Marco Martini
Discussioni sullo storicismo in Italia nella prima metĂ del secolo XX
Edizioni ISSUU.COM
ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI STORICI “BENEDETTO CROCE” PALAZZO FILOMARINO - VIA BENEDETTO CROCE , 12 - 80134 NAPOLI A. A. 2004/05 - SEMINARIO DEL PROF. CLAUDIO CESA (Scuola Normale Superiore di Pisa),
Discussioni sullo storicismo in Italia nella prima metà del secolo XX, lun. 14, mar.15 e mer. 16 febbraio 2005 1. Lun. 14/02/05, h. 16,00/18,00 : la diatriba sul termine. 2. Mar. 15/02/05, h. 16,00/18,00 : il contesto storico e il dibattito. 3. Mer. 16/02/05, h. 10,00/12,00 :lo storicismo e la politica. 1. Lun. 14/02/05, h. 16,00/18,00: la diatriba sul termine. Il termine « storicismo » è estremamente generico e, in quanto tale, si può prestare a varie interpretazioni; di detto termine si sono serviti più gli allievi di Croce e Gentile che non i maestri stessi, che lo hanno usato piuttosto raramente e tra gli anni ’20 e ’30. Il Positivismo aveva già messo in crisi la filosofia morale e la filosofia della storia alla fine dell’Ottocento. Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale il termine “storicismo” ritorna con vigore e tra gli anni ’60 e gli anni ’70 entra con forza dirompente in ambito marxista. Per “storicismo” s’intende, in senso generico, la linea di condotta della filosofia della storia che inizia con Vico, nel ‘700, e prosegue con Hegel, Feuerbach, Marx, De Sanctis, Spaventa, Vera, Labriola,Gramsci, Godetti, Croce e Gentile nell’Ottocento e nel primo Novecento. E’ legittimo parlare di storicismo liberale con Godetti e Croce, di storicismo fascista con Gentile, di storicismo cattolico con Vico, di storicismo marxista con Marx, Gramsci, Labriola. Lo storicismo non è solo un fenomeno italiano, ma anche tedesco, anglosassone e francese, con Dilthey e Houmbold, per esempio. Ma in Italia lo storicismo ha un centro culturale propulsore: Napoli. Per il filosofo italiano Pietro Rossi lo storicismo inizia con Dilthey e comincerebbe comunque dopo Hegel; Rossi nega che si possa parlare di storicismo vichiano; per Humbold lo storicismo inizierebbe addirittura con Kant, se non prima. Con Nietzsche si può invece esplicitamente parlare di crisi dello storicismo setteottocentesco, e non solo dello storicismo, ma anche del Positivismo e di altri sistemi di pensiero, come è noto. Il Neoidealismo italiano con Croce si manifesta come Storicismo Assoluto e con Gentile come Attualismo e nasce con l’intento di risolvere alcune aporie lasciate aperte dall’Idealismo tedesco e di opporsi al Positivismo. Croce e gentile non parlano di Neoidealismo, ma di “Filosofia dello Spirito”: lo storicismo è quindi la storia dello Spirito. Tale corrente assume connotazioni molto differenti in Italia, Inghilterra, Germania e Francia. Il carteggio tra Croce e Alessandro D’Ancona è un documento sicuramente importante per ricostruire la storia dello storicismo italiano. In questo carteggio emerge la stima di D’Ancona per De Sanctis, definito un “genio inimitabile”. Croce e Gentile cercano, in comune, un “metodo storico” e, in quest’intento, criticano letterati fiorentini considerati “superficiali”, come Giuseppe De Robertis. Luigi Russo si colloca su questa linea polemica con i letterati fiorentini, che frequentavano il caffè illuminista “Le Giubbe Rosse”. Lo storicismo avrà un certo influsso anche sull’esistenzialismo, sia cattolico, di Jaspers, sia ateo, di Heidegger. Si possono considerare sinonimi i termini Neoidealismo, Storicismo, Spiritualismo o Filosofia dello Spirito. Come Spiritualismo o Filosofia dello Spirito il termine entrerà nel mondo cattolico. Come “erudizione”, lo storicismo si concretizza, per Carlo Antoni, nella disciplina della “storia della storiografia”, materia che nasce nel 1936 appunto con Carlo Antoni. L’Enciclopedia Utet di Torino ha dedicato ampio spazio alla voce “storicismo”. Gioacchino Volpe segue il pensiero di Labriola e quindi “colora” di marxismo lo storicismo, mentre con Croce lo storicismo offre validi
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spunti anche all’estetica. L’avvento del corporativismo fascista susciterà violente reazioni in Croce e porterà alla rottura tra Croce e Gentile, che termineranno così la loro collaborazione alla rivista “La Critica”. Per Gentile, invece, il fascismo sarà la legittima continuazione dello Stato liberale. L’avvento del fascismo causerà contrasti anche tra Croce e Omodeo. Nella discussione sullo storicismo non si può non tener presente, quindi, il fenomeno politico del fascismo. Anche Eugenio Garin ha scritto un articolo di una sessantina di pagine sullo storicismo, in cui afferma che il termine è stato usato sempre in modo piuttosto ambiguo: per Garin lo storicismo italiano inizia con Vico, a differenza di quanto ha affermato invece Rossi, come si visto. Antoni definì lo storicismo come “visione oggettiva e deterministica della realtà”, quindi la definizione di Antoni risente del clima positivistico; lo storicismo, per Antoni, deve “uscire dalla storia”, troppo relativistica, e connettersi quindi ad un criterio più “scientifico” e meno storiografico e soggettivo. Già nei frammenti di Novalis del 1799 compare il termine “storicismo”; Novalis fu non solo un poeta, ma anche, in parte, un filosofo, nonostante le critiche che gli muoverà Schelling. Il termine “storicismo” è largamente usato tra gli anni ’20 e gli anni ’40 dell’Ottocento, in Germania, in ambito teologico o antiteologico, di scuola hegeliana. Gli antistoricisti tedeschi criticheranno, alla fine degli anni ‘30 dell’Ottocento, con pungente ironia, lo storicismo per il suo carattere dogmatico (“historismus”): in questo senso si colloca la posizione di Feuerbach. Karl Rosenkranz, allievo di Hegel e situato in una posizione di “centralità” tra la Destra e la Sinistra hegeliana, esalta invece, nella sua Vita di Hegel, una biografia del maestro, la “grandissima coscienza storica” di Hegel. Hegel è un intellettuale che ha avuto piena consapevolezza del suo tempo e della storia, anche se non ha rivolto il suo pensiero alla nuove scienze, come la filosofia del linguaggio, a differenza di quanto hanno fatto Heine e Humbold. Heine e Humbold criticano, come anche Feurbach, l’ “historismus” di Hegel, considerato appunto troppo relativistico e poco attendibile. Il termine “storicismo” entrerà anche in ambito giudiziario, come storia delle teorie giuridiche ed assumerà una connotazione diversa dal “metodo storico”, anche se, in ambito giuridico, le differenze tra “storia” e “teoria” non implicano elementi sostanziali, ma solo di approccio metodologico,a differenza della filosofia. Croce insiste sulla “contemporaneità della storia”, affermando che “la storia è sempre storia contemporanea”, nel senso che gli eventi passati rivivono negli storici che presentano i fatti alla luce del tempo in cui essi vivono: “res gestae et historia rerum gestarum” tendono quindi a coincidere. In Labriola lo storicismo diventa invece materialismo storico in funzione antisocialista, e la contemporaneità della storia diventa comunione d’intenti tra il comunismo della Chiesa primitiva ed il primo socialismo. In questo senso Labriola critica i “professori puri”, astratti da ogni contesto storico e privi di ogni esperienza politica; tali critiche si muovono nella strada della contemporaneità storica. 2. Mar. 15/02/05, h. 16,00/18,00: il contesto storico e il dibattito. Emergono quindi due interpretazioni negative dello storicismo: 1)inteso come “hostorismus”, nel significato post-hegeliano, come ritorno a una dottrina autoritaria appartenente al passato, nell’accezione data da Feuerbach; 2) nell’accezione post-kantiana, che appare tra la fine dell’Ottocento ed il primo Novecento. Questa considera lo storicismo come relativismo, che ha pretese universalistiche e non considera che ogni fenomeno culturale è espressione di un determinato tempo storico. Dopo la disfatta del 1870, in Francia si ha una progressiva nazionalizzazione della Chiesa, mentre in Germania trionfa la cultura laica con la Kulturkampf di Bismarck, come afferma lo storico Chabod. Sono tentativi modernisti di attenuare i conflitti tra Stato e Chiesa, presenti, in forma minore, oltre che in Francia ed in Germania, anche in Italia ed in Inghilterra. Ci si chiede se si può organizzare il cattolicesimo in forma non gerarchica. In questo contesto si usa con forza il termine “storicizzare”, si vuole storicizzare la Chiesa, laicizzandola. All’interno della Chiesa, intanto, i francescani si organizzano istituendo delle Summae con l’intento di opporsi alla Summa theologiae di Tommaso d’Aquino, considerata l’unica filosofia ufficiale della Chiesa (la Neoscolastica). In Francia tale
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spiritualismo cattolico trova un punto di riferimento filosofico nel pensiero di Bergson. Con questo contesto storico fa i conti Benedetto Croce. Il pensiero cattolico deve confrontarsi con la cultura moderna, con il “modernismo”. Lo storicismo crociano è convinto che non si può studiare il presente senza conoscere il passato e senza tener conto delle possibili conseguenze future del presente. E’ quindi questo un “metodo causalistico”, che ricerca i nessi tra causa ed effetto. Questo atteggiamento di filosofia della storia penetra anche in Francia, sebbene in dose minore rispetto all’Italia. Croce e Gentile criticheranno aspramente, invece, gli atteggiamenti “positivisti” di alcune frange dissidenti del clero, definendole come trasgressioni alla regola religiosa alla quale avevano giurato fedeltà. Nel 1903 Gentile recita a Napoli la sua prolusione alla “Rinascita dell’Idealismo”. Antonio Labriola1, pochi mesi dopo tale prolusione, reagisce a Gentile, che aveva invece inizialmente elogiato per aver notato la povertà documentaristica dei testi marxiani. In una nota lettera a Croce, Labriola criticherà fortemente il “siculo Gentile”, definito “matto, come tutti i siculi”. Labriola criticò la prolusione di Gentile accusandola di regresso antidialettico e di antistoricismo, imbevuto di neoscolastica cattolica. In seguito anche Labriola approderà a quello storicismo che aveva prima criticato. Croce, nel 1899 scrisse una recensione sul Rosmini e Gioberti di Gentile, pubblicata sulla “Rassegna critica”: Croce nega la distinzione tra storia speculativa e storia erudita, che era invece affermata da Gentile con l’attribuzione di maggiore importanza alla storia speculativa, intesa come l’unica vera possibile storia della filosofia. Per Croce c’è una sola storia, quella delle idee. Questo problema, del rapporto tra storia speculativa ed erudita, o una sola storia, rimarrà vivo fino al 1920. Nel 1917 scoppia la rivoluzione russa, prima nella sua fase menscevica, liberale, quella di febbraio, poi bolscevica, di ottobre: è questo un evento privo di basi filosofiche, sia per Croce sia per Gentile, anche se non per Antonio Labriola, che aveva sempre manifestato simpatie per le rivolte di massa, fin dai fasci siciliani. Rodolfo Mondolfo, prima di dedicarsi agli studi di filosofia greca, si pronuncia sulla rivoluzione russa e scrive sulla “Rivista storica italiana”, diretta da Barbagallo, acerrimo nemico di Croce e Gentile e filosocialista. Mondolfo definisce la rivoluzione liberale del febbraio 1917 un prodotto dello storicismo, e su questa linea si colloca Labriola e, a Torino, Gramsci, su “L’Ordine Nuovo”, la rivista da lui stesso fondata, definisce la rivoluzione del febbraio 1917 una “rivoluzione anticapitalistica”. E’ indubbio l’influsso esercitato da Labriola su Gramsci. Croce, in tale occasione, definì tale rivoluzione il prodotto dello storicismo hegeliano e marxiano, ma inattuabile nel contesto italiano, dove era debole il pensiero di Hegel e di Marx, almeno fino ad allora, secondo Croce. E’ il 1920 quando Croce si pronuncia su tale evento, e Croce è ministro della Pubblica Istruzione nell’ultimo governo Giolitti. Tra il 1911-12 Gentile scrive un Sommario di Pedagogia, che costituisce un’anticipazione della Teoria generale dello Spirito come Atto Puro. Il Sommario di Pedagogia fu inviato da Gentile a Croce; Croce lo sconsigliò dal pubblicarlo, ma Gentile lo pubblicò ugualmente e l’opera ebbe un’enorme diffusione ed un immenso successo tra i giovani insegnanti. Tale Sommario di Pedagogia getta le basi dello storicismo: la filosofia è “storia che si fa”, è “tradizione che non può essere perduta”, ma che è rivissuta da colui che si piega su un evento del passato. Ritornano, in Gentile più che in Croce, le categorie hegeliane di “alienazione”, “distinzione”, “unità”. Sono concetti che saranno comunque propri anche di Croce, relativamente alla centralità della storia. De Ruggiero nel 1912 pubblica la Filosofia della storia (Laterza, Bari) e saluta con entusiasmo l’ingresso dello storicismo anche nelle scuole. Gentile e Lombardo radice scrivono una serie di articoli destinati agli insegnanti di scuola elementare e di scuola media. Il moderno Stato liberale, si scrive nel 1914, è uno “Stato storicista”. Tali concetti, carichi di valenze positive sulla centralità 1
Antonio Labriola non è da confondersi con Arturo Labriola, giovanissimo studente socialista massimalista che firmava i suoi articoli “A. Labriola” e costringeva, di fatto, ogni volta, Antonio Labriola a smentire la paternità degli scritti di Arturo, del quale contatterà anche il padre, con lo scopo, mai raggiunto, di convincere il figlio a firmare per esteso i suoi articoli.
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della storia, circolano nella stampa, grazie all’opera di giornalisti gentiliani. Nel 1923 i rapporti tra Croce e Gentile sono ancora amichevoli, ma sono destinati a rompersi presto: Gentile fonda una sua rivista, alla quale collabora anche Croce, ma nella rivista prevalgono i gentiliani; nel conseguente contrasto tra Croce ed i gentiliani, Gentile prende sempre la difesa dei suoi allievi. Già nel 1924 i rapporti si incrinano; De Ruggiero ed Omodeo, inizialmente gentiliani, passano dalla parte di Croce, insieme ad altri gentiliani. Nel 1928, sulla rivista fiorentina “Il Leonardo”, diretta dal siciliano Luigi Russo, altro ex gentiliano passato con Croce, Omodeo dichiara il suo distacco, pure implicito, dall’Attualismo gentiliano, inteso come “filosofia del presente che perde ogni contatto con il passato”, un “anarchismo romantico della peggior maniera”. La rottura tra Croce, De Ruggiero, Omodeo da un lato e Gentile ed i gentiliani rimastigli fedeli dall’altro, ha alle spalle una fondamentale motivazione politica: l’adesione di Gentile al fascismo e la sua assunzione di cariche ufficiali sempre più importanti, come quella di ministro della Pubblica Istruzione, carica inizialmente già rifiutata da Croce (si consideri infatti che la riforma gentiliana della scuola, operata nel 1923, non è altro che la messa a compimento di una traccia già stesa da Croce). Croce condanna lo storicismo al Congresso di Filosofia di Oxford del 1930, ma tale condanna si risolse, di fatto, in un elogio dello storicismo; in questa condanna Croce vuole criticare il fascismo nelle sue componenti culturali più “rumorose”, come il futurismo, considerato modernista ed antiestetico, come i conservatori e l’autoritarismo, che vogliono che “la libertà sia finita”. La libertà viene da Croce esaltata come l’unica religione laica e civile degli italiani. Lo storicismo è la “religione delle libertà”, che culmina, per Croce, nella condanna morale del fascismo. Già Benjamin Constant, nel primo ‘900, aveva esaltato la “religione della libertà”, che implica la fede in Dio riconosciuto almeno come Ente Morale; per Constant la libertà acquista il significato di lotta contro l’ateismo.
3. Mer. 16/02/05 h. 10,00/12,00: lo storicismo e la politica. Nel 1929 crolla la borsa di Wall Street, a New York, le cui ripercussioni, nei primi anni ’30, si avvertiranno in tutta l’Europa ed in Germania porteranno, alle elezioni, il successo del Partito Nazionalsocialista di Hitler. In Italia, durante il regime, appaiono i primi romanzi di Moravia, come Gli indifferenti, condannati dal fascismo non in quanto antifascisti, ma perché non pongono in primo piano le masse: scopo, sia del fascismo che del nazismo, è infatti la mobilitazione delle masse. In Italia la crisi economica ha effetti meno devastanti rispetto al resto d’Europa, anche perché l’Italia è poco industrializzata. Tuttavia il regime risponde alla crisi, da un lato con opere di bonifica, come in Lazio, Puglia e Sardegna e con la costruzione di grandi opere pubbliche, dall’altro con una politica economica corporativa. Gentile fa carriera in questo contesto, fonda la “Scuola di Scienze Corporative” e attribuisce posizioni di rilievo ad alcuni suoi allievi, come Volpicelli e Spirito. Si tenga presente che il fascismo aveva preso il potere non sulla base di un programma socialista, quello del giovane Mussolini, ma sulla base di un programma filocapitalista. Il programma di Spirito, ad esempio, filosocialista, fu condannato dal fascismo ed anche da un articolo di Gentile. Spirito reagì inveendo contro lo storicismo, figlio dell’Idealismo. Lo storicismo non troverebbe quindi, secondo Spirito, corrispondenza in un processo di azione pratica, ma nella negazione di tale processo, per ricondursi ad un’Idea astratta. Con lo storicismo, secondo Spirito, sarebbe venuto meno quello slancio riformistico della società che il fascismo aveva invece promesso: lo storicismo è annegato in una semplice astratta teoria, che è pura utopia. Spirito scrive questi concetti affinché venissero letti da Mussolini. Adolfo Omodeo lesse una sintesi dell’articolo di Spirito, non l’articolo originale, e reagì violentemente con un altro articolo, rimasto però inedito fino al 1995, quando fu pubblicato dal “Giornale Critico della Filosofia Italiana”; Omodeo accusò Spirito di essere un filocomunista, sullo stampo di Sorel. Paci si colloca invece sulla linea di Spirito, identificando lo storicismo con la libertà ed in modo particolare con le libertà borghesi. Nel 1932-33 Gioacchino Volpe, collaboratore della rivista “La Critica” di Croce, compagno di studi di Gentile,
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accademico e storico insigne, afferma che Croce non è un buon interprete dello storicismo, ma un interprete della decadenza del suo tempo, Croce avrebbe annegato la storia nella filosofia, avrebbe erroneamente trasportato la storia in ambito filosofico. Lo storicismo immanentistico, nato dall’Idealismo, sarebbe quindi affogato nell’Idea. Carlo Antoni nel 1931 scrive un articolo su “Civiltà moderna” (rivista fondata e diretta da Ernesto Codignola) intitolato “Storicismo e antistoricismo”. Codignola è docente all’Università di Firenze, è fondatore e proprietario della casa editrice “La Nuova Italia”; è docente a Firenze presso la facoltà di “Magistero”; Firenze è un altro crogiuolo, come Napoli, di dibattito tra neopositivisti, socialisti e fascisti. Carlo Antoni, corrispondente di Croce, collabora con Gentile all’Enciclopedia “Treccani” ed a varie altre enciclopedie, come la Utet. Nell’articolo “Storicismo e antistoricismo” difende lo storicismo crociano, che è svolgimento e progresso, ed è quindi ingiusta, per Codignola, la diagnosi di Spirito. Le elezioni del 1930 in Germania vedono l’affermazione dei nazionalsocialisti: Antoni accomuna il nazionalsocialismo al marxismo sotto l’idea del progresso. Tuttavia l’antistoricismo, per Antoni, ha avuto una sua ragion d’essere come riscatto dell’individuo, che rischia di essere fagocitato dal destino della storia globale della civiltà. La posizione di Antoni è quindi piuttosto equilibrata, all’interno del dibattito tra storicismi ed antistoricismi. In questo contesto, a due fenomeni politici, quali il marxismo ed il nazionalsocialismo, che mirano verso un’idea di progresso, si sono affiancate le “filosofie della vita”, le filosofie irrazionalistiche di Nietzsche e Bergson. Queste teorie di Antoni indispettirono Croce, che reagì con una serie di saggi che esprimono i concetti già presenti in Teoria e storia della storiografia: uno di questi saggi è intitolato Il concetto della filosofia come storicismo assoluto. Qui Croce utilizza varie volte le categorie di “Filosofia dello Spirito”, “Spiritualismo Assoluto” e “Storicismo Assoluto”, identificandone i significati. L’Universale immane nel particolare: dal particolare si risale all’Universale, per cui Croce sostiene che nello storicismo il problema particolare, e quindi l’individuo, non scompare nell’Universale, nella storia delle civiltà, che necessariamente tiene presente l’individuo. Tale storicismo è per Croce antimetafisico. Hegel resta sicuramente il punto obbligato di riferimento per Croce, e Croce ne è pienamente consapevole. In Hegel è sempre presente il rapporto tra coscienza e storia e Croce difende il giovane Hegel, quello che approda alla Fenomenologia dello Spirito, come Croce stesso scrive nel Saggio sullo Hegel. Ed Hegel, a sua volta, ha per Croce due punti di riferimento indelebili: il criticismo kantiano e, prima ancora, il poderoso storicismo vichiano. Kant e Vico sono due pensatori, per Croce, non metafisici, mentre Hegel, dopo la Fenomenologia dello Spirito, ovvero nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, si sarebbe perso nella metafisica di stampo aristotelico, a causa delle innumerevoli partizioni del suo sistema. Lo storicismo studia e giudica il passato per incitare l’azione presente in questo senso Croce2 difende lo storicismo dalle critiche di Antoni. Croce difende e riscatta lo storicismo dall’accusa di totalitarismo, sostenendo che “la storia è storia delle libertà che si fa e si sta facendo”, e la libertà si realizza anche in momenti storici antiliberali ed illiberali addirittura, come durante il dominio dei gesuiti e durante la dittatura fascista. Calogero dissente da quest’ultima convinzione crociata, nel senso che la storia, pur essendo fondamentalmente storia della libertà, non può segnare il cammino verso la libertà nei periodi di dittatura:in questo senso la polemica di Guido Calogero è da leggersi in funzione antigentiliana ed antifascista. Solo in Croce è possibile quindi il vero concetto di libertà, mentre in Gentile c’è solo una forma di libertà, consistente nell’obbedienza all’autorità. Gentile reagisce alla polemica di Calogero con una conferenza tenuta a Pisa ed intitolata “Storicismo e storicismi”. Gentile era stato accusato da Spirito e da Calogero di totalitarismo. Gentile redasse in sette pagine il testo della sua conferenza: reagì criticando lo storicismo crociano, che ha analizzato le forme dello Spirito (logica, estetica, economia ed etica) per ricercare faticosamente un’unità di tali forme in una categoria generica definita Vita o Spirito, per poi confluire, non si sa come, afferma Gentile, nella libertà. 2
Cfr. B. Croce, Giudizio storico e azione morale, in Il carattere della filosofia moderna, Laterza, Bari, 1968.
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L’unificazione crociata è per Gentile un prodotto, quindi una forma di naturalismo o positivismo o empirismo. Tale naturalismo impedirebbe a Croce di valutare oggettivamente il presente che resta nella “fossa del passato”, in quanto ha senso solo come prodotto del passato. Nella seconda parte del suo discorso Gentile risponde a Calogero affermando che Calogero non considera il problema del male, che fa invece parte della storia e che va ricondotto al bene, poiché questa riconduzione è la vittoria dello Spirito sulle tenebre, è lo storicismo come storia della libertà. Karl Lowith scrisse che la storia è un “mare tempestoso” alle cui onde il naufrago si appoggia: gli ultimi scritti crociati reagiscono a questa tesi e concepiscono la storia come lineare progresso verso la libertà. L’ultimo Croce polemizzò anche con Guido Calogero, ma avvertì anche la crisi del suo stesso storicismo: gli ultimi scritti crociati hanno quindi un carattere prevalentemente polemico.