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LUCA, VOLA

DA TORINO A BARCELLONA DA SOLI 44,99€.

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QUESTO SÌ CHE È UN WEEKEND... GAUDENTE.

Paolo Giordano «“Il corpo umano” ha salvato una vita. La mia»

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La nostra guida ai ristoranti I Cento conquista Genova, Milano e Firenze

Portfolio

Il viaggio intorno all’uomo di Steve McCurry

Licia Mattioli 04 Dicembre-febbraio 2012-13

VOLO DIRETTO DA TORINO ALL’ AEROPORTO PRINCIPALE DI BARCELLONA (EL PRAT). Solo volo di andata per persona. Tasse aeroportuali, tariffe amministrative e commissioni per pagamento con carte di credito incluse. Offerta valida dall’1 al 30 giugno 2013, soggetta a disponibilità, termini e condizioni. Ulteriori informazioni su www.vueling.com. Vola!

Il neo-presidente dell’Unione Industriale: «perché non possiamo non dirci ottimisti»

Bogianen avventurosi

Tre storie eccezionali di torinesi normali

Carlo

Re

Tutti i consigli per gestire il Natale in tempi di austerity

LOVE THE WAY YOU FLY

Anno 1 / Numero 4

0412

È l’uomo del momento: tra Masterchef, libri e copertine audaci, C r a c c o è ormai famoso come una pop-star. Ma sapete qual è il segreto della sua cucina milanese? Averci messo un piemontese.

Bimestrale - dicembre-febbraio 2012-13 | € 2,00 | reg. Trib. Torino n. 12/02-03-12 | Issn: 2279-8919


Editoriale

di Luca iaccarino

Il mangialibri Premetto: non c’è nessuno più felice del sottoscritto quando apre un ristorante, una piola, una trattoria, un localuccio. Amo la cucina in tutte le sue declinazioni. La cucina mi fa vivere e mi dà da vivere (visto che di tanto in tanto mi pagano per scriverne). Mi diverte. Tuttavia. Tuttavia non posso non notare che a Torino – e immagino non solo – le tavole imbandite stanno soppiantando quelle fuori testo, i primi le opere prime, i menu le poesie, i volumi alcolici quelli antologici, i manzi, Manzoni. Fuor di sciocchezze: là dove un tempo c’erano librerie, ora nascon ristoranti. Non ci credete? La mia amatissima Agorà – dove l’amico Bruno vendeva i più bei volumi d’arte, fotografia, architettura – è diventata l’argentino Volver; al posto di Vagnino (ok: non libreria, ma comunque di scrittura si trattava) c’è Eataly; le librerie Coop un po’ dappertutto si stanno dando alla ristorazione; da una manciata di giorni lì dove stava una delle più belle e vivaci librerie di Torino

– parlo di Campus e ricordo quando l’animava Femore – ha appena inaugurato M**Bun. Evidentemente ci preoccupiamo sempre di più di pascere il corpo e sempre di meno l’anima, o forse l’anima in modi nuovi si nutre, ma certo non posso che struggermi per la facilità con cui si spendono 10 euro per panino e birra e per l’estrema difficoltà con cui si scuciono gli stessi soldi per un tascabile che dura di più, porta più lontano, si può usare e riutilizzare più volte e lasciare ai figli. Ma non bisogna piangere sul latte versato, dunque mi spingo in una proposta semplice ma costruttiva: così come farà Farinetti a Milano – dove Eataly soppianterà il teatro Smeraldo, mantenendo però il palco per far spettacolo dal vivo tutte le sere – perché chi ha preso il posto di uno spazio culturale non ne perpetua, in qualche modo, l’eredità? Ci sono libri per tutti i gusti, anche per chi preferisce quello della cipolla, della pancetta, delle patatine fritte. E chi meglio di coloro che sono riusciti a far capire che il cibo è cultura, potrà spiegare che la cultura è cibo?


3


I love you. Torino

5 7 8 10

24

32

I love TO I hate TO Classifiche Cosa sarà

Il meglio dei due mesi che verranno

Carlo Magno

Intervista a Carlo Cracco Lo chef secondo (a) Cracco: Matteo Baronetto

04 12 Anno 1/numero4 dicembre-Febbraio 2012-2013

Iscritto al Registro Stampa del Tribunale di Torino n. 12 del 2/3/2012

V a le r i o B e r r u t i

D IR E T T OR E R E S P ON S A B I L E

A r t i s ta

Enzo Peruccio

I TO

D IR E T T OR E

Luca Iaccarino CA P OR E D A T T OR E

Valentina Dirindin

Art direction e grafica

Giorgio Pellerino

CO L L A B ORANO A Q U E S T O NU M E RO

36

44

56

La solitudine di Paolo

I l n u o v o l i b r o d i pao l o g i o r da n o

Steve McCurry

L a m o s t r a a G e n o va

L’Unione fa la forza

I n t e r v i s t a a L i c i a M a t t i o l i

62

Il Top e il Pop si fanno in quattro

A l l a c o n q u i s t a d i M i l a n o , F i r e n z e e g e n o va

Born to be wild

Maurizio Ferrero, Rosalba Graglia, Bob Noto, Paolo Patrito, Massimo Pinca, Sara Porro, Paolo Prieri, Michele Segreto, Letizia Tortello, Ivo Villa S E G R E T E RIA D I R E D A Z ION E , A B B ONA M E N T I E V E N D I T E

tel 011 5591823, fax 011 2307034 P U B B L ICI T A’

Alessandro Micheli, tel 011 5591823 a.micheli@edt.it P RO M O Z ION E

Michele Segreto, tel 011 5591827 m.segreto@edt.it ARC H I V I F O T O G RA F ICI

Alessi, Mostra Degas. Capolavori dal Musèe d’Orsay, Mostra Robert Wilson, The Human Body Exhibition, Pinacoteca Agnelli, Teatro Carignano, Teatro Regio, Orchestra Sinfonica Nazionale Rai, Comune di Torino, Teatro Colosseo, Hiroshima Mon Amour, Palazzo Ducale di Genova, Hi Fun, Pepino, Carli, Tiger, Creativity, Autopsie Vestimentaire, Iude, Trippen, Sassi Carta Forbice, Il gioielliere, Dear Wendy, Elyron, Fulful design, Plastikwombat, Casa Agape, Francesca Fischetti

72

87

Survive Xmas

Le foto di cui non è specificata la fonte d’acquisto sono ritenute libere da diritti salvo opportuna rettifica da parte dell’autore.

94

Eat Xmas

S T A M PA

Torinesi in giro per il mondo

104

Shop Xmas

108

L’oggetto del desiderio

110

X-books

4

Stamperia Artistica Nazionale via Massimo d’Antona, Trofarello (To) E x t r at o r i n o è p u b b l i cat o da

Edt srl via Pianezza 17, 10149 Torino tel 0115591811, fax 0112307034 P.Iva 01574730014

«

Non essendo propriamente torinese io Torino la vivo come utente, come turista, quindi prendo solo il meglio e poi me ne torno a casa. Per dire: vado solo nei ristoranti che preferisco e dove già so che mi troverò bene, vado a vedere le mostre che mi piacciono, mi godo a pieno la città. Anche perché, sin da quando ero ragazzo, Torino è sempre stata la mia città di riferimento per le cose importanti: quando studiavo all’università venivo a dare gli esami a Torino, poi venivo a vederci le mostre degli altri e infine a fare le mie. Un po’ come se fosse la grande città luminosa vista dalla prospettiva di paese, molto più di quanto non lo fosse per me Milano.

Se volevo andare a un concerto, al cinema, a divertirmi, l’obiettivo era Torino. Anche per questo la amo incondizionatamente: anche se avesse dei difetti, per quanto mi riguarda sono cose marginali rispetto a come le può percepire un torinese vero. Anche, non so, il carattere un po’ chiuso dei torinesi per me in realtà è un pregio, è una cosa in cui mi riconosco, perché anche io sono piemontese e questa caratteristica mi appartiene. Pur non essendo torinese, sento vicina al mio modo di essere la torinesità, e alla fine Torino è la città dove vivrei più volentieri.»


MUSEO DEL RISPARMIO.

I hate you. Torino

A TORINO L’ECONOMIA DIVENTA SPETTACOLO.

Marco ponti ARMANDO TESTA

R eg i s ta

I TO «

Riflettendo sui luoghi dove ho abitato, ho notato che dire che sono di Torino è una semplificazione. Ho abitato prevalentemente negli Stati Uniti e in val di Susa, e per me Torino è sempre stato un luogo dove andare, più che un luogo dove essere di casa. Parafrasando il libro di Culicchia potrei dire che “Torino non è casa mia”. Dunque, posso valutare da ospite. Devo dire che non c’è qualcosa che non mi piace davvero, diciamo che ci sono cose verso le quali non provo granché, o che addirittura mi lasciano nella totale indifferenza, il che è anche peggio. Una di queste è il fatto che quando qualcuno parte da Torino (si tratti di una partenza sconosciuta o illustre), è lui l’unico a essere dispiaciuto. È qui che si manifesta la freddezza

torinese di cui spesso si parla: a forza di non esprimere i sentimenti, alla fine non si provano neanche più. A volte questa freddezza può diventare mancanza di generosità e dar luogo a una scarsa propensione al lavoro di squadra. Torino in questo senso offre delle potenzialità enormi, ma spesso ognuno gioca per sé, per il suo orto. Questo non significa che non esistano altruismo o calore umano in città, solo che si nota molto quando si scavalla dall’altra parte, verso sentimenti di natura opposta. Ma, da esterno, quello che mi fa veramente un po’ rabbia, è che spesso il torinese non si rende conto della grandezza che ha attorno: va via da Torino e solo quanto torna si rende conto di quanto è magnifica. Come se fosse necessario andare lontano per vederla bene.»

C’è un luogo in cui l’economia non spaventa e non annoia. Dove conoscere, capire e sperimentare i principi del risparmio e dell’investimento consapevole. Un luogo moderno, divertente, ricco di stimoli interattivi. Un luogo che in Europa ancora non esisteva. Nasce a Torino il Museo del Risparmio. Non risparmiatevi una visita.

VIA SAN FRANCESCO D’ASSISI, 8/A - TORINO www.museodelrisparmio.it Informazioni e prenotazioni: n. verde 800.167.619 Iniziativa promossa da Intesa Sanpaolo.

7


Classifiche

Le cose belle, le cose brutte, le cose strane, le cose che non t’aspetti. Dall’alto del podio fino al basso degli inferi

Tutta Torino spietatamente in classifica

Il miglior street food della città Secondo la golosissima redazione di Extra

10

Le destinazioni turistiche più in crescita nel mondo

3° 4°

Per i carnivori La Granda in mezzo al pane L’hamburgheria di Eataly in piazza Solferino, 16/A

Pour épater le bourgeois (che sul pane spalmano il paté): Andrea Perino

Panetteria, bar, pizza al taglio in via Cavour 10

Per i carnivori – parte seconda: La Burgheria

Via del carmine 24

Per i creativi che fra due fette di pane ci fanno entrare il mondo: Pane & Companatico

Panetteria e gastronomia in via San Paolo 6/b

Per chi è preso dai morsi della fame nelle ore più improbabili: Horas Kebab

Via Berthollet 24, vi sfidiamo a trovarlo chiuso a qualsiasi ora o in qualsiasi giorno dell’anno)

Per chi non ha paura di sporcarsi (o ungersi) le mani: Re Calamaro

Via Carlo Alberto 47 o piazza Palazzo di Città 6c

7° Per chi ha nostalgia del mare: Focacceria Ligure Via Giolitti 4 e via Sant’Agostino 6

1° 2° 3° 4° 5°

Mar del Plata Argentina Sao Paulo Brasile Kiev Ucraina Montevideo Uruguay Perth Australia

Fonte: TripAdvisor 2012 Travellers’ Choice

8

6° Città del Messico Messico 7° Hobarth Australia 8° Guadalajara Messico 9° Mosca Russia 10° Torino Italia

8° Per gli stomaci forti: Gino Panino Il re dei paninari, chiosco nello

slargo di corso Unità d’Italia, altezza Cto

Le città con la peggiore qualità dell’aria Concentrazione di pm10 (il limite di legge è 40g/mc) 1° Torino (50,6 g/mc) 2° Milano (49 g/mc) 3° Verona (48 g/mc) Fonte: Rapporto Legambiente sull’ecosistema urbano XIX edizione

Città con l’IMU sulla prima casa più alta Dati calcolati su una casa-tipo di 100 metri quadrati 1°

Torino Semicentro (€ 1252) Centro (€ 1416) Periferia (€ 114)

2° 3° 4° 5°

Roma Semicentro (€ 1154 € Centro (€ 1843 € Periferia (€ 373) Napoli Semicentro (€828) Centro (€1023) Periferia (€164) Genova Semicentro (€802) Centro (€ 802) Periferia (€ 125) Bologna Semicentro (€ 758) Centro (€ 945) Periferia (€ 331)

Fonte: Confappi (Confederazione piccola proprietà immobiliare) per Il Sole24Ore

Città con la più alta presenza di sostanze stupefacenti nell’aria 1° 2° 3° 4°

Torino 0,26 nanogrammi di cocaina per metro cubo; 0,96 nanogrammi di cannabinoidi Napoli Roma Milano

Fonte: Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio Nazionale per le Ricerche

9


sarà

Robert Wilson

Il meglio dei mesi che verranno |

Calendario arte

Degas

Capolavori dal Musée D’Orsay

Fino al 6 gennaio 2013 Palazzo Madama, Torino www.palazzomadamatorino.it

M

ikhail Baryshnikov trasformato in San Sebastiano, Steve Buscemi nelle vesti di un sanguinolento macellaio, Brad Pitt (a cui, nel contesto dell’opera, si può perfino perdonare il calzino bianco) sotto uno scroscio d’acqua, ma anche – non proprio annoverata nella categoria v.i.p. – una rana dai colori psichedelici. Sono divertenti, ultramoderne, fantasiose e di grande impatto visivo le opere di Robert Wilson, acclamato regista, drammaturgo e artista statunitense. Il percorso di Palazzo Madama propone una cinquantina dei suoi più bei video-ritratti, facenti parte della sua collezione di Voom Portraits. Il lavoro nasce come sperimentale in senso stretto: viene commissionato nel 2007 a Wilson dalla Voom HD Networks, compagnia pionieristica nella ricerca sulle tecnologie per la tv ad alta definizione. Ne viene fuori un lavoro artistico (in cui non si può non intravedere una citazione di Andy Warhol nell’utilizzo della registrazione, nei colori, nell’elogio del pop) pluripremiato, con video che vanno dai trenta secondi ai venti minuti sempre in loop, in modo da non avere né un inizio né una fine. Per tutti i teledipendenti, una buona occasione per scollarsi dal divano senza patire troppo il distacco.

10

fino al 27 gennaio Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti, Torino In questa pagina: Ballerina di quattordici anni fusione eseguita tra il 1921 e il 1931 da AdrienAurélien Hébrard, originale 1879-1881 bronzo patinato, tutu in tulle, nastro in satin; base di legno; 98x35,2x24,5 cm (RF 2137) © RMN (Musée d’Orsay) / René-Gabriel Ojéda - Réunion des Musée Nationaux/ distr. Alinari Prove di balletto in scena, 1874 olio su tela; 65x81 cm (RF 1978) © RMN (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski - Réunion des Musée Nationaux/ distr. Alinari

www.mostradegas.it

F

in dall’apertura, il 18 ottobre scorso, la mostra su Edgar Degas alla Palazzina delle Belle Arti si è saldamente innestata nella top five delle mostre più visitate d’Italia (chi c’è in cima? Picasso a Palazzo Reale a Milano). Non a caso, si tratta della più importante esposizione che l’Italia abbia dedicato al pittore francese negli ultimi decenni, con circa settanta lavori che ripercorrono l’intero arco artistico di questo maestro. Grazie alla collaborazione del Musée d’Orsay, che vanta una collezione di centinaia di opere di Degas, arrivano a Torino le mille sfumature dell’impressionismo parigino, con alcune testimonianze che raramente hanno lasciato la capitale francese prima di oggi. Un esempio è il gigantesco (2 x 2,5 metri) Ritratto di Famiglia (La Famiglia Bellelli, 1858-1869), una delle opere più note e apprezzate di Degas, che ritrae gli zii dell’autore in una scena di quotidiana vita borghese. Certo, l’attenzione del pubblico si concentra tutta sui lavori che mostrano uno dei soggetti più celebri del pittore francese, le ballerine, presenti alla mostra torinese in tutte le tecniche utilizzate dal maestro – olio, pastello, gouache – oltre che in una raccolta di sculture in bronzo. Che poi, fu lo stesso Degas a dire «Mi chiamano il pittore delle ballerine, ma non comprendono che la danza è stata per me un pretesto per dipingere dei bei tessuti e rendere dei movimenti». E probabilmente così sarà stato anche per un altro dei soggetti preferiti da Degas, ampiamente rappresentato all’esposizione di Torino: i cavalli. In mostra, oltre ad alcuni disegni sul tema, troviamo anche il celebre quadro Il Defilé (Cavalli da corsa davanti alle tribune, 1866-1868) e Corsa di gentlemen. Prima della partenza (1862). In generale, le sezioni della mostra (dodici in tutto) sono state strutturate seguendo i temi riprodotti da Degas. Quindi, ampio spazio viene anche dedicato ai paesaggi, al mondo dei caffè parigini e in generale della vita mondana di fine Ottocento e al nudo femminile, in cui spicca la Donna alla toilette che si asciuga il piede.

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Calendario arte

IL TOP E IL POP DEI RISTORANTI DELLA TUA CITTÀ

Freedom not genius Opere dalla collezione di Damien Hirst

fino al 10 marzo 2013

Pinacoteca Agnelli, Torino

www.pinacoteca-agnelli.it

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Le guide a “chilometro zero zero” eroo” o per scoprire s lee migli migliori ta tavole avoole dietro l’angolo l’angolo. Per ogni città, cento schede che raccontano luoghi, piatti, atmosfere e cuochi. E in più: le mappe e gli indirizzi per le gite fuori porta.

I CENTO, MANGIAR FUORI CASA, A UN PASSO DA CASA Seguici su 12

facebook

Il titolo della collezione privata di Damien Hirst (Murderme, “uccidimi”) è decisamente macabro. Non sono da meno i pezzi raccolti, tra maschere funebri, reperti antichi e dipinti a tema funebre, fotografie vintage e, soprattutto, teschi, teschi e ancora teschi. Inutile evidenziare ulteriormente il fascino quasi ossessivo che la morte esercita su Hirst. Non a caso, l’artista inglese è salito alla ribalta mettendo in mostra corpi e parti di animali imbalsamati e immersi in formaldeide. Roba per stomaci forti o per amanti del genere, come l’hedge fund manager americano Steve Cohen, che nel 2004 offrì l’esorbitante cifra di dodici milioni per l’opera di Hirst The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living. Ovviamente, Cohen vinse l’asta, trasformando Hirst in uno degli artisti contemporanei più pagati e portandosi a casa un gigantesco squalo tigre di oltre quattro metri posto dentro una teca, con le fauci spalancate. Alla Pinacoteca Agnelli Hirst porta in mostra una cinquantina di opere della sua collezione privata, realizzata negli anni anche con scambi di lavori tra colleghi, prima che diventasse milionario. Tra gli artisti esposti, Franz Auerbach, Francis Bacon, Alberto Giacometti, Mario Merz, Bruce Nauman, Richard Prince e Andy Warhol, che saranno in dialogo con artisti della generazione successiva, tra cui Banksy, John Currin, Tracey Emin, Angus Fairhurst, Sarah Lucas e Rachel Whiteread. Sullo sfondo: DHC 5702 Reduced In A Circular Formation Angus Fairhurst, 2005 Teschio di plastica con buchi, 15 x 13.5 x 21.5 cm Image credit: © The Estate of Angus Fairhurst, courtesy Sadie Coles HQ, London

Metropolis

Il capolavoro ritrovato Fino al 6 gennaio 2013

Mole Antonelliana, Torino

www.museocinema.it Il Museo del Cinema rende omaggio a uno dei capolavori assoluti di sempre, con una mostra dedicata a Metropolis di Fritz Lang. L’occasione è ghiotta: nel 2008 a Buenos Aires è stata ritrovata una versione del film integrale. Dunque, è stato restaurato e, contestualmente alla mostra, verrà riproposto al cinema Massimo. Alla Mole, invece, verranno esposti materiali di scena, disegni preparatori, bozzetti per scenografia, figurini per costumi, fotografie, macchine da presa, modelli di scenografie e costumi, spartiti musicali e numerosi altri reperti originali.

Scarica la App su

Apple Store 13


Calendario musica E TEATRO

La Bohème

La Resistibile ascesa di Arturo Ui

19-29 gennaio 2013 Teatro Regio, Torino

Dal 29 gennaio al 10 febbraio 2013

Teatro Carignano, Torino

A

nche se non siete appassionati d’opera, una volta nella vita La Bohème di Puccini va vista. Se poi non siete appassionati ma volete avvicinarvi al genere, è sicuramente l’opera giusta con cui iniziare. E ancora, se siete di quelli che ascoltano l’opera anche in macchina a costo di litigare con la propria figlia adolescente rockettara, è inutile che vi segnaliamo questo appuntamento, perché probabilmente i biglietti per La Bohème al Regio li avete già acquistati a inizio stagione.

www.teatrostabiletorino.it Al Carignano va in scena il genio di Bertol Brecht, con una delle sue opere più sottili, La resistibile ascesa di Arturo Ui, un’allegoria satirica della scalata al potere di Adolf Hitler nella Germania nazista. Un ritratto sociale in cui dramma e ironia si confondono, nel racconto della carriera criminale di un Al Capone-Hitler disposto a tutto per denaro e potere. A impersonare il protagonista, un gangster della Chicago anni Trenta impegnato nella dominazione del raket dei cavolfiori, l’attore teatrale e televisivo Umberto Orsini.

www.teatroregio.torino.it

Nobraino

Niccolò Fabi

4 gennaio 2013

8 febbraio 2012

Hiroshima Mon Amour, Torino

Duel 25 gennaio 2013

Teatro Colosseo, Torino

Teatro Colosseo Torino

www.teatrocolosseo.it

www.teatrocolosseo.it

www.hiroshimamonamour.org Dicono di fare folkpunkcabaret. In effetti, è difficile raccontarli a chi non li ha mai visti esibirsi, se non spiegando che ne vale la pena. Cantastorie, musicisti, intrattenitori, hanno fatto impazzire perfino la Dandini quando li ha ospitati per un paio di serate al suo programma Parla con me. La loro musica è squisitamente narrativa, condita dall’improvvisazione del frontman Lorenzo Kruger, che scompare dal palco per riapparire in mezzo al pubblico o in cima a una torretta delle luci. Insomma, puro spettacolo.

È cresciuto il ragazzo di “Dica” e di “Vivo sempre insieme ai miei capelli”. In effetti di anni ne son passati una ventina, i capelli nel frattempo non sono caduti ma si sono ingrigiti ma, artisticamente, la maturità è stata un ottimo valore aggiunto. Niccolò Fabi si conferma con “Ecco” un bravo cantautore, introspettivo quando serve, orecchiabile al punto giusto. Non per niente, duetta con i più grandi (last but not least, Mina).

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Arrivano dalla Francia Laurent Cirade e Paul Staïcu, componenti dei Duel. Per chi è digiuno di francese, il nome nulla c’entra col fatto di essere un duo, se non per il fatto che sul palco si ricrea uno stravagante “duello” musicale. Le armi sono le più varie: pare che Laurent e Paul possano suonare nei modi più impensati qualsiasi strumento, dai più classici (violoncello, pianoforte) ai più improvvisati (una sedia sdraio o un barbecue). Ottimi musicisti, straordinari performer, coniugano comicità e musica in uno spettacolo davvero inedito che va al di là di ogni genere.

www.torinospettacoli.it

Frankestein Junior Il musical Dal 5 al 10 marzo

Teatro Alfieri Torino

L’Alfieri si sta proponendo da qualche anno come la mini-Broadway torinese: in cartellone, ci sono un sacco di musical. Dato per assunto il genere (che in effetti in Italia ha avuto un periodo di innamoramento generale dopo il successo de La bella e la bestia), diciamo che alcuni sono meglio riusciti di altri, ma in ogni caso si tratta di spettacoli divertenti, spesso adatti a tutta la famiglia. Quindi, noi vi proponiamo un cult. Chi non ha visto almeno dieci volte il capolavoro di Mel Brooks? Facciamo undici, quindi, e ascoltiamo Igor cantare. 15


intervista musica

The Human Body Exhibition

Automotoretrò

fino al 13 gennaio 2013

Lingotto Fiere, Torino

Palaolimpico Isozaki, Torino

8-10 febbraio 2013

C

he i bambini di oggi siano meno impressionabili di quelli di trent’anni fa è fuori di dubbio. Dunque, se chi è nato negli anni Ottanta ha avuto i primi approcci con l’anatomia attraverso la serie di cartoni animati “Siamo fatti così”, oggi quel metodo fa sorridere i ragazzini. E non c’è da stupirsi che insistano per andare a vedere “The Human Body Exhibition”, proponendola come un’occasione di didattica sul tema. Magari lo è (anche se alcuni professori di anatomia sono insorti) ma, prima di organizzare una gita in famiglia, è bene che sappiate una cosa sui corpi scuoiati esposti in pose dinamiche. E cioè che trattasi non di statue di cera o similari, bensì di veri cadaveri plastilinati (e cioè, conservati grazie ai polimeri di silicone). Ora, magari questo può non turbare i vostri figli, ma potrebbe generarvi un filo di nausea, se siete di quelli che storcono il naso davanti alle mummie dell’Egizio.

L

asciato alle spalle il giro di boa dei trent’anni (che ne fa la più longeva tra le manifestazioni nazionali del settore), Automotoretrò si conferma per quest’edizione un evento imperdibile per tutti gli appassionati di motori, vintage o ultramoderni che siano. Attenzione particolare alle nuove tendenze, al mondo del collezionismo e alla storia, per festeggiare tutti gli anniversari che ricorrono nel 2013 nel settore automobilistico: i centodieci anni di Ford, i sessanta di Subaru, i cinquanta di Lamborghini (che porterà a Torino per l’occasione alcuni gioielli del museo Lamborghini), gli ottanta di Nissan e Toyota o il trentesimo compleanno della mitica Fiat Uno. In contemporanea, torna anche la quarta edizione Automotoracing, la rassegna dello sport motoristico. Spazio anche per gli acquisti, con il gigantesco mercatino di accessori, ricambi, oggettistica varia, giornali, manifesti e tutto ciò che può venirvi in mente a tema automobilistico.

Come nasce una passione d i M i c hele S eg r et o foto di Orchestra Sinfonica N a z i o na l e Ra i

Il giovane direttore dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, J u r a j Va l c u h a , racconta cosa c’è dietro all’amore per la musica classica. E suggerisce una ricetta per trasmetterlo alle nuove generazioni. Vi dice nulla Masterchef? 16

Con una serie di successi e un percorso in continua ascesa, per l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ogni concerto ormai è uno scroscio di applausi, ovazioni e apprezzamenti, tanto in Italia quanto all’estero. Fuori casa, infatti, l’OSN della Rai ha raccolto strepitosi successi anche in quei luoghi sacri per i cultori del genere, come la Phlharmonie di Berlino o il Musikverein di Vienna. E una soddisfazione ancora più grande l’ha data il recente Festival RadiRo di Bucarest, in cui oltre all’Orchestra Rai erano presenti anche le orchestre della BBC e di Radio France, due titani universalmente riconosciuti. Ma nonostante il delicato confronto, per l’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai le due serate si sono concluse con una standing ovation di quelle che riempie d’orgoglio. Dopo queste premesse, ci si poteva aspettare quindi che la nuova stagione dell’Orchestra Rai all’Auditorium “Arturo Toscanini” si aprisse con un grande successo già dal primo concerto, che prevedeva brani sinfonici dal Parsifal di Wagner. Un’opera studiata dal compositore tedesco per un teatro dove la fossa dell’orchestra è scavata sotto il palcoscenico, il che rende difficile la riproduzione in teatri standard. Ed è qui che si è ancora una volta potuto ammirare la bravura del giovane direttore d’orchestra Juraj Valcuha, dal 2009 la pregiata punta di diamante dell’orchestra. Abbiamo incontrato personalmente Juraj Valcuha e dopo qualche parola già abbiamo capito che ha dello straordinario nella sua visione della musica, della vita e soprattutto di come le due cose si fondano indissolubilmente. La costruzione di una carriera basata sull’energia, la motivazione e l’entusiasmo costruttivo, di quello che trova nell’ebrezza della scoperta le ragioni per fare sempre meglio.

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intervista musica

La nuova stagione della OSN Rai si prospetta molto interessante. Quali sono le sue aspettative e cosa non vede l’ora di dirigere? Per me un percorso musicale deve essere sempre l’unione di continuità con ciò che si è imparato e sperimentato e la novità dell’esperienza che si sta vivendo. Ad esempio del programma di quest’anno all’auditorium Toscanini, sono impaziente di affrontare il compositore Anton Bruckner e la sua sinfonia n. 7, che dirigerò il 24 e 25 gennaio. Ogni volta che studio approfonditamente un compositore è un po’ come se lo incontrassi di persona. Ed è interessante scoprire se c’è affinità tra di noi e in cosa siamo simili. Il direttore artistico Cesare Mazzonis l’ha descritta più di una volta come “la scommessa vincente”. Una lusinga del genere la dona sicurezza o la carica di responsabilità? Questo aspetto sicuramente non mi suscita ansia o paure per un eccessivo carico di responsabilità, anzi è proprio ciò che serve per creare un ambiente positivo. La fiducia del direttore artistico dona a me e a tutta l’orchestra la giusta serenità per poter lavorare in maniera costruttiva e pensare solo a far bene.

France. Il nostro concerto si è concluso con il pubblico in visibilio, ma anche con l’invito da parte della città a partecipare a un’altra manifestazione: il festival Enescu, che si alterna appunto ogni due anni con il RadiRo. Tutte queste esperienze non possono che far bene al processo di maturazione mio e dell’orchestra.

Lei è un po’ il simbolo della rinascita e del futuro della OSN della Rai. In cosa può giovare secondo lei la sua presenza? Cosa è in grado di dare all’Orchestra Rai? Per quel che mi riguarda, mi considero uno dei tasselli che hanno reso possibile i successi dell’Orchestra Rai degli ultimi periodi. Ciò che posso dare io all’orchestra sono la mia energia e la mia esperienza, ma la bravura dei singoli componenti è ovviamente fondamentale per la buona riuscita dei nostri concerti. Quando arrivano anche le soddisfazioni e i successi, si capisce di essere in un percorso in crescendo, ed è giusto esserne entusiasti, cercando di fare sempre meglio. Recentemente ci ha riempito d’orgoglio l’esperienza del festival RadiRo di Bucarest, a cui abbiamo preso parte insieme alle orchestre radiofoniche di BBC e Radio

Quanto è recettiva Torino alla musica classica? La bellezza di Torino è che ha molti spazi da offrire per eseguire la musica classica e le opere, come il Lingotto, i numerosi teatri e soprattutto la presenza dell’orchestra nazionale Rai. Da parte del pubblico la risposta c’è, ma farsi conoscere rimane ancora un elemento molto importante. Il potenziale di pubblico è enorme e sono tante le persone che non hanno mai avuto un approccio con la grande musica, ma che ne potrebbero rimanere positivamente sorpresi e coinvolti. I torinesi, a differenza di altri italiani, hanno la possibilità di poter comodamente ascoltare l’orchestra nazionale più importante, ma molti questa occasione ancora non la colgono.

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Quest’anno il programma dell’OSN s’incentra sulle ricorrenze di Wagner, Verdi, Britten e Stravinskij. Quale la emoziona di più? Già nel concerto di apertura della stagione ho potuto celebrare Wagner, e aspetto impaziente l’inaugurazione della prossima in cui eseguiremo il Requiem di Verdi. Ma superando le emozioni superficiali, è impossibile fare davvero una selezione tra compositori. Io ho una visione globale della musica, ogni compositore fa parte di un intero patrimonio che non è scindibile. Per me fare una selezione è come scegliere di tagliare un dito della mano. Ogni compositore rappresenta un aspetto della musica importante quanto tutto l’intero che contribuisce a comporre.

per il mio percorso di vita. La prima volta che sono stato a New York era il 1994 e con la scuola di Bratislava ci portarono ad assistere proprio a un concerto della New York Philarmonic. Allora avevo diciotto anni e venendo a scoprire che il direttore d’orchestra, Valery Gergiev –nome a me ignoto ma che lessi sul programma di sala –aveva studiato a San Pietroburgo con un tale Ilya Musin, decisi che i miei studi dovevano continuare nella città russa. L’anno successivo ero proprio a San Pietroburgo e ho anche avuto il piacere di poter godere degli insegnamenti di Musin, all’epoca ormai novantunenne. Ora, a distanza di diciotto anni, torno a New York, ma questa volta non sarò tra gli spettatori, ma su quel podio che sognai da ragazzo.

Più o meno l’anno scorso era sul podio dei Berliner Philharmoniker, a dicembre l’aspetta la New York Philarmonic. Cosa si aspetta da questa esperienza? Sono onoratissimo dell’esperienza che mi aspetta a New York. Soprattutto considerando che per me la New York Philarmonic ha un significato particolare

Lei sembra amare molto la carica dei giovani. Come si potrebbero secondo lei avvicinare di più alla musica classica? Il web potrebbe essere una strada? Anche se l’iniziativa di trasmettere via web le opere classiche non può che fare del bene alla cultura, non credo che ora come ora il web sia uno strumento

di educazione per i giovani in questo senso. I ragazzi devono essere avvicinati al mondo della musica classica dalla scuola e dai genitori. Un elemento molto diffuso all’estero e che manca in Italia è il coinvolgimento diretto dei giovani nella creazione di un’opera, facendoli partecipare divertendosi e mostrando la forza del gruppo, un po’ come si fa con lo sport. Ad esempio quando sarò a New York, gli studenti della Juilliard School, una delle principali scuole del mondo di arte, musica e spettacolo, saranno presenti alle prove e avranno la possibilità di confrontarsi direttamente con dei professionisti. È proprio il coinvolgimento nella messa in opera del prodotto che fa nascere la curiosità e la passione. Il paragone non è molto differente dalla recente riscoperta della cucina: programmi come Masterchef sono un esempio su tutti. Capendo come le cose nascono, crescono e arrivano a un risultato, la gente comune viene coinvolta esaltandosi della bellezza di un piatto, così come accadrebbe per la magia di un’opera teatrale.

Io ho una v i s i o n e gl o b a le della musica, ogni compositore fa parte di un intero intervista che non è scindibile. Per me fare una selezione è come scegliere di tagliare un dito della mano

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Calendario natale e capodanno

Capodanno in piazza

Nel vostro giro natalizio, cercate assolutamente di incappare nel Sentiero delle Statue di Ghiaccio, un’assoluta novità di quest’anno

giorno al 25 dicembre. Fate un bel respiro e concentratevi sulla lista dei regali ancora da comprare. Una volta calmi, entrate a Palazzo Madama, dove dal 12 dicembre è in esposizione il dono di Natale del Comune di Torino a cittadini e turisti: il ritratto di Lionello D’Este, capolavoro quattrocentesco di Pisanello. Vedere quest’opera non sposterà di un centesimo il vostro budget per i regali: l’ingresso è gratuito. Qui, la pausa può anche farsi lunga. Anche perché, se capitate in uno dei giorni giusti (22, 24, 26, 29 dicembre e 6 gennaio), dalle 17.45 potrete assistere agli spettacoli della giostra vivente del Cirque Carillon, realizzati dai bravissimi artisti del Cirko Vertigo. Se avete fretta, portare via di lì i bambini sarà alquanto difficile.

Guida alla Torino natalizia Aiutata anche dalla neve, che di solito arriva puntuale, Torino non ha problemi a ricreare l’atmosfera natalizia. E, tra l’acquisto di un regalo e una cioccolata calda in centro, di cose a tema da vedere ce ne sono in quantità. Eccovi le regole per godervi tutto quanto Torino ha da offrire: Staccate un attimo lo sguardo dalle vetrine e alzate la testa, in modo da ammirare come ogni anno le Luci d’artista, che illuminano

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le principali vie del centro città: non si può non adorarle, soprattutto se paragonate alle stelle di Natale e ai fiocchi di neve che dominano le strade delle altre città. Quest’anno poi, ci sono due nuove opere: una (“Ancora una volta” in via Accademia delle Scienze) del nostro amico Valerio Berruti (che trovate nel nostro “I Love TO”) e l’altra di Martino Gamper (“Luci in bici”, un’opera per la prima volta itinerante). Con tutte le vostre buste di regali, giungete

in piazza Castello (dove potete perfino concedervi un caffè o una pausa sulle panchine, ché in fondo lo shopping natalizio è un gran duro lavoro). Allungate un pochino la vostra pausa, ma non fatevi prendere dal panico se il gigantesco Calendario dell’Avvento (le cui caselle vengono aperte ogni giorno alle 18.30), realizzato dagli scenografi del Teatro Regio su bozzetti del grande Emanuele Luzzati vi ricorda che manca solo qualche

Una volta attraversata la via Roma dello shopping, che vi avrà certamente risolto gran parte degli ultimi acquisti, siete giunti più sereni di prima in piazza Carlo Felice, dove potete ammirare così come l’anno scorso il Presepe di Emanuele Luzzati. Nel vostro giro natalizio, cercate assolutamente di incappare nel Sentiero delle Statue di Ghiaccio, un’assoluta novità di quest’anno. Protagonisti gli artisti cinesi di Harbin, che realizzeranno opere uniche (alberi di Natale, simboli della città,

pupazzi, monumenti storici) in diversi angoli della città, partendo dal Muretto delle Favole di Ghiaccio (in piazzale Valdo Fusi), un muro di dodici metri dove gli scultori realizzeranno immagini ispirate alla favole che verranno raccontate ai bambini presenti in piazza; e concludendo il 27 dicembre in piazza Carlo Alberto con un omaggio al Natale del Grande Nord. Per non perdervi neanche uno di questi eventi, potete anche decidere di farvi prendere dalla pigrizia e saltare sul trenino di Natale (o di dividervi: la mamma a fare shopping e il papà con i bambini a fare il giro turistico, o viceversa), un modo divertente, comodo e gratuito per fare il giro delle attrazioni natalizie del centro (dal 1 dicembre alle 10,30 da piazza Carlo Alberto, ogni giorno fino alle 18.30). Se, presi da questo scintillio di eventi, non avete terminato di spuntare la vostra lista dei regali, nessun problema. Fate un salto in piazza Borgo Dora al tradizionale Mercatino di Natale, con i suoi chalet in legno stile nordico e migliaia di idee originali, spesso anche low cost. Anche qui, in perfetta sintonia con la tradizione, sarà allestito un presepe elettromeccanico nei locali del Sermig (e, per i veri appassionati, il Cortile del Maglio ospiterà invece il Museo dei Presepi).

Il Capodanno 2013 sarà quello dello scampato pericolo per la profezia Maya. Dunque, tirato tutti un sospiro di sollievo (noi non ci dormivamo la notte…), inforcate cappellini colorati, boa di piume di struzzo e trombette e preparatevi a festeggiare alla grande. Che siate di quelli da “festa in casa così i bambini possono andare a nanna presto”, oppure di quelli che “andiamo fuori a cena così anche se spendiamo un po’ di più non passiamo il primo giorno dell’anno a rigovernare”, oppure ancora di quelli che “qualsiasi cosa va bene, purché l’alcol scorra a fiumi”, avete la nostra benedizione. Qualsiasi cosa decidiate di fare, generalmente un giro per le vie della città in festa, tra musica e fuochi d’artificio, ci sta sempre bene. E allora, questo è ciò che la città propone. Torino festeggia il 2013 nel suo salotto buono (vediamolo come un regalo, in tempi di austerity), piazza San Carlo, con un concerto che si attesta su un nuovo tema, protagonista di una serie di manifestazioni che si svolgeranno lungo tutto il prossimo anno: Torino incontra la Francia. La festa si snoda per le vie del centro a partire dalle 22,30 del fatidico 31 dicembre, al ritmo della fanfara bretone Bagad d’Ergué Armel. In piazza invece avrà luogo uno show che coniugherà musica e immagini: un dj set (che, promettono, ripercorrerà le hit dagli anni ’40 a oggi) accompagnato da immagini in 3D e animazioni grafiche. Dopo il brindisi di mezzanotte, poi, tornano i temi che legano Torino e il mondo d’Oltralpe. Sarà lo straordinario fisarmonicista jazz Richard Galliano - di origini italiane - ad aprire il concerto con un’interpretazione personale della Marsigliese, a cui seguirà un medley dei più grandi successi di Edith Piaf. I Lou Dalfin, con i suoni occitani che da sempre accomunano il nostro territorio e la Francia meridionale, saranno i maestri di cerimonia di una straordinaria e inedita formazione che vedrà alternarsi sul palco, oltre allo stesso Galliano, Stefane & Iza Mellino, componenti della storica ed eclettica formazione de Les Négresses Vertes. Quel che è certo è che ci sarà da ballare e tirar tardi. Dunque, bonne année à tout le monde!

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ExtraPromo

Scegli di volare. Scegli Torino.

Turin Airport

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VOLI

Nazionali Internazionali Stagionali Charter Charter Neve

Stoccolma

Glasgow Dublino

Newcastle Doncaster Manchester

Mosca

Birmingham Amsterdam Bristol Londra Bournemouth Düsseldorf Bruxelles Bruxelles Charleroi Francoforte Lussemburgo Parigi Beauvais Parigi Monaco

Katowice

25 Novembre 2011

Torino Lourdes

L’AEROPORTO DI TORINO

Barcellona Pescara Girona Olbia Istanbul Minorca Bari Roma Ibiza Brindisi Alghero Napoli Palma Cagliari Lamezia Terme ambientali. Le singole aziende non SAGAT indica come obiettivi strategici di Maiorca Palermo possono fare molto per determinare l’utilizzo Reggio di fontiCalabria rinnovabili e la Trapani Kos i prezzi dell’energia o le politiche riduzione dei consumi dell’energia Casablanca governative, ma implementando daCatania ottenere attraverso interventi sui Rodi un sistema di gestione dell’energia sistemi di produzione, distribuzione Heraklion Lampedusa

ottiene la certificazione per il sistema di gestione dell’energia Madrid

L’Aeroporto di Torino è il primo scalo al mondo ad aver conseguito - nel 2012 - la certificazione TÜV - Italia per il proprio Sistema di Gestione dell’Energia. SAGAT considera la gestione dell’energia un fattore imprescindibile per lo sviluppo sostenibile ed ha perciò avviato un Sistema di Gestione dell’Energia secondo la norma ISO 50001:2011. ISO 50001 “Energy management systems - Requirements with guidance for use” - standard internazionale volontario per la gestione dell’energia emanato da ISO (International Organization for Standardization) - fornisce un quadro di riferimento per l’integrazione delle prestazioni energetiche nella gestione delle attività aziendali. Promuove le migliori pratiche tecnico-gestionali per l’efficienza energetica, nel contesto dei progetti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. L’energia è un fattore critico sia sotto l’aspetto dei costi di approvvigionamento, sia delle ricadute

migliorano l’efficienza energetica dei propri sistemi e apportano immediati benefici a favore dei costi e dell’ambiente. Il percorso di certificazione, che ha coinvolto l’intera organizzazione, valorizza le buone pratiche di gestione già in essere, le strutture e le professionalità presenti in SAGAT, promuovendo lo sviluppo di una cultura orientata al risparmio e al corretto utilizzo dell’energia. Il Sistema di Gestione dell’Energia si integra con il preesistente Sistema di Qualità ISO 9001 e con le attività di gestione ambientale. Per il mantenimento della certificazione SAGAT attuerà piani di miglioramento annuali, come previsto dalla norma, oggetto di verifica periodica da parte dell’Ente di certificazione.

e utilizzo finale dell’energia. Utilizza il monitoraggio, la misurazione e l’analisi periodica delle proprie prestazioni energetiche per verificare il conseguimento degli obiettivi di efficacia ed efficienza previsti dai piani di miglioramento. Promuove lo scambio delle informazioni all’interno e all’esterno della propria struttura per il coinvolgimento di tutto il personale e dei fornitori nel processo di continuo miglioramento. Favorisce questo processo di crescita culturale con adeguati interventi formativi, inseriti nei diversi momenti di aggiornamento del proprio personale.

Pertanto SAGAT si propone di diventare un punto di riferimento per lo sviluppo di programmi di innovazione e di sperimentazione sul tema energetico sia nel settore aeroportuale, sia nel territorio di La Politica energetica www.aeroportoditorino.it del Gruppo appartenenza.

Tel Aviv Sharm el Sheikh

Marsa Alam

Milano accoglie tutti. Ben venga gente del calibro di D av i de S c a b i n , che porterebbe prestigio e materiale umano

Scegli di volare. Scegli Torino. www.aeroportoditorino.it 22

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Carlo Magno I g o u r met lo amano (due stelle Michelin, 18,5 per l’Espresso e tre forchette per il Gambero Rosso) ma, caso piÚ unico che raro, anche la casalinga di Voghera sogna di andare a mangiare nel suo ristorante (e magari di strappargli il grembiule di dosso). C o n fess i o n i d i u n o c hef che ha saputo coniugare (forse come nessun altro) l’anima top e pop dell’alta ristorazione

di Sara Porro foto di Bob Noto

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arlo Cracco - chef celebrato, personalità televisiva, popolarissimo presso le ragazze di tutte le età - è un uomo schivo. Spesso considerato scostante e antipatico, ha sviluppato un atteggiamento di prudente distacco dalla stampa, e quando è intervistato risponde misurando le parole. Anche se in pressoché tutte le (frequentissime) interviste gli chiedono le stesse cose, sembra facile metterlo a disagio. Bestia nera: il suo sex appeal. Ci sono due cose che ti chiedono in tutte le interviste: come ci si sente a essere un sex symbol… (Cracco alza gli occhi al cielo) e dalla pubblicazione del tuo libro La Quadratura dell’uovo, ti interpellano sull’uovo… e tu rispondi un po’ stizzito che non hai più voglia di parlarne. «L’uovo è per me come il purè di patate di Joel Robuchon – sempre quasi che io sia capace di fare solo quello!» Ecco, appunto. Facciamo così: scegli quale delle due domande non ti farò. «Fammi pure tutte le domande che vuoi» Ritento. Com’è che nel mondo si cucina sempre meno, eppure gli show di cucina in tv sono sempre più popolari? «Negli Stati Uniti sarà pure così, ma in Italia si cucina tantissimo a casa. Per gli italiani il cibo è al centro del mondo. È come per un tedesco… [pausa in cerca della metafora] la stabilità finanziaria. Noi italiani eravamo abituati bene ma non lo sapevamo. Adesso è arrivata la crisi e così scopriamo che non esiste solo il benessere materiale, ma anche la soddisfazio-

ne, più privata, di mangiare fuori una cosa buona o di cucinarsi un piatto» A proposito di cucinare per sé: alla fine di settembre è uscito il ricettario “Se vuoi fare il figo usa loscalogno. Dalla pratica alla grammatica: imparare a cucinare in 60 ricette”. Uno dei libri dai titoli più infelici che l’editoria ricordi, se posso. Da dove viene? «Dalla ricetta del risotto allo zafferano: “Cominciate tritando la cipolla molto fine (se volete fare i fighi usate lo scalogno)…” a Rizzoli è piaciuto perché tutto il libro offre idee per aggiungere il vero tocco dello chef, insomma per “fare i fighi”» Non oso dirgli che nel campo “Spesso comprati insieme”, su Amazon il suo libro compare a fianco di “Mettiamoci a cucinare” di Benedetta Parodi, cui Cracco diede una strapazzata memorabile quando fu ospite del suo programma in tivù: la riprese duramente per la sua predilezione per i cibi pronti e il cibo spazzatura. La tivù, appunto: la seconda stagione di Master chef è cominciata il 13 dicembre su SkyUno, dopo una prima stagione seguitissima. Ti sei spiegato le ragioni di tanto successo? «Masterchef non ha avuto successo perché è uno show: piace invece perché mostra persone normali alla prova con la cucina» Veramente i concorrenti piangono in continuazione… «Ci sono elementi di show, ma funziona perché si basa sull’identificazione»

C i ò c he s i m a n g i a a N a t a le non mi imteressa , mi importa solo l’atmosfera e l’essere rilassati

18,5 *Punteggio de L’Espresso

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Cosa ti ha portato a decidere di fare Masterchef? «Il mio atteggiamento verso le cose è sempre all’insegna della sfida e della curiosità, mi dico “andiamo a vedere”. A me è sempre piaciuto esplorare: l’ultima occasione è stata la televisione, ma non sono stato io a cercarla: non mi importa niente della televisione di per sé. L’ho fatta perché ho trovato qualcosa che mi potesse ispirare. La televisione per me è un mezzo, non un fine. Io non sono un conduttore, faccio il giudice di piatti: all’inizio ero terrorizzato perché non è il mio ambiente naturale. Ho imparato soltanto quando mi hanno spiegato che per assumere l’atteggiamento corretto avrei dovuto immaginarmi nel mio ambiente, a fare le stesse cose che farei in cucina. A quel punto è stato tutto più semplice» Ti assomigli molto quando sei in televisione o “carichi” un po’ il tuo personaggio? «Niente affatto. Casomai mi trattengo! A volte mi viene da incazzarmi di più, ma in fondo i concorrenti non sono cuochi professionisti e non si può esagerare. Io sono un esempio per loro: il mio scopo è che a loro il mestiere del cuoco finisca per piacere, e se mi vedono sempre sclerato [sic, N.d.R] non può funzionare. Quando vedo l’ammirazione nei miei confronti da parte di ragazzi che fanno i cuochi mi rendo conto della responsabilità che ho nei loro confronti: si riconoscono in me perché indossiamo la stessa giacca, lo stesso vestito» Prima della tv eri già molto noto tra gli appassionati di cucina, ma Masterchef ti ha dato la fama televisiva. Che effetto fa? «La differenza è che adesso può capitare che un bambino di 6-7 anni sappia chi sono e mi consideri come un calciatore. Questo un po’ mi sgomenta. È okay che i bambini ammirino un calciatore – tutti i bambini stanno sul campetto. Mentre i bambini che cucinano mi fanno un effetto strano»

Hai visto Junior Masterchef Australia, la versione del talent show in cui i concorrenti sono dei bambini? «Sì, e non mi piace. Fa un effetto “fenomeno”» Perché per te la cucina è una professione più che essere una vocazione? «No, è una passione. Ma non direi che sia una passione da bambini» Torniamo al cibo: il Salone del Gusto di Torino, e Slow Food più in generale, hanno fatto comprendere a una vasta parte dell’opinione pubblica come il cibo sia rilevante per il benessere della propria vita quotidiana. L’alimentazione è decisiva al punto che sarà il tema centrale dell’Expo 2015 a Milano. Cosa ne pensi di un legame più stretto tra legame tra Torino e Milano? Si acciglia. «Milano e Torino sono il classico esempio di due città rovinate da un sistema politico: due città forti, che potrebbero essere unite e sviluppare delle sinergie mentre in realtà ognuno pensa al proprio campanile» A proposito di campanile: sullo scorso numero di Extratorino Scabin ha risposto in questo modo a una domanda sul km0: “Il chilometro zero per me è l’Italia. Insomma, è il momento dell’unità gastronomica d’Italia, non della lotta dei Comuni”. Mi sembra un’idea simile a quella della Nuova Cucina Nordica: il concetto di materie prime locali si applica all’intera Scandinavia, dove le distanze tra paesi sono molto superiori a quella tra il Nord e il Sud dell’Italia. Tu che ne pensi? «Quando si ha la fortuna, come noi in Italia, di avere a disposizione il meglio delle materie prime e avere tutte le differenze – tra Nord e Sud cambia tutto – l’idea di Davide Scabin è quasi ovvia. Il Km0 in senso stretto me lo aspetto dalle mense

A M a ste r c hef a volte mi viene da incazzarmi di più, ma in fondo i concorrenti non sono cuochi professionisti e non si può esagerare NellA f o t o Le star di Masterchef: Joe Bastianich, Carlo Cracco e Bruno Barbieri *Punteggio de Il Gambero Rosso

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scolastiche, dalle istituzioni, così da valorizzare il prodotto del territorio e limitare gli sprechi. Applicato a un ristorante è sintomo di chiusura, e non di apertura» L’alta cucina è più libera, insomma. «Il concetto di km0 va applicato a livello nazionale. La Scandinavia, con poche materie prime, ha tirato fuori un’intera cucina. Questo significa che quando a fondamento del lavoro c’è ragionamento, cultura, volontà di creare e non solo di sfruttare, le cose funzionano. Questo è valido ovunque» E se “a km0” fosse la distanza tra te e Scabin? Insomma: cosa penseresti di un suo trasferimento a Milano? «Milano accoglie tutti. Ben venga gente del calibro di Davide, che porterebbe prestigio e materiale umano. Di certo sarebbe un cambiamento importante: per me venire dal Piemonte a Milano (Cracco ha lasciato il suo ristorante Le Clivie a Piobesi d’Alba (CN) per aprire Cracco Peck a Milano nel 2001, N.d.R), ha significato un salto importante. Torino è una grande città ma è diversa da Milano, che è più cosmopolita. Anche se ha certamente un respiro internazionale, Torino è radicata nel territorio» Sempre a proposito di Torino e Milano: da un mese sono in libreria le Guide ai ristoranti I Cento di Torino, Milano, Liguria e Firenze, pubblicate da Edt. Hanno schede molto più lunghe rispetto alle guide tradizionali, così da essere in grado di restituire l’atmosfera di un’esperienza al ristorante. A te cosa piace trovare nella recensione di un ristorante? «La recensione è bella quando ti fa vedere qualcosa che pochi notano. La qualità di quello che mangi non è il punto fondamentale: prima di tutto è molto difficile da raccontare e in ogni caso ha una componente troppo personale. È bello trovare in una scheda quello che nessuno ti dice in genere: sfumature, pensieri

che hai carpito nel corso del tuo pasto. Con tutte le persone che fotografano e condividono in tempo reale le foto dei piatti sui social network la recensione classica è superata, e la guida diventa obsoleta se non è in grado di raccontarti la sensazione di un’esperienza. Una recensione deve essere come un racconto» Come vorresti che i tuoi clienti vivessero l’esperienza del tuo ristorante? «La peculiarità del mio lavoro è la possibilità di far sognare la gente a occhi aperti. Moltissimi clienti vengono dopo aver risparmiato per l’occasione. Per noi che siamo al lavoro è una giornata normale, per loro magari una circostanza eccezionale. Per me è importante che le persone si sentano a loro agio quando sono al ristorante: non è come entrare in chiesa, e il ristorante non deve essere una liturgia. Noi parliamo con il cliente, lo accogliamo, cerchiamo di farlo sentire a suo agio. Una volta c’era un inutile carico di stress nell’esperienza del ristorante» A proposito del tenere lo stress sotto controllo: come si fa un pranzo di Natale senza nevrosi? «Bisogna cucinare il giorno prima, o anche due giorni prima, e non fare nulla il giorno stesso! Cucinare il giorno di Natale – fino a quando avevo trent’anni ho sempre lavorato in cucina il 25 dicembre – ti toglie un po’ di sentimento, ti irrigidisce. Ti porta a chiederti quando verrà finalmente il tuo turno di festeggiare. E non c’è bisogno di preparare chissà cosa: io faccio il brodo, i tortellini, il cappone, l’arrosto… un po’ di antipasti e via» Solo un uomo per cui lo standard sono menu degustazione da 14 piatti può considerare la preparazione di questo menu di Natale come defatigante. «In fondo ciò che si mangia a Natale non mi interessa, mi importa solo l’atmosfera e l’essere rilassati. Certo che il relax è più facile mangiando bene e con un bicchiere di vino»

e T o r i n o sono due città forti,che potrebbero essere unite e sviluppare delle sinergie mentre in realtà ognuno pensa al proprio campanile

Milano

Nelle f o t o Il ristorante Cracco a Milano e uno dei suoi piatti

*Punteggio de La Guida Michelin

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el corso dell’intervista a Carlo Cracco gli chiedo del suo team, e malaccortamente definisco il sous-chef Matteo Baronetto il suo “secondo”. «Non è il mio secondo!» protesta lui. «È mio fratello. Lavoriamo insieme da diciotto anni. “Secondo” si dice di qualcuno che non può essere il primo, mentre Matteo è il numero uno. Io sono felice che lui voglia restare qui, ma potrebbe avere un grande ristorante tutto suo.» Da qualche mese, infatti, sul menu di Cracco compare la dicitura: “Matteo Baronetto vi propone”, una chiara investitura per il giovane cuoco – ha 35 anni – piemontese. Il Piemonte, appunto. «Mia madre è di Torino, papà di Giaveno, in provincia. Ho un fortissimo legame con il Piemonte, sono innamorato di questa regione splendida. Amo i piatti tradizionali: quando ero bambino, mia nonna abitava nel quartiere Santa Rita.

Ogni sabato io e i miei genitori andavamo a trovarla, e – come per molte famiglie in città – avevamo il rito di fare acquisti in gastronomia per il pranzo. Ce n’era una proprio sotto la casa della nonna: compravamo gli involtini di prosciutto ripieni di salsa russa; il baccalà già dissalato, tenuto a mollo nelle bacinelle; i grissini. È un ricordo dolcissimo che ho di quelle giornate passate in famiglia. E quando la tradizione gastronomica va a braccetto con la storia, si creano dei posti incantati: tra il ’92 e il ’93 ho lavorato per uno stage scolastico al Cambio, in piazza Carignano. È una piazza magica: non sembra neanche di essere in città, ma piuttosto in una fiaba.» Questa è la Torino di ieri. E quella di oggi? «Vedo nei piemontesi grandissime qualità: sono grandi lavoratori, e hanno fatto di Torino un laboratorio. Eppure per fare ho la sensazione che si debba ancora venire a Milano. Prendiamo ad esempio

Gobino: è uno storico cioccolatiere torinese, ma il suo nome è rimasto in ambito regionale fino a quando non ha aperto un negozio a Milano. Certo le cose stanno cambiando in meglio, la direzione attuale è quella giusta. Vorrei vedere tornare un’epoca d’oro come gli anni ’70, quando a Torino c’erano molti ristoranti stellati: la Vecchia Lanterna, il Balbo… Mi piacerebbe vedere di nuovo un grande ristorante a Torino. » Il tuo? «Chissà… »

Lo chef secondo (a) Cracco: Matteo Baronetto 32

Da qualche mese, infatti, sul menu di Cracco compare la dicitura: “M a tte o B a r o n ett o v i p r o p o n e ”, una chiara investitura per il giovane cuoco – ha 35 anni – piemontese Nelle f o t o Matteo Baronetto

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extrastorie

«Mi meraviglio sempre di fronte a ciò che vedo e difficilmente ho avuto il desiderio di fermarmi» S teve M c c u r r y , p. 44

STORIA E STORIE DELLA CITTÀ A cura dell’Associazione Culturale Turin WWW.TURIN.TO.IT INFO@TURIN.TO.IT

La rivista di Torino

e dei torinesi,

della grande città che rilegge se stessa attraverso il fluire nel tempo di persone, idee, fortune e rovesci,

per interpretare le identità

del presente. 34

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d i V a le n t i n a d i r i n d i n foto di Massimo pinca

S e a l l’ i m p r o v v i s o d i v e n t i fa m o s o, h a i d u e s t r a d e dava n t i . O t i u b r i ac h i e s f r u t t i a l m a s s i m o l’a d r e n a l i n a o t i lasci sconvolgere dal peso d e l l a r e s p o n s a b i l i tà . Pao l o G ior dano ci r accon ta l a s ua solitudine, dopo quella dei numeri primi

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aolo Giordano è probabilmente la persona più schiva sulla faccia della terra. Totalmente travolto dal successo del suo esordio letterario, La solitudine dei numeri primi (premio Strega, premio Campiello, più di un milione di copie vendute, un film diretto da Saverio Costanzo), pare essere finito lì per caso e non aver nessuna voglia, in realtà, di rimanerci a lungo. Forse anche per questo ci sono voluti cinque anni perché tornasse nelle librerie con il suo secondo, attesissimo romanzo, Il corpo umano (sempre Mondadori, € 19). Alla presentazione del nuovo lavoro, alle Officine Grandi Riparazioni di Torino, Giordano lo spiega chiaramente: «spero che la promozione di questo libro finisca presto», ma non lo dice con antipatia o con supponenza. Semplicemente, dà dimostrazione di una timidezza che lo accomuna ai suoi personaggi: chi ama loro, ama anche lui. Eppure è bello, giovane, talentuosissimo. C’è da immaginarselo, uno così, darsi in pasto ai riflettori e ai flash, diventare un viveur, un modaiolo, un playboy. E invece, Giordano dà l’idea di essere stato fagocitato dalla sovraesposizione del suo primo romanzo e di aver sentito, pesante come un macigno, tutto ciò che quel successo comportava: responsabilità, aspettative,

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notorietà. Tanto da non dare nulla per scontato, tanto da rimanere in attesa nell’ombra tutto questo tempo, tanto da scegliere la strada più difficile per scrivere un nuovo libro. Nel 2011, Giordano propone a Vanity Fair un servizio dall’Afghanistan. Si fa mandare nella regione del Gullistan, nella Cop (Contingency Operating Base) “Snow” Buji, una delle zone più pericolose dell’intera guerra. Lì vive, conosce i militari (uno dei quali morirà pochi mesi dopo, colpito da un cecchino), scrive e inizia a partorire il suo nuovo romanzo. «Non un libro di guerra, ma più precisamente un libro sulla guerra, sui conflitti, che possono essere declinati nelle nostre vite in mille modi diversi», spiega Giordano. Una storia che ha in comune molto più di quel che sembra con La solitudine dei numeri primi: dramma, affetti mancati e mai più ritrovati, emozioni. Ma tutto questo è meglio farselo raccontare da lui. Come mai questo lavoro ha richiesto così tanto tempo? In realtà, la scrittura de Il corpo umano ha richiesto due anni di lavoro netti, che non credo sia un periodo così lungo. Ma molti sono stati gli sforzi prima e dopo la scrittura vera e propria. Dopo, perché è

Questo libro m i h a s a lvat o l a vi ta . E non intendo in senso retorico, ma letterale

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stato necessario un grosso lavoro di riscrittura, di scrematura. Prima, perché vivevo un periodo disordinato, che mi disorientava. Ho avuto bisogno di tempo per smaltire La solitudine dei numeri primi, per ritrovare me stesso. Il mondo che conoscevo era stato fatto a pezzi, ho dovuto ricostruirne uno nuovo per non andare a pezzi anche io. A sentire questo, sembra che il successo del suo primo libro sia stato difficoltoso da gestire. Come lo ha vissuto? L’ho vissuto in pieno, nel bene e nel male, con tutto l’entusiasmo che questa inaspettata novità portava con sé, ma anche con tutti gli effetti collaterali che creava nel mio quotidiano. Sarò sempre grato a quel libro, ci voleva qualcosa di così dirompente da riuscire a distogliermi dal percorso che stavo facendo e nel quale probabilmente, testone come sono, avrei continuato a perseverare. Per me è stata una grande scoperta, ma contemporaneamente mi ha costretto a ripensare l’intera mia vita. Cosa l’ha spinta a fare quest’esperienza in Afghanistan? È partito con l’idea di scrivere un romanzo o le è venuta lì? Il romanzo è nato nella mia testa quando ero già lì, prima non immaginavo di poterlo davvero creare. Sono sempre stato appassionato di narrazioni di guerra e avevo l’ambizione di poter scrivere un giorno un romanzo di questo tipo. Pensavo però che un lavoro del genere fosse realizzabile solo all’apice della maturità stilistica, non pensavo potesse venire fuori adesso. Sono partito perché ero curioso, e for-

se anche inconsciamente spinto a cercare qualcosa di forte da vedere, da vivere, qualcosa che potesse relativizzare le ansie di quel periodo. Una sorta di fuga dal quotidiano? Sì, in parte si può dire che sia stato così. Io però credo molto al potere dell’inconscio. Per entrambi i libri sono stato mosso da una forza interiore, dall’esasperazione, dalla reazione a un periodo in cui non stavo bene. Ecco, per me quella reazione è la spinta verso una storia. Questo libro, ancora più dell’altro, mi ha salvato la vita. E non intendo in senso retorico, ma letterale. Cosa ha trovato in Afghanistan? Ho trovato ragazzi come me, ragazzi che mi sarebbe impossibile raccontare in un contesto quotidiano e che lì invece erano immersi in un contesto che li riportava a un grado elementare, primario, istintivo, in cui le singole personalità venivano fuori in tutta la loro potenza. Poi, ho trovato un posto fantastico, di una bellezza straordinaria, così intensa da farti dimenticare di essere in uno dei posti più pericolosi della terra. Al ritorno, ho provato una profonda nostalgia, una sorta di commozione, che mi ha fatto capire che ero stato conquistato. Mi sono messo a scrivere un romanzo ambientato lì, quasi fosse un modo per prolungare la mia permanenza in quel luogo. È stato più difficile scrivere un romanzo corale? Sì, più difficile ma anche più bello. La difficoltà sta nell’introdurre i personaggi nella storia, trovare un equilibrio fra tutte le diverse voci (si contano almeno dodici personaggi principali). Per questo la Nelle f o t o Paolo Giordano autografa il suo nuovo libro alle Officine Grandi Riparazioni

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prima parte del libro è stata tormentata, quei personaggi mi hanno chiesto il sangue. Però è stato bello, perché man mano che venivano fuori e si caratterizzavano sentivo di aver costruito un mondo. Come l’ha poi costruito quell’equilibrio fra le diverse voci? Dando una maggiore profondità al romanzo, che spero sia sufficiente a contenere tutto. Ci sono tre o quattro piani di lettura, ognuno dei quali ha dei protagonisti diversi. L’idea è quella di descrivere i destini dei singoli personaggi che si tramutano in un destino comune, che è a sua volta il riflesso del destino di ognuno. I personaggi, anche se in gruppo, danno tutti la sensazione di essere molto soli, e questa è una costante nei suoi due libri. Perché questo tema la affascina tanto? Forse più che di fascino parlerei di facilità, perché mi viene naturale parlare di solitudine. Anche se scrivo in terza persona, a me interessa quando uno scrittore tocca il piano interiore, quando i personaggi si raccontano quasi in un flusso di pensieri. Il modo più semplice per entrarci è isolarli. I miei personaggi vengono quasi sempre raccontati a coppie: mi piace stare dietro, nascosto e desciverli l’uno dal punto di vista dell’altro, in modo che il narratore scompaia. Un’altra costante sono i rapporti familiari tormentati. Anche questo è un tema che sente suo? Come dice Tolstoj in Anna Karenina, «Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo». Tutte le famiglie

hanno le loro complessità, che diventano evidenti quando riesci ad addentrarti nei suoi meccanismi. A me affascina entrarci, anche perché quello familiare è il modello di relazione più intimo che esista ed è lo specchio per capire tutti gli altri contesti, perfino quello della guerra. Cosa sono “gli anni scalmanati della Cascina” a cui è dedicato il libro? Sono gli anni della mia gioventù, quando nei weekend ci radunavamo con gli amici in questa cascina per stare insieme, divertirci, fare bisboccia. Ecco, quelle dinamiche di gruppo mi sono servite come punto di partenza e come guida per raccontarne delle altre, anche se totalmente in un altro contesto. Quindi viene da chiedersi se non ci sia un po’ di lei nei personaggi del romanzo... In tutti i miei personaggi c’è un po’ di me. Quando delineo una figura, devo cedergli delle parti di me (anche per contrasto, rendendole l’esatto opposto), altrimenti non riesco ad afferrarla. In generale, mi sono riconosciuto nei militari che ho incontrato in Afghanistan. La maggior parte ha più o meno la mia età, trent’anni, o anche meno. In un percorso di vita diverso avrei potuto esserci io lì in guerra. Ho iniziato a immaginare come sarebbe stato, e quell’uomo è diventato la voce narrante del libro. In conclusione, lei non sembra decisamente amare la notorietà: tornerebbe mai indietro se potesse? No, questo mestiere mi ha liberato. Probabilmente, perdere una parte di me è il giusto prezzo da pagare. Pa o l o G i o r d an o Il c o r p o u m a n o Mondadori pp. 309 € 19

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Il viaggio piĂš bello

Steve mccurry Ăˆ uno dei piĂš grandi fotoreporter viventi. G e n o va gli dedica una mostra e noi ve ne diamo un assaggio in queste pagine

f oto c o u r t es y U f f i c i o s ta m pa pa l a z z o d u c a l e - g e n o va

G i o va n e M o n a c o i n D o o r way

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| M ya n m a r

(Burma) | 2010

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Steve mccurry

L

o sguardo di Steve McCurry sul mondo passa attraverso gli occhi verdi della Ragazza Afgana (la più famosa copertina di sempre del National Geographic) e attraverso i volti multicolore dei suoi ritratti, dotati di un’espressività travolgente. Immagini di luoghi e persone affascinanti, spesso malinconici, talvolta difficili. Perché raccontare il mondo significa farlo da ogni punto di vista possibile, senza censurare ciò che di male lo abita: guerra, povertà, bambini che anziché giochi impugnano armi. Ma è proprio questa verità che fa di McCurry un grande fotoreporter, tra i più bravi e apprezzati della contemporanei-

tà, e che regala vita e intensità ai suoi lavori. Lavori che potete trovare in mostra, fino al 24 febbraio, al Palazzo Ducale di Genova, in una grande personale che raccoglie oltre duecento delle sue più belle fotografie. Una narrazione delle diversità umane che riesce a mettere in luce il filo conduttore che lega tra loro le popolazioni dei luoghi più lontani: abitiamo tutti lo stesso mondo. Una mostra sponsorizzata, fra gli altri, da Lavazza, che con McCurry vanta una collaborazione decennale. Dal 2002, infatti, il fotografo statunitense è il narratore d’eccezione di ¡Tierra!, il progetto dell’azienda torinese legato alla sostenibilità del lavoro nei paesi produttori di caffè. Questo viaggio congiunto di

Lavazza e Steve McCurry li ha portati in Perù, Colombia, India, Brasile e, nel 2012, in Tanzania. Proprio quest’ultimo reportage fotografico è presentato in anteprima alla mostra di Genova.

Viaggio intorno all’uomo

«Mi meraviglio sempre di fronte a ciò che vedo – ha detto McCurry a proposito del suo lavoro con Lavazza ¡Tierra! – e difficilmente ho avuto il desiderio di fermarmi. Voglio e devo tornare a casa ogni tanto, come è ovvio, ma lo stupore, anche dietro l’angolo, mi accompagna».

18 ottobre 2012 – 24 febbraio 2013

Genova, Palazzo Ducale

Orari da martedì a domenica con orario 10-19 lunedì con orario 14-19 Biglietti € 12 intero € 9 ridotto giovani fino a 25 anni, universitari con tesserino, gruppi di almeno 15 visitatori, maggiori di 65 anni, titolari di convenzioni appositamente attivate € 4 ridotto scuole primarie e secondarie e minori di 18 anni € 16 cumulativo con la mostra Miró! Poesia e luce Il servizio di biglietteria termina un'ora prima della chiusura della mostra Informazioni e prenotazioni Civita, tel. 199757513, servizi@civita.it Palazzo Ducale, tel. 0105574004

S h a r b at G u l a , r ag a z z a a f g a n a a l c a m p o p r o f u g h i d i N a s i r B ag h v i c i n o a P e s h awa r | Pa k i s ta n | 1 9 8 4

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Steve mccurry

Pes cato r i

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|Weligama,

c o s ta S u d, S r i L a n k a | 1 9 9 5

B a g n o d e l l e d o n n e n e p a l e s i n e l f i u m e B a gm a t i

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K at h m a n d u, N e pa l | 1 9 8 4

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Steve mccurry

J odhp ur, Rajasthan, India | 2005 Luogo | data

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D u e d| o nne kara | Ethiopia | 2012 Luogo data

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Steve mccurry

T a n z a| n i a | 2 0 1 2 | C o u r t e s y o f L ava z z a P r o g e t t o ยก T i e r r a ! Luogo data

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D a l c|adata lzolaio Luogo

| M u m b a i ( B o m b ay ) , I n d i a | 1 9 9 6

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i | r o t i n e g i o-a t a t e i v |

TM

Miró!

Poesia e luce

Fino al 7 aprile 2013 il Palazzo Ducale di Genova ospita anche un’altra, coloratissima, mostra, che ha come protagonista Joan Miró. Sarebbe un peccato perderla, soprattutto se vi trovate in quel di Genova. Tenendo conto poi che con un biglietto cumulativo (16 €) riuscite a vedere sia McCurry che Miró, è davvero l’occasione giusta per fare il pieno di cultura a un prezzo accessibile. Oltre ottanta i lavori del grande artista catalano in mostra, tra cui cinquanta olii di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e acquerelli. Il tutto, dotato di quella luce e di quell’allegra animosità che solo un pittore come Miró sapeva regalare alle sue opere. Una mostra che piacerà anche ai bambini, che per primi rimangono affascinati dai colori e dalle linee morbide e un po’ fumettose dei quadri di Miró.

I n q u e s ta pag i n a

Sullo sfondo: Joan Miró Senza Titolo, n.d. Olio, acrilico e carboncino su tela, 162,5 x 131 cm Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca © Successió Miró by SIAE 2012 Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca

Libri pe per giovani lettori desiderosi di conoscere il mondo Aspetti curiosi, cose da fare speciali, aneddoti, storie intriganti, notizie poco note: A l sapevate che il serpente con cui parla Harry Potter vive allo zoo di lo L Londra? e che la Torre Eiffel fu soprannominata ‘asparago di ferro’? Per ogni titolo testi, fotogra P f e e e fumetti s svelano il meglio di ogni città.

A lato: Joan Miró Senza Titolo, n.d. Olio su cartone, 91,5 x 64,5 cm Fundació Pilar i Joan Miró, Mallorca © Successió Miró by SIAE 2012 Foto: © Joan Ramón Bonet & David Bonet / Cortesía Archivo Fundació Pilar i Joan Miró a Mallorca

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L’Unione fa la forza È sulla tolda da soli due mesi, ma la nuova presidente dell’associazione degli industriali torinesi L i c i a M a tt i o l i ha le idee chiare: per combattere la crisi, bisogna fare rete. Ritratto d’una signora dei gioielli che ha convinto gli uomini delle scocche a colpi d’ottimismo

a un certo effetto il contrasto tra l’austerità solenne della sede dell’Unione Industriale e il fiume in piena che scaturisce dalla bocca del nuovo presidente della più antica associazione d’imprenditori d’Italia, Licia Mattioli. L’Unione è puro stile Fiat, corridoi, legni, marmi, aplomb sabaudo che più sabaudo non si può. Mattioli ha al contrario l’esuberanza, l’entusiasmo, l’intraprendenza di una donna al timone d’una impresa orafa abituata a girare il mondo e a esportare all’estero il 90% d’una produzione campione dell’Italian Style (in effetti dobbiamo rimandare il nostro appuntamento perché è rimasta bloccata in Russia, dove ha partecipato a un’asta organizzata da Harper’s Bazar). Il fatto è che c’è una donna che fa gioielli a capo di un’associazione prevalentemente di uomini più avvezzi a scocche che a collier. Un altro fatto è che sono questi uomini cresciuti a metalmeccanica e ingegneria che l’hanno eletta. Un altro fatto ancora è che vedere Mattioli seduta dietro al tavolo ovale dell’ufficio di presidenza dà l’idea del nuovo che avanza, del mondo che cambia, della Torino imprenditoriale che prova a verificare la propria muscolatura in altre parti del corpo che non siano bielle e pistoni. Quando prima dell’estate il nostro Federico Demarchi raccontò i movimenti intestini all’Unione in vista del rinnovo della poltrona occupata da Gianfranco Carbonato, di lei scrisse “giovane, brillante, molta voglia di fare anche in Confindustria (tanto è vero che da pochi mesi è stata eletta presidente nazionale di Federorafi, la sigla di settore) è una delle più attive tra i viceCarbonato. Ma questa avvocatessa per formazione e imprenditrice per vocazione, due figli e un’azienda in crescita anche grazie a una collezione che porta il suo stesso nome, ha un problema: il tempo a disposizione, troppo poco per diventare il numero uno”. Dunque non possiamo che partire di lì, dal tempo, per principiare un’intervista all’insegna dell’ottimismo, ché a “lamentarsi, a esser pessimisti, a vedere nero son capaci tutti”.

di Luca iaccarino foto di Massimo pinca

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Mattioli, dunque il tempo l’ha trovato... L’ho trovato come lo si trova sempre: con la passione. Se c’è l’entusiasmo ci si organizza. Certo, questo non toglie che stia boccheggiando. Ma gli amici imprenditori mi stanno dando grandi soddisfazioni e questo mi sprona: gli imprenditori sono gente di pancia e se vedono che ci metti tutte le tue energie te lo riconoscono. Le faccio un esempio? Mi faccia un esempio Un piccolo caso, ma emblematico. Uno dei nostri s’era disassociato. Io l’ho contattato, ho ascoltato quali erano le questioni della sua impresa e capito che avrebbe dovuto fare squadra con un’altra azienda per continuare a crescere. Così hanno fatto. Il risultato è che ora lavorano assieme e bene e che l’imprenditore è tornato nell’associazione. Fare rete è la vera soluzione per i problemi dei singoli. Immagino che di questi tempi situazioni critiche ce ne siano a bizzeffe Questa è la mia assoluta priorità: salvare le aziende. Se si salvano le aziende si fa bene a tutti: agli imprenditori, ai lavoratori, ai consumi, al welfare che non deve utilizzare risorse. In questa direzione abbiamo un grande progetto in corso che coinvolge Regione, società di consulenza e Abi: se un’azienda ha difficoltà – di liquidità, di management – ma ha buoni fondamentali, le vogliamo dare la possibilità di presentarci un piano industriale – realizzato in collaborazione con una società di consulenza – e sostenerla nella produzione di questo piano e nell’eventuale costo per un temporary management che la aiuti a rimettersi a posto. Sono solo quaranta giorni che sono al mio posto, ma questa indubbiamente è una sfida fondamentale. Così come riportare serenità nel rapporto tra imprese e banche. Un progetto che le sta dando soddisfazioni? A proposito di rete, un piccolo network del lusso attivato quando ero vice di Carbonato: ExclusiveBrands Torino. Quattordici aziende – Pininfarina, Gobino, Mattioli, Tonatto, Fisico, Aurora, Bosso, Peyrano, Quagliotti, Bava, Leone, Pepino, Azimut-Benetti, Allure – che si mettono assieme per aggredire i mercati stranieri. L’internazionalizzazione è da tempo una delle nostre sfide, ma qui bisogna operare sulla politica: è impossibile andare all’estero con le attuali barriere doganali e non doganali. Provate un po’ a chiedere a chi esporta cibo quanto è difficile farlo...

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La mia assoluta p r i o r i t à è salvare le aziende. Se si salvano le aziende si fa bene a tutti: agli imprenditori, ai lavoratori, ai consumi, al welfare

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Imprenditori si nasce, non si diventa. F a r e i mp r es a

non si impara (solo) a scuola: è questione di creatività, di tenacia, di ottimismo, bisogna avere il “dono”

L’ i n te r n a z i o n a l i zz a z i o n e è da tempo una delle nostre sfide, ma qui bisogna operare sulla politica: è impossibile andare all’estero con le attuali barriere

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Nei nomi di ExclusiveBrands Torino vedo tante aziende che coinvolgono giovani imprenditori. Così come nella politica, c’è una questione “rottamazione”? Conta l’anagrafe? Imprenditori si nasce, non si diventa. Fare impresa non si impara (solo) a scuola: è questione di creatività, di tenacia, di ottimismo, bisogna avere il “dono”. Ci sono ragazzi che vengono su così – penso a imprese nuove e con i fiocchi, Grom per esempio –, ci sono terze generazioni di famiglie d’impresa che forse dovrebbero fare gli studiosi, i poeti, gli artisti. E poi c’è un fatto: chi ha venti, trent’anni oggi è cresciuto in questo mondo nuovo e pensa in maniera diversa da chi l’ha preceduto. Giovani talenti che del posto fisso se ne fregano, che di rado s’affezionano a un progetto, che più facilmente fanno questo qui, poi quello là, che girano il mondo. Abbiamo parlato di anagrafe, parliamo di genere. Cosa vuol dire una donna presidente dell’Unione? Personalmente vuol dire conciliare tante cose: lavoro, famiglia, ruolo istituzionale... Ma penso che

valga la pena: ci sono caratteristiche squisitamente femminili che servono in un posto così. Mi riferisco a quelle mutuate dalla famiglia: la capacità di fare squadra, di mediare. Una buona madre non mette i figli in competizione, dà loro obiettivi comuni. Ottimista o pessimista di fronte al tema “declino di Torino”? A essere pessimisti son capaci tutti. Non è che non veda i problemi: è che cerco delle soluzioni. Finiamo sulla città: le cose che ama fare nel (poco) tempo libero... Andare a mangiare nelle trattorie segnalate su “I Cento”! (giuriamo: l’ha detto spontaneamente. Ndr). Mi piace mangiare ma amo i posti informali, tranquilli, rilassati. Poi vedere il fermento che c’è nei quartieri in crescita – il Centro, San Salvario, la zona dell’ex Ceat – ma anche concedermi qualche coccola, come nella nuova Spa di corso Vittorio. Trovo in generale Torino una città straordinariamente vivibile.

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Il Top e il POP si fanno in quattro – la guida ai ristoranti più amata di Torino – si fa in quattro, e sbarca a M i l a n o , G e n o va e F i r e n ze . Lo spirito è sempre lo stesso – top e pop, stelle e trattorie –, ma il progetto punta a conquistar tutta l’Italia. Ancora una volta, partendo dalla Mole. Anzi dal toret.

I Ce n t o

Nell a f o t o

foto di Massimo pinca

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Il meglio del Top e del Pop di Torino: Steven Lazzarin delle Ramine e Davide Scabin del Combal.Zero durante la premiazione al ristorante il Cambio

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L’ a n n o p r o ss i m o , chissà: si marcerà su Roma?

Si scenderà in meridione?

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ono meno dei mille di Garibaldi ma più dei trecento di Leonida: da quest’anno, infatti, I Cento diventano quattrocento (e rotti). Per chi si fosse perso nei calcoli, facciamo un veloce riassunto. Correva l’anno del signore 2009 ed Extratorino lanciava una nuova, golosa iniziativa: I Cento, ovvero la guida ai migliori ristoranti e alle migliori piole di Torino scritta dai valorosi Cavallito&Lamacchia&Iaccarino. Grande il successo, fin dalla prima ora: i torinesi tutti rispondevano (per usare l’imperfetto tanto caro ai verbali) con entusiasmo acquistando a mani basse questo volumetto dall’aria sbarazzina che non solo recensiva le tavole da re, ma pure le trattorie quotidiane. Insomma: c’era pane per i giorni speciali ma anche per tutti gli altri. Tappe giuste per i compleanni e per i non-compleanni, citando Alice. L’anno successivo, nel 2010, usciva “I Cento e cinquanta” in onore dell’anniversario dell’Unità d’Italia del 2011: ai cento locali cittadini se ne sommavano altri cinquanta – alti e bassi, ma tutti buoni – nel resto del Piemonte. A primavera del 2011 il valoroso trio sconfinava, annettendo al regno del magna-magna, la Liguria con “I Cento della Liguria”, per far felici i rivieraschi di residenza o di vacanza. Ci si poteva anche fermare lì. E invece, come sempre, l’appetito vien mangiando: così, grazie all’ingresso nel mondo EDT (la casa editrice torinese che pubblica in Italia le guide Lonely

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Nelle f o t o Nella pagina a fianco La cena di premiazione al ristorante il Cambio In alto Da sinistra: Artaserse Pasqual del Cambio, Fabio Pisani del Luogo di Aimo e Nadia, Davide Scabin del Combal.Zero e il giornalista Sergio Miravalle

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lo chef residente Artaserse Pasqual assieme al numero uno della classifica torinese Davide Scabin e al numero uno della classifica milanese, Fabio Pisani de Il Luogo di Aimo e Nadia

In cucina

Planet e molto altro) in questo anno 2012 il piatto si fa ancor più ricco. Ed ecco quindi I Cento di Torino e del Piemonte, di Milano, di Firenze, di Genova e della Liguria. L’anno prossimo, poi, chissà: si marcerà su Roma? Si scenderà – forchetta in mano – in meridione? Del doman non v’è certezza, ma il presente è stato onorato con tutti i crismi, come dimostrano le foto in queste pagine. Le quattro guide sono state presentate in pompa magna il 12 di novembre al Cambio di Torino. In cucina lo chef residente – Artaserse Pasqual – assieme al numero uno della classifica torinese (i locali top sono messi in spietatissimo ranking) mi Davide Scabin e al numero uno della classifica milanese, Fabio Pisani A Masterchef a volte de Il Luogo di Aimo e Nadia. In sala gli altri top premiati – la figlia dei medesimi Aimo e Nadia che ora conviene da incazzarmi di più, duce con grinta il locale, Luca Collami del Baldin di Genova, madame Pinchiorri della celeberrima enoteca ma in fondo i concorrenti di Firenze, Mauro Mattei, sommelier di Piazza Duomo ad Alba, che ha ritirato il premio “miglior locale del non sono cuochi Piemonte” e che due giorni dopo avrebbe ricevuto la terza stella Michelin –, la “piola dell’anno di Torino” – professionisti non si può cioè Steven delle Ramine –,ema soprattutto cento happy few – tra giornalisti, autorità e sponsor – che hanno esagerare assaggiato i piatti degli chef e bevuto i vini di Drappier, Caves de Pyrene, Damilano e assaggiato i caffè creativi del training center Lavazza.

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I Cento si fanno in quattro Torino, Milano, Genova e Firenze

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è per sua natura anche pop, dunque ecco tanti altri eventi aperti al pubblico

M a I Ce n t o

Numeri 1 Da sinistra:

Baldin Miglior ristorante di Genova

Ma I Cento è per sua natura anche pop, dunque ecco tanti altri eventi aperti al pubblico: una preview alla libreria Trebisonda di Torino con un incredibile menu realizzato dall’adorabile Il Kitchen (miglior piola 2011), una preview a Firenze a Degustibooks, una presentazione a Bookcity, a Milano, nell’aulicissima sala napoleonica di Palazzo Serbelloni. Oltre ai quattro volumi – che trovate in tutte le edicole e librerie dei quattro territori a prezzo di euro 9,90 – in questi giorni sono già disponibili sull’App Store le preziosissime versioni digitali di Milano e Torino (cui seguiranno a strettissimo giro Genova e Firenze). Che volere di più? Altre città? Altri Paesi? Tutto è possibile. L’appetito non manca.

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Le Ramine Miglior piola di Torino Combal.Zero Miglior ristorante di Torino

Il Luogo di Aimo e Nadia Miglior ristorante di Milano

Il Duomo, Alba (Cn) Miglior ristorante del Piemonte

Enoteca Pinchiorri Miglior ristorante di Firenze

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per la presentazione de I Cento c’era anche il tocco di un altro, grandissimo chef, Ferran Adrià

a ll a c e n a

E Lavazza porta Adrià e il suo Bicerin sferico Grazie a Lavazza, alla cena per la presentazione de I Cento c’era anche il tocco di un altro, grandissimo chef, Ferran Adrià. È lui che, insieme al team Lavazza, ha infatti inventato il Bicerin sferico, che l’azienda torinese ha proposto a fine cena. Nuova interpretazione del tipico Bicerin torinese, nasce utilizzando la sferificazione, tecnica complessa e sofisticata, applicata al caffè per ottenere un effetto straordinario: caffè liquido racchiuso in una membrana trasparente che esplode sul palato liberando tutto il suo aroma. Nel Bicerin sferico la sferificazione si evolve ulteriormente: gli elementi del processo sono invertiti in modo che il prodotto si possa scaldare, creando un Uovo Caldo di caffè che viene poi servito al cucchiaio, appoggiato su uno strato di panna liquida e ricoperto con una colata di cioccolato caldo.

A Masterchef a volte mi viene da incazzarmi di più, ma in fondo i concorrenti non sono cuochi professionisti e non si può esagerare

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Tutte le bocche de I Cento Per citare l’antica canzone: se prima eravamo in tre a ballare l’hully gully, adesso siamo in tanti a ballare l’hully gully. Fuor di sciocchezza: I Cento ha aumentato il proprio perimetro e negli stomaci di Cavallito, Lamacchia e Iaccarino non c’è spazio per tutti i pasti necessari per recensire i ristoranti di quattro grandi città. Dunque, ecco che abbiamo cooptato una nutrita, giovane, competente e fresca schiera di collaboratori che ci hanno permesso di sopravvivere alla fatica immane di testare centinaia di soste in meno d’un anno. Li citiamo qui, ché sono bravi, belli e occupatissimi: per Milano, Carlo Lodovico Cappelletti, Bob Noto, Sara Porro, Fabrizio Roych, Valeria Sacchi e Marco Bolasco; per Firenze, Marco Aretini, Filippo Bartolotta, Sabino Berardino, Elena Farinelli, Elisia Menduni, Lorella Arioli, Andrea Gori e Leonardo Romanelli; per Genova, Marina Maestro, Paola Nano, Federico Ricci, Eric Vassallo e Angela Marchini. Un grazie di stomaco a tutti.

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d i C L ARA CARO L I f o t o COURTESY UFFICIO STAMPA COLLISIONI

Voglia di avventura, di evasione, di sfida. tre S t o r i e d i t o r i n es i che vanno, girano il mondo e tornano

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Il settantenne Nanni Acquarone ha portato il suo Best Explorer a traversare il Pa ss a gg i o a N o r d E poi ci chiamano bogianen...

L’ingegnere Ibm che sognò Amundsen d i R o s a lb a G r a gl i a f o t o d e l l’ e q u i pa g g i o d i nanni acquarone

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E

poi c’è chi crede ancora che i torinesi siano bogianen, paralizzati solo all’idea di poter uscire dalla storica “cinta daziaria”. Figuriamoci. La storia del bogianen è un falso, una calunnia. In questa città dove hanno vissuto visionari come Antonelli, ossessionato dall’idea di spingersi oltre il limite della verticalità, e viaggiatori dell’immaginario come Salgari; il gusto dell’avventura alla fine ci è entrato nel Dna, anche se spesso riusciamo a mimetizzarlo fin troppo bene, questo è vero. Ma quelli che sanno lasciar emergere il loro lato avventuroso lo fanno davvero in grande stile. Come Nanni Acquarone. Settant’anni (portati benissimo, ça va sans dire), una moglie, tre figli, otto nipoti, trent’anni di lavoro come ingegnere all’Ibm. E poi

un’altra vita, votata al mare. Dal 1995 ha solcato i mari e gli oceani del mondo, dalle Azzorre alle Falkland, da Capo Horn alla Baja California, dalle isole Fiji alle Far Oer, 50mila miglia di correnti e di onde. Finchè ha scelto il Nord, il Grande Nord. «Noi italiani siamo troppo condizionati dal mito dei mari caldi. Ma lo spirito del Nord è un’altra cosa, altra atmosfera. Al Nord la gente che va per mare vive di mare: sono tradizioni, rispetto. Ed è ancora il gusto dell’avventura». L’ultima sua avventura, quella che lo ha portato insieme al suo equipaggio sulle pagine di quotidiani e magazine, in radio e in tivù (con immancabile telegramma di complimenti di Napolitano) è ai confini della realtà. La sua barca a vela Best Explorer, uno scafo d’acciaio di quindici metri progettato per resistere in condi-

Ovest .

zioni estreme, è la prima barca italiana e con un equipaggio italiano ad aver attraversato il leggendario Passaggio a Nord Ovest, incubo e mito dei navigatori di sempre. Qualche dato tecnico per capire. Il Passaggio a Nord Ovest è la rotta marittima che collega l’Atlantico al Pacifico passando a nord del continente americano, tra i ghiacci dell’Artico. Circa cinquemila miglia marittime per la rotta più difficile del mondo perché i ghiacci sono presenti lungo tutto il percorso e possono bloccarlo completamente. Per la prima volta ci è passato il norvegese Amundsen: in tutto tre anni di tentativi, dal 1903 al 1906, con il corollario di importanti osservazioni scientifiche. Ma naturalmente il Passaggio a Nord Ovest è molto di più: è una sfida con la

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rie C i a bb i a m o mess o d u e a n n i a preparare l’impresa, la barca

bene attrezzata per una navigazione estrema, le tappe sul percorso, la ricerca di una ventina di persone appassionate e con una certa esperienza di mare” natura estrema e con se stessi, è la ricerca del Graal, della Pietra Filosofale… Erano partiti per trovare un varco tra i ghiacci già i navigatori-scopritori del ’500 e ’600, nomi entrati nella storia come Henry Hudson o, un paio di secoli dopo, sir John Franklin, ufficiale, esploratore e scrittore inglese, scomparso fra i ghiacci con tutta la sua spedizione. I libri d’avventura sulla ricerca del passaggio non si contano, e dal più famoso, di Kenneth Roberts, King Vidor trasse nel 1940 un film diventato un cult. Ma fino ad oggi appunto nessuna barca italiana era mai riuscita nel tentativo. Incontriamo Nanni Acquarone in un caffè di piazza Vittorio. È tornato da pochi giorni dal suo viaggio, ed è persino un po’ stupito dell’emozione che sta suscitando la sua avventura. La prima domanda è d’obbligo: perché? «L’idea di navigare nei mari del Nord nasce nel 2007. Mio figlio Mario, laurea in scienze naturali, all’epoca viveva in Danimarca e si occupava di biologia marina. Pensavamo di poter trovare fondi per una spedizione scientifica, ma non se ne fece nulla. Però abbiamo navigato lo stesso, alle Svalbard, nord della Norveglia, nel mar Glaciale Artico. Abbiamo superato gli ottanta gradi di latitudine nord, arrivando a meno di seicento miglia dal Polo Nord. L’idea era poi da lì spostarsi verso la costa americana del Pacifico. È stato allora che abbiamo cominciato a pensare che avremmo potuto provare ad arrivarci da nord, dal Passaggio a Nord-Ovest, anche se le storie che ci raccontavano gli amici naviganti non erano troppo incoraggianti. Ma la voglia di provarci non passava, anzi. Ci abbiamo messo due anni a preparare l’impresa, la barca bene attrezzata per una navigazione estrema, le tappe sul percorso, la ricerca di una ventina di persone appassionate e con una certa esperienza di mare – ma nessuno è un professionista – che ruotassero sulle otto tappe per “dare il cambio”, visto che solo io e l’amico Salvatore Magri, romano nato a Napoli, avremmo avuto la possibilità di seguire l’intera traversata.» La spedizione, totalmente autofinanziata, zero contributi (persino grandi istituzioni universitarie hanno lasciato cadere l’occasione per importanti ricerche scientifiche), è partita il 1 giugno 2012 da Tromsø, al nord della Norvegia (dove oggi vive con moglie e figlio Mario Acquarone, segretario scientifico della NAMMCO, organizzazione intergovernativa per i mammiferi marini del Nord Atlantico, e guida naturalistica polare). Prima tappa l’Islanda, e fino a Reykjavik, milleduecento miglia a bordo c’era pure la moglie Mariele, grande esperta di timone, che lo segue appena può («trova più riposante venire in vela che occuparsi degli otto nipoti») e il figlio Mario. Poi è cominciata la risalita della costa occidentale della Groenlandia, e via via il labirinto dell’arcipelago del Nunavut, a

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S o l o c i b i se c c h i , imbarcati alla partenza, ogni

tanto qualche testa di insalata, ed era festa grande

nord del Canada, proseguendo lungo la bassa costa dell’Alaska, il mitico stretto di Bering, e finalmente il Pacifico. Cinque mesi in mare, in quel mare, sono un tempo molto più lungo di quel che registra il calendario, e ascoltare il racconto di Acquarone è un’emozione. «Il mare, questo mare, non è mai come te lo aspetti. Certo, abbiamo visto gli orsi polari, le balene, i trichechi, soprattutto nella baia di Baffin. Ma per i due terzi del viaggio è stato un mare deserto quello che abbiamo attraversato, e persino un po’ inquietante. Siamo stati anche dieci, dodici giorni senza toccare terra, e per esempio nelle quattromilacinquecento

miglia che separano la Groenlandia da Punta Barrow, Usa, abbiamo incrociato solo una barca e una nave. I momenti più belli sono stati arrivare in villaggi fatti di niente, come Tuktoyaktuk – per tutti Tuk – e ricevere la straordinaria accoglienza degli inuit. Tutti i popoli inuit incontrati nelle nostre tappe ci hanno dimostrato un affetto che ci ha davvero commosso. E il materiale informativo che avevano preparato gli studenti dell’Istituto Sociale, quello dove ho studiato io, e l’unico che abbia partecipato in qualche modo al nostro progetto, ha suscitato grande interesse, nascerà certo uno scambio con le scuole inuit, ne siamo molto felici.»

E i momenti più difficili? «Ce ne sono stati. Dai problemi in apparenza più banali, come cibo (solo cibi secchi, imbarcati alla partenza, ogni tanto qualche testa di insalata, ed era festa grande) e acqua (niente dissalatore, sulla Best), ai guasti tecnici. Abbiamo dovuto sostituire le batterie, il radar si è rotto e un blocco di ghiaccio ci ha colpito una fiancata, e per noi, senza una potente organizzazione di supporto, sono stati momenti un po’ più complicati e ci hanno rallentato. I tempi per noi erano doppiamente importanti, sia per poter effettuare i cambi di equipaggio previsti nelle varie tappe, sia – soprattutto – per

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C i n q u e mes i i n m a r e , in quel mare,

sono un tempo molto più lungo di quel che registra il calendario, e ascoltare il racconto di Acquarone è un’emozione.

Il viaggio in cifre Dal blog di Nanni Acquarone anticipare l’arrivo delle tempeste autunnali. Per evitarle abbiamo finito per fare quattrocento miglia in più e avevamo paura di non trovare gasolio (sotto i quattro nodi di velocità avevamo deciso di andare a motore, non potevamo correre il rischio di rallentare troppo i tempi). Brutte tempeste ne abbiamo comunque superate: a Tuk, alla foce del Mackanzie, non ne avevano vista una simile negli ultimi ventidue anni. Dopo Punta Barrow, abbiamo avuto per una notte mare a forza 11, vento a 60 nodi, e in Alaska 24 di mare forza 8, con vento a 40 nodi. Ma il brivido più grande, ovviamente, ce lo hanno dato i ghiacci.» E qui Acquarone sembra rivivere quei momenti. «Il ghiaccio è qualcosa di incredibile, di vivo, una morsa che ti chiude e non ti libera più. Lo stesso passaggio è qualcosa di mutevole, sempre diverso, bisogna cercarselo. Magari una barca passa,

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ma poi tutto si richiude, e nessun’altra imbarcazione riesce a trovare un varco. Al largo della Groenlandia ci siamo trovati intrappolati da una lingua di ghiaccio con nebbia a cento metri e abbiamo avuto molta difficoltà a uscire, la bussola a quelle latitudini e con uno scafo d’acciaio impazzisce. In particolare la parte centrale del passaggio, fra Gjoya Haven e Cambridge Bay, è stata ben più difficoltosa del previsto. E alcune volte abbiamo dovuto rischiare, “forzare” una saracinesca (come in gergo si chiama un passaggio nel ghiaccio) che si stava chiudendo. Sono decisioni difficili, non per cuori pavidi. D’altro canto eravamo in ritardo sui tempi: già dal primo settembre in genere il passaggio all’estrema punta dell’Alaska si chiude, noi ci siamo arrivati il 17… Due giorni dopo, alle ore 5 italiane del 19 settembre, la Best Explorer entrava nell’oceano Pacifico attraverso lo stretto di Bering completando così,

prima imbarcazione con equipaggio e bandiera italiani, il Passaggio a Nord Ovest. Rispettando la tradizione marinara, a bordo si è brindato a Nettuno ringraziandolo per aver consentito alla barca di passare. Una successiva tappa a Nome, location da film d’avventura, fra cercatori d’oro e slitte trainate dai cani (arriva qui la Iditarod Sled Dog Race, la corsa di slitte trainate dai cani più leggendaria del mondo). Poi, l’ultima tappa, King Cove, dove la barca arriva dopo ventiquattro ore di mare forza 8 e appena prima che i venti diventino tempesta: ingresso in porto con venti a 40 nodi, che tre ore dopo sono saliti a 80. È qui, in questa “Tana del Re”, di fronte alle isole Aleautine, che la Best si riposerà. Ma solo fino a primavera: Nanni Acquarone sta già organizzando il prossimo viaggio lungo le coste dell’Alaska. L’avventura continua.

Siamo salpati da Tromsø (Norvegia) il primo Giugno 2012 e siamo arrivati a King Cove (Alaska) il 17 Ottobre 2012, impiegando 140 giorni (154 giorni lontani dall'Italia) e otto tappe. I giorni di navigazione pura sono stati 97. Le miglia percorse (misurate sull'acqua) sono state 8.181. La tappa più lunga è stata la prima, da Tromsø a Reykjavik, di 1.304 miglia. Quella più corta da Upernavik (Groenlandia) a Pond Inlet (Nuunavut, Canada), di 525 miglia. Sono state percorse a vela 1.958 miglia. Il vento più forte misurato in navigazione è stato di 57 nodi, le onde più alte stimate a 4,5 metri. Il più forte all'ormeggio è stato di 80 nodi. La massima velocità raggiunta (a vela, a motore si va più piano) è stata di 9,7 nodi. Non siamo stati in grado di misurare la dimensione degli iceberg, ma i più grandi incontrati sembravano superare i duecento metri di lunghezza e essere più alti di cinquanta metri fuori dell'acqua. I giorni di prevalente bel tempo non sono stati più di cinquanta. Per il resto, coperto, pioggia e nebbia e verso la fine anche neve… Cinque mesi di navigazione, e quale navigazione!

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con la sola forza delle braccia, fiume dopo fiume. Il racconto del viaggio di Alberto Mittone che raccoglie una grande tradizione sportiva torinese

Da Torino a Londra

L’avvocato, Simenon e il Tamigi d i r o s a lb a g r a gl i a

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lberto Mittone di professione fa l’avvocato. Uno dei più famosi penalisti torinesi, con una serie di passioni forse inaspettate in un principe del foro. La scrittura, per esempio, gialli e noir, e Simenon, su cui anni fa ha scritto un libro con l’amico avvocato Fulvio Gianaria, e di cui, più di recente, ha tradotto insieme a Massimo Romano, il romanzo Corte d’Assise, per Adelphi. E poi il canottaggio: socio storico della Canottieri Cerea («società che con innegabile partigianeria definisco unica»), da trent’anni Mittone va per fiumi, Po in testa naturalmente. Curiosa coincidenza, anche Simenon amava andare in barca, per mare o per i canali di Francia… Mittone sostiene che la scintilla è nata per caso, e si è alimentata negli anni.

Poi, «per l’inclemenza anagrafica e la vicinanza di soci cui mi sono particolarmente legato», si è orientato verso opportunità sportive non agonistiche ma di resistenza, come la traversata di Parigi lungo la Senna (che non sarebbe dispiaciuta al commissario Maigret, tanto per restare in zona Simenon), il percorso sulla Marna, la celebre Vogalonga a Venezia per citarne solo alcune. Nel 2010 un evento corale che ha coinvolto anche le altre società remiere torinesi (dove, va detto, il canottaggio è di casa fin da metà ’800): la discesa lungo il Po fino a Venezia, con arrivo temerario davanti a piazza San Marco. Una specie di prova generale in versione ridotta di quello che sarebbe stato il grande evento del luglio scorso, un’impresa lunga come un sogno:

una “vogalonga” da Torino a Londra, diciassette giorni, dal 9 al 25 luglio, di avventura vera. L’idea nasce per portare la candidatura e i colori di Torino, e della Torino dello sport, alle Olimpiadi di Londra. In poche parole, se la nostra città è diventata ufficialmente la capitale europea dello sport 2015 lo deve anche a questo gruppo di spericolati, avvocato Mittone in testa, che in diciotto tappe hanno attraversato i fiumi d’Europa fino al Big Ben. Senza mollare mai i remi: «Siamo scesi in acqua a Valenza e, salvo l’attraversamento via terra della Svizzera e via mare della Manica, non abbiamo mai smesso di remare su Po, Ticino, Reno, i canali olandesi e belgi, e poi il Tamigi». Il percorso scelto è quello già sperimentato da altri canottieri (come Lo-

renzo Matteoli nel 2002 e prima di lui Lorenzo Ventavoli nel 1975). Dopo di che, tutto da scoprire, tende, sacchi a pelo, e attrezzature da campeggio per non rischiare di non trovare un albergo dove dormire, il sostegno del Comune di Torino come viatico, e mille problemi pratici da superare. «Non è facile vogare in acque normalmente utilizzate per il trasporto merci come il Reno, tra le onde delle chiatte, o per canali romantici e accoglienti ma con ponti bassi che ci hanno costretto a volte a passare sdraiati. Punto critico la curva di Lorelay sul Reno: tortuosità impegnativa, ma l’abbiamo superata con sicurezza. Complicato anche procedere su canali frazionati da chiuse come in Olanda e Belgio. Le difficoltà maggiori però hanno riguardato le so-

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rie ste, durante il giorno o di notte. Una barca a remi non è un mezzo che viaggia su strada, non può fermarsi dove vuole: ha bisogno di spazio, deve attraccare. E in alcuni casi abbiamo suscitato la curiosità dei presenti cercando soluzioni insolite e un po’ pazze, come trascinare dal fiume l’imbarcazione e farle scavalcare un guard-rail per poi riappoggiarla a terra.» Strasburgo, Speyer, Bingen, Coblenza, Colonia, Venlo, Maastricht, Anversa, Gant, Brugge…un’Europa vista dall’acqua, che è stata per tutti uno spettacolo unico. «Una sorpresa per me soprattutto i canali del Nord, un mondo sempre accogliente, con le cicliste sorridenti sulle rive, mucche pacifiche nei prati verdissimi, e un sole tiepido che ci è sembrato una festa dopo giorni di pioggia incessante e fredda.» In ogni tappa comunque grandi accoglienze: a Greenwich per esempio, a poche miglia di navigazione da Londra, barche e remieri sono stati ospitati nel circolo canottieri Curlew, perché potessero prepararsi per l’ultima tappa verso la capitale. Domanda di prammatica: il momento più emozionante? «Senza dubbio l’arrivo a Londra. Intanto, riuscire ad arrivare nel cuore di una città sorvegliatissima e superaffollata non è stato facile, nonostante i nostri pass. Ma quando abbiamo superato remando il Tower Bridge, con la bandiera italiana, fra l’entusiasmo spontaneo degli italiani presenti e dei londinesi che ci osservavano tra l’incredulo e l’ammirato… anche i cuori più duri hanno ceduto all’emozione.» Un bel successo per la storica tradizione remiera torinese. E per l’avvocato Mittone un sogno che si realizza nel segno dei valori dello sport e dello spirito di gruppo. In attesa della prossima avventura.

Le difficoltà maggiori hanno riguardato le s o ste , durante il giorno o di notte. Una barca a remi non è un mezzo che viaggia su strada, non può fermarsi dove vuole Nelle f o t o

ha un nome da predestinato. Così non si è sottratto al fato, ha preso la sua Supertènerè e da Mondovì ha fatto il giro del pianeta

D av i de B i g a

Il giro del mondo in 90mila km. E due ruote

Seconda foto dall’alto: Courtesy Ufficio Turismo di Brugge

di maurizio Ferrero

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0mila chilometri, sette treni di gomme, trentuno paesi, quattro continenti. Sono i numeri con cui si è concretizzato un sogno, quello di Davide Biga, un ex piastrellista di 37 anni che voleva fare il giro del mondo in moto, in un anno, in solitaria. È un sogno che accomuna tanti motociclisti. Pochi sono quelli che hanno avuto la passione e la determinazione per realizzarlo. Appassionato di viaggi, Davide aveva già fatto parecchi tour in moto, ma tutti piuttosto brevi: Marocco, Islanda, Turchia e Iran. Ha così dedicato molto tempo per preparare il fisico agli sforzi prolungati che un raid così lungo avrebbe richiesto e, finalmente, il 15 maggio 2011, è partito dalla sua Mondovì in sella ad una Yamaha 1200 Supertènerè. Ha lasciato per un anno tutto ciò che conosceva, fidanzata

compresa, per una avventura in cui nulla era stato programmato e con un itinerario di massima che prevedeva la mitica Capo Nord, quindi l’Asia, le Americhe e l’Africa. Il 19 maggio 2012, questo motociclista appassionato è tornato nella sua città accolto come un eroe da tutti gli amici, i parenti e tante persone che non lo conoscevano ma lo hanno seguito attraverso il suo blog (www.mwtadventuredream.com), dove è ancora disponibile l’itinerario completo del viaggio. Ciò che più colpisce di questo ragazzo è l’estrema umiltà, che lo caratterizza anche adesso che, per la sua impresa, ha raggiunto una certa notorietà e spesso viene fermato in strada per un autografo. Come è nata l’idea di questa avventura?

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Ho attraversato, senza saperlo, un territorio controllato dai n a r c o t r a ff i c a n t i messicani. Mi hanno fermato con le armi spianate

«Era il mio sogno da dieci anni. Ho sempre avuto una grandissima passione per la moto e volevo fare qualcosa di importante in questo ambito, mettermi alla prova. Ho parlato con tutti quelli che l’hanno fatto prima di me per avere informazioni, comprendere quali erano le difficoltà, fino a quando ho capito di essere pronto.» Eri completamente solo, con la tua moto, un pc e un telefono satellitare. Hai mai avuto paura? «Ho fatto qualche brutto incontro. Il peggiore quando ho attraversato, senza saperlo, un territorio controllato dai narcotrafficanti messicani. Mi hanno fermato con le armi spianate. Ho capito subito che la differenza tra continuare il viaggio e finirlo lì poteva essere una parola sbagliata. Ma sono stato fortunato. Ho detto loro cosa stavo facendo e mi hanno lasciato andare dandomi del “loco” a viaggiare da solo in quei posti.» Avrai incontrato molta povertà. In questi casi l’occidentale si sente quasi in colpa per il proprio benessere. «In effetti ho conosciuto persone che hanno veramente poco; in molti posti in cui mi sono fermato manca anche l’acqua corrente. Però ho trovato sempre

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tanta dignità, voglia di sorridere ed una grande disponibilità ad aiutare il prossimo. Da parte mia ho regalato tutto ciò che non mi era strettamente indispensabile.» I posti più belli che hai visto? «La California è un paradiso e poi tutto il Sud America, per la bellezza dei posti e il calore delle persone.» Lo rifaresti? «Penso di si, magari tra qualche anno, ma non da solo. È troppo pericoloso.» Cosa ti ha insegnato questo viaggio? «Un viaggio così lungo ti cambia, ti apre la mente. Ho vissuto esperienze positive e altre molto dure ed oggi credo di essere un uomo migliore. Ho imparato che nel mondo c’è tanta brava gente. Sono tante le persone che mi hanno aiutato, mi hanno nutrito e dato un letto dove dormire. Oggi ho tanti nuovi amici in tutto il mondo.» Hai lasciato il tuo lavoro per questa avventura. Adesso cosa farai? «Al momento sono sempre in giro per presenziare agli eventi organizzati dagli sponsor che mi hanno aiutato a fare il giro del mondo. Poi mi piacerebbe fare qualcosa che sia legato al mondo della moto o dei viaggi. Ho qualche idea, vedremo.»

Le tappe Da Mondovì Davide raggiunge l’immancabile Capo Nord. Da qui prosegue fino a Mosca per poi raggiungere Vladivostok, lungo la Transiberiana, dove si imbarca per il Giappone. Dal Giappone, via aerea, raggiunge l’Alaska, attraversa le Americhe da nord a sud. Da qui raggiunge la mitica Dakar via nave per poi attraversare l’Africa nord occidentale e tornare quindi in Europa.

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d i P a o l o p a t r i t o e L et i z i a T o r tell o

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survive

Se la crisi economica non accenna a mollare la presa, anzi continua a mordere le caviglie degli italiani (non risparmiando noi piemontesi), il Natale, come diceva un vecchio spot del panettone, “quando arriva arriva”. E non ammette di trovare impreparati i convitati. Come fare quindi a condurre la macchina organizzativa delle feste evitando le secche dei conti in banca esangui e superando le montagne dello spread? Se spendere poco si può, di certo spendere bene è la chiave per non rinunciare a festeggiare con un occhio al portafogli. È semplice, basta seguire i consigli di Extra, cioè leggere fino in fondo questo articolo, ma senza prenderci troppo sul serio.

L av o r i i n pa n n o

Francesca Fischetti via Petrarca 3 Torino Pa l l e d i n ata l e

by Elyron c/o Wow! Nucleo

Dai regali all’albero, dal pranzo con parenti e amici alle merende natalizie, la parola d’ordine è low cost. E non è un miraggio. Basta sapersi organizzare, selezionare i negozi giusti e andare a colpo sicuro. Oppure dedicare qualche ora al fai da te, per essere più originali. Il pino con il panno

Ar t e g r at i s

Ava n z i p o p o l o

Uno dei monumenti torinesi, quello a La Marmora in piazza Bodoni

Il libro di Letizia Nucciotti sull’arte del riciclo

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Un’idea regalo low cost...

T i n tar e l l a di luna a costo zero...

Bella figura non garantita!

All’Hiroshima Mon Amour

Partiamo dalle decorazioni per la casa, che richiede le sue attenzioni. Se il solito albero ci ha stufato, con le palline della zia Pina vecchie di dieci anni, non è necessario a tutti i costi rinnovare la collezione. Si può giocare sui colori bianco, rosso e verde, lavorando il panno. Francesca Fischetti, titolare della sartoria creativa di via Petrarca 3, selezionata tra le eccellenze artigiane del Piemonte, ci suggerisce come realizzare morbidi cuori e alberelli con pochi passaggi di forbici, ago e filo. «Partiamo dal tessuto di panno lenci. Ritagliate semplici forme stilizzate, due uguali per ogni decorazione natalizia» spiega «Riempitele con poco cotone idrofilo, in modo da renderle cicciottelle, ma non troppo. Cucitele insieme con vistosi punti ai lati, del colore in contrasto con quello scelto, se bianco si usa il rosso e viceversa». Una volta pronte le forme di panno (che possono ovviamente essere, a piacimento, del

design che preferite, non per forza cuori e alberi), si applica sulla punta un’asola di filo di lana, cucita alla bell’e meglio, non importa. A piacimento, si possono anche decorare, ad esempio con fiocchi di nastro dorato in cima, oppure ritagli del medesimo nastro che seguono la forma della decorazione, da cucire o incollare al centro. Tempo previsto per realizzare ogni “pallina”: mezz’ora. Per gli spiriti ironici, in tema di palle, al Mercatino del Maglio a Borgo Dora, nel temporary shop Wow! Nucleo, vendono una rivisitazione scherzosa dell’articolo natalizio, fatta dai nostri amici Elyron: a 15 euro si trova il kit completo di dischetti da appendere all’albero, su cui ci sono scritti tutti gli insopportabili, simpatici cliché del corteggiamento tra uomini e donne: “Arrivo in 5 minuti”, “Il telefono non prendeva, scusa”, eccetera. Quel che si dicono appunto “palle”, in questo caso di Natale.

Cosa cucino per il pranzo? Le feste sono un rito collettivo dove il cibo è uno dei protagonisti immancabili. Mangiare piatti sani, naturali e possibilmente a km quasi zero renderà i vostri menù ancora più appetitosi. Se apprezzate gli hamburger “Made in Piemonte” di M** Bun per le carni avete un indirizzo sicuro, l’azienda agricola Scaglia (www.aziendagricolascaglia.it, via Artigianelli 71/7, Rivoli Cascine Vica, 011.9573808), che rifornisce le hamburgerie di proprietà. Qui troverete carni di bovino, pollo, maiale, coniglio, uova e salumi, tutto freschissimo. Per le ordinazioni natalizie e per originali strenne con prodotti freschi, latte, panna, burro, yogurt, formaggi, consigliamo di provare Cascina Fontanacervo (www.fontanacervo.it). Oltre allo spaccio aziendale (via Poirino 7, Villastellone (To-tel. 011 9619295) i prodotti sono in commercio anche in molti market di Torino. Per frutta e verdura, se si ha

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Pa n e t t o n c i n i monoporzione

Da Dear Wendy

coco’s

in via Galliari

Casa Agape

in via Mameli 14 Caschi divertenti

voglia di fare un giro in collina, a Pecetto c’è l’azienda agricola Molinetto (www. molinetto.com), dove tutto è cresciuto in casa (strada Virana 42, Pecetto torinese tel. 0118609519). Per comprare “local” e a prezzo equo da qualche mese c’è anche un’alternativa molto comoda: la spesa online fornita da www.tacati.it e consegnata ad Asti e Torino due giorni alla settimana. Oppure è possibile aderire a uno dei Gac (Gruppi Acquisto Collettivo) organizzati dal Movimento Consumatori (www.movimentoconsumatori.to.it/gac/ gac.html) che comprano in grandi quantità ogni genere di prodotto spuntando ottimi prezzi. In città è anche possibile trovare degli ottimi caseifici che, a prezzi piuttosto equi, propongono formaggio di alta qualità rigorosamente fatto in casa. Noi vi consigliamo il Caseificio Castoro (via Frejus 4) dove, oltre agli ottimi prodotti caseari realizzati con il latte fresco giornaliero proveniente dalla Cascina Beltempo di Malanghero, potrete trovare anche degli 90

Pa n e t t o n e pe rs onal i z zato

U n pa s t o da M * * B UN ? 1 1 €

Da Brivio&Bontà

Vi basta come pranzo di Natale?

ottimi prodotti pugliesi (da lì arrivano i proprietari, quindi la burrata è uno dei loro prodotti di punta). Dopo tutto questo cibo una bevuta è d’obbligo. Sia che siate tipi da vino o astemi, l’alternativa alla “solita” bottiglia è la bevanda alla spina. Per questo tipo di alcolici segnaliamo, tra le tante possibilità, il Negozio Leggero (www. negozioleggero.it), nelle tre sedi di Torino (Vanchiglia, Centro e San Salvario) si può trovare tutto sfuso, dai biscotti ai cereali, fino ai cosmetici, tra cui anche vini e birre. Per l’acqua del rubinetto, microfiltrata o gassata, andate in un Punto Acqua Smat come quello di corso Castelfidardo 39 (l’elenco completo su www.smatorino.it/ servizi_idrici_integrati_14). Siamo arrivati al dolce, dove troneggia il classico panettone, che Brivio&Bontà (via Ala di Stura 71/18, tel. 0113810119, www. brivioebonta.it), propone anche nella versione monoporzione da 80g con possibilità di personalizzare la confezione. Se invece i dolci nostrani vi hanno

stufato e volete abbracciare tradizioni d’oltreoceano la vostra meta è Claudia Lotta Sweet designer (via Bonafous 7, tel. 011 4270053, www.claudialotta.it), che propone biscottini a partire da 2 €, colorate tortine da té a partire da 3€ e cake pops da 3,50 €. Il paradiso delle cupcakes, però, è arrivato da poco in città e si chiama Dear Wendy, in via Mazzini 29/a, quasi all’angolo con via san Massimo, un posto magico, un po’ romantico, di cui vi innamorerete.

Da Tendenze in corso Vittorio

Per chi non ha voglia di cucinare Non sentitevi in colpa, vi capiamo. Invitare tutti i parenti, cucinare ottomila ottime portate e, soprattutto, passare il giorno di Santo Stefano a pulire la casa e, magari, a contare i danni. È una tradizione di cui si può francamente fare a meno, anche se spesso i pranzi natalizi nei ristoranti hanno costi proibitivi. Qualche alternativa però c’è. I Bagni Municipali di San Salvario (via Morgari 14) propongono un pranzo di natale davvero low cost, con primo, secondo con contorno, dolce, un quarto di vino e acqua a 17 euro, con lo sconto a 15 € per i gruppi da dieci persone in su e 7 € il menu per i bambini (per prenotazioni 393 4591027, c’è anche la cena di Capodanno a 40 €). Un’altra idea a basso costo per non stare a spadellare tutta la vigilia è quella di affidarsi a dei professionisti. I Cuochi volanti (www. cuochivolanti.it) propongono menu su

prenotazione, da ordinare, passare a ritirare e gustarsi a casa propria. Il pranzo di Natale è a portata di tutti i portafogli, intorno ai 20 € (per minimo quattro persone), con servizio di consegna opzionale gestito dai corrieri in bicicletta di zero emissioni (www. pony0emissioni.wordpress.com). Se invece volete uscire dalla città e svernare tra le colline piemontesi senza svenarvi, un’idea può essere la Cascina Montegualdone a Sarezzano (Al) (www. agriturismomontegualdone.com), un delizioso agriturismo immerso nel verde dei colli tortonesi (quelli di Coppi), con un’ottima cucina casalinga. Menu natalizio a 35-40 €. Altre idee a basso costo dove mangiare le potete naturalmente trovare nella nostra guida I Cento (buttiamo lì le prime due che ci vengono in mente: La maison di Chez Rinòo e Coco’s), che tra l’altro è perfetta anche come idea regalo.

Piccolo regalo, ottima figura Poco dispendioso ma utile, quasi sempre gradito: il libro è il regalo sicuro. Due proposte per tutte, a proposito di risparmio: Avanzi popolo. L’arte di riciclare tutto quel che avanza in cucina. Storie, ricette, consigli, di Letizia Nucciotti (Stampa alternativa, 18 Euro) oppure Cucinare in lavastoviglie. Gusto, sostenibilità e risparmio con un metodo rivoluzionario di Lisa Casali (Gribaudo, 14,90 Euro). Da Casa Agape, social temporary store, in via Mameli 14, sempre in Borgo Dora, l’acquisto ha uno scopo di solidarietà: servirà per finanziare i progetti del Sermig, tra cui un negozio che valorizzerà, da aprile, il lavoro delle categorie più svantaggiate. Lì si scovano deliziose tazze di Natale a prezzi contenuti, tè e infusi, cioccolato e biscotti della cooperativa del Carcere Lorusso e Cotugno, prodotti alimentari a filiera 91


survive Sempre perfetti per collezionisti e lettori

Le bancarelle di libri sotto i portici di Porta Nuova

I l m e rcato di piazza madama

Pl as t i kcom bat

Jamais sans toi @fulfuldesign

ultra corta a costi davvero esigui, come le marmellate dai sapori ricercati a 3,70 euro e i sughi golosi a 2,50 euro. Un pensiero avvolgente, per sé o per le amiche, la mamma, la nonna, la zia Gertrude è il miracoloso, celeberrimo olio di Argan, dal potere lenitivo, che dopo la doccia rende la pelle e i capelli come la seta. Provare per credere. I prezzi non sono economicissimi: dai 10 ai 20 euro per un flaconcino, a seconda delle taglie. Il risultato è garantito. Noi consigliamo di cercarlo da Al Kasbah, in via Borgo Dora 22/d, negozio di artigianato del Marocco, dove si trovano anche creme-saponi all’henné per lo scrub post bagno a 5 euro, aromatizzati all’eucalipto, alla mora, alle erbe. Un piccolo paradiso dell’articolo da regalo è Tendenze, in corso Vittorio 74/a. In vetrina c’è di tutto. Individuati da noi, per le tasche senza grandi disponibilità economiche, ci sono caschi da 35 euro in fantasie super vintage e portachiavi Vespa (14 euro). I fanatici di oggettistica per la cucina e non solo possono 92

sbizzarrirsi con, nell’ordine: spremi agrumi ultraslim a 15 euro, cuoci uova per sformati alle verdure (una vera sorpresa del bagno maria o del microonde) a 14 euro, e ancora guanti da moto con bluetooth incorporato per telefonare, stilosi fermalibri a 20 euro, cestini per la biancheria originalissimi a 29. In tema di arredamento giocoso, suggeriamo una sosta da Plastikwombat a San Salvario (Via Morgari 2/d, www.plastikwombat. com), un po’ studio fotografico un po’ galleria. I padroni di casa, Paolo Grinza e Silvia Vaulà, vi proporranno oggetti a tema, dai fotocalendari ai fotoquadretti, fino a un divertentissimo poster natalizio su Pvc. Un negozio di sicuro effetto e piccolissima spesa, ormai arcinoto, è Tiger (via xx Settembre 51, via Nizza 185, corso Vittorio Emanuele Ii 62), dove oltre a tantissime idee per un pensiero divertente (una su tutte, il set da golf per wc), troverete sicuramente il modo di addobbare la vostra tavola natalizia e la vostra casa senza indebitarvi fino a Pasqua.

Il mercantico

In via Lombriasco

Le collane e affini Un capitolo che merita attenzione, nell’oceano di confusione, anche a caro prezzo, dei pendenti da mettere al collo, è questo. Al Cortile del Maglio c’è l’associazione Aquarius delle donne che lavorano la ceramica: fino al 23 dicembre si trovano collanine e bracciali (insieme a oggettistica varia di design). Lilli e Maria Teresa, le insegnanti ceramiste, organizzano corsi di lavoro dell’argilla tutto l’anno. Da Fulfuldesign, in via saluzzo 51 a Torino, vendono le collane del momento, le bolle bianche e nere da mettere al collo di Jamais sans toi. Un oggetto stiloso ma soprattutto solidale è il braccialetto Skintouch Limited Edition di Zoppini. In vendita a 18 euro nello shop online www.zoppinishop.it e a Torino da Giemme di Gallesio in via San Donato 58/A e Stella d’Oro in via Genova 73/A. Il ricavato viene interamente devoluto a 1caffè.org, la onlus fondata da Luca Argentero che ogni giorno aiuta

un’associazione no profit italiana diversa. Per un dono natalizio che si rispetti, un bigliettino ricercato è opportuno. Se c’è ancora qualche euro da spendere, mica ci si può affidare al solito, banale foglietto bianco con bustina. In corso Vittorio Emanuele II 80/c, Magnacarta ha quello che fa per voi. Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Atmosfere da mercatino Pullulano in città, spuntano come funghi, soprattutto nei weekend. Peccato che quello del Cortile del Maglio stia aperto solo fino al 23 dicembre. Sarebbe stato oculato prolungarlo almeno fino all’Epifania, visto che Torino vuole farsi conoscere come meta turistica attrattiva per le atmosfere del Natale, un po’ ispirandosi al Nord Europa e al Trentino. Su www.mercatinodinataletorino.it ci sono tutte le informazioni e gli orari dei negozi e dei banchetti, sia alimentari sia

dell’abbigliamento. Ci si può tuffare in un mare di spezie, intrugli, tisane, per cucinare un anno intero con i sapori del mondo. Altrimenti, uno dei mercati che da sempre ci piace di più e dove non è difficile trovare anche qualche idea regalo e – soprattutto – fare un po’ di spesa low cost per il pranzo natalizio è il mercato di piazza Madama. Se lì non trovate nulla di adeguato da regalare, basta svoltare l’angolo di poco: in via Berthollet 18 c’è un negozietto delizioso nel suo essere quasi surreale: il Guazzabuglio: gioielli realizzati con materiali di recupero, abiti e accessori vintage, vecchi pezzi d’arredo restaurati artigianalmente. Tutto super originale veramente a prezzi low cost. In tutt’altra zona, se avete tempo e voglia di mettervi a rovistare tra un milione di cose, sicuramente troverete un sacco di idee regalo davvero economiche. Il Mercantico (via Lombriasco 7) è un gigantesco negozio dell’usato, dove c’è proprio un po’ di tutto: oggettistica, arredamento, mobilia, gioielli, vestiti, fumetti, giocattoli e chi più ne ha più

ne metta. Solitamente, compra anche cose usate (un’ottima idea per i regali non graditi) ma nel periodo natalizio si limita alla vendita. Non troppo lontano (via Frejus 98) c’è anche l’outlet di Zizù, marchio torinese di moda già normalmente a prezzi abbordabili. In corso Emilia 8, poi, ha da pochissimo aperto il primo negozio ‘’al chilo’’ del Gruppo BasicNet. In vendita le collezioni delle stagioni passate dei marchi Kappa, Robe di Kappa e Superga, con prezzi che partono dai 14,90 euro al chilo.

Festa per chi resta Per chi rimane a Torino durante le Feste una buona idea è tenere sotto mano un paio di siti utili. Su www.nataleatorino.it troverete il programma di molti avvenimenti di piazza totalmente gratuiti. Su www.vitalowcost.it, nella sezione dedicata alla città della Mole, ogni giorno un’idea per risparmiare divertendosi. 93


Olio Carli Dolce d’oliva E m p or io f r at e l l i Car l i via Andrea Doria 11 www.carli.com

Siamo sicuri che, in tempi di austerity, i regali di Natale più apprezzati saranno quelli a tema food. Un maglione magari può non essere della taglia giusta, un libro può essere stato già letto, una borsa può non piacere. Ma mangiare mangiano tutti e un buon 90% mangia con sommo gusto. Quindi, con una cesta natalizia, piena di prodotti enogastronomici di qualità, difficilmente si sbaglia. Per chi non vuole puntare sul solito e un po’ trito trinomio panettone-spumante-datteri secchi, l’emporio della Fratelli Carli di via Andrea Doria 11 propone alcune novità, di sicuro originali, visto che parliamo di prodotti a base di olio extravergine. E passi per il pesto, la crema di pomodori, il patè di olive o la crema di carciofi (…avete già l’acquolina?); la vera novità di quest’anno e il dolce di Natale all’olio extravergine. Nulla da invidiare al panettone più classico: prodotto di raffinata arte pasticcera, è ottenuto da un impasto lavorato quotidianamente per ben tre giorni consecutivi, e viene impreziosito di golosi ingredienti: bacche di vaniglia naturali, uvetta dolce, scorze d’arancia candite e, ovviamente, olio extravergine, prodotto sul quale qui si gioca in casa. Et voilà, ecco a voi l’idea nuova per ravvivare la tavola natalizia. E, come dicevamo, anche un sacco di idee regalo (la maggior parte delle quali includono anche il famoso dolce). L’emporio Fratelli Carli infatti propone confezioni di Natale un po’ di tutti i tipi e per tutte le tasche, da quella dedicata alla Liguria (dove il pesto la fa da padrone), a quella “collezione di Natale”, che contiene di tutto un po’, giusto per non sbagliare. Il suocero un po’ tirchio o la suocera maga dei fornelli non potranno non apprezzare un regalo a base d’olio, ve lo garantiamo. 94

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Peyrano La storia del cioccolato

Vasté Meno male che c’è di Rosalba Graglia

Peyrano corso Vittorio Emanuele 76 www.peyrano.com

Per molti torinesi il cioccolato Peyrano è davvero di famiglia, soprattutto sotto Natale, quando a casa arriva in regalo la scatola rettangolare piena di cioccolatini assortiti. E lì, in barba a tutte le buone maniere, è festa grande, e lotta per aggiudicarsi il gusto migliore, a costo di assaggiarli tutti (…e sai che fatica). I cioccolatini Peyrano a forma di cuore, di conchiglia, di chicco di caffè, di nocciola, sanno di divertente bagarre natalizia da tavolata familiare, di battaglia per la scelta della pralina preferita da nascondere a tutti gli altri quasi fosse un tesoro prezioso. Siamo sicuri che molti torinesi si riconosceranno in questa descrizione. Non per niente, Peyrano fa cioccolato dai primi del Novecento, e probabilmente già allora animava i deschi familiari. Per fortuna, Giorgio e Bruna Peyrano continuano a darci motivo di litigio. Dopo quarant’anni, avevano cessato la loro presenza in azienda, probabilmente decisi a godersi la meritata pensione, ma non ce l’han fatta a star lontani dal cioccolato e nel 2011 hanno riacquistato l’intero pacchetto aziendale. D’altronde, la passione per il gusto ha accompagnato tutta la loro vita, sia lavorativa che di coppia. È da un’idea di Bruna che, negli anni Sessanta, Peyrano inventa il cioccolatino alla grappa e lo lancia per primo sul mercato. Un’idea strepitosa, avuta quando ancora sembrava un accostamento quantomeno azzardato. E poi, avanti con le invenzioni, come il cioccolatino a forma di foglia con granella alla menta, fino ad arrivare ai quasi settanta diversi tipi di praline prodotti oggi (alcuni dei quali fanno parte di una linea dal packaging di design, realizzato con la collaborazione di nomi come Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, Riccardo Dalisi e David Palterer). Settanta, capito? Dovrete difendervi con le unghie e con i denti per poterli assaggiare tutti, a discapito del resto della famiglia. Conviene comprarne almeno due scatole. 96

Vasté, un nome programmatico, e per capirlo bisogna cominciare dal fondo: Sté come Steffanone, la storica prestigiosa gastronomia di via Maria Vittoria, all’angolo con piazza San Carlo, e Va come Valente, la famiglia che dal 1980 gestisce quell’antro di squisitezze. Vastè è un capitolo nuovo nella storia di Steffanone-Valente. Un piccolo accogliente prét à manger appena aperto in Vanchiglietta, a due passi da lungo Po Antonelli, e proprio accanto al laboratorio della gastronomia e del catering firmati Steffanone. Venti posti a sedere, cucina a vista, un orario ideale per venirci a fare colazione con paste e croissant appena sfornati, per un apertivo e per pranzo. Ma anche la possibilità di portarsi a casa tante cose buone dolci e salate, da prendere al volo (ci sono anche gli agnolotti da passeggio, il lungo fiume è così piacevole) o da ordinare. Menù sempre variati e freschissimi (formula a 12 €, due piatti, acqua, pane e caffè) e per Natale la possibilità di ordinare un menù di festa perfetto, da ritirare entro le 17 del 24 dicembre. Vitello tonnato, flan di zucca con vellutata all’amaretto, agnolotti tradizionali,cappello del prete brasato al vino rosso con polentine, e torta di mele e uvetta con crema inglese. Il tutto a 28 € a persona (ma si può ridurre o personalizzare, in media ogni piatto va dai 5 ai 9 €). E come vini, un Roero Arneis Pescaja o un Dolcetto d’Alba Burlotto a 8€. Come salvarsi il Natale senza rovinarsi, geniale. Meno male che Vastè c’è.

Va s t é via Lessolo 17 bis www.vastetorino.it

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Pepino Iced Christmas Pepino è un’istituzione in città. Pepino è quello del caffè dopo il teatro, o accanto al teatro, giusto per ammirare la splendida piazza. Pepino è quello del Pinguino, e lo è dal 1939, quando lo inventò. Pepino è quello di Don Pepino, arrivato da Napoli a Torino a fine Ottocento, precursore dei flussi migratori del secolo successivo e visionario che voleva portare il gelato nel glaciale Nord. Come si fa a non essergli tutti quanti grati? Bisognerebbe regalargli un pensierino ogni volta che si ordina un cono stracciatella e pistacchio. Pepino è ancora quello ma, con alla guida un giovane dalle idee innovative, si rinnova, senza mutare nella sostanza, ma introducendo sul mercato un packaging più fresco e nuovi prodotti, che gli auguriamo possano avere la stessa fortuna del Pinguino. Per Natale, Pepino ha farcito il panettone con il gelato. Bislacca l’idea di mangiare gelato a Natale, esattamente come era bislacca l’idea di Don Pepino di esportare il gelato a Torino. Eppure, entrambe funzionano. E il panettone ripieno di gelato è davvero una buona trovata per svecchiare un dolce che tutti compriamo ma in pochi gustiamo davvero. Quindi, ecco sul mercato il panettoncino ripieno di semifreddo, alla crema o al cioccolato. Golosissimo. E poi, in perfetto stile eco-equo (sempre apprezzato in tempi di spending review), per non buttare lo “scarto” (trattasi pur sempre di impasto artigianale) prodotto dallo “svuotamento” del panettone per far spazio al semifreddo, ecco un’altra invenzione, il pangelato. In breve gelato in cui viene sbriciolato il panettone. Come abbiamo fatto a non pensarci noi, ogni anno, quando a Santo Stefano ci ritrovavamo con il panettone avanzato e non sapevamo che farcene? Grazie, Pepino.

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Pasticceria Bonfante Un nocciolino tira l’altro Pepino piazza Carignano 8 www.gelatipepino.it

Pa s t i c c e r i a b o n fa n t e via Torino 29 Chivasso www.nocciolini-bonfante.it

I chivassesi non mangiano i pop corn. Quando ne vedete uno con un sacchetto rosa in mano, sappiate che quelli che sta sgranocchiando uno via l’altro sono i famosi nocciolini. Se non li avete ancora provati, preparatevi anche voi ad entrare nel tunnel, lo stesso da cui non si riesce a uscire quando si ha a che fare con i pistacchi, o con le patatine. Quel gesto automatico della pesca nel sacchetto-assaggio-ripesca, ripetuto all’infinito. Ma cosa sono i nocciolini? Si tratta di piccolissimi dolci (la forma è quella di un mini amaretto), fatti di soli tre ingredienti: nocciole del Piemonte, zucchero e albume. Inventati nei primi dell’Ottocento dal pasticciere chivassese Giovanni Podio, furono poi portati a maggiore notorietà da due maestri confettieri, Ernesto Nazzaro e Luigi Bonfante. Ancora oggi quell’antica e semplicissima ricetta è rimasta immutata e la si può ancora gustare nella storica pasticceria Bonfante (in via Torino 29 a Chivasso), oggi gestita da Franco Ortalda. Anche il locale, aperto nel 1922 e annoverato tra i Locali Storici d’Italia, ha mantenuto il fascino d’un tempo, con un arredamento in perfetto stile liberty, tra marmi, specchi e la boiserie in noce piemontese finemente decorata. E, se i nocciolini sono rimasti quelli di sempre, è invece aumentata la gamma delle confezioni. Non più solamente il classico sacchetto rosa (ma quello continua a esserci e a rimanere nel cuore di tutti i chivassesi, a cui basta averlo tra le mani per tornare bambini), ma scatole regalo adattissime per un pensiero Natalizio. I più golosi poi non si possono perdere un’ulteriore evoluzione dei nocciolini: la torta nocciolina. Questo dolce esprime l’essenza del canavese, mescolando il prodotto dolciario per eccellenza di Chivasso con il Caluso passito. Anche in questo caso, un’ottima idea per un dolce regalo di Natale. 99


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Buon Riso Me gusta

Come spesso si dice parlando di cucina “anche l’occhio vuole la sua parte”. Nasce forse da questo l’idea di creare uno spazio che racchiuda al suo interno prodotti culinari di qualità e oggetti di design ricercati, simpatici ed eleganti. Già il nome dice tutto: Me Gusta. Un termine che accomuna sia il piacere delle papille gustative che quello estetico. La selezione dei prodotti e degli oggetti non è casuale né banale, ma frutto di una ricerca accurata tra fiere ed eventi internazionali di food e design. I prodotti alimentari ad esempio rispondono agli standard di alta qualità selezionati tra aziende e produttori artigianali. L’aspetto del design, oltre che negli oggetti, si riflette anche nella collocazione funzionale dei prodotti culinari all’interno del negozio, organizzati in macro settori. La prima colazione, che comprende il caffè, i biscotti, le confetture, il cioccolato e le tisane. Sul caffè in Italia non si può azzardare e per questo Me Gusta si pregia di essere un Illy point, che dà al negozio la facoltà di avere al suo interno tutta una serie di macchine del caffè e un assortimento di capsule del noto e apprezzato marchio Illy, per andare sul sicuro. Si passa poi ai primi piatti, con diversi tipi di pasta trafilata al bronzo, come ad esempio la Benedetto Cavalieri, particolare anche per i suoi formati fuori dal comune. Oltre alla pasta poi, ci sono svariate tipologie di riso, della gamma Il Buon Riso e della linea Firma, con le varietà speciali di riso venere, rosso, basmati e integrale. A condire il tutto non poteva mancare la sezione dei sughi, con la novità dei tartufi. Mentre per stuzzicare i palati troviamo la gastronomia salata, con funghi, verdure e sfiziosità sott’olio. Infine, tra le bevande si va dalle birre artigianali nostrane Baladin e Abbà alla sezione dei vini, quelli da tavola come il noto Barolo Damilano del Piemonte,

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M e Gu s ta Il design è di casa corso Inghilterra 27/E

Il Buon Riso trasforma il suo negozio di corso Inghilterra 27/e: non più solo cibo ma oggettistica, utensili da cucina e molto altro, tutto incentrato sul design

una selezione di altri vitigni che va dall’Alto Adige alla Campania e il Ca’ del Bosco per brindare. Gli stessi oggetti di design culinario sono organizzati in accompagnamento con le macrocategorie dei cibi e riescono con successo ad attirare l’occhio e l’interesse dei curiosi. Ad esempio, in accoppiamento alle bevande si trovano bicchieri da birra colorati, set per la preparazione di cocktail e pestati e una vasta gamma di oggetti per i cultori del vino: secchielli e originali bracciali raffredda bottiglie, segna bicchieri, decanter e cantinette componibili. Come si può immaginare, infatti, gironzolando sovrappensiero lo sguardo è attirato qua e là dai prodotti di arredamento più curiosi e colorati, che fanno parte di linee di design per la cucina più o meno note. Si va dalle forbici per tagliare e raccogliere le fette di pizza, ai coloratissimi mestoli in silicone, alla pistola spara salse della Joseph & Joseph, ai servizi di ceramica Livellara, ai fantasiosi piatti e vassoi Creativando, fino alle famose alzatine Koziol. Ma il mondo dell’oggettistica per cucina non si ferma solo alle idee ingegnose o simpatiche. Sono molte ormai le linee di design che spingono per il lancio di materiali differenti e sotto certi aspetti più vantaggiosi nell’utilizzo.

Oltre alla recente diffusione in cucina di materiali innovativi come la ceramica per le lame dei coltelli o il silicone per gli attrezzi e per le formine da dolce, nelle ultime tendenze c’è anche l’utilizzo della melammina in sostituzione del vetro o della ceramica. Questo compostabile ha la particolarità di rimanere sempre lucido, di essere resistente agli urti e lavabile in lavastoviglie. Tra i prodotti in melammina al Me Gusta si possono trovare i coloratissimi bicchieri e le caraffe nell’inconfondibile stile Baci Milano o i pratici ed eleganti vasi scomponibili in ciotole Ibride. Anche chi propenda per materiali naturali ha la sua possibilità di scelta al Me Gusta, e potrà indirizzarsi ad esempio verso le ciotole in bamboo vietnamita Ekobo. Tra uno scaffale e un altro si trovano poi anche prodotti che racchiudono storie simpatiche. Quelli che infatti sembrano dei semplici contenitori per conservare i cibi sono delle creazioni particolari studiate da un uomo che si è ingegnato per agevolare nei lavori di casa la moglie colta dall’artrite alle mani. Condividendo poi la scoperta con il resto del mondo, ecco che nascono scatole e centrifughe apribili e utilizzabili con uno sforzo quasi nullo. I prodotti OXO sono proprio un esempio di chi fa di necessità

virtù e rappresentano la svolta per tutte le persone con problemi di mobilità agli arti o anche solo per i pigri o gli amanti delle cose funzionali. Uscendo poi dall’ambito esclusivamente food, si trovano anche molti oggetti simpatici e utili in casa, come i deodoranti per ambienti Crespi o gli orologi da muro di Diamantini & Domeniconi, tra cui spicca quello a forma di Mole Antonelliana con tanto di cucù che spunta a ogni ora. Nulla a che fare con il food, ma ormai necessari per moltissime persone, al Me Gusta ci sono gli accessori della Hi Fun, specializzata in tutto ciò che riguarda l’utilizzo dell’iPhone. Dal berretto con le cuffie incorporate, alle casse, fino agli utilissimi guanti per touch screen che, soprattutto per noi torinesi, tra qualche settimana diventeranno un elemento vitale per poter utilizzare il proprio smartphone senza congelarsi le dita. E dopo questo spensierato e coinvolgente giro nel mondo del food, tra oggetti particolari e cibi prelibati, non potrà non cadere l’occhio sul pasticcino- lucida labbra che troverete in cassa. Davvero il caso di dire “la ciliegina sulla torta”.

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Durante una delle presentazioni (quella del 14 dicembre al Circolo dei Lettori) della guida Top&Pop di Torino, I Cento, abbiamo voluto giocare. Abbiamo chiesto a un ristoratore Pop (Antonio Dacomo del Bicchierdivino) e a un ristoratore Top (Andrea Vanelli del Gatto Nero) di presentarci i loro menu natalizi ideali. Così, qualunque sia la capacità del vostro portafoglio, avete un’idea in più per il vostro pranzo di Natale.

Al Gatto nero Top Xmas

Bicchierdivino Pop Xmas

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N a t a l e

Cotechino di langhirano e lenticchie di castelluccio Caponêt di faraona nella foglia del cavolo al sugo d’arrosto Cappelletti in brodo di cappone Agnolotti alle tre carni al sugo d’arrosto Châteaubriand di filetto alle bacche di ginepro e gin con purée di patate e broccoli Sandwich di panettone farcito di crema gelata e Ricoperto di cioccolato fondente caldo I VINI Grignolino d’asti 2011 Spertino, Gattinara 2006 Travaglini, Banyuls cuvée Lèon Parcé 2008 Domaine de la Rectoire

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N a t a l e

«Il menu di Natale del Bicchierdivino vuole essere quello che mi ricordo negli anni e che si proponeva in casa mia. Essendo di famiglia Langarola logicamente i piatti sono di questa origine», spiega Dacomo. E dunque: Al g at to n e ro corso Turati 14 011 590414

Antipasto di verdure alla piemontese (quello messo via dalla nostra mamma) con tonno e olio evo Carne di fassona battuta (ciapulà) al coltello un po’ grossolanamente, condita con olio evo, sale e pepe Vitello tonnato di girello di fassona dal cuore rosa, servito con la sua salsa meschiata con tonno, uova sode e capperi (salsa all’antica Insalata russa con patate, carote, cavolfiore, pisellini (rigorosamente non sottaceto) con maionese fatta in casa con aggiunta di tuorli cotti e parecchio tonno, aceto, il tutto ben amalgamato Peperoni quadri di Carmagnola arrostiti e pelati con bagna cauda Cotechino (salam d’le cune) tagliato a fette servito con fonduta di Raschera Agnolotti di carne e verdure (raviole) rigorosamente fatti in casa conditi con ragù di salsiccia di Bra e poco pomodoro cotto molto Stracotto al Barolo (fatto con le guance del vitello) servito con patate di Alta Langa al forno Cappone di Morozzo bollito servito con salsa verde e salsa rossa Bonet e Panettone

Cafè & Bistrot

Bicchierdivino via San Quintino 15 011 5629664

I VINI Arneis Cecu d’la Biunda” MonchieroCarbone, Dolcetto d’Alba “Perdoni” Mossio, Barbaresco “Nubiola” Pelissero, Moscato d’Asti Ca du sindic

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Holy version

Glocandia

Ogni anno ci promettiamo di riscoprire i valori veri del Natale, quelli originari, come l’altruismo, l’amore per il prossimo o la generosità. In fondo, a Natale dobbiamo tutti esser più buoni. Un piccolo gesto natalizio forse può bastare a ricongiungerci con lo spirito delle feste, ed ecco qui un’idea economica, carina ed equosolidale. Anzi, tre idee, perché tre sono i presepi proposti da Glocandia (bottega etica in via Cristoforo Colombo 63): due arrivano dal Perù e sono in argilla - 41 euro le due statuine che formano la Trinità, per un presepe minimal e 27 euro i simpaticissimi ovetti - e uno dall’Indonesia (in legno, 57 euro).

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Alessi

L’idea di Alessi per il Natale 2012 è ottimizzare le decorazioni. Ovvero: anziché passare l’8 dicembre a impazzire fra albero di Natale e presepe, perché non sbrigarsi con estrema facilità unendo le due cose con un risultato divertente? Ecco secondo noi come nasce la collezione di palle per l’albero di Natale, che ritrae le figure del presepe. Non manca nessuno: Maria, Giuseppe, il bambin Gesù, il bue, l’asinello, i re Magi, l’angelo e la stella cometa. Presto fatto. Le figure sono davvero adorabili, con quest’aria un po’ pasciuta data dalla rotondità della forma. Una collezione di sicuro impatto e arredamento. A Torino, le potete trovare in tutti i rivenditori del marchio Alessi. Noi, le abbiamo viste in vetrina da Sansone house, in via Lagrange 38 (15 € l’una). Resta solo una questione: i re Magi si possono mettere già l’8 dicembre o devono rimanere ai piedi dell’albero fino all’Epifania?

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shop

HiGloves

Consumistic side

Siamo sicuri che sarà uno dei regali di Natale dell’anno. Dopo che tutti hanno ricevuto come regalo di compleanno o di Natale uno smartphone (la scusa più diffusa è: “mi serve per lavoro…”), adesso bisogna pensare agli accessori da abbinarci. Fra cover, caricabatterie, obiettivi telescopici, auricolari e cornette telefoniche vecchio modello, c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Ma la novità più utile, alla fine, è questa, gli hi-gloves. Figuratevi mentalmente la scena. Siete ad aspettare il bus sotto la neve, a meno dodici gradi e improvvisamente vi viene in mente qualcuno che può darvi un passaggio. Perfetto, vi dite, e tirate fuori lo smartphone touch screen per telefonargli. Ma, con i guanti, il touch screen non funziona. Gli hi gloves invece hanno un tessuto speciale sui polpastrelli che fa funzionare il tocco delle dita sugli schermi dei vostri modernissimi cellulari. Semplice e geniale. Costano 19,90 € (ma ce n’è anche una versione che costa la metà) e si trovano un po’ dappertutto (noi li abbiamo avvistati al negozio Me gusta di corso Inghilterra 27/e). E, per il prossimo anno, è già pronta una nuova idea: gli hi-call, guanti che fanno da dispositivo bluethoot. Come si usano? Avete presente quando i bambini fanno il telefono con le mani? Ecco, così.

De Carlo

Tiger

Le idee regalo per la casa sono quasi sempre ben accette, purché si seguano delle regole. 1) Vietato regalarle alla propria moglie: se un marito si presenta con un aspirapolvere infiocchettato, si ha diritto a chiedere immediatamente il divorzio. 2) Fate attenzione a non esagerare: non tutti hanno stanze gigantesche, o coloratissime, o interamente da riempire con i vostri regali di Natale. Seguite queste prime direttive, l’ideale è mantenersi sulla piccola oggettistica, utile e simpatica. Come gli utensili da cucina in silicone, che quest’anno vanno molto di moda, o i coltelli in ceramica. Oppure, come questo porta mestolo colorato a forma di corona. O ancora, il set di posaceneri con i semi delle carte da gioco, visto che il binomio poker-sigaretta è uno dei più felici di sempre. Entrambi li trovate da De Carlo, in via Mazzini 3 (12 € il porta mestolo e 21 € il set di posaceneri).

Coppie con i cordoni della borsa stretti: ne è piena l’Italia. Quindi, consolatevi, non siete soli. Se anche voi avete deciso di rinunciare reciprocamente al regalo natalizio del vostro partner, per far cassa in vista delle vacanze estive, ricordatevi che può essere un’occasione per far tornare attuale il vecchio detto “è il pensiero che conta”. Di esempi ce ne sono tantissimi: dalle idee più originali, come preparare una cenetta lume di candela con una buona bottiglia di vino ai regali più classici ma sempre graditi, come i troppo sottovalutati fiori. Altrimenti, i negozi di oggettistica si adoperano per proporci mille e uno pensierini a meno di dieci euro. Eccone due che a noi sono sembrati particolarmente carini. Per lui, c’è il canestro da basket-portabiancheria (7 €). È perfetto ed è un regalo che porterà maggior pace alla coppia, visto che finalmente, con la scusa di giocare, il vostro disordinatissimo compagno non lascerà più in giro per la casa i calzini sporchi. Per lei, invece, una padella antiaderente per realizzare frittate (o crepes, pancakes…largo alla fantasia) a forma di cuore (3 €). Romanticissimo e, anche qui, si gode in due: lei si diverte a creare, lui a gustare. Entrambi, si trovano da Tiger.

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ping

L’oggetto del desiderio

d i v a le n t i n a d i r i n d i n

IUDE

Pao l a v o l p i / C r e at i v i t y

Braccio armato € 60

Independent Upcoming Designers

www.paolavolpi.com www.creativityoggetti.it

Il Gioielliere

Un diamante è meglio Ci piacciono, le fanciulle di IUDE, perché hanno capito che l’unione fa la forza. Hanno messo da parte le rivalità che possono esistere tra piccole realtà, si sono coordinate, organizzate, migliorate. Quasi un modello femminista, se non si parlasse di shopping. Bene, brave, tris. Perché il bis l’hanno già fatto, aprendo ad ottobre un secondo negozietto (dopo quello di via Melchiorre Gioia), tutto bianco, in via Marco Polo, a un passo dalla danarosa e modaiola Crocetta. Da brave colleghe, fanno i turni per le vetrine e per presidiare il negozio e consigliare le clienti. Quasi un modello socialista, se non si parlasse di shopping. Ma parliamo di shopping, appunto. Cosa trovate nei negozi Iude? Vestiti, creazioni sartoriali, abiti originali, scarpe fatte a mano, prezzi non bassissimi ma, considerando il lavoro artigianale, ragionevoli. Andiamo in rigoroso ordine alfabetico (ché non vorremmo essere noi a rompere l’armonia di cui fino a ora abbiamo parlato). Agata della Torre (pseudonimo della carinissima Giuseppina di Paola, che troviamo in negozio e che ci fa questa confidenza sul suo nome. Si poteva dire? Ormai l’abbiamo detto) realizza splendidi spolverini, abiti in tessuti che vanno dal cachemire a un simil-neoprene (la gomma delle mute da sub, per intenderci), tagli che sembrano classici ma hanno un tocco glam (www.agatadellatorre.com). Formalibera, il marchio di Melina Benedetto, dice tutto di sé già nel nome, professando la libertà di uscire dagli schemi, o di restarci, se le va. Per dire, nella p/e 2012 Melina proponeva un divertente abito con una scritta stile writers che giocava con le parole: Con/Te/Stabile. A noi piaceva da pazzi, altro che “keep calm and blablabla”. Continuando in ordine alfabetico, c’è Morfosis, fondata da Alessandra Cappiello (www.morfosis.it). Online trovate già la collezione p/e 2013, dalle linee morbidissime ma supersexy. Poi, le scarpe e le borse di Manuela Gomez (www.manuelagomez.com), pezzi unici realizzati su misura con pizzi e velluti di stampo un po’ retrò. Last but not least, Ombradifoglia (www.ombradifoglia.com), che noi adoriamo e che fa anche una collezione uomo, per i nostri fidanzati e mariti che ci accompagnano annoiati nello shopping.

www.iude.it 108

da € 390

Sembra un po’ la maglia di un’armatura, la lavorazione utilizzata dalla designer di gioielli Paola Volpi (www.paolavolpi.com) per realizzare questo bracciale in maglia d’acciaio. Quantomeno, i nostri polsi oltre ad essere alla moda saranno anche protetti da eventuali attacchi a suon di spade. Sobrio, elegante e ad effetto, segue il filone dell’utilizzo di materiali poveri (fili di rame, bulloni, gomma…s’è visto un po’ di tutto) per realizzare oggetti di design. Dove lo si può acquistare? Da Creativity (via Mazzini 29/e, Torino, www.creativityoggetti.it), naturalmente. Un negozio che, se vi piace l’oggettistica originale, non potete non frequentare assiduamente. Top Ten

via Melchiorre Gioia 10 b via Marco Polo 38

Underground geisha € 220 ca.

Ecco cosa succederebbe, secondo noi, se una geisha si scontrasse con la cultura grunge. In questo fanta-meltin’pot, la pelle e la linea di anfibi un po’ maschili indossano i tacchi, ma non tacchi normali, bensì quelli dei geta (i tradizionali sandali giapponesi). A una prima occhiata, potrebbero sembrare scomodi, ma non lo sono per niente. E poi, non sarebbe comunque nulla in confronto ai piedi fasciati delle dame di compagnia giapponesi. Una scarpa che è un passo oltre l’ormai ultravisto e rivisto stivaletto con le borchie. Arrivano, come tutto il meglio della moda underground, da Berlino, e in città si trovano in vendita da Top Ten (via Soleri 2).

Il modo migliore per conquistare una donna, per farla sorridere, per chiedere scusa ma, soprattutto, per non sbagliare il regalo di Natale è: un gioiello. Ora, l’indicazione è un po’ vaga, di gioielli ne è pieno il mondo, ma noi vi consigliamo quelli di Demeglio, marchio torinese dal 1922 (quando era fornitore ufficiale della Famiglia Reale Italiana). Oggi, le sue creazioni si possono trovare, insieme a quelle di altre firme, nel nuovo negozio Il Gioielliere, in via Fratelli Calandra 18. Le creazioni sono – quasi – per tutte le tasche: si va dai 390 € dell’anello “Margherita” in argento, fino ad aggiungere uno o più zeri per le creazioni in oro e diamanti, come quelle della collezione “Giotto”. Dipende da quanto è grave il peccato che dovete farvi perdonare.

Au tops i e Ves t i m e n tai r e

Petali di tessuto € 155

Non lo scopriamo certo noi (e non certo ora), Autopsie Vestimentaire, forse uno dei più fortunati piccoli brand della moda torinese. Alice Capelli, stilista, creativa, imprenditrice disegna e realizza dal 2000 piccole collezioni sartoriali, che hanno uno straordinario successo anche fra le madame della città. Uno dei punti di forza di Autopsie, probabilmente, è quello di aver reso ben riconoscibile il marchio, concentrandosi su un numero non troppo ampio di creazioni. Poi, partendo da quelle basi, si può lavorare sulle varianti. Come per questa maglia a coda (che le più fortunate possono permettersi anche di utilizzare come miniabito con un paio di leggins), riproposta in tutte le stagioni nei più diversi tessuti. Per Natale, suggeriamo questa versione in rosso (è disponibile anche in nero), realizzata in viscosa e ricoperta di piccoli petali. Sarete un fiore.

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d i F r a n c es c a F i m i a n i

Guido Catalano

Ti amo ma posso spiegarti

A cura di Benedikt Geulen, Peter Graf, Marcus Seibert

Miraggi Edizioni Clara e Gigi Padovani

Il cuore sulla pelle

Cioccolatorino

Arte e dolore del tatuaggio in 22 racconti dal mondo EDT € 18,50

Ci viene in mente Elio e la sua follia della donna: «la tua amica sfoggia un tatuaggetto, corri corri a farti un tatuaggetto, d’improvviso hai bisogno di…un tatuaggetto» eccetera eccetera. Scherziamo, ma è indubbio che ormai quella del tatoo sia diventata una moda come un’altra. In realtà, il marchio indissolubile sulla pelle è un gesto di tradizione antichissima, che per secoli è stato un segnale distintivo delle sottoculture dell’emarginazione in Occidente – carcerati, marinai, prostitute, criminali, mercenari – e di profondi legami simbolici nelle società tribali. Il cuore sulla pelle ripercorre esattamente questa storia, e lo fa raccogliendo ventidue racconti e ventidue epigrafi sul tema, narrazioni che partono dal fascino misterioso ed evocatore del tatuaggio, per affrontarne le mille sfaccettature: feticcio erotico, marchio criminale, sogno infantile, ricordo d’avventura, segnale enigmatico, simbolo tribale, fantasia sadica, forma d’arte. L’antologia, curata da tre giovani scrittori tedeschi, Benedikt Geulen, Peter Graf e Marcus Seibert, mette insieme autori molto diversi fra loro, per cultura e epoca, da Balzac a Chuck Palahniuk. 110

Blu Edizioni

Trekking intorno al mondo

Consigli pratici e idee per destinazioni e itinerari EDT € 25

Non c’è soluzione più economica per viaggiare: in tempi di crisi, bisogna far tesoro delle proprie forze. E quindi, gambe in spalla e camminate. Con un po’ di allenamento e le giuste indicazioni (mai saltare le tappe o sottovalutare lo sforzo, vietato portare con sé bagagli pesanti), si può girare tutto il mondo. Tanzania, Sudafrica, Stati Uniti, Nepal, Irlanda, Turchia… l’elenco è pressoché infinito e lo trovate in Trekking intorno al mondo. Consigli pratici e idee per destinazioni e itinerari. Ogni percorso viene dettagliato: fattibilità, risorse necessarie, informazioni utili. E ci sono itinerari pensati su misura per tutti i gusti, da chi ama la natura a chi non può fare a meno del mare e perfino a chi ha dei bambini al seguito. Un’idea per riscoprire il piacere del viaggio in versione slow, e magari per organizzare qualcosa per le vacanze natalizie.

€ 14

Clara e Gigi Padovani sono una delle rare dimostrazioni che non è impossibile far combaciare vita privata e lavoro. Forse riescono a sfatare il teorema secondo cui non si può far coppia in casa e ai vertici di una scrivania, perché condividono una passione che accomuna entrambe le sfere della vita: il cibo. In cucina come in ufficio, mangiar bene è un piacere. E per i golosi, non c’è piacere maggiore del cioccolato. Gli appassionati del genere a Torino cascano decisamente in piedi, con decine e decine di mastri cioccolatai che studiano tra tradizione e innovazione per stupire i nostri palati. Clara e Gigi hanno deciso di raccontarli in questo libro: niente classifiche, niente voti, ma una guida (con indirizzi, prezzi, specialità) per orientarsi nel mare magnum del cioccolato torinese. Se non vi basta la metafora del mare di cioccolato, leggetevi Cioccolatorino: 107 tra cioccolaterie, pasticcerie, caffetterie storiche e gelaterie e interessanti aneddoti sul tema. Per esempio, lo sapevate che il gianduja è stato inventato in tempi di spending review, per risparmiare sul cacao proveniente dalle Americhe mescolandolo con le nostrane nocciole?

€ 12

“Ti amo ma posso spiegarti” non era sul mio comodino. Lo ha chiesto e ricevuto in regalo il mio consorte, uno che colleziona sotto l’abat-jour, solitamente, saggi alti 5 dita sulle guerre jugoslave. È andata così: una sera gli ho dato buca durante una serata a coppie. Avevamo dato appuntamento agli amici in un caffè del centro per una serata de “Il grande fresco”, lo spettacolo di poesia e musica di Guido Catalano e Federico Sirianni. Doveva aspettarsi una corazzata Potemkin in stile melò. Invece, scosso dal divertimento, mi messaggiava continuamente chiedendo se lo conoscessi, questo Catalano, pare che scriva poesie, questo Catalano, e come le legge fanno proprio ridere. Tornato a casa, ha messo questo libro, edito da una piccola ma accorta casa editrice locale, nella lista dei desiderati. Per lo più viene da pensare che i poeti contemporanei scrivano in riga, e poi vadano a capo alla cazzo (queste ultime cinque parole non sono turpiloquio gratuito ma il titolo di una poesia della raccolta). Iniziate a percepire il tono del libro? Proseguiamo. Le ragazze con cui Catalano ha cinque dialoghi auspicabili hanno “seni prepotenti” e “natiche trascendenti”, ma vengono sempre amate con ironico ardore. Insomma questo volumetto si legge così volentieri. La nostra preferita è “ragazza dagl’occhi inauditi”. Se intercettate la barba di Guido Catalano in qualche caffè del centro di Torino, chiedetegli di leggervela (o un autografo su una natica, a vostro piacere).

Vito Ferro

Festival Maracanã Las Vegas edizioni € 12 formtato cartaceo € 3,99 in ebook

Torino, quartiere Velealte (chi ha occhi per leggere, anagrammi). Dietro lo stadio, al confine con la tangenziale. Lì, al prato del mattatoio comunale, dal 13 al 15 luglio, cinque ragazzi sui trent’anni organizzano un festival di “musica e gioia – gratis”. Lo chiamano Maracanã, perché nei pressi del prato, tra due porte da calcetto costruite con dei tubi Innocenti, i ragazzini dei palazzi vicini avevano con lo spray, non senza ironia, Stadio Maracanã. Un libro in cui si respira una torinesità spinta, e si può ridere dei sogni che si infrangono in circoscrizione, degli anziani “sempre alla ricerca di cantieri aperti per fornire agli operai consulenze non richieste”, delle cantatissime cover di Gigi D’Alessio e di Raggaetano, delle multe e dei vigili. Uno speranzoso romanzo della generazione che vorrebbe fare della cultura il suo mestiere, e che sulla carta ci riesce. (p.s. Il Festival Maracanã è realmente esistito, se ne sono svolte due edizioni. Su, correte su google!)

Jack Prelutsky, Peter Sìs, Giusi Quarenghi

L’isola di Bestierare EDT € 13,50

A bordo di un monopattino e muniti di ombrello, salvagente e kit da esploratore, due ragazzini si mettono in viaggio alla volta di Bestierare, un’isola misteriosa dove vivono creature fuori dal comune: il rinocerosa, gli spinapolli, gli ippofunghi... A Bestierare i fiori, le verdure, gli animali si sono inspiegabilmente mescolati dando vita a esseri curiosi, timidi o feroci, chiacchieroni o solitari, viscidi o soffici. Il viaggio dei due piccoli protagonisti sarà indimenticabile, la lettura del libro una sorpresa a ogni voltar di pagina. Un albo illustrato perfetto come regalo di Natale.

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del mondo e r o li ig m a d a r il cibo di st ontra il cuore c in i s i u c in o g rada è il luo La sttr , tra carretti e s e a p n u i d o gasttronomic i invitanti m fu o r p , s le d o o in acos, chioschi d di tta ella gente. d e r ie h c c ia h c e

, dolci e salate li a in g ri o e tt e c * 100 ri erfetta er una riuscita p p i, lic p m se i n o con istruzi stra anche a casa vo o: la sua storia, tt ia p i n g o a te a mplete dedic paesi d’origine i * Schede co e n lio g e m l a o arl come e dove gust alternative per n co ti n ie d re g degli in * Glossario cili da trovare i prodotti più diffi utttto il mondo, ttu a d a i ia m o n o ro st a g sperti di * Scritto da e arker Bowles P m o T i d e n o zi con un’introdu ini one di Carlo Petr zi fa re P *

lia.it

lonelyplanetita

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