioni finanziati da fondi europei, non hanno avuto, nel tempo, adeguata promozione e disseminazione nelle comunità.
Si tratta di comprendere come realizzare il primato delle piccole e medie industrie, da sempre spina dorsale dell’economia europea (e italiana) e le politiche a favore di un miglioramento della competitività industriale
L’evento ha favorito la relazione tra i partecipanti in un ambiente organizzato per ospitare meeting b2b, uno spazio espositivo dedicato a reti e progetti europei presenti e oltre 40 incontri e seminari formativi. Obiettivo: parlare di nuovi scenari e nuove progettualità in settori strategici come l’agroalimentare, i beni culturali e il turismo, l’education, l’ambiente e
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Eventi l’energia, le nuove tecnologie, la salute. Tra gli enti provenienti da 18 paesi e le 12 reti di progetti europei presenti ufficialmente al forum, un mix di imprese, istituzioni di ricerca, università, associazioni, istituzioni formative, realtà locali. Presenti inoltre numerosi uomini d’impresa, professionisti, manager pubblici e privati, project manager, docenti universitari, ricercatori e giovani. Con questo appuntamento si è voluto sperimentare che quanto più si condivide la conoscenza tanto più questa si moltiplica e produce vantaggi e benefici per tutti. Incontrarsi a Nextwork forum è stata l’occasione per i partecipanti di confrontarsi con altre progettualità, ragionare su follow up e nuovi progetti, riflettere su temi chiave quali internazionalizzazione, intercultura, Europa e Mediterraneo, mercati e merca-
to globale, modelli di sviluppo, lavoro, tecnologie e innovazione, smart community. Sono stati messi al centro dell’attenzione i temi caldi, le principali sfide che ci attendono con un metodo semplice, ossia imparare da buone pratiche, comprendere come implementare progetti già “trasferibili”, condividere knowhow per mettere a punto nuove progettualità, anche con l’aiuto dei nuovi fondi europei disponibili nei prossimi sei anni.
COMINCIO... DAL FORUM
traprendere per riposizionarsi sul mercato. A lui abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza:
Ettore Ruggiero, autore di questo articolo e presidente di Valore Infinito, ha frequentato Comincio… da tre!, il percorso formativo di Manageritalia e Confcommercio affidato a Cfmt per supportare il manager non occupato con strumenti per ripensare e ridisegnare le proprie capacità e competenze individuando la via migliore da in-
«Il Forum è stata la prima iniziativa della mia nuova attività professionale. Sono ripartito dopo oltre vent’anni di attività da dirigente creando a Bari una nuova impresa di servizi innovativi per la crescita delle imprese e delle persone, orientata al network internazionale. La molla? Comincio… da tre!, il percorso formativo per “rio-
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I progetti presentati Le presentazioni di prototipi, sistemi, nuovi standard e strumenti hanno scandito le tre giornate del forum. Il progetto Alterenergy contempla soluzioni per migliorare la sostenibilità delle piccole comunità urbane, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie in materia di fonti rinnovabili e di risparmio energetico. ArtVision, formato da un team di albanesi, croati, italiani e montenegrini, propone un nuovo
rientare” noi dirigenti nella difficile fase della vita professionale dopo la chiusura di un rapporto di lavoro. Le giornate e le frequentazioni degli esperti, dei tutor e dei colleghi durante il corso realizzato a Roma mi hanno aiutato a lavorare su me stesso, recuperare motivazione e voglia di costruire. Pian piano ho avuto modo di riflettere e mettere a valore e a sistema trent’anni di storia professionale, di esperienze e progettualità realizzate e di conoscenza dei mercati».
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canale tematico transmediale capace di offrire contenuti di arte contemporanea e di essere laboratorio transnazionale della nuova industria creativa. Riguardo all’agroalimentare, di rilievo il lavoro di alcuni network che hanno sperimentato con successo azioni di valorizzazione delle produzioni tipiche locali e di implementazione delle tecnologie Ict nelle pmi agricole e agrituristiche.
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Anche il tema salute è stato al centro di progetti interessanti. Ricordiamo i lavori riguardanti linee guida per il riconoscimento, l’accreditamento e la certificazione delle biobanche e per i centri di risorse biologiche di Rimedri (Rete integrata di medicina rigenerativa), e il progetto Deep rivolto alla popolazione pediatrica, con lo scopo di migliorare sicurezza, tollerabilità ed efficacia delle cure oggi disponibili per pazienti affetti da thalassemia e altre emoglobinopatie. Infine, la rete Innermed, primo network europeo di informazioni sulle malattie neurometaboliche, ha come obiettivo la ricerca applicata basata sulla raccolta e lo scambio di informazioni validate tra le comunità scientifiche, gli operatori sanitari, i pazienti, le associazioni di pazienti e tutte le parti interessate. Anche il tema “mare” è stato al centro di due progetti: il primo è Tessa del Centro mediterraneo per i cambiamenti climatici di Lecce, che ha presentato le ricerche volte a potenziare e consolidare i prodotti e il servizio di oceanografia
operativa per la previsione costiera e per la valutazione degli impatti dei cambiamenti climatici; il secondo è Ten Ecoport, che vuole offrire politiche, strumenti di gestione e un modello europeo per l’eco-sostenibilità delle aree portuali del Mar Adriatico, del Mar Ionio e del Mar Nero. Tra i numerosi incontri organizzati al Nextwork forum, welfare aziendale, benessere e produttività promossi da Manageritalia insieme al dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio e l’assessorato al Welfare della Regione Puglia. Protagonista, insieme alla parlamentare europea Elena Gentile e Serenella Martini del dipartimento Pari opportunità, Marisa Montegiove, responsabile del Gruppo Donne Manager di Manageritalia, che ha presentato progetti e modelli efficaci di welfare aziendale già realizzati – e che si intende diffondere nelle imprese italiane come cultura e prassi – evidenziandone i benefici e i vantaggi per l’impresa e per i dipendenti.
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Eventi
Nextwork european projects forum nasce dalla consapevolezza che i tanti prodotti, risultati e realizzazioni finanziati da fondi europei, non hanno avuto, nel tempo, adeguata promozione e disseminazione nelle comunità. Per saperne di più www.nextworkforum.it
Seminari e iniziative di impresa Tra gli altri eventi, una serie di seminari dedicati alla presentazione dei principali progetti europei come Horizon 2020, Europa creativa, Erasmus+, Life. Altri sono stati focalizzati sulla cooperazione territoriale, tra cui, quelli di mag-
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giore successo, innovazione tecnologica e mercati esteri, opportunità di finanziamento europeo a supporto delle pmi, tenuto da Alexandra Storari di Nexworkforum, e Costruire ponti per la cooperazione scientifica e tecnologica tra Europa e Asia, una guida alle opportunità Ue per interagire con partner di India, Giappone e Corea, a cura di Renato Toffanin di Arches e Andrea Degen di Eu Relations. Il successo di un progetto europeo? Due gli ingredienti necessari: «Innanzitutto essere supportati da una consulenza specifica capace di individuare tra le diverse tipologie di finanziamento l’opportunità reale di trasformare le proprie idee in progetti concreti» sottolinea Storari e, per Degan e Toffanin, «un lavoro continuo di miglioramento delle competenze utili a costruire relazioni interculturali e la creazione e gestione delle reti di lavoro». Tra gli altri incontri, Startup mee-
ting: creare nuova impresa, che ha visto il confronto tra protagonisti del settore sulle competenze utili per fare nuova impresa giovanile. Tecnopolis, incubatore d’impresa a Bari, presente con il suo progetto SmartInno, ha favorito la conoscenza degli strumenti di credito e finanza di nuova impresa, delle caratteristiche e delle opportunità che caratterizzano le nuove startup. Per quanto riguarda gli incontri sugli scenari settoriali, di particolare rilievo quello sulle biotecnologie, coordinato dalla Fondazione per la ricerca farmacologica Gianni Benzi onlus, che ha evidenziato la necessità di competenze di alto livello scientifico richieste anche per partecipare alle reti di ricerca internazionali di successo. È su queste basi che vogliamo costruire un appuntamento che possa essere di stimolo e fungere da traino per lo sviluppo dell’area mediterranea. 䡵
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OSSERVATORIO LEGISLATIVO
osservatorio
a cura di Manageritalia
Bilancio Ue: le risorse per l’Erasmus saranno mantenute Manageritalia aveva lanciato un allarme sui fondi destinati all’Erasmus, avendo appreso che in ambito europeo si intendeva tagliarle. Avevamo interessato della questione l’onorevole Alessia Mosca, nostro punto di riferimento nel Parlamento europeo. Mosca ci ha riferito che il sottosegretario all’economia Enrico Zanetti ha affermato che le risorse destinate al programma Erasmus verranno mante-
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nute. Il sottosegretario ha assicurato che l’Italia «farà del suo meglio per trovare il giusto equilibrio tra le diverse posizioni per raggiungere un buon accordo sia sul livello dei pagamenti del bilancio del 2014 sia sul bilancio complessivo del 2015. Per il 2015 il consiglio è pronto ad aumentare del 25%, rispetto al 2014, il livello dei pagamenti destinati a ricerca, innovazione e istruzione».
Esodati: si va verso la settima (e ultima) salvaguardia?
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l 15 ottobre scorso il governo ha risposto a un atto di sindacato ispettivo presentato dall’onorevole Marialuisa Gnecchi in Commissione lavoro alla Camera. Gnecchi, con un’interrogazione a risposta scritta (leggi http://bit.ly/1DDenvh) aveva chiesto al governo di conoscere i numeri delle persone che potrebbero usufruire delle deroghe al trattamento pensionistico nel caso in cui fossero modificati alcuni requisiti previsti dall’ultima salvaguardia (la sesta), il cui provvedimento è appena stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (leggi http://bit.ly/1ud4IMH).
In particolare, si voleva conoscere il numero di coloro che avrebbero beneficiato della deroga spostando la data prevista (6 gennaio 2016) rispettivamente al 6 gennaio 2017, al 6 gennaio 2018 e al 6 gennaio 2019. Ebbene, il governo ha risposto che complessivamente, estendendo la deroga fino al 2019, potrebbero usufruirne 46.200 lavoratori che attualmente sono rimasti senza lavoro e senza pensione (leggi http://bit.ly/1G2s2jr, allegato 3, pagina 74). Gnecchi ha sottolineato come esistano delle «sovrastime, mentre sussistono ancora diverse categorie di soggetti esclusi dalle salvaguardie per questioni prevalentemente nominalistiche». Il doppio interessamento – del Parlamento e del governo – potrebbe essere interpretato come un segnale che si va verso la settima (e ultima) salvaguardia. Questo è il nostro auspicio, in tal modo si verrebbe incontro a una richiesta che Manageritalia ha rivolto alle istituzioni in occasione della sesta salvaguardia e ora in occasione del disegno di legge di stabilità 2015. Occorre chiudere questa vergognosa partita e avviare provvedimenti che si occupino, per il futuro, dell’uscita flessibile dei lavoratori maturi dall’azienda e della compresenza tra generazioni diverse.
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Aumenta la tassazione per le rendite dei fondi pensione
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l disegno di legge di stabilità per il 2015 ha previsto un’ulteriore penalizzazione per i fondi pensione complementari. Già il decreto legge del 24 aprile 2014, n. 66, aveva sancito l’aumento dall’11 all’11,5% dell’aliquota dell’imposta sostitutiva a carico dei fondi pensione complementari, per consentire un credito d’imposta alle casse previdenziali privatizzate che sterilizzasse l’aumento della tassazione dal 20 al 26% previsto per le rendite. Ora, l’art. 44, comma 1, del disegno di legge di stabilità ha ulteriormente aggravato l’aliquota portando la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione dal periodo d’imposta 2015 dall’11,5 al 20%. Si rafforza anche così, dopo la norma che prevede l’anticipo del tfr, un segnale di sfiducia verso il secondo pilastro.
Infatti, da un lato la previdenza pubblica continua a essere riformata con penalizzazioni spesso insensate e inique, dall’altro anche la previdenza complementare, ormai indispensabile per permettere di avere una pensione dignitosa, viene penalizzata dalla situazione di crisi economica e, ora, da questi ripetuti aumenti della tassazione. Non possiamo che stigmatizzare un intervento che rinnega le promesse fatte dal legislatore nel 2007 quando la volontà era quella di promuovere il ricorso alla previdenza complementare per compensare le deficienze della previdenza pubblica. Un intervento che finirà per porre in seria difficoltà i fondi di previdenza complementare, già penalizzati per le minori entrate causate dalla crisi degli ultimi anni e dalla nuova norma sul conferimento del tfr in busta paga.
APPROVATA LA NORMA CHE INCLUDE I DIRIGENTI NELLA PROCEDURA DI MOBILITÀ stata definitivamente approvata la Legge europea 2013 bis contenente la norma, fortemente voluta da Manageritalia, che prevede il coinvolgimento dei dirigenti nelle procedure di mobilità. Come ricorderete, l’esclusione dei dirigenti di azienda da parte dell’Italia dalle procedure di mobilità e dalla cassa integrazione prevista dalla legge 223/91 è stata dichiarata in violazione del diritto comunitario dalla Corte di giustizia europea con una sentenza del 13 febbraio scorso. All’Italia è stato criticato il fatto che siano assoggettati a queste procedure soltanto operai, impiegati e quadri, mentre le regole europee non prevedono alcuna distinzione tra i lavoratori. Il ministero del Lavoro si è adoperato per giungere a una soluzione condivisa con le parti sociali, in maniera da evitare la comminazione di una sanzione all’Italia. Le parti datoriali avevano proposto un testo per la modifica della legge rivolto a definire una procedura di licenziamento dei dirigenti del tutto inedita e molto pericolosa per la categoria. Manageritalia ha considerato questo testo inaccettabile e insieme con Cida
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ha collaborato con l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro che ha finalmente accolto tutte le nostre proposte di modifica della legge 223/91 ammettendo i dirigenti nelle procedure per i licenziamenti collettivi. La legge ora obbliga a considerare i dirigenti nel computo del numero dei lavoratori considerati per avviare la procedura del licenziamento. La grossa novità però è che ai dirigenti è stata estesa la disciplina dei criteri di scelta, ovvero le esigenze tecnico-organizzative, l’anzianità aziendale e i carichi di famiglia, come per gli altri lavoratori. Le norme sono state inserite nelle “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2013 bis”, approvata il 21 ottobre scorso, non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. L’approvazione del principio è stato un importante riconoscimento giuridico per la categoria. Con soddisfazione possiamo sottolineare come siamo riusciti a indirizzare la discussione sulla nostra linea, a salvaguardia della dirigenza.
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MOTIVAZIONE
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Stimolare prassi manageriali e modelli organizzativi del lavoro con elevato ingaggio delle persone: le nuove sfide dello smart working Alessandra Colonna Villani
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OUGLAS MC GREGOR, psicologo sociale e docente alla Sloan School of Management del MIT, è stato il primo a introdurre con il suo libro The human side of enterprise un concetto dirompente per la sua portata innovativa, fondato su due differenti presupposti che sembrerebbero ispirare il comportamento umano. Da una parte c’è il concetto, sintetizzato nella Teoria X, che le persone evitano la fatica e l’impegno per definizione e che le uniche leve che le fanno agire di fatto sono la remunerazione (con la sicurezza che ne discende) o il suo contraltare, la sanzione. Dall’altra la cosiddetta Teoria Y, fondata sul presupposto inverso, ossia che le persone nutrono una naturale propensione per l’autodeterminazione, la responsabilità e il raggiungimento di qualcosa di più grande che è al di fuori di loro e agiscono sulla base di queste leve. È evidente che aziende organizzate sul modello comportamentale della Teoria X sono caratterizzate da un forte sistema di controllo e da un sistema premiante legato al semplice raggiungimento degli obiettivi o del rispetto di procedure. Il personale e il lavoro vengono organizzati secondo processi tayloristici, dove è il rispetto della procedura che diventa il lavoro in sé e dove evidentemente ben poco spazio è lasciato all’autodeterminazione, alla creatività e alla responsabilità. Autonomia, padronanza e scopo Sulla scorta di questa impostazione concettuale, Daniel H. Pink, autore di libri rivoluzionari sui cambiamenti nel mondo dell’economia e del lavoro, nel suo saggio intitolato Drive fa una sem-
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plice quanto stimolante riflessione. Sulla base di una categorizzazione propria degli scienziati comportamentali, esistono due tipi di lavoro, “algoritmico” ed “euristico”. Una mansione propria del lavoro al-
goritmico consiste nel seguire un insieme di istruzioni e di procedure allo scopo di arrivare a un risultato già predeterminato; un compito euristico è l’opposto, in quanto fondato sul dover escogitare delle nuove soluzioni, in piena autonomia e grazie all’utilizzo di creatività. Lavorare come cassiere al supermercato è un compito algoritmico, creare una campagna pubblicitaria è un compito euristico. Considerando che, secondo autorevoli ricerche, tra cui una recente anche di McKinsey, nell’economia mo-
Una mansione propria del lavoro algoritmico consiste nel seguire un insieme di procedure allo scopo di arrivare a un risultato predeterminato; un compito euristico è l’opposto, in quanto fondato sul dover escogitare delle nuove soluzioni, in piena autonomia e grazie all’utilizzo di creatività
derna saranno le aziende con contenuti e attività fortemente creative a creare maggiore occupazione e prosperità, la domanda è: quanto è compatibile con questo trend e con uno scenario previsionale simile un modello di incentivi e gestione delle “risorse umane” fondato sulla Teoria X e sul lavoro algoritmico, modello a oggi prevalente nella maggior parte delle aziende italiane? Ricercatori della Harvard Business School hanno scoperto che “bastoni e carote” funzionano molto bene con compiti algoritmici, ma che con i compiti euristici possono avere effetti assolutamente opposti. Laddove dunque c’è una forte componente motivazionale intrinseca, che risiede in estrema sintesi nel fare con piacere qualcosa, l’utilizzo di
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Management leve remunerative o sanzionatorie proprie del lavoro algoritmico risulta fallimentare e controproducente. L’interrogativo chiave che si pone Pink è questo: se l’uomo è naturalmente portato all’autonomia (desiderio di controllare la propria vita), alla padronanza (desiderio di migliorare) e a un senso di scopo (desiderio di operare per qualcosa di più grande di noi), quanto è compatibile con tutto questo un sistema punitivo o premiante nelle aziende che non tenga conto di queste componenti? Racconta Pink che una società australiana fondata nel 2002, Athlassian, in pochi anni è diventata un’importantissima e floridissima società di software. Nel 2008 i due cofondatori Farquhar
Se l’uomo è naturalmente portato all’autonomia (controllare la propria vita), alla padronanza (migliorare) e a un senso di scopo (operare per qualcosa di più grande di noi), quanto è compatibile con tutto questo un sistema punitivo o premiante nelle aziende che non tenga conto di queste componenti?
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e Cannon-Brookes “annunciarono di fare una scommessa sull’autonomia dei loro collaboratori e che per i seguenti sei mesi i programmatori Athlassian avrebbero potuto dedicare il 20% del loro tempo a occuparsi di un qualsiasi progetto, anche estraneo al lavoro”. L’iniziativa ebbe enorme successo e, nonostante la contrarietà del direttore finanziario, portò non solo a vedere nascere numerosissimi progetti per iniziativa dei dipendenti, ma l’azienda ha ad oggi un turnover pari a zero e livelli della motivazione altissimi tra i dipendenti, con un altrettanto forte impatto sul tasso di innovazione.
Passione e coinvolgimento Pink introduce, sul presupposto della Teoria X e della Teoria Y, la differenza tra il concetto di Motivazione 2.0, “che si basa su un comportamento alimentato più da desideri estrinseci che intrinseci e che si preoccupa meno della soddisfazione in sé che si prova nello svolgere un’attività e più delle ricompense esterne che tale attività comporta”, e il concetto di Motivazione 3.0, fondato invece su un tipo di comportamento che trae soddisfazione da motivazioni intrinseche, proprie di chi fa qualcosa per il piacere di farla e con un livello di partecipazione e ingaggio altissimo.
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Pink mette in stretta connessione con la Motivazione 3.0 l’esperienza di Wikipedia e in generale dell’open source, di cui Firefox e Linux sono forse due delle espressioni più popolari. Che cosa potrebbe spingere migliaia di persone, volontari e appassionati di tutto il mondo, a contribuire a redigere le voci della più grande enciclopedia mai realizzata? Linux è utilizzato da un’azienda su quattro ed è un software gratuito realizzato da un team di programmatori esperti non retribuiti. Apache, software open source per il web, ha una quota nel mercato dei server aziendali del 52% ed è stato ideato e mantenuto da un gruppo di volontari sparsi ogni dove. Come ricorda l’autore, «i seguaci del movimento open source non hanno fatto voto di povertà: per molti di loro partecipare a questi progetti aumenta la reputazione e migliora le capacità, cosa che accresce la propria possibilità retributiva». Tre studiosi tedeschi hanno analizzato progetti open source in tutto il mondo e messo in evidenza che sono un insieme di motivazioni intrinseche a guidare le persone che li realizzano, in particolare alla ricerca di puro divertimento, «consistente nel
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vincere la sfida posta da un determinato problema da risolvere». «Nel 2008 il Vermont ha consentito – come ricorda sempre Pink – di creare un modello giuridico di società low profit a responsabilità limitata che opera a tutti gli effetti come un’azienda for profit, ma il cui fine principale è offrire importanti benefici sociali». Massimizzare il profitto può coesistere al concetto di massimizzare lo scopo. Nel North Carolina c’è un’azienda che compra mobili usati e pronti all’abbandono, per rimodernarli secondo tecnologia verde e affittarli a canoni bassi ad aziende in difficoltà o in startup. Chi come noi si occupa di negoziazione sa bene che le persone non agiscono sempre razionalmente, perché se così fosse si genererebbero accordi di maggior valore e quindi maggior ricchezza, grazie alla circolazione di un’informazione perfetta e a bassi costi di transazione. Nel 2002 Daniel Kahneman vinse il Nobel per l’Economia, uno psicologo che dimostrò che non «siamo sempre calcolatori razionali», risiedendo prevalentemente in ciò la causa della mancanza di accordi che massimizzino la ricchezza. Le teorie del tempo mettevano troppa enfasi sui numeri, ma poca sull’aspetto umano, componente di cui le scienze economiche sono intrise più di quanto forse gli economisti non amino
Spesso nelle nostre aule di negoziazione è sorprendente come anche a fronte di generosi compensi le persone reagiscano male, se sanno che possono ottenere di più. Non si guarda a ciò che si è avuto, ma a ciò che si potrebbe ancora ottenere
ammettere. Non agiamo sempre razionalmente, anzi, siamo «prevedibilmente irrazionali», come ha detto l’economista Daniel Ariely. Pink propone un esempio potentissimo, abbastanza noto nel mondo della negoziazione e delle scienze comportamentali. Immaginiamo che io riceva 10 euro da qualcuno che mi chieda di dividerli con voi lettori. Se voi accettate l’offerta tutti e due possiamo avere i soldi, se invece la rigettate entrambi non guadagneremo nulla. Se io vi offrissi 6 euro (tenendone 4 per me) accettereste? Probabilmente sì. Anche se ve ne offrissi 5. Ma se ve ne offrissi 2 o 1? Accettereste? Durante esperimenti condotti in tutto il mondo la maggior parte delle persone rifiuta i 2 euro e le offerte più basse. Ciò è del tutto irrazionale. Se voi accettaste i miei 2 euro sareste più ricchi di 2 euro. Se li rifiutate non guadagnate
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Management nulla e neppure io. Razionalmente sappiamo che 2 è maggiore di 0, ma il desiderio di vendetta e l’irritazione per un’offerta non percepita come generosa prendono il sopravvento. Spesso nelle nostre aule di negoziazione è sorprendente come anche a fronte di generosi compensi le persone reagiscano male, se sanno che possono ottenere di più. Non si guarda a ciò che si è avuto, ma a ciò che si potrebbe ancora ottenere. Se ciò è vero, pensare che a guidarci sia solo la Motivazione 2.0 è limitante e fuorviante.
Asuffragio dell’opportunità di stimolare l’introduzione di prassi manageriali e modelli organizzativi aziendali che facciano leva sulla Motivazione 3.0, Pink porta i risultati di numerose ricerche condotte in contesti aziendali che evidenziano la maggiore produttività ed efficienza delle attività lavorative svolte facendo leva sulla seconda. Quando si discute di riforma del lavoro e di maggior flessibilità in un paese dove l’iper normazione asfittica trova il suo picco nel campo giuslavoristico, non si pensa mai anche alle opportunità che si
potrebbero generare, ovviamente rese possibili se solo ci fossero un contesto facilitante e si assistesse a un dialogo veramente costruttivo, non solo difensivo e polemico, tra la parti in causa. La flessibilità, se letta in chiave di responsabilizzazione, di autodeterminazione e cosciente partecipazione, potrebbe rappresentare un’occasione di introduzione di modelli concreti di smart working, di qualità della prestazione, sganciata dalla sua quantità, di efficienza legata al risultato e non al semplice rispetto di un orario di lavoro. Utopia? 䡵
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UNA NOTTE BUIA SI ILLUMINA CON UN NUOVO SGUARDO
È QUELLO DI DS3 E DS3 CABRIO che adottano nuovi proiettori ad alta tecnologia che abbinano le tecnologie Led e Xeno. Il fascio luminoso risulta potente, ampio, omogeneo, per maggiore visibilità e comfort durante i viaggi notturni. Inoltre la nuova tecnologia permette di risparmiare il 35% di energia per gli anabbaglianti e il 75% per gli abbaglianti con una durata di vita standard di oltre 20.000 ore visto che i led durano 20 volte di più rispetto alle lampade alogene. Precursori di stile, dinamismo e ampia possibilità di personalizzazione, DS3 e DS3 Cabrio rompono ancora gli schemi imponendo la loro personalità con una nuova firma luminosa unica e tecnologica. Ispirato ai concept car Numéro 9 e Wild Rubis, questo nuovo sguardo riprende il principio dei moduli indipendenti, dal design che ricorda diamanti incastonati. DS 3 propone anche indicatori di direzione a scorrimento, un’innovazione unica nel segmento. Questa nuova connotazione luminosa è completata da fari diurni a LED nelle prese d’aria anteriori, che rendono inconfondibili DS 3 e DS 3 Cabrio. Sul lato posteriore il faro LED 3D sfoggia il logo DS cromato e incastonato in un materiale goffrato nero con motivo DS. La tecnologia però non si ferma qui: DS 3 e DS 3 Cabrio inaugurano il sistema Active City Brake, la frenata d’emergenza in città. Questo sistema di frenata automatica permette di evitare i tamponamenti
a bassa velocità. Un captatore laser a corto raggio, situato nella parte alta del parabrezza, rileva un veicolo nello stesso senso di marcia oppure fermo davanti. Se il veicolo si muove a meno di 30 km/h, il captatore aziona automaticamente la frenata per evitare la collisione. Viene anche ampliati i nuovi sistemi di personalizzazione, che le rendono uniche e sempre più seducenti. Le nuove motorizzazioni, efficienti ed economiche, permettono alle auto di avere un comportamento su strada vivace e brioso, grazie anche all’assetto sportivo e ribassato, che conferisce una reattività spontanea in ogni circostanza. La guida risulta sicura in ogni circostanza grazie alla stabilità perfetta delle traiettorie e sensazione di controllo costante. In una parola, la sintesi perfetta di dinamismo e confort per il massimo piacere di guida. Le sensazioni dinamiche sono amplificate grazie alla nuova gamma motori di DS 3, che si arricchisce di nuove motorizzazioni diesel e benzina, già conformi alla normativa Euro 6. Più potenti ed ecologici i due motori diesel 1.6, rappresentano l’avanguardia tecnologica. La versione benzina è apprezzata per il brio e la fluidità anche a bassi regimi sia nella versione 1.6 che 1.2 e-VTi 82 ETG, un motore economico (4,3 l /100 km su percorso misto) ed ecologico (99 g /km di CO2). Notevole comfort di utilizzo, grazie ai 5 posti reali e al volume del bagagliaio più ampio della categoria, sia in versione berlina che in versione cabrio.
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INNOVAZIONE JUGAAD Un viaggio nella storia alla ricerca delle radici dell’azienda del futuro. Un’azienda con più collaboratori creativi che esecutivi e che non ha paura di sporcarsi le mani per trovare la “perla”! Leonardo Previ Villani
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UGAAD – dall’antico indiano – significa servirsi di quello che si trova a portata di mano per risolvere in modo efficace una difficoltà contingente, senza attardarsi a lamentarsi del destino avverso e senza mirare a un risultato ottimale. Per comprendere meglio l’innovazione jugaad, disposizione manageriale che è nata in India e oggi appare indispensabile a tutte le imprese europee che devono fare i conti con la scarsità delle risorse disponibili, occorre partire da lontano. Dobbiamo fare un passo indietro di quattro secoli e incontrare Comenio. Non sono molti i manager cui questo nome dice qualcosa. Niente di male, se crediamo che la valorizzazione delle persone all’interno di un’organizzazione d’impresa sia questione di esclusiva pertinenza del responsabile delle risorse umane. Se invece ci pare che l’impresa del futuro abbia bisogno più di creatori che di esecutori, e che dunque ad aiutare il capitale umano dell’azienda a offrire il meglio di sé debba concorrere ogni singolo manager, dobbiamo supportare la cultura manageriale a disfarsi di questa ingombrante ignoranza. Comenio è il primo pedagogista moderno, Johannes Amos Comenius, al cui ingegno si deve il disegno fondamentale dell’intero edificio educativo che ancora oggi determina le pratiche di apprendimento nelle istituzioni scolastiche e nelle imprese. Un lungo passo indietro: la vision di Comenio Per capire bene quanto Comenio sia tuttora presente nelle nostre scuole è necessario leggere le pagine che il filosofo austriaco Ivan Illich dedica – nei molti libri cui fa riferimento – al pedagogista ceco. Per averne un’idea superficiale ma fertile, è sufficiente procurarsi il breve trattato che Comenio dedica all’Arte di stampare con ricchezza, eleganza e sapienza. In esso si apprende che il principio guida della sua filosofia educativa è appunto di natura tipografica: si tratta di imprimere, con maestria e nitidezza, le conoscenze opportune nella mente degli educandi. Nella visione di Comenio, imparare è un’attività
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passiva, di cui è responsabile il maestro e che l’allievo non deve fare altro che subire. Comenio è stato anche l’autore del primo, meraviglioso, libro scolastico illustrato, l’Orbis Pictus, all’interno del quale serpeggia una concezione dell’insegnamento facilmente riconducibile a un’immagine tanto semplice quanto eloquente, quella dell’imbuto di cui deve servirsi il buon docente per versare nella mente del discepolo il sapere opportuno. Che cosa c’entra tutto questo con i manager? Frederick Winslow Taylor (imprenditore statunitense) è stato il Comenio delle imprese. Anche Taylor era convinto che l’imbuto fosse lo strumento più adatto a favorire l’apprendimento umano. Per questo motivo è difficile comprendere a fondo lo spirito che permea l’organizzazione dei nostri uffici senza avere frequentato i testi
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di Comenio. Ed è poi impossibile capire l’impresa contemporanea se si ignorano gli argomenti sostenuti da Taylor nel suo capolavoro letterario, il celeberrimo L’organizzazione scientifica del lavoro. Comenio, Taylor e i manager d’oggi condividono un’idea tanto semplice quanto determinante: per ottenere risultati dagli esseri umani e, in particolare, dai collaboratori, occorre conficcare nella loro testa istruzioni precise. Questa convinzione ha diffuso nelle scuole, nelle università e nelle aziende una concezione meccanica dell’apprendimento. La vediamo in azione nei compiti in classe e nella performance review, nei libri di testo e negli ordini di servizio. Il sapere si costruisce, non si impara Eppure nessuno di noi ha cominciato a imparare attraverso gli imbuti. Al contrario, tutto ciò che i bambini apprendono in età pre-
Ottenere il massimo con le risorse di cui si dispone: questo è uno dei principi cardine della jugaad
scolare passa dal fare. Durante i primi anni della nostra vita possiamo imparare il mondo perché lo costruiamo con le nostre mani, letteralmente. Il sapere, in tutte le età attraversate dall’uomo, si costruisce, non s’impara. Lo spirito dell’innovazione jugaad può essere sintetizzato in questo modo: la comprensione proviene dall’azione. Sostenere il contrario – cioè che la conoscenza teorica precede quella pratica – significa rafforzare un luogo comune mortificante, secondo il quale solo a un numero ridotto di persone è consentito stabilire il da farsi e alla massa
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La crisi che attraversiamo ha reso più riconoscibile il confine che separa le imprese che sanno porsi alla ricerca di soluzioni impreviste da quelle che restano fedeli ai modelli noti
non resta che eseguire le determinazioni altrui. Questa idea domina le pratiche dello scientific management (il capo sa, il collaboratore fa) e favorisce la diffusione nelle imprese degli uomini-macchine. L’innovazione jugaad preferisce che le macchine restino macchine e gli uomini diventino tali attraverso la propria capacità
Tavola tratta dal primo libro scolastico illustrato, l’Orbis Pictus, 1658, di J.A. Comenius.
creativa, che è innata, fertile e contagiosa. Ridiventare creativi Dal tuffo cieco nella creatività, scriveva il filosofo ungherese Arthur Koestler, si emerge più di frequente con il fango che con le perle. Forse è questa l’evidenza che dissuade così tanti manager dallo sperimentare soluzioni innovative: il timore di sbagliare. Eppure non è possibile ottenere alcuna perla senza immergersi nelle acque profonde, senza correre il ri-
schio di sprecare energie. La crisi che attraversiamo ha reso più riconoscibile il confine che separa le imprese che sanno porsi alla ricerca di soluzioni impreviste dalle imprese che restano fedeli ai modelli noti. Le prime coltivano un’idea d’innovazione più rischiosa e a volte si spingono sino a un passo dal fallimento, ma continuano a credere che le opportunità migliori si colgono durante le peggiori avversità. Le seconde applicano con maggiore rigore il mantra più tradizionale: tagliare i
I 6 PRINCIPI DELL’INNOVAZIONE JUGAAD 1) pensare e agire in modo flessibile superando le procedure esistenti allo scopo di migliorarle;
2) mantenere la semplicità trovando soluzioni che diminuiscono la complessità organizzativa;
3) seguire il proprio cuore prestando attenzione ad aspetti della realtà che sfuggono a uno sguardo troppo astratto;
4) fare di più con meno sforzandosi di sperimentare soluzioni impreviste senza arrendersi ai fallimenti;
5) includere i margini considerando con cura le opportunità di business che vengono solitamente ignorate dai business plan più tradizionali;
6) riconoscere le opportunità nelle avversità punti di vista da cui osservare quello che va storto.
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costi, risparmiare energie, aspettare che la crisi abbia fine. I principi della jugaad Ottenere il massimo con le risorse di cui si dispone: questo è uno dei principi cardine della jugaad. Abituarsi a generare valore attraverso il fango aiuta a ottenere risultati eccezionali quando si mettono le mani su una “perla”. Occorre pazienza, scetticismo nei confronti delle formule più sperimentate e grande fiducia nell’unico patrimonio inesauribile di cui ogni impresa dispone: la creatività di ciascun essere umano. I principi su cui si fonda l’innovazione jugaad sono sei: pensare e agire in modo flessibile, mantenere la semplicità, seguire il proprio cuore, fare di più con meno, includere il margine e riconoscere le opportunità nelle avversità. Quest’ultimo è un principio molto familiare ai manager: i capi sono soliti apprezzare i collaboratori che superano i problemi riconoscendo soluzioni impreviste. L’approccio jugaad ci offre una prospettiva differente. Quando indossiamo gli occhiali della jugaad riconosciamo in ogni avversità un invito a innovare. In questo modo gli ostacoli diventano la fonte della sperimentazione e lo sprone dell’apprendimento. Affinché la conversione di un problema concreto in un’opportunità reale non si esaurisca in un gesto retorico, è necessario ridefinire in modo radicale la cornice di riferimento. Gli intellettuali e gli
INNOVAZIONE JUGAAD Pensa frugale, sii flessibile, genera abbondanza Milano, giovedì 27 novembre, ore 19,30 MUBA - Rotonda di via Besana Dopo il successo della prima edizione al Museo Bagatti Valsecchi, vi aspettiamo il 27 novembre con Art for business lecture. Protagonista di quest’anno è l’innovazione jugaad, una parola antica che proviene dall’India e racconta come possiamo trovare soluzioni efficaci in un contesto di scarsità di risorse. Jugaad è uno stile, un modo di fare le cose che trasforma una limitata disponibilità di mezzi in un’opportunità. La cultura del progetto italiano, fondata sull’ingegno creativo e imprenditoriale che ha accompagnato la storia di successo del nostro design, non è lontana dall’approccio jugaad. Elisabetta Pozzi e Leonardo Previ, presidente di Trivioquadrivio, mettono in scena un racconto in quattro tappe accompagnato dalla musica di Daniele D’Angelo che offre lo spunto per capire come lo stile jugaad possa essere introdotto all’interno delle nostre pratiche professionali. La partecipazione è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con i contributi. Per iscriversi: www.cfmt.it Per un contatto diretto: Anna Scirea, ascirea@cfmt.it - 025406311
accademici sono poco inclini a rivedere le proprie posizioni proprio perché non amano questa attività di reframing. Infatti la jugaad è più un fare che un pensare, uno sperimentare anziché un pontificare: i ponti che la jugaad costruisce tra le cose non sono immaginari bensì tangibili e percorribili. Chi assume lo spirito jugaad sa bene che ogni innovazione appare, sulle prime, sospetta o inutile. La novità genera resistenze in coloro cui le cose stanno bene come stan-
no e incontra l’opposizione degli esperti, che non hanno alcun vantaggio a scoprire che le cose potrebbero essere fatte altrimenti. Eppure, solo la ricerca di legami imprevisti tra fenomeni esistenti consente di dare vita a soluzioni più adatte e a liberarsi dagli ostacoli. Per superare le avversità occorre fare le cose in modo diverso e per riuscirvi occorre considerare il mondo una scatola di montaggio, della quale servirsi per rendere la realtà un poco più abitabile. 䡵
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Mondo del lavoro
MANAGEMENT: CENTRALIZZAZIONE E NUOVE COMPETENZE Cristina Spagna
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un dato di fatto che le aziende, in questo momento specifico di mercato, si stiano muovendo maggiormente verso la centralizzazione progressiva di molte funzioni e servizi a supporto del business. Prima erano toccate soprattutto le
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aree amministrazione finanza e controllo e logistica, oggi tocca sempre piĂš anche le aree vendita, marketing, risorse umane, acquisti, continous improvement ecc. Le motivazioni che portano le organizzazioni a muoversi in questa direzione sono varie ma sicuramente legate al saper sfruttare al meglio le risorse fisiche ed economiche creando sinergie tra mercati affini. Nella maggior parte dei casi, la centralizzazione crea enfasi sul controllo top-down, porta a un processo decisionale forte e autoritario, a cambiamenti organizzativi forgiati dai
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vertici e a un’esecuzione di azioni più decisiva, veloce e coordinata. A ciò si aggiunge un basso rischio di dissensi e conflitti fra le parti. È chiaro che così facendo si perde la bontà di quello che è un’organizzazione bottom-up, dove il processo decisionale è maggiormente democratico e partecipativo. Però il rischio di spostare le decisioni strategiche unicamente a livello più alto è quello di non essere poi in grado di leggere al meglio le dinamiche di paese e di mercato. Per questo motivo spesso, soprattutto su aziende di una certa dimensione e complessità, si propende a suddividere il territorio mondiale per cluster di paesi (South Europe, Middle East ecc.) cercando di gestire le diversità e le specifiche di paese per affinità. È importante quindi avere ottimi executive che gestiscono questi macro territori, capaci di relazionarsi al meglio con i manager locali.
Definizione dell’organizzazione Visto il trend al quale stiamo assistendo cerchiamo di capire come questo impatta a livello aziendale nella definizione dell’organizzazione: alcuni manager vengono scelti per gestire la propria funzione con una responsabilità multipaese mentre, a livello locale, vengono nominate figure maggiormente specializzate e più operative (i professional). Kilpatrick è sempre più spesso chiamata a identificare e scegliere i giusti candidati per ricoprire que-
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ste due tipologie di ruolo: il manager centrale e il local manager. Sono ben diverse le skill che queste tipologie di figure devono sviluppare per far sì che il matrimonio professionale duri il più possibile.
Le skill del manager centrale In particolare, i manager scelti a ricoprire un ruolo su più paesi e più organizzazioni sono persone che partono con un’ottima conoscenza della lingua inglese, abituati a contesti multiculturali, flessibili, disponibili a viaggiare frequentemente e, in alcuni casi, a spostare la propria residenza in headquarter. Ma, soprattutto, devono essere dei profondi conoscitori dell’area nella quale operano e capaci di gestire un team multiculturale “a distanza”, sostituendo la pacca sulla spalla o la stretta di mano con l’utilizzo di tool digitali virtuali. Devono naturalmente essere in grado di trasmettere messaggi chiari al proprio gruppo di lavoro e di motivarlo anche non essendo sempre fisicamente vicino. Il focus di questo tipo di figure è far sì che i collaboratori siano sempre allineati e concentrati e che stiano avanzando nella direzione giusta. Dirigere persone che si trovano in paesi con diverse ore locali può significare dover fare una conference call alle 22 o gestire una sessione di coaching alle 6 di mattina. Sono necessarie quindi energia e capacità organizzativa in modo che la performance sia più duratura. È inoltre richiesta una persona con un alto
profilo a favore dell’azienda, per poter trasmettere la cultura aziendale a mille miglia di lontananza con positività. Chiaramente, oltre a una forte competenza tecnica, la capacità di relazione e la capacità comunicativa sono alla base di questo tipo di ruolo. È inoltre necessaria una buona gestione delle priorità nonché ottime capacità a livello numerico per pianificare e controllare i costi.
Le skill del local manager Dall’altra parte, i professionisti scelti a livello locale devono essere dei “fidati” collaboratori, dotati di una forte sensibilità che consente di recepire le esigenze del mercato e dell’organizzazione locale e trasmetterla ai propri capi a distanza e in grado di garantire stabilità e continuità. In alcuni casi nelle organizzazioni che hanno scelto la centralizzazione come modello organizzativo viene utilizzato l’outsourcing, con maggior ricorso a specialisti terzi esperti sul territorio locale. Siamo sempre più spesso chiamati dai nostri clienti a individuare figure che vanno a gestire la propria funzione con una responsabilità in Europa, Americhe o Asia o di cluster più piccoli. Queste figure vengono localizzate soprattutto in casa madre e ricercate principalmente in società analoghe e in vari paesi. Proprio per questo motivo spesso i candidati non sono più solo italiani ma sempre più internazionali.
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PUNTARE SULLE PERSONE
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Un progetto di Manageritalia e Cibiesse, realizzato con il contributo di Fondir, mette l’accento sulla necessità di valorizzare le persone per competere Roberta Roncelli
OPO ANNI DI SPASMODICA ATTENZIONE al taglio dei costi, spesso anche delle teste, e di ricerca del fatturato, è ormai appurato che le aziende vincenti puntano soprattutto sulle persone. A mostrare questa realtà è stata anche una ricerca dell’americana Lee Hecht Harrison e Human Capital Institute del 2013 secondo cui nelle aziende dove si attuano politiche di talent mobility c’è un tasso di raggiungimento degli obiettivi di profitto superiore del 12% rispetto alle altre. Purtroppo sono ancora troppe le aziende italiane che non lo hanno capito e ancor più quelle che non lo fanno. Questo è il grido d’allarme lanciato dal progetto sviluppato da Manageritalia in collaborazione con Cibiesse (la business school di Cfmt) con il contributo di Fondir (Fondo bilaterale di formazione per dirigenti del terziario). Il progetto (vedi box a pagina 37), che si è sviluppato con interventi diretti in azienda e con un confronto in varie parti d’Italia con la business community, è partito con un’indagine preliminare effettuata nel marzo 2013 da AstraRicerche su un campione rappresentativo di aziende e dirigenti del terziario (676 manager e aziende intervistati). L’indagine è servita per capire come le imprese si stanno attrezzando per competere al meglio e se hanno in atto, o in previsione, adeguate politiche per il capitale umano. I fattori per competere Per competere meglio, quindi, tutti o quasi puntano sui ricavi (91,4%), sui costi (85,2%) e sull’aumento della produttività (83,3%). Sempre abbondantemente sopra al 50% anche quelle che puntano sull’innovazione in generale, mentre solo poco più di un terzo pensano a export e internazionalizzazione. Abbiamo infatti, nell’ordine, innovazione di processo/organizzativa (67,9%) e di prodotto/servizio (67,6%), collaborazione interna (66,7%), sviluppo di nuovi business/diversificazione (58,6%), benessere dei lavoratori (42,6%), partnership con altre aziende (37,3%), export (34,9%) e internazionalizzazione e apertura di sedi all’estero (32,4%).
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Scarsa attenzione alle persone Tutto bene? Per nulla: collaborazione interna e ancor più benessere dei lavoratori sono bassi e mostrano una scarsa attenzione alle persone, molto più tra le aziende italiane che tra quelle estere. In particolare, il benessere è al 46% tra le filiali di multinazionali estere e al 34,9% tra le multinazionali e aziende italiane, con un gap dell’11%. Una scarsa attenzione confermata, in assoluto e come gap verso quanto fatto dalle aziende estere, per tutte quelle dimensioni che riguardano gestione organizzativa e people management. E il gap (vedi tabella a pagina successiva) è vistoso e sempre a svantaggio delle aziende italiane
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nell’adozione di una comunicazione interna strutturata, nella realizzazione periodica di indagini di clima, nella presenza di sistemi di mbo e di gestione delle persone per obiettivi, nella formazione dei lavoratori e, infine, nell’adozione di politiche di company welfare. Politiche di benessere e intergenerazionalità Le cose vanno ancora peggio se parliamo di politiche intergenerazionali e di benessere aziendale. Riguardo alle prime, solo un decimo delle aziende le attua già e meno di un decimo pensa di farlo. Tutto questo mentre l’80% non fa nulla o addirittura non sa
Nelle aziende dove si attuano al meglio politiche di talent mobility c’è un tasso di raggiungimento degli obiettivi di profitto superiore del 12% rispetto alle altre
neppure di cosa si tratti. Le politiche di benessere invece sono attuate da due aziende su dieci e una su dieci pensa di farlo, mentre le rimanenti non fanno nulla o, come succede già per le politiche intergenerazionali, non sa neppure di cosa si tratti.
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Formazione Le cause In entrambi i casi i manager ci dicono che le cause di questa situazione sono dovute soprattutto a un’assenza di gestione strategica delle risorse umane (30%), a una scarsa conoscenza da parte dei vertici (27%), a una resistenza del top management al cambiamento (17%) e a una paura/previsione di aumento dei costi (15%). A seguire emergono motivazioni fortemente legate a cultura e conoscenza: opportunità vista la
FATTORI E STRUMENTI CHE LE AZIENDE UTILIZZANO PER COMPETERE AL MEGLIO (valori percentuali)
Totale
Multinazionale estera
Nazionale e multinazionale nazionale
Differenza Italia/estero
Redditività
91,4
92,0
91,3
0-0,7
Taglio dei costi in generale
85,2
88,7
83,3
0-5,4
Produttività
83,3
82,0
82,5
0-0,5
Innovazione di processo/organizzativa
67,9
71,3
62,7
0-8,6
Innovazione di prodotto/servizio
67,6
68,7
65,1
0-3,6
Collaborazione interna
66,7
66,7
65,9
0-0,8
Adozione di sistemi misurabili di mbo, gestione organizzazione e persone per obiettivi
61,7
71,3
46,0
-25,3
Sviluppo nuovi business/diversificazione
58,6
58,7
54,8
0-3,9
Comunicazione interna
56,2
74,0
35,7
-38,3
Formazione continua, aggiornamento dei lavoratori
53,7
58,7
46,8
-11,9
Benessere dei lavoratori
42,6
46,0
34,9
-11,1
Realizzazione periodica di indagine di clima
34,0
50,7
14,3
-36,4
Adozione di politiche di Company welfare: benefit, ergonomia, servizi ai dipendenti
22,5
26,7
15,1
-11,6
Impostazione sin dall’ingresso di piani di carriera e percorsi professionali che valorizzano lo scambio intergenerazionale
20,1
21,3
17,5
0-3,8
Fattori
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Fonte: indagine AstraRicerche per Manageritalia (marzo 2013 su 676 aziende)
Strumenti
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LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO AZIENDALE PER L’OCCUPAZIONE, IL BENESSERE E LA PRODUTTIVITÀ Le tappe del progetto: 䡵 marzo 2013 - Indagine Cawi su un campione rappresentativo di
aziende e dirigenti del terziario (676 interviste) con il supporto tecnico di AstraRicerche. L’obiettivo era capire, dalla viva voce dei manager, come le aziende si stanno attrezzando per competere al meglio e se hanno in atto o in previsione politiche di intergenerazionalità e/o di benessere aziendale. 䡵 giugno/luglio 2013 - Due focus group con alcune aziende 䡵
䡵
crisi, tempo, inutilità generica dell’azione. I rimedi E allora, che fare? I manager pensano che per cambiare le cose sarebbe utile fare formazione (80%), comunicazione e approfondimento (73%), valorizzare le best practice (70%) e quindi passare all’azione con progetti cofinanziati (63%) e consulenza ad hoc (55%). Positivo è il fatto che i due terzi degli intervistati vogliano maggiori informazioni, anche i due terzi di quelli che fanno o pensano di fare qualcosa. Fondir Insomma, un grido d’allarme sulla necessità di essere supportati a livello informativo e formativo, che si scontra con scogli culturali. Anche perché spesso la stessa formazione è a portata di mano e anche ben fatta e personalizzabile.
Benessere aziendale: 19 giugno (Igp Decaux, HR Access Solutions, Zeta Service, Lrqa, Iss Facilities). Intergenerazionalità: 10 luglio (Tech Data Italia, Desmet Ballestra, Iss Facilities).
䡵 da settembre 2013 - Avvio e sviluppo dei due progetti pilota 䡵
䡵
Benessere aziendale con Idm a Milano (azienda multinazionale leader nel supporto e nella gestione dei processi di business con oltre 600 dipendenti in Italia e Europa). Intergenerazionalità con Bulgari a Roma (nota azienda nazionale del lusso e del gioiello, recentemente acquisita dal Gruppo Lvmh).
䡵 settembre 2013/febbraio 2014 - Cinque workshop itineranti 䡵 䡵 䡵 䡵 䡵
Bari, 21 settembre 2013 (circa 80 partecipanti). Ancona, 24 ottobre 2013 (circa 40 partecipanti). Monza, 22 novembre 2013 (circa 70 partecipanti). Catania, 28 gennaio 2014 (circa 25 partecipanti). Padova, 15 febbraio 2014 (100 partecipanti).
䡵 Roma, 6 maggio 2014 - Evento finale (circa 150 partecipanti).
È questo il caso di Fondir, che meno della metà delle aziende e dei manager intervistati conosce. E qui la conoscenza cresce al crescere delle dimensioni aziendali ed è maggiore sia nelle aziende nazionali che in quelle estere. Tra queste, quasi tutte conoscono l’opportunità di finanziare attività formative con il contributo di
Fondir, che può arrivare a coprire l’intero costo degli interventi, il 38,6% sa che l’azienda è iscritta al Fondo, il 28,2% ha già usufruito della formazione e il 12,5% di queste ultime sa che lo hanno fatto anche colleghi di altre aziende. Positivo il giudizio su Fondir di chi lo ha già utilizzato. In partico-
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I FONDI INTERPROFESSIONALI PER LA FORMAZIONE CONTINUA Opportunità da cogliere Il processo di modernizzazione del diritto del lavoro italiano, avviato con le leggi Treu e Biagi, si è progressivamente realizzato in questi anni anche grazie all’istituzione dei Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua previsti dalla legge 388/2000, art. 118, che sono uno degli assi portanti della riforma. Questi organismi, di natura associativa, sono costituiti sulla base di specifici accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali (dei datori di lavoro e dei lavoratori) maggiormente rappresentative sul piano nazionale e hanno lo scopo di finanziare, in tutto o in parte, piani formativi aziendali, settoriali, territoriali o individuali. Le organizzazioni sindacali rappresentative del terziario hanno costituito Fondir e For.Te, rispettivamente per il finanziamento degli interventi formativi per i dirigenti e per gli interventi formativi di operai, impiegati e quadri. I Fondi sono alimentati principalmente dal gettito derivante dallo 0,30% delle retribuzioni (soggette all’obbligo contributivo) versato all’Inps dai datori di lavoro, e la loro attivazione, l’attività di vigilanza e il relativo monitoraggio dipendono direttamente dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. I Fondi finanziano progetti di formazione rivolti a tutti i lavoratori/lavoratrici dipendenti per
i quali i datori di lavoro siano tenuti a versare i contributi: dirigenti, operai, impiegati, quadri, apprendisti, ma anche lavoratori sospesi, in cassa integrazione, in mobilità, con contratti di solidarietà, con contratti a progetto e i lavoratori stagionali. È importante ricordare che ai Fondi aderiscono le aziende e non i singoli lavoratori e che ogni azienda può comunque aderire a un solo Fondo (uno per dirigenti e uno per operai, impiegati, quadri), anche di settore diverso da quello di appartenenza, scegliendo in totale autonomia quello che ritiene più vicino alle sue caratteristiche, senza nessun vincolo né “automatismo” tra il ccnl vigente e il Fondo scelto. Occorre tuttavia considerare che ogni Fondo, anche se aperto, segue strategie e promuove iniziative cosiddette “propedeutiche” relative al settore in cui opera. È pertanto consigliabile valutare attentamente la scelta sull’adesione, in relazione all’attività dell’azienda. L’adesione ai Fondi, che non ha nessun onere aggiuntivo per i datori di lavoro, può avvenire in qualsiasi momento dell’anno semplicemente mediante indicazione sulla denuncia mensile Uniemens (ex mod. DM/10) del codice relativo al Fondo prescelto e del numero di dipendenti per i quali l’azienda versa il contributo; gli effetti finanziari e contributivi si producono immediatamente.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI VISITA I SITI
www.fondir.it
www.fondoforte.it
PER TUTTI I FONDI INTERPROFESSIONALI www.fondinterprofessionali.com
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lare c’è soddisfazione sia nella qualità formativa (89,1%), sia nella flessibilità del Fondo a seguire le esigenze aziendali (75,3%), sia nella semplicità e rapidità per accedere alla formazione (65,2%). A riprova di ciò si nega che l’utilizzo del Fondo sia burocratico e difficile da gestire (65,2%). In sintesi Allora, per valorizzare le persone e competere è necessario cambiare mentalità e passare all’azione. I principali attori non possono che essere i manager nelle aziende che guidano, ma anche all’esterno, favorendo una contaminazione che arrivi sin nelle aziende piccole e prive di gestione manageriale. Un modo per aprire la loro mentalità e magari aggiungere a un serio progetto di valorizzazione delle persone anche la considerazione della necessità di una gestione manageriale e, perché no, anche di un manager. I gap a questo proposito con le aziende multinazionali di matrice estera sono enormi e necessitano un pronto riallineamento. Pensare poi che occasioni come quelle offerte da Fondir con la sua formazione gratuita – perché finanziata dal dirottamento di un versamento obbligatorio verso il Fondo, invece che all’Inps – non vengano colte fa pensare che, oltre alle persone, spesso non utilizziamo e valorizziamo neppure le opportunità che abbiamo. 䡵
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NON SOLO CONSUMI Cosimo Finzi
consumi
fenomeno, seppure in crescita, rimane assolutamente minoritario, per quanto degno di grande interesse e attenzione per il suo significato sociale, economico, ecologico). Esistono interessanti casi in cui la tendenza è quella alla riduzione del pack (e alla sua ecologicizzazione con minor uso di scritte che costituiscono un’aggiunta “non naturale” su pack di cartoncino, minor accoppiamenti di materiali che rendono meno agevole la raccolta differenziata e così via): un esempio è il minimalismo (rafforzato di recente) di Ikea, apprezzato dai consumatori ma che non costituisce un caso facilmente replicabile per aziende in settori differenti.
PACKAGING, non solo un contenitore Funzionale, salvaspreco, mezzo di informazione e di attrazione
AstraRicerche è stata fondata nel 1983 dal professor Enrico Finzi. Si occupa di ricerche di marketing e sociali per clienti appartenenti a molti settori merceologici, utilizzando molteplici metodologie d’indagine. Si caratterizza per una struttura snella e flessibile, improntata alla qualità e all’innovazione, e affianca al servizio di ricerca la consulenza di marketing e di comunicazione a clienti – imprese nazionali e multinazionali – di tutte le dimensioni. Collabora con Manageritalia con indagini e analisi di dati che spesso mirano a sintetizzare fenomeni complessi o a far emergere informazioni latenti.
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Dal 2008 a oggi abbiamo visto crescere il numero di ricerche di mercato relative al packaging svolte da AstraRicerche per aziende in vari settori merceologici. Questo fenomeno ha almeno due spiegazioni certe: la prima ha a che fare con la riduzione del lancio di nuovi prodotti (soprattutto di quelli fortemente innovativi per il consumatore), per cui non poche aziende hanno preferito concentrare gli sforzi sull’ottimizzazione delle confezioni, vero e proprio mezzo di comunicazione con la clientela (come vedremo, in varie direzioni); la seconda è la crescente attenzione che il consumatore attribuisce alla confezione (a livello di “contenuti” riportati sulla stessa, ma anche di funzionalità, di ecologicità, di impatto sul prezzo e così via). Alcuni anni fa sembrava crescere il partito degli italiani fortemente contrari ai packaging e favorevoli a una riduzione degli imballaggi “senza se e senza ma”; il trend più recente, al contrario, indica una rivalorizzazione del ruolo positivo del packaging (non a caso il boom dei prodotti “sfusi” non si è verificato e il
Rivoluzione del packaging Perché gli italiani sono tornati a dare una valutazione positiva del ruolo degli imballaggi? Senza dubbio dobbiamo pensare alla fine di un’onda di negatività “ideologica”, ma questo non basta. C’è anche il crescente timore che gli italiani hanno per quello che acquistano (e in particolare per quello che mangiano), ovvero la volontà di ottenere un prodotto della qualità promessa e non “intaccato” nei vari passaggi della filiera. La risposta del packaging è doppia: da un lato protegge il contenuto, dall’altro dà informazioni. Una recentissima e inedita indagine di AstraRicerche per Comieco (il consorzio nazionale di recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica) mostra che tali aspetti hanno di fatto la stessa rilevanza secondo i consumatori: il 38% indica come prima caratteristica fondamentale degli imballaggi il fatto che tengono pulito il prodotto, ne garantiscono l’igiene; il 21,6% indica come top feature la fornitura di informazioni utili sui prodotti e il 17,5% la protezione da urti e rotture. Si va quindi ben al di là dell’aspetto puramente funzionale del tra-
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sporto dal luogo di acquisto a casa (indicato solo dal 9% degli intervistati come caratteristica essenziale) e dell’utilità per riporre facilmente i prodotti a casa (5%).
Protezione del contenuto Gli italiani hanno ben presente che sono stati fatti ulteriori passi avanti sulla protezione del contenuto: è opinione assolutamente condivisa che le confezioni attuali (dietro cui – a prescindere dal materiale – c’è una tecnologia spesso italiana di cui possiamo essere fieri) sono in grado di garantire l’incolumità dei prodotti (di qualunque tipo) fino al consumatore, passando per tutti gli stadi della catena distributiva (a volte numerosi e molto variegati). Un esempio: solo l’11% di chi naviga online ma non effettua mai acquisti di prodotti tramite siti di e-commerce spiega questa scelta con il timore che la merce arrivi non perfettamente integra. D’altra parte, quando abbiamo chiesto a più di mille italiani quale concetto associano maggiormente agli imballaggi (nello specifico di carta e cartoncino) la prima risposta è stata “protezione”(43,6%); e tale “guscio” non è solo adatto a prodotti alimentari secchi (74%) ma anche a piccoli elettrodomestici (73%), prodotti per la cura della persona se si tratta di imballaggi di cartone che racchiudono la confezione primaria del prodotto (70%), prodotti tecnologici (69%). C’è solo una categoria per la quale il packaging in carta e cartone è considerato adatto solo dalla metà (53%) degli intervistati: i prodotti alimentari freschi. Tuttavia è molto interessante notare come studi tecnico-scientifici mostrano che un opportuno (per quanto semplice) pack è in grado di allungare la vita del prodotto fresco (a scaffale e poi tra le mura domestiche) e, quindi, di ridurre gli sprechi (proteggendo davvero il prodotto).
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Informazioni sul contenuto Ma il trend positivo del sentiment verso il packaging è motivato anche dalle informazioni che le confezioni possono dare: l’importanza non è relativa solo ai prodotti alimentari (anche se, in questo caso, è davvero massima) ma anche per altri prodotti (dalla cura del corpo ai prodotti per la casa, all’elettronica di consumo, …). Il consumatore legge con attenzione le etichette (almeno la prima volta se si tratta di acquisti ripetuti, e anche per marche di cui si fida se si tratta di prodotti che non ha acquistato in precedenza) per capire le caratteristiche del prodotto, le modalità di utilizzo, gli eventuali rischi associati o le precauzioni da prendere prima dell’uso/del consumo. Una parte dei consumatori è attenta alle certificazioni di origine e di qualità (anche se la confusione sulle varie forme di “bollino” è davvero notevole, nonostante – o a causa? – delle campagne informative degli anni passati). Scarsa, invece, l’attenzione alle indicazioni relative al social networking (restano preferite le indicazioni più classiche per avere informazioni aggiuntive: l’indirizzo web dell’azienda o del sito del prodotto, che non è mai stato superato da forme alternative come il QR code o simili).
chiaro le modalità di conservazione del prodotto (77%), dal riportare in modo chiaro il luogo (o lo scomparto del frigo) ove conservare il prodotto (70%) al fornire ricette per il riutilizzo degli eventuali avanzi di prodotto (64%).
Anche l’occhio vuole la sua parte Il packaging è anche un mezzo straordinario per attirare l’attenzione del consumatore sul prodotto. Negli ultimi anni abbiamo svolto numerose analisi di visibilità a scaffale dei prodotti riscontrando come scelte diverse in termini di forme, dimensioni, layout e colori abbiano un impatto determinante sul numero di persone che notano il prodotto (e naturalmente sulla percezione che hanno dello stesso: notevole il caso di un prodotto classificato dall’81% degli intervistati come “di qualità inferiore alla media” per effetto della visione del pack quando, al contrario, è un prodotto premium per caratteristiche e prezzo…). Di recente, in particolare, abbiamo affrontato il caso di un prodotto che ha “cambiato pelle” (ossia solo un cambio di packaging, senza miglioramenti funzionali) e ha finalmente e improvvisamente visto aumentare le sue vendite (in un settore in cui il segno “-” è la regola in questo momento).
Consumatori più green Contro lo spreco Torniamo un attimo sul tema dello spreco, ma non pensiamo più ai vantaggi dati da un pack che protegge opportunamente il prodotto (in particolare gli alimenti); concentriamo invece l’attenzione sul contributo che un imballaggio può dare grazie al suo contenuto informativo: secondo gli italiani il contributo che le confezioni in carta e cartoncino danno alla lotta contro lo spreco è molteplice e va dall’indicare la data entro cui il prodotto può essere consumato senza pericolo (86%) al riportare in modo
C’è poi un aspetto in più di cui non abbiamo ancora parlato: il consumatore, in modo lento ma continuo, prende coscienza della rilevanza della raccolta e del riciclo (per tutti i materiali o quasi) e ha un atteggiamento di miglior valutazione dei prodotti ora sul mercato rispetto a quello che aveva qualche anno fa. Le campagne informative sulla corretta differenziazione dei materiali, ma soprattutto la tendenza a proporre confezioni sempre più facilmente riciclabili, stanno “lavorando” a favore di un positivo rapporto tra consumer e imballaggi.
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L’utente avrà sempre più un ruolo da protagonista. Brand e fornitori di contenuti dovranno costruire nuovi modelli di business Marco Lucarelli Villani
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RICSSON, big player del settore telecomunicazioni, ha da poco presentato alla stampa e pubblicato sul proprio sito web l’edizione 2014 del report “Ericsson ConsumerLab TV & Media”. Per chi opera nel mondo delle telecomunicazioni e dei contenuti questo report rappresenta un punto di riferimento per capire quali sono i trend emergenti del futuro prossimo. In questa edizione la domanda principale alla quale Ericsson cerca di rispondere è: come cambierà il nostro modo di ve-
dere la televisione in futuro? È evidente come il panorama televisivo stia cambiando rispetto al modo tradizionale di intendere la fruizione della tv. Ormai, nel mondo internet, sono comparsi aggregatori di notizie e contenuti che permettono alle persone di scegliere le proprie fonti informative e decidere cosa vedere e quando. Ci stiamo allontanando sempre più dal modello broadcasting, dove un emittente centralizzato diffonde contenuti (uguali) a grosse masse di persone indistinte. Siamo entrati, ci annuncia Ericsson, nell’era user
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Utenti italiani che guardano la televisione più volte alla settimana sui vari mezzi 90%
centric dove è l’utente a essere al centro. Su questo paradigma si dovranno ora confrontare i brand e i fornitori di contenuti se vogliono rimanere competitivi e costruire nuovi modelli di business. Qualche numero A supporto di questa tesi Ericsson riporta le evidenze tratte dalla sua indagine condotta su un panel di mille persone rappresentativo di utenti con accesso alla rete di età compresa tra 15 e 69 anni. In sintesi, è emerso che lo streaming video, in termini di utilizzo, si sta avvicinando sempre più a quello della televisione tradizionale. Il 75% del campione, infatti, guarda video in streaming più volte alla settimana rispetto al 77% di chi
60%
30%
0% 2011
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Scheduled broadcast TV
Recorded broadcast TV
Streamed video
DVD, Blu-ray, etc.
Fonte: Ericsson ConsumerLab, TV and Media 2014. Base: 9 markets
guarda i programmi tradizionali alla televisione. Il 56% del panel è disposto a pagare per accedere a servizi di video download dove poter scegliere cosa vedere e quando vederlo senza attenersi ai palinsesti televisivi. La parola chiave è mobilità. Rispetto alla rilevazione precedente, il numero degli intervistati disposti a pagare per fruire da smartphone, tablet, laptop dei servizi video è aumentato del 15% rispetto all’anno precedente. Qualità, qualità e ancora qualità. Il 60% pretende un’esperienza in alta definizione (hd), diventa quindi fondamentale, per la filiera produttiva dei contenuti, incrementare la qualità dei prodotti e dei mezzi di trasmissione. Quali sono i canali più visti online? I partecipanti statunitensi a questa indagine non hanno dubbi, ai vertici della classifica troviamo YouTube, Netflix, Hulu e Amazon Prime. Oltre al cosa viene visto cambia anche il come: la fruizione diventa frammentaria, s’inizia a vedere un film in casa su un device e si continua a guardarlo in mo-
La fruizione diventa frammentaria, s’inizia a vedere un film in casa su un device e si continua a guardarlo in mobilità su un altro
bilità su un altro (smartphone, tablet, laptop). Questo “nomadismo digitale” è ormai un comportamento consueto per il 36% degli intervistati. Quali barriere frenano ancora la diffusione massiccia della fruizione video in mobilità? Anche in questo caso il report parla chiaro, nell’ordine i principali: costo ancora elevato per l’accesso a internet in mobilità; costo del noleggio o acquisto del video; connessione a internet lenta o copertura assente. Seguono in classifica altri fattori negativi tra i quali attira l’attenzione quel 18% di intervistati che ritiene l’accesso ai contenuti in mobilità ancora dif-
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Tecnologia
Il pagamento mensile di una sottoscrizione è il modello preferito. Agli ultimi posti quelli basati su visione gratuita ma soggetta a pubblicità
ficile, non immediato. Per quanto la percentuale possa sembrare bassa, in realtà genera un campanello d’allarme e una sfida: i fornitori di contenuti video sono capaci di rendere “no brain” la visione dei contenuti, con la stessa facilità d’uso caratteristica della vecchia e cara televisione?
Vade retro pubblicità Brutte notizie per i pubblicitari e per chi gestisce campagne advertising online: il 50% degli intervistati non vuole vedere pubblicità, il 30% è disponibile a pagare pur di poter evitare la visione di banner, popup e spot. La pubblicità video dovrà quindi diventare meno intrusiva, dare consigli basati sui gusti dell’individuo, come richiede il 30% dei partecipanti, disponibili a ricevere pubblicità solo sotto forma di raccomandazioni personalizzate. Quali modelli di business futuri? In conclusione, questi scenari, per essere economicamente so-
stenibili, hanno bisogno di nuovi business model in grado di generare profitti e aumentare progressivamente la base utenti. Quali sono allora i modelli di pagamento preferiti dai clienti dei servizi video? Il report indica chiaramente come il pagamento mensile di una sottoscrizione sia il modello preferito. Segue l’acquisto del singolo film, video, serie televisiva o evento. Ultimi i modelli basati su visione gratuita ma soggetta a pubblicità. Per i marketing manager dei settori Tlc&Media è arrivato quindi il momento di spingere sull’acceleratore della creatività per lanciare sul mercato offerte in linea con i trend emergenti. Una bella sfida. 䡵
Principali ostacoli percepiti per la fruizione video su mobile (risposta multipla) 46%
Costo connessione dati è troppo alto Costi di noleggio, abbonamento e acquisto sono troppo alti
45%
Non sono interessato alla visione di contenuti su device mobili
35% 30%
Connessione internet è lenta
26%
Bassa copertura di rete Bassa qualità video
21%
Selezione video e Tv povera o assente
21%
Accesso ai contenuti troppo complicato
18%
Il device non consente lo streaming video
18%
Fonte: Ericsson ConsumerLab, TV and Media 2014. Base: 23 markets
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Eventi
PREPARIAMOCI ALL’EXPO Il 25 e 26 novembre torna a Milano Biz Travel Forum, l’appuntamento dedicato al mondo della mobility, degli eventi e del turismo Davide Mura
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L
a 12a edizione dell’evento organizzato da Uvet American Express, caposaldo della business community, punterà i riflettori su Expo 2015. Stiamo parlando del Biz Travel Forum, che si terrà il 25 e 26 novembre al Mico - centro congressi di Fiera Milano City. Un’occasione non solo per fare il punto sullo stato dell’arte dell’Esposizione universale ma anche, e soprattutto, per analizzare le azioni più strategiche da intraprendere per gestire al me-
glio il soggiorno dei visitatori, il servizio di ticketing, la mobility e gli eventi organizzati sia dalle aziende sia dalle associazioni che parteciperanno all’evento. Nella BizArena, lo spazio dedicato a presentazioni, meeting e incontri, si terranno interventi dedicati a temi specifici sempre legati a Expo quali, ad esempio, le peculiarità dei padiglioni dei singoli paesi e i trend dei principali player del settore. Spunti per cogliere le opportunità di crescita che questo even-
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to offrirà al mercato turistico italiano. Perché il travelling e l’accommodation sono la porta di ingresso per l’Expo, ma anche per i visitatori di tutto il mondo verso l’Italia e non solo dunque Milano. Innovazione al centro Se Expo 2015 sarà così il focus del Biz Travel Forum, seminari, sessioni formative, workshop, tavole
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rotonde e incontri b2b saranno centrati su quattro grandi aree tematiche: mobility (viaggi d’affari e fleet management con soluzioni anche per le pmi), turismo trade, eventi e business innovation. Proprio quest’ultima sarà la protagonista di un’area totalmente rinnovata che permetterà ai partecipanti di aggiornarsi sulle soluzioni tecnologiche più innovative e per-
Per accreditarsi al
è sufficiente compilare il form caricato su www.biztravelforum.it formanti per semplificare e ottimizzare la gestione delle trasferte di lavoro e dell’organizzazione di eventi, meeting e congressi. 䡵
LE OPPORTUNITÀ PER MANAGER & AZIENDE Molte le opportunità per l’arrivo dei circa 20 milioni di visita-
l’Italia. E i manager e le aziende del territorio devono essere
tori stimati, difficile stabilire come coglierle. Se qualcuno te-
tra i protagonisti.
me che sarà un caos, che sarà più difficile fare tutto e quindi
Come cogliere le occasioni di questo treno in corsa? Ne
pensa di limitare al minimo ogni attività esterna, sbaglia.
parleremo con manager e imprenditori in un incontro “agile” sti-
Non possiamo lasciarci sfuggire l’opportunità di essere dove
molato da Damiano De Crescenzo, direttore generale Planeta-
per sei mesi accadranno le cose. Allora, come valorizzare la
ria Hotels e coordinatore Gruppo Expo 2015 di Manageritalia Mi-
nostra azienda? Quali servizi offrire? Come modificare le stra-
lano, che coinvolgerà, tra gli altri, Silvio Barbetta, ceo made in
tegie di vendita?
Uvet, Luigi Catalucci, presidente Manageritalia Milano, e Gio-
L’Expo coinvolgerà non solo la Lombardia e Milano, ma tutta
vanni Sacripante, direttore business development Expo 2015.
Vogliamo anche la tua opinione! vieni il 26 novembre al Mico - Milano, alle 16
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INIZIATIVE MANAGERITALIA
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COPPA DI SCI MANAGERITALIA
35 TRA LE NEVI DI MADONNA DI CAMPIGLIO
dal 15 al 22 febbraio
iGV Club Relais des Alpes ISCRIZIONI E PRENOTAZIONI ENTRO IL 16 GENNAIO Potete scaricare la scheda di iscrizione dal sito www.manageritalia.it (eventi e iniziative >> sport e tempo libero >> coppa di sci)
Per maggiori informazioni www.manageritalia.it oppure 0229516028
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DI BUON GRADO Piero Valdiserra
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grado
IL GAVI
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Procedendo da Alessandria in direzione della Liguria, dove la pianura comincia a congiungersi con la collina, si incontra la cittadina di Gavi. Già insediamento abitato in età neolitica, Gavi trae probabilmente il suo nome dagli etimi liguri “Ga” (terra) e “Va” (buchi), con riferimento alle numerose caverne che rappresentarono i primi rifugi umani della zona. Una versione meno filologica e più romantica della storia vuole invece che Gavi, principessa provenzale, fosse fuggita dalla Francia con il suo compagno osteggiato dalla famiglia, sino a giungere nella zona; qui si fermò e fece edificare un castello, ai cui piedi si formò con il tempo un paese che – in ricordo della bella principessa – ne prese il nome. Gavi è la patria del vino bianco omonimo, ottenuto impiegando le uve della varietà autoctona Cortese. Vitigno già conosciuto nel XVIII secolo, epoca cui fanno riferimento diverse fonti scritte, il Cortese si è progressivamente diffuso in gran parte del Piemonte meridionale; per molto tempo è stato impiegato come uva a duplice attitudine, da pasto e da vino, ma oggi il suo utilizzo è pressoché esclusivo per la vinificazione. Si tratta di una varietà vigorosa, resistente alle malattie, che sopporta meglio di altri vitigni la grandine e le gelate, pur amando esposizioni soleggiate, su terreni collinari di medio impasto tendenti all’argilloso. Qui fornisce produzioni elevate e costanti. La caratteristica principale del vino Gavi è il delicato equilibrio delle sue componenti, che si fondono in un perfetto complesso di tenui sensazioni e di armoniosa compostezza. È un bianco secco di colore giallo paglierino con
sfumature verdoline. Il suo profumo è fresco e delicato, con sentori abbastanza marcati di fiori, frutta bianca e mandorla, nonché distinti cenni minerali. In bocca ha sapore pieno, asciutto, armonico, con richiami fruttati evidenti, e con un retrogusto leggermente amarognolo. Oltre alla tipologia fermo, è prodotto anche nelle versioni frizzante e spumante. Splendido come aperitivo, il Gavi in tavola si accompagna ottimamente con antipasti magri, insalate, primi piatti con salse a base di pesce, minestre di verdure, risotti, secondi di pesce pregiato. Nella sua zona d’origine è abbinamento classico per i “tajarin al tartufo”, una pasta all’uovo condita con burro, parmigiano e tartufi. Va servito a una temperatura sui 12 gradi, in calici per vini bianchi di corpo; i tipi frizzante e spumante ammettono una temperatura di servizio più bassa, attorno agli 8 gradi. Nel 1974 il Gavi ha ottenuto la Denominazione di origine controllata: il riconoscimento ufficiale gli è valso due decenni di ininterrotto successo commerciale e di critica. Uno dei giornalisti specializzati più influenti dell’epoca, Burton Anderson, è arrivato in quel periodo a definirlo il migliore vino secco d’Italia. È del 1998 invece la concessione della Denominazione di origine controllata e garantita, che tuttavia non è riuscita a riportare il Gavi agli onori di un tempo. Oggi il vino vive sul mercato una fase di riflessione, che comunque non mette in discussione il suo ruolo tradizionale di bianco di maggior prestigio in una terra, il Piemonte, naturalmente vocata alla produzione di grandi rossi.
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ARTE Claudia Corti
Angeli, diavoli, corsari e banchieri: il trittico di
arte
HANS MEMLING
DA NON PERDERE Memling. Rinascimento fiammingo. Roma, Scuderie del Quirinale fino al 18 gennaio
N
Nel 1467 a Firenze il banchiere Angelo Tani sposa Caterina Tanagli. Tani è in quegli anni il direttore del Banco Mediceo a Bruges, nelle Fiandre, ed è proprio in questa città che, poco dopo il suo matrimonio, si rivolge al pittore Hans Memling commissionandogli un’opera monumentale su tavola raffigurante La porta del Paradiso, il Giudizio Universale e l’Inferno (olio su tavola, cm 223,5 x 306, 1467-1473, Danzica Muzeum Narodowe), oltre, naturalmente, ai ritratti dei due committenti sugli sportelli esterni del trittico. L’opera è presumibilmente già completata nel 1473 perché Tani, trasferitosi a Londra, chiede al suo successore a Bruges, Tommaso Portinari, di organizzare la spedizione dell’opera: vuole infatti che il trittico sia collocato nella cappella di San Michele nella Badia Fiesolana a Firenze. L’opera viene imbarcata su una nave
CURIOSITÀ Anche se mai dimostrato, da sempre si vocifera che, su richiesta di Tani, Memling avesse ritratto tra i dannati Tommaso Portinari, storico rivale e successore proprio di Tani alla direzione del Banco Mediceo a Bruges!
che durante la traversata della Manica è assaltata dai pirati di Paul Benecke, il “Corsaro di Danzica”, e l’intero carico trafugato. Benecke, corsaro gentiluomo d’altri tempi, dona il Trittico di Memling alla Cattedrale di Danzica e da qui l’opera non verrà più spostata se non per salvaguardarla durante le guerre. Dopo quasi seicento anni, finalmente il trittico del Giudizio Universale approda in Italia, a Roma, presso le Scuderie del Quirinale, dove sarà possibile ammirarlo in tutti i suoi straordinari dettagli. Composto da tre pannelli, quello centrale ospita la scena principale: Gesù seduto con i piedi sul globo terrestre dà inizio al Giudizio, mentre sulla Terra San Michele, con l’ausilio di una bilancia, soppesa le anime dei defunti risorti, inviandoli in Paradiso o all’Inferno. Bellissima la scena di un diavolo che si contende un’anima con un angelo alla sinistra di San Michele, la cui armatura di foggia lombarda riflette bagliori di fuoco. Nel pannello di sinistra i beati ordinati e composti si avviano a varcare la porta del Paradiso, vero portale marmoreo in stile gotico, sullo sfondo di un cielo dorato. Tutt’altro ambiente invece accoglie i dannati nel pannello destro; un antro infernale lambito da fiamme dove diavoli armati di uncini torturano corpi nudi e disordinati gettandoli nel fuoco per l’eternità. Proprio quest’ultima scena era particolarmente amata dai pittori nordici che, in virtù del disordine che la caratterizzava, potevano dare libero sfogo alla fantasia arrivando a creare smorfie di dolore quasi caricaturali. Memling, al contrario, affidandosi a uno stile estremamente sofisticato, preferì prendere le distanze dalla fantasia a favore dell’eleganza delle singole espressioni, creando in tal modo un capolavoro inimitabile e unico nel suo genere.
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LIBRI Davide Mura
Lontane da tutto
L’inventore dello shopping
libri
Una vita frizzante e avventuriera, quella di Harry Gordon Selfridge, fondatore dei grandi magazzini che prendono il suo nome. Il businessman diede vita a un vero e proprio fenomeno di costume ma allo stesso tempo fu il pioniere di una nuova strada per il retail. In questo libro la vicenda umana e professionale di Selfridge viene raccontata come un romanzo. Da Parigi a New York i grandi magazzini cambiarono il volto dello shopping per diventare luoghi dove vivere esperienze divertenti e sempre più diversificate. Dal romanzo Mr Selfridge è stata ideata l’omonima serie televisiva britannica. Mr Selfridge, Lindy Woodhead, Vallardi, pagg. 360, € 15,90.
Hanno nomi suggestivi le cinquanta isole remote selezionate dall’autrice e pressoché sconosciute ai più: Solitudine, Isola del principe Rodolfo, Ascensione, Taongi e altre ancora. Judith Schalansky racconta nel suo libro illustrato e curioso questi territori spesso disabitati ma con storie legate alla loro scoperta e aneddoti in grado di renderli interessanti. Storie ad esempio di animali rari e di schiavi naufraghi, studiosi di scienze naturali solitari, esploratori smarriti e guardiani del faro bizzarri, naufraghi dimenticati e marinai ammutinati. Questi avamposti militari, meteorologici, sedi di prigioni o eremi appena visibili sugli atlanti, sono luoghi senz’altro inospitali ma, chi può negarlo, hanno un loro fascino. Atlante delle isole remote, Judith Schalansky, Bompiani, pagg. 143, € 21,50.
Guerra al caos
La giapponese Marie Kondo ha ideato un metodo originale in grado di garantire l’ordine, l’organizzazione degli spazi vitali e allo stesso tempo la serenità. Il metodo è diventato un bestseller internazionale, con oltre due milioni di copie vendute. Ammettiamolo: parte del successo del libro è senz’altro dovuto alle dimensioni sempre più ridotte delle case nelle città di tutto il mondo. Contro la mania dell’accumulo e del-
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Il museo ideale Protagonista del volume curato dal popolare critico d’arte Philippe Daverio, il Novecento. Come i precedenti saggi divulgativi, anche questo è strutturato come se fosse un museo immaginario, costituito da padiglioni e molte sale. Si riparte dalla Zurigo dadaista degli anni della Grande Guerra, attraverso Picasso e il Surrealismo, per arrivare alla Pop Art fino all’assedio di Sarajevo degli anni Novanta, ripassando la storia forse dimenticata. L’arte presentata riflette il disagio degli uomini contemporanei, la pittura diventa cultura d’élite e la musica, il cinema, la pubblicità la soppiantano nel creare il nuovo immaginario di massa. Daverio rovescia le categorie storicizzate e attraverso immagini e accostamenti inediti insegna ai lettori a guardare il secolo trascorso con uno sguardo nuovo. Guardar lontano veder vicino, Philippe Daverio, Rizzoli, pagg. 447, € 19.
l’horror vacui, l’autrice adotta un approccio zen, evidenziando come il rito dell’ordine sia in grado di far aumentare la fiducia in se stessi e liberare la mente. Una vera e propria filosofia e allo stesso tempo un momento di introspezione che libera la mente e la solleva dall’attaccamento al passato, rappresentato da una moltitudine di oggetti molto spesso completamente inutili e che invadono gli ambienti delle nostre abitazioni con prepotenza e ci impediscono di valorizzare le cose preziose. Allo stesso tempo un modo per evitare acquisti non necessari e risparmiare sulla colf. Il magico potere del riordino, Marie Kondo, pagg. 256, Vallardi, € 13,90.
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LETTURE per MANAGER
...per manager
Marco Lucarelli
Enzo Ferrari: le basi del fare impresa È difficile anche solo affrontare l’argomento Ferrari. L’azienda di Maranello non è solo un brand, è un’icona dell’Italia nel mondo, un mito. Lo stesso principio si applica a Enzo Ferrari, il fondatore. Giornali, interviste, libri hanno contribuito negli anni a far entrare il padre delle “rosse” tra i miti dell’imprenditoria italiana. Detto questo, diventa quindi difficile scrivere qualcosa di nuovo sul mondo Ferrari, avere altro da aggiungere. Però possiamo cambiare la prospettiva e adottare un approccio differente. Lasciamo da parte l’agiografia istituzionale e limitiamoci ad ascoltare le parole del protagonista. Approccio, questo, che da molti anni è stato adottato ad esempio in ambito storiografico. Attraverso i racconti dei protagonisti si ricostruiscono realtà e significati “dal basso” dando una visione della storia più umana, vera. Appartiene a questo filone anche il libro Il secondo è il primo dei perdenti. Enzo Ferrari in parole sue a cura di Pino Allievi e con prefazione di Piero Ferrari, pubblicato da Rizzoli Etas (2014). Un libro, questo, che ci trasmette la visione di un Enzo Ferrari insolito, vero, lontano dalle celebrazioni istituzionali. L’uomo che ha creato l’azienda che tutti conosciamo era un imprenditore anomalo se visto con gli occhi di oggi: era un manager che non viaggiava,
Leggi e commenta tutte le recensioni di Marco Lucarelli sul blog
#letturexmanager
teneva a distanza i politici, non chiedeva favori alle banche, evitava il jet set e anteponeva le cene in trattoria con gli amici a quelle di potere nei ristoranti blasonati. Nel corso di un’intervista con Enzo Biagi, ad esempio, Ferrari racconta la sua giornata tipo che «comincia con la lettura di undici quotidiani politici e sportivi, finisce la sera verso le otto, le nove, con la firma della corrispondenza. Non vado al cinema, né al teatro, al mare, in montagna, da nessuna parte, non prendo vacanze».
La storia della Ferrari Attraverso le parole di Enzo Ferrari possiamo quindi ripercorrere la storia del suo successo: dall’assunzione in Alfa Romeo, dove arriva a dirigere il reparto corse per poi esserne licenziato. E poi il rapporto con l’avvocato Agnelli, che ha portato fino all’ingresso di Fiat nel capitale azionario della Ferrari. E ancora il rapporto con Montezemolo e con i piloti di cui tutti conosciamo le imprese, una panoramica che parte da Tazio Nuvolari per passare da Niki Lauda e arrivare alla tragica morte di Gilles Villeneuve, uno dei piloti più amati da Enzo Ferrari.
Perché leggerlo Curiosamente, questo libro è stato pubblicato prima del recente scossone ai vertici che ha visto Luca Cordero di Montezemolo lasciare la presidenza della Ferrari a favore di Sergio Marchionne (dopo una conferenza stampa dove il titolo di questo libro sembrava risuonare tra il detto e il non detto). Un modo forse brutale ma che rende bene lo spirito competitivo della casa del Cavallino. Inoltre questo libro ci restituisce un’immagine di Enzo Ferrari che riporta alle basi del fare impresa, dove contano talento e buon senso più che complicate teorie e tecniche di management.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Il patto di non concorrenza
lettere
Sono in trattativa con un’azienda che vorrebbe assumermi in qualità di dirigente commerciale. Tra le varie questioni da valutare, c’è anche la loro richiesta di sottoscrivere un patto di non concorrenza molto limitativo, a fronte del pagamento di un importo mensile. Potreste fornirmi delle indicazioni in merito? O eventualmente indirizzarmi a un esperto che possa suggerirmi delle modifiche/integrazioni al documento che mi è stato richiesto di sottoscrivere. D.M. - Palermo
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Secondo l’art. 2125 del codice civile, il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo congruo e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo. La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, si riduce nelle misure sopra indicate. L’ordinamento italiano considera quindi legittima l’esigenza del datore di lavoro di tutelarsi dall’attività che un lavoratore cessato potrebbe svolgere in concorrenza o, comunque, a favore di imprese sue concorrenti. Naturalmente devono essere rispettati alcuni requisiti e limiti, dato che il diritto dell’impresa va bilanciato con quello del lavoratore di esplicare la sua concreta professionalità e di assicurarsi un guadagno idoneo alle esigenze di vita una volta cessato il rapporto di lavoro regolato dal patto di non concorrenza. La giurisprudenza ha così affermato la nullità del patto qualora la professionalità del lavoratore sia compressa al punto tale da privarlo di qualunque
potenzialità reddituale, precludendogli ogni possibilità di nuova occupazione. Un ulteriore elemento da valutare è l’adeguatezza del limite territoriale, giudizio che deve essere formulato considerando anche l’oggetto del patto, tenendo conto del fatto che tanto più è ampio l’oggetto, tanto più sarebbe opportuno circoscriverne l’operatività solo ad alcune zone in Italia o all’estero. Infine, il corrispettivo concordato (che può essere elargito durante lo svolgimento del rapporto di lavoro o, in un’unica soluzione, al momento della cessazione dello stesso) deve essere coerente con i vincoli di oggetto, di territorio e di durata che gravano sul lavoratore. Quindi, si dovrà tenere conto, caso per caso, del sacrificio imposto dal lavoratore, dei minori guadagni che potrà realizzare e delle eventuali maggiori spese che dovrà sostenere per modificare il luogo di lavoro o per acquisire una nuova professionalità. Un attento esame del patto di non concorrenza da parte di un esperto prima della sua sottoscrizione è fortemente consigliabile, poiché, oltre a verificare la sua corrispondenza con le norme di legge, potrebbero essere suggerite delle clausole aggiuntive a tutela del lavoratore per cercare di ridurre, quanto più possibile, le penalizzazioni che questi potrebbe subire per effetto della limitazione di attività a cui si è vincolato per il futuro. Ad esempio, qualora si optasse per il pagamento del corrispettivo in corso di rapporto, sarebbe consigliabile inserire una clausola che preveda che tale corrispettivo non possa essere complessivamente inferiore a un congruo importo minimo, con conseguente pagamento dell’eventuale differenza all’atto della cessazione. Per questo genere di consulenza si può rivolgere all’associazione territoriale Manageritalia a lei più vicina.
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inserto mensile di Dirigente n. 11 / 2014
DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #09
FUTURE FARMING Il paradiso agricolo e high-tech
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FUTURE MANAGEMENT p. 3 Cosa copiare dalle startup
FUTURE MARKET ARRIVA IL MERCATO SHARE CARING FUTURE INNOVATION LA NUTELLA È SEMPRE QUELLA
INFOGRAFICA DEL MESE BRAINTERNET: PENSO DUNQUE SONO CONNESSO FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo
CLIMA PERDENTE
Manager ribellatevi all’ottusità Case, negozi e fabbriche sott’acqua. I recenti disastri a Genova e gli ancora più recenti disastri a Carrara ci dicono una cosa molto semplice. Il clima fa e noi disfiamo. Che il cambiamento climatico avesse un effetto diretto sul territorio e dunque sull’economia era chiaro da almeno 10 anni (forse anche 20). E se il clima cambia, allora bisogna cambiare la gestione del paese. Un paese furbo si attrezza e naviga con la vedetta che scruta
FUTURE VENDOR Vending machine anno zero
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l’orizzonte. Un paese “furbetto” invece naviga a vista in un mare di fango. Un paese serio crea le difese per questa guerra a venire, un paese gestito da pasticcioni chiude gli occhi e prega. Ora questo non è un problema ambientale ma economico. Ogni volta che una città finisce sott’acqua finisce sott’acqua anche l’economia. I manager devono mobilitarsi e ribellarsi alla disastrosa e “amatoriale” gestione del paese. Al folle Sblocca Italia (apparente semplificazione con evidente cementificazione) bisogna rispondere con un Blocca Italia delle scelte inutili. Non abbiamo bisogno di grandi opere e grandi cantieri per spalmare un po’ di denaro e alzare un po’ il Pil per qualche annetto. Abbiamo bisogno di mettere in sicurezza il paese e salvare l’unico patrimonio che ancora abbiamo: la biodiversità e bellezza. All’ultimo World Business Forum di Milano Oscar Farinetti ci ha messo in guardia: abbiamo un tesoro fra le mani… bucate.
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FUTURE INNOVATION LA NUTELLA È SEMPRE QUELLA Ogni anno il mercato food viene sommerso da presunte innovazioni e dopo soli 12 mesi l’80% dei prodotti è già sparito dagli scaffali. La risposta di Ferrero: innovazione con ponderazione (e moderazione). Fosse stata una multinazionale “alla Kellogg’s” avremmo oggi sugli scaffali dei supermercati cereali alla Nutella, barrette alla Nutella, bevande alla Nutella e chissà cos’altro. Invece Ferrero è un’azienda familiare tosta che da cinquant’anni punta alla limitazione di ogni (inutile) innovazione. Cavallo che vince non
si cambia e il principio vale anche per un prodotto che da sempre funziona. Cosa ci insegna il modello Nutella? Primo: stoicismo gestionale per difendere con autocontrollo e distacco le virtù di un prodotto che funziona e fattura ovunque. Secondo: focalizzazione di nuovi mercati da conquistare con quell’unico prodotto. Terzo: bassi costi di gestione della complessità e product manager facilmente intercambiabili sui mercati internazionali.
SO WHAT? Troppi assortimenti, varianti, innovazioni portano spesso a troppa complessità. La semplificazione del business e la focalizzazione su poche cose dove eccellere spesso paga. Lo dimostra anche il caso di Kärcher, leader mondiale per la produzione di macchine per la pulizia domestica e industriale che ha sempre puntato sulla riduzione della gamma.
FUTURE OFFLINE L’IMPRESA VIVE SENZA EMAIL È il sogno (immagino) di ogni manager. Non ricevere più email. Non dover passare ore e ore a selezionare e cestinare messaggi. Per Jan Schoch, ceo e co-fondatore di Leonteq, è invece una realtà di tutti i giorni. Jan ha rinunciato al suo pc e alle conseguenti email. E attenzione, non si tratta di un vecchio bacucco allergico al mondo digitale ma di un giovane e brillante imprenditore di 37 anni che dirige un’impresa di 300 collaboratori attiva nel settore finanziario dei derivati. Cui prodest? Perché lo fa? I motivi (o vantaggi) sono facilmente intuibili. Schoch riceveva 800 email al giorno, che a suo dire gli facevano perdere un sacco di tempo.
FUTURE BUSINESS INNOVARE SETTORI DICHIARATI MORTI Per una parte degli operatori i macellai sono una specie in via di estinzione, un amarcord dei bei vecchi tempi andati. E non senza buone ragioni. I numeri sono impietosi e parlano di una ritirata senza gloria. Prendiamo la Gran Bretagna, ma il discorso si potrebbe estendere per uno qualsiasi dei paesi europei: dagli anni Novanta a oggi le macellerie inglesi sono passate - o meglio, scese - da 22mila a 6mila. Mercato dunque senza prospettive? Non per chi si riposiziona ripensando format e offerta.
È il caso di Ruby&White di Bristol. Un luogo che non ricorda neanche lontanamente i tristi luoghi dal design “bulgaro”, dove la carne veniva malamente esposta (buttata sul bancone) e venduta dal macellaio sporco di sangue. Ruby è arredato bene, illuminato bene e il personale è vestito altrettanto bene. Ovviamente non si vende solo ma si cucina anche carne accompagnata da ottimo vino e verdure. È chiaro che la battaglia sul prezzo non si può vincere contro un supermercato, ma quella dei prodotti e servizi esclusivi sì. Molte nuove macellerie, come per esempio Master Butcher & Cookshop, funzionano di sera come griglieria. Morale: ogni settore “obsoleto” è una grande opportunità di innovazione e affari. http://www.rubyandwhite.com
La dieta email ha portato a un nuovo regime di comunicazione: colloqui con il telefono fisso e appuntamenti per gli affari più importanti. Un approccio radicale che ovviamente non si può copiare per ogni attività e situazione. Se però anche voi siete sommersi da inutili email dovreste prendere in considerazione i pro e i contro di tale scelta. I pro: temi di poco conto vengono filtrati all’origine, l’accesso al capo viene razionalizzato, più tempo per ragionare, i collaboratori si abituano a svolgere molti compiti senza importunare il manager. I contro: chi rinuncia ai device viene classificato come obsoleto o eretico, il rischio di perdere dati e informazioni è alto, clienti e fornitori fanno molta più fatica a raggiungere la direzione. Dove funziona? In business elitari e di nicchia.
SO WHAT? Bisogna scavare e scavare, per trovare nuovi giacimenti di nicchie. Perché nel sofisticato mercato globale la somma delle nicchie locali genera fatturati di “massa”, o meglio: la massa dei mercati di nicchia va interpretata con nuove formule e posizionamenti. È questione di sfumature. Gli esperimenti sono in corso.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE MANAGEMENT COSA COPIARE DALLE STARTUP Non certo l’illusione della via maestra al successo imprenditoriale. Apri una startup e tutto va a gonfie vele? Balle. I dati infatti parlano chiaro: su 100 società attive negli Stati Uniti nel 2008, oggi ne sono rimaste solo due. Il tasso di fallimento delle cosiddette startup si aggira intorno al 96%. Non male. Non è la formula che va copiata (startup è solo un modo, più figo, di dire che uno si è messo in proprio) ma l’approccio mentale del “very fast informal way”. Un dato: la catena alberghiera Hilton ci ha messo 93 anni per arrivare a 610mila stanze
in tutto il mondo, Airbnb.com ci ha messo solo 4 anni per ottenere lo stesso risultato (d’accordo, ha sfruttato come stanze le case di privati in tutto il mondo, però intanto…). Questo è un tema che elettrizza ogni volta imprese e manager: come cavolo fanno alcune startup a costruire piccoli imperi in tempi così rapidi (e non è solo una questione di tecnologia abilitante e accelerante o di meno burocrazia). La nostra risposta: le startup si comportano come un bambino appena nato che nel primo anno di vita cresce come mai più dopo, le startup privilegiano l’agire al pianificare (piaga delle grandi aziende), la progettazione di nuovi prodotti e servizi avviene coinvolgendo direttamente i clienti nel team (niente ricerche di mercato), l’innovazione non è progettuale ma condizione permanente, fallire è ok, passione e sperimentazione sono la routine.
FUTURE FARMING IL PARADISO AGRICOLO È HIGH-TECH Non è la prima volta che si sperimenta la via dell’indoor farming verticale, ma stavolta i led della Philips fanno la differenza tecnologica (funziona) ed economica (conviene). Green Sense Farms a Chicago è una fabbrica a “km zero” di ortaggi biologici di 30mila metri quadri di superficie distribuiti fra 14 torri, illuminate a led, che possono dare 25 raccolti all’anno, senza fertilizzanti chimici e senza pesticidi, consumando un quarto dell’energia e un decimo dell’acqua normalmente impiegate per coltivare gli stessi ortaggi in campo aperto o in serra. Il risultato è notevole
FUTURE MARKET ARRIVA IL MERCATO SHARE CARING Volevate dire car sharing? No, vogliamo proprio dire share caring. La condivisone delle cure. La sharing economy entra nel mondo della salute e relative cure per annunciare l’era della medicina partecipativa e collaborativa. D’altra parte un proverbio svedese lo dice da sempre: la gioia condivisa è una doppia gioia. Il dolore condiviso è dolore dimezzato. Ma procediamo con ordine. La ritirata del welfare sanitario e la crisi di credibilità o calo di fiducia nei confronti del mondo medico porta a una perdita di autorità e a una maggiore ricerca di consapevolezza del paziente, che ora vuole affrontare anche il tema salute in una
logica di social network e accesso continuo a ogni informazione e scambio di opinioni. Certo ancora una volta la tecnologia digitale accelera questo processo sommergendo il mercato di community, app e algoritmi per diagnosticare, verificare, controllare, scambiare e suggerire cure e non solo a uso dei medici ma anche dei pazienti che si emancipano. Ma non è solo questo. Share caring significa integrare l’intelligenza collettiva nella propria gestione della salute e cura. D’altra parte la spending review riduce drasticamente il tempo che il sistema sanitario mette a disposizione dei pazienti. Conseguenze? Ulteriore incremento del turismo sanitario, ma soprattutto immense praterie pressoché disabitate per offrire nuovi servizi al futuro “share care patient”.
perché l’indoor farming sta per entrare in regime di redditività e appeal per le aree metropolitane fortemente urbanizzate. Altre svolte. Big data arriva nei campi. Dicasi anche Prescriptive Planting, nuovo cavallo di battaglia di aziende come Monsanto e Dupont. In parole povere, gli agricoltori associati al programma FieldScripts forniranno dati grezzi, e il software li elaborerà derivandone una “prescrizione” per la coltivazione con (presunta) precisione millimetrica grazie ad algoritmi e guida computerizzata. Ovviamente tutto molto bottom down o fordismo agroalimentare digitale. Da lasciare agli americani. A noi conviene l’eccellenza della biodiversità. http://greensensefarms.com http://www.youtube.com/watch?v=xRdsCu5CcQ8
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FUTURE VENDING MACHINE 1 RITIRATA DELLE MACCHINE Correva l’anno 2007 e tutto sembrava filare liscio. Il business dei distributori automatici cresceva di anno in anno e quell’anno, secondo i dati del Vending Special Report, il fatturato si assestava, per esempio negli Usa, sui 23,21 miliardi di dollari. Si vendeva o si cercava di vendere ormai di tutto con le vending machine: dai soliti snack agli spazzolini da denti, dalle scarpe ai costumi da bagno, dai farmaci ai gioielli, da Apple con l’iPod vending machine a Starbuck’s con i suoi hot drink machine fino ai bikedispenser olandesi (distributori automatici per noleggio bici) e alle immancabili giapponesate come QBNet, un buffo negozio capsula per taglio capelli robotizzato e self-service. Intanto l’inaugurazione a New York del trendy e cool Bamn, un erogatore automatico di pasti freschissimi preparati al momento in comode monoporzioni e servite giorno e notte, fece gridare al miracolo o al salto evolutivo da squallido e squadrato armadione a lifestyle vending machine che seduce con design e luogo accogliente. Ancora più luogo era ai tempi in Germania a Norimberga, s’Baggers, ristorante automatico con touchscreen e servizio al tavolo tramite un sistema a rotaie. Poi arrivò la crisi del 2008 e con essa la ritirata (del business) di molte vending machine. L’osannato Bamn chiuse un anno dopo i battenti e il fatturato del settore scese anno dopo anno fino ad assestarsi (in Usa) nel 2011 sui 18,96 miliardi. A questo punto cosa ci riserva il presente?
FUTURE VENDING MACHINE 2 RIPRESA DELLE MACCHINE Corre l’anno 2014 e tutto sembra (di nuovo) filare (più) liscio. Il business dei distributori automatici inizia timidamente a riprendersi e infatti secondo i dati del Vending Special Report il fatturato del 2013 si assesta, sempre negli Usa, sui 19,69 miliardi di dollari (circa un miliardino in più rispetto al 2011). La stessa Europa vede rosa con i suoi 3,77 milioni di distributori automatici all’opera sul territorio. Si vende o si cerca di vendere di nuovo di tutto con le vending machine ma con qualche accortezza in più che ricalca i nuovi trend di consumo. Meno robaccia scadente (vedi junk food) e più roba fresca e salutista. Anche nella patria del fast food cresce la “tensione” verso stili di vita più salutari: secondo Symphony IRI Group, l’87% degli americani tenta ora di mangiare più sano. A questa esigenza risponde ora Farmer’s Fridge, la vending machine di cibi freschi, regionali e biologici. Sempre sulla qualità, e anche sul design, spunta Sprinkles, noto produttore di cupcake (tortini monodose tipo muffin) e Jamba Juice (succhi freschi). Insomma, si ricomincia a sperimentare nuove strade rivendendo il format anche in chiave pop up con il cliente: “vending marketing machine”. Dai chioschi Kindle di Amazon ai Sony Mp3 Player posizionati in palestre e piscine fino ai distributori automatici di Moët & Chandon nei grandi magazzini Selfridges, il tema è relazionale e non solo funzionale (vendere). Poi ci sarebbe il mercato, dicono promettente, dei Micro markets, che però trovo esteticamente penosi. A questo punto cosa ci riserva il futuro?
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE VENDING MACHINE 3 RINASCITA DELLE MACCHINE Correrà l’anno 20XX e quanto per far filare tutto ancora più liscio? Per adesso le vending machine non hanno avviato una vera metamorfosi: da stupide macchine fordiste a macchine digitali intelligenti. La prossima tappa sarà trasformare i muti automatismi in vivi o meglio vivaci dialoghi con il consumatore con smart vending machine. Parliamo ovviamente di internet delle cose e intelligenza artificiale. Di macchine avatar concepite come agenti e assistenti digitali in grado di interagire con le persone. Più qualità, più convenience e più servizio inteso anche come ambasciatori delle aziende. Un esempio che va in questa direzione è Briggo, che sostituisce il barista nelle sue mansioni “basiche” e che condisce il tutto con il solito 2.0, ovvero ordinazioni e pagamenti via smartphone e pick-up veloce. A questo punto cosa ci riservava il passato?
www.farmersfridge.com www.sprinkles.com www.jambajuice.com www.letspizza.co.uk www.nailmatic.com/#vernis-nailmatic http://24hourflorist.net
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Infografica del mese
DA INTERNET OF THINGS A INTERNET OF THOUGHTS L’ERA DI BRAINTERNET: PENSO, DUNQUE SONO CONNESSO MANOVRARE INTERNET E COMPUTER CON LA SOLA FORZA DEL PENSIERO È LA NUOVA SFIDA
IERI 99% PENSIERI (OUTPUT) 1% DATI (INPUT)
TELEPATICO
EMPATICO
APATICO
Da Facebook a Brainbook: ovvero postare immagini direttamente nel cervello? “Fantaeccessivo”? Forse. Ma chi dalla mattina alla sera (ri)cerca prima o poi trova nuovi sviluppi per i brain computer interface. Da gestione a spione delle risorse umane. Dell sta sviluppando (lancio previsto per il 2017) un software che coglie le emozioni tramite un sistema di interpretazione delle onde celebrali e che, a loro dire, potrebbe tornare utile per affiancare con suggerimenti il lavoratore durante l’attività (per esempio, se è concentrato il sistema disattiva telefonate e seccature in arrivo, mentre se è troppo impegnato su un tema il sistema suggerisce una pausa). Ma la direzione più suggestiva o inquietante (fate voi) è la telepatia in versione hightech. Certo, la procedura è ancora molto “cervellotica”, ma intanto il primo esperimento di brain‑to‑brain interface è andato a buon fine: un ricercatore indiano è riuscito a inviare correttamente delle parole nel cervello di un altro ricercatore in Francia che indossava un’interfaccia ricevente.
Simbiosi tra uomo e macchina. Sentire dentro di sé il computer o la rete. Non come allucinazione ma come possibilità. Chip sottopelle o dispositivi dentro o appiccicati alla testa. Tempo dieci anni anche il tablet a controllo mentale potrebbe diventare un gadget di uso (o abuso) comune. Intanto si sperimenta. Una delle aziende più attive è Samsung, che assieme al professor Roozbeh Jafari della University of Texas di Dallas ha iniziato a lavorare su un tablet controllato attraverso l’elettroencefalogramma. Più basica, ma praticamente già sul mercato, l’app Mindrdr (Mind Controlled Weareables) della londinese This Place, che in sostanza consente di controllare e comandare (in realtà poche funzioni) i Google Glass grazie a una sorta di dispositivo EEG portatile piazzato sulla fronte che legge le onde celebrali. La cosa può anche far ridere ma non dovrebbe. Oggi è ancora tutto molto rudimentale, ma domani potrebbe non esserlo e se il nostro cervello diventasse una porta in uscita lo diventerebbe anche in entrata. Anche non essendo apocalittici ma integrati il rischio salta all’occhio.
Internet come sesto senso abilitante è per ogni nerd, geek ma anche uomo comune un dono simpatico, mica apatico. Sarà così? Internet uguale a inerzia decisionale? Una cosa è chiara: in futuro la percezione del mondo e le nostre decisioni quotidiane verranno sempre più influenzate e guidate dal flusso dei dati generati dalla rete. Che siano i Google Glass o altri device, noi vedremo ogni persona come un protocollo‑scheda di dati e relazione magari solo tramite il riconoscimento facciale (questa è Susanna, ha cambiato lavoro, ora è separata, fa corsi di flamenco e sogna di andare in California…). Altra conseguenza: non siamo più noi a cercare informazioni in rete ma è l’informazione che trova la via per accedere a noi. La rete conosce i nostri gusti, debolezze e ambizioni e ci guida alle scelte di vita e di acquisto con consigli mirati. La sfera privata tende a svanire completamente, appannaggio di una ristretta élite digitale capace di schermare il proprio profilo tenendolo riparato da occhi indiscreti.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
DOMANI 99% DATI (INPUT) 1% PENSIERI (OUTPUT)
EXIT STRATEGY Scenario distopico. Aziende e manager devono prepararsi al peggio o, meglio, ai rischi futuri. In un mondo dove diventa possibile manovrare la rete con il cervello e viceversa diventa anche plausibile il furto dei dati sensibili solo da noi pensati. Per tutto questo incombente caos c’è già un termine: neurosecurity, coniato anni addietro dall’Università di Washington. Brain hackers, o pirati della mente, sono il prossimo incubo dell’era tecnologica. http://www.youtube.com/watch?v=JJQZtxlLaG0
L’uomo pensa e la rete governa, oppure la rete pensa e l’uomo governa?
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
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FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI AFFECTIVE ROBOTS LA ROBOTICA ENTRA NELLA SOCIALIZZAZIONE DOMESTICA «Le intelligenze artificiali sono la più grande minaccia per la sopravvivenza della nostra razza. Affidarsi ai computer è come invocare il demonio»: così parlò Elon Musk, imprenditore seriale noto per avere lanciato imprese come PayPal, Telsa (automobili) e il programma spaziale Space X. Computer cognitivi e androidi evoluti incutono su una vasta popolazione timore e cupi presagi, anche se a dire la verità i nuovi robot “relazionali” spesso non hanno sembianze umane. È il caso di Jibo, il robottino di
FITFURLIFE-HUNDELAUFBAND.DE
Fitness domestico per il cane urbano e padrone pigro. Il modello base costa mille euro. A questo punto per chiudere il cerchio manca solo il “Gattorade”. http://www.youtube.com/watch?v=aT6rJBZ811E#t=11
COGNEA.COM
L’assistente virtuale dotato di intelligenza artificiale della startup Cognea (ora in orbita Ibm) è la futura frontiera dei servizi di assistenza personalizzata. http://www.youtube.com/watch?v=lPgp4A1vxls
famiglia. Si muove (fa torsioni) ma non corre in giro e assomiglia più a una lampada a raggi che a una persona. In breve, un assistente adattativo (impara e si adatta alle esigenze dei “padroni”) che ricorda impegni, funge da fotografo e avatar per conversazioni audio e video. Perché parlarne? Non per fare uno spot al prodotto ma per far riflettere sulla futura generazione di “roboteenager”: una generazione che non solo non avrà paura di robot e smart device sparsi ovunque ma che, soprattutto, non distinguerà più fra naturale e artificiale, fra vero e falso. http://www.youtube.com/watch?v=3N1Q8oFpX1Y http://www.myjibo.com
LUXEXCEL.COM
Fabbing innovation. Luxexcel Group, inventore della stampa ottica in 3D, intende rivoluzionare il mondo della progettazione, produzione e distribuzione. http://www.youtube.com/watch?v=IQB_vzRk-L8
THETILEAPP.COM
Tile è un’app che agisce da localizzatore di oggetti smarriti tramite un piccolo gadget da associare a chiavi, ombrelli, bici, portafogli o altro. https://www.youtube.com/watch?v=p6uVAOFWjDo
XMETRICS.IT
Lanciata il 13 ottobre sulla piattaforma di crowdfounding Indiegogo Xmetric è una startup tutta italiana che ha ideato un dispositivo indossabile per nuotatori. https://www.youtube.com/watch?v=ztTSLG1opFc
ALECMOMONT.COM/PROJECTS/UZ-GENT Ormai siamo “circondronati”. Il drone ambulanza con defibrillatore incorporato promette di arrivare in 90 secondi netti sul luogo dell’incidente. Ovvio, nel test.
http://www.youtube.com/watch?v=y-rEI4bezWc
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ASSOCIAZIONI S ERVIZI ANITÀ CONTRATTO S PREVIDENZAFORMAZIONE
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FASDAC
La convenzione ticket si estende Dal 20 ottobre entra a far parte della convenzione l’Istituto di diagnostica clinica Proda
G
li assistiti che intendono avvalersi del Servizio sanitario nazionale non dovranno pagare i ticket previsti per le relative prestazioni in quanto ci pensa direttamente il Fasdac.
Le strutture aderenti alla convenzione La convenzione, già attiva con l’Usi di Roma, il Cdi - Centro diagnostico italiano, l’Istituto auxologico italiano, la MultiMedica della Lombardia, il Gruppo Cam e la Synlab Italia, è ora estesa all’Istituto di diagnostica clinica Proda di Roma in via Don G.M. Russolillo 63 (tel. 0688522772 - 0688522774). Le prestazioni attive fruite in regime di Ssn sono: analisi cliniche di laboratorio; accertamenti di diagnostica per immagini e strumentale (ecografie, radiografie, elettrocardiogrammi, risonanze magnetiche, tomografie computerizzate ecc.) presso le strutture Usi, Cdi, Istituto auxologico italiano, MultiMedica e Synlab di Como e Lecco; visite specialistiche presso le strutture dell’Istituto auxologico italiano, dell’Usi e della MultiMedica. Nella forma diretta, quindi, il Fasdac si sostituisce all’assistito al momento del pagamento dei ticket dovuti. Per qualsiasi importo, anche minimo, e per le “quote aggiuntive” previste da ciascuna regione. La procedura di accesso è semplice: basta prenotarsi presso la struttura sanitaria prescelta e qualificarsi come assistito Fasdac dichiarando la volontà di avvalersi della “convenzione ticket”. All’accettazione si dovrà consegnare soltanto la prescrizione rilasciata dal medico di base (la ricetta del Ssn di colore rosa). Non è richiesto il modulo di autocertificazione.
Perché questo nuovo tipo di convenzione? Per promuovere il ricorso al Ssn quando questo è in grado di offrire in modo efficiente e in tempi ragionevoli le prestazioni sanitarie di cui si necessita, con un conseguente utilizzo responsabile delle risorse della collettività degli iscritti al Fondo. A questo riguardo è importante far presente che la “convenzione ticket” non sostituisce gli accordi in essere con le strutture che aderiscono. Le due convenzioni pertanto convivono.
Per saperne di più o per conoscere tutte le strutture che hanno aderito alla convenzione ticket visita il sito www.manageritalia.it oppure www.fasdac.it.
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QUADRI E PROFESSIONAL
IL WELFARE INDIVIDUALE
ASSIDIR
Confermata l’importanza di “Quadri & Professional Care”, la copertura dedicata alla tutela di quadri, professional e loro familiari
N
el panorama di un’economia che continua a traballare e di una politica
che sembra sempre più confusa, le previsioni per l’assistenza sanitaria pubblica del 2015 sono tutt’altro che rosee. Infatti, è storia recente lo scontro verbale in atto tra il governo centrale, che chiede tagli di spese alle regioni, e quelli regionali, che rispondono promettendo un aumento delle tasse locali o la riduzione delle prestazioni di assistenza sanitaria. Le minacce, peraltro ancora piut-
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tosto indefinite, si traducono in pa-
ste soluzioni, mentre i quadri bene-
permanenti a seguito di malattia.
ventati tagli di ospedali e presta-
ficiano di soluzioni che possono es-
Nel box a fianco sono evidenziate le
zioni a favore di chi ricorre alle
sere migliorate.
principali caratteristiche di questa
strutture pubbliche per la cura del-
A tal fine Assidir, per fornire una
formula assicurativa che, proprio
le proprie malattie ecc.
tutela, ad adesione individuale,
per venire incontro alle esigenze in-
Con queste prospettive, abbastan-
sempre più ampia e attuale a tut-
dividuali degli associati, potranno
za preoccupanti, diviene di gran-
to il mondo degli associati Mana-
essere sottoscritte sia singolarmente
de interesse la possibilità di garan-
geritalia, ha rivolto l’attenzione
sia in abbinamento tra loro, dall’as-
tire a se stessi e ai propri familiari
proprio ai quadri e ai professional,
sociato per sé, per uno o per tutti i
degli strumenti che consentano
con particolare attenzione al loro
membri del suo nucleo familiare.
l’integrazione, se non addirittura la
nucleo familiare.
Inoltre, per quanto riguarda le
sostituzione, di quanto è possibile
Da oltre un anno è a loro disposi-
spese mediche e ospedaliere, i
ottenere dalla sanità pubblica.
zione un piano assicurativo inte-
quadri e i loro familiari potranno
Alcune categorie di persone, tra cui
grato di tutela della persona che
accedere non solo a una copertu-
i dirigenti associati a Managerita-
va sotto il nome di Quadri & Pro-
ra in forma completa ma anche a
lia, hanno nel proprio contratto di
fessional Care, che opera nelle
una copertura integrativa, ovvia-
lavoro formule di assistenza sanita-
aree più sensibili per ognuno di noi
mente meno costosa, qualora
ria collettive; altre categorie, come
e cioè il rimborso delle spese me-
l’azienda di appartenenza abbia
i professional, non godono di que-
diche, gli infortuni, le invalidità
aderito a un fondo previsto dal
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LA POLIZZA IN PILLOLE... RIMBORSO SPESE MEDICHE CONSEGUENTI A INFORTUNIO O MALATTIA “Forma completa”. Rimborsa le spese mediche sostenute prima, durante e dopo il ricovero ospedaliero (compreso il day hospital) fino a un massimo di 150.000 euro in assenza di intervento chirurgico e fino a un massimo di 200.000 euro in caso di ricovero con intervento chirurgico. Ulteriori prestazioni previste sono: trapianto d’organo, rimborso spese per vitto e pernottamento dell’accompagna-
contratto collettivo nazionale.
tore, indennità giornaliere da convalescenza, diaria sostitutiva, pre-
Questa proposta è la base per un
stazioni per il parto anche cesareo/aborto terapeutico ecc.
vero e proprio “welfare individua-
È inoltre previsto il rimborso di spese mediche in assenza di
le”, studiato su misura, che Mana-
ricovero in istituto di cura quali: onorari dei medici per visite spe-
geritalia è in grado di offrire a
cialistiche e relative cure, accertamenti di alta diagnostica, check-up,
quadri e alla vasta platea di pro-
cure oncologiche, onorari per interventi chirurgici ambulatoriali e
fessional. È interessante non solo
cure termali, acquisto lenti correttive della vista, prestazioni infer-
per le caratteristiche intrinseche
mieristiche a domicilio.
delle coperture offerte ma, soprat-
“Forma integrativa” per i quadri. Interviene sulle spese ecceden-
tutto, per la sua modularità e la facilità di sottoscrizione.
ti quelle rimborsate direttamente dai fondi sanitari previsti dai rispettivi contratti di lavoro; prevede un premio inferiore rispetto a quello previsto per la forma completa e alcune differenze di presta-
Dettagli e modalità di sottoscrizione
zioni e somme assicurate.
Sono previsti limiti di età e compilazione del questionario anamnestico, dichiarazione di esistenza di eventuali altre polizze dello stesso tipo nonché, per la garanzia infortuni, la valutazione dell’attività svolta.
INFORTUNI Copertura per il rischio di infortunio nell’ambito della professione dichiarata e dei fatti inerenti la vita privata. Le principali coperture e prestazioni sono: invalidità permanente, morte, morte presunta, indennità giornaliere, danni estetici, commorienza dei coniugi assicurati, inabilità temporanea riservata ai professional, spese di cura causate da infortunio, assicurazione di in-
Tutte le informazioni e la documentazione informativa sono reperibili sul sito www.assidir.it sezione Quadri e Professional. Per chiarimenti, quesiti o per ottenere un preventivo personalizzato contatta Assidir al numero verde 800401345 oppure scrivi a info@assidir.it.
validità anche per figli minori.
INVALIDITÀ PERMANENTE DA MALATTIA Copertura per il rischio invalidità permanente conseguente a malat-
è un prodotto
tia; incluse altresì le malattie progressivamente invalidanti quali sclerosi multipla, morbo di Parkinson o morbo di Alzheimer, con una soglia minima di invalidità per accesso alla prestazione del 25%.
Messaggio promozionale. Prima della sottoscrizione leggere il fascicolo informativo disponibile sul sito www.assidir.it
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IL RIMBORSO IN FORMA INDIRETTA FASDAC
Come preparare e presentare una pratica in quattro facili passaggi
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UN SOLO EVENTO DI MALATTIA
PER ASSISTITO
La pratica: • deve riferirsi a un solo evento di malattia per ogni singolo assistito; • può contenere più documenti di spesa (fatture, ricevute, ...); • deve raccogliere anche la documentazione sanitaria (certificati
2
SEI MESI PER PRESENTARE LA DOCUMENTAZIONE ALL’ASSOCIAZIONE
• La pratica deve essere presentata all’Associazione territoriale Manageritalia di appartenenza entro sei mesi dalla data del primo documento di spesa.
3
COME CHIEDERE IL
• “Agosto non conta”: se il termine di sei mesi cade nel mese di agosto, la pratica potrà essere presentata entro lo stesso giorno di settembre.
di importante che le fotocopie siano soltanto in bianco e nero e di buona qualità (il contrasto tra il testo e lo sfondo deve essere il più possibile marcato).
RIMBORSO
Deve essere presentata una specifica richiesta utilizzando: • per le pratiche mediche il modulo P01/M; • per le pratiche odontoiatriche il modulo P01/D. I moduli devono essere compilati e sottoscritti dal titolare iscritto al Fasdac anche se le spese sono sostenute per un proprio familiare. Il modulo P01/D deve essere compilato e firmato anche dal dentista nell’apposita parte.
• Per il rimborso dei farmaci deve essere utilizzato il modulo P01/F, da compilare e allegare in fotocopia nella richiesta di rimborso (mod. P01/M o mod. P01/D). • Per il rimborso dei ticket (esclusi quelli per farmaci) deve essere utilizzato il modulo P01/T, da compilare e allegare in fotocopia nella richiesta di rimborso (mod. P01/M).
I moduli sono scaricabili dai siti: www.fasdac.it • www.manageritalia.it
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MANAGERITALIA
TUTTA LA DOCUMENTAZIONE SOLTANTO IN FOTOCOPIA
• Sono accettate soltanto le fotocopie della documentazione sia sanitaria (certificati medici, cartella clinica, ...) che di spesa (fatture, ricevute, ...). • Il Fondo adotta un sistema OCR di lettura ottica dei documenti. È quin-
4
medici, cartella clinica, ...) indicata nelle norme per il conseguimento delle prestazioni Fasdac per ciascuna tipologia di prestazione (accertamenti diagnostici, ricoveri, cure odontoiatriche, ...); • non può essere di importo inferiore a € 51,65.
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TUO FIGLIO È MAGGIORENNE? COMPILA IL MODULO PER IL MANTENIMENTO DELL’ASSISTENZA SANITARIA ALTRE INFORMAZIONI UTILI PREVENTIVAZIONE DEI RIMBORSI NELLA
FORMA INDIRETTA
In caso di spese di una certa entità è consigliabile richiedere la valutazione del rimborso a fronte di preventivi rilasciati da dentisti o medici chirurghi. Cosa fare? La richiesta di valutazione deve essere trasmessa all’Associazione territoriale Manageritalia di appartenenza.
I VANTAGGI DELLA FORMA DIRETTA (CONVENZIONI) Il Fasdac eroga anche prestazioni in forma diretta, con maggior vantaggio per l’assistito, tramite strutture convenzionate (vedi box a fianco). Ecco i vantaggi: • pagamento di una sola parte della spesa: 30% per le cure odontoiatriche, 20% per le visite specialistiche, 20% per le prestazioni di diagnostica, 15% per i ricoveri presso case di cura, ospedali e day hospital, nulla per le prestazioni di fisioterapia, nulla per gli specifici programmi di prevenzione promossi dal Fondo, nulla per i ticket; • compartecipazione alla spesa su tariffe agevolate concordate con le singole strutture; • fruizione immediata delle prestazioni senza dover presentare alcuna richiesta di rimborso; • non applicazione della detrazione fissa di € 51,65.
I figli dei dirigenti iscritti che hanno compiuto 18 anni possono mantenere l’assistenza del Fondo qualora siano studenti o disoccupati. Tali condizioni devono essere autocertificate utilizzando l’apposito modulo predisposto dal Fasdac (modulo IC/05) scaricabile dai siti www.manageritalia.it o www.fasdac.it
PER SAPERNE DI PIÙ www.fasdac.it • www.manageritalia.it
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FONDO MARIO NEGRI
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UN SUSSIDIO PER I FIGLI MINORI DISABILI Il Fondo ha disposto un contributo economico mensile rinnovabile annualmente fino al compimento del 18° anno di età del figlio o fino alla cessazione dello stato di servizio del dirigente iscritto
S
in dalle origini del Fondo Mario Negri è stato inserito nelle nor me statutarie,
quale espressione irrinunciabile del principio di solidarietà che ha sempre caratterizzato la categoria, la possibilità di erogazioni straordinarie assistenziali in alcune situazioni specifiche di comprovato stato di necessità. Più di recente si è deciso di estendere l’area di intervento a eventi sanitari di rilievo: i casi di disabilità dei figli minori. Situazioni, queste, che oltre a un serio impegno personale quotidiano interessano l’area eco-
miglia, il supporto delle istituzioni
vabile annualmente ed erogabile
nomica con consistenti oneri da af-
allevia in parte difficoltà e gravo-
per un solo soggetto dello stesso
frontare per cure e assistenza.
sità del percorso.
nucleo familiare.
È stata quindi introdotta la possi-
Tale sussidio viene devoluto attra-
L’accertamento del grado di disa-
bilità di erogare un sussidio men-
verso la presentazione della do-
bilità viene effettuato dal Fondo
sile, che vuole anche esprimere
manda al Fondo Mario Negri da
in conformità alle norme regola-
un segno di vicinanza e, se possi-
parte dell’iscritto in attività, in re-
mentari relative allo stato di inva-
bile, di sostegno morale da parte
gime di prosecuzione volontaria o
lidità, con la collaborazione di un
della categoria di appartenenza,
percettore di pensione del Fondo.
consulente medico.
nella consapevolezza che se in
L’erogazione ha decorrenza dal
Al riguardo è richiesta la trasmissio-
queste circostanze vengono sti-
primo giorno del mese successivo
ne al Fondo di certificazione medi-
molate energie e valori della fa-
alla presentazione della doman-
ca attestante la patologia del figlio
da e cessa con il compimento del
disabile e il verbale di accertamen-
18° anno di età del figlio disabile
to del grado di disabilità rilasciato
o in caso di cessazione – per cau-
dalla Commissione medico legale
se diverse dal decesso – dello sta-
dell’Asl di appartenenza, sulla base
to di servizio del dirigente iscritto.
della legge 104/92 che attesta an-
La misura del sussidio è di 500 eu-
che la revisionabilità o meno dello
ro mensili per 12 mensilità, rinno-
stato di disabilità.
Il regolamento sulle modalità di concessione del sussidio e il modulo di domanda possono essere richiesti per email al Servizio prestazioni – prestazioni@fondonegri.it – o scaricati dal sito www.fondonegri.it.
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Hanno collaborato a questo numero FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
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