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N. 5 MAGGIO 2014
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
EURO DENTRO O FUORI? SCENARI IPOTETICI DI UN’ITALIA FUTURA
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)
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Sommario
Editoriale 4 Passi concreti, sguardo all’orizzonte
RUBRICHE InfoMANAGER
48 Di buon grado
Manageritalia 61 Consulenza a tutto campo
49 Arte
Copertina 6 L’euro non ha colpe
50 Libri 51 Letture per manager
Strategia aziendale 14 Sbagliando s’innova
Fondo Mario Negri 64 Borse di studio
52 Lettere
Focus 18 Mondo del lavoro. Fare il manager Comunicazione 24 Facciamo retorica?
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Retribuzioni 28 Un timido segno più Diritto 36 Mobilità e licenziamenti collettivi Tecnologia 41 Il futuro del web? Gli oggetti
N. 5 MAGGIO 2014
LA RIVISTA DI MANAGERITALIA
EURO DENTRO O FUORI?
Territori 44 Marche, in rete per la ripresa
SCENARI IPOTETICI DI UN’ITALIA FUTURA
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato R
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n.46) art.1, comma 1 - DCB/MI - € 2,20 (abbonamento annuo € 16,50)
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Editoriale a cura del presidente Manageritalia
PASSI CONCRETI, SGUARDO ALL’ORIZZO S
iamo vicini alla metà dell’anno. Tra le priorità su cui ci stiamo concentrando c’è quella di rinnovare il contratto dei dirigenti del commercio. Il contratto è scaduto alla fine del 2013 ed è stato “congelato” per tutto quest’anno. I negoziati con le controparti sono però già partiti e ai vari tavoli tematici dedicati ai distinti argomenti della discussione contrattuale si lavora con realismo e spirito costruttivo. Stiamo dunque per entrare nel vivo delle trattative e sappiamo che non sarà un percorso facile. Oltre alle oggettive difficoltà derivanti dal contesto economico e sociale dovremo fare i conti con un clima per certi versi ostile alla categoria manageriale, condizionato com’è da rappresentazioni stereotipate e dall’atteggiamento del governo, che ha preannunciato misure “contro” i dirigenti della pubblica amministrazione. Si tratta di provvedimenti che in modo indifferenziato rafforzano la percezione negativa dell’opinione pubblica nei confronti dell’intera categoria, vista come una casta di privilegiati. Tali misure, al di là di porre un tetto agli stipendi, non introducono quei criteri meritocratici che riteniamo siano gli unici in grado di rilanciare il pubblico impiego. Tenendo conto della complessità di questo scenario, il nostro agire associativo continua a seguire una linea di equilibrio. Rappresentiamo una categoria davvero speciale: i dirigenti sono la cinghia di trasmissione che lega il sistema produttivo e il mondo del lavoro. Per questo vogliamo difendere gli interessi dei manager, inserendoli in un disegno più ampio di impegno associativo per l’interesse generale, per la crescita e il rilancio del Paese. In questo disegno si inseriscono i nostri sforzi per promuovere la Youth Guarantee, la Garanzia Giovani lanciata dall’ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini. Dopo la firma del Protocollo con l’Agenzia del lavoro in Piemonte, siamo in dirittura d’arrivo in Campania. Diverse altre re-
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ZONTE gioni stanno manifestando il loro interesse e, grazie anche all’impegno del direttore generale per le politiche attive e passive del ministero del Lavoro, Salvatore Pirrone, incontrato di recente, contiamo di estendere su tutto il territorio nazionale questo programma. Un programma che permette ai dirigenti di supportare iniziative di autoimprenditorialità promosse dai giovani, creando occupazione per entrambi e diffondendo competenze manageriali nel sistema. Dal dialogo con il ministero del Lavoro è emersa inoltre l’apertura all’erogazione di nuovi incentivi per il reimpiego dei dirigenti, che potrebbe arrivare nell’ambito della legge delega sulla riforma del lavoro in discussione al Senato. Una risposta concreta alle esigenze dei manager fuorusciti dal lavoro e, allo stesso tempo, un modo pratico per rilanciare le tante aziende che hanno bisogno di managerialità per agganciare la ripresa. A circa cento giorni dall’insediamento del nuovo governo possiamo dire che il nostro impegno nel dare alle istituzioni tutti gli strumenti e il supporto necessari per favorire l’adozione di misure specifiche per la categoria sta dando buoni frutti. La nostra forza associativa ci rende non soltanto degli interlocutori privilegiati ma anche, in un certo senso, dei veri e propri “garanti” della continuità dell’azione legislativa in materia di management, di welfare e di politiche attive. Ci rendiamo conto che questo non può risolvere tutti i problemi: per il rilancio dell’occupazione manageriale non esiste una bacchetta magica. Ci sono piccole tappe concrete da superare ogni giorno, con lo sguardo all’orizzonte. Noi ci muoviamo così, forti dei valori e delle competenze di cui siamo portatori. Guido Carella (guido.carella@manageritalia.it)
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Copertina
L’EURO NON HA
COLPE
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Per molti il peggioramento della crisi economica e occupazionale del paese è da attribuire alla moneta unica. Ecco cosa succederebbe quindi se una scelta politica reintroducesse la lira anziché pensare a come migliorare l’Italia (e l’Europa)
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Emilio Rossi
ATESI DI COLORO CHE SONO FAVOREVOLI all’ipotesi di abbandonare la moneta unica si basa sulla constatazione (fondata) del peggioramento della situazione economica e occupazionale del paese a partire dall’inizio del nuovo secolo, ossia dallo stesso periodo in cui iniziò a circolare la moneta unica europea. Tuttavia, a rigor di logica, la coincidenza temporale di due eventi non ci dice nulla sul nesso di causalità di uno rispetto all’altro. In questo caso, poi, è innegabile che nello stesso periodo si siano manifestati o acuiti anche gli effetti di altri fenomeni di portata storica (globalizzazione, comparsa di nuovi mercati e competitori, crescita vertiginosa dei costi previdenziali e assistenziali legati all’invecchiamento della popolazione, crisi del 2008). È molto semplice constatare che la maggior parte dei paesi dell’area euro è stata in grado di affrontare queste sfide, facendo leva su riforme interne e sul bonus che proprio l’euro aveva “regalato” a tutti gli aderenti alla moneta unica: l’abbassamento generalizzato di tutti i tassi di interesse (da quelli sul debito pubblico a quelli praticati alle imprese, per finire a quelli sui mutui), legato alla fiducia che gli investitori di tutto il mondo hanno posto nella moneta europea. Disoccupazione, colpa dell’euro? Se è vero che dal 2008 ad oggi la crescita economica dell’area euro è stata mediamente molto debole, la prospettiva cambia in maniera rilevante se si considera lo shock esterno costituito dalla crisi sub-prime del 2008-09. Ad eccezione dei paesi cosiddetti “periferici” (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda), l’andamento del pil e dell’occupazione a partire dal 2010 nei paesi dell’eurozona si configura come quello di un normale ciclo economico di paesi a economia matura. I paesi non-periferici sono stati in grado, utilizzando strumenti tradizionali di politica economica, di attraversare senza gravi scossoni la più pesante crisi economica dagli anni Trenta. In questi paesi il confronto tra i tassi di disoccupazione negli anni precedenti la crisi del 2008 con quelli attuali rivela, infatti, una sostanziale stabilità, con la disoccupazione francese aumentata di appena un punto percentuale e mezzo, e quella tedesca oggi addirittura più bassa di quasi due punti rispetto al 2008. In Italia la disoccupazione è aumentata di circa sei punti percentuali nello stesso periodo. La constatazione che solo pochi paesi si siano trovati in gravi difficoltà dovrebbe farci riflettere sugli errori commessi dal nostro sistema paese nel periodo che va dalla creazione dell’euro in poi.
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Economia
La constatazione che solo pochi paesi si siano trovati in grave difficoltà dovrebbe farci riflettere sugli errori commessi dal nostro sistema paese nel periodo che va dalla creazione dell’euro in poi
I criteri per l’adesione alla moneta unica furono definiti nel 1992 con il Trattato di Maastricht, l’euro fu adottato ufficialmente nel 1999 ed entrò in circolazione in 12 paesi europei a partire dal 1º gennaio 2002. Cambio lira/euro sfavorevole? Un luogo comune da sfatare categoricamente è che il cambio lira/euro sia stato sfavorevole per l’Italia. La lira uscì dallo Sme (Sistema monetario europeo, in vigore dal 1979 e predecessore dell’euro) nel settembre 1992. Prima di uscire dallo Sme il cambio della lira con il marco tedesco era circa 750 lire per marco. Dopo la crisi del ’92 (causata già allora dalla sfiducia nei confronti della sostenibilità del debito pubblico italiano) la lira scivolò nel 1993 fino a 1.000 lire per marco, livello a cui i mercati finanziari la mantennero, tra fluttuazioni varie, fino al 1996. La parità concordata da Ciampi per l’entrata della lira
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nell’euro fu equivalente a 990 lire per marco (1.936,27 lire per euro), il 32% inferiore al valore precedente all’uscita dallo Sme – una svalutazione della lira molto superiore al differenziale di inflazione accumulato in quegli anni. La domanda a questo punto andrebbe ribaltata. Quanto sarebbe stato il valore “corretto” lira/euro? Una svalutazione del 40%? E un mero 8% in più ci avrebbe magicamente evitato quindici anni di crescita tra le più basse al mondo? Forse sarebbe dovuta essere del 60%? Ma quale paese europeo avrebbe accettato di darci un tale vantaggio competitivo, fermo restando che il 32% concordato era già un gran regalo? E se anche avessimo
svalutato del 60%, i tassi di interesse sul debito pubblico non sarebbero schizzati a livelli insostenibili e non compatibili con i criteri di Maastricht? Insomma, il valore di 1.936,27 appare appropriato anche per la stabilità dell’economia italiana. I nostri errori Ma se il cambio fu determinato in modo “corretto” e altri paesi hanno beneficiato della loro partecipazione all’euro, quali sono stati gli errori del sistema Italia? In sintesi se ne possono citare due, entrambi molto rilevanti. Il primo è stato l’incapacità di utilizzare la riduzione dei tassi di interesse per ridurre significativa-
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mente il debito pubblico. L’entrata nell’euro era stata resa possibile dall’allineamento dell’Italia ai parametri di Maastricht, che aveva comportato sia una forte riduzione dell’inflazione dal 1992 al 1999 (circa 4 punti percentuali) che dei tassi di interesse nello stesso periodo (circa 8 punti percentuali sull’intero spettro delle scadenze). Purtroppo, questo “bonus interessi” è stato utilizzato per riprendere un sentiero di aumento della spesa pubblica rispetto al pil che si era sostanzialmente interrotto nella fase di entrata nell’euro. Nel 2000, il surplus primario (ossia il bilancio pubblico al netto della spesa per interessi) oscillava intorno al 5% del pil, anche grazie a una spesa primaria che nel periodo 1995-2000 si era mantenuta sostanzialmente costante rispetto al pil. Negli anni successivi al 2000 il surplus primario si è rapidamente ridotto fino ad annullarsi e perfino a trasformarsi di nuovo in deficit nel corso del 2005. Parallelamente, la spesa pubblica primaria in percentuale del pil è aumentata di circa il 5%. Tra il 2000 e il 2006, il paese ha pagato l’illusione di poter tornare a spendere denaro pubblico senza aumentare le tasse. Tra i paesi aderenti all’euro, solo la Grecia e il Portogallo hanno avuto comportamenti simili e anche loro ne hanno pagato le conseguenze. Il secondo errore, forse ancora più grave del primo, è stato di
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non aver introdotto le necessarie riforme della struttura economica del paese. Nel corso degli anni, la Commissione europea, il mondo imprenditoriale italiano (tra cui la stessa Manageritalia) ed economisti di alto profilo hanno più volte sollecitato la liberalizzazione dei mercati, la privatizzazione di aziende diventate regno della politica e dello scambio di favori, l’iniezione di concorrenza nei mercati controllati da poche grandi imprese, una politica volta a favorire la ricapitalizzazione delle imprese e la fusione delle pmi. Nulla di tutto ciò è stato fatto, con l’eccezione dello smantellamento di Iri ed Efim e della creazione di alcune autorità di controllo dei mercati (peraltro con pochi poteri sanzionatori) nella seconda metà degli anni Novanta. Ma all’inazione sul fronte dei mercati di prodotti e servizi si è aggiunta una politica immobile sul fronte del mercato del lavoro, rimasto troppo rigido e quindi incapace di venire incontro alle esigenze delle azien-
de alle prese con la concorrenza di player sempre più agguerriti. Le stime prevalenti indicano che dal 2000 a oggi l’Italia abbia perso tra il 30 e il 40% di produttività rispetto alla Germania. Il costo del lavoro per unità di prodotto in Italia è continuato ad aumentare anche negli anni della crisi, caso unico nel panorama dell’eurozona. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se le aziende italiane si trovino in difficoltà e la disoccupazione aumenti in Italia più che in ogni altro paese.
All’inazione sul fronte dei mercati dei prodotti e dei servizi, si è aggiunta una politica immobile sul fronte del lavoro, rimasto troppo rigido e quindi incapace di venire incontro alle esigenze delle aziende
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Copertina Le aggravanti del peso fiscale e dei crediti non pagati dalle amministrazioni pubbliche alle imprese dipendono a loro volta dal suddetto mancato controllo delle finanze pubbliche negli anni precedenti, mentre la difficoltà di ottenere credito dalle banche dipende in larga misura dall’urgente necessità di ricapitalizzazione delle banche stesse. Né si può dare responsabilità all’euro per la burocrazia, la corruzione, l’evasione fiscale o la criminalità infiltrata nei settori produttivi. In sintesi, come fa notare l’economista Lorenzo Bini Smaghi nel suo
Stabilito che le cause delle difficoltà del sistema Italia non dipendono dall’euro, occorre domandarsi cosa succederebbe se una scelta politica dissennata ci portasse indietro e reintroducesse la lira
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ultimo libro «ci sono due modi per reagire a una crisi profonda: analizzare le cause del problema e cercare di raddrizzare la situazione, oppure scaricare la colpa su altri per deviare l’attenzione e rimandare le scelte difficili». Dare la colpa all’euro per la nostra resistenza al cambiamento e per le conseguenze delle nostre scelte (anche politiche) appare puerile e fuorviante, ma soprattutto rischia di farci allontanare ulteriormente dal necessario dibattito e azione su cosa occorrerebbe veramente fare e come farlo. Stabilito che le cause delle difficoltà del sistema Italia non dipendono dall’euro, che anzi ha rappresentato un’opportunità da noi sprecata, occorre comunque domandarsi cosa succederebbe se una scelta politica dissennata ci portasse indietro e reintroducesse la lira. E se tornassimo alla lira? La risposta è semplice: sarebbe un disastro inenarrabile, una catastrofe che si svolgerebbe nel giro di pochi mesi in maniera non più ripara-
bile. Per di più comporterebbe pressoché certamente la fine dell’euro, in quanto decreterebbe l’esistenza di differenti livelli di affidabilità degli stati, cosa inconcepibile per una moneta unica. All’avvio della procedura di uscita dall’euro (procedura peraltro non prevista nei trattati) si avrebbero una serie di effetti nel giro di poche settimane, al massimo entro pochi mesi: 1. Svalutazione della lira, come definita dai mercati. Nessun osservatore ritiene che la perdita di valore della moneta sarebbe inferiore al 30% (se fosse inferiore sarebbe pressoché inutile uscire) e alcuni stimano più realisticamente il 60% come ad esempio uno studio recente della Ubs. È probabile che la svalutazione sia di almeno il 50% (concorda, tra gli altri, anche il professor Guido Tabellini, fino allo scorso anno rettore della Bocconi), per compensare la perdita di produttività dell’Italia sulla Germania più un sostanzioso “premio” al rischio per gli investitori. 2. Bancarotta. Due elementi concorrerebbero a rendere ineluttabile la bancarotta. Innanzitutto, una svalutazione del 50% raddoppierebbe il debito pubblico in termini nominali, dato che pressoché tutte le obbligazioni del Tesoro sono denominate in euro. Inoltre, data la mobilità globale dei capitali, qualsiasi investitore, nazionale o straniero che sia, deciderebbe immediatamente di ritirare i suoi capitali dall’Italia e di
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PIL - CRESCITA MEDIA ANNUA 2001-13 Austria
Belgio
Finlandia
1,78
1,51
Spagna Germania Francia Eurozona
1,24
1,28
1,15
Olanda
1,04 0,96 0,83
Grecia
Italia
Portogallo
-0,20
-0,16
-0,08
0,85
Fonte: Eurostat
spostarli su un altro paese ritenuto più affidabile e a moneta più forte. In Italia intanto l’assalto agli sportelli bancari sarebbe inevitabile. La vendita precipitosa e contemporanea degli assett italiani farebbe precipitare le quotazioni dei mercati azionari e obbligazionari (e in un tempo più lungo anche di quello immobiliare), determinando una forte salita di tutto lo spettro dei rendimenti italiani, inclusi quelli per il servizio del debito. Uno scenario prodotto da Oxford Economics a inizio 2012, ossia al culmine della crisi greca, prevedeva in caso di uscita dall’euro un aumento dei tassi di interesse per l’Italia dell’11%, che sommato ai livelli attuali dei tassi implicherebbe un tasso medio sul debito di circa il 14%. Il Tesoro italiano si troverebbe quindi impossibilitato a emettere nuovi titoli (Bot, Btp, Ctz ecc.). Il risultato sarebbe ben
presto l’impossibilità di far fronte ai pagamenti di stipendi pubblici, pensioni, fornitori ecc. 3. Ristrutturazione del debito e perdita di fiducia degli investitori internazionali. L’inevitabile ristrutturazione del debito potrebbe riguardare: la sola componente detenuta da investitori italiani che si vedrebbero restituire le loro obbligazioni al valore delle nuove lire, lasciando quindi invariato il valore della quota di debito pubblico “domestico” rispetto al pil, visto che quest’ultimo sarebbe ovviamente calcolato in lire; oppure anche l’intero panorama degli investitori internazionali che hanno acquistato titoli di diritto italiano. Attualmente circa i due terzi del debito pubblico nazionale sono nelle mani di operatori nazionali, il resto in mani estere. Seguendo la prima opzione il rapporto debito/pil salirebbe dall’attuale 134% a circa il 180%, dato che il terzo di debito in mani
estere raddoppierebbe di valore. Seguendo invece la seconda opzione, la ristrutturazione del debito italiano comporterebbe una tale crisi di fiducia nel sistema Italia da determinare l’abbandono da parte degli investitori internazionali dei mercati italiani. Per dare un senso logico all’operazione, infatti, l’accordo dovrebbe essere di una dimensione sostanzialmente indigeribile per gli investitori, sia nazionali che internazionali, che oltre alla svalutazione dovrebbero subire almeno un’ulteriore sforbiciata che consenta di portare il rapporto debito/pil a un valore almeno intorno a 100. Peraltro, per i bot-people e per le banche con i portafogli gonfi di titoli di stato si tratterebbe di una vera e propria patrimoniale mascherata. La crisi di fiducia sarebbe subitanea. L’aumento dei tassi di interesse avrebbe conseguenze non solo sull’Italia ma su tutti i paesi periferici, dato che lo
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Copertina spettro della disintegrazione dell’euro si farebbe di nuovo concreto. 4. Forte recessione e inflazione elevata. Gli altissimi tassi di interesse indicati sopra si rifletterebbero negativamente sul credito alle imprese, sui mutui, sul credito al consumo ecc., deprimendo di nuovo l’attività economica e l’occupazione. Il citato studio di Oxford Economics stimava in circa il 15% in due anni la perdita di pil per l’Italia in caso di abbandono dell’euro. Una mossa inevitabile sarebbe quella di riportare la Banca d’Italia al suo ruolo di banca centrale per consentirle di effettuare una politica monetaria a supporto delle imprese e soprattutto del settore bancario, che sarebbe quello più colpito dal combinato disposto di recessione, fallimenti e consumatori con scarsa affidabilità di credito. Peraltro, la “valvola di sfogo” della monetizzazione del debito ha un ovvio effetto di “azzardo morale”: quale governo sarebbe indotto a tenere sotto controllo i conti pubblici, se sa che può sempre imporre alla banca centrale di comprarsi i titoli del debito pubblico? Allo stesso tempo, la forte svalutazione comporterebbe un altrettanto forte aumento nei costi di approvvigionamento energetico e di materiali e prodotti esteri (l’Italia rimane un paese scarso di risorse naturali e un’economia di trasformazione). Tra politica monetaria espansiva e aumento vertiginoso dei costi di importazione, l’inflazione torne-
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rebbe rapidamente a viaggiare a ritmi sudamericani. È appena il caso di ricordare che un’alta inflazione è equivalente a una tassa indiretta, che colpirebbe percettori di salari, stipendi e redditi (quelli non allineabili all’inflazione) indipendentemente dal reddito e in misura molto maggiore di quello a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. 5. Aumento dei costi di importazione e breve durata dei vantaggi per l’export. L’aumento della bolletta energetica e dei prezzi all’import di beni e servizi peserebbe immediatamente sui conti con l’estero, mentre l’inflazione a doppia cifra finirebbe per mangiarsi in pochi anni il vantaggio competitivo di prezzo di cui godrebbero le esportazioni. A questo proposito va anche ricordato che per i nostri prodotti la competitività di prezzo non ha più la stessa importanza che aveva fino a vent’anni fa. Oggi i mercati dei prodotti a basso costo sono territorio dei paesi emergenti, dove il costo della manodopera è basso e le condizioni di lavoro ancora non riflettono una cultura attenta ai diritti dei lavoratori. Per concludere Dal quadro appena analizzato emerge con chiarezza l’incompatibilità tra un sistema economico e monetario moderno e il ritorno alla lira. L’utilizzo della moneta per finanziare le spese dello stato darebbe luogo a svalutazioni successive e a fughe di capitali, con il risultato
di far salire i tassi d’interesse su livelli significativamente più elevati, come era il caso prima dell’euro. Per fare ciò sarebbe necessario ripristinare i controlli sui movimenti di capitale, per impedire ai cittadini di investire all’estero e obbligarli a usare i loro risparmi solo in titoli nazionali, anche se fossero più rischiosi e con minore rendimento. Bisognerebbe, inoltre, costringere il sistema bancario ad acquistare titoli di Stato, imponendo vincoli di portafoglio come quelli che venivano usati negli anni Settanta. Queste misure non sono compatibili con l’attuazione di un mercato integrato come quello che è stato realizzato negli ultimi vent’anni in Europa. Chi propone di uscire dall’euro, e di ripristinare le condizioni istituzionali degli anni Settanta, propone in realtà che l’Italia esca dall’Unione europea, anche se probabilmente non se ne rende conto. La domanda che dovremmo porci allora non è se restare o meno nella moneta unica: come dichiarato all’Espresso dal vicepresidente di Manageritalia Mario Mantovani: «Non sono realmente preoccupato, giacché ritengo che le conseguenze sarebbero talmente catastrofiche che nessuno sano di mente potrà davvero portarci alla rovina uscendo in solitudine dall’euro». Piuttosto allora chiediamoci seriamente come cambiare l’Italia e come contribuire al miglioramento del funzionamento dell’Unione europea. 䡵
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Strategia aziendale
SBAGLIANDO
S’INNOVA
I fallimenti insegnano più delle best practice: dalle startup evaporate in fretta ai grandi passi falsi delle aziende vincenti Thomas Bialas
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NGRY BIRDS STAVA PER FALLIRE prima di diventare Angry Birds, uno dei videogiochi di maggior successo di sempre. Magari è noto a tutti, ma nel dubbio riassumiamo: nata nel 2003 a Helsinki, la finlandese Rovio dovette collezionare anni di flop e di giochi che non sfondavano prima di lanciare come ultimo disperato tentativo (nel 2009 il fallimento della società era alle porte) un rompicapo semplice e divertente, Angry Birds. Un successo incredibile e imprevedibile. A riprova che non è sempre vero il “chi ben comincia è a metà dell’opera”. Non è il solo, ovviamente. Anche le cosiddette innovation driven company, come Apple, Google, Microsoft, Danone, Renault, Amazon, Facebook e molte delle nuove imprese 2.0 come Pinterest sbagliano, collezionano errori e falliscono molti passi e prassi prima di azzeccare quella giusta. Samsung stava quasi per fallire negli ormai lontani anni Novanta prima d’indovinare una sequenza di passi giusti e diventare la Samsung che oggi tutti conosciamo e stimiamo. Per non parlare delle startup. Presunti guru ed esperti raccontano ai boccaloni di mezza Italia la favola delle startup. Giornali anche mainstream mettono in campo grandi firme con improbabili scoop di storie di successo per convincere giovani e imprese che questa è la via maestra dell’appagamento lavorativo.
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Ci cascano anche le banche (ma spesso lo fanno per malizia di marketing) bombardando la rete di inutili contest e call for action, ci vorrebbe invece una class action per chiedere danni morali e sociali. Perché la verità è drammaticamente un’altra e qui ha ragione il Briatore versione Maurizio Crozza: “docente da sooogno” alla recente performance in Bocconi, parla di fronte a una platea di studenti incantata, affermando che le startup sono pura fuffa. I dati infatti parlano chiaro: su 100 società attive negli Stati Uniti nel 2008, oggi ne sono rimaste solo due. Il tasso di fallimento si aggira intorno al 96%. Non male. Flop necessari Per fortuna ora viene in soccorso l’utile blog startupover.com del-
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l’imprenditore Andrea Dusi. Un piccolo e prezioso diario non solo per raccontare fallimenti ma anche per creare una cultura positiva del fallimento, perché spesso gli errori sono il prezzo da pagare per il futuro successo. In quasi 10 mesi di vita del blog, Dusi ha analizzato circa 2mila società partite con le migliori intenzioni che non ce l’hanno fatta. In Italia e nel resto del mondo. La lettura è agevole e ricca di spunti e merita di essere analizzata non solo per evitare gli errori fatti da altri, ma anche per prendere coscienza che l’innovazione non è lineare bensì assai “caotica”. Insomma: storie di tentativi, fallimenti, flop improvvisi e, alla fine, di successi non preventivati. Imprevedibili insomma. Questo
L’errore non va temuto ma incluso nella gestione quotidiana con benevola accettazione
fa venire in mente il bel libro di Taleb Nassim Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita. L’imprevedibilità degli eventi che contano (compresa l’innovazione) e l’ottusità di pianificazione & controllo. Si vuole pianificare e controllare tutto, anche gli errori e i non errori, i successi e gli insuccessi. La cosa peggiore però non è tanto il voler pianificare tutto (con numeri, budget e obiettivi inventati “matematicamente” a tavolino),
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Strategia aziendale ma il voler giudicare tutto. I fallimenti e gli errori non si giudicano. Semmai non si accettano, punendo e cacciando i presunti “falliti” (Steve Jobs, tanto per citare un esempio che viene via facile facile), oppure si accettano, integrandoli nella gestione aziendale come normale prassi di tutti i giorni. Utile in tal senso anche il format di Fail conference (thefailcon.com), che porta in giro per molte città del mondo storie di fallimenti ed errori. Niente di nuovo in fondo. Un vecchio e noto libro –Vince chi fa più errori. Il paradosso dell’innovazione – evidenzia bene questa verità, spesso disattesa dalle aziende italiane che temono e talvolta puniscono gli errori (un grave errore perché, come tutti ricordano bene, il famoso Post-it della 3M nacque da una colla fallimentare). Soprattutto in un’epoca discontinua e complessa dove sperimentare
nuovi servizi, prodotti e modelli di business diventa la vitale norma, l’errore non va temuto ma incluso nella gestione quotidiana con benevola accettazione.
Gli errori dell’impresa “beta iperattiva” Chi corre sbaglia? Talvolta sì. Siamo tutti così eccitati dalle fast company che ci siamo del tutto scordati che “la fretta è cattiva consigliera”. Mai sottovalutare proverbi e modi di dire. “Presto andiamo sul mercato con la versione Beta, ci penseranno i clienti, strada facendo, ad arrivare alla versione definitiva. L’importante è fare presto”. Conseguenze, soprattutto per il mondo dei prodotti “reali” (per software e internet può ancora andare): difetti tecnici, richiami (un classico per molte auto) e problemi di consegna. Un classico esempio è stata la seconda generazione ICE 3, il treno intercity svizzero. L’organizzazione iperattiva ad alta velocità non è sempre un segno d’intelligenza strategica, ma spesso fonte di grandi fallimenti. Certo, non si tratta di trasformare l’azienda in un dormitorio, ma neanche di essere prigionieri del “cocainomanagement”. Non importa essere sempre veloci ma solo quando serve o, per dirla con Warren Buffett, uno degli uomini più ricchi del pianeta: «Non siamo pagati per essere veloci ma per avere ragione».
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C’è sempre una seconda possibilità La nostra cultura è orientata verso il successo e penalizza l’insuccesso, che è invece un elemento prezioso per crescere, migliorare e, magari, avvicinarci più velocemente alle nostre mete. Oggi il mondo cambia rapidamente sotto i nostri occhi ed è necessario, vitale per fare passi avanti, confrontarci con le due facce della stessa medaglia, il successo e l’insuccesso, un evento negativo ma anche un’opportunità per valutare e pianificare nuove strategie. Magari per progettare un comeback: “fa il suo ritorno sulle scene la Nokia, grazie a Microsoft”. Perché nella vita c’è sempre una seconda possibilità. Anche Apple
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Noi supererrori (errare per innovare) 19 giugno 2014, ore 17 WOW Spazio Fumetto viale Campania, 12 Milano fmt.day il futuro tutto in un giorno
è rinata così. Solo quando si abbandona la pratica della second chance la crisi è reale. E poi: “Ho sbagliato? Non me lo ricordo”. Un bene o un male? L’oblio è un’arte che c’insegnano i filosofi (alcuni) e sì, a volte bisogna anche saper dimenticare e cestinare. Perché dagli errori s’impara anche a tremare se l’errore in memoria tendiamo troppo a fissare. Quindi, cosa bisogna avere? L’atteggiamento mentale giusto. Una lezione viene dal tennista svizzero Stanislas Wawrinka, vissuto per un decennio all’ombra del divino svizzero Roger Federer e quest’anno sorprendente vincitore dello Slam Australian Open e nuovo numero 3 del ranking mondiale, che sul braccio ha tatuato questa mas-
sima di Samuel Beckett: Ever tried. Ever Failed. No matter. Try again. Fail Again. Fail better (Ho provato. Ho fallito. Non importa. Riproverò. Fallirò meglio). 䡵
L’undicesima giornata del ciclo fmt.day è dedicata agli errori che fanno vincere. Basta con le best practice, s’impara di più dalle worst practice. Sul palcoscenico per un giorno imprenditori, innovatori, startup, dirigenti parlano di fallimenti, errori e innovazioni finite male. Per non ripetere ma anche per imparare l’arte di maneggiare l’errore secondo la massima di Thomas Watson, il fondatore di Ibm che affermava che il modo migliore di avere successo e di farcela è raddoppiare il tasso dei fallimenti. Sì, perché molte grandi storie di successo iniziano con errori e tentativi abortiti prima di mettere al mondo una bellissima innovazione. Insomma l’errore è spesso un “super errore”. Un super potere che se sfruttato bene in azienda produce miracoli. Parteciperà alla giornata un parterre di manager, giornalisti e testimonianze d’impresa. L’evento, riservato ai dirigenti associati, è l’undicesimo fmt.day, nuovo format evento del Future management tools – piattaforma promossa da Cfmt per distillare e anticipare il futuro che ci attende – che esplora tematiche di frontiera in un contesto informale e collaborativo.
Per informazioni: www.cfmt.it Anna Scirea (ascirea@cfmt.it) 02 5406311
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MONDO DEL LAVORO
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P Linee guida da un team di esperti: trend, sfide e opportunità di oggi e di domani Enrico Pedretti
RENDE IL VIA UN APPUNTAMENTO fisso con opinioni a confronto: cinque esperti del mondo e del mercato del lavoro manageriale sottolineeranno di volta in volta segnali forti e deboli in atto in questo settore a livello nazionale e globale. I continui mutamenti nell’organizzazione delle grandi aziende e delle pmi sono il filo conduttore di quello che è e sarà sempre più richiesto ai manager. Cambiamenti che riguardano anche le aziende meno strutturate, che se vogliono stare sul mercato e dialogare con tutti gli attori delle catene del valore globali devono adottare linguaggi, soprattutto organizzativi e di business, allineati. L’impatto è notevole anche sul mercato del lavoro e sui percorsi professionali dei manager, meno lineari rispetto al passato e simili a un patchwork discontinuo e mutevole che dobbiamo saper leggere al meglio per interpretarlo, facendo sinergia tra i nostri desideri professionali e le richieste delle aziende. Ma questo lo scopriremo e approfondiremo nel prosieguo del nostro cammino grazie a Fabio Ciarapica, Giovanni Pedone, Simone Piana, Cristina Spagna e Anna Zanardi: cinque esperti dal background differente in grado di darci una visione completa a carattere geografico, organizzativo e culturale. E siccome nulla oggi è più lineare e continuo, avremo modo di appassionarci a un percorso che sarà stimolante e utile a gestire al meglio l’essere manager oggi e domani.
Quali sono le tendenze nell’organizzazione aziendale con maggiore impatto sul lavoro dei manager? Fabio Ciarapicam«L’ottimizzazione dei processi decisionali e operativi in atto nelle multinazionali e nelle grandi aziende tocca ormai tutti. Nelle multinazionali già oggi i manager devono avere percorsi e knowhow davvero globali, dove l’Italia è una delle molteplici frazioni e questo ha conseguenze anche sulla cultura organizzativa e sugli investimenti delle pmi, che devono introdurre metodologie e processi gestionali tipici di contesti più strutturati. Questo approccio strutturale “stressante” sui processi incide sulla cultura e sui comportamenti organizzativi dei manager e di tutti i collaboratori, spesso con situazioni anche dicotomiche. Si alza la necessità del ricorso alla gestione straordinaria dell’imprevisto e dell’urgenza ed è sempre più difficile non confondere urgente con strategico».
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Focus Giovanni Pedonem«Un forte accentramento delle dinamiche decisionali per i gruppi multinazionali, con conseguente sviluppo di tecnologie avanzate per la gestione decentrata delle politiche aziendali e della loro implementazione. Per quanto riguarda le pmi, un costante livellamento delle strutture organizzative con focalizzazione sulle “funzioni core” necessarie allo sviluppo del business e al controllo di gestione». Simone Piana m«L’architettura aziendale, così come i business model, saranno condizionati dall’utilizzo organizzato dei big data e dei predictive analytics; le stesse strutture organizzative verranno costruite intorno a questi due elementi (vendite e marketing vedranno cambiare la loro natura in funzione dell’utilizzo quotidiano di elementi statistici che guideranno sia le scelte di fondo che il breve periodo e lo stesso potrà dirsi per finance o hr in area come budgeting, strategic planning e workforce planning). I manager non solo dovranno acquisire competenze sostanzialmente nuove e complesse, ma si troveranno nella condizione di dover conciliare esperienze, conoscenze e processi consolidati nel tempo con un universo che viaggia a una differente velocità». Cristina Spagna m«Uno dei mega trend facilmente individuabili
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Fabio Ciarapica è consigliere di amministrazione di Praxi e managing director di Praxi Alliance ltd. Si occupa da sempre di valorizzazione delle persone nelle organizzazioni ed executive search a livello internazionale. nelle organizzazioni è la tendenza a creare dei centri di eccellenza, costituendo dei pool specializzati nelle varie funzioni a supporto delle varie countries. L’idea di fondo è quella di assicurare altissimi livelli di specializzazione per far fronte a un mercato sempre più competitivo». Anna Zanardim«Per quanto riguarda il mio ambito, c’è una facilitazione dei processi decisionali dei board e dei comitati esecutivi. Le organizzazioni stanno sempre più portando a livello di staff del ceo la funzione di comunicazione interna, che diventa leva strategica, si aspettano un contributo incisivo e maggiormente strategico dall’hr sia in termini di peoplestrategy che di peoplevalue, applicano tecnologie esponenziali per accelerare i processi di cambiamento».
Giovanni Pedone Lauriel è country manager di LHH - DBM Italia, talent mobility company, leader mondiale nello sviluppo dei talenti e nella loro connessione con il mercato del lavoro.
Quali sono le tendenze nel mercato del lavoro manageriale? Fabio Ciarapicam«Il disallineamento tra domanda e offerta, tra professionalità in eccedenza e di coerenza di competenze. Ma anche quello che esiste in quasi tutte le organizzazioni tra obiettivi manageriali e corporate, spesso dovuto ai continui cambiamenti organizzativi. Ci sono poi evidenti problematiche nella gestione sia dei veri, pochi, giovani talenti, perché poche sono le opportunità di sviluppo di carriera verticale, sia dei “vecchi” talenti, i demotivati superprofessional che non si possono tecnicamente perdere ma a cui si sono tolti budget, risorse ecc. e, a 50 anni, hanno ancora una vita professionale davanti. Un problema di
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Simone Piana è Emea hr director di Adp, negli ultimi 10 anni ha facilitato e guidato progetti di change, sviluppo organizzativo e definizione di business and leadership strategy nella maggior parte dei paesi europei.
Cristina Spagna è managing director Kilpatrick International, con head quarter Milano, presente in 10 paesi nel mondo (Italia, Svizzera, Romania, Olanda, Polonia, Uk, Usa, Dubai, Bangladesh, Singapore).
Anna Zanardi Cappon è board advisor ed esperta di change management. Si occupa di facilitare processi di allineamento decisionale nei consigli di amministrazione e nei comitati esecutivi.
coerenza tra misurare e potenziare le competenze del management e collegarle ai “valori” aziendali. Insomma, i manager devono sempre più realizzare, facilitare e sviluppare contemporaneamente target aziendali sovrapposti alla propria individuale evoluzione di ruolo».
asset competitivi. Inoltre, in parallelo, alcuni paesi come Germania, Svizzera e Olanda hanno implementato strategie di retention per figure chiave over 50 che, per aziende attive soprattutto nelle aree ricerca e sviluppo, progettazione e produzione, rappresentano un insostituibile elemento di vantaggio competitivo».
testo organizzativo. In aggiunta, la “diversità” si trasformerà da situazione da gestire reattivamente a condizione da accelerare strategicamente. Questo diverrà sempre più evidente non appena la consapevolezza del talento contenuto nella diversità (non solo di genere o età) troverà maggiore spazio mediatico e “formativo”. Entrambe le dimensioni impatteranno il people management rendendolo leva ancor più delicata e difficile da gestire (ne deriva anche un’ulteriore divaricazione tra managerialità e leadership, già oggi così evidente)».
Giovanni Pedonem«La tendenza più osservata all’estero è quella di far leva sullo sviluppo dei talenti e sulla loro mobilità interna ed esterna. Anche in Italia si percepisce la voglia di puntare su risorse giovani, multilingua e in grado di trasmettere un’immagine dinamica e soprattutto trasparente dell’azienda. Lo sviluppo e la circolazione dei talenti diventa quindi il tema principale su cui oggi le aziende più evolute investono per costruire i loro futuri
Simone Pianam«Millennials e Diversity. Una nuova generazione di lavoratori occuperà un numero crescente di posizioni rilevanti all’interno delle organizzazioni. Una generazione che cerca nel lavoro un universo di significati differenti vs le precedenti generazioni e differenziati al proprio interno, in cui csr, regole e driver dell’engagement, “sense of purpose” sono elementi imprescindibili di affiliazione e permanenza nel con-
Cristina Spagnam«Al manager oggi non è più richiesto di gestire unicamente la propria country, ma sempre più frequentemente un cluster di paesi di dimensioni variabili. Una capacità di prendere
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Focus decisioni anche con forte impatto sul business a velocità sempre maggiore e basandosi su proiezioni future di breve raggio». Anna Zanardim«Le tecnologie richiedono oggi un nuovo linguaggio e nuove modalità di analisi dei dati. Modalità che ancora non hanno fornito molte indicazioni nonostante i numerosi sforzi sui big data. Ciò nonostante la ricerca si focalizza sulla corretta applicazione delle conoscenze risultanti dalle ultime ricerche neuroscientifiche all’organizzazione e permette così la costruzione di un dialogo interno sostenuto da metodologie e facilitante la convergenza dei processi decisionali a tutti i livelli. Viene anche definito, seppure in modo improprio, “internal coaching”».
Insomma, cosa consigliereste di fare oggi a un giovane manager per arrivare e stare sulla cresta dell’onda? Fabio Ciarapicam«Oggi le aziende vogliono competenze ma anche, in qualsiasi funzione manageriale, “business partner” con la visione del mercato, non solo del proprio ruolo. La carriera non è più un asintoto verticale ma una sinusoide irregolare, con fasi diversificate e “second life”. L’evoluzione del ruolo manageriale (formazione, coaching ecc.) si sta spostando dalle aziende al singolo individuo per
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motivi sia di budget che di people strategy. Nessuna azienda è in grado di garantire lunghe collaborazioni, ergo importanti investimenti sui singoli. Bisogna manutenere le proprie competenze, coltivare relazioni e network con un vero e proprio coaching e professional fitness. Bisogna andarsi a cercare situazioni sfidanti per responsabilità, funzioni organizzative e contesti aziendali per essere sempre appetibili nei grandi contesti organizzativi come nelle pmi». Giovanni Pedonem«Leadership, propensione al cambiamento, gestione delle discontinuità saranno le aree su cui il manager di oggi sarà probabilmente coinvolto nella sua attività e quindi gli suggerirei di approfondire questi temi con percorsi “verticali” di apprendimento e con il sostegno di coach qualificati. Il mercato si muove velocemente e senza confini territoriali, diventa indispensabile avere frequentazioni continuative e incrementali con tutti gli snodi relazionali utili a rimanere connessi con il mondo del lavoro». Simone Pianam«Costruirsi un percorso in cui competenze tecniche, skill manageriali e capacità di pensiero strategico-visioning trovino un insieme nel medio-lungo periodo. Cercare di conciliare percorsi di crescita strutturati-consequenziali con
esperienze differenziate-differenzianti dove siano evidenti elementi di “non continuità”: ad esempio, dal semplice assignment all’estero fino a momenti “sabbatici” con focus su aree non prettamente professionali. Tutte le leve relative a changetransformation-engagement-diversity assumeranno crescente importanza diventando, pertanto, strumenti imprescindibili e su cui aggiornarsi costantemente». Cristina Spagnam«Un manager oggi deve implementare costantemente le sue capacità e conoscenze, deve saper gestire alti livelli di stress e comunicare efficacemente, internamente ed esternamente, in contesti multiculturali e altamente tecnologici. È indispensabile mantenere una visione strategica di medio-lungo termine, ma essere in grado di portare risultati immediati, così come richiesto dalle aziende in questo momento». Anna Zanardim«Consolidare il knowledge tecnico che contraddistingue il suo ruolo junior e affiancare una formazione sul change management e sull’utilizzo delle tecnologie esponenziali nel corso della sua crescita professionale (3-5-anni). Non è necessaria la frequentazione di corsi accademici o formali, ci sono molte occasioni di formazione informale di alto livello». 䡵
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Comunicazione
FACCIAMO RETORICA? Il pensiero e la parola: riscopriamo l’importanza di una sottile arte che diventa strumento di comunicazione per i manager Andrea Granelli
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OSA C’ENTRA LA RETORICA con la comunicazione aziendale del XXI secolo? C’entra. C’entra perché le aziende sono luoghi nei quali l’arte del dire è vitale: senza una presentazione come si deve non si convince nessuno, tanto meno gli azionisti; se non si è capaci di rendere seducenti i numeri, le previsioni non sono credibili; se non si riesce a condividere una visione, anche il più accurato business plan è perdente; senza qualche buona argomentazione è impossibile difendere il lavoro e i lavoratori. Ancora: senza una briciola di desiderio di condivisione, lavorare insieme è un percorso a ostacoli. Ma negli ultimi tempi la retorica non solo è stata dimenticata, ma ha addirittura assunto connotazioni negative, dispregiative, di sufficienza. “Quanto sei retorico...”, “che prosopopea...”, “si parla addosso, che affabulatore...”. Non sta a me analizzare il perché di questo fenomeno. Certo è che la retorica è oggi più importante (e utilizzata) rispetto al passato, anche se non ne siamo sempre consapevoli. Faceva notare Blaise Pascal nei suoi Pensieri: «La vraie éloquence se moque de l’éloquence». Detto in altri termini, essere eloquenti non è una semplice questione di tecnica e di stile; dipende in primis dal saper ragionare. La retorica è dunque qualcosa di più che l’arte del dire: è la più importante e potente tecnologia della mente. Il saperla padroneggiare permette ai più esperti – come nel caso del software – di avere capacità
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performative infinitamente superiori alla media. Nel mondo del software – notava Nathan Myhrvold, ex capo scienziato di Microsoft – gli sviluppatori eccezionali sono più produttivi di quelli “normali” secondo un fattore non di 10 o 100 o 1.000, ma di 10.000. Non è dunque solo un tema di produttività cognitiva o di abilità espressiva: c’è molto di più; con la retorica entrano in gioco l’efficacia, la creatività, l’astuzia, il saper convincere e spingere all’azione, il motivare “senza leve” (com-movere), l’in-
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tuire prima degli altri, il riuscire a districarsi anche in situazioni complesse. È da questo potere quasi magico che deriva la famosa frase di Gorgia da Lentini – uno dei padri della retorica – sulla parola, considerata pharmacón e cioè una sorta di droga: «La parola è un potente sovrano, poiché con un corpo piccolissimo e del tutto invisibile conduce a compimento opere profondamente divine. Infatti essa ha la virtù di troncare la paura, di rimuovere il dolore, d’infondere gioia, d’intensificare la compassione».
Senza una presentazione come si deve non si convince nessuno, tanto meno gli azionisti
Altro che aria fritta Le arti liberali sono dunque le fondamenta su cui poggiare le competenze specialistiche (economiche, tecniche ecc.) e il framework che consente di usarle al meglio e soprattutto in contesti differenti da dove sono state apprese. Soprattutto il trivio (grammatica, retorica e dialettica) è a fondamento dell’atto stesso del pensare, poiché fornisce una conoscenza non solo linguistica ma retorica e logica, una capacità di analisi dei problemi e una tecnica di svolgimento della disputa filosofica (la quaestio) in cui la strategia argomentativa è parte decisiva. In un recente studio di McKinsey (Education to employment. Designing a system that works), delle otto competenze più richieste nel mondo del lavoro dalle aziende di successo, sei – work ethic, teamwork, oral communication, problem solving, written communication, creativity – sono ricon-
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Comunicazione ducibili alle scienze umane e alla “robustezza del sé” e poco hanno con i saperi tecnici o con l’iperspecializzazione. Ma la retorica non è solo fondamento, è anche strumento straordinario e tecnica efficacissima. Vi sono molti ambiti aziendali in cui la retorica deve tornare nel business o, meglio, dove viene già impiegata in maniera inconsapevole e naïf, come farebbe un neofita con scarsa educazione umanistica.
Sulla retorica in azienda è appena uscito il libro Retorica e business. Intuire, ragionare e sedurre nell’era digitale, scritto da Andrea Granelli, presidente della società di consulenza Kanso, insieme a Flavia Trupia, consulente di comunicazione, blogger e ghostwriter. Il saggio affronta molti dei temi accennati nell’articolo dallo stesso autore del libro. In particolare, i numerosi ambiti aziendali dove un buon uso della retorica può essere determinante sono: 1. comunicare con efficacia e abilità, non solo persuadendo ma anche muovendo all’azione;
2. cogliere gli indizi e “connettere i puntini”, pre-figurando il 3.
Nella società della conoscenza in cui viviamo aumenta l’esigenza di comunicare informazioni significative e di costruire ragionamenti convincenti
Le fondamenta del pensiero Il tema della retorica applicata all’azienda è dunque ricchissimo e con moltissimi filoni d’uso. Inoltre le capacità linguistiche diventano nei fatti performative non solo perché convincono, motivano o consentono di intuire, ma anche perché – “nominando il mondo” – ci permettono di (ri)conoscerlo e di intervenire su di esso. Osservava Ludwig Wittgenstein nel suo Tractatus Logico-Philosophicus: «I confini del mio linguaggio sono i confini del mio mondo». Ad esem-
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futuro che si sta manifestando; utilizzare la retorica del “racconto del futuro” per presentare i piani di sviluppo, illustrare business idea e business plan;
pio in italiano, per esprimere il concetto di bianco abbiamo poche parole: bianco, candido, niveo, eburneo. Invece, nella lingua degli Inuit, gli eschimesi del Canada, esistono circa cento termini per definire il bianco! Quel popolo, che vive sempre tra neve e ghiacci, conosce e nomina queste bianche realtà in modo molto vario: altrimenti non potrebbe sopravvivere in quel mondo totalmente dominato dal bianco. Anche George Orwell – nel suo 1984 – ci ricorda questo potere delle parole: «Non capisci che lo scopo principale a cui tende la neolingua è quello di restringere al massimo la sfera d’azione del pensiero?» osserva Syme, uno degli impiegati del ministero della Verità. La maggiore o minore
ricchezza linguistica apre o chiude non solo la realtà in cui ci muoviamo, ma anche la conoscenza del nostro mondo interiore. Giovanni Jervis – nei suoi Fondamenti di psicologia dinamica – ha osservato che «la paranoia è un modo preculturale di dare la colpa a un fattore esterno a noi (non ero in me, mi hanno fatto una fattura, mi ha punto la taranta) per nostri comportamenti indesiderabili e talvolta addirittura inaccettabili». Inaccettabili poiché non li conosciamo in quanto non siamo in grado di nominarli. Quali sono allora le priorità per facilitare la riappropriazione di questo “strumento”, che ha sempre accompagnato i leader e che solo negli ultimi due secoli è stato sacrificato al più “oggettivo”
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4. padroneggiare le tecniche per giustificarsi per non aver portato i risultati attesi durante le riunioni gestionali periodiche;
5. possedere l’arte della negoziazione e della gestione delle “di-
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contenuti e stili a seconda degli spute” per motivare, sciogliere conflitti, creare consenso anche ambienti utilizzati (dal parlare in se non si posseggono leve (retributive, di status); pubblico all’essere intervistato in ripotenziare l’arte del naming di prodotti, servizi e marchi, arrictv, dallo scrivere su Twitter al comchendo di valore simbolico la loro componente materica e comentare la propria pagina Facebostruendo “storie” che li mettano al centro e coinvolgano i clienti; ok, dallo scrivere un’email efficarigenerare (pragmaticamente) – e cioè ri-semantizzare – ce al produrne una con testo e imle parole chiave di un’organizzazione magini, ...), avremo una vita pro(qualità, crescita, innovazione, centralità fessionale sul cliente, sostenibilità, …) per riallineare e prioritizzare i comportamenti dei suoi ... nei prossimi mesi sul blog membri; usare con intelligenza il potere delle immagini (sintesi, correlazioni, intuizione e non semplice decorazione) per comprendere e convincere (visual ciascuna di queste otto aree di applicazione thinking & visual communication). della retorica in azienda verrà approfondita e verranno
analizzate le modalità con cui quelle specifiche tecniche retoriche interagiscono e si alimentano nel digitale. metodo scientifico? Sostanzialmente tre. Prima di tutto occorre ridare dignità e centralità alla retorica – togliendole quell’alone di ampollosità, di ipocrisia, di vetustà che la caratterizzano nel parlare comune – ripartendo dalla parola, la sua importanza, il suo potere. La seconda è rimettere al centro l’educazione delle scienze umane, sempre più necessarie per vivere e operare in un mondo complesso, imprevedibile e in divenire (come ha osservato il grande poeta e saggista americano Ralph Waldo Emerson: «All the great speakers were bad speakers at first»). Per finire, approfondire le infinite e straordinarie interrelazioni fra retorica e ambienti digitali, probabilmente la skill più
importante per competere nell’era della rete. La retorica e il digitale In particolare, quest’ultimo punto diventerà critico. Nella società della conoscenza in cui viviamo aumenta l’esigenza di comunicare, di reperire informazioni significative e di costruire ragionamenti convincenti. Inoltre questi processi diventeranno sempre più complessi e sofisticati e soprattutto saranno sempre più legati e condizionati dagli ambienti digitali. Se non saremo allora in grado di padroneggiare i nuovi strumenti di comunicazione, se non conosceremo le regole (e le trappole) legate al reperimento delle informazioni attendibili sulla rete, se non sapremo comunicare adattando
dura e sempre più marginalizzata. Solo unendo rinnovate e potenziate capacità retoriche alla conoscenza approfondita dell’ecosistema digitale e dei suoi meccanismi di funzionamento i manager potranno comprendere e anticipare le mutazioni del contesto, decidere in maniera rapida, efficace e informata, e comunicare in maniera convincente, cogliendo appieno le straordinarie opportunità offerte dalla rivoluzione digitale. Solo in questo modo i manager potranno acquisire quella competenza chiave che la Commissione europea chiama eLeadership e che consentirà loro di cogliere le straordinarie opportunità offerte dal digitale, evitando nel contempo di farsi ingannare dai suoi lati oscuri. 䡵
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UN TIMIDO SEGNO PIÙ È quanto emerge dal rapporto di Od&M Consulting sulle retribuzioni riferite all’anno passato in Italia: segnali positivi soprattutto per impiegati e operai, più timidi per dirigenti e quadri. Ancora poco usate le leve della retribuzione variabile Simonetta Cavasin
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UANTO EMERGE dal 17° Rapporto sulle retribuzioni in Italia 2014, a cura di Od&M Consulting, rappresenta un punto di rottura rispetto ai precedenti anni. Si può infatti rilevare un aumento retributivo consistente per tutte le famiglie professionali, a seguito di un periodo di cinque anni in cui le retribuzioni hanno faticato notevolmente a crescere. Il 2013 registra incrementi retributivi significativi per impiegati e operai (fra il 2 e il 4%), mentre la crescita in bustapaga per dirigenti e quadri è ben più contenuta (rispettivamente 1 e 0,3%). Il confronto con l’inflazione mette in luce, inoltre, una tenuta del potere d’acquisto per le prime due famiglie indicate, grazie anche all’aumento molto contenuto dei prezzi al consumo (+1,2%). Se si passa all’analisi dei dati in termini di valori assoluti siamo ancora di fronte a conferme più che a novità. Le retribuzioni più elevate si registrano infatti nella grande azienda, nelle aziende del Nordovest, nel settore credito per i dirigenti e i quadri e nell’industria per gli impiegati e, infine, a favore degli uomini, con un aumento del gap di genere fra dirigenti e quadri (vedi tabelle 2, 3, 4 e 5). Passando all’analisi dei trend, si registrano differenze a seconda della qualifica professionale. Tra i dirigenti il trend è positivo in particolare nella piccola azienda, nelle imprese del Sud e Isole, nel settore industriale e per gli uomini. Tra i quadri la crescita maggiore si è registrata nella media azienda (anche se contenuta), nelle regioni del Nord e nei settori del commercio e del credito, mentre non vi sono differenze significative di trend per genere. Le retribuzioni degli impiegati crescono invece con maggiore rilevanza nelle piccole aziende, nelle regioni del Nordest e del Centro, nelle imprese industriali e fra gli uomini.
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Passando a un’analisi per funzione di appartenenza, i dirigenti registrano incrementi retributivi in cinque aree funzionali delle otto analizzate, con crescite significative nelle aree ingegneria, ricerca e sviluppo, project management e direzione generale e un trend negativo per i dirigenti delle risorse umane. Rispetto ai quadri si assiste invece a una crescita retributiva in sei aree funzionali, con trend molto positivi nell’information technology e nella direzione generale e
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Tabella 1 - RETRIBUZIONE TOTALE ANNUA MEDIA GENERALE 2012
2013
TREND 2013-2012
DIRIGENTI
€ 109.737
€ 110.875
1,0%
QUADRI
€
54.023
€
54.179
0,3%
IMPIEGATI
€
27.855
€
28.562
2,5%
OPERAI
€
22.600
€
23.493
4,0%
CATEGORIA D’INQUADRAMENTO
un trend negativo nell’area amministrazione, finanza, controllo, legale. Retribuzione fissa e variabile Le retribuzioni fin qui illustrate
fanno riferimento alla retribuzione totale annua. È interessante vedere quale componente della retribuzione ha influito maggiormente sugli incrementi registrati (vedi tabella 7). Per i dirigenti si
Tabella 2 - ANALISI PER DIMENSIONE AZIENDALE 2013
CATEGORIA D’INQUADRAMENTO
TREND 2013-2012
Piccola
Media
Grande
Piccola
Media
Grande
DIRIGENTI
€ 100.459
€ 113.226
€ 116.520
2,2%
1,0%
-1,1%
QUADRI
€
51.280
€
55.373
€
55.585
0,4%
0,8%
-0,7%
IMPIEGATI
€
26.708
€
30.554
€
30.736
3,2%
1,0%
0,9%
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Retribuzioni
Tabella 3 - ANALISI PER TERRITORIO CATEGORIA D’INQUADRAMENTO
2013
TREND 2013-2012 Centro
Sud e isole
Nordest
Nordovest
Centro
Sud e isole
Nordest
Nordovest
DIRIGENTI
€ 109.778
€ 112.213
€ 109.510
€ 103.683
1,5%
-1,6%
0,9%
-6,4%
QUADRI
€
54.785
€
54.762
€
52.702
€
49.840
0,8%
0,7%
-1,2%
-2,4%
IMPIEGATI
€
28.743
€
29.183
€
27.481
€
25.235
3,1%
1,4%
3,2%
-2,5%
Tabella 4 - ANALISI PER SETTORE CATEGORIA D’INQUADRAMENTO
2013
TREND 2013-2012 Servizi
Credito
2,1%
1,1%
-1,8%
2,4%
3,7%
-1,1%
-3,1%
4,2%
2,8%
2,0%
0,4%
Industria
Commercio
Servizi
Credito
Industria
DIRIGENTI
€ 110.584
€ 108.935
€ 101.005
€ 118.928
3,1%
QUADRI
€
53.620
€
55.525
€
50.937
€
56.266
IMPIEGATI
€
30.856
€
26.972
€
27.616
€
28.262
è manifestato un aumento della parte variabile pari al 6,2%, che in termini assoluti significa quasi 700 euro in più rispetto al 2012; la componente fissa della retribuzione è invece cresciuta dello 0,4%. Per i quadri entrambe le componenti retributive non hanno registrato un significativo aumento (+0,9% la parte variabile, +0,2% la parte fissa). La retribuzione variabile percepita dagli impiegati è percentual-
mente aumentata del 9,3, ma in termini monetari tale aumento è pari a soli 70 euro lordi annui; la parte fissa al contrario cresce del 2,4% (circa 650 euro lordi annui in più). La componente variabile appena analizzata è la parte percepita dal lavoratore, diversa quindi dalla parte variabile potenzialmente erogabile dall’azienda. Il risultato descritto rappresenta la ripartizione della parte monetaria
Tabella 5 - ANALISI PER GENERE 2013
CATEGORIA D’INQUADRAMENTO
30
TREND 2013-2012
Uomini
Donne
Uomini
Donne
DIRIGENTI
€ 112.811
€ 103.223
1,4%
-2,5%
QUADRI
€
54.900
€
51.850
0,3%
0,0%
IMPIEGATI
€
30.853
€
26.869
4,8%
0,9%
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Commercio
complessivamente percepita dai lavoratori ed è influenzato da una serie di elementi che caratterizzano le politiche adottate dalle aziende, ossia la popolazione che è coinvolta in un sistema di incentivazione, il peso del variabile erogato agli effettivi percettori e il target potenzialmente raggiungibile nei sistemi di erogazione del premio variabile. In primo luogo non tutte le aziende utilizzano sistemi di incentivazione o regole generali per l’erogazione del variabile, ma soprattutto non tutti i lavoratori raggiungono gli obiettivi stabiliti per percepire il premio. Ciò ha un’influenza sul numero effettivo di percettori del variabile, che va dal 65,7% dei dirigenti al 28,6% degli impiegati, con gli operai percettori di una quota va-
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Tabella 6 - ANALISI PER AREA FUNZIONALE DIRIGENTI
QUADRI
AREA FUNZIONALE 2012
2013
Trend 2013-2012
Vendite, marketing, pr e comunicazione, customer service
€ 109.747
€ 109.200
€ -0,5%
€
57.309
€
57.825
€ -0,9%
Information technology
€
99.040
€
98.803
€ -0,2%
€
50.896
€
52.468
€ -3,1%
Produzione, qualità, manutenzione, sicurezza, salute e ambiente
€
98.713
€ 100.213
€ -1,5%
€
51.505
€
51.937
€ -0,8%
Ingegneria, ricerca e sviluppo, project management
€
91.340
€
96.732
€ -5,9%
€
51.574
€
51.639
€ -0,1%
Risorse umane
€ 109.968
€ 107.548
€ -2,2%
€
54.180
€
54.102
€ -0,1%
Supply chain
€ 101.776
€ 103.705
€ -1,9%
€
52.000
€
53.003
€ -1,9%
Amministrazione, finanza, controllo, legale
€ 104.579
€ 105.140
€ -0,5%
€
53.770
€
53.137
€ -1,2%
Direzione generale
€ 125.246
€ 131.137
€ -4,7%
€
57.862
€
59.666
€ -3,1%
TOTALE
€ 109.737
€ 110.875
€ -1,0%
€
54.023
€
54.179
€ -0,3%
2012
2013
Trend 2013-2012
Tabella 7 - ANALISI COMPONENTI DELLA RETRIBUZIONE 2013 (FISSA E VARIABILE) CATEGORIA D’INQUADRAMENTO
Retribuzione base annua
Variabile
Variabile
Trend Rba 2013-2012
Trend variabile 2013-2012
DIRIGENTI
€
98.469
€
12.406
12,6%
0,4%
6,2%
QUADRI
€
50.734
€
3.445
-6,8%
0,2%
0,9%
IMPIEGATI
€
27.801
€
91.761
-2,7%
2,4%
9,3%
riabile pari al 31,1% nell’ultimo anno (oltre 10 punti percentuali in più rispetto al 2012). La quota variabile percepita da questi lavoratori ha un’incidenza ben maggiore rispetto a quella indicata in precedenza, in quanto “depurata” da coloro che, per mancato raggiungimento degli obiettivi o per mancata inclusione in sistemi di incentivazione, non hanno percepito un variabile. L’incidenza del variabile per i soli percettori rilevata nell’ulti-
mo anno raggiunge il 19% sul fisso per i dirigenti e quasi il 13% per i quadri, mentre per gli impiegati staziona intorno al 9% e per gli operai scende al 5%. È quindi la performance ottenuta dai lavoratori che determina il peso effettivo del pacchetto retributivo percepito. Va infine sottolineato come il target, ossia la quota erogabile a fronte del raggiungimento del 100% degli obiettivi stabiliti nel sistema di incentivazione, pre-
senti percentuali che variano in base alla tipologia di sistema adottato e al montepremi complessivo che l’azienda decide di mettere a disposizione per la popolazione inclusa nel sistema di incentivazione. I benefit All’interno di una logica complessiva di total reward, alla parte di compensation, costituita da retribuzione fissa e variabile di breve o di medio periodo, è affiancata la
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Retribuzioni
Tabella 8 - RETRIBUZIONE VARIABILE: PERCETTORI E TARGET Incidenza variabile sul fisso (solo i percettori)
Percentuale percettori CATEGORIA D’INQUADRAMENTO
2013
Trend 2013-2009
Incidenza sul fisso
DIRIGENTI
65,7%
2,6%
19,0%
6,7%
10-25%
QUADRI
51,9%
-0,2%
12,8%
4,7%
7-15%
IMPIEGATI
28,6%
1,5%
8,9%
10,6%
0-10%
Il mercato retributivo ha quindi intrapreso la strada che porta a una crescita attesa che, se continuativa, permetterà nei prossimi anni di incrementare il potere d’acquisto
componente non monetaria di benefit e perquisite. I benefit sono strumenti che hanno essenzialmente natura previdenziale e assistenziale finalizzati alla protezione del futuro tenore di vita o alla protezione del patrimonio della famiglia, mentre i perquisite sono dei beni o dei servizi di cui il dipendente può avvalersi immediatamente, utilizzabili sia come strumenti di lavo-
Trend 2013-2009
QUADRI
MAGGIO 2014
IMPIEGATI
BENEFIT
DIRIGENTI
Carburante
54,0%
21,4%
7,7%
Carta di credito
38,5%
20,2%
7,1%
Cellulare
87,5%
70,9%
31,8%
Check-up medico
25,3%
12,7%
4,8%
Company car
74,3%
33,1%
11,0%
Computer portatile
71,6%
55,3%
27,6%
Mensa/buoni pasto
49,6%
51,8%
40,9%
Polizze assicurative
38,8%
17,6%
6,7%
Previdenza integrativa
41,1%
15,0%
5,6%
Rimborso spese viaggio casa-lavoro
27,1%
14,3%
6,1%
Spese mediche
36,3%
19,8%
7,5%
Nota: differenze superiori a +3%; differenze fra +3 e -3%; differenze inferiori a -3%.
Intervallo medio
ro, sia in ambito extralavorativo. In generale si nota una maggiore diffusione di benefit per le figure di più alto profilo, ossia i dirigenti, in particolare rispetto ad alcune categorie: vedi nella tabella 9 previdenza assicurativa, polizze assicurative, checkup medico. Le frecce, che stanno a indicare quanto si è modificata la diffusione dei benefit negli ultimi cinque anni, dimostrano come non vi sia
Tabella 9 - ANALISI BENEFIT
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Variabile target
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stato un cambiamento significativo in termini di diffusione; tuttavia, volendo trovare una dinamica di cambiamento si è rilevato un incremento della diffusione dei perquisite, come il cellulare e il computer portatile. In conclusione Nel 2013 si conferma la dinamica del 2012 di crescita delle retribuzioni, in particolare per le famiglie professionali i cui stipendi sono più contenuti, ossia gli impiegati e soprattutto gli operai. Il mercato retributivo ha quindi intrapreso la strada che porta a una crescita attesa che, se continuativa nel tempo, permetterà nei prossimi anni di incrementare il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti italiani, a maggior ragione se l’infla-
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zione rilevata rimane sui livelli contenuti del 2013. Tale andamento ha quindi parzialmente recuperato lo squilibrio fra la dinamica di crescita delle retribuzioni dei lavoratori e la dinamica inflattiva, invertendo una tendenza negativa che nel periodo 2007-2011 aveva affossato la capacità di spesa dei lavoratori dipendenti italiani. Segnali positivi arrivano quindi dal mercato retributivo, ma se da un lato le retribuzioni crescono, dall’altro non si rilevano cambiamenti nel mix di leve utilizzate. La retribuzione fissa rafforza ulteriormente il suo peso nel compensation mix a discapito della retribuzione variabile, che continua a crescere in maniera rilevante solamente per i dirigenti, né i benefit
sembrano incrementare la loro presenza sul mercato, la cui diffusione è massiccia solamente quando si tratta di strumenti necessari per svolgere il proprio lavoro, come il cellulare, il computer portatile, l’auto aziendale. Una corretta politica retributiva prevede da parte delle aziende la possibilità di utilizzare tutta una serie di leve utili a ricompensare i propri dipendenti e, in maniera collaterale, a generare un risultato per l’azienda. La retribuzione variabile può far crescere la competitività delle retribuzioni, a tutti i livelli e per tutte le tipologie di ruolo, ma solo quando agganciato a un sistema di obiettivi che ha nel risultato complessivo dell’azienda il punto di riferimento principale. Solo se l’azienda raggiunge i risultati prefissati ha infatti la possibilità di pagare il variabile e quindi di sostenersi nel tempo. I benefit rappresentano un’ulteriore opportunità per aumentare la competitività dei livelli retributivi. Anche in questo caso abbinare alla logica tradizionale degli inquadramenti contrattuali anche logiche che tengano in considerazione le singole caratteristiche delle persone facenti parte dell’organizzazione, rappresenta un fattore generatore di soddisfazione per i dipendenti. Formazione e sviluppo sono elementi di reward ad alto valore aggiunto, ma quando sono vera-
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Retribuzioni
FAI IL TUO CHECKUP RETRIBUTIVO! Se sei associato a Manageritalia puoi richiedere gratuitamente il checkup della tua retribuzione e avere un report dettagliato. Accedi all’area riservata My Manageritalia >> servizi professionali >> My-Pay
mente orientate all’ampliamento delle competenze delle persone, perché aiutano l’azienda a raggiungere più velocemente i propri risultati e contribuiscono a garantire l’occupabilità delle persone stesse nel tempo. In relazione alla leva dei benefit, uno dei temi attualmente più caldi nelle riflessioni sul mercato del lavoro e sulle politiche retributive è il welfare aziendale, ossia l’insieme di iniziative e servizi che le aziende realizzano, sia per autonoma decisione che per accordo con le rappresentanze sindacali, per venire incontro alle esigenze dei lavoratori e dei loro familiari nei campi più vari, dai servizi di ristorazione convenzionati alle agevolazioni legate a spostamenti casa-lavoro, dall’assistenza sanitaria alla cura dei figli, dall’accesso al credito al tempo libero. Ciò che rende il tema molto appetibile dalle funzioni hr delle aziende è la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali. Il Tuir (Testo unico delle imposte dei redditi)
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identifica infatti alcuni servizi per i quali è consentita la defiscalizzazione, fornendo in questo modo alle aziende l’opportunità di combinare da un lato un miglioramento dell’offerta ai propri dipendenti, dall’altro un recupero di efficienza fiscale. L’utilizzo di questa e altre leve deve essere orientato al continuo coinvolgimento e stimolo per la ricerca del risultato e all’accrescere del knowhow aziendale, tutto ciò per garantire il successo dell’azienda. Adottare, o quanto meno tenere in considerazione,
le best practice rilevate nel contesto in cui l’azienda si colloca può in questo senso essere una mossa vincente. Il richiamo agli obiettivi aziendali è un’altra azione che aiuta a creare la consapevolezza che qualsiasi ruolo si ricopra nell’organizzazione è rilevante per il risultato finale e che il raggiungimento di tale risultato è un beneficio non solo per l’azienda, ma anche per il dipendente stesso. Le imprese hanno quindi nelle proprie mani strumenti, metodologie e prassi consolidate da poter considerare e sfruttare per la creazione di una propria politica retributiva, e costruire quindi, a partire dalle proprie strategie di business, un sistema di reward in grado di garantire il raggiungimento degli obiettivi aziendali, creando soddisfazione nei propri dipendenti e assicurando una gestione corretta del monte salari in funzione dei risultati raggiunti. 䡵
OD&M è una società di consulenza specializzata nella gestione e valorizzazione delle risorse umane, nella progettazione di sistemi organizzativi, gestionali e di comunicazione aziendale. È leader nella realizzazione di indagini retributive e benchmark di metodologie e pratiche, in particolare nell’ambito dei sistemi di incentivazione e delle politiche retributive. Dal 2007 fa parte di Gi Group, il primo gruppo italiano nei servizi dedicati allo sviluppo del mercato del lavoro. Per informazioni www.odmconsulting.com
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Diritto
MOBILITÀ E LICENZIAMENTI COLLETTIVI Una sentenza della Corte di giustizia europea ha censurato la normativa italiana che disciplina i tagli al personale poiché questa esclude i dirigenti Annalisa Rosiello
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L
A CORTE di giustizia dell’Unione europea1 ha pronunciato lo scorso febbraio un’importante sentenza relativa al trattamento dei dirigenti per i casi di riduzioni del personale dovute a crisi, ristrutturazioni, riorganizzazioni. La sentenza, in estrema sintesi, ha sancito che l’Italia non ha correttamente assolto alla direttiva comunitaria sul tema2, dal momento che non ha considerato i dirigenti quali lavoratori destinatari della normativa che disciplina le eccedenze di personale. Si fa riferimento in particolare alla legge italiana che disciplina la materia della mobilità e dei licenziamenti collettivi3. Tale legge – dopo aver regolamentato la procedura di consultazione con i sindacati e/o davanti agli organismi ministeriali, finalizzata a valutare le cause dell’annunciato esubero di personale ed eventuali rimedi – prevede che “l’impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli impiegati,
gli operai e i quadri eccedenti”, escludendo appunto i dirigenti. Sempre stando alla normativa italiana, invece, i dirigenti sono lavoratori subordinati al pari di quelli appartenenti alle altre categorie4, nonostante il loro ruolo apicale. Anche la nozione comunitaria di lavoratore è incentrata sull’esercizio del potere direttivo da parte dell’impresa e la categoria dei dirigenti vi rientra appieno. Per tale ragione la Corte di giustizia ha censurato la normativa italiana che disciplina le eccedenze di personale laddove questa esclude i dirigenti dalla disciplina procedimentale della mobilità e dei licenziamenti collettivi, affermando che la normativa comunitaria (cui lo stato italiano, specialmente in caso di direttive, è tenuto rigorosamente a uniformarsi) non ammette, “né in modo esplicito né in modo tacito alcuna possibilità per gli stati membri di escludere dal suo ambito di applicazione questa o quella categoria di lavoratori”.
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Gli effetti della sentenza In base al trattato relativo al funzionamento dell’Ue “quando la Corte di giustizia dell'Unione europea riconosce che uno Stato membro ha mancato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta. (...) La Corte, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità”. La statuizione della Corte di giustizia ha dunque operatività ed efficacia immediata negli ordinamenti interni agli stati. Ciò è confermato anche dalla nostra Corte di cassazione, secondo cui nell’ordinamento giuridico dei singoli stati membri le sentenze della Corte di giustizia hanno efficacia diretta e retroattiva in relazione a ogni pur pregresso rapporto che non sia esaurito.
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Nello specifico La contrattazione di settore per i dirigenti prevede un’indennità supplementare per il caso di ingiustificatezza del licenziamento e, in taluni casi, specifiche integrazioni in denaro nel caso di licenziamento per ristrutturazione o crisi5. Tali erogazioni – anche cospicue – sono previste nel caso in cui emerga, per l’appunto, l’ingiustificatezza del licenziamento. Tuttavia, e fino ad ora, il dirigente italiano era sempre stato escluso dalle garanzie procedimentali previste per i casi di mobilità e licenziamenti collettivi. In particolare tali garanzie includono l’esame di possibilità destinate a evitare o ridurre i licenziamenti, attenuarne le conseguenze, ricorrere a misure di accompagnamento. Inoltre, l’obbligo di consultazione sindacale passa dal dovere, in capo all’azienda, di indi-
La Corte di giustizia ha censurato la normativa italiana che disciplina le eccedenze di personale laddove questa esclude i dirigenti dalla disciplina procedimentale della mobilità e dei licenziamenti collettivi
1
Corte di giustizia dell’Unione europea, 13 febbraio 2014, C-596/12 Commissione c. Repubblica italiana.
2
Dir. 98/59/CE.
3
Legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, in particolare l’esclusione censurata dalla Corte di giustizia è contenuta nel comma 9. Della stessa legge, un ulteriore articolo richiamato e censurato è il 24, che disciplina le riduzioni di personale.
4
L’art. 2095 del codice civile stabilisce che “i prestatori di lavoro si distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai”.
5
Vedi ad esempio verbale di accordo 27 aprile 1995 sull’indennità supplementare ai dirigenti industria licenziati per ristrutturazione.
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Diritto
A partire dal 1° gennaio 2017, il trattamento di mobilità scomparirà per confluire nell’Aspi
care alle rappresentanze sindacali (d’ora in avanti anche dei dirigenti) le ragioni e il progetto di licenziamento, il numero e le categorie di lavoratori da licenziare, il numero delle categorie dei lavoratori abitualmente impiegati, il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti, i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. La procedura di consultazione e informazione sindacale dovrà, per effetto della sentenza, coinvolgere dunque anche i dirigenti e le loro rappresentanze. In assenza di ciò il licenziamento eventualmente comminato al dirigente in un contesto di crisi azien-
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MAGGIO 2014
dale (non legato a ragioni soggettive) sarà impugnabile per vizio procedimentale/sostanziale, con tutte le conseguenze indennitarie previste dalla contrattazione collettiva e dalla legge. Infatti il giudice nazionale, lo si ribadisce, resta vincolato a dare attuazione alle statuizioni della Corte di giustizia, ed eventualmente a disapplicare la norma nazionale confliggente con le stesse. Trattamento di mobilità Diverso è il discorso sulla spettanza (o meno) ai dirigenti del trattamento di mobilità, dato che la Corte di giustizia si è soffermata principalmente sulla questione procedimentale “a prescindere dalle misure sociali di accompagnamento previste per attenuare le conseguenze del licenziamento collettivo”. Sul punto si attendono chiarimenti e/o interventi normativi. Si tenga tuttavia conto del fatto che, a partire dal 1° gennaio 2017, il trattamento di mo-
bilità scomparirà per confluire nell’Aspi (Assicurazione sociale per l’impiego). Fino ad allora, salvi nuovi interventi normativi, vigerà come è noto un regime transitorio in relazione al quale l’indennità Aspi crescerà gradualmente e quella di mobilità calerà, fino alla loro completa equiparazione. Si aggiunga che del superamento della ingiustificata esclusione avvenuto per effetto della sentenza della Corte di giustizia potranno avvantaggiarsi non solo i dirigenti, che avranno come si è visto la possibilità di un maggiore controllo sulle scelte aziendali, ma anche le altre categorie di lavoratori, dal momento che più facilmente potrà essere raggiunta la soglia dei licenziamenti richiesta dalla legge (5 nell’arco di 120 giorni in ambito provinciale) per attivare la procedura di informazione e consultazione. In conclusione, è opportuno rimarcare che questa sentenza ha finalmente colmato un vuoto; la crisi e le ristrutturazioni hanno coinvolto e coinvolgono tuttora un numero enorme di dirigenti. È dunque corretto che vi sia la presenza – in questi casi – delle loro rappresentanze sindacali, affinché possano verificare le motivazioni della riduzione, condividere con l’azienda eventuali e specifici correttivi, individuare i criteri di scelta più adeguati per la categoria e, soprattutto, vigilare sulla loro corretta applicazione. 䡵
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Tecnologia
IL FUTURO DEL WEB? GLI OGGETTI Device in grado di comunicare tra loro e con l’ambiente esterno. La nostra vita quotidiana sarà accompagnata da prodotti elettronici sofisticati che anticiperanno i nostri desideri Marco Lucarelli
I
VOSTRI COLLEGAMENTI su Linkedin continuano a pubblicare articoli su questa internet of things. Durante un meeting con il marketing avete visto una slide colorata dove la stessa dicitura era associata a opportunità di mercato da non lasciarsi sfuggire. Di fatto, l’internet delle cose è ormai realtà, dobbiamo quindi capire molto velocemente di cosa si tratta per non essere impreparati. L’istituto di ricerca Gartner definisce l’internet of things come una rete di oggetti dotati di tecnologia in grado di comunicare e interagire con l’ambiente esterno. Di fatto, una vera rivoluzione
che estende la rete dal virtuale al quotidiano. La stessa Gartner ha definito le previsioni sull’espansione l’internet of things come “euforiche”: tutte le aziende del settore tecnologico hanno avviato progetti di sviluppo in quest’ambito. Previsioni e mercati potenziali Secondo Hans Vestberg, ceo della multinazionale delle telecomunicazioni Ericsson, entro il 2020 ci saranno cinquanta miliardi di oggetti connessi a internet. Il valore di mercato complessivo raggiungerà i 4,5 trilioni di dollari. L’internet delle cose rappresenta un’estensione della connettività agli oggetti che utilizziamo tutti i giorni, una vera e propria “vita connessa” dove servizi e informazioni saranno forniti automaticamente, in modo contestuale da oggetti “intelligenti” capaci di prevedere e anticipare le nostre esigenze. D’altronde, come sostiene anche Kishore S. Swaminathan (chief scientist della società di consulenza Accenture) nell’articolo “Tostapane, frigoriferi e l’inter-
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Tecnologia net delle cose”, già oggi dispositivi di varia natura dialogano e collaborano fra loro e con sistemi informatici, si tratta solo di coglierne i benefici in termini di business. Automobili in grado di ricevere e trasmettere informazioni in tempo reale su traffico e consumi, oltre ad ampliare l’offerta infotainment in mobilità. Case connesse con il vostro cellulare in grado di trasmettere in tempo reale temperatura, eventuali intrusioni, guasti. Robotica, biomedicale e utility sono solo alcuni degli ambiti di applicazione possibili.
L’intero settore automotive aumenterà la richiesta di connettività grazie all’installazione sulle autovetture di sim abilitate alle connessioni internet
A che punto siamo in Italia Una recente presentazione del Politecnico di Milano e del suo Osservatorio internet of things evidenzia come in Italia si siano raggiunti sei milioni di oggetti connessi, una crescita del 20% rispetto all’anno precedente per un valore di mercato complessivo di 900 milioni di euro. Nel dettaglio, il 47% degli oggetti connessi è rappresentato dal settore automotive (Smart Car), il 26% da applicazio-
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ni in ambito utility, il 10% è utilizzato per il controllo delle macchine da gioco e ascensori e il restante da applicazioni in ambito casa intelligente (domotica), logistica e smart city (illuminazione intelligente, raccolta rifiuti). Il settore automotive, oltre a rappresentare la fetta più grande della torta, è anche quello maggiormente dinamico: oltre due milioni di auto connesse nel 2013 (+35% rispetto all’anno precedente), il 95% delle quali tramite applicazioni Gps/Gprs utilizzate come “scatola nera” per fini assicurativi. L’intero settore automotive aumenterà la richiesta di connettività grazie all’installazione sulle auto di sim abilitate alle connessioni internet. Sempre l’Osservatorio del politecnico di Milano stima che nel 2016 in Italia ci saranno oltre 7,5 milioni di auto connesse (20% del totale). Quest’ultimo dato è particolarmente indicativo perché rappresenta una straordinaria opportunità di mercato proprio per gli operatori di telefonia mobile e le Telco in generale. Il nuovo “oceano blu”delle Telco Il settore automotive rappresenta solo una delle opportunità per gli operatori delle telecomunicazioni. L’internet delle cose nel suo valore di mercato complessivo rappresenta un oceano blu da esplorare e che costituisce una svolta per un mercato della telefonia arrivato a saturazione. Mer-
cato che vedrà estendere i propri confini dall’utilizzo della connettività da smartphone a quella M2M (machine-to-machine) con una serie di applicazioni la cui ampiezza è ancora difficile da valutare. Il visual networking index forecast realizzato da Cisco stima che nel 2017 le comunicazioni tra macchine aumenteranno di 20 volte grazie a oltre 19 miliardi di device connessi, di cui 6 miliardi solo di apparecchi machine-to-machine. Una domanda, quindi, sempre più grande di connettività ad alta velocità tale da far premere sul pedale dell’acceleratore il mondo delle telecomunicazioni che si sta preparando alla diffusione delle reti 4G. Il 4G e la rete superveloce Proprio le reti basate su tecnologia 4G saranno la “corsia di sorpasso aggiuntiva” che le aziende tecnologiche stanno lanciando commercialmente per soddisfare la domanda crescente di connettività. Reti di quarta generazione, le 4G, capaci di garantire comunicazioni multimediali avanzate a una velocità superiore alle connessioni adsl che siamo abituati ad avere in casa. Per una vita always on, in cui saremo sempre più connessi e aiutati dai nostri oggetti, realtà ibride in grado di svolgere più funzioni contemporaneamente, tra cui quella – ci piaccia o no – di controllare e indirizzare le nostre azioni. 䡵
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Territori
MARCHE, IN RETE PER LA RIPRESA Manager e aziende: una ricetta per evolversi. Il risultato di un’indagine commissionata da Manageritalia all’Università Politecnica delle Marche Antonio Votino
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I
N RETE È POSSIBILE sviluppo e innovazione, anche manageriale. È questo quanto emerso nel convegno “L’evoluzione del management delle imprese nelle Marche, nuovi scenari di gestione delle imprese” che Manageritalia e Istao hanno organizzato ad Ancona lo scorso febbraio presso l’Istituto Adriano Olivetti di studi per la gestione dell’economia e delle aziende. Se l’Istat ribadisce che nelle Marche la riduzione del numero dei manager nelle aziende è una realtà certificata e preoccupante, come stanno reagendo le aziende che operano in questa regione ai cambiamenti imposti dal mutato contesto economico e dal ricambio generazionale? I processi e gli strumenti di management delle imprese, l’evoluzione del ruolo dei manager che le dirigono e l’affiancamento della preziosa cultura imprenditoriale del fare, come stanno cambiando sotto l’influenza di una competizione globalizzata e delocalizzata? Il punto di partenza del convegno è stata una ricerca commissionata da Manageritalia all’Università Politecnica delle Marche, che ha indicato che una via possibile per un
maggiore e più efficace utilizzo di professionalità del management nella regione sarebbe lo sviluppo delle reti di imprese, lo strumento per avvantaggiarsi di queste importanti competenze e reggere le sfide del mercato. Allo stato attuale, tuttavia, anche questa iniziativa rischia di restare per le Marche un’occasione persa, essendo evidente, nonostante il parere positivo espresso dai due terzi degli intervistati verso un’auspicabile azione di cohousing manageriale, il mancato utilizzo di formule consortili o associative finalizzate a garantirsi congiuntamente figure apicali. Uno status quo preoccupante per Manageritalia, e non solo per la riduzione di dirigenti nelle aziende, ma anche per l’abbandono di utili strumenti come la formazione continua. In più la scarsa propensione degli imprenditori di avvalersi di figure con competenze specifiche comporta ricadute negative, come la messa ai margini del mercato di quelle aziende che dimostrano una scarsa volontà di utilizzare figure con specifiche competenze gestionali e autonomia decisionale.
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Valore aggiunto per le aziende marchigiane La ricerca ha comunque confermato come lo spirito manageriale rappresenta un valore aggiunto per l’intero sistema economico marchigiano. Basti verificare l’approccio dei manager intervistati verso la crisi economica, che essi considerano un’occasione di sfida. Per gli intervistati, tra le sue conseguenze, ci sono la maggiore intensità di lavoro (83,7%), la definizione di obiettivi più sfidanti (77,6%), la necessità di sviluppare nuove competenze (73,5%) e, soprattutto, l’aumento della rilevanza del ruolo del manager in azienda (53,1%). Condotta dalla facoltà di Economia, la ricerca ha preso in considerazione 70 imprese, operanti
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nei servizi e nel commercio, scelte da Manageritalia in base alle variabili del settore e al fatturato. Dai dati, presentati dal prorettore Gian Luca Gregori, emerge inoltre che il 30% dei manager è in possesso di un master; uno su cinque assolve funzioni commerciali e il 14,3% detiene ruoli di direzione generale. Alto il tasso di “fidelizzazione”: quasi la metà degli intervistati lavora nell’azienda attuale da 10 anni. La conoscenza personale è ancora la chiave più usata per entrare in azienda – due casi su tre – e, per la metà dei manager, la maturazione della qualifica è avvenuta all’interno, senza formazione o preparazione specifica. Elevata infine è anche l’importanza che le imprese riconoscono ai manager per quanto
Lo spirito manageriale rappresenta un valore aggiunto per l’intero sistema economico marchigiano
riguarda il supporto ai processi di cambiamento. Per tutti i partecipanti alla tavola rotonda (vedi box) è importante il ruolo della formazione e della cultura diffusa alla managerialità (dentro e fuori le aziende). L’intervento formativo centrato sul manager ha lo scopo di promuovere uno sviluppo a cascata all’interno dell’azienda, facendo in modo che i collaboratori ven-
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Territori
MARCHE:
MENO DIRIGENTI, PIÙ QUADRI D
al 2008 al 2012 nelle Marche i dirigenti sono calati del 7,7%, mentre i quadri sono aumentati del 19,5%. Un fenomeno registratosi in forma più attenuata anche a livello nazionale (dirigenti -2,5% e quadri + 10,1%) che preoccupa per la sua intensità, una delle più elevate della penisola, e per la già scarsa managerialità della regione.
Al 2012, ultimo dato disponibile negli archivi Inps, in regione ci sono 1.288 dirigenti (1.170 uomini e 118 donne) e 7.051 quadri (5.164 uomini e 1.877 donne). Ancona, che resta la provincia più “managerializzata” con 589 dirigenti e 3.215 quadri, quasi il 50% dell’intera regione, perde il 13% dei dirigenti (+10% i quadri). Seguono per numerosità Pesaro e Urbino (con 301 dirigenti
Italia: dirigenti e quadri del settore privato per area geografica (2008/2012) Uomini
2012 (numero) Donne
DIRIGENTI Nordovest Nordest Marche Centro Sud Isole TOTALE
51.856 19.522 1.170 20.255 4.602 1.737 99.342
9.617 2.210 118 4.061 618 275 16.853
61.473 21.732 1.288 24.316 5.220 2.012 116.195
-5,05 -4,92 -9,23 -5,01 -6,79 -11,11 -4,99
19,13 9,30 11,32 11,11 40,45 -12,97 15,83
-1,94 -3,65 -7,67 -2,65 -2,92 -11,37 -2,45
QUADRI Nordovest Nordest Marche Centro Sud Isole TOTALE
136.675 63.319 5.164 65.787 25.923 11.251 305.787
56.656 23.368 1.887 29.051 6.721 3.653 119.694
193.331 86.687 7.051 94.838 32.644 14.904 425.481
3,96 7,16 13,79 6,74 5,93 0,59 5,42
19,35 26,18 38,44 28,21 42,58 25,97 24,14
8,04 11,70 19,49 12,51 11,85 5,81 10,09
Fonte: elaborazioni Manageritalia su dati Inps
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Totale
2012/2008 (variazione %) Uomini Donne Totale
e 1.677 quadri), Ascoli Piceno (301 dirigenti e 1.168 quadri) e Macerata (186 dirigenti e 991 quadri). A riprova della scarsa managerialità, le Marche hanno 0,38 dirigenti ogni cento lavoratori dipendenti (la media nazionale è 0,94%), Ancona 0,52%, Pesaro e Urbino 0,37%, Ascoli Piceno e Macerata 0,28%. E questo vale anche considerando i quadri: sono 2,1 ogni cento dipendenti, a fronte di una media nazionale del 3,4%. «Insomma – dice Paolo Moscioni, presidente di Manageritalia Ancona – i dati sono sconfortanti. Di fatto c’è, a fronte della necessità di competere e muoversi in un mercato sempre più globale, un forte passo indietro. Perché i dirigenti e i quadri, pur essendo entrambi manager a tutti gli effetti, hanno ruoli ben diversi e non intercambiabili». Per porre rimedio a questa deriva, da tempo Manageritalia sta lavorando per fare informazione e cultura e ancor più per sviluppare azioni concrete insieme alle istituzioni, la regione in primis, e a tutti gli attori istituzionali e non del mondo economico.
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LA TAVOLA ROTONDA
I partecipanti all’incontro che si è svolto durante il convegno “L’evoluzione del management delle imprese nelle Marche” organizzato da Manageritalia e dall’Università politecnica delle Marche lo scorso 14 febbraio ad Ancona: Giuliano Calza, presidente Associazione italiana per la direzione del personale, Gruppo regionale Marche; Mauro Carbonetti, ad Gruppo Gabrielli; Marco Luchetti, assessore al lavoro e formazione della Regione Marche; Sauro Longhi, rettore Università Politecnica delle Marche; Massimiliano Polacco, direttore Confcommercio Marche; Antonio Votino per Manageritalia Ancona.
gano coinvolti dall’alto nel processo di cambiamento. Inoltre il manager, diventando promotore del cambiamento all’interno dell’azienda, garantisce la continuità nel tempo e quindi il consolidamento dei risultati raggiunti. Insomma, se la ripresa economica non è ancora troppo vicina né cammina su gambe salde, il contributo delle professionalità manageriali diventa ancora più rilevante per uscire dai recinti dell’immobilità: serve tuttavia, da parte dell’intero sistema economico, crederci. Le figure ci sono. Più facile se in rete. 䡵
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DI BUON GRADO Piero Valdiserra
grado
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IL BRUNELLO DI MONTALCINO
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Secondo alcuni Montalcino trae il suo nome da Mons Lucinus, ovvero “monte boscoso” (dalla parola latina lucus, che significa “piccolo bosco”). Altri propendono invece per Mons Ilcinus, cioè “monte dei lecci”, piante molto diffuse nella zona e raffigurate anche nello stemma cittadino. Già insediamento etrusco, Montalcino si ritrovò nel Medioevo sulla Via Francigena, la strada principale che collegava la Francia a Roma, e acquistò fin da allora notevole fama per la qualità dei suoi vini, che giunsero a conquistare anche la tavola dei Medici. Nel XIX secolo, la storica reputazione vitivinicola di Montalcino si intrecciò sempre più strettamente con la vicenda della famiglia Biondi-Santi. Dopo aver selezionato un particolare clone di Sangiovese, e utilizzando tecniche enologiche francesi per il tempo avanzatissime, Ferruccio Biondi-Santi riuscì a fare un vino di qualità straordinaria. Correva l’anno 1888: data di nascita del vino Brunello e del nome che Ferruccio BiondiSanti gli impose, per via del colore molto scuro dell’uva di provenienza. Fino alla Seconda guerra mondiale la famiglia Biondi-Santi ebbe l’esclusiva commerciale del Brunello. Nel dopoguerra alcuni produttori locali si affiancarono ai fondatori nel produrre, imbottigliare e vendere il pregiato rosso ilcinese. Da 11 che erano nel 1960, divennero 25 nel 1970 e 53 nel 1980. All’alba del nuovo millennio, le denunce di produzione sono arrivate a sfiorare le 300 unità. Una progressione vertiginosa, che dà conto dell’enorme successo commerciale del Brunello e che ha spinto anche
molti stranieri a credere nel vino di Montalcino: un esempio su tutti è quello della famiglia Mariani, americana di origini italiane, che ha investito notevoli capitali per costruire da zero la grande realtà di Castello Banfi. Secondo l’attuale disciplinare di produzione, il Brunello di Montalcino docg deve essere sottoposto a un periodo di affinamento di almeno 2 anni in contenitori di rovere di qualsiasi dimensione, e di almeno 4 mesi in bottiglia, e non può essere immesso al consumo prima del 1° gennaio dell’anno successivo al termine di 5 anni, calcolati considerando l’annata della vendemmia. Può portare la dizione “Riserva” se immesso al consumo dopo il 1° gennaio dell’anno successivo al termine di 6 anni, calcolati considerando l’annata della vendemmia, fermo restando il minimo di 2 anni di affinamento in contenitori di rovere ma di almeno 6 mesi in bottiglia. Di colore rosso rubino intenso tendente al granato, il Brunello di Montalcino ha un profumo caratteristico e un sapore asciutto, caldo, leggermente tannico, robusto, armonico e persistente. La sua eleganza e la sua pienezza permettono di abbinarlo a piatti molto strutturati e compositi, come le carni rosse e la selvaggina da penna e da pelo, anche accompagnate da funghi e tartufi. Si accosta inoltre molto bene ai formaggi, dai più semplici ai più impegnativi; le sue caratteristiche uniche lo rendono infine un superbo vino da meditazione, da servirsi in bicchieri ampi che ne valorizzino tutte le più sottili sfumature organolettiche.
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ARTE Claudia Corti
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BRERA SI RINNOVA
arte
Bellini e Mantegna visti da Ermanno Olmi
DA NON PERDERE GIOVANNI BELLINI, La pittura devozionale umanistica. Milano Pinacoteca di Brera dal 9 aprile al 13 luglio.
La Pinacoteca di Brera è da sempre sinonimo di pittura di altissima qualità, scrigno prezioso di capolavori di inestimabile valore che tutto il mondo conosce e ci invidia. Eppure troppo spesso si pensa che musei simili restino sempre uguali, immobili e desueti. E invece il visitatore che da qualche settimana si affaccia timidamente alla soglia del museo, forse un po’ intimorito dalla certezza di trovarsi nel “tempio” dell’arte, viene accolto dall’inaspettata sorpresa di un museo in divenire, in grado di valorizzare al meglio i propri capolavori. La conclusione del restauro della Pietà (tempera su tavola, 1465-1470 circa, foto in alto) di Giovanni Bellini, se da un lato ha offerto l’occasione per approfondire la conoscenza dell’artista veneto e della pittura devozionale rinascimentale sul tema del Compianto attraverso l’organizzazione di una mostra incentrata su 26 capolavori, dall’altro ha portato a rivedere l’allestimento di alcune celebri opere, proprio per poterne apprezzare al meglio le peculiarità. È su questo aspetto che è intervenuto il celebre regista cinematografico Ermanno Olmi che, con uno studio della luce estremamente suggestivo, ha saputo creare un dialogo serrato tra la Pietà del Bellini e il celeberrimo Cristo morto del Mantegna (tempera su tela, 1500 circa, foto in basso): due artisti coetanei, legati da un vincolo di parentela (erano
cognati), molto diversi tra loro, ma alle prese con il medesimo soggetto: il dolore per la morte di Cristo. La resa belliniana è strettamente connessa alla rappresentazione degli affetti, del delicato paesaggio di sfondo e della luce, elementi desunti dalla tradizione veneziana, come mirabilmente evidenziato dalla mostra di cui la tavola è protagonista. In una nicchia ricavata alle spalle della Pietà del Bellini, ecco il Cristo morto del Mantegna, una tela che oggi ci accoglie a un’altezza di 67 cm da terra per esaltarne gli effetti prospettici, in una penombra che lascia senza fiato e invita al raccoglimento. È stata persino rimossa la cornice in legno dorato perché successiva all’opera e troppo fuorviante dal vero significato. Il corpo umano, anatomicamente perfetto nella cruda realtà delle ferite e nel colorito, è avvolto nel sudario e adagiato su una lastra di pietra rossa, probabilmente la pietra dell’unzione, quella su cui, secondo la tradizione, il corpo di Cristo fu cosparso di oli e unguenti prima della deposizione nel Sepolcro. All’estrema sinistra i dolenti inginocchiati invitano a concentrarsi su quel corpo fuori dal tempo e dallo spazio, in una dimensione contemporaneamente realistica e astratta, simbolo del dolore universale dell’umanità che troverà ricompensa solo nella Resurrezione.
CURIOSITÀ Questione di prospettiva: i pittori rinascimentali amavano dare sfoggio di bravura attraverso virtuosismi prospettici come lo sguardo di alcuni personaggi che sembra seguirci ovunque. Nel Cristo morto, Mantegna crea un gioco visivo per cui spostandoci in ogni angolazione intorno al quadro si ha la percezione che la prospettiva non si modifichi.
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LIBRI Davide Mura
Leader dixit
libri
Qual è il rapporto tra leadership e competitività? È la domanda chiave del libro scritto a quattro mani da Marina Capizzi e Ulderico Capucci e frutto di una serie di cinquanta interviste a capi di azienda italiani. In uno scenario economico e sociale che cambia in fretta, il ruolo di un leader è cruciale. La difficoltà sta nella debolezza dei modelli del passato. Le prassi manageriali e gli approcci mentali devono essere necessariamente diversi. Se esistono sempre valori immutabili – la centralità del cliente, il funzionamento dell’organizzazione per processi, oggi ci sono novità: si parla ad esempio di leadership degli scopi, strettamente legata ai tempi d’azione sempre più rapidi. Il salto di qualità dei numeri uno, Marina Capizzi, Ulderico Capucci, Gruppo 24 Ore, pagg. 149, € 21.
Vademecum per l’eco-attivista
La cultura ai tempi dell’hashtag
Un libro diviso in nove capitoli, ognuno dedicato a un aspetto diverso del vivere ecologico. Oltre a offrire consigli pratici per rendere più sostenibili i propri spostamenti in città, i propri acquisti, i propri viaggi, il proprio cibo, la propria casa e molto altro, la guida riflette su alcuni problemi globali e mostra possibili soluzioni già praticate in Italia o altrove. Il concetto cardine è che tutti possono contribuire alla salvaguardia ambientale, con comportamenti piccoli ma importanti. L’autore del libro è un giovane che ha trascorso anni in giro per il mondo, coinvolto in prima persona in progetti ambientali concreti, dalla riqualificazione green di aree urbane a iniziative di attivismo ecologico. La strategia del colibrì, Alessandro Pilo, Sonda, pagg. 194, € 14.
Un intreccio da sciogliere, quello tra tecnologia e cultura: ci prova Roberto Gris, docente di didattica dell’immagine all’Università degli studi di Verona. Gli strumenti e i codici nuovi oggi diffusi influenzano il modo in cui noi apprendiamo e allo stesso tempo le modalità di trasmissione del pensiero. E che dire di fronte alla dematerializzazione di documenti e testi? Quali sfide per chi insegna? Un libro per riflettere su come il digitale influenza il pensiero, attraverso le immagini, i link e a nuovi modi di comunicare. In questo turbillon a colpi di bit quale spazio avrà la trasmissione del sapere? Un saggio che pone molti interrogativi ma che analizza allo stesso tempo gli scenari in modo lucido, senza facili allarmismi. La caverna digitale, Roberto Gris, Erickson, pagg. 128, € 16,50.
Da Montalbano a Kokoschka Andrea Camilleri racconta la storia di una passione, quella tra la vedova di Mahler, Alma, musa ispiratrice di tanti geni sregolati, e il pittore Oskar Kokoschka, uno degli artisti più celebri della Vienna di inizio Novecento, più giovane di lei di sette anni. Una relazione che dopo gli idilli iniziali diventa tumultuosa per poi interrompersi in maniera brusca. Quando Kokoschka rientra in patria, traumatizzato
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dal conflitto e ancora ossessionato dall’amore perduto, decide di farsi confezionare una bambola con le sembianze di Alma. La sfida di Camilleri è mettersi nei panni di un artista preda delle passioni, cercando di colmare il vuoto lasciato dalle lettere con licenze letterarie in grado di creare una tensione narrativa che ricorda certe atmosfere dei suoi romanzi gialli. La creatura del desiderio, Andrea Camilleri, Skira, pagg. 135, € 14,50.
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LETTURE per MANAGER
...per manager
Marco Lucarelli
Il pensiero moderno di Karl Marx Bisogna riconoscere a Steve Shipside, autore del libro Karl Marx. Il Capitale riletto a uso dei manager (edizione Rizzoli Etas, pagg. 176, € 14) un merito: quello di stimolare il pensiero laterale, affrontando il pensiero del filosofo tedesco e adattandolo a uso dei manager contemporanei. Denota un certo coraggio intellettuale e la capacità di uscire dagli schemi. Perché, quando si affrontano le grandi teorie economiche, si assumono spesso visioni del mondo contrapposte, inconciliabili. Questo libro svicola dalla sovrastruttura ideologica associata a un’icona del pensiero economico come Karl Marx e si concentra su un solo obiettivo: cogliere la modernità del pensiero dell’autore de Il Capitale e trarne insegnamenti utili per il manager moderno e l’organizzazione del lavoro. Perché il pensiero economico e sociologico di Marx, se letto con distacco dalle ideologie, sorprende per la sua modernità. Vediamo perché.
Il lavoratore e il suo bagaglio di competenze La divisione del lavoro, l’uso intensivo dei macchinari in ambito industriale, la produzione a cottimo causano l’alienazione dell’operaio moderno. Il filosofo tedesco ci ricorda l’importanza, per il lavoratore, di mantenere e accrescere la propria professionalità arricchendo il proprio bagaglio di conoscenze. Una sorta di “cassetta degli attrezzi” che permette al lavoratore qualificato di scegliersi il datore di lavoro e contrattare il relativo compenso. Se ci pensate, questo concetto del bagaglio di competenze stupisce per la sua modernità. Quante volte avete sentito parlare dell’importanza di coltivare competenze, conoscenze, diversificare la propria professionalità, imparare le lingue, comprendere le nuove tecnologie, aprirsi al cambiamento? Tan-
te. Le avete sentite non da qualche nostalgico del pensiero comunista ma da headhunter, associazioni manageriali, imprenditori e business school.
Marx avrebbe avuto il suo profilo aggiornato su Linkedin Oltre alla perdita del proprio bagaglio di competenze, della propria professionalità, Marx accusa il sistema capitalista di minare alla base i rapporti sociali della classe operaia. Grossi agglomerati industriali, sradicamento dalle campagne, concentrazione in spazi produttivi angusti impoveriscono l’operaio ottocentesco di uno dei suoi principali asset: il capitale sociale. Capitale, questo, che permette di relazionarsi con altre persone ampliando così le possibilità di trovare lavoro oltre a diversificare le proprie competenze mediante il confronto. Concetti questi che ci fanno pensare ai moderni social di networking professionale come Linkedin, che probabilmente Karl Marx avrebbe apprezzato.
Perché leggerlo
Leggi e commenta tutte le recensioni di Marco Lucarelli sul blog
Se siete dei manager dovete avere la giusta flessibilità mentale per guardare oltre gli schemi: questa si acquisisce con l’esercizio del pensiero anche reinterpretando quello di un’icona scomoda del pensiero socio-economico e cogliendone i messaggi al di là della loro connotazione storica.
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LETTERE Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Il tfr al Fondo Mario Negri
lettere
Avrei voluto destinare al Fondo Mario Negri il tfr maturato dal 2007 in avanti e il mio datore di lavoro era consenziente ma, a quanto pare, l’Inps pone degli ostacoli a tale operazione: è un comportamento legittimo? M. D. - Genova
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A seguito della campagna informativa sulla devoluzione del tfr al Fondo Mario Negri, diversi dirigenti hanno manifestato interesse a trasferire al Fondo anche il tfr pregresso, ovvero quello accantonato dal 2007 in avanti, dal momento che il regolamento lo permette. Tuttavia, è importante chiarire che se nel 2007 (o successivamente a tale data, in caso di nuova assunzione), si è scelto di non conferire il tfr maturando alla previdenza complementare e si era in forza presso un’azienda che occupava più di 49 dipendenti, le somme accantonate non sono rimaste a disposizione dell’azienda, ma sono state versate al cosiddetto Fondo di tesoreria, istituito presso l’Inps ai sensi dall’art. 1, comma 756, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Pertanto il tfr, una volta destinato al Fondo di tesoreria, non è più nella disponibilità dei datori di lavoro che nel 2006 avevano in forza almeno 50 dipendenti (per le aziende che hanno iniziato l’attività successivamente al 31 dicembre 2006 si fa riferimento alla me-
dia annuale dei lavoratori in forza nell’anno solare di inizio attività). L’Inps, in questi casi, si limita a erogare le prestazioni, tramite il datore di lavoro, sulla base delle disposizioni dell’art. 2120 del codice civile, ovvero a liquidare le somme accantonate alla data di cessazione; oppure a erogare le anticipazioni in caso di spese sanitarie per terapie e interventi straordinari; o per l’acquisto della prima casa di abitazione per il lavoratore o per i suoi figli. Le norme che disciplinano il Fondo di tesoreria non prevedono, quindi, la possibilità di un ripensamento in merito alla devoluzione del tfr pregresso. Infatti, nonostante tali importi siano stati versati al Fondo di tesoreria, è comunque il datore di lavoro a erogare il tfr e le anticipazioni, anche per la quota parte di competenza del Fondo di tesoreria stesso, recuperando tali somme dai contributi dovuti al Fondo riferiti al mese di erogazione della prestazione e, in caso di incapienza, dalle altre contribuzioni dovute all’Inps nello stesso mese. Per tali motivi, anche se in linea di principio un dirigente iscritto al Fondo Mario Negri potrebbe liberamente decidere di destinare al Fondo in un secondo momento il tfr maturato dal 2007 in avanti e non devoluto ad altra forma di previdenza complementare, di fatto tale opzione può essere esercitata solo da coloro per i quali, essendo impiegati presso aziende con meno di 50 dipendenti, il tfr è rimasto accantonato in azienda.
inserto mensile di Dirigente n. 5 -2014
Dirigibile
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #04
Future Market
Una piccola nicchia da 2 miliardi di persone
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Future travel
Le destinazioni del futurista in 16 trend
p. 4
Future retail Come sopravvivere al showrooming Future innovation Noi “supererrori”. Sbagliando s’impara a volare Infografica del mese Solo nel calcio la Germania esce dalla Champions League FUTURETECH invenzioni & innovazioni Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo
Data Morgana:
il miraggio dei grandi dati Milioni, bilioni, trilioni, quadrilioni, quintilioni. Nessun numero è troppo grande per Big Data. Una scienza basata sulla “sperologia”: speriamo che quest’immensa marea di dati, variabili e presunte correlazioni, serva veramente a qualcosa. Perché il dubbio c’è ed è grande tanto quanto i dati. Generiamo quantità impensabili di dati: in casa, in rete, in negozio, in ufficio. Risorsa o spazzatura? Per gli ottimisti e venditori di dati (fra i vari “most influential Big Data companies” secondo Fast
Future business
Arriva l’onda lunga della rivoluzione digitale
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Company: Splunk, Quid, Kaggle, Zest Finance, Apixio, Datameer, Blue Kai, Gnip, Retail Next, Recommind) è la risorsa del secolo, per pessimisti e scettici (fra cui spicca il cervello fine di Nassim Taleb, autore del bestseller Il Cigno nero, come l’improbabile governa la nostra vita) è sospetta spazzatura. O meglio l’illusione del secolo: un miraggio, una “Data Morgana” in mezzo al deserto che ci spinge in direzioni (e decisioni) evanescenti. Come scrive proprio Nassim Taleb in “big-datameans-big-errors-people” (vedi su Wired Usa http://tinyurl.com/kcxql3g) «Big data significa più informazioni ma anche più false informazioni». Un problema di troppe variabili abbinate a troppi pochi dati per variabile e del gioco sporco di molta statistica ben confezionata. Per imprese e manager il rischio di bidoni pieni di “correlazioni spurie” non è da sottovalutare. Forse l’unica strada per lo sfruttamento dei dati è un reale (e trasparente) patto di fiducia con il cliente consenziente.
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Future Market Una piccola nicchia da 2 miliardi di persone Il diktat della coda lunga di Chris Anderson: bisogna scavare e scavare, per trovare nuovi giacimenti di nicchie. Perché nel sofisticato mercato globale la somma delle nicchie locali genera fatturati di “massa”. Vero, ma ci sono anche nicchie di massa talvolta trascurate per “soggezione” del target. I musulmani. Fino a oggi le maggiori proposte con prodotti su misura provenivano dai settori food e finanza. Ma c’è spazio in quasi tutti i settori (spesso inesplorati). Qualche esempio: Halal Baby Food è una linea di prodotti alimentari prima infanzia che coniuga fede
ed esigenze delle mamme musulmane; El-Asira una specie di sexy shop molto casto e decoroso che propone articoli erotici con un ricercato linguaggio soft (sexy viene sostituito da sensuale); Halalbooking un tour operator londinese specializzato nei viaggi e alberghi “koranally correct” e la polacca Ingot un’impresa cosmetica che offre smalti per unghie permeabili all’acqua e adatti al rituale del lavaggio Wudu’. http://www.elasira.com/en http://halalbooking.com http://inglotcosmetics.com http://www.halalbabyfoods.com
Future retail Come sopravvivere alLO showrooming Previsioni nefaste: entro il 2018 un buon 30% del retail è destinato a sparire. La colpa? La solita fregatura digitale. Fit-lifting e showrooming stanno diventando per molti consumatori uno sport nazionale. Tizio entra in un negozio, prova un paio di scarpe e poi tramite smartphone si collega a internet e compra online. Caio entra in un negozio, prende in mano un prodotto e poi tramite smartphone si collega a internet per comparare prezzi e offerte. Tizio e Caio un bel guaio. Alzare bandiera bianca e ritirarsi? Meglio difendersi in trincea sparando le stesse cartucce. L’arma è nota: convergenza digitale
Future Jobs Se il lavoro fa “cagare” è ora di cambiare Alcune cacche vanno a fondo altre galleggiano. Ecco: le seconde sono i bullshit jobs. Almeno così la pensa David Graeber, antropologo e attivista anarchico noto al grande (si fa per dire) pubblico per il bel saggio Debito. I primi 5000 anni. La sua tesi: nel 1930, John Maynard Keynes prevedeva che entro la fine del secolo la tecnologia sarebbe progredita abbastanza da permettere a paesi come il Regno Unito o gli Stati Uniti di approdare alla settimana lavorativa di quindici ore. Aveva ragione: in termini di tecnologia, saremmo perfettamente in grado
di riuscirci. Eppure non è ancora successo. Anzi, semmai la tecnologia è stata arruolata per inventare nuovi modi di farci lavorare tutti di più. Enormi schiere di persone, soprattutto in Europa e Nordamerica, trascorrono tutta la loro vita professionale eseguendo compiti che segretamente ritengono inutili alle reali sorti del mondo. Fategli bere due o tre drink (soprattutto ai manager) e si lanceranno in vere e proprie tirate su quanto stupido e privo di senso sia in realtà il loro lavoro. Se anche voi avete avuto la sensazione che il mondo continuerebbe a girare tranquillamente senza il vostro “dalle 8 alle 18 in ufficio” non perdetevi quest’illuminante saggio di David. leggi On the Phenomenon of Bullshit Jobs http://issuu.com/strikemagyo/docs/strike_3_forissu/10
so what? Una potenziale clientela di quasi 2 miliardi. Immense praterie pressoché disabitate da proposte innovative. Il motivo è semplice: solo i prodotti e servizi in sintonia con le differenti applicazioni del Corano paese per paese hanno successo.
e fusione fra offline e online in un’unica esperienza (come fa Tesco). Due piccoli esempi: con Walmart App il colosso americano della grande distribuzione ha ottenuto due risultati importanti: dare al punto vendita fisico un mood da luogo connesso con navigazione prodotti, geolocalizzazione e servizi instore e aumentare il fatturato del 12%; il retailer John Lewis adotta da tempo una strategia semplice (almeno sulla carta): andare di pari passo con la digitalizzazione emulando e attualizzando servizi ed esperienze (è stato il primo a mappare con Google Street View l’intero flagship store di Londra e a offrire ai clienti un’esperienza unica online e offline). http://www.youtube.com/watch?v=Xpd7is9dHE4 http://www.walmart.com/cp/Walmart-Mobile-App/1087865 http://www.storeplus.de
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’altO
Future innovation Noi “supererrori”. Sbagliando s’impara a volare Thomas Watson, il fondatore di IBM, affermava che il modo migliore di avere successo, di farcela, è raddoppiare il tasso dei fallimenti. Verissimo, ma spesso trascurato o evitato. In verità anche le cosiddette innovation driven companies, come Apple, Google, Microsoft, Danone, Renault e molte delle nuove imprese 2.0 come Pinterest, sbagliano e collezionano errori. Un vecchio e noto libro Vince chi fa più errori. Il paradosso dell’innovazione evidenzia bene questa verità, spesso disattesa dalle aziende
italiane che temono e talvolta puniscono gli errori. Soprattutto in un’epoca discontinua e complessa dove sperimentare nuovi servizi, prodotti e modelli di business diventa la vitale norma, l’errore non va temuto ma incluso nella gestione quotidiana con benevola accettazione. La nostra cultura è orientata verso il successo e penalizza l’insuccesso, che è invece un elemento prezioso per crescere e innovare. Oggi il mondo cambia rapidamente sotto i nostri occhi ed è vitale per fare passi avanti, confrontarci con le due facce della stessa medaglia: il successo e l’insuccesso. Perché l’errore può essere un super potere che se sfruttato bene in azienda produce piccoli miracoli. L’undicesimo fmt.day del ciclo Future Management Tools tratta il vasto tema dei “supererrori”. Perché solo sbagliando s’impara a volare. www.cfmt.it
Future customer La fidelizzazione è questione di educazione Non nel senso che dovete essere gentili ed educati (anche se non guasta) ma capaci di formare i vostri clienti rendendoli più competenti e contenti. Cosa che Apple ha sempre fatto nei propri punti vendita. Cosa che serve soprattutto in mercati drammaticamente competitivi e compromessi dalla guerra all’ultimo prezzo (vedi discountizzazione dell’esistenza). Educativo il caso di Weber-Stephen. L’azienda americana nel lontano 1952 inventò e introdusse sul
Future comMunication Siate brevi e vi ascolteranno a lungo Avete mai ricevuto in risposta alla vostra email un secco tl;dr? Questa breve sequenza sta per “too long, did not read”, tradotto liberamente “il testo era troppo lungo e dunque non mi sono preso la briga di leggerlo”. Il messaggio tra le righe: “la prossima volta vieni subito al dunque altrimenti finisci di nuovo nel cestino”. Overload. Il tema dovrebbe essere noto a tutte le aziende e soprattutto al marketing. Troppe informazioni, troppe proposte, troppi messaggi e troppo poco tempo per
tenerle in considerazione. La domanda è sempre la stessa: sono i messaggi facilmente accessibili e comprensibili? Sono, per dirla nel gergo del service design, user friendly e sintetici? Spesso no (avete presente il direct marketing delle riviste?). Peccato, perché in futuro saranno vincenti le formulazioni super brevi in perfetto stile twitter o sms. Anche il linguaggio scritto si adegua, almeno nel mondo anglosassone. “You too” diventa “u2” e “before” diventa “b4”. Forzature, certo, ma un chiaro segnale che nel mondo degli affari (ma non solo) c’è un disperato bisogno di sintesi e di capacità di distillare l’essenziale prima di comunicare. Una vecchia regola che era già nota a Thomas Jefferson (terzo presidente Usa) che amava rispondere a: “Qual è il talento più prezioso?” con un serafico «mai usare due parole quando ne basta una». Una sintesi da imparare.
mercato il grill a campana che non teme vento e pioggia. Un enorme successo di pubblico e critica. Ma oggi il solo “hardware” non è più sufficiente. Un semplice grill made in Cina si trova tranquillamente a 10 euro, l’entry level da Weber costa invece circa 10 volte tanto. Se il pricing è diventato (e non solo per loro) un’arma spuntata meglio puntare su altro, per esempio sull’edutainment. La loro Grill accademy creata in Germania nel 2003 organizza ogni anno 500 corsi a cui partecipano mediamente 10mila clienti. Parallelamente sono attivi sul sito video tutorial e coaching. I vantaggi sono facilmente intuibili: affermarsi per rilevanza trasformando i clienti in ambasciatori collaborativi. http://tinyurl.com/kejxela
so what? Per la comunicazione inizia l’era del “reduce to the max”. Si impone il minimalismo (anche dei testi) in ogni ambito: siti, slide, video, offerte, conferenze, piani strategici. Bisogna imparare a valorizzare la sintesi anche nella retribuzione e smetterla di pagare un tot al chilo.
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Future travel Le destinazioni del futurista in 16 trend C’era una volta il turismo fordista, seriale, ripetitivo, standardizzato e gestibile con potenti mezzi, grandi tour operator, rassicuranti catene alberghiere e massicce operazioni di branding. Tutto finito? In parte sì. Il passaggio da civiltà industriale a civiltà digitale ha sorpreso (durante il sonno) molti. Al brusco risveglio alcuni orizzonti erano spariti. Soprattutto il settore turistico è stato rigirato come un calzino dalla digitalizzazione e socializzazione in rete. Grazie a internet e ai device mobili è diventato facile
l’accesso universale all’organizzazione, comparazione, prenotazione e gestione del proprio “prodotto turistico”. Nessuno è oggi più consumatore passivo rinchiuso in silos demografici, ma abilitatore (di se stesso) attivo e indipendente. Anche dai brand. Come conferma una recente ricerca di Havas, la maggioranza delle persone “worldwide” non farebbe una piega se dovessero sparire dall’oggi al domani il 73% dei brand noti. Non solo: il turista del futuro sperimenta volentieri start up turistiche senza storia e radici purché smart e user friendly nell’offerta del servizio.
liquida
servolution
Bisogna abbandonare l’obsoleta distinzione fra tempo libero e lavoro. Workstyle e lifestyle si fondono e convivono fluidamente. Non sono più categorie “geografiche” distinte, ma un mood personale. Work space on demand di Marriott è un buon esempio di spazio liquido di coworking anche perché disponibile per chiunque e non solo per i clienti.
Più che servire colazioni l’albergo del futuro serve servizi. Si riparte con la servolution: la rivoluzione o evoluzione dei servizi. Insomma, soluzioni e facilities “all inclusive”. Dal Bike Butler del Fairmont Pacific Rim di Vancouver all’Overstay Checkout di Art Series Hotels in Melbourne, il tema è ridurre ogni stress con servizi che sorprendono, per efficacia, il turista.
tempo
chinappeal
Il viaggio di Goethe in Italia durò due anni. Bei tempi. Oggi il tempo è tiranno, è un time out che dura istanti. Quindi, se volete turisti dovete accorciare i tempi, sempre. Perché oggi il cliente sfuggente va soddisfatto subito con una semplificazione radicale del pacchetto, soprattutto nel social media marketing perché nel web la pazienza è pari a zero.
Essere attraenti per i turisti cinesi. Non scontato ma fondamentale di questi tempi. I 50 milioni del 2013 (Euromonitor) potrebbero raddoppiare entro il 2020. Un esercito, diretto soprattutto in Europa. Come intercettarli? Anticipando le future esigenze come ha fatto il TUI Think Tank con lo scenario New Chinese Tourists in Europe from 2017 e creando una China unit interna all’azienda.
trasparenza
Budget design
chiedi
Da dico di me a dicono di me. Tripadvisor è solo la punta dell’iceberg. La tirannia della trasparenza è molto più profonda. Se tutto è visibile chi è credibile? Chi non bara e comunica verità affermandosi sul mercato per sostanza, rilevanza e reputazione. Un buon tentativo viene dal circuito riminese realitalyhotel.it, una via di mezzo fra un web reality e un blog in presa diretta.
Formula D&D: design a prezzi di discount. Lusso in versione low cost. Termini antitetici convivono per offrire a tariffe abbordabili un ambiente giusto e servizi oggi veramente richiesti (eliminando quelli superflui e datati). Ottimi esempi: motel-one.com, premierinn.com, ruby-hotels.com e i nuovi moxyhotels.com nati dall’unione Ikea e Marriott international.
Il tanto amato, dagli adolescenti, social network ask.fm dovrebbe insegnare qualcosa alle imprese: chiedi e ti sarà dato (retta). Invece troppi vogliono spiare, scrutare, elaborare puntando tutto su Big Data o magari sul neuromarketing. Errore: lo sappiamo dai tempi del Cluetrain Manifesto che i mercati sono conversazione, dunque dibattito e dunque ascolto facendo patti alla pari.
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’altO
Simplexity
adaptive service
Il mondo (anche dei viaggi) diventa sempre più complesso. Ma grazie al mapping e apping non più complicato. Anzi: non ruota più intorno al sole ma intorno al “Me”. Per le aziende questo significa diventare agenti e assistenti di orientamento. Semplificare la complessità. L’iPhone è un buon punto di partenza come esercizio. Dentro è un groviglio di complessità, fuori un sorriso di semplicità.
Io (turista) non mi adatto, pensateci voi. Da customized service a adaptive service. Oggi prodotti e servizi non sono più flessibili-personalizzabili ma adattabili alle mutevoli esigenze in real time. Nel caso del settore turistico significa ragionare in termini di tourist service provider e fungere da abilitatori. Molti gli approcci, per esempio stay.com oppure tripodo.de.
Digitalizzazione nicchie Digitalizzazione, disintermediazione, smaterializzazione. Uno tsunami per interi settori e operatori. Lo stile di vita digitale riscrive le regole anche del turismo. Nei prossimi anni assisteremo ad una superconvergenza digitale: miniaturizzazione, connettività, ubiquità, big data e prestazioni sempre più spinte trasformeranno ogni oggetto e ogni gesto in un universo iper connesso.
Parlare alla massa ma con servizi e world making di nicchia. Questo è il futuro. Quali nicchie? I “piedi” in versione camminare e pedalare sono uno dei mercati più promettenti: si va dai bike hostel ai prodotti per sole e-bike (movelo.com). Poi il glamping, il fair travel, la green hospitality, pacchetti iper mirati per bimbi (kinderhotels.com) e l’enorme mercato dei musulmani (halalbooking.com).
realtà filtrata
Geolocalizzazione
Da realtà aumentata a realtà filtrata. Filtrata sulle personali esigenze grazie ad algoritmi e assistenti digitali iper personalizzati. Tanto per capirsi: se sono un fan dei Beatles e mi trovo a Liverpool vedo in tempo reale sullo smartphone solo proposte inerenti (luoghi, locali, negozi, alberghi ecc.) proprio nell’istante in cui mi servono. Per il turismo una futura sfida.
Holiday around me. Complice la tecnologia di geolocalizzazione (e i device) ogni cosa diventa vicina: opportunità, svaghi, pernottamenti. Una volta si diceva: quello che non appare in televisione non esiste. Oggi si dice: quello che non appare in una mappa non esiste. Ora che è attivo Google Hotel Finder il location based e search engine marketing diventa ancora più vitale.
Contenuto
Empowerment
Condivisione
Il turista vuole contenuto e non chiacchiere. Non si comunica più per convincere ma per informare, orientare e servire (a qualcosa). Chi non è rilevante viene ignorato. Il medium non è più il messaggio perché il web trasforma ognuno di noi in un medium. Quello che conta è il contenuto. Avere una storia da raccontare e saperla raccontare. Interesting economy: rendersi interessanti.
Local empowerment. Airbnb.com: una piccola idea locale nata a San Francisco è diventata un fenomeno turistico globale grazie alla diffusa accelerazione delle tecnologie digitali. La piccola formula matematica dell’accelerazione tecnologica è semplice e andrebbe imparata a memoria da ogni operatore: l’impresa locale elevata alla potenza della tecnologia digitale produce un risultato (affermazione) globale.
Accesso senza possesso. Sharing economy, fatta di turismo collaborativo, socializzazione in rete e scambio di opportunità. Ma non solo. Condivisione significa per il nuovo turista soprattutto immersione nella vera vita locale, magari tramite “insider” turistici come urbanauts.at che promettono vere esperienze viennesi.
Scarica lO scenario sul turismo di Tui http://www.z-punkt.de/fileadmin/be_user/D_ News/D_2012_06_Newsletter/New_Chinese_Tourists_ in_Europe_from_2017_en.pdf
http://vimeo.com/64146277
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Infografica del mese
Da champions league a hidden champions questo campionato lo vince sempre la Germania medie imprese: Pochi le vedono giocare ma sono loro la vera locomotiva tedesca
Paesi più attrattivi per investitori
Cina 43
Brasile 26
Usa 25
Russia 20
India 19
Germania 14
Numero di progetti d’investimento cinesi in Europa 2012 Germania 46 Belgio 7
Francia 6
Gran Bretagna 27 Olanda 5 Danimarca 4
Importare soldi Investimenti in entrata, e tanti. Ecco perché la Germania continua a innovare. Al primo posto in Europa come meta finanziaria, ai tedeschi non manca certo il carburante per continuare a crescere ed eccellere. Sorretti da una Realpolitik al limite del cinismo, per l’imprenditore la strada è sempre in discesa. Attractiveness surveys di Ernst & Young lo conferma. La crisi finanziaria del 2008, spesso indicata come Grande recessione, ha solo sfiorato questo paese e addirittura, per alcuni commentatori, rafforzato l’economia. I meriti? In primis l’affidabilità del sistema paese. A differenza delle economie emergenti o del gigante cinese qui non si temono brutte sorprese e contrattualità oscure o complesse. In secondo luogo la tenuta della locomotiva nel tempo. Tutti gli studi (per esempio McKinsey, ifo-Institut) prevedono altri 10 anni di crescita dell’export tedesco.
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’altO Legenda Hidden champions. Leader mondiali nel segmento delle medie imprese. Hidden perché “nascosti” e poco visibili al grande pubblico. Per l’economista tedesco Hermann Simon, che ha coniato il termine, una vera “missione-ossessione”.
Infografica elaborata su dati di: Growing Beyond di Ernst&Young; World Economic Outlook; Simon-Kucher; Biesalski & Company
German hidden champions ranking 2013 01 > Herrenknecht
11 > KWS Saat
02 > Lürssen
12 > Dorma Holding
03 > Wilo
13 > Mennekes
04 > Otto Bock Holdin
14 > Weishaupt Gruppe
05 > Grimme Gruppe
15 > Abeking & Rasmussen
06 > Duravit
16 > Renolit
07 > Peri
17 > Sennheiser
08 > Kaeser Kompressoren
18 > Lapp Holding
09 > Karl Storz
19 > BPW Bergische Achsen
10 > Sto
20 > Geze
Esportare innovazioni
Pareggiare mai
Exit strategy
Innovazioni in uscita, e tante. Ecco perché la gente investe in Germania. Circa la metà delle cosiddette hidden champions company worldwide proviene dalla Germania. Il valore dell’export pro capite è il più alto del mondo (più del triplo degli Usa). Numero di brevetti impressionante per le medie imprese e un livello d’innovazione tecnologica continua, vedi Sthil (motoseghe), Peiker (tecnologie) e Ottobock (protesi). Economisti e storici potrebbero sommergervi con migliaia di pagine di spiegazioni ma l’essenza è un’altra e si trova in poche parole: futuro, sintesi, focalizzazione, perfezione, conoscenza (da accumulare e mantenere) e fedeltà (basso turn over). Questo è uno dei punti chiave per le imprese champions: assumere i migliori e creare le migliori condizioni per legarli (quasi) a vita. Altre peculiarità: niente battaglie sui prezzi, “maniacale” vicinanza al cliente con un service impeccabile e sistematica anticipazione dei trend.
Qui si gioca per vincere o meglio per affermarsi in nicchie spesso ignorate o snobbate. Le medie aziende tedesche hanno una particolare attitudine a scavare in profondità per individuare giacimenti di nicchie o mercati considerati quasi “noiosi” e affrontarli con piglio innovativo. Alcuni casi: Utsch, leader in targhe e cartelli stradali anche di nuova concezione; Flexi, che si concentra esclusivamente su un prodotto, guinzagli avvolgibili per cani; Kryolan, famoso in tutto il mondo dello spettacolo per il trucco professionale; Tente, leader nelle ruote per letti ospedalieri, e Baader, che si autodefinisce “the world’s most innovative food processing solutions”. Il vantaggio di questo modus operandi è evidente: tutte le energie vanno in un’unica direzione con un approccio quasi zen: diventare tutt’uno con il prodotto per dominarlo.
Soprattutto l’Italia, patria delle pmi, deve smetterla di scrutare e copiare i giganti della Silicon Valley, i soliti vari Apple, Google, Facebook e sì, dai, anche Amazon. Leggere Fast Company è utile ma ancora più utile è imparare qualcosa dalle hidden champions company di successo. Proprio perché piccole e performanti. E cosa c’insegnano? Soprattutto l’impostazione mentale: “niente è impossibile”, “non esistono mercati saturi”, “i cambiamenti vanno anticipati”, sono il loro grido di battaglia. Un esempio? Town & Country Haus si è imposto nel difficile e sofferente mercato immobiliare con le sue case unifamiliari low cost per la clientela meno abbiente (e più trascurata).
Sono circa 1.307 e tutte “high performing” Ecco le prime 20
DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’altO
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FUTURETECH invenzioni & innovazioni speciale connected reality La superconvergenza digitale Arriva l’onda lunga della rivoluzione digitale Bill Gates a Wired: «The biggest thing in the next 20 years will be the completion of pervasive computing». Non che l’ex boss di Microsoft ci azzecchi sempre ma sì, in effetti questa volta è così. Internet è già ovunque e sarà sempre di più ovunque. Nei prossimi anni assisteremo a una superconvergenza digitale: miniaturizzazione, connettività, ubiquità, big data e prestazioni sempre più spinte trasformeranno ogni oggetto e ogni gesto in un universo iper connesso.
È dunque il momento delle tecnologie che utilizzano device e app come ponte per spostarsi dal mondo virtuale a quello reale. E viceversa. Guardatevi attorno. Basta puntare smartphone o tablet verso un oggetto qualsiasi per essere trasportati attraverso applicazioni o browser in un mondo virtualmente infinito di informazioni, servizi e promozioni. E tutto diventa possibile. Anche cose impensabili, come utilizzare una polizza assicurativa come sistema passante per altre dimensioni parallele. Cosa succede se ogni cosa converge verso una realtà connessa digitalmente? Una rivoluzione. http://www.youtube.com/watch?v=g8h_i8qv1FY http://memobility.net
hybrid shopping
Creare convergenza fra shopping reale e virtuale. Con Click & Collect Tesco trasforma il retail in un comodo delivery point. Ordini online e ritiri offline. http://www.youtube.com/watch?v=MM4t17Yq0Fg
remote avatar
Dopo la videoconferenza arriva il videoavatar per riunioni in “ubiquità”: doublerobotics.com propone una curiosa fusione fra un Segway e un iPad comandato a distanza. http://vimeo.com/47000322
augmented lifestyle
Nike e Google come apripista. Gli altri, da fitbit.com/flex a spaceglasses.com, come follower per diffondere lo stile di vita digitale con un pizzico di cyborg mood. http://www.youtube.com/watch?v=mtS3EzfOxLc
cloud gardening
Smart farming e dintorni. Con bitponics.com l’orto sale sulle nuvole. Per monitorare, socializzare e condividere dati e condizioni di ogni pianta. http://www.youtube.com/watch?v=At8_-Aq5t6U
smart home
La domotica è stata spesso un flop. Da nest.com (in orbita Google) a lifx.co il tema oggi e “comandare” la casa come e tramite smartphone. Con la stessa semplicità. http://vimeo.com/80642863
3D faxing
Da 3D printing a 3D faxing. Con Zeus di aiorobotics.com la stampante tridimensionale fa un altro passo avanti: inviare, come Star Trek, oggetti a distanza. http://www.youtube.com/watch?v=ddvng2s-cy0
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ASSOCIAZIONI S ERVIZI ANITÀ CONTRATTO S PREVIDENZAFORMAZIONE
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MANAGERITALIA
CONSULENZA A TUTTO CAMPO Le Associazioni territoriali possono essere definite il “braccio operativo” della nostra Federazione.Al loro interno, personale qualificato per l’assistenza professionale e contrattuale
M
anageritalia elabora strategie, rappresenta i propri associati in ogni sede istituzionale, dal governo al Parlamento, e stipula i contratti collettivi nazionali di lavoro nell’interesse della catego-
ria rappresentata.Le Associazioni territoriali di Manageritalia forniscono invece consulenza contrattuale e assistenza sindacale al singolo dirigente per quanto riguarda il suo personale rapporto di lavoro. Il servizio sindacale, dunque, è un servizio “sul campo”, a fianco del dirigente in tutte le fasi del suo rapporto di lavoro, prima del suo inizio, durante il suo svolgimento e alla sua cessazione.
Sempre accanto al dirigente Prima che il rapporto di lavoro abbia inizio, le Associazioni forniscono consulenza contrattuale, dando il proprio parere in merito alla lettera di assunzione proposta al dirigente, valutandone tutti gli aspetti: retribuzione, periodo di prova, eventuale patto di non concorrenza, applicazione del contratto collettivo e ogni altro elemento utile. Durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, le Associazioni danno informazioni sul contratto collettivo e, su richiesta dell’interessato, ne verificano la corretta
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MANAGERITALIA
I PRINCIPALI SERVIZI OFFERTI DALLE ASSOCIAZIONI TERRITORIALI
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䡵 Consulenza contrattuale prima di iniziare il rapporto di lavoro: assistenza sul contratto proposto al dirigente. 䡵 Consulenza contrattuale durante il rapporto di lavoro: informazioni su contratto, retribuzione (adeguatezza,
䡵 䡵 䡵 䡵
avanzamenti di carriera, trasferimenti all’estero, rinnovi contrattuali, deleghe e responsabilità), aumenti contrattuali e modalità di applicazione, verifica e ricalcolo della retribuzione individuale. Assistenza sindacale: in caso di contrasti con il datore di lavoro o di cessazione del rapporto di lavoro, trattative di conciliazione e procedure di ricorso, conteggi sulle spettanze di fine rapporto. Informazioni e consulenza su Fondo Mario Negri, Fasdac e Associazione Antonio Pastore. Consulenza fiscale tramite 50&Più Caaf. Consulenza previdenziale Inps: assistenza per l’espletamento di pratiche previdenziali tramite il patronato Enasco.
䡵 Consulenze assicurative tramite Assidir su coperture obbligatorie, individuali e aziendali.
applicazione. Innanzitutto per quan-
sorgano contrasti tra il datore di la-
tanze di liquidazione, primo fra tutti
to riguarda la retribuzione, con par-
voro e il dirigente e quest’ultimo
il conteggio del tfr.
ticolare riferimento a quella varia-
veda violati i propri diritti oppure il
In caso di vertenza, sia durante il
bile e a tutti gli aspetti positivi che
contratto di lavoro non sia applica-
rapporto sia alla cessazione dello
intervengono nel caso di avanza-
to correttamente o sia addirittura
stesso, può capitare che la consu-
menti di carriera, trasferimento al-
disatteso. A maggior ragione, la
lenza e l’assistenza sindacale non
l’estero, aumento di deleghe e re-
consulenza contrattuale può sfo-
siano sufficienti: il dirigente per far
sponsabilità.
ciare in assistenza sindacale in oc-
valere le proprie ragioni potrebbe
Vengono date informazioni sui rin-
casione della cessazione del rap-
avere necessità di rivolgersi al Giu-
novi contrattuali collettivi econo-
porto di lavoro.
dice del lavoro.
mici: quali sono gli aumenti e qua-
Se è il dirigente che vuole lascia-
In questi casi è necessaria anche la
li le modalità di applicazione. Ma
re l’azienda perché ha avuto
consulenza e l’assistenza legale: le
viene fornita anche assistenza per
un’interessante offerta di lavoro o
Associazioni comunicano quindi al
la verifica e l’eventuale ricalcolo
perché vuole pensionarsi, può es-
dirigente quali siano gli studi legali
della retribuzione individuale.
sere sufficiente un servizio di con-
esterni che in virtù di specifica con-
Non sono infrequenti i casi di con-
sulenza. Ma se è il datore di lavo-
venzione abbiano accettato di offri-
trollo e ricostruzione delle retribu-
ro a voler risolvere il rapporto,
re agli associati un servizio profes-
zioni di tutto il periodo di servizio
procedendo a un licenziamento
sionale a tariffe agevolate, nonché
prestato presso lo stesso datore di
oppure facendo proposte di risolu-
un primo parere legale di orienta-
lavoro: a volte l’intera vita lavora-
zione transattiva, allora l’Associa-
mento gratuito. Il dirigente avrà
tiva dirigenziale.
zione territoriale assiste il dirigen-
quindi la possibilità di ottenere una
Sotto il profilo normativo, la consu-
te sia per le trattative di concilia-
consulenza immediata e di valuta-
lenza riguarda tutti gli istituti con-
zione sia per dare corso alla pro-
re se conferire il mandato al profes-
trattuali – e le norme di legge – che
cedura di ricorso al Collegio di
sionista, instaurando un rapporto fi-
regolano il rapporto di lavoro, co-
conciliazione e arbitrato.
duciario personale.
me ad esempio la malattia, gli in-
In fase di risoluzione del rapporto, il
fortuni, le trasferte, il mutamento di
servizio sindacale elabora i conteggi
I Fondi contrattuali
mansioni, il trasferimento di pro-
per condurre le trattative di risoluzio-
Vengono fornite informazioni e
prietà dell’azienda.
ne. Inoltre, in ogni caso di cessazio-
consulenza anche per tutto quan-
La consulenza diventa vera e pro-
ne del rapporto, il dirigente può far
to riguarda, sotto il profilo norma-
pria assistenza sindacale nel caso
verificare i conteggi delle sue spet-
tivo, il Fondo di previdenza Mario
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LE ASSOCIAZIONI TERRITORIALI MANAGERITALIA MANAGERITALIA ANCONA 60121 ANCONA - Via Magenta 5 Tel. 07153624 - Fax 0712075097 ancona@manageritalia.it MANAGERITALIA BARI 70126 BARI - Via Amendola 172/a - 172/c c/o Executive Business Center Tel. e Fax 0805481574 bari@manageritalia.it MANAGERITALIA BOLOGNA 40125 BOLOGNA - Viale Carducci 12 Tel. 051399712 - Fax 051307949 bologna@manageritalia.it MANAGERITALIA FIRENZE 50129 FIRENZE - Via Crispi 21 Tel. 0554633393 - 055461420 Fax 055472659 firenze@manageritalia.it MANAGERITALIA GENOVA 16121 GENOVA - Via C. R. Ceccardi 1/5 Tel. 010587664 - 010586459 Fax 0105531758 genova@manageritalia.it MANAGERITALIA MILANO 20121 MILANO - Via Fatebenefratelli 19 Tel. 026253501 - Fax 026590777 milano.segreteria@manageritalia.it milano.sanitaria@manageritalia.it milano.sindacale@manageritalia.it
25121 BRESCIA - Via F.lli Lechi 15 scala G - III piano - int. 11 Tel. 0303754785 - Fax 0302942317 brescia@manageritalia.it 22100 COMO - Viale Masia 26 Tel. 031573682 - Fax 031570388 como@manageritalia.it 23900 LECCO - Via A. Visconti 84 c/o Nh Hotel Pontevecchio cell. 3314734868 (solo in orario di apertura) lecco@manageritalia.it 20052 MONZA - Via Missori 10 Tel. 0392304074 - Fax 0392315933 monza@manageritalia.it 27100 PAVIA - Corso Strada Nuova 86 Palazzo Demetrio Tel. 038229864 - Fax 0382538271 pavia@manageritalia.it 21100 VARESE - Via Magenta 50 Tel. 0332284773 - Fax 0332496175 varese@manageritalia.it MANAGERITALIA NAPOLI 80133 NAPOLI - Via Cervantes 52 Tel. 0815513612 / 0814977108 Fax 0815527095 napoli@manageritalia.it MANAGERITALIA PALERMO 90139 PALERMO - Via Isidoro La Lumia 7 Tel. 091583272 - Fax 091587565 palermo@manageritalia.it
MANAGERITALIA ROMA 00192 ROMA - Via Ezio 49 - Tel. 0632694811 Fax segreteria 0632694825 Fax sanitaria 0632694826 roma@manageritalia.it MANAGERITALIA TORINO 10125 TORINO - Corso Marconi 15 - I piano Tel. 0116690268 r.a. - Fax 0116507227 torino@manageritalia.it MANAGERITALIA TRENTINO-ALTO ADIGE/SÜDTIROL 38100 TRENTO - Via G. Grazioli 85 Tel. 0461235499 - Fax 0461238782 trento@manageritalia.it
Delegazione di 39100 BOLZANO - Via Carducci 5 Tel. 0471977778 - Fax 0471323576 bolzano@manageritalia.it MANAGERITALIA TRIESTE 34125 TRIESTE - Via Cesare Battisti 8 Tel. 040371124 - Fax 040370988 trieste@manageritalia.it MANAGERITALIA VENETO 30171 VENEZIA-MESTRE - Via Trento 106/1 Tel. 041987477 - Fax 041980742 veneto@manageritalia.it
Delegazione di:
Delegazione di:
35129 PADOVA - Via San Marco 11 Palazzo Tendenza - IV piano Tel. 049756841 - Fax 049754056 simona.defeo@manageritalia.it
24121 BERGAMO - Via Casalino, 5/h Tel. 035240585 - Fax 035236159 bergamo@manageritalia.it
37138 VERONA - Lungadige Catena 5 Tel. 045915366 - Fax 0458341440 marialuisa.piva@manageritalia.it FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Sede: 00184 ROMA • Via Nazionale 163 • tel. 0669942441 • fax 066781794 Ufficio di Milano : 20129 MILANO • Via Stoppani 6 • tel. 0229409078 • fax 0229409836 manageritalia@manageritalia.it • www.manageritalia.it
Negri, il Fondo di assistenza sanita-
mento delle pratiche previdenziali
consulenza in materia fiscale gra-
ria Mario Besusso (Fasdac) e l’Asso-
Inps (riscatto della laurea, contribu-
zie alla convenzione stipulata con
ciazione Antonio Pastore. Questi
ti figurativi, ricongiunzione dei perio-
50&Più Caaf, fruendo di un servizio
enti, infatti, che trovano fonda-
di assicurativi, pensionamento ecc.).
di alto livello a condizioni partico-
mento nel contratto collettivo, sono
larmente vantaggiose per la com-
disciplinati da appositi regolamenti.
Altri servizi
pilazione e la presentazione della
Completa il servizio sindacale la
È inoltre possibile ottenere consu-
dichiarazione dei redditi e di altre
consulenza previdenziale Inps: affi-
lenze in materia assicurativa tra-
pratiche di carattere fiscale.
data a esperti della normativa di
mite Assidir sulle coperture obbli-
I medesimi servizi di consulenza so-
legge, e grazie a una convenzione
gatorie previste dall’Associazione
no previsti anche per i quadri e i pro-
col Patronato Enasco, il dirigente
Antonio Pastore e sulle coperture
fessional, per le tipologie contrattua-
può ottenere assistenza per l’espleta-
individuali e aziendali. Ma anche
li che li riguardano.
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FONDO MARIO NEGRI
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BORSE DI STUDIO Online i bandi per il 2014
A
l via anche quest’anno i concorsi per le bor-
zione generale obbligatoria, o iscritti al Fondo succes-
se di studio riservate ai figli di dirigenti iscrit-
sivamente alla data di emanazione del bando ed en-
ti al Fondo Mario Negri, in attività presso
tro il termine di presentazione delle domande o che
aziende tenute alla contribuzione al Fondo, in prose-
godano delle prestazioni pensionistiche sotto forma di
cuzione volontaria o fuori da queste aziende in data
rendita (art. 16 dello Statuto, pensione di vecchiaia o
precedente a non oltre 12 mesi rispetto a quella di
pensione di invalidità). Sono ammesse le domande di
emanazione del bando di concorso, e comunque ri-
iscrizione anche per gli orfani di dirigenti che siano
sultanti iscritti alla data di emanazione del bando di
stati iscritti al Fondo.
concorso. Oppure, ancora, cessati dal servizio anche
Le votazioni per l’ammissione sono previste in misu-
oltre il termine di 12 mesi e comunque ancora iscritti
ra differenziata per tenere conto della particolare si-
al Fondo con un’anzianità contributiva di almeno 15
tuazione di alcune tipologie di concorrenti (orfani di
anni e che siano inoltre già pensionati nell’assicura-
dirigenti o diversamente abili).
ANNO SCOLASTICO/ACCADEMICO 2013/2014 Categoria e scadenza
Riservato a studenti di
Media scolastica minima richiesta
ultimo anno di scuola media inferiore
9/10
scuola media superiore scadenza 30 settembre 2014
scuola media superiore
7,75/10 per tutte le classi precedenti all’ultimo anno; 78/100 per l’ultimo anno
corsi universitari scadenza 30 giugno 2015
corsi universitari o equivalenti
27,5/30
PERIO MICHIARA scuola media inferiore scadenza 30 settembre 2014
MARIO NEGRI
ANNO ACCADEMICO 2012/2013 MARIO NEGRI corsi universitari scadenza 30 giugno 2014
corsi universitari o equivalenti
27,5/30
premi di laurea scadenza 30 settembre 2014
corsi universitari o equivalenti (per diplomi di laurea specialistica e vecchio ordinamento)
110/110
Per maggiori informazioni contattare gli uffici del Fondo all’indirizzo borsestudio@fondonegri.it oppure la segreteria delle Associazioni territoriali Manageritalia. Sul sito www.manageritalia.it i bandi dei concorsi e la domanda di partecipazione alle borse di studio.
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Hanno collaborato a questo numero FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto (14 e 53) Future Management Tools di Cfmt.
I NOSTRI
BLOG
Simonetta Cavasin Consulting.
Oltre la crisi, per cogliere opportunità e sviluppo
(28)
Claudia Corti è laureata in lettere, indirizzo moderno
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
artistico, ed è guida turistica per le province di Milano, Pa(49) via, Monza e Brianza. FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI
Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una
FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI
multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. Cura anche la rubrica #letturexmanager sul blog crisiesviluppo.mana(41 e 51) geritalia.it.
CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO
Annalisa Rosiello è avvocato giuslavorista in Milano e segue questioni relative a disfunzioni dell’organizzazione e delle relazioni di lavoro e ai licenziamenti. Si occupa di formazione in materia di prevenzione del disagio lavorativo e di promozione della cultura del benessere nei luoghi del lavoro.
(36) Emilio Rossi è senior Advisor Oxford Economics, presidente EconPartners. (6) Piero Valdiserra
è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel beverage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico bolognese Gaudio (mar(48) keting@rinaldi.biz).
donne.manageritalia.it
Conversazioni tra uomini e donne sulle pari opportunità
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
è direttore generale di Od&M
Andrea Granelli, presidente e fondatore di Kanso, socie(24) tà di consulenza per l’innovazione.
crisiesviluppo.manageritalia.it
MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA
Antonio Votino si occupa di consumer e loyalty marketing in una società di consulenza e servizi nell’information e business intelligence. È stato anche docente alle università di Macerata e di Parma e presso la telematica Mar(44) coni. È giornalista pubblicista.
da Manageritalia Daniela Fiorino, ufficio sindacale Federazione. (52)
ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Gay Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Luca Padovani, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: 20129 Milano - via Antonio Stoppani 6 tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it
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Per i pensionati di oggi e di domani
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