L'età del melodramma verdiano tra Romanticismo e Risorgimento

Page 1

Edizioni ISSUU.COM


1

L’ETA’ DEL MELODRAMMA VERDIANO TRA ROMANTICISMO E RISORGIMENTO A. S. 2012/13 - SEMINARIO STORICO-MUSICALE-ARTISTICO-LETTERARIO – PIETRASANTA (LU), h. 16,00/17,00 - MERC. 13/03/2013, 20/03/2013, 03/04/2013, 10/04/2013 – COMITATO CULTURALE “ANGELO CORSETTI - CELEBRAZIONI DEL BICENTENARIO DELLA NASCITA DI GIUSEPPE VERDI – ARTICOLAZIONE DEL SEMINARIO: RELATORI. QUALIFICHE E PROVENIENZE. 1.Giuseppe Verdi: tra le Prof. Zeffiro Ciuffoletti. Professore note e la politica. ordinario di “Storia del Risorgimento”, Università di Firenze. 2.Giuseppe Verdi: uno di Prof. Stefano Ragni. Università di noi. Conferenza-Concerto. Perugia. RELAZIONI.

3-“Poetiche eversive” Prof. Claudio Giumelli. nell’arte figurativa italiana nella seconda metà dell’Ottocento: la Macchia, la Scapigliatura, il Divisionismo. 4.Tendenze e modelli Dott. Alessandro Viti. letterari tra Romanticismo e Risorgimento.

DATE, LUOGHI, ORARI. Mercoledì 13/03/2013, piazza Matteotti, Pietrasanta (LU), h. 16,00/17,30. Mercoledì 20/03/2013, piazza Matteotti, Pietrasanta (LU), h. 16,00/17,30. Docente di “Storia Mercoledì della critica d’arte”, 03/04/2013, piazza Accademia di Belle Matteotti, Arti di Carrara. Pietrasanta (LU), h. 16,00/17,30. Ricercatore di Mercoledì “Letteratura 10/04/2013, Liceo italiana del Classico Risorgimento”, “Pellegrino Rossi”, Università di Massa (MS), Bologna. h. 16,00/17,30.

1. Giuseppe Verdi: tra le note e la politica (Zeffiro Ciuffoletti, professore ordinario di storia del Risorgimento, Università di Firenze). Verdi usa il melodramma per sollecitare i sentimenti del popolo: il melodramma è infatti il fattore di partecipazione sociale più esteso di tutto il Risorgimento. Verdi si fa anche portatore di un’idea politica: entra in parlamento, anche se non è un “professionista della politica”. Dato il mezzo utilizzato (le note musicali), il messaggio verdiano si rivolge anche agli analfabeti; molti analfabeti, nel Risorgimento, conoscono a memoria le poesie di Belli, grande poeta della letteratura del Risorgimento. Verdi conosce una transizione politica dal repubblicanesimo mazziniano al liberismo cavouriano, una volta preso atto dell’impossibilità pratica di realizzare tale programma. La politica deve realizzare concretamente gli ideali, deve tradurre l’ideale in reale. Gli storici marxisti Della Peruta e Procacci hanno studiato il “Verdi politico” connotando il musicista, discutibilmente secondo Ciuffoletti, come un “borghese”: la borghesia industriale italiana dell’Ottocento era per Ciuffoletti infatti incapace di compiere una rivoluzione. In Europa, dopo il Congresso di Vienna, nascono 4 Stati: Grecia (1829, con il trattato di Adrianopoli), Belgio (1831), Italia (17 marzo 1861) e Germania (1871, nella “sala degli specchi” a Versailles). Il giovane Verdi è affascinato dal pensiero di Mazzini, ma si rende presto conto dell’impossibilità di realizzarne il programma. L’interpretazione marxista e gramsciana vedono il


2

Risorgimento come “rivoluzione mancata, fallita, incompleta” a causa dell’assenza del popolo, ma il popolo, nota Ciuffoletti, era assente anche in Grecia, dove era dedito fondamentalmente alla pastorizia, ed in Belgio; l’indipendenza greca avviene infatti grazie alla borghesia imprenditoriale ed intellettuale dell’Eteria ed agli interessi anglo-russi. Nella penisola italiana il teatro ha svolto una funzione essenziale, in seno al contesto risorgimentale: nel 1861 si contano 942 teatri, in un’Italia appena formata, debole, divisa, incompleta. Wagner, nel secondo Ottocento, nasce sulla scia di Verdi. Il melodramma è, nel Risorgimento europeo, molto diffuso, a differenza della tragedia, presente in Italia con Manzoni (Il conte di Carmagnola e Adelchi sono le sue due tragedie in versi), ma conosciuta soltanto negli ambienti colti. Felice Cavallotti, giornalista, accosta Verdi a Mazzini ed a Garibaldi: è una triade di “Giuseppe”. I melodrammi verdiani dilagano in tutti i teatri europei fino a San Pietroburgo. Verdi chiude il secolo: muore nel 1901, era nato nel 1813, Umberto I e Nietzsche muoiono nel 1900 (Nietzsche esprime la crisi della filosofia ottocentesca). Fin dal 1859 Verdi vede in Cavour “il Prometeo del Risorgimento politico”; notevole è il carteggio tra Cavour e Verdi. Il 6 giugno 1861 muore Cavour, genio della politica italiana. Cavour stesso invitò esplicitamente Verdi ad entrare in politica e così avverrà, con l’ingresso di Verdi alla Camera dei Deputati tra i banchi della Destra Storica liberale; sedeva accanto a Quintino Sella. Nel 1874 si tengono nuove elezioni, vince ancora la Destra Storica e Verdi è nuovamente eletto. Verdi rimase deluso e turbato dalle sconfitte, sul fronte italiano, del 1866, durante la III guerra d’indipendenza. Nel 1876 cade la Destra e prende il potere la Sinistra Storica, ma non per volontà popolare, bensì regia, in base a quanto sancito dallo Statuto Albertino. In 152 anni di storia d’Italia abbiamo avuto 125 governi, un dato incredibile che dimostra l’instabilità politica italiana; un governo, in Italia, dura in carica mediamente 9 mesi. Verdi ebbe ammirazione per Bettino Ricasoli, che successe immediatamente a Cavour e rimase in carica solo pochi mesi: Ricasoli diminuì le spese per la Corona sabauda, ma cadde subito dopo ed a lui successe Rattazzi. Verdi fu una persona profondamente umana e generosa, ma anche realista; visse la tragedia della Repubblica Romana nel 1848-49, ove fu rappresentata una sua opera. L’animo di Verdi è permeato di nazionalismo, ma prova pietà per la morte di Napoleone III, affermando, onestamente, che senza il contributo dell’imperatore francese sarebbe stata impossibile l’annessione della Lombardia nella II guerra d’indipendenza. Verdi, a differenza di Mazzini, vede come primario il problema sociale dell’alimentazione del popolo, anche se non è questo, per lo storico liberale Ciuffoletti, il motivo dell’allontanamento di Verdi da Mazzini. La vita di Verdi, come quella di Manzoni, è addolorata da tragedie familiari, quali la perdita della moglie e dei figli: Verdi reagisce al dolore proprio con il suo impegno nella produzione artistica, come emerge dalle note del Nabucco, che mescolano dolore partecipato, collettivo, a dolcezza: il Nabucco fu rappresentato al teatro della “Scala” di Milano e replicato ben 64 volte! I masnadieri di Schiller, Rigoletto, La traviata, Giovanna d’Arco, Aida, I lombardi alla prima crociata, La battaglia di Legnano, Macbeth di Shakespeare sono i capolavori storici di Verdi, dei veri e propri “romanzi storici in opera”. Guerrazzi, triumviro toscano nel 1848, a Firenze scrive romanzi storici, Verdi è innamorato di Firenze, esaltata anche da Mazzini come patria natale di Dante. Verdi riuscì a far sentire gli italiani come facenti parte di una stessa comunità, che è la nazione, sentimento che è stato minato negli anni del fascismo e della II guerra mondiale. L’unità dei popoli deve realizzarsi, per Verdi, a livello europeo, come già Mazzini aveva sostenuto con la creazione della “Giovine Europa” nel 1834 in Svizzera. A Firenze, nel 1846, viene rappresentato al noto teatro della “Pergola” il Macbeth di Shakespeare, fu un successo spettacolare: la rappresentazione fu interrotta ben 27 volte dagli applausi. Il giorno successivo, Ricasoli accompagna Verdi in carrozza a visitare Firenze. Il poeta satirico Belli, nel 1847, con estrema serietà, invita Verdi a cantare il dolore del popolo italiano: nel 1848, con le sconfitte della I guerra d’indipendenza, cadono, purtroppo, le illusioni. Verdi riflette sulla sconfitta e prosegue nel suo impegno politico ed artistico, mentre sui muri si scrive “W V.E.R.D.I.”, nel duplice senso di “W Verdi” e di “Vittorio Emanuele Re di Italia”. Nel 1900 l’anarchico Gaetano Bresci uccide Umberto


3

I, due anni dopo l’eccidio di Bava Beccaris a Milano: Verdi è profondamente sconvolto dal regicidio. Per Verdi, come per Cavour, due sono necessari per una rivoluzione: 1) un esercito organizzato; 2) l’alleanza con altre potenze europee. 2. Giuseppe Verdi: uno di noi. Conferenza-Concerto (Stefano Ragni, Università di Perugia). Verdi esprime, da borghese (non era infatti un aristocratico, ma, in questo senso, “uno di noi”), la lirica come parola e come musica, sulla scia della tradizione fiorentina cinquecentesca della Camera dei Bardi. Verdi, inoltre, con la sua musica, si arricchisce personalmente: parte infatti da una situazione economicamente semplice (proveniva da una famiglia contadina ed il padre aveva una modesta bottega) e diventa uno degli uomini più ricchi del secondo ‘800. Verdi usa la musica anche come strumento di guadagno. Nel 1848 rappresenta Attila; tutte le opere verdiane fino a La battaglia di Legnano hanno un forte significato politico. L’Attila verdiano rappresenta il violento nemico austriaco: l’impero austro-ungarico è rappresentato come un distruttore. Il papa Leone Magno, con pochi uomini e poche donne e con le sue parole mediatrici, ferma Attila presso Mantova (luogo natale del poeta latino Virgilio): Attila vede nel papa l’espressione di una forza sovrannaturale. Questo è quello che rappresenta Verdi nella parte finale del suo Attila. Verdi affida al librettista Temistocle Solera il compito di scrivere l’Attila. Solera era figlio di un avvocato che era stato imprigionato nel carcere-fortezza di Brno, cittadina boema nell’Ottocento, oggi morava; Solera ebbe modo di studiare a Vienna. Verdi nasce a Le Roncole, presso Busseto, nel Ducato di Parma, nel 1813: quest’anno ricorre quindi il bicentenario della sua nascita; il suo certificato di nascita è latino in Chiesa, francese in comune, poiché il Ducato di Parma e Piacenza è francese, prima di Maria Luisa d’Austria, moglie di Napoleone I Bonaparte, con la clausola che alla sua morte sarebbe stato restituito ai Borboni. Verdi, a 18 anni viene respinto al conservatorio musicale di Torino che oggi porta il suo nome, sia perché suona male il pianoforte sia perché è già considerato anziano, in quanto in conservatorio si entra mediamente qualche anno prima dei 18 anni di età. Il padre, tuttavia, lo fa studiare a Milano e dal 1839 iniziano i suoi strepitosi successi (Verdi è ancora giovane). Verdi, nelle sue opere, rappresenta anche l’Italia contadina dove è nato e nella quale vive. Più tardi, a Verdi muoiono la moglie e i 2 figli: Verdi esprime il suo dolore mettendo in opera il Nabuccodonosor, re di Babilonia (“Va pensiero su l’ali dorate” è il celeberrimo coro). Verdi si fa pagare in moneta austriaca, una moneta forte, e nel giardino della sua “Villa Sant’Agata” piantava un albero ogni volta che componeva un’opera. Ha una relazione con Giuseppina Stepponi, nubile con 4 figli: Verdi la sposerà nel 1859, dopo 19 anni di relazione, quando alla Stepponi sono morti tutti e 4 i figli, in Savoia, con un matrimonio improvvisato, in lingua francese, vale a dire la lingua che si parlava in Piemonte, oltre al dialetto piemontese, unica lingua conosciuta anche dal re Vittorio Emanuele II, che non sapeva parlare l’italiano. Alla Stepponi Verdi dedica “La traviata” (“Sempre libera” è il passo più celebre), unico suo insuccesso teatrale. Nell’Aida Verdi ci racconta un amore reale, non quello per la Stepponi, ma per Teresa Stoltz; nel 1871, in occasione dell’apertura del Canale di Suez, viene rappresentata l’Aida nel teatro del Cairo, ambientata appunto nell’Egitto faraonico. Nel piccolo teatro di Busseto, Franco Zeffirelli ha rappresentato l’Aida riducendo, ovviamente, il numero dei personaggi della “marcia nuziale”, il passo più celebre; l’Aida viene invece grandiosamente rappresentata all’ “Arena” di Verona. L’Aida è soprattutto un’opera volta a infondere speranza e fiducia nel deluso popolo italiano. Verdi musicò anche la messa da requiem di Alessandro Manzoni. 3. ”Poetiche eversive” dell’arte figurativa italiana nella seconda metà dell’Ottocento: la Macchia, la Scapigliatura, il Divisionismo. (Claudio Giumelli, docente di Storia della critica d’arte, Accademia di Belle Arti di Carrara). Il 1851, l’anno in cui Verdi compone il “Rigoletto”, è l’anno di svolta nella produzione verdiana; il buffone Rigoletto si riscatta, in modo eminentemente umano, nei confronti della figlia. Nel 1901 Verdi muore: è l’anno in cui Pellizza da Volpedo finisce “Il quarto stato”, un’opera che lo ha visto


4

impegnato per 3 anni. Il 1851 ed il 1901 sono i due termini estremi in cui si muovono le arti figurative del secondo Ottocento, ovvero la Macchia, la Scapigliatura e il Divisionismo. La pittura di Macchia è realizzata con ampie strutture cromatiche, con forti tonalità, a scapito del disegno, fondamento della pittura accademica, ed a vantaggio del colore. E’ un fenomeno toscano, prevalentemente, e fiorentino. Artisti di straordinario valore di questo movimento sono, in Italia, Giovanni Fattori e Telemaco Signorini. E’ un movimento che nasce in un caffè di Firenze. Il movimento, intenso, è tuttavia di breve durata: si esaurisce nel 1862-63. Il Divisionismo, con Giovanni Segantini e Pellizza da Volpedo, pensa ad accostare i colori, invece di mescolarli, al fine di ottenere la luce. C’è un evidente vivacità cromatica. Il Divisionismo si può considerare esaurito nel 1888. La Scapigliatura è una “poetica eversiva” che si colloca in posizione intermedia tra la Macchia e il Divisionismo; Boito, Praga, Cletto Arrighi sono i grandi poeti scapigliati, che muovono, insieme ai pittori, la loro critica vivace e feroce alla società borghese ottocentesca, sia pure da un posizione aristocratica ed elitaria, nella quale l’artista si considera superiore alla massa. Analizziamo adesso alcune opere d’arte pittorica. Francesco Hayez, ne “I vespri siciliani” (1846) ci fornisce un modello di pittura romantica, a sfondo politico, con un’ambientazione medievale che presenta il malgoverno angioino. Emerge la formazione classica dell’artista, non indenne da una certa retorica patriottica. Federico Faruffini, in “Cola di Rienzo” (1855) è considerato un precursore della Scapigliatura: si nota il magistrato romano, che capeggerà la nota rivolta del 1347, in un atteggiamento di malinconica e solitaria riflessione. Stefano Ussi, fiorentino, nella “Pia de’ Tolomei” (1866) presenta lo stesso atteggiamento malinconico di Pia de’ Tolomei (ricordata da Dante alla fine del V° canto dell’Inferno) al balcone. Lo scapigliato Tranquillo Cremona, con i suoi contorni sfumati, fa esplodere il sentimento nei suoi lavori, intorno al 1878. Giovanni Fattori, livornese, ne “La rotonda dei palmieri” (1866) presenta il “manifesto” della pittura di Macchia, concentrandosi sulla quotidianità, una quotidianità malata; è un tema quindi molto diverso dai precedenti; Telemaco Signorini, nelle “Pescivendole a Lerici” (1860), presenta lo stesso tema della quotidianità. Giovanni Carnavali dello “il Piccio” nella sua “Deposizione” fa perdere contorni alle figure per dare risalto al colore ed alla luce. Le figure sono sfumate: la pittura si “scioglie” sotto la luce per vibrare di intensa passione. Giovanni Fattori ne “L’arsellaio” (1880) si richiama al moro dell’ “Otello” verdiano. come Verdi, anche Fattori resta vedovo, e per ben 2 volte (la seconda moglie di Fattori era, tra l’altro, assai più giovane del marito): entrami esprimono, rispettivamente in ambito musicale ed in ambito pittorico, il sentimento del dolore, ognuno con i suoi mezzi. I divisionisti Giovanni Segantini e Pellizza da Volpedo rappresentano la realtà con pennellate sottili ed accostate, non mescolate; si consideri “Le due madri” di Segantini. Nel 1901 esplode il tema sociale con Pellizza da Volpedo ed il suo gigantesco “Il quarto stato”, ripreso nel film “Novecento” di Bernardo Bertolucci: il proletariato, in mezzo al quale emerge la donna con il bambino in braccio, lasciano alle spalle le tenebre dell’ingiustizia sociale e marciano verso la luce. Plinio Novellini nel suo “Garibaldi” (1906-07) fa perdere all’ “eroe dei due mondi” ogni tratto umano, infondendolo di luce, in una rappresentazione quasi metafisica. 4. Tendenze e modelli letterari tra Romanticismo e Risorgimento.(Alessandro Viti, ricercatore di letteratura italiana). La letteratura risorgimentale non gode generalmente di una buona reputazione critica; spesso è trascurata anche dai manuali scolastici. Giulio Ferroni nel 1991, nel suo manuale universitario scrive che proprio nel Risorgimento “si scrive male” e tale modalità di scrittura invita la critica a formulare giudizi negativi. Lo storico Alberto Mario Banti nel 2000, ne La nazione nel Risorgimento, ricostruisce l’ “archeologia” dell’unità nazionale ed afferma invece che “la letteratura del Risorgimento contribuisce a plasmare una coscienza nazionale”. Infatti, molti giovani provenienti da famiglie agiate s’impegnano nei moti del Risorgimento come rivoluzionari attivi.


5

Oggi, la letteratura del Risorgimento ha più un valore documentaristico, mentre nei contenuti appare goffa e retorica. Se oggi l’Italia è una sola nazione, questo è anche merito della letteratura risorgimentale; gli intellettuali, nel Risorgimento, sono infatti molto più impegnati politicamente di quanto non lo siano attualmente. Ugo Foscolo, ne Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1802) e ne I Sepolcri contribuisce a questo, nel passo in cui il protagonista del romanzo epistolare so reca in S. Croce a rendere omaggio alle tombe dei grandi. Giovanni Berchet inaugura il Romanticismo letterario italiano e nella Lettera semiseria di Giovanni Grisostomo (1816) traccia un ponte tra Romanticismo e Risorgimento, a differenza, ad esempio, del Romanticismo inglese, più lirico e meno impegnato. Scopo del Berchet è quello di costituire una più ampia cerchia di intellettuali che si muoveranno nella politica attiva. Berchet è peraltro convinto che tutti gli uomini siano naturalmente inclinati alla letteratura, mentre “i parigini agiati”, ovvero gli intellettuali elitari ed astratti dell’Illuminismo, quali Voltaire, che soleva affermare “Tutto per il popolo, niente dal popolo”, sono esclusi dall’appello di Berchet. Nel 1829 Berchet scrive Gli amici miei in Italia: si pone qui un. obiettivo politico manifesto: la lotta contro l’oppressione, asburgica o borbonica, e sostiene che la poesia civile ha questo compito. Lo scopo della poesia naturale, spontanea, civile è l’azione politica rivoluzionaria. Antonio Gramsci, fondatore del P.C. d’I. nel gennaio 1921, nei suoi Quaderni dal carcere ed esattamente ne Il Risorgimento afferma, tra gli anni ’20 e gli anni ’30 del Novecento, che il Risorgimento ha fallito il suo compito, in quanto l’intellettuale civile deve costantemente rapportarsi alle esigenze civili del popolo, ed in questo collima con Berchet. L’idea di nazione appartiene ad ambiti diversi: si può affermare che Dante sia il padre dell’idea di nazione. La battaglia di Legnano, nel 1176, segna la vittoria dei comuni sull’impero: è anche questo un esempio di patriottismo. Berchet partecipa attivamente, in prima persona, ai moti del ’20, in seguito va in esilio in Francia per tornare in Italia solo nel 1845. In Berchet vi sono anche le donne come protagoniste della lotta: Clarina è una di queste donne, di queste eroine, mentre nella poesia “Il rimorso” la protagonista, risposata ad un oppressore straniero, è un esempio negativo. In Berchet, come in tutta la letteratura risorgimentale, è ossessionante l’idea del sangue, come anche la dialettica oppressi ed oppressori. Nella donna si personifica la patria, la “madre-patria”: su questo binomio si costruisce l’idea di fratellanza, da cui l’inno di Goffredo Mameli “Fratelli d’Italia”. Amore, famiglia, religione sono quindi le categorie base della letteratura risorgimentale e si può affermare che l’idea di “religiosità” pervade anche la letteratura anticlericale del Risorgimento, come quella di Porta e Belli. Un tema specifico e centrale della letteratura del Risorgimento è quello dell’esilio: oltre a Foscolo ed a Berchet, anche Mazzini insiste sul tema dell’esilio; per Foscolo l’esilio è una scelta, un’azione eroica, come la morte per Ortis, non una vile fuga dalla realtà e dalla vita. Persino Verdi, nel coro degli Ebrei “Va pensiero sull’ali dorate”, tratto dal Nabucco, insiste sul tema dell’esilio, come il pittore romantico Hayez. Pietro Giannone, da non confondere con l’omonimo storico del ‘700, nel 1825 pubblica a Parigi il poema L’esule, in 15 canti; Giannone è un esiliato. Il protagonista del poema è Edmondo, che torna in Italia dopo essere stato esiliato per aver partecipato ad un complotto contro il duca di Modena Francesco IV asburgo d’Este; qui scopre che il suo ex compagno di congiura è passato dalla parte del duca, del quale è diventato addirittura consigliere e uomo di fiducia, ed ha sedotto la sua ex donna. Niccolò Tommaseo ed Ippolito Nievo trattano il tema dell’esilio rispettivamente nei romanzi Fede e bellezza e Le confessioni di un italiano; in ambito cinematografico, il film sul Risorgimento “Noi credevamo”, uscito alcuni anni fa, affronta il tema dell’esilio. La Scapigliatura costituisce, nel secondo ‘800, la prima reazione alla letteratura risorgimentale, ma il tema dell’esilio permane, non come esilio politico, ma come “esilio in patria”, cioè come “estraniamento” dalla società borghese, ipocrita e perbenista, dell’Ottocento.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.