Hegel e i Greci

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Marco Martini

Hegel e i Greci


Istituto Italiano per gli Studi Filosofici - Accademia di Belle Arti di Napoli, cattedra di Estetica, Seminario permanente hegeliano – Corso di formazione in servizio per docenti – Palazzo Serra di Cassano, Napoli - Lunedì 11 novembre 2019 h. 15:00-19:00. HEGEL E I GRECI Coordinano: Gianluca Garelli, Dario Giugliano, Fiorinda Li Vigni Presiede Fiorinda Li Vigni, Introduzione. 1.Paolo Vinci, “Gigantomachia” intorno all'Uno. Hegel e Platone . 2.Massimiliano Biscuso, Hegel e lo scetticismo antico. 3.Francesca Iannelli, L'estraneo più proprio. Hegel, i Greci e noi. 4.Paolo D’Angelo, Hegel di fronte all’arte greca. Presiede Fiorinda Li Vigni, Introduzione. Si ricorda innanzitutto la figura di Remo Bodei, recentemente scomparso, collaboratore dell'Istituto e della Scuola di Formazione estiva. “Hegel e i Greci” è un seminario che si inserisce nella più ampia cornice “I Greci nello specchio dei moderni”, da Hegel a Nietzsche a Heidegger. la polis greca e la filosofia greca sono costanti oggetto di studio di Hegel, dagli Scritti teologici giovanili (1793-1800) alle Lezioni berlinesi. 1.Paolo Vinci, “Gigantomachia” intorno all'Uno. Hegel e Platone . Paolo Vinci è stato docente di filosofia morale all'università “La Sapienza” di Roma, ha studiato Hegel, Marx, Heidegger e collabora con Istituto Italiano per Studi Filosofici di Napoli. Hegel interpreta Platone allo scopo di fornire sostegno alla sua visione dialettica, Ma talvolta Platone viene travisato da Hegel, come sostengono Heidegger e Chiereghin, dei quali Vinci è un seguace. Attraverso Platone, Hegel riflette sul mondo greco e questo ci aiuta a comprendere il filosofo tedesco, ma non tanto Platone. Il teorico dell’Idealismo panlogico si confronta con Platone su vari piani, logico-teoretico, etico-politico, di filosofia della storia, di storia della filosofia e di storia del costume, a cui Hegel è sempre stato interessatissimo. Sul tema della logica dialettica, Hegel considera soprattutto il Sofista ed il Parmenide, talvolta anche i Filebo. Hegel utilizza Platone anche per criticare il giusnaturalismo nelle sue Lezioni di filosofia del diritto, redatte a Berlino. Nell' importantissima “Prefazione” alla Fenomenologia dello Spirito e nell'Introduzione all’ Enciclopedia delle Scienze filosofiche in compendio, il teorico del panlogismo sostiene l'identità di forma e contenuto. Utilizza Platone nel paragrafo 573 dell' Enciclopedia, a proposito del passaggio tra filosofia ereligione, in disaccordo con il suo collega teologo Scheleiermacher e con i neoplatonici, in particolare con la Teologia platonica di Proclo. Hegel nega il nesso tra filosofia e fede religiosa, cara Proclo: la religione è per Hegel panlogismo ateo, non fede. Soltanto concependo così la religione è per Hegel possibile recuperare i sopracitati dialoghi dialettici di Platone. Platone ci ha offerto, per Hegel, una logica dialettica, che non ci hanno fornito né i sofisti, ne Socrate, né i neoplatonici: su questo punto Hegel non distingue i sofisti da Socrate. Hegel considera, in seguito, anche con il mito, che definisce “un’ impotenza del pensiero speculativo e razionale”: nello Stift di Tubinga, Hegel si era confrontato su questo tema già con Schelling. Il mito, per Hegel, non aiuta l'approccio alla filosofia, ma lo complica, a differenza di quanto sosteneva invece Schelling. Per quanto concerne la polis greca, Hegel la esalta come primo nucleo politico in cui l'individuo gode di libertà, come ha sottolineato anche Bodei; sulla dialettica, Hegel critica l'intelletto ed esalta lo scetticismo antico, come maturazione della dialettica, come si vede sia dalla Fenomenologia che dal precedente Rapporto dello scetticismo con la filosofia, articolo jenense del 1802. Sul Parmenide di Platone, Hegel sostiene che “L’Uno e il molteplice ed il molteplice è l'Uno”, come si legge nella Scienza della logica. “La potenza della dialettica è la potenza del negativo, che è la potenza di Dio”. Hegel cita il Sofista, p. 246, per attribuire la mobilità del Nous alle categorie della sua logica: la metafisica deve


diventare quindi una logica. Il conflitto, la differenza, per Hegel, sono già pensate in Platone come in Spinoza. 2.Massimiliano Biscuso, Hegel e lo scetticismo antico. Biscuso insegna a “La Sapienza” di Roma e collabora con l’I. I. S. F., in particolare per quanto concerne la formazione dei docenti. Lo scetticismo antico, di Enesidemo, Pirrone, Sesto empirico e del Parmenide di Platone è studiato da Hegel nel 1802 nel già citato articolo Rapporto dello scetticismo con la filosofia ed è un tema già studiato anche da Mario Dal Pra e Remo Bodei. Hegel distingue lo scetticismo moderno di Schulze, che è dogmatico, come lo è quello kantiano, mentre l’unico vero e genuino scetticismo, “che al signor Schulze è sfuggito di mano”, è quello antico. Gli scettici moderni credono alle verità dell'intelletto, che Hegel critica costantemente, lo scetticismo moderno è separato dalla filosofia e si pone contro la ragione, a differenza del Parmenide di Platone, che Hegel esalta. “La via del dubbio e della disperazione è la via dello scetticismo per arrivare ad una certezza”, scrive Hegel nella Fenomenologia. Hegel studia i 10 tropi (argomenti) di Enesidemo e Sesto Empirico: tale strada non conduce al “puro nulla”, ma è una “negazione determinata” che porta ad un'affermazione, come hanno sostenuto Cesare Luporini, Sergio Landucci e Maria Moneti. Nell' Enciclopedia Hegel riprende questa tesi fenomenologica, ma sostiene che a tale dialettica, a tale “potenza del negativo”, dobbiamo fornire dei contenuti, affinché non resti una dialettica vuota ed astratta. Mario Dal Pra nega anche che ci siano differenze tra lo scetticismo antico di Arcesilao e Carneade con quello più tardo, neo-pirroniano, di Sesto Empirico, come si può già vedere dalle Ipotiposi pirroniane di Sesto Empirico. Hegel esalta Platone anche perché iniziato ai misteri eleusini, che invitavano a dubitare del finito: in questo senso Hegel riprende anche gli aspetti mitico-religiosi di Platone. Sono elementi misterici già presenti nel Libro dei sette savi ed in Omero. Lo scetticismo antico non deve però portare ad un soggettivismo anarchico, ben lontano dal significato della filosofia che si è invece affermato nella democratica politeia ateniese. Lo scetticismo socratico è infine criticato da Hegel perché si presenta come dogmatico ed autoreferenziale ed il filosofo dell’Idealismo logico concorda per questo con il ritratto comico che Aristofane ha fatto di Socrate ne Le nuvole, come emerge nelle lezioni berlinesi sia di storia della filosofia che di estetica. Hegel ritiene quindi del tutto legittimo il processo della Boulè contro Socrate. 3.Francesca Iannelli, L'estraneo più proprio. Hegel, i Greci e noi. Francesca Iannelli insegna estetica all'università “Roma Tre” ed ha studiato il rapporto tra Antigone ed Hegel, l'estetica e la politica di Hegel, con numerosissime pubblicazioni. Mostra una visione più nichilista e meno heideggeriana ed esistenzialistica, a differenza di Chiereghin e Vinci. Insiste sul concetto di morte dell'arte, presente nello Spirito Assoluto dell’ Enciclopedia. Iannelli fa propria la tesi del nichilista contemporaneo Solstadt, di Andersen e Todorov. La nozione hegeliana di “estraneità” porta alla tragicità della morte dell'arte: è una tesi vera, in Hegel, ma non va assolutizzata. Karl Rosenkranz, allievo di Hegel a Berlino ed autore di una nota biografia sul maestro, sottolinea la passione del suo professore per Antigone, Omero, la tragedia greca, che leggeva in lingua originale fin dagli studi ginnasiali e che riesuma nelle sue berlinesi lezioni di estetica del 1823, p. 299. Crede nell'immortalità del passato e dei classici greci: “chi muore senza aver letto i classici greci muore senza aver conosciuto la bellezza”, scrive Hegel nell'Enciclopedia, tesi poi ripresa dal professor Andersen. Tutti i classici, antichi e moderni, sono per Hegel immortali e senza i classici non c'è Building (formazione), con riferimento a Socrate tramite i suoi interpreti e ad Antigone. L'estraneaazione è proprio l'alienazione che si attua nelle trasformazioni storiche, nella modernità, che “per essere in sé deve essere altro da sé”, deve essere estraneo. L'eroe tragico greco, che muore per salvare la patria, rivive nei


moderni, scrive Hegel nelle sue lezioni berlinesi di filosofia della storia del 1822-23, p. 399. Creonte ed Antigone, i due eroi sofoclei rappresentati in perenne opposizione, rivivono nella modernità: alterità è quindi identità e viceversa Sono tematiche che si ritrovano anche nel teatro di Ibsen come in Casa di bambola. L'opera, in sé oggettiva, rivive nella nostra soggettività, coeva o postuma alla tragedia: per questo tutti i classici, antichi e moderni, sono immortali, sia nella filosofia che nella letteratura, ed è questa anche la tesi di Todorov, ed è l'unico modo, per Todorov, affinché la letteratura si sottragga alla morte, al “puro nulla”. E’ questa “espansione” che salva la letteratura dal nichilismo radicale ed è questa “espansione” che sarà ripresa anche da Marx, in chiave storico-sociale, nonostante la scarsa attenzione di Marx verso l'estetica, considerata una mera “sovrastruttura”. 4.Paolo D’Angelo, Hegel di fronte all’arte greca. Esiodo nella Teogonia ed Omero nell'Iliade e nell'Odissea identificano religione ed arte. Hegel celebra l'arte greca nello Spirito Assoluto dell’Enciclopedia e nelle Lezioni di estetica (Berlino, 1823), unica forma d'arte capace di cogliere pienamente l'assoluto. Nell' Enciclopedia esalta particolarmente la scultura greca risentendo dell'esaltazione dell'arte greca presente nell’età goethiana. L'arte orientale non ha potuto cogliere l'assoluto, non avendo i mezzi per rappresentarlo, né avendone piena cognizione, ed è quindi approdata ad un “necessitato”, l'arte romantica ricorre ad un nuovo simbolismo, più consapevole rispetto a quello orientale, perché nel Romanticismo sappiamo che l'Assoluto è Spirito, è il Dio cristiano. Solo l'arte classica, con la scultura, coglie quindi perfettamente l'equilibrio tra forma e contenuto. L'esaltazione dell'arte classica è ‘moneta corrente’ in Germania fin dal secondo Settecento, fin dalle tesi di Winckelmann espresse nella sua Storia dell'arte dell'antichità, alla quale Hegel è fortemente debitore. Anche Schiller esalta l'arte greca ed emergere in lui la nostalgia per la Grecia, come si evince dalla poesia “Gli dei della Grecia”; scrive infatti Schiller “O bella Grecia, dove sei andata?”, con il rammarico, sembra, per un mondo idilliaco irrimediabilmente perduto. Ma Schiller cade poi nell'isolamento, per Hegel, dell'anima bella. Friedrich Schiller ed Holderlin nell’Hyperion ebbero ancora influenza su Hegel, nonostante i freddi rapporti tra Hegel e Schelling. In Religione popolare e cristianesimo si esalta il mondo greco come mondo felice, di gioia e fantasia. Tuttavia già nella Fenomenologia si prendono le distanze dall'esaltazione dell'arte greca, che diventa sensibile, fenomenica: è il caso della religione artistica. La religione greca trova infatti per Hegel un limite nell'antropomorfismo, è “un bel frutto staccato dall'albero”. Tuttavia l'arte consente all'uomo di superare il suo stato animale, e questo si avverte particolarmente nella scultura greca, come sottolinea Ferrero in Arte e filosofia. Si consideri che Hegel non conosceva personalmente la scultura classica, non avendo viaggiato né in Italia, né in Grecia. La scultura, per Hegel, non deve avere colore, né sguardo, a differenza della pittura e dell'arte cristiana. Scarsa è invece l'attenzione hegeliana per la lirica greca, che si traduce in epica. La trattazione fenomenologica dell'arte in tre forme, naturale, artistica e rivelata corrisponde alla trattazione enciclopedica circa la triade arte orientale, classica e romantica. Muore l’arte, dopo la classicità, come mezzo per rappresentare l'Assoluto, restano le singole arti come tecniche. L'assoluto, nel Romanticismo, è il Dio cristiano, che non può essere oggetto di rappresentazione, ma soltanto di devozione: per questo l'arte si dà alla religione. La grande tragedia, per Hegel, resta quella greca, quella moderna ha smarrito il senso etico, come si può vedere dal Romeo e Giulietta di Shakespeare, che si risolve in un duplice suicidio avvenuto per liti familiari di bassa lega; si smarrisce, nella tragedia moderna, quel senso di equilibrio presente, ad esempio, in sculture come la Venere di Milo o il Discobolo di Mirone. La vera bellezza, per Hegel, si trova quindi nella scultura greca, non nella letteratura moderna.


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