CarnetdiMarcia 2010
Scout d’Europa
PER SCOLTE E ROVER
Rivista mensile, ottobre 2010 • n. 13, anno XXXIV • Sped. in abb. post. Art. 2, Comma 20/c, Legge 662/96 Filiale di Padova • ISSN 1127-0667
Io e l’Altro
SALE IN ZUCCA Se tu mi addomestichi… pag. 10 - 11
VITA DA ROVER... VITA DA SCOLTA Challenge 2010 pag. 22 - 23
CADENDO DA CAVALLO... Due donne, due figli pag. 14 - 15
CUSTODI DELLA TERRA Attenti all'acqua e... al rimanere isolati pag. 26 - 27
CAPITOLO
INCHIESTA
Sommario Carnet di Marcia • D - 2010 Parole all’immagine.........................................................3 Editoriale Una Strada con la “S” maiuscola..................................4 Sale in zucca “Altro… da che?”.............................................................6 Se tu mi addomestichi…...............................................10 A proposito di Io e l’Altro… Matteo Ricci..................12 Cadendo da cavallo... infuocando il mondo Due donne, due figli . .....................................................14
RUBRICHE
IMPRESA
Treppiedi, una proposta “La comunità è Dio in ciascuno di noi, presente per gli altri”..................................................................................16 Apertamente Relazione..........................................................................18 Giocare il gioco Il tuo autoroscopo...........................................................20 4 C.i.T.................................................................................21
SCOUT D’EUROPA Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo. Anno XXXIV • n. 13, ottobre 2010 - Carnet di Marcia per Scolte e Rover Direttore Responsabile Giuseppe Losurdo Direttori Michela Bertoni, Gipo Montesanto REDAZIONE DI CDM Coordinamento redazionale Tullia Di Addario, Giorgio Sclip Casella email della redazione
cdm@fse.it RESPONSABILI RUBRICHE • APERTAMENTE: Vania Ribeca, Martino Piovesan. • CADENDO DA CAVALLO...infuocando il mondo: Don Fabio Gollinucci e fra Basito. • SALE IN ZUCCA: Monica D’Atti, Aline Cantono di Ceva ed Elena Pillepich. • VITA DA ROVER, VITA DA SCOLTA: Elena Bratti, Paolo Morassi. • CUSTODI DELLA TERRA: Marco Fioretti. • SCIENZA DEI BOSCHI E OCCHIO!: Marco Fioretti. • TREPPIEDI, UNA PROPOSTA: Commissari di Branca • L’ALTRACOPERTINA: Giorgio Sclip In redazione anche Elena Bratti, Micaela Moro, Gipo Montesanto, Carla Palermo.
Vita da Rover... vita da scolta Challenge 2010................................................................22 IO e l'ALTRO.....................................................................25
Hanno collaborato in questo numero: Aline Cantono di Ceva, Tullia Di Addario, Giorgio Sclip, Don Fabio Gollinucci, Micaela Gentilucci, Nicola Pozzobon, Elena Pillepich, Gipo Montesanto, Vania Ribeca, Martino Piovesan, Marco Fioretti, Monica D'Atti, Clan Gufo Talentuoso, Andrea Di Cristina.
Custodi della terra Attenti all'acqua e... al rimanere isolati......................26
Progetto grafico simone.salamone@email.it
Scienza dei boschi Sicurezza nello zaino (e nella testa)............................28
Direzione, Redazione e Amministrazione Via Anicia 10 • 00153 Roma Aut. del Tribunale di Roma n. 17404 del 29/09/1978 • Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/c, Legge 662/96 • Fil. di Padova ISSN 1127-0667
Vita associativa Campo Scuola Rover 2010.............................................30
Stampa T. Zaramella - Selvazzano PD
Piano redazionale 2009 - 2012........................................................................31 L’altracopertina Riflettendo sugli altri... ..................................................32
M
anoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione. Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi in questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte. Chiuso in Redazione OTTOBRE 2010
Ringraziamo tutti coloro che ci hanno scritto e che ancora non vedono pubblicato su questo numero il loro contributo! Tranquilli, sarete sul prossimo!! 2
CarnetdiMarcia
Parole all’immagine
L’altro è un dono, una risorsa. L’altro non è a nostra immagine, ma tutti e due siamo a immagine di Dio. L’altro non può fare come dico io, ma ha qualcosa da darmi e da dirmi. Se riuscissimo a ricordarci queste piccole cose quando incontriamo qualcuno, allora le nostre relazioni saranno sempre vere e arricchenti...
D - 2010
3
Editoriale Giorgio Sclip..................................................................................................
V
i propongo una riflessione di Padre David Maria Turoldo, tratta dal suo commento alla parabola del buon samaritano, che tutti abbiamo sentito e letto un sacco di volte e che proprio per questo rischia di farci commentare: ah sì, ok, senza toccarci più di tanto. Ma, attenzione, Turoldo scrive così: “Prima un uomo. «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico». Chi era? Anzi, chi è? Non ha nome, non c’è una carta d’identità (tanto meno il samaritano gli chiederà documenti). Non un segno per sapere chi fosse, anzi chi sia. Poteva essere, o meglio, può essere un ebreo o un arabo; un giovane o un vecchio, un povero o un ricco (sì, anche un ricco, dal momento che è finalmente derubato anche lui), un onesto, un disonesto (sì, anche un disonesto, dal momento che è carico di ferite); può essere un bianco, un nero, un europeo, un americano; un maoista, un bolscevico, un anarchico; può essere un cattolico, un protestante, un musulmano… Può essere perfino un contestatore; un brigante anche lui; un assassino… Infatti è sempre un rischio fermarsi non già ad aiutare, ma perfino a guardare. Oggi poi!… Ma si sa almeno chi è quest'uomo. È un uomo in viaggio, un uomo in cammino; […]” Soffermati su queste ultime parole: noi parliamo tanto di strada, soprattutto della nostra strada, ma forse non sottolineiamo abbastanza un altro aspetto della strada. Sulla strada ci sono non solo i miei compagni di strada con cui condivido certi valori, intendo dire in particolare le altre Scolte, gli altri Rover. Sulla strada che percorriamo ci sono anche gli altri. Chi ha seguito la fortunata serie televisiva “Lost” avrà subito avuto un brivido a sentir parlare degli altri, una presenza terribile e sconosciuta che
4
CarnetdiMarcia
Una Str ada con la “S”
maiuscola
perseguita i poveri superstiti di un incidente aereo che si trovano su un’isola, ahimè, non deserta. Mi perdoni padre Turoldo dell’associazione mentale semplicemente indegna, ma… Forse, a volte, tutti quegli altri elencati nel testo sopra citato, se non ci fanno proprio paura, vengono da noi tenuti alla larga, ignorati. Invece ci sono, e sulla medesima strada che percorriamo noi. Ma noi abbiamo già le nostre mete ben chiare, i nostri obiettivi, i nostri compiti, insomma, dei paletti che ci aiutano a percorrere la Strada, il percorso che abbiamo scelto. Il problema nasce quando i nostri paletti di riferimento ci tolgono la visuale di ciò che ci circonda mentre camminiamo. Molto spesso i nostri programmi di per sé sono una buona cosa e vanno benissimo, ma solo finchè rimangono programmi, che al limite possono anche subire modifiche; non lo sono affatto se diventano una gabbia. Torniamo a Turoldo che nella medesima riflessione scrive, a proposito del prete che non si ferma, “dove andava quel prete sulla strada di Gerico? Che programma più urgente aveva?” Quando quello che ho da fare diventa più urgente degli altri che incontro, c’è qualcosa che si incrina, che non va… e questo vale non solo per il prete. Forse è proprio questa la differenza tra percorrere una semplice strada oppure una Strada con la “S” maiuscola, una Strada cioè che tiene conto anche di chi ci sta intorno, e spesso senza gridare, senza alzare la voce, ci interpella, ci interroga, ci chiede aiuto, tempo, ascolto, ci chiede di modificare i nostri programmi per lasciare spazio ai Suoi. Che ne dite? Discutetene in Clan e i Fuoco, tra chi crede e condivide i vostri stessi ideali anche, perché no, con chi la pensa in altro modo. Io intanto vi auguro… buona Strada. Giorgio Sclip D - 2010
5
Sale in Zucca Aline Cantono di Ceva...................................................................................
“Altro… da che?”
Intervista alla dottoressa Chiara Mezzalama psicoterapeuta infantile a Roma e scrittrice di romanzi.
T
re mesi fa mi sono sposata!...tra i vari miracoli che hanno accompagnato il nostro fidanzamento (non ultimo l’essere arrivati all’altare a dispetto di tutti i tira e molla passati), uno te lo devo proprio raccontare… si tratta in realtà della scoperta dell’acqua calda… ma che acqua!! E che Rivelazione! Di quelle che, semplicemente fornendo un nuovo punto di vista, chiariscono dubbi e sciolgono i nodi di una vita. Con Filippo stavamo seguendo gli incontri di preparazione al matrimonio, eravamo anche alla ricerca della lettura “giusta”; la “puntata” della settimana prevedeva la Genesi: “Non è bene che l’uomo sia solo… voglio fargli un aiuto che gli sia simile”. Il primo pensiero: “Questa l’ho già sentita… e so già come va a finire…”, “per la cerimonia, noi, a cui piace il “famolo strano”, cerchiamoci nella Bibbia un brano più originale…” Il sacerdote però rilegge, stavolta usa una traduzione dall’aramaico più schiatta e cruda… e arriva il regalo di nozze inaspettato e fondamentale: “Non è bene che l’uomo sia solo… voglio fargli un aiuto che gli sia… CONTRO”. Ho sentito bene?!? “CONTRO”?!? Eccola qua la Meraviglia così assolutamente vera e reale, medicina capa6
CarnetdiMarcia
ce finalmente di sanare anni di lotta tra me e lui e dar loro un senso! Capisci!?! L’Altro mi aiuta quando è DIVERSO da me, quando spesso NON la pensa come me, mi fa crescere nel momento in cui è anche Ostacolo, forse Fastidio, un limite alla mia libertà prepotente, quando non mi asseconda, ma mi mostra orizzonti inimmaginabili, quando non mi dá sempre ragione, ma mi apre la testa a nuove prospettive… Noi due, coppia decisamente “litigarella”, cresciuta a pane, Cenerentola, Principe Azzurro, e famiglia del Mulino Bianco, bombardata dai sensi di colpa per non riuscire ad imitare i modelli (spesso solo televisivi) di mogli e mariti eternamente per mano, persi costantemente nello sguardo dell’altro, con fiori e farfalle svolazzanti ovunque; noi due, pieni di incertezze e inquietudini provocati da tale ansia da prestazione… beh! Non hai idea di che sospiro di sollievo abbiamo tirato!
L’Altro = un nemico che, se amato, è il solo in grado di aiutare me stessa! E qui sta la “pacificatrice” scoperta dell’acqua calda: ebbene sí! L’altro è, intanto, altro da me,
interviste con un’altra storia, altri pensieri, altri sogni, altri desideri, altre abitudini, altri pregi e altri difetti… e, in quanto tale, destinato necessariamente a scontrarsi con me, con la mia storia, i miei sogni, i miei desideri, le mie abitudini, i miei pregi e i miei difetti… Ma pensa ai colori: se unisci del giallo a del giallo ottieni sempre e solo giallo; se invece prendi un giallo ed un blu, che siano puramente tali e disposti a mischiarsi, ne esce fuori un colore nuovo che il giallo da solo non è in grado di produrre!
• È strano come un dato di fatto tanto ovvio (che l’altro sia altro) fatichi così tanto ad entrarci in testa…
Tu parlavi di matrimonio, dell’Altro contro, però si parla spesso dell’altro nel rapporto di coppia come della “dolce metà”, il fatto è che ci piacerebbe molto che l’Altro fosse la mia metà, intendendo per questo uguale a me. Forse l’equivoco nasce dal fatto che pensiamo che solo chi è simile a noi può capirci fino in fondo. Accettare che l’Altro sia diverso significa accettare che io sono solo, e questo pensiero non piace a nessuno. Non piace ai grandi e non piace ai piccoli.
• Quando e come il bambino comincia a percepirsi come “altro” rispetto alla madre?
All’inizio il neonato pensa di essere tutt’uno con la madre (in fondo era così nella pancia), non ha gli strumenti per distinguere tra sé e l’altro, è in uno stato di simbiosi con lei. Poi, tra i quattro e i sei mesi, comincia a capire che la sua mamma va e viene, che non è sempre con lui e allora deve accettare di sentirsi separato. Questo provoca in lui rabbia e dolore, ma se la sua mamma soddisfa i suoi bisogni di cibo e di affetto, allora può fare i conti con questi sentimenti difficili (ovviamenD - 2010
7
Sale in Zucca te niente di tutto ciò è razionale, si tratta di meccanismi molto primitivi che però lasciano in noi una sorta di nostalgia, il desiderio di essere tutt’uno con l’altro e questo spiega forse perché non è così ovvio pensare che l’altro sia altro).
• Questo
processo è indolore? Ed arriva sempre a termine? Il processo non può essere indolore ma, se una mamma si prende cura del suo piccolo, lo aiuta ad accettare la sua solitudine e il fatto di essere separato. Se invece, come purtroppo accade qualche volta, la mamma non è in grado di rassicurare il neonato e di capire i suoi bisogni, il piccolo sarà così disperato da non poter nemmeno pensare di essere separato da lei. Svilupperà perciò delle “difese” per cercare di non sentire questo dolore troppo forte. Esistono tanti tipi di difesa, come ad esempio quella di negare il bisogno dell’altro. Ma la difesa più drastica è forse l’autismo, quando il bambino rifiuta di entrare in contatto con il mondo pur di non correre il rischio di creare un legame che poi potrebbe farlo soffrire.
• A volte mi sembra che la società ci spinga
tutti a tornare neonati; si fa un gran parlare di “tolleranza” e “rispetto delle diversità” ma alla fine il messaggio subliminale è: facciamo di tutto affinché gli altri diventino come me, uomo dell’occidente civilizzato, con le mie stesse esigenze ed ambizioni, con la mia stessa idea di libertà (che spesso è invece schiavitù da), con lo stesso metro che misura la dignità del lavoro in base ai soldi guadagnati o ai titoli raggiunti, con il mio stesso desiderio di possedere quel dato modello di auto, quel tipo di casa ar-
8
CarnetdiMarcia
redata come la moda comanda, quella determinata moglie sempre giovane, magra e con quei precisi centimetri di giro seno… Cosa ci attrae dell’ altro o cosa ci dovrebbe attrarre? Cosa invece ci fa paura? Il problema è che noi abbiamo bisogno dell’altro. Non siamo fatti per rimanere soli. Per questo siamo attratti dall’altro. Spesso siamo attratti da chi è diverso da noi perché pensiamo che potrebbe completarci, rendere la nostra vita più interessante, emozionante. In questi casi l’attrazione supera la paura della diversità. Talvolta però la
interviste paura ci impedisce di conoscere l’Altro. Questo atteggiamento di chiusura ha a che fare con i pregiudizi, con la paura che il “troppo diverso” possa far vacillare le nostre sicurezze. Se ci pensi è proprio quello che non conosciamo che ci fa più paura. È una specie di circolo
Chiara Mezzalama è autrice del bel romanzo “Avrò cura di Te” Edizioni E/O, uscito un anno fa in tutte le librerie. È la storia di due donne diverse e distanti, una marocchina e una italiana: Bianca, solitaria, avvolta da una coltre di silenzio che le impedisce di vivere fino in fondo,
vizioso. Se avessimo il coraggio di guardare le cose più da vicino, ci sembrerebbero meno spaventose. Grazie!!! Moooolto interessante… alinecantono@libero.it
e Yasmina, spirito libero in fuga. La diversità radicale nell’esperienza di essere donna non può che provocare un incontro significativo tra le due, un riconoscersi nonostante tutto, fino al consolidarsi di una profonda amicizia che segnerà per entrambe un punto di svolta. L’una si prenderà cura
dell’altra ed insieme ritroveranno la linfa vitale per cambiare il loro destino. Bianca troverà in Yasmina il suo lato orientale e Yasmina troverà in Bianca quello occidentale, il nero dentro il bianco e il bianco dentro il nero… insomma la lettura giusta per chi è interessato a “l’altro”! D - 2010
9
Sale in Zucca Monica D’Atti.................................................................................................
Se tu mi addomestichi…
T
utti noi siamo passati di lì. Chi non ci è ancora passato ci passerà: quel dialogo tra la volpe e il piccolo principe che spiega la radice di un rapporto tra io e tu.
Chi non l’ha mai letto? Quasi non ne volevo parlare, quasi non ne volevo più parlare. Mille volte ripetuto in Fuoco e in Clan, e in Riparto; lo usai anche per i ricordini del matrimonio. Poi ho
Che cosa vuol dire addomesticare?
È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…
10
CarnetdiMarcia
pensato che quello che ho fatto io non importa, non è tutto. Ho pensato che ci sei anche tu, tu che leggi e forse il Piccolo Principe lo hai appena incontrato, o non l’hai ancora incontrato. Ho pensato che non ci sono solo io che ho già visto tante cose, che ho fatto tante esperienze. Ci sei anche tu. Ci sei tu che non sono io, ci sei tu che sei altro da me, diverso da me. Ci sei tu con i tuoi pensieri, con il tuo volto, con le tue abitudini, con le tue speranze e sogni e desideri. Ci sei tu che posso conoscere, al quale posso raccontare cose e che mi puoi insegnare altro; tu che mi incuriosisci, tu con il quale posso condividere pensieri, esperienze o posso aiutare, ma che anche mi fai nascere dei dubbi, degli interrogativi. Ci sei tu che osservo, che sento parlare, di cui ascolto le idee; guardo come sei vestito, come ti muovi. Ci sei tu che posso imparare ad amare con il tempo, tu amico, tu compagno di avventure. Sono circondata da tu tutti i giorni della mia vita. C’è un tu che mi ha generato, mi ha portato in grembo per 9 mesi e amato dal primo momento, c’è un tu che mi ha cresciuto, un tu che mi ha insegnato tante cose, c’è un tu che mi ha fatto compagnia, c’è un tu che era con me nel banco il primo giorno di scuola, c’è un tu con il quale ho giocato e litigato per anni, c’è un tu che ho ammirato e un tu che ho invidiato perché era sempre più bravo e più simpatico. C’è un tu con il quale ho dormito in tenda e un tu con il quale ho fatto riunione mille volte. Ci sono momenti precisi, volti precisi che tornano in mente. Ci sono persone precise che posso raccontare e che anche, per riflesso, raccontano di me. Perché io sono arrivata ad essere quella che sono grazie a tutti questi tu, grazie a tutte queste persone che ho incontrato. Loro e non altri. Ci penso e ci ripenso spesso. Ci sono momenti precisi, incontri con un tu che hanno condizionato fortemente la mia vita. Forse, quando accade, l’importanza di tutto questo non si coglie, poi, se ti fermi un attimo a pensare, se ti metti in relazione con te stesso, ti accorgi che tu sei l’insieme
di tutti questi tu, di questi incontri con persone. Così ci rendiamo conto, con il tempo, che dove c’è un io c’è sempre un tu. Perché un vero io, una vera persona formata, capace di relazioni, è in grado di riconoscere il tu, di distinguerlo da sé. A partire da un TU creatore, il Tu che ti ha voluto, dal Dio che ti ha dato il volto e l’anima. Nel nostro imparare a relazionarci con il Tu perfetto troveremo la nostra identità piena. Ma non è un rapporto che si risolve in un evento, in un’occasione, in un’accettazione di esistenza. Non basta dire: credo in Dio. È come con gli altri tu, è come con gli amici. È frequentandoli che li conosci, è condividendo esperienze ed avventure che impari a capirli ed amarli. È ascoltandoli che ne capisci il linguaggio. È da quello che ti possono raccontare di te, dall’affetto che ti mostrano, da ciò che condividono con te che puoi ritrovarti ogni giorno cresciuto e sereno nel tuo io. È da quello che impari a dare a loro, è dall’attenzione che rivolgi nei loro confronti, dal tempo che dedichi a loro che il tuo io esce rafforzato e confermato nella capacità di essere. Dai e ricevi. E al contrario puoi anche incontrare dei non-tu nella tua vita. Puoi anche incontrare persone per le quali tu non esisti, tu sei solo un oggetto, un’opportunità, un’occasione di divertimento o una furbata da usare. Qui tutto si mischia. Tu potresti essere un tu per lui, un aiuto, un modo per ritrovarsi; oppure per te potrebbe essere l’occasione sbagliata, quella proprio sbagliata, dove il tuo io si perde per un tu che non vuole veramente essere tale. Mica così liscia allora la cosa… Ma tu ti aspettavi che ti parlassi del Piccolo Principe? Se vuoi puoi andarlo a leggere, anzi, se non lo hai mai fatto, te lo consiglio proprio. Se non lo capisci ti consiglio di trovare dei tu tuoi amici e vicini che ti possano aiutare a capirlo, ad amarlo, perché è comunque una pietra miliare. Io questa volta il Piccolo Principe l’ho usato come scusa, per cogliere l’attenzione. Sai, sono un io che si diverte spesso a provocare. Tu mi capisci..!? Monica D’Atti D - 2010
11
Sale in Zucca Elena Pillepich...............................................................................................
A proposito di Io e l’Altro… Conosciamo meglio Matteo Ricci.
Per avere un rapporto con “l’altro” bisogna innanzitutto conoscerlo, poi rispettarlo per quello che è, infine accoglierlo così com’è! Solo allora si potrà entrare in sintonia con esso, solo allora si potrà ascoltare e parlare, insomma si potrà avere un rapporto con un’altra persona. Scambiarsi idee, opinioni, proporre valori e accogliere tutto ciò che di buono viene proposto: questo si chiama relazione.
L
’azione missionaria di padre MATTEO RICCI nel territorio cinese dal 1582 alla morte, nel 1610, ha segnato la ripresa del cattolicesimo cinese. Vissuto al tempo della Dinastia Ming, ha impresso un forte impulso all’azione evangelizzatrice ed è riconosciuto come uno dei più grandi missionari della Cina. Il suo nome in mandarino era Lì Madòu mentre nella cerchia dei mandarini ricevette il titolo onorifico di Studioso confuciano del grande Occidente (泰西儒士, Tàixi Rúshì). Matteo Ricci nasce a Macerata nel 1552. Compiuti sedici anni, il giovane Matteo inizia a frequentare l’Università della sua città per poi recarsi a Roma, sotto suggerimento del padre. Contrario alla volontà di quest’ultimo, Matteo decide di entrare nella Compagnia di Gesù. 12
CarnetdiMarcia
Non ha neanche diciannove anni. Studia e si forma presso il Collegio Romano, dove entra in contatto con i più autorevoli studiosi del tempo. A venticinque anni Matteo Ricci scopre la sua vocazione missionaria e nel 1577 viene destinato in Oriente. Nel 1582 Matteo Ricci arriva in Cina. Sbarca in Cina vestito da bonzo, con la testa rasata e in tre anni ha già imparato il cinese. A Zhaoqing Matteo e un suo confratello trovano accoglienza dopo essersi presentati presso il governatore Wang Pan, ma i problemi non mancano in quella città e i due gesuiti sono accusati ingiustamente di alcuni reati e per questo devono cambiare città. Sono gli anni in cui Ricci studia da vicino la cultura e la filosofia cinese, il Confucianesimo, prima
di tutto. Pubblica il primo catechismo cinese facendolo derivare da Confucio. Gli studi lo condussero ad approfondire il concetto di inculturazione. Alle prese con il problema di creare un ponte tra due culture lontane, Ricci ritenne che la filosofia greca fosse quella più vicina al confucianesimo ed era perciò in grado di aprire le porte del continente asiatico al cristianesimo. D’altra parte la conoscenza degli usi e costumi locali era strumento necessario per ogni buon missionario: bisognava quindi farsi indiani in India, nipponici in Giappone e cinesi in Cina. Per questo Ricci e i suoi confratelli nel 1594 lasciarono gli abiti da bonzi buddisti, ed iniziarono a prendere nomi cinesi (Li Ma Tou, dove Li sta per l’iniziale del cognome Ri, visto che in cinese la lettera R non esiste, e Ma Tou come suono più vicino al nome Matteo) e a vestirsi come tali, con le tuniche al posto della veste. Scelsero così di apparire come “letterati” confuciani, nella convizione che questa immagine fosse più apprezzata e meglio considerata nelle società cinese dell’epoca; si lasciarono crescere barba e capelli e si fecero portare in portantina da tre servi. I superiori del gesuita di Macerata lo incoraggiavano ad entrare sempre più all’interno della Cina, per questo Ricci arrivò fino a Pechino, passando per Nanchang, nel 1601. Ma qui non ebbe vita facile, perchè Ricci, entrato in contatto con gli eunuchi della Corte imperiale, rimase rinchiuso in prigione per mesi. Trascorso questo periodo, ebbe il permesso di vivere a Pechino a spese del
pubblico erario. Nel 1602 fu inaugurata la prima missione cristiana a Pechino. In poco tempo Ricci divenne amico delle élite del Paese ed ebbe licenza di celebrare la messa in pubblico. Altri 40 padri gesuiti si unirono a lui. Ben presto il Ricci si rese conto che molto si poteva fare in Cina per mezzo della stampa: applicatosi con singolare impegno al perfezionamento della conoscenza della lingua, in breve ne divenne padrone sí da poter scrivere in cinese con estrema accuratezza ed eleganza: di lí lo svilupparsi della sua attività letteraria. Oltre alle numerose lettere e alle memorie, egli compose in cinese piú di 20 opere di matematica, astronomia, religione. Fra queste sono da ricordare la celebre opera di apologetica "Il solido trattato di Dio" edita nel 1603, e la nuova redazione della "Dottrina cristiana" del 1605. Muore nel 1610, a 58 anni. Matteo Ricci fu il primo straniero europeo, non diplomatico, ad essere sepolto in Cina. Nella sua vita aveva convertito, direttamente o indirettamente, tremila persone. Dopo la sua morte i suoi contributi vennero pienamente riconosciuti dall’imperatore Wanli e le sue spoglie vennero sepolte nel cimitero di Zhalan, in un terreno che oggi costituisce il parco della Scuola di Amministrazione di Pechino. Gli è stato dedicato un cratere lunare di 71 km di diametro. Padre Matteo Ricci con il suo alto numero di opere edite e inedite fece conoscere il Cristianesimo e la civiltà occidentale al popolo cinese, e la filosofia e la civiltà della Cina all’Occidente. D - 2010
13
Cadendo da Cavallo... don Fabio Gollinucci......................................................................................
Due donne, due figli Luca, 1-39-45 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto".
I
mmaginiamo la sequenza delle scene. Una fanciulla da poco incinta in viaggio attraverso le colline di Giuda, forse con una carovana; il suo entrare in una casa ove ancora si oscilla tra lo stupore e il pudore di mostrare un evento straordinario; il suo saluto, che fa sussultare il bimbo in grembo ad Elisabetta, che, colma di Spirito Santo, “esclama a gran voce” (v. 42), il cantico di Maria, provocato da quello dell’anziana parente.
Personaggi visibili: due donne; nei loro grembi, i loro figli. Il vecchio Zaccaria, chissà, forse presente, forse tornato al tempio per il turno di servizio. Il racconto ha il suo centro nella domanda stupita di Elisabetta: “Da dove che la madre del mio Signore venga a me?” (v. 43). Ai lati, due brani: nel primo (vv. 39-42) è raccontato il sussulto del bambino al saluto di Maria e la benedizione che Elisabetta pronuncia sulla madre e sul figlio. Nel secondo (vv. 44-45), il sussulto del bimbo è narrato direttamente dalla madre, che proclama la beatitudine di colei che ha creduto. La biblista cinese sr. Maria Ko commenta: “La premura del PER NOI OGGI cammino verso Ain Karim, come O EL NG VA TO ES QU ngelo? Perchè? poi la sollecitudine alle nozze di Va del no bra o est qu r letto - Cosa provo, dopo ave ? chè Cana, mostrano lo stile attivo, Per a? vit a : mi me a la e - Quale senso ha In particolare, cosa dic unicato lo Shalom? intraprendente, deciso e creacom ha le e rsa eve vic ta da Elisabetta - e non tivo di Maria. Ciò che riempie • Maria che è anda a? Battezzatore? , fa cantare Elisabett • il balzo di Gioia del o Santo? Gioia il Battezzatore rit il suo cuore mette ali ai suoi di e Spi lo zar del bal za fa for nto di Sa rito immersa nel campo isto • il fatto che lo Spi a e la nostra storia è "testimoniare" che Cr vit piedi. Dalla Galilea alla Giuuto tra vol nos ia la abb ta " tut one izi • il fatto che con la sua "bened ilmente Elisabetta lio di Dio", "Dio"? dea Maria percorre il tratto di Fig o", sim ltis l'A del • il fatto che probab nto", "Grande", "Figlio strada che più tardi avrebbe Gesù è realmente "Sa a? E allora: vit di le sti ale Cristo Gesù? e con qu a balzare di Gioia o truzione del Regno di dovuto fare Gesù. Il suo è un cos am la sci nel riu ale noi son to, per buto e. o forza dello spirito san - Qual'è il mio contri regno di Cristo Signor o come gruppo nel cap il viaggio missionario. Cammie ire son tru per cos e ì gol cos e sin e a - Immersi com are, come Elisabett e, benedire, testimoni nando in fretta verso la montar can ni, van Gio e com tagna, Maria evoca il celebre testo profetico: «Come sono 14
CarnetdiMarcia
infuocando il mondo Particolare dell'icona.
belli sui monti i piedi del messaggero di un lieto annuncio...» (Is 52,7). Maria, la prima evangelizzata, ora è la prima evangelizzatrice, il prototipo di tutti i missionari del Vangelo. Il suo andare in fretta è immagine della Chiesa che, subito dopo la Pentecoste, spinta dallo Spirito, si mette in cammino per diffondere la Buona Novella. Paolo conosce bene questa fretta e la interpreta così: «È l'amore di Cristo che ci sospinge» (2Cor 5,14). «Guai a me se non predicassi il vangelo!» (lCor 9,16). (…) I Padri della Chiesa sono su questa linea. Origene, riflettendo sul cammino di Maria nella visitazione, esce in queste espressioni: «Gesù, nel seno di lei, aveva fretta di santificare Giovanni, che si trovava nel grembo della madre”. Similmente scrive Ambrogio: «La grazia dello Spirito non conosce lunghi indugi»”. don Fabio
Descrizione iconografica La composizione della scena è semplice: davanti alla casa di Zaccaria, sono rappresentate Maria ed Elisabetta nel gesto di scambiarsi un abbraccio. “Abbraccio (Aspa-
smos) della Madre di Dio ed Elisabetta” è, infatti, il titolo che, in genere, porta l’icona. La dinamicità della scena è resa con il movimento degli abiti, dato per esprimere la forza dell’istante presente. L’icona, fermando l’immagine in un movimento attivo di annuncio, sottolinea il miracolo della reciprocità: l’incontro, che avviene in Dio, è effusione di Spirito Santo. Anche il colore verde del manto di Elisabetta, richiamando la vita
e la fecondità, indica, appunto, tale effusione della vita di Dio.
I personaggi Alcuni segni contraddistinguono Maria: il mantello (maforion) rosso porpora, la stella sulla fronte e sulle spalle (simbolo della verginità) e l’iscrizione Madre di Dio. Maria porta con sé l’effusione dello Spirito Santo ricevuta nell’Annunciazione. Il saluto è denso di pace, di gioia ed esultanza per tutta l’umanità. Il
Magnificat, che sgorga dall’animo della Madre di Dio, sigilla quell’incontro che in se stesso è un cantico alla e della misericordia dell’Onnipotente. Elisabetta, prima testimone dell’evento dell’Incarnazione, percependo di trovarsi dinanzi al mistero del compimento della salvezza, esplode nella lode. Lo sguardo delle due donne si incontra in una reciproca intesa; dai due volti non traspare né la vecchiaia di Elisabetta, né la giovinezza di Maria. D - 2010
15
Treppiedi... Michela Bertoni.............................................................................................
“La comunità è Dio in ciascuno di noi, presente per gli altri” “.. Ho scoperto qual è il cammino degli uomini, l’avventura nostra di oggi che dà un senso pieno a tutto: è la strada dell’unità. Io non sono soddisfatta di me stessa, non mi basto: non mi basta il mio cuore, anche se ama il vento, le stelle e il mistero; non mi basta l’arte nonostante la sua grandezza; non m basterebbe neanche essere capace di donare tutto agli altri, se rimango io da una parte e gli altri dall’altra a ricevere il mio dono. Non mi bastano perché sono cose soltanto mie, e portano il peso dei miei limiti, il peso di qualcosa di essenziale che manca. Io sono fatta per essere una cosa sola con gli altri, sono stata fatta per dire “noi”. Fuori di qui posso avere le cose più grandi, ma dentro di me rimane sempre un vuoto, il desiderio non colmato di dire “noi”, di essere Comunità. “ Quaderno di Traccia
16
CarnetdiMarcia
una proposta
Q
ueste parole possono essere il tema di marcia di molti di noi, quest’anno. Innanzitutto ci mettono di fronte ad una realtà innegabile: non siamo stati creati per rimanere soli con noi stessi. La prima parola che pronuncia un bambino non è “io”, ma molto probabilmente “mamma”: segno che il nostro bisogno di relazione, di altro rispetto a se stessi, è naturale. Ma ciò che è naturale va poi progressivamente educato e, da adulti, analizzato per darvi un senso. Se ci fermassimo nel nostro percorso all’identità saremmo sicuramente delle persone consapevoli delle proprie potenzialità, dei propri desideri, ma non saremmo persone felici: non possiamo bastare a noi stessi, o almeno non a lungo. Nel breve ci può sostenere l’illusione di farcela, il compiacimento per le scoperte fatte, ma nel lungo periodo no: abbiamo bisogno degli altri, oggi e domani. Abbiamo bisogno dell’Altro. Ma da dove cominciare? “Per incontrarsi si deve uscire”: niente di più vero. Non possiamo pensare di incontrare gli altri stando fermi. Significa assumersi il rischio e
la responsabilità di fare dei passi, tangibili, qualche volta anche faticosi. Non posso pensare di conoscere il Fuoco se non vado alle riunioni o alle uscite, se non so niente della vita delle altre sorelle. Perché non è solo una questione di qualità della nostra presenza ma anche di quantità, di riconoscere dal non detto tante cose che solo con il tempo e con buone doti di osservazione si possono cogliere. “Per incontrarsi bisogna entrare nel mondo dell’altro”: Non posso giudicare comunità, culture, religioni di cui ho una conoscenza assolutamente superficiale. Hai mai notato che di fronte a ciò che non conosciamo abbiamo sempre paura? “Per incontrarsi dobbiamo farci vicini” perché l’amicizia comporta una certa uguaglianza, ci fa diventare fratelli e sorelle, anche più vulnerabili. “Per incontrare Gesù bisogna fargli spazio”: se tutto è già occupato, già programmato, tutto presuntuosamente conosciuto, come faremo a farci stupire, a riconoscerlo quando ci viene incontro, Lui per primo? Buona Strada, Michela
D - 2010
17
Apertamente Vania Ribeca & Martino Piovesan..................................................................
Relazione:
rapporto~empatia~lode~altruismo~zelo~integrazione~onestà~necessità~elezione
P
rovate anche voi, magari aprendo una riunione o un’attività, provate a “giocare” con le parole, partendo da quella su cui volete riflettere. Da ogni lettera che forma la parola in questione, tiratene fuori un’altra ad essa connessa e sviluppate un confronto anche attraverso le vostre esperienze. Non sarà facile (in alcuni casi, come in relazione la Z, si può andare incontro a qualche forzatura) ma vi aiuterà a sviluppare il concetto. Prendiamo appunto il termine RELAZIONE.
R come rapporto: fondamentale perché tra due entità, qualsiasi esse siano, nasca una relazione. Fino a che una qualsiasi entità ci resta estranea, sconosciuta, non potremo mai innescare una relazione. E come empatia: indiscutibilmente le relazioni più forti, più durature sono quelle empatiche. L’empatia infatti (parola che deriva dal greco…) 18
CarnetdiMarcia
veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l'autore-cantore al suo pubblico. Ma già quando ci svegliamo la mattina, pur senza essere artisti, capiamo quanto empatici saremo con il mondo durante la nostra giornata! L come lode: già perché per ogni relazione di cui ci è stato fatto dono, dobbiamo rendere grazie. C’è sempre un disegno dietro i nostri legami, dietro la ricerca, l’incontro. Il cristiano non naviga a vista, ma segue un cammino che Gesù ha indicato e su questa strada non siamo mai soli. A come altruismo: come può nascere una relazione se non ci apriamo alla scoperta, all’accoglienza, al bisogno dell’altro e al bisogno che l’altro ha di noi? Z come zelo: beh questa può sembrare una forzatura come scrivevamo, ma se pensiamo che lo zelo è una delle qualità fondamentali nel mondo del lavoro, e anche negli studi, il paragone regge
benissimo. È la diligenza, lo scrupolo, l’attenzione che mettiamo nello svolgimento dell'impegno preso e lo stesso vale per le relazioni. I come integrazione: il termine è quanto mai attuale. Qualcuno di noi già a scuola, nel quartiere, nel gruppo di amici, ha potuto incontrare persone diverse per etnia, religione, costumi. L’intergrazione è un passaggio fondamentale per la realizzazione di una relazione. Non sempre chi ci è di fronte viene dal nostro stesso percorso di vita, ma non per questo può essere lasciato ai margini, anzi costituisce un arricchimento.
O - come onestà… N - come necessità… E - come elezione…
Provate voi ora… confrontatevi sul perché questi termini entrano in RELAZIONE con il termine da cui siamo partiti! È importante però fare una riflessione: queste parole vengono spesso svilite dagli atteggiamenti incoerenti dell’umanità. Con troppo superficialità si tende a giustificare, quando invece il nostro impegno può fare la differenza. Adoperiamoci ogni giorno per restituire la dignità a queste parole e a renderle credibili agli occhi di chi ha smesso di sperare, o peggio ancora ha scelto di non crederci. Buona Strada! Martino e Vania
Nella nostra rubrica non può mancare la segnalazione di un film o un libro che possano aiutarci a vedere le cose in modo più chiaro. Vi segnaliamo il film, divertentissimo e geniale con Claudio Bisio “Si può fare”, un inno alle relazioni tra essere umani anche quando possono sembrare impossibili.
La trama: Milano, primi anni '80. Nello è un sindacalista dalle idee troppo avanzate per il suo tempo. Ritenuto scomodo all'interno del sindacato viene allontanato e "retrocesso" al ruolo di direttore della Cooperativa 180, un'associazione di
malati di mente liberati dalla legge Basaglia e impegnati in (inutili) attività assistenziali. Trovandosi a stretto contatto con i suoi nuovi dipendenti e scovate in ognuno di loro delle potenzialità, decide di umanizzarli e farli uscire dall'emarginazione in cui erano stati relegati, coinvolgendoli in un lavoro di squadra. Andando contro lo scetticismo del medico psichiatra che li ha in cura, Nello integra nel mercato i soci della Cooperativa con un'attività innovativa
e produttiva. "La follia è una condizione umana" dichiarava Basaglia, psichiatra. "In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla". Prima dell'introduzione in Italia della "legge 180/78", detta anche legge Basaglia, i manicomi erano
spazi di contenimento fisico dove venivano utilizzati metodi sperimentali di ogni tipo, dall'elettroshock alla malarioterapia. Il film si colloca proprio negli anni in cui venivano chiusi i primi ospedali psichiatrici e s'incarica di raccontare una società impreparata ad accoglierne gli adepti. L’esperienza raccontata però ci insegna che c’è sempre una speranza, che da una relazione che può sembrare “folle” può nascere un grande successo! D - 2010
19
Giocare il Gioco a cura del Mago G.........................................................................................
Il tuo autoroscopo Per diventare Qualcuno. Per fare della tua vita qualcosa di bello. Per iniziare e portare avanti grandi cose. Cose che cambiano il mondo. Un segreto: conosci te stesso. Sì, ma come? Leggi quanto segue e lo scoprirai... Per conoscere i segreti del tuo autoroscopo rispondi alle domande qui di seguito (non di fretta, ma sforzandoti di rispondere a ciascuna delle domande con un sì o con un no). Se hai potuto rispondere lealmente almeno 8 volte su 10 con un “SÌ”, allora possiedi molto bene la qualità di cui si tratta. Se hai da 5 a 7 “SÌ” possiedi solo benino tale qualità. Se hai 6 o più “NO” è perché scarseggia veramente. Nessuna esitazione allora. Mettiti presto a coltivare, per almeno un mese, o anche di più se necessario, questa famosa qualità.
MEGLIO DEI GIAPPONESI Il Giappone è stato chiamato "il paese della cortesia". Si danno i titoli più altisonanti. Si riceve il più umile dei visitatori come un principe. Squisita cortesia certamente, ma è una questione di usanza o viene dal cuore? Tutto sta lì. E tu, fai meglio dei giapponesi? Il tuo primo gesto al mattino è quello di dire buongiorno al Signore?
Sì
No
E subito dopo auguri il buongiorno ai tuoi genitori (o fratelli e sorelle, chi abita con te, ecc.)?
Sì
No
Dici sempre grazie con un buon sorriso quando ti si regala qualcosa?
Sì
No
Hai l'abitudine di alzarti per cedere il posto quando, dove ti trovi, non ci sono abbastanza sedie per tutti?
Sì
No
Quando incroci su una scala una persona anziana le cedi la parte della rampa?
Sì
No
Quando cammini sulla strada accanto ad una persona anziana, stai sul bordo del marciapiedi per evitarle di essere costretta a scendere?
Sì
No
Fai attenzione a non interrompere coloro che stavano parlando, prima di te?
Sì
No
Quando ti viene presentato un piatto di dolci o di frutta, prendi il dolce o il frutto che ti sta davanti anziché scegliere il più grosso?
Sì
No
Sei infastidito quando pronunci parole grossolane o poco cortesi nei confronti di qualcuno?
Sì
No
Numero dei “SÌ”: .... Sostituendo i “NO” con dei “SÌ” diventerai:
Tutti i tuoi gesti di gentilezza provengono veramente dal tuo cuore?
Sì
No
-.-. | --- | .-. | - | . | ... | .
"La guida è cortese e generosa" - "Lo scout è cortese e cavalleresco" 20
CarnetdiMarcia
4
c.i.t.
4chiacchiereintenda Continua la nostra "rubrica fumetto" con le divertentissime vignette da voi realizzate... vi ricordiamo che potete mandare le vostre "4chiacchiereintenda" direttamente alla mail della redazione. Buona lettura!
D - 2010
21
Vita da Rover... Clan Gufo Talentuoso di Maiolati Spontini (AN)...........................................
Challenge 2010 dare il meglio di noi stessi in ogni circostanza
C
ome ormai ogni anno, l’8 e 9 maggio si è svolto presso il paesino di Castelletta il Challenge della Regione Marche. Per la prima volta il neonato clan Gufo Talentuoso di Moie di Maiolati Spontini è riuscito ad aggiudicarsi la competizione con grande sorpresa della pattuglia vincente “I Fiaschi”, composta da Edoardo Dottori e Paolo Bartoloni, e del capo clan Juri Baglioni. La sfida tra i Rover si è articolata nell’arco dei due giorni ed ha previsto l’utilizzo di dispositivi GPS, che ci hanno permesso di percorrere il giusto sentiero senza l’utilizzo della carta topografica e della bussola. Nella prima giornata abbiamo seguito un corso di orientamento finalizzato a comprendere il sistema Gps ed il suo utilizzo e dopo aver preso dimestichezza con i dispositivi è iniziata la vera e propria sfida. La nostra partenza non è stata delle migliori... Dopo numerosi tentativi di risolvere gli enigmi che componevano la prima prova e una camminata ricca di ansia e di preoccupazione, ma anche di grinta e determinazione, siamo arrivati al campo base con venti minuti di distacco dai primi arrivati. L’indomani siamo riusciti a completare tutte
22
CarnetdiMarcia
le risposte, ma siamo riusciti a partire solo dopo gran parte delle altre pattuglie. Lo spirito dello Scoutismo però ci insegna a non darci per vinti e a saper sorridere e trovare la forza di andare avanti in ogni situazione, così ci siamo buttati a capofitto in quello che il Challenge rappresenta veramente, cioè la sfida con noi stessi. Non ci siamo più chiesti a che punto eravamo o quanta strada mancasse ancora, né ci siamo domandati quante pattuglie ci precedessero sul cammino o quanto la prova appena superata ci fosse riuscita bene, ma abbiamo semplicemente pensato a dare il meglio di noi stessi in ogni circostanza, a fare come siamo soliti dire noi scout: del nostro meglio. Così facendo siamo riusciti pian piano ad assottigliare il distacco dalle altre pattuglie e a collezionare ottimi punteggi. Le coordinate del primo punto ci hanno portato alla prima tappa, in cui si svolgeva la prova di botanica che consisteva nel raccogliere e riconoscere, lungo tutto il percorso, piante officinali come l’Achillea, il Cardo o la Borsa del Pastore. Fortunatamente la ricca vegetazione del monte Revellone ci ha procurato tutto quello di cui avevamo bisogno e alla prova successiva avevamo
vita da Scolta già collezionato un erbario di tutto rispetto. Siamo poi riusciti a superare brillantemente il test di pronto soccorso che prevedeva anche la simulazione di una telefonata di emergenza al 118. Zaino in spalla e via verso una nuova meta, sempre più decisi a dare tutti noi stessi; precipitandoci per il sentiero, siamo presto giunti a destinazione dove ci siamo cimentati nell’ardua impresa di montare un mobile e siamo venuti a capo del problema in un tempo da record. Ormai la fame si faceva sentire ed il sole picchiava forte sulle nostre spalle, ma prossimi alla
D
opo esserci riuniti in quadrato, Giacomo, l’incaricato regionale, ha iniziato ad annunciare ad alta voce la classifica partendo dagli ultimi posti, e ogni volta che il nome di una pattuglia veniva pronunciato la convinzione di essere noi i prossimi cresceva… Con nostro grande stupore ci siamo sentiti chiamare al centro del quadrato, eravamo due sole pattuglie all’appello, “I Fiaschi” di Moie e “Fava, Lonza e Pecorino”di Pergola. Sentivamo battere i cuori come tamburi, finché Giacomo non ha scandito a gran voce che la nostra era la pattuglia prima classificata! La gioia è stata incontenibile e le emozioni provate indescrivibili, abbiamo iniziato a ridere, saltare, scherzare e non ci sembrava vero, perché quel sogno che vedevamo lontano era diventato realtà ed è questo l’aspetto stupendo dello Scoutismo, ti fa provare emozioni
meta, solo una prova si frapponeva fra noi e l’arrivo. Scalata di fretta e furia una collinetta cantando a squarciagola per non sentire la fatica, ci siamo ritrovati di fronte uno spettacolo bellissimo, una prova di arrampicata, che suscita senza dubbio in ogni scout fascino e voglia di cimentarsi. Arrampicati su degli alberi ed gettati con imbragature di fortuna, eravamo ormai certi che la meta fosse più che mai vicina, così con le ultime energie, abbiamo abbandonato il sentiero e ci siamo buttati a capofitto verso la destinazione finale: il paesino di Castelletta che ci aspettava!
che nient’altro ti può dare, crea amicizie sincere che niente può distruggere e ci insegna che una pietra dopo l’altra possiamo raggiungere i nostri obbiettivi, con umiltà, dedizione e spirito d’altruismo. Credo che ognuno di noi, ogni Scout, porterà sempre con sé i ricordi di ogni passo percorso insieme, di ogni goccia di sudore versata per raggiungere la meta, di ogni sorriso scambiato nei momenti di gioia ed in quelli di difficoltà e quando sarà giunta l’ora di guidare da soli la nostra canoa, ognuno di noi saprà trovare la forza per andare avanti da quei ricordi, ed allora ricorderemo di essere tutti fratelli, e di avere percorso tutti insieme la strada più bella di questo mondo, la strada dello Scoutismo. Buona strada, Ghiottone Goloso e Cervo Pragmatico D - 2010
23
Vita da Rover... Andrea Di Cristina - Villabate 1.....................................................................
IO E L'ALTRO
“Gli incontri più importanti sono combinati dalle anime prima ancora che si vedano” Paulo Coelho
L
eggendo queste semplici parole mi è balenato all'istante la parola "incontro". Quante persone hanno incrociato il nostro cammino? Con quanti è avvenuto un incontro e non una semplice conoscenza? Con quanti di loro è nata una sinergia e dell’empatia? Quante di esse abbiamo considerato nostro prossimo? Cosa è scaturito dall'incontro? Dall'incontro nasce la relazione, la sola che consente di penetrare davvero nell'identità dell'altro, per cogliere in lui il bene che c'è. Ma comunicare con l'altro è anche saper gestire le proprie fragi24
CarnetdiMarcia
lità, saper amare con cuore libero, saper trovare il tempo per fermarsi, per ascoltare e comprendere senza perdere la propria identità. Il rapporto interpersonale è qualcosa di più di uno scambio di informazioni: è l'incontro di due persone con tutta la loro ricchezza e profondità. Sicuramente, con pochissime persone ci è capitato o ci potrà capitare di vivere questo incontro. Siamo fatti per comunicare, per la relazione e la nostra vita si svolge attraverso una molteplicità di relazioni con noi stessi, con gli altri. La stessa immagine che abbiamo di noi stessi, la valutazione delle
vita da Scolta nostre possibilità non sarebbero possibili senza l'incontro con gli altri. Le loro reazioni sono una preziosa informazione che riflette l'immagine che gli altri si fanno di noi. Sono gli altri che ci rivelano noi stessi. Sono il metro di misura per conoscere se stessi e dove si sta andando attraverso un approfondimento della propria realtà e dei propri obiettivi; è possibile arrivare ad una maturità di relazione che non significa assenza di problematiche e di conflitto, ma trova un fondamento importante nel saper conoscere e gestire le proprie fragilità ed un progetto di esistenza in favore di sé e dell'altro. Più si vive in profondità e si è capaci di guardare con onestà se stessi, più si è in grado di essere attenti all'altro in una disponibilità ad incontrare l'altro non solamente in superficie. Oltrepassare l'apparenza porta a stupirsi dei doni dell'altro, a considerare i suoi talenti. Esistono persone nelle nostre vite che ci rendono felici per il semplice caso di avere incro-
È
il dialogo il segreto per uscire dalla solitudine; dialogare significa andare oltre per raggiungere l'altro. In questa direzione trova spazio anche la comunicazione che significa trasmettere parte di quello che si è e si ha agli altri; è educarsi alla socializzazione per vivere pienamente, sapendo interagire nella complementarità dei ruoli, educarsi alla disponibilità per il bene comune, dare all'altro la possibilità di aiutare e di essere aiutato attraverso la socializzazione per sentirsi membri. Ci sono tanti incontri nella nostra vita, ma solo
ciato il nostro cammino. C'è bisogno di tempo per ascoltare veramente le persone che avviciniamo; la relazione ha bisogno di tempo per crescere perché è qualcosa di dinamico, che cresce e le persone crescono, cambiano, maturano. L'esperienza della pazienza insegna ad ogni singola persona e porta a saper attendere i tempi altrui nella comprensione. Assumere il suo modo di vedere le cose e le situazioni non offre solo la possibilità di sentirsi capito senza confondersi con l'altro, ma è capire le sue preoccupazioni ed essergli accanto nel modo di percepire che può essere diverso dal nostro, comprendere ed accogliere il mondo dell'altro senza rinunciare al proprio. Incontrare l’altro è occasione per percepire e sperimentare l’agape, quell’amore di dilezione che vuole il bene altrui. L'esperienza nello Scoutismo della socializzazione ci fa conoscere, scambiare opinioni, entrare in amicizia.
alcuni restano indelebili e misteriosi. Quasi quasi ci domandiamo: ma chi mi doveva dire di dover incontrare lui? Proprio perchè nell'incontro abbiamo percepito quel "magis"; abbiamo percepito che dietro c'era la mano di Dio, proprio perché dal confronto fraterno nascesse un esperienza di fede. Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un poco di sè e prende un poco di noi. Ci saranno quelli che prendono molto, ma non ci sarà chi non lascia niente. Buona Strada D - 2010
25
Custodi della terra Marco Fioretti................................................................................................
Attenti all'acqua e... al rimanere isolati
Nella puntata di “Scienze dei Boschi” del numero scorso di CdM avevo scritto: “Prima di tutto [le bottiglie di plastica] non dovremmo averle affatto, perché acqua e bibite in bottiglie di plastica hanno costi ecologici e sanitari enormi (vedi prossima puntata dei Custodi)”. Oltre a mantenere quella promessa solo in parte, vorrei parlarvi di qualche lettera che ho ricevuto negli ultimi mesi.
Cominciamo allora con l'acqua. L'acqua pulita, potabile o no, è indispensabile per una vita decente ed è una risorsa naturale scarsa almeno quanto il petrolio, ma questa non è per niente una cosa scontata. Altrimenti l'ONU non avrebbero dovuto scomodarsi proprio quest'anno per aggiungere ai diritti umani fondamentali quello all'acqua potabile. Essere Custodi significa anche ridurre il più possibile gli sprechi di questa fonte di vita. Premesso questo, la gestione dell'acqua è uno dei problemi più gravi del nostro tempo e in questo piccolo spazio non ho certo la pretesa o il desiderio, anche se ne fossi capace, di affrontare problemi globali come desertificazione, gestione di bacini fluviali o acquedotti e cose del genere. Qui, come al solito, voglio limitarmi a cose piccole e concrete della nostra vita quotidiana, quelle su cui, come Scout Custodi, possiamo intervenire più velocemente ed efficacemente. Partiamo da un fatto che ci riguarda tutti: in Italia metà dell'acqua è consumata per usi agricoli, il 20% per uso industriale, il 10% per produrre energia
e solo il 20% per uso civile, cioè (più o meno) personale e diretto di ogni individuo (fonte: Legambiente, 2007). Aggiungendo a questi numeri il fatto che, in molte zone d'Italia, tantissima acqua potabile sparisce per perdite negli stessi acquedotti sembra quasi che sia inutile affannarsi come individui per non sprecare acqua, giusto? Sbagliato. Certo, il contributo di un singolo individuo conta poco sul totale, ma le azioni e soprattutto l'esempio di tanti individui la differenza la fanno eccome, soprattutto quando le azioni di cui parliamo non sono roba da martiri o supereroi ma cose semplici e normalissime. Eccone alcune che forse sono un pò meno facili da vedere di altre.
Link da non perdere: Il dossier di Legambiente sull'emergenza idrica in Italia si può scaricare da www.legambientedoc.it/acqua/emergenza_idrica2007.pdf. L'articolo “Convinzioni potabili” (http://bit.ly/aZRbXD) sfata parecchi luoghi comuni a sfavore dell'acqua di rubinetto. Se conoscete l'inglese, provate il test sulla “impronta idrica”, cioè su quanta consumate per non solo per bere, cucinare e lavarvi, ma anche per tutti gli oggetti che avete in casa: www.waterfootprint.org/?page=cal/WaterFootprintCalculator. Un riassunto in italiano degli stessi calcoli si trova su www.piovesolidarieta.org/?p=1347.
26
CarnetdiMarcia
La prima cosa da fare per ridurre seriamente i consumi di acqua globali è ragionare e... consumare di meno. Non l'acqua, ma tutto il resto: plastica, cibo, bibite gassate, telefonini, energia... Mi ha colpito molto, tempo fa, leggere che “[se non si farà qualcosa in proposito, in molte parti del mondo] tutta l'energia disponibile servirà per produrre acqua e tutta l'acqua disponibile servirà per produrre energia”, cioè per raffreddare turbine o farle girare. Sapevate poi che servono quasi 10000 litri d'acqua per fabbricare qualche decina di circuiti integrati e 200 per una lattina di Coca Cola? O che queste e tante altre produzioni spesso avvengono sottraendo quell'acqua all'agricoltura, in paesi che ne hanno anche meno di noi? Per favore, da oggi in poi teniamone conto prima di riempire il carrello di bevande gassate o cambiare l'ennesimo telefonino, computer o console che ancora funzionano benissimo. Ci sono tantissimi modi di fare o non fare acquisti in maniera intelligente che, oltre a tanti altri vantaggi possono anche far risparmiare acqua, anche in paesi lontani, senza spostarsi da casa.
Occhio alla dieta Anche di acqua o sull'acqua italiana c'è tanto che si può fare, dall'automobile (i veri amici vi vorranno bene anche se non la lavate ogni sabato) allo sciacquone: metterci una o due bottiglie chiuse fa consumare meno acqua anche dove non è possibile installare scarichi a doppio pulsante (vedi link per i dettagli). Di altri ottimi e semplici consigli per non sprecare in casa acqua italiana sono pieni i siti citati alla fine dell'articolo, quindi non starò a ripeterli: c'è solo da stamparli, appendersene una copia in Sede o nel Carnet di Marcia e seguirli regolarmente. Aggiungo solo che possiamo fare tantissimo anche a tavola. Proprio perchè in Italia consumiamo molta più acqua in campi e pascoli che nelle case, mangiare senza esagerare e dando la giusta importanza a frutta e verdura fa
risparmiare tantissima acqua, oltre a far bene! Per esempio, per produrre un solo chilo di carne bovina servono mediamente 15500 litri, e non credo che quel numero cambierebbe granchè se fosse carne biologica, a km zero eccetera. Visto che in Italia mangiamo mediamente due volte più carne del necessario (fonte: www.inran.it, 2010) e che verdure e legumi hanno un'impronta idrica molto inferiore, la conclusione è ovvia. Passando dal piatto al bicchiere, “nel solo 2008 in Italia sono stati imbottigliati 12,5 miliardi di litri di acqua minerale da 189 fonti” (Legambiente). È indubbio che ci sono parti d'Italia dove non c'è alternativa, ma nella maggioranza dei casi (a partire da Roma, dove vivo io), non c'è nessun bisogno effettivo nè di bere acqua minerale (a proposito, per fabbricare un chilo di plastica Pet, quella delle bottiglie, si consumano 17 litri d'acqua), nè tantomeno di depuratori e brocche più o meno futuristiche col filtro incorporato.
Parliamoci e lavoriamo insieme! Come dicevo all'inizio, nei mesi scorsi ho ricevuto diverse lettere per questa rubrica, in maggioranza di complimenti (grazie!), qualcuna di leggera critica, o meglio di frustrazione. Nel prossimo numero ne citerò qualcuna, cercando di rispondere pubblicamente, perchè c'è una cosa che mi sembra evidente, al termine di questo primo anno trascorso a curare "I Custodi": fra chi legge ce ne sono già tanti che hanno già tanto interesse per questi temi, tanta voglia di fare qualcosa di concreto, tante competenze, ma anche qualche timore di essere delle mosche bianche. Da dove mi trovo adesso posso dire che non è così e che possiamo senz'altro fare qualcosa insieme per applicare il nostro Metodo a questi temi. Cosa e come? Ne parleremo nel prossimo numero. Nel frattempo, scrivetemi! Buona Strada, marco@storiafse.net
Come risparmiare acqua: • www.libertadiscelta.com/come-risparmiare-acqua.html • www.altroconsumo.it/acqua/risparmio-idrico-alcuni-consigli-per-risparmiare-acqua-s107182.htm • www.ecoage.it/risparmiare-acqua.htm
D - 2010
27
Scienza dei boschi Marco Fioretti................................................................................................
Sicurezza nello zaino (e nella testa)
U
na regola famosissima fra gli Scout e i bravi escursionisti in generale è quella dei cosiddetti “tre mucchi”, di cui ho già parlato in queste pagine. Appena tornati da un'uscita o da un Campo, dividere tutto il contenuto dello zaino in: • roba che serve sempre, • roba che serve qualche volta, • roba che potrebbe servire... e nelle uscite successive portarsi soltanto il primo mucchio! Questa regola ha un'eccezione importantissima, se non l'unica, che riguarda il materiale (e le competenze) per il Primo Soccorso. Quelli per il Primo Soccorso sono i soli pezzi d'equipaggiamento e nozioni Scout che meno si usano meglio è, ma proprio per questo non vanno assolutamente trascurati. Bisogna sempre portarli con sè e tenerli in perfetta efficienza. Detta così è semplice, ma in pratica qual è l'equipaggiamento di Primo Soccorso davvero adatto a un Campo Mobile? A pensarci seriamente si vede che è un insieme di cose di cui solo alcune sono materiali e stanno dentro l'astuccio PS vero e proprio. Cominciamo però da quest'ultimo, visto che è il più visibile. Qualsiasi negozio di articoli da trekking vende astucci o borsette specifiche per il materiale di PS: alcuni sono già pieni di cerotti, garze e altri oggetti, altri vanno riempiti, ma tutti sono di un bel rosso ambulanza e quasi tutti hanno fibbie e passanti per fissarli alla cinta o allo zaino. Quest'ultima funzione è più problematica che utile, per il motivo che spiegherò fra qualche riga. Prima vorrei far notare che qualsiasi astuccio o contenitore di plastica va bene, basta che: 28
CarnetdiMarcia
• Non dimentichiate mai di portarlo • Sia davvero impermeabile, o chiuso in una custodia davvero impermeabile
• Sappiate effettivamente usare tutto quello che c'è dentro
• Ci sia tutto e solo quello che serve davvero a voi, non quello che chi voleva spuntare un prezzo più alto per un astuccio superaccessoriato considerava opportuno. Il contenuto di questo astuccio va deciso insieme a un medico o ad altri esperti, vedi sotto • Vi permetta di utilizzarne tutto il contenuto, senza farne cadere metà per terra, anche quando viene appoggiato completamente aperto su un sasso irregolare a lato del sentiero, perchè non c'è altro posto dove metterlo e dovete subito medicare un taglio L'ultimo consiglio è il motivo per cui fibbie e passanti creano più problemi che altro. L'astuccio di PS va portato come si deve! Infilarlo nel cinturone dello zaino o nella cinta dei pantaloni fa molta scena nelle fotografie ma crea solo problemi nella vita reale. Per usare in fretta quello che c'è nell'astuccio quando è necessario, bisogna averlo davanti alle mani girato nel modo giusto, cosa quasi impossibile se sta attaccato allo zaino o ai vostri fianchi. Inoltre, proprio perchè contiene roba delicata, non va portato nelle tasche dello zaino dove potrebbe subire urti. Io lo porto dentro lo zaino, in cima al centro, proprio sotto il coperchio. In questo modo ci metto solo 3 secondi in più per prenderlo che se fosse nelle tasche laterali, ma è molto più protetto da urti e pioggia.
Il materiale di Pronto Soccorso che NON sta nell'astuccio. Lo Scout è laborioso ed economo, ma con il Primo Soccorso non è il caso di risparmiare. Attenzione però: non sto parlando del materiale vero e proprio, ma dei manuali! Mentre per qualsiasi altra tecnica Scout i “testi sacri” delle generazioni precedenti vanno ancora benissimo o rimangono i migliori, da B-P al Boekholt di Mani Abili, competenze e manuali di PS devono essere sempre più aggiornati possibile. La mia biblioteca Scout contiene diversi libri di PS dei decenni scorsi che ormai tengo solo come esempio di cosa non si deve fare nelle emergenze, almeno in certi casi (morso di vipera, soffocamento...). Se i testi vecchi non vanno bene, quali sono quelli nuovi? Non chiedetemelo, perchè... non ve lo dico. Non per dispetto, ma perché non sta a me farlo (è per questo che stavolta non c'è nessun link in fondo all'articolo). La cosa più importante che dovreste assolutamente aggiungere prima possibile al vostro equipaggiamento di Primo Soccorso, infatti, non è qualche oggetto o libro da infilare nello zaino.
È la partecipazione a uno dei corsi di Primo Soccorso organizzati direttamente dalla Croce Rossa Italiana o, in certe zone, da altri enti qualificati. Fate di tutto per organizzare e seguire un corso del genere quest'anno, magari come attività di Clan o Fuoco! Insieme alla competenza specifica un altro “oggetto” che non deve mai mancare nell'equipaggiamento di PS è... la competenza e preparazione rigorosa in tutte le altre tecniche. Scarponi allacciati bene, zaini compatti e bilanciati, coltellini o fornelletti portati al campo solo se in condizioni perfette, igiene maniacale nella preparazione e trasporto del cibo, ottima conoscenza di orientamento e topografia: oltre a far bella figura in fotografia, questi sono tutti strumenti essenziali per “curare” cadute, ustioni, tagli, coliche e via dicendo nel miglior modo possibile, cioè non facendoli accadere. Se non c'è tutto questo è quasi inutile avere l'astuccio di PS da parata. C'è un ultima cosa immateriale da avere sempre nell'astuccio di PS, oltre ad aggiornamento (periodico!) e prevenzione: le idee molto chiare riguardo ai telefonini. Oggi i sentieri sono pieni di persone talmente intelligenti da portarseli dietro come unico materiale di PS. Invece in montagna il telefonino è assolutamente inutile da questo punto di vista, per non dire che crea danni generando false sicurezze: prende solo quando geografia e condizioni meteo lo permettono e comunque non fa assolutamente nulla sul momento, cioè in quei primi minuti dopo un incidente in cui è essenziale prestare un Primo Soccorso efficace. Buona Strada, marco@storiafse.net D - 2010
29
Vita associativa Gipo Montesanto...........................................................................................
“L’uomo fa i programmi e Dio sorride!”
F
orse è proprio questa la frase che mi viene in mente per raccontarvi in poche righe quello che è stato il Campo Scuola Rover di quest’anno. Ci siamo ritrovati a Spoleto, con la staff “mozzata” a causa di una malattia che ha costretto a casa Riccardo. Riorganizzati, partiamo alla volta dei monti Sibillini, con la certezza che il Signore che ci guida non ci farà mancare il suo aiuto. Lungo il cammino incontriamo Padre Pietro, il muratore di Dio (come lui stesso si definisce) presso l’eremo che lui stesso sta costruendo da più di 40 anni. Le sue parole ci fanno capire come si può essere strumenti nelle mani di Dio e cosa voglia dire determinazione e sacrificio, senza mezzi termini. Poco dopo io e Lorenzo, troviamo Ale in lacrime nel boschetto vicino. Aveva appena saputo della morte di Don Francesco Cassol (suo Assistente e fratello scout) e continuava a ripetere, con lo sguardo nel vuoto: “Gli hanno sparato! Gli hanno sparato! Ma come è possibile… non ci credo!”. Nessuno di noi dimenticherà mai più quella notte, in cui lo Spirito Santo si è servito della voce e dei gesti di Fra Basito per fare comprendere ad Ale (e a tutti noi) cosa significhi un vero discernimento. Ale quindi riparte per raggiungere i suoi cari a Longarone. Tutti noi siamo vicini, in quei giorni, nella preghiera. Non vi nascondo che anch’io ho fatto fatica a trattenere le lacrime quando, l’ultima sera, fra l’affetto di tanti amici e fratelli che erano venuti a trovarci a Norcia alla serata conclusiva del campo, ho visto Ale venirmi incontro. Era tornato, anche solo per qualche ora, per stare ancora con tutti noi. Concludendo… Forse sì! Ciò che abbiamo imparato è proprio la fiducia nell’azione dello Spirito e l’ascolto dei segni dei tempi. Gipo 30
CarnetdiMarcia
Campo Scuola Rover 2010 Monti Sibillini
P.S. Anche Riccardo adesso ha superato la malattia e fra qualche giorno potremo riabbracciarlo in Pattuglia Nazionale. P.P.S. Chissà che… magari con qualcuno di voi non ci si riveda proprio ad un futuro Campo Scuola di Branca Rover?
Piano redazionale
2009
2011
√ C - IO √ D - Sogni
A - Perdono B - Tempo C - Fatica D - IO PER L'ALTRO E - Vocazione
2010
2012
√ A - Dolore √ B - Coraggio √ C - Sfide √ D - IO E L'ALTRO E - Confronto
A - Paura B - Libertà C - Strada
D - 2010
31
L'altracopertina... di Giorgio Sclip
Riflettendo sugli altri...
"Chi è il mio prossimo?" (Lc. 19,29)
Amare tutti, senza esclusioni di sorta; amare per primi, senza aspettare di essere amati; amare come sé, l’altro sono io, vivere l’altro; amare il nemico; amare Gesù nell’altro, secondo le sue parole: “… l’avrete fatto a Me”. Amare in modo tale da suscitare l’amore nell’altro e diventi così reciproco, secondo il suo comando: amatevi come io vi ho amato”. (C. Lubich)
Niente è più ingombrante del prossimo. IL volto del prossimo dà significato ad una nuova responsabilità che nella sua assenza non avevo. L’incontro che comporta la coscienza dell’altro segna un cambiamento della propria identità (Levinas) L’altro è colui che tu incontri sul tuo cammino, colui che cresce accanto a te, lavora, gioisce o piange accanto a te, colui che ama o che odia accanto a te, colui del quale tu dici: ne ho fin sopra i capelli! L’altro è colui del quale non dici nulla Non pensi nulla, perché tu passi senza guardare e non lo vedi…. L’altro Si chiama Giovanni, Pietro, Antonietta,Signor Rossi, Signora Bianchi, abita nel tuo stesso stabile, lavora nel tuo stesso ufficio,prende lo stesso autobus, siede accanto a te al cinema… L’altro è colui che tu incontri sul tuo cammino… e non lo vedi… (M. Quoist)
La solitudine è il più straordinario mezzo di entrare in intimità con noi stessi. E, paradossalmente , la solitudine è anche il miglior mezzo per imparare a comunicare. Solo conoscendomi, cioè conoscendo la mia interiorità, posso parlare all’interiorità dell’altro... (S. Tamaro)