CARNET DI MARCIA 2008 3

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Rivista mensile, luglio 2008 • n. 8 anno XXXII • Sped. in abb. post. Art. 2, Comma 20/c, Legge 662/96 • Filiale di Padova • ISSN 1127-0667

Carnet Marcia di

C 2008

Firma della Carta di Clan sulla vetta Dufur del M.Rosa, 4610mt

SCOUT D’EUROPA


SOMMARIO SCOUT D’EUROPA

Con uno scatto... a risposta dalla Pattuglia Foto

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By Tullia e Giorgio È la Tua Strada... che porta a Te

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Treppiedi, una proposta Non si sta fermi: siamo fatti per camminare, per crescere, per divenire

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Tips and Tricks & Ricordando Relazione sul sentiero

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Lettera di un Capo F.S.E. dall’Antartide

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Non nobis Domine, sed nomini Tuo gloriam

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Vedo ma non credo

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Crescere nell’amicizia... grazie allo Scoutismo 18 STORIA DEL “CORPUS DOMINI” “Quel ramo del lago di Bolsena...”

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Cadendo da cavallo... infuocando il mondo Lo pota perché porti più frutto...

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Corner... l’angolo dello sport Tenacia di ferro

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Sale in zucca Sale e cerchio

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SMS... ke passione!

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Cucù e Ciarlatani La linea d’ombra

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Anno XXXII • n. 8, luglio 2008 Carnet di Marcia per Scolte e Rovers Direttore Responsabile Solideo Saracco Direttori Michela Bertoni, Pietro Antonucci

Vita da Rover, vita da Scolta Estote Parati. Grazie Signore per la malattia della mamma

L’altracopertina Riflettendo sul crescere

Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo

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ingraziamo tutti coloro che ci hanno scritto e che ancora non vedono pubblicato su questo numero il loro contributo! Tranquilli, sarete sul prossimo numero!!

REDAZIONE DI CDM Coordinamento redazionale Tullia Di Addario, Giorgio Sclip Responsabili rubriche L’ALTRACOPERTINA: Giorgio Sclip APERTAMENTE: Francesco e Laura Licenziato, Martino Piovesan ed Elena Pillepich CADENDO DA CAVALLO... INFUOCANDO IL MONDO: Don Fabio Gollinucci e Fra’ Basito CORNER... L’ANGOLO DELLO SPORT: Carla Palermo, Tina Di Bari e Demetrio Gajo SALE IN ZUCCA: Monica D’Atti e Aldo De Menech SENTIERI D’EUROPA: Massimiliano Pastore e Massimiliano Pietrantoni TIPS & TRICKS: Marco Lucidi TREPPIEDI, UNA PROPOSTA: Commissari di Branca In redazione anche Enrico De Micheli, Elena Bratti, Micaela Moro, Gipo Montesanto, Serena Adinolfi, Don Paolo La Terra Hanno collaborato in questo numero: Gipo Montesanto, Michela Bertoni, Pietro Antonucci, Anna Pasqualini, Riccardo Schioppa, Paolo Morassi, Giacomo Palumbo, Federica Marchioni, Manuel Renzi, Don Fabio Gollinucci, Tina Tindari, Monica D’Atti, Luigi Ingrassia, Giorgio Sclip Progetto grafico Ellerregrafica Direzione, Redazione e Amministrazione Via Anicia 10 • 00153 Roma Aut. del Tribunale di Roma n. 17404 del 29/09/1978 • Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/c, Legge 662/96 • Fil. di Padova ISSN 1127-0667 Stampa ADLE Edizioni • Padova Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione.Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi in questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte. Chiuso in Redazione il 10 giugno 2008

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Con uno scatto... a risposta dalla Pattuglia Foto Tratto da “Se...” di R. Kipling “Se riesci a non perdere la testa quando tutti attorno a te la perdono e ti mettono sotto accusa... Se riesci ad avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te, ma riesci a tenere nel giusto il loro dubitare…

Se riesci ad aspettare senza stancarti di aspettare o essendo calunniato a non rispondere con calunnie o essendo odiato a non abbandonarti all’odio pur non mostrandoti troppo saggio,ma parlando da buono…

Se riesci, incontrando il successo e la sconfitta, a trattare questi due impostori allo stesso modo… Se riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi a sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti più, ed a resistere, quando ormai in te non c’è più niente tranne la tua grande volontà che ti dice: resisti! Se tanto nemici che amici non possono ferirti...

Foto di Gipo Montesanto

Se riesci a colmare l’inesorabile minuto con un momento fatto di 60 secondi… Allora tua è la terra e tutto ciò che è in essa, e quel che più conta è che sarai un Uomo, ragazzo mio.”

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by Tullia e Giorgio

È la Tua Strada...

che porta a Te

GIORGIO E TULLIA

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n questo numero di Carnet di Marcia vorremmo farvi riflettere sul quello che, senza possibilità di essere smentiti, crediamo sia uno degli “obiettivi” di ognuno di voi: crescere. Già ma cosa significa? L’erba cresce… i capelli crescono… ma non è di questo che vi vogliamo parlare. Crediamo che tutti voi desideriate crescere soprattutto dentro, in profondità. La domanda da porci è: cosa ci ha fatto e cosa ci fa crescere? Quali esperienze ricordiamo come quelle che, più di altre, ci hanno fatto crescere? E quali altre ci

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auguriamo o pensiamo che ci sarebbero ulteriormente utili per migliorare, progredire, formare la nostra persona? Ognuno di voi può fermarsi a riflettere e certamente i ricordi di questi momenti verranno subito in mente: saranno momenti belli in famiglia, tra amici, in Clan, in Fuoco, qualche uscita, qualche campo… Ma non solo: sicuramente ci saranno da ricordare anche momenti non belli, momenti in cui non tutto è andato sempre come avremmo voluto. Piccoli o grandi fatti che, potendo, non avremmo scelto, o avremmo fatto andare diversamente se ne avessimo avuto la possibilità. Ripensandoci, forse anche questi episodi, non voluti, non scelti, non desiderati, hanno contribuito


perché io avessi bisogno di loro. Domandai a Dio tutto per godere la vita: mi ha lasciato la vita perché potessi apprezzare tutto. Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo, ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà. Le preghiere che non feci furono esaudite. Sii lodato, o mio Signore. Da queste parole esce forte la consapevolezza di come spesso Dio non ragioni come noi; ce lo ricorda anche il Profeta Isaia quando dice:

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi: egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà. Domandai a Dio che mi desse la salute per realizzare grandi imprese: egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio. Gli domandai la ricchezza per possedere tutto: mi ha fatto povero per non essere egoista. Gli domandai il potere perché gli uomini avessero bisogno di me: egli mi ha dato l’umiliazione

“I miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie. Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri.'' Non tutto va come noi vorremmo: se crediamo che le cose non accadano mai a caso e tentiamo di leggere i segni e osserviamo le cose che ci capitano con un occhio più attento, ci accorgiamo che a volte sono proprio questi fatti non “chiesti” che ci aiutano di più a crescere. Spesso i nostri progetti non coincidono con quelli che Dio ha fatto per la nostra Vita. Dio pone sulla nostra Strada delle scelte o dei fatti che a noi sembrano non indispensabili, che sono estranei alla nostra logica, la logica di questo mondo. Seguire la Sua Strada è il modo per arrivare a Lui: la Sua, non la Nostra. Questo comporta l’orientare la nostra Vita secondo quello che Lui ci chiede. Leggere, in ciò che ci capita intorno, un segno a cui dar calore, su cui investire fatica e speranza. Non ci arrenderemo a valori e priorità che la società ci impone, alla sua volgarità, alla sua violenza, ma vedremo in queste esperienze “impreviste” dei segnali che ci possono aiutare a crescere, da custodire e alimentare. Senza dimenticare che ogni percorso ha bisogno di tempo, di maturazione, dello Spirito Santo che illumini e guidi le nostre scelte. Carnet di Marcia C•2008

by Tullia e Giorgio

in maniera decisiva alla nostra crescita personale. Ci viene in mente a tal proposito Kirk Kilgour, uno a cui nella vita non tutto è andato come si aspettava. Kirk era un campione di pallavolo che rimase paralizzato; durante alcuni esercizi di riscaldamento cadde, provocandosi la lussazione di una vertebra cervicale con conseguente totale paralisi degli arti. Ma non si arrese: continuò a vivere su una sedia a rotelle, dimostrando forza, volontà e coraggio tali da fare invidia ad un campione in piena attività. E come nello sport, in cui la sconfitta fa parte del gioco, egli ha vissuto la “sconfitta” dell’infortunio in positivo, traendone spunto e coraggio agonistico per lottare ancora e tornare a vincere. Un uomo di straordinaria ricchezza interiore che ha affrontato la vita con serenità e con autentico spirito sportivo, e dalla quale anche noi, grazie al testo di una preghiera che ci ha lasciato, riflettendo sui fatti che ci fanno crescere, possiamo trarre un grande spunto di riflessione.

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treppiedi una proposta

Non si sta fermi: MICHELA BERTONI

“N

on si sta fermi: siamo fatti per camminare, per crescere, per divenire. Questa è la legge della vita e in particolare della vita umana. Anche se una forma capillare e subdola di pigrizia vorrebbe portarci a credere di essere arrivati, di essere formati, di avere raggiunto una maturità, e quindi di poterci fermare e costruire la nostra casa di cemento, la verità del nostro essere liberi e intelligenti fa capire che là dove siamo ora non è che una tappa e che la Strada è ancora lunga.” Queste righe, tratte da “Spiritualità della Strada”, le ho usate spesso quando volevo parlare alle Scolte della Partenza, cioè quel momento in cui la Scolta capisce di

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essere abbastanza cresciuta per poter continuare a camminare e a formarsi anche senza la presenza della Comunità del Fuoco. E così le ho rispolverate anche ora, perché, se parliamo di crescere nello Scoutismo, proprio la Partenza è l’obiettivo verso cui tendere, o meglio il più completo, quello che ne racchiude altri che si vanno definendo strada facendo. La prima frase ci indica un destino a cui non possiamo sottrarci: come persone è inevitabile che affronteremo dei cambiamenti, e noi stessi nel corso della vita cambieremo... Cambierà il nostro corpo, cambierà la nostra condizione economica, cambierà la nostra famiglia, e cambieremo noi negli anni nei confronti di tutto questo, in maniera impercettibile, ma ogni


giorno. Le informazioni che apprendiamo, le persone che incontriamo, le cose che vediamo, fanno sì che noi non possiamo mai essere gli stessi di ieri. Quello che dobbiamo augurarci, è di essere sempre migliori di ieri, naturalmente. Come fare perché i cambiamenti non siano qualcosa che ci travolge, ma qualcosa che ci fa crescere? Beh, credo che dipenda da noi e che di questo ognuno se ne possa assumere la responsabilità. Dipende dall’equilibrio che abbiamo dentro, da quei mattoni che abbiamo posto dentro e non fuori di noi. I mattoni infatti non sono la sicurezza economica, né la stabilità del posto di lavoro, che certo aiutano, ma non riempiono la vita, non ci rendono felici nel senso che intendiamo noi. I mattoni invisibili, ma forti

Servizio

siamo fatti per camminare, per crescere, per divenire

Strada

Comunità

sono invece quelle sicurezze o quella speranza che ci vengono da ciò che sappiamo di noi, dalla presa di coscienza di quello che siamo, di quello che sappiamo fare, delle nostre potenzialità e dei nostri limiti, da quella forza di volontà che ci spinge a fare sempre quel passo in più, da quella coerenza che ci fa da guida nelle scelte importanti... Soprattutto sono la certezza di sapere che c’è Qualcuno che ci ama sempre. E a tutto questo venite costantemente sollecitati nelle attività di Fuoco e di Clan, quando da persone libere ed intelligenti vi rapportate con la vostra comunità e scegliete di continuare a camminare con essa per fare, sempre e comunque, un pezzo di Strada in più.

treppiedi una proposta Carnet di Marcia C•2008

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Tips and Tricks&Ricordando... Facendo seguito ad una richiesta del Rover Antonio, che due mesi fa ci aveva scritto chiedendoci un metodo per tracciare un percorso per il Campo Mobile visto che lui con la sua pattuglia era incaricato a questo nel suo Clan , abbiamo pensato di attivare le nostri grandi CPU e recuperare questo intervento proprio sul roadbook del 1997. Chiaramente ad Antonio l’abbiamo spedito per tempo. Tutti voi lo leggerete forse quando il campo mobile o la Route probabilmente sono già decisi e studiati a dovere, ma questo strumento vi servirà proprio nel percorrere la strada e fare memoria precisa del vostro cammino generando materiale utile a voi come ad altri Rover e Scolte che su quella strada vorranno andare...

Relazione sul sentiero PIETRO ANTONUCCI

Q

uante volte ci siamo trovati su un sentiero con il problema di trovare una fonte d’acqua, un posto per bivaccare, una vetta che non arriva mai? Eppure quel percorso ce lo avevano descritto bene, ce lo avevano raccomandato come il più facile e tranquillo di questo mondo. Allora ci viene il dubbio: o siamo noi che stiamo rincitrullendo oppure l’informatore è un pazzo scatenato. Probabilmente la verità è che è difficile descrivere un percorso perché non si è abituati ad osservare attentamente, quando marciamo. E allora nella memoria rimangono solo fugaci ricordi di ciò che era quel sentiero, ricordiamo vagamente quanto tempo richiedeva (con la tendenza a ridurre sensibilmente), quali difficoltà presentava, in quali condizioni meteo-stagionali lo abbiamo affrontato, ecc. Non sappiamo quindi fornire indicazioni precise, non sappiamo dare punti di riferimento, insomma molte volte mandiamo amici su un itinerario più in base alle sensazioni ed emozioni che lo stesso ci ha dato, che sulla base di reali e precisi punti caratteristici di quel percorso. È vero che a un buon Rover basta la carta topografica, ma molto spesso questa si avvale di rilevamenti del 1950 e quindi privi di ogni attualità. Può essere un valido esercizio quello di imparare a relazionare un percorso in maniera completa. È un’impresa che 8

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garantirà al Clan valido materiale per future attività, una piacevole conoscenza approfondita delle zone che il percorso attraversa, l’impiego di molte tecniche Rover e la soddisfazione dì poter indirizzare amici ed altri Clan su un percorso sicuro dettagliatamente descritto. Non ultimo viene l’acquisizione di ogni singolo Rover di un metodo di osservazione che va al di là del semplice guardare. Lo spirito con cui affrontare questo lavoro è quello del servizio, nel raccogliere i dati dobbiamo pensare di raccoglierli per un qualcuno che non conosce affatto quel posto, che non ha mai percorso quel sentiero, che baserà il suo marciare sulle nostre indicazioni, facciamo tutto bene e vedrete che il primo ringraziamento verrà tra un paio d’anni dalla nostra memorial

Challenge di Distretto Frosinone Relazione tecnica di percorso Compilare una relazione sul tratto di percorso assegnato strutturata secondo i seguenti canoni: 1. Cronometrando i tempi di marcia e i tempi di sosta parziali complessivi e totali 2. Calcolando i dislivelli in salita e in discesa parziali complessivi e totali parallelamente ai tempi sopra citati 3. Relazionando le condizioni del sentiero


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Modo d’operare Ogni pattuglia composta da 3-4 persone accerterà il tratto di percorso assegnatole, dividerà tra i vari componenti i punti da rilevare sopra elencati cercando di assecondare le naturali predisposizioni dei singoli. Ogni Rover avrà quindi due o tre punti da osservare ed annotare durante il tragitto. I dati verranno appuntati schematicamente e velocemente per poi venire elaborati nelle soste che il capo inter clan deciderà di fare secondo le esigenze del momento. La Stesura definitiva avverrà in una più lunga sosta dopo il pranzo. Buona Strada.

RELAZIONE TECNICA DEL PERCORSO (a cura di LUIGI INGRASSIA) TRATTO DI PERCORSO RILEVATO:

Tempo di percorrenza Ore e minuti

Località di partenza (da...) Località di arrivo (a....)

QUOTE Altitudine alla partenza Altitudine all’arrivo Eventuali quote intermedie significative

Condizioni della strada (asfalto, sentiero segnato, tipologia del sentiero...)

Segnare tutti i punti che durante il tratto di percorso si sono visti utili a zone di bivacco o di pranzo, per chiaccherata... indicandone o le coordinate o la distanza da un punto conosciuto o individuato in precedenza

• Presenza di acqua, fontanelle, sorgenti...

Rilevazione di Centri abitati, castelli, monumenti, luoghi di • presenza di interesse legna, storico/ • presenza di artistico/ rifugi, panoramico • possibilità (possibilmente acquisto viveri. fotografare e successivamen te numerate le foto, annotare qui il n°di riferimento)

Eventuali segnalazioni su presenza di frequenti avversità metereologiche stagionali, presenza di neve o di estese zone senza acqua.

Note (piante, vegetazione, boschi, ...altro riguardo alla tipologia del tratto di territorio attraversato) (elaborato di Luigi Ingrassia)

Carnet di Marcia C•2008

Tips and Tricks&Ricordando...

(se segnato, come è segnato) le sue avversità e pericoli cercando di fornire indicazioni e riferimenti visivi e topografici per facilitare la giusta percorrenza del sentiero. Relazionando gli aspetti geomorfologici del terreno. Segnalare i punti di interesse Naturalistico, storico, topografico, panoramico, zone per possibili bivacchi o pranzi e chiacchierate, fonti e corsi d’acqua, costruzioni dell’uomo, vette, bivi e sentieri, pericoli o difficoltà, presenza di legna per fuoco. Componendo una semplice scheda natura secondo la traccia dell’allegato schema. Fotografando o disegnando alcuni dei punti di maggiore interesse su citati. Riportando un profilo altimetrico indicativo del percorso. Segnalare le condizioni meteorologiche e il periodo stagionale in cui si affronta il percorso, indicando qualora possibile le variazioni dovute a innevamento, eccessiva siccità, ecc.

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Vita da Rover, Vita da Scolta

Estote Parati Grazie Signore per la malattia della mamma

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olte persone credono porti sfortuna pensare alla morte di qualcuno, ma queste stesse persone devono pur ammettere che a volte risulta inevitabile farlo. È insito nella natura e nella vita dell’uomo. Più volte ho riflettuto sulla scomparsa dei miei familiari, dei miei genitori e ho immaginato la mia vita senza di loro. Nel nostro cammino ci accadono cose che mai avremmo immaginato. La

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malattia di mamma è stata proprio inaspettata. Mai avrei creduto, nella mia vita di ventenne, di doverla affrontare. Non credo la mia fosse superficialità: alla nostra età si pensa ad altro, queste cose non passano minimamente per la testa. La malattia diventa il pensiero fisso. Anche se gli altri vedono il tuo sorriso, sentono il tuo solito saluto sereno. Ho imparato a non giudicare mai il familiare di un ammalato


cortesie che ci vengono chieste in famiglia, le facciamo svogliatamente. Queste cortesie però possono diventare a volte condivisione di dolore, non (solo) Servizio. Non si è preparati alla malattia, come alla morte, che si tratti di un conoscente o di un familiare. Non si può sapere come comportarsi. Ci si può solo esercitare con la preghiera, chiedendo “per tempo” un aiuto, confidando nel Signore come guida per questi momenti. Nessuno può sapere come reagire. La fede in Gesù e nel Padre sapranno suggerircelo quando sarà l’ora. L’esercizio nelle piccole cose ci aiuta a reagire, a non piangere davanti all’ostacolo, a stringere i denti, stringerli forte, finché fatica e dolore sono nel loro pieno e ci entrano dentro attraverso i piedi, le gambe, le spalle. Estote Parati negli anni ci ha resi forti, e questa forza è l’unica virtù che ritroviamo dentro la scatola magica. Una forza che è sorriso, condivisione, coerenza, solarità, trasparenza, rispetto, diversità, ricchezza, grinta, voglia di vivere. Anche se alla fine della nostra Strada libereremo un pianto, per Colui che da lassù ci guida e ci ama, sarà un canto che Lo ringrazierà... per la fatica, per il dolore, per la malattia, per la condivisione, per l’amore, per la vita, per la forza.

Vita da Rover, Vita da Scolta

per il suo troppo sorridere o per il suo troppo piangere; nessun comportamento è giusto o sbagliato. Chiunque giudica, in nessun caso potrà provare la sofferenza di quella persona che per lui troppo ride o troppo piange. Chi soffre per la malattia di un familiare di tutto ha bisogno, tranne che di compassione. Deve essere sostenuto, c’è bisogno di forza, di grinta. E se le parole sono incerte, inesperte, il silenzio sarà un aiuto del quale si potrà certamente essere riconoscenti. Portare un dolore è sostenere una grossa fatica; sentirsi compatiti è aggiungere dolore a dolore. Estote Parati non è la scatola magica con le 1001 soluzioni per ogni occasione. Solo idealmente possiamo pretendere questo. Ieri Guide ed Esploratori, oggi Scolte e Rovers, donne e uomini che vivono la vita al 100%, guardando in faccia la realtà e sfidando, con i nostri occhi, lo sguardo che questi giorni ci rivolgono, che ci temprano corpo e spirito. Ci cambiano. Non siamo dei deboli, che si piegano davanti alla Strada e alla vita; siamo sicuri di quel che facciamo e di ciò che andiamo dicendo perché portiamo un messaggio importante, siamo testimoni di un amore unico, grande e autentico. Quello di Cristo. Capiamo che non potremo mai prevedere nulla. Tutto ciò che incontreremo sulla Strada ci coglierà di sorpresa. Allora crediamo che in Riparto ci abbiano presi in giro con quell’Estote Parati. Ma lo spiraglio di luce è lì dietro. In Clan e in Fuoco abbiamo scoperto il Servizio, ma molto spesso quelle piccole

Anna Pasqualini, Fuoco del Nord, Treviso2 Carnet di Marcia C•2008

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Lettera di un Capo F.S.E. dall’Antartide Quella che segue è una lettera di Riccardo Schioppo, del Gruppo Foggia 1, che ha quest’anno sospeso il suo servizio di Capo Riparto per poter partecipare alla XXIII Spedizione Italiana in Antartide. La lettera è stata inviata ai Capi del Gruppo tramite posta elettronica dalla base Concordia, che si trova nel cuore dell’Antartide a più di 3000 metri di altezza, e dove Riccardo, assieme ad un’equipe di 13 persone, sta vivendo una straordinaria missione scientifica che comporta il totale isolamento per circa 10 mesi. Maggiori informazioni sulla missione sono disponibili sul sito www.italiantartide.it.

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Vita da Rover, Vita da Scolta

rmai è un mese che viviamo in completo isolamento, da due giorni siamo anche senza collegamenti telematici, i satelliti sono molto bassi sull’orizzonte e non ci assicurano le

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comunicazioni. La notte antartica non è lontana, ma queste belle giornate autunnali ce la fanno intravedere. Oggi con Roberto, il nostro medico, mentre eravamo dietro la finestra ad ammirare questa enorme distesa di ghiaccio, ci chiedevamo come mai una massa così uniforme di un solo colore potesse indurre tante emozioni. L’Antartide non è un viaggio in un altro continente: è un viaggio in se stessi. Sì, perché quando all’uomo togli tutto il superfluo, egli emerge per


fuori, a volte facendo anche male agli altri. In questi pensieri mi guardo intorno, due orizzonti si presentano davanti a me, il sole che tramonta, ricco di colori, che ti trasforma in oro tutte le cose con i suoi ultimi raggi, lo guardo per ore e ore e ne rimango catturato, ma alle mie spalle c’è una notte che man mano incede, mi giro e vedo l’incognito, un buio che a poco a poco occuperà ogni spazio, che ben presto mi avvolgerà, e mi toglierà ancora qualcosa di quel po’ che mi è rimasto. I miei sensi ad uno ad uno mi abbandoneranno, no tatto, nessun odore, nessun rumore... ma il vento dell’Antartide lo senterò dentro di me, come un soffio nelle narici, non un respiro, ma un soffio sottile e persistente, come quel soffio… “allora Dio modellò l’uomo con la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di vita; così l’uomo divenne un essere vivente”. (Gen 2, 7). Dall’Antartide,

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quello che veramente è: un animale eccezionale, in sintonia con l’ambiente che lo circonda, con i suoi sensi moltiplicati per mille; non ha bisogno di parlare perché riesce a comunicare con uno sguardo, riconosce i suoi simili da come camminano, da come si muovono; si accorge dei più piccoli cambiamenti, percepisce le più piccole sfumature, dal rumore dei suoi passi nel ghiaccio capisce quanto fa freddo, dal soffio del vento riconosce il respiro di se stesso e di quel sottile legame che c’è tra la vita e la morte – un piede in fallo, un malessere improvviso e l’infinito ti avvolge a sé! Dicono “È l’Antartide”: con questa parola si cerca di spiegare quello che non si riesce a dire con tutte le parole che esistono, perché non ci sono parole per esprimere ciò che siamo veramente. Ora capisco perché tanti esploratori del passato hano trascorso la vita tra i ghiacci e nessuno di loro è morto nel proprio letto. Basti pensare a Scott, Amudsen, Nobili, Scekleton: sono tutti qui. Che cosa cercavano, cosa hanno trovato, che cosa hanno percepito per rimanere qui per sempre? È un pò come cercare di spiegare che cosa è l’amore: dono di sè, sentimento, sesso, gelosia, felicità, disperazione, delusione. Non basta! C’è il linguaggio del cuore che è intraducibile e che rozzamente noi cerchiamo di mettere

Riccardo Schioppa, Foggia 1 P.S. Scrivetemi, tenetemi al corrente della vita del Gruppo. CONCORDIA - 2008/02/25 00:44 Temperatura = - 54.6°C Temperatura percepita =-69°C

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Non nobis Domine, sed nomini Tuo gloriam

Vita da Rover, Vita da Scolta

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a Pasqua di Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo è il centro della Fede Cristiana, e la Fede Cristiana è il centro dello Scoutismo; come meglio celebrare la S. Pasqua dunque, se non nello Scoutismo? E come meglio se con una Route dove si alternano la Strada per i piedi a quella per lo Spirito? È proprio così che la Regione Nord-Ovest ha fatto il 19-22 Marzo 2008: il gruppo di Varese si è infatti “sbattuto” moltissimo nell’organizzare fin nei minimi dettagli, con tanto di charme con tutto e più di tutto, la Route di Pasqua. Il ritrovo era il pomeriggio di mercoledì a Malnate, anche se noi di del Clan “Beato Carlo d’Asburgo” di Albino (soltanto una pattuglia Novizi e quella Capi) siamo giunti per cena. L’apertura della Route è avvenuta nel vicino paese di Cantello: qui si è tenuto il fuoco di bivacco, unico, come del resto tutti i luoghi dei campi, per tutti i circa 70 Rovers e Scolte. Tutte le mattine, dopo colazione e il tempo per i preparativi necessari, ci si recava nella chiesa di un paese vicino per recitare le Lodi, ascoltare una breve – anche se intensa – conferenza di P. Françisco e ricevere gli spunti per le meditazioni da tenersi durante la giornata con il proprio Clan. Tutto il cammino giornaliero si svolgeva infatti di Clan o Fuoco – il nostro insieme a quello di Induno, data la scarsità degli effettivi – in modo da

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poter viver lo spirito di Comunità e di ricercare un rapporto personale con Gesù, che, ancora una volta, si offre per noi. Giovedì siamo saliti sul colle S. Elia, da cui siamo scesi e abbiamo percorso un’estenuante strada fra vari paesi del Varesino fino a raggiungere Velmaio di Arcisate, dove abbiamo piantato le tende. La sera ci siamo recati in una Parrocchia vicina per partecipare alla Missa in Coena Domini. È da sottolineare che la partecipazione è stata animata, come poi tutti gli altri momenti liturgici, in maniera assolutamente ottima dalla pattuglia espressione, organizzata ad inizio Route con componenti dei vari gruppi. Il giorno dopo, il Venerdì Santo, la meta da raggiungere era Brinzio, a cui siamo arrivati seguendo la lunga ciclabile che passa per la baita S. Gemolo e per la Badia di Ganna, dove abbiamo celebrato la Passione e la Morte del Signore. Giunti ai Valicci di Brinzio ci siamo


Paolo Morassi

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Vita da Rover, Vita da Scolta

accampati e abbiamo mangiato, essendo giorno di digiuno, una cena francescana a base di pane, formaggio e olive. Siamo quindi scesi in paese per partecipare alla Via Crucis parrocchiale che abbiamo animato con quadri statici realizzati dai vari Clan. Risalendo alle tende, siamo stati colpiti dalla neve che ha iniziato a cadere e ha proseguito durante la notte. Alla mattina ci siamo ritrovati così la zona coperta da una coltre bianca, che sui monti era piuttosto spessa. Dopo le solite funzioni nella chiesa locale e il

Sacramento della Riconciliazione, ci siamo inerpicati sul monte Tre Croci (vetta del locale parco di Campofiori): da qui si vedeva in maniera stupenda il Sacro Monte di Varese, da poco riconosciuto come patrimonio dell’Unesco. Siamo poi scesi a Velate di Varese, dove ci siamo goduti un meritato riposo fino a cena. Siamo quindi approdati alla fine a quello che è il centro del nostro cammino: in fondo a tutta questa strada si trovava la chiesa di S. Maria del Monte e la Veglia Pasquale. Come da antiche tradizioni del posto, siamo saliti al Sacro Monte in processione recitando l’intero S. Rosario, mentre si snodava la via dalle 15 cappelle; dopodiché abbiamo partecipato alla funzione pasquale. Una volta chiuso il campo e scambiatici gli auguri, ognuno è tornato alla propria casa, stanco ma sicuramente arricchito. Tuttavia questa Strada, questa Route, non è finita lì, anzi lì è iniziata, e ci saranno tante strade quanti i ragazzi e le ragazze e i capi che vi hanno partecipato, ma una sola è LA STRADA: “A Cristo per Maria”, come quando si saliva sul Sacro Monte.

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Vita da Rover, Vita da Scolta

Vedo ma non credo U

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na nota professoressa laica di origine austriaca, nonché la mia professoressa, un giorno ad una conferenza spendeva parole sorprendenti sul suo rapporto d’amore con il cristianesimo. “io – disse – sono una donna non credente, persuasa nondimeno che il genio del cristianesimo ha introdotto e continua a diffondere delle innovazioni radicali nell’esperienza religiosa degli uomini”. La professoressa voleva dirci che, anche quando non si

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aderisce al cristianesimo, se ne avverte la strabiliante rivoluzione che esso continua ad operare in ogni ambito della vita. Negare la “lampada luminosa del cristianesimo” è, per credenti e non credenti, un peccato contro la ragione. Questa osservazione è una scossa al laicismo europeo, largamente diffuso tra gli intellettuali. Per loro si scrive e si cerca di far crescere il bisogno di credere. Tra i motivi che creano questa esigenza c’è la

concezione della sofferenza. Il mondo miscredente considera la sofferenza uno scarto, un qualcosa che si deve sradicare per forza o ignorare del tutto. Ma la sofferenza resta, e diventa un grido disperato per il non credente. Questa è la verità. Non c’è un non credente che non crede, secondo me. La prospettiva di crescita, come in economia, come sul lavoro, come per l’amore e tuttavia per l’odio, è basata sulla possibilità di far crescere qualcosa dentro, brutta o buona che essa sia. Cosa fa invece la fede


Vita da Rover, Vita da Scolta

cristiana per aiutare questi meccanismi? Opera nella logica di un disegno divino, tutto qui. Quello che è scartato dal mondo è trasformato cristianamente in un’occasione, in un salvacondotto per la felicità. Il dolore per i non credenti si lega per istinto alla morte, per i credenti in Cristo, si lega alla vita. Tutto qua. Lei, la professoressa, cercava e cerca la fortuna della sua chiamata alla fede, noi invece cercheremo di fare crescere questo amore per lei e per i nostri fratelli e sorelle maggiori e minori scout. Scrivimi per scrivermi: ottimismoacolazione@hotmail.it

Giacomo Palumbo, Volpe allegra Gruppo scout mons. Onofrio Giglio San Giuseppe Jato 1

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Crescere nell’amicizia... grazie allo Scoutismo! Cari amici, circa un mese fa abbiamo festeggiato i 25 anni del gruppo e mi è stato chiesto di scrivere una testimonianza sul tema dell “amicizia”, quale valore dello scoutismo. Vi mando il testo, ho piacere a condividere con voi quello che per me ha rappresentato il percorso Scout durante questi anni.

C “ Vita da Rover, Vita da Scolta

i sono persone che lasciano il segno nella vita di ognuno di noi. Qualcuna passa per restare davvero poco, qualcun’altra è destinata a rimanere per sempre. E nessuna di esse arriva per caso.

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Tutte ci sono poste accanto da Chi, meglio di chiunque altro, ci capisce e ci ama, da Chi conosce le nostre esigenze, da Chi nello stesso modo ci dona la possibilità di vivere determinate esperienze.


Così, ad ognuna di queste ultime, sono inevitabilmente legate una o più figure che ci accompagnano durante il nostro cammino. È proprio lungo il percorso scout che, probabilmente, ho avuto modo di conoscere le persone che hanno lasciato dentro di me un segno pressoché indelebile. Perché se è pur vero che 5 anni di scuola

superiore sono tanti, credo talvolta non bastino neppure a solidificare il rapporto tra 2 ragazzi nella stessa maniera in cui può farlo lo Scoutismo. È la Strada che unisce! È la fatica di portare quello zaino insieme, è la gioia nello spezzare lo stesso pane, è l’impegno nel fare il proprio dovere, lo STESSO dovere, nei confronti di Dio, della patria e dell’Europa. È la condivisione di uno stesso ideale che, se fatto proprio, non diventa altro che un modello di vita...

Federica Marchioni, Fuoco Pleiadi con Il Sorriso, Roma 15

Vita da Rover, Vita da Scolta Carnet di Marcia C•2008

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STORIA DEL “CORPUS DOMINI”

“Quel ramo del lago di Bolsena...”

Vita da Rover, Vita da Scolta

A

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lessandro Manzoni nel suo romanzo “I promessi sposi”, inizia con queste parole “Quel ramo del lago di Como”. Ma questa è una storia che sappiamo bene, quello che voglio raccontare è accaduto sulle rive di un altro lago, precisamente nell’omonima cittadina che si trova nella Tuscia, in provincia di Viterbo. Secondo la tradizione, nella tarda estate dell’anno 1263 un sacerdote boemo, Pietro da Praga, viene assalito dal dubbio sulla reale presenza di Cristo nel pane e nel vino consacrato. Allora Pietro intraprende un pellegrinaggio verso Roma passando per la via Francigena, per recarsi in preghiera sulla tomba dell’Apostolo Pietro e ritrovare la sua fede che in quel momento stava mettendo in crisi la sua vocazione. La preghiera, la penitenza e la meditazione nella Basilica di San Pietro, rinfrancano l’animo del sacerdote, quindi riprende il viaggio per tornare nella sua terra natale. Iniziato il cammino di ritorno si ferma a pernottare nella Chiesa di Santa Cristina a Bolsena. Il ricordo della giovane martire Cristina, la cui fede non aveva vacillato di fronte al sacrificio del martirio, turba nuovamente il sacerdote. Il giorno dopo,

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chiede di celebrare la Santa Messa nella chiesa che lo ospitava. Nuovamente torna in lui l’incertezza di quello che sta facendo; prega intensamente la Santa perché interceda presso Dio affinché lui potesse avere “quella fortezza d’animo e quell’estremo abbandono che Dio dona a chi si affida a Lui”. Durante la celebrazione, dopo la consacrazione dell’Ostia, apparse ai suoi occhi un “prodigio” al quale non vuole credere: l’Ostia che tiene tra le mani è diventata carne da cui stilla “miracolosamente” sangue. Impaurito e confuso, ma nello stesso tempo pieno di gioia, cerca di nascondere ai presenti che assistono alla celebrazione quello che sta avvenendo. Avvolge tutto nel corporale di lino usato per la purificazione del calice che si macchia immediatamente di sangue e fugge verso la sacrestia. Durante il tragitto, delle gocce cadono sul marmo del pavimento e sui gradini dell’altare. Le voci di quello che è accaduto nella chiesa mettono poco a fare il giro della città, ed arrivano anche alle orecchie di Papa Urbano VI, che si trovava in quei giorni ad Orvieto (pochi Km da Bolsena). Il Pontefice manda immediatamente due teologi e non due


Manuel Renzi, Clan Tukulka, Tarquinia I

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qualsiasi ma Tommaso d’Aquino e Bonaventura da Bagnoregio. I due dotti riportano al Papa quello che avevano visto e sentito. Il Pontefice dà ordine al Vescovo di Orvieto, Giacomo, di recarsi a Bolsena e portare le reliquie al suo cospetto. Durante il viaggio del sacerdote Pietro da Bolsena a Orvieto e del Vescovo da Orvieto a Bolsena si incontrano a metà del tragitto, ed una folla immensa si trova processionalmente dietro le reliquie lanciando petali di fiori. Urbano IV riceve l’Ostia e i lini intrisi di sangue, li mostra ai fedeli presenti, poi li depone nel sacrario della Cattedrale orvietana di Santa Maria. A seguito di ciò, nel 1264 con la bolla “Transiturus de hoc mundo”, Urbano IV istituisce la solennità del Corpus Domini, ed è affidato a Tommaso d’Aquino il compito di

preparare i testi per la liturgia delle ore e per la messa della nuova festività, stabilendo che questa venga celebrata il giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. Ad Orvieto durante la solennità del Corpus Domini viene portata in processione dentro una teca in oro il Corporale del Miracolo, mentre a Bolsena, una delle pietre marmoree dell’altare del Miracolo. Oggi nel 2008, dopo 740 anni, in questo giorno le nostre città si riempiono di fedeli festanti, perche una persona speciale sta passando nelle nostre vie abbellite per l’occasione con quadri fatti di fiori, stendardi alle finestre per salutare con un abbraccio questo nostro amico, sempre vicino a noi, tutti i giorni della nostra vita e questo amico è Gesù. Voglio concludere questo racconto con le parole di Paolo VI, che l’8 agosto 1976 si recò in pellegrinaggio a Bolsena, dove celebrò la Santa Messa fuori la Basilica di Santa Cristina. Nell’omelia, disse: “Bolsena non dimentica, ed oggi ripresenta a noi e al mondo il Miracolo compiuto nel Santuario della sua Santa Cristina, il quale miracolo ha ravvivato nella Chiesa d’allora e ravviva tuttora la coscienza interiore e ha perpetuato il culto esteriore, pubblico e solenne, dell’Eucaristia del quale Orvieto e Bolsena conservano ed alimentano nel mondo l’inestinguibile fiamma”.

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cadendo da cavallo... infuocando il mondo

Lo pota perché porti più frutto... DON FABIO GOLLINUCCI

C

ara Scolta, caro Rover, questa volta desidero condividere con te che stai leggendo qualcosa della mia esperienza personale. Devo confessarti che “fare la predica” o “insegnare il catechismo” mi pesa molto perchè provoca in me un senso di lontananza con chi ho di fronte. Anche “parlare di Dio” in modo astratto o ideale mi mette a disagio, specialmente se chi ho davanti so che non ha fatto un’esperienza viva di Dio, cioè non l’ha mai incontrato e conosciuto personalmente. Lo sai bene (ma non lo do più per scontato neanche tra i fedeli “praticanti”) che il cristianesimo non consiste in una filosofia o un insieme di regole e comandamenti; e che di conseguenza essere cristiani non è questione di osservanza dottrinale, e quindi essere missionari non significa difendere ideali e valori oppure imporli agli altri.

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Mi viene invece molto più facile parlare dell’avventura faticosa di crescere nella fede; oppure, se preferisci, della fiducia nel Signore che cresce in me se mi lascio guidare da Lui. C’è un’essenza della nostra fede cristiana che voglio raccontarti come bellezza che è entrata nella mia vita. Sto scrivendo in un giorno molto difficile, con varie prove e contraddizioni; ma questo non toglie che in me sia entrato un germe di Vita che nessuno potrà mai togliere e che mi fa vivere anche questi momenti difficili con speranza e senza perdere la gioia di fondo. È un cammino di “osservazione e deduzione” che mi ha introdotto gradualmente ad accorgermi della presenza di Dio nella vita e nella storia: giorno per giorno la Sua vicinanza e provvidenza si svelano lungo il percorso normale umano. E non tanto per un mio sforzo di avvicinamento a Lui quanto per la


facendoli emergere dall’abitudine e dall’automatismo: avevo la forza di mettere tutto in discussione senza la paura di andare fuori dagli schemi “normali”. Anzi, mi ha dato grande libertà scoprire che tante cose si fanno perché “si deve” o “fanno tutti così” e iniziare a credere che cambiare è possibile. Allora, in conclusione, direi che è stato Cristo a farmi crescere veramente e profondamente. E continua a farlo con piena fiducia in me perché non guarda al mio aspetto esteriore, alle mie buone azioni e ai santi propositi, ma perché entra dritto dentro nel cuore e accogliendomi per quello che sono mi porta a sviluppare quel 5% – o anche meno – fino a farmi diventare vero discepolo per imparare a servire e portare molto frutto in questo mondo. Gesù è il mio vero ed unico Capo.

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cadendo da cavallo... infuocando il mondo

disponibilità a lasciarlo entrare nella mia fragilità, nelle paure, nelle contraddizioni e, detto con una parola forte, nella mia morte. Proprio questo è l’essenziale dell’essere discepoli di Gesù: credere che a Dio interessi veramente la mia piena maturazione umana fino alla statura di Cristo, l’uomo perfetto. In questo senso allora il suo messaggio non è tanto da seguire “per imitazione”, quanto da accogliere come Sua volontà di formarmi alla vera e piena libertà per diventare quello che sono chiamato ed essere. Mi ricordo che all’inizio della mia “Strada” vocazionale certe parole di Gesù e del Vangelo mi entravano come spade e non toccavano tanto l’aspetto religioso quanto il senso fondamentale della mia esistenza, sollecitando la mia volontà a spendere la vita per qualcosa di grande, bello e importante per tutti. Gli inviti di Gesù mettevano in evidenza aspetti del mio vivere quotidiano

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corner... l’angolo dello sport

Tenacia di ferro TINA TINDARI

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o chiamano blade runner perché ha due barre di carbonio nero (denominate cheetah) al posto delle gambe e dei piedi che lo fanno sembrare uno che corre su delle lame, al secolo meglio conosciuto come Oscar Pistorius. È un ragazzo sudafricano a cui sono state amputate entrambe le gambe quando era piccolino e da allora non ha mai smesso di correre e fare sport. Oggi arriva al campo per i suoi allenamenti, si stacca dalle ginocchia quelle che sono le sue gambeprotesi quotidiane per indossare le sue gambe da corsa. Il polverone si è alzato al momento della sua richiesta per partecipare non alle Paraolimpiadi (in cui gareggiano i disabili), ma alle Olimpiadi (in cui gareggiano i normodotati) di Pechino 2008. La commissione lo ritiene agevolato dalle sue protesi in fibra di carbonio

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rendendolo così troppo veloce. Il primo caso nella storia in cui un diversamente abile a cui mancano gli arti inferiori è avvantaggiato rispetto ad uno che gli arti inferiori invece li ha, trasformandolo così in un atleta “super abile”. Di sicuro non possiamo entrare nel merito della decisione della federazione olimpica perché ci sono delle regole da rispettare in modo da far gareggiare tutti con gli stessi mezzi. Il punto è la sua tenacia, la sua forza di ferro, la sua grinta che lo rendono già vincitore nella vita perché non ha arginato l’ostacolo ma lo ha saltato alla grande. Quindi, in qualunque disciplina e in qualunque parte del mondo gareggerà il nostro amico super veloce, noi faremo il tifo per lui che ha già conquistato il podio. Oscar è uno che ha preso alla lettera ciò che ci diceva Madre Teresa di Calcutta:


Quando a causa degli anni non potrai correre, cammina veloce. Quando non potrai camminare veloce, cammina.

Quando non potrai camminare, usa il bastone. Però non trattenerti mai!” E Oscar Pistorius sappiamo bene che non si è trattenuto! Tina, Foggia 1, Ape Intransigente

corner... l’angolo dello sport

Mentre siamo in chiusura di questo numero di CDM apprendiamo dalla stampa che Oscar Pistorius ce l'ha fatta. La sua battaglia per poter partecipare alle Olimpiadi è finita con il parare positivo del Tas: può gareggiare con i normodotati ai Giochi di Pechino. Nelle motivazioni che hanno portato alla riabilitazione, si legge che "al momento non esistono elementi scientifici sufficienti per dimostrare che Pistorius tragga vantaggio dall'uso delle protesi”. Ora il sudafricano dovrà centrare il minimo olimpico per correre a Pechino nella gara individuale (45"55, o 45"95 se nessun connazionale corre sotto questo limite), mentre potrà essere selezionato per la staffetta pur senza aver ottenuto il tempo stabilito. Le riflessioni proposte rimangono comunque valide in quanto la sentenza di riammissione si riferisce al singolo caso e atleta. La questione potrebbe ripresentarsi… Buona Strada... di corsa.

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sale in zucca

Sale e cerchio MONICA D’ATTI

“S

ale in zucca, devi crescere con del sale in zucca”. Così mi diceva spesso mio nonno… e anche mia nonna. Non mi ponevo allora problemi etimologici nel cercare di capire da dove provenisse questo particolare modo di dire e perchè mi dicessero così. Quando si è piccoli si capisce per intuito. Intuivo che volessero dire che dovevo crescere di testa, di senno, di intelletto, di attenzione, di capacità di vedere e interpretare il mondo e discernere il bene e il male, le cose giuste da fare e le cose sbagliate da non fare. Non dovevo correre per strada attraversando all’improvviso, non dovevo far cadere le cose rompendole, dovevo capire come aiutare mia madre e non litigare con le sorelle, dovevo fare i compiti…magari più in fretta possibile così c’era tempo per giocare. Insomma, tutte cose che un bambino capisce per intuito, o dopo la prima sgridata. E così il sale aumenta e se si è imparato a farlo crescere non smette più. È una bella sensazione. Poi magari ti capita un giorno che ti venga affidata una rubrica che si chiama “Sale in zucca” sulla rivista scout e ti tornano in mente i tuoi nonni; e che c’è stato un tempo in cui hai cominciato a pensare che fosse importante accettare la sfida che ti veniva lanciata: quella di crescere. Poi un altro giorno ti capita di leggere per caso una frase e di pensare come tutto si colleghi e come, oltre al sale in zucca, bisognerebbe cercare di avere anche un cerchio alla testa. No, non il cerchio alla testa dato da una zuccata o da una bevuta pesante. È un altro cerchio; ora mi spiego meglio, anche se forse non serve: quando si è grandi si capisce per esperienza. Dice la frase:

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“Chiedere a un uomo di non distrarsi mai, di sottrarre senza riposo all’equivoco dell’immaginazione, alla pigrizia dell’abitudine, all’ipnosi del costume, la sua facoltà di attenzione, è chiedergli di attuare la sua massima forma. È chiedergli qualcosa di molto prossimo alla santità in un tempo che sembra perseguire soltanto, con cieca furia e agghiacciante successo, il divorzio totale della mente umana dalla propria facoltà di attenzione.” (Cristina Campo da Un cerchio alla testaMistica dell’aureola) Forse è questo che volevano dirmi i miei nonni. Bisogna crescere di testa, di attenzione, attenzione che serve anche per leggere e capire una frase come questa che ci lancia una sfida non facile. Si parla di massima forma dell’uomo.


Non hanno immaginato mondi alieni o fughe virtuali da un quotidiano ingrigito da dipingere con falsi colori o insaporire chimicamente. Con intelligenza e sale in zucca hanno dato e costruito, pregato e aiutato, sorriso e abbracciato. E penso anche solo agli ultimi che ho visto, che abbiamo visto e incontrato fisicamente: Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta. Forme chiare, esempi concreti, strade reali. Siamo distanti da loro? Si, forse, ma non usiamola come scusa questa distanza. Cominciamo con il primo passo. Mettiamo tanto sale in zucca ricordandoci che l’obbiettivo finale è un cerchio alla testa.

sale in zucca

Possiamo pensarla come forma fisica e quindi come energia vitale espressa e pensarla anche ricordandoci quella frase della Bibbia dove il Signore dà la forma all’uomo partendo da un pezzo di fango. La nostra massima forma allora è quella che il Signore ha pensato per noi fin dall’inizio, ovvero da quando ci ha lanciato la sfida del sale in zucca. Raggiungiamo la nostra massima forma crescendo di testa per vedere il mondo nella sua ricchezza e povertà per amarlo e aiutarlo e servirlo con un’attenzione non distratta dalle pigrizie del quotidiano, dalle giustificazioni che ci inventiamo per salvarci la coscienza, dalle allucinazioni del mondo odierno. E guarda un po’, dice la frase, è la stessa cosa che hanno fatto i santi! Quelli con l’aureola, con un cerchio dorato alla testa. Quelli che non hanno mai perso di vista il punto fondamentale, non si sono distratti dimenticando verso Chi dovevano andare.

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SMS... ke passione!

E

d eccoci giunti ai saluti… proprio così…avevate intuito già qualcosa non è vero? Avevate notato che nei numeri precedenti (A e B 2008) non vi abbiamo più posto nuove domande? La rubrica SMS KE passione va in pensione ed “attacca i cellulari al fatidico chiodo”. Tranquilli… la redazione di CDM saprà di certo sorprendervi con nuove ed entusiasmanti tecniche di coinvolgimento capaci di darvi la “voce” che meritate, non più singhiozzanti: nn, xchè, tvb, pcc… ecc… ma parole e frasi, spazi più ampi e ricchi di immagini capaci di comunicare anche meglio tutto il vostro essere Scout. Del resto BP stesso ci consiglia che il gioco bisogna saperlo interrompere al momento giusto, anche se si è sul più bello… Vabbè, asciughiamoci le lacrime e passiamo all’ultimo argomento che vi avevamo sottoposto, che è in linea con il tema di questo numero. L’ultima domanda era: “Quali sono, secondo voi, quelle cose, quegli eventi, quelle situazioni che nella vita vi hanno aiutato a crescere? Raccontateci...” Ricordate? Bene ecco alcune delle risposte che ci avete dato… al solito quelle più significative e che in fin dei conti somigliano a tantissime altre che abbiamo ricevuto. Le difficoltà, i momenti neri, quelli ad un passo dal grigio baratro del “chi me lo fa fare?” e la mano amica che da quel ciglio scivoloso ti tira via. Ritrovarsi nei ragazzi del riparto cui ho prestato servizio e dai quali ho tratto così tanto più del poco che ho dato. A quei ragazzi, ora Rover, il mio grazie. Falco Silenzioso

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L’essere stata scout! :( ... Grazie d tutto... Ho lasciato la STRADA dello scoutismo ma nn passa giorno ke nn ci pensi, xchè è grazie a tutto ciò ke mi ha regalato ke sn diventata una DONNA DI CARATTERE! Lucy Ringraziamo Falco Silenzioso, Lucy e Mrs x… che in definitiva

sintetizzano tutti gli SMS che abbiamo ricevuto in questi ultimi mesi…e che (questo ci fa tantissimo piacere) indicano nello scoutismo ciò che più ha aiutato e aiuta ancora a farvi crescere e che, pur mettendo in evidenza l’avvenuto distacco dallo scoutismo affermano comunque l’importanza che questo ha avuto per voi e il segno che in voi ha lasciato. Siamo certi che


queste siano le conferme che il nostro compito di scout, di servizio, quando è una cosa ben fatta lascia una traccia nelle vite di tutti i nostri fratellini più piccoli e nelle tante altre persone che incontriamo.

SMS... ke passione!

Con l’augurio che la STRADA ci porti a vivere sempre momenti felici e capaci di farci sentire insieme una bella COMUNITA’ che sappia vivere per il SERVIZIO in forza del sublime desiderio di dare sempre una concreta testimonianza della propria FEDE sia quando portiamo il nostro fazzoletto al collo che in ogni altro momento della nostra vita. Buona Strada….fratelli e sorelle Scout. Luigi

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Cucù e Ciarlatani

La linea d’ombra

H

o riletto ultimamente un vecchio libro di Conrad a me molto caro e mi ha colpito molto una piccola parte della prefazione che voglio riportarvi: “La linea d’ombra è la paura di non farcela, di non sentirsi all’altezza del compito, che la vita impone quando il tempo dei giochi e delle schermaglie giovanili volge al termine, è la paura di sbagliare e della sorte avversa sempre in agguato. Ma è proprio in questi frangenti, nella tempesta che si scatena nel profondo dell’animo, che si rivela la

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forza di un uomo, il suo coraggio, la tenacia, uniche qualità in grado di condurlo al di là della linea d’ombra, nella nuova vita che l’attende, quella della maturità finalmente conquistata. Al di fuori, l’uomo pare gettato nel tempo e nella natura… all’interno vi è la solitudine con se stessi, la difficoltà di conoscersi nel profondo, nella gamma ambigua e contraddittoria dei sentimenti, nella dinamica tra gli ideali o


capacità di porre le relazioni nei primi 2 anni di vita; su questo costruisce tutto il suo essere, ma sono le esperienze che più di ogni altra cosa riescono a interiorizzare le conoscenze. D’altronde la Montessori ci ha insegnato che per far crescere non occorre dare le informazioni, ma far comprendere la relazione che esiste tra le varie informazioni, e questa capacità la si ottiene sempre in maniera immediata, attraverso l’esperienza. Il metodo di BP è riconosciuto come uno dei principali “inventori” della formazione esperienziale, lo scautismo come una delle poche strade pedagogiche percorribili oggi con un efficace riscontro nella crescita completa dei ragazzi. Forse ci manca un pochino di orgoglio e di capacità di trasmettere questo entusiasmo e questa forza educativa per vincere un contesto sociale non proprio armonico, come Severgnini avverte. Allora occorre costruire una maggiore consapevolezza della nostra esperienza e riuscire a diventare veri Testimonial del nostro essere, trascinando e coinvolgendo altre persone. Una buona attività in Clan o in Fuoco potrebbe forse essere proprio cercare i mezzi, gli strumenti necessari per una corretta comunicazione del nostro essere, una comunicazione capace di coinvolgere, entusiasmare e trascinare… quello che a noi succede normalmente, no? Allora buona strada e buon lavoro! PIETRO RYS

Cucù e Ciarlatani

le velleità e i vari sensi di colpa.” Mi è venuta in mente stranamente rileggendo una frase di Beppe Severgnini detta sugli Scout recentemente. “Gli Scout mi hanno insegnato ad affrontare il freddo, l’umido, la paura e soprattutto gli altri: tutte cose utili, nella vita... Credo che sarei ancora più insopportabile, senza quei sette anni di scoutismo. Oggi mi sembra tutto molto diverso, anche nello scoutismo. Non so perché. Ho solo qualche sospetto. Credo che quella italiana sia la società meno spartana d’Europa: siamo avvezzi a tanti piccoli piaceri, e di conseguenza molli come fichi (i fichi sono buoni, sia chiaro). E credo sia cambiata la grande “classe di mezzo” italiana: un tempo mandava i figli negli Scout; ora è più raro. Per esempio: mio figlio non c’è andato. Fa sport (pallanuoto, calcio, sci), e spesso viene via con noi nel fine settimana (egoismo di moderni genitori di figlio unico, un classico). Sì, credo che in Italia il successo del week-end e il minor numero di figli non giovi allo Scoutismo”… né tanto meno alla costruzione di una società migliore, mi permetto di aggiungere io. Lo scenario di Severgnini non è certo entusiasmante e se ci riflettete e soprattutto se avrete il piacere di leggerlo, Conrad, con la sua Linea D’ombra, quasi 100 anni prima scriveva di una esperienza “Forte”come strada per il passaggio alla maturità; di come l’uomo abbia bisogno di attraversare quella linea per crescere; del problema di trovare davvero dei contesti e delle persone in grado di aiutarci a Crescere. È un tema davvero sempre attuale e sempre molto difficile. Ho letto recentemente che un bimbo costruisce la sua coscienza e la sua

P.S. Mi aspetto da voi tante relazioni su attività di questo tipo, saranno sicuramente utili a tutti citazioni tratte da: Joseph Conrad, La linea d’ombra, ed. Alcantu. Carnet di Marcia C•2008

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E

siste amore solo quando la scelta è definitiva. Bisogna infatti porsi dei limiti se si vuole crescere. (Antoine de SaintExupery)

M

i piace essere in un corpo che ormai invecchia. Posso guardare le montagne senza il desiderio di scalarle. Quand’ero giovane le avrei volute conquistare. Ora posso lasciarmi conquistare da loro. (T. Terzani)

l’ALTRACOPERTINA di Giorgio Sclip Riflettendo sul... crescere

C R

om’ero buffo quando ero un burattino! (C. Collodi, Le avventure di Pinocchio)

ivolgendosi ai suoi ragazzi, scriveva: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho sperato che Lui non stesse attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto a Suo conto… Ho perso la testa dietro poche decine di creature”. (Don Lorenzo Milani, dall’ultima lettera ai suoi ragazzi)

S

olo il dubbio ci fa crescere. (Vittorio Messori)

L

a vera educazione consiste nel trarre alla luce il meglio di una persona. (Gandhi)

“ ”

Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto…

I

l comandare più difficile è comandare a se stessi. (Seneca)

I

l Signore vigila su ogni uomo e vuole che tutto serva per il suo bene; anche i difetti che servono a crescere nella perfezione. Ah! Che sorpresa avremo alla fine del mondo leggendo la storia delle anime! Quante persone rimarranno meravigliate vedendo la strada sulla quale sono state condotte! (Santa Teresa di Lisieux)

L

a strada che si chiama “domani”, porta alla piazza che si chiama “mai”. (Proverbio spagnolo)

N

o! Non: “Me ne frego”, ma: “Mi importa, mi sta a cuore!” Lascia il tuo posto di spettatore e diventa attore. (Don L. Milani)

D

io dirige ogni cosa e dà all’uomo la pazienza, sapendo dove lo vuole chiamare. I passi che fai per il Signore sono contati e ti daranno grande gioia. (Padri del deserto)

P

erdetevi e vi troverete. (Madre Teresa di Calcutta)

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(Mt 13-5)

L

a vita viene affidata all’uomo come un tesoro da non disperdere, come un talento da far fruttare. Di essa l’uomo deve rendere conto al suo Creatore. (Giovanni Paolo II)

P

iù importante della vita è il suo significato. Cosa ne farò di essa? E dei miei talenti? (Padre Alaiz)

L

a vita di una persona si può interpretare solo a posteriori, cioè solo come un “flashback”. Solo allora si comprenderà la sua vita, il suo percorso, la sua missione.

D

io è Colui senza il quale non si può vivere. Conoscere Dio e vivere è la stessa cosa. Dio è la vita. (Lev Tolstoj)


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