Le nozioni di "patto" e "tradimento" nell'Antico Testamento

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Marco Martini Le nozioni di “patto” e “tradimento” nell’Antico Testamento

Edizioni ISSUU.COM


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ANNO ACCADEMICO 2013/14 CONSORZIO INTERNAZIONALE EUROPEO INTERUNIVERSITARIO: Università di Roma “La Sapienza”- Bournemouth Polytechnic (UK) Università degli Studi di Udine – Università degli Studi di Foggia Università degli Studi del Molise – Università degli Studi di Torino Università degli Studi di Camerino – Università degli Studi di Sassari University of Chester (UK) – Università degli Studi “Guglielmo Marconi” Università degli Studi di Bari – Universitatea “Ovidius” di Constanta (Romania)

CORSO ANNUALE POST LAUREAM DI PERFEZIONAMENTO IN STORIA DELLE RELIGIONI:

“STUDI STORICO-RELIGIOSI: METODOLOGIE DIDATTICHE”

TESI DI PERFEZIONAMENTO IN “SACRA SCRITTURA: ANTICO TESTAMENTO”

LE NOZIONI DI “PATTO” E “TRADIMENTO” NELL’ ANTICO TESTAMENTO

PERFEZIONANDO: DOTT. MARCO MARTINI DOCENTE TUTOR: CHIAR.MA PROF. SSA MICHELA BARTOLOMUCCI


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Dedica, memoria, saluti e ringraziamenti

Dedico questo lavoro alla mia famiglia,

con affetto, Marco

Desidero ringraziare, per la consulenza fornitami, la Chiar. ma Prof. ssa Elisabetta Urbano, insigne biblista e scritturista e già mia docente di “Sacra Scrittura: Antico Testamento” presso la “Scuola Fondamentale di Formazione Teologica” della sede di Viareggio.

Voglio orbene ricordare ed onorare la memoria del Chiar. mo Prof. Maurilio Adriani, Emerito Professore Ordinario e già mio docente di “Storia delle Religioni” presso l’Ateneo fiorentino, notissimo studioso, storico e filosofo delle religioni, ahimè scomparso 6 anni or sono, alla veneranda età di 84 anni! Ricordo vivissimo, benché, ahi, fonte inestinguibile di acutissimo dolore!!

Colgo l’occasione per salutare e ringraziare tutti gli amici, i colleghi di altre discipline, di materie affini e dei miei stessi insegnamenti, i miei studenti, con i quali mi pregio di coltivare rapporti culturali ed umani anche quando, da anni, sono giunti al termine dei loro studi.

E’ mio intento ringraziare anche le 12 celebri Università ivi consorziate, delle quali 9 italiane e 3 europee (2 inglesi ed 1 romena), da me menzionate nel frontespizio-copertina, per l’ineccepibile organizzazione didattica dei Corsi e per avermi offerto l’occasione di un sì alto momento formativo.

Non possumus inoltre non ricordare il Dott. Prof. Alfonso Checchi, detto, ohibò, “Alfonsone”, Sommo storico della Chiesa e, per dirla con Cosimo II de’ Medici, “Genio straordinario dello Studio Pisano”!!!

Infine, un particolare ringraziamento alla Chiar. ma Prof. ssa Michela Bartolomucci per l’assistenza fornitami con costante cordialità.

Viareggio (LU), Anno Accademico 2013/14. Marco Martini


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PREMESSA Il presente lavoro si articola in una premessa di carattere generale seguita dall’esame particolare di alcuni libri dell’Antico Testamento, con saggi di lettura ed esegesi, volti alla comprensione delle linee generali della storia della salvezza ed al suo sviluppo1. Ai fini di una maggiore comprensione del testo, non mancheranno schemi, ‘scalette’, grafici, iconografie, riferimenti a mappe geografiche (finalizzati ad approfondire anche elementi di geo-storia biblica) e concettuali, genealogie, anche se la tesi si cimenterà essenzialmente in un’opera di scavo e di analisi del testo, anche considerando quindi elementi di filologia biblica e semitica.

PREFAZIONE

Che cos’è la Bibbia? E’ la traduzione di una parola greca che significa “i libri” (tà biblìa). Al fine di orientarsi nella ricerca di un brano biblico, si dice sempre il libro, il capitolo, il versetto: per es., Genesi, IV, 11. La Bibbia è costituita da 73 libri canonici, 46 dell’Antico Testamento e 26 del Nuovo Testamento. La Bibbia costituisce il fondamento della fede ebraico-cristiana: ciò che precede la venuta di Cristo è “antico”, ciò che la segue è “nuovo”. “Berescit” è una parola ebraica fondamentale per leggere la Sacra Scrittura: significa inizio, principio, genesi, nascita. Altro termine ebraico “chiave” dell’Antico Testamento è “Berìt”, che significa alleanza, patto. Dall’ebraico la Bibbia è stata tradotta in greco, nel termine greco “”diatèke”, che ha il duplice significato di 1.“Testamento” e di 2.“Alleanza, patto”. In latino San Gerolamo traduce, nella sua celebre “Vulgata”, il termine greco “diatèke” in “testamentum”. La Bibbia è la storia della parola di Dio rivolta agli uomini; normalmente Dio parla agli uomini mediante dei mediatori, quali i profeti, come Isaia ed Ezechiele. “Berescit barà Elohìm” è il primo versetto della Bibbia, che significa “In principio Dio creò.”2 1

Cfr. G. Cappelletto – M. Milani, Introduzione all’Antico Testamento, voll. I, In cammino con Israele, e. II, In ascolto dei sapienti, Il Messaggero, Padova, 2009. 2 Cfr. Genesi, I, 1, 1.


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Il Concilio Vaticano II° afferma che “Le parole di Dio aspettano i tempi dell’uomo”; Dio, amando gli uomini, si rivolge agli uomini con un linguaggio comprensibile a loro. Questa è la filantropia: Dio per questo parla agli uomini con parole umane. La parola: 1. Chiama le cose all’esistenza (ha quindi un valore informativo); 2. E’ il veicolo della comunicazione tra l’ “io” ed il “fu” (valore comunicativo o appellativo); 3. E’ espressiva dell’io che parla (valore espressivo). Queste tre espressioni trovano il loro fondamento nell’Amore (Agape, in greco, in accezione religiosa, e non “eros”, che è invece il significato di amore ebbro ed indisciplinato), che è la Parola di Dio. Sempre nel Concilio Vaticano II° si afferma che Dio parla agli uomini come ad amici: gli idoli pagani, invece, hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono. In conclusione: 1. Non si può leggere la Bibbia come un testo che annuncia verità scientifiche; 2. Se nella Bibbia Dio parla, è necessario l’ascolto, la familiarità; 3. E’ necessaria una lettura sapienziale dei testi, che è la conoscenza che investe tutta la vita, e non è solo la conoscenza intellettuale o scientifica3. In proposito, si consideri che il centro dell’uomo biblico non è la testa, ma il cuore: Maria, si dice nei Vangeli, andava dietro a Gesù perché lo sentiva nel suo cuore, anche se non lo capiva; 4. Tutta la gerarchia ecclesiastica è al servizio della parola e tutta la Chiesa tende a realizzare la parola di Dio, senza mai raggiungerla: la Chiesa tende alla parola di Dio come il popolo ebraico tende alla Terra Promessa. 5. Dio parla all’uomo con la parola (Logos), che è il Cristo: la parola è quindi il Cristo, il Verbum, il Logos4.

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Cfr. L. Fanin, Come leggere <<il Libro>>. Lineamenti di introduzione biblica, Il Messaggero, Padova, 1993. Su questo aspetto si veda anche l’importantissimo Prologo del Vangelo di Giovanni, nel Nuovo Testamento.


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INTRODUZIONE

A) LA RIVELAZIONE “Apokaliptaon” è una parola greca che significa “apocalisse”, cioè “rivelazione”, manifestazione di ciò che è nascosto; in senso biblico, Dio si fa conoscere. Nel Concilio Vaticano II è detto “piacque a Dio rivelare sé stesso”5: a Dio è piaciuto rivelarsi per amore degli uomini, non per una necessità divina. In senso biblico, la rivelazione è dunque la manifestazione di Dio perché ama gli uomini e vuole vivere con gli uomini. Condurre una vita teologale significa mettere Dio al centro della propria vita e non altri idoli. Quando l’uomo pone Dio al centro della propria vita, la rivelazione si è realizzata. Dio si fa conoscere 1. Con gesti (come, ad esempio, l’attraversamento del Mar Rosso); 2. Con parole, che chiariscono e commentano gli eventi. Il termine ebraico che traduce “parola” è “dabar”, che significa “parola in atto”. La parola di Dio torna a Dio stesso dopo aver realizzato quanto ordinato dal Signore, come Cristo torna a Padre dopo la morte in croce.

B) LA STORIA Dio si rivela storia umana (mistero dell’incarnazione). La storia umana è una storia di salvezza: Dio ci salva nella storia. La storia è salvata: la storia procede dall’inizio alla fine del tempo, con il giudizio universale, nella dimensione dell’eternità. Non è questo il destino, il fato, che è un concetto estraneo alla Bibbia. Il credente ha una visione ottimistica della storia perché sa che la storia è condotta da Dio: questo è l’ ‘ottimismo cristiano’. L’ottimismo cristiano consiste nella visione lineare, e non ciclica, della storia, a differenza di quella greca, che sarà invece ripresa, alla fine dell’Ottocento, dal filosofo Friedrich Nietzsche. Gesù Cristo era presente fin dall’inizio6, ma appare alla nostra conoscenza solo ad un certo punto della storia della salvezza. In realtà, il mistero è unico, in quanto Cristo era sempre presente (“In principio era il Verbo… era presso Dio… era Dio)7 . 5

Cfr. Costituzione Dogmatica del Concilio Vaticano II “Dei Verbum”, sulla Divina Rivelazione, in Il Concilio Vaticano II. Costituzioni – Decreti – Dichiarazioni – Documenti complementari – Indice analitico teologicopastorale. Testo latino e italiano, ed. Dehoniane, Bologna, 1966. 6 Cfr. Prologo del Vangelo di Giovanni…, cit.


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In Gesù si realizza l’incontro perfetto tra Dio e l’uomo, perché Gesù è 1. Vero Dio e 2. Vero uomo. L’uomo, sia pure con i suoi difetti, si specchia in Gesù: DIO

CRISTO

UOMO.

C) LA BIBBIA La Bibbia è il libro che raccoglie e registra questa storia della salvezza: il profeta Osea ci narra, in proposito, la storia d’amore tra Dio, lo sposo, ed Israele, la sposa adultera, che tradisce Dio. La storia del rapporto tra Dio e l’uomo è una storia d’amore, una storia d’amore infedele perché la donna tradisce. Come si è detto, 73 sono i libri canonici della Bibbia, per canonici si intende “ispirati”; ad esempio, i vangeli apocrifi o rientrano nel canone, come ad esempio il Vangelo di Maria, gli Atti di Pilato, il Vangelo di Tommaso. Il termine “canone” (qadè) è una parola ebraica che indicava un’asta per misurare. L’ebraico “qadè” è trapassato nel greco “kanon”, che significa strumento di misura, nel contesto regola dell’agire cristiano; quando, ad esempio, ei Vangeli si afferma che “non si può seguire Dio e mammona”, cioè il denaro, si usa un canone. Dal IV secolo a. C. si stabilisce che in Chiesa vengono letti solo i libri canonici8, che si distinguono in 1. Libri Proterocanonici, che sono i libri riconosciuti canonici fin dall’inizio, ed in 2. Libri Deuterocanonici, che sono i libri riconosciuti canonici in un secondo tempo, come, ad esempio, il Libro della Sapienza, ed alcune parti del Libro del Siracide. Sia i canoni dell’Antico Testamento che del Nuovo Testamento sono definitivamente chiusi con il Concilio di Trento (1545). La storia dei canoni si svolge quindi dal Concilio di Laodicea del 360 al Concilio di Trento, chiuso nel 1563. Gli Ebrei non credono nel Nuovo Testamento e la Bibbia ebraica (Tanàk9) è costituita da 1. La Legge (Toràh); 2. I Profeti; 3. Altri scritti (salmi, cantico, proverbi). Si tratta di un complesso di circa 35-39 libri.

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Ibid. Con il Concilio di Laodicea nel 360 d.C. 9 Su queste problematiche cfr. M. Simon – A. Benoit, Giudaismo e cristianesimo, a cura di A. Giardina, Laterza, Roma-Bari, 1979; P. C. Bori, La Chiesa primitiva, Queriniana, Brescia, 1982; E. Schweiizer – A. Dìez Macho, La Chiesa primitiva. Ambiente, organizzazione e culto, a cura delle Benedettine di Civitella San Paolo, Paideia, Brescia, 1980 8


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Il termine “Tanàk” si spiega: 1. Ta (la Toràh, cioè la Legge); 2. Nà (Neebim, i profeti); 3. K (ketubim, altri scritti, come si è già detto salmi, cantico, proverbi).

D) ISRAELE La nascita di Israele come entità politica e religiosa dipende strettamente dalla storia della Mesopotamia e dell’Egitto. Il luogo d’origine dei Padri, cioè di diversi clan e stirpi nomadi, è la capitale numerica di Ur, ma ad un certo momento altre stirpi si trovavano provvisoriamente in Egitto a svolgere opere servili; il fatto che grazie a Javèh vengano guidate fuori dall’Egitto è considerato l’evento di redenzione fondamentale per l’antica fede israelitica. E’ solo con questo atto di fusione che Israele sorge come comunità unitaria con una peculiarità: c’è sì un’istituzione religiosa centrale, ma non un’istituzione politica centrale. Il rapporto di Javèh con Israele si può concepire come una sorta di patto, inteso come il rapporto tra due partner che non si trovano sullo stesso piano; è un rapporto giuridico volto a conservare quella condizione generale di ordine che viene designata come “shalom”, ossia “pace”. Pertanto si tratteranno il Pentateuco nel I° capitolo, con particolare attenzione ai libri della Genesi e dell’Esodo, i libri sapienziali nel secondo ed i libri profetici nell’ultimo capitolo.


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CAPITOLO I: IL PENTATEUCO I.1. INTRODUZIONE Per “Pentateuco” si intendono i primi 5 libri della Bibbia, come si intuisce dall’etimologia greca. I cinque libri del Pentateuco sono 1. Genesi (la nascita, l’inizio); 2. Esodo (la fuga dall’Egitto); 3. Levitico (è la storia della tribù di Levi, riguarda la santità); 4. Numeri (è attinente al censimento delle tribù di Israele); 5. Deuteronomio (significa “seconda legge”, nel senso di “rilettura” della Legge o Toràh ad opera di Mosè). Si tenga presente che Toràh non significa “legge” in senso giuridico, ma norma che regola la vita. L’etimologia della parola “Pentateuco” significa “cinque” (penta) “astucci”, nei quali erano contenuti i cinque rotoli, i primi cinque libri. Nel Pentateuco possiamo individuare sette “vie”, sette categorie di lettura, insite nei libri stessi, affinché l’uomo possa seguire le indicazioni di vita. Tali “vie” sono le seguenti: 1. La via della vita. E’ la via della comunicazione con Dio e si trova nella Genesi. La morte è concepita come il peccato e la parola della Bibbia conduce invece alla vita. Dio propone una vita di comunione con Lui secondo il seguente schema: BENE

MALE

VITA

MORTE

DIO

PECCATO

COMUNIONE

TRADIMENTO

CON

DIO VERSO DIO

(ALLEANZA)

2. La via della fede Siamo sempre nella Genesi, dal capitolo 12° al capitolo 15°, quindi alla fine della Genesi stessa, è la storia da Abramo a Giuseppe. E’ la storia del popolo ebraico prima della fuga in Egitto: si insiste sulla fede di Abramo, che è l’esempio della fede assoluta. Ne capitolo 12à Dio chiama Abramo, che era un pastore nomade, ed Abramo risponde alla chiamata e lo segue. Dio promette ad Abramo 3 cose:


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1. La benedizione (benedire in ebraico non significa solo “dire bene”, ma anche “proteggere”, quindi Dio promette ad Abramo la Sua protezione); 2. La terra; 3. La discendenza. Abramo è il primo patriarca, il primo che stabilisce un’alleanza, un patto con Dio. Abramo parte e si fida delle promesse di Dio. Da notare che nell’Antico Testamento la terra rimane sempre “promessa”. Quando gli Ebrei s’impossessano della terra, la perdono, questo perché non ci si può impossessare dei beni di Dio: la proprietà rimane sempre nelle mani di Dio. 3. La via della libertà. Occupa interamente il libro dell’Esodo ed in parte anche quelli del Levitico e del Deuteronomio. La libertà, nell’Esodo, è la liberazione dall’Egitto, che è una terra di schiavitù, in cui il faraone ha dato ordine di uccidere tutti i figli maschi. Mosè si salva. E’ un popolo ridotto alla morte, senza figli, che viene liberato da Dio attraverso il passaggio del Mar Rosso verso la terra promessa. Per andare dall’Egitto alla terra promessa ci sono tre luoghi: 1. Il deserto, in cui non c’è acqua, è un luogo di continue lamentazioni del popolo verso Mosé. Gli Ebrei preferivano la schiavitù in Egitto, “in cui mangiavano a sazietà”; 2. Il monte Sinai, ove Dio incontra Mosé e gli consegna le tavole della Legge. Si consideri che fino al Sinai non si può propriamente parlare di “popolo ebraico”; 3. La terra promessa, mai raggiunta. Dio educa il popolo ebraico alla libertà ed assume quindi una funzione pedagogica. I due eventi dell’esodo e della liberazione sempre si ripresentano nella storia ebraica. Dio è JHWH (pron. Javè), ossia “Colui che è” (si tenga presente che la lingua ebraica è un idioma senza vocali). La fede ebraica è una fede basata sull’esperienza di un Dio liberatore: la storia umana è una storia di salvezza, la storia umana è salvata da Dio. Camminando con Israele verso la terra promessa incontriamo la categoria della “Nuova Alleanza” (Berìt

Diatèke

Testamentum) tra Dio ed il popolo ebraico, che accetta e

s’impegna, ma poi tradisce, costruendo idoli e tradendo il patto come una sposa adultera. Per la Bibbia la libertà è sempre dedicata a qualcuno: la libertà è quindi innanzitutto 1. amore. La terra resta sempre promessa, e l’attesa di questa promessa stimola l’ 2. impegno. Bisogna, ancora, 3. imparare a camminare nel deserto, fidandoci solo e pienamente di Dio, affidandoci alla Toràh, alla norme di vita che Dio ci ha dato e donato. I capp. 32°-34° dell’Esodo riguardano l’episodio del “vitello d’oro” e narrano l’alternarsi delle seguenti fasi, che esplicitano tutta la chiave di lettura dell’Antico Testamento:


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1. Prima o ‘vecchia alleanza’ (Antico Testamento); 2. Peccato (tradimento, infedeltà del popolo ebraico); 3. Castigo di Dio; 4. Richiesta di perdono da parte dell’uomo; 5. Rinnovamento dell’alleanza (Nuovo Testamento o ‘Nuova Alleanza’). Questa è la chiave di lettura della storia nella Bibbia10. Lo schema è sempre il medesimo, che si può rappresentare come un albero: 1. Chioma dell’albero: è la storia dopo l’esodo; 2. Tronco: è l’esodo; 3. Creazione: è il terreno; 4. Radici: è la storia dei patriarchi (Abramo, Isacco, Giacobbe). 4.La via della santità. E’ contenuta nel libro del Levitico: la santità di Israele deve imitare la santità di Dio, il credente deve aspirare alla santità perché Dio è santo11. La Santità del popolo è quindi ‘intricata’ con quella di Dio. Paradossalmente, Dio è lontano, ma anche vicino all’uomo: il cristiano è santo, e quindi assolutamente vicino a Dio, e peccatore, e quindi infinitamente lontano da Dio. San Paolo, nel suo Epistolario, arriverà addirittura a identificare cristiano e santo. La santità dell’uomo dev’essere realizzata, da parte dell’uomo, mediante le ultime tre categorie o ‘vie’: 5. La via della giustizia sociale. Significa avere attenzione per il povero, la vedova, l’orfano e lo straniero. 6. La via della celebrazione del culto. E’ un modo per ricordare, ringraziare e celebrare Dio, è il memoriale dell’esodo. 7. La via dell’ascolto. L’ascolto è sempre necessario, perché il Dio di Israele parla, e non è muto, come invece sono gli idoli pagani12. Ascoltare significa anche riconoscere che quello è Dio13 e significa anche ricordare14.

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Cfr. La Sacra Bibbia, C.E.I., U.E.L.C.I., Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2008. Cfr. Levitico, 19°,2. 12 Cfr. Deuteronomio, 3°, 4. 13 Cfr. Ibid., 7°,9. 14 Cfr. Ibid., 8°,2.

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I.2. LA FORMAZIONE DEL PENTATEUCO L’immagine più idonea per rappresentare il Pentateuco è quella di un quaderno ad anelli in cui si inseriscono i vari fogli. I primi fogli raccontano l’esodo; nelle tende dei nomadi, la sera si racconta l’esodo, non si scrive nulla. Si raccontano gli eventi del popolo ebraico. Il popolo decide che vuole un re, tutto il Regno di Israele, intorno al 1000 a.C., è una monarchia, in seguito si divide in Regno del Nord ed in regno del Sud. Lo Javista (da Javè), uno scrittore sconosciuto, mette insieme i fogli, ed insieme ad un altro scrittore, l’Eloista (da Eloi), unifica i materiali, ponendo: 1. La storia di Abramo, inizialmente; 2. L’Esodo, come parte centrale; 3. La monarchia (a partire dal re Saul), come parte finale. La monarchia ha una storia gloriosa. Lo javista tiene però conto del peccato umano. Il secondo evento è la caduta di Samaria, che nel 721 a.C. viene conquistata dagli Assiri, un popolo feroce e cruento, e distrutta. Samaria era la capitale del Regno del Nord. I profughi del Nord e decidono di darsi regole di vita migliore. Al tempo del re Giosia si fa una rifora religiosa più morale, per vivere meglio: questo è lo scrittore deuteronomista. Infine il Regno del Sud viene deportato a Babilonia (587 a. C.): è la ‘cattività babilonese’. Il tempio viene distrutto, il popolo è in esilio (terzo evento). Il popolo teme di essere stato abbandonato da Dio. Quando il popolo ebraico è in esilio, sono i sacerdoti a consolare il popolo. Il profeta Ezechiele cerca di consolare il popolo ed afferma che Dio non può abbandonare il suo popolo e farà una seconda creazione. I sacerdoti consolano il popolo ed affermano che il popolo rifiorirà come nel deserto: è questo il punto di vista sacerdotale. Dall’intreccio di questi quattro ‘punti di vista’ (javista, eloista, deuteronomista e sacerdotale) nasce il Pentateuco. La creazione viene raccontata in modo diverso: questa non è una contraddizione, ma una ricchezza, che consiste nel non seguire un approccio cronologico. La tradizione eloista è semplice e scorrevole nello stile, si concentra su questioni morali, verso Dio e verso il prossimo; la tradizione eloista, invece, tiene conto del peccato umano, lo scrittore eloista è laico e popolare. I quattro punti di vista determinano la formazione del Pentateuco, ossia dei cinque astucci nei quali erano contenuti i cinque rotoli.


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I.3 IL LIBRO DELLA GENESI: INTRODUZIONE E PUNTI DI VISTA. Il libro della Genesi è il primo dell’Antico Testamento ed anche il primo libro del Pentateuco, che contribuisce a costituire i primi cinque libri dell’Antico Testamento. Genesi significa inizio, principio, nascita. Con l’esodo, il popolo ebraico fa l’esperienza di Dio e della liberazione. Un termine chiave è la parola ebraica “berescìt”, che significa “principio”. Il libro della Genesi è costituito da 50 capitoli: dal punto di vista della struttura, la Genesi si può articolare in dieci quadri simmetrici, di cinque e cinque. I primi cinque quadri parlano dell’origine del mondo e dell’umanità e corrispondono ai primi 11 capitoli; i secondi cinque quadri parlano dell’origine del popolo ebraico e corrispondono ai capitoli compresi tra l’ 11° ed il 50°. I primi 11 capitoli vengono chiamati anche “preistoria biblica”. I temi ricorrenti in entrambi i quadri sono quelli della: 1. Benedizione del popolo ebraico; si consideri, come si è già detto, che “benedire”, in senso biblico, non significa solo “dire bene”, ma anche “proteggere”; altro tema è quello della 2. Generazione dei figli, le donne sterili, come Elisabetta, si sentono umiliate; con la generazione l’uomo collabora alla creazione divina; un altro tema è quello della 3. Presunzione umana15, con la costruzione della torre di Babele, che contrasta con il progetto di Dio; tale progetto sembra inizialmente non realizzarsi a causa della superbia umana. Un altro tema è quello dell’ 4. Immagine di Dio, che è un alleato fedele dell’uomo, anche quando l’uomo sbaglia, come dopo la cacciata dal Paradiso terrestre; ma Dio è anche 5. Signore, Dio non abbandona mai l’uomo. Altro tema è quello della 6. Parola di Dio, che suscita ciò che dice come avviene con la creazione. La parola di Dio suscita la vita ed accompagna il cammino dell’uomo. La parola di Dio è “parola in atto” (dabàr). Purtroppo però l’uomo non ascolta Dio, ma il serpente, mangerà la mela ed ucciderà Caino. L’uomo ascolta altre parole ed il progetto divino sembra inizialmente non realizzarsi; si realizzerà con Abramo, quando Dio farà una promessa ad Abramo, promessa che si realizzerà non inizialmente, ma solo in seguito. Nei primi 11 capitoli dominano i punti di vista javista e sacerdotale. I primi due capitoli raccontano entrambi la creazione, ma il 1° è di tradizione sacerdotale, mentre il 2° capitolo è di tradizione javista. Cronologicamente è più antico il punto di vista javista, anche se

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Cfr. Genesi, cap. 11°


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nell’ordine è stato collocato prima il punto di vista sacerdotale. Lo javista ci narra un “Dio vasaio”, che plasma e crea la donna; lo scrittore sacerdotale ci parla invece della parola di Dio come creazione. E’ più antico, in quanto più semplice, il punto di vista dello javista, perché ci parla di un “Dio vasaio”, era, a quel tempo, il punto di vista più popolare. I primi 11 capitoli, ossia la “preistoria biblica”, sono stati scritti tra il 400 ed il 350 a.C. Per quanto concerne il metodo adottato dai due scrittori, essi si interrogano su ciò che stanno vivendo, lo javista si interroga sul bene e sul male, il sacerdotale sul motivo per cui Dio ha abbandonato Israele. Entrambi partono da un’analisi della loro rispettiva situazione, sull’esperienza di un Dio liberatore; scoprono che nel progetto di Dio c’è non solo Israele, ma tutta l’umanità. In questo senso compiono un “percorso all’indietro” fino alla creazione ed allargano così la loro visione. Il popolo ebraico è il popolo eletto, ma il motivo di tale elezione resta un mistero; i rabbini affermano che il popolo ebraico fu l’unico ad accettare la Toràh contenuta nelle tavole della legge di Dio. Gli Ebrei, convinti della loro elezione, non fanno proseliti, non fanno evangelizzazione. Per loro Cristo è solo un profeta, figlio di Giuseppe e Maria, non può essere figlio di Dio, perché Dio è unico e non trino. Per questo attendono ancora il Messia. 1. Lo scrittore javista intuisce che Dio si è comportato con Israele come si è comportato con l’umanità: lo ha liberato dalla schiavitù. Il popolo s’impegna a rispettare la Sua legge, ma poi tradisce il patto costruendo un idolo, il vitello d’oro, poi Dio lo punisce, infine lo perdona e stringe una nuova alleanza. Lo scrittore javista opera quindi un parallelismo tra la storia del popolo ebraico e quella dell’umanità 2. Lo scrittore sacerdotale che come Dio è intervenuto per liberare Israele dall’Egitto, così interverrà per liberarlo dall’esodo, e farà una nuova creazione: è questa la funzione consolatoria assunta dal punto di vista sacerdotale dopo la distruzione del tempio. Tali racconti sono eziologie metastoriche, cioè conoscenza delle cause della storia presente con una riflessione cha va al di là della storia, ma capace di definire la storia; si risale al passato, che non si conosce, adottando lo schema del presente. Il linguaggio usato da entrambi gli scrittori è fatto di simboli ed immagini, che sono dei miti, quali il serpente e la mela. Sono tempi in cui si scrivono molte cosmogonie (storie dell’origine del mondo). I libri della Bibbia sono ispirati: garantiscono la verità in ordine alla salvezza, ma non garantiscono l’inerranza dal punto di vista scientifico o astronomico. Nella Bibbia si utilizzano i miti babilonesi della Mesopotamia; sia lo javista che il sacerdotale apportano delle


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modifiche, non c’è politeismo, ma monoteismo, i vari Dei sono creazioni dell’unico Dio. La storia è un luogo in cui si manifesta (epifania), non un luogo di lotta tra Dio e l’uomo. Inoltre, nel linguaggio di questi scrittori, ci sono molte genealogie. I.4. IL LIBRO DELLA GENESI: ESEGESI. Il libro della Genesi è un grande poema liturgico volto a cantare le lodi del Signore: l’incipit è un emistichio (mezzo verso). Si parla della creazione e del luogo della creazione16. Quando un testo inizia e finisce con la stessa espressione si chiama inclusione. In questo racconto ci sono numeri che ritornano sempre, come il numero “7”, perché 7 è il numero della totalità (3+3+1), o il numero “10”, che è il numero della grande quantità, e ritorna spesso. Altra caratteristica è la scansione della settimana: Dio compie quattro opere in sei giorni, perché il settimo giorno si è riposato. Le opere sono descritte con uno schema fisso: 1. Introduzione: “Dio disse”; 2. Comando: “e sia”; 3. Esecuzione: “e così fu”; 4. Descrizione dell’agire di Dio; 5. Giudizio finale: “Dio disse che era cosa buona”; in ebraico “buono” coincide con “bello” e si dice “Tob”, che significa “bello e buono”. Ogni giornata si conclude con una precisazione cronologica. Si trova qui17 la concezione biblica del mondo18: 1. Tempio di Dio; 2. Terra; 3. Colonne della terra; 4. Abissi del mare; 5. Inferi Dio chiama all’esistenza con la parola, poiché la sua parola è “parola in atto” (Dàbar). Le forze naturali create da Dio sono creature, e non divinità. Al centro della creazione vi è la coppia, “che fu cosa molto buona”19. Dall’uomo (Ish) Dio creò la donna (Isha)20. Nel settimo giorno si compì la creazione e Dio benedì il suo creato (Brk, pronuncia “Baràk”). Dio è il Santo (Kadash), mentre il giorno è Shabak. Il punto di vista sacerdotale afferma che prima Dio creò tutto, in ultimo l’uomo e la coppia; 16

Cfr. Genesi, I,1,2,4a Ibid. 18 Cfr. G. Cappelletto,…,cit., p. 122. 19 Cfr. Genesi, …cit. 20 Si nota in questo il “maschilismo” biblico: la donna ‘proviene’ dall’uomo, non ha una sua esistenza autonoma. 17


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il punto di vista javista sostiene che l’opera di Dio inizia subito con la creazione dell’uomo. “Uomo”, come si è detto, in ebraico si dice “Ish”, ma si può dire anche “Adam”, che significa “Adamo”, ma anche tutta l’umanità. Il verbo al plurale “facciamo” non è un plurale majestatis di Dio, ma un plurale deliberativo: Dio si consulta con tutte le sue forze. Si afferma che l’uomo sarà fatto “a nostra immagine e somiglianza”: si tenga presente che l’immagine (Selèm) è una copia conforme all’originale, mentre la somiglianza (Demùt) non è del tutto uguale. La somiglianza tende quindi all’immagine. Somiglianza ed immagine coincideranno solo alla fine dei tempi. L’uomo deve dominare sul creato, cioè esercitare la signoria, ma non il possesso, l’uomo deve governare con giustizia, non con violenza. Eva è la “madre di tutte le genti”. Dio creò: il verbo “creare” (Barà) ha sempre dio come soggetto ed indica sempre un successo clamoroso. Il termine “creò” è ripetuto ben 3 volte in 3 versi consecutivi; Dio creò subito maschio e femmina, subito con la separazione dei sessi. La coppia è il riflesso più completo del volto di Dio, perché in Dio c’è il principio del maschile e del femminile, Dio è quindi Ish ed Isha21. Dio benedice (quindi “protegge”, in senso biblico) il maschio e la femmina, e gli affida dei compiti, quali essere fecondo e dominare sugli animali; si consideri che “dominare”, in senso biblico, significa governare con equilibrio e saggezza, e non semplicemente ‘imperare a libero arbitrio’. Il settimo giorno Dio benedice e si riposa e l’uomo si santifica perché entra nel tempo di Dio, uscendo dal tempo umano. Lo Shabat è il giorno, ma più in particolare il periodo compreso tra venerdì pomeriggio e sabato pomeriggio, quindi è il sabato. I capitoli 2° e 3° sono di tradizione javista: lo scrittore javista è un sapiente laico e non appartiene ad alcuna tribù e riflette sull’esperienza del tempo in cui vive, ossia tra l’VIII° ed il VII° secolo, al tempo di Giuda. Il capitolo 2° racconta il progetto positivo della prima coppia, il capitolo 3° racconta il peccato e le devastazioni della relazione. I capitoli 2° e 3° rappresentano un “dittico”, sono due quadri contrapposti. Nonostante il peccato, Dio non abbandona l’uomo, ma gli dà sempre un’opportunità: il paradiso è qualcosa a cui l’uomo deve tendere, è ciò che ci sta davanti, è l’aspirazione alla santità a cui l’uomo deve costantemente tendere.

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Si pensi a quante polemiche, all’interno delle alte sfere della Chiesa cattolica, suscitò l’affermazione del papa Giovanni Paolo I quando affermò, proprio in base a queste giuste considerazioni bibliche, che “Dio è madre”.


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Nel 2° libro della Genesi si trova due volte l’avverbio di tempo “quando”22: questi due avverbi di tempo tracciano l’itinerario dalla creazione alla morte (“quando tu ne mangiassi…moriresti”)23. Lo javista inizia dalla terra, mentre il sacerdotale inizia dal cielo: lo javista è più antico, perché è più facile. La terra è simile a un deserto e Dio fa nascere una sorgente. Dio ha, per prima cosa, plasmato l’uomo (“ah adam” significa “il terrestre” e “adamà” significa “terra”). “Plasmare” è il verbo tipico dei vasai, che plasmano con la polvere. L’uomo è polvere, ma la sua vita è il soffio vitale trasmesso da Dio. L’uomo biblico è quindi fragile e potente al tempo stesso. Infatti è 1. Polvere, e quindi fragilissimo; 2. Soffio vitale, e quindi potente. I Greci separavano corpo ed anima molto nettamente; per la Bibbia l’uomo è invece una totalità di varie parti, secondo il seguente schema: EBRAICO

GRECO

ITALIANO

Neschamà

Pnoè

Respiro

Nefesh

Psiuchè

Anima

Basàr

Sarx

Carne

Ruàh

Pneuma

Spirito

Leb

Cardia

Cuore

Con riferimento allo schema di cui sopra, sembra doveroso precisare quanto segue: 1. “Naschemè” è la “lampada del Signore”24, è la capacità umana di auto-comprenderci, è l’autocoscienza; 2. “Nefesh” è la capacità umana di compiere delle scelte; 3. “Basàr” è il corpo, il negativo; 4. “Ruàh” è lo spirito di Dio, che orienta verso Dio, e non è il semplice respiro, che è invece necessario solo alla vita; 5. “Leb” è il cuore, che, come si è già precisato nella parte introduttiva di questo lavoro, è il centro dell’uomo biblico. Il giardino è un luogo chiuso, irrigato da 4 fiumi (che rappresentano simbolicamente i 4 vangeli del Nuovo Testamento): è dato all’uomo affinché lo coltivasse. 22

Cfr. Genesi, 2°, vv. 4b e 17. Ibid., 2°, vv. 4b/17. 24 Cfr. Libro dei Proverbi, 20-27. 23


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Nella Genesi si parla di due alberi: 1. L’albero della vita; 2. L’albero della conoscenza del bene e del male. L’uomo può mangiare i frutti dell’albero della vita, ma non della conoscenza, altrimenti, si dice, “certamente dovrai morire”. L’uomo deve obbedire a Dio, poiché nell’obbedienza consiste la vera libertà: in questo senso la vita del cristiano è paradossale. I suddetti cinque aspetti costituiscono un’unità inscindibile all’interno della Bibbia, che si po’ sviluppare in due direzioni: o verso il peccato (“mancare di bersaglio”, in ebraico) o verso il Bene. L’uomo, quando pecca, non riconosce che dipende da qualcuno, fa le sue scelte e si pone fuori dal progetto divino. Lo javista sottolinea che l’uomo è nato per stare in relazione, non è nato per stare solo: per questo Dio ha creato la donna, che per l’uomo rappresenta l’alterità, ma anche la reciprocità. Dio dà all’uomo la possibilità di dare nome a tutte le bestie, e tal nome rimarrà: è questa la signoria dell’uomo sugli animali. Dio fa addormentare l’uomo e poi, dalla costola dell’uomo, fabbrica la donna: nel momento del sonno dell’uomo, Dio fa la donna, poiché l’uomo è incosciente. La donna resta così un mistero anche per l’uomo. Si consideri, in proposito, che 1. T in sumerico è la costola dell’uomo e 2. D in sumerico è la donna, nata per curare la costola dell’uomo. Dio conduce la donna all’uomo, come il padre conduce la figlia allo sposo nel matrimonio. L’amore tra uomo e donna supera quello tra figlio e genitore. Uomo e donna sono nudi, ma non si vergognano: si vergogneranno dopo il peccato originale, ora non si vergognano perché sono liberi e quindi ancora obbedienti a Dio. Si consideri adesso il seguente schema riepilogativo: PENTATEUCO: 5 libri – 970-931 a C. 1. Genesi: 50 capitoli; 2. Esodo: 49 capitoli; 3. Levitico; 4. Numeri; 5. Deuteronomio. LIBRI STORICI: 12 libri – 1010-970 a.C. Giosuè, Giudici, Re, Esdra e Neemia, Maccabei, ecc. LIBRI SAPIENZIALI: 7 libri – 538-50 a.C. Giobbe, Salmi, Proverbi, Siracide, ecc. (libri deuterocanonici) LIBRI PROFETICI: 18 libri.


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Passando all’analisi del 3° capitolo della Genesi, è doveroso precisare che i primi 5 versi riguardano il dialogo tra il serpente e la donna25. Lo scrittore javista introduce il serpente per ricercare l’origine del male: lo javista è uno scrittore laico e tiene presente il peccato. Il sacerdotale invece parte dalla creazione di Dio, “cosa buona”26. Il serpente è qui presentato come la bestia più astuta, s’insinua strisciando; è tentatore e seducente e la donna prima e l’uomo poi non sanno resistere. Il serpente è mentitore e vuole condurre l’uomo e la donna fuori dal progetto divino. La donna risponde al serpente estremizzando il comando divino: afferma che Dio ha detto che non possono “toccare”27 l’albero, mentre Dio aveva detto che non potevano mangiarne i frutti. La donna e l’uomo scelgono di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male28. La donna 1. vede e desidera il frutto, poi lo 2. prende, infine lo 3. mangia, ma il peccato è già insito nel desiderio dell’oggetto del peccato: nel vedere e nel desiderare, infatti, non c’è ancora il possesso, ma c’è già il peccato della cattiva intenzione. Il frutto è 1. buono da mangiare, 2. bello da vedere e 3. sapiente, perché fornisce la conoscenza del bene e del male, consentendo così di fare a meno di Dio. Appena mangiato il frutto, i due si accorgono di essere nudi e provano vergogna, perché non sono più liberi, ma schiavi del peccato. Il giardino diventa un luogo non più armonico, ma un luogo dove nascondersi, appena sentiti i “passi del Signore Dio29”. Si assiste ad uno ‘scaricamento a catena della responsabilità’: l’uomo scarica la responsabilità sulla donna e la donna la scarica, a sua volta, sul serpente tentatore. Dio maledice il serpente, cioè 1. ne parla male e 2. ne prende le distanze, vale a dire non lo protegge più.

25

Cfr. Genesi,…cit., 3°, vv.1-5. Ibid., 1°. 27 Ibid., 3°. 28 Ibid., 3°, v. 6. 29 Ibid., 3°, v. 8. 26


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Il verso 15 è stato definito un ‘protovangelo’: Dio annuncia alla donna che partorirà con dolore, ma non la maledice. Come madre partorirà con dolore, come sposa sarà dominata dal marito. L’uomo invece viene colpito nel lavoro, e nemmeno l’uomo viene maledetto: lavorerà con fatica e guadagnerà il pane con il sudore della sua fronte. Polvere è e polvere ritornerà: l’uomo è quindi responsabile della sua morte. Dio pertanto pronuncia: 1. maledizione sul serpente; 2. fatica sulla donna; 3. fatica sull’uomo. Dio chiama Eva la donna, cioè “madre di tutti”. Dio è misericordioso e vede i due nudi. L’uomo non coglierà frutti dall’albero della vita30, cioè non potrà più vivere con Dio, che è la vita, e viene cacciato dall’Eden (il paradiso terrestre): è questa la prima rottura della relazione tra uomo e Dio, il primo tradimento. L’uomo ha peccato e Dio lo ha punito. Nei capitoli successivi si narrano la storia di Caino ed Abele, che viene ucciso dal fratello Caino31, la storia dei patriarchi prima del diluvio32, la storia del diluvio e della preparazione dell’arca di Noè33. Qui il peccato si allarga a tutta l’umanità: Noè si salva perché è l’uomo giusto che cammina con Dio e lo segue. Dio stabilisce con Noè un’altra alleanza, che gli propone.34 Segue il diluvio35: viene salvata una coppia per ogni specie di animali fino alla fine del diluvio36. L’alleanza è simboleggiata da un arcobaleno37 che unisce cielo e terra: il patto proposto e stabilito da Dio con Noè precede l’alleanza con il popolo ebraico. Nel 10° capitolo domina il punto di vista sacerdotale: sono presentate le tavole dei popoli di quel tempo. Noè ha tre figli: 1. Sem, da cui deriva la stirpe dei Semiti ( o Ebrei); 2. Cam, da cui deriva la stirpe dei Camiti (o Egiziani); 3. Iaf, da cui deriva la stirpe degli Iafeti o Indoeuropei38. Il capitolo successivo è invece di tradizione javista: si parla della formazione dei popoli e della torre di Babele39. Si racconta che gli uomini dell’Oriente si stabilirono a Babele, in 30

Ibid., vv. 22-24. Ibid., 4°. 32 Ibid., 5°. 33 Ibid., 6°. 34 Ibid., v. 18. 35 Ibid., 7°. 36 Ibid., 8°. 37 Ibid., 9°, v. 12. 38 Ibid., 10°. 39 Ibid., 11° 31


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Babilonia, fondarono città e costruirono una torre per arrivare al cielo. Dio disperde e divide gli uomini e la lingua, che era unica, e gli uomini iniziarono a parlare tante lingue ed a non capirsi più. Da qui il termine “Babele” come sinonimo di “confusione”. Con il capitolo 11° termina la “preistoria biblica”, iniziata nel 3° capitolo. Nel capitolo successivo compare Abramo40, che è il primo patriarca, seguito da Isacco, Giacobbe e Giuseppe. Di Abramo, Isacco e Giacobbe si parla dal capitolo 12° al capitolo 36° incluso41, mentre di Giuseppe se ne parla dal capitolo 37° al capitolo 50°, con il quale si chiude la Genesi. Giuseppe è uno dei 12 figli di Giacobbe, dai quali discendono le 12 tribù di Israele: Giuseppe si stabilisce in Egitto42. Questo è il quadro riepilogativo dei libri della Genesi successivi alla ‘preistoria biblica’, che adesso andiamo ad analizzare. Nel capitolo 12°, Abramo è l’esempio della fede assoluta, è il primo patriarca, Abramo si affida completamente a Dio, si pone in Dio. Abramo viene “chiamato” da Dio, si assiste qui alla sua vocazione43. Siamo circa nel 1800 a.C., quando ci sono le migrazioni dei popoli seminomadi. Abramo era un pastore che viveva nelle tende con la sua tribù clan. La tribù di Abramo si era mossa da Ur verso la terra di Canaan. Dio dice ad Abramo di lasciare la sua terra e la sua famiglia, e glielo dice con tono duro, “vattene…lascia la tua terra”44. Non conosciamo esattamente il motivo divino della scelta di Israele come popolo ‘eletto’: l’ ‘elezione’ del popolo ebraico resta un mistero, anche se i rabbini dicono che gli Ebrei sono gli unici che hanno voluto accettare la toràh di Dio, ma fino al monte Sinai non si può parlare di popolo ebraico. Ad Abramo non viene detto qual è il Paese verso il quale andare. Dio promette ad Abramo: 1. La benedizione; 2. La discendenza, che sarà numerosa come le stelle; 3. La terra. Per quanto concerne la discendenza numerosissima di Noè, è da precisare che ciò trova esplicito riferimento nella letteratura storica dell’Antico Testamento, esattamente nel secondo libro di Samuele, in cui Natan dice a Davide che avrà una discendenza che sarà stabile per

40

Ibid., 12°. Ibid., 13°-36°. 42 Ibid., 37°-50°. 43 Ibid., cap. 12°. 44 Ibid. 41


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sempre: è questa una profezia molto importante, in quanto costituisce un messaggio fondamentale di messianesimo45. Abramo obbedisce senza parlare, né fa domande a Dio. Emerge qui la precarietà della vita nomade: Abramo pianta le tende46 e poi leva le tende47. A differenza dei babilonesi, Abramo costruisce un altare a Dio, non costruisce una torre per il suo clan, né un vitello d’oro o altro idolo. I capitoli 15° e 17° presentano l’alleanza tra Dio ed Abramo sotto due diversi punti di vista: il 15° dal punto di vista javista, il 17° dal punto di vista sacerdotale. Nel 15° capitolo Abramo è sposato con Sarah, che è sterile, ed ha adottato come erede un domestico; la fede assoluta di Abramo nel suo Dio è chiamata “giustizia”.48 L’alleanza di Abramo con Dio è siglata da un rito antico, il rito degli animali squartati in due; una fiaccola illumina il cammino di Abramo, che passa in mezzo agli animali squartati, con il significato allegorico che, in caso di tradimento, avrebbe fatto la stessa fine degli animali. Era una pratica ricorrente al tempo, in caso di promesse e giuramenti. E’ questa un’alleanza unilaterale: solo Dio si impegna con Abramo. Nel capitolo 17° lo scrittore sacerdotale ci offre un nuovo racconto dell’alleanza. Dio dice ad Abramo le stesse cose, ma gli ordina: 1. Di rispettare l’alleanza e di 2. Segnare l’alleanza con la circoncisione.49 Quando Dio promette ad Abramo una lunga discendenza, Abramo sorride, perché sa che è molto vecchio, ha 100 anni e la sua sposa Sarah ha 90 anni; anche Dio sorrise e il primo figlio che Abramo darà alla luce si chiamerà Isacco, che in ebraico significa appunto “Dio sorrise”. Dio cambia anche i nomi di Abram in Abramo e di Sarai in Sarah, per significare che si tratta di un ‘uomo nuovo’ e di una ‘donna nuova’. Questa alleanza tra Dio ed Abramo, narrata secondo l’ottica sacerdotale, è bilaterale, perché Dio ordina ad Abramo di rispettare l’alleanza e segnarla con la circoncisione. Abramo e Sarah danno quindi alla luce Isacco: nel capitolo 22° si narra il noto episodio del sacrificio di Isacco, con il quale Abramo diventa l’esempio della fede assoluta. Su ordine di Dio, senza nulla sapere del Suo intervento provvidenziale, Abramo è pronto ad uccidere il

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Cfr. Libro di Samuele, 2°, cap.7°, vv. 10-16. Su Natan, si consideri anche il romanzo teologico-filosofico del filosofo illuminista tedesco G. E. Lessing, Natan il saggio, Garzanti, Milano, 2007. 46 Cfr. Genesi, 12°,…,cit.., v. 8. 47 Ibid., v.9. 48 Ibid., cap. 15°. 49 Ibid., cap.17°.


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proprio unico figlio; Abramo vive la sua fede con scandalo e paradosso, poiché, dal punto di vista etico è solo un assassino, il più feroce degli assassini, pronto ad uccidere il figlio, ma dal punto di vista religioso è il modello ideale, è pronto a fare, come affermerà un celebre filosofo religioso del primo Ottocento50, un “salto senza rete” ed a rimettersi ciecamente nelle mani di Dio. Ben diverso, in proposito, è l’atteggiamento di Agamennone, al quale gli Dei greci chiesero di sacrificare la propria figlia Ifigenìa per salvare la patria (anche Ifigenìa sarà salvata all’ultimo): il gesto del re Agamennone evidenzia solo un contrasto all’interno della sfera morale, tra il dovere di padre e quello di re, e non tocca la sfera etica. Dal capitolo 23° al capitolo 27° si prosegue la storia dei patriarchi da Isacco a Giacobbe, mentre dai capitoli 37° alla fine, cioè al capitolo 50°, si narra la storia di Giuseppe dalla tunica intera, senza cuciture, e dalle lunghe maniche: è questo un racconto sapienziale. Giuseppe è un sognatore, un idealista, odiato dai fratelli, che erano invidiosi; prima pensano di ucciderlo, ma poi pensano di venderlo; Giuseppe viene venduto e finisce in Egitto. Qui diventa un valido amministratore del faraone, molto onesto e molto competente, riesce anche a prevedere un periodo di carestia per l’Egitto. I fratelli di Giuseppe, rovinati dalla carestia, emigrano in Egitto ed incontrano per ben due volte Giuseppe, che tuttavia non si fa riconoscere. Poi Giuseppe li accusa del furto di una coppa d’argento e chiede che lascino lì il figlioletto Beniamino. Alla fine Giuseppe ed i suoi fratelli si riconciliano. La storia di Giuseppe e dei suoi fratelli è una storia sapienziale di riconciliazione. La storia di Giuseppe e dei suoi fratelli fa da ‘ponte’ tra la Genesi e l’Esodo. I.5.IL LIBRO DELL’ESODO: TEMATICHE ED ANALISI TESTUALE. Il libro dell’Esodo è il secondo libro del Pentateuco; il termine greco “esodo” significa “uscita” ed ivi si narra infatti la fuga di Israele dall’Egitto verso la terra promessa con Mosè. Si consideri che la Bibbia ebraica non s’intitola mai con i capitoli, a inizia immediatamente con le parole. Israele è schiavo: il faraone decide di sterminare tutti gli Ebrei perché sono troppo numerosi e ti teme51. Si distinguono 2 città: 1. Pitom (casa del Dio solare Athon); 2. Ramses (casa del faraone Ramsete II o Ramses II). Ramses II governa l’Egitto dal 1290 al 1224 a. C. In questo periodo il faraone cacciò gli Ixòs, costruì le due città di Pitom e Ramses e costrinse gli Ebrei a lavorare per costruire tali città, riducendoli in schiavitù. 50 51

Cfr. S. Kierkegaard, Aut-Aut (Enter-Ellen), a cura di R. Cantoni, Mondadori, Milano. Libro dell’Esodo, capp. 1°-2°, v. 8 e sgg.


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Tra la genesi e l’esodo ci sono 400 anni: l’esodo è quindi iniziato verso il 1200 a. C. Gli Ebrei sono schiavi in Egitto per 100 anni52. Ramses II attua una politica molto nazionalista; l’ordine del faraone è quello di uccidere tutti i primogeniti53, il faraone vuole prima opprimere e poi uccidere ogni maschio primogenito. Due levatrici si rifiutano di eseguire l’ordine del faraone e lasciano vivere i bambini, timorose di Dio. Rispondono al faraone che le donne ebree hanno partorito prima; allora il faraone ordina loro dio affidare i maschi alla corrente del Nilo. Ma Mosè, dopo essere stato nascosto per 3 mesi dalla madre, si salva perché la figlia del faraone vede il cestello nel quale era stato deposto il piccolo Mosè, lo manda a prendere e lo salva. La figlia del faraone, in quanto donna, è per la vita, anche se è la figlia del nemico54. Mosè crebbe ed il faraone morì. Il popolo ebraico è sempre schiavo e si lamenta: Dio ascolta il lamento del suo popolo e se ne prende cura. Seguono alcuni capitoli di diverse tradizioni, javista55 e sacerdotale56. Secondo il punto di vista javista, Dio chiama Mosè e si fa conoscere come il Dio dei Padri, di Noè. Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe; Dio si presenta a Mosè in un roveto infiammato che non brucia. Mosè si toglie i sandali perché sta entrando in un luogo sacro. Il fuoco è simbolo di Dio57. Dio affida a Mosè una missione58: quella di liberare il suo popolo e di andare dal faraone a chiedere di liberare il popolo. Dio si presenta come Javè, colui che testimonia la presenza di Dio: è l’unica volta che Dio si presenta così in tutte le Scritture. Mosè dirà al faraone che è mandato da Javè. “colui che è”. Seguono altre obiezioni59 e dubbi di Mosè60. Il bastone di Mosè diventa allora un serpente e poi torna bastone; la mano di Mosè diventa lebbrosa e poi torna normale; tutto questo per volontà di Dio. Mosè ha però anche un difetto di balbuzie e teme di non essere in grado di convincere né il faraone, né gli Ebrei. Dio dice allora a Mosè di portare con lui il fratello Aronne, che sarà la sua bocca e parlerà per Mosè. Il capitolo 6° è di tradizione sacerdotale. Dal capitolo 7° al capitolo 10° si parla delle nove piaghe d’Egitto. 52

Cfr. Genesi, 15°, 13,ove si parla di 400 anni, Esodo, 12°, 40, in cui si parla di 430 anni e Paolo di Tarso, Lettera ai Galati, 3, 17, in cui si parla di 430 anni; Paolo concorda quindi con l’interpretazione di Esodo, 12°, 40. 53 Cfr. Esodo,…, cit., 1°, vv. 11 e sgg. 54 Si nota qui una certa attenuazione del maschilismo biblico. 55 Cfr. Esodo,..,cit., 3°-4° . 56 Cfr. Esodo,…,cit., 6°, vv. 2-13 e 7°, vv. 1-7. 57 Ibid., 3°. 58 Ibid., v. 7. 59 Ibid., 4°. 60 Ibid., 4°, v. 1.


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Nel capitolo 11° si presenta la decima piaga d’Egitto e nasce la Pasqua. Il capitolo 12° è dedicato alla Pasqua. I capitoli 12° e 13° narrano l’attraversamento del mar Rosso. Nel capitolo 15° finisce la schiavitù degli Ebrei. Dal capitolo 16° al capitolo 18° si descrive la dura vita degli Ebrei nel deserto. Dal capitolo 19° al 40° ed ultimo dell’Esodo, si parla del Monte Sinai. Questo è quindi lo schema del libro dell’Esodo dal capitolo 6° alla fine. Possiamo articolare la struttura dell’Esodo in 3 parti: 1. Dal capitolo 1° al capitolo 15° si parla della schiavitù in Egitto e dell’uscita (appunto ‘esodo’) dall’Egitto; 2. Dal capitolo 16° al capitolo 18° si descrive il deserto, un cammino delle lamentazioni degli Ebrei; 3. Dal capitolo 19° al capitolo 40° si parla del Sinai e dell’entrata verso la terra promessa. Si possono distinguere anche 3 zone geografiche con 3 tematiche corrispondenti: 1. Egitto: è il luogo della schiavitù e della fuga; 2. Deserto: è il luogo delle lamentazioni; 3. Sinai: è il luogo dell’ingresso verso la terra promessa. Per passare da un luogo all’altro c’è sempre la presenza dell’acqua: dall’Egitto al deserto c’è il mar Rosso, dal deserto al Sinai c’è il fiume Giordano, per andare verso la libertà. L’acqua ha sempre una doppia valenza: 1. Punisce gli egiziani; 2. Rigenera e salva (come il battesimo nel Nuovo Testamento). Due sono le feste in comune tra Ebrei e cristiani: 1. La Pasqua, in cui gli Ebrei mangiano il pane azimo; 2. Pentecoste o Settimane. Una festa tipicamente ebraica è invece la festa delle capanne. “Pasqua” (in ebraico “Pesàg”) significa, dall’ebraico, “Passaggio di Dio che salva”, è un nuovo pascolo di primavera. Veniva ucciso un agnello e si mangiava insieme. E’ una festa legata alla pastorizia; si mangiavano anche erbe amare, segno della schiavitù. E’ un memoriale (zikkaron) della liberazione, che non significa solo ricordare un evento, ma celebrarlo, come durante la Messa. Il pane azimo (massòt) è senza sapori e non lievitato, perché non c’era tempo, gli Ebrei dovevano fuggire frettolosamente dall’Egitto.


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La Pentecoste o Settimane si celebra 50 giorni dopo la Pasqua. A questa festa si legano l’alleanza e la Toràh, in questa occasione si mangia il pane lievitato. La festa delle capanne è tipicamente ebraica (S. Gerolamo la definisce, nella sua Vulgata, “tabernacula”). Con questa festa si ricorda il periodo del deserto: per questo le capanne fatte di frasca ricordano le tende del deserto. Viene celebrata per il raccolto di autunno, nei mesi di settembre ed ottobre. E’ doveroso ricordare i patriarchi: 1. Noè; 2. Abramo; 3. Isacco; 4. Giacobbe (che ha 12 figli, dai quali discenderanno le 12 tribù di Israele); 5. Giuseppe; 6. Mosè (guida gli Ebrei verso la terra promessa, ma non vi approda); 7. Giosuè (con lui gli Ebrei approdano alla terra promessa). E’ opportuno anche tenere presente la successione della monarchia saitica: 1. Saul; 2. David; 3. Salomone (a lui si deve la costruzione del primo tempio). Intorno all’anno 1000 cade Samarìa e si verifica in seguito la divisione del Regno d’Israele in due Regni: 1. Regno del Nord o Regno di Israele, con capitale Samarìa (721 a. C.); 2. Regno del Sud o Regno di Giuda con capitale Gerusalemme (587 a. C.). Con la caduta di Samarìa il Regno del Nord è deportato e trasferito al Sud, a Babilonia. Quando viene distrutto il primo tempio, iniziano le lamentazioni degli Ebrei e la funzione consolatoria dei sacerdoti, che affermano che Dio non abbandonerà il suo popolo e farà una seconda creazione. Con l’editto di Ciro, Esdra e Neemia tornano a Gerusalemme e viene costruito un secondo tempio. Segue il periodo di Erode e la nascita di Cristo. E’ questo un fondamentale quadro storico di riferimento, necessario a comprendere lo svolgimento della storia biblica.


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L’Esodo61 ci ha narrato una storia di schiavitù e di fuga, ma, secondo la storia, è possibile che si sia verificata un’espulsione dall’Egitto. I faraoni erano inizialmente tolleranti con le tribù nomadi che occupavano la zona orientale dell’Egitto. Storicamente, i flussi migratori verso l’Egitto si sono spesso verificati per i seguenti motivi: 1. Per la ricerca dell’acqua, verso il Nilo; 2. Per la fuga dei prigionieri di guerra; 3. Per motivi economici. I lavori forzati erano un fatto normale per gli antichi popoli orientali. Dio avrebbe fatto fare agli Ebrei la via più lunga per arrivare alla terra promessa per due motivi: 1. Gli Ebrei non erano pronti a fronteggiare per mare i popoli che avrebbero incontrato, come i Filistei62, come ci illustra anche Vittorio Alfieri alla fine del ‘700; 2. Dio vuole educare gli Ebrei attraverso il deserto. Gli Ebrei conoscono il volto di Javèh. Dio guida Mosè affinché Mosè guidi il suo popolo. Il punto di vista javista sottolinea la centralità di Dio come liberatore; l’eloista parla di un Dio che libera e che richiede anche impegni dal suo popolo; il sacerdotale consola il popolo dicendogli che Dio tornerà a liberarlo. La tradizione sacerdotale nasce molto tardi, dopo il 587 a. C., quando il tempio di Gerusalemme viene distrutto. I sacerdoti parlano addirittura di una seconda creazione da parte di Dio. Tutte le tradizioni narrano la stessa storia, da ottiche diverse, per cui le stesse storie sono ripetute più volte, sia pure in forme un po’ differenti. La dinamica dell’Esodo è la seguente: 1. Uscire dalla schiavitù, 2. Attraversare il deserto, 3. Per andare verso la libertà, 4. Nella terra promessa. E’ un movimento globale, che investe tutta la vita, del popolo e dell’individuo. Mosè vede la terra promessa dal monte Nebo, ma gli Ebrei la raggiungono solo con Giosuè, Mosè muore prima. La proprietà della terra resta sempre nelle mani di Dio, per gli Ebrei la terra promessa è un dono che devono costudire e far fruttare63. Il Dio che si presenta a Mosè è 61

Ibid., 15°. Cfr. V. Alfieri, Saul, ultimi versi del re Saul: “Empia Filiste, me troverai, ma almen da re, qui, morto”. 63 Cfr. la nota parabola evangelica dei talenti nel Nuovo Testamento.

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1. Il Dio dei Padri (dei patriarchi, degli avi di Mosè); 2. Il Dio della storia64. E’ un Dio presente, Javèh, che salva la storia e non è il Dio-Logos ed astratto dei filosofi, puramente razionale. E’ il Dio che si incarna nella storia. La religione ebraico-cristiana è l’unica, come affermò il papa Paolo VI nel Concilio Vaticano II, in cui dio scende verso gli uomini e non sono gli uomini ad elevarsi a Dio, a differenza delle altre religioni; 3. Il Dio degli eserciti, nell’attraversamento del mar Rosso. 4. Il Dio della natura. Il Dio unico, Javèh, che subentra alle diverse divinità dei Padri, cioè alle divinità tribali, non è però legato alle stirpi egizie; il suo nome ha piuttosto a che fare con il Sinai, dove delle stirpi preisraelitiche già lo adoravano come divinità del monte e del vulcano. Dunque Javèh è legato ad un luogo, è un Dio della natura. Quando le divinità dei Padri diventavano il Dio unico Javèh, scompare il politeismo e compare la monolatria. Questo sviluppo presuppone l’unirsi delle diverse stirpi in una confederazione religiosa al termine del decorso storico in cui si impossessarono di un proprio territorio. Dio conosce (in senso biblico “conoscere” significa “fare esperienza”, cioè Dio ha fatto esperienza65) il dolore del suo popolo. Dio si rivela nella storia66: rivelazione, che in latino significa (vedere) senza veli, dietro il velo (retrum veli), in greco si traduce con “Apokaliptaon”, italianizzato in “Apocalisse”. A partire dalla costruzione del secondo tempio di Gerusalemme, gli Ebrei non pronunciano più il nome di Javèh, ma Lo chiamano Adonai (in ebraico), cioè Signore (in italiano), Kyrios (in greco): sarà Cristo nel Nuovo Testamento. Quattro sono i segni che Dio dà a Mosè: 1. Il bastone, che diventa serpente; 2. La mano, che prima diventa lebbrosa e poi torna normale; 3. Acqua del Nilo, che diventa sangue; 4. Aronne, che sarà “la voce” di Mosè, per parlare al faraone ed al popolo ebraico (dato che è balbuziente). Mosè deve quindi tornare in Egitto, dal quale era fuggito per aver ucciso un soldato egiziano che aveva colpito un suo fratello67.

64

Cfr. G. Cappelletto,…cit. “Conoscere” in senso biblico significa anche fare esperienza sessuale. 66 Cfr. G. Cappelletto,…cit. 67 Cfr. Esodo, 4°, vv. 18 e sgg.

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In seguito si narrano le dieci piaghe d’Egitto68: nel racconto delle piaghe d’Egitto ci sono tre tradizioni, javista, eloista, sacerdotale. Mosè ed Aronne chiedono al faraone di fare uscire il suo popolo dall’Egitto per andare a compiere un sacrificio nel deserto. Il faraone rifiuta e Mosè scatena la prima piaga. Lo schema è sempre il seguente: 1. Richiesta di Mosè al faraone; 2. Rifiuto del faraone; 3. Piaga mandata da Dio; 4. Fine della piaga e falsa promessa del faraone; 5. Nuovo rifiuto del faraone; 6. Altra piaga mandata da Dio. Le piaghe sono le rane, le ulcere, la grandine, le cavallette, le tenebre su tutto l’Egitto, le piaghe sono quindi tutti accadimenti naturali. Le piaghe d’Egitto dimostrano: 1. Il cuore duro del faraone; 2. La vittoria finale di Dio. Con la nona piaga le tenebre avvolgono tutto l’Egitto69: è l’ultima volta che Mosè vede il faraone. L’ultima piaga è la morte di tutti i primogeniti egiziani, compreso il primogenito del faraone70. Segue il racconto della notte della prima Pasqua71: la descrizione che Dio fa dell’agnello da immolare al tramonto ricorda Cristo, che fu immolato72, anch’egli primogenito, come l’agnello. Gli Ebrei mangeranno l’agnello con il pane azimo, non lievitato, per la fretta a causa della fuga, e con le erbe amare, che ricordano il deserto. Tutti avviene di notte. Il Signore colpirà ogni primogenito egiziano, dal figlio del faraone al primogenito delle bestie73. Quattro sono le notti narrate nell’Antico Testamento: 1. Dal caos iniziale alla luce; 2. La luce della fede; 3. Notte di Pasqua;

68

Ibid., 7°, vv. 8 e sgg, 11°. Ibid., 11°,vv. 28 e sgg. 70 Ibid., 12°. 71 Ibid., vv. 1-14. 72 Cfr. Giovanni, Vangelo, in Nuovo Testamento. 73 Cfr. Esodo, …, cit., 11°, vv. 29 e sgg. 69


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4. Pienezza della luce alla fine dei tempi (è quest’ultima una notte escatologica, ossia riferita ai fini ultimi ed ultraterreni della vita umana). L’ultima parte del capitolo 13° è di tradizione javista. Nel capitolo 14° s’incrociano invece due punti di vista: javista e sacerdotale74. Lo schema degli interventi di Dio nell’Antico Testamento, ed anche nel capitolo 14° dell’Esodo, è sempre il seguente: 1. Preannuncio di Dio; 2. Comando di Dio; 3. Esecuzione del comando divino. Nel capitolo 15°

gli Ebrei levano a Dio un inno di ringraziamento per essere usciti

dall’Egitto. Le donne costituiscono il nucleo originario di questo canto75, poi ampliato: se fossero state riprese dagli Egiziani, le donne sarebbero state ricondotte in schiavitù e violentate. Dio è qui presentato come un Dio degli eserciti. Segue la fase delle tentazioni76, della sete e della fame. Il popolo ebraico afferma di preferire la schiavitù degli egiziani e si lamenta. Il popolo mormora contro Mosè e contro Aronne, che fanno da intermediari tra il popolo e Dio. Dio vuole mettere il popolo eletto alla prova. Dio ascolta le lamentazioni del popolo e compie il miracolo della manna77, e fa piovere pane dal cielo, che simbolicamente rappresenta il corpo di Dio, l’eucarestia del Nuovo Testamento. La manna è la provvidenza di Dio. In seguito il popolo continua a lamentarsi ed a mormorare contro Mosè perché non ha acqua; Mosè si rivolge a Dio e dio fa scaturire acqua da una roccia. Il popolo mostra dubbi sulla presenza e sulla provvidenza di Dio. Quella roccia, secondo l’interpretazione paolina nel Nuovo Testamento, è il costato di Cristo, dal quale scaturiscono 1. Acqua, simbolo del battesimo, nel Nuovo Testamento, e 2. Sangue, simbolo dell’eucarestia, sempre nel Nuovo Testamento. L’interpretazione dell’Epistolario paolino fa quindi riferimento a due sacramenti. E’ ancora Mosè che percuote il suo bastone sulla roccia, dalla quale scaturisce acqua.

74

Soltanto i vv. 24-25 del cap. 14° dell’Esodo sono di tradizione eloista e precisa che vengono frenate le ruote dei carri degli egiziani. 75 Anche qui, in Esodo, 15°, si nota dunque l’importanza delle donne nella Bibbia, che attenua il generale maschilismo. 76 Ibid., 16°. 77 Ibid., v. 15.


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Il termine “simbolo” in greco significa “unione” (syum-ballo), e Cristo è l’unione per eccellenza; vi si contrappone il termine “diaballo”, che significa “disunione” (dia-ballo), e il Diavolo è infatti la divisione per eccellenza. I capitoli compresi tra il 19° ed il 24° parlano dell’alleanza di Dio con il suo popolo: Dio dà a Mosè le tavole della Legge, ossia i dieci comandamenti, le “dieci parole”78. Il popolo di Israele s’impegna a mantenere i patti con Dio. E un patto bilaterale, ma il protagonista del patto è Dio, che dà al popolo il patto come dono. Dio benedice, e quindi protegge, chi rispetta la sua legge. In seguito Dio sceglie il popolo ebraico e ne fa79: 1. Una particolare proprietà per sé; 2. Un Regno di sacerdoti, ovvero un “popolo sacerdotale” nel senso di “eletto”, “scelto” appunto; 3. Una nazione sacra, intendendo per “sacro” ciò che è separato dal “profano”80. Non si sa per quale motivo il popolo di Israele è eletto, forse perché è l’unico popolo che ha accettato la sua legge, stando a quanto affermano gli stessi rabbini ebrei, ma l’elezione del popolo ebraico resta un mistero. Mosè, come mediatore, sale e scende costantemente dal monte per ascoltare le parole di Dio e riferire al popolo. Si noti, in proposito, la disposizione gerarchica presente nell’Antico Testamento: 1. Dio, che è sul monte, quindi in alto; 2. Mosè, che, come mediatore, si colloca su una posizione intermedia tra Dio ed il suo popolo; 3. Il popolo, che è sulla terra, in basso, ai piedi del monte, quindi di Dio. Come è noto, tale disposizione gerarchica verrà abbandonata nel Nuovo Testamento, in cui Cristo scenderà tra gli uomini per diventare un “Dio con noi”, un “Emanuele” appunto, per usare un termine ebraico, un Dio in mezzo agli uomini. Il Dio di Israele è un Dio che parla, e nel capitolo 19° diventa dominante la sua voce, a differenza degli idoli, che non parlano. Oltre che con la voce, Dio si manifesta con elementi cosmici (il monte che trema), naturali.

78

Ibid., 20°,vv. 1-17. Ibid.,19°. 80 Su questi problemi cfr. M. Eliade, a cura di E. Fadini, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino, 1979; .M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, 2 voll., a cura di V. Vacca, Boringhieri, Torino, 1988; A. C. Bouquet, Breve storia delle religioni. Uno studio comparato di tutte le religioni del mondo, con una scelta dei testi sacri più importanti, a cura di M. Cenerini, Mondadori, Milano, 1979. 79


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Nel capitolo successivo, celeberrimo, Dio parla a Mosè e gli enuncia i suoi comandi81, i cui nodi concettuali essenziali risultano essere i seguenti: 1. Dio si presenta come un Dio della storia, che ha salvato e liberato gli Ebrei dall’Egitto; Dio quindi è entrato nella storia, la storia è salvata, redenta da Dio. Dio è unico: per questo gli Ebrei rifiutano Gesù Cristo, Dio è unico e non può avere figli, l’idea di un “figlio di Dio” per gli Ebrei è inaccettabile; 2. Israele rifiuta qualsiasi immagine di Dio, perché le immagini ricordano gli idoli dei vicini popoli pagani. Non ci sarà altro Dio e non si pronuncerà invano il nome di Dio; 3. E’ d’obbligo santificare il giorno di sabato: è un tempo santo82; 4. Si devono onorare il padre e la madre. E’ la salvaguardia della famiglia, molto importante; 5. Non si deve mai uccidere: è la salvaguardia del diritto alla vita; 6. Non bisogna commettere adulterio: è l’affermazione del diritto matrimoniale83; 7. Non si deve rubare; 8. Non si deve fare falsa testimonianza, quindi non bisogna violare la legge; 9. Non si deve desiderare la casa del prossimo; 10. Non si deve desiderare la donna degli altri. Questi ultimi due punti intendono tutelare non tanto la donna, quanto la proprietà: si nota, nei dieci comandamenti, una ripresa del maschilismo biblico. Nelle parole di Dio si condanna il desiderio, che, biblicamente, è il progetto teso a prendere le cose altrui84. Si tenga ben presente che i suddetti concetti sono le parole di Dio, non ancora le tavole della Legge, che saranno date in seguito. Nei capitoli 22° e 23° seguono testi di carattere legislativo relativi ai codici dell’alleanza. Il capitolo 24° segna la conclusione dell’Alleanza e si racconta un pasto di comunione85 dal punto di vista javista, mentre, nello stesso capitolo, la tradizione eloista vuole segnare l’alleanza con il rito del sangue86. Nell’ultima parte del capitolo l’alleanza è sigillata con tavole di pietra: Mosè sale sul monte e vi rimane 40 giorni e 40 notti. 81

Cfr. Esodo,…cit., 20°. Sono le parole di Dio, non ancora i “dieci comandamenti”, che saranno forniti in seguito, soltanto nel capitolo 24°. 82 I cristiani santificano la domenica perché è il giorno della Resurrezione, nella quale gli Ebrei non credono. 83 Teniamo presente che le società antiche sono maschiliste, quindi l’adulterio è femminile, in quanto la donna è proprietà del marito. 84 Nel Vangelo di Matteo si condanna il desiderio ancor prima dell’azione. 85 Cfr. Esodo,…cit., 24°, i vv. 1-3 e 9-11 sono di tradizione javista, i vv. 3-8 sono di tradizione eloista. 86 Ibid.


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Successivamente87 Mosè costruirà un santuario mobile per custodire le tavole, in quanto ancora non c’è il tempio. Il popolo di Israele costruisce poi un grande idolo88, il vitello d’oro, ed è questo un suo grande peccato: Mosè chiede perdono a Dio per il suo popolo e Dio rinnova l’Alleanza, raccogliendo così la richiesta di Mosè. Negli ultimi capitoli dell’Esodo89 viene costruita l’arca dell’Alleanza: il Dio dell’Esodo è il Dio che accompagna il popolo ebraico nel suo cammino, non ha bisogno di grandi templi.

I.6. GLI ULTIMI TRE LIBRI DEL PENTATEUCO. Per quanto concerne gli ultimi tre libri del Pentateuco, ci limiteremo ad uno schema essenziale: A) Il Levitico parla della storia della tribù di Levi ed insiste sul concetto di Santità. B) Il Libro dei Numeri concerne un censimento delle tribù di Israele. C) Il Deuteronomio è una parola greca che significa “seconda legge”. Qui l’espressione va intesa come “rilettura” della Legge ad opera di Mosè. E’ questo il libro più importante di questi ultimi tre libri del Pentateuco. La forma letteraria è del tutto nuova: il libro si presenta come una grande omelia costituita dai discorsi che Mosè rivolge al popolo. Mosè esorta, più che comandare, persuade il suo popolo a seguire le Legge di Dio, alla quale corrisponde la benedizione (cioè la “protezione”) di Dio. Coloro che si allontaneranno e trasgrediranno la Legge di Dio saranno invece maledetti (cioè “non più protetti”). La Legge non è un’imposizione, ma un dono che Dio ha fatto al suo popolo, se il popolo la trasgredisce, perderà la terra e tornerà in esilio. La Legge è un patto costituito da una serie di precetti da osservare. Tuttavia il popolo trasgredirà il patto: Samarìa, capitale del Regno del Nord, sarà distrutta nel 721 a. C., il Regno del Nord sarà trasportato al Sud, il Regno del Sud sarà poi trasferito a Babilonia nel 587 a.C. , città del peccato, della lussuria e della trasgressione, il tempio sarà distrutto, la catastrofe si abbatterà sul popolo. La responsabilità di tutte queste catastrofi è del popolo d’Israele, che ha, più volte e volontariamente, trasgredito il patto contratto con Dio. Passeremo adesso all’analisi dei libri sapienziali, in quanto i libri storici non sono oggetto del presente lavoro. 87

Ibid., capp. 25°/31°. Ibid., capp. 32°/34°. 89 Ibid., capp. 35°/40°. 88


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CAPITOLO II: LA LETTERATURA SAPIENZIALE I libri sapienziali saranno trattati solo per linee molto generali, e ci si soffermerà soltanto sui punti più salienti. Nel Libro di Giobbe90, Giobbe, un uomo giusto, si chiede cosa ha fatto di male ed invoca una risposta da Dio. Più importante è sicuramente il Libro dei Salmi: contiene 150 salmi ed era il libro delle preghiere del popolo d’Israele. Durante la preghiera, i salmi si leggono a cori alterni. Ci sono vari tipi di salmi. alcuni invocano protezione per sé stessi, altri per il re. E’ la preghiera per eccellenza degli Ebrei. La lettura dei salmi era una lettura corale cantata, accompagnata dal suono della cetra o dei tamburelli. I salmi sono di autore ignoto, probabilmente ripresi dai sacerdoti e da loro riscritti. Il 1° salmo ci parla di due vie, quella dei peccatori e quella del Signore , unica via di salvezza, ed insiste sul valore salvifico dell’acqua91. Nel salmo 8 l’uomo è posto al vertice della creazione, è “poco meno di un Dio”92, è un Signore sulla natura, eppure soffre quotidianamente le conseguenze del peccato originale. Si celebra la grandezza di Dio, che ha esaltato l’uomo, nonostante il peccato93. E’ questo un ‘uomo storico e storicizzato’, che supera quindi la prospettiva della Genesi. Nel salmo 16, concettualmente molto importante, l’orante si rivolge a Dio chiedendo che lo assista e soprattutto che lo protegga (si riafferma la categoria di ‘benedizione’ come ‘protezione’) dall’idolatria. Colui che prega vuole rifugiarsi solo in Dio. Gli idoli pagani, qui chiamati “un dio straniero”94, hanno bocca, e non parlano, hanno occhi, e non vedono, sono solo delle statue, dei simulacri, mentre Javèh parla al suo popolo. Solo Dio è Vita e Bene, inteso, Dio inteso come comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo, ovvero come Koinonia. La superbia è male, peccato, morte95. Il salmo 22 ci parla delle sofferenze e della gloria del giusto96, che sarà, nel Nuovo Testamento, quella di Cristo, destinato ad essere crocifisso in terra sconsacrata, fuori dalla città. Il salmo 23 è celeberrimo: si riconosce il Signore come unico mio pastore97, mentre nel salmo 46 Dio è rifugio e forza. 90

Cfr. Libro di Giobbe, 7°, 16-21. Cfr. Libro dei Salmi, 1, vv. 1-4. 92 Ibid., 8, v. 6. 93 Ibid., vv.5-7. 94 Ibid., 16, v. 4. 95 Ibid., vv. 2-11. 96 Ibid., 22, vv. 2-9.

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Il salmo 51 ha un’importanza filologica: compare, per la prima volta nell’Antico Testamento, il termine Ruàh come spirito santo98. Nel salmo 76 Javèh salva il suo popolo camminando sulle acque99. Il salmo 119 è un salmo ‘alfabetico’: ogni strofa inizia con una lettera dell’alfabeto ebraico. Nel salmo 131 si afferma che la fede è l’abbandono totale dell’uomo a Dio100 (Abramo per questo è l’esempio della fede assoluta): per credere bisogna essere quiete e sereni “come un bimbo svezzato”101. Molto letto e commentato è anche il salmo 144: il Signore, si dice, è la “mia roccia”102, al quale “canterò un canto nuovo”103. Emerge, nella conclusione del salmo, anche la definizione di dio come “Signore”104, appunto “Kyrios”. Nel Libro del Siracide ci sembra particolarmente importante un passo in cui afferma che chi si ciba della Sapienza (intesa in senso laico e profano, filosofico, astratto), avrà ancora fame e sete di lei105, mentre chi si ciba del Signore sarà sazio; notevoli, in proposito, sono riferimenti possibili al Vangelo giovanneo106, il più ‘filosofico’ tra i quattro vangeli.

97

Ibid., 23, v.1, 4. Ibid., 51, v.14, si parla esattamente di “spirito generoso”. 99 Ibid., 76, vv. 17, 20. 100 Ibid., 131, v. 1. 101 Ibid., v. 2. 102 Ibid., 144, v.1. 103 Ibid., v.9. 104 Ibid., v. 15. 105 Cfr. Libro del Siracide, 24, v. 21. 106 Cfr. Giovanni, Vangelo, 6: si afferma ivi che chi si ciba di Cristo e beve il suo sangue, sarà sazio, e si sostiene anche che Cristo si sostituisce alla Sapienza. 98


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CAPITOLO III: I LIBRI PROFETICI. III.1.INTRODUZIONE. Il termine “profeta” significa, dal greco, “parlare davanti a qualcuno” o “parlare al posto di qualcuno”. Il profeta annuncia ciò che dio gli suggerisce. Ciò che i profeti dicono, molte volte è un rimprovero scomodo, un richiamo all’Alleanza che non viene rispettata. Ogni profeta opera nel suo specifico contesto storico ed ogni profeta ha una 1. Vocazione, in quanto viene chiamato (chiamare in latino si dice appunto “vocare”) da Dio. Il profeta non è una persona particolare, ma un uomo qualunque che risponde ad una chiamata; il profeta ha anche una 2. Missione, quella di annunciare la parola di Dio, di cui è servo. Il profeta viene purificato sulle labbra, come Isaia, per parlare. Nella letteratura profetica si affrontano i temi della giustizia e del culto, che deve corrispondere ad uno stile di vita per non essere vacuo. Nella Bibbia, i profeti si distinguono in: 1. Maggiori, che sono quattro, Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele; 2. Minori. Gli studi attuali hanno operato una seconda distinzione dei profeti in 1. Preclassici o orali (Samuele, Elia); 2. Classici o scritti (i libri scritti dai profeti stessi). Questo secondo gruppo di profeti è quello più importante e si articola a sua volta in tre gruppi: a. Prima dell’esilio (Amos, Osea, Geremia, il primo Isaia); b. Durante l’esilio (il secondo Isaia, Ezechiele); c. Dopo l’esilio (Zaccaria e Malachia, che si concentrano sul culto del tempio, ed il terzo Isaia, detto anche “Deuteroisaia”). I profeti svolgono la loro funzione sia nel Regno del Nord (con capitale Samarìa), che nel Regno del Sud (con capitale Gerusalemme). Samarìa viene distrutta dagli Assiri nel 721 a. C., Gerusalemme viene distrutta dai babilonesi nel 587 a. C. I profeti classici o scritti del 1. Regno del Nord sono Amos ed Osea, il più importante profeta che opera nel 2. Regno del Sud è Isaia. Il Libro di Isaia è il libro più lungo di tutte le Scritture, consta di 66 capitoli.


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1. Il primo Isaia, prima dell’esilio, si è cimentato nei capitoli 1°-39°; 2. Il secondo Isaia, durante l’esilio, ha redatto i capitoli 40°-55°; 3. Il terzo Isaia, dopo l’esilio, ha scritto i capitoli 56°-66°. Il Libro di Isaia è scritto ovviamente da personaggi diversi, in quanto opera in tre periodi storici differenti. III.2.PROFETI CLASSICI O SCRITTI CHE OPERANO AL NORD PRIMA DELL’ESILIO. I profeti in questione sono due: Amos e Osea. Amos svolge la sua attività al Nord, tra il 760 ed il 750 a. C. Era un allevatore di bestiame. E’ ispirato durante il Regno di Geroboamo II. Abbandona il suo lavoro per rispondere alla chiamata di Dio. Il Regno del Nord vive un periodo di relativo benessere, sia all’interno che all’esterno, ma il Regno è in preda a forti distinzioni sociali, tra pochi ricchi e molti poveri. Amos parla e scrive contro l’ingiustizia e l’oppressione, per la giustizia e il diritto. La causa di tale situazione per Amos consiste nel fatto che il popolo si è dimenticato la sua origine ed ha rotto l’alleanza. Il culto è ridotto a mera esteriorità, senza alcun rapporto con la vita concreta. Il profeta Osea opera al Nord, come Amos, tra il 750 ed il 725 a. C., poco prima dell’invasione degli Assiri. E’ quasi contemporaneo di Amos. Osea è preoccupato non tanto della situazione sociale, quanto di quella religiosa; i sacerdoti non sono buoni pastori e conducono il popolo alla rovina. Il popolo si dà ai culti pagani. La parte più famosa del Libro di Osea sono i primi tre capitoli, che parlano del matrimonio di Osea: la moglie era una prostituta. Il matrimonio del profeta Osea con una prostituta è la metafora dell’Alleanza tra Dio ed il popolo ebraico, che rappresenta la sposa fedifraga. La storia d’amore che segue è stilisticamente una delle più belle delle Scritture. Si narra una storia d’amore tra Dio e la sua sposa, ma quando il popolo tradisce, Dio non ama più suo popolo, non esiste più per Lui. I figli della prostituzione sono non-amati, l’alleanza è rotta. La sposa infedele (cioè il popolo ebraico) deve togliersi i segni della prostituzione dal viso, altrimenti il Signore la renderà nuda (era una consuetudine giuridica). Dio punirà la sposa infedele, impedendole di seguire i suoi amanti, sbarrandole la strada con delle spine. Allora la sposa tornerà da Dio, ma non è convinta, lo fa solo per comodo, non è una vera conversione. La sposa non ha capito che, se fosse stata fedele, avrebbe avuto i doni del marito e non degli amanti e si è dimenticata del marito. Segue la seconda punizione di Dio, che è una punizione molto particolare: Dio la porta nel deserto e parla al suo cuore, come un secondo fidanzamento. E’ questo un “contro-esodo simbolico”, è quindi una nuova alleanza. Segue la predizione della fine del Regno di Giuda.


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Osea: 1. È il primo profeta che parla dell’alleanza tra Dio e popolo nei termini di una storia d’amore, di un matrimonio che può essere recuperato; 2. Presenta un nuovo rapporto tra Dio e peccatore. La sequenza è: peccato

perdono

conversione. Prima il perdono, poi la conversione; senza il

perdono, non c’è la conversione. Un aspetto molto importante del Libro di Osea è che Dio viene maggiormente “umanizzato”, con la storia d’amore. III.3. PROFETI CHE OPERANO AL SUD. Isaia è il più importante profeta che opera al Sud; sono sicuramente autografi dell’autore i primi dodici capitoli del suo libro. I primi 39 capitoli sono comunque stati scritti prima dell’esilio, ovvero tra il 740 ed il 701 a. C., nell’VIII° secolo a. C. Isaia opera nel Regno di Giuda, al Sud, ed il Libro di Isaia ha la struttura tipica dei libri profetici, oracolare. Lo schema dei capitoli del “primo Isaia”, cioè dei primi 39 capitoli, è il seguente: 1. Capitoli 1-5 – sono di mano di Isaia, è la fase più antica della sua attività e parla degli oracoli contro Israele; 2. Capitoli 6-12 – sono sempre sicuramente di mano di Isaia e costituiscono il cosiddetto “libro dell’Emanuele”, cioè di “Dio con noi” (è infatti questa la traduzione del nome ebraico “Emanuele”, mentre “Gabriele” significa “mandato da Dio”, con riferimento all’arcangelo Gabriele nel Nuovo Testamento); 3. Capitoli 13-23 – si parla degli oracoli sulle nazioni e sui popoli stranieri; 4. Capitoli 24-27 – si narra la cosiddetta “Grande Apocalisse”, nel V° secolo a. C.; 5. Capitoli 28-33 – si parla degli oracoli su Israele e sul Regno di Giuda; 6. Capitoli 34-35 – costituisce la “piccola Apocalisse”, scritta dopo l’esilio; 7. Capitoli 36-39 – si discute della scuola deuteronomista, molto più tarda, del 640 a. C. circa, al tempo della riforma morale del re Giosia. Il significato ebraico del nome “Isaia” è “Javèh salva”. Isaia nasce circa nel 760 a. C., forse da famiglia benestante; era sposato, come lui stesso dichiara107. Il piccolo Regno di Giuda, al Sud, in cui Isaia si trova ad operare come profeta, vive in un momento politicamente non facile, schiacciato da altre nazioni, come uno ‘Stato cuscinetto’. Nel Regno di Giuda si distinguono tre periodi:

107

Cfr. Libro di Isaia, 8°, v. 3.


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1. 739 – 735 : Regno di Iotam. E’ un periodo di benessere, Isaia annuncia108 il castigo di Dio: l’invasione militare degli Assiri. 2. 734 – 727 – Regno di Acaz. E’ il periodo in cui si verifica l’invasione degli Assiri, come annunciato in precedenza: è l’attuazione della punizione divina. In questo periodo Isaia scrive il “libro dell’Emanuele109”. 3. 727 – 698 – Regno di Ezechia. Gli Assiri distruggono Samarìa, capitale del Regno del Nord, nel 721. Il profeta annuncia anche che Dio punirà l’Assiria e dice al popolo ebraico di non allearsi con l’Egitto contro gli Assiri, perché sarà Dio a punire gli Assiri. Ma il popolo non capisce e non si converte. La profezia di Isaia è quindi rimasta inascoltata. Nella Bibbia esiste un genere letterario costituito da: 1. Chiamata di Dio (o invocazione); 2. Risposta umana di accettazione (o obiezioni, come nel caso di Mosè); 3. Missione affidata da Dio; 4. Purificazione, che avviene sulla bocca del profeta da parte di Dio o di un angelo (la bocca è infatti il ‘luogo’ che va purificato, in quanto ‘strumento’ con il quale il profeta parla ed annuncia al popolo la parola divina); 5. Annuncio della parola di Dio da parte del profeta, una volta purificato nella bocca.

III.4. ANALISI DI TRE VOCAZIONI: ISAIA, GEREMIA, EZECHIELE. A)Vocazione di Isaia. Nei primi versi si avverte la presenza del Signore nel tempio110; Isaia ha sentito la vocazione o ‘chiamata’ nel tempio. Isaia dichiara di aver visto Dio: è una visione, non una rivelazione. Dio si presenta come il re degli eserciti, con tanto di manto regale e corte di serafini (serafino, da “serà”, che significa “colui che brucia d’amore”). I serafini hanno sei ali: con due si coprono il viso per il fumo, con altre due si coprono il sesso (che per i serafini sono i piedi) e con le ultime due volano. La chiamata di Isaia coinvolge tutti i sensi: vista, tatto, olfatto, udito, gusto. Uno dei serafini, con un carbone ardente, ha toccato le labbra di Isaia e le ha purificate. Isaia si rende disponibile alla chiamata di Dio e Dio gli affida la missione111, che consiste nell’andare dal popolo ed annunciare una serie di disastri, che distruggerà quasi tutto il

108

Ibid., 5°. Ibid., 6°/12°. 110 Ibid.,6°, vv. 1-4. 111 Ibid., 6°, vv.1-13. 109


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popolo, ma ne risparmierà un piccolo ceppo, che sarà una progenie santa: dopo il castigo resta quindi una speranza finale112. E’ la cosiddetta “teologia del resto di Israele”113. B)Vocazione di Geremia. Dio dichiara di conoscere Geremia ancor prima che nascesse (si ricordi che “conoscere” in senso biblico significa “fare esperienza”, anche in un’accezione sessuale, come se fosse un matrimonio carnale). Geremia risponde a dio con un’obiezione: dichiara di avere paura perché è giovane e non sa parlare. Ma Dio gli dice di non temere perché Dio è con lui e non lo abbandona. Dio tocca a Geremia la bocca con la mano e così gliela purifica. Il Signore affida a Geremia una missione che prima è distruttiva, poi è costruttiva. Seguono due visioni che Dio fa fare a Geremia114: 1. Un ramo di mandorlo, che testimonia la volontà di Dio di affidare a Geremia la missione; 2. Una caldaia sul fuoco che pende verso Nord, che testimonia l’invasione del Sud dal Nord e preannuncia la fine del Regno del Sud, tale invasione è la punizione di Dio al popolo che è stato infedele e ha adorato gli idoli. Il Nord invaderà e distruggerà anche il Regno del Sud. C)Vocazione di Ezechiele. Ezechiele viene deportato in un luogo chiamato Tel-Aviv, che significa “luogo delle spighe”. Qui Ezechiele, che è anche un sacerdote, riceve la sua vocazione come profeta. Dio dice ad Ezechiele che dovrà parlare ad un popolo di ribelli testardi e con il cuore indurito, ma Ezechiele non deve temerli. Anche Ezechiele viene purificato sulla bocca perché Dio gli fa mangiare un rotolo in cui sono scritti lamenti, pianti e guai. Dio chiama Ezechiele “figlio dell’uomo”, mentre il popolo ebraico è una “generazione di ribelli”. Ezechiele mangia i rotolo contenente lamenti, pianti e guai, ma dichiara che tale rotolo è “dolce come il miele”: è questa l’allegoria della parola di Dio, che è dura, ma anche dolce per chi la vuole ascoltare. Gli israeliti non vogliono ascoltare Ezechiele, perché non vogliono ascoltare Dio115. III.5.STORIA DEL PROFETA GEREMIA. Geremia nasce intorno a Gerusalemme: ebbe la vocazione intorno al 627 a. C.; assiste all’assedio dei Babilonesi. La sua opera di profeta si svolge in quattro periodi:

112

Ibid., 11°, vv.1-9: si presenta in questi versi una sorta di età dell’oro, di speranza. Ibid., 10°, vv.10-20. 114 Cfr. Libro di Geremia, 1°,vv.4-19. 115 Cfr. Libro di Ezechiele, 2°, 3°, vv.1-6. 113


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1. Periodo del re Giosia. Giosia attuò una riforma morale e religiosa intorno al 640 a. C. , con la quale voleva riportare il popolo all’integrità. Combatte l’idolatria. E’ questo il punto di vista deuteronomista. 2. Periodo di Ioachim. Siamo nel 597 a. C. : iniziano le invasioni babilonesi. Figlio di Giosia, Ioachim reintroduce l’idolatria. Seguono azioni simboliche di Geremia116, per far capire al popolo che sta sbagliando. Azioni simboliche sono quelle della cintura marcita o dei boccali fracassati, che simboleggiano l’annuncio delle devastazioni. Geremia non viene ascoltato, il rotolo delle sue profezie viene bruciato e Geremia finisce in prigione. E’ avvicinato alla figura del “servo sofferente”, cioè il profeta che non viene mai ascoltato, ma, nonostante questo, persevera nella sua missione. La missione cristiana, invece, vede nel servo sofferente Gesù Cristo. Segue lo sfogo del profeta, che si lamenta ed arriva addirittura a maledire il giorno della propria nascita: è, questa parte, definita “le confessioni”117. 3. Regno di Sedecìa. Dopo un inizio di governo abbastanza tranquillo, il popolo si chiede il motivo dell’inizio delle deportazioni babilonesi degli Ebrei (siamo nel 597 a. C.). Per Geremia, gli esuli sono coloro che hanno accettato il castigo di Dio. Sadecìa vorrebbe costituire un’alleanza anti-babilonese, ma Geremia la sconsiglia, affermando che Dio punirà i Babilonesi. Geremia afferma quindi che in questo periodo gli Ebrei devono sottomettersi ai Babilonesi; Dio si serve dei Babilonesi per punire l’infedeltà degli Ebrei. Geremia viene nuovamente incarcerato: siamo nel 593 a. C. e cade Gerusalemme. 4. Ultimo periodo. Geremia viene liberato e resta a Gerusalemme, si rifiuta di andare a Babilonia, anche se è libero di scegliere. Gerusalemme è distrutta, il Regno del Sud è finito. Qui si perde la storia di Geremia. La storia di questo profeta assume toni diversi a seconda dei contesti storici: 1. Invito alla conversione ed abbandono delle infedeltà e del politeismo pagano; 2. 597 -987 a. C.: invito a sottomettersi ai Babilonesi, perché questo è da farsi in questo periodo. Geremia ci parla della “circoncisione del cuore”: la legge è scritta nel cuore, è interiorizzata, non è più scritta, come al tempo di Mosè, su tavole di pietra. La legge non è quindi la mera osservanza di ciò che è di fuori. La religione viene sempre più interiorizzata, non è un rito o un evento sentito come estraneo. Isaia denuncia, con la “circoncisione del cuore”, l’esteriorità 116 117

Cfr. Libro di Geremia,…cit., 13°,vv.1-4, 18°, vv.18-19, 19°, vv. 1 e sgg. Ibid., 20°.


41

del culto che non corrisponde allo stile di vita autentico118. La vita esteriore non può essere separata da quella interiore. Il profeta annuncia poi una nuova alleanza tra Dio ed il suo popolo fondata sul cuore. Dio perdona l’infedeltà del suo popolo e non si ricorderà del peccato. Tramite il cuore, quindi “da cuore a cuore”, si ricorderà Dio119. La linea del Nuovo Testamento prosegue questa linea della Nuova Alleanza mediante l’istituzione, da parte di Gesù, dell’eucarestia: sarà quella un’alleanza fondata sul corpo e sul sangue di Cristo. III.6. STORIA DEL PROFETA EZECHIELE. Ezechiele va in esilio nel 597 a. C. a Tel Aviv, “luogo delle spighe”, come si è detto. Ha due attività, infatti è: 1. Sacerdote e 2. Profeta. Nella sua attività si distinguono due periodi: 1. 593 - 587: oracoli di castigo; 2. 586 – 571: oracoli di speranza. 1.Oracoli di castigo. Ezechiele annuncia che il castigo sarà lungo e duro, come l’esilio. Un carro, che rappresenta la gloria di Dio, abbandona Gerusalemme ed arriva a Babilonia per testimoniare che la gloria di Dio segue il popolo in esilio e per affermare che coloro che sono andati in esilio hanno accettato il castigo di Dio. Il popolo viene castigato perché ha un cuore di pietra e non ascolta il profeta perché non vuole ascoltare Dio. Dio si serve della potenza babilonese per punire il suo popolo. Il castigo dei padri ricade sui figli120 (come anche in Egitto, quando morirono i primogeniti degli Egiziani), come una sorta di “nemesi storica121”. Ezechiele interrompe la responsabilità collettiva del peccato: la responsabilità per Ezechiele è personale, e non di generazione in generazione. Ognuno è responsabile delle azioni che compie. E’ questa, indubbiamente, una concezione molto moderna nell’Antico Testamento.

118

Anche il profeta Ezechiele parlerà, più tardivamente, di voler dare un “cuore nuovo” al popolo, cfr. Libro di Ezechiele, …, cit. La vacua e mera esteriorità del culto giudaico sarà duramente condannata anche da un celeberrimo filosofo tedesco del primo Ottocento, G. W. F. Hegel, in Scritti teologici giovanili, 2 voll., a cura di N. Vaccaro - E. Mirri, Guida, Napoli, 1977. 119 Cfr. Libro di Geremia, …cit., 31°, 31-34. 120 Cfr. Libro di Ezechiele, …cit., 18°, v. 2. 121 Il concetto di “nemesi storica” ritorna anche nella poesia carducciana dell’Ottocento.


42

2.Oracoli di speranza. Ezechiele annuncia una nuova creazione da parte di Dio, con funzione consolatoria nei confronti degli esuli122: Ezechiele, inizialmente, parla del “passato di Israele”123 con la storia delle sue infedeltà. Allora Dio vuole intervenire per mostrare la sua santità, e darà al popolo un “cuore nuovo”124, che sembrerà una nuova creazione. Israele sarà ricostruita, sul deserto sorgerà terra coltivata125. E’, quest’ultimo, un punto di vista sacerdotale: Ezechiele è infatti sacerdote e profeta.

122

Cfr. Libro di Ezechiele,…, cit.., 36°, vv. vv. 16.38. Ibid., vv. 16-21. 124 Ibid., vv. 22-32125 Ibid., vv. 38-48 e 37°, vv. 13-14. 123


43

CONSIDERAZIONI FINALI L’ obiettivo di questo lavoro è di duplice natura: 1. Da un lato è stato quello di ricercare sui testi biblici dell’Antico Testamento quei passi inerenti al rapporto tra Dio e l’uomo per quanto concerne l’ottica giudaica, ovvero il continuo alternarsi di patti e tradimenti, questi ultimi sempre da parte del popolo ebraico; 2. Offrire un’utile guida di lettura dei principali libri dell’Antico Testamento. In particolare, si è dedicata attenzione al Pentateuco, e specificamente ai libri della Genesi e dell’Esodo, mentre si sono considerati solo per sommi capi gli ultimi tre libri del Pentateuco (Levitico, Numeri e Deuteronomio), i libri storici e la letteratura sapienziale, in quanto meno attinenti al nostro ambito di ricerca. L’ultima parte del lavoro si è concentrata invece sui libri profetici ed ha voluto approfondire la vita e l’opera dei principali profeti che hanno operato, in diversi periodi della storia biblica, sia al Nord che al Sud, anche in momenti storico-politico-sociali di altissima tensione. In particolare, si sono analizzati i seguenti passi: A. Introduzione generale alla Sacra Scrittura. A.1. Che cos’è la Bibbia. A.2 La formazione dei libri biblici. A.3 I generi letterari. A.4 Rapporto tra Rivelazione, Storia, Bibbia, popolo di Israele. B. Introduzione all’Antico Testamento. B.1.L’Antico Testamento è parola di Dio scritta in parole umane. B.2.Note di geografia biblica, panorama storico e linguaggio dell’Antico Testamento. C. La Torah. C.1.I libri della Torah. C.2.Il contenuto della Torah. C.3.Il cammino di Israele con la Torah. D. Genesi: la memoria delle proprie radici. D.1.Genesi 1°-11°: progetto di Dio e scelte dell’uomo. D.2.Lettura esegetica Genesi,capp. 1°-3° D.3.Genesi 12-50: i patriarchi e le radici del popolo ebraico. D.4.Abramo, Isacco, Giacobbe.


44

D.5.Giuseppe. D.6.Lettura esegetica: Genesi,. Cap. 12°, vv. 1-9; capp. 15° e 22°.

E.

Esodo: lettura di un evento di liberazione. E.1.Esodo come evento fondante (storicità, salvezza, narrazione, celebrazione). E.2.Il Libro dell’Esodo: struttura e contenuti. E.3.Il Libro del Levitico: caratteri generali. E.4.Il Libro dei Numeri: caratteri generali. E.5.Lettura esegetica: la storia di Mosè (Esodo, capp. 2°-4°); il passaggio del mare (cap. 14°), il Sinai (il cammino nel deserto, Esodo, capp. 16°-18° e l’alleanza, Esodo, capp. 19°-20°).

F.

I profeti F.1.Vocazione e missione dei profeti. F.2.Amos e Osea: giustizia e misericordia. Lettura esegetica: Osea, capp. 1°-3°. F.3.Isaia e Geremia: fede e speranza. F.4.Lettura esegetica: Isaia, 6°. F.5.Lettura esegetica: Geremia, cap. 1°, vv. 4 -19, cap. 31°, vv. 31-34. F.6.Ezechiele. esilio e ritorno. F.7.Lettura esegetica: Ezechiele, capp. 1°-3°, cap. 36°, vv. 16-38.

Quello che mi sembra fondamentale rilevare è il nesso tra antica e nuova alleanza: tale nesso, ravvisabile in più luoghi dell’Antico Testamento, è, a mio avviso, riscontrabile in modo esemplare nei due passi seguenti. Il Libro di Daniele, profeta del II secolo a. C., usa l’espressione “figlio dell’uomo”126 per indicare il “figlio di Dio”: è questa sicuramente un’espressione che getta un ponte tra Antico e Nuovo Testamento. Il profeta Malachia prevede la purificazione del tempio127, che sarà compiuta però solo da Gesù nel Nuovo Testamento, come si evince dal vangelo giovanneo128. Sono, questi, due importanti preannunci della ‘Nuova Alleanza’ di cui si parlerà nel Nuovo Testamento.

126

Cfr. Libro di Daniele, 7°, v. 13. Cfr. Libro di Malachia, cap. 3°, v. 1. 128 Cfr. Giovanni, Vangelo,…cit., cap. 1°, v. 51. 127


45

BIBLIOGRAFIA La seguente bibliografia si articola in 4 sezioni: 1. Fonti primarie. 2. Fonti secondarie specifiche. 3. Fonti secondarie generali. 4. Filmografia. Tutti i testi considerati in questa sezione sono stati esaminati in La Sacra Bibbia, S.E.I., U.E.L.C.I., Libreria Editrice Vaticana, CittĂ del Vaticano, 2008. A) Fonti primarie. Antico Testamento.

Dal Pentateuco: Libro della Genesi; Libro dell’Esodo; Libro del Levitico; Libro dei Numeri; Libro del Deuteronomio.

Dai Libri storici: Libro di Samuele.

Dai Libri sapienziali: Libro di Giobbe; Libro dei Salmi; Libro del Siracide.

Dai Libri profetici: Libro del profeta Isaia; Libro del profeta Geremia; Libro del profeta Ezechiele; Libro del profeta Daniele; Libro del profeta Osea; Libro del profeta Malachia.


46

B) Fonti secondarie specifiche. N. B. E’ doveroso precisare che i testi seguenti sono tutti di autori italiani o in traduzione italiana; non si è ritenuto necessario estendere la bibliografia anche a testi in lingua straniera, in quanto è già ampiamente esauriente il repertorio in italiano. •

AA. VV., I libri di Dio. Introduzione generale alla Sacra Scrittura, Marietti, Torino, 1975.

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AA. VV., Il testo biblico: per un approccio scolastico, Sei, Torino, 1990.

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Benoit P., La verità nella Bibbia, in AA. VV., La verità della Bibbia nel dibattito attuale, GdT 21, Queriniana, Brescia, 1968.

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Nobile

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Introduzione

all’Antico

Testamento.

La

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veterotestamentaria, EDB, Bologna, 1995. •

Pacomio L., Il linguaggio letterario della Bibbia, in AA.VV., I libri di Dio, Marietti, Torino, 1975.

Pacomio L., Studio intrinseco della letteratura biblica, in AA. VV., I libri di Dio, Marietti, Torino, 1975.

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Ravasi G., Il racconto del cielo. Le storie, le idee, i personaggi dell’Antico Testamento, Mondadori, Milano, 1995.

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Schokel A., La parola ispirata, Paideia, Brescia, 1967.

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Von Rad, Teologia dell’Antico Testamento, vol. I, Paideia, Brescia, 1972.

Wénin A., L’uomo biblico,. Letture nel Primo Testamento, Dehoniane, Bologna, 2005.

C) Fonti secondarie generiche. N. B. Per testi letterari di autori particolarmente noti non è sempre stata indicata l’edizione. •

Alfieri V., Saul.

Bori P. C., La Chiesa primitiva, in “Dipartimento di Scienze religiose”, Queriniana, Brescia, 1982.

Bouquet A. C., Breve storia delle religioni. Uno studio comparato di tutte le religioni del mondo, con una scelta dei testi sacri più importanti, a cura di M. Cenerini, Mondadori, Milano, 1979.

Costituzione dogmatica del Concilio Vaticano II “Dei Verbum”, sulla Divina Rivelazione, in Il Concilio Vaticano II. Costituzioni – Decreti – DichiarazioniDocumenti complementari con indice analitico teologico-pastorale. Testo latino e italiano, Edizioni Dehoniane, Bologna, 1966.

Giovanni, Vangelo.

Eliade M., Il sacro e il profano, a cura di E. Fadini, Boringhieri, Torino,1979;

Eliade M., Trattato di storia delle religioni, a cura di V. Vacca, Boringhieri, Torino, 1988.

Hegel G. W. F., Scritti teologici giovanili, a cura di N. Vaccaro – E. Mirri, Guida, Napoli, 1977.

Kierkegaard S., Aut-Aut (Enter-Ellen), a cura di R. Cantoni, Mondadori, Milano.

Lessing G. E., Natan il saggio, Garzanti, Milano, 2007.

Matteo, Vangelo.

Paolo di Tarso, Lettera ai Galati.

Schweizer E. – Dìez Macho A., La Chiesa primitiva. Ambiente, organizzazione e culto, in “Studi biblici n° 51”, a cura delle Benedettine di Civitella San Paolo, Paideia, Brescia, 1980

Simon M. – Benoit A., Giudaismo e cristianesimo, a cura di A. Giardina, Laterza, Roma-Bari, 1978.


50

D) Filmografia.

Sull’Antico testamento si segna anche la visione dei seguenti importanti film di carattere storico-biblico: •

Abramo, regia di Joseph Sargent, 1994.

Davide, regia di Robert Markowitz, 1997.

Genesi: la creazione e il diluvio, regia di Ermanno Olmi, 1994.

I dieci comandamenti, regia di Cecile B. De Mille, con Yul Brinner, 1956.

Il principe d’Egitto, 1988.

In the beginning (In principio era), regia di Kevin Connor, 2000.

La Bibbia, regia di John Huston, 1966.

Mosè, regia di Gianfranco De Bosio, con Burt Lancaster e Michele Placido, 1974.


51

INDICE GENERALE CAP./PAR. TITOLI

PAG.

Frontespizio-copertina

1

Dedica, memoria, saluti e ringraziamenti

2

Premessa

3

Prefazione

3

Introduzione

5

A)

La Rivelazione

5

B)

La Storia

5

C)

La Bibbia

6

D)

Israele

7

I

Il Pentateuco

8

I.1

Introduzione

8

I.2

La formazione del Pentateuco

11

I.3

Il libro della Genesi: introduzione e punti di vista

12

I.4

Il libro della Genesi: esegesi

14

I.5

Il libro dell’Esodo: tematiche ed analisi testuale

22

I.6

Gli ultimi tre libri del Pentateuco

32

II

La letteratura sapienziale

33

III

I libri profetici

35

III.1.

Introduzione

35

III.2

Profeti classici o scritti che operano al Nord prima dell’esilio

36

III.3

Profeti che operano al Sud

37

III.4

Analisi di tre vocazioni: Isaia, Geremia, Ezechiele

38

A)

Vocazione di Isaia

38

B)

Vocazione di Geremia

39

C)

Vocazione di Ezechiele

39

III.5

Storia del profeta Geremia

39

III.6

Storia del profeta Ezechiele

41

Considerazioni finali

43

Bibliografia

45

Fonti primarie

45

A)


52

B)

Fonti secondarie specifiche

46

C)

Fonti secondarie generali

49

D)

Filmografia

50

Indice generale

51


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