N. 6 giugno 2015
la rivista di Manageritalia
Ferruccio de Bortoli
Così è, non vi pare? Mensile di informazione e cultura dei dirigenti, quadri e professional del terziario Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
Editoriale a cura del presidente Manageritalia
Oggi è già domani
O
ggi all’orizzonte non ci sono più solo le nubi nere della recessione. Ragioniamo di futuro con ancora maggior forza facendo programmi di lungo periodo. È lo spirito con cui abbiamo sempre agito e con cui stiamo lavorando sugli scenari dei prossimi dieci anni, declinati nei quattro temi chiave che vedranno maggiormente impegnata Manageritalia: lavoro, occupazione e formazione; ambito personale e impegno civile; salute e previdenza; misura del benessere. Il confronto su questi temi è partito online, sul nostro blog nell’area DuemilaVenti5, ed è proseguito durante le 13 Assemblee territoriali dove si è lavorato con modalità innovative, stimolando la partecipazione e il coinvolgimento di tanti nuovi associati. Un’esperienza dalla quale tanti hanno tratto il valore di collaborare insieme a costruire scenari determinanti per loro e le loro aziende e per la loro Organizzazione. All’Assemblea nazionale, svoltasi a Napoli il 12 e 13 giugno, sono stati presentati i primi risultati di questo lavoro. Dalle
sintesi delle Associazioni è emerso che la maggior parte degli associati vedono, per il 2025, un contesto generalmente positivo, in cui il nostro sistema di rappresentanza si mantiene dinamico e acquista valore. Il contratto continua a essere la base del nostro impegno associativo, il pilastro su cui si appoggia il welfare della categoria e si sviluppa il mercato del lavoro manageriale. Dall’Assemblea emerge un’Associazione in salute, reattiva, pronta ad auto adattarsi ai rapidi mutamenti degli scenari. È forte la consapevolezza, infatti, che si debba sempre migliorare, magari intervenendo su quegli ambiti dove ci sono maggiori potenzialità per sviluppare nuova managerialità: dalle piccole e medie aziende che vivono il passaggio generazionale alle necessità dell’internazionalizzazione; dal non profit, sempre più professionalizzato e strutturato, alle imprese tradizionali, i cui mercati cambiano sempre più rapidamente. Tra le nostre priorità c’è quella di riuscire sempre più a far incon-
giugno marzo 2015
5
trare la domanda e l’offerta di competenze, costruendo percorsi “sartoriali” per aiutare le organizzazioni e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza e la sostenibilità del nostro welfare e offrire servizi utili agli associati. È il naturale corso della gestione dinamica e innovativa della nostra Organizzazione: un processo complesso e in divenire, che avrà come tappe fondamentali i precongressi territoriali dell’autunno e che culminerà nel Congresso federale di novembre. I diversi progetti che seguiamo – dall’Agenzia per il lavoro a Produttività & Benessere, solo per citarne alcuni – vanno in questa direzione, inserendosi in un contesto in continua evoluzione e integrandosi organicamente tra loro in un disegno coerente con il quadro socio-economico di riferimento. Un quadro sfidante in cui, per esempio, siamo chiamati ad affrontare le prossime tappe delle riforme iniziate col Jobs act e, allo stesso tempo, reagire alle difficoltà che vive attualmente la contrattazione collettiva. Il rinnovo del ccnl del commercio, che già avevamo deciso di prorogare di un anno, è in piena trattativa. Avremmo voluto firmarlo in questi giorni e portare in Assemblea la buona notizia, ma abbiamo registrato distanze con Confcommercio, tali da non giustificare un’accelerazione. Abbiamo un modello virtuoso, capace di garantire solide prospettive ai dirigenti e alle imprese, di dare risposte alle esigenze del mercato, in nome della crescita del sistema e dell’interesse collettivo. Un contratto che è un moderno insieme di regole e di vantaggi, sostenibile nel tempo e applicabile da chi vuole premiare il merito, incentivare il rispetto delle regole e rilan-
6
giugno 2015
ciare la crescita. Dobbiamo ancora lavorare ai tavoli negoziali per contemperare le varie esigenze e siamo sicuri di poter trovare, a breve, la strada giusta per arrivare al rinnovo. Per costruire il futuro dell’Italia dobbiamo puntare sulla competenza. E naturalmente sulla legalità. Il peso economico e sociale della corruzione, infatti, è sempre più insostenibile. È una zavorra pesantissima con cui tutti facciamo quotidianamente i conti: come cittadini, come lavoratori e come imprenditori. Anche dagli interventi sul blog nell’area DuemilaVenti5 il tema è in grande evidenza: la corruzione condiziona ogni ambito del nostro agire distorcendo l’economia, premiando il sopruso e umiliando il merito. Ci vogliamo impegnare con tutte le nostre forze per arginarla. A tal proposito vorrei ricordare la testimonianza del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris che, intervenendo alla nostra Assemblea ha detto: «I cittadini hanno un ruolo vitale in tema di corruzione. Non devono stare a guardare o accettare sciocche generalizzazioni, ma schierarsi e combatterla, ognuno svolgendo al meglio, con competenza e rispetto delle leggi, il proprio ruolo professionale e non». Siamo una componente fondamentale della società e ci assumiamo le nostre responsabilità, tanto a livello collettivo quanto a livello individuale. Lo facciamo con spirito costruttivo. Oltre a individuare le cose che non funzionano, troviamo le cause e proponiamo soluzioni concrete per affrontarle, fin da subito. Perché oggi è già domani. Guido Carella (guido.carella@manageritalia.it)
Sommario Media 55 L’informazione cambia faccia
Copertina 10 Così è, non vi pare? Modelli di business 16 Turisti non per caso
InfoManager
Lavoro e previdenza 56 Welfare e povertà
Comunicazione 24 Investi sul tuo capitale sociale
Management 58 Elogio dell’errore
77 Manager per Garanzia Giovani
Expo 61 Appuntamento in cascina
Tecnologia 28 Decentralizzare per innovare Attualità 34 Quel fenomeno chiamato corruzione
Manageritalia 75 Quadri Il periodo di prova
Cfmt 79 Innovazione Jugaad Assidir 80 Vacanze più serene con “Viaggi Nostop Vacanza”
Indagine 38 Talenti manageriali crescono
Rubriche
22 Mondo del lavoro
Intervista 46 Quote rosa: la legge ha fatto centro
44 Osservatorio legislativo
Produttività & Benessere 48 #Cambia il lavoro diventa virale
63 Arte 64 Libri 65 Letture per manager
Innovazione 52 Tzunami digitale
è online su
62 Di buon grado
Scarica l’APP dal tuo dispositivo. Ogni mese potrai leggere, commentare e condividere gli articoli che più ti interessano.
66 Lettere
67 N. 6 giugNo 2015
la rivista di MaNageritalia
Ferruccio de Bortoli
Così è, non vi pare?
Mensile di informazione e cultura di Manageritalia Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Fondo di previdenza Mario Negri
CFMT Centro di formazione management del terziario
Associazione Antonio Pastore
Mensile di inforMazione e cultura dei dirigenti, quadri e professional del terziario Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI - 2,20 (abbonamento annuo 16,50)
giugno 2015
9
Copertina
Così è, non vi pare? Due chiacchiere con Ferruccio de Bortoli, autorevole voce del giornalismo italiano fino a poco fa alla guida del Corriere della Sera. Partiamo dall’informazione. Merce sempre più rara per qualità, ma diffusa e creata da tutti. Cambiano i mezzi, cambiano i modi, ma come deve cambiare l’informazione e chi la fa? Facciamo poi il punto sull’Italia e sugli italiani. Dobbiamo tutti metterci in gioco, fare bene e appieno il nostro lavoro, considerare i doveri senza i quali i diritti sono solo apparenti. Servono fiducia, innovazione, formazione e cura per l’interesse col-
10
giugno 2015
Ferruccio de Bortoli è stato direttore de Il Sole 24 Ore dal 2005 al 2009 e due volte direttore del Corriere della Sera, dal 1997 al 2003 e dal 2009 al 2015. Attualmente è presidente di Vidas, del Memoriale della Shoah e della casa editrice Longanesi.
lettivo. Si parla anche di economia e di lavoro, del ruolo che tutti devono interpretare con meno egoismo e più responsabilità. Importante anche il ruolo dei manager, che lui dice di essere un po’ stato, seppure nella condizione peggiore. De Bortoli ci lascia con un messaggio positivo: «Sono fiducioso, perché siamo un grande Paese che si risolleva sempre nonostante gli errori di una classe dirigente, politica e privata, che non ci merita, ma delle cui devianze, o pessime abitudini, un po’ di colpa portiamo. Senza esagerare, però». Enrico Pedretti
giugno 2015
11
Copertina Come vede il mondo dell’informazione oggi riguardo al suo ruolo di quarto potere in Italia e all’estero? «L’informazione è al centro di un impetuoso rinnovamento tecnologico. Ma anche nel mondo della multimedialità, dei contenuti prodotti dagli stessi utenti, della pervasività dei social network, il buon giornalismo fa la differenza. Ancora più di prima. A patto che sia indipendente, di qualità e autorevole».
«Per dare senso e profondità ai fatti occorrerà sempre un professionista serio e preparato che non si fermi alle verità ufficiali»
I giornalisti professionisti che ruolo hanno, anche considerando che oggi con i social e il digitale tutti facciamo “informazione”? «Tutti fanno informazione. Basti pensare che non esiste ormai un fatto di cronaca che non venga documentato da protagonisti o testimoni, con immagini, foto e video postati sui social network, sviscerato e commentato dagli stessi utenti. Ma per dare senso e profondità ai fatti occorrerà sempre un professionista serio e preparato che non si fermi alle verità ufficiali, che smascheri anche l’inganno delle apparenze, che indaghi e
12
giugno 2015
si ponga interrogativi e dubbi. Non c’è niente di peggio del testimone in diretta che pensa di aver capito tutto di un fatto per il semplice motivo di averne visto un frammento, salvo poi accorgersi, leggendo e documentandosi, che la realtà è molto diversa». Il digitale ha sconvolto il mondo dell’informazione. Non le pare che si dia troppo peso al mezzo e poco a quello che è il prodotto e valore vero, cioè l’informazione ben fatta? «In parte la sua affermazione è vera. Non è il mezzo, per quanto mirabolante, che fa il prodotto. Prenda Periscope, che consente di farci seguire e di ricevere commenti in diretta dagli altri navigatori. Non basta avere una camera puntata per essere credibili e convincere. Ci vogliono i buoni argomenti, soprattutto le notizie. E quelle si hanno con lo studio, la perseveranza, i
contatti, l’esperienza. L’informazione di qualità, approfondita e critica, rimane. Pesa, incide. Quella scialba, d’istinto e raffazzonata, si perde come d’incanto nelle viscere della Rete. Fallaci, Montanelli, Biagi erano grandi giornalisti indipendentemente dal mezzo – giornale, radio, tv – che usavano». Parliamo di pubblicità e del suo calo… Non è ora di farsi pagare di più dal lettore il prodotto informazione? «I giornali sono aumentati molto di prezzo. Forse troppo. In sostanza, del 50% circa in cinque anni. Ho dei dubbi che sia la strada giusta, anche se la tendenza è innegabile in tutto il mondo. Sono convinto invece della necessità di passare a forme di pagamento per le notizie online. In questi anni abbiamo abituato male i nostri lettori, indotti a credere che l’informazione sia una commodity gratuita».
Cosa pensa invece di nuove forme di investimento pubblicitario che su ben definiti target di lettori paghi in parte il costo di un’informazione mirata e segmentata? «L’investimento pubblicitario tradizionale, quello tabellare, è in crisi. Il mercato si è dimezzato di valore in pochi anni. Innegabile che si debbano sperimentare nuove forme. L’exploit dei video aiuta a comprendere quali saranno le nuove frontiere della comunicazione pubblicitaria. Una comunicazione che parla direttamente con l’utente, stabilisce un rapporto esclusivo, anche grazie ai canali di e-commerce. Le aziende credono molto negli eventi, i media possono aiutarle con idee di qualità. Ma non credo assolutamente nel branded content e nelle notizie o inchieste sponsorizzate. La separazione fa bene a tutti. Giornali e investitori».
Lei prima ha parlato dell’online… ma la carta è morta o morirà? «La carta è già stata data per morta da molti che sono poi morti prematuramente. Si ridurrà il peso rispetto al digitale, al web. Ma resterà. E oggi è ancora la certificazione che un prodotto culturale esiste». Come vede l’Italia da cittadino in prospettiva. In quale tunnel siamo finiti e se e come possiamo uscirne? «In sintesi. Non cresciamo da vent’anni. Siamo invecchiati e abbiamo perso la voglia di combattere, di soffrire, la determinazione dei nostri anni migliori. Dobbiamo smetterla di pensare a redistri-
buire quello che non c’è più e pensare all’efficienza, alla sfida sulla competitività. A creare nuova ricchezza, non a preparare nuove povertà. Liberalizzando e investendo nella conoscenza e nella formazione continua. Abbiamo un grande capitale sociale, una rete straordinaria di volontariato, territori e competenze invidiabili. Ma non sono eterni.» Non le pare che oggi in Italia troppi non svolgano appieno il loro ruolo tra i canonici poteri, nelle organizzazioni politiche e nei corpi intermedi? «Sa qual è il vero problema italiano? In pochi fanno appieno il loro lavoro, con un’etica della funzio-
giugno 2015
13
Copertina ne adeguata. In troppi fanno troppe cose e male. Con superficialità e un modesto senso del dovere. Ecco, dovremmo parlare più di doveri, senza i quali i diritti sono solo apparenti». E noi cittadini italiani non siamo un po’ troppo passivi? «Siamo forse rassegnati, incapaci di vedere un punto di svolta. Prenda la scarsa partecipazione al voto. Preoccupante. Molti poteri, non solo quelli politici, trattano i
«La conoscenza è la chiave della crescita. Ma non ho mai assistito in Italia a un giorno dedicato all’insegnamento»
cittadini come sudditi. L’indifferenza è un’altra forma di ribellione. Non ci credo, non partecipo e scivolo in un pessimismo cupo che tende a non dar valore più a nulla. Così si creano nuove solitudini, distanze ed estraneità. Il problema del nostro Paese è soprattutto nella crisi della democrazia rappresentativa. Perché scegliere, partecipare e votare se qualcuno ha già deciso per noi?». Cosa deve cambiare nella società italiana? «La coscienza di essere comunità. La possibilità di dare un futu-
14
giugno 2015
ro alle nuove generazioni. Una scossa di moralità e fiducia. Un’idea dell’Italia che verrà. Orgogliosa non rinunciataria. La gioia di fare qualcosa bene, che resta. La sfida del futuro è fatta di sogni. E i sogni sono rischiosi. Il futuro non è un diritto acquisito. Si costruisce con sacrifici giorno per giorno». Come possiamo riprendere a crescere dal punto di vista economico? «Investendo nell’innovazione ma soprattutto nella scuola e nell’università. La conoscenza è la chiave della crescita. Ma non ho mai assistito in Italia a un giorno dedicato all’insegnamento. A molti scioperi sì. Abbiamo discusso più di insegnanti e precari. Poco di materie, eccellenze. Pensi solo alla ritrosia con la quale si accettano valutazioni e classifiche. C’è un fastidioso protezionismo intellettuale». Come deve cambiare il mondo del lavoro e il lavoro in Italia? «Il Jobs act è un passo avanti, anche se non ho ben capito quanto costerà a regime la decontribuzione e la stabilizzazione dei contratti. La strada dei mini jobs alla tedesca non è sbagliata. Con i voucher si è arrivati a creare qualche modesta alternativa al lavoro saltuario, anche se il nero è ancora abbondante. Credo che il passaggio, nelle età più avanzate, a
forme contrattuali part-time con un contenuto sociale e fiscalmente agevolate possa rappresentare una proiezione di economia sociale non trascurabile». Quale ruolo per imprenditori, manager, lavoratori? Il semplice compito di fare bene il loro mestiere, con onestà, guardando al futuro delle loro aziende. Indipendentemente dal loro ruolo. Senza pensare che il mondo finisca con loro. Meno egoismo, più responsabilità». Non le pare che da tempo, dopo avere avuto sin troppa voce e potere, i corpi intermedi siano troppo passivi e privi di idee? «Sono contrario all’idea di schiacciare, fino all’irrilevanza, il peso dei corpi intermedi. è una tentazione autoritaria pericolosa. Ma è purtroppo una muscolarità apprezzata. Il loro ruolo è essenziale per la tenuta di un tessuto di relazioni sociali indispensabile alla società. Una rappresentanza corretta degli interessi non scade mai nel corporativismo più miope. Da noi purtroppo accade». Cosa pensa dei manager che in Italia, terra di imprese piccole e familiari, sono pochi e spesso “mal visti”? «Penso che ci sono bravi e pessimi manager. In genere sottovalutati. Che a volte siano i vasi di coccio
delle ristrutturazioni aziendali. Ai quali si chiedono spesso sacrifici enormi, salvo poi liberarsene come inutili ferrivecchi». Lei, come direttore, si sentiva ed era anche un po’ manager? «Un po’ sì, senza averne le competenze e senza avere la responsabilità di un budget. Dunque, nella condizione peggiore». Si dice che l’errore sia congenito e congeniale a chi vuole innovare e crescere. Nella sua carriera lei ha fatto degli errori che le sono stati utili per crescere e quali? «Chi fa sbaglia. Chi innova passa da sconfitte amare. Il fallimento non è una vergogna se è indice di volontà, forma i caratteri. E i grandi innovatori sono stati anche dei falliti. Una buona società
«Sa qual è il vero problema italiano? In pochi fanno appieno il loro lavoro, con un’etica della funzione adeguata. In troppi fanno troppe cose e male. Con superficialità e un modesto senso del dovere. Ecco, dovremmo parlare più di doveri, senza i quali i diritti sono solo apparenti» dà sempre ai volenterosi una seconda chance. I miei errori sono stati numerosi. L’elenco sarebbe lungo». Guardando l’Italia tra dieci anni come la vede? «Sono fiducioso, perché siamo un grande Paese che si risolleva sempre nonostante gli errori di una classe dirigente, politica e privata, che non ci merita, ma delle cui
devianze, o pessime abitudini, un po’ di colpa portiamo. Senza esagerare, però». Cosa farà da grande? «Non lo so. Ho un patto di non concorrenza di un anno in Italia. Faccio il presidente di Vidas, del Memoriale della Shoah, di Longanesi. Scrivo. Non ho momenti liberi. Meglio così. Il vuoto è il peggior nemico. Con la noia».
giugno 2015
15
Modelli di business
Turisti
non per caso Manageritalia, in collaborazione con Confcommercio e con il contributo di Fondir, ha condotto un’indagine che fotografa l’evoluzione del turismo. Ecco i trend per nuovi modelli di business: il settore si contamina con altri; il cliente crea lui stesso e personalizza la sua esperienza di viaggio, diventando guida 2.0 e superando gerarchie e ruoli tradizionali; emergono reti/comunità flessibili e tematiche sulla base di interessi condivisi; l’impresa turistica diventa consulente per fornitori e clienti grazie alle sue conoscenze e relazioni.
Pietro Luigi Giacomon e Gaia Formenti
C
ome si stanno evolvendo i modelli di business nel turismo? Quali nuove competenze distinguono un manager di un’impresa turistica di successo? Manageritalia, con la collaborazione di Confcommercio, Ciset – Centro internazionale di studi sull’economia turistica e il contributo di Fondir, ha voluto dare una risposta a queste domande con un percorso di indagine di tipo qualitativo e quantitativo a livello nazionale, presentato di recente nel corso di un evento a Roma.
Una ricerca sui casi di successo La ricerca è stata promossa e coordinata da Manageritalia Veneto e ha coinvolto Manageritalia Bologna e Palermo, interessando così tre importanti e differenti regioni turistiche italiane. Sotto i riflettori le best practice a livello nazionale e internazionale e l’evoluzione dei modelli di successo, coinvolgendo i massimi esponenti italiani del turismo. Sono state infine presentate a manager e imprenditori del settore le linee guida in grado di dare indicazioni precise e pratiche sui cambiamenti nel turismo.
16
giugno 2015
Le linee guida (riprese a pagina 20) riguardano il ruolo del clienteturista da coinvolgere sempre più all’interno dell’impresa, e il ruolo del network fra le aziende dentro e fuori la filiera turistica.
Aziende aperte, senza gerarchie e fluide In questo settore, dominato da ridotta formalità e da forte relazionalità, si affacciano nuovi modelli di business che rispecchiano tendenze sempre più evidenti, quali l’assenza di un confine tra interno ed esterno dell’azienda (aspetto connesso in particolare ai nuovi social media), un ap-
proccio antigerarchico e le sempre più frequenti contaminazioni che oggi dominano la scena turistica con un forte impatto rispetto ad altri contesti.
ristico e di rendere appetibile la “destinazione”.
È il cliente che decide Cambiano inoltre la modalità di comunicazione e di connettività, sempre più ubique, la volontà del cliente di prendere parte al processo di creazione, innovazione ed evoluzione del prodotto turistico e, infine, la necessità di considerare gli interessi, le “passioni”, le culture di soggetti “potenzialmente” turistici, spesso non adeguatamente valutate ma in grado di arricchire il prodotto tu-
Reti senza confini Diviene sempre più necessario un cambio di prospettiva rispetto a quelli che sono stati definiti i driver del cambiamento: da rete d’impresa a rete senza confini, in grado di sviluppare rapporti informali e di rendere il consumatore parte integrante della rete; da un utilizzo delle tecnologie a supporto della propria attività alla necessità di “respirare digitale” per poter ca-
giugno 2015
17
Modelli di business valcare i tempi, automatizzare i processi a minor valore aggiunto e ampliare le possibilità, i momenti e le modalità per conoscere il cliente attraverso nuovi canali; dalla gestione di rapporti pubblico-privati alla creazione di partnership tra settore pubblico e privato basate sullo scambio di knowhow e di competenze.
I macro temi emersi dall’indagine Mara Manente, direttrice di Ciset, spiega come «Ibridazione, flexible network design, consumer co.creation, nuove figure quali il prosumer e, infine, il ruolo del consulente-produttore, sono i temi fondamentali emersi dallo studio e sono gli aspetti su cui è necessario focalizzare l’attenzione per poter real-
mente innovare ed eccellere nel settore turistico», come si vede nel box a fondo pagina. Ibridazioni di settori, prodotti e team Un’attenzione particolare viene data proprio al concetto di ibridazione, definito da Manente come «Combinazione di elementi del turismo con aspetti distintivi di altri settori, come fosse il frutto nato da una fusione. È una delle innovazioni più significative su cui il settore sta costruendo i propri business. Con il termine ibridazione si intende non solo quella di prodotto, ma anche quella di competenze: la creazione, infatti, di team ibridi favorisce la nascita di un prodotto altamente qualificato, originale e appetibile da più target».
I TEMI EMERSI DALL’ANALISI Breve descrizione Ibridazione
Consumer co-creation
Combinazione degli elementi del turismo (prodotto, elementi del prodotto, fornitura ecc.) con elementi distintivi di altri settori (dall’agricoltura alla grande distribuzione, all’industria creativa …). Il consumatore partecipa alla creazione del valore ed è proprio il cliente ad entrare anche in questo ruolo.
Flexible network design
Rete basata su interessi comuni, flessibile e con veloci riconfigurazioni, non determinata a priori o tramite accordi necessariamente formali.
Produ ore→consulente
L’impresa esercita un’importante attività «consulenziale» sia nei confronti dei fornitori sia nei confronti dei clienti.
“Prosumer”
La figura del produttore e del cliente coincidono, nel senso che il produttore ha una profonda conoscenza del suo target di riferimento.
18
giugno 2015
Sovrapposizione tra produttore e cliente Tra i vari temi, una nota di attenzione viene conferita al “prosumer”, nuova figura per la scena turistica: si tratta dell’incontro tra produttore e cliente, dalla sovrapposizione tra le due. «La condivisione di valori e passioni tra il target e l’imprenditore», sottolinea il Ciset, «consente in primis la conoscenza approfondita della comunità di riferimento e spesso accade che vi sia in queste figure una sovrapposizione tra la sfera lavorativa e quella personale e del tempo libero». Cambiare prospettiva Dalle interviste svolte emerge come le determinanti del cambiamento, quindi la co-evolution, un approccio poco gerarchico e i network relazionali, stanno iniziando ad avere impatti notevoli sul settore. La flessibilità e l’ibridazione, intese in termini di conoscenze e competenze organizzative e individuali, diverranno pietre miliari su cui strutturare il proprio business model. Per potersi evolvere, il turismo richiede un cambio di prospettiva che modifichi la chiusura e l’autoreferenzialità dominante delle imprese, che agevoli il passaggio generazionale e che favorisca la diffusione di competenze aggiornate, proprie di modelli di business all’avanguardia (vedi box a destra).
dai casi aziendali le idee per i NUOVI MODELLI DI BUSINESS Azienda
CREAZIONE DEL VALORE
INNOVAZIONE
Smartbox experience Ltd Azienda francese leader nella produzione di cofanetti regalo.
• Cofanetto regalo con una gamma di più esperienze di vacanza tematiche che sceglie l’acquirente. • Valore per l’acquirente del cofanetto, perché può fare un regalo con tutte le caratteristiche tipiche di un dono “materiale”. • Valore per il beneficiario che riceve in dono un’esperienza di vacanza personalizzabile sulla base delle proprie preferenze.
• Ibridazione tra prodotto turistico e regalistica (il gift box diventa un regalo facilmente accessibile); fusione tra rete di fornitura dell’industria turistica e di distribuzione dell’industria del regalo. • Primo caso al mondo.
Booking.com Portale di prenotazione online
• Valore per il consumatore, che beneficia di un’accessibilità online immediata, di una vasta offerta di strutture in tutto il mondo già selezionate e commentate e di libertà di organizzazione. • Valore per le strutture aderenti, che possono raggiungere un bacino di riferimento enorme (investimento in web marketing e piattaforma).
• Aver compreso che il processo di assemblaggio del prodotto può essere demandato al cliente: Booking.com offre la sua vetrina alle strutture a fronte di una commissione e non combina trasporto + accommodation. • Forte supporto/consulenza alle strutture aderenti. • Market intelligence e innovazione continua al fine di prevenire le imitazioni da parte dei concorrenti. • Nessuna attività in outsourcing, così da avere il pieno controllo sulla qualità del servizio.
• Fattoria multifunzionale con un’offerta a 360°: ospitalità rurale + prodotto tipico e biologico + fattoria didattica ecocompatibile + marketing territoriale + formazione + progettazione. • Capacità di valorizzare le risorse del territorio e innovare il prodotto anche in partnership con il pubblico.
• Ibridazione tra azienda agricola, ospitalità, formazione e consulenza. • Privato come agente di innovazione e progettualità territoriale: sviluppo di un network tra aziende locali, istituti scolastici, enti pubblici per sostenere progetti di marketing territoriale.
• Valore per l’operatore turistico: supporto alla progettazione di un’ospitalità accessibile. • Valore per il consumatore: garanzia di un’informazione attenta, affidabile e precisa per poter scegliere autonomamente la propria vacanza coerentemente con le esigenze sue e dei familiari.
• Intercettazione di un segmento specifico attraverso la realizzazione di un luogo virtuale in cui è possibile accedere a tutti i contenuti sull’offerta.
• Offerta altamente personalizzata. • Valore iconico di strutture, treni ecc. • Status: offerta posizionata sul segmento di lusso d’élite (nel mercato del lusso è il segmento più in alto).
• Idea di collezione, simile a una collezione di opere d’arte: non un marchio alberghiero, non un marchio crocieristico ecc., ma un marchio che raccoglie alcune eccellenze nel mondo –> Selezionatore.
www.smartbox.com/it
www.booking.com
Fattorie Faggioli Società cooperativa agricola con sede a Civitella di Romagna (Fc) www.fattoriefaggioli.it
Village4All Marchio di qualità internazionale (V4A) ospitalità accessibile con sede a Ferrara. Microimpresa www.villageforall.net
Belmond Opera a livello mondiale nel segmento lusso con hotel, crociere e viaggi in treno (ex Orient Express). www.belmond.com/it
giugno 2015
19
Modelli di business ca di medio-lungo termine, strategica per l’azienda».
LINEE GUIDA AREE DI INTERVENTO E DI SUPPORTO PROCESSI, ATTIVITÀ E RISORSE SU CUI INTERVENIRE
1
Processi relativi al cliente- turista
Sviluppare un rapporto interattivo (partnership) con i turisti per fidelizzare, evitare effetto “commodity”, agganciare segmenti emergenti. Sviluppare una rete di relazioni basata su interessi comuni e che sia facilmente e tempestivamente configurabile in base alle esigenze del momento e agli obiettivi che si intendono raggiungere nel breve-medio periodo.
Networking 2
A
Tecnologia
Implementare pervasività nella raccolta di informazioni, analisi e nella facilitazione della relazione con clienti e partner.
B
Adeguare le competenze manageriali e dello staff al fine di guidare una nuova impresa turistica, aperta alle relazioni e pronta a creare.
Competenze trasversali per i manager Il Competency center dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, che ha collaborato all’indagine per la sezione sulle competenze tecniche e trasversali, sottolinea come gli aspetti di sensibilità interculturale, orientamento a lungo termine, gestione di sé e innovazione siano attualmente le competenze trasversali necessarie per un manager che opera entro il settore turistico. Fabrizio Gerli, direttore del Competency center, ci spiega come «la soddisfazione di una clientela globale, intesa non più solamente come capacità di comprendere le aspettative del cliente e di attivarsi alla sua soddisfazione, ma con un significato più ricco, derivante dalla necessità di anticipare e
20
giugno 2015
Risorse umane
soddisfare le problematiche di una clientela multiculturale e multireligiosa, è oggigiorno determinante per un manager nel turismo», ma aggiunge anche che «l’adozione di un pensiero strategico che conduca il manager a definire una mission e una strategia per l’organizzazione favorisce l’abbandono e il superamento di una logica a breve termine per spostare l’attenzione su una logi-
Strategia, gestione e marketing: competenze chiave Sono infatti la comprensione delle aspettative del cliente e l’attivazione di fronte alla sua soddisfazione, la comprensione delle particolarità della clientela e l’adeguamento dei propri prodotti/ servizi alle specificità culturali a distinguere l’eccellenza turistica. La ricerca evidenzia, infine, come siano le competenze strategiche, di marketing e di gestione a primeggiare entro il panorama delle competenze tecniche richieste a un manager. Gerli, infatti, sottolinea che «la capacità di saper posizionare e vendere il proprio prodotto o servizio sul mercato viene percepita come la competenza tecnica più importante. In questo possiamo leggere tutte le analisi di nuove prospettive di business, le capacità di comunicazione del proprio prodotto e la conoscenza dei mercati internazionali».
Per approfondire il progetto “Nuovi modelli di business e nuove competenze nelle imprese del turismo”: video: http://bit.ly/dir2-6-15 documenti: http://bit.ly/dir12-6-15
www.cesareparis.it
facebook.com/studiodentisticoparis
Fieri di farvi sorridere...
0% ...il meglio della moderna odontoiatria Uno staff preparato e all’avanguardia è pronto per prendersi cura del tuo sorriso con le più moderne tecnologie. Alcune specializzazioni dello studio dentistico Paris: Faccette estetiche Sbiancamento dentale Sedazione cosciente
Contattaci per una visita gratuita!
CONVENZIONI DIRETTE CON GLI ENTI:
Via Pietro Micca, 2 21049 - Tradate (VA) Telefono: 0331 811217 Email: info@cesareparis.it www.cesareparis.it
comimm.it
Implantologia a carico immediato Chirurgia guidata 3D Impronta digitale e tac
DAVVERO ZERO Finanziamento 60 MESI a tasso zero
Mondo Mondo del del lavoro lavoro
I GIOVANI TALENTI E IL RUOLO DELLE AZIENDE Cristina Spagna
22
giugno 2015
M
anageritalia e Kilpatrick, in partnership con Safm (Scuola di alta formazione al management) e con la collaborazione tecnica di AstraRicerche, hanno recentemente sviluppato un’indagine approfondita su un migliaio di manager e giovani per avere il loro punto di vista sul talento. Gli spunti interessanti dell’indagine sono moltissimi, ma vorremmo soffermarci sulla visione degli intervistati riguardo al rapporto fra talento e azienda che ci ha dato molto da pensare. Esiste infatti la convinzione, tra i giovani e i meno giovani, che sia il mondo aziendale più che quello universitario a “scovare” le persone talentuose (75,6%). Seppure quindi la scuola italiana non ne esca particolarmente bene (addi-
rittura il 79,8% degli intervistati dichiara che non è al passo con i tempi ed è necessario un importante processo di rinnovamento), ecco che le aziende vengono invece ritenute capaci di individuare il talento al proprio interno. Sembrerebbe una buona notizia che però, immediatamente dopo, viene smentita da una percentuale molto alta (61,9%) di intervistati che ci dicono che molto spesso in azienda il talento è letteralmente “schiacciato”, “ingabbiato” e “limitato”. Proviamo quindi a fare qualche considerazione su questi dati e sulla nostra esperienza diretta in qualità di “cacciatori di teste”. Sicuramente il fatto per un’azienda di avere un sistema evoluto di ricerca e selezione del personale aiuta a individuare persone valide
e in grado di ricoprire non solo il ruolo per il quale sono reclutate, ma anche altri innumerevoli ruoli futuri sia a livello nazionale che internazionale.
Rapporti fra talenti e aziende Ma quali sono i rapporti fra i talenti e le organizzazioni e quali i modelli organizzativi per reclutarli, trattenerli e valorizzarli? Nella maggior parte dei casi la ricerca del personale avviene seguendo un binario ben definito. È l’approccio tradizionale di molte aziende che, sulla base di analisi di mercato, elaborano una strategia competitiva e organizzativa e, su queste scelte, basano la propria strategia di ricerca dei talenti. Si può quindi dire che i candidati sono a “valle” di questo processo decisionale e, conseguentemente, sono limitati nelle loro potenzialità dovendo seguire una traiettoria già definita a priori dall’azienda che li assume e che rispetta le competenze distintive dell’impresa. In alcuni casi, invece, sono i talenti che vengono cercati, valutati e assunti al fine di definire delle strategie aziendali per migliorare le proprie performance. In questo caso quindi essi sono a “monte” del processo e diventano gli esploratori dell’ignoto e le bussole in grado di orientare le organizzazioni muovendosi anche su terreni non noti, dove non esiste ancora uno specifico know-how dell’azienda.
È questo lo scenario più consono per individuare e attrarre persone talentuose e per fare in modo che possano esprimere al massimo le proprie idee. Fortunatamente è anche questo il contesto nel quale Kilpatrick sempre di più viene chiamata a supportare la scelta del candidato più adatto. Le aziende “illuminate” chiedono il nostro supporto per portare a bordo talenti in grado di portare innovazione sui prodotti e sui servizi, capaci di aprire nuovi mercati e di “vedere oltre”. La necessità di aprirsi alle nuove tecnologie, poi, porta sempre di più le aziende a “sperimentare”, assumendo dall’esterno e da mondi diversi dai loro competenze specifiche che le supportino nell’affrontare nuove sfide e uscire dalla propria area di comfort.
voluto e saputo scegliere manager di cambiamento in grado di compensare le carenze tecniche e gestionali della propria organizzazione. Nelle imprese manageriali è più facile operare un reclutamento fondato su criteri di efficienza e di merito ma, purtroppo, spesso le menti innovative rischiano di rimanere imbrigliate nella specializzazione. Spesso infatti la creatività si spegne a causa della troppa burocrazia e finanziarizzazione. Probabilmente il campione intervistato per la nostra indagine si è rispecchiato in questo tipo di organizzazione quando ha dichiarato che il talento viene “schiacciato” e perde le proprie potenzialità.
Quali sono le aziende che meglio si sposano con i talenti?
Sicuramente il modello organizzativo dove i talenti trovano il terreno più fertile per esprimere la propria imprenditorialità e capacità di visione è quello delle startup. Infatti, il clima organizzativo che meglio si adatta ai talenti non deve prevedere processi decisionali gerarchici, burocratizzati e routinari, ma deve dare l’opportunità di esprimere le proprie idee e di lavorare in autonomia con coinvolgimento, trasparenza e responsabilità. Per concludere, possiamo per certo sottolineare che per trattenere i talenti è necessario che essi siano circondati da talenti e non dalla mediocrità e difficilmente la strategia aziendale può limitarsi al breve termine!
Nelle aziende imprenditoriali purtroppo il più delle volte il talento fa fatica a entrare e spesso ne esce in tempi brevi. L’imprenditore infatti tende a scegliere persone di fiducia, locali, sia per minimizzare il costo sia per attuare un maggior controllo. Tipicamente ha inoltre trasmesso il proprio dna all’azienda e le proprie risorse tendono a rispecchiare le competenze distintive e le convinzioni dell’imprenditore. Per fortuna esistono sempre le eccezioni che confermano le regole e Kilpatrick ha avuto varie volte l’opportunità di lavorare per imprenditori illuminati che hanno
Startup: terreno fertile per i talenti
giugno 2015
23
Comunicazione
INVESTI SUL TUO Non si parla di economia, ma di un insieme di ricchezze e abilità individuali collegate all’interazione tra le persone. Risorse che, se ben apprese, contribuiscono ad aumentare il nostro benessere e la nostra qualità di vita Gaia Vicenzi
24
giugno 2015
A
lla fine del secolo scorso, il sociologo Pierre Bourdieu propone la distinzione di quattro diversi tipi di capitale: il capitale economico (il denaro, le proprietà…); il capitale culturale (le conoscenze, il gusto, il modo di vivere…); il capitale simbolico (il prestigio, la legittimità, l’autorità) e il capitale sociale (le relazioni, i legami permanenti e utili). Tutti questi capitali contribuiscono ad aumentare la nostra qualità di vita e ci si può investire, al fine di ottenere nuove risorse che possono arricchire il livello percepito di benessere. Facendo riferimento al “capitale sociale”, si rimanda non solo a un insieme di ricchezze ma anche di abilità, ovvero competenze, che possono essere apprese. Le “abilità interpersonali” sono annoverate tra le abilità di vita – le cosiddette life skill – ovvero quelle competenze cognitive, emotive e relazionali che rendono possibile affrontare con efficacia le richieste del mondo quotidiano. L’assertività è una di queste, ovvero la capacità di esprimere se stessi, in modo autentico, senza provare disagio, ritenendo ugualmente importante il diritto dei nostri interlocutori di comunicare le proprie idee.
CAPITALE SOCIALE Entra in relazione con gli altri Assertività è capacità di stare nelle relazioni con gli altri senza provare disagio. Perché questo sia possibile è necessario possedere una serie di “strumenti” come quello di non provare difficoltà nell’esprimere una propria opinione e, nel contempo, di sapere ascoltare le opinioni altrui. Nell’ambito lavorativo, spesso serpeggia la paura che il comunicare un proprio pensiero possa esporre al giudizio e alla critica e di conseguenza si evita la sua condivisione; ciò rende ancora più frustrante la consapevolezza che l’idea di un collega, assolutamente apprezzata, era proprio uguale alla nostra. In questo, il riconoscimento del diritto di esprimere i propri pareri senza imbarazzo è un punto importante per investire sul proprio “capitale sociale”. Lo è ugualmente la capacità di fare critiche assertive e di rispondere in
modo assertivo a delle critiche. Spesso, in dipendenza dal desiderio della benevolenza altrui, tendiamo a non esprimere giudizi nei confronti delle persone che della nostra quotidianità fanno parte, nonostante un loro specifico comportamento non sia a noi gradito. Questo silenzio, però, spesso mina la relazione (o, comunque, la nostra serenità). Occorre dunque ricordare che abbiamo il diritto di chiedere un cambiamento dei comportamenti se ci risultano di difficile accettazione. Nell’attuazione di questa abilità, è assolutamente importante il modo in cui esprimo la richiesta di cambiamento, perché se l’esigenza portata è introdotta in modo aggressivo, la percezione di soddisfazione personale può essere inesistente (minata dai sensi di colpa, dalla paura di aver rovinato il rapporto, dall’ansia di essere stati prevaricanti).
Accettiamo le critiche, ma anche i complimenti Nella misura in cui riconosciamo a noi stessi il diritto di esprimere una
Le “abilità interpersonali” sono annoverate tra le abilità di vita – le cosiddette life skill – ovvero quelle competenze cognitive, emotive e relazionali che rendono possibile affrontare con efficacia le richieste del mondo quotidiano
critica costruttiva finalizzata alla richiesta di una modifica di una condotta, dobbiamo riconoscere agli altri il diritto di chiederci di correggere certi nostri modi di agire. Possiamo impegnarci a farlo se possediamo la capacità di riconoscere i nostri errori, e anch’essa è una competenza sociale. Contraltare delle critiche sono i complimenti: farli e riceverli richiede ugualmente un’abilità. Spesso dire cose positive ci imbarazza, nella paura che il commento gradevole sia letto con finalità strumentali e adulatorie. Vero è che è
giugno 2015
25
Comunicazione Strategie di comunicazione
Apprendere come gestire il disagio, tramutandolo in risorsa, è sicuramente un’altra capacità sociale che aiuta a investire sul proprio patrimonio relazionale
ugualmente difficile (se non di più) ricevere apprezzamenti: spesso tendiamo a sminuirli e a minimizzarli. L’effetto di una costante, esplicita, sottovalutazione dei rinforzi che riceviamo dall’esterno porta i nostri interlocutori a diminuirne l’emissione, impoverendoci e privandoci della possibilità di avere feedback su quanto facciamo. A tale proposito sottolineo come, in ambito lavorativo, il non sapere se quanto da noi fatto sia stato apprezzato possa produrre dubbi infondati sulla propria adeguatezza professionale.
La comunicazione efficace di Gaia Vicenzi edito da Dissensi Suggerimenti e spunti pratici per l’apprendimento degli strumenti a supporto dell’acquisizione o del miglioramento delle proprie abilità sociali.
26
giugno 2015
Tra le competenze necessarie per rendere le relazioni interpersonali di qualità, inoltre, troviamo la capacità di iniziare un discorso, di intervenire quando questo è già avviato e di concluderlo quando il tempo o l’interesse a disposizione sono mancanti. Avere a disposizione una serie di “strategie” per mettere a punto questi tre importanti momenti della conversazione aiuta a vivere serenamente la stessa e la sua conduzione. È ugualmente un’abilità quella di saper fare domande che aiutino l’altro ad aprirsi, così come è una capacità quella di comprendere i limiti in cui fermare le proprie richieste. Un’importante dogma che può essere utile ricordare quando ci troviamo nella necessità di chiedere qualcosa è quello di pensare di poter chiedere quasi tutto purché sia riconosciuto all’altro il diritto di dirci di no. Infatti, anche il “dire di no” senza sentirsi in colpa è una competenza che va appresa ed esercitata.
In rete con eleganza Chi svolge una professione basata sull’importanza delle relazioni, deve anche fare riferimento alle abilità di comunicazione quando questa viaggia su canali virtuali come email, social network, messaggi, telefonate… In tutti questi contesti è ugualmente necessario avere regole di “buona educazione” nella
gestione di tali mezzi. Qualcuno ha provato a stilare un galateo di internet per insegnare a “stare in rete” con eleganza (vedi Netiquette): ci sono sicuramente certi comportamenti che andrebbero evitati e certi altri che andrebbero invece appresi e sui quali, invece, c’è ancora poca dimestichezza. Per esempio, mandare email dal contenuto troppo lungo o dagli allegati troppo pesanti, inviare a più destinatari senza nasconderne l’indirizzo, non modificare mai l’oggetto della conversazione (o non scriverlo), sollecitare una risposta solo dopo poche ore dalla richiesta sono tutti comportamenti “scorretti”.
Tramutare il disagio in risorsa Da ultimo, sempre nell’ambito lavorativo, è da considerarsi ugualmente un’abilità quella di presentare le proprie idee (progetti, pensieri, sintesi) a un largo numero di persone senza andare in tilt. Molti individui vivono con assoluta ansia il momento della condivisione pubblica di un proprio operato o identificano una situazione di non naturalezza quella delle cene di lavoro, dove l’interazione è tra più commensali. Apprendere come gestire il disagio, tramutandolo in risorsa, è sicuramente un’altra capacità sociale che aiuta a investire sul proprio patrimonio relazionale e, dunque, sulla propria qualità di vita.
Tecnologia
Decentralizzare per innovare Informazioni, dati, pagamenti, organizzazioni, mercati: il controllo centrale si dissolve per lasciare spazio a sistemi aperti, diffusi e condivisi Thomas Bialas
D
ata più volte per morta e sepolta (anche da alcuni scandali), Bitcoin, la moneta digitale, inizia a prendersi piccole soddisfazioni e approvazioni. Pare che l’Estonia abbia intenzione di emettere il Bitcoin per il prossimo anno come moneta corrente equiparandola a quella ufficiale. Il progetto è in collaborazione con la Finlandia, che vuole seguirla a ruota nell’adozione. Non stupisce: a Tallinn (capitale del minuscolo stato) nel gennaio di quest’anno si poteva ammirare il primo Bitcoin Atm, sportello per cambiare euro nella criptovaluta digitale. La moneta elettronica è già presente Il Tesoro degli Stati Uniti, garante del dollaro, riconosce l’esistenza di Bitcoin, mentre Goldman Sachs e JP Morgan, da bravi trader “squali” di Wall Street, iniziano a scambiare Bitcoin. Anche le banche smettono di sbuffare, annoiate o divertite, e si arrendono a una plausibile evidenza: fra 10 anni ogni negozio accetterà come pagamento un “dato” o bit. A completare il quadro la crociata anti-cash.
28
giugno 2015
Copenhagen ha già deciso: dal 2016 si accetteranno per i pagamenti solo carte digitali e lo smartphone, intanto in Canada la Banca centrale non stampa più banconote. Quindi il tema è la finanza? No, Bitcoin è solo la punta dell’iceberg. Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. L’infrastruttura tecnologica Tutti a guardare a Bitcoin quando invece bisognava guardare a Blockchain, l’infrastruttura tecnologica. Il cuore del sistema, o meglio il centro della decentralizzazione. Per buona parte degli investitori più accorti il vero potenziale di Bitcoin non è nella moneta ma nella tecnologia sottostante, con cui migliaia di computer in una rete distribuita utilizzano tecniche crittografiche per creare un registro pubblico permanente di ciascuna transazione. Il blockchain come nuovo protocollo opensource che apre le porte a infinite applicazioni decentralizzate: informazioni, dati, contratti, qualsiasi cosa che non è posseduta né controllata da alcuna singola entità ma è accessibile da ovunque e in un qualunque momento.
Collaborare senza autorità Non a caso questa rivoluzione è guidata da sigle come Bitcoin Open Source movement for decentralized future. Suona tutto molto ermetico e, per non parlare di proof-of-work o sistemi first-to-file (roba per adep-
Tornare all’origine Decentralizzare significa, anche simbolicamente, tornare all’origine dell’esigenza umana. Il potere, da sempre, ama centralizzare per controllare le sorti
ti, che io non sono), parliamo per semplificazione essenziale. Wikipedia è una gran bella enciclopedia aperta e democratica ma se qualche “tiranno” vuole bloccarla basta sigillare o bombardare i server dove risiede tutto. Ecco, con blockchain nessun blocco è più possibile. I dati risiedono ovunque e in nessun luogo (su tutti i computer singoli). Il server non serve più. È una decentralizzazione bottom-up fuori da ogni controllo centrale. Decentralizzare significa trasferire l’autorità e la responsabilità di funzioni tipicamente centralizzate ai singoli per collaborare, produrre, comunicare senza la necessità che l’operato sia guidato da entità esterne.
dell’umanità, l’essere umano invece ama decentralizzare per esprimere liberamente il proprio destino e potenzialità. Ecco dunque l’economia decentralizzata. Niente a che vedere con le “vecchie” teorie economiche di deregolamentazione, privatizzazione o federalismo fiscale. Più vicina, semmai, al mondo “agerarchico” delle piante, che hanno un governo a democrazia diffusa capace di autogestirsi in unità divisibili che sopravvivono e rinascono senza centri di comando. Ma questo è complesso. Vediamo allora alla voce del verbo decentralizzare una piccola selezione di declinazioni per vedere il futuro decentralizzato all’opera.
Decentralizzare significa trasferire l’autorità e la responsabilità di funzioni centralizzate ai singoli senza la necessità che l’operato sia guidato da entità esterne
Decentralized revolution Per alcuni non è semplice nuova economia ma nuova società. Sono i “decentratori” sistemici come Susanne Tarkowski Tempelhof di bitnation.co, la piattaforma collaborativa per una governance decentralizzata, o la community di
giugno 2015
29
Tecnologia decentral.network. Per loro il tema è ridisegnare le regole (o non regole) di leggi, organizzazioni e convivenza civile. Decentralized bureaucracy L’Estonia non è solo Bitcoin. Ribattezzata spesso E-Estonia, per via della digitalizzazione estrema e anticipatoria, questo paese usa la decentralizzazione come strumento di sburocratizzazione. Dal 2000 ha la firma elettronica, dal 2005 le elezioni con l’i-voting con un semplice click da qualsiasi computer collegato nel mondo e dal 2015 ha preso via il progetto di residenza digitale (e-residency) per attirare imprese innovative senza “centro”.
Decentralized identity Identity is the new money e come la moneta anche l’identità è sempre più decentralizzata. La carta d’identità non ci rappresenta più da tempo. Chi siamo e come ci comportiamo dipende dai contesti (LinkedIn, Twitter, Facebook ecc.) in cui ci muoviamo. Le nuove identità digitali si staccano dal nostro corredo burocratico con nuove forme di “passaporti” decentralizzati, (onename.com, identifi.org). Decentralized organization Dao – Decentralized autonomous organization (Organizzazioni decentralizzate e autonome). La rivo-
luzione di Etherum, il più chiacchierato e blasonato protocollo alternativo per la costruzione di applicazioni decentralizzate, dà un’idea del potenziale. Creare una nuova blockchain globale svincolata da Bitcoin per alimentare logiche di business decentralizzate (ethereum-italia.it). Decentralized application Da app a dapp. Quello che vediamo all’opera con l’infrastruttura è una continua nascita di nuovi servizi e modelli di business. Il fondo Dapps venture fund (dappsfund. com), per esempio, sta investendo in molte startup focalizzate sulle future applicazioni decentralizza-
fmt.day – deconomy La quattordicesima giornata del ciclo fmt. day è dedicata alla futura economia decentralizzata. Bitcoin è solo la punta dell’iceberg del fenomeno, non tanto come moneta autonoma ma come infrastruttura tecnologica che attiva complessi meccanismi e opportunità di decentralizzazione in ogni ambito: dalla produzione alla distribuzione fino all’innovazione di tutti i processi. La futura economia decentralizzata rivoluziona la gestione aziendale amplificando tutte le pratiche collaborative e di condivisione. Dao – Decentralized autonomous organization. Quanto può essere decentralizzata l’organizzazione aziendale? Cosa significa che internet, finanza, comunicazione, servizi e contratti si trasformano in un business decentralizzato? Potrebbe essere la Deconomy la nuova frontiera dei mercati futuri? Special guest: Susanne Tarkowski Tempelhof, founder e ceo di Bitnation. L’evento riservato ai dirigenti associati è un’edizione speciale di Cfmt per Expo in città all’interno della mostra “Wave – come l’ingegnosità collettiva sta cambiando il mondo”, ideata da Bnp Paribas, curata da Navi Radjou e organizzata per l’edizione italiana da Trivioquadrivio. Un’occasione per continuare il percorso Cfmt Per informazioni www.cfmt.it iniziato diverso tempo fa sulle teorie e pratiche dell’econoAnna Scirea (ascirea@cfmt.it) 02.5406311 mia collaborativa.
30
giugno 2015
Grazie a dio è lunedì! te. Con le “decentralized apps” la pubblicazione dei contenuti o delle applicazioni è formata dalle stesse persone che la usano (erindustries.com). Decentralized database L’archiviazione dei dati aziendali su enormi server comporta enormi rischi. Quando il 24 novembre 2014 un gruppo di hacker ha forzato le protezioni informatiche di Sony pictures entertainment, copiando e cancellando i dati, risultò ancora una volta evidente la vulnerabilità dei database centrali. Blockchain per i dati significa semplificare la gestione degli archivi e della supply chain con un livello di protezione che solo la decentralizzazione può garantire (hyperledger.com, factom.org). Decentralized manufacturing Produzione. 3D printing. Qui la rivoluzione dovrebbe essere già evidente ma forse non percepita come la futura industria decentralizzata. Parliamo ovviamente del fabbing (fabbrica digitale) o additive manufacturing, che renderà obsoleta l’idea delle grandi fabbriche centralizzate. Decentralized marketplace Laddove i contratti e le transazioni prendono forma. In un mercato decentralizzato dove gli utenti sono anonimi e manca “l’intermediario” che sancisce e assicura la validità di una negoziazione tra le
Ma come, non doveva essere venerdì? Sì, se il lavoro pesa, no se il fine settimana pesa di più (in quanto meno divertente del lavoro). I 30 fondatori? soci? collaboratori? dipendenti? capi? (la cosa non è chiara perché loro hanno decentralizzato l’organizzazione e gestione secondo gli impulsi della cosiddetta sociocrazia) della società tedesca The Dark Horse (che promette di aiutare le imprese a rivoluzionare prodotti, servizi, processi, strutture e mentalità) si divertono e hanno deciso di raccontare il loro spassoso (e produttivo) ambiente di lavoro nel libro chiamato per l’appunto Thanks God it’s Monday. I 30 trentenni provengono da 25 discipline differenti (che è un buon inizio), dicono frasi d’effetto del tipo “incremental innovation is only escremental innovation”, propongono pacchetti come officeescape.de per scappare dall’ufficio e rifugiarsi in spazi che alimentano le idee e diffondono con il loro libro e modus operandi una piccola guida per ogni management post gerarchico. Niente di nuovo comunque.
parti, gli smart contract consentono di automatizzare e rinforzare gli accordi tra i partecipanti alla rete in modo del tutto automatico e sicuro utilizzando la blockchain come tecnologia abilitante (bithalo.org/update/, sericatrading. com, codius.org). Decentralized internet Una rete aperta, neutrale, protetta e completamente decentralizzata che non si rifà agli innumerevoli strati di server e datacenter presenti oggi, ma li rimpiazza con la costruzione di un’infrastruttura peer-to-peer. In soldoni, con la startup scozzese, l’utente della rete diventa anche parte dell’infrastruttura, attraverso un’architettura bottom-up. Donando parte della propria memoria digitale (i famosi giga-byte di cui tanto ci preoccupiamo), gli utenti garantiscono che i dati vengano distribuiti e crittografati in milioni di hard-drive in tutto il mondo, evitando la tracciabilità anche per storage (maidsafe.net, ipfs.io, storj.io).
Decentralized wifi Quello che vale come linea di principio per internet vale anche per l’utilizzo del wifi: decentralizzato e costruito come rete autonoma sui wifi delle singole abitazioni messe in condivisione. Le persone come hotspot per un accesso globale alla rete (corp.fon.com/en). Decentralized energy Energy sharing e dintorni. Secondo il Gottlieb duttweiler institut, nel 2020 ci saranno in Svizzera e Germania più “produttori di energia che consumatori”. Tesla ha appena annunciato l’introduzione della prima batteria (disponibile da giugno) che riesce ad accumulare (e condividere in reti decentralizzate) l’energia solare (teslamotors.com/ powerwall). Sulla stessa linea d’onda next-kraftwerke.com con la piattaforma di energie rinnovabili decentrate e fluttuanti. Decentralized content Di Wikipedia abbiamo detto: serve un server. Ad Alexandria (blocktech.com) no. Il progetto in fase di
giugno 2015
31
Tecnologia crowdfunding ha l’ambizione di creare una biblioteca decentralizzata di contenuti per pubblicare liberamente senza censure e blocchi sfruttando il solito BitTorent e l’infrastruttura blockchain di florincoin.org. Decentralized banking Se un sito si chiama decentralbank.com va da sé che ha in mente un sistema finanziario decentralizzato basato su Bitcoin. Ma non è solo questo. Qui è in corso una partita a scacchi non solo fra i big della tecnologia contro i big della old (money) economy –
32
giugno 2015
Mark Zuckerberg, solo per citarne uno, vuole far diventare Facebook (pronta l’autorizzazione del governo irlandese) una vera banca con tanto di moneta virtualesociale convalidata con il processo denominato passporting – ma anche fra piccole pedine impazzite che assediano la regina e il re. Per Accenture il sistema finanziario centralizzato tende a dissolversi in una pluralità di sistemi di pagamento, transazioni e nuovi servizi finanziari innovativi che fanno concorrenza alle classiche banche. Lo scenario: la concorrenza degli operatori non bancari
potrebbe erodere un terzo dei ricavi entro il 2020. Decentralized mobility Creare un’alternativa decentrata al colosso Uber, questa l’idea di tre giovani israeliani appassionati in forme di organizzazione alternativa. La startup si chiama lazooz. org, un servizio di condivisione di passaggi in auto decentralizzato in quanto i passaggi si trovano in tempo reale e non sono preventivamente concordati (come con Uber). Ovviamente basato su tecnologia blockchain e su pagamenti in criptovaluta “Zooz”.
Attualità
QUEL FENOMENO CHIAMATO
CORRUZIONE
La cultura della compliance come requisito per un’efficace lotta alla corruzione. Un confronto tra il sistema italiano e quello americano
N
el lontano 1890 negli Stati Uniti d’America si approvava lo Sherman act, prima legge antitrust al mondo. Meno di un secolo dopo, sempre il Congresso degli Stati Uniti estendeva con il Foreign corrupt practices act il contrasto alla corruzione ai reati commessi dalle proprie imprese anche all’esterno dei confini nazionali. In entrambi i casi, gli stati europei avrebbero seguito l’esempio di Oltreoceano a decenni di distanza. L’insegnamento americano indica che le due tematiche sono interconnesse poiché la corruzione (al di là dei costi e dell’ovvio disvalore etico) altera profondamente il libero gioco del mercato, permettendo (a danno della comunità) il prevalere delle aziende peggiori e l’uscita di quelle virtuose, in un esempio di scuola di cosiddetta selezione avversa. Breve premessa: come è noto, la corruzione è per definizione un reato che richiede almeno due parti, il corrotto e il corruttore.
Luca M. Liberatore Contrasto alla corruzione sul versante pubblico… Anche in Italia il contrasto alla corruzione sul versante pubblico è principalmente effettuato vincolando i funzionari a un complesso sistema di codici, leggi, regolamenti, circolari applicative e prassi operative, nazionali e regionali (senza contare le norme di derivazione comunitaria), talvolta male armonizzate tra loro. A maggior tutela sono frequentemente approvati anche codici etici interni. Controlli immanenti all’azione (da parte della Corte dei conti o organismi interni dedicati) storicamente si sono rivelati poco efficaci anche per carenza di risorse. … e sul versante privato Sul versante privato, il decreto legislativo 231/2001 ha di fatto indotto molte imprese ad adottare un sistema di procedure interne assai articola-
34
giugno 2015
to, sul cui corretto funzionamento ciascuna di esse chiama a vigilare un organismo interno connotato da elevata indipendenza e correlati obblighi di denuncia in caso di irregolarità riscontrate. Se attuato in modo virtuoso, con procedure modulate su un accurato esame dei rischi inerenti l’attività, una conseguente mitigazione attraverso processi con chiari punti di controllo, costante “manutenzione” in base a cambiamenti interni o esterni, training e quanto insomma necessario per il coinvolgimento attivo di ogni dipendente in ragione delle proprie mansioni, la 231 è un sistema di aiuto all’azienda e di efficace prevenzione e contrasto alla corruzione. Viceversa, se le procedure scritte restano semplicemente sulla carta, a fronte di processi operativi in aperto contrasto con esse, è vanificato il lodevole intento del
legislatore di evitare ogni responsabilità civile, penale e amministrativa per l’azienda, che fa tutto il possibile per evitare l’illecito (che a quel punto, se accadesse, si configurerebbe come comportamento individuale fraudolento) e resta senza contrappeso l’enorme potere affidato alla magistratura di bloccare le attività aziendali anche prima dell’avvio di un formale processo.
focalizza molto sulle tecnicalità delle procedure interne e sul sistema di controllo, il che chiaramente non è per l’impresa un incentivo ad affrontare i costi di un sistema 231-compliant. Pur partendo dagli stessi principi, gli Stati Uniti arrivano a conseguenze pratiche ben diverse. Per comprenderlo, bisogna parlare di costi e incentivi.
Tutti devono fare la propria parte, anche le aziende Ne consegue che se l’impresa, per prima, non controlla al proprio interno, il contrasto alla corruzione è affidato al solo pur encomiabile impegno delle forze dell’ordine e della magistratura, che però non può raggiungere ogni situazione. Per altro verso, leggendo gli atti di alcune investigazioni e relativi processi, è facile notare che non ci si
In America le imprese virtuose vengono premiate Attivare e mantenere un solido sistema di compliance, fondato sull’identificazione e mitigazione dei rischi, ha costi molto elevati, che variano ovviamente secondo le dimensioni e la distribuzione territoriale dell’impresa. La via scelta in America per promuovere nei fatti una cultura di compliance a livello aziendale è rendere veramente rischioso per
giugno 2015
35
7 Elementi di base di un programma efficace di compliance
Attualità
1
Politiche e procedure scritte
l’impresa non adottare un modello valido di contrasto alla corruzione e, correlativamente, premiare fattualmente l’impresa che lo fa.
2
Designazione di un responsabile e di un comitato di compliance
3
Controllo interno e revisione
Piano penale e piano civile Sembra qualcosa di uguale alla 231, ma non è così. Innanzitutto, esiste un piano penale, che funziona in tempi relativamente rapidi e si focalizza sulle responsabilità penali individuali, e un piano complementare/alternativo che potremmo definire civile, che in tempi più lunghi e in contraddittorio con l’impresa che collabori, ammettendo le proprie colpe, prende in esame nel minimo dettaglio i fatti al fine di ricostruire il danno e permettere i risarcimenti, in aggiunta a pesantissime sanzioni. La decisione è presa dal dipartimento di giustizia (Doj) sulla base di molteplici fattori.
4
Formazione efficace e istruzione
5
Efficaci linee di comunicazione
6
Applicazione di standard attraverso linee guida disciplinari
7
Pronta risposta per individuare i problemi rilevati attraverso azioni correttive
Compenso per il denunciatore americano, anonimato per quello italiano Se al termine dell’inchiesta amministrativa si accerta la fondatezza dell’esposto, il whistleblower (“colui che ha fischiato”, il denunciante) riceve un compenso in danaro parametrato all’importo delle sanzioni inflitte all’impresa (non è
così in Italia, dove al whistleblower è garantito solo l’anonimato e nessuna forma premiante). Dal canto suo l’impresa non solo deve risarcire il danno (spesso inteso in senso assai punitivo) e pagare la sanzione (normalmente molto onerosa), ma deve impegnarsi ad attuare un minuzioso piano concordato di revisione dei propri processi interni (tramite un Corporate integrity agreement), sotto la supervisione del Dipartimento di giustizia. Training a tappeto su tutto il personale in materia di corretto comportamento (ossia sul codice etico) sono obbligatori, di norma con frequenza annuale.
Per maggiori informazioni sul sistema di compliance in Usa: http://bit.ly/dir3-6-15
http://bit.ly/dir4-6-15
Per una panoramica dello stato della corruzione nei diversi paesi del mondo: www.transparency.org www.transparency.it
36
giugno 2015
In America assistenza indiretta ai danneggiati In altre parole, il sistema non si preoccupa solo di “sbattere in galera” il colpevole ed evitare che il reato venga a più gravi conseguenze, ma pragmaticamente mira ad assistere indirettamente la platea dei danneggiati ripristinando la fiducia pubblica, recuperando attraverso le sanzioni maggiori risorse per le attività di contrasto e sincerandosi che l’impresa colpevole attui gli impegni di compliance. Tornando agli aspetti premiali, se viceversa l’impresa decide sin dall’inizio di “fare la cosa giusta”, essa può seguire le linee guida pubblicate dall’Ufficio dell’ispettore generale del dipartimento di Giustizia (OigG - Doj) che indica il tracciato virtuoso (nel box, i sette pilastri su cui si fondano le dettagliate istruzioni).
ray Sp i r VB ola 5 S VA - U 1 0 à 2 RI U vit o ILT SI N N F ROS O A C FR IN
con Acqua Unicellulare di Arancia dolce bio Protezione 3 VOLTE ATTIVA PROTEZIONE DAL PHOTOAGING PROTEZIONE UVA - UVB + INFRAROSSI sui solari spray PROTEZIONE DI LUNGA DURATA con filtri microincapsulati
www.natures.it
Indagine
Talenti manageriali crescono Uno studio di Manageritalia in collaborazione con la Scuola di Alta formazione al management per capire cos’è il talento, come si forma e come si esprime nei giovani che approcciano il mondo del lavoro Eliana Sambrotta
38
giugno 2015
C
i hanno insegnato che il talento è una predisposizione naturale, che è qualcosa di raro, che se ne hai lo si vede fin da subito, che va coltivato e “guai a sprecarlo”. In qualunque campo esso si manifesti. Certo, ci sono ambiti in cui queste affermazioni sono più applicabili, come nel caso di un talento artistico o sportivo… Ma ci sono altri casi in cui una mente brillante, da un lato, è più difficile da scovare e, dall’altro, può però essere incentivata e favorita. Così è, per esempio, il giovane talentuoso che si butta nel mondo del lavoro e che spesso aziende troppo inquadrate fanno fatica a riconoscere, o peggio ancora tendono a schiacciare. E allora, ahinoi, vola all’estero… “Alla ricerca di senso e strade del talento” è l’indagine effettuata a fine 2014 da Manageritalia – con la collaborazione di AstraRicerche e in partnership con Safm Scuola di alta formazione al management e Kilpatrick internatio-
nal executive search su un campione di oltre mille individui (manager italiani e all’estero e studenti/giovani) per indagare il significato dell’essere talentuosi oggi e le possibili strade del successo nel mondo del lavoro. Cos’è il talento? Partiamo dalla domanda più semplice: di cosa stiamo parlando esattamente? Cosa si intende con questo tanto menzionato talento? Secondo i nostri intervistati, il talento è innanzitutto flessibilità mentale, smartness e intelligenza vivace e visione di insieme; poi anche avere capacità propositiva e pro-attiva; avere una passione e un interesse innato per la realtà circostante, le dinamiche politiche, economiche, sociali…; avere una gran capacità di adattarsi e affrontare il cambiamento, le sfide e le difficoltà che ci si presentano. Naturalmente non devono mancare la passione ardente per il lavoro che si vuole svolgere, una capacità visionaria
che permetta di vedere là dove gli altri non vedono e, non ultime, la capacità di mettere in discussione le proprie idee, di relazionarsi e l’orientamento all’innovazione e all’eccellenza. Molto più semplicemente ecco invece cosa non è: follia, anormalità, stravaganza, eccentricità. Trova talentuose queste qualità solo un intervistato su tre. Favorirlo si può? Assodato che il talento è sicuramente un insieme di doti e caratteristiche innate che ogni persona forgia nel proprio essere crescendo e formandosi, ecco che qualche “via preferenziale” che indubbiamente aiuta lo sviluppo di un giovane talento c’è. Se un ragazzo vive in un contesto familiare e sociale ricco di stimoli e sfide, per esempio, è più facile che sia brillante (lo pensa l’86,5%);
stessa cosa vale se ha conseguito ottimi studi (76,7%) o se ha stabilito un rapporto interessante col mondo del lavoro durante gli studi (64,8%). Per sei su dieci invece si tratta proprio di una vera e propria predisposizione dalla nascita senza particolari influenze. Un approfondimento a sé lo merita l’importanza ricoperta dal rapporto con l’estero: dal collezionare esperienze oltreconfine (nel migliore dei casi) al “fuggirci” con ben poche speranze di ritorno (la cosiddetta fuga dei talenti o dei cervelli, nel peggiore dei casi)! A questo proposito pare che effettivamente un’esperienza all’estero sul finire degli studi e magari anche una prima esperienza lavorativa siano un must per un vero talento. Lo pensa quasi la totalità degli intervistati (90,6%) che lo considera il princi-
L’indagine “Alla ricerca di senso e strade del talento” è stata presentata a fine marzo a Milano durante l’incontro Safm’s got Talents, che ha celebrato i cinque anni della Safm - Scuola di alta formazione al management, promossa dalla Fondazione Giovanni Agnelli, Fondazione Edoardo Garrone e Fondazione Pirelli, insieme all’Association du collège des ingénieurs di Parigi.
pale fattore per favorire il talento di un giovane. Università&aziende: in che direzione andare? Ma ancora di più sono coloro che ritengono che le aziende dovrebbero aprirsi maggiormente agli stage formativi universitari (91,5%) e contribuire alla formazione degli studenti dedicando parte del tempo del loro management a lezioni in aula o a interi
giugno 2015
39
Indagine
Talenti manageriali all’opera Tra le varie iniziative che Manageritalia organizza a favore dei giovani e dell’inserimento nel mondo del lavoro, attraverso il gruppo di lavoro Talenti manageriali, interessanti sono due progetti tuttora in corso e simili per alcuni aspetti: Giotto - GIOvani Talenti TOscani e Training to talent Roma.
Giotto È partita in febbraio la quarta edizione del progetto Giotto - GIOvani Talenti TOscani, che offre a brillanti laureati, in una prima fase, un’importante occasione per integrare la propria formazione con competenze trasversali indispensabili nel mondo del lavoro e, in una seconda fase, l’opportunità di metterle in pratica attraverso tirocini in aziende del territorio. Il progetto è coordinato da Manageritalia Firenze, Federmanager Toscana e Prospera e da quest’anno si avvale anche della collaborazione con il progetto Innovarti della Fondazione Tema. Il tirocinio è preceduto da una rigorosa selezione e già in questa prima fase i giovani vengono allenati alla realtà aziendale attraverso colloqui e una formazione in aula di 40 ore suddivise in 10 moduli che verte su competenze trasversali e comprende case study e testimonianze di manager, imprenditori e professionisti. Segue poi la seconda fase del progetto in cui le aziende aderenti inseriscono al loro interno per un periodo di sei mesi uno o più laureati, da loro selezionati nell’insieme dei candidati, inquadrandoli secondo le normative vigenti e usufruendo di contributi da parte della Regione Toscana. Tutto questo accompagnati da tutor, manager e professionisti, che mettono a disposizione la loro esperienza e le loro competenze nella ricerca, selezione e preparazione di giovani talentuosi. Finora i ragazzi che hanno completato il progetto nato nel 2012 sono oltre 80 e l’edizione 2015 ha selezionato 24 giovani e offerto loro tirocini in aziende toscane tuttora in corso.
Training to talent Roma Il progetto Training to talent, organizzato anche in questo caso da Manageritalia Roma, Federmanager Roma e Prospera, è quest’anno alla prima edizione. Dopo aver sperimentato con successo l’iniziativa “Vivi 3 giorni da manager” nel 2013 e 2014, l’Associazione romana ha deciso di ispirarsi al progetto toscano per evolversi in un’iniziativa più completa. Sulla base del medesimo principio, che associa una prima parte di formazione e una seconda di tirocinio in azienda, Training to talent si differenzia da Giotto per la durata della formazione portata a 72 ore e soprattutto per aver richiesto alle aziende aderenti di indicare un cluster di 18 competenze desiderate per il tirocinante (dall’iniziativa all’approccio innovativo, dallo spirito di gruppo alla resistenza allo stress). L’intervista dei candidati ha comportato la valutazione delle competenze con lo strumento Performanse, che ha generato un profilo inoltrato all’azienda assieme al cv del candidato. Al bando, diffuso nelle università romane e attraverso il portale di Porta Futuro, hanno risposto una novantina di candidati, ne sono stati intervistati 65 e preselezionati 42 che hanno sostenuto il colloquio con l’azienda. I 14 scelti hanno terminato in giugno la formazione e saranno inseriti nelle aree risorse umane, marketing, vendite, finanza.
40
giugno 2015
corsi (81,3%). Diffusa anche l’idea che ogni università dovrebbe avere un pool di aziende sostenitrici che agisca in coordinamento continuo sulla formazione degli studenti agli ultimi anni e che le aziende e le loro associazioni dovrebbero investire di più nel rapporto con le università, per esempio diffondendo meglio le proprie esigenze o seguendo gli studenti ancor prima che terminino i corsi. Dal punto di vista della formazione, però, si vorrebbe un’Università con programmi più dinamici, in grado di seguire le tendenze del mondo del lavoro. Il passo successivo per un giovane talento sarà dunque l’ingresso nel mondo del lavoro: i manager
intervistati vorrebbero che nelle proprie aziende ci fosse un sistema più evoluto di ricerca e selezione del personale (lo pensa uno su due), ma ancora di più
che non si limitasse a cercare talenti, bensì a creare un contatto con il mondo formativo (quasi il 90%). Ne sono convinti perché se è vero che un talento si plasma man mano durante la sua formazione, è altrettanto vero che è l’azienda il luogo dove lo si scopre per la prima volta, nonostante spesso venga poi ingabbiato e limitato. Dunque l’azienda è più creatrice o distruttrice di talenti?
giugno 2015
41
osservatorio legislativo
osservatorio
a cura di Manageritalia
44
giugno 2015
pensioni, ammortizzatori sociali e garanzie tfr
I
l decreto legge, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 maggio, adesso all’esame del Parlamento per la sua conversione, è composto da 8 articoli: non c’è solo la soluzione del rebus innescato dalla sentenza della Consulta, che ha bocciato il blocco dell’indicizzazione deciso dal Governo Monti nel decreto legge varato. Per quanto riguarda la rivalutazione automatica per fasce, per il 2012 e il 2013 saranno rivalutate al 100% le pensioni fino a tre volte il minimo (per il 2012 pari a 2,70% e per il 2014 pari al 3%), al 40% quelle tra tre e quattro volte il minimo, al 20% quelle tra quattro e cinque volte il minimo, al 10% quelle tra cinque e sei volte il minimo. Per gli assegni complessivamente superiori a sei volte il minimo non ci sarà alcun adeguamento. Per il 2014 e il 2015, la rivalutazione è stabilita invece al 20% e, a decorrere dal 2016, al 50%. Siamo in attesa della circolare Inps che chiarirà meglio il calcolo del recupero. Per le pensioni superiori a tre volte il minimo sono confermati i criteri penalizzanti previsti dalla legge 147/2013 emanata con il Governo Letta. Le somme dovute in base alle disposizioni del decreto verranno corrisposte dal primo agosto 2015. Il decreto prevede anche che, per quanto riguarda il montante contributivo, il coefficiente non potrà essere inferiore a uno, impedendo così l’erosione del montante contributivo maturato. A decorrere dal 1° giugno 2015, per razionalizzare e uniformare le procedure e i tempi di pagamento delle prestazioni previdenziali corrisposte dall’Inps, i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni e le indennità di accompa-
gnamento erogate agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie dell’Inail, sono tutti posti in pagamento il primo giorno di ciascun mese. Per il 2015, il Fondo sociale per occupazione e formazione viene incrementato di 1 miliardo di euro per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, mentre per i contratti di solidarietà il decreto autorizza la spesa di 70 milioni di euro. Infine, nel decreto sono state inserite anche misure che facilitano i finanziamenti per i datori di lavoro che non intendono corrispondere immediatamente il tfr con risorse proprie. Le operazioni saranno esentate da oneri fiscali e semplificate nella procedura per ottenere garanzie, attraverso l’introduzione di un “privilegio speciale” sul credito specifico. Per i continui aggiornamenti sulle conseguenze della sentenza n. 70 della Corte costituzionale, vi invitiamo a seguire il blog Pensioni (http://pensioni.manageritalia.it/). In un quadro generale piuttosto confuso e a chi ci chiede cosa fare rispondiamo che Manageritalia continua a fare il suo lavoro: incontri con rappresentanti delle istituzioni, attività di comunicazione e informazione, condivisione di proposte di legge con parlamentari, confronto con i decisori del mondo del lavoro e della previdenza. Non prendiamo posizioni impulsive: lavoriamo sui fatti. È la strategia che ci ha portato, negli ultimi anni, a riuscire a sollevare per ben due volte la questione di legittimità del blocco della perequazione davanti alla Corte costituzionale. Decreto legge 21 maggio 2015, n. 65: http://bit.ly/dir1-6-15
misure per la conciliazione tra vita privata e lavoro
L
a Commissione lavoro della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni allo schema di decreto che attua una delle deleghe del Jobs act, in particolare quella sulla conciliazione tra vita privata e lavoro. In particolare, tra le osservazioni formulate dalla Commissione lavoro ce ne sono due interessanti, che stigmatizzano la mancata attuazione di due principi che erano nella legge delega e non sono stati ripresi dallo schema di decreto legislativo, ovvero: a) non è stato introdotto il credito d’imposta per incentivare il lavoro femminile; tale credito era previsto nel Jobs act a favore di donne lavoratrici con figli minori o disabili che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito. Una legislazione fiscale favorevole era stata richiesta da tempo anche da Manageritalia; b) non è stata riconosciuta la possibilità di cedere, tra colleghi, tutti o parte dei giorni di riposo derivanti dai contratti collettivi di lavoro in favore del lavoratore con figli minori che necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute. La Commissione ha raccomandato al governo di reperire le risorse per estendere i benefici previsti nello schema di decreto anche al 2016 e non solo limitatamente al 2015. Ha inoltre chiesto di estendere almeno a tre giorni il congedo di paternità. Anche la Commissione lavoro del Senato ha espresso parere favorevole con osservazioni. La Commissione ha invitato il governo a definire forme di coinvolgimento delle parti sociali e nell’elaborazione di linee guida e modelli che favoriscano la disciplina della conciliazione nella contrattazione collettiva. La cabina di regia prevista dallo schema di decreto sarà composta da rappresen-
tanti solo dei ministeri competenti. Al fine poi di raggiungere l’obiettivo di promuovere la contrattazione collettiva per la conciliazione dei tempi per il lavoro e la famiglia, ha esortato il governo a prevedere un intervento in materia di defiscalizzazione degli istituti di welfare contrattuale. La Commissione ha altresì esortato il governo a valutare la possibilità di prevedere, al termine del congedo di maternità e in alternativa al congedo parentale, un contributo finanziario mensile per i servizi di baby sitting (la medesima richiesta è stata rivolta anche dalla Commissione lavoro della Camera) e asili nido pubblici o privati in prossimità dei luoghi di lavoro o di residenza della lavoratrice. Ha poi rilevato, più in generale, l’opportunità di incentivare l’utilizzo di servizi di baby sitting attraverso la deduzione fiscale delle retribuzioni eventualmente corrisposte ad addetti ai predetti servizi. Infine, entrambe le Commissioni hanno auspicato la creazione di una cornice normativa che includa le forme più moderne di lavoro capaci di coniugare le esigenze dell’impresa con quelle di lavoratori e lavoratrici (smart working, lavoro a distanza, lavoro agile), garantendo altresì piani incentivanti e agevolazioni fiscali e contributive per le imprese che decidono di adottare le suddette modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa, nuove e diverse dal telelavoro. Il governo sembra che abbia recepito, nel testo finale del decreto legislativo, suggerimenti sul telelavoro e sulla cessione delle ferie.
giugno 2015
45
Quote rosa
la legge ha fatto centro
Paola Profeta
A quattro anni dall’entrata in vigore di una norma discussa che però favorisce le pari opportunità nel mondo del lavoro, ci confrontiamo con Paola Profeta, co-autrice del libro Women Directors – The italian way and beyond (2014).
Professore associato di Scienza delle finanze presso l’Università Bocconi di Milano, esperta di politiche di genere.
Davide Mura
46
giugno 2015
Dall’entrata in vigore della legge sulle quote rosa nelle aziende quotate in Borsa possiamo dire che qualcosa è cambiato nel nostro Paese? «Sì, i dati dimostrano che è aumentato il numero di donne nei cda e nei collegi sindacali delle società quotate. Oggi siamo a circa il 23% di presenza femminile. Ma non si tratta solo di un aumento numerico: è cambiata anche la selezione dei consiglieri. La nostra analisi, svolta sui cv di tutti i consiglieri, mostra che dopo l’introduzione della legge è cresciuto il livello di istruzione, si è ridotta l’età e la presenza di membri legati alla famiglia proprietaria. La legge ha innescato
un processo di selezione virtuoso, non solo sulle donne, ma anche sugli uomini: l’inserimento obbligatorio di donne negli organi di controllo è stata l’occasione per selezionare anche gli uomini secondo criteri più meritocratici». Un bilancio positivo, dunque. Riassumendo, quali sono i punti di forza e quali le criticità di questa legge? «La legge ha tre punti di forza, che sono le sue caratteristiche principali: la temporaneità, che risponde all’idea di rottura di un equilibrio consolidato e di apertura a una competizione su basi più eque tra uomini e donne, lasciando poi libero il merca-
to di continuare su questo nuovo equilibrio; la gradualità, perché il primo obiettivo è il 20% e quello successivo il 33%; infine l’interazione pubblico-privato, perché la legge non si applica solo alle società quotate in Borsa ma anche alle controllate pubbliche». Le pari opportunità hanno bisogno di norme specifiche per essere applicate oppure è fondamentale intervenire prima di tutto su cultura, educazione e società? «I due aspetti non si escludono. Una legge come questa può essere importante anche per smuovere elementi culturali radicati. Altre politiche pubbliche sarebbero efficaci in questa direzione. La cultura tende ad essere persistente e difficile da modificare, ma le azioni mirate di policy possono contribuire ad andare nella direzione desiderata». Lei è una studiosa di gender diversity nel mondo del lavoro: qual è il ruolo del management per avviare cambiamenti organizzativi e strategie di gestione
delle hr in tal senso? «È importante valorizzare la diversity nelle organizzazioni. Un contesto eterogeneo aiuta a prendere decisioni più efficaci per l’azienda. Avere sia uomini sia donne proprio a partire dal management significa avere in definitiva un team migliore». Il mondo del lavoro nel nostro Paese può essere considerato sempre più “women friendly” oppure esistono ancora troppi ostacoli alla carriera delle donne e per la conciliazione vita-lavoro? «L’Italia ha uno dei tassi di occupazione femminile più bassi in Europa, pari solo al 47%. Secondo il Global gender gap index del World Economic Forum, nel 2014 l’Italia è stata al 114esimo posto per uguaglianza di genere nelle opportunità economiche su 142 paesi». A cosa sono dovuti questi ritardi? «A una cultura avversa alla donna lavoratrice, specialmente se madre; a una divisione del lavoro all’interno della famiglia molto sbilanciata, con la donna dedita al lavoro domestico e al lavoro di cura, anche quando lavora, e con l’uomo occupato sul mercato; a ritardi nelle politiche pubbliche. Il nostro welfare è basato sul capofamiglia. La spesa per la famiglia in Italia è tra le più basse d’Europa, pari solo a circa 1,5% del Pil. Molte donne smettono di lavorare
alla nascita di un figlio, perché gli aiuti come i servizi di cura, gli asili nido e gli sgravi fiscali sono molto scarsi». È urgente quindi pensare a forme di trasferimenti o detrazione d’imposta pari alle spese di cura sostenute dalle famiglie in cui entrambi i genitori, o l’unico genitore, nel caso di famiglie monoparentali, lavorino? «Sì, a cominciare dai redditi più bassi, per evitare che le donne rinuncino al proprio lavoro perché non è conveniente a fronte delle spese da sostenere per la cura dei bambini, come la baby-sitter o l’asilo nido. Queste misure andrebbero accompagnate a interventi di natura fiscale per le imprese». Occorre ripensare ai congedi di paternità? «Un giorno solo per i padri alla nascita del figlio non basta di certo per stabilire la cultura della condivisione e della cura congiunta». Ci sono best practice che potrebbero essere prese a modello da realtà di paesi esteri all’avanguardia? «Sicuramente i paesi nordici, dove gli uomini sono coinvolti nella cura dei figli, a partire dai periodi di congedo di paternità, le aziende attuano programmi di valorizzazione della diversità. Fondamentale è poi il lavoro agile, che permette di gestire meglio vita professionale e personale/familiare».
giugno 2015
47
Produttività & Benessere
#CAMBIA IL LAVORO DIVENTA VIRALE
S
ta decollando l’iniziativa Cambia Il Lavoro con Produttività & Benessere, che vede Manageritalia e i suoi manager promotori di un forte cambiamento nel mondo del lavoro in Italia. Con un minimo di passaparola in poco tempo abbiamo già raccolto oltre 1.300 Fan e non pochi manager e aziende stanno migliorando e cambiando il loro lavoro. La diffusione e il coinvolgimento di tutti gli italiani comincia ora. Per questo abbiamo racchiuso tutto in un video virale, che esprime e promuove il senso della svol-
diventa fan e condividi l’iniziativa con colleghi e amici http://bit.ly/dir5-6-15
Discuti sul BLOG Segnala e racconta esperienze dirette o indirette di questo nuovo lavoro http://bit.ly/dir6-6-15
Contattaci
pb@manageritalia.it
Passa all’azione Valuta i programmi, anche solo come traccia per capire come sia facile cambiare
Smart Welfare
http://bit.ly/dir7-6-15
InterAGEing
http://bit.ly/dir8-6-15
Un fiocco in azienda
48
giugno 2015
http://bit.ly/dir9-6-15
L’opinione di Domenico De Masi Sociologo e professore di Sociologia del lavoro
Cosa dovrebbe cambiare nel mondo del lavoro in Italia oggi per andare verso maggiore produttività e benessere di aziende e lavoratori? «Quando, tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, apparve chiaro che la produzione industriale era nettamente diversa dalla produzione agricola e da quella artigianale, i migliori esperti di organizzazione del lavoro s’impegnarono nel realizzare una vera e propria rivoluzione mentale e organizzativa. Scrive Taylor: “Si tratta di una rivoluzione mentale totale da parte di questi uomini nei confronti del loro lavoro, dei loro compagni di lavoro e dei loro datori di lavoro. Essa comporta però un’analoga rivoluzione d’atteggiamento mentale da parte della direzione”. Quando, tra la fine del Novecento e i primi del Duemila, è apparso chiaro che la produzione post-industriale fosse qualcosa di nettamente diverso dalla produzione industriale, ci si è limitati a piccoli, timidi ritocchi dell’organizzazione ford-tayloristica, rifiutando la necessità di una seconda, profonda, totale rivoluzione mentale e organizzativa. È ciò che io denuncio da anni e chiamo “cultural gap organizzativo”: miope applicazione delle vecchie regole alla nuova realtà». Cosa fare, dunque? «Per prima cosa la nuova realtà ci dice che non possiamo accomunare
sotto la parola “lavoro” ciò che fa un minatore, un impiegato, un manager, un artista, uno scienziato. Ci sono almeno tre tipi di “lavoro”: quello esecutivo di carattere fisico (operaio); quello esecutivo di carattere intellettuale (impiegato); quello intellettuale creativo (imprenditore, scienziato, artista, libero professionista). Ai tre tipi di lavoro devono corrispondere tre nomi diversi e tre organizzazioni diverse. Il lavoro creativo esige un’organizzazione per obiettivi e una leadership carismatica, il suo rendimento dipende dal talento e dalla motivazione del creativo prima ancora che dalla sua preparazione tecnica. Il lavoro esecutivo è eroso progressivamente dalla tecnologia e dall’informatica, che fagocitano posti di lavoro. La loro produttività è determinata prevalentemente dalle attrezzature adottate. Il loro rendimento è legato all’addestramento e al controllo, oltre che alla motivazione. Quanto alla produttività, occorre ricordare che essa consiste nel rapporto tra quantità di prodotti e quantità di lavoro umano necessario per produrli (P=p/h). Se si eleva la produttività senza ridurre proporzionalmente l’orario di lavoro, si provoca disoccupazione». Cosa fare per evitarlo? «Per evitare la crescita esponenziale della disoccupazione, che sarà provocata dall’imminente introduzione delle stampanti 3D e dell’intelligenza
artificiale, l’unico rimedio consiste nella riduzione drastica dell’orario per il lavoro operaio e impiegatizio; per evitare che l’incremento del tempo libero si traduca in depressione o in violenza, occorre una formazione alla libertà che può essere fornita solo dalla crescita culturale. Su questo si era già espresso con profetica lungimiranza Maynard Keynes nel saggio Economic possibilities for our grandchildren del 1930». Chi dovrebbe farsi carico maggiormente di porre le premesse per questo cambiamento? «Gli studiosi di scienze organizzative, i consulenti aziendali, i manager». Cosa pensa dell’iniziativa di Manageritalia? «Tardiva ma buona. Si tratta di capire se resterà un esercizio giornalistico per esorcizzare il “cultural gap” o se riuscirà ad avviare una “rivoluzione” paragonabile a quella proposta e realizzata da Taylor un secolo fa. Sarebbe ora che i manager italiani smettessero di vivere a rimorchio delle scienze organizzative statunitensi e tracciassero una “via italiana al management”, capace di proporsi come esempio al mondo postindustriale».
giugno 2015
49
Produttività & Benessere
Uno sguardo globale al futuro del lavoro Nel lavoro futuro tutti devono cambiare, anche i manager. Devono cambiare il modo nel quale guidano e devono di fatto diventare leader. Secondo Jacob Morgan (Chess Media Group) sono 10 le caratteristiche di questo cambiamento. 1. Essere leader. Il manager deve essere sempre più un leader, essere visionario e guadagnarsi i seguaci. 2. Seguire stando davanti. Deve rimuovere gli ostacoli sulla strada dei suoi collaboratori, per fargli raggiungere gli obiettivi e il successo. 3. Capire le tecnologie. Non essere un esperto, ma capire quali hanno le maggiori potenzialità di portare vantaggio all’organizzazione e intuire quali lo saranno in futuro. http://bit.ly/dir10-6-15 4. Guidare con l’esempio. Deve essere il primo ad avere un nuovo comportamento, spingere una nuova tecnologia o abbracciare un nuovo concetto. Può solo guidare facendolo e dimostrando di crederci. 5. Abbracciare la vulnerabilità. Essere a suo agio nel chiedere aiuto, ammettere gli errori e di non conoscere qualcosa. Lo stesso nel rispondere alle domande e accettare il contraddittorio. 6. Credere nella condivisione e nell’intelligenza collettiva. Puntare sull’intelligenza collettiva, oggi molto più efficace di quella dei singoli, e sul valore dello scambio di informazioni, invece dell’accaparramento. 7. Essere un incendiario. Diffondere le idee, sfidare le convenzioni e sperimentare. 8. Dare riconoscimento e feedback in tempo reale. I feedback e i riconoscimenti vanno dati giorno per giorno anche grazie alle tecnologie e piattaforme collaborative e con regolari, brevi e periodici check. 9. Essere conscio del campo di delimitazione personale. I collaboratori hanno i loro spazi digitali e fisici che non si possono invadere. La connessione 24/7 non è dovuta e non può essere scambiata con la disponibilità. 10. Adattarsi ai futuri lavoratori e collaboratori. Capire che le modalità di pensare e agire il lavoro stanno cambiando. Essere aperti di mente e accettare i cambiamenti, incoraggiarli e aiutare guidandoli.
https://bit.ly/dir11-6-15
50
giugno 2015
ta che vogliamo imprimere al lavoro in Italia. Adesso abbiamo ancora più bisogno di te. Diventa Fan, condividi il video (qui a sinistra), il senso e l’azione di quello che vogliamo fare coinvolgendo anche colleghi e amici. Sii protagonista di questa svolta e dai valore al tuo essere manager e anche alla tua azienda. Per cambiare abbiamo bisogno di te. In tanti si può!
Innovazione
Tsunami digitale Al prossimo Social Business Forum riflettori puntati sulla digital disruption, ovvero l’impatto dirompente delle nuove tecnologie dentro e fuori le aziende Cosimo Accoto
L’
accelerazione che la cosiddetta digital disruption sta portando dentro le organizzazioni e nei mercati è oggi di natura esponenziale. Lo dice una serie crescente di libri e testi che stanno uscendo in libreria: Exponential organizations, Bold, Shift, solo per citare i più recenti. La vivono in pratica molte delle imprese e delle aziende che stiamo supportando, strategicamente e operativamente, nei loro processi di digital e collaborative transformation. Ma in cosa consiste esattamente la digital disruption, con cui organizzazioni e mercati si stanno confrontando e che sarà il tema centrale del prossimo Social Business Forum, il 7 e l’8 luglio a Milano? Dalla nostra esperienza, ci sono almeno tre dimensioni che sono coinvolte dall’arrivo di tecnologie e culture digitali e social di natura disruptive. Cambiano le relazioni coi consumatori La prima è quella del ridisegno della relazione con i consumatori. Questa è forse la dimensione della digital disruption più immediatamente percepibile. Tutte le aziende sono
52
giugno 2015
chiamate, oggi, a progettare e orchestrare strategie di comunicazione e interazione molteplici (dalle app agli store fisici, dai canali digitali ai social media, dagli ambienti intelligenti agli oggetti interconnessi dell’internet delle cose). La crescita esponenziale delle occasioni, dei momenti e dei contesti di relazione impone alle aziende di rivedere e progettare dei customer journey focalizzati su persone per le quali vanno attentamente ridisegnati l’esperienza, il servizio e il valore generato. Non basta fare user experience design, se non si ragiona in termini di ecosistema di servizio e con questo anche di valore offerto a consumatori e clienti (servizi in real time, più contestuali e personalizzati, costruiti dinamicamente per offrire
convenienza, intimità, rilevanza e senso). Qui, grande importanza le aziende cominciano a darla alla gestione dei big data (dati in volumi esponenziali, a ritmi velocissimi e da fonti più diverse), in grado di abilitare nuovi sistemi di Crm o di social Crm, per considerare tutte le interazioni e le conversazioni con i consumatori. Questo dei dati comincia a essere riconosciuto come uno degli elementi centrali nelle strategie di customer engagement, sempre più data-driven, guidate dagli analytics e improntate a una gestione sofisticata della omnichannel experience. Dentro le organizzazioni La seconda dimensione della disruption riguarda la necessità di
ripensare le culture e le architetture interne alle organizzazioni perché siano in grado di rispondere, con agilità, velocità e rilevanza, ai consumatori ingaggiati all’esterno con i nuovi ambienti, applicazioni e servizi. In questa prospettiva, le aziende si stanno muovendo nel progettare sistemi di knowledge management socializzati, digital workspace sempre più customizzati, mobili e in cloud, piattaforme di social learning in grado di accelerare e di scalare il corporate learning, non solo di scalare l’efficienza. Qui è rilevante segnalare che l’accelerazione non riguarda solo il passaggio a nuovi sistemi e a piattaforme più collaborative e in real time. Sempre più emerge la necessità di rivedere gli stili di ma-
La cosiddetta digital disruption sta ridisegnando la relazione con i consumatori. Tutte le aziende sono chiamate oggi a progettare e orchestrare strategie di comunicazione e interazione molteplici nagement e di leadership per gestire ambienti e relazioni interne alle organizzazioni improntati alla collaboration. Anche qui lo vediamo nella nostra esperienza quotidiana, ma questo fenomeno è testimoniato anche dalla recente pubblicazione di molti libri sul tema. Citiamo, per tutti, l’ultimo libro di
giugno 2015
53
Innovazione
è necessario ripensare le culture e le architetture interne alle organizzazioni perché siano in grado di rispondere, con agilità, velocità e rilevanza, ai consumatori ingaggiati con i nuovi ambienti, applicazioni e servizi Charline Le intitolato The engaged leader che indica proprio la necessità per manager ed executive di improntare la propria leadership su modelli nuovi, più aperti, più collaborativi, più di ascolto partecipativo e trasformativo. Questo è uno snodo centrale per le culture organizzative che non sono abituate ad agire con stili di management e leadership ancora improntati al comando e controllo e non
alla condivisione e alla partecipazione. Nuove prospettive di business La terza dimensione della disruption è forse quella su cui le aziende sono oggi impegnate con lo sforzo strategico maggiore. Si tratta della necessità di ripensare non solo la relazione con i consumatori o quella con gli employee, ma di ripensare i modelli di business alla luce della disruption tecnologica in atto, dei processi di digitalizzazione, di dematerializzazione, di connettività ubiqua e sensorizzazione del business. Dal cloud computing all’internet delle cose, dall’api economy al business dello sharing, dalla service-dominant logic all’economia della co-creation, nuovi modelli di generazione di valore si sono affacciati all’orizzonte portando sia opportunità (per chi saprà coglierle) sia rischi (per chi ancora pensa
Il Social Business Forum si terrà il 7 e 8 luglio a Milano presso l’Hotel Marriot, in via Washington 66 a Milano. Per partecipare sia alle sessioni a pagamento sia a quelle gratuite è necessario registrarsi sul sito dell’evento www.socialbusinessforum.com/register. Per gli associati a Manageritalia è previsto uno sconto del 15%. Per ottenerlo, in fase di registrazione è necessario inserire il codice sconto manageritaliasbf15.
54
giugno 2015
di continuare a fare il proprio business come ha fatto negli ultimi anni). In questa prospettiva, le aziende si stanno muovendo in diverse direzioni: molte stanno lanciando sistemi di open e social innovation in grado di stimolare idee di innovazione tra dipendenti o all’esterno con business partner e consumatori. Altre hanno deciso di attivare delle relazioni più strette con startup innovative in grado di sviluppare nuove applicazioni, nuovi servizi e nuovi modelli disruptive. Altre ancora cercano di stimolare l’innovazione allargando il proprio core sfruttando le adiacenze radicali su altre industry: si pensi alla Apple (dalla musica alla domotica) o a Google (dal business della search alle macchine intelligenti) che hanno decisamente avviato un processo di espansione rispetto al business corrente. Come si intuisce da queste indicazioni, siamo di fronte a cambiamenti epocali che richiedono di essere affrontati con il giusto grado di approfondimento e di operatività di business concreta, guardando anche alle esperienze internazionali di coloro che per primi si stanno muovendo sui percorsi di digital transformation. Anche per questo, al prossimo Social Business Forum, sarà interessante ascoltare il contributo di speaker internazionali e business leader impegnati, già oggi, a cogliere le opportunità senza precedenti offerte alle imprese dalla digital disruption.
Media
L’INFORMAZIONE CAMBIA FACCIA Il caso di Sky TG24 tra notizie, docufiction e social
N
ovità in casa Sky: hanno preso il via le trasmissioni di Sky TG24 nella versione digitale terrestre, in chiaro sul Canale 27, all’interno di un palinsesto che dà spazio anche a programmi, film e documentari dedicati ai temi più caldi dell’attualità. I risultati danno ragione di questa scelta strategica ed editoriale: il canale nell’ultimo triennio ha fatto registrare una crescita significativa (+40% degli spettatori unici giornalieri rispetto al periodo 2007/2010) e nel 2014 è stato il più visto della piattaforma Sky. Mentre si apre all’intero Paese, Sky TG24 continua a offrire servizi riservati ai suoi abbonati: non solo notiziari in alta definizione 24 ore su 24 sui canali 100 e 500 del bouquet Sky, con anche le finestre dei canali dal 501 (meteo) al 504, ma offrendo in esclusiva l’interattività dei servizi Active, dal fatto del giorno al Meteo, e l’app TG24 gratuita.
scelta di dare spazio a nuovi linguaggi dell’informazione, reinterpretando un modo di fare notizia nato nell’universo del web. Grazie all’incontro con la produzione del canale internazionale VICE, analizza infine fenomeni di costume e li racconta con una formula innovativa. Dal tweet alla docufiction, l’informazione sembra evolvere in fretta, contaminando nuovi campi e divenendo sempre più stratificata, attraente, aperta a nuovi linguaggi.
L’informazione tra web e social Nel panorama informativo italiano, il caso di Sky TG24 è senz’altro interessante perché afferma sempre di più la sua vocazione di piattaforma multimediale e traccia la strada del futuro dell’informazione giornalistica: oltre al sito, strettamente collegato al canale televisivo, da segnalare l’applicazione per smartphone e la presenza massiccia sui social network, basti pensare che l’account Twitter, con oltre 1 milione e 700mila follower, è il più seguito tra le testate di news. Il canale conferma e rilancia dunque la
giugno 2015
55
Lavoro e previdenza
welfare e povertà In sei anni i poveri sono passati da 11 a 15 milioni. Secondo Tito Boeri abbiano un sistema di prestazione sociale, di erogazione e di trasferimenti alle famiglie inefficace Carla Panizza
56
giugno 2015
I
l 19 maggio scorso, il presidente dell’Inps Tito Boeri è stato audito dalla Commissione affari sociali sulle principali prestazioni di carattere assistenziale gestite dall’Inps, sulle misure per la lotta alla povertà e relative prospettive di riforma. A seguito della crisi, infatti, la percentuale delle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà è salita dal 18 al 25%. Nel giro di sei anni, le persone che si trovano in tale condizione sono passate da 11 a 15 milioni. Secondo Boeri, questo è dovuto al fatto che in Italia non abbiamo un sistema di prestazione sociale, un sistema di erogazione, di trasferimenti alle famiglie in grado di contrastare efficacemente la povertà. La crescita della povertà è stata conosciuta quasi unicamente al di sotto dei 65 anni di età: abbiamo avuto percentualmente un forte incremento nella fascia dai 55 ai 65 anni. La povertà è più alta tra i giovani e le famiglie con figli, ma
l’incremento percentuale più alto (70%) si è avuto proprio in questa fascia di età ed è legato a episodi di disoccupazione. Le persone che perdono il lavoro tra i 55 e i 65 anni hanno grandissima difficoltà a trovare un impiego alternativo (secondo una stima dell’Inps ci riesce solo il 10%). Al via il casellario dell’assistenza Boeri ha riferito che l’Inps ha da poco messo in piedi il casellario dell’assistenza, molto importante per capire quali sono le prestazioni e a chi sono destinate. Questo darà la possibilità a chi amministra le politiche sociali, all’Inps, di migliorare nelle capacità di fare i controlli e gli accertamenti amministrativi che sono necessari per l’erogazione delle prestazioni stesse. Boeri ha poi raccontato che è in previsione uno strumento dedicato a coloro che perdono il lavoro, hanno fruito del periodo di copertura degli ammortizzatori sociali
(cassa integrazione o Naspi o altri strumenti di assicurazione contro la disoccupazione) e al termine di tale periodo si vedono prolungare il trattamento, che va definito di natura assistenziale più che assicurativa. Il progetto è quello dell’Asdi, ma non ha ancora trovato attuazione; ancora non ci sono i decreti attuativi, e solo dopo
venire proprio sulla fascia di età 55-65 anni che, come detto, rappresenta la nuova emergenza emersa con la crisi. La proposta di riforma elaborata dall’Inps sarà in qualche modo completa, cioè potrà essere posta in atto immediatamente, dove esistono già gli strumenti normativi, un articolato, esistono già le coperture finanzia-
formative che possono essere di grande aiuto al Paese, ma al contempo ha un grande bisogno di essere riformato.
l’Inps si attiverà nell’approntare tutta la strumentazione e nel renderla il più possibile efficace.
rie, trovate all’interno della proposta stessa, e soprattutto esiste già un’amministrazione in grado di mettere in atto queste politiche.
con l’assegnazione di servizi a Caf e consulenti del lavoro, invece che con un lavoro congiunto con queste strutture; la gestione del patrimonio immobiliare, con inefficienze e ritardi, con il risultato di dare cattivi servizi a stakeholder e affittuari; la scarsa capacità di adattamento a nuovi sistemi tecnologici; un bilancio poco trasparente, non leggibile se non da supertecnici, con differenze tra i bilanci previsionali e consuntivi; una gestione poco attenta dei crediti ecc.
Riforma delle pensioni Rispondendo alle domande di senatori e deputati, Boeri ha parlato anche della flessibilità in uscita e della possibilità di andare in pensione prima rinunciando a parte dell’assegno pensionistico. Entro fine giugno presenterà una proposta di riforma di assistenza-previdenza e vuole cominciare a inter-
Riforma dell’Inps Tito Boeri, il 20 maggio è stato audito anche dalla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, proprio per parlare dell’Inps. Secondo Boeri, l’Inps ha al suo interno risorse umane e in-
Le criticità dell’Inps A tal proposito, Boeri ha elencato una serie di criticità dell’istituto: (blocco del turnover; progressiva perdita dei rapporti con i clienti,
giugno 2015
57
Management
Elogio dell’errore Sbagli, imperfezioni, vulnerabilità: ecco perché occorre cambiare l’approccio verso i passi falsi, momenti cruciali e formativi nelle organizzazioni e nella vita
«S
olo gli imbecilli non sbagliano mai», diceva De Gaulle. Può apparire consolatorio, ma è un dato di fatto che l’errore faccia parte della vita, sebbene da adulti si tenda a negarlo, vivendolo come forma di fallimento. Solo l’inazione può consentire di non fare errori,
anche se proprio dalla perdita della “diritta via” ha preso vita il capolavoro della letteratura italiana, la Divina Commedia, per la cui ispirazione è stato essenziale uno smarrimento importante quanto salvifico, al pari dell’errore nel dosaggio della colla che generò quei noti blocchetti di tutti i colori, uno dei più grandi successi di prodotto di tutti i tempi. Gli esempi di successi nati da errori sono infiniti e sebbene errare faccia parte della vita umana, non lo accettiamo e se lo facciamo è a costo di immane fatica. Eppure nulla accomuna gli uomini come l’errore. Molti lo temono, tendono a nasconderlo e a imputarlo a fattori estranei, coltivando una insana cultura dell’alibi. Gli errori sono inevitabili e forse sarebbe meglio semplicemente allenarsi a convivere con le conseguenze.
Un modus operandi differente
Alessandra Colonna
58
giugno 2015
L’errore ha in sé una funzione generatrice e a ben vedere catartica. Più si ha un’idea di noi stessi immutabile, più è difficile ammettere di aver sbagliato, più l’errore non serve, innescando un vorticoso meccanismo di coazione a riprodurlo, in assenza del suo riconoscimento. Insomma, un cane che si morde la coda in un crescendo spesso di devastanti conseguenze. Jack Welch, storico ceo della General Electric e universalmente riconosciuto come manager dotato di grande leadership, intervistato su come avesse raggiunto il successo, disse: «Prendendo buone decisioni»; alla replica su come avesse imparato a prendere buone decisioni, rispose consapevole di dire un’ovvietà: «Prendendone di sbagliate». Lapalissiana ammissione di quanto le capacità che noi diamo per possedute in forza chissà di quali alchimie, altro non sono che inevitabile frutto di errori del passato. La strada verso la grandezza sta nel loro percorso di elaborazione.
Perché è difficile ammettere gli errori? Da Galileo in avanti il moderno approccio scientifico ha elevato l’errore a modus operandi attraverso il meccanismo “tentativo-errore”, alimentato da uno spirito di ricerca, di cui è benzina la propensione al dubbio e l’affrontarne le conseguenze, quali la scoperta della nostra inesauribile
ignoranza. «Se chiudete la porta all’errore, come farà la verità a entrare?» diceva Rabindranath Tagore, sommo poeta, scrittore e filosofo indiano. Nel contesto aziendale, il tabù nell’ammissione dell’errore è legato alla necessità di performare, con conseguenze devastanti per le organizzazioni, quali la crescente
mancanza di assunzione di responsabilità e di proattività delle persone, condannate a una fissità che respinge il cambiamento per definizione.
Vertici infallibili? Ancora più grave se la negazione dell’errore proviene dai livelli apicali di un’organizzazione. Stranamente alla funzione di vertice viene ricollegata una sorta di infallibilità. Una recente indagine condotta da Bridge Partners tra oltre duecento manager ha evidenziato che l’ammissione dell’errore da parte di un capo riconosciuto come vero leader sarebbe molto apprezzata, al pari della convocazione di riunioni periodiche con i collaboratori per condividere i propri errori e i loro, per creare i presupposti di un contesto vitale fondato su un patrimonio di conoscenze costantemente condivise. L’errore dovrebbe essere accolto in qualsiasi contesto al pari dell’indulgenza, intesa non come lassismo o
Nulla accomuna gli uomini come l’errore. Molti lo temono, tendono a nasconderlo e a imputarlo a fattori estranei, coltivando la cultura dell’alibi
giugno 2015
59
Management facile buonismo, ma come modalità relazionale per superare la visione finita e individualista di sé e recuperare una visione di reale comunanza e forte condivisione. Ci si può liberare dall’idea di perfezione? Sicuramente sì, ma per farlo dobbiamo ritrovare il senso dinamico della vita e superare individualmente e collettivamente la
L’errore dovrebbe essere accolto in qualsiasi contesto al pari dell’indulgenza
paura di sbagliare che incancrenisce nell’immobilismo. Se pensiamo al nostro curriculum vitae, quanta parte di esso è riservata agli errori? Il nostro percorso di vita è solo rappresentato dai successi, frutto di nuovo di un’insana quanto distorta immagine di noi stessi, che vogliamo riproporre agli altri in un eterno gioco delle parti. Se dovessimo però affiancare o farci guidare da qualcuno, vorremmo sinceramente che non avesse mai compiuto errori? A chi ci affidiamo con maggior serenità? A un medico esperto o a uno inesperto? E il giudizio di esperienza in base a quali parametri lo fondiamo se non sapendo che chi ha commesso errori e ne è sopravvissuto sa come uscirne, attraverso quel mirabile processo di crescita che prende avvio dall’infanzia e che di null’altro si alimenta se non di errori?
Cv senza macchia: da cestinare Allora, chi seleziona profili, soprattutto per ruoli di responsabilità e a cui sono affidati compiti delicati, dovrebbe partire dall’indagare gli errori commessi e come se ne è usciti. Propongo di iniziare a introdurre nei cv standard la sezione degli errori e l’obbligatorietà di introdurne almeno tre: se sei consapevole di averli commessi, aumenterai in me la sensazione che è più probabile che
60
giugno 2015
non li ripeterai, che porterai da me il frutto dell’esperienza figlia di averli commessi e avrai dimostrato lucidità di giudizio, che non fa certo mai male. Ogni anno la mia società dedica un evento a un tema trasversale della managerialità e dopo aver parlato negli anni scorsi di fiducia, responsabilità e alibi, quest’anno abbiamo scelto di parlare di errore, celebrandolo con un titolo liberatorio “Il modo giusto di sbagliare”, ai fini di una sorta di collettivo esercizio catartico. Chi scrive è propenso a pensare che aumentare una solida leggerezza e posata indulgenza verso gli errori, dei propri come di quelli degli altri, aiuti a sprigionare energie positive piuttosto che restare ingabbiati nell’immobilismo sterile, frutto della paura di sbagliare e del giudizio altrui, innescando così meccanismi virtuosi di consapevolezza, di responsabilità e di tensione a migliorare, attraverso per l’appunto anche la salutare quanto umana commissione di errori.
Partecipa alla discussione sul blog http://crisiesviluppo.manageritalia.it
“L’errore: esiste un modo giusto di sbagliare?”
Expo 2015
Appuntamento
in cascina
Manageritalia è presente alla grande esposizione universale di Milano con una serie di incontri su diverse tematiche: non mancate!
E
xpo è ormai entrato nel vivo dei giochi. Tra eventi, paesi in mostra, spettacoli e appuntamenti dal profilo impegnato, non poteva mancare Manageritalia, che all’interno del sito espositivo di Rho organizza attività e incontri. Come quello realizzato dal Gruppo di Lavoro Manager@eat di Manageritalia Roma, lo scorso 15 maggio presso Cascina Triulza (il padiglione dedicato al terzo settore) sul tema del QB Manager, ovvero il Quanto Basta Manager: una nuova figura professionale che fa della sostenibilità alimentare e non solo il suo carattere distintivo. Si è parlato di questo nuovo ruolo e di un percorso formativo, denominato QB Lab e di cui si è appena conclusa la prima edizione, che lo prepara ad affrontare il tema della sostenibilità in maniera organica operando sia sulla struttura aziendale che sul contesto in cui si muove. Nello specifico, questo primo QB Lab si è svolto nel settore alberghiero, quello più confacente al tema di Expo 2015, con l’obiettivo di fornire appropriate competenze per l’ideazione, la realizzazione e
la gestione di un QB Hotel, cioè una struttura ricettiva organizzata secondo i principi di eco-sostenibilità, capace di proporre un’offerta turistica innovativa, che tenga conto della qualità e della provenienza dei prodotti offerti e dei servizi garantiti. Il 25 giugno, sempre al padiglione Cascina Triulza, il secondo degli incontri dedicato al QB Manager in ottica di sostenibilità nel profit e nel non profit e di valorizzazione dello spreco alimentare (per info www. manageritalia.it>>Manageritalia Roma>>Gruppi di lavoro>>Manager@eat).
giugno 2015
61
di buon grado Piero Valdiserra
I
grado
IL primitivo
62
giugno 2015
Il poeta latino Orazio la chiamava “assetata” (siticulosa), mentre Dante la definì “terra sitibonda ove il sole si fa vino”. Stiamo parlando della Puglia, una regione in cui le precipitazioni spingono facilmente le acque dentro al sottosuolo, in imprendibili rivi sotterranei che si disperdono in mare. Una regione che quindi ha sempre dovuto lottare con una cronica scarsità idrica e che ha sostenuto nei secoli grandi sforzi per irrigare le sue produzioni ortofrutticole e i suoi estesi vigneti. La Puglia è ancora oggi una delle regioni più vinicole del nostro Paese, al punto da essersi meritata l’appellativo di “cantina d’Italia”. Fra le varietà rosse a maggiore presenza locale c’è il Primitivo, molto diffuso in provincia di Taranto (soprattutto a Manduria e Lizzano), nella zona di Gioia del Colle e nel Brindisino. L’uva Primitivo deve il suo nome alla precocità di maturazione. Le sue origini sono incerte: qualcuno ritiene che l’introduzione in Puglia risalga al periodo della colonizzazione fenicia, oppure che il vitigno sia stato importato dagli Illiri più di duemila anni fa; altri sostengono che sia stato introdotto molto più tardi nella zona di Gioia del Colle, a opera di frati benedettini provenienti dalla Francia. Quel che è certo è che alla fine del Settecento era già conosciuto con questo nome nelle campagne pugliesi. Tradizionalmente energica e possente, l’uva Primitivo trasmette da sempre la propria vigoria al vino omonimo che se ne ricava. Un vino generoso, difficile da domare, “da aprirsi con il coltello”, come si diceva un tempo. Un vino che in passato è stato spesso impiegato come prodotto da taglio, per dare spessore ai
vini gracili di altre regioni o di altre nazioni, oppure per irrobustire la base dei vermouth piemontesi. Oggi il Primitivo è diventato uno dei principali ambasciatori della Puglia enologica nel mondo. Alleggerita l’alcolicità e attutite le sue antiche asperità con il supporto delle moderne tecnologie enologiche, ha ormai adeguato la sua natura all’attualità della domanda di mercato, acquisendo un ruolo importante nel panorama nazionale dei vini che contano. La vinificazione in purezza consente di ottenere un vino dall’intenso colore rubinoviolaceo, dai profumi decisamente fruttati (con note di ribes, ciliegie sotto spirito, confettura di frutti di bosco e prugne cotte), elegantemente speziati, che chiudono con dolci aromi di tabacco. Al palato è di grande concentrazione, ma al contempo soave e calibrato, con un frutto vellutato sostenuto da un deciso tenore alcolico. Il vino migliora le sue caratteristiche se viene sottoposto a un adeguato invecchiamento. Tradizionalmente sono prodotte anche le tipologie dolce naturale, liquoroso dolce e liquoroso secco, che hanno gradazione alcolica decisamente elevata e lungo invecchiamento. Servito a 18-20 gradi di temperatura in calici ampi e panciuti, il Primitivo in versione secca è un eccellente abbinamento per le orecchiette con sugo di carne, i salumi piccanti, le carni rosse e la selvaggina, oltre che per formaggi come il pecorino stagionato e il canestrato. Le tipologie dolce naturale, liquoroso dolce e liquoroso secco sono da servire fresche, a 12-14 gradi, in accompagnamento ai biscotti e alla pasticceria secca.
ARTE Claudia Corti
Correggio, Danae. Olio su tela 1531-1532, Roma Galleria Borghese
Q
arte
Fascino e mito: il Bel Paese ammirato dal mondo Da non perdere Italia: Fascino e Mito; dal Cinquecento al contemporaneo. Villa reale di Monza fino al 6 settembre
Quando Acrisio, re di Argo, scopre tramite un oracolo che morirà anni più tardi per mano di suo nipote, si affretta a far costruire una torre inaccessibile a chiunque in cui verrà rinchiusa sua figlia, la bellissima Danae, in modo che non possa avere contatti con nessuno... men che meno generare un potenziale nipote assassino! Non aveva fatto i conti, il povero Acrisio, con la fantasia di Zeus, il quale, per sfuggire allo stretto controllo della gelosa moglie Era e portare avanti le proprie relazioni extraconiugali, assumeva di volta in volta sembianze particolari quali il cigno, una nuvola, un’aquila o, come in questo caso, una leggerissima pioggia dorata in grado di penetrare attraverso le fessure del soffitto di una torre inviolabile. È partendo dal racconto di Ovidio che il pittore emiliano Correggio nel 1531 trae un capolavoro assoluto: una stanza illuminata da una fonte di luce esterna al dipinto, posta a destra, un letto a baldacchino con le lenzuola sgualcite, una giovane e sensuale donna per nulla turbata, un genio alato che scosta il lenzuolo guardando la nube dorata che dall’alto del soffitto andrà a cadere sul corpo di Danae; in basso a destra due puttini, apparentemente estranei alla scena, intenti a temperare la punta delle loro frecce. Completa l’opera una finestra a sinistra nella tela attraverso la
quale si scorge un brano poetico e suggestivo del paesaggio italiano con tanto di architetture ed effetti atmosferici. È anche grazie a opere come la Danae del Correggio se a partire dal XVII secolo, e per i trecento anni successivi, l’Italia diviene la meta obbligata per artisti, letterati, uomini di cultura, che vedono nel nostro Paese una fonte di ispirazione continua: paesaggi, colori, suoni, manifestazioni della cultura popolare e, perché no, belle donne dal fascino mediterraneo. Ma è l’arte a farla da padrona: dai classici greci e romani a Raffaello, Tiziano e Michelangelo; per secoli generazioni di artisti di ogni angolo del mondo guarderanno al nostro Paese come un mito ormai consolidato nell’immaginario collettivo. Scrive nel XVIII secolo l’aristocratica poetessa inglese Mary Wortley Montagu: «Più percorro l’Italia e più mi convinco che gli italiani sono dotati in tutto e per tutto di uno stile che li distingue in maniera determinante dagli altri popoli europei. Non saprei da dove abbiano saputo trarlo, se dal genio naturale o dall’imitazione degli antichi, o se lo posseggono per semplice ereditarietà. Che esista è fuori di dubbio». E oggi più che mai, con gli occhi del mondo puntati sul Bel Paese, l’Italia dovrebbe guardare al proprio stile per tornare a essere un mito.
curiosità La parola “turismo” deriva dal francese “Grand tour”, il viaggio culturale a cui i giovani aristocratici europei si dedicavano per completare la propria formazione e che aveva l’Italia come meta fondamentale.
giugno 2015
63
Libri Davide Mura
Una lista ci salverà
Diventeremo una Disneyland? Lo si ripete a più riprese: occorre mettere al centro della crescita economica il turismo, vera risorsa del nostro Paese. Eppure, i governi si succedono senza lasciare in eredità una strategia efficace per questo settore. Occorre cambiare prospettiva, suggerisce Lorenzo Salvia, e passare da un modello archivistico del patrimonio a uno del tipo “Ikea”. Una riconversione profonda e radicale dell’esperienza in Italia che lascia spazio alle iniziative dei privati, superando luoghi comuni e remore ideologiche. L’obiettivo: trasformarci in un grande parco tematico dove la cultura intrattiene. Resort Italia, Lorenzo Salvia, Marsilio, pagg. 149, 17.
Un metodo in apparenza semplice e alla portata di tutti, purché ci sia costanza e volontà di arrivare al nocciolo dei fatti. Segnare le cose da fare, gli obiettivi da raggiungere, le persone da incontrare, gli indirizzi, i nomi, i concetti di una riunione. Dal Giappone, Dominique Loreau propone una chiave di lettura del quotidiano e della nostra professione attraverso un modo pratico per portare a termine compiti e attività: le liste, in molte versioni, tutte scritte. Le persone di successo le utilizzano abitualmente e spuntano ciò che ottengono e realizzano. L’arte delle liste, Dominique Loreau, Vallardi, pagg. 210, 12.
libri
Ragazzi, datevi una mossa Un saggio dedicato a un’intera generazione di giovani, alle prese con un mercato del lavoro profondamente cambiato negli ultimi anni e che non chiede tanto competenze tecniche quanto la capacità di affrontare in modo creativo problemi e nuove sfide. I due autori puntano il dito contro la scuola italiana, facendo comparazioni interessanti con i modelli internazionali di eccellenza, come il sistema educativo finlandese, dove si investe sempre più sulla preparazione del corpo do-
64
giugno 2015
Oltre al Duomo c’è di più L’Expo è stata inaugurata e per molti visitatori, italiani e stranieri, l’evento può essere l’occasione per scoprire Milano, che normalmente non brilla per la sua attrattività turistica. A torto. Sì, perché il capoluogo lombardo, dietro alla sua facciata austera e spesso sbrigativa, cela tesori artistici, architettonici e molte curiosità di solito escluse dagli itinerari convenzionali. Dai nuovi grattacieli alle statue simbolo, dalle trattorie agli edifici razionalisti: in questa guida illustrata c’è una città ricca di storia che guarda al futuro a testa alta. 111 luoghi di Milano che devi proprio scoprire, Giulia Castelli Gattinara, Emons, pagg. 230, 14,95.
cente. Se i percorsi di studio da noi risultano totalmente disallineati col mondo delle professioni, quali sono oggi le priorità? Etica del lavoro, iniziativa e responsabilità sono le parole chiave di questo cambiamento per chi è disoccupato, chi colleziona esperienze fini a se stesse e i neet (giovani che non studiano né lavorano). Una lezione da imparare al più presto. La ricreazione è finita, Roger Abravanel, Luca D’Agnese, Rizzoli, pagg. 295, 18.
letture per manager
...permanager
Marco Lucarelli
Leggi e commenta le recensioni di Marco Lucarelli sul blog
I lati più oscuri di internet Abbiamo visto entrare i big di internet nelle aule dei tribunali per difendersi da accuse di elusione fiscale. Sappiamo come le triangolazioni fiscali permettano alle multinazionali di pagare, in modo lecito, meno tasse. Questa però è stata l’occasione per innescare nell’opinione pubblica un dibattito sul modo di “fare mercato” delle grandi multinazionali del web come Apple, Amazon, Google o Facebook, osannate da media e consumatori. A questo nuovo filone critico contribuisce anche il libro di Federico Rampini Rete padrona: Amazon, Apple, Google & co. Il volto oscuro della rivoluzione digitale (Feltrinelli editore, 2014). Rampini, giornalista corrispondente per La Repubblica dagli Stati Uniti, ci guida in una riflessione critica verso i cosiddetti Over the top (Ott). Gli Ott – intesi come quelle imprese prive di una propria infrastruttura di telecomunicazioni ma che forniscono, attraverso le reti col protocollo internet, servizi, contenuti e applicazioni – sono esplosi negli ultimi anni. È stata una crescita “sana” senza impatti negativi su temi come privacy, monopolio e concorrenza? Non proprio, come ci spiega Rampini, che parla di Amazon e di come abbia cannibalizzato il mondo dell’editoria tradizionale, di Apple e del lato oscuro del suo osannato leader, Steve Jobs. Senza escludere di parlare di Facebook e dei servizi di Google, ai quali forniamo l’accesso ai nostri dati personali sia per scopi pubblicitari sia per attività di data-mining.
#letturexmanager.it Perché leggerlo Ammetto di aver iniziato a leggere questo libro con una serie di pregiudizi. Immaginavo fosse il solito giornalista blasonato che parla della rete in modo snob. Mi sono dovuto ricredere fin dalle prime pagine. Perché Rampini, di internet e delle nuove tecnologie, è prima di tutto un utilizzatore esperto che conosce bene limiti e potenzialità di questo mezzo. Questo gli fornisce la credibilità necessaria per parlarne in modo critico. Però su alcuni concetti sostenuti nel suo libro continuo a non essere d’accordo. È il caso di internet che ha tradito le attese di una common land per la condivisione, senza fini di lucro, di conoscenza, di un sapere condiviso e gratuito. Internet è anche questo, come nelle intenzioni del suo inventore Tim Bernard Lee. È anche questo ma non solo. Non dobbiamo dimenticare che dietro a un sito web, a un giornale online, a un’app ci sono grafici, creativi, sviluppatori, project manager, esperti di marketing digitale che realizzano le pagine che leggiamo tutti i giorni dai nostri tablet e smartphone. Quindi, è lecito riflettere sull’eccessiva deriva commerciale e del rischio di monopolio da parte delle big di internet. Non dimentichiamoci però che la new economy ha permesso l’ingresso nel mondo del lavoro di migliaia di giovani in tutto il mondo. Questo libro affronta internet in modo critico e aiuta a riflettere anche sui suoi lati più oscuri. Senza cadere nel neoluddismo ma rendendoci dei cittadini un po’ più informati e quindi consapevoli.
giugno 2015
65
lettere Daniela Fiorino (daniela.fiorino@manageritalia.it)
Il congedo parentale in caso di parto plurimo Sono in attesa di due gemelli e avrei bisogno di alcuni chiarimenti. Una dirigente ha gli stessi diritti di una dipendente? Le quattro ore al giorno di allattamento vanno utilizzate ogni giorno, oppure si possono accumulare? Anche la maternità facoltativa si raddoppia in caso di gemelli? Nel periodo di maternità posso lavorare part-time? Devo lavorare otto ore in ufficio, oppure posso svolgere il lavoro anche da casa?
lettere
M.S. - Bergamo
66
giugno 2015
La normativa che disciplina la maternità tutela tutte le lavoratrici dipendenti, comprese le dirigenti. Con riferimento ai quesiti formulati, le quattro ore giornaliere di allattamento in caso di parto plurimo non si possono cumulare, ma devono essere fruite nella giornata, anche in maniera non continuativa. L’art. 32 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo Unico delle disposizioni in materia di maternità), ha stabilito che il congedo parentale (ex astensione facoltativa, retribuita al 30% per un massimo di sei mesi) spetta “per ciascun bambino” e non in relazione al parto. La precisazione in merito viene fornita dall’Inps con messaggio 569/2001 e circolare 8/2003 al punto 8. Di conseguenza, in caso di parto gemellare o plurimo, ciascun genitore ha diritto alla moltiplicazione del periodo di congedo parentale retribuito secondo i criteri fissati con la legge 8 marzo 2000, n. 53. Non è chiaro il penultimo quesito, ossia se nel periodo di maternità si può lavorare part-time. Se si riferisce al congedo parentale (la cosiddetta astensione facoltativa di cui al
punto precedente), questo si può fruire in maniera continuativa o frazionata (ad esempio, anche per un solo giorno a settimana). Inoltre, la possibilità di fruizione su base oraria, anche in assenza di una specifica previsione contrattuale, verrà introdotta a breve da un decreto legislativo attuativo del Jobs act. Lo schema di decreto prevede che la fruizione su base oraria possa essere consentita in misura pari alla metà dell’orario di lavoro medio giornaliero, salvo diversa previsione dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Dopo il rientro dal congedo di maternità (il cosiddetto periodo di astensione obbligatoria, retribuito al 100%), la dirigente può chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time, tuttavia non si tratta di un vero e proprio diritto, in quanto sulla trasformazione di un rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale a seguito di maternità non esiste una specifica disciplina legale. Il ccnl per i dipendenti delle aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, all’art. 90, stabilisce l’obbligo per le aziende di accogliere tali richieste nell’ambito del 3% della forza occupata nell’unità produttiva, in funzione della fungibilità dei lavoratori interessati e della priorità cronologica della presentazione delle domande. Nelle unità produttive che occupano da 20 a 33 dipendenti non potrà fruire della riduzione dell’orario più di un lavoratore. Sempre secondo il ccnl dipendenti, la richiesta di passaggio a part-time dovrà essere presentata con un preavviso di 60 giorni e dovrà indicare il periodo per il quale viene ridotta la prestazione lavorativa. Come per il part-time, anche la possibilità di lavorare da casa può essere liberamente concordata con il proprio datore di lavoro.
inserto mensile di Dirigente n. 6 / 2015
DIRIGIBILE
a cura di Thomas Bialas
Segnali di futuro visti dall’alto #15 esploriamo il futuro grazie a:
FUTURE BANKING Banca come spazio di co-working
p. 2/3
FUTURE ADVERTISING p. 4/5 Nativo digitale uguale a nativa pubblicità?
FUTURE BUSINESS DOVE FARE AFFARI NEL 2030 INFOGRAFICA DEL MESE YOUTUBE COMPIE 10 ANNI. TEMPO DI GETTARSI NELLA MISCHIA SAVE THE DATE: CFMT PER EXPO IN CITTÀ Quattro appuntamenti durante Wave Innovation GIUGNO 2015 - MILANO http://www.cfmt.it/expo
Dirigente mensile di informazione e cultura manageriale editore Manageritalia Servizi design: CoMoDo
FINE CORSA
Vuoto (dei dati) a perdere 24 maggio 2015. Formula 1, Gran Premio di Monaco. Ordine d’arrivo: primo Rosberg, secondo Vettel e terzo Hamilton. Sì, ma Hamilton a 10 giri dal termine era saldamente in testa e con circa 25 secondi di vantaggio sul secondo. Poi l’inaspettato, e con il senno di poi insensato, ordine di rientrare ai box, a pochi giri dalla fine. Strategia sbagliata basata su calcoli sballati e dati del GPS errati. Insomma, la macchina prende la decisione e il pilota fa
FUTURE INTERFACE Pagare il conto con un selfie
p. 8
la figura del... (ci siamo capiti). Ai tempi di Niki Lauda (peraltro, ironia della sorte, oggi presidente della scuderia Mercedes AMG F1) era l’intuito umano a guidare le decisioni. Per fortuna ancora oggi Roger Federer parla di buone e cattive sensazioni in campo e gioco intuitivo. Tutta questa storia dell’essere ingabbiati da dati e algoritmi mi ha fatto venire in mente l’ultimo libro, fresco di stampa, di Nicholas Carr: La gabbia di vetro, prigionieri dell’automazione. Nicholas Carr, per chi non lo conoscesse, ha spesso irritato con le sue posizioni critiche (basta ricordare il suo libro Internet ci rende stupidi?) il “gasatissimo” mondo tecnologico. A volte esagera, ma è anche esagerata la cieca fiducia (e sudditanza) nei dati, algoritmi e decisioni di presunte intelligenze più intelligenti di noi umani. E comunque sia, Hamilton avrebbe deciso diversamente e probabilmente vinto il Gran Premio.
2/3
FUTURE BUSINESS DOVE FARE AFFARI NEL 2030 Sette mercati del futuro in super pillole. Un concentrato di spunti su cui meditare e magari metterci il naso. Nice big data analysis: una montagna di dati incombe sulle imprese, ottime opportunità per servizi dal taglio sartoriale. Equipment-as-a-service: accesso e non possesso vale anche per le aziende, il noleggio come pacchetto service tools invaderà ogni settore. Global waste recyclers: ottenere materie prime e risorse da scarti e rifiuti sta per diventare un’esigenza e un business globale. All inclusive travel service: il turista del futuro fissa solo date e destinazioni, il resto lo fa la nuova agenzia
di facilitazione turistica (che funziona come tante app). Authorities facilities: passaporti, pensioni ecc.; la pubblica amministrazione esternalizzerà molti servizi a piattaforme private. Smart water utilities: l’acqua non è solo una risorsa sempre più scarsa ma anche bisognosa di servizi che ottimizzino e innovino la “resa” finale. Un’esigenza non solo del terzo mondo, ma in futuro del mondo tout court. Energy service innovator: il monopolio centrale sta per dissolversi in infinite unità di energia decentralizzata e condivisa. Da qui al 2030 una delle opportunità più interessanti anche per imprese di servizio dalle dimensioni ridotte.
FUTURE BANKING BANCA COME SPAZIO DI CO-WORKING “Che banca sarò in futuro?” non se lo chiede solo Che Banca ma direi ogni banca. Quasi tutti pensano di abbandonare lo spazio fisico per passare (quasi esclusivamente) allo spazio digitale. Buona idea ma non sempre. Anni addietro consigliai all’amministratore delegato di una banca italiana di trasformare le filiali in altro. Per esempio in degli hubsalotto dove i clienti (e non solo startup) possono trovarsi, lavorare e collaborare. La banca come community vera e incubatore territoriale. Come spesso accade, le proposte eccessivamente disruptive incontrano resistenze non da poco quando sono in ballo soldi e tematiche di sicurezza. Nel frattempo
FUTURE MANIFESTO DOPO 16 ANNI IL NUOVO CLUETRAIN Dopo sedici anni tornano i profeti de “I mercati sono conversazioni” con una nuova versione del Cluetrain Manifesto, ma questa volta l’accoglienza è più tiepida e non scalda i cuori. Wired Italia l’ha praticamente stroncato chiudendo il pezzo con un perentorio “Niente a che vedere con quel documento visionario che era il precedente”. I concetti di base sono sicuramente quelli giusti ma, di fatto, sorpassati a destra dai fatti. D’altronde con i sequel si rischiano sempre ripetizioni e banalizzazioni (lo sanno bene quelli del cinema). Sarà l’età (la loro), ma per strada si sono persi l’internet
delle cose, il web semantico e soprattutto l’intelligenza artificiale con contenuti in rete generati solo dalle macchine. Allora perché ne parliamo? Per tre motivi. Primo: perché è un’occasione per rileggere l’originale del 1999 (sempre valido). Secondo: perché l’update contiene alcune riflessioni giuste. Terzo: non tutti sono così critici. All’estero alcuni esperti apprezzano proprio la parte più critica. Le rete non ha mantenuto la neutralità che prometteva. La colpa? Secondo loro dei predatori individuati negli uomini di marketing che non giocano a carte scoperte: spiano, scrutano e lanciano con il native advertising (vedi articolo a pagina 4/5) ami “camuffati” a cui abboccano i consumatori ignari. LINK SCARICA IL NUOVO CLUETRAIN MANIFESTO http://newclues.cluetrain.com
in Polonia Idea Bank (già nel brand un posizionamento chiaro) ha aperto al proprio interno spazi di co-working e caffetteria per i giovani imprenditori e messo in campo una serie di prodotti e servizi che parlano un nuovo linguaggio fatto di colori e trasparenza. Social finance significa anche questo: rappresentare una banca social network. http://www.ideabank.pl
SO WHAT? In molti settori finanziari (vedi assicurazioni) si piange sulla (defunta) fidelizzazione. Forse è giunto il momento di diventare brand empatici. Imprese che comprendono le vere esigenze e che trasformano i propri spazi in posti che rendono il mondo e la vita dei clienti migliori.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
FUTURE MANAGEMENT RESPONSIVE ORGANIZATION? SOUNDS GOOD Ancora economia collaborativa: Alfons Cornella, founder di co-society (network per l’innovazione collaborativa) mi invita all’annuale Co-Fest a Barcellona. Il tema: responsive organizations. Suona bene e fa volare la fantasia. Come ormai tutti sanno, il responsive web design indica una tecnica per realizzare siti capaci di adattarsi graficamente in modo automatico e immediato al dispositivo coi quali vengono visualizzati. Che la stessa cosa si possa immaginare per un’organizzazione aziendale
suona suggestivo. Responsive company: l’impresa che risponde velocemente ai cambiamenti adattandosi a nuove esigenze e sfide. D’accordo, ma tutto questo suona solo bene o funziona anche bene? E poi cosa? A scorrere velocemente i vari punti del manifesto di responsive.org si trovano le solite (ma anche giuste) dritte di come si opera in un’epoca “less predictable”. Passare dalla pianificazione alla sperimentazione, dal controllo all’empowering, dalla gerarchia al network. No, la forza non sta nella sostanza ma nella forma, perché responsive organization apre la mente e magari induce a imitare il comportamento dei siti responsive. Che non è poco. http://www.co-society.com http://www.responsive.org/manifesto http://www.umamiburger.com
FUTURE SOCIETY ARRIVA IL COMUNISMO AUTOMATIZZATO “Le macchine stanno divenendo sempre più intelligenti. Nel nostro studio dell’ultimo anno abbiamo scoperto che il 47% delle posizioni professionali attuali negli Stati Uniti è ad alto rischio di automazione”. Così parlò Michael Osborne, professore di machine learning, al recente evento del ciclo Future Management Tools tenutosi all’Ibm sul vasto tema dell’intelligenza artificiale in impresa. I robot ci sostituiscono? Bene, gridano i nuovi comunisti tecnoeuforici. Il loro movimento Falc (Fully automated luxury communism) non vuole falciare le
FUTURE BIG DATA DATA CUISINE. CUCINARE I DATI L’infografica rende i dati accessibili, la data cuisine invece commestibili. Non è la solita trovata di un cuoco in cerca di gloria e facili guadagni ma una nuova prospettiva. Tutti parlano dalla mattina alla sera di dati (meglio se big) ma solo pochi sanno che farsene di questa immensa montagna di numeri. Ciò spiega il massiccio uso (talvolta abuso) da parte dei media e delle imprese di visualizzazioni sotto forma di infografiche. Per rendere tutto più digeribile. I tizi di Data Cuisine devono aver pensato di prendere alla lettera la questione della digeribilità. Ricette che partono dai dati per le composizioni e rappresentazioni sul piatto. Sul loro sito una
serie di proposte che trasformano i numeri di Twitter e Facebook in altrettante portate. Non semplice creatività e magari interessante modello di business per una catena di ristoranti o “fast data food”, ma un segnale: big data può essere sfruttata per creare relazioni intime con il cliente. Come dire, da shopping experience a data experience. Prossima tappa: data fashion, collezioni che visualizzano dati su t-shirt e maglioncino? Una promettente nicchia di mercato per quasi tutti i settori. http://data-cuisine.net
macchine come i luddisti ma al contrario vuole collaborare per farli lavorare a nostro beneficio. La macchina come bene collettivo che ci libera dal lavoro. L’idea non è poi così “estremista” e campata per aria. Se in un prossimo futuro metà del lavoro verrà svolto dalle macchine allora anziché dannarci con un tasso di disoccupazione del 50% dovremmo rallegrarci di lavorare tutti solo la metà. Bella ipotesi, ma cosa significa? Separare lavoro da reddito? Impiegare gli umani nell’innovazione sociale e civica? Trasformare il non profit in low profit e il volontariato in stipendiato di utilità collettiva? Tassare solo i consumi? Ai comunisti la risposta. http://luxurycommunism.tumblr.com SCARICA L’INCHIESTA DI THE GUARDIAN http://tinyurl.com/nd6a5o5
4/5
MY NATIVE ADVERTISING GALLINA DALLE UOVA D’ORO? Spesso per fare la cosa giusta bisogna trovarsi nel posto giusto al momento giusto e, beh chiaro, cogliere l’attimo fuggente dell’idea nell’aria. Nel settembre 2011 il giovane startupper Dan Greenberg vaga per l’Omma conference di New York, un evento molto trendy per i “markettari” digitali. Sente tante parole ma una lo colpisce come un fulmine a ciel sereno: native, pronunciata da Fred Wilson (investitore della scena tech) a proposito delle nuove forme di comunicazione online che devono, come esperienza per l’utente, essere uniche, naturali, insomma native. Per Dan è il classico momento Aha. Quello che mancava per confezionare una nuova teoria e business del web advertising. Native advertising. Detto e fatto e già che c’è registra al volo e per pochi dollari il dominio nativeadvertising.com, ovviamente ancora libero. Sono passati quattro anni e oggi Dan è a capo di Sharethrough, società di San Francisco con 130 collaboratori, 30 milioni di fatturato, clienti del calibro di Time Inc e Forbes, specializzata nel nuovo mantra del marketing online. Gli affari vanno talmente bene che è sul tavolo un progetto di espansione nel vecchio Continente. Non è ovviamente il solo a rallegrarsi. Di uova d’oro ce n’è per tutti. eMarketer stima per il 2015 un giro di affari solo negli Usa di 4,3 miliardi di dollari e per il 2018 addirittura di 8,8 miliardi. Curiosamente cosa sia esattamente native advertising è ancora tema di discussione. Certo non per chi ha le galline nel pollaio.
NATIVE ADVERTISING NUOVO UOVO DI COLOMBO? Nativo digitale uguale a nativa pubblicità. Native advertising. Non si parla d’altro. Qualcosa d’altronde doveva succedere. La pubblicità, sotto forma di banner, video e altro, che invade e copre il contenuto consultato non solo dà sui nervi all’utente, ma è anche controproducente per l’inserzionista (stupisce semmai la stolta ostinazione e paranoia della misurazione di molti brand). Ma di cosa stiamo parlando. Secondo la definizione di Wikipedia è una forma di advertising online che assume l’aspetto dei contenuti del sito sul quale è ospitata o per dirla con il ceo di Sharethrough «un tipo di media integrato nel design dove gli annunci pubblicitari sono parte del contenuto». Nativa perché integrata al contesto nel quale è inserita, dando idea di continuità anziché rottura (anche di scatole). Sempre più native ads si insinuano nei blog, nei media (anche di autorevoli quotidiani). Facebook, Twitter, Yahoo, Instagram, ovunque l’invasione è pervasiva sotto forma di News Feed. Non a caso Yahoo ha acquistato il portale di microblogging Tumblr: per infilare contenuti dei propri clienti. Il portale di viaggi Gone viene supportato da Marriott, quello di design Reform da Bmw, weather.com mischia le previsioni del tempo con contenuti generati dagli inserzionisti e la Kraft infila le proprie ricette nelle pagine degli utenti appassionati di cucina su Pintarest. Il nuovo motto: se lo fanno tutti lo facciamo anche noi.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
NA(T)ÏF ADVERTISING VECCHIO UOVO CHE PUZZA DI MARCIO? Tutto è naïf in questa storia. Naïf sono le aziende che pensano che stia per accadere qualcosa di terribilmente nuovo. La buona pubblicità ha sempre avuto a che fare con una buona storia. Alla fine è solo content marketing e storytelling: generare contenuti veicolati dalle imprese. Sei Media World? Rifili le 10 migliori innovazioni tecnologiche. Il resto lo fanno software e algoritmi che adattano in automatico il messaggio al layout, stile e tono del portale da presidiare. Naïf sono gli utenti che credono ancora in una supposta, o almeno percepita, differenza fra contenuti “neutri” e promozionali. Native advertising è la pubblicità che fa finta di non essere pubblicità con mille trucchi ed espedienti. Per dirla in inglese: product placement, advertorial and fake fucking news. Già, le notizie. Il giornalismo ha abbandonato la storica separazione redazione-pubblicità. Per molti editori il native advertising è ora la competenza chiave. I giornalisti, già categoria a rischio, sono invitati a non storcere troppo il naso: si scrive per il business. È il caso del New York Times che si è fatto finanziare un reportage sulle donne dietro le sbarre da Netfix e dalla sua serie tv Orange is the new black. Forbes è andata anche oltre vendendo a gennaio la storia di copertina a AT&T. Storia vecchia? Sì, ma oggi al lettore sfugge ogni confine. L’uovo è marcio ma la puzza non si sente più. In futuro la misurazione dei nostri comportamenti porterà a messaggi promozionali talmente contestualizzati da risultare come una perfetta risposta a quello che stiamo cercando in quel momento. Forse.
http://nativeadvertising.it http://www.mediapost.com/ommamcommerce/ http://sharethrough.com http://nativeadvertising.com https://medium.com/re-form http://tinyurl.com/nhjhcjj
6/7
Infografica del mese
DA YOUTUBE A MORETUBE PIÙ VIDEO PER TUTTE LE AZIENDE YOUTUBE COMPIE 10 ANNI. TEMPO DI GETTARSI NELLA MISCHIA
4 4 MILIARDI DI VISUALIZZAZIONI AL GIORNO
100% LE ENTRATE DA DISPOSITIVI MOBILI SU YOUTUBE AUMENTANO DEL 100% DI ANNO IN ANNO
OSSERVARE
IMPARARE
PROVARE
Conoscete CutiePieMarzia? No? Allora non capite un tubo di Youtube (per inciso, nemmeno io la conoscevo prima di affrontare questo pezzo). Con 5 milioni di iscritti questa ragazza, all’anagrafe Marzia Bisognin, è la youtuber (con proprio canale) più seguita in Italia. E cosa posta di tanto interessante sul proprio canale YouTube? Poco importa, perché in termini di contenuto a prima vista (ma anche a seconda) succede ben poco. Consigli di moda, stile, make up o video-tutorial di cui si può benissimo fare a meno. La chiave del successo è un’altra: la relazione apparentemente paritetica: della serie “è proprio una di noi e parla come noi e con noi”. Youtube non è più da tempo una piattaforma di video da condividere ma una community interattiva. Un social media nel vero senso della parola. Per le nuove generazioni poi quella del youtuber è una delle professioni più ambite che promette fama e ricchezza. Per le aziende può invece rappresentare un modello di business e opportunità per raggiungere pubblici vasti.
E copiare il format. Determinante non è il cosa ma il come: la radicale vicinanza (trasmessa e percepita) e quotidianità messa in scena. Un rapporto aperto, informale, trasparente e personalizzato (ognuno dei milioni degli iscritti al canale ha la sensazione che è un rapporto a tu per tu). Gli youtuber rispondono ai commenti e accolgono contenuti. Per intercettare questo mondo non bisogna ragionare in termini di massa e neppure di gruppi, ma di una moltitudine di individui. Il consumatore dell’era digitale non è più classificabile demograficamente ma psicograficamente e l’azienda che ha imparato questa lezione non punta più a quote di mercato ma a quote di contesto dove gli utenti si connettono. Suona tutto molto complesso ma significa sostanzialmente che il focus strategico è indirizzato verso un dialogo individuale e sartoriale. Nulla si può imporre ma tutto si può proporre se si accetta la discussione e ogni forma di recensione. Youtube non come canale da presidiare ma piazza da frequentare.
Per le aziende che vogliono dialogare con il pubblico “under 30” non c’è modo di evitare Youtube o meglio gli youtuber. Loro hanno la chiave d’accesso per un contatto credibile (e dunque spendibile). Ma attenzione a non barare. Ogni youtuber racconta volentieri cosa compra e dove lo compra (e i fans partecipano a questo shopping) ma anche se oggi il ruolo si è professionalizzato e commercializzato rimane centrale la trasparenza e l’autenticità. Nessun problema se le aziende sostengono e sponsorizzano le giovani star di Youtube, a patto che prevalga la verità e non la bugia (“parlo di questo perché mi rappresenta e perché mi piace veramente”). La community smaschera subito i “fingitori commerciali”. Alle aziende la saggezza di abbinare il prodotto-servizio in un’ottica di affinità elettiva. Oggi vende il concetto di “beyond product”: non è più centrale il prodotto ma l’esperienza ad esso collegato. Ormai è noto: da attention economy a experience economy.
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
700 OLTRE 700 VIDEO SONO CONDIVISI SU TWITTER OGNI MINUTO
50% 50% DELLE VISUALIZZAZIONI PROVENGONO DA MOBILE
61>75 YOUTUBE È DISPONIBILE IN 61 LINGUE IN 75 PAESI
323
300 OGNI MINUTO VENGONO CARICATE SU YOUTUBE 300 ORE DI VIDEO
4 4 MILIARDI DI REDDITO STIMATO NEL 2014
1
323 GIORNI DI VIDEO YOUTUBE SONO VISUALIZZATI DA FACEBOOK OGNI GIORNO
OLTRE 1 MILIARDO DI UTENTI
6 EXIT STRATEGY A un certo punto gli ingegneri di Google sono dovuti ricorrere ai ripari e apportare una modifica strutturale a Youtube per aumentare la soglia delle visualizzazioni prima dell’azzeramento. Nessuno infatti aveva previsto che un video potesse essere visto più di 2 miliardi di volte. Nessuna azienda può emulare il successo di Gangnam Style, ma tentare non nuoce. Mandare i propri creativi barra collaboratori (giovani) in uno dei YouTube Space (spazi di produzione e creazione video) può essere un buon punto di partenza. https://www.youtube.com/yt/space/it/
6 MILIARDI DI ORE DI VIDEO VISUALIZZATI AL MESE
50% IL NUMERO DI ORE DI VISUALIZZAZIONE OGNI MESE SU YOUTUBE AUMENTA DEL 50% DI ANNO IN ANNO 2.344.570.752 visualizzazioni al 29 maggio 2015 per Gangnam Style
L’ORIGINALE DEL RAPPER SUDCOREANO PSY https://www.youtube.com/watch?v=9bZkp7q19f0 LA PARODIA DI SIO CON GOOGLE TRADUTTORE https://www.youtube.com/watch?v=1FbbKVMVCPk
DIRIGIBILE SEGNALI DI FUTURO VISTI DALL’ALTO
8
FUTURETECH INVENZIONI & INNOVAZIONI SPECIALE NO SPACE FOR BORING INTERFACE FUTURE INTERACTION PAGARE IL CONTO CON UN SELFIE? “Come posso aiutarti?” mi chiede Siri, l’assistente vocale del mio iPhone. Perché il tema futuro è proprio quello. Interazioni con i vari dispositivi sempre più intuitive e immediate. Parlare, gesticolare, sfiorare, percepire e, al posto di un’interfaccia, la nostra faccia per dialogare e magari pagare il conto. Il pagamento via smartphone in perfetto “selfie style” grazie al riconoscimento facciale è stato recentemente annunciato al Cebit di Hannover da Jack Ma, ceo della potente piattaforma commerciale Alibaba. Non è l’unico ad avere la fissa
AMAZON.COM/OC/ECHO/
Ancora Amazon. Echo è uno strano cilindro nero che si connette al wifi di casa e risponde a comandi vocali fornendo informazioni (via Wikipedia), notizie e musica. http://tinyurl.com/qgspyvv
TACTSPACE.COM
Dopo l’invasione degli emoji arriva anche il “sensory message”. Ovvero un sensore collegato a un’app, appeso al collo, che vibra quando qualcuno ci pensa. http://tinyurl.com/nf35fs5
della semplificazione. Il nuovo indiscutibile diktat coniato da tipi di trendwatching.com si chiama No Interface. Il fiume in piena di informazioni e applicazioni fa sì che l’utente pretenda (per perdere meno tempo) approcci più naturali nella relazione con il dispositivo. Vogliamo dialogare con la tecnologia esattamente come facciamo con le altre persone: in modo diretto. Gli esempi riportati parlano chiaro: nulla si deve più frapporre tra macchina e utente. Bye bye interfaccia. http://www.theubi.com http://www.onetravel.com/mobile http://tinyurl.com/oj5dqbs http://www.onetravel.com/mobile
AMAZON.COM/OC/DASH-BUTTON
Con il nuovo dispositivo di Amazon, un bottone in plastica connesso in rete via wifi, si ordinano i prodotti di casa che stanno per terminare con un semplice tocco. http://tinyurl.com/p4sfhy4
SINGLECUE.COM
Singlecue è un device che trasforma la propria mano in un dispositivo di comando gestuale per controllare i propri “gadget” tecnologici sparsi per la casa. http://tinyurl.com/qfomd6k
NAVDY.COM
Una specie di Google Glass per il parabrezza dell’auto. Navdy trasforma il vetro anteriore dell’auto in un’estensione del nostro smartphone con comandi vocali e gestuali. http://tinyurl.com/o65vxbh
LOGBAR.JP/RING/EN/
Con dei semplici gesti delle dita controllare e comandare i propri device. Dal computer alla televisione, dalle luci di casa alla lavatrice. Ci pensa Ring Zero, l’anello “cloud”. https://vimeo.com/108365192
Associazioni S ervizi s anità contratto Previdenza Formazione
quadri
IL PERIODO DI PROVA È previsto in caso di assunzione e deve essere sottoscritto da entrambe le parti prima dell’inizio del rapporto di lavoro o contestualmente. Durante tale periodo, maturano ferie, permessi, mensilità supplementari, anzianità di servizio e tfr Mariella Colavito
L’
art. 2096 del codice civile prevede che le parti, all’atto della stipulazione del contratto di assunzione, anche in un rapporto a tempo determinato, possano prevedere un periodo di prova. Lo scopo è quello di concedere a entrambi i contraenti un lasso di tempo entro cui valutare la convenienza del rapporto instaurato. Il periodo di prova, pertanto, potrà essere previsto solo in caso di assunzione e non di nomina, e dovrà essere sottoscritto prima dell’inizio del rapporto di lavoro o per lo meno contestualmente.
Risoluzione del periodo di prova Durante il periodo di prova sia il datore di lavoro sia il quadro possono risolvere il rapporto di lavoro liberamente, senza obbligo di preavviso (o relativa indennità sostitutiva) e senza motivazione. Tuttavia, la libera recedibilità non è sinonimo di arbitrio: il datore di lavoro, infatti, è obbligato a consentire l’esperimento della prova e un uso distorto della facoltà di recesso è sindacabile dal lavoratore. Vale a dire che il quadro potrà chie-
dere l’accertamento della nullità del patto di prova purché riesca a dimostrare, ad esempio, che l’esperimento della prova non sia stato consentito o che la verifica sia stata effettuata su mansioni diverse da quelle previste all’atto dell’assunzione, oppure che la prova sia stata effettivamente superata.
Atto scritto da entrambe le parti Il periodo di prova deve risultare da atto scritto, di solito la stessa lettera di assunzione, e deve essere sottoscritto da entrambe le parti. La forma scritta, infatti, è richiesta ad substantiam e, in sua mancanza, il rapporto di lavoro si intende costituito in via definitiva, con l’obbligo per il datore di lavoro di motivare il recesso e di corrispondere al quadro l’indennità sostitutiva del preavviso.
La durata e il calcolo dei giorni Anche la durata del periodo di prova deve risultare esplicitamente dalla lettera di assunzione. I vari contratti collettivi,
giugno 2015
75
manageritalia quadri
R
per lo più, fissano per i quadri una durata del periodo di prova in sei mesi, termine massimo al quale generalmente vanno ricondotti termini più lunghi eventualmente pattuiti. La contrattazione stabilisce anche se i giorni del periodo di prova debbano considerarsi di calendario o di effettivo lavoro. In assenza di indicazioni a riguardo, l’opinione prevalente è che il calcolo dei giorni vada effettuato secondo il calendario quando il periodo di prova è stabilito in mesi; mentre devono conteggiarsi i giorni di effettivo lavoro quando il periodo è contrattualmente espresso in giorni, fermo restando in ogni caso il limite dei sei mesi di calendario.
I quadri in Italia nel settore privato
425.714
Donne 28,4%
Uomini 71,6%
Dal 2008 al 2013 aumento del 10,1% +25,5% donne +5% uomini Sospensione momentanea della prova Sebbene il periodo di prova non possa superare i sei mesi, l’insor-
genza della malattia, il verificarsi di un infortunio o il godimento di un periodo di ferie ne interrompono la decorrenza. La giurisprudenza maggioritaria, infatti, ritiene che gli eventi in questione portino a una sospensione della prova, che riprenderebbe a decorrere una volta concluso l’evento interruttivo.
Diritti e obblighi Per quanto riguarda i diritti e gli obblighi relativi al rapporto di lavoro, la parificazione dei lavoratori in prova a quelli non in prova è assoluta. Durante il periodo di prova, infatti, oltre alla retribuzione, per il quadro maturano le ferie, i permessi, le mensilità supplementari, l’anzianità di servizio e il tfr. Qualora l’esecuzione della prestazione lavorativa prosegua oltre il termine previsto nel patto di prova, il rapporto di lavoro si intenderà costituito in via definitiva, senza bisogno di un’esplicita dichiarazione di volontà del datore di lavoro.
76
giugno 2015
MANAGER PER GARANZIA GIOVANI
manageritalia
Durante la Giornata nazionale della previdenza, Manageritalia ha presentato i risultati del primo progetto di sostegno all’autoimpiego e all’autoimprenditorialità rivolto ai giovani 15-29enni
nager all’interno del programma Garanzia Giovani, grazie all’accordo sottoscritto con l’Arlas (Agenzia regionale per l’impiego e l’istruzione), la Provincia di Napoli e i Centri per l’impiego. Il percorso per l’autoimpiego ha visto manager di Napoli iscritti alle due organizzazioni dedicare volontariamente e senza alcun compenso tempo e competenze professionali a ragazzi iscritti a Garanzia Giovani interessati al lavoro autonomo e all’imprenditorialità presso i Centri per l’impiego di Scampia e Capodichino.
D
al 12 al 14 maggio si è svolta a Napoli la quinta edizione della Gnp, la Giornata nazionale della previdenza e del lavoro 2015. Obiettivo della manifestazione sensibilizzare sia gli addetti ai lavori sia il grande pubblico sul mondo delle pensioni e del welfare, ma non solo. Manageritalia, che è tra i partner dell’iniziativa fin dalle prime edizioni, era presente con uno stand per valorizzare il contratto dei dirigenti del terziario con il suo welfare. Durante la prima giornata, insieme all’assessore al lavoro della Regione Campania Severino Nappi, sono stati presentati i risultati del primo progetto sviluppato insieme alle istituzioni locali per supportare l’ingresso nel mondo del lavoro i 15-29enni iscritti a Garanzia Giovani.
Il progetto Si tratta di corsi per l’autoimpiego rivolti a giovani napoletani. Più precisamente, laboratori gestiti da Manageritalia e Federma-
giugno 2015
77
R
A seguire un ulteriore incontro per chiudere il cerchio presso le sedi delle organizzazioni dei manager.
I risultati
manageritalia
Sono 200 i giovani convocati dai Centri per l’impiego, 46 partecipanti, 43 idee progettuali emerse dai giovani e 13 manager coinvolti. Tra le idee quella di offrire servizi ai disabili nella gestione di pratiche e altro, lanciare un servizio di postino mobile a Scampia, recupero terreni agricoli per dop e igp e molte altre. Quindi, un bilancio buono, sicuramente migliorabile coinvolgendo più giovani.
Esperienza produttiva Tirando le somme, dice Marcella
Mallen, responsabile del progetto per Manageritalia, «è stata un’esperienza produttiva ed entusiasmante. Abbiamo risposto a tutte le domande e li abbiamo orientati in modo corretto, facendo emergere le loro vere aspirazioni. È un’esperienza da ripetere e potenziare. Soprattutto dobbiamo mettere a fattor comune l’entusiasmo e la soddisfazione finale di chi ha fatto il corso per vincere lo scetticismo e l’apatia che attanaglia ancora troppi giovani, che così facendo rischiano di autoescludersi da ogni possibilità».
Stop a scetticismo e apatia Guido Carella, presidente Manageritalia, dice che «iniziative come questa, pur essendo solo un sasso nello stagno, riescono però
a scalfire e, speriamo presto, a rompere questo stato di cose e ridare entusiasmo. Noi continueremo a produrre iniziative e azioni per dare una mano concretamente, forti dell’esperienza nell’affiancare i nostri manager e delle competenze di quelli che lavorano con i giovani volontariamente. Presto le tante iniziative che mettiamo in campo da anni per i giovani in Italia, ma soprattutto a Napoli, troveranno un veicolo per rafforzarle e ampliarle. Vogliamo aiutare i giovani e Garanzia Giovani a decollare e vincere la sfida. È l’impegno che abbiamo da anni, che si rafforzerà a partire da Napoli, territorio difficile, ma proprio per questo vero laboratorio per innovare e cambiare le cose».
I neet, un confronto tra le regioni italiane Come noto i neet, giovani 15-29enni che non lavorano e non studiano, sono ormai purtroppo un fenomeno di massa che riguarda 2,4 milioni di italiani. Ci sono grandi differenze regionali visto che il Trentino-Alto Adige ha la percentuale più bassa (14,3%), la Sicilia quella più alta (40,3%) e gli uomini (1.162.772) hanno quasi raggiunto le donne (1.250.525). Negli ultimi anni, il problema è scoppiato anche tra i laureati e i diplomati, mentre è addirittura in calo tra chi ha titoli di studio inferiori (-9,5%). A livello di neet la Campania non è certo messa bene, visto che ha quasi 400mila giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, pari al 36,3% della popolazione in quella fascia d’età. Magra consolazione il fatto che Calabria (38%) e Sicilia siano messe peggio di lei. Il fenomeno è però qui storico e poco ha influito la crisi. Infatti, i neet della regione erano 372.973 nel 2004, 375.241 nel 2008 e sono 397.336 a fine 2014, con un aumento di 24.363 giovani, pari al 6,5%. Negli ultimi anni però le donne sono diminuite e gli uomini aumentati, tant’è che oggi, a fronte di un tasso totale di neet del 36,3% (31,2% nel 2004), le donne sono al 37,4% (erano al 38,2%) e gli uomini al 35,3% (erano al 24,2%).
78
giugno 2015
Innovazione Jugaad Un laboratorio per sperimentare un nuovo approccio all’innovazione
L’
cfmt
innovazione è diventata una direttrice sempre più importante per lo sviluppo delle aziende e un percorso obbligato in tempi di grandi cambiamenti. È in questo contesto che diventa strategico il ruolo degli innovatori Jugaad, una parola antica che proviene dall’India e che descrive coloro che sono in grado di trovare soluzioni intelligenti in contesti di scarsità di risorse. Con il laboratorio “Innovazione Jugaad” continua il percorso proposto da Cfmt, iniziato lo scorso anno, per comprendere un nuovo modo di fare le cose in grado di trasformare una limitata disponibilità di mezzi in un’opportunità. L’obiettivo del laboratorio è proprio quello di comprendere come lo stile Jugaad possa essere introdotto all’interno delle nostre pratiche professionali. La comprensione di un concetto molte volte passa dalla messa in pratica, per questo motivo durante il laboratorio del 29 giugno i partecipanti avranno la possibilità di utilizzare attrezzature, materia-
Milano 29 giugno, 9-13 L’Hub, Ripa di Porta Ticinese, 69
li e strumenti messi a disposizione da Barbara Zucchi Frua, ideatrice de L’Hub, e saranno guidati da Leonardo Previ, presidente di Trivioquadrivio, in un processo di comprensione dell’approccio Jugaad. Il workshop è un’edizione speciale per i venti anni del Cfmt e inserita all’interno del calenda-
rio degli eventi di Wave - Milano, una mostra internazionale sull’ingegnosità collettiva promossa e ideata da Bnp Paribas. Il laboratorio, proposto in collaborazione con Trivioquadrivio, rappresenta uno dei tanti appuntamenti previsti nel corso della mostra, che avrà luogo dal 4 giugno al 3 luglio.
PER maggiori informazioni
Andrea Rescalli, Tel. 02 54 06 32 44 oppure visita il sito www.cfmt.it La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento degli appositi contributi.
giugno 2015
79
Vacanze più serene con “Viaggi Nostop Vacanza” Scopri come viaggiare sereno in tutto il mondo con la polizza adatta a coprire le tue necessità e la possibilità di scegliere le garanzie più adeguate alle tue esigenze
V
Assidir
acanze estive: due parole che evocano in noi l’idea di spiagge bianche e assolate su cui stare sdraiati prima di fare un bagno o di montagne con boschi e picchi di roccia in cui fare lunghe passeggiate lontani dal trambusto della città. Subito dopo, la nostra mente associa alle due parole anche altre forme di vacanza che includono, ad esempio, i viaggi nelle città
d’arte, le crociere o, se si è più giovani, le vacanze studio per apprendere dal vivo le lingue straniere. È naturale che, prima di partire, si pensi essenzialmente a tutti gli aspetti positivi delle prossime vacanze ma, benché ciò possa apparire in controtendenza con le nostre abitudini, anche in Italia si va sempre più diffondendo il ricorso a formule di assicurazione
Viaggi Nostop Vacanza è la polizza adatta a tutte le tue necessità quando viaggi. E puoi costruirla come preferisci scegliendo le garanzie più adatte alle tue esigenze! Per esempio: se hai un bagaglio prezioso o porti con te le attrezzature sportive, puoi scegliere garanzia bagaglio TOP per una maggiore copertura; se parti per un viaggio avventuroso o pratichi sport estremi non dimenticare le nostre garanzie in caso di infortunio; quando viaggi con la famiglia acquista anche la garanzia di responsabilità civile che ti copre in caso di danni arrecati a terzi nel corso del viaggio; se i nonni restano a casa, con la garanzia integrativa “Parti sereno” avrai qualcuno che si prenderà cura di loro in caso di necessità; se invece vai a studiare all’estero, la soluzione stage ti offre una protezione completa; se sei in giro in Europa con almeno cinque amici avete diritto a uno sconto; se fai più viaggi nel corso dell’anno, ti conviene la formula Annuale multiviaggio, che copre tutti i tuoi viaggi nel corso dell’anno.
80
giugno 2015
che ci possono coprire in caso di inconvenienti durante i nostri viaggi in tutto il mondo.
Pensiamo ai piccoli inconvenienti… A titolo di esempio basta ricordare quanto ci viene offerto in modo standard, con un piccolo supplemento, quando prenotiamo una vacanza organizzata per proteggerci da annullamenti, perdita bagagli ecc. Rischi, questi, che sono presenti da sempre e che sono indipendenti dal tipo di vacanza e dal fatto che la stessa sia individuale o organizzata; rischi che oggi si sono inevitabilmente accentuati a causa dell’allargamento delle destinazioni, dell’incremento del numero dei viaggiatori, delle mutate situazioni di contorno.
… come a quelli più grandi Visto che a questi inconvenienti se ne possono poi aggiungere altri che tendiamo naturalmente a sottostimare, a partire da quelli imprevedibili legati alla salute, come fare per dare la massima tranquillità possibile alle nostre vacanze? Ci ha pensato Manageritalia che, attraverso Assidir, ha creato le condizioni per offrirci una rete di protezione anche quando siamo lontani da casa.
Problemi di salute all’estero: cosa fare Prima di tutto per i problemi di salute, per i quali ci sono sostanziali differenze se si viaggia in Italia o all’estero; se nel nostro Paese si è assistiti dal sistema sanitario nazionale, all’estero le cose
cambiano notevolmente in funzione del paese di destinazione. Un esempio per tutti: se nei principali paesi della Ue basta presentare la tessera sanitaria per poter accedere ai servizi di assistenza nelle strutture pubbliche, negli Stati Uniti tutto è a carico del viaggiatore. Per maggiori chiarimenti, le condizioni di assistenza offerta nei diversi paesi possono essere facilmente verificate prima di partire utilizzando l’apposita App “Se parto per…” o entrando nel portale del ministero della Salute nella sezione con lo stesso nome.
Come saperne di più e come fare per dare maggiore tranquillità alle nostre vacanze? È molto semplice: • entra nel sito www.assidir.it; • clicca sul banner dedicato all’ecommerce in home page e poi su quello “Viaggi Nostop Vacanza”; • clicca su “FAI UN PREVENTIVO”, verrai trasferito automaticamente nel sito di Europ Assistance e potrai inserire i dati relativi al viaggio e alle persone da assicurare; • acquista la polizza con lo sconto speciale del 10% inserendo il numero della tua card Manageritalia; • parti sereno!
Oltre alla sanità pubblica, c’è di più Per tutti noi associati Manageritalia, oltre alla sanità pubblica e agli interventi del nostro fondo di assistenza sanitaria, è possibile aggiungere ulteriori interessanti coperture previste dalla polizza Viaggi Nostop Vacanza di Europ Assistance Italia, leader dell’assistenza privata nell’area viaggi, con uno sconto speciale del 10%.
Assistenza in viaggio e spese mediche Tra tutte, vale la pena di ricordare l’assistenza in viaggio senza limiti, che grazie a una centrale operativa attiva 24h su 24h, permette di risolvere ogni emergenza con la copertura integrale dei costi, la copertura delle spese mediche e ospedaliere senza necessità di anticipare le spese, gli infortuni anche per “sport pericolosi”, non solo per noi ma anche per i nostri familiari.
Messaggio pubblicitario, prima della sottoscrizione leggi il fascicolo informativo disponibile sul sito Europ Assistance, che ti verrà comunque inviato automaticamente al momento dell’elaborazione del preventivo
Per quanto riguarda il bagaglio, esiste la possibilità di coprire i danni derivanti da furto, incendio, rapina, scippo e non solo quelli da mancata riconsegna o danneggiamento da parte del vettore.
Coperture integrative E infine, una serie di coperture assicurative integrative meno note, ma ugualmente importanti, quali la tutela legale durante i viaggi, il risarcimento dei danni causati involontariamente a terzi durante il viaggio, l’assistenza do-
miciliare resa necessaria da una malattia o infortunio, con ricovero, occorsi durante il viaggio. Se vai in montagna a sciare anche d’estate, ricordati che Assidir mette a tua disposizione “Sci Noproblem”, la polizza di Europ Assistance pensata appositamente per risolvere inconvenienti che potrebbero capitarti durante la pratica, non a titolo professionale, di sci, snowboard e pattinaggio sul ghiaccio.
giugno 2015
81
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Hanno collaborato a q u e s to nume r o
Mensile di informazione e cultura di Manageritalia
Cosimo Accoto OpenKnowledge.
federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato
è partner e VP Innovation di
(52)
Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del proget-
i nostri
blog
to Future Management Tools di Cfmt e curatore dell’inserto (28 e 67) Dirigibile.
Alessandra Colonna è stata dirigente e membro di diverse associazioni imprenditoriali. Dal 2005 è founding e managing partner di Bridge Partners, società specializzata nell’alta formazione e consulenza manageriale per lo sviluppo delle capacità negoziali. Scrive anche per il blog crisiesviluppo. (58) manageritalia.it. Claudia Corti è laureata in lettere, indirizzo moderno artistico, ed è guida turistica per le province di Milano, Pavia, (63) Monza e Brianza. Gaia Formenti è collaboratrice del progetto di ricerca sul turismo “Nuovi modelli di business e nuove competenze nelle (16) imprese del turismo”.
crisiesviluppo.manageritalia.it
Oltre la crisi, per cogliere opportunità e sviluppo
Pietro Luigi Giacomon è presidente Cfmt, docente incaricato presso l’Università degli Studi di Padova, coordinatore del progetto di ricerca nel turismo. (16)
Luca M. Liberatore è associato a Manageritalia Milano.
Conversazioni tra uomini e donne sulle pari opportunità
CFMT - Centro di formazione management del terziario Associazione Antonio Pastore
Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella
Marco Lucarelli
Direzione, redazione, amministrazione: 20129 Milano - via Antonio Stoppani 6 tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it
Cristina Spagna
Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità
è managing director Kilpatrick International, con headquarter a Milano, presente in dieci paesi nel mondo (Italia, Svizzera, Romania, Olanda, Polonia, (22) Uk, Usa, Emirati Arabi, Bangladesh, Singapore).
Piero Valdiserra è direttore marketing e relazioni esterne di uno dei maggiori gruppi italiani operanti nel beverage alcolico. È anche sommelier, nonché fondatore e presidente del club enogastronomico bolognese Gaudio (marketing@ri(62) naldi.biz).
Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta
Concessionario pubblicità PUBLIMASTER 20146 Milano - via Winckelmann 2 tel. 02424191 - fax 0247710278 direzione@publimaster.it Grafica The Graphic Forge snc 20129 Milano - via Antonio Stoppani 4 tel. 0229404920 - www.graphicforge.it
Gaia Vicenzi è psicologa e psicoterapeuta (www.gaiavi(24) cenzi.com).
Stampa ROTOLITO LOMBARDA spa Via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolitolombarda.it
da Manageritalia
Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974
Mariella Colavito, ufficio sindacale Manageritalia (75)
Per i pensionati di oggi e di domani
Fondo di previdenza Mario Negri
Coordinamento: Roberta Roncelli
Milano.
pensioni.manageritalia.it
Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali
Esperto di processi aziendali, è stato a lungo direttore in Europa della funzione compliance per un’importante multinazionale (34) statunitense. lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di operatori virtuali. Cura anche la rubrica #letturexmanager sul blog crisiesviluppo. (65) manageritalia.it.
donne.manageritalia.it
FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO
Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale. (66) Carla Panizza, responsabile centro studi.
(56)
Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa La diffusione di aprile è di 34.625 copie
Ars Medica Dentistica
Centro odontoiatrico di microchirurgia orale e implantologica Direttore Sanitario Dott. Mauro Malvini
Via Borgazzi, 17 - Monza - Tel. 039.2308662 www.arsmedicadentistica.it - info@arsmedicadentistica.it EQUIPE MEDICA
La sala d’attesa
Dr. Mauro Malvini Direttore sanitario Implantologia / Chirurgia orale / Riabilitazione Protesica Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria (Università degli Studi di Milano) Graduate in Implantology and Oral Rehabilitation (New York University, College of Dentistry, New York) Tutor New York University in Italy Membro SIO (Società Italiana Osteointegrazione) Perfezionato in Implantologia avanzata (Innsbruck) Perfezionato in Sedazione cosciente endovenosa (Padova) Dr. Maurizio Parente Endodonzia / Conservativa Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria (Università degli Studi di Milano) Membro SIE (Società Italiana di Endodonzia) Dr.ssa Rossella Mangiacapra Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria (Università di Milano) Specialista in Ortognatodonzia Perfezionata in Ortodonzia, Gnatologia e Pedodonzia Master in Medicina Estetica (iscritta Albo di Medicina Estetica di Milano) Abilitazione tecnica Invisalign Abilitazione Faccette Lumineers Dott. Simone Galloni Laurea in Igiene Dentale (Università di Milano)
Tac e panoramica in sede
Orario: dal Lunedì al Venerdì 09,30-13,00 - 14,30-20,00 Sabato 09,30-13,00
Convenzioni DIRETTE: FASDAC, NEWMED, PREVIMEDICAL, PRONTOCARE, UNISALUTE/FONDO EST INDIRETTE: ACS UNIVERSITÀ BICOCCA, CADGI IBM, COMUNE DI MONZA, ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MONZA, ORDINE DEGLI INGEGNERI DI MONZA, ECC.
La nuova sala chirurgica
TAC-DENTASCAN
Bassissime dosi di radiazioni rispetto alle tecniche tradizionali e rapidità di esecuzione, grazie all’innovativo sistema di radiologia e diagnostica computerizzato
SPECIALIZZAZIONI
• Implantologia • Rigenerazione ossea • Chirurgia Orale • Microscopia operatoria • Sedazione cosciente endovenosa • Parodontologia • Protesi • Gnatologia • Posturologia • Endodonzia • Conservativa • Odontoiatria Estetica • Ortodonzia tradizionale • Ortodonzia invisibile (invisalign) • Pedodonzia • Inestetismi del viso • Igiene Orale • Sbiancamento