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Scout d’Europa In questo numero VERSO L’ASSEMBLEA Gli Incontri Regionali INTERVISTA A ANDREA ALESSI

Lavorare con passione... fa bene a tutti! GIOCARE IL GIOCO Attività in sicurezza Dalle Branche LAVORI IN CORSO Il lavoro della “Commissione Direttorio Religioso italiano” ORIZZONTE EUROPA Coccinelle in Bielorussia NELLO ZAINO Attività estive con i genitori

Contiene I.R.

Rivista mensile • Maggio 2012 • N. 6 • Anno XXXVI • Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale • D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/PD/2012

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Editoriale SCOUT D’EUROPA Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo ANNO 36 • N. 6 – MAGGIO 2012 Azimuth per Capi n. 2/2012 DIRETTORE RESPONSABILE Giuseppe Losurdo DIRETTORI Pietro Antonucci e Marialuisa Faotto LA REDAZIONE Responsabili delle rubriche: Giocare il Gioco: Giuliano Furlanetto Cittadini degni del Vangelo: Laura Castellani Nelle Sue mani: Fabio Sommacal Lavori in corso: Maria Sanchez Orizzonte Europa: Loriana Pison e Vincenzo Daniso Regionando: Marco Fedrigo Radici: Attilio Grieco Nello zaino: Pier Marco Trulli In bacheca: Massimiliano Urbani Hanno collaborato con scritti: Pietro Antonucci, Marialuisa Faotto, Marco Fedrigo, Peppe D’Andrea, Fabio Francesconi, Marco Platania, Vanessa Pilato, Don Paolo La Terra, Pier Marco Trulli, Elena Pillepich, Fabio Sommacal, Sergio Colaiocco, Fabrizio Cuozzo, Isabella Alberini, Alberto Giuseppe Tattoli, Donatella Paparella, Paolo Fedrigo, Attilio Grieco, Paolo Morassi, Alessandra Crusi, Angela Turchiano, Darya Susha, Sergey Rajunets, Claudio Favaretto, Massimiliano Urbani Hanno collaborato con immagini e foto: Gipo Montesanto, Paolo Morassi, Federica Marchioni, Chiara Ciferni, Fabio Francesconi, Giovan Battista Giusto, Alberto Giuseppe Tattoli, Attilio Grieco, Alessandra Crusi, Angela Turchiano, Pier Marco Trulli, Massimiliano Urbani Loghi: Luciano Furlanetto e Ellerregrafica Progetto grafico: Ellerregrafica Coordinamento di Redazione: Pier Marco Trulli Segreteria di Redazione: Silvia Dragomir E-mail di Redazione: azimuth@fse.it Direzione, Redazione e Amministrazione: via Anicia, 10 - 00153 Roma Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/PD/2012 Stampa: Tipografia Nonsolostampa (AN) Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione. Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi su questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte. Rivista associata all’Unione Stampa Periodica Italiana STAMPATO SU CARTA ECOLOGICA Chiuso in redazione il 16 aprile 2012

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1.000...

 Pietro Antonucci Commissario Generale

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ià quasi 1.000 Capo e Capi della nostra Associazione si sono riuniti negli incontri di marzo, abbracciando le 4 regioni ed i 4 punti cardinali. Ci siamo riuniti da Verona a Messina, dall’est all’ovest. L’obiettivo principale: confrontarsi sui temi assembleari e costruire un sentire comune, che sia capace di rendere la prossima Assemblea Generale un momento davvero propulsivo. Lo stesso programma, le stesse tematiche su cui confrontarsi, la stessa struttura, le stesse relazioni da conoscere... Mi ha lasciato molta impressione la frase di un Capo, mentre lasciavo l’incontro di Soriano della Regione Ovest: “Poche volte ho visto l’Associazione così...”. Era un capo giovane ma esperto: che avrà voluto dire con “così...”? Si sa, i puntini di sospensione in italiano sono davvero micidiali ed anche poco “educati” ed ortodossi. E già, perché uno


Ancora una volta voi, Capi di questa magnifica Associazione, avete risposto oltre le aspettative. Ancora una volta ci avete dimostrato che occorre ricercare con forza e senza paura le occasioni di confronto e di vita associativa. Ne sentiamo forte la necessità, specie in quelle realtà dove il Distretto o il Gruppo è isolato, dove il contesto sociale è quantomeno distonico, dove il panorama educativo appare complesso ed instabile. Lì l’associazione può e deve dare un respiro più grande ed appagante. Nella Regione Ovest sono mancati quasi completamente tre gruppi al sabato, perché investiti davvero dalla tragedia di aver perso Alice Di Pietro, la Capo Cerchio del Roma 16, a seguito di un terribile incidente automobilistico. Di tutti i capi presenti pochi avevano conosciuto Alice, ma durante la Santa Messa finale, alla presentazione del fazzoletto di gruppo durante l’offertorio, tutti ne hanno sentito la vicinanza, tutti hanno visto l’aiuto che da lassù ha saputo mandarci. dice “così...” e l’altro può pensare di tutto. Però quello che le parole non dicono viene detto dagli occhi, e quelli di questo capo erano felici di aver vissuto un momento così comunitario. Certo che le verifiche successive e le riflessioni a freddo hanno generato molti spunti di miglioramento, certo che tutto si può fare meglio. Ma veramente unanime è stata la grande risposta che i Capi hanno dato soprattutto quando sono stati chiamati a ragionare e a confrontarsi sulle tematiche. Non tutti avevano apprezzato le tracce, non tutti ne avevano colto l’opportunità o la stessa idoneità. Ma tutti, una volta in cerchio, hanno messo il proprio cuore e la propria mente negli occhi degli altri fratelli Capi, per trovare insieme condivisione, forza e capacità educativa. E tanti erano i fazzoletti colorati di gruppi diversi. Tante le comunità di Capi al gran completo, per tanti è stato proprio un bel momento di Gruppo oltre che associativo. All’inizio tutti noi in Commissariato (ed anche in Direttivo) abbiamo faticato a mettere a fuoco questa attività. Era la prima volta per noi, sulla carta era in grado di coinvolgere quasi 1.600 persone, tra Capi brevettati censiti e Capi unità. Ci preoccupavano i numeri, i tempi, le modalità, la reazione dei Capi giovani, quella dei Capi esperti, ...di tutto, di più! AZIMUTH • SCOUT D’EUROPA 2/2012

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Intervista a quattro mani

Caro Pietro... Cara Marialuisa...  Marialuisa e Pietro Commissari Generali

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ietro: Cara Marialuisa, sono passati quasi tre anni dalla nostra nomina. Ci avviciniamo alla fine del nostro servizio, come ti senti?

Marialuisa: A dire la verità la sensazione che provo è contrastante. Da un lato sono un po’ stanca e non vedo l’ora che arrivi l’inizio di giugno, per concludere un servizio molto im-

Pietro: In effetti le sensazioni sono le stesse. Quando abbiamo iniziato avevo l’idea che sarebbe stata una cosa molto diversa dal servizio in Branca, ma ti assicuro che la realtà ha superato di gran lunga l’immaginazione: il servizio in alcuni periodi è stato capace di assorbire ogni energia. Però la fatica è stata davvero ripagata, ci sono stati momenti molto belli di cui ringrazio il Signore. Come hai detto tu, abbiamo avuto occasione di conoscere e stringere rapporti umani molto forti, di confrontarci su tante cose e di provare la serenità di trovarci d’accordo senza troppa fatica. Mi ha sorpreso anche la dinamica del Direttivo, così diversa da quella del Commissariato: insomma, potevi anche avvertirmi prima... visto che ci eri già passata, no? Marialuisa: Troppo facile... Che ne pensi del lavoro in Commissariato?

pegnativo che mi ha mi ha fatto fare i salti mortali, tra famiglia e lavoro, ed ha assorbito le mie energie tanto (ma proprio tanto!). Dall’altro lato sono convinta che sia stata una opportunità di cui ringrazio il Signore! Opportunità di alzare lo sguardo su una realtà più ampia e variegata, opportunità di conoscere e di stringere legami forti di amicizia con tante persone. Ho provato con mano come le differenze possano diventare ricchezza e come solo lavorando assieme si possano realizzare grandi cose. Insomma, credo che la stanchezza sia stata ampiamente ripagata! E ora dimmelo tu!

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Pietro: Mi ha davvero aperto una visuale diversa. Credo che la difficoltà maggiore sia quella che in questo tipo di servizio sono poche le occasioni in cui si può fare “fisicamente“ lo scout. Sono poche le volte in cui fisicamente si fa famiglia felice, avventura, strada, e questo rende tutto più complesso e più lento. È un po’ come quando devi montare una tenda grande, di quelle tende “casa” tipo militare. Mi è capitato da Rover e Capo Clan di doverle montare per i terremotati: all’inizio è un gran problema, centinaia di pezzi, metri e metri di tela, tanto tempo per definire la metodologia per issare, tanto tempo per coordinarsi, organizzarsi, confrontarsi, mettersi


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proco. Certo, ci sono stati anche le difficoltà ed i momenti in cui ci si chiedeva se la strada era quella giusta! Pietro: Devo dire che il cruccio maggiore è stato proprio quello di riflettere e di dire: “ma tutto quello che stiamo facendo arriva ai nostri ragazzi? E se arriva, come viene percepito? Anche il non avere un riscontro tangibile rende più complesso il servizio. Marialuisa: Per me è stato importante trovare dei momenti di contatto con le Capo e con le ragazze. Questo in qualche modo mi ha ridato carica e slancio. È proprio necessario avere dei momenti di incontro con chi è destinatario del tuo servizio. in discussione. Poi, lentamente e magicamente, ognuno trova il proprio ruolo ed il proprio incarico, e in maniera sincrona si issa... La tenda è su, poi occorre ancora un gran lavoro per renderla salda, per le finiture, per le impermeabilizzazioni. Insomma tutt’altro film rispetto al montare una tendina ad igloo. Le branche, senza ridurne il valore, sono forse un po’ come una tendina ad igloo. La loro storia, la costante esperienziale, l’unicità di vedute, i campi, la maggiore continuità, rende tutto più semplice. Però la grande tenda ha un tetto ampio, capace di riparare tutti e di contenere appieno il respiro associativo, e questo mi ha donato in tante occasioni una grande gioia. Che ne dici, la metafora ti sembra appropriata?

Pietro: Proviamo a sintetizzare, come si fa alla fine di un campo, l’esperienza di servizio di questi tre anni in una poche parole... COMUNITÀ, GIOIA, IMPEGNO, RESPONSABILITÀ Marialuisa: Sono le mie stesse parole. Sottolineerei in particolare la comunità, dove ho sperimentato soprattutto la FRATERNITÀ e il SOSTEGNO RECIPROCO. E poi, se dovessimo sintetizzare quello che abbiamo fatto, io direi semplicemente... DEL NOSTRO MEGLIO! Pietro: Pienamente d’accordo: insieme, del nostro meglio!

Marialuisa: Direi veramente azzeccata! Lavoro complesso quello in Commissariato: faticoso, perché tanti sono gli aspetti da non perdere di vista... e il tutto da condurre in contemporanea. È qui che si sperimenta come insieme si faccia meno fatica: ma questo l’abbiamo imparato prima, quando lavoravamo nell’igloo, nel contesto della branca. Ci è venuto abbastanza naturale riportare uno stile di lavoro fatto di dialogo e di sostegno reciAZIMUTH • SCOUT D’EUROPA 2/2012

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Incontro Regionale Capi – Nord

Vedersi, parlarsi e confrontarsi  Marco Fedrigo

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l senso di un incontro è vedersi, parlarsi e confrontarsi, ma per fare tutto ciò i partecipanti devono desiderare lo stare insieme, condividendo un ideale comune. È quanto avvenuto al primo incontro della Regione Nord, tenutosi a Verona nei giorni 10 e 11 marzo presso l’ampio e accogliente Istituto Salesiano San Zeno. Con gli zaini dei partecipanti sono arrivati anche i contributi dei Gruppi. In questi mesi si sono davvero dati da fare, sviluppando le quattro tematiche proposte in modo originale e con spirito di servizio nei confronti di tutti, e trasformando una loro attività locale in un

servizio più ampio reso a tutta l’Associazione. Lo sprone a proiettarsi verso l’esterno, senza l’utilizzo del metodo di branca come strumento di inquadramento della realtà, ha fatto sì che i nostri Capi fossero chiamati a conoscere di più le singole realtà, destrutturandosi nelle modalità di individuazione delle problematiche. “Conoscere il tempo in cui viviamo” è infatti una traduzione un pò libera della frase di Ovidio “Tempora Mutantur... “ che ci ha accompagnato in questi mesi guidandoci alla ricerca della contestualizzazione dei quattro temi

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nelle comunità locali. La prima parte dell’incontro è stata un’occasione per riflettere sui contributi dei gruppi, suddividendo i partecipanti in base ai temi scelti, tra cui hanno avuto maggior seguito famiglia e lavoro, seguiti da educazione e missionarietà. Sentir parlare e poter dire la propria sulla famiglia di oggi è stata certamente un’occasione importante per i Gruppi, che in questi mesi hanno sviluppato alcuni concetti con metodologie diverse, prevedendo anche il coinvolgimento di esperti e di sociologi. Sta nascendo l’esigenza di rifondare la famiglia come “luogo di vita e luogo di Dio”, che al suo interno possiede vincoli organici e vitali con la società. In tal modo diventa anche un termine di riferimento in ordine sociale ed etico del lavoro umano. Lo scautismo deve educare alla famiglia e con la famiglia, attuando una forma di alleanza educativa, messa spesso in discussione da un’instabilità di fondo, aggravata dalla crisi del matrimonio come vincolo sacramentale. Essere famiglia significa anche partecipare corresponsabilmente al progetto educativo dei nostri ragazzi, facendo esperienza di genitorialità. È proprio questa la chiave delle dinamiche educative, in cui i punti di riferimento non passano mai di moda, ma si ripropongono con sempre maggior forza come insostituibili tasselli. Sentiamo quindi parlare sempre più spesso dell’assenza del ruolo dei padri, accompagnata dalla mancanza dell’assunzione di un senso di responsabilità condivisa. La figura dell’educatore come esempio credibile e autorevole, è la risposta più efficace alla difficoltà di sognare e di fare fatica, perchè solo la vera testimonianza può far esprimere chi soffre di analfabetismo emotivo. Sentiamoci chiamati a rimboccarci le maniche: ma com’è possibile, se gran parte della nostra giornata la dedichiamo al lavoro, un’at-


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tività che oltre in termini di tempo ci coinvolge in pensieri e preoccupazioni? Anche qui possiamo agire in modo diverso, umanizzando le nostre giornate e riscoprendo il lavoro stesso come vocazione. Si tratta quindi di umanizzare il lavoro e sé stessi nel lavoro, ed infine di umanizzare gli altri attraverso il lavoro, che equivale alla santificazione di questa realtà. Alcuni Gruppi, nel considerare la tematica del lavoro, hanno utilizzato dei questionari dimensionati per la specifica realtà. Sapete cosa emerge? Un numero rilevante di adolescenti confida di temere il periodo lavorativo, vedendo come viene vissuto dai propri genitori e sentendo notizie sempre più negative dai mass media. Stiamo certamente vivendo un momento difficile, ma può essere uno stimolo a ricominciare in modo diverso, sfruttando il nuovo volto della nostra società. Come l’unico

modo per far propri dei nuovi gusti è assaggiarli, parimenti per entrare in un mondo multi-etnico è necessario conoscere le culture che ci circondano, senza con questo lasciar stare le proprie origini. A volte è più facile aprirsi ai lontani che al nostro prossimo, ma dovremmo cercare di sentirci missionari in cammino continuo, iniziando dalle nostre realtà quotidiane. Durante l’omelia il sacerdote è tornato più volte sul concetto di fragilità, inteso non come limite ma come presa di coscienza dell’umanità tutta. Spesso infatti è proprio dalle apparenti instabilità e insicurezze che nascono le più belle espressioni della persona. L’incontro regionale è stata anche un’occasione per vederci e per raccontarci come stanno andando le cose, grazie ad alcuni interventi sui diversi canali associativi. La nuova struttura può quindi diventare sempre più un riferimento per i distretti che nel condividere un cammino procedono coesi. Particolarmente sentito il saluto di AGESCI e CNGEI, intervenuti attraverso i loro responsabili della regione Veneto, che hanno espresso apprezzamento per gli obiettivi posti dall’Associazione e sottolineato l’importanza della fraternità scout come base per poter costruire, pur nelle diversità.

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Incontro Regionale Capi – Ovest

Una comunità con un unico metodo  Peppe D’Andrea Commissario Regione Ovest

uest’anno la preparazione all’Assemblea prevedeva un passaggio importante a livello regionale: il lavoro di approfondimento sui temi della famiglia, del lavoro, dell’educazione, della missionarietà doveva trovare un momento di verifica e di confronto nell’ambito delle nuove Regioni associative. L’obiettivo era quello di dare ai Capi, che avevano lavorato su questi temi nell’ambito dei rispettivi Gruppi, la possibilità di confrontarsi con i percorsi e con le esperienze fatti da altri. Era importante dare evidenza e rilievo ai lavori fatti nei Gruppi. È chiaro che un incontro del genere poteva attivare un circolo virtuoso in cui la migliore formazione dei Capi consente un miglior servizio educativo. Bisognava assolvere ad una funzione di tipo più formale, ma altrettanto importante, riferita alle regole che guidano la vita associativa: l’Assemblea triennale dei capi brevettati è il momento di verifica del percorso fatto e di definizione della direzione da prendere. Per farlo è necessario anche conoscere le relazioni del Direttivo e del Commissariato, del Consiglio Nazionale e delle Commissioni di lavoro. Era importante anche far percepire ad ognuno di essere parte di una vasta comunità di educatori accomunata da un unico metodo.

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Questi obiettivi comportavano la necessità di coinvolgere non solo i Capi Brevettati, ma anche tutti i Capi che avevano attivamente partecipato alla fase di preparazione e riflessione. Da qui il rischio e l’opportunità, connessi alla dimensione quantitativa dei partecipanti ed alla diversità delle loro esperienze ed aspettative. La lettera di convocazione faceva riferimento a questi temi, presentando l’incontro come un momento di importante opportunità, per chi si sentiva portatore di una grande esperienza e per chi invece si trovava davanti a tanti dubbi. Insomma per tutti, confidando che ognuno sentisse in sé tutti e due questi aspetti e trovasse il modo ed il tempo di arricchire se stesso, per dare un servizio migliore ai ragazzi che il Signore gli ha affidato, ma anche a vantaggio della comunità di educatori di cui facciamo parte. È stato molto importante il momento dei carrefour: la discussione è stata attiva e partecipata. Certo, si poteva notare che alcuni avevano lavorato meglio in Gruppo sui temi o avevano più competenza personale, ma questa maggior esperienza veniva messa al servizio di tutti gli altri in un confronto aperto, sereno, non scontato. Questo era il momento della tasca piena e della tasca vuota, indicate nella lettera di invito; del passaggio di esperienze dalle proprie tasche a quelle degli altri e viceversa. Soprattutto viceversa: tutti hanno realizzato che scambiare idee comporta sempre un arricchimento, nessuno si impoverisce scambiando le proprie idee con gli altri. Partecipato in maniera molto più vivace il momento della cena, preparata dai Distretti, durante il quale ognuno era libero di passare da uno stand all’altro, di scoprire specialità diverse, ma soprattutto di incontrare altri Capi, di recuperare contatti, di rinverdire ricordi e conoscenze. Aiutati in questa opera di


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sviluppo della rete e dei legami dal fuoco di bivacco; potete immaginare trecento capi che cantano e ballano insieme? Certo il risultato sul piano strettamente canoro non era eccezionale; la dimensione del cerchio e i ritmi diversi che ogni canto prende nei diversi Gruppi, non aiutava. Ma il sentirsi parte di un unico insieme, che gioiva insieme intorno al fuoco, è stato un momento forte. La mattina Lodi e alzabandiera per iniziare al meglio la giornata; era il momento delle presentazione delle relazioni ufficiali: una fase da vivere come l’avvicinamento al fatto che siamo non solo un movimento con finalità educative, ma anche un’associazione che ha e deve avere modalità precise di guida e di presentazione dell’operato dei propri organismi rappresentativi. Un incontro particolare ha dato luce e riferimenti su un tema trasversale (nel senso che coinvolgeva aspetti trattati in ognuno dei carrefour), quello della famiglia. Emma Ciccarelli, presidente del Forum regionale delle Famiglie del Lazio, ha presentato delle riflessioni molto chiare su questo argomento, espresse da un punto di vista esterno alla no-

stra Associazione, ma proprio per questo dando a tutti la chiara percezione che non siamo soli nel nostro cammino. La S. Messa è stata un altro punto forte della giornata, conclusa poi con l’ultima relazione, incentrata sul Consiglio Nazionale, sulle nuove modalità elettive e sul modo in cui si potevano avanzare candidature per questo servizio. Per chiudere, è importante capire i punti forti e quelli da migliorare. • Certamente la formazione dei Capi deve trovare nel Gruppo e nel Distretto i principali punti di riferimento. Ma temi e situazioni specifiche, come in questo caso, sono utili per stimolare e rilanciare l’attenzione alla formazione Capi nei Gruppi. La possibilità di avere contributi importanti dà poi una particolare profondità a queste riflessioni. • La testimonianza e l’incontro con altri Capi ha incoraggiato ognuno nel suo Servizio • Gli interventi di Emma e di Don Fabio: della prima si è detto, del secondo credo che nessuno dimenticherà l’invito a non essere “Cristiani col freno a mano tirato”. • Andrebbe meglio curata la successione delle relazioni della mattina (troppo statica, in particolare tenendo conto del fatto che molti Capi non avevano esperienza dell’Assemblea) e l’organizzazione dei carrefour, per i quali sarebbe stato utile avere animatori meglio preparati e più tempo a disposizione.

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Incontro Regionale Capi – Est

Un confronto fecondo  Fabio Francesconi Vice Commissario Regione Est

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opo un “aperitivo” sulle colline di Spoltore, nel quale alcuni Commissari, Consiglieri ed Assistenti rivedono la scaletta dell’incontro e sistemano gli ultimi dettagli, accompagnati da lasagne fumanti, il primo incontro della Regione Est si svolge a Pescara, punto di incontro ideale della Regione. Ad accoglierci è la parrocchia di S. Stefano, dove sono già schierati i Capi dei Gruppi locali. Sul banchetto dell’accoglienza dei fogli prestampati, pronti per la registrazione dei partecipanti, una scatola di penne con un’incisione che ricorda l’evento ed un pacco di calendari associativi, pronti per essere distribuiti ad ogni Capo. Siamo positivamente colpiti dallo sforzo organizzativo coordinato da Alfonso, Commissario del Distretto Abruzzo-Molise, assistito dai suoi; un minuto prima dell’appuntamento (fissato per le 16.00) arriva anche Mimmo, l’incaricato delle registrazioni. Cominciano ad iscriversi i primi capi, provenienti dai vari distretti della Regione: PesaroRomagna, Ancona, Abruzzo-Molise e Puglia. Si formano i primi gruppetti, con qualche “satellite” che salta qua e là per salutare vecchie conoscenze. Intorno a noi anche numerose persone che frequentano abitualmente la parrocchia e che si fermano a curiosare. Il numero di capi cresce, ancora qualche ritardatario ma alle 17.00 le iscrizioni chiudono

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con circa 120 partecipanti. Di corsa all’alza-bandiera per aprire l’incontro, una preghiera, i saluti e qualche raccomandazione prima di iniziare i lavori. Trattandosi del primo incontro Capi della Regione Est, era doveroso un momento dedicato ai quattro Commissari per presentare i loro Distretti, con i punti di forza e le relative difficoltà. Poi i Capi cominciano a dividersi liberamente nei quattro carrefour: come era prevedibile famiglia e lavoro sono stati i più “gettonati”. Questo ci dà subito una chiara indicazione di quella che è la sensibilità della maggioranza dei Capi in questo particolare momento storico. In un clima molto disteso e amichevole inizia un fervido e fecondo confronto, chiara dimostrazione di quanto lavoro propedeutico all’incontro vi sia stato nei Gruppi. Partecipi in eguale misura nelle discussioni i Capi brevettati e quelli non brevettati. Con lo scorrere dei minuti si va pian piano definendo la fotografia o la “mappa”, come spesso è stata definita, delle peculiarità del nostro tempo e di noi tutti che lo viviamo. Inizia poi la parte più “sperimentale” del lavoro, forse quella più interessante. Per usare una similitudine, ora “la mappa va letta ed interpretata”. I carrefour si ridividono e si inizia ad analizzare il risultato del lavoro precedente con la lente delle “fasce di età”, per trovarne punti di forza e criticità, ed elaborare e proporre “soluzioni” per rendere l’azione educativa sempre più efficace e adeguata ai “tempi che mutano”. Emergono alcune difficoltà nel mettere a fuoco questa fase. Ci si guarda un po’ in faccia ma poi ad aggiustare il tiro è sempre qualche Capo che riesce a dare lo spunto giusto. Il confronto riparte, veloce come un treno, così come anche il tempo che scorre inesorabile, e che in certe occasioni non è mai abbastanza. Termina anche la seconda fase dei lavori ed arriva il momento di fraternità, denominato “Regione felice” da Francesco, Consigliere Nazionale Abruzzo. Gli ingredienti sono i soliti:


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un piatto di pasta caldo, un maialino trasformato in porchetta, un fuoco, canti e bans. Tante chiacchiere ed allegria e ci si attarda fino a notte (qualcuno arriva anche all’alba...). Il secondo giorno dell’incontro inizia con un ritmo di nuovo serrato: Messa, alzabandiera, colazione. Riproviamo a tirare le fila dei discorsi fatti la sera prima: gli spunti ci sono, ora vanno elaborati. L’intera mattinata è dedicata alle presentazioni dei lavori delle varie strutture associative: Commissariato, Consiglio Nazionale, Direttivo. Viene poi illustrato il nuovo sistema di elezione del Consiglio Nazionale. Gli sguardi dei capi più giovani non nascondono un lieve senso di smarrimento di fronte allo snocciolare di numeri di preferenze e di termini come canale nazionale, canale regionale, suffragio nazionale. Per raccogliere le disponibilità era già stato programmato un momento di Distretto, che ha avuto come previsto un immediato effetto chiarificante. Mentre stiamo tirando le somme e siamo in quadrato sotto un sole splendente, arriva l’inattesa quanto piacevole visita del

Vescovo di Pescara S.E. Mons. Tommaso Valentinetti, che ha voluto ringraziarci per la nostra presenza nel territorio e per il servizio che svolgiamo come Capi e come Associazione. Lungimirante e attento, informatosi prima sui contenuti dell’incontro, non ha mancato di fare un breve riferimento anche al tema principale. Una degna e benaugurale conclusione dell’incontro... non potevamo aspettarci niente di meglio. Ho lasciato Pescara – e non credo di essere l’unico – con la sensazione di una cosa ben fatta e ben riuscita, con i sorrisi e i volti di persone importanti e che hai voglia di incontrare ancora e presto. Certo non mancherà la fase di analisi delle cose andate bene e di quelle che potevano andare meglio, ma la prima cosa che sento è che per la prima volta ognuno di noi ha avuto modo di vivere la nuova regione “Est”. Per concludere voglio riprendere il testo di una canzone degli anni passati: “ad est ad est adesso si va... ad est ad est perché non è finita”...ed è tutt’altro che finita. L’Assemblea ci attende ...ESTiamo arrivando!

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Incontro Regionale Capi – Sud

Liberi, con Cristo nella nostra vita  Marco, Vanessa, Don Paolo Commissariato Regionale

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i sa... il meridione è terra di sole, luce, caldo, mare, ecc... Purtroppo in questi ultime settimane questi elementi hanno giocato a nascondino, lasciando spazio a pioggia, vento ed uragani tropicali (!), così tanto da far ricredere il più ostinato sui cambiamenti climatici dovuti all’innalzamento delle temperature. Purtroppo anche il nostro incontro ha subito gli effetti degli eventi burrascosi: con la protezione civile che segnalava per sabato un’allerta meteo del valore più alto sul territorio siciliano. Abbiamo pensato che fosse opportuno (ed anche molto più SICURO) restringere l’Incontro Regionale Capi ad una sola giornata. Questo ha comportato evidenti difficoltà, considerando le distanze presenti nella regione Sud e la ben nota efficienza della rete viaria meridionale...

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Nella scelta del posto dove incontrarci ha prevalso la logica “baricentrica”. Ci siamo dunque incontrati a Messina, lì dove la Calabria si allunga per cercare di toccare l’Isola, ospiti dei Padri Rogazionisti, in una struttura che ben si adattava alle nostre esigenze. È stato un “Indaba” molto particolare. C’era molta curiosità da entrambe la parti. Ma poi la curiosità ha lasciato spazio all’allegria ed al piacere di confrontarsi sui temi molto sensibili per chi ambisce ad educare la gioventù Nella mattinata abbiamo presentato le relazioni del consiglio direttivo, del consiglio nazionale e del commissariato nazionale. È stato interessante osservare quanto i giovani capi siano stati coinvolti da queste chiacchierate. Da un lato infatti la poca esperienza non permette di esprimere delle valutazioni su quanto fatto dagli organi di governo dell’as-


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sociazione, risultando difficoltoso calare la progettualità associativa nella realtà educativa quotidiana. Dall’altro però l’attenzione mostrata da molti ci ha mostrato quanto sia vivo il desiderio di essere autorevoli e consapevoli testimoni di questo tempo. Durante la Santa Messa abbiamo riflettuto sulla centralità che deve avere Cristo nella nostra vita, la cui presenza ci rende liberi, anche nella proposizione di una legge che esalta ancor di più la nostra condizione umana di libertà. E per chi ha scelto di camminare nella strada della vita avendo come guida la legge scout, queste parole non sono certo giunte come nuove. Il pranzo è stato frugale, ovviamente non è vero! Abbiamo condiviso le nostre specialità tradizionali, costruendo una tavolata in cui la pasta “incasciata” di San Cataldo (CL) era in

competizione con la ricotta fresca di Corleone e con la soppressata di Reggio Calabria. La cassata ha poi messo d’accordo tutti! Il pomeriggio è stato interamente dedicato ai carrefour, gli argomenti sono stati affrontati in modo più o meno movimentato ma sempre coinvolgente, anche perché i temi che abbiamo trattato sono molto vicini alla nostra quotidianità e ci si è resi conto che il nostro metodo, il metodo del nostro B.-P. è altrettanto vicino e attuale alla realtà dei giorni nostri. Nonostante la fretta, nonostante la fatica e nonostante il tempo, è stato un incontro che ha donato gioia e consapevolezza a tutti. Gioia della conoscenza e dell’incontro con l’altro, che ha in comune con me la passione educativa. Consapevolezza del proprio ruolo di educatori in ognuna delle comunità da cui provenivamo.

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Intervista a Andrea Alessi, AD Nissan Italia

Lavorare con passione... fa bene a tutti!  Pier Marco Trulli

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ott. Alessi, nonostante la crisi nel 2011, che ha investito il mondo dell’auto in maniera davvero forte, la sua azienda ha avuto risultati positivi, e lei è stato anche premiato da una rivista specializzata del settore auto come “Top Manager 2011 Italia”. Come si affrontano le criticità? Le criticità non sono mai benvenute, ma fanno parte della vita. Credo che si possano considerare in fondo anche una fonte di opportunità, perché in alcuni casi ci danno la spinta a uscire da un appiattimento che l’essere umano tende a ricercare. Io credo che l’unico modo di affrontare le criticità sia di essere proattivi, cioè di anticiparle e non subirle. Perché se la criticità arriva inaspettata e ce ne facciamo sopraffare, ci porterà al disastro. Se invece noi siamo sempre pronti a guardare avanti, cercando di anticipare quello che sta arrivando, allora possiamo prepararci per tempo, non subirle e di conseguenza gestirle. C’è poi un altro aspetto importante: la criticità non va nascosta, ma va comunicata con trasparenza agli altri membri dell’organizzazione che si trova ad affrontarla. Questo consente ai membri del gruppo di sentirsi partecipi e di contribuire alla soluzione della criticità. È mia esperienza che i gruppi forti e motivati e le aziende forti e motivate e con una chiara direzione strategica verso cui vogliono andare escono sempre più forti e che le aziende meno preparate vengono spazzate via. Ha usato parole per noi molto familiari, come l’essere preparati (il nostro motto è “be prepared”, sii preparato), o il richiamo alla trasparenza nell’affrontare le crisi, che ci rimanda alla lealtà che c’è nella nostra legge scout; la trasparenza se vogliamo è lealtà verso gli altri. Vorrei

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però proseguire su quello che ha detto, perché tra le motivazioni del premio, oltre ai risultati, è stata riconosciuta in particolare la sua attenzione “nel trasmettere i valori di innovazione, passione e tradizione”. Come si concilia in concreto il profitto con l’etica nel lavoro? Il profitto e l’etica non si conciliano se l’ottica è di breve termine, ma sono due facce della stessa medaglia se l’orizzonte in cui ci si pone per valutare il profitto è di mediolungo periodo. Qualche volta si possono tradire i principi dell’etica per ottenere dei risultati di breve durata, ma questi sono effimeri, non hanno continuità e sono destinati a scomparire velocemente. Secondo me tanti disastri dell’economia globalizzata derivano da questa ottica di


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breve periodo, che non pensa a quello che succede domani o dopodomani, ma semplicemente a massimizzare il risultato dell’oggi. Personalmente sono convinto che l’etica deve guidare le azioni di tutti coloro che vivono in un’azienda e se l’etica viene costantemente applicata, trasparentemente e coerentemente nel tempo, alla fine il profitto anche in termini economici non può non giovarsene, anche se con un orizzonte lungo. La sua Azienda recentemente ha conseguito un risultato prestigioso, classificandosi al quarto posto come “ambiente di lavoro”, prima tra le case automobilistiche. Quale è a suo avviso la compo-

nente più importante per costruire un sano e appagante ambiente di lavoro? Se vogliamo cercare un elemento-base, questo è proprio l’etica: l’applicazione trasparente e coerente nel tempo di principi etici ha successo. È importante essere trasparenti ed essere equi, anche quando si chiedono sacrifici: i membri della squadra sono disponibili a farli, purché siano suddivisi equamente e non siano fatti favoritismi. È un po’ come nell’educazione dei figli: se si dice loro sempre di sì, nel breve termine sono contenti, ma rischiamo alla lunga di avere insoddisfazione, ribellione, incapacità ad affrontare le difficoltà della vita. Se le regole sono chiare, il dipendente ne vede la validità nel medio-lungo termine ed è soddisfatto dell’ambiente in cui viene a lavorare. Ci sono poi altri elementi che contribuiscono a creare un buon ambiente di lavoro Ad esempio, il fatto che l’azienda si preoccupi delle esigenze reali dei propri dipendenti: gli inglesi lo chiamano “caring about people”. Poi condivisione, senso di appartenenza alla squadra, orgoglio di far parte di un team: sono tutti elementi che contribuiscono a

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creare un ambiente di lavoro in cui la gente ha piacere di venire a lavorare. Uno dei motti Nissan è “enriching people’s life”: io l’ho fatto mio, perché credo che abbia veramente guidato la mia attività in questa azienda. Io voglio provare ad arricchire la vita dei lavoratori in questa azienda, vorrei che i miei dipendenti vengano a lavorare con l’idea di avere ogni giorno qualcosa da fare e da costruire di valido, per me e per la società in generale. Nella sua carriera, cosa l’ha aiutata? Cosa si sente di suggerire ad un giovane che cerchi di entrare oggi nel mondo del lavoro? Tante volte i giovani che vedo hanno un’ansia e una voglia di bruciare le tappe, di raggiungere subito certi obiettivi, traguardi e risultati. La mia impressione è che bisogna dare tempo al tempo. Quindi bisogna avere pazienza e far sì che le cose maturino, perché le cose ottenute o raggiunte troppo velocemente poi alla fine rischiano di bruciarsi altrettanto velocemente. Mi ha aiutato la voglia di migliorarmi, la voglia di imparare, la flessibilità anche di accettare delle situazioni difficili o che avevano impatti anche sulla mia vita personale Io sono siciliano e subito dopo la laurea mi sono preso la mia valigia e sono partito in treno per andare a lavorare a Torino. Tanti ragazzi siciliani della mia età non hanno voluto accettare questo sacrificio e sono rimasti lì, hanno dovuto accettare lavori meno gratificanti. Ho

cercato di avere una visione più ampia, pensando che stavo investendo su me stesso ed accettando anche il sacrificio di lasciare casa e di andare a mille chilometri di distanza. Non si può pensare di volere tutto senza pagare per averlo. Non puoi pensare che oggi qualcuno ti regali qualcosa, se tu non sei disponibile ad applicarti e a sacrificarti per le cose. Proprio sull’ultimo numero di Azimuth abbiamo fatto un articolo sulle vincite facili e sul gioco d’azzardo, mettendo in luce i rischi anche educativi di un atteggiamento del genere Credo che solo il sudore della fronte e lo sforzo personale produca risultati sicuri e duraturi nel tempo. Vincere alla lotteria non può essere un obiettivo, così in particolare per un giovane quello di diventare calciatore o velina. Puoi ottenere qualcosa solo se sei disponibile a rimboccarti le maniche, a sacrificarti e a lavorare faticando. La mia personale esperienza è che chi lavora con correttezza, trasparenza ed energia, e si spende per migliorarsi, anche se sul breve termine può avere delle delusioni, alla fine ne avrà un ritorno personale e un risultato concreto. Quanto è importante la formazione nel proprio lavoro? La formazione è fondamentale, perché significa investire sulla propria crescita professionale ed umana. Se non hai le competenze e le conoscenze non ottieni nulla, e l’unica cosa che può dartele è voglia di migliorare però deve venire da dentro. La formazione in realtà non finisce mai: questo è vero per i giovani ma vale per tutti, anche quando siamo andati in pensione. Io credo che noi abbiamo il dovere verso noi stessi di provare a finire ogni giornata essendo diventati un po’ migliori del giorno precedente. Una frase famosa di B.-P., il fondatore degli scouts, dice “cerca di lasciare il mondo migliore di come lo hai trovato” Non ho mai avuto molti contatti con gli scouts, però quando il faro è l’etica, probabilmente anche da esperienze o motivazioni diverse si arriva allo stesso punto di arrivo.

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Nel nostro paese c’è una forte paura del futuro: ne parleremo anche in Assemblea Generale. Cosa si può fare in questo senso per affrontarla e per ridare speranza ai giovani? La paura del futuro c’è quando questo è denso di criticità. Ma se noi siamo pronti ad affrontare le criticità, lo faremo meglio di chi le affronta senza essere preparati. Se sappiamo trasformare la paura del futuro, se sappiamo viverla bene, può diventare una fonte di opportunità. Se invece ce ne facciamo paralizzare siamo già al fallimento. Dobbiamo essere preoccupati di quello che ci aspetta e prepararci meglio e con forza. Se sono un giovane, vuol dire investire su sé stessi, essere flessibile, essere capaci di vivere la propria vita dove è possibile farlo. Cioè saper leggere le situazioni ed adattarsi, accettare anche qualche sofferenza.

Si parla spesso di conciliazione tra lavoro e famiglia. Nella sua esperienza ci sono buone pratiche da esportare anche ad altri contesti? Su questo posso dare proprio una serie di iniziative concrete che facciamo in azienda, che sono anche una delle ragioni per cui noi ci possiamo fregiare del marchio “best workplace”. Cito tra queste il “maggiordomo aziendale”: diamo ai dipendenti la possibilità di avere le bollette postali pagate o l’automobile lavata, o ancora il “take away” dalla mensa interna. Stiamo pensando ad una convenzione per la lavanderia, o alla possibilità di concedere dei voucher alle famiglie che hanno dei bambini piccoli per usufruire di asili. Abbiamo inaugurato da un po’ di tempo anche le “passeggiate romane”, organizzando – normalmente di sabato – delle visite ad eventi culturali, mostre o siti archeologici, di cui a Roma siamo particolarmente ricchi, destinate ai dipendenti e alle loro famiglie. Ancora, per i matrimoni dei nostri dipendenti mettiamo a disposizione un’autovettura prestigiosa, e alla nascita di figli facciamo un omaggio floreale in ospedale. Ing. Alessi, la ringrazio perché è stata veramente una bella occasione di incontro. Sono sicuro che i nostri lettori apprezzeranno il contributo che lei ci ha dato. Lavorare con passione, come fa lei, può arricchire le persone e renderle migliori. A presto!

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Io, Consigliere Nazionale  Elena Pillepich Consigliere Nazionale

Quello che segue è il testo dell’intervento tenuto da Elena all’incontro della Regione Nord, tenutosi domenica 11 marzo a Verona in preparazione dell’Assemblea Generale.

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re anni fa mi è stato chiesto di rappresentare il Friuli Venezia–Giulia al Consiglio Nazionale e, come spesso accade, ogni qualvolta ci propongono di assumerci una certa responsabilità, scautistica o no, non mi sentivo all’altezza né abbastanza pronta. Avevo già mille impegni: ero Capo Fuoco, stavo nella redazione di Carnet di Marcia, ero Presidente del Consiglio d’Istituto della scuola dei miei figli e, anche se non lavoravo, ero mamma, con tutti gli impegni che questo comporta. D’altra parte, ero all’ultimo anno di incarico nel Consiglio d’Istituto, perciò l’anno dopo sarei stata sicuramente più libera. Così accettai, ma non potevo immaginare che, tolto un impegno, il Signore me ne avrebbe trovato un altro: un anno più tardi infatti ricominciai a lavorare (dopo dieci anni dedicati completamente alla famiglia), in un ambito sociale a me molto caro; inoltre poco dopo sono stata nominata Incaricata Branca Scolte del Distretto. Inizialmente non sapevo bene cosa mi aspettasse, ma mi sono fidata dei Capi che credevano in me e che mi avevano votata, e mi sono fidata del Signore che mi ha sempre proposto dei cammini che fossi in grado di sostenere, dei percorsi che potevano farmi crescere e maturare. Quando arrivai a Roma al mio primo Consiglio Nazionale non conoscevo quasi nessuno, a parte quattro/cinque capi e qualche altra faccia che avevo già visto. Devo però dire che in questi tre anni passati insieme lo spirito scout ci ha uniti e ci ha fatto crescere come comunità. Poi ho finalmente capito il ruolo del Consigliere Nazionale: consiglia! (bastava un po’ di logica...). Consiglia gli altri capi, non perché sia il più intelligente o il più

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preparato, anzi deve essere umile, sempre disposto ad ascoltare, aperto ai cambiamenti e alle novità. Ma anche con una profonda convinzione nei valori che ci uniscono e che hanno fatto crescere questa Associazione, portandola dove ora è nello spirito del fondatore e nella fede cristiana che professiamo. Ad ogni riunione del Consiglio Nazionale non si può giungere impreparati: c’è sempre un bel po’ di cose da leggere, e-mail a cui rispondere, testi da approfondire, in modo che quando si arriva, ci si possa sentire partecipi. Nel momento delle votazioni si deve sapere di cosa si sta parlando, così il proprio voto non sarà un’imitazione del vicino o di quel capo più simpatico o di chi ha presentato meglio l’argomento, ma sarà frutto di una riflessione personale, resa più autentica dopo il dibattito che sempre precede una votazione. Al Consiglio Nazionale si parla, si discute, si ascolta, si propone, ci si confronta e si va avanti a ritmo serrato, perché il tempo è sempre troppo poco, fino al momento della cena. Allora finalmente ci si può concedere il lusso di fermarsi e, accantonati per un momento i problemi, si approfitta dell’occasione per conoscersi un po’, per parlare di cose personali, della propria vita, delle proprie preoccupazioni e aspirazioni. E così si diventa più fratelli, ci si sente più uniti e, anche se fino ad un attimo prima non si era d’accordo, ci si


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rende conto che gli ideali sono gli stessi ed è proprio questa diversità che ci fa essere così uniti: ognuno ha bisogno dell’altro per costruire qualcosa di solido. Ed è proprio per questo motivo che in Consiglio è così importante il confronto! Come si dice: l’Italia è lunga, veniamo da gruppi scout che si trovano in città, in campagna, in montagna, al mare, in città grandi e in paesi piccoli, e ognuno deve poter portare il proprio contributo. Veniamo dal nord, dal sud, dall’est e dall’ovest, ma dobbiamo essere coscienti che il Metodo è uno, e dopo aver presentato i propri punti di vista bisogna essere fiduciosi verso gli altri e insieme degni di meritare questa fiducia e sapere con certezza che stiamo tutti lavorando per il bene comune, per far crescere questa nostra Associazione e ogni singola persona all’interno di essa, dal Lupetto alla Scolta, ai Capi tutti! Il Consiglio Nazionale in questi ultimi anni ha costituito delle Commissioni per dividersi

i compiti da portare avanti. Si tratta di lavori affidati al Consiglio dall’Assemblea Generale, attraverso l’approvazione di alcune Mozioni ad essa presentate. Così, oltre alle riunioni del Consiglio stesso, si partecipa anche a quelle della propria Commissione. Non da ultimo, il Consigliere Nazionale aiuta i Capi della propria Regione o Distretto a sentirsi parte di un’Associazione a livello nazionale, propone argomenti e attività che vengono dal Nazionale e ne spiega gli intenti. Sono stati tre anni impegnativi, ma ne è valsa la pena e sicuramente lo rifarei volentieri, nonostante i mille impegni, per tanti motivi. Ho imparato ad apprezzare molte persone, mi sono da subito sentita a casa e ascoltata in ogni argomentazione proposta anche da chi aveva idee diverse dalle mie. Devo anche ammettere che ci ho messo un po’ ad ingranare, e questo ultimo anno è stato certamente quello in cui mi sono sentita più partecipe e attiva agli incontri. Ringrazio Toni che mi ha chiesto di preparare questo intervento, permettendomi una verifica del mio lavoro: mi sono di nuovo messa in discussione e mi ha fatto bene. Tra l’altro, come Capo di terza branca sono abituata a fare verifiche alla fine di ogni attività. In conclusione, spero di aver portato bene a termine il mio mandato e di non aver deluso i Capi che mi hanno votata: sicuramente ho cercato di fare del mio meglio, e per questo ringrazio il Signore!

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NELLE SUE MANI

Questa è la nostra Fede!  Fabio Sommacal

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o scorso decennio ha visto la Chiesa italiana impegnata nelle riflessione su come “comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, per passare poi questo decennio 2010-2020 a riflettere sul tema dell’educazione, a noi capi scout molto caro. Riflettere, approfondire, sperimentare l’educazione non può non prescindere, per noi, dalla volontà di voler comunicare al mondo il Vangelo, quella Buona Novella che abbiamo avuto la fortuna di conoscere e che ogni giorno ci sforziamo di vivere, con i nostri limiti ma anche con tanta gioia ed entusiasmo che ci porta a farne uno stile di vita. Rileggendo la nota pastorale della Conferenza Episcopale Italiana “Questa è la nostra Fede” emerge evidente una lettura della realtà ove «non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il vangelo di Gesù»: è la prima delle sette proposizioni sintetiche nella introduzione alla Nota pastorale, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. È un’affermazione decisa e coraggiosa, che rivela una situazione preoccupante e dischiude una prospettiva concreta e urgente: «c’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede». Questa profonda riflessione esprime, in modo molto sintetico, una lettura della realtà che in questi mesi emerge dai documenti che stanno uscendo dalle nostre direzioni di gruppo, dai nostri capi, che impegnati sui vari temi assembleari si accorgono come la realtà sia effettivamente cambiata da come la crediamo o – forse ora è il caso di dire – la credevamo. Ecco che l’attenzione e l’impegno verso il primo annuncio della fede, in qualsiasi ambiente in cui ci troviamo, rimane ancora oggi (e forse addirittura oggi è più pressante) un impegno imprescindibile: in famiglia, al lavoro, negli ambienti di frontiera, nella nostra missionarietà quotidiana, nel nostro impegno nell’educazione. La citata nota pastorale prosegue poi al punto 3 con un’altra importante verità: «nn’altra caratteristica fondamentale dell’annuncio cristiano è l’essenzialità del suo contenuto. Dopo aver lottato contro Satana nel deserto e averlo vinto con la forza dello Spirito Santo, Gesù di Nazaret ha cominciato a procla-

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...non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il vangelo di Gesù... ...la nostra speranza, alla luce di queste bellissime parole, è davvero quella di avere la saggezza di saper leggere profondamente la realtà che ci circonda, non solo quella della nostra famiglia, del nostro lavoro, della nostra realtà educativa, ma nella società a 360° ove siamo impegnati... ...rivela una situazione preoccupante e dischiude una prospettiva concreta e urgente: «c’è bisogno di un rinnovato primo annuncio della fede»... ...riflettere, approfondire, sperimentare l’educazione non può non prescindere, per noi, dalla volontà di voler comunicare al mondo il Vangelo, quella Buona Novella che abbiamo avuto la fortuna di conoscere...


NELLE SUE MANI

mare: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15). Questa è la buona notizia che egli ha da comunicare: è la causa per cui vive, la ferma speranza che lo sostiene. Gesù esprime il suo messaggio con un linguaggio diretto, vivace... l’annuncio risuona con un forte appello alla responsabilità degli ascoltatori. Anche la struttura del messaggio è lineare, incisiva, lapidaria. Prima di tutto una buona notizia, anzi la notizia più sorprendente che mai sia stata annunciata sulla terra: il tempo è giunto al massimo della maturazione e Dio ha deciso di intervenire nella storia come re e salvatore; e in secondo luogo una chiamata pressante: cambiare vita e credere a questa bella notizia... La salvezza è un dono, il dono più grande; la risposta, il cambiamento morale, è affidata alla libera e responsabile volontà delle persone. Con la Pasqua si verifica un passaggio decisivo: Gesù, da annunciatore del regno di Dio, diventa il Signore annunciato dalla Chiesa. È lui infatti il regno di Dio, instaurato dallo Spirito Santo, in mezzo a noi; è lui la primizia della nuova umanità. La nostra speranza, alla luce di queste bellissime parole, è davvero quella di avere la saggezza di

saper leggere profondamente la realtà che ci circonda, non solo quella della nostra famiglia, del nostro lavoro, della nostra realtà educativa, ma nella società a 360° ove siamo impegnati, per essere di esempio e di stimolo sia per le nuove generazioni che guardano a noi( e già questo per un Capo sarebbe una grande soddisfazione), ma per tutti, anche per i genitori dei ragazzi che il Signore ci ha affidato nel nostro servizio in associazione, anche per i loro insegnanti a volte sfiduciati per una realtà che non riescono a riconoscere e gestire, anche per tutti i colleghi di lavoro che non capiscono come mai non siamo così sereni, così positivi in un momento di difficoltà economica del mondo che non ha eguali in questi ultimi decenni. Rileggere la nota pastorale “Questa è la nostra Fede” (facilmente reperibile nel sito www.chiesacattolica.it) è un piccolo esercizio che consiglio a tutti, Capi e Assistenti, perché vi si trovano parole profonde, vere, proprio come quel primo annuncio che non dobbiamo mai scordarci di professare nel mondo che ci circonda.

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Giocare il gioco

Attività in sicurezza  Sergio Colaiocco

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n gioco su un prato, il fuoco di bivacco, un’uscita in montagna, la costruzione di un’issabandiera, accendere un fuoco e cucinare, tutto, nello scautismo, è spesso indicato genericamente col termine “attività”. Sebbene sappiamo tutti che ogni attività richiede delle attenzioni particolari qui proveremo a indicare genericamente le attenzioni indispensabili per fare un’attività, qualsiasi essa sia, in sicurezza.

1. Previa informazione sull’attività I genitori sono i primi responsabili dell’educazione dei ragazzi; ciò vale non solo da punto di vista pedagogico (lo Scautismo è complementare alla famiglia, dice la Carta dei principi naturali dello Scautismo), ma anche da quello giuridico. I Capi devono sempre fornire un’informazione chiara e completa dell’attività che si propone; ciò vale sia ad inizio anno per le caratteristiche generali dell’attività scout (cucinare col fuoco, dormire in tenda, viaggiare su mezzi pubblici, attività di sq. ecc.), sia per attività particolari (dove si è accantonati alle attività estive e le caratteristiche della casa; attività particolari: in mon-

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tagna,in acqua, in bicicletta, ecc.). Le prime possono rientrare nel modulo di iscrizione al Gruppo; le seconde possono esser oggetto,di volta in volta, di una specifica autorizzazione. Ciò vale anche per i Rover-Scolte maggiorenni che devono essere compiutamente informati e per i quali non può esistere alcun “mistero”. 2. Attrezzatura Ogni attività richiede una particolare attrezzatura: un elenco del materiale necessario è dato di solito per le attività estive anche se spesso questi elenchi sono abbastanza generici: diverso è lo scarpone necessario per un’uscita a mezza quota rispetto a quello necessario per passare su un nevaio. È poi comunque necessario dare indicazioni precise anche per le attività ordinarie (dal tipo di sacco a pelo necessario, all’equipaggiamento per attività che, pur ordinarie, siano diverse dal solito come dormire, invece che in tenda, in un rifugio costruito dai ragazzi). È opportuno fornire elenchi in liste scritte. Indispensabile è poi la verifica alla partenza: l’assenza del caschetto impedisce di partecipare ad una attività in bicicletta, così come zaini inidonei impediscono di fare una route;


Giocare il gioco

scarponi e giacca a vento sono strumenti da parametrarsi a ciò che ci si appresta a vivere. Coloro che non hanno il materiale con le giuste caratteristiche non possono che rimanere a casa; non è rigidità ma tutela della loro integrità. 3. Verifica capacità psico-fisica Per ogni attività è necessario avere alcune capacità tecniche ed essere allenati. Non si può andare in ferrata se non c’è un percorso di preparazione precedente; così come una Squadriglia alle prese per la prima volta con la pionieristica eviterà di fare come prima attività la costruzione di un ponte di corda su un torrente. Se è logico per tutti non portare un ragazzo con una disabilità fisica ad una marcia ad azimuth notturna, così deve esser chiaro a tutti che nessuno può partecipare ad una attività per la quale non ha acquisito le necessarie capacità e abilità. Ed inoltre, non ci si può improvvisare scalatori (proponendo ad esempio 1.200 m. di dislivello) se non c’è un preventivo allenamento: nessuno, appena ha imparato a correre, partecipa ad una maratona. Lo sforzo fisico episodico non ha niente di educativo e sottopone Capi e ragazzi a situazioni di stress che facilmente portano a problemi.

innanzitutto il posto dell’attività: sia esso un luogo fisso o un percorso, è da valutarsi rispetto al tipo di unità e al livello della stessa. Poi ricomprende anche la possibilità di effettuare l’attività proprio in quel momento rispetto alle condizioni meteo previste: è meglio cambiare attività o luogo se i siti internet del meteo – ormai ne esistono di molto precisi – prevedono un tempo che metta a rischio l’incolumità dei partecipanti; un’attività nautica sotto la pioggia nessuno la propone, più spesso si cammina in montagna sotto la pioggia o su terreni diventati pericolosi (terreno scivoloso, ghiaccio, fulmini ecc.). Ma anche un progetto astrattamente esaminato va poi verificato in concreto il giorno dell’attività e, se del caso, durante l’attività stessa. Lo stesso percorso fatto all’andata potrebbe rivelarsi al ritorno non percorribile per il cambiamento della situazione metereologica. In qualsiasi attività, anche nella più semplice uscita in montagna, è possibile ritrovarsi in situazioni di rischio che diviene una colpa quando esso risulta evitabile, interrompendo l’attività o fermandosi e chiamando i soccorsi. Se è vero che non esiste buono o cattivo tempo, ma solo buono o cattivo equipaggiamento, è pur vero che se non abbiamo un “buon equipaggiamento” (dal punto di vista del materiale e della preparazione) è doveroso fermarsi, riflettere, e se del caso chiedere aiuto. Solo così dimostreremo di esser consapevoli che il nostro è un servizio, complementare alle famiglie, di aiuto alla crescita e non affidamento a Dio “perché ce la mandi buona“!

4. Verifica fattibilità La possibilità di realizzare un’attività pensata a tavolino va verificata in astratto e in concreto. La verificabilità astratta – al di la dei profili metodologici – deve riguardare l’idoneità del luogo (sia esso un percorso in montagna, o una missione di Sq., o un’hike di prima classe) rispetto alle capacità medie dei partecipanti; una casa di accantonamento con una scala molto ripida e senza corrimano può esser adatta alle seconde branche ma non alla prime. Nella verifica astratta rientra quindi AZIMUTH • SCOUT D’EUROPA 2/2012

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Giocare il gioco

Sarà una Caccia meravigliosa!  Fabrizio Cuozzo Akela d’Italia

Qual è la Caccia meravigliosa? Di quali ingredienti necessita? gni volta che ci cimentiamo con la preparazione di una Caccia, abbiamo sempre in mente l’idea che debba essere memorabile per i nostri Lupetti e queste due domande si rincorrono senza sosta. Guardando a tutti i Vecchi Lupi della Giungla italiana che ho avuto il dono di incontrare in questi anni, ritengo che ci sia una buona esperienza media, che permette a molti Branchi di saper organizzare la Caccia al meglio. Ma se dovessimo proiettare nell’adulto questo interrogativo, cosa rende meravigliosa la Caccia di un Vecchio Lupo? Cosa rende il nostro servizio un momento che riempie la nostra vita, invece di svuotarcela? La saggezza Giungla ci fornisce molti spunti: “se dovremo morire moriremo: sarà una magnifica Caccia” risponde Mowgli a Kaa quando il pitone gli propone la fuga piuttosto che lottare contro i Cani Rossi; o ancora la risposta di Babbo Lupo a ShereKhan “I Lupi prendono ordini dal Capobranco, non da uno striato qualsiasi”, quando la tigre reclamava il cucciolo d’uomo. Questi versi, che in prima battuta colpiscono per il coraggio, in realtà sono decisivi per l’animus con cui Mowgli, nel primo caso, e Babbo Lupo nel secondo, decidono di affrontare una situazione. Hanno individuato il bene, hanno saputo sceglierlo e sono pronti a morire dentro ciascuna di queste situazioni. Di fatto, donano loro stessi a protezione di quel bene. Il che poi, non necessariamente significa dover fisicamente morire in quell’impresa.

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Il servizio? Una caccia meravigliosa! Questo è proprio ciò che rende la Caccia meravigliosa, elevarla ad una questione fondamentale. È in questo caso infatti che si esce dalla logica del “far giocare un po’ dei ragazzini” e si entra in un’ ottica educativa immensamente più grande, per cui vale la pena spendersi: avere dei progetti educativi su ogni singolo Lupetto, studiare un programma che renda raggiungibile ogni obiettivo personale prefissato, preparare il materiale con la cura

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non più il servizio come un qualcosa di doveroso, che pesantemente faccio per compiacere qualcuno o per essere un bravo figliolo: no, no! Il Servizio in Branco, se è la strada cui ci chiama il Signore, può permetterci di vedere la grandezza di Dio uscire dalle nostre opere!


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e l’attenzione di chi in quel singolo gioco, in quello specifico racconto, in quella particolare prova di Pista, si gioca l’intera posta! Essere attenti osservatori, durante ogni attività, al fine di verificare chi è inconsapevolmente riuscito a superare quella prova e chi invece, necessita di un richiamo. Questa è una responsabilità che non può lasciare indifferenti: se la si comprende, o ci si schiera giocando tutti noi stessi, o si cede il posto a chi potrà spendersi al massimo; perché ogni riunione è come il momento precedente l’attacco alla tigre, quando dobbiamo separare le mandrie. In questi momenti non si può pensare di andare per vedere cosa succede: no! In questi momenti, con la propria azione, si può essere decisivi in un senso o nell’altro. Proprio come durante ogni riunione di Branco: potremo aver contribuito a fornire a ciascun Lupetto degli strumenti per affrontare la Buona Battaglia, diventando così, collaboratori di Dio educatore oppure potremo aver riempito quelle ore solo di passatempi. Il servizio? Una caccia che rende felici! Ma perché fare questo rende felici? Cosa c’è di meraviglioso in questo lavoro? Se provo a pensare a quanto tempo della propria vita ogni Vecchio Lupo dedica al Servizio vengono i brividi; in tutto quel tempo, quante altre cose si sarebbero potute fare: passare del tempo con gli amici, dedicarsi a letture, frequentare cinema e teatri, praticare sport o ancora stare con la propria ragazza o con la propria famiglia per i più grandicelli! Anche in questo caso, per la nostra vita, possiamo scegliere tra due strade: quella in cui mi pongo al centro dell’universo, e quella in cui mi rendo compartecipe dei progetti di Dio per l’uomo. La risposta appare semplice, ma purtroppo a prima vista è molto legata ad un senso del dovere più che del bello. Forse perché viviamo un tempo che ci spinge ad innamorarci di noi stessi e questo di fatto ruba

la nostra fecondità e la gioia che ne consegue. Ecco allora venirci in soccorso la nostra Mamma del Cielo: anche il bello del nostro servizio, è strettamente legato alla capacità di Maria di generare Dio. Il fatto che Maria sia veramente madre di Gesù, apre ad una dimensione diversa delle nostre opere, apre alla possibilità di essere anche noi “madri” dell’Opera di Dio: perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre (Mt, 12,50). Qui si ribalta tutto: non più il servizio come un qualcosa di doveroso, che pesantemente faccio per compiacere qualcuno o per essere un bravo figliolo: no, no! Il Servizio in Branco, se è la strada cui ci chiama il Signore, può permetterci di vedere la grandezza di Dio uscire dalle nostre opere! Maria ci apre al concetto di fecondità: molto spesso, se sentiamo un senso di fatica e di oppressione nel servizio o se ci scandalizziamo perché c’è chi ci gioca un brutto tiro, è perché non siamo aperti all’idea di essere padri, di essere cioè fecondi. E la cosa straordinaria è che, proprio come Maria, non occorrono doti o azioni particolari, ma basta dire il proprio SI a Dio! Maria è diventata madre, semplicemente dicendo SI a Dio. Donarsi all’altro dicendo SI a Dio! Questa è una nostra peculiarità. Donarsi in modo totale, non col timer avviato, né distratti dal proprio tornaconto. Donarsi senza condizioni ad ogni singolo Lupetto, ad ogni singolo Vecchio Lupo e ad ogni singolo Scout che il Signore mette e metterà sulla nostra Strada. Questo ci ha fatto, ci fa e ci farà dire “Sarà una Caccia Meravigliosa!”

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Il mio servizio come Capo  Isabella Alberini

Quando guardo un vecchio ubriacone e lui mi sorride, vedo una persona sporca e puzzolente e distolgo lo sguardo; i miei bambini vedono uno che sorride loro e ricambiano il sorriso

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i chiedo: i bambini ci vengono dati per insegnare loro o per imparare da loro? Qual è il presupposto da cui partire quando esercito il mio Servizio come Capo? In questo periodo, c’è uno stato di emergenza per tutto: dai rifiuti in su, tutto si vive come uno stato di temporanea emergenza, che tamponiamo, ma non risolviamo. Voglio ragionare su questi due elementi: • il presupposto da cui partire • lo “stato di emergenza” Il presupposto da cui partire Le ragazze che il Signore ci affida, non sono massa inerme da plasmare ed educare a nostro gusto, non siamo qui per disciplinare un gruppo di giovani; siamo chiamate a crescere con loro e per loro. Esse sono il fiore che sta sbocciando alla vita, pieno di energia, ma capace di non resistere ad un soffio di vento; noi siamo gli strumenti che Dio usa per coltivare il suo giardino. Al tempo saremo innaffiatoio, concime, terra. Le nostre ragazze un giorno saranno canne al vento, capaci di piegarsi agli agenti atmosferici ma, resistenti e pronte a stagliarsi verso il cielo, sempre. Contemporaneamente, le ragazze hanno una visione della vita più ingenua, con meno filtri e pregiudizi, sanno vedere oltre l’aspetto esteriore e hanno una sensibilità che le porta a stabilire un contatto pi diretto e pi emotivo con l’ambiente che le circonda. Noi Capo, nell’accompagnare le ragazze nel loro percorso di crescita, dovremmo riuscire a fondere questi due condizioni. Combinare questi due elementi “fluidi”, non è facile; si tratta di mettere insieme l’attenzione all’altro con la maturità della nostra esperienza

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Non solo possiamo aiutare una guida ad acquisire sicurezza, ma anche curare l’amore per il prossimo e per se stessa, in altre parole possiamo far crescere in lei la carità. Dio ci ha fatto a sua somiglianza, amare Lui, vuol dire amare i suoi figli, quindi i nostri fratelli, quindi anche se stessi.


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di persone, oltre che di Capo. Se riusciamo in questo, non avremo scoperto la fonte della giovinezza, ma la strada verso il successo (degli altri e nostro). Lo stato di emergenza Indubbiamente, il nostro tempo ci richiede una cura diversa da quella che è stata necessaria in passato; paradossalmente, oggi dobbiamo investire maggior tempo ed energie rispetto a qualche decennio fa, e questo per due motivi. Prima di tutto non possiamo fare attività in maniera approssimativa, il Metodo è uno e non c’è spazio per vaghe e personali interpretazioni; inoltre, noi siamo in perenne crescita, non esiste un momento in cui ci possiamo definire Capo completamente e definitivamente formate. Il primo investimento è su di noi. Non ho mai apprezzato e creduto nella Capo Riparto che s’impegna solo nel fare servizio in branca e che non lascia tempo e spazio per crescere se stessa. Le attività di fuoco, fin tanto che si è Scolte viandanti, devono avere la priorità. Dopo la partenza, abbiamo fatto una scelta, ma non si è concluso un cammino, l’impegno di continuare a formarsi è per sempre. Il secondo motivo è dato dal fatto che le ragazze sono sempre le stesse, le generazioni si susseguono, ma i dubbi, le paure e le incertezze non cambiano; quello che muta è la società che le circonda e gli stimoli quindi sono diversi. Oggi, rispetto al passato, avverto una maggiore insicurezza nella società: c’è la paura di perdere il lavoro, di perdere i benefits, di perdere qualcosa... ma quali

sono le cose che le nostre ragazze possono perdere tanto da farle sentire sole ed insicure? L’Ipod o l’Ipad? Le vacanze? Quello su cui dobbiamo lavorare alacremente, per fortuna non è un ambito che il tempo può corrodere, o che la crisi economica può spazzare via. Le nostre energie di Capo, vanno focalizzate su qualcosa che è dentro ognuno di noi: le nostre capacità. Non solo possiamo aiutare una guida ad acquisire sicurezza, ma anche curare l’amore per il prossimo e per se stessa, in altre parole possiamo far crescere in lei la carità. Dio ci ha fatto a sua somiglianza, amare Lui, vuol dire amare i suoi figli, quindi i nostri fratelli, quindi anche se stessi. Capo “a tempo determinato” C’è però un aspetto che vorrei approfondire con voi, questo mordi e fuggi di emozioni, responsabilità è un dato che riguarda solo le Guide? A costo di sembrare impopolare, io questo trend lo vedo anche in alcune Capo che definirei “Capo a tempo determinato”. Una volta che si è svolto il ruolo di Capo, ecco che si appende il Servizio al chiodo, e... “Basta così!”. Mi sono sentita dire tante volte, da queste Capo, che loro avevano fatto il loro dovere (è un dovere o è una scelta consapevole?), che avevano svolto il loro ruolo e che ora avevano diritto di avere tempo di riposarsi e di passare il testimone ad un’altra persona. Ho paura, quando sento queste affermazioni! Il Servizio, la formazione personale, l’impegno non vanno mai in pensione. A seconda delle fasi della vita, siamo chiamate a dare in modo diverso, ma il termine “diverso” non può significare “niente”! Torno a riflettere sull’emergenza educativa. È un fenomeno trasversalmente diffuso, ed è in modo verticale che dobbiamo operare, cioè a livello di Capo, se vogliamo far arrivare il concetto alle nostre Guide, in altre parole, dobbiamo mettere in pratica quello che B.-P. ha chiamato il trapasso di nozioni. Quando guardo un prato di soffioni vedo un sacco di erbacce che stanno per invadere il mio giardino, i miei bambini vedono fiori per la mamma e se soffi sopra quella roba bianca, puoi esprimere un desiderio I desideri si esprimono, i sogni si coltivano, l’amore di Dio si vive. AZIMUTH • SCOUT D’EUROPA 2/2012

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Verso l’EUROJAM 2014  Alberto Giuseppe Tattoli Commissario Nazionale Branca Esploratori

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-10 agosto 2014: in Francia si terrà il prossimo Eurojam, la cui fase organizzativa ormai è partita a pieno ritmo, con incontri federali e con il lavoro della Pattuglia Nazionale Esploratori che, come la Pattuglia Guide, si sta preoccupando di organizzare anche la fase di cammino verso questa significativa esperienza, da far vivere a migliaia di Esploratori e Guide di tutta l’Europa! La scelta di fondo, fatta dalla nostra Branca, è stata quella, nel limite del possibile, di far vivere agli Esploratori e alle Guide che lo desiderano – ma che anche ne saranno in grado – questo evento internazionale, la cui portata, in termini di fraternità vissuta in prima persona, non ha eguali. Abbiamo voluto trasformare il “problema delle selezioni” sul contingente da portare in Francia in un’opportunità di crescita per le nostre Squadriglie, alle quali proporremo, da settembre 2012, un percorso di avvicinamento fatto di attività, imprese, campi, progressione personale, crescita nella Fede che, se percorso correttamente, non potrà non portare a partecipare alla magnifica esperienza dell’Eurojam! E se per caso la Squadriglia si accorgerà di non essere sufficientemente pronta...? Niente paura: ci sarà la possibilità di

...percorrere pista, sentiero e strada diventa vero cammino proprio quando si superano delle difficoltà, quando si sa guardare oltre l’ostacolo e vedere lontano... La sfida proposta ad ogni Squadriglia vuole essere un Anno Scout ricco di avventura, di sfide tecniche, di crescita spirituale... Sarà la Legge Scout a guidare il nostro cammino di preparazione...

INCONTRO NAZIONALE CAPI RIPARTO 15-16 settembre 2012 Per presentare il cammino in preparazione all’Eurojam 2014 che le nostre Squadriglie sono chiamate a fare in questi prossimi 2 anni, tutti i Capi Riparto Esploratori italiani si ritroveranno il 15 e 16 settembre 2012, in un incontro nazionale appositamente dedicato, con luogo e modalità che a breve verranno comunicati agli interessati e pubblicati sul sito associativo.

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continuare il proprio cammino Scout per affrontare prossimamente nuove sfide, anche oltre confine, con gemellaggi e altri campi internazionali. È chiaro che ciò che vogliamo proporre ai nostri Esploratori, come ogni percorso, comporterà delle fatiche, non lo neghiamo; del resto percorrere pista, sentiero e strada diventa vero cammino, proprio quando si superano delle difficoltà, quando si sa guardare oltre l’ostacolo e vedere lontano. La sfida proposta ad ogni Squadriglia vuole essere un Anno Scout ricco di avventura, di sfide tecniche, di crescita spirituale, proprio partendo da quanto accomuna tutti gli Scout che seguono gli insegnamenti nella tradizione di Baden Powell: la Legge Scout. Sarà la Legge Scout a guidare il nostro cammino di preparazione, dapprima come Capi, perché impegno di ciascuno di noi è voler approfondire in prima persona proprio quella Legge che nel terzo punto della nostra promessa abbiamo detto di voler di osservare!

Sarà per noi un orgoglio, una nuova sfida, riproporla poi ad ogni nostro singolo Esploratore, dopo avervi a lungo riflettuto, per rinnovare ogni giorno la nostra scelta di farne uno stile di vita. Ecco quindi che vivere la fraternità di un evento internazionale, come quello verso il quale ci stiamo preparando, diventerà più facile, per noi e per ciascun esploratore, perché sarà “solo” l’occasione di mettere in pratica la fraternità Scout: “lo Scout è amico di tutti e fratello di ogni altro Scout”!

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Educare alla maternità

Più che farvi dei doni... fatevi dono!  Donatella Paparella Vice Commissaria Branca Scolte

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a grazia di un ambiente al femminile ci offre la possibilità di ricerca e confronto. Dare per scontato che siamo madri, perché siamo donne, potrebbe essere ingenuo. Da sorelle maggiori, abbiamo la possibilità di mostrare alle Scolte la forza, la fatica e soprattutto la bellezza dell’educazione, generatrice di personalità, sorrette dall’esempio di Maria. Una maternita’ “adottiva” “...Educare alla maternità: potresti scrivere un articolo per Azimuth?” E penso... ecco tocca a me, è arrivato il momento di condividere la mia maternità! Accetto quindi, perché penso che la mia esperienza di “mamma adottiva” possa servire a far capire che non si è mamma solo perché si genera e partorisce un figlio. Nel momento in cui ho realizzato di non poter diventare mamma in maniera naturale, lì, ho capito già di esserlo. Per alcuni anni, io sono stata una mamma con la pancia vuota. Vuota di bambini, ma piena di tante emozioni che scalciavano... Un calcio, in pancia, ad ogni domanda indiscreta: “E voi, quando figli? E voi, niente figli?” E tanti, troppi, si sono sentiti autorizzati a dirmi cosa avrei dovuto fare, cosa no, senza sapere niente della mia vita, del mio dolore, dell’amore che io avevo da donare. Non voglio però che le mie parole trasmettano solo il dispiacere del momento. Se mi racconto qui è per dire che si può diventare mamma percorrendo molte strade. Alcune più agevoli... altre un po’ accidentate. La mia strada è stata questa: esami, visite, attese, pudore annullato davanti a troppi medici, punture in pancia, mani intrecciate tra me e mio marito, amore profondo, battaglie condivise... Poi, convocazioni e colloqui al Tribunale dei Minori... Finalmente, il traguardo: l’arrivo inaspettato di mia Figlia, il dono più grande che Dio poteva farmi (farci)! 20 mesi di vitalità pura e “tante coccole” (come dice lei!)! Stefania ha saputo ricompensare tutto il dolore che l’ha preceduta. Solo lei ha dato un significato profondo al mio senso di maternità! Non si è ‘madri’ solo perché si mette al mondo una creatura, la si nutre e la si fa crescere. La maternità è qualcosa che ci trascende, che ci lega misteriosamente all’essenza del nostro esistere. Si può infatti non aver generato ed essere colme di maternità, come si può essere madri biologiche ed esserne totalmente prive!

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Essere madri è dare luce, calore, sicurezza, protezione, e tenerezza. Essere madri è favorire la crescita libera dei figli, senza imprigionarli in un abbraccio soffocante. È continuare a tagliare ogni giorno e in ogni momento, il “cordone ombelicale”. È avere la capacità di dire dei "no".


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Educare alla maternità...oggi Educare alla maternità oggi ha un significato diverso rispetto a quello che aveva per le generazioni che ci hanno preceduto. È diverso il concetto di maternità, perché è diversa la vita. Un tempo, la maternità era uno dei percorsi obbligati per tutte le donne ed era “normale” mettere al mondo molti figli. Oggi le donne hanno maggiori possibilità di scegliere, di pianificare l’esistenza, seguendo la propria personalità e la propria sensibilità. Non sempre però le strade prescelte sono aderenti agli schemi prestabiliti dalla società. Scegliere significa attribuirsi il diritto di essere libere e, spesso, le donne tendono ad associare l’idea di maternità ad una certa privazione della libertà, ad una limitazione o addirittura sospensione della propria carriera. I dubbi e gli interrogativi sulla questione “maternità sì! maternità no”, nascono all’incirca con l’approssimarsi dei 35-40 anni, dopo i quali, si sa, avere un figlio diviene più complicato dal punto di vista fisiologico. Ma questa, oggi, è anche l’età in cui tutte le energie sono dedicate al tentativo di realizzare i propri obiettivi professionali. “Se non faccio un figlio non sono una donna completa”, “Se non faccio un figlio mi pentirò sicuramente tra qualche anno...”. “Mi devo sbrigare, altrimenti non potrò più averne e i nonni non avranno mai la gioia di vedere un nipotino...” Un figlio non può essere solo un investimento per il proprio avvenire e ancor meno un “regalo” per i parenti, un figlio non è un oggetto, ma comincia ad essere una persona ancora prima di venire al mondo, vive nella fantasia, nell’immaginario di una coppia di genitori che, insieme, lo desidera e ne ricerca effettivamente la sua presenza. Decidere di essere madri coinvolge, rigenera e ricrea tutti gli aspetti dell’esistenza

della specie umana: la trasmissione del senso della vita, del perché si vive, la capacità di adattamento e di relazione, gli strumenti di comunicazione. Tutto questo significa vivere la maternità in forma aperta e non come possesso esclusivo, una maternità verso tutti i bambini e non solo verso “mia figlia”. Madre è colei che educa il proprio figlio, come Maria fece con Gesù: «Maria educò Gesù con il suo lavoro, con la sua dedizione di madre, con il suo impegno di protezione. Lo educò con la sua vita povera e serena, laboriosa e semplice, casta e piena di amore materno. Lo educò con la sua confidenza in Dio e con la sua disponibilità all’aiuto di coloro che hanno bisogno». Mi piace recuperare lo spirito della maternità come centralità della nostra vita di donne. Non si tratta di tornare ad essere “angelo del focolare”, ma semplicemente di rimettere al centro dei nostri giorni la forza straordinaria che il Signore ha voluto donare alle donne, la stessa forza che discende dalla capacità di accogliere e far crescere la vita, perché crescere è il senso di ogni essere umano e di ogni nuova vita che viene al mondo.

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Prendersi cura di ciò che ci circonda  Paolo Fedrigo

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l 2012 sarà un anno importantissimo per la salvaguardia del nostro pianeta. A giugno si svolgerà a Rio de Janeiro la Conferenza Rio+20 sui temi dello sviluppo sostenibile. Saranno a migliaia gli esperti, i politici, gli economisti, gli scienziati, i giornalisti, gli educatori ambientali e i rappresentanti delle principali ONG, impegnati nel definire le nuove strategie per una green economy a livello mondiale. Occupandomi per lavoro di educazione ambientale, seguirò di certo gli importanti risultati del vertice, anche se resto fermamente convinto che, per prendersi veramente cura del pianeta, bisogna partire dalle scelte quotidiane di ognuno di noi. Ma come parlare di ambiente in Fuoco e in Clan? Su quali aspetti puntare? Vi propongo cinque punti principali, da tenere in considerazione per costruire assieme ai vostri ragazzi le attività dell’anno. 1. Ambiente: è questione di civismo Quando si parla di ambiente, troppo spesso pensiamo unicamente alle classiche “attività natura” sul riconoscimento di piante e animali, sicuramente importanti, ma non più sufficienti, in un periodo in cui invece diventa necessario un approccio maturo che si apra a comportamenti concreti che possano essere scelti dai nostri ragazzi per la vita. Il termine “ambiente” dovrebbe andare a pari passo con il concetto di “sviluppo sostenibile” definito come “quel tipo di sviluppo che soddisfa le necessità delle generazioni presenti, senza compromettere la possibilità delle future generazioni di fare lo stesso”. Ecco che il termine ambiente si arricchisce così di una dimensione di responsabilità nei confronti di chi verrà dopo di noi. Parlare oggi di problematiche ambientali (dall’acqua all’energia, passando per i rifiuti, lo spreco di cibo fino alla mobilità sostenibile ed altro ancora) vuol dire affrontare ogni tema, non dimenticando gli aspetti sociali, culturali ed economici strettamente collegati tra loro. 2. Dal locale al globale Altro aspetto da non trascurare è partire dal contesto locale per “dare mondialità” a tutti i nostri argomenti. Se ad esempio parleremo di acqua, è chiaro che partiremo approfondendo il tipo di gestione idrica presente nel nostro Comune o affrontando un problema particolare che viviamo nel nostro paese, ma l’attività dovrebbe poi aprirsi al problema della gestione dell’acqua a livello mondiale, riflettendo sul significato di “acqua come bene comune”.

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Ho sempre apprezzato il movimento dello Scautismo per quanto è legato alla vita all’aperto e quindi al rispetto della natura, ma possiamo fare sicuramente di più, a partire dalla terza branca. Lavorare in parallelo tra attività “teorica” e “pratica” è di assoluta importanza, parlando di salvaguardia dell’ambiente, dove troppe volte si sente parlare tanto, ma si fa fatica a mettere in pratica ciò che si dice, nella vita d’ogni giorno.


Giocare il gioco Informarsi e capire cosa succede al di fuori di casa nostra è un passo fondamentale per fare di Rover e Scolte cittadini responsabili in un contesto mondiale. 3. Creare partecipazione Oggi è difficile pensare che di fronte alle questioni ambientali, tanto importanti quanto complesse, ci sia un’unica soluzione. L’ambiente è di tutti (un diritto goderne i benefici, un obbligo curarlo) ed è fondamentale creare dei momenti per accogliere le proposte di tutta la comunità. Per fortuna in questo caso siamo aiutati dalla vita di terza branca, dove conta l’opinione di tutti. Se ad esempio si vuol lanciare un progetto per il risparmio energetico nella nostra sede Scout, sarà bene presentarlo come un problema che riguarda tutti e che per questo ha bisogno del contributo di ognuno. Ma questo atteggiamento, in ogni caso, dovrebbe essere sempre presente nella vita di Fuoco e Clan. 4. Utilizzare diversi linguaggi Oggi possiamo argomentare di tematiche ambientali in modi completamente differenti. Ne parla il mondo dell’audiovisivo, partendo

dai primi cartoni animati di Walt Disney, fino ai film di fantascienza, passando per i documentari d’inchiesta, fino ai videoclip di gruppi musicali. Ne parla l’editoria attraverso romanzi, saggi, riviste. Se ne occupano la fotografia, l’arte e il teatro. Esiste addirittura tutto un universo di videogame dedicati ed anche il mondo delle nuove tecnologie non è da meno, ad esempio con le nuove applicazioni per tablet e smartphone. Cercare di partire con uno di questi linguaggi può essere un modo accattivante per coinvolgere i ragazzi sul tema in questione, utilizzando dei canali conosciuti dai più giovani, senza dimenticare che diventa un ottimo esercizio di media education (tanto per far capire che tra i mass media c’è anche tanto di buono). 5. Agire Certo parlare e confrontarsi nella vita di terza branca è la base, ma ad un certo punto bisogna mettere le mani in pasta. Sviluppare un percorso di approfondimento su una problematica ambientale, prima o poi, deve prevedere un’attività pratica da fare sul territorio. Se, ad esempio, parleremo di riduzione dei rifiuti, dopo un’attività per capire come vengono gestiti nel nostro Comune, dovremo prevedere delle azioni concrete come la costruzione di un piano per la raccolta differenziata in sede, la riduzione dei rifiuti nelle uscite mensili o la pulizia di una zona verde. Lavorare in parallelo tra attività “teorica” e “pratica” è di assoluta importanza, parlando di salvaguardia dell’ambiente, dove troppe volte si sente parlare tanto, ma si fa fatica a mettere in pratica ciò che si dice, nella vita d’ogni giorno. Per concludere, basta aprire il vocabolario della lingua italiana per leggere: “Ambiente: che sta attorno, che circonda”. Ecco che lavorare con i ragazzi sul concetto di “prendersi cura di ciò che ci circonda” (o ancora meglio “avere a cuore” come insegna Don Milani) è l’obiettivo principale che sintetizza quanto suggerito fino a questo punto. E se ciò che ci circonda è il Creato, con tutte le sue bellezze e risorse preziose, offerto in dono all’uomo, non si può fare altro che dare il massimo. AZIMUTH • SCOUT D’EUROPA 2/2012

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RADICI

IL “COPERCHIO”  Attilio Grieco

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l cappellone è certamente l’elemento più caratteristico dell’uniforme scout ed è anche l’elemento al quale un vero Scout non rinuncerà mai. Infatti nessun altro copricapo, nessun altro berretto, nessun altro cappello, identifica e protegge lo Scout meglio del cappellone. Scrive B.-P.: “Nel corso di varie recenti visite ho incontrato molti giovani a piedi o in bicicletta, in calzoncini e camicia, spesso senza cappello o con un basco. Non potevo dire se fossero scouts o no. Ma appena vedevo un ragazzo magari a capo scoperto, ma con il suo cappellone appeso allo zaino, potevo riconoscerlo come un fratello scout, raggiungerlo e fare quattro chiacchiere. È l’uniforme scout – e in specie il “coperchio” – che identifica uno scout, in qualunque parte del mondo lo si incontri”1. “Col cappellone e un giglio d’or, sempre restiamo Esplorator...” cantavano le Aquile Randagie nelle loro attività clandestine durante il fascismo. “Col cappellone, col cappellon boero, ripara sole e pioggia è proprio un bel sombrero...” dice ancora un altro vecchio canto scout. Al riparo del suo cappellone lo Scout affronta tranquillo il solleone estivo, sicuro che non

solo i suoi occhi ma anche la sua nuca e il suo collo sono protetti dai raggi del sole. Quando piove a dirotto, il cappellone gli serve da ombrello e da grondaia, perché lo ripara ampiamente sotto la sua larga tesa, mentre scarica da un lato l’acqua che viene giù a catinelle. E se porta gli occhiali questi rimangono ben protetti dagli schizzi della pioggia. Se la neve imbianca la zona, il cappellone ripara lo Scout dal freddo e dai bianchi fiocchi, che possono scendere vorticosamente o lentamente senza particolari conseguenze per chi lo indossa. In una selva o in un bosco il cappellone protegge il viso dello Scout dai rami e dai rovi, così come in una giornata ventosa, ben calcato in testa, lo protegge dalle raffiche di vento. Quando il fuoco sotto la pentola non vuole proprio saperne di “tirare”, lo sventolio del cappellone crea una corrente d’aria che alimenta energicamente il fuoco. Quando lo Scout è sdraiato all’aria aperta per riposarsi dopo una lunga marcia, messo in bilico sulla fronte il cappellone mantiene i suoi occhi al riparo dei raggi del sole e crea uno spazio intimo e privato che lo riporta ai suoi affetti, alla sua casa, ai suoi cari lontani. Naturalmente sto parlando del cappellone scout a quattro infossature, indossato con stile, mantenuto con la tesa perfettamente orizzontale, con il cinturino al suo posto e con un laccio di cuoio da portare dietro la nuca. Un cappellone come quello che Lord Baden-Powell adottò come copricapo per gli Scouts e per le Guide.

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Baden-Powell, rivista “Jamboree”, aprile 1931.


LAVORI IN CORSO

Il lavoro della “Commissione Direttorio Religioso Italiano”

Diario di una via  Paolo Morassi

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entre guardo i primi di cordata che piantano gli ultimi chiodi e posano le ultime corde, ripenso a questa nostra avventura. Ricordo ancora, come se fosse oggi, il giorno in cui mi è stato chiesto di fare il capo spedizione. Ricordo come rappresentai i miei dubbi, ben sapendo che i miei compagni e le mie compagne avevano molta più esperienza e tecnica di me. Ciò nonostante, ho detto sì, e siamo partiti. Rammento con un certo imbarazzo i momenti quando, in qualche tratto, mi hanno dovuto “tirare su di peso”, ma poi, in un sussulto di orgoglio, richiamo quando invece sono stato io a suggerire un passaggio, a mettere in guardia da una presa insicura, a gridare “...sassi!” quando un rumore dall’alto annunciava un rischio per la progressione. Non si trattava di conquistare una nuova cima, né di tracciare una nuova via per la vetta, bensì di intervenire su una via già egregiamente tracciata, per arricchirla della esperienza maturata in tanti anni. A che scopo? Per rendere la via più fruibile, in modo che tutti (o meglio, tutti quelli che ne abbiano la volontà) possano intraprenderla e portarla a termine, conoscendo a fondo la meravigliosa montagna sulla quale si estende. Ora che siamo quasi al termine dell’avventura, posso dire che è stata impegnativa ma bellissima. Che a tratti la fatica si è fatta sentire, e che i rischi non sono mancati. Posso affermare che oggi tutti, anche quelli che meglio conoscevano la montagna, hanno qualcosa di nuovo nello zaino. Posso finalmente rivelare che mai ho temuto di non riuscire ad arrivare al termine. E infatti ci siamo: la via si avvicina alla conclusione; il documento è quasi finito. Eh sì, non sto parlando di una avventura in montagna, di epiche gesta sulle rocce ed i ghiacci di qualche magnifica vetta alpina. Ti sto invece raccontando del lavoro che, come “Commissione Direttorio Religioso”, abbiamo

affrontato in questo triennio, e che stiamo portando a termine in questi giorni. Forse penserai che mi sono arrampicato (!) su di una metafora impropria, per introdurre a questo tema. Io non lo credo, e cercherò di spiegare come sono arrivato, al fine di raccontare il nostro lavoro del triennio, a trovare le analogie che ho sfruttato per invitarti alla lettura di questo articolo. Innanzi tutto, la montagna: di quale montagna stiamo parlando? Beh, per me la “montagna” è la Spiritualità propria della FSE, quell’aspetto fondante e fondamentale della “specifica pedagogia” che le parole di Giovanni Paolo II ci hanno riconosciuto, quasi 20 anni fa. Quindi: la via. La “via”, come ho detto, esisteva già. Si chiama “Direttorio Religioso della Federazione dello Scautismo Europeo” ed è stata magistralmente tracciata molti anni fa dall’impegno e dall’esperienza di Capi ed Assistenti, tra i quali in particolare voglio ricordare P. Ivan Zuzek SJ. È una via che da la possibilità di conoscere al meglio la “montagna”, e che ogni Capo dovrebbe percorrere se vuole svolgere con passione e responsabilità il proprio Servizio.

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LAVORI IN CORSO

Eppure... accade talvolta che la via è considerata troppo impegnativa, che il Direttorio è poco conosciuto, oppure che è ritenuto qualcosa di interesse solo per i “grandi capi” (ma chi sono poi?) dell’Associazione o della Federazione. Niente di più sbagliato! Il Direttorio federale è uno specchio nel quale riconoscersi, che è preciso dovere di ciascun Capo conoscere e riconoscere. E allora la “nostra” via? Di cosa si è occupata la Commissione in questi tre anni? Perché ce n’è stato bisogno, se la “via” esisteva già? In trentacinque anni di cammino, la nostra Associazione ha percorso quella via ed ha conosciuto la montagna, e l’esperienza che ha accumulato gli consente oggi, tramite le persone di Capi, Capo ed Assistenti che si sono caricati lo zaino ed hanno fatto tanti anni di strada su quei pendii, di rendere più “nostra” (dove per “nostra” intendo della nostra Associazione) quella magnifica via, non per cancellarla o per ritracciarla, ma anzi per riconoscerla ancora di più come propria! All’inizio, qualcuno aveva capito male: qualcuno diceva che la via che stavamo tracciando era qualcosa di completamente nuovo, che avremmo abbandonato il Direttorio federale per farcene uno solo nostro. Niente di più sbagliato, potremmo mai anche solo pensare di fare una cosa del genere? Non è possibile neanche immaginare di smarcarci dalla Federazione su di un ambito così fondamentale. Il documento che abbiamo predisposto prende le proprie mosse dal Direttorio federale, non citandolo o richiamandolo, bensì sviluppandone e caratterizzandone i principi ed i contenuti nelle

scelte e nella esperienza trentennale della nostra Associazione. All’inizio, abbiamo dovuto confrontarci tra di noi, capire quali potevano essere i riferimenti, individuare gli ambiti che era necessario affrontare, immaginare una struttura del documento che cercasse di garantirne l’equilibrio tra le tematiche. Ricercare una consecutività logica: non un insieme di articoli spotlight su temi diversi, ma un testo che si potesse leggere nel suo insieme, poiché è nel suo insieme che ciascuno di noi vive la propria dimensione spirituale e religiosa. Siamo così arrivati ad una prima stesura, e con quella abbiamo iniziato un confronto con il Consiglio Nazionale, che ci ha arricchito con proposte, commenti , anche con critiche, perché no? È anche grazie ai consiglieri – e ad altri Capi ed Assistenti che ci hanno dato pareri e contributi – se possiamo affermare che oggi questo documento è frutto di un impegno diffuso e di un confronto ampio e sereno su tematiche non sempre facili, ma fondamentali per il nostro Servizio. Potrà accadere, che quando conoscerai il testo che abbiamo redatto, penserai che avremmo potuto piantare un chiodo in più, oppure sviluppare la nostra via su un passaggio meno impegnativo, o forse più impegnativo. Sarà un segno che conoscere quel testo ti avrà chiesto di riconoscerti in esso, a porti delle domande, ad interrogarti su quanto senti tue quella via e quella montagna sulla quale porti i ragazzi o le ragazze che la Provvidenza ci ha affidato, che ha affidato a te. Sì, proprio a te. PS: non conosco parole che possano dire quanto ringrazio coloro che hanno camminato con me nella Commissione in questo triennio Solo grazie allora, e alla prossima strada su cui camminare insieme.

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ORIZZONTE EUROPA

In volo verso la Bielorussia... Ut omnes unum sint

Coccinelle in Siberia (o quasi!)  Alessandra Crusi Perugia 1 • Angela Turchiano Roma 64

2004 Bielorussia: viene adottato il Metodo Lupetto sia per i bambini che per le bambine.

Settembre 2011 viene presentata una richiesta di formazione alla U.I.G.S.E.

2009 Bielorussia: il lupettismo non è ritenuto adeguato ad uno sviluppo armonico della femminilità delle bambine. Si cerca altro.

Novembre 2011 in the net: Io e Angela, tramite la Pattuglia Europa, diciamo “Eccomi!” e diamo il via ad uno scambio epistolare con Maryna, la Capo bielorussa di riferimento, per avviare una conoscenza di base tra le due realtà, sia dal punto associativo che sociologico. Ci poniamo subito il problema di come affrontare il trapasso delle nozioni: quello che non vogliamo assolutamente è avviare una sorta di colonialismo del coccinellismo ma, piuttosto, far sì che sviluppino un metodo proprio, alla luce delle nuove conoscenze.

Marzo 2010 Italia: in occasione di un incontro dei Commissari Generali e dei Commissari delle Branche dell’UIGSE, presso la nostra Base Scout di Soriano, alcune Capo bielorusse hanno modo di conoscere il Coccinellismo. Estate 2011 Bielorussia: è convocata una riunione tra i vertici associativi. Si decide di approfondire le conoscenze del Metodo Coccinelle per prenderne spunto.

Gennaio 2012 Aeroporto di Minsk –22°C. Due ammassi informi di lana e “pile” vengono accolti da

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ORIZZONTE EUROPA

Maryna, dal cugino e dal simpatico Vescovo della Chiesa Greco-Cattolica di Bielorussia. Dal giorno dell’arrivo, venerdì, alla partenza di lunedì, siamo ospiti a casa della famiglia di Maryna e Olga (la sorella, nonché Commissaria Generale Guida). L’accoglienza ha inizio con una cena tipica dell’est Europa, a base di un mix di dolciumi e piatti salati, il tutto seguito da tisane, tra cui quella fatta con acqua bollente e cucchiaiate di ribes raccolti personalmente dalla madre di Maryna! Altro elemento diffuso in Bielorussia, ma singolare per noi italiani, è il fatto di avere in un ambiente il water e in un altro il lavandino e la vasca da bagno. Potremmo omettere questi dettagli, ma in realtà quello che vogliamo condividere e trasmettere oltre agli aspetti prettamente tecnici, è proprio la gioia dell’incontro, della conoscenza sincera e della fratellanza tra popoli diversi e modi di vita diversi, resi possibili dallo Scautismo. Sabato mattina conosciamo Sergej, il giovane seminarista che, avendo studiato a Roma, ci assisterà nelle traduzioni per tutta la durata dell’incontro. La sua conoscenza è per noi preziosa, non solo dal punto di vista umano o della comunicazione ma, anche, per comprendere bene la realtà bielorussa dal punto di vista politico, religioso e sociale. Il popolo della cosiddetta “Russia Bianca” manifesta in molti aspetti le sue mille sfaccettature che le tradizioni hanno orgogliosamente cercato di mantenere vive: una specie di “biodiversità” interna da preservare e, in alcuni casi, troppi, mantenere sotto controllo dalle autorità. L’incontro con le 17 ragazze inizia sabato mattina con un quadrato all’aperto, tra enormi stalattiti di ghiaccio e cumuli di neve: tutte coperte da strati di sciarpe, ma ognuna fiera nella sua impeccabile uniforme in gonna pantalone e basco (il resto delle ore le abbiamo trascorse al caldo!). Le Capo e le Scolte presenti sono rappresentanti di tutte le regioni della Bielorussia in cui l’Associazione è presente. A queste si sono aggiunte una giovane suora e un’insegnante, mamma di una Scolta, interessata all’iniziativa. La linea decisa con Maryna è stata quella di alternare ogni attività pratica ad un momento di spiegazione e confronto con le ragazze. Dopo un gioco di conoscenza per imparare nomi e numeri in italiano e bielorusso, ecco quindi la formazione delle sestiglie, le presen-

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tazioni con i, prima timidi e poi sempre più entusiasti, “boscya!” (eccomi!), la realizzazione di coloratissimi Quaderni di bosco, il racconto alla luce della Lanterna, il gioco sul simbolismo. Il tutto intervallato dalla preparazione di un pranzo italiano, da caldi infusi e dalla preparazione della cena bielorussa (una miriade di frittatine di patate: i “dranichi”) seguita dalla tisana di fine pasto. Le ragazze nel corso delle pause ci hanno posto molte domande sugli argomenti trattati e al rientro, nonostante le 13 ore filate di attività, lo scambio di opinioni e informazioni tra noi e Maryna non si è arrestato. Domenica mattina, dopo la celebrazione greco-cattolica delle 9, il tempo è veramente volato. Ci siamo rese conto dell’ora solo al momento del pranzo: una tipica zuppa di rape rosse, la “borsch” con carne e panna (che mettono ovunque) più gli immancabili dolci. Il momento dei saluti ha visto in tutte il sorriso e la gioia della condivisione di un momento, ritenuto da ognuna, prezioso. Bello il commento della mamma che ci dice “grazie per l’amore e la gioia che ci avete donato, mi auguro che l’altra mia figlia possa diventare una coccinella” e, ancora, le parole di una Scolta “è stato bello realizzare di far parte di una famiglia che va oltre i confini della Bielorussia”, ma, in alcuni casi, le parole hanno lasciato il passo alla commozione... Oggi In the net: “Ciao Maryna, come procede?” “Bene, ci stiamo vedendo tutte le settimane per cercare di mettere a punto un metodo adatto alle nostre bambine sulla base del vostro aiuto e forse ci rivedremo presto... in Italia!”


ORIZZONTE EUROPA

Le Coccinelle: una pedagogia adatta alle bambine  Darya Susha Scolta Belarus (Traduttore Sergej Rajunets)

S

ono venuta a sapere per la prima volta dell’esistenza del coccinellismo un anno fa grazie ai racconti di alcuni nostri Capi e Capo che erano appena tornati da una riunione scout tenutasi vicino a Roma (ndr: incontro dei Commissari dell’UIGSE tenutosi a Soriano nel marzo 2010). Nel corso di quell’incontro avevano avuto modo di vedere molte sestiglie di Coccinelle (in bielorusso = божых каровак) e ne erano rimasti così piacevolmente impressionati che, al loro ritorno in Bielorussia, ci dissero: “Dovete scegliere la pedagogia promossa dal coccinellismo, è molto femminile e adatta a delle bambine!”. Abbiamo subito pensato: “Perché no? In fondo, dopo una breve pausa, stiamo progettando la riapertura della prima branca della sezione femminile. Possiamo scegliere tra la pedagogia francese (Lupettismo) e quella italiana (Coccinellismo)”. Sono subito partite per l’Italia le lettere d’invito e dopo qualche giorno ci è arrivata la buona notizia: ci sarebbe stato, in Bielorussia, un incontro di formazione per coloro che avessero voluto conoscere la pedagogia del Metodo Coccinelle. La bella notizia si è diffusa rapidamente e si sono così riunite 18 persone interessate, rappresentanti delle varie zone della Bielorussia. È così che, in una gelida mattina di gennaio a Minsk, ha avuto inizio l’interessante gioco delle Coccinelle, guidato da Angela ed Alessandra, due Capo italiane molto aperte, allegre

e carismatiche, che hanno voluto condividere con noi la loro esperienza nel coccinellismo e tutto l’entusiasmo necessario per lavorare con delle bambine. Questo entusiasmo è stato così forte che, durante l’intero incontro, il sorriso non è mai scomparso dai volti delle partecipanti. La Lanterna, che è uno dei simboli delle coccinelle, ha brillato molto intensamente per tutto il tempo. Quando mi chiedono: “Cosa ti è piaciuto di più del corso?” onestamente rispondo: “l’atmosfera di fratellanza, ovvero lo spirito scout”. Se insistono chiedendomi “che altro?” rispondo: “i sorrisi sinceri che brillavano intorno”. “Che altro ancora?” “I giochi interessanti, stare in piedi in un cerchio, quando la

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ORIZZONTE EUROPA

tua mano tocca le mani delle tue amiche”, “E poi?” “Le canzoni divertenti, i preparativi per il nostro primo pranzo italiano e per la cena bielorussa. Il racconto così ben narrato da Alessandra illuminato dalla luce della Lanterna. La realizzazione dei Diari della Foresta (n.d.r: i Quaderni di bosco), l’attività di espressione con le nostre scenette appena inventate e tutto ciò che non si può raccontare in una sola volta. La cosa più importante, però, è sicuramente l’insieme d’informazioni ricevute nel corso dell’incontro, che ci aiuteranno nel lavoro con la Branca Gialla (жоўтай галіной). Un altro aspetto molto importante di questo corso è stato lo stesso programma: era così equilibrato ed interessante che, nonostante il primo giorno fosse durato ben 13 ore, nessuna delle partecipanti ha notato l’affaticamento e anzi, al contrario, a tutte sarebbe andato bene il protrarsi della riunione. E così, in un certo senso, è stato: è continuato sulla strada per casa quando, avvolte dalle sciarpe che facevano intravedere solo gli occhi, percorrevamo lo stretto sentiero; è continuato anche sotto il rombo delle ruote, mentre facevamo una pacifica chiacchierata, è continuato la mattina dopo...”.

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Ora, quando chiudo gli occhi, di fronte a me cominciano a nuotare le scene del corso: sono molto luminose e belle. Queste immagini involontariamente mi portano a sorridere e vorrei condividere tutto ciò con altri.


ORIZZONTE EUROPA

Nei tempi che passano e nei segni che rimangono  a cura di Alessandra Crusi Perugia 1

“È

dovere della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche.” (Gaudium et spes, 4 EV 1/1324) “L’avvenire delle nostre società poggia sull’incontro tra i popoli, sul dialogo tra le culture nel rispetto delle identità e delle legittime differenze.” (Benedetto XVI, discorso all’assemblea plenaria del pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, 28 maggio 2010) “Più che mai ho adesso la sensazione che per mezzo dello spirito di fratellanza degli scout, estesosi in tutto il mondo, potremo fare un primo passo verso una pace internazionale riportando un concreto risultato. Tale pace non può ottenersi con leggi, ma solo essere fondata su un reciproco sentimento di fratellanza tra popoli.” (B.-P., marzo 1915) “Il proprio comportamento e stile di vita, lo si voglia o meno, rappresenta di fatto una proposta di valori o disvalori” (Educare alla vita buona del Vangelo. CEI. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020) “Le amicizie potranno esser ancor più pienamente sviluppate se i capi vi porranno mente, attraverso un aumentato scambio di corrispondenza, pen pal, visite, ospitalità ai ri-

fugiati, studio della geografia e della storia di altri Paesi, e ricordando ai ragazzi che siamo tutti figli di uno stesso Padre, il cui comandamento è: “ama il prossimo tuo”. (B.-P. The Scouter, aprile 1940) “All’accoglienza deve seguire la capacità di gestire la compresenza di culture, credenze ed espressioni diverse. [...] L’opera educativa [...] deve aiutare a superare paure, pregiudizi e diffidenze, promuovendo la mutua conoscenza, il dialogo e la collaborazione.” (Educare alla vita buona del Vangelo. CEI. Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 2010-2020)

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NELLO ZAINO

Attività estive e genitori

Farsi apprezzare dai genitori: non ha prezzo  Sergio Colaiocco

E

se il problema fossimo noi e non i genitori? Due sono i poli di ogni relazione, anche in quella con i genitori. Invece che occuparci di come cambiare loro, vediamo cosa possiamo fare noi perché ciò che facciamo durante l’estate sia sempre più compreso e apprezzato.

Quando il capo si è assicurato simpatia ed appoggio da parte dei genitori del ragazzo conducendoli ad una collaborazione reciproca e ad un pieno interesse al funzionamento del Riparto e agli scopi del movimento, allora il suo compito sarà più facile (B.-P.).

 Le riunioni con i genitori: brevi e ben preparate.

Brevi perché in un’ora massimo si possono dire molte cose (e perché non dobbiamo salire in cattedra). Ben preparate: come ci presentiamo, chiarezza nell’esposizione, lasciare sempre qualcosa di scritto. Idea pratica n. 1: il contributo di un genitore può risultare più credibile di quel che diciamo noi (introduciamo il trapasso nozioni anche tra genitori); utilizziamo con i genitori supporti tecnici (da una presentazione in powerpoint ad un video).

Far vedere un video di qualche minuto dei ragazzi in attività può aiutare i genitori a rendersi conto meglio di cosa fanno i figli quando sono con noi. L’associazione ha preparato, anche per questo, una serie di clip per ogni branca, di varia durata e su vari temi, che sono disponibili su DVD ma anche scaricabili dal canale youtube SCOUTD’EUROPAFSE.

 A noi non piacciono i compartimenti stagni: ogni

unità vive in modo coordinato e armonico in un Gruppo e dobbiamo noi far in modo che si ci sia, e si percepisca, una continuità nei rapporti con i

genitori anche nel passaggio dei ragazzi tra le varie unità. Idea pratica n. 2: alle riunioni con i genitori sia sempre presente il Capogruppo; ciò avvenga anche quando il capo unità deve affrontare con i genitori i problemi particolari di un ragazzo. Sia il Capo Unità a coinvolgere e a concordare la data della riunione con il Capogruppo.  Educare all’autonomia, oltre che alla responsabilità,

non si può fare se non si allenta il cordone ombelicale che lega un figlio ai genitori: durante le attività estive i ragazzi parlano con i genitori solo in caso di vera necessità. Non ha senso scegliere di andare a vivere nella natura se poi ci portiamo appresso ogni tipo di mezzo di comunicazione. Se spieghi bene lo spessore educativo della scelta e si verifichi bene ad inizio dell’attività che non ci siano mezzi che rompono il clima di avventura. Idea pratica n. 3: i genitori si rivolgano per avere informazioni al Capo Gruppo (o al più al rappresentante dell’unità in Consiglio di

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NELLO ZAINO

Gruppo) che farà da tramite col Capo Unità (che però eviterà di avere il cellulare acceso durante il giorno...).  La prima volta che il ragazzo va all’attività estiva

con la nuova unità (cioè al primo: volo estivo, vacanze di branco, campo estivo, route, campo mobile) ci sono modi di fare e abitudini che noi diamo per ovvie e scontate ma che i genitori non conoscono, non capiscono, non hanno il coraggio di chiedere. Idea pratica n.4: andare a trovare a casa, magari facendosi invitare a cena, i ragazzi che per la prima volta verranno con noi d’estate; sarà l’occasione per un incontro a tu per tu con i genitori che ci permetterà di farci conoscere, conoscerli nel loro ambiente, rispondere alle loro domande anche le più personali.

infatti è e deve rimanere il luogo del bosco, dell’avventura, della strada... i genitori restano sempre sullo sfondo; al centro c’è il rapporto asimmetrico ma solido e di fiducia tra il Capo e il ragazzo, che non si deve sentire tradito o scavalcato dal rapporto tra genitori e i Capi. Idea pratica n. 7: mai mandare mail, o anticipare ai genitori, novità, attività e proposte prima di averle messe a fuoco, lanciate e condivise con i ragazzi.  Se non tutti si sentono di venire, allora ci inven-

tiamo qualche altra cosa; attenzione a mantenere sempre alto il livello della proposta; le caratteristiche del nostro metodo possono apparire a qualche ansioso genitori troppo esigenti. Confrontiamoci con qualche capo esperto (capogruppo, incarico di distretto ecc.), esponendo come abbiamo pensato l’attività che desta ansia... ma se abbiamo conferma che si tratta di una attività valida non arretriamo. Idea pratica n. 8: non annacquare la proposta, per venire incontro a qualcuno.

 Nascondino è un bel gioco, ma non con i genitori:

dobbiamo esser leali nell’illustrare caratteristiche, modi e particolarità delle attività che facciamo; devono esser illustrati anche i possibili rischi collegati alle attività che proponiamo ma con l’indicazione delle precauzioni che prenderemo. Idea pratica n. 5: riportare sull’autorizzazione le specifiche delle attività che si proporranno l’estate, evidenziandone anche gli eventuali rischi.  Costruire un’alleanza di intenti educativi; è un

obiettivo impegnativo per ogni Capo e richiede tempo e dedizione. Anche questa però è una parte decisiva del servizio di un Capo perché lo Scautismo non si sostituisce alla famiglia ma è complementare ad essa. Idea pratica n. 6: riprendere ad ogni incontro le ragioni alte del metodo, anche ritornando ad ogni riunione gli stessi concetti educativi. Idea pratica n. 6 bis: illustrare nelle riunioni il programma di un’uscita tipo, accostando in una tabella ad ogni attività il suo obiettivo educativo.  Attenzione a non esagerare nell’anticipare o svelare

ai genitori quel che avverrà in unità; lo Scautismo AZIMUTH • SCOUT D’EUROPA 2/2012

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SFIDE

La vocazione alla libertà nella Scautismo  Claudio Favaretto

Q

uello che ho vissuto nello Scautismo è entrato così profondamente in me che ricordo non solo i tempi, ma le sensazioni di volta in volta provate. Immaginate una valle alpina, di altitudine modesta ma non insignificante, ben delimitata da due serie di montagne, ma nel suo genere aperta. Il riparto era accampato alla fine del pendio di sinistra orografica. Di fronte c’era una strada carreggiabile, poi un magnifico torrente, ricco d’acque ma non profondo, facilmente guadabile, dove ci si recava a lavarsi e a lavare le pentole. Al di là un fitto ontaneto e poi prati non più curati, delimitati da muretti a secco, e infine il bosco di abeti che diventavano sempre più radi salendo il fianco della montagna. Un grande gioco prevedeva che una squadriglia, il cui campo-base era verso la sorgente del torrente, dovesse scendere lungo la valle per portare armi e munizioni ai suoi alleati rinchiusi in un forte verso valle. Forse, ora che ci penso, il titolo del gioco era “Fort Alamo”. Un’altra squadriglia, la mia, doveva intercettare questi rifornimenti. Ci si era disposti attraverso tutta la valle, ma il territorio era troppo vasto per poterlo sorvegliare adeguatamente. L’unica possibilità era il silenzio, nella speranza che gli avversari, come di solito succede, si chiamassero o, comunque, parlassero. Decisa questa strategia, ci si sparpagliò, cercando di coprire il maggior spazio possibile. Io mi trovai, ad un certo punto, in un luogo sopraelevato, che dominava quasi tutta la valle, al margine della vegetazione arborea. Non so cosa mi prese. Mi sembrò di respirare l’infinito. Non avevo mai provato una dimensione così piena e profonda di libertà. Una libertà dentro le regole, certo, ma di una dimensione così vasta da rendere un adolescente com’ero io, quasi inebriato d’infinito. Per un momento non m’importò più del gioco, perché quello che avevo intuito era più grande di ogni totem (il riconoscimento giornaliero dato dai capi alle squadriglie che si erano distinte nelle varie attività): avevo intuito il grandissimo valore

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che lo Scautismo, attraverso la legge, la promessa, e tutte le altre regole, mi aveva portato ad un livello di riflessione che non avrei più lasciato: la legge è la libertà e la libertà è dentro la legge. Quante volte, magari durante un campo mobile o un’uscita, ci sarà toccato di arrivare in alto, su un monte, ma anche su un modesto rilievo, fuori dell’itinerario consueto di gitanti chiassosi e sentirsi immersi in una dimensione straordinaria di libertà e di ricchezza? “Paroni del mondo” diceva qualcuno. In effetti ci si sente padroni del mondo, non perché lo si possieda materialmente, ma perché lo si conosce e lo si ama senza dominarlo ma anche senza esserne dominati. Ricordate il brano evangelico delle tentazioni di Gesù? “Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò se, prostrandoti, mi adorerai.” (Mt, 4,8). A me viene sempre in mente questo passo; ma anche la risposta di Gesù: “Vattene satana! Sta scritto: “Adora il Signore Dio tuo, e a lui solo rendi culto”. Questo, a mio parere, è il grande insegnamento dello Scautismo: amare il mondo ma non diventarne schiavi. L’esempio riportato riguarda il potere e la ricchezza, a cui lo Scautismo risponde con la semplicità della vita e con l’essenzialità, che non significa, come i filosofi cinici greci alla Diogene, di buttare tutto per vivere come, appunto i cani, come loro si autodefinivano. Ma significa non farsi irretire dalle cose materiali che appesanti-


SFIDE

scono la nostra esistenza. Mi viene in mente un altro esempio, legato alla vita all’aperto. Cosa c’è di più bello che trovare, in uscita o campo mobile, il luogo più adatto alla sosta e all’attendamento? Ci bastano poche cose, meravigliose nella loro semplicità: un luogo sufficientemente pianeggiante, un rivo d’acqua, un bosco per cercare la legna. E poi ecco tutta la gioia di apprestare l’accampamento, di preparare il fornello, di cercare quei pochi ramoscelli necessari per il fuoco. E poi l’inebriante profumo della legna bruciata, profumo che varia a seconda della specie arborea: profumo di resina per le conifere, profumo salato per il salice ed il pioppo, ecc. Nessun piatto è più gustoso di quello che conserva in sé un po’ di questi profumi! Ancora una volta la semplicità rende gioiosi perché scevra da ogni artificiale abbellimento e basata solo su ciò che serve.

Potrei continuare con tanti altri esempi che voi conoscete quanto me. Ma il messaggio che vorrei ancora una volta ribadire è il seguente: tanto più noi saremo in grado di far capire ai nostri ragazzi che il senso profondo della vita non nasce dal possedere ricchezze o da una cucina raffinata, o da posti turistici rinomati nei quali l’attività più importante consiste nell’incontrare più persone possibile per far capire che anche noi siamo lì; tanto più avremo insegnato ad essere felici, leggeri in un mondo appesantito dall’ansia di possedere. Mi sono chiesto più di una volta: se i ricchi non avessero la possibilità di far vedere agli altri i segni della loro ricchezza (auto, ville, gioielli, cene, ecc.) quale senso darebbero a queste cose? Io credo ben poco, perché non sono affatto indispensabili a fare di un’esistenza una vita felice. Una volta instillato nei giovani il metro di giudizio, sarà più facile a loro discernere ciò che vale da ciò che non vale. E così diventeranno liberi anche nel giudizio degli uomini, della politica, della moda e di tutti i vari feticci del nostro mondo.

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in Bacheca

Atti del Consiglio Direttivo Il Consiglio Direttivo nella riunione del 28-29 gennaio 2012 ha nominato:  Commissario del Distretto ToscanaEmilia: Enzo Ruggiero (Grosseto1).  Vice Commissaria del Distretto Abruzzo: Marianna Del Torto (Pescara 2).  Vice Commissaria del Distretto di Ancona: Cathy Baglioni (Jesi 1).  Capo Cerchio: Di Lorenzo Chiara (Palermo 6); Di Paola Lucia (Palermo 8); Guidi Giorgia (Roma 3); Panattoni Claudia (Tivoli 1); Vescovo Chiara (Udine 2).  Capo Riparto Guide: Colasanti Elisa (Frosinone 2); Pacelli Claudia (Vignanello 1); Oregio Catelan Angela (Padova 2); Vescovo Sara (Udine 2);  Capo Branco: Borella Lorenzo (Firenze 26); Grilli Federico (Calcinelli

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 a cura di Massimiliano Urbani Segreteria Nazionale

1); Tonietti Simone (Roncade 1).  Capo Riparto Esploratori: Ciciriello Marco (Reggio Calabria 3); Danieli Andrea (Fossalta 1); Mamone Alessio (Reggio Calabria 3).  Capo Clan: Aureli Antonio (Tivoli 1); Bortoluzzi Stefano (Meolo 1); Diodati Beniamino (Spoltore 2).  Capo per l’Assistenza Religiosa: Cova P. Andrea (Commissariato Nazionale). Ha autorizzato la formazione del Gruppo Pescara 4 – Giovanni Paolo II e la variazione dell’Ente Promotore del Gruppo Firenze 26. Ha infine confermato la redazione del calendario scout.

Spirituali Scout delle associazioni nazionali della FSE al Convegno Internazionale degli Assistenti Spirituali Scout che si svolgerà presso il Santuario della Misericordia Divina, in Lagiewniki (Cracovia - Polonia) dall’11 al 13 giugno 2012. Il programma affronterà i temi dell’Educazione del senso religioso nello scautismo, con un’attenzione particolare alla Preghiera, alla Direzione Spirituale, al Senso della Missione Cristiana nel mondo – teoria e pratica; Ci sarà poi una riflessione teologica sulla Misericordia Divina attraverso due conferenze tenute da S. Em.za il Card. Stanislaw Dziwisz (Arcivescovo di Cracovia e già seConvegno Assistenti Spiritua- gretario del beato Giovanni Paolo li UIGSE-FSE II) e del Rev. Jan Machnik (professore L’UIGSE – FSE invita tutti gli Assistenti di teologia). Non mancherà uno


in Bacheca scambio di esperienze pastorali nello scautismo nei vari paesi ed una visita alla città di Cracovia. A tutti gli assistenti ed ai rispettivi Capi Gruppo è stato inviato l’invito ufficiale con le principali informazioni logistiche, nonchè il modulo di iscrizione da inviare in Segreteria Nazionale entro il 15 marzo p.v. I Capi Gruppo e i Commissari sono invitati a sollecitare e facilitare la più ampia partecipazione degli Assistenti a questo convegno. Il Card. Bagnasco confermato Presidente della CEI Il Santo Padre Benedetto XVI ha confermato Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per il prossimo quinquennio, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova. Il nostro Presidente, appresa la notizia, ha fatto pervenire a Sua Eminenza il seguente telegramma: A nome del Consiglio Direttivo e dell’Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici tutta, invio le più vive felicitazioni per la conferma di Vostra Eminenza alla presidenza della CEI. Mentre assicuriamo il nostro filiale sostegno con la preghiera per il Suo alto incarico, ci confermiamo Suoi devotissimi nel Signore. Giuseppe Losurdo - Presidente Campo di Formazione per Capi Gruppo Commissari di Distretto e Assistenti L’Incontro di formazione per Capi Gruppo, Vice Capo Gruppo ed Assistenti, quest’anno si svolgerà dal 9 al 12 agosto 2012 nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, a margine del Campo Nazionale Scolte e Rover. Da quest’anno l’incontro, oltre che ai Capi Gruppo, Vice Capi Gruppo e Assistenti, è aperto anche ai Commissari e Vice Commissari di Distretto come occasione di incontro e confronto sui temi associativi legati ai Gruppi e ai Distretti, ponendo in primo piano ragazzi e Capi.

Nomina Assistente In data 24 febbraio 2012 il Vescovo di Belluno-Feltre, Sua Ecc. Mons. Giuseppe Andrich, ha nominato don Robert Soccal Assistente Spirituale del Distretto Belluno-Trentino A.A. Pubblicato il logo della GMG 2013 Un grande cuore, che racchiude, stilizzati, a partire dalla zona superiore, in verde, la Croce pellegrina e il “Pão de Açúcar”, il “Pan di Zucchero”, la famosa collina di Rio de Janeiro. Al centro, in giallo oro, il Cristo Redentore, simbolo della città e, nella parte bassa, in blu, è riportato il litorale brasiliano. Simboli e colori brasiliani per il logo, presentato recentemente, della Gmg di Rio de Janeiro (23-28 luglio 2013) che ha per tema “Andate e

fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19). Vista nel suo complesso l’immagine rappresenta, infatti, Gesù che chiama i suoi e li invia ad annunciare il Regno dei cieli. L’autore del logo si chiama Gustavo Huguenin, un grafico brasiliano di 25 anni, risultato vincitore tra 200 partecipanti. In un’intervista al sito dell’arcidiocesi di Rio, Huguenin, ha affermato che il suo lavoro “è stato frutto di fede e preghiera. Sono felice che questa immagine venga associata all’incontro di tanti giovani con Cristo e con il Papa nelle giornate di Rio”. Riconoscimento ufficiale alla FSE dalla Chiesa Spagnola Sabato 18 febbraio, Jose Armanda, direttore dei volontari della GMG 2011, ha consegnato alla associazione FSE Spagnola una lettera ufficiale di riconoscimento dell’impegno dei volontari durante la GMG stessa. La cerimonia si è svolta vicino Madrid, alla presenza di Capi FSE provenienti da tutta la Spagna. Con i suoi 2200 Rover e Scolte l’UIGSE-FSE è stata infatti l’organizzazione che ha dato il contributo più importante allo svolgimento della GMG. AZIMUTH • SCOUT D’EUROPA 2/2012

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Editoriale 1.000... .......................................................................... 2 Verso l’Assemblea Caro Pietro... Cara Marialuisa... .................................. 4 Vedersi, parlarsi e confrontarsi.................................... 6 Una comunità con un unico metodo ......................... 8 Un confronto fecondo ............................................... 10 Liberi, con Cristo nella nostra vita ............................ 12 Lavorare con passione... fa bene a tutti!................... 14 Io, Consigliere Nazionale........................................... 18 Nelle Sue mani Questa è la nostra Fede! ........................................... 20 Giocare il gioco Attività in sicurezza .................................................... 22 Sarà una caccia meravigliosa ..................................... 24 Il mio servizio come Capo......................................... 26 Verso l’Eurojam 2014 .................................................. 28 Più che farvi dei doni... fatevi dono! ........................ 30 Prendersi cura di ciò che ci circonda ....................... 32 Radici Il “coperchio” .............................................................. 34 Lavori in corso Diario di una via ......................................................... 35 Orizzonte Europa Coccinelle in Siberia (o quasi!) ................................. 37 Le Coccinelle: una pedagogia adatta alle bambine.... 39 Nei tempi che passano e nei segni che rimangono.... 41 Nello zaino Farsi apprezzare dai genitori: non ha prezzo .......... 42 Sfide La vocazione alla libertà nello Scautismo ................ 44 In bacheca Atti associativi e notizie varie ................................... 46

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AZIMUTH Nº 2/2012

SOMMARIO


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