CARNET DI MARCIA 2011 1

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CarnetdiMarcia Rivista mensile, aprile 2011 • n. 5, anno XXXV • Sped. in abb. post. Art. 2, Comma 20/c, Legge 662/96 Filiale di Padova • ISSN 1127-0667

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Scout d’Europa

PER SCOLTE E ROVER

SALE IN ZUCCA Un dono da Re pag. 10 - 11

VITA DA ROVER... DA SCOLTA Perdono... che botta! pag. 24 - 25

CADENDO DA CAVALLO... C'è un limite al perdono? pag. 16 - 17

CUSTODI DELLA TERRA Una proposta sulla GMG pag. 26 - 27

Perdono


CAPITOLO

INCHIESTA

Sommario Carnet di Marcia ∙ A - 2011 Parole all’immagine.........................................................3 Editoriale La logica della Croce........................................................4 Sale in zucca Che fastidio! Che utopia! o… che occasione?............6 Un dono da Re.................................................................10 A proposito di perdono..................................................12 Cadendo da cavallo... infuocando il mondo C'è un limite al perdono?...............................................16

IMPRESA

Treppiedi, una proposta Perdono: scelta di libertà..............................................18 Apertamente Elenco di motivi per cui perdonare..............................20 Giocare il gioco Il tuo autoroscopo...........................................................22 4 C.i.T.................................................................................23

RUBRICHE

Vita da Rover... vita da Scolta Perdono... che botta!......................................................24 Custodi della terra Una proposta sulla GMG...............................................26 Scienza dei boschi Lasciare il sentiero.........................................................28 Vita associativa Route/Campo Mobine Nazionale 2012........................30 Piano redazionale 2009 - 2012........................................................................31 L’altracopertina Riflettendo sul Perdono... .............................................32

SCOUT D’EUROPA Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo. Anno XXXV • n. 5, aprile 2011 - Carnet di Marcia per Scolte e Rover Direttore Responsabile Giuseppe Losurdo Direttori Michela Bertoni, Gipo Montesanto REDAZIONE DI CDM Coordinamento redazionale Tullia Di Addario, Giorgio Sclip Casella email della redazione

cdm@fse.it RESPONSABILI RUBRICHE • APERTAMENTE: Vania Ribeca. • CADENDO DA CAVALLO... infuocando il mondo: Don Fabio Gollinucci e fra Basito. • SALE IN ZUCCA: Monica D’Atti, Aline Cantono di Ceva ed Elena Pillepich. • VITA DA ROVER, VITA DA SCOLTA: Elena Bratti, Paolo Morassi. • CUSTODI DELLA TERRA: Marco Fioretti. • SCIENZA DEI BOSCHI E OCCHIO!: Marco Fioretti. • TREPPIEDI, UNA PROPOSTA: Commissari di Branca • L’ALTRACOPERTINA: Giorgio Sclip In redazione anche Elena Bratti, Micaela Moro, Gipo Montesanto, Carla Palermo. Hanno collaborato in questo numero: Aline Cantono di Ceva, Tullia Di Addario, Giorgio Sclip, Don Fabio Gollinucci, Micaela Gentilucci, Elena Pillepich, Gipo Montesanto, Vania Ribeca, Marco Fioretti, Monica D'Atti, Federica (Roma15) Progetto grafico simone.salamone@email.it Direzione, Redazione e Amministrazione Via Anicia 10 • 00153 Roma Aut. del Tribunale di Roma n. 17404 del 29/09/1978 • Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/c, Legge 662/96 • Fil. di Padova ISSN 1127-0667 Stampa T. Zaramella - Selvazzano PD

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anoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione. Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi in questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte. Chiuso in Redazione MARZO 2011

Ringraziamo tutti coloro che ci hanno scritto e che ancora non vedono pubblicato su questo numero il loro contributo! Tranquilli, sarete sul prossimo!! 2

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Parole all’immagine

Si può anche non essere perdonati dagli altri, o trovare freddezza e distanza nella persona con cui vogliamo riconciliarci; ma la risposta di Dio alla nostra preghiera viene data dentro di noi. È Dio che fa l'opera di riconciliazione. Dio è il perdono dei nostri peccati. (Mario Canciani) A - 2011

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Editoriale Giorgio Sclip..................................................................................................

La logica della croce

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ari Rover e Scolte, in questo numero di Cdm abbiamo deciso di puntare particolarmente in “alto”, proponendovi alcune riflessioni su un tema - il perdono - che riteniamo molto importante. Ci sarebbero molte cose da dire. Io comincio con il dire qualcosa. “Perdono, ma non dimentico”. Quante volte abbiamo sentito qualcuno, o magari noi stessi, dire queste parole? Questo pensiero mi dà lo spunto per una prima riflessione: non è necessario dimenticare, anzi. Dimenticare non è certamente “la soluzione” perché non aiuta a crescere, non arricchisce il nostro zaino di un’esperienza importante come potrebbe essere quella di perdonare un torto, una ingiustizia, l’amarezza, il rancore, una violenza subita. Certo, direte voi, fino a qua potrei essere anche d’accordo, ma… a volte perdonare è difficile. Certo che lo è, si potrebbe anche dire di più, e cioè che perdonare è talmente difficile che a volte non è umano! Come possiamo perdonare da soli? Non possiamo. Troppo spesso dimentichiamo un aspetto fondamentale: che non siamo soli! Da soli potremmo fare ben poco, al massimo potremmo accantonare il problema pronti a ritirarlo fuori quando si ha qualcosa da rinfacciare, quando si ha l’occasione di togliersi il classico sassolino dalla scarpa: umanamente succede così, lo sappiamo. Noi possiamo perdonare 4

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soltanto perché Dio ci ha perdonato attraverso Gesù sulla Croce. Gesù è stato inchiodato sulla Croce per i nostri peccati e, nonostante abbia sopportato oltraggi ed insulti, ha saputo dire: "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno". Dio ci ha perdonati per primo, ecco perché possiamo perdonare. Il fatto è accaduto circa 2000 anni fa e lo conosciamo bene, ma spesso e volentieri lo dimentichiamo. Per dirla con le parole di un grande dei nostri tempi, don Tonino Bello, “la croce, l’abbiamo attaccata con riverenza alle pareti di casa nostra, ma non ce la siamo piantata nel cuore. Pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte. Le rivolgiamo inchini in chiesa, ma ci manteniamo agli antipodi della sua logica”. Perdonare significa quindi seguire la logica della croce. Senza dimenticare, rimuovere, “resettare” quanto accaduto, ma anzi mantenere la memoria dell’offesa subita, e quando riaffiora nei pensieri cogliere l’occasione per ringraziare Dio che ci ha dato la grazia di aver già perdonato. Fissare lo sguardo su Gesù, morto per tutti, anche per colui che t'ha offeso, e desiderare che l'opera di Gesù si completi anche nei tuoi “nemici”. Concordo con te… non è cosa da poco…ma se crediamo a quel fatto successo 2000 anni fa, il perdono è una “chiave’’, o meglio “la chiave”, il mezzo che ci è stato dato per


dono, per scardinare le logiche umane di questo mondo. Voglio scendere nel concreto (bisogna farlo sempre, altrimenti le nostre rischiano di restare solo belle parole) con un esempio che mi è caro, che mi coinvolge nella realtà in cui vivo, per tentare di seguire la logica della croce e lasciare il mondo migliore di come l’ho trovato. Nel mio piccolo, nel mio “orizzonte di normalità”, di quotidianità, come ama ripetere don Luigi Ciotti, cioè in quel pezzo di mondo che mi circonda. “Non adattatevi alla mentalità di questo mondo” (Rm 12,2), avevamo deciso di appendere a caratteri cubitali nella sede del mio Clan ad Opicina (Trieste), paese vicino al confine con la ex Jugoslavia che ha alimentato per tanti anni rancori come conseguenza di una miriade di tristi storie che hanno tormentato, umiliato e fatto soffrire le persone di queste terre. Una ferita difficile da dimenticare, anche perché per complessi motivi storici, da sempre, ed oggi che i confini sono fisicamente spariti, ancora di più, le due etnie si trovano a con-vivere gomito a gomito. In situazioni come queste la logica umana, che non è quella del perdono, non ha soluzione: anzi. Casi estremi, purtroppo anche sfruttati da politici di turno, suggeriscono che la soluzione sia quella di alzare un muro di indifferenza, oppure anche fisico (Gaza, Padova, ma non solo…). Questo perché siamo in tempi di pace. L’apparenza è salva. Nessuno spara. Ma è giusto accontentarci di così poco? Esperienze che ho vissuto mi hanno interrogato: cosa significa nel concreto seguire la logica della croce, del perdono, dell’amore in questa realtà? Cosa significa “lo scout è amico di tutti e fratello di ogni altro scout”, in questo particolare contesto? Cosa significa “lasciare il mondo migliore di come l’ ho trovato” in questo angolo di Italia? È richiesto di superare la logica umana e trovare tutte le strade possibili per costruire ponti e abbattere muri, ma, scusate se puntualizzo, non in maniera generica del tipo impegnarsi “per la pace nel mondo”, “per tutti i popoli del mondo” (senza riferimento a persone, a volti, a storie conosciute) ma, e ritorno al mio paese, ad esempio con chi entra nella tua

stessa chiesa la domenica per andare alla messa pronunciata in un'altra lingua, con chi vive nel tuo stesso paese e incontri quando vai a comperare il pane. In cosa si concretizza l’impegno? Nel superare, perdonare le colpe del passato, e pur comprendendo chi ancora vive prigioniero della storia vissuta sulla propria pelle, cercare occasioni concrete di dialogo, per conoscere e valorizzare gli aspetti che possono contribuire ad unire piuttosto che dividere, nel lavorare per sanare le ferite e costruire esperienze positive di comunione. Un perdono quindi che è, in questo caso, la base, il punto di partenza per costruire qualcosa, per non accontentarsi di una calma apparente. Questo senza cercare di dimenticare, ma anzi partendo da quello che la (triste) storia ha insegnato. Perdonare. Amare. Senza questa “chiave” è difficile superare molte situazioni, è difficile aprire molte porte. È necessario perdonare perché la mancanza di perdono con il suo bagaglio di odi, risentimenti e amarezze non ci fa vivere bene. Se poi dal perdono offerto nasce una relazione con l’altro, è come quando in aereo si bucano le nuvole e sopra risplende sempre il sole: si entra in un’atmosfera in cui anche se si è molto diversi ed a volte ci si conosce appena, si entra in piena sintonia; ogni cosa va a suo posto e quando si è fatta una volta questa esperienza, rimane il desiderio di ripeterla. Dal perdono dato per amore nasce un rapporto più profondo e più spirituale. È un'esperienza che vorrei facessero tutti, soprattutto chi vive come voi in una comunità come sono il Clan e il Fuoco. Senza dimenticare la famiglia, gli amici. Vivendo insieme, anche le piccole cose fatte o dette in disarmonia recano sofferenza. Chi vive insieme ha occasioni quotidiane per chiedere perdono e per perdonare. Sette volte? No, non mettere limiti alla tua pace, all'amore di Dio in te; non mettere persiane davanti al sole che vuole entrare nel tuo cuore. Non porre confini alla tua grandezza, non farti così piccino da calcolare l'amore: non sarebbe più amore. Settanta volte sette! Tieni il tuo cuore aperto all'eternità senza confini di Dio e ricorda: non sei solo! A - 2011

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Sale in Zucca Aline Cantono di Ceva...................................................................................

Che fastidio! Che utopia! o… che occasione? Intervista a Carlo Castagna, l’uomo che nel 2006 perse moglie, figlia e nipotino nella strage di Erba.

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ccoci qui, al nocciolo della questione… è inutile… qualsiasi tipo di relazione s’intraprenda, presto o tardi, ci troviamo a fare i conti con lei, è inevitabile… puoi tentare di dimenticare, di ingoiare, di reagire ma non c’è nulla da fare, se credi nei rapporti onesti, ti si para necessariamente davanti e devi fare i conti con lei, con la tua capacità, o meglio, desiderio di perdonare. Ed è un sassolino nella scarpa estremamente fastidioso, che ci rinfaccia la nostra inadeguatezza, ci ricorda che siamo umani perché, in questo frangente, se mi fai un torto, se non me lo merito, da soli proprio non jela si fa… il perdono è qualcosa di Miracoloso che non mi appartiene naturalmente, non mi fa guadagnare applausi perchè non è farina del mio sacco, ma mi costringe a rivolgere lo sguardo in Alto. E allora, se riesco a rinunciare alla pretesa di essere 6

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un super uomo o un vendicatore di torti subiti, e mi abbandono, e mi scopro peccatore anche io, e spalanco gli occhi, e vedo e sento l’Amore immenso di cui sono oggetto, ecco, allora, la bellezza diventa reale anche nell’assurdo e nell’ingiusto, e perdonare diventa l’impossibile possibile. Si direbbe quasi una formula matematica: il riuscir a perdonare è direttamente proporzionale al mio bisogno di essere perdonata = più riconosco i miei difetti > più gioisco se mi si ama per come sono > più la riconoscenza e la gratitudine mi pervadono > più perdonare diventa necessario. È la sfida più difficile che ci si presenta nella vita perché ha a che fare con il dolore e la sofferenza, ma è una sfida grandiosa perché, se siamo furbi, ci fa stare finalmente abbracciati stretti stretti al Padre!


interviste È l'11 dicembre del 2006 quando, in un appartamento nel centro di Erba, tre donne ed un bimbo vengono uccisi a coltellate dai vicini di casa , i coniugi Olindo e Rosa Bazzi. La strage, premeditata, ha motivi banali, invidie, rancori. La coppia viene condannata all’ergastolo. Eppure, di fronte a tanta efferatezza e dolore, Carlo Castagna, marito, padre e nonno di tre delle vittime, sceglie da subito la via del perdono, un perdono che non è sentimentalismo né strategia pubblicitaria perché è un perdono che perdura nel tempo e a distanza di 4 anni non è venuto meno. Anzi.

Signor Castagna, cos’è il Perdono? È una Grazia che mi sono trovato a poter disporre, perché Qualcuno mi ha aiutato a trovarla. Il merito è di Paola, mia moglie, e ancora prima dei genitori, dei parenti, dei religiosi e dei sacerdoti, che mi hanno accompagnato nella crescita. La questione è semplice: quando uno sbaglia, il Padre lo perdona. Noi uomini a volte non ce ne accorgiamo, ma siamo investiti dal perdono di Dio, quasi in maniera esagerata, abbondante, superiore alla miseria dei nostri errori. Il Padre ci accoglie tra le sue braccia, nonostante non lo meritiamo. Noi tutti siamo oggetto di perdono, lo abbiamo ricevuto, continuiamo a riceverlo e lo riceveremo ancora, e dobbiamo a nostra volta essere capaci di offrirlo indistintamente agli altri uomini. Non sempre ci riusciamo, non sempre ne siamo capaci, ma il nostro sforzo deve essere questo.

Ma come si fa? Non ho deciso io di perdonare. Sono un poveraccio, che perdono potrei mai concedere io? Carlo Castagna, per come è fatto, quel giorno avrebbe imbracciato un fucile per sistemare le cose. Invece è stata una grazia, non è andata così. Io cammino su strade battute da altri prima di me. La disponibilità a perdonare nasce dall’educazione che ho ricevuto dai genitori, dai nonni, dai nostri vecchi: gente che non aveva grande cultura, ma con una fede che scorreva nelle vene come il sangue. La mattina dopo la strage mia suocera Lidia, 85 anni, mi disse: “Carlo, chiunque sia stato dobbiamo perdonare. Dobbiamo chiedere al Signore il coraggio di distenderci anche noi sulla Croce, non potremo più recitare il Padre Nostro se non perdoniamo". Mia moglie e io avevamo sempre in mente una frase scritta sulla facciata della chiesa di un paese qui vicino, riferita alla croce: ‘Se mi accogli ti sorreggo, se mi rifiuti ti schiaccio’. Contiene una grande verità. Il perdono non è frutto del buonismo, che prima o poi finisce, né della mia bravura: è un dono che Dio ci dà perché la vita possa ricominciare. Ecco, il perdono, viene da Lassù.

Mai un momento di rabbia? un desiderio di vendetta? Vendetta e rancore no, sono parole che non sono mai state pronunciate in casa nostra, ma dire “me la lego al dito", quello sì. Anche mia moglie Paola, era buona ma non buonista, se le pestavi i piedi reagiva. Anche io ho rischiato di soccombere sotto questo fatto, sotto la logica del “me la lego al dito". Però poi ho pensato: basta un dito per quel che mi è successo? Dovrei legarmelo alla mano, al braccio? ma nemmeno quello basta. Avrei dovuto fasciarmi tutto, come una mummia. Appunto. Ho preferito rinunciare a legarmi, rimanere libero. Il fatto è che puoi avere tutte le ragioni del mondo per non perdonaA - 2011

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Sale in Zucca

re, ma se non perdoni soccombi sotto il peso del rancore. Ho ritenuto che non dovessi vivere odiandoli (Olindo e Rosa), sarebbe stato per me una tragedia. Io vivrei di angoscia se passassi le mie ore nel livore, macerato dall'odio. Il perdono invece rende liberi, aiuta a dimenticare, non nel senso che scordo i miei cari, ma quando penso che sono morti sento solo che non li ho più, non che sono stati uccisi. Il perdono non serve ai colpevoli, non ho mai pensato “chissà come la prenderanno loro", serve a te, e Paola avrebbe voluto così, di certo il suo ultimo pensiero non è stato “Speriamo che mio marito ci vendichi tutti".

Il perdono l’ha quindi aiutata a superare la sofferenza? Non voglio passare per un marziano. Il perdono non cancella il dolore, e neppure lo attenua, ma mi aiuta a viverlo in modo diverso: la sofferenza è del cristiano, la tristezza no; perché soffrire tanto vuol dire aver amato altrettanto. Sono convinto che dove abbonda il dolore, sovrabbonda la grazia. Nella mia vita l'ho visto. Ed è così che 8

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posso dire - non pensatemi matto - che il dolore diventa gioia. Non disperazione, ma gioia per aver avuto al fianco i tuoi cari. Ho fatto un patto col Padre eterno, mi sembra che lo stia rispettando: gli ho detto "Lasciami tutto il dolore, ma dammi tutta la forza per viverlo". Io l'ho proprio pretesa, implorata, questa forza. Sono stato molto aiutato, ma devo dire che oggi se il dolore è 100, la mia forza è 101. È necessario che sia così, perché se fosse anche solo 99, soccombi. Se mi avessero detto prima "Carlo preparati, perché ti cadrà addosso qualcosa di terribile", non sarei mai stato pronto, non sarei stato così forte. La forza, l'aiuto, arrivano in base alla necessità. Però forse inconsciamente con Paola ci si è sempre preoccupati di accantonare un briciolo di speranza, ogni giorno. La fede non si improvvisa, viene cercandola e alimentandola, come un fuoco, portando un bastoncino ogni giorno. Io ho avuto la fortuna, con mia moglie, di aver preso la buona abitudine di pregare insieme con i Salmi, la mattina. Una preghiera regolare, un appuntamento quotidiano, se volete anche abitudinario: questa abitudine mi ha aiutato, anche ora vado a messa tutte le mattine. Inoltre io qui, oggi, non sono mica rimasto solo.


interviste Ci sono i miei figli, i nipoti, ho un bellissimo lavoro e tanti amici e poi i sacerdoti e le suore che mi hanno sempre accompagnato… Sono circondato da persone meravigliose. E la verità è che per me Paola, Raffaella e Youssef sono presenti come prima. In maniera non più fisica, certo, ma in quella comunione dei Santi di cui tante volte avevo sentito parlare. .

A Rosa e Olindo cosa augura? Le prime vittime di questa storia sono gli assassini, vittime di un disegno diabolico che non li lascerà in pace. Io non offro il mio perdono, lo manifesto. Il perdono serve a me, non a loro. Chi sono io per offrire il mio perdono? A chi? Uno mi può rispondere: e chi lo vuole? Chi te l'ha chiesto? Il primo peccatore sei tu… Ed è vero. Però tutti i giorni io e mamma Lidia, mia suocera, preghiamo per il loro pentimento, perché i loro cuori si sciolgano e così trovino la pace perché non puoi immaginare che abbiano fatto quello che han fatto senza grossi problemi nelle loro esistenze … Se invocassero il perdono, non da me, dal Padre, il macigno che hanno nel cuore potrebbe frantumarsi e allora noi potremmo piangere finalmente insieme, io per aver perso i miei cari, loro per aver ucciso, e sarebbe davvero un pianto tra fratelli ritrovati.

NB: Le dichiarazioni di Carlo Castagna, sono state tratte da diverse interviste (di Maria Acqua Simi, Lorenzo Torrisi, Sara De Carli della Redazione di Vita.it) e dal volume di Lucia Bellaspiga con Carlo Castagna “Il perdono di Erba” Ed. ÀNCORA 2009. alinecantono@libero.it

una lettur a per

approfondire La strage di Erba: quattro vittime tra cui un bambino di due anni; Rosa e Olindo; processo e sentenza. L’inquietante presenza di Azouz. Su questa scena tragica e feroce si affaccia Carlo Castagna che, pur annientato dal dolore, da subito pronuncia parole di perdono che in seguito ripete più volte. Gli hanno ucciso la moglie Paola, la figlia Raffaella, il nipotino Youssef. Come fa a perdonare? Il suo perdono pare incredibile, incomprensibile, forse disumano. Eppure Carlo non è un superuomo, ma un “povero cristiano” che, di fronte a una ferocia assassina, riesce a mettere in pratica – ispirato e aiutato dall’Alto – il perdono evangelico. Non è facile perdonismo, è Vangelo vissuto. Questo è un librotestimonianza. A - 2011

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Sale in Zucca Monica D’Atti.................................................................................................

Un dono da Re

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l dono massimo, la grande concessione, un regalo degno di un re. Questo è il per-dono. Così ci racconta anche l’etimologia del nome. Tutto il senso è racchiuso nel prefisso “per” che sostiene e accentua il significato della parola; il “per” esprime un concetto di pienezza completa, di grado massimo e insieme l’idea di “attraverso di”. Il perdono si fa per dono e non è un regalo da niente. È un regalo che solo re e principi possono fare, è una cosa da nobili, da nobiluomo e da nobildonna. Per donare bisogna essere in grado di farlo, avere la ricchezza che permette il dono. Ovviamente avete capito che non sto parlando di beni materiali, di capacità pecuniaria per acquistare e offrire un oggetto in regalo. Qui la storia è tutt’altra e la ricchezza richiesta viene dal profondo del proprio io. È un avere che si conquista a fatica e fa parte della strada che 10

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ciascuno di noi è invitato a percorrere. Solo un animo raffinato dalla vita interiore, e quindi un animo nobile, potrà perdonare. Tutto questo ce l’ho ha insegnato Gesù, il Re dell’Universo, per l’appunto un Re. E noi siamo suoi fratelli e figli, gente di stirpe regale, chiamati a fare del mondo un regno, un luogo di pace e di amore. Nei nostri anni di attività scout abbiamo capito, o stiamo capendo, la grande forza dal servizio; vediamo come il servizio gratuito scardini le categorie umane del dare solo se si riceve altrettanto in denaro o valore. Vediamo come si aprono le porte dei cuori e come si crea un mondo nuovo ogni volta che diamo qualcosa per amore attraverso il Servizio, sia questo nelle unità o nella altre realtà del mondo. E così impariamo negli anni a servire e a gioire dei frutti di questa nostra “fatica”. Il perdono è qualcosa di simile, ma più potente. Se il Servizio è un dono,


il perdono è il dono massimo. Ce lo racconta anche san Tommaso d’Aquino. Per il grande teologo, il perdono di Dio è un potere superiore a quello di creare i cieli e la terra; Dio manifesta massimamente la sua onnipotenza perdonando, così ci dice S. Tommaso. È un gradino in più quello che ci viene proposto con il perdono, anzi, è una torre intera di mille e mille gradini quella che ci si para davanti. Se pensavamo di essere già “bravini” perché capaci di servire, ora ci viene raccontato che questo è niente. Per essere nobili figli di Dio dobbiamo essere capaci di perdonare; essere capaci di donarsi gli uni gli altri (vedi la lettera agli Efesini 4, 32 e ai Colossesi 3, 13) per-donandosi, superdonandosi. Ma dobbiamo ancora capire. In questo eterno e complesso connubio tra ragione e fede abbiamo bisogno di aprire altre porte. Dove ci porta il perdono? Perché dimenticare

le cattiverie e le ingiustizie fatte da altri? Perché assopire il dolore e la rabbia che ci hanno causato? Ci viene in aiuto la Bibbia e l’episodio di Caino ed Abele. Il perfido Caino ha fatto una cosa terribile: ha ucciso chi era buono e bello. E Dio non lo elimina. Confermagli il dono della vita sostanzialmente lo perdona, però anche lo punisce con la sua maledizione. Lo allontana dalla sua terra, lo condanna alla fatica, ma lo preserva nella vita. Gli lascia il segno di Caino sulla pelle perché sia riconosciuto e nessuno lo possa uccidere. Caino genererà figli e avrà discendenza. Noi tutti siamo figli di Caino, perché Abele purtroppo non ebbe discendenza. Il perdono di Dio ha permesso il proseguo delle generazioni. Perdonare non vuol dire non punire e non rendere giustizia. Il perdono evita però la morte del peccatore. Ed evita anche la morte del cuore di chi perdona. Perdonare non è dimenticare, non si possono e non si devono dimenticare le ingiustizie e le violenze, non foss’altro per fare in modo che cose terribili non vengano ripetute, ma bisogna guardare con occhi e cuore nuovi, capaci di gestire la memoria e dare nuova vita. Nuova vita, sia per chi ha commesso il peccato, sia per chi ne è stato vittima perché la sua umanità e la sua spiritualità non ne rimangano soffocate. Perché vendetta e rabbia possono tagliare le ali ad un’anima per sempre. E perché l’amore donato può ridare le ali sia a Caino che ad Abele. Il sangue di Abele non è stato dimenticato e ha reso fertile la terra; Caino ha generato e ora noi siamo figli di quel Dio che, morto in croce, ci ha donato la vita e indicato la via del per-dono. Quale scenario si è aperto, quale potenza creatrice e rigeneratrice… come non voler esserne parte, come non chiedere a Dio la forza di comporre nel nostro cuore questo dono da figli di stirpe regale? Buona Strada Monica D’Atti A - 2011

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Sale in Zucca Elena Pillepich...............................................................................................

A proposito di Perdono Ammetto che questa volta mi sono trovata in difficoltà nel pensare ad una biografia che parlasse di perdono. Così ho deciso di scrivere su ben più di una persona. La storia dei martiri dall’inizio della Chiesa ad oggi, è anche una storia di perdono perché il martire è un testimone fedele dell’Amore di Dio per l’uomo. Una sola raccomandazione: andate ad approfondire le vite in questione, le troverete molto interessanti!

Santo Stefano

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Il 26 dicembre si ricorda S. Stefano primo martire della cristianità, di lui si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e, vista la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme. Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni. Quando fu arrestato, alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli Atti degli Apostoli. Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”. Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi le orecchie, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, S. Paolo), che assisteva all’esecuzione. In realtà non fu un’esecuzione Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato. Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.


Uomini di Dio (2010) Un monastero in mezzo alle montagne algerine negli anni 1990... Otto monaci cristiani francesi vivono in perfetta armonia con i loro fratelli musulmani. Progressivamente la situazione cambia. La violenza e il terrore integralista si propagano nella regione. Nonostante l'incombente minaccia che li circonda, i monaci decidono di restare al loro posto, costi quel che costi. (Provate a guardarlo insieme…)

I martiri d'Algeria "Incontrai Christian in Francia. Parlammo a lungo della situazione in Algeria... Per creare un clima disteso, gli dissi: "L'ordine ha più bisogno di monaci che di martiri". Mi ascoltò e rimase in silenzio. Poi mi guardò e disse, sorridendo: "Non c'è opposizione". In concreto questo significava rimanere e Tibhirine". Sono alcune battute di un dialogo tra don Christian de Chergé – il superiore dei sette monaci rapiti e uccisi nel maggio del 1996 – e l'abate generale dei trappisti, don Bernardo de Olivera. Il martirio dell'amore quotidiano e il martirio di sangue si completano e si richiamano a vicenda. Potrà versare il proprio sangue come testimonianza soltanto chi lo avrà quotidianamente versato in gocce d'amore e di

servizio al prossimo. Il martirio di sangue è la suprema testimonianza della verità della fede attraverso la forza dell'amore. Il martire rende testimonianza al Cristo, morto e risorto, cui lo unisce la carità. Gli Atti dei martiri, quelli di ieri e quelli di oggi, costituiscono un archivio della verità e dell'amore scritto con il sangue, e forniscono una testimonianza della fede nella risurrezione. "Presenza della morte. Secondo la tradizione, essa è l'assidua compagna del monaco. Questa compagnia ha assunto un'intensità più tangibile a causa delle minacce dirette, degli assassini che sono avvenuti molto vicino a noi e a certe visite. Essa diventa per noi come un test di verità certamente inquietante. Dopo il Natale del 1993, noi tutti abbiamo scelto (ri-scelto) di vivere qui, insieme. Questa scelta era già stata preparata dalle rinunce anteriori di ciascuno (alla famiglia, alla comunità di origine, al proprio paese...). E la morte brutale – di uno di noi, o di tutti insieme – non sarebbe che la conseguenza di questa scelta di vivere nella sequela di Cristo (anche se non è previsto direttamente, in quanto tale, nelle nostre Costituzioni!). Il nostro vescovo ci invita spesso, con la parola e con l'esempio, a lasciarci ricondurre così al fondamento stesso della nostra "offerta della vita" (dal diario 21.11.1995). A seguirlo. E, parlando del martirio dell'amore quotidiano don Christian de Chergé ci dice: "Sappiamo dall'esperienza che le piccole cose spesso costano molta fatica, soprattutto quando devono essere ripetute ogni giorno. Lavare i piedi dei fratelli il giovedì santo si può anche fare, ma se dovessi lavarglieli quotidianamente? E se dovessi lavarli a chiunque? Quando padre Bernardo ci dice che l'ordine ha più bisogno di monaci che di "martiri" non si riferisce evidentemente a questo martirio monastico delle piccole cose. Noi abbiamo consegnato a Dio il nostro cuore "nel molto", ma ci costa di più che egli se lo prenda "nel poco"" (Giovedì santo, 31.03.94). Il martirio, come testimonianza d'amore, include A - 2011

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Perdonare è testimoniare, malgrado tutto, il nostro essere figli di Dio e la fratellanza universale. La parola di perdono è la più consona al cuore del martire in quanto testimone fedele dell'amore. Parole di perdono che trovano la loro fonte e la loro origine nell'unico Testimone fedele (cf. Ap 3,14): "Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori [...]. Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,33-34). Parola di perdono che ha attraversato e continuerà sempre ad attraversare la storia dell'umanità, fino alla fine dei tempi. Parole riprese da tanti cristiani per essere – per Cristo, con Cristo e in Cristo – veri testimoni. il perdono. È proprio questo il dono perfetto che Dio ci concede senza alcuna riserva. Il mistero della croce non risiede in due legni incrociati tra loro, bensì in un uomo con le braccia aperte e ben stese per abbracciarci e perdonarci. Come non evocare qui le ultime parole del testamento di Christian, testamento cominciato lo stesso giorno, anniversario dell'uccisione di P. Charles de Foucauld, "Venuto il momento, vorrei poter avere quell'attimo di lucidità che mi permettesse di chiedere il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, perdonando con tutto il cuore, nello stesso momento, a chi mi avesse colpito. [...] E anche tu, amico dell'ultimo istante, che non saprai quello che starai facendo, sì, anche per te io voglio dire questo GRAZIE, e questo AD-DIO, nel cui volto ti contemplo. E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen. Inch'Allah". Soltanto il perdono può rompere la catena dell'odio e della violenza. Perdonare è un atto di profondo rispetto che permette di scoprire in colui che ci ha offeso, al di là di ogni dissomiglianza, l'immagine di Dio. Perdonare è riconoscere e proclamare che, nonostante la nostra cattiveria e la nostra ignoranza, Dio riconosce tutti noi come figli e figlie amati visceralmente. 14

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Andrea Santoro (Priverno, 7 sett. 1945 - Trebisonda, 5 feb. 2006) È stato un presbitero italiano della Chiesa cattolica, morto assassinato in Turchia. Terzo figlio di un muratore e di una casalinga e fratello minore di due sorelle, Andrea Santoro entrò adolescente in seminario, dove divenne compagno di


solo alla piccola comunità cattolica di Trabzon, Vincenzo Paglia, cofondatore della Comunità di ma anzi prese a cuore anche la situazione delle Sant'Egidio. Nel 1970 Andrea finì gli studi di tedonne ortodosse venute dalla Georgia, spesso ologia alla Pontificia Università Lateranense e il vittima della prostituzione. 18 ottobre dello stesso anno divenne sacerdote Nel pomeriggio di domenica 5 febbraio 2006, nella parrocchia dei santi Marcellino e Pietro Ad mentre don Santoro si trovava in chiesa con il Duos Lauros. Conobbe il vescovo Franceschini, suo giovane aiutante turco, entrarono in chiesa Vicario Apostolico dell'Anatolia. tre ragazzi che iniziarono a comportarsi con fare Grazie anche alle richieste di quest’ultimo, don arrogante. I ragazzi uscirono di chiesa. Andrea ottenne il permesso di partire per la Don Andrea si mise a pregare ed invitò il suo Turchia l'11 giugno 2000. Dopo essere vissuto aiutante a fare altrettanto. Mentre stavano prein un modesto appartamento, in accordo con il gando, un uomo entrò in chiesa: don Andrea vescovo, don Andrea prese in affitto una nuovide che una pistola era puntata alle sue spalle va casa in stile armeno che fece chiamare “La e gridò al suo aiutancasa di Abramo” e te di buttarsi a terra; l'adibì ad alloggio per l'uomo gridò a gran piccoli gruppi di pellevoce “Allah è grande” grini. Durante il soge sparò due colpi di giorno a Sanlıurfa, don pistola, trafiggendo i Andrea si prese cura polmoni del sacerdoanche della comunità te, che rimase ucciso. cattolica di Trabzon L'uomo scappò quin(Trebisonda), dove dal Don Andrea Santoro di attraverso il cortile 2001 non c'era più un della chiesa gridansacerdote. Nel 2003 vi do ancora “Allah è si trasferì stabilmente grande” e sparando affrontando l'urgenun terzo colpo di pistola in aria. La mamma di te restauro della chiesa e dell'ex-convento dei don Andrea Santoro, alla notizia dell’uccisione cappuccini: l'apertura quotidiana della chiesa del figlio, ha esclamato: «Perdono con tutto il permise a molti abitanti del luogo, che non conocuore». Quando un giornalista ha chiesto al pascevano il Cristianesimo, di incontrarlo per fargli dre del protagonista di questo triste episodio, se domande. Tale apertura tuttavia divenne presto conosceva quelle parole, questi ha risposto: «Le causa di screzi con alcuni giovani, che spesso conosco e da quando le ho sentite, non ho che gettavano sporcizia e oggetti verso la chiesa e un solo desiderio nella mia anima. Vorrei poter disturbavano don Andrea, fino a minacciarlo. raccogliere il denaro sufficiente per poter andare Anche il restauro del cimitero cristiano fu ostain Italia e baciare le mani di quella donna come colato: la riparazione delle mura di cinta, riteatto di ringraziamento. Fatele sapere che appreznute giuridicamente un monumento storico, fu zo molto la sua bontà. È una donna coraggiosa e interrotta dai Beni Culturali. Poco dopo il cimisicuramente sarà stata un madre eccellente. Batero cristiano venne profanato, le lapidi divelte, cerò le sue mani, anche se fosse l’ultima azione altre parti distrutte; i vicini vi ricavarono pezzi di della mia vita». orto; su metà dell'area fu costruita una scuola, in un'altra porzione una scalinata e una piazza. Buona Strada, Elena Don Andrea non rivolgeva la propria attenzione

«Alla vera pace si arriva col perdono»

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Cadendo da Cavallo... don Fabio Gollinucci......................................................................................

C'è un limite al perdono?

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Vangelo di Matteo, cap. 18 Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: "Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa". Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: "Restituisci quello che devi!". Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me e ti restituirò". Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?". Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello".


infuocando il mondo

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di Gesù è sempre quella di comunicare la vita uesto testo di Matteo, se confrontato divina che Lui per primo riceve continuamente con altri passi del vangelo o con le verdal Padre e di condividere con l'umanità la possisioni degli altri evangelisti evidenzia la bilità di amare con la stessa forza d'amore di Dio. necessità per un discepolo di Cristo del perdono Questo spinge Gesù a raccontare una parabola senza condizioni. L'uso del numero sette, che è a chi lo sta ascoltando (anch'io?) per muovere simbolo di totalità, ci permette di dire che peri cuori a conversione. Chi si lascia stupire dal donare sette volte significa perdonare ogni volracconto e dall'atteggiamento di Cristo verso ta che si presenta l'occasione, senza limiti. Per ogni uomo, inizia ad entrare nel nuovo “mecquesto settanta volte sette vuol dire un numero canismo” caratterizzato dal dono che non si incalcolabile. esaurisce mai. Se crediamo che tutto parte e riPer comprendere fino in fondo il senso di questo parte sempre da Dio, possiamo essere sradicati detto di Gesù, dobbiamo però chiederci perché il dalla nostra convinzione che perdonare il fratello vangelo di Matteo introduce una maggiorazione e il nemico senza limiti sia difficile. Dovremmo di perdono rispetto a Luca che si limita a dire di piuttosto affermare che dal nostro punto di vista perdonare il fratello solo sette volte al giorno, agnon è difficile perdonare: è impossibile. Passangiungendo anche la condizione “se si pente” (Lc do invece al punto di vista divino, allora nulla è 17,4). Nel libro della Genesi leggiamo: «Lamec impossibile a Dio! disse alle mogli: "Ada e Silla, ascoltate la mia Ed è proprio quando sperimento il Suo perdono voce... Ho ucciso un uomo per una mia scalfittusu di me, anche nelle piccole cose, che mi si ra e un ragazzo per un mio livido. 24Sette volte apre un nuovo orizzonte fino a quel momento insarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette" visibile. Il per-dono è un super-dono. Noi potrem(Gen 4,23-24). Perciò, per il vangelo di Matteo, mo dire un dono esagerato, non corrispondente, alla maggiorazione di vendetta fatta con arroganforse ingiusto. Ma la giustizia di Dio è giustizia za da Lamek, Gesù di Nazareth contrappone una d'amore che non lascia mai l'altro nella sua conmaggiorazione di perdono e così ribalta la scalata dizione sub-umana, anche se per colpa sua. della vendetta nella scalata dell'amore per il fratello, affinché il fratello che ha dato una controdon Fabio testimonianza del vangelo non sia giudicato ed escluso ma possa ancora condividere la vita della comunità. Possiamo quindi dire in conclusione che per la comunità di Matteo il dovere di perdonare il fratello che ha peccato contro il Padre ci è affidato da NOI OGGI Gesù stesso, perché ogni criQUESTO VANGELO PER stiano è corresponsabile della tro? alla risposta di Gesù a Pie - Come reagisco di fronte santità del fratello, della sorella, e della parabola? ento del servo e del padron e della comunità. Inoltre questo - Cosa mi dice l'atteggiam a che può aver mancato? perdono del fratello deve esseal perdono del fratello/sorell - In me: quale disponibilitàioni? Quali? re senza condizioni, cioè dato Sempre? A certe condiz taria? corresponsabilità comuni come esprimiamo la nostra sempre. Inoltre dobbiamo ricorco: Fuo an/ /Cl ppo gru - Noi oniamo? Come ci correggiamo/perd dare che lo scopo di Gesù non no a quella più grande: piccola comunità o si estendo tra nos alla o itan lim si o è mai quello di cambiare o ag- La correzione/perdon la Chiesa, la società? giornare alcune leggi. La volontà A - 2011

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Treppiedi... Michela Bertoni.............................................................................................

PERDONO:

scelta di libertà

“ Ho voglia di lasciare tutto… ma Lui non mi lascerà mai, Lui: perché eterno è il suo Amore” Quaderno di Traccia 18

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una proposta

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ome le tutte le scelte grandi della vita, anche a quella di perdonare e di farsi perdonare si giunge attraverso un percorso fatto di tappe, di momenti di stanca, di tentazioni: il perdono non è un’esperienza isolata, non è un fatto emotivo, è una Strada intrapresa con consapevolezza e volontà. Il perdono non chiede la negazione dei fatti: chiede anzi di saperli guardare con franchezza e ti educa a farlo senza far prevalere il senso del dolore e della colpa. Il perdono non è cosa da timidi o deboli: chiede gesti e parole alti, sconvolgenti per molti, chiede risposte controcorrente come le parole di Gesù nel Discorso della Montagna. Rispondi così alla tentazione di omologarti alla massa. Il perdono non è passare oltre in modo semplicistico, non assumendosi la responsabilità di provare a cambiare le cose: è fare del nostro meglio, è correggere il fratello con Sensibilità e con Amore. Perdonare non è assecondare o coprire le ingiustizie. Perdonare è crescere, nel senso di diventare più adulti, più consapevoli. È andare avanti, fare un passo avanti, facendo memoria e conservando l’esperienza ma togliendo il rancore. Invita in Clan o Fuoco una persona che conosce la gioia del perdono dato e ricevuto: guarda la luce che ne fa una persona nuova: sa cos’è il peccato ma si è liberata della colpa o dal rancore che schiaccia. Prega in Clan o in Fuoco per riuscire a vivere il Perdono: Gesù ha preso sulle sue spalle tutti i nostri peccati, noi possiamo provare a portare almeno quello dei nostri fratelli e sorelle più vicini. E sorridi: Lui ci ha già salvati, e questo ci fa liberi. A - 2011

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Apertamente Vania Ribeca..................................................................................................

Elenco di motivi per cui perdonare

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rendo a prestito da un programma televisivo andato in onda da poco, la formula per confrontarci sulla parola PERDONO (si tratta del programma “Vieni via con me” condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano… a proposito vi invito a discutere in Fuoco e in Clan sui contenuti del programma e in generale sul ruolo dei media, dato che la televisione è il mezzo che più entra nelle nostre case e ci parla più di quanto, ahimè, sappiamo parlare tra noi… confidando a volte nella nostra assoluta lobotomia post-cena, post-lavoro, poststudio..! (Vedi anche il successo dei reality di vario genere!). Di seguito trovate un elenco di alcuni dei motivi per cui un cristiano sceglie di vivere l’esperienza del perdono nel proprio quotidiano.. poi approfittate e continuate voi durante una riunione e soprattutto nella vita a trovare i vostri motivi… 20

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Perdono perché… • Perdono

perché Gesù ha detto: quando pregate, pregate così…”padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome (…) e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo a nostri debitori (…) • Perché, dopo che ho perdonato un torto, sento che il peso sullo stomaco se n’è andato. • Perché un giorno anch’io potrei dover chiedere perdono. • Perché chi ha perdonato qualcuno sa che la vita può tornare a sorridere..anche e soprattutto per colui che ho perdonato. • Perché dopo che ho perdonato un amico/a so che la nostra amicizia sarà fortificata. • Perché se so perdonare vuol dire che so anche amare. • Perché Dio nel suo immenso amore ci perdona ogni giorno e ci rende liberi con il sacramento della confessione. • Perché tutti i santi ci hanno dimostrato che perdonando si fanno i miracoli. • Perché molta gente semplice ci dimostra ogni giorno che perdonando si possono fare i miracoli.

• Perché dal rancore non può nascere un fiore. • Perché crescere vuol dire anche ammettere

di aver sbagliato, chiedere scusa e impegnarsi per ricevere il perdono di chi si aspettava altro da me. • Perché senza il perdono non si può costruire. • Perché c’è speranza nel perdono. • Perché per vivere ho bisogno degli altri, ma gli altri possono anche sbagliare e non per questo non avrò più bisogno di loro. • Perché anche io posso sbagliare. • Perché perdonare ci rende persone migliori. • Perché è difficile, ma la fede mi insegna che posso portare una croce proporzionata alle mie spalle... anche se a me sembrano sempre un pò troppo piccole (!)... • Perché sono ultima fra gli ultimi e non sta a me giudicare. • Perché Gesù a braccia aperte sulla croce ha voluto pronunciare le sue ultime parole perdonando i suoi carnefici e l’intera umanità: Padre perdonali perché non sanno quello che fanno. • Perdoniamo perché oggi sappiamo quello che dobbiamo fare. Buona Strada, Vania A - 2011

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Giocare il Gioco a cura del Mago G.........................................................................................

Il tuo autoroscopo Per diventare Qualcuno. Per fare della tua vita qualcosa di bello. Per iniziare e portare avanti grandi cose. Cose che cambiano il mondo. Un segreto: conosci te stesso. Sì, ma come? Leggi quanto segue e lo scoprirai... Per conoscere i segreti del tuo autoroscopo rispondi alle domande qui di seguito (non di fretta, ma sforzandoti di rispondere a ciascuna delle domande con un sì o con un no). Se hai potuto rispondere lealmente almeno 8 volte su 10 con un “SÌ”, allora possiedi molto bene la qualità di cui si tratta. Se hai da 5 a 7 “SÌ” possiedi solo benino tale qualità. Se hai 6 o più “NO” è perché scarseggia veramente. Nessuna esitazione allora. Mettiti presto a coltivare, per almeno un mese, o anche di più se necessario, questa famosa qualità.

IO? NOI! plurale o singolare? Ci sono persone che sembrano conoscere solo una parte della loro grammatica. Ascoltatele parlare: «lo desidero questa cosa. lo voglio quell' altra», ecc., sempre al singolare. Non usano mai le altre persone del verbo. Sempre la prima. Sono degli egoisti. Altri invece parlano e soprattutto pensano e amano al plurale: «Se noi facessimo questa cosa. Avete fame?». Costoro praticano la carità fraterna. E tu?

Dici «noi» più spesso che «io» (Conta un pò durante il corso di una giornata, per vedere)?

No

Quando uno ti arreca un torto, perdoni presto e completamente? (se sì, dopo quanto tempo?)

No

A casa sai a volte sacrificare un po' di tempo per divertire il tuo fratellino o distrarre un parente anziano o malato?

No

Sei gentile con tutti, anche con chi ti stuzzica?

No

Hai l'abitudine di osservare le buone qualità degli altri, anziché i loro difetti?

No

Parli abitualmente bene degli altri?

No

Quando parlano male degli altri in tua presenza, cerchi di ristabilire la verità se ciò che si dice è falso o di trovare qualche scusante se ciò che si afferma è vero?

No

Ti sforzi a volte di dare ai tuoi amici l'occasione di riconciliarsi con te?

No

Pensi spesso a parlare degli altri a Gesù e a offrire dei sacrifici per loro?

No

Sei costante nel Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione?

No

Numero dei “SÌ”: .... Sostituendo i “NO” con dei “SÌ” diventerai 22

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c.i.t.

4chiacchiereintenda Continua la nostra "rubrica fumetto" con le divertentissime vignette da voi realizzate... vi ricordiamo che potete mandare le vostre "4chiacchiereintenda" direttamente alla mail della redazione. Buona lettura!

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Vita da Rover... Federica (Roma 15)........................................................................................

Perdono... che botta!

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vita da Scolta

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i vengono i brividi solo a pensarci. Una compito così difficile Lui non poteva lasciarcelo, eh? Quante cose che mi vengono in mente: abbracci non dati, parole mai dette, sguardi che trafiggono. Non è semplice, no, no no... non è alla nostra portata. Siamo talmente limitati, talmente piccoli. Come possiamo perdonare se non siamo capaci neppure di amare? O forse... amore e perdono... magari vanno di pari passo. Ecco, sì, respiro, faccio chiarezza. Forse non è così complicato come sembra. Ci vorrebbe solo un pò di impegno, un pò di pazienza. Pazienza... Passo dopo passo, lungo le strade d’Italia, col sudore che imperla la fronte e lo zaino sulle spalle: ecco, è la Marcia Francescana. La Marcia verso il Perdono di Assisi, che ricongiunge al Padre. La Marcia che è desiderio profondo di Amore, di misericordia. Per sè e per gli altri. Dopo giorni e giorni di cammino sotto il sole, in compagnia dei frati minori delle Marche, non c'è cosa più bella di essere accolti nella Piazza di Santa Maria degli Angeli, per ricongiungersi con tutti i marciatori d’Italia e ricevere il Perdono, il 2 agosto, durante la festa nata proprio per volere del giullare di Dio.

“Una notte del 1216 San Francesco fu visitato durante la preghiera nella Porziuncola dal Cristo e dalla Madre Santissima; ad essi il Santo rivolse la richiesta che ad ogni persona, pentita e confessata, che avesse visitato quella chiesa fossero rimesse completamente tutte le colpe. Bacio il suolo, prendo per mano i miei compagni di viaggio ed insieme attraversiamo la Piazza. La Porziuncola ci attende, ci accoglie ed infine ci stringe in un tenero abbraccio misericordioso. Che gioia allora poter gridare a tutti, con le lacrime agli occhi: “Buon Perdono!” Federica A - 2011

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Custodi della terra Marco Fioretti................................................................................................

Una proposta sulla GMG

Questa volta, scegliere il tema per i Custodi è stato davvero facile. È vero, come capirete fra poche righe, che è una scelta con cui ci guadagno, nel senso che ho risparmiato un pochino di tempo riciclando un paio di paragrafi delle scorse rubriche. Però, a parte il fatto che riciclare per un Custode della Terra è una virtù, non è colpa mia. Mi ci costringono le circostanze presenti e future. Sto scrivendo subito dopo l'edizione 2010 della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (vedi link). Sto scrivendo subito dopo avere di nuovo visto in TV le strade di Napoli sommerse dalla spazzatura e Roberto Saviano che spiegava ancora una volta tutte le radici non napoletane del problema. Sto scrivendo subito dopo aver letto che Roma, dove vivo, se non cambia seriamente sistema fra un anno sarà come Napoli oggi, perchè butta tutta la sua spazzatura in una discarica che fra un anno sarà piena. Sto anche scrivendo subito dopo aver letto un'altra cosa, che però vi dirò fra un qualche paragrafo. Prima (ri) parliamo di spazzatura.

Per non buttare la spazzatura... basta non comprarla Nel primo numero dei Custodi (CdM 2009/C) ricordavo che come Scout Cattolici dobbiamo stare attenti alla spazzatura perchè, oltre al sesto articolo della Legge, ce lo chiede la stessa Chiesa: “secondo la CEI, chi abita in Italia produce ogni anno oltre mezza tonnellata di rifiuti. Sono perciò rilevanti e apprezzabili tutte le iniziative miranti a contenerne la produzione, quali la riduzione degli imballaggi o la realizzazione di prodotti facilmente riutilizzabili e riciclabili.”

Recentemente ho letto una frase sulla produzione dei rifiuti che mi è piaciuta moltissimo. Purtroppo non riesco a ritrovare la fonte, ma diceva più o meno così: “finchè saranno considerati una risorsa (cioè qualcosa di positivo che crea lavoro o energia, con gli inceneritori e le attività di riciclaggio) i rifiuti non spariranno mai: continueremo a produrli in quantità enormi, anche quando potremmo farne a meno, ma con problemi altrettanto enormi, dall'inquinamento alle infiltrazioni criminali”. Ora è chiaro che se la vita di oggi è civile lo è anche perchè sono disponibili tanti prodotti che sono assai meno ecologici del

Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti: www.menorifiuti.org Come comprare meno rifiuti: • http://www.ischiablog.it/index.php/economia-e-turismo/i-nostri-suggerimenti-per-la-riduzione-dei-rifiuti/ • http://notizie.tiscali.it/articoli/cronaca/10/11/15/emergenza-rifiuti-problema-europa-vademecum.html

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legno ma di cui sarebbe assurdo fare a meno. Dagli assorbenti ai computer, siamo circondati di oggetti utilissimi che è ancora impossibile1, o almeno molto costoso, fabbricare in versioni completamente biodegradabili. Quei rifiuti ci sono e vanno smaltiti come si deve. È anche innegabile che tante cause della crisi dei rifiuti, a partire da quelle (ri)denunciate da Saviano a Vieni Via con Me, vengono, come si dice, da lontano. Sono problemi gravissimi che stanno “a monte” e quindi vanno risolti a livelli al di là di quelli di cui parliamo qui. Senza assolutamente negare quelle cause, quello che ho appena visto in TV mi costringe ad attirare la vostra attenzione sulle altre, quelle che ognuno di noi può affrontare e risolvere da solo e da oggi: senza aspettare la manna dal cielo, senza finanziamenti pubblici, senza chiedere permessi a nessuno. Tanti dei rifiuti che buttiamo ogni giorno nei cassonetti (differenziati o no, non cambia NULLA ai fini del discorso che segue) erano rifiuti già quando li abbiamo comprati. Se non li avessimo comprati non avremmo il problema di come buttarli. Quindi vi chiedo: • Dovunque viviate, state già mettendo sistematicamente in pratica tutti i consigli su come COMPRARE meno rifiuti contenuti nelle due pagine Web segnalate in fondo, e nelle mille altre simili che si trovano con due clic su Internet? • Avete già fatto attività in Clan/Fuoco/Gruppo/ Parrocchia per promuovere quelle stesse abitudini intorno a voi? Se sì, perché non ce lo fate sapere? I buoni esempi sono contagiosi!

Proposta sulla GMG e su tutte le altre attività. Sarebbe bello se... A inizio rubrica ho detto “Sto anche scrivendo subito dopo aver letto un'altra cosa”. Quell'altra cosa sono le prime comunicazioni associative sulla partecipazione di Clan e Fuochi FSE alla Giornata Mondiale della Gioventu del 2011, a Madrid. Molti ci andranno in aereo, che è un'altra di quelle cose utilissime e irrinunciabili ma tanto inquinanti. Sarebbe bello, oltre a essere un'eccellente pubblicità per l'Associazione, se chi parteciperà alla GMG lo facesse a impatto zero, o comunque col minor impatto ambientale possibile. Ci sono tanti modi per farlo, dal piantare alberi per compensare la CO2 prodotta nel viaggio all'usare sul posto solo cibi con imballaggi ridotti e possibilmente biodegradabili. E poi sarebbe bello se il 2011 fosse l'anno in cui cominciare a marciare seriamente su una Strada che sarà lunga ma non possiamo non tentare: quella di rendere, sistematicamente e coscientemente, tutti i Campi, le Uscite e tutte le altre attività della nostra Associazione a impatto zero o quanto più possibile vicino a zero. Sempre su Cdm 2009/C scrivevo: Riportare a casa senza lasciare traccia tutta la spazzatura prodotta in Uscita non basta!... Dobbiamo tutti iniziare seriamente, partendo da Uscite e Campi Scout, a fare sempre la spesa in modo da minimizzare gli imballaggi dei cibi, almeno quelli più inquinanti. E poi concludevo con diverse proposte pratiche di attività. Qualcuno le ha provate? Rispetto al 2009, oggi abbiamo parecchie migliaia di tonnellate in più di ragioni per farlo. Buona Strada e buona custodia, Marco, marco@storiafse.net

(1) In realtà non è vero che sia impossibile fabbricare assorbenti biodegradabili: ho scoperto proprio scrivendo quest'articolo che esistono già da almeno due anni http://www.icea.info/Default.aspx?tabid=57&articleType=ArticleView&articleId=121

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Scienza dei boschi Marco Fioretti................................................................................................

Lasciare il sentiero (e quel che c'è intorno) meglio di come l'abbiamo trovato

Nel suo ultimo messaggio B-P ci ha chiesto di lasciare il mondo migliore di come l'abbiamo trovato. Questo è un invito applicabile in ogni momento della vita, anche da chi non sa nulla di Scoutismo. Per noi che siamo Rover e Scolte che passano un sacco di tempo sulla Strada, cioè in escursione sui sentieri (vero?!?) vale però anche in senso letterale. Quanta attenzione prestiamo al nostro impatto sul suolo delle nostre camminate? Non parlo soltanto dell'impatto puramente fisico che abbiamo, nel momento in cui passiamo sopra un certo punto. Come spiegherò fra un attimo, quello è importante, ma altrettanto importanti, anche per persone che non vedremo mai, sono le conseguenze di quanto facciamo a un sentiero dopo essere tornati a casa.

Camminare Un Clan o un Fuoco non ancora abituati alla Strada, quella con la S maiuscola, camminano sui sentieri come una qualsiasi comitiva di amici dentro un centro commerciale: più o meno ammucchiati, con gli occhi fissi per terra oppure solo gli uni agli altri, ignorando tutto il resto e senza badare troppo a dove si mettono i piedi. Questo è un peccato, perchè si perde almeno metà del piacere di stare all'aperto,è pericoloso ma è anche un problema per la conservazione del territorio. Foreste e, soprattutto, montagne, sono ambienti delicatissimi. Oltre una certa quota possono esserci solo pochi centimetri di terreno, che magari hanno impiegato decenni per accumularsi, fra l'aria e la roccia. 28

CarnetdiMarcia

Quella pellicola di terreno è importante perchè permette la crescita delle piante e rallenta il percorso dell'acqua piovana verso valle (e purtroppo sappiamo benissimo dalla TV quanti danni riescono a fare piogge e piene in Italia grazie al degrado del territorio). Il fondo dei sentieri e tutto il resto dell'ambiente montano, è continuamente soggetto a erosione. Quello è un fenomeno naturale inevitabile ma assai lento. Andare sui sentieri senza badare a dove si mettono i piedi può accelerarlo moltissimo, senza alcuna necessità. Questo danneggia l'ambiente, lo rende più brutto e, in casi estremi, crea anche problemi di sicurezza (un sasso che faccia-


mo rotolare a valle può finire in testa a qualcuno). Questa non è un'ipotesi teorica o una fissazione da integralisti, per un motivo semplicissimo: oggi siamo tantissimi ad andare in montagna, Scout e non. Molti più di una volta. I nostri padri e nonni potevano permettersi il lusso di camminare fuori dai sentieri, noi molto meno. Oggi non siamo troppi in generale, ma siamo sicuramente troppi per andare in giro in certi luoghi senza prestare la massima attenzione. Uscire dal sentiero danneggia le piante e accelera moltissimo l'erosione. Avete presenti tutte quelle “scorciatoie” create dagli escursionisti tagliando dritto sui tornanti di un sentiero solo per risparmiare qualche secondo? Quelle alla prima pioggia diventano rivoletti che in una sola stagione diventerano solchi permanenti molto più larghi di quelli lasciati originariamente dagli scarponi. Questo non vale soltanto in alta montagna, ma anche nei boschi e sulle collinette dietro casa. Zone umide, rive dei corsi d'acqua e addirittura i sentieri in piano che passano attraverso tratti fangosi sono ancora più sensibili. C'è addirittura chi consiglia, quando un sentiero passa attraverso un tratto fangoso, di camminare nel fango se possibile. Perchè aggirandolo il tratto fangoso tenderà ad allargarsi. Quando marciate non uscite mai dal sentiero già battuto a meno che non sia davvero necessario. Anche per dare l'esempio! Tanta della gente che incontriamo sulla Strada magari ci prende in giro ma poi, anche inconsciamente, ci prende a esempio e imita quello che facciamo noi, non il turista della domenica appena uscito da qualche rivista di abbigliamento, perchè di lui si fida molto meno. Un altro servizio che possiamo e dobbiamo fare lungo i sentieri è segnalare subito a chi di dovere ogni problema, tipo smottamenti, segnali divelti e così via, e magari collaborare con loro nella manutenzione. Prima di partire per la Route, scoprite chi sono i gestori di tutti i singoli sentieri che percorrerete. Normalmente si tratta di sezioni del CAI, ma non sempre. Chiunque siano i responsabili, durante la marcia tenete un diario dettagliato

di tutti i problemi che notate e spediteglielo subito dopo essere tornati a casa. Anche partecipare alla manutenzione dei sentieri è un servizio utilissimo. L'avete mai preso in considerazione? Attività di questo genere vengono programmate ogni anno e non richiedono competenza particolari, visto che comunque si svolgono con la supervisione di un esperto: si tratta di tagliare eventuale vegetazione che ostruisce il passaggio, risistemare alcune curve o ripristinare la segnaletica. Si potrebbe addirittura adottare permanentemente un breve tratto di qualche sentiero, tornandoci ogni qualche anno per mantenerlo sempre in perfetta efficienza. L'ultima attività che propongo in questo campo è la mappatura. Per le attività Scout, anche in terza branca, bastano carta e bussola, come ho già spiegato in una puntata precedente della rubrica. Però un motivo valido per portarsi in Route un navigatore GPS da trekking può esserci eccome, se potete permettervi la spesa e avete davvero intenzione di usarlo come servizio: portatevelo dietro per costruire una traccia completa del percorso e, appena tornati a casa, caricatela su http://openstreetmap.org. In questo modo avrete fornito,a tutti gli altri escursionisti che vorranno percorrere la stessa zona e senza nemmeno fare fatica, una mappa dettagliata che li aiuterà a pianificare l'escursione nel modo migliore.

E quando scappa? I terreni e le acque nelle aree protette (o che dovrebbero essere protette) possono essere molto sensibili, oltre che ai passi e ai detersivi, anche a un altro fattore inquinante, cioè i nostri escrementi. La contaminazione delle acque attraverso le feci può diffondere germi di vario tipo. Fate di tutto per non lasciare mai queste tracce del vostro passaggio a meno di 100 metri da un eventuale corso d'acqua e seppellite sempre tutto, carta igienica compresa. Buona Strada, marco@storiafse.net A - 2011

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Vita associativa

RS

Route/Campo Mobile Nazionale 2012

Lo

sai che dal 04 al 12

io per

l’altro 2012

Guide e Scout agosto 2012, al confid’Europa ne tra Veneto e Friuli

Venezia Giulia ci ritroveremo tutti insieme, Clan e Fuochi d’Italia (ed anche qualche fratello e sorella d’Europa), per vivere una meravi-

io e

l’altro 2011

Uscita Nazionale Capi Clan Capo Fuoco Soriano 26-27 settembre ‘09

Branca Scolte Banca Rover

io

2010

30

CarnetdiMarcia

gliosa avventura: il Campo Mobile / Route Nazionale 2012??? Segna subito sul tuo calendario quei giorni, dai un’occhiata alla cartina per intuire dove saremo e… comincia a sognare!! Ti aspettiamo, Michela e Gipo

Friuli Venezia Giulia


Piano redazionale Cosa abbiamo realizzato e... cosa faremo.

2009

2010

2011

√ C - IO √ D - Sogni

√ A - Dolore √ B - Coraggio √ C - Sfide √ D - IO E L'ALTRO √ E - Confronto

√ A - Perdono B - Tempo C - Fatica D - IO PER L'ALTRO E - Vocazione

2012 A - Paura B - Libertà C - Strada

FORSE NON HAI ANCORA NELLA TUA BIBLIOTECA LE

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L'altracopertina... di Giorgio Sclip

Riflettendo sul perdono...

“Perdonate e sarete perdonati!” (Lc 6,37)

Solamente chi è forte è capace di perdonare. Il debole non sa né perdonare né punire. (Gandhi)

Amare non significa trovare la perfezione, ma perdonare terribili difetti (Rosamunde Pilcher)

Perdonare e dimenticare vuol dire gettar dalla finestra una preziosa esperienza già fatta. (Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena, 1851)

La persona che non vuole o che non può perdonare non riesce facilmente a vivere il momento presente. Si aggancia con ostinazione al passato e, proprio per questo, si condanna a sciupare il presente. (Jean Monbourquette)


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