Come Artorio salvò il Natale DI MARCO SPADA SCRIVE Overo
N’hai fatto cchiù tu ca Pietro Baialardo TRATTENEMIENTO DE LI PECCERILLE DI MARCUS GLADIUS SCRIVANUS
N a p o l i
mmxx
Con privilegio del re Con licenza de’ superiori
Q
uest’anno non ci sarà nessun Natale» sentenziò gravemente Petrus Baialardus, alchimista negromante «perché arresterò in cielo il Sole, lo spegnerò con le mie dita. La Malanotte vi seppellirà. Plutone ingoierà il vostro stupido mondo in un solo boccone!»
L
a minaccia era corsa di bocca in bocca fino ad arrivare alle nobili orecchie del Duca Caracciolo di Tripalda, del Conte Ruggero di Calitri, dei Principi di Monteforte. Costoro erano corsi disperati dal Governatore Pimentel de Herrera che aveva promesso ingenti truppe a difesa delle festività.
N
el frattempo, il Marchese di Locosano sul Calore, ignaro dell’imminente tragedia, si torturava disperato sul suo trono d’oro zecchino per ben altra sventura: la sua unica figlia si era ammalata di un male sconosciuto. Scienziati e luminari consigliavano astruse ricette, pillole e decotti che si dimostravano puntualmente costosi e inutili. a bella e florida Matilde, promessa sposa ad Artorio Casto di Avella, appassiva giorno dopo giorno e con lei l’intero paese. Colle ameno et aria saluberrima: lontani ormai erano i tempi in cui il nostro amato Sovrano aveva battezzato ‘Locus Sanus’ quei
L
leggiadri luoghi, immersi nei rigogliosi boschi di castagni, nei preziosi filari di vite, nel pacifico e glaucopide riflesso degli olivi. Gli anziani del paese si ammalavano inspiegabilmente e morivano nel giro di poche settimane. I giovani invecchiavano precocemente ed erano costretti a fuggire lontano per salvarsi la pelle. Che cosa stava succedendo? essuno ci capiva niente. Le menti degli uomini si trastullavano nell’inutile gioco dello scaricabarile, i loro cuori seppelliti in una chiassosa disperazione. L’ultima speranza era rivolgersi agli dei, da troppo tempo finiti nel dimenticatoio della storia.
N
I
l Marchese invocò gli oracoli, immolando cento agnelle bianche di lana con doppia fila di denti. Si offrirono copiose libagioni e si aprirono le gole di neri caproni. Il sangue raccolto fu offerto alla Notte, al Dolore, alle Furie e alla Terra. Si consultarono i sacri boschi di Loreto e Vallatrone. Gli antichi lecci della Ninfa Marìca alle foci del Garigliano. ompiuti i sacrifici agli dei secondo gli antichi rituali, fu infine la Janara Bona di Baiano a rivelare l’oscura macchinazione «Baialardo le ha rubato l’anima in una notte di luna piena: l’ha chiusa dentro un’ampolla
C
per giocherellarci la vigilia di Natale!» «Oh sventura!» «Adesso è tutto chiaro. Vuole servirsi del Libro.» «Quale libro?» «Il Libro del Comando. L’anima di Matilde gli servirà per compiere l’incantesimo proibito: fermerà il sole nel cielo e lo spegnerà con le sue dita. Sciagura! Il Mondo morirà perché quest’anno non ci sarà nessun Natale!» «Oh profetessa eccelsa, illuminaci tu: come impedire i nocivi poteri?» «Un eroe valoroso dovrà attraversare l’Acquaputrida e sottrarre al malvagio l’ampolla preziosa.»
Q
uel bastardo di Pietro Baialardo mi ruba la sposa col suo Libro codardo!» scalpitò Artorio con la spada già denudata, pronto a compiere la missione impossibile. «Frena i tuoi entusiasmi, nobile Cavaliere. Per battere il nero mago necessiti dell’astuzia di Odisseo. Segui i presagi. Quando incontrerai il temibile Lycos Pumbunaribus lancerai nelle sue tre gole una buona manciata di questi struffoli conditi con erbe drogate e delizioso miele.» suggerì la sacerdotessa di Diana. «Oh prodigio degli dei! Salvatrice delle umane sorti!» rispose commosso e riconoscente il nostro impavido Campione che partì al
galoppo verso la mefitica Valle d’Ansanto. Effluvi nauseabondi preannunciavano la pestilenziale presenza di quella reggia demoniaca. a Rocca di Aquaputrida sorgeva spettrale al di là del fetido fiume, serrata da 3 ordini di impenetrabili mura e superbe torri di ferro. Un bronzeo portone ne sbarrava l’accesso, facendo perdere ogni speranza di entrare a qualunque condottiero valoroso. Sul malsano litorale del fiume infernale, Artorio si domandava «Come guaderò queste acque putride? Come farò a penetrare nella rocca? Oh Dei del Cielo, aiutatemi in questa impresa disperata!»
L
M
entre rimuginava sul da farsi, notò con la coda dell’occhio lo svolazzare leggiadro di due colombe bianche che lo guidarono a ritroso lungo la strada percorsa, fino a uno stretto pertugio che si apriva nella roccia. Avanzando a fatica nell’angusto cunicolo il nostro eroe camminò per ore fino a sbucare, a notte inoltrata, nel cortile all’interno della Rocca. Aveva inspiegabilmente superato il fiume infernale, e adesso poteva dirigersi indisturbato verso il laboratorio segreto. Ma prima doveva trovarlo. I suoi pensieri furono interrotti dai latrati famelici di un mostruoso lupo a tre teste, pronto a sbranarlo senza pietà.
M
a Artorio, lesto di mano, gli lanciò quei deliziosi struffoli fatati. Il Pumbunaribus li ingurgitò con rabbiosa fame stramazzando, ebbro ed immenso, ai piedi dell’antro di ingresso. Fu così che il Cavaliere di Avella entrò nelle segrete del lugubre castello e si incamminò per un dedalo di stanzoni e corridoi fin quando trovò la fucina alchemica del nero mago e gli sottrasse la preziosa ampolla che custodiva l’anima pia della sua amata Matilde. Baialardo se ne accorse e scatenò una feroce caccia all’uomo. Sotto la luce incerta di una torbida luna, il Cavaliere Casto correva verso Locosano
inseguito dal mago a cavallo del lupo, affamato di struffoli e cristiani. Intanto in paese, gli abitanti erano rassegnati a passare la notte più lunga e buia della loro vita, quando la Janara Bona così li apostrofò «Hirpini, accorrete a scaldare il cuore del Natale!» l suono squillante delle campane del vicino monastero di Santa Maria, prepararono i Fuochi Allavorati arrossando il Grande Cortile dei Cavalli con il crepitio di grandi ceppi di quercia e profumati ramoscelli di alloro. In ogni casa ardevano candele rosse che chiedevano il ritorno del Sole Natalizio.
A
A
rtorio attraversò il Ponte del Diavolo e con un solo balzo fu in paese. Qui consegnò alla fata l’anima sotto vuoto. Il Negromante si precipitò per scongiurare il contro-incantesimo ma oramai era troppo tardi. «Jesce Sole!» la Janara Bona aveva avvicinato l’ampolla alle benefiche fiamme e pronunciato le segrete sillabe «Sol Invictus, Tu che sfidi le Oscurità dell’Ade, Sorgi alto su di noi, Ancora una volta, Disperdi le odiose Tenebre del Male!» E fu così che l’anima della bella Matilde, che era stata congelata in quell’ampolla magica, si sciolse finalmente in nuvola di vita, ritornando guarita nell’amato corpo.
U
na fiamma d’amore riscaldò i cuori di tutti. Il Male era stato sconfitto. Ancora una volta. Vecchi, giovani e bambini danzarono, sani e gioiosi intorno al fuoco. Fu così che il Sole Natalizio del Rinnovamento Perpetuo tornò a sorgere bello e fecondo anche nel tristemente famoso annus horribilis di quel lontano...aspettate un po’, ma che anno era? Devo averlo dimenticato…
Questa era una favola dotta e popolare scritta da Marco Spada.
facebook/spadascrive @spadascrive
ebook
paperback
SPALANCA IL TUO OCCHIO BUIO di marco spada Un autore televisivo di programmi trash decide di chiudersi nella squallida stanza di un residence di Ostia, per scrivere in santa pace il romanzo che lo consacrerà finalmente Scrittore con la S maiuscola. Ma la cosa non sarà così semplice. Nel corso della sua Odissea narrativa si imbatterà in una geografia di identità psichedeliche che lo guideranno nel misterioso mare magnum della Realtà Non-Ordinaria, spalancandogli le sconosciute porte della percezione. Il suo Essere sarà frammentato in un arcipelago di racconti, disperso in una trama picaresca e allucinata. Troverà la stesura finale della sua vita?