MARCO
MARTINI
A.I.D.S.: problemi medici, psicologici, sociali ed etici
Edizioni ISSUU.COM
AIDS: PROBLEMI MEDICI, PSICOLOGICI, SOCIALI ED ETICI Conferenza del Prof. Fernando Aiuti tenuta il 26/11/1988 presso il teatro dell’Oriuolo, in via dell’Oriuolo a Firenze, all’interno del ciclo di conferenze “sabati letterari”, a. a. 1988/89. Premessa. Fernando Aiuti è la massima autorità italiana in materia di AIDS: ha documentato i primi casi della terribile malattia in Italia e da anni ne segue l’angoscioso evoluzione nel quadro delle immunodeficienze, al cui studio ha dedicato tutta la sua fortunata carriera di scienziato. Conferenza. Non si tratta di un solo virus, ma di una famiglia di elettro-virus, che si sono diffusi negli U.S.A., in Europa e nell’Africa centrale ed occidentale. Tali elettro-virus possono insediarsi anche nelle cellule nervose, in quanto le famiglie degli elettro-virus agiscono in fattori diversi ed in modi diversi. A causa di una moltiplicazione dei virus, in individui infetti, nella maggioranza dei casi si producono anticorpi; tali individui sono sieropositivi. I soggetti in cui non si producono anticorpi sono sieronegativi. I soggetti più pericolosi sono quelli che non sanno di essere sieropositivi, e che quindi infettano altri soggetti. I sintomi si avvertono dopo un periodo di 2-5 anni. La situazione, in Italia, grava sui grandi centri urbani (Roma, Milano, Firenze). Questo virus si è diffuso da circa vent’anni. Indiscutibilmente l’urbanizzazione dell’Africa e lo scambio delle siringhe contribuiscono alla diffusione del virus. In Italia le previsioni sono gravi: nel 1990 avremo 25000 casi infetti da AIDS; 5000 di questi saranno omosessuali o bisessuali, e non tossicodipendenti, ma le previsioni possono essere fatte solo per 2/3 anni. Tale virus si trasmette solo tramite il contatto del sangue con il sangue. Le cosiddette “categorie a rischio” sono quelle degli omosessuali e dei tossicodipendenti. Vi sono, tra le cause, anche fattori ambientali e di malnutrizione. Non tutti i soggetti infettati dal virus HIV (quello dell’AIDS) contraggono quindi l’AIDS. In Africa le previsioni sono più drastiche che in Italia. E’ possibile ridurre la trasmissione con il test, ma è più difficile ridurre tale infezione nei tossicodipendenti e negli ex tossicodipendenti. L’infezione, e non la malattia, anche se il rischio di ammalarsi c’è, nei confronti dei figli, è del 30%-40%. Lotta quindi alla droga, ma non alla liberalizzazione, perché questa aumenterebbe (secondo dati scientifici) la percentuale dei tossicodipendenti, anche se diminuirebbero gli spacciatori. Secondo gli esperti psicologi e sociologi l’informazione anti-aids dev’essere continua e basata su fatti concreti (uso dei profilattici, diminuzione del numero dei partner, fedeltà al coniuge, diminuzione dei rapporti anali, che sono più a rischio), tenendo conto anche delle differenti situazioni. Moralmente, non bisogna isolare e ghettizzare i tossicodipendenti, ma bisogna cercare di aiutarli mediante la tecnologia. Bisogna forse isolare i detenuti, per evitare l’omosessualità? Questo ed altri sono problemi molto gravi, il rischio c’è e rimane, ed è molto difficile pronunciarsi su tali problemi. Indiscutibilmente, se questo virus fosse esploso alla fine degli anni ’60, con minori sussidi medici, i rischi sarebbero stati maggiori.