CarnetdiMarcia
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Rivista mensile, maggio 2010 • n. 5 anno XXXIV • Sped. in abb. post. Art. 2, Comma 20/c, Legge 662/96 Filiale di Padova • ISSN 1127-0667
Scout d’Europa PER SCOLTE E ROVER
Cor aggio
SALE IN ZUCCA “ONLY THE BRAVE!” pag. 6 - 9
APERTA-MENTE Un giglio nel fango pag. 18 - 19
CADENDO DA CAVALLO... Coraggio, non abbiate paura, sono IO. pag. 14 - 15
SCIENZA DEI BOSCHI Cibi adatti alla Strada pag. 28 - 29
CAPITOLO
INCHIESTA
Sommario Carnet di Marcia • B - 2010 Parole all’immagine.........................................................3 Editoriale Il coraggio della normalità..............................................4 Sale in zucca “Only the brave”...............................................................6 Raoul Follereau...............................................................10 Io non ho paura...............................................................13 Cadendo da cavallo... infuocando il mondo Coraggio, non abbiate paura, sono IO.........................14
IMPRESA
Treppiedi, una proposta Coraggio: temerarietà o virtù........................................16 Apertamente Un giglio nel fango..........................................................18 Giocare il gioco Il tuo autoroscopo...........................................................20
RUBRICHE
Vita da Rover... vita da scolta Notte bianca con Paolo.................................................22 Che hai fatto al campo?.................................................24 Servizio in Abruzzo.........................................................25 Custodi della terra Fermate l’auto, voglio scendere...................................26 Scienza dei boschi Cibi adatti alla strada.....................................................28 Vita associativa Di più saremo insieme....................................................30 Piano redazionale 2009 - 2012........................................................................31 L’altracopertina Riflettendo sul… dolore.................................................32
SCOUT D’EUROPA Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo. Anno XXXIV • n. 5, maggio 2010 - Carnet di Marcia per Scolte e Rover Direttore Responsabile Giuseppe Losurdo Direttori Michela Bertoni, Gipo Montesanto REDAZIONE DI CDM Coordinamento redazionale Tullia Di Addario, Giorgio Sclip RESPONSABILI RUBRICHE • APERTAMENTE: Vania Ribeca, Martino Piovesan. • CADENDO DA CAVALLO...infuocando il mondo: Don Fabio Gollinucci e fra Basito. • SALE IN ZUCCA: Monica D’Atti, Aline Cantono di Ceva ed Elena Pillepich. • VITA DA ROVER, VITA DA SCOLTA: Elena Bratti, Paolo Morassi. • CUSTODI DELLA TERRA: Marco Fioretti. • SCIENZA DEI BOSCHI E OCCHIO!: Marco Fioretti. • TREPPIEDI, UNA PROPOSTA: Commissari di Branca • L’ALTRACOPERTINA: Giorgio Sclip In redazione anche Elena Bratti, Micaela Moro, Gipo Montesanto, Carla Palermo. Hanno collaborato in questo numero: Aline Cantono di Ceva, Tullia Di Addario, Giorgio Sclip, Don Fabio Gollinucci, Micaela Gentilucci, Nicola Pozzobon, Elena Pillepich, Gipo Montesanto, Vania Ribecca, Martino Piovesan, Marco Fioretti. Progetto grafico simone.salamone@email.it Direzione, Redazione e Amministrazione Via Anicia 10 • 00153 Roma Aut. del Tribunale di Roma n. 17404 del 29/09/1978 • Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/c, Legge 662/96 • Fil. di Padova ISSN 1127-0667 Stampa T. Zaramella - Selvazzano PD
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anoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione. Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi in questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte. Chiuso in Redazione marzo 2010
Ringraziamo tutti coloro che ci hanno scritto e che ancora non vedono pubblicato su questo numero il loro contributo! Tranquilli, sarete sul prossimo!! 2
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Parole all’immagine
“Molte volte più nelle cose piccole che nelle grandi si conoscono i coraggiosi.” [Baldassarre Castiglione]
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Editoriale Giorgio Sclip..................................................................................................
Il cor aggio della normalità È normale che esista la paura, in ogni uomo, l’importante è che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, altrimenti diventa un ostacolo che impedisce di andare avanti. (Paolo Borsellino)
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e penso alla parola coraggio, banalmente, mi balza agli occhi l’immagine di un salto nel vuoto – più in particolare, a voi posso confessarlo, la scena del cartone “Spirit” in cui il pellerossa e il suo cavallo, con un salto incredibile da una cima all’altra del Canyon, riescono a sfuggire ai soldati. Il loro comandante, dopo il salto, li guarda con rispetto e rinuncia a sparare riconoscendo in questo modo il loro valore. È inutile dire che io di solito non mi ritrovo a dover saltare sopra un abisso in groppa ad un
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cavallo selvaggio. Diciamo che invece mi capita di frequente di rinunciare ad attività più interessanti per guardare assieme ai miei figli un cartone animato. Onestamente, non credo però che un’attività di questo tipo, specie se protratta nel tempo, richieda meno coraggio... E sai perché? Perché mentre lo fai non hai l’impressione di compiere un’impresa memorabile, un’azione grande, che meriti rispetto da parte degli amici, conoscenti e più in generale della società. Anzi, è molto
facile, in questi pomeriggi, provare un misto di rassegnazione, autocommiserazione, noia, solitudine, a volte fastidio se magari contemporaneamente c’è una importante e bella partita sull’altro canale, oppure i tuoi amici sono impegnati negli stessi istanti in una fantastica avventura “che rimarrà nella storia”. Sia ben chiaro, non è che mi senta sempre così, ma, soprattutto quando sono stanco, c’è la tentazione a lasciarsi andare a pensieri di questo tipo. Voglio soffermarmi ora con voi su un altro
modo di vivere un pomeriggio del genere: scoprirne il lato divertente, accettarlo con ironia, guardare i miei figli mentre guardano a loro volta lo schermo incantati, pensare che la mia presenza al loro fianco è utile in questo momento della loro vita, gustarmi il presente e le piccole gioie che lo accompagnano sempre e comunque. Non credo che queste sensazioni siano tanto distanti da ciò che si può provare anche senza avere ancora l’impegno di una famiglia e dei figli. Anzi, qualcosa di simile può essere l’esperienza del servizio che svolgiamo nelle unità. Spesso il nostro lavoro ci pesa, ci sembra poco efficace, non ne vediamo i risultati, pensiamo a come potremmo passare il tempo invece di essere qui con il nostro incarico di servizio sul groppone. Altre volte, invece, riusciamo ad intuire la grandezza di ciò che stiamo facendo, siamo in grado di cogliere la bellezza dell’attimo che stiamo vivendo. È questo il grande salto che ci viene richiesto, e presuppone un grande coraggio, e sai perché? Perché generalmente nel mondo in cui viviamo ciò che viene prima è l’Io. Io con il Mio diritto di usare il Mio tempo per coltivare i Miei interessi, per occuparmi del Mio futuro, della Mia carriera, della Mia vita. Gesù invece ci propone un salto. Ci dice: cambia, apriti, non ci sei solo Tu, o meglio, Tu ci sei e sei importante, ma ci sono anche gli altri, i tuoi fratelli. E allora salta, non guardarti indietro, non aggrapparti a quella che alla fine è solo l’illusione di un Io felice e perfetto. Abbi il coraggio di saltare, di rischiare, di fare fatica, di metterti in discussione, di abbandonare la terra rassicurante sotto i tuoi piedi, mentre salti guarda il blu del cielo, punta in alto, e poi atterra di nuovo, ma su una terra nuova, magari sconosciuta, magari su un sentiero più impervio, per una vita ricca di senso, di impegno, per una vita che è dono. Giorgio Sclip B - 2010
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Sale in Zucca Aline Cantono di Ceva...................................................................................
“ONLY THE BR AVE!” Intervista a Gerry (ex-inquilino del Grande Fratello)
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Sei un concorrente del “Milionario”, arrivi alla domanda da 30.000 €… gli aiuti sono finiti: è stato già usato il 50/50, il parere del pubblico e la chiamata a casa… il presentatore esclama: “Only the brave!” (tradotto “va avanti solo chi ha coraggio”)… Tu che fai? Mi pare evidente: l’audacia è strettamente correlata al Rischio, ma anche alla Prudenza. Ci penso su un attimo: devo valutare bene le mie conoscenze e le mie forze e soprattutto se ne vale davvero la pena, cosa perdo e cosa guadagno… già perché il “coraggioso” non è chi si butta “a pesce” senza riflettere e solo per dimostrare di non essere vigliacco… Il “coraggioso” è qualcuno che usa la testa e, di fronte all’Ignoto e all’Incognita, è timoroso ma non terrorizzato, conosce i propri limiti ma è sollevato dal farsi portare a braccetto dalla Provvidenza. (Mi viene tanto la voglia di aprire un meraviglioso discorso sulla capacità, del “prode” credente, di riconoscere i segni della vicinanza di un Papà celeste che si prende cura dei suoi figli sussurrando loro “Fidati! Buttati!”… ma questa è una storia che va spiegata con calma e qui mi fermo). Personalmente ho la netta percezione di dover fare i conti con il mio “coraggio” quando mi ritrovo faccia a faccia con una difficile Decisione che mi obbliga ad una Scelta: “Prendere o lasciare”, “Carpe Diem”, “Ogni lasciata è persa”, “Ora o mai più”. Rifletto meglio, effettivamente non è affatto detto che suddetta virtù debba necessariamente 6
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uscir fuori quando si è con le spalle al muro… faccio mente locale… uh quanti esempi vengon fuori!: c’è il coraggio straordinario di Madre Teresa o di Gandhi che cambiano il mondo pur non essendo giganti forzuti e muscolosi; quello del marito-padre-nonno di Erba che perdona gli assassini senza essere obbligato a farlo; quello di sportivi come il pilota Alex Zanardi che affronta la fisioterapia dopo un incidente decisamente invalidante; quello di persone non note come la mia compagna di banco Federica che da adolescente incinta ha lottato per far nascere il suo bambino (oggi uno dei ragazzini più speciali che io conosca); o quello silenzioso di mio padre che, pur nella malattia, conservava l’allegria rifiutando il diritto di lamentarsi; c’è il coraggio di Giovanna (guarda CdM “Sogni”) che l’ha trascinata via da una situazione paludosa e del cavolo come la droga; dell’uomo che decide di sposare la sua amata in tempi dove è un vanto essere single; del Rover che si distacca dal gruppetto di teppistelli della sua classe per rimanere coerente con i suoi principi; della Scolta che rinuncia ad essere appariscente per restare se stessa… E poi c’è il coraggio di alzarsi tutte le mattine con la voglia di vivere, di affrontare la giornata, di sentire (con il cuore e non solo al telefono!) le persone e gli eventi… il che non è sempre così semplice come sembra... ne sa qualcosa Gerry, ex-inquilino della casa del Grande Fratello, cieco.
interviste •
Gerry, da vedente mi viene subito subito da chiederti: ma quanto coraggio ci vuole a vivere in un mondo dove gli ostacoli non li avverti se non quando ci sei letteralmente finito contro? A me, nei tuoi panni, il non poter “parare il colpo” destabilizzerebbe alquanto!
La grande differenza tra me e te è che io, essendo nato cieco, ho avuto la possibilità nel tempo di imparare ad accettare e convivere con questa mia situazione. Questo non vale per tutti coloro che sono ciechi, ma prima dell’essere cieco per me conta la persona con i suoi limiti e i suoi pregi. Sicuramente ci vuole coraggio e tanta forza di volontà ad affrontare e superare gli ostacoli della vita… ma gli ostacoli che intendo io sono più di tipo mentale che fisici. E poi con il tempo ci si abitua anche a trovare la propria modalità ad imparare a parare i colpi e reagire ai limiti superando giorno dopo giorno il timore e la paura di non farcela.
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Le situazioni nuove (tipo ambienti ma anche persone), che solitamente per chi ci vede sono fonte di eccitazione ed entusiasmo, per te immagino siano esperienze faticosissime non sapendo come muoverti e non potendo valutare lo sguardo di chi hai di fronte…
È vero che quando sei cieco come una talpa non puoi affidarti allo sguardo che sicuramente aiuta a cogliere subito chi hai di fronte. Però quando non vedi dalla nascita ti concentri più su gli altri sensi e presti molta più attenzione ai suoni, all’intonazione della voce, alle sensazioni tattili scaturite da una stretta di mano, dall’intensità di un abbraccio, ecc. Per mia natura non mi spaventa rapportarmi con persone e situazioni nuove, anzi sono incuriosito dalle nuove esperienze perché penso che dal confrontarsi con situazioni e persone diverse da me ho sempre tanto da imparare.
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Sale in Zucca
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Ho partecipato ad una delle tue cene nel buio: mi spiegavi che per creare l’oscurità assoluta nella sala di un ristorante, è capace che il personale addetto debba lavorare per un giorno intero, perché non basta chiudere le imposte delle finestre e spengere la luce… mi sono trovata con i miei amici in un ambiente sconosciuto, senza indicazioni che mi facessero capire dov’ero… non scontato il detto “sempli-
ce come bere un bicchier d’acqua”: vai un pò a trovare la bottiglia, il bicchiere e versare il liquido senza fare il bagno al tuo vicino!… quasi impossibile riuscire a fare una conversazione: chi mi è di fronte mi starà dando retta? Avrà capito che la domanda è rivolta proprio a lui? Forse se urlo mi sente meglio… insomma dopo un pò il caos totale!
Il bello e la straordinarietà della Cena nel buio è proprio questo: mettersi completamente in gioco privandosi per una sera del senso predominante della vista, tentando nel buio totale di risvegliare gli altri sensi, mettendo in gioco se stessi nel provare a compiere delle azioni normali come mangiare, bere, conversare, scambiarsi impressioni, ecc il tutto, però, senza af-
fidarsi e magari anche condizionarsi da quello che si vede, compreso il cenare senza vedere cosa si mangia, ma assaporandolo con il vero senso del gusto. La Cena nel buio è una sfida che ogni partecipante vive a proprio modo e quello che questa esperienza lascia è assolutamente molto soggettivo, come il modo di accostarsi all’iniziativa.
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interviste •
Cos’è il coraggio?
Personalmente penso che il coraggio sia la capacità di guardare i propri limiti e, dopo averli visti, tentare giorno dopo giorno di superarli per essere una persona migliore e vivere più in armonia con gli altri e con se stessi. Per fare questo ci vuole coraggio. Non tutti lo possiedono allo stesso modo. Spesso sono le situazioni e le avversità della vita che ci consentono di scoprire che in fondo il coraggio è una dote soggettiva. Tutti lo possediamo, pochi lo sanno utilizzare a gestire al meglio. In conclusione, la mia partecipazione
al GF9 come il primo concorrente disabile nella storia dei reality in Italia, ha comportato una forte dose di coraggio per decidere di affrontare una situazione nuova e tanto diversa dalle mie solite abitudini. Il coraggio più grande è stato per me sentire la voglia di confrontarmi, ancora una volta nella mia vita, con dei nuovi limiti fisici e con una bella dose di CORAGGIO! Esistono diverse forme di cecità: sicuramente io ne ho una, ma la mia non è di tipo mentale… alinecantono@libero.it
PS: una “cena nel buio” potrebbe essere un’attività molto interessante anche per Clans e Fuochi, per info, date e luoghi: www.cenanelbuio.com e per prenotazione chiamare il 388.4433311 B - 2010
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Sale in Zucca Elena Pillepich...............................................................................................
R aoul Follereau
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asce a Nevers, in Francia, il 17 agosto 1903 da una ricca famiglia di industriali. è stato un giornalista, filantropo e poeta francese. Nel 1918 incontra Madeleine Boudou, con la quale trascorrerà tutta la vita. Studia diritto e filosofia, si fa notare per le sue profonde convinzioni cattoliche, ma anche come poeta, giornalista e conferenziere. Nel 1935 seguendo, per interesse personale e come inviato speciale del giornale “La Nation”, le orme del missionario Charles de Foucauld, durante un safari in Africa viene a contatto per la prima volta con la terribile realtà dei lebbrosi. Questo incontro cambia la sua vita. Scioccato da ciò che ha visto, Follereau si reca in Francia per fare qualcosa per quei “sepolti vivi”, per coloro che chiama la “sottospecie umana condannata senza appello e senza amnistia”. Purtroppo, quando torna in Francia, l’Europa precipita nella catastrofe della Seconda Guerra Mondiale: quando Hitler entra a Parigi la polizia nazista comincia a rastrellare intellettuali e politici invisi al regime. Tra questi vi è anche Follereau che negli anni precedenti aveva attaccato il regime nazista scrivendo una serie di articoli con titoli quali “Hitler, l’Anticristo”. Il soldato Follerau si rifugia, così, come faranno in quel periodo molti degli uomini 10
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che costituiranno la resistenza francese, in un convento di suore alla periferia di Lione. Parlando però con madre Eugenia, superiora generale delle Suore Missionarie, recatasi in Costa d’Avorio e venuta anche lei in contatto con la realtà dei lebbrosi, Follereau decide allora cosa fare: esce dal convento, parte per una serie di conferenze in tutta la Francia, denunciano le condizioni dei lebbrosi e chiedendo fondi a chi è disposto a dargli una mano. Nel 1942, in piena guerra, lancia l’iniziativa di solidarietà L’ora dei poveri. Follereau continua la sua “crociata” nei duri anni successivi, mentre la guerra infuria. Nel 1946 lancia il Natale del Padre de Foucauld e fonda L’Ordine della Carità che diverrà in seguito la Fondazione Raoul Follereau. Nel 1953 con i soldi raccolti nei suoi giri di conferenze viene finalmente inaugurata ad Adzopé (Costa d’Avorio) la città dei lebbrosi con laboratori, radio, cinema, e tante piccole case al limitare della foresta. I primi malati escono così dall’emarginazione in cui da secoli erano tenuti, milioni di altri li seguiranno. Rendendosi conto che la realtà dei lebbrosi del mondo è molto maggiore di quella vista a Adzopé, Follereau decide di compiere il giro del mondo, per la prima ma non ultima volta nella sua vita. Dall’Africa all’Asia, passando per le isole dell’Oceano indiano, in tre anni Raoul si rende conto di quanto sia enorme e terribile il problema dei lebbrosi a livello mondiale “Nel secolo XX del Cristianesimo ho trovato lebbrosi in prigione, in manicomio, rinchiusi in cimiteri dissacrati, internati nel deserto con filo spinato attorno, riflettori e mitragliatrici. Ho visto le loro piaghe brulicare di mosche, i loro tuguri infetti, i guardiani col fucile. Ho visto un mondo inimmaginabile di orrori, di dolore, di disperazione” (R.Follereau). Tornato in Francia, grida al mondo la rabbia e lo sdegno che lo pervadono: inizia
così a tenere conferenze, manifestando la sua ira su giornali e libri; contemporaneamente compie l’equivalente di ben trentuno volte il giro del mondo per raccogliere fondi per curare i malati di lebbra. Nascono altre iniziative, come la “giornata del lebbroso”, i “soccorsi urgenti” e la “scarpetta del lebbroso”, che ogni bambino può mettere al camino sotto Natale. Rendendosi conto che questa malattia non sarà mai vinta fino a quando milioni di persone saranno colpite dalla povertà, dallo sfruttamento, dalla guerra, allarga il discorso a quelle che lui chiama le “altre lebbre”: l’indifferenza, l’egoismo, l’ingiustizia. Scrive ai capi di stato, propone lo sciopero dell’egoismo, denuncia, senza riguardi per nessuno, l’ingiustizia e l’ipocrisia in altre decine di scritti e altre migliaia di conferenze. Promuove nel 1954 la Giornata mondiale dei malati di lebbra, celebrata tuttora in 150 paesi. Tra il 1964 e il 1969 anima la campagna “il costo di un giorno di guerra per la pace”, rivolta all’ONU, a cui aderiscono 4 milioni di giovani in 125 paesi. Chiede invano ai leader di USA e URSS di donare i soldi che spendono in una giornata della guerra in Vietnam, o ancora quelli che spendono per costruire un bombardiere. Nel 1963, per il suo sessantesimo compleanno, chiede sessanta autoambulanze per i lebbrosi del mondo, ottenendone 104. Raoul Follereau si spegne il 6 dicembre 1977 a Parigi: nella sua lunga attività in favore dei lebbrosi è riuscito a guarirne circa un milione, ha percorso due milioni di chilometri e raccolto e distribuito ai malati milioni di dollari. Gli insegnamenti e l’esempio, attraverso il suo stesso linguaggio, sono riproposti nei numerosi libri che ha scritto, il più famoso dei quali è Le livre d’amour, pubblicato nel 1920 quando l’autore aveva solo 17 anni, diffuso in 10 milioni di copie e tradotto in 35 lingue. La sua opera continua a vivere e rinnovarsi nel lavoro di decine di organizzazioni che portano il suo nome. In Italia, l’opera di Raoul Follereau a favore dei malati di lebbra e del Sud del Mondo è
continuata dall’AIFO - Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau
Ed ecco il suo Testamento: Giovani di tutto il mondo, o la guerra o la pace sono per voi. Scrivevo, venticinque anni fa: “O gli uomini impareranno ad amarsi e, infine, l’uomo vivrà per l’uomo, o gli uomini moriranno. Il nostro mondo non ha che questa alternativa: amarsi o scomparire. Bisogna scegliere. Subito. E per sempre. Ieri, l’allarme. Domani, l’inferno. I Grandi – questi giganti che hanno cessato di essere uomini – possiedono, nelle loro turpi collezioni di morte, 20.000 bombe all’idrogeno, di cui una sola è sufficiente a trasformare un’intera Metropoli in un immenso cimitero. Ed essi continuano la loro mostruosa industria producendo tre bombe ogni 24 ore. L’Apocalisse è all’angolo della strada. Ragazzi, Ragazze di tutto il mondo, sarete voi a dire “NO” al suicidio dell’umanità. “Signore, vorrei tanto aiutare gli altri a vivere”. Questa fu la mia preghiera di adolescente. Credo di esserne rimasto, per tutta la mia vita, fedele… Ed eccomi al crepuscolo di una esistenza che ho condotto il meglio possibile, ma che rimane incompiuta. Il Tesoro che vi lascio, è il bene che io non ho fatto, che avrei voluto fare e che voi farete dopo di me. Possa solo questa testimonianza aiutarvi ad amare. Questa è l’ultima ambizione della mia vita, e l’oggetto di questo “testamento”. [...] Proclamo erede universale tutta la gioventù del mondo. Tutta la gioventù del mondo: di destra, di sinistra, di centro, estremista: che mi importa! Tutta la gioventù: quella che ha ricevuto il dono della fede, quella che si comporta come se credesse, quella che pensa di non credere. C’è un solo cielo per tutto il mondo. Più sento avvicinarsi la fine della mia vita, più sento la necessità di ripetervi: è amando che noi salveremo l’umanità. E di ripetervi: la più grande disgrazia che vi possa capitare è quella di non essere utili a nessuno, e che la vostra vita non serva a niente. Amarsi o scomparire. Ma non è sufficiente inneggiare a: “la pace, la pace”, perché la Pace cessi di disertare la terra. Occorre agire. A forza di amore. A colpi di amore. I pacifisti con il manganello sono dei falsi combattenti. Tentando di conquistare, disertano. Il Cristo ha ripudiato la violenza, accettando la Croce. Allontanatevi dai mascalzoni dell’intelligenza, come dai venditori di fumo: vi condurranno su straB - 2010
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Meritate la felicità di amare il vostro dovede senza fiori e che terminano nel nulla. re. E poi, credete nella bontà, nell’umile e Diffidate di queste “tecniche divinizzate” sublime bontà. Nel cuore di ogni uomo ci che già San Paolo denunciava. Sappiate sono tesori d’amore. Spetta a voi, scoprirli. distinguere ciò che serve da ciò che sottoLa sola verità è amarsi. Amarsi gli uni con mette… Siate ricchi della felicità degli algli altri, amarsi tutti. Non a orari fissi, ma per tri. Rimanete voi stessi. E non un altro. Non tutta la vita. Amare la povera gente, amare le importa chi. Fuggite le facili vigliaccherie persone infelici (che molto spesso sono dell’anonimato. Ogni essere umano ha dei poveri esseri), amare lo sconosciuto, un suo destino. Realizzate il vostro, con gli “se non ci amiamo, amare il prossimo che è ai margini della occhi aperti, esigenti e leali. Niente dimici distruggiamo” società, amare lo straniero che vive vicinuisce mai la dimensione dell’uomo. Se no a voi. Amare. Voi pacificherete gli uovi manca qualcosa nella vita è perché non mini solamente arricchendo il loro cuore. avete guardato abbastanza in alto. Tutti [...] Testimoni troppo spesso legati al deterioramento di questo simili? No. Ma tutti uguali e tutti insieme! Allora sarete degli secolo (che fu per poco tempo così bello), spaventati da questa uomini. Degli uomini liberi. Ma attenzione! gigantesca corsa verso la morte di coloro che confiscano i noLa libertà non è una cameriera tuttofare che si può sfruttare stri destini, asfissiati da un “progresso” folgorante, divoratore impunemente. Né un paravento sbalorditivo dietro il quale si ma paralizzante, con il cuore frantumato da questo grido “ho gonfiano fetide ambizioni. La libertà è il patrimonio comune fame!” che si alza incessante dai due terzi del mondo, rimane di tutta l’Umanità. Chi è incapace di trasmetterla agli altri è solo questo supremo e sublime rimedio: ESSERE VERAMENTE indegno di possederla. Non trasformate il vostro cuore in un FRATELLI. Allora… domani? Domani, siete voi. ripostiglio; diventerebbe presto una pattumiera. Lavorate. Una delle disgrazie del nostro tempo è che si conRaoul Follerau sidera il lavoro come una maledizione. Mentre è redenzione.
In Italia l'AIFO - Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau opera, dal 1961, ispirandosi al suo pensiero e alla sua opera. Dal 1986 l'AIFO, ogni anno, assegna il Premio sul campo Raoul Follereau che segnala storie di uomini e donne che hanno trasformato ideali e valori in energia, azioni, esperienze. Come diceva Follereau “Un'idea che non diventi immediatamente energia, è un'utopia”. Il Premio segnala persone che hanno trasformato realtà e che, con le loro storie, dimostrano che ciascuno può essere agente di cambiamento. Trai i Premi Raoul Follereau si segnalano: Dom Helder Camara (Brasile); Abbè Pierre (Francia); Albert Tèvoedjrè (Benin); Dom Samuel Ruiz (Messico); Padre Renato Kizito Sesana e I Nuba (Sudan). Per approfondire potete visitare questi siti:
• www.aifo.it (Associazione italiana amici di Roul Follereau) • www.atma-o-jibon.org/italiano4/rit_rouiller1.htm
(Jacques Rouiller - "Avvenire", 2/12/’07 - Trascrizione parziale di un’intervista rilasciata da Raoul Follereau il 28 gennaio 1968 a "Tsr" (la tv svizzera romanda e mai tradotta in italiano.)
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Sale in Zucca Monica D’Atti.................................................................................................
Io non ho paur a
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he bello sarebbe poter dire sempre questo nella nostra vita: “Io non ho paura”. Come quel ragazzino del libro e del film omonimo. Il suo passare leggero tra l’omertà e il timore degli adulti per scoprire, incontrare e alla fine liberare il suo coetaneo rapito e imprigionato. Una mancanza di paura data dal sentire che quello che stava facendo era giusto. La verità più forte della paura, vissuta con la semplicità dell’adolescenza, quando tanti meccanismi di autotutela e di convenzioni sociali non sono ancora scattati, permettendo ancora il cammino verso una responsabilità nuova, più reale. Che bello sarebbe poter dire sempre questo nella nostra vita: “Io non ho paura”. Come le Aquile Randagie, gli scout che sotto il fascismo si ribellarono alla dittatura e continuarono di nascosto, in clandestinità, a fare attività scout. E che nell’ultimo periodo, quando tutto divenne più difficile e pericoloso, si gettarono, senza paura, nell’impresa di portare attraverso le montagne ebrei e ricercati politici perché potessero salvarsi in Svizzera. L’amore per la libertà più forte della paura. Che bello sarebbe poter dire sempre questo nella nostra vita: “Io non ho paura”. Come i tanti martiri cristiani morti solo perché seguaci di Cristo e che hanno deciso di non rinnegare ciò in cui credevano; uccisi 2000 anni fa, uccisi ancora oggi nei mille luoghi dell’odio tra i popoli. La fede più forte della paura di morire. Che bello sarebbe poter dire sempre questo
nella nostra vita. Come ci disse con voce forte quel giorno di ottobre Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato. Quella frase che tutti noi abbiamo sentito vibrare nei nostri cuori e smuovere l’anima, anche se non eravamo lì quel giorno: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”. Un appello che rimbalza nei secoli, che nasce secoli fa. Non abbiate paura, ci dice Gesù, non abbiate paura di chi uccide il corpo, ma solo di chi uccide l’anima; non abbiate paura. Che bello sarebbe poter dire sempre questo nella nostra vita: “Io non ho paura”. Come tutti noi che abbiamo una grande paura, che abbiamo paura di tutto e giorno dopo giorno cerchiamo di vincerla. La paura nei rapporti umani, la paura di non farcela a fare qualcosa o ad essere qualcuno; la paura di non essere all’altezza, di essere giudicati, di non essere amati. Paura del più forte e violento, del più potente. E poi con il tempo, se riusciamo a crescere, nella nostra testa prende sempre più forza e coscienza che tutte le paure si possono vincere e che la paura non porta da nessuna parte. E piano piano capiamo che solo una paura dovrà rimanere e che solo quella ci potrà salvare: la paura di perdere Dio. Allora, quando avremo distillato tutto e ci rimarrà quest’ultima e sola paura, potremo gridare con forza: “Io non ho paura”. Monica D’Atti
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Cadendo da Cavallo... don Fabio Gollinucci......................................................................................
Coraggio, non abbiate paura, sono IO. Luca, cap. 8, 19 - 25 E andarono da lui la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: “Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti”. Ma egli rispose loro: “Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”. E avvenne che, uno di quei giorni, Gesù salì su una barca con i suoi discepoli e disse loro: “Passiamo all’altra riva del lago”. E presero il largo. Ora, mentre navigavano, egli si addormentò. Una tempesta di vento si abbatté sul lago, imbarcavano acqua ed erano in pericolo. Si accostarono a lui e lo svegliarono dicendo: “Maestro, maestro, siamo perduti!”. Ed egli, destatosi, minacciò il vento e le acque in tempesta: si calmarono e ci fu bonaccia. Allora disse loro: “Dov’è la vostra fede?”. Essi, impauriti e stupiti, dicevano l’un l’altro: “Chi è dunque costui, che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono?”.
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o stile comunicativo di Gesù rivela la sua volontà di non indottrinare gli ascoltatori ma di portarli alla conoscenza profonda e all’adesione libera. Il Vangelo è come un amico che vuole condividere con me qualcosa di bello che gli è capitato: il suo racconto risveglia in me sentimenti e desideri, mentre nascono domande dal profondo del cuore che mi mettono in atteggiamento di ricerca e anche in crisi. Per rispondere alla domanda più importante del Vangelo, “Chi è costui?”, è necessario un gesto di 14
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grande coraggio. Infatti non è possibile conoscere Gesù senza prima liberarsi delle false immagini di Dio, che si sono accumulate nel corso della vita e senza rinunciare a dare per scontato che l’idea di Dio che è al momento presente in me, sia quella giusta. L’evangelista Luca ci offre la testimonianza personale e della sua comunità
infuocando il mondo che è possibile un incontro forte e autentico con il Cristo vivo. Nel racconto evangelico è contenuta la via nuova per passare dalla paura paralizzante al coraggio liberante, frutto dello Spirito nell’uomo che si decide a “provare”. Il primo gesto coraggioso richiesto è quello di ascoltare veramente chi sta parlando. Se questa è la condizione indispensabile per la verità di qualunque relazione umana, lo è ancora di più per la Parola di Dio. Ascoltare veramente significa obbedire, cioè lasciar entrare dentro al proprio cuore quello che l’altro mi sta donando; sintonizzarsi sul cuore dell’altro e sulle sue intenzioni per accogliere e condividere quella parte-di-sè che vuole comunicare. Il coraggio consiste allora nel
fare silenzio e creare uno spazio sufficiente per permettere l’incontro. Per Gesù la vera e nuova relazione materna e fraterna nasce dall’ascolto profondo, attraverso il quale viene trasmessa la forza di vivere (mettere in pratica) quanto l’altro ha comunicato. Nel cammino con Cristo, il passo successivo all’ascolto/obbedienza richiede ancora più coraggio: una volta accolto Gesù (sulla propria barca) è necessario rimanervi e continuare a credere anche se lui sembra assente perché dorme. La sua fiducia lo rende tranquillo ed affidato al Padre anche nel mezzo della tempesta. La nostra poca fede, invece, ci fa entrare nella paura e angoscia; non siamo ancora pronti ad affrontare la fatica della vita e della morte con Lui che ha detto di voler rimanere sempre con noi. Il coraggio di credere è dunque l’unica possibilità che ci viene data per un vero incontro che non si limiti alla conoscenza superficiale o allo scambio di idee. Il rischio della fede richiede non tanto un coraggio eroico, fatto di gesti eccezionali, quanto la fedeltà di ogni giorno e di ogni gesto alla Parola di misericordia del Padre, alla sua volontà assoluta di rimanere comunque con noi e di condividere la gioia di educare altri ad affidarsi a Dio senza riserve. don Fabio Gollinucci
PER NOI OGGI QUESTO VANGELO sul lago? lma/vince la tempesta ca e ch sù Ge di to on cc aver ascoltato il ra • Io come reagisco dopo interviene? “tempeste”? perchè? dre che proprio in esse • Io come reagisco alle Pa l sta”? de a” nz se re “p la ando sono nella “tempe cogliere a qu o e sc ch rie an , e” st ?” pe ui st em co “t è i e • Nell manda “Ma ch sta io posso dare alla do po ris e al qu a: lor al E • a”? perchè? , siamo “nella tempest • Noi, come comunità tra risposta di vita? • Qual è la Mia/Nos B - 2010
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Treppiedi... Michela Bertoni.............................................................................................
Cor aggio: temer arietà o virtù?
Q
uando pensiamo alla parola coraggio ci viene semplice pensare agli eroi, alle persone che hanno fatto cose straordinarie, gesti al limite delle loro forze. Forse per questo la parola coraggio tendiamo talvolta a relegarla ad un’altra epoca storica, o ad un’altra parte del mondo, costruendoci un alibi incrollabile. La parola coraggio invece può essere più diffusa di quanto non crediamo, ed appartenerci più di quanto non immaginiamo, se proviamo a valutare criticamente il percorso che stiamo vi-
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vendo in Fuoco o in Clan. Una cosa che mi viene da dire spontaneamente è che al coraggio ci si deve auto-educare con progressione: ad ogni età ciascuno si deve abituare al confronto con le proprie paure: il bambino quelle dei bambini, gli adolescenti con le proprie, Scolte e Rover con le loro. Anche gli adulti ne hanno. Piano piano, un passo alla volta, ma sempre avanti. Ma come si fa ad essere forti di fronte alle paure, ai dubbi, alle circostanze? Un consiglio che mi permetto di dare è che se il coraggio è frutto della pro-
una proposta fondità di un animo che sa ascoltare la propria coscienza, allora devo imparare a voler vedere chiaramente… Proviamo a confrontarci con queste frasi:
“Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa questo, evita quest’altro.” [*]
Quindi se tu sei abituata a guardarti dentro, a lasciar parlare Dio almeno nella tua coscienza riesci ad attingere forza da questi momenti per fare scelte, adottare comportamenti coraggiosi (per qualcuno anche folli).
C’è un coraggio che lo scout deve coltivare: quello civile, quello connesso non a qualcuno da combattere, ma ad un patrimonio comune di leggi e norme da conoscere e difendere perché garantiscono la libertà, la giustizia e la possibilità di vivere la vera fraternità, che consente “a per-
sone che sono eguali nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali di esprimere diversamente il loro carisma ed il loro piano di vita”* . [*]
[* Gaudium et spes]
È la consapevolezza di avere il diritto, ma anche il dovere, di conservare e promuovere la propria dignità di persona umana e di cittadino, e di essere chiamato a difenderla da chi la nega a te ma anche ai più deboli. In Fuoco ti senti rispettata, amata per quello che sei, ti senti immersa in una Comunità che ha a cuore la tua crescita, il tuo bene, all’interno di regole uguali per tutti, che ti spronano a tirare fuori il meglio. E puoi fare il “salto” per capire che cos’è il bene comune, di cui sarai chiamata ad occuparti sempre: il bene comune non sono le cose (o meglio non solo), ma le persone. Se penso a questo tipo di coraggio, non posso non pensare alle Aquile Randagie: a come non hanno ceduto di fronte alle limitazioni alle attività scout imposte dal fascismo perché avevano capito che ciò che veniva imposto con le regole era contrario allo sviluppo della persona, ed alla sua dignità di figlio di Dio. Lo scoutismo ti educa al rispetto degli altri ed alla libertà, e le restrizioni imposte all’epoca non andavano in questa direzione, anzi, ne erano all’opposto. La storia è piena di esempi di persone che non hanno imbracciato le armi ma, sempre con civiltà e mitezza, hanno difeso i valori della persona, ciascuno a proprio modo e nel proprio ambito, pensando non di fare qualcosa di memorabile ma solo qualcosa di giusto e necessario: Gandhi, nella lotta politica per l’indipendenza ma con la non-violenza, Rosario Livatino nella giustizia, Anna Politkovskaja nel giornalismo. L’elenco è grande, davvero grande, per fortuna, e tanti, anche se non sono volti e nomi conosciuti, sono persone altrettanto preziose, come possiamo essere anche oggi tutti noi. Invitati ad essere meno eroe e più “buon cittadino”.
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Apertamente Vania Ribeca & Martino Piovesan..................................................................
un giglio nel fango Nel 1985 Giancarlo Siani venne ucciso con dieci colpi di pistola. Aveva 26 anni.
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aceva il giornalista, o meglio era praticante, abusivo, come amava definirsi. Lavorava per “Il Mattino”, prima da Torre Annunziata e poi da Napoli, per le pagine di cronaca nera. Era un ragazzo allegro che amava la vita e il suo lavoro e cercava di farlo bene. Aveva il difetto di informarsi, di verificare le notizie, di indagare sui fatti. È stato un giornalista ucciso dalla camorra. Nel film Fortapasc possiamo seguire gli ultimi quattro mesi della sua vita. La sua ultima estate quando, dal Vomero, dove abitava, tutti i giorni scendeva all’inferno di Torre Annunziata, regno del boss Valentino Gionta. Tutto, in quel periodo, ruotava intorno agli interessi per la ricostruzione del dopo terremoto e Giancarlo vedeva. E capiva. Lo vediamo muoversi fra camorristi, politicanti corrotti, magistrati pavidi e carabinieri impotenti, come un giglio
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nel fango. Proprio la sera in cui venne ucciso, a Napoli, Vasco Rossi teneva un concerto al quale Giancarlo sarebbe dovuto andare con la sua ragazza…” Questa che vi abbiamo appena descritto è la trama del film che vogliamo segnalarvi in questo numero per riflettere insieme su quale sia il significato concreto del CORAGGIO. Ci ha colpito la definizione che danno del protagonista di questa triste storia (VERA): come un giglio nel fango. È una simbologia perfetta per uno scout, è una simbologia perfetta per il CORAGGIO. Dovremmo vedere ogni giorno intorno a noi distese di gigli, respirarne il profumo, goderne la bellezza. E invece la mediocrità dei vigliacchi, dei piccoli uomini e delle piccole donne, spazza via i fiori ed infanga e si sa quanto è faticoso camminare con i piedi nel fango. Giancarlo Siani ha vissuto la sua vita all’insegna
della verità, ha sfidato il male più grande della sua terra, la criminalità organizzata, che in Italia, quasi come un piatto tipico, cambia nome a seconda delle regioni in cui si manifesta: camorra, mafia, ‘ndrangheta, sacra corona unita… Ma guardando questo film capirete che c’è una criminalità organizzata peggiore di tutte quelle che abbiamo citato, ben più pericolosa fino a diventare mortale: l’INDIFFERENZA. Il 10 giugno 1985 Giancarlo Siani firmò l’articolo sul quotidiano “Il Mattino” che decretò la sua condanna a morte. Nell’articolo metteva nero su bianco i nomi ei cognomi dei responsabili della rovina della sua terra. SENZA PAURA. Giancarlo nella sua giovane e purtroppo breve carriera, ha scritto di camorra, mala politica, malaffare, droga, brutture che ha raccontato con la voce di chi non ha voluto che il vuoto e il silenzio pre-
dominassero. Con il CORAGGIO di chi crede ancora che le cose possono cambiare, che abbiamo il dovere di cambiare. Impegnamoci a mettere il coraggio nelle nostre azioni quotidiane, nelle nostre piccole scelte. Faranno grande la nostra vita. Non pensiamo alla storia di Giancarlo Siani, a qualcosa di lontano da voi… per fare quello che ha fatto, ha cominciato dalle piccole cose ed ha trovato la forza per sfidare i giganti del male. Ha pagato con la vita, ma se qualcuno gli avesse teso la mano, se qualcuno avesse ascoltato il suo grido, se qualcuno avesse condiviso le sue verità, non sarebbe stato solo. Anche Gesù portò la verità, eppure un’umanità senza coraggio ha lasciato che venisse crocifisso. La verità è scomoda, ma ci renderà liberi. La sfida più grande è cercarla e difenderla.
Fortapàsc è un film del 2009, diretto da Marco Risi, sulla breve
sulle alleanze dei camorristi torresi con i reggenti di altri clan della Campania e scopre vaste aree di corruzione e connivenze tra politici e criminalità organizzata. Nonostante le minacce più o meno velate della classe politica locale, Siani continua nella sua inchiesta , in special modo dopo la “strage del circolo dei pescatori”. I suoi articoli però infastidiscono
esistenza e la tragica fine del giornalista Giancarlo Siani, interpretato da Libero De Rienzo. Tra gli altri interpreti, Valentina Lodovini, Michele Riondino, Ennio Fantastichini, Ernesto Mahieux, Daniele Pecci, Gianfranco Gallo, Massimiliano Gallo. Occupandosi di “cronaca nera” e di omicidi di camorra, il giornalista incomincia ad indagare
LINK UTILI: http://www.giancarlosiani.it/ http://www.comingsoon.it/video.asp?key=47241|2212
particolarmante i boss camorristi della zona, mettendone in crisi le alleanze. Così, dopo esser stato trasferito a Napoli, in un summit di camorra viene decisa la condanna a morte di Siani, che viene ucciso sotto casa della sua fidanzata, il 23 settembre del 1985. L’omicidio avviene nel quartiere residenziale del Vomero, quando Siani ha solo 26 anni. Il motivo dell’esecuzione è l’aver trattato delle manovre della criminalità organizzata sulla politica e l’edilizia nei dintorni del Vesuvio. B - 2010
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Giocare il Gioco a cura del Mago G.........................................................................................
Il tuo autoroscopo Per diventare Qualcuno. Per fare della tua vita qualcosa di bello. Per iniziare e portare avanti grandi cose. Cose che cambiano il mondo. Un segreto: conosci te stesso. Sì, ma come? Leggi quanto segue e lo scoprirai...
P
er conoscere i segreti del tuo autoroscopo rispondi alle domande qui di seguito (non di fretta, ma sforzandoti di rispondere a ciascuna delle domande con un sì o con un no). Se hai potuto rispondere lealmente almeno 8 volte su 10 con un “SÌ”, allora possiedi molto bene la qualità di cui si tratta. Se hai da 5 a 7 “SÌ” possiedi solo benino tale qualità. Se hai 6 o più “NO” è perché scarseggia veramente. Nessuna esitazione allora. Mettiti presto a coltivare, per almeno un mese, o anche di più se necessario, questa famosa qualità.
Coloro che sanno osare. Tu sai benissimo che sanno osare coloro che sono “coraggiosi”. Sono certo che anche tu sei fra questi. Ma sarebbe meglio che verificassi. Perciò leggi bene queste domande e sforzati di rispondervi con un “sì” o con un “no”.
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Mi alzo subito quando vengo chiamato?.................................................................................................□ Quando vado a scuola/università/lavoro mi sbrigo anziché trascinarmi?............................................□ Mangio di tutto, anche quando non è proprio di mio gradimento?.......................................................□ Ho la forza di staccarmi dal PC/videogame quando è l’ora di lavorare?...............................................□ Gioco con passione? ...............................................................................................................................□ Faccio dei servizi in casa senza che si debba continuamente spronarmi?...........................................□ So sorridere abitualmente anche quando non ne avrei voglia?.............................................................□ Evito di lamentarmi anche solo per un semplice mal di testa o per una indisposizione?.....................□ Ho il coraggio di dire la verità anche quando ho commesso un errore?...............................................□ Ho il coraggio di confessare, senza coprirli, i difetti di cui provo vergogna?.....................................................□
Numero dei “SÌ”: ... Sostituendo i “NO” con dei “SÌ” diventerai: -.-. | --- | .-. | .- | --. | .. | --- | ... | --20
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SI □ SI □ SI □ SI □ SI □ SI □ SI □ SI □ SI □ SI □
NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO
Con un pò di CORAGGIO prova a leggere questa “nuvola di parole”. È stata generata grazie al sito www.wordle.net. Il concetto di base è molto semplice: si prende un testo più o meno lungo, le parole più ripetute sono scritte più grandi e quelle meno ustilizzate sono scritte più in piccolo o addirittura non ci sono. Solo chi avrà aguzzato lo sguardo ed avrà “acceso” qualche neurone in più si sarà reso conto che il testo di partenza è proprio questo numero di CdM sul coraggio! Prendi una penna e scrivi qui di seguito: Le 3 parole più piccole che avresti pensato di trovare fra le più grandi: ______________, _______________, ______________ Le 3 parole più grandi che avresti pensato di trovare fre le più piccole: ______________, _______________, ______________ Ad esempio, hai trovato le parole “scout”, “scolta”, “rover”? Prova anche tu a creare la tua nuvola di parole con i testi che preferisci!
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Vita da Rover... Giulia.............................................................................................................
Notte Bianca con Paolo sui passi della… Libertà
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vrei potuto iniziare con una citazione di San Paolo, ma ad essere sincera San Paolo è stata solo un’ombra nella mia “notte romana”. Per me, che non ho dio, ma che prego instancabilmente l’intelligenza e il cuore degli uomini, il pellegrinaggio a Roma è stato un cammino tra gli uomini e, soprattutto, verso gli uomini. Prima di tutto perché le meraviglie di Roma sono un monumento senza età alla grandez22
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za dell’uomo. Generazione dopo generazione, ogni epoca ha lasciato un frammento concreto della sua essenza: ho respirato la nostalgia delle rovine dell’impero attraversando le mura aureliane e i Fori fino al Colosseo, ho pensato alla malinconia di Foscolo di fronte ai timpani sgretolati che si affacciano lugubri sulla via Appia, sono rimasta sconcertata dalle colonne enormi della basilica di San Paolo tra cui ho intravisto l’alba.
vita da Scolta
Giulia ha voluto condividere con noi una riflessione intelligente, ben scritta e coraggiosa: non è da tutti dichiarare l’assenza di Dio nella propria vita su una rivista come C.d.M., le cui scelte in fatto di fede sono decisamente chiare e continuamente sollecitate, ma C.d.M. è anche questo!
E camminando tra le tracce millenarie del passaggio dell’uomo, camminando in mezzo ad amiche che credo di conoscere ormai da una vita, mi sono guardata indietro e ho sbirciato il futuro. Ho avuto modo di riflettere sul Servizio, questa parola che, per la sua straordinaria duplicità, si rivela tanto vicina e concreta, così come a volte è lontana e astratta. Ho realizzato che, diamine, ce n’ho messo di tempo per raggiungere la consapevolezza che
è ciò che stavo cercando da anni! A Roma mi sono chiesta che cosa voglio fare... e sempre a Roma mi sono risposta “Del mio meglio per Servire”. Eppure è stata dura e sarà dura la Strada per realizzare pienamente questo intento, perché è come remare controcorrente, perché siamo nell’epoca della libertà DI, quando la vera libertà, mi insegna il caro vecchio Seneca, è la libertà DA... DA che!?! La libertà da queste mode ridicole, la libertà dalle centinaia di contatti e richieste di “amicizia” dei social network, la libertà dalle persone che si prendono gioco di noi, la libertà dal mito della realizzazione professionale OVVIAMENTE proporzionale al conto in banca, la libertà dai falsi stereotipi sul sesso, ma soprattutto la libertà dall’egoismo. Insomma, se proprio ci deve essere una libertà DI, che sia almeno quella di crescere e vivere come un essere umano con una sua coscienza consapevole e dignitosa, che abbia la forza di lavorare instancabilmente per arricchire se stesso e l’umiltà di donare agli altri il suo tesoro, spirituale e materiale. Non ho voluto iniziare con una citazione di San Paolo, ma voglio concludere con le parole di Seneca, che gli era contemporaneo: non tutti sanno che nel medioevo si favoleggiava addirittura di un’amicizia tra i due, data la somiglianza di molte delle loro idee. Sulla questione della schiavitù, il filosofo scrive: “Mostrami chi non lo sia: alcuni sono schiavi della libidine, altri dell’avidità, altri ancora dell’ambizione, tutti siamo schiavi della speranza, tutti siamo schiavi del timore. Ti porterò come esempio l’ex-console che si mette al servizio della vecchietta, ti porterò l’esempio del ricco che si sottomette alla servetta, ti mostrerò ragazzi nobilissimi diventati schiavi dei saltimbanchi: nessuna schiavitù è più vergognosa di quella volontaria”. Giulia - Fuoco “Astro del Mattino” Chiaravalle - Marche B - 2010
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Vita da Rover... Marco Lisa.....................................................................................................
Che hai fatto al campo?
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na delle tante domande a cui non so dare una risposta ben precisa è: “che hai fatto al campo?”. Spesso capita che quando mi viene posto un interrogativo del genere iniziano a passarmi per la mente tutti i momenti vissuti, le attività svolte, i volti incontrati, i saluti ricambiati... ed è in quel momento che mi chiedo in che modo posso far capire fino in fondo tutto questo mix di momenti, sensazioni ed emozioni da poco vissute. Spiegare solo a parole come si parta carichi da un bivio sapendo che dovremmo affrontare strade in salita e percorsi non facilissimi, per arrivare alla meta stremati dalla stanchezza, far comprendere quanta soddisfazione si ha a fine giornata è molto riduttivo. Far capire le sensazioni provate all’ennesimo “Quanto manca???”, “L’ultima curva e arriviamo!”, dopo avere camminato per molto tempo sotto la pioggia (odiando il poncho perché tanto tra la pioggia e la condensa ero bagnato ugualmente dalla testa ai piedi) ma, nonostante ciò, si scherzava e si cantava comunque tutti insieme come se ci fosse il sole, poterlo trasmettere solo a parole, dicevo, è molto poco… Esprimere a parole le sensazioni che suscitano i momenti di Comunità e di spiritualità vissuti
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insieme agli altri Rovers, tuoi fratelli, i meravigliosi scorci di natura che ammiriamo durante il cammino o le stelle che vegliano con noi durante la notte è davvero molto difficile; far capire come certe cose rimangano dentro e facciano riflettere, una volta tornati a casa, sulla scelta fatta di essere Rover è davvero impossibile. Chi non vive tutto questo forse potrebbe pensare che la vita di Clan sia vivere fuori dalla società oppure complicarsi le giornate lontano dalle proprie case, dalle proprie comodità; ma nello spiegare che stare la sera attorno ad un fuoco ed indossare il mio fazzolettone mi basta per sentirmi a casa, forse riesco a far comprendere quanto di più bello il Roverismo possa dare. Marco Lisa Clan Emmaus – Palermo 12
vita da Scolta Federica.........................................................................................................
Servizio in abruzzo
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a prima cosa che mi è venuta in mente pensando al tema di questo numero di CdM sono stati i volti delle tante persone incontrate a L’Aquila quest’estate... Volti arrossati dal sole, e grandi occhi pieni di vita. Occhi che avevano visto case crollare, che avevano pianto lungamente, occhi che, dopo tutto, avevano trovato nuovo coraggio per brillare... Quanta fatica sarà costata loro tornare a sorridere? Ci vuole, forse, più coraggio per questo, piuttosto che per lanciarsi nel vuoto senza paracadute. Ci vuole, forse, più
coraggio ad affidarsi all’aiuto di persone mai viste prima in vita propria...Ci vuole coraggio a mettersi in gioco, ancora una volta, per servire là dove si rischia di essere cacciati a brutto muso, dove occorre una sensibilità grandissima per entrare nel cuore e lasciare una piccola traccia. Ci vuole, forse, ancora più coraggio a lasciarsi alle spalle pile di macerie, a caricarsi uno zaino pieno di ricordi e ripartire per strade nuove... Federica - Roma 15
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Custodi della terra Marco Fioretti................................................................................................
Fermate l’auto, voglio scendere Durante quest’inverno ho scoperto alcuni dati precisi su qualcosa che intuitivamente già sapevo da un pezzo, ma senza aver mai incontrato qualche studio recente che desse un’idea attendibile delle sue dimensioni. Parlo di un problema che è particolarmente rilevante, per motivi che saranno chiari fra poche righe, per tutti i ragazzi e
ragazze italiani in età da Clan e Fuoco, anche se non sono Scout. Chi è Scout ha delle ragioni in più per porsi le domande che seguono, ma sono valide per tutti. Il problema (o meglio lo Scoglio) di cui vorrei parlare è quello della dipendenza dall’auto. Un problema grave ovunque ma in Italia, per mille motivi che qui e ora non ci interessa
analizzare, ancora più serio che in altri paesi industrializzati. È durante gli anni in Fuoco o in Clan che ci si prepara a guidare e a volte possedere un’auto, e che poi si comincia a usarla, magari proprio per attività Scout. Di conseguenza, come per ogni altra cosa, occorre farlo in maniera consapevole.
Cosa fanno le auto? Le auto creano anche il problema della sicurezza stradale, ma qui mi limiterò a parlare di loro dal nostro punto di vista di aspiranti Custodi del Creato, desiderosi di lasciarlo un pò meglio di come lo hanno trovato. Vorrei proporvi una o due domande a cui forse non avevate ancora pensato e qualche suggerimento per approfondire l’argomento in Clan e Fuoco. Anche quest’anno abbiamo vissuto o visto in televisione blocchi del traffico di varia natura e tutte le polemiche che hanno generato. Quella più ovvia e fondata è che un blocco del traffico di poche ore in una zona ristretta come un solo comune (anche se grande come Roma, Milano o Napoli) serve a poco o niente per ridurre l’inquina26
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mento. Anche se non ci fossero altre fonti di smog, si dice, spegnere i motori per poche ore in un’area così piccola non cambia nulla, perchè lo smog la riempie comunque dalle zone circostanti e in ogni caso ritorna ai livelli precedenti poche ore dopo la fine del blocco stesso. Se guardiamo soltanto ai livelli d’inquinamento atmosferico il discorso non fa una piega, ma io credo che i blocchi del traffico abbiano comunque un’utilità notevole, anche se a un altro livello. Un blocco del traffico è proprio come un’Uscita: per ripulire completamente i polmoni purtroppo non basta, anche se gli fa un gran bene, ma quello che conta davvero è che ripulisce e fa funzionare meglio il cervello. Per guardarsi intorno
con attenzione e riflettere un poco basta qualche ora lontano dal volante. Tanto per cominciare, un blocco del traffico prova senza ombra di dubbio che, stando qualche ora senz’auto, non si muore. C’è chi ha bisogno di sentirselo ricordare. Inoltre, una delle prime cose che potrebbero o dovrebbero saltare all’occhio è che in moltissime zone d’Italia... semplicemente non c’è più spazio per altre automobili, a meno di non passare più tempo a cercare parcheggio che a guidare. Questa non è una scoperta da poco, perchè è un problema che le auto ecologiche non risolverebbero affatto, anzi! Se non ci fossero più i freni dell’inquinamento e del costo dei carburanti, le auto potrebbero occupare anche più spazio di adesso. L’altra cosa che non migliorerebbe affatto, anzi probabilmente peggiorerebbe se tutte le auto del mondo da domattina andassero ad aria per magia, è il tempo perso. A inizio pagina parlavo di dati precisi. Eccovene qualcuno (le fonti sono a fine articolo) per permettervi di farvi un’idea della cosa: in Toscana si sprecano 100mila ore l’anno bloccati in macchina da qualche ingorgo, e gli va ancora bene. Ogni abitante di Napoli, Milano e Roma butta via nello stesso modo rispettivamente 210, 240 e 260 ore all’anno. Sapete cosa significa per ogni Rover e Scolta che vive in quelle zone o altre con lo stesso problema? Che potrebbero passare (assumendo una vita media di 70 anni) da un anno a un anno e mezzo di vita seduti dentro un’automobile ferma! Certo, magari sarà un’automobile a idrogeno o chissà cos’altro, ma tutti quei giorni saranno sprecati lo stesso.
Cosa possiamo fare noi? Parlarne in Clan e Fuoco e agire, ognuno nei limiti delle proprie capacità e della propria situazione personale. Tanto per cominciare, non ascoltate cucù
e ciarlatani. Certo, dopo essere stati bombardati fin dalla nascita da spot e film che ripetono ogni minuto l’equazione “automobile personale di lusso = felicità e successo” è dura, ma fidatevi: proprio perchè avete solo quel problema, senza l’aggravante di qualche decennio di dipendenza da volante alle spalle, sarà più facile riuscirci per voi che per gli altri. Quando è il momento, se davvero, ma davvero davvero vi serve un’auto tutta per voi, almeno scegliete o chiedete quella giusta: cioè la più piccola possibile, possibilmente usata! Un altro servizio che si può fare in questo campo è aiutare la propria comunità a rendersi conto dei problemi che ho appena descritto. Un modo assai facile sarebbe fare una mini mostra fotografica che mostri le strade intorno alla Sede oggi e 20/30/40 anni fa, per rendersi conto di quanto spazio le auto hanno occupato nel frattempo. Altro discorso è l’uso dell’auto durante le attività: dire “meno è e meglio è” è tanto giusto quanto banale, ma a volte può oggettivamente essere complicato. In Clan e Fuoco la tentazione dei mezzi privati si pone ad ogni uscita, almeno in certe zone. Non conosco la situazione in altre parti in Italia, ma posso testimoniare direttamente, essendo salito al Clan... già da qualche anno, che diversi bei posti del Lazio non sono più proponibili come mete per le Uscite con mezzi pubblici. Sono state infatti cancellate le corriere che una volta permettevano di tornare a Roma la domenica pomeriggio. In casi del genere, quando non c’è alternativa, si potrebbe almeno compensare evitando di usare l’auto in città nei giorni precedenti all’Uscita stessa. Perchè non proporre la cosa alla prossima riunione? L’importante è porsi sempre il problema! Buona Strada e buona custodia, Marco, marco@storiafse.net
link utili:
• www.regione.toscana.it/regione/export/RT/sito-RT/Contenuti/sezioni/trasporti/infomobilita/visualizza_asset. html_642613977.html • www.abitarearoma.net/index.php?doc=articolo&id_articolo=15172 • http://iltempo.ilsole24ore.com/roma/2009/03/05/997409-romani_traffico_anno.shtml
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Scienza dei boschi Marco Fioretti................................................................................................
Cibi adatti alla Strada Quando si sale al Clan o al Fuoco, insieme alla (come direbbero i Vecchi Lupi) vecchia “pelle” da Scout o Guida bisogna lasciarsi alle spalle anche qualche abitudine escursionistica ormai consolidata da anni di Campi Estivi. Non perchè fosse sbagliata, ma perchè in Clan o Fuoco cambia il modo in cui si fa un Campo, quindi i vecchi usi e costumi vanno rimessi in discussione. La Route è un campo mobile, anzichè fisso, e in Terza Branca anche le Uscite con pernottamento durante l’anno sono più impegnative (vero???) di quelle di A. Sq. Stavolta vorrei parlare delle differenze che questo comporta a livello di preparazione dei menu, e di un altro dei modi possibili, dopo il pane fatto in casa presentato nel numero scorso, per mangiare bene spendendo poco quando si è sulla Strada.
Dieta mediterranea e Strada Nonne, mamme e parecchi dietologi ci hanno giustamente tirato su con una sana dieta mediterranea, anche se il modo in cui spesso la interpretiamo non è proprio dietetico: primo (pasta o riso), secondo, contorno, frutta. Nei Campi Estivi dei Riparti italiani questa ricetta viene seguita fedelmente due volte al giorno, pranzo e cena, e in quel contesto non c’è nessun problema, anzi. Si tratta di Campi fissi, con cucine permanenti e qualcuno che va o può andare tutti i giorni a fare la spesa in auto, per conto di chi effettivamente cucina. Quando si passa in Terza Branca occorre chiedersi se ci si può ancora permettere (dovendo fare un Campo Mobile, intendo) di cucinare due pasti completi al giorno anche quando la spesa non si può fare tutti i giorni, bisogna portarsi tutto sulla schiena e si può cucinare su un solo fornelletto, non su una intera cucina da campo con due o tre “posti pentola”. Ci sono tre soluzioni abbastanza comuni per questo problema: comportarsi come a un campo fisso, vedere la Route come il momento giusto per una dieta e infine fare gli astronauti, cioè andare avanti a pasti liofilizzati, barrette energetiche varie e ma28
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gari qualche integratore. Il primo scopo di questa puntata di Scienze dei Boschi è proprio invitarcvi a riflettere sui limiti e controindicazioni di ognuna di loro. La prima strategia appesantisce parecchio gli zaini, non è proprio il massimo dal punto di vista nutrizionistico quando si marcia parecchie ore al giorno e può far perdere tempo a scapito di altre attività o magari quando, per ragioni di sicurezza tipo temporale in arrivo in quota, sarebbe preferibile sbrigarsi. Quanto alle diete, se fanno una vita sana, ragazzi e ragazze dai 17 ai 21 anni non ne hanno certo bisogno. Se non la fanno, la Route è il momento peggiore per una dieta. Anche se siete davvero sovrappeso è molto, molto probabile che sia perchè mangiate troppo o male in tutto il resto dell’anno, non perchè marciare tutto il giorno durante la Route vi fa venire appetito! La soluzione da astronauti, infine, costa molto più delle altre, toglie quel piacere di prepararsi il cibo da sè che dovrebbe essere parte essenziale della Strada e non è il massimo, ecologicamente parlando: per fabbricare una bustina di minestra in polvere si consuma parecchia energia. Ambiente (e gusto) a parte, mangiare liofilizzato significa dover mangiare
sempre e solo dove c’è acqua, oppure portarsene parecchia sulla schiena, quindi perché esagerare? Un cibo da Route da non trascurare. Pur tenendo presente i punti appena descritti, in un Campo Mobile di diversi giorni fa parecchio comodo disporre di cibi che non si rovinino fuori dal frigo o schiacciati nello zaino, richiedano poco o nessun combustibile e abbiano un rapporto fra calorie fornite e peso più alto possibile. Esistono cibi del genere che siano un pò più compatibili con portafogli e ideali di Rover e Scolte dei vari Muesli, barrette energetiche e altre americanate con cui la pubblicità ci bombarda? In effetti, sì. Una prima risposta nota a chiunque abbia letto almeno un libro o visto almeno un film sugli indiani d’America, è il cosiddetto pemmican: si tratta, in sintesi (vedi ricette nei link in fondo), di carne secca tritata finemente e mischiata con lardo, uvetta e altre piacevolezze, fino a formare una bomba calorica compatta e a prova di Route a ferragosto. Io il pemmican l’ho sperimentato personalmente anni fa e posso confermare che, a livello pratico, quando si è in marcia, mantiene quello che promette, se è stato fatto a regola d’arte. Provare per credere (a casa), almeno una volta. Sempre perchè l’ho provato, comunque, devo anche avvertirvi che il gusto è uno di quelli che al primo assaggio si fanno seguaci per la vita o nemici giurati. Inoltre, sempre per esperienza personale, posso garantirvi che l’odore in cucina durante la preparazione non piace a tutte le mamme. L’anno scorso, ripensando a quel primo esperimento col pemmican, ho ricominciato a chiedermi se non fosse possibile farsene da sè una versione altrettanto pratica e nutriente, ma più digeribile, meno... aromatica e più economica delle barrette
commerciali. Cercando su Internet ho trovato facilmente varie ricette alternative (vedi link) classificate come “meatless” (senza carne), vegetariane o vegane a seconda dei casi. Dopo avergli dato un’occhiata mi sono reso conto che... in Italia non abbiamo bisogno di niente del genere! I “pemmican senza carne”, cioè alimenti altamente energetici, non deperibili, compatti e facilmente trasportabili noi ce li abbiamo da secoli e si chiamano... panforte e panpepato. Volendo potete anche comprarli già fatti, ma tutti e due sono cibi che si possono preparare da sè, prima di partire, senza troppa difficoltà. Facendoli a casa potrete anche dargli la forma più compatibile con il vostro zaino o modificare la ricetta base come volete, in base ai vostri gusti personali o a quel che trovate nel mercato più vicino o. Inoltre, per loro stessa natura, panforte e panpepato durano almeno una settimana anche se fatti in casa senza conservanti. Che aspettate a inserirli nei vostri menu da escursione, anche solo come sostituti delle varie barrette energetiche più o meno alla moda? Aggiungere panforte o panpepato fai-da-te alla lista dei piatti che non devono mancare nel menu di una Route non è soltanto un modo perfettamente in sintonia con la Legge Scout di procurarsi un cibo ideale per l’escursionismo. È anche un bell’esercizio mentale: questi piatti possono alleggerire parecchio lo zaino senza svuotarvi il portafogli, ma usarli come si deve significa fare ancora più attenzione a non esagerare con le porzioni e a creare menu veramente bilanciati. Si può mangiare troppo e male anche quando si smaltiscono migliaia di calorie al giorno marciando! Buona Strada Marco, marco@storiafse.net
link utili: Pemmican tradizionale: • www.avventurosamente.it/vb/105alimentazione/3217-ricetta-pemmican.html • http://grandpappy.info/rpemmica.htm
Pemmican senza carne: • www.recipezaar.com/Vegetarian-PemmicanBars-158852 • http://tracelesswarrior.blogspot.com/2009/11/ meatless-pemmican.html
Panforte e panpepato: • www.ricettemania.it/ricetta_panforte_1103.html • www.kucinare.it/user/ricetta.aspx?idricetta=771
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Vita associativa Michela Bertoni.............................................................................................
Di più saremo insieme... più gioia ci sarà!
Q
ueste non sono solo le parole di un canto che spesso viene intonato nei Cerchi ma sono le parole di un canto che parla di fraternità, della capacità di uno scout di cogliere nell’incontro con l’altro, diverso per storia, cultura o lingua ma mai per dignità o potenzialità, un’occasione imperdibile di crescita umana. Si è respirata aria di fraternità europea, il 6 e 7 marzo a Soriano, all’incontro dei Commissari Europei. Abbiamo parlato in inglese, lingua internazionale ormai, ma che poi pensandoci bene ci poneva maggiormente sullo stesso piano, perché nessuno di noi veniva da un paese anglofono e quindi tutti dovevamo metterci in gioco ancora di più per capirci, per scoprirci, per progettare e per sognare insieme… C’è tanta voglia di conoscersi meglio, di passare del tempo insieme, perché solo accorciando le distanze si costruisce la pace e si argina l’egoismo che ci fa pensare di bastare a noi stessi… Ai Fuochi e ai Clan crediamo che in 30
CarnetdiMarcia
questo senso si apra un mondo di opportunità, proprio per quella confidenza con i viaggi e con la lingua straniera che fino a qualche anno fa erano impensabili… ed anche, al contrario di quanto si pensi, senza spendere patrimoni... Saremmo lieti che qualcuno di voi provasse a stabilire contatti con le realtà che già ci sono in Polonia, Lituania, Bielorussia, Francia, Spagna, Belgio, Svizzera, Austria, Germania, Romania... e loro già lo fanno, ci arrivano sempre delle richieste di aiuto per organizzare le loro Route in Italia, ma aldilà dell’aspetto logistico, quel che più conta è, come ben sapete, lo stringere relazioni umane... Ed altrettanto belle sono le esperienze a cui invitano i Clan e i Fuochi, quella di Vezelay in primis, ma tante altre... e da cui si torna, credeteci, emozionati e con una marcia in più! Ve ne daremo conto proprio in questa rubrica e speriamo che voi vogliate condividere con noi le esperienze che vivrete. Che dire se non… coraggio?
Piano redazionale
2009
2011
√ C - IO √ D - Sogni
A - Perdono B - Tempo C - Fatica D - IO PER L'ALTRO E - Vocazione
2010
2012
√ A - Dolore √ B - Coraggio C - Sfide D - IO E L'ALTRO E - Confronto
A - Paura B - Libertà C - Strada
B - 2010
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L'altracopertina... di Giorgio Sclip
Riflettendo sul... coraggio.
“Coraggio, sono io, non temete!” (Mc 6, 50)
Coraggio, fratello che soffri. C’è anche per te una deposizione dalla croce. C’è anche per te una pietà sovrumana. Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua...Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre del tuo pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga. (Tonino Bello) Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario. (Steve Jobs)
“Mio Dio dammi il coraggio adesso, in questo momento, di perseverare nel seguire la tua chiamata.” (Madre Teresa)
Non si è mai abbastanza coraggiosi da essere vigliacchi definitivamente. (Giorgio Gaber)
“Chi non è abbastanza coraggioso da assumersi le proprie responsabilità non compirà niente nella vita.” (Muhammad Ali)