CARNET DI MARCIA 2009 1

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Rivista mensile, marzo 2009 • n. 3 anno XXXIII • Sped. in abb. post. Art. 2, Comma 20/c, Legge 662/96 • Filiale di Padova • ISSN 1127-0667

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Carnet Marcia di

A 2009

SCOUT D’EUROPA


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SOMMARIO SCOUT D’EUROPA

Con uno scatto... a risposta dalla Pattuglia Foto

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By Tullia e Giorgio Il formicaio

Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo

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Anno XXXIII • n. 3, marzo 2009 Carnet di Marcia per Scolte e Rovers

Treppiedi, una proposta Facebook... Amicizia globale o lo specchio di Narciso?

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La legalità: il potere dei senza potere

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Direttore Responsabile Solideo Saracco

Vita da Rover, vita da Scolta Cammino di Pasqua 2009

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Euromoot un anno dopo

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I have a dream

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La Sq Gheppi al 1° Tempo Guide

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Condividere è un po’ donare

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Ricordando Jacopo...

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Dossier stati vegetativi Approfondimenti e spunti di riflessione sui temi della vita

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Cadendo da cavallo... infuocando il mondo In cammino con S. Paolo apostolo dell’unità 20 Cucù e Ciarlatani Ospitiamo Saulo

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Sale in zucca Sognando e costruendo la cattedrale

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Crescere insieme, con gioia

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ApertaMente Essere essenziali

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L’altracopertina Riflettendo sulla comunità...

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ingraziamo tutti coloro che ci hanno scritto e che ancora non vedono pubblicato su questo numero il loro contributo! Tranquilli, sarete sul prossimo numero!

Direttori Michela Bertoni, Pietro Antonucci REDAZIONE DI CDM Coordinamento redazionale Tullia Di Addario, Giorgio Sclip Responsabili rubriche L’ALTRACOPERTINA: Giorgio Sclip APERTAMENTE: Francesco e Laura Licenziato, Martino Piovesan ed Elena Pillepich CADENDO DA CAVALLO... INFUOCANDO IL MONDO: Don Fabio Gollinucci e fra Basito CORNER... L’ANGOLO DELLO SPORT: Carla Palermo, Tina Di Bari e Demetrio Gajo SALE IN ZUCCA: Monica D’Atti e Aldo De Menech SENTIERI D’EUROPA: Massimiliano Pastore e Massimiliano Pietrantoni TIPS & TRICKS: Marco Lucidi TREPPIEDI, UNA PROPOSTA: Commissari di Branca In redazione anche Enrico De Micheli, Elena Bratti, Micaela Moro, Gipo Montesanto, Serena Adinolfi, Don Paolo La Terra Hanno collaborato in questo numero: Tullia Di Addario, Pietro Antonucci, Michela Bertoni, Federica Marchioni, Gufo Saggio, Carolina Potente, Ballerina Bianca, Federica Bazzo, Silvia Galvagni, Cristina Civitani, Martina de Marchis, Annalisa Chinaglia, Jessica la Corte, Il Clan Chilkoot, Il Gruppo Villorba I, Enrico Pezzoli, Don Fabio Gollinucci, Monica D’Atti, Aline Cantono di Ceva, Lupo di fuoco coraggioso, Giorgio Sclip Progetto grafico Ellerregrafica Direzione, Redazione e Amministrazione Via Anicia 10 • 00153 Roma redazionecdm@libero.it Aut. del Tribunale di Roma n. 17404 del 29/09/1978 • Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/c, Legge 662/96 • Fil. di Padova ISSN 1127-0667 Stampa ADLE Edizioni • Padova Manoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione.Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi in questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte.

Chiuso in Redazione il 3 marzo 2009

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Foto di Fabio Ceccarani

Con uno scatto... a risposta dalla Pattuglia Foto

Da “Spiritualità della Strada” …Bisogna uscire, mettersi per Strada, abbandonando il solito, le abitudini, anche le più sacre, e mettersi a disposizione di Dio, della verità tutta intera, dell’amore, della gioia che sono il vero nostro destino. Ci vuole una buona dose di coraggio: ma per fortuna c’è qualcuno che ci invita, ci accompagna, che almeno inizia con noi la nuova Strada. Ci vuole una Comunità che inviti, che organizzi, che faccia venire la voglia: ci vuole qualcuno più esperto e più coraggioso, più amante del rischio, che trascini con sé. Non per niente, lo scoutismo è una Comunità e come tale sollecita, organizza, offre l’occasione: guai se mancasse questa voce, questo invito, questa offerta! Resteremmo fermi e opachi, sordi a quelle voci che da soli non riusciremmo a sentire… Carnet di Marcia A•2009

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by Tullia e Giorgio

Il formicaio TULLIA DI ADDARIO

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ai presente Zeta? Una sorta di Woody Allen, versione formica, nato dalla fantasia dei disegnatori dalla Dreamworks. È il protagonista di una divertente pellicola di animazione che si rivolge più agli adulti che ai bambini, ma non per questo risulta

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meno divertente ed accattivante. Zeta è una formica atipica che, stanca della routine di operaia, dopo diverse sedute dallo psicanalista, ha finalmente capito di essere insignificante e non condivide il sacro zelo con cui tutte le sue compagne si sottomettono all’impegno e alla fatica; cerca di più: un’alternativa, qualcosa di nuovo, qualcosa che la distingua dalla massa anonima. Un giorno, presso il locale notturno delle formiche operaie, conosce per caso la principessa Bala, sgaiattolata dalla corte per trascorrere una serata da formica qualunque. Nel momento in cui i due cominciano a ballare senza rispettare la sequenza di passi che il codice del divertimento serale delle formiche prescriverebbe (piuttosto rifacendo le mosse del ballo di Jhon Travolta in Pulp Fiction), Zeta comprende che la sua infelicità era dovuta alla mancanza di un obiettivo per cui vivere e all’appiattimento cui l’aveva sempre costretto la sua condizione di formica operaia. Desideroso di incontrare ancora una volta l’amata principessa, chiederà all’amico Weaver, prestante soldato dalle sembianze stalloniane, di sostituirlo nella sua mansione di minatore, trovandosi così, suo malgrado, a salvare l’intero formicaio dalle mente perversa del generale Mandibola, ossessionato dall’idea di consentire la prosecuzione della specie solo alla razza superiore delle formiche guerriere. La storia, che inizialmente sembra puntare sull’individualismo di Zeta, sul suo desiderio di isolarsi dalla massa che lo opprime, nel finale celebra la capacità di cooperazione da parte delle formiche operaie, le sole in grado di lavorare insieme e di realizzare imprese grandiose, come un formicaio o una torre “umana” che consentirà loro la salvezza. Forte di una importante motivazione, conquistare il cuore della principessa, Zeta non


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sente più il bisogno di rifiutare la massa e di isolarsi in una mitica “insettopia” (il paradiso degli insetti costituito da un bidone della spazzatura), ma si adopera per la salvezza del gruppo. Ha capito che all’interno di esso possono essere salvaguardati i caratteri distintivi e peculiari di ciascuno e al tempo stesso è nella colonia, nella comunità che si condividono gioie e conquiste straordinarie. Il messaggio che arriva ai bambini è quello della formica innamorata che salva il resto delle compagne operaie; quello che dovrebbe arrivare a noi, che conosciamo bene il rapporto individuo–comunità, è invece più profondo ed articolato. Mettere in comune i

propri talenti non vuol dire annullarli, né privarsene; piuttosto la Comunità consente di godere delle proprie ricchezze e di quelle altrui allo stesso tempo. E non mi sembra poco in questo periodo di recessione, non solo economica. La Comunità è il nostro formicaio, ha bisogno di ciascuno di noi per avere un senso ed esercitare la sua funzione di luogo di incontro, con gli altri e con Dio. Zeta lo ha capito e non solo si è posto con gioia al servizio di quel medesimo gruppo che prima disprezzava come ottuso e piatto, ma ha anche risvegliato all’interno di esso, tra le compagne formiche, il desiderio di partecipazione attiva e consapevole: è questo l’elemento che trasforma un semplice gruppo in una Comunità.

by Tullia e Giorgio Carnet di Marcia A•2009

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treppiedi una proposta

Facebook... Amicizia globale o lo specchio di Narciso? PIETRO ANTONUCCI

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er iniziare credo sia corretto fare un po’ di storia e di informazione. Allora il buon Wikipedia ci viene in aiuto, raccontandoci che “Facebook nasce il 4 febbraio 2004 dalla mente di Mark Zuckerberg, all’epoca diciannovenne studente dell’università di Harvard. Subito fu esteso al MIT, all’Università di Boston e a tutte le scuole Ivy League nel giro di due mesi. Molte singole università furono aggiunte in rapida successione nell’anno successivo. Col tempo, persone con un indirizzo di posta elettronica con dominio universitario (per esempio .edu, .ac.uk, etc.) istituzioni di tutto il mondo acquisirono i requisiti per parteciparvi. Quindi il 27 febbraio 2006 Facebook si estese alle scuole superiori e alle grandi aziende. Dall’11 settembre 2006, chiunque abbia più di 13 anni può parteciparvi. Quindi è un sito con accesso libero anche ai minori… Gli utenti possono fare parte di una o più reti partecipanti, come la scuola superiore, il luogo di lavoro o la regione geografica. Quindi se lo scopo principale iniziale di Facebook era di far mantenere i contatti tra studenti di università e licei di tutto il mondo, adesso è diventata una rete sociale che abbraccia trasversalmente tutti gli utenti di internet. Dal settembre 2006 al settembre 2007 la posizione nella graduatoria del traffico dei siti è passata secondo una agenzia di monitoraggio, dalla sessantesima alla settima posizione. Dal luglio 2007 figura nella Top 10 dei siti più visitati al mondo ed è il sito numero uno per foto negli Stati Uniti con oltre 60 milioni di foto caricate settimanalmente. In Italia, nel 2008, c’è stato un vero e proprio boom: nel mese di agosto si sono registrate oltre un milione e trecentomila visite, con un incremento annuo del 961% facendo prendere al nostro paese la testa nella lista dei paesi con il maggiore incremento del numero di utenti. Il nome del sito si riferisce agli annuari con le foto di ogni singolo membro (facebooks) che alcuni college e scuole preparatorie statunitensi pubblicano all’inizio dell’anno accademico e distribuiscono ai nuovi studenti e al personale della facoltà come una via per conoscere le

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persone del campus. Il sito conta attualmente oltre 160 milioni di utenti in tutto il mondo ed è valutato più di 16 miliardi di dollari. Questo dunque il fenomeno, che è stato recentemente analizzato insieme a My Space (sito con analoga struttura e finalità), da un team dell’Università della California in Los Angeles, analisi apparsa poi su un noto ed autorevole mensile di psicologia (Journal of Applied Developmental Psychology), dove si legge che in questi siti gli iscritti tendono nella stragrande maggioranza a mostrare il loro profilo migliore (e non solo estetico), selezionando foto, ed informazioni. In sostanza si presentano come vorrebbero essere. Ora, qui i rischi in qualche modo sono due: il primo è quello della assenza di identità e della proiezione di sé in maniera falsa e costruita, rischio tra l’altro presente anche in Second Life, come abbiamo già avuto modo di riflettere in Cucù e Ciarlatani di qualche numero fa; il secondo, e forse anche più grave rischio riscontrato, però, è una sorta di latente superficialità: avere mille amici on line può far perdere il senso corretto della relazione e portare a considerare l’amicizia una specie di performance da Palcoscenico. Ora io sono un pochino lento a recuperare queste prassi tecnologiche. Qualcuno potrebbe anche dirmi che sono un “tantino obsoleto e poco connesso”, comunque ho provato a collegarmi per vedere chi c’era, ed ho scoperto che ci siete tutti, cioè tutti voi, Rover e Scolte siete lì, forse manco davvero


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Servizio

Strada

Comunità

P.S. sotto riporto alcune indicazioni sempre estratte da Wikipedia molto utili per i fruitori di Facebook. “Una particolarità del sito da menzionare è che se qualcuno invita una persona ad iscriversi, quando quest’ultima si iscriverà, verrà avvertita dal sistema che un utente già registrato l’aveva cercata e invitata. Inoltre il sistema fa una stima degli amici che entrambe le persone potrebbero conoscere. Facebook è andata incontro ad

alcune polemiche in questi anni. Il network è stato bannato da molti posti di lavoro per aumentare la produttività. Diversi problemi sono sorti riguardo l’uso di Facebook come un mezzo di controllo e come una miniera di dati. Due studenti del MIT riuscirono a scaricare più di 70.000 profili di Facebook utilizzando uno shell script automatico. Nel maggio del 2008 un programma della BBC, “Click”, mostrò che era possibile sottrarre i dati personali di un utente e dei suoi amici con delle applicazioni maligne. Inoltre sul sito stesso di Facebook è scritto che, oltre alle informazioni immesse dall’utente (nome, indirizzo email, numero di telefono, ecc.), l’indirizzo IP e le informazioni relative al browser vengono registrate ad ogni accesso. Il nome, i nomi delle reti di cui si fa parte e l’indirizzo e-mail saranno utilizzati per comunicazioni di servizi offerti da Facebook e possono essere messe a disposizione di motori di ricerca di terzi. Inoltre secondo la normativa Facebook si arroga il diritto di trasmettere a terzi le informazioni presenti nel profilo di un utente. Secondo le condizioni di iscrizione a Facebook, i contenuti pubblicati dagli iscritti (come fotografie, video e commenti) sono proprietà del sito, che è libero di rivenderli e trasmetterli a terzi.Per il codice della protezione dei dati personali, l’utente ha comunque il diritto di chiedere informazioni in merito ai dati personali posseduti da terzi, al loro trattamento, di vietarne la pubblicazione, e di rendere definitiva la propria cancellazione dal sito. Altri problemi sono dati dalla difficoltà di cancellazione dei propri account. Inizialmente Facebook consentiva solo di disattivare l’account in modo che non fosse più visibile. Ciò comportava che le informazioni inserite sul sito e nel profilo non fossero cancellate. Dal 29 febbraio 2008 è possibile far cancellare permanentemente i propri dati facendone espressamente richiesta”. Carnet di Marcia A•2009

treppiedi una proposta

solo io come qualcuno più volte mi dice. Ho fatto quindi un piacevole giro, e avendo da poco letto questo studio, l’ho fatto in maniera un po’ critica; ho visto di tutto, da splendide foto di Scout in attività a vanitose esposizioni di sé, da edificanti commenti al Vangelo della domenica curato da alcuni Capi, a strampalati ed improbabili racconti di gente che in maniera davvero curiosa racconta tutto ciò che fa. Mi chiedo: ma davvero qualcuno è interessato al fatto che un suo lontano conoscente abbia avuto un rapporto difficile con il bancomat o che abbia preso 2 nell’interrogazione di Tecnica, con allegata una minuziosa descrizione dell’insegnante??? Mi sembra diffuso il presentarsi con foto quantomeno provocanti, o con chiara intenzione di trasmettere un messaggio che va al di là della semplice conoscenza, mi sembra che si possa riflettere davvero sui rischi che tale attività comporti, serenamente senza bandire niente e senza falsi pregiudizi, mi sembra opportuno che in Clan ed in Fuoco se ne parli, affrontando la cosa davvero in modo costruttivo, con l’aiuto magari di uno psicologo, o di uno specialista. Credo che sia un’attività davvero utile: la tecnologia ha permesso di varcare ogni limite di comunicazione classica ed occorre essere preparati. Quando proiettarono per la prima volta un film la gente in sala, al vedere proiettato l’arrivo di un treno in stazione, si alzò e si diede alla fuga nel panico più totale… Non erano pronti al cinematografo, noi siamo davvero pronti per Facebook?? Il nostro motto Scout ce lo impone. Buona strada e ci vediamo su Facebook… forse. Pietro RYS

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treppiedi una proposta

La legalità: il potere dei senza potere MICHELA BERTONI

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uesta definizione è stata pronunciata da un magistrato della Procura di Udine durante un intervento alla formazione capi del mio distretto ed ha rapito subito la mia attenzione (e credo non solo la mia). Ha sviluppato un percorso che ho trovato molto interessante e molto stimolante per un Clan o un Fuoco. La finalità principe dello scoutismo dovrebbe essere quella di formare uomini e donne desiderosi di “lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato” ed è quindi una posizione di tipo costruttivo. Senza regole non esiste la possibilità di una vita nella collettività e senza regole non possiamo quindi contribuire alla costruzione di una società migliore. Quindi le regole servono. Ma la loro esistenza non basta. Una società può sembrare (o essere) ordinata, ma questo non è sufficiente perché la legalità, o il senso della legge, sia altrettanto diffuso. I dati che si possono raccogliere in merito alla trasgressione delle regole (qui ci

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vorrebbe una bella inchiesta) ci direbbero che la loro sola presenza non è sufficiente per debellare una illegalità diffusa. Allora il problema è un altro. È il MIO rapporto con le regole che è importante. È COME mi pongo nei confronti delle regole. È sempre compito degli altri o è compito mio rendere il sistema legale? Bella domanda, visto che le regole sono spesso “affare degli altri”. È una scelta del professionista chiederti di non fare la fattura fiscale, mica sei tu quello che non paga le tasse… tu ti stai solo difendendo dal caro-vita!! Sicuro? Attenzione perché più la corruzione è diffusa, più è normale, più è… invisibile!! Comincia a far parte della nostra quotidianità, come le immagini dell’Africa che ormai non ci fanno più sobbalzare dalla poltrona quando con la pancia piena leggiamo il giornale. Siamo assuefatti? Nella nostra Costituzione, nella prima parte, vengono descritti diversi diritti: sono quelli universali, quelli che valgono per ciascuno e per tutti. Ad ogni diritto corrisponde un bisogno. Il percorso inverso però non funziona: non è che ad ogni bisogno corrisponde un diritto. Al mio bisogno di mettere alla prova la mia capacità alla guida non corrisponde il diritto di poter guidare come Schumacher,


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o semplicemente di superare una certa velocità perché sono in ritardo: è il diritto alla vita degli altri (ed anche il dovere di rispettare la vita che ho ricevuto in dono) che dovrebbe essere la molla che non mi fa premere il piede sull’acceleratore, – e non la paura di essere “beccato” e di farmi ritirare la patente –. Alla mia capacità di saper amministrare un fuoco (ed al mio desiderio di cucinare a legna) non corrisponde il diritto di accenderlo dove voglio. Alla mia necessità di portare poco peso nello zaino non corrisponde il diritto di lasciare le immondizie al primo bivacco, anche se è molto vicino al centro abitato (visto che intorno è pulito e probabilmente i custodi ci vengono

spesso con il fuoristrada). Posso percepire la regola come qualcosa che mi priva di una facilitazione, come un ostacolo all’affermazione di qualcosa, o posso avere una prospettiva diversa. Posso scegliere di avere un rapporto equivoco con le norme, facendo sì che anche in loro presenza ci possa essere spazio per l’arroganza e la prepotenza, oppure posso viverle come un mezzo che può contribuire ad assicurare un ordine in cui ciascuno può sviluppare i suoi talenti, anche i senza-potere. Una società in cui l’uomo è al centro. Adesso forse posso chiedermi: quale tipo di società sto costruendo? Buona Strada. Michela

Vita da Rover, Vita da Scolta Carnet di Marcia A•2009

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Vita da Rover, Vita da Scolta

Cammino di Pasqua 2009 uante cose sono successe in soli tre giorni… dalla vita alla morte, dalla morte alla vita più piena. La storia della Redenzione dell’umanità che passa attraverso la Tua Passione. Chi di noi non era lì?

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Io ero con gli apostoli nell’orto degli ulivi quando, vinto dalla stanchezza di una giornata troppo impegnativa, ti ho dimenticato in un angolo, mentre Tu accettavi di bere quel calice amaro, eppure ti amavo… Io ero con Pietro quando per paura o convenienza rinnegavo il tuo nome, eppure avevo promesso sul mio onore che non ti avrei mai abbandonato…

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Io ero con Pilato quando ho preferito farmi da parte piuttosto che prendere una decisione scomoda, impopolare, eppure credevo nella verità delle Tue parole… Io ero chiuso in casa, dopo la tua morte, col cuore affranto e la fede vacillante, eppure avevo assistito ai prodigi del Tuo amore, eppure sapevo che di lì a tre giorni saresti risorto: davvero sei risorto…

Federica Marchioni, Roma 15 Per informazioni e iscrizioni: Stefano Viti • 3284521734 stefanogr1@hotmail.com


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Ad ogni modo, un piccolo pensiero sull’Euromoot non fa mai male...

Euromoot un anno dopo

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o bevuto l’acqua sulfurea, bivaccato con gli zingari, e dormito al camposanto. Ho innalzato la mia lode nei campi senza fine, oltrepassando il confine, udendo il canto di monaci stranieri. Ho visto quadri per mezzo mondo sacri (e carichi di angosce...), visitando villaggi di fango e legna. Ho giocato con i bambini del mondo, attraversando ogni vallata, guadando tutti i fiumi, scendendo il monte per tornare sulla Strada. Ho visto le cicogne tornare al loro nido, la pioggia cadere piano su me, la stanchezza fiaccarmi. Ma ho incontrato fratelli, incrociando lo sguardo di piccoli eroi,

cantando con gente d’oltremare, attraversando il bosco, tutta la notte, ho pregato in ogni angolo del mondo, posto la mia casa in ogni luogo, ho portato il mio zaino in ogni valle, e la mia vita in ogni salita. E ho offerto le mie fatiche a tutto il mondo, e le mie spalle alle tue lacrime... Ho viaggiato per l’Europa trapassandola, la notte, e ho sperato, ogni momento, che potessi sempre sentirmi così felice.

Gufo Saggio, Mazara II

Vita da Rover, Vita da Scolta Carnet di Marcia A•2009

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I have a dream “Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza…. Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi! Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. È questa la nostra speranza…”

Vita da Rover, Vita da Scolta

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o un sogno” è la frase con cui viene identificato questo discorso tenuto da Martin Luther King il 28 agosto del 1963 a Washington al termine di una marcia di protesta per i diritti civili. Martin Luther King aveva un sogno che pare essersi parzialmente avverato in questi ultimi tempi con l’elezione a Presidente degli Stati Uniti di Barak Obama. Non voglio parlare

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delle motivazioni politiche ed economiche che hanno spinto a questo risultato, ma indubbiamente di quelle sociali; penso che nemmeno King si sarebbe potuto immaginare questo risultato appena 50 anni dopo! Invece è accaduto, soprattutto sotto la spinta del popolo di internet, della classe giovanile con una partecipazione al voto senza precedenti (il sistema elettorale è molto differente da quello italiano) e lontano dalle lobby che


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normalmente influenzano questi accadimenti. Allora qualcosa sta realmente cambiando? Sicuramente sì, purtroppo ancora non abbastanza. Quest’estate ho avuto occasione di leggere diversi libri e due me ne sono rimasti impressi, due libri al “femminile” che affrontano quel sogno in maniera differente partendo da situazioni diverse. Uno, ambientato nel nostro contesto sociale, parla di differenze legate contesto sociale per poi capire che il problema non è nell’ambiente ma è solo nostro, legato solamente alla comunicazione: due ragazze totalmente sole, diverse ma destinate, in qualche modo, a riconoscersi tra la folla della città, finiranno così per stringere un’amicizia che, nata piano

Immagina

piano, arriverà a cambiarle. Il secondo libro, ambientato in un contesto completamente differente dal nostro, parla di quella impossibilità di potersi realizzare, di quella impossibilità di poter vivere la propria vita che hanno due donne che non potrebbero essere più diverse, ma gli accadimenti le faranno incontrare in modo imprevedibile. BIBLIOGRAFIA • Gli effetti secondari dei sogni, Delphine De Vigan, Ed. Mondadori (2008), p. 239. • Mille splendidi soli, Khaled Hosseini, Ed. Piemme (2007), p. 432.

(J. Lennon)

Vita da Rover, Vita da Scolta

Immagina non ci sia il Paradiso prova, è facile Nessun inferno sotto i piedi Sopra di noi solo il Cielo Immagina che la gente viva al presente... Immagina non ci siano paesi non è difficile Niente per cui uccidere e morire e nessuna religione Immagina che tutti vivano la loro vita in pace... Puoi dire che sono un sognatore ma non sono il solo Spero che ti unirai anche tu un giorno e che il mondo diventi uno Immagina un mondo senza possessi mi chiedo se ci riesci senza necessità di avidità o fame La fratellanza tra gli uomini Immagina tutta le gente condividere il mondo intero... Puoi dire che sono un sognatore ma non sono il solo Spero che ti unirai anche tu un giorno e che il mondo diventi uno

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La Sq Gheppi al 1° Tempo Guide

Vita da Rover, Vita da Scolta

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ettori di “Carnet di Marcia”: è la Squadriglia Gheppi che scrive, al rientro dallo straordinario Campo Scuola di primo tempo Branca Guide, svoltosi a Ospitale di Cadore (BL) dal 17 al 24 agosto 2008. Ci tenevamo a scrivere i nostri pensieri per ringraziare i nostri rispettivi Gruppi e Capi che ci hanno dato la possibilità di vivere quest’esperienza intensa e carica di emozioni e per comunicare come questo Campo ci abbia insegnato a vivere lo Spirito di Squadriglia e a seguire l’insegnamento del Vangelo “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Procediamo con ordine… All’inizio eravamo un po’ spaventate e a disagio perché non ci conoscevamo e non sapevamo ancora cosa ci sarebbe aspettato. Costituite le Squadriglie, che saranno per sempre le Squadriglie dei Campi Scuola di Ospitale di Cadore (e cioè Cervi, Caprioli, Ermellini e Gheppi), la voglia di far partire col piede giusto la neo Squadriglia prevalse in tutte noi! Fu così che tra schiene a pezzi e malanni vari, giorno dopo giorno, ci siamo trovate sempre più unite, coinvolte e affiatate, ognuna dando il meglio di sé e donandosi completamente alle altre. Chi faceva fuoco, chi cucinava, chi faceva legna; chi lavava le pentole o preparava la tavola era unita all’altra grazie all’allegria e alla semplicità con cui tutto veniva affrontato: giochi, visite agli angoli, gara cucina e uscita di Squadriglia. Così la settimana è volata e tra di noi ci siamo trovate veramente bene! Non possiamo ricordare tutti i momenti passati perché ce ne sono stati veramente tanti, ma non potremo mai

dimenticare la commozione durante l’ultimo Fuoco, quando tutte eravamo in lacrime, coscienti che un’avventura così sarebbe rimasta indelebile nei nostri cuori e che era giunta l’ora di fare lo zaino e ripartire. L’umiltà con cui ognuna di noi ha fatto affidamento sul prossimo e la semplicità e genuinità con cui ci siamo messe in gioco ci hanno permesso di vivere il Campo in modo unico e speciale, oltre ad essere poi la Sq. Vincitrice! Grazie quindi a Luvi, a Chiara, a Valentina e a Don Gianni per la loro presenza per noi così significativa ed importante. Grazie a loro abbiamo un quaderno pieno di appunti ed un cuore colmo di gioia da donare alle nostre Guide! Ma soprattutto ringraziamo Colui che da Lassù ci ha guidate in questa nostra avventura e ha fatto sì che la vivessimo con sincerità, serenità ed accoglienza verso il prossimo! Auguriamo a tutti/e un fraterno Buona Strada!

La Squadriglia Gheppi: Carolina Potente, Ballerina Bianca, Roncade 1 • Federica Bazzo, Cimadolmo 1 • Silvia Galvagni, Volpe Attenta, Trento 1 Cristina Civitani, Delfino Silente, Velletri 1 • Martina de Marchis, Aquila Collaboratrice, Priverno 1 • Annalisa Chinaglia, Scoiattolo Brioso, Lendinara 1 • Jessica la Corte, Pettirosso Tenace, Pesaro 1

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Condividere è un po’ donare Cari amici, ecco una breve riflessione sul volo estivo di quest’estate...

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stelle cadenti, crêpes “speciali” alla nutella... Mi domando sempre come riescano delle “pipette” così piccole ad esprimere tanto entusiasmo e tanta Gioia. Quella vera eh! Quella che nasce dai sogni di speranza, dalla volontà di lasciare a casa tutte le qualità negative e riscoprire i propri pregi e quelli di chi ci sta accanto, di prendersi i propri piccoli impegni e mantenerli. La Gioia, infine, di tornare a casa e far volare in alto anche chi non ce la fa con le proprie alette, fin lassù, dopo la seconda stella a destra… Buona Strada.

Federica Marchioni, Fuoco Roma 15

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Vita da Rover, Vita da Scolta

olo chi sogna può volare”… allora chiudiamo solo per un momento gli occhi e immaginiamo di partire per una terra lontana, lassù nel cielo, dopo la seconda stella a destra… Il convento dei Cappuccini a Montefiascone diventa quasi magicamente l’isola che non c’è. I pirati, la tribù dei pellerossa, le Coccinelle nella casa dei bambini sperduti, pronte ad imparare cos’è la gioia e volare in alto. Quattro giorni intensi, trascorsi tra salvataggi mozzafiato (Giglio Tigrato ne sa qualcosa, bloccata in riva al lago dal terribile Capitan Uncino!), sfide coloratissime (se ne andrà mai tutta quella tempera dalle magliette?), incontri e scontri senza precedenti; e poi ancora danze, canti,

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Ricordando Jacopo ed i suoi segni…

Vita da Rover, Vita da Scolta

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Buona Strada

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l Campo mobile invernale, dopo giorni intensi trascorsi nello splendore delle montagne, con la gioia di una Comunità che condivide nella semplicità la Strada e il desiderio profondo di mettersi in gioco, il Signore ha chiamato improvvisamente a sé il nostro fratello Jacopo, novizio del Clan. Non ci sono parole adeguate per descrivere il dolore di questa ferita che ognuno di noi porta profonda nel cuore da quel giorno. Abbiamo vissuto da allora momenti difficili, frastornati da dubbi, paure e sofferenza. La vicinanza e

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l’affetto delle persone amiche, delle famiglie dei Rovers, dei fratelli Scout vicini e lontani ci hanno aiutato a sostenere questo peso. In questo momento di prova, da ogni parte d’Italia ci sono giunte numerose lettere di solidarietà, molte delle quali anche da gruppi AGESCI, facendoci respirare la fratellanza che ci unisce nella grande famiglia dello Scoutismo. Ringraziamo di cuore tutti voi che continuate a sostenerci nella preghiera. Buona Strada

Il Clan Chilkoot, Villorba 1

ra il 4 gennaio 2009. Su un sentiero innevato Dio ha deciso di riprendersi il “suo” angelo. Quanti ricordi… una strada fatta assieme fin da quanto era lupetto, il suo sorriso sornione, il suo impegno sempre sincero ed entusiasta ma, soprattutto, il modo d’essere speciale di Jacopo che ha lasciato un segno in quanti lo conoscevano personalmente. Un vento gelido e pungente ha paralizzato i nostri sentimenti, il dolore e le lacrime hanno scavato in noi fino nel profondo, e continueranno a farlo. Ma è proprio in questi momenti, quando le tante domande non trovano plausibili risposte, che piano piano ci diventa quasi indispensabile affidarci nelle mani del Signore. Il peso di questi eventi ci chiede di piegarci in ginocchio e… pregare: per


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Jacopo... Jacopo e soprattutto per la mamma Mirella ed il fratellino Nicolò. Il disegno di Dio, su ciascuno di noi, è troppo profondo per essere capito e giustificato, eppure la nostra Fede ci suggerisce che tutto DEVE avere un senso. Nel contempo, nel nostro cuore ferito, alberga una sentita Speranza. Jacopo continuerà a camminarci affianco, magari percorrendo altre strade, sconosciute e misteriose, ma certamente non mancherà di testimoniare la sua presenza

al nostro Gruppo, ai suoi amici e familiari, ai suoi compagni di scuola. Sono già tanti i segni che ci sta regalando. Sono come piccole stelle che orientano nel buio profondo, che ci invitano ad un nuovo giorno, a nuove avventure. Verrà presto un nuovo sole, con l’aiuto di Dio sarà ancora tempo di ripartire, con nuovi zaini, nuova consapevolezza e soprattutto il ricordo di Jacopo, che darà senso ad ogni passo, direzione al nostro futuro,

un nuovo valore al nostro Servizio! D’ora in avanti, tutte le Scolte ed i Rovers d’Italia, avranno un angelo che veglierà su tutti loro e sull’intero scoutismo che lui tanto amava. Buona Strada, caro Jacopo, tra i sentieri infiniti del Paradiso… Buona Strada!!

Il Gruppo Villorba I, “Guy de Larigaudie”

Vita da Rover, Vita da Scolta Carnet di Marcia A•2009

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DOSSIER Stati vegetativi

Approfondimenti e spunti di riflessione sui temi della vita A cura di ENRICO PEZZOLI • Associazione Scienza e Vita, sezione di Bergamo

C

ari fratelli Rover e sorelle Scolte, con profondo rispetto ma anche con profonda chiarezza, vogliamo offrirvi alcuni elementi per riflettere sui temi delicatissimi che la triste vicenda di Eluana Englaro ha suscitato. In queste pagine trovate: Una sintesi molto schematica dei fatti legati ad Eluana Englaro; Una riflessione, perché ognuno di noi comprenda la rilevanza di quanto è accaduto Un “botta e risposta” per chiarire vari aspetti (medici ed altro) sugli stati vegetativi Il confronto tra due medici, Umberto Veronesi e Mario Melazzini. Sono alcuni spunti che non esauriscono la complessità di tutte le tematiche che si aprono all’orizzonte, ma – partendo da questi elementi e con l’aiuto di persone competenti – potete organizzare un capitolo specifico. In effetti, da Rover e Scolte, non possiamo non affrontare queste questioni così delicate, perchè ci riguardano tutti: questi nuovi interrogativi – tra la vita e la morte – scuotono le nostre coscienze e ci turbano. In mezzo alle tante voci che in questi mesi si sono levate, alle notizie talvolta false o distorte, ai giudizi affrettati o ai facili proclami, c’è bisogno di fare chiarezza. Lo dobbiamo innanzitutto a noi stessi, per guidare la nostra canoa. Saremo poi più pronti a servire i nostri fratelli – nelle nostre famiglie, tra i compagni di scuola o di lavoro – aiutando ad una riflessione più profonda, e dando una testimonianza di dedizione per la vita.

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Eluana Englaro Queste le principali tappe che hanno segnato la vicenda di Eluana Englaro (fonte www.ansa.it): 18 gen. 1992 dopo un incidente d'auto, Eluana, 22 anni, cade in uno stato vegetativo permanente. 1994 Eluana entra nella casa di cura di Lecco ‘Beato L. Talamoni’, delle suore misericordine. Deve essere alimentata con un sondino nasogastrico e idratata. Le suore l'assistono con amore. Ogni giorno sistemano Eluana su una sedia a rotelle e la portano a fare un giro nel giardino. 1999 Beppino Englaro chiede al tribunale di Lecco di poter rifiutare l'alimentazione artificiale della figlia. Ma i giudici dicono no. 2000 Beppino si rivolge anche al presidente Ciampi, e dice che Eluana aveva detto che non avrebbe mai accettato di vivere in quelle condizioni. 2003 Viene ripresentata la richiesta di lasciar morire Eluana, ma tribunale e Corte d'Appello la respingono. E così accadrà ancora nel 2006. 9 lug. 2008 la Corte d’appello di Milano riesamina la vicenda e autorizza la sospensione dell’alimentazione. 16 lug. 2008 Camera e Senato sollevano un conflitto di attribuzione contro la Cassazione, il caso finisce in Corte Costituzionale. E scoppiano le polemiche. Il comitato ‘Scienza e Vita’ lancia un appello contro la sospensione delle cure, cui aderiscono parlamentari e cittadini, Famiglia Cristiana, 25 neurologi, il quotidiano Avvenire. Intervengono anche le suore che si occupano della donna.


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3 set. 2008 La famiglia chiede alla Regione Lombardia di indicare una struttura dove eseguire quanto stabilito dalla Corte d’appello, cioè interrompere definitivamente l'alimentazione artificiale e l’idratazione. Ma la Regione dice no. 8 ott. 2008 La Corte Costituzionale dà ragione a Cassazione e Corte d'Appello (che avevano stabilito le condizioni per l'interruzione dell’alimentazione).

16 dic. 2008 Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi firma un atto di indirizzo per le Regioni al fine di “garantire a qualunque persona diversamente abile il diritto alla nutrizione e idratazione” in tutte le strutture del Servizio Sanitario Nazionale, precisando che lo stop a tali trattamenti nelle strutture del SSN è “illegale”.

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DOSSIER Stati vegetativi

10 nov. 2008 Il sottosegretario alla sanità Eugenia Roccella, già leader del comitato Scienza e Vita, lancia un appello alla Cassazione: “Ci ripensi, perché sarebbe la prima volta in Italia che qualcuno muore, tra l’altro di fame e di sete e con un’agonia di almeno 15 giorni, per effetto di una sentenza”.

11 nov. 2008 Il Card. Javier Lopez Barragán, dichiara che sospendere l’idratazione e l’alimentazione in un paziente in stato vegetativo è “una mostruosità disumana e un assassinio”. Secondo gli avvocati della famiglia Englaro, invece “è ora che Eluana venga lasciata morire come chiede suo padre da 16 anni”.

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cadendo da cavallo... infuocando il mondo

In cammino con S. Paolo apostolo dell’unità DON FABIO GOLLINUCCI

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on se la prendano a male le Scolte se in questo articolo, e probabilmente anche nei successivi, per la nostra riflessione spirituale ci ispireremo a San Paolo e trascureremo un po’ Santa Caterina… Come sapete siamo nell’anno dedicato dalla Chiesa alla celebrazione del bimillenario della nascita di San Paolo. Possiamo allora cogliere l’occasione per conoscere meglio questo Santo che noi in famiglia potremmo simpaticamente chiamare “primo Rover di Cristo”. Tanto per cominciare possiamo ricordare che S. Paolo, pur non facendo parte dei 12 apostoli, viene ugualmente definito con questo termine che significa “inviato”. Anzi spesso lo chiamiamo L’Apostolo, come se fosse il modello di riferimento per questa categoria di persone e per questo tipo di servizio nella Chiesa. Ecco già qui una prima considerazione: chi incontra veramente, personalmente, intimamente Cristo diventa per forza apostolo. Non nel

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senso di forzatamente, per obbligo e senza libertà, ma con una nuova forza, quella che scaturisce dall’incontro con Gesù Cristo: la forza divina che Gesù trasmette a chi entra in contatto con Lui. Sappiamo che proprio nel momento decisivo della croce – diventata poi centro della predicazione di Paolo – Gesù “spirò” cioè emise lo Spirito. L’amore di Dio si comunica come dono, attraverso Gesù, proprio nel suo atto estremo di accoglienza incondizionata e verso tutti. Questa forza divina investe ogni uomo e ogni donna senza preferenze o selezioni di merito ma con abbondanza e nella libertà. La Vita viene data anche ad assassini, atei, bestemmiatori, traditori, vigliacchi, indifferenti… Ma quanti sono pronti e capaci di accoglierla? Questa è la misericordia di Dio che Paolo annuncerà a tutti, senza sconti e senza tregua; proprio come aveva fatto il suo Maestro. E lo farà nella fatica e nella persecuzione, sfidando le resistenze umane, al di là dei sui stessi limiti personali. Diremo noi nel nostro gergo: dando un calcio alle prime due lettere della parola


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UN INVITO DAL PAPA BENEDETTO XVI

... e proprio per questo, sono lieto di annunciare ufficialmente che all’apostolo Paolo dedicheremo uno speciale anno giubilare, dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009 in occasione del bimillenario della sua nascita!

quest’ultimo da cattivo e antipatico diventa il vero povero: gli manca infatti la cosa più preziosa. Solo con gli altri, e particolarmente i più lontani e diversi da me, posso scoprire e vivere la ricchezza della relazione. E solo nella relazione si sprigiona l’amore che unisce, ri-unisce e aggrega tutti, trasfigura e trasforma tutto e nel Nome del Risorto fa rinascere a vita nuova. Buona Strada.

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cadendo da cavallo... infuocando il mondo

“IMPOSSIBILE”; perché per lui tutto è possibile nel nome di Gesù. Ed ora ci chiediamo: quale è il primo frutto visibile di questa piena dedizione alla diffusione di un messaggio così affascinante e contemporaneamente tanto scandaloso? Io direi che l’effetto più dinamico è la nascita della Comunità. Gesù stesso aveva detto che i suoi discepoli saranno riconosciuti da tutti nella visibilità del loro amore reciproco. All’esperienza di un modo di amare senza limiti come è quello di Gesù, segue subito l’esperienza di un popolo senza esclusi e poi il sogno realistico di un mondo senza confini. La condivisione di una forza unitiva superiore a tutte le differenze e diffidenze apre lo sguardo umano verso nuovi orizzonti e rimuove gli ostacoli della diversità, delle paure dell’altro, dell’altra, del diverso da me, del non credente e perfino del non amante. Anzi,

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Cucù e Ciarlatani

Ospitiamo Saulo V

ictor Hugo definiva S. Paolo una figura Santa per la Chiesa, grandissima per l’umanità. Vorrei invitarvi proprio a riscoprire questa figura partendo dalla sua persona, dalla sua storia e dalla sua forza comunicativa. Come detto nel titolo, dunque, in rubrica ospitiamo uno dei più grandi comunicatori che la storia possa raccontare, S. Paolo di Tarso, primo teologo, con S. Pietro, della Chiesa e fondatore delle prime comunità cristiane; probabilmente colui che ha delineato proprio le regole di queste comunità e determinato la loro forza, la loro capacità di testimonianza e di evangelizzazione. S. Paolo è un cosmopolita, figlio di tre culture: “Sono un ebreo di Tarso di Cilicia” dichiara infatti al tribunale romano dopo l’arresto (Atti 21,39). Ai Romani scrive: “Vorrei essere io stesso maledetto separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e ad essi appartengono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi. Da essi proviene Cristo secondo la Carne” (9,3-5). E ancora agli ebrei di Corinto afferma con forza “Sono essi ebrei? Anch’io lo sono. Sono Israeliti? Anch’io. Sono stirpe di Abramo? Anch’io” (2 Corinzi 11,22). La storia di Paolo si consuma dunque in un crocevia

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di culture e le sue tre identità di Ebreo Romano e Greco sono indispensabili per capire l’opera, ma soprattutto per comprendere la vicenda personale che si dipana in tutto il Mediterraneo con una forza comunicativa senza eguali. “Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di


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Cucù e Ciarlatani

Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe con loro” (1 Cor 9-19-23). Così scrive in uno dei passi più famosi invocando la necessità di avvicinare tutti e di rendersi comprensibile e accettato da tutti, inventando tra l’altro il concetto di comunicazione empatica, lanciando il suo Messaggio (il messaggio di Cristo) verso orizzonti esterni al terreno di partenza, diventando l’apostolo delle genti per eccellenza. Scrivendo ai Galati “Non c’è più Giudeo né Greco, non c’è più ne schivo né libero, non c’è più né maschio né femmina, tutti voi siete uno in Gesù Cristo” (Galati 3,28). Creando non poche problematiche nel mondo cristiano di allora. E noi quanto

sappiamo essere testimoni? Quanto riusciamo fuori dal nostro piccolo mondo fatto di zaini, tende, fazzolettoni, ad essere trascinatori? Quanta capacità c’è nel rendere testimonianza della speranza che è in noi? Come ci invitava a fare S. Pietro e poi Giovanni Paolo II. Credo valga la pena fare una riflessione, in Clan ma anche personalmente. S. Paolo è il nostro patrono, quest’anno è l’anno paolino, tra poco ci sarà la conversione di S. Paolo… esiste un periodo migliore? E un’ultima riflessione credo vada fatta proprio sulla speranza: Mario Luzi (uno dei più grandi poeti italiani) scriveva che S. Paolo è una enorme figura che emerge dal Caos dell’errore e dell’inquieta aspettativa degli uomini per dare un senso alla speranza, e la speranza a ben leggere i suoi scritti non può che fondarsi su “Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio“ (1 Cor 1,24). Buona Strada PIETRO ANTONUCCI, RYS

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sale in zucca

Sognando e

costruendo la cattedrale

MONICA D’ATTI

Comunità non è la somma dei nostri vantaggi, ma la somma dei nostri doni. (A. DE SAINT-EXUPÉRY • Taccuino)

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on credo ci sia una definizione più chiara, più semplice e più incisiva per definire la Comunità di questa, data dal mitico Saint-Ex. Non credo neanche che ci sia bisogno di spiegarla. E quindi non la spiegherò, lasciando al sale della zucca di ciascuno di voi il compito di insaporire la frase con accostamenti e confronti dati dall’esperienza personale; e con progetti e buoni intenzioni per fare in modo che non rimanga solo una frase gettata sulla pagina di una rivista. Permettetemi ora però di divagare sull’argomento Comunità nel modo che ho sempre amato, con il paragone che per me è sempre stato principe: la cattedrale. E lascio la parola ancora a lui, l’aviatore:

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Una cattedrale è ben altra cosa di un ammasso di pietre. È geometria, è architettura. Non sono le pietre che la definiscono; è la cattedrale che arricchisce le pietre del suo significato. Quelle pietre sono nobilitate in quanto pietre di una cattedrale. Le pietre più differenti servono alla sua unità. La cattedrale assorbe nel suo cantico perfino le grondaie sconnesse. E ancora: Certo non si danneggiano l’una con l’altra, le pietre, quando sono buttate in un mucchio, in mezzo a un campo. Ma danneggiano la cattedrale che avrebbero costruita. E ancora più terribile: Intravedo meglio il principio delle vittorie: colui che si assicura un posto di sagrestano o di seggiolaio nella cattedrale costruita, è già un


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vinto. Ma chiunque porta nel cuore una cattedrale da costruire, è già un vincitore. Ma di quale comunità è paragone la cattedrale? Certo la similitudine può funzionare per il Fuoco e per il Clan, può funzionare per le nostre parrocchie o Associazione. Tutte queste comunità possono diventare splendide cattedrali. Ciascuno di noi è importante per dare altezza e bellezza alla cattedrale, ciascuno di noi ha un ruolo, un posto, e la scelta è tra far parte di una splendida cattedrale o restare buttato in mezzo a un prato a riempirsi di muschio. Ma sopra a tutto c’è una “Cattedrale Madre”, quella Comunità della quale le nostre sono umile riflesso terreno. Scrive ancora Antoine: Abbiamo cessato di dare. Ora se io pretendo di non dare che a me stesso, non ricevo nulla, perché non costruisco nulla della mia essenza, e dunque non

sono nulla. Se poi si pretende da me che muoia per degli interessi mi rifiuterò di morire. L’interesse prima di tutto comanda di vivere. Qual è lo slancio d’amore che compenserebbe la mia morte? Si muore per una casa. Non per gli oggetti o i muri. Si muore per una cattedrale. Non per le pietre. Si muore per amore dell’Uomo, se egli è la chiave di volta di una Comunità. Si muore soltanto per quello di cui si può vivere. È una frase difficile? Certo è un ragionamento molto articolato. Si aggancia alla Bibbia, al Vangelo, al significato profondo e ultimo della vita, al suo senso, al concetto del chicco di grano che muore e della comunione… Non se ne può parlare in poche righe in un articolo. Bisogna parlarne tutti insieme, in Comunità.

corner... l’ angolo dello sport Le immagini di questo articolo sono tratte dal libro Naissance d’une cathédrale, David Macaulay, Hachette 1995. Carnet di Marcia A•2009

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Crescere insieme, con gioia

Riflessione uscita pattuglie di distretto e della regione Lazio

ALINE CANTONO DI CEVA

sale in zucca

“I

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n quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore” (Luca 6, 12-16). Rileggo facendo delle pause di silenzio, ci sono un paio di cose che, come Capo membro di una Pattuglia, potrebbero riguardarmi ed aiutarmi. “In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna. A pregare. E passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli. E ne scelse dodici. Ai quali diede il nome di apostoli. Simone che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota. Che fu il traditore”. Questo vivere in Comunità mi suona vagamente familiare: ci riconosco un Capo Gruppo che ha desiderio di condividere con i suoi Aiuti. Ma c’è in più una premessa importante: una scalata in montagna e una notte di preghiera senza cui non si arriva ad una chiamata, ad una scelta ed ad una accoglienza. Mi chiedo: Gesù, il Figlio di Dio Onnipotente, aveva davvero bisogno di portarsi dietro dodici persone (tra cui gente di dubbia morale, coerenza ed affidabilità) per attuare la sua missione? Io, Capo unità, ho davvero bisogno di portarmi dietro ’sti aiuti, qualcuno anche un po’ “scarcagnato”, per far andare avanti il gruppo che mi è stato affidato? Per Gesù era talmente fondamentale costituire una comunità che fa la fatica di salire su in montagna e ci passa tutta una notte in preghiera. E questo mi dice due cose: Carnet di Marcia A•2009

1. Se Gesù stesso ci tiene al punto che gli Evangelisti sono concordi nel sottolineare i suoi sforzi scegliendo di tramandarceli per iscritto, il vivere in comunità deve essere qualcosa d’imprescindibile alla trasmissione della Buona Novella. Gesù rende la comunità qualcosa di Sacro che merita assoluto rispetto ed attenzione. Chi sono io per rovinare con le mie


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scelta che avviene di giorno, alla luce, e ripenso a quante decisioni prese offuscata dalle nubi e dalle tenebre del sentimentalismo o del pregiudizio, della simpatia o dell’antipatia. Gesù è lucido nella sua chiamata, tanto lucido da chiedere a Giuda, IL traditore, di entrare a far parte anche lui del gruppo sapendo bene chi egli sia. C’è una valutazione che regala sempre una chance, non c’è un estromissione risentita ma un desiderio di credere nell’altro e lasciare la porta aperta, e c’è anche un riprendere con amore che non è un rinfacciare per vendetta o per umiliare. Così oggi scopro che la Comunità è dove Gesù vuole stare, Lui, per il quale l’unica forma di vita concepibile è la Relazione, senza “prime donne”, così come nella Trinità dove ci sono un Padre, un Figlio e l’Amore che li lega. Amo mettere a proprio agio gli ospiti che ricevo, e a me che desidero che Gesù ritrovi il suo “ambiente naturale”, piace pensare che la Pattuglia di cui faccio parte lo possa far sentire come a “casa” sua.

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sale in zucca

arroganze e desiderio di spadroneggiare ciò che Gesù in persona reputa molto buono? Come m’è venuto in mente di fare tutto io da sola se Lui stesso si è avvalso di “collaboratori”? Come m’è saltato in testa di sottovalutare ciò che a Gesù è valso una notte insonne? E mi è anche chiara una seconda cosa: 2. La vita in comunità non è scritto da nessuna parte che sia una vita facile…Gesù lo sa bene, e va dal Padre: ha bisogno di pregare per chiedere la forza necessaria per accogliere l’altro e questo mi fa pensare a quante volte ho dato per scontato che tra noi, pattuglia, tutto dovesse filare liscio, d’amore e d’accordo. Mi è capitato di restare fastidiosamente stupita nel sentirmi criticata: non darmi ragione com’è possibile? ed ho voluto contare solo sulle mie capacità per risolvere i problemi tra noi capi e con i ragazzi più piccoli. Gesù stesso invece che fa? Prende, si alza e di notte (mica con il sole quando il sentiero è più facile) va dal Padre per avere l’aiuto per amare i fratelli. Segue poi una

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ApertaMente

S

Rebus (6,10)

S nzi

ALE, LUPO DI FUOCO CORAGGIOSO

GRUPPO POLPET 1

P

remessa: questo è un articolo “menoso”; direi che è solo per capi. Se puoi, evitalo! Se prosegui vuol dire che sei curioso. Ma non so se ti basterà come motivazione per arrivare fino in fondo. Ok, taglio corto! Hai risolto il rebus? Quasi demenziale, no? Comunque serviva per criptare un po’ l’argomento, visto che è spinoso. Per introdurre il ragionamento parto da lontano: perché prediligiamo la montagna come ambiente ideale per campi mobili e uscite? Perché si fa fatica, perché è metafora della vita… Giusto! E abbiamo imparato che attraverso la fatica formiamo il nostro carattere. Già! Ma c’è di più: fin dall’antichità ci si recava in cima alle montagne per pregare meglio. Lo facevano tutti, da Abramo a Mosè, Gesù compreso. E lo facevano per liberarsi dalla quotidianità, dal trantran di tutti i giorni, proprio

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per avere un contatto più intimo con Dio. Sarà capitato anche a te, no? Lassù c’è un’altra aria, un’altra luce… È più facile pregare! Eppure io sospetto che si vada a pregare in montagna fin dall’alba dei tempi anche per offrire la propria fatica a Dio. Perché Dio sa la fatica. Incarnandosi in Gesù ce lo ha testimoniato. Tra le altre cose: pare che non fischiettasse con le mani in tasca, salendo il Golgota. Ma Lui avrebbe benissimo potuto farlo. Sa che portare i nostri pesanti sederi sopra una certa altitudine significa con ogni probabilità alzarsi presto, aver preparato uno zaino che comporta alcune rinunce, mangiare meno comodamente che in casa propria, prendersi la pioggia fredda sulle ginocchia, etc. etc. (e comunque non è neanche minimamente paragonabile col portare una croce). Ma Dio apprezza questa fatica, se offerta a Lui gratuitamente. E in qualsiasi caso la ripaga abbondantemente

con i panorami che ha creato per noi, con tutta la bellezza che c’è lassù. Ma non è questo il punto! E quale allora? Aspetta, facciamo quest’altro ragionamento. L’uomo è stato creato nudo. NUDO! Ci pensi? Tutto il resto lo abbiamo aggiunto noi! E non riusciamo a farne a meno; in nessun caso, a nessuna latitudine. Va beh, ma che c’azzecca? C’entra! C’entra! Questi due “filoni” di ragionamento sono legati da un termine, caro allo Scout, che è essenzialità. Alcuni l’hanno tradotto con lo scegliere cosa portare e cosa non portare con sé (cellulare sì, mp3 no…). Altri ne hanno fatto quasi una dottrina quantistica (le mutande possono essere utilizzate prima in un verso, poi nell’altro…). Altri ancora in una scienza probabilistica (le previsioni dicono bel tempo, quindi niente poncio, o poncho, o come diavolo si scrive). Ma l’essenziale non si inquadra in nessuno di questi

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ragionamenti. L’essenziale è invisibile agli occhi, dice la volpe di un libro che ho letto qualche anno fa. Non capivo veramente cosa volesse dire, ma mi pareva figo! Oggi un’idea me la sono fatta: se è invisibile agli occhi, forse mi spiego come mai nello Scoutismo abbiamo una Legge ben definita, una Promessa

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scritta e tradotta in tutte le lingue, Norme direttive da far impallidire la Costituzione, ma nessuno si è mai preso la briga di scrivere il decalogo dell’essenzialità. Sarebbe comodo! Non dovrei più stare lì a scervellarmi ogni volta. Sì, forse sarebbe comodo avere una lista di cose che non possiamo dimenticare a casa e di cose che non dobbiamo assolutamente portare con noi. Ma che valore avrebbe? La verità è che non si può fare una lista del genere. O meglio: ognuno dovrebbe farsela per sé. Solamente ognuno di noi può sapere di cosa può fare a meno e di cosa no. Di cosa siamo schiavi e di cosa siamo padroni. A volte mi chiedo: sono io che possiedo il telefono o è lui a possedere me? Posso farne a meno per una settimana? Sì, ma il lavoro, la morosa, gli amici, la mammina… Ancora con ’sta storia? Che un paio di… Sì è vero, ma siamo finalmente arrivati al dunque: l’essenzialità non è un filtro che serve solo per caricare lo zaino. È uno stile! Va beh, ma all’atto pratico? All’atto pratico significa che non ha senso scalare le montagne in perfetta uniforme per poi


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essere davvero LIBERI! Va beh, ma allora? Personalmente ho adottato una regola: prelibatezze al campo? Sì, ma solo quelle che mi riesco a portare nello zaino. Sigarette: Il meno possibile (non sono ancora riuscito ad abbattere quella dopo cena, ma ci sto lavorando ) e comunque in modo isolato . Non dico di nascosto, ma distante da chi potrebbe non aver voglia del mio fumo passivo e da chi sta cercando come me la rinuncia e apprezzerà il mio riserbo . In ogni caso non riesco a liberarmi dal pensiero che uno scout con una sigaretta offende proprio lo stile… Il telefonino? Sta comodamente SPENTO in una busta impermeabile, nella tasca superiore dello zaino. Bar, cicchettini, Birra? La cosa migliore è condividere, e allora l’ultima sera a campo concluso, può starci una conviviale birra, o cena tutti insieme, con misura e con gioia. Ha tutto un altro gusto! Quindi alla fine questo è il famoso decalogo mancante. Sì. Ma questo è il mio. E il tuo? Ce l’hai?

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fiondarsi nel primo bar a strafogarsi di birra e panini. Non vale a nulla rinunciare a qualcosa di caro quando si prepara lo zaino e poi razziare il reparto dolciumi del primo market dove ci fermiamo a fare la spesa. Non ha nessun significato mangiare come un profugo per tutto il campo mobile (e qui ci starebbe un altro monologo da 500 pagine) e poi fumare in ogni momento libero. E bada bene che non sto facendo la manfrina di smettere, etc. etc. Purtroppo anche io fumo. So che non è una facile questione. Ma questa volta il punto è un altro. Il punto è che la fatica che possiamo offrire a Dio in tutti i giorni che vogliamo, ma che ci viene proposto in modo particolarmente intenso durante le attività, non è solo quella fisica: è anche quella di saper rinunciare a qualcosa. È la fatica che ci fa ritornare ad essere un po’ più nudi. Un po’ più liberi. Più liberi perché rinunciando abbiamo capito che possiamo farne a meno , rinuncia vuol dire anche più fiducia in se stessi e negli altri , rinuncia vuol dire dominare se stessi e quindi

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N

on è mai da solo chi è persona. Si diventa persona in un rapporto di reciprocità e di relazione. È essere l’un l’altro l’elemento costitutivo del processo che rende l’essere umano una persona. (Paul Ricoeur)

U

n popolo è una moltitudine di gente che ha un progetto comune. (Sant’ Agostino)

U

na Comunità è un insieme di individui che condividono lo stesso ambiente fisico e tecnologico, formando un gruppo riconoscibile, unito da vincoli organizzativi, linguistici, religiosi, economici e da interessi comuni. (da Wikipedia, l’enciclopedia libera).

l’ ALTRACOPERTINA di Giorgio Sclip Riflettendo sulla comunità...

L’

“altro” è un fratello per mezzo del quale Dio ci parla. Per mezzo del quale Dio ci aiuta e ci consola, Dio ci ama e ci salva. Con l’“altro” Dio ci arricchisce. L’“altro” – ogni “altro” – è un fratello da amare. Egli è in cammino con noi verso la casa del Padre. L’“altro” è Gesù. (Michel Quoist)

L

a principale differenza tra gruppo e comunità e che in un gruppo le persone si scelgono, mosse da un ideale, da uno scopo comune, e che quando viene a cessare crea la disgregazione. La comunità è formata invece da persone che sono state scelte e sono e rimangono unite non solo nel nome di un ideale, di uno scopo, ma nel nome di Dio.

Q

uesto è certo, che quando una comunità... vive respirando Cristo, dimorando nella Parola, attingendo alla sua linfa vitale, diventa un segno trasparente delle realtà eterne, un anticipo dei nuovi cieli e della nuova terra; diventa l’albero rigoglioso che il salmista contempla lungo corsi d’acqua, carico di buoni frutti in ogni stagione, che accoglie alla sua ombra, per ristorarli, molti viandanti esausti. In realtà, chi coltiva assiduamente la Parola, da essa si trova coltivato e diviene un giardino di delizie in cui Dio stesso ama scendere e riposare. (A. Canopi).

L

a via è lunga, camminiamo insieme. La via è difficile, aiutiamoci a vicenda. La via è piena di gioia, condividiamola. Camminiamo con qualunque tempo, perché il grano matura con il sole e con la pioggia. Le vette le raggiungeremo procedendo passo passo, senza fermarsi mai. Certe cime non si raggiungono che insieme. Insieme possiamo affrontare tutto. Tutta la vita è un viaggio insieme.

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Carnet di Marcia A•2009

“ ”

Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere (Atti 2,14-41)

Q

uanto mi sento distante dalle persone quando sono con loro, e come le sento vicine quando sono lontane. (Kahlil Gibran)

M

iei avversari non sono gli uomini, sono i problemi. (Michail Gorbaciov)

A

rricchiamoci delle nostre reciproche differenze. (Paul Valere)

T

u sei in mezzo a noi Signore, e noi siamo chiamati con il tuo nome. (Ger. 14)

B

isogna mettere in comune quello che sei, non quello che sai.


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