CARNET DI MARCIA 2011 3

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CarnetdiMarcia Rivista mensile, giugno 2011 • n. 10, anno XXXV • Sped. in abb. post. Art. 2, Comma 20/c, Legge 662/96 Filiale di Padova • ISSN 1127-0667

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Scout d’Europa

FATICA SALE IN ZUCCA L'uomo con le ali pag. 8 - 11

CADENDO DA CAVALLO... Spendersi senza misura per il vangelo pag. 16 - 17

VITA DA ROVER... DA SCOLTA Un’esperienza al Sermig pag. 24

SCIENZA DEI BOSCHI Saper bere sulla Strada pag. 28 - 29

PER SCOLTE E ROVER


IMPRESA

CAPITOLO

INCHIESTA

Sommario Carnet di Marcia ∙ C - 2011

SCOUT D’EUROPA

Parole all’immagine.........................................................3

Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo. Anno XXXV • n. 10, giugno 2011 - Carnet di Marcia per Scolte e Rover

Editoriale La fatica di fidarsi del progettista capo........................4 Sale in zucca “E vissero per sempre…”...............................................6 L'uomo con le ali...............................................................8 Il salto nell’iperspazio....................................................12

Direttori Michela Bertoni, Gipo Montesanto

Cadendo da cavallo... infuocando il mondo Spendersi senza misura per il vangelo.......................16

Casella email della redazione

Treppiedi, una proposta FATICA E RIPOSO............................................................18

RESPONSABILI RUBRICHE • APERTAMENTE: Vania Ribeca. • CADENDO DA CAVALLO... infuocando il mondo: Don Fabio Gollinucci e fra Basito. • SALE IN ZUCCA: Monica D’Atti, Aline Cantono di Ceva ed Elena Pillepich. • VITA DA ROVER, VITA DA SCOLTA: Elena Bratti, Paolo Morassi. • CUSTODI DELLA TERRA: Marco Fioretti. • SCIENZA DEI BOSCHI E OCCHIO!: Marco Fioretti. • TREPPIEDI, UNA PROPOSTA: Commissari di Branca • L’ALTRACOPERTINA: Giorgio Sclip

Apertamente Tanto pe’ campa!............................................................20 Giocare il gioco Il tuo autoroscopo...........................................................22 4 C.i.T.................................................................................23 Vita da Rover... vita da Scolta Un’esperienza al Sermig................................................24 La Fatica...........................................................................25

RUBRICHE

Direttore Responsabile Giuseppe Losurdo

Custodi della terra Produrre “energia risparmiata”...................................26 Scienza dei boschi Saper bere sulla Strada.................................................28 Vita associativa Concorso logo Campo Nazionale 2012........................30 Piano redazionale 2009 - 2012........................................................................31 L’altracopertina Riflettendo sulla Fatica... ..............................................32

REDAZIONE DI CDM Coordinamento redazionale Tullia Di Addario, Giorgio Sclip

cdm@fse.it

Hanno collaborato in questo numero: Aline Cantono di Ceva, Tullia Di Addario, Giorgio Sclip, Don Fabio Gollinucci, Micaela Gentilucci, Elena Pillepich, Vania Ribeca, Marco Fioretti, Monica D'Atti, Niccolò Bufano (Roma 46), Clan Salvo D’Acquisto (Pescara 2), Andrea Di Cristina (Villabate 1) Progetto grafico simone.salamone@email.it Direzione, Redazione e Amministrazione Via Anicia 10 • 00153 Roma Aut. del Tribunale di Roma n. 17404 del 29/09/1978 Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/c, Legge 662/96 Fil. di Padova ISSN 1127-0667 Stampa T. Zaramella - Selvazzano PD

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anoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione. Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi in questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte. Chiuso in Redazione GIUGNO 2011

Ringraziamo tutti coloro che ci hanno scritto e che ancora non vedono pubblicato su questo numero il loro contributo! Tranquilli, sarete sul prossimo!! 2

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Parole all’immagine

Una fatica tenace supera tutte le difficoltĂ [Virgilio]

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Editoriale Giorgio Sclip..................................................................................................

LA FATICA DI FIDARSI DEL PROGETTISTA CAPO "Due strade divergevano in un bosco d'autunno e spiacente di non poterle percorrere entrambe, essendo uno solo, mi fermai a lungo e guardai, per quanto possibile, in fondo alla prima, verso dove svoltava, in mezzo agli arbusti. Poi presi l'altra, anch'essa discreta, forse con pretese migliori, perché era erbosa e meno segnata sebbene in realtà le tracce fossero uguali in entrambe le strade. Ed entrambe quella mattina erano ricoperte di foglie che nessun passo aveva annerito. Tenni la prima per un altro giorno, anche se, sapendo che una strada porta verso un'altra strada, dubitai di poter mai tornare indietro. Racconterò questo con un sospiro. Tra anni e anni: due strade divergevano in un bosco e io, io presi la meno battuta. Questo ha fatto la differenza.”

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o scelto questo brano di Robert Frost, tratto da "La strada non presa" per parlare della fatica. Ho scelto questo brano perché sono convinto che fare fatica - a parte casi estremi in cui è la Vita che pone molte persone in una situazione particolare, per cui si fa realmente fatica a vivere, nel senso di “tirare avanti” (pensiamo a chi è costretto a scappare dal proprio Paese per la guerra, la fame, ecc…) per tutti noi, fortunati per il “solo” fatto di essere nati senza meriti in questo angolo di mondo, di avere una famiglia, una casa, degli amici, di poter studiare… fare fatica o meno dipende spesso solo da noi, è una nostra scelta. 4

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È una scelta però che ci cambia la vita, perché cambia il modo di affrontare la vita ed incide profondamente sulle scelte quotidiane. Di fronte a quelle due strade che divergono, decidere di fare fatica significa scegliere la Strada meno battuta, probabilmente quella in salita, quella che ci richiede più impegno, quella dove non si va seguendo gli altri, la massa, ma osservando la cartina e decidendo da soli, o con qualche buon compagno di strada, dove andare. Perché scegliere di fare fatica? Per l’abitudine a mettersi in gioco, per non accontentarsi di quello che possiamo trovare già pronto pre-confezionato, per il gusto di non trovare la strada già fatta


da altri, per arrivare a scorgere il panorama da un diverso punto di vista… Chi sa fare fatica in montagna, così come nello sport, nello studio, nel mantenere fede ad un impegno che ci si è presi, sarà portato a fare fatica anche nella vita. Abituarsi a fare fatica è allenarsi a non fuggire da noi stessi e dai compiti della vita, all’impegno per quello che ci è chiesto di fare, per essere Suoi strumenti (come diceva San Francesco), Sua matita (per dirla con le parole di madre Teresa) nella realizzazione di quel progetto d’Amore a cui, se vogliamo e decidiamo di accogliere il Suo invito, siamo chiamati a partecipare. Se accettiamo la sfida, le soddisfazioni non mancheranno di certo; allo stesso tempo è inutile nasconderci che sicuramente ci saranno anche momenti di difficoltà e sfiducia. La fiducia nel Progettista capo diventa in questi momenti un elemento essenziale, anche perché in questo modo il nostro fare fatica non è fine a se stesso ma acquista un senso profondo, un valore, che si svela nel momento in cui riusciamo a scorgere il nostro agire, il nostro piccolo contributo, come parte integrante del Progetto più grande, che parla d’Amore. Ancora una cosa: la fatica è un canale preferenziale per parlare con noi stessi e con il Progettista capo. È un modo per essere vicini a chi fa realmente fatica a “tirare avanti”, essere vicini nel senso di moltiplicare i nostri sforzi, di scegliere di fare fatica nella realtà in cui operiamo, nel nostro “orizzonte di normalità”, nel mq in cui quotidianamente operiamo. Solo così, noi che l’abbiamo sperimentato, possiamo sapere della bellezza e del valore di quel dialogo con il quale abbiamo chiesto sussurrando la forza e il coraggio di fidarsi del Progettista capo. Quel dialogo, una preghiera, un rosario, detto faticando, camminando in salita sotto la pioggia quella sera durante quel capo mobile, quella route… Buona strada, Giorgio C - 2011

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Sale in Zucca Aline Cantono di Ceva...................................................................................

E vissero per sempre… “C’era una volta una magnifica principessa che viveva segregata in una torre alta alta in mezzo ad un bosco fitto fitto. Da un paese molto lontano un giorno arrivò un principe coraggioso e forte, affrontò mille pericoli, sconfisse mostri, draghi, streghe e sortilegi, attraversò il bosco fitto fitto, scalò la torre alta alta, liberò la principessa e, colpo di fulmine, i due si innamorarono perdutamente, si sposarono e vissero per sempre felici e contenti”…

Ecco qua!

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interviste Ecco qua??? Ogni tanto ho la netta impressione che le favole, o meglio la lettura superficiale che se ne fa, abbia rovinato i rapporti affettivi: molti uomini cercano anche nella vita reale la principessa bella, possibilmente bionda e che se ne stia rinchiusa in un castello mollemente adagiata su di un letto (nel senso più malizioso del termine) senza un capello fuori posto e con una rosa sul petto; le donne, almeno quelle romantiche, dal canto loro, aspettano di essere salvate da un uomo, aitante e muscoloso, che risolva i loro problemi sia pratici che psicologici… e tutti, tanto i maschi quanto le femmine, una volta trovata l’anima gemella, son convinti che oramai si possa sì vivere felici e contenti, ma mica per sempre… giusto fintanto che la principessa non si riveli per quella che è: una nevrotica sciatta ed il principe un egoista con la panza… e alè! Ci si molla, ci si risistema, si rimonta in sella al cavallo bianco e si riparte alla ricerca di un’altra fanciulla o si ripubblicano inserzioni tipo: “Offersi principessa di nuovo prigioniera, disponibile al primo salvatore”… In tutto questo, che purtroppo non è una fiaba ma la triste realtà che ci circonda, ci si scorda completamente della FATICA. Eh già, perché le povere favole ce lo hanno insegnato fin da piccoli: i protagonisti stanno lontani, devono partire lasciando i loro castelli e comodità e compiere uno sforzo enorme con il rischio di morire, per avvicinarsi all’altro e trovarsi! Il principe si fa un mazzo tanto per conquistare la principessa e lei, dal canto suo, è la pazienza fatta persona e attende speranzosa i tempi del suo uomo, ma quello che le favole non specificano, e che a mio parere è una gravissima omissione, è che altrettanta fatica i due l’affrontano soprattutto DOPO proprio perché la loro felicità sia “PER SEMPRE”. E basta pensare alla fatica come qualcosa di negativo! È lei, (e la nostra capacità di apprez-

zarla), la chiave della felicità e la garanzia della “durata” eterna di un amore o di un’amicizia… non l’illusione che l’altro resti perfetto! Sono gli imprevisti e le difficoltà che danno sapore ad un racconto e rendono entusiasmante la vita! Fateci caso, in qualsiasi fiaba che si rispetti, l’importanza, in termini anche di pagine scritte, non è data tanto all’incontro, quanto piuttosto alla descrizione delle peripezie del viaggio che si è fatto per arrivare a quell’appuntamento. Ma ve la immaginate la storia: “C’era una volta un principe sonnacchioso e flaccido che, dopo esser stato al bar con gli amici, prese la sua bella automobile, fece un rettilineo di 300 metri, in meno di un minuto arrivò di fronte alla porta di una bifamiliare e si trovò parata davanti la principessa che con i bigodini in testa e l’orologio in mano si lamentava del suo ritardo… e si separarono per non vivere per sempre tristi e annoiati?”.

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interviste Niccolò Bufano (Roma 46).............................................................................

Stavolta l’intervista che state per leggere non è stata raccolta da me ma da un Rover del Rm 46 e invito tutti voi ragazzi a fare altrettanto: andate in giro a fare domande, oltre al divertimento che ne ricaverete scoprirete la meraviglia dei diversi punti di vista su determinati argomenti! I temi che Carnet di Marcia andrà ad affrontare li trovate elencati in terza di copertina (la penultima pagina per intenderci) e ricordate di inviarmi i vostri articoli a alinecantono@libero.it, 2 mesi prima dell’uscita del numero.

Per ogni attività che ci accingiamo ad intraprendere è necessario superare difficoltà e ostacoli che costano spesso molta fatica per arrivare alla meta; questo è vero per lo studio, per lo sport, per lo scoutismo e per ogni altra attività in generale. È grazie alla nostra determinazione nell’affrontare e superare la fatica che riusciamo a raggiungere le mete più ambite. Ma più il cammino è faticoso e maggiore sarà la soddisfazione finale nell’aver raggiunto l’obbiettivo. Lo sport è un maestro eccellente di vita in questo sen8

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L’UOMO CON LE ALI Intervista a Oliviero Bellinzani vincitore dei Campionati Italiani di Paraclimbing 2010 so perché insegna a superare le difficoltà e soprattutto ad andare oltre quelli che pensavamo essere i nostri limiti. Ci insegna che non mollare e credere nelle nostre capacità ci fa arrivare più lontano di quanto avremmo potuto immaginare. A tal proposito voglio proporvi l’intervista da me condotta ad un personaggio d’eccezione, un uomo che, grazie alla sua forza di volontà e alla sua determinazione è riuscito a raggiungere obiettivi impensabili. Oliviero Bellinzani nasce il 28 ottobre del 1955 ad Orino, un piccolo

centro in provincia di Varese, in cui tutt’ora risiede con sua moglie e sua figlia e nel quale conduce un’attività di imprenditore artigiano. Sin da ragazzo è un appassionato di sport, in particolare ama l’alpinismo che lo mette a contatto con la natura ed è fonte di profonde esperienze spirituali. Protagonista di un evento eccezionale che ha cambiato radicalmente la sua vita, permettendogli di fare delle esperienze uniche, lo abbiamo intervistato per ascoltare, direttamente dalla sua voce, la sua incredibile storia.


Sale in Zucca Avevi un sogno da bambino che volevi realizzare: Sì, quando ero più giovane leggevo molti romanzi di avventura, “Robin Hood”, “Zanna Bianca” e ho sempre sognato di diventare un esploratore. Intorno ai 13 anni il mio sogno è diventato quello di scalare il Cervino, un sogno che mi portavo dietro da molto. Ho vissuto un’infanzia abbastanza selvaggia, giocando nei prati, nella periferia di Milano, mi arrampicavo sugli alberi, come il barone rampante di Italo Calvino. Quando ho letto questo romanzo mi sono riconosciuto perché anche io passavo moltissimo tempo ad arrampicarmi sugli alberi e questo mi ha dato una certa forza caratteriale interiore, abituandomi a resistere a superare gli ostacoli e mi ha aiutato a costruire un fisico forte e sano che mi ha poi permesso di diventare un bravissimo atleta.

Cosa è successo il 5 febbraio 1977? Avevo ventun’anni e sembrava un giorno come tanti; invece ho avuto un incidente motociclistico nelle periferie di Milano e la mia vita, nel giro di qualche secondo, è cambiata in modo irreversibile. Dopo essere rimasto in bilico tra la vita e la morte per diversi giorni, i medici presero la decisione fatale: l’amputazione della gamba sinistra. Come è cambiata la tua vita da quel giorno? La mia vita è diventata diversa, non come quella che avevo sperato, progettato e immaginato. È cambiata notevolmente sia dal punto di vista estetico che della mobilità perché tutto ciò che ero prima non potevo più esserlo, e questo non è stato facile da accettare. Le mie idea che l’uomo è in grado di risollevarsi da ogni caduta, fino a quel momento era teoria; dopo l’incidente dovevo dimostrare che era realtà. Quale sfida ti sei posto dopo l’incidente? La mia sfida prioritaria è stata quella di continuare a vivere come prima cioè di fare come se l’incidente in moto fosse stato un incidente di percorso e di tornare a vivere una vita normale, vale a dire, rifrasando Manzoni: non volevo essere il vaso di coccio tra vasi di ferro. Volevo rapportarmi con l’ambiente e con la società che avevo intorno come una persona normale. A circa 18 anni avevo deciso che l’attività, sportiva da un lato e spirituale dall’altro, che mi dava una forza interiore, era l’alpinismo, scalare montagne. Sei mesi dopo l’incidente, sempre ragionando che il mio doveva essere un incidente di percorso, ho provato ad andare in montagna e ho scalato il Monte Nudo. Monte che conoscevo molto bene, ovviamente, perché come prima esperienza sono andato in un posto che conoscevo. Mia madre assolutaC - 2011

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interviste mente non voleva, mio padre era un pò incerto; gli amici in quel periodo si erano dileguati e sono ritornati l’anno che mi è arrivata la protesi e sono tornato “normale” dal punto di vista estetico. L’anno che è trascorso tra l’incidente e l’arrivo della protesi è stato un anno solitario. La salita al Monte Nudo è stata una salita molto faticosa e impegnativa per me: il sentiero non era semplice, pieno di vegetazione, mi sono rotolato, sono scivolato, caduto più volte nelle sterpaglie, nei rovi; e alla fine, dopo una fatica incredibile, sono arrivato in cima; pieno di sudore, graffiato, mezzo morto, però sono arrivato. Il mio animo aveva combattuto due sentimenti di pari intensità: da un lato l’amarezza del tempo che avevo impiegato e della fatica che avevo dovuto compiere per arrivare fin lì rispetto a prima, ma dall’altro, il fatto di essere riuscito ad arrivare mi dava la consolazione di dire: cacchio però ce l’ho fatta! Questo significa che posso fare anche di più. E ho cominciato ad allenarmi nei boschetti intorno a casa mia. Quante cime hai scalato dopo il Monte Nudo? Senza contare le ripetizioni, ho salito 850 montagne: tra le quali: Cervino, Monte Bianco, Punta Dufour, Punta Gnifetti, Spigolo Nord de Badile. La sfida più difficile e impegnativa è il Gran Capucin del Monte Bianco (ED-), un obelisco di granito alto 500 mt, dove la chiodatura in via è scarsa, con difficoltà che non scendono mai sotto il quinto grado e arrivano fino al settimo. Nelle scalate che hai fatto, c'è stato un momento o un episodio particolare che ti piace ricordare? Le cose belle da ricordare sono molte, come la salita allo Spigolo nord de Badile, che è stata molto entusiasmante, fuori dal normale, veramente molto bella. Se invece vogliamo parlare di rischi corsi che si 10

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Sale in Zucca spera siano quelli minoritari sulla massa dei ricordi belli che io ho, ci sono due esperienze che vi voglio raccontare. La prima mi è capitata nel 97 in Val de Gressoney, dove mi sono salvato per un pelo da una slavina grazie alla mia prontezza nello spostarmi; se avessi indugiato anche per un secondo, ora probabilmente non sarei qui a raccontarlo perché mi avrebbe investito in pieno, però sono riuscito a spostarmi al lato del canalone e la massa di neve, rocce e terra è passata a meno di mezzo metro da me. Era un polverone terribile, non riuscivo a respirare e non saprei dire quanto è durata. La seconda invece è capitata quest’anno, a luglio, salita allo Yozerhorn: si è messo a piovere, la roccia era bagnata e ho fatto un volo di cinque metri e mi sono salvato solo grazie al fatto che avevo un nat che per fortuna ha tenuto. Me la sono cavata con un’incrinatura di una costola e alcune dolorazioni al collo, se non mi sono rotto l’osso del collo è stato grazie alla mia prontezza nel reagire alla caduta, saper cadere può fare la differenza. Sono emozioni tali, quelle che provi in montagna, soprattutto da solo, per le quali potrebbe valer la pena vivere. Ti sei mai scoraggiato? Se sì, cosa ti ha dato la forza di andare avanti? Scoraggiato un sacco di volte, tantissime volte! Nessuno è esente da crisi, il problema è che non si può vivere eternamente in crisi quindi la forza di andare avanti l’ho sempre trovata dentro di me. Ciascuno di noi ha la forza di superare qualsiasi cosa, l’importante è saperla cercare, trovare e tirarla fuori. In montagna invece io non mi sono mai scoraggiato, ho sempre tenuto duro fino ad arrivare alla cima. Mi è capitato di chiedermi chi me l’avesse fatto fare quando mi sono trovato in rischi non indifferenti. Nella vita normale invece ci sono molti momenti di sconforto dovuti alla menomazione. Ogni giorno cerco di rialzarmi dopo ogni caduta.

Una volta tu hai detto: "I limiti sono prima nella mente e poi nel corpo", cosa volevi dire? Quando ho incominciato ad andare in montagna, i primi 15 anni, nonostante avessi dimostrato a me stesso una certa fantasia, una certa grinta, determinazione nell’affrontare queste salite di montagna che conoscevo già, mi mancava però qualcuno che mi insegnasse, mi mancava un mondo. Dopo l’incidente avevo dentro di me dei limiti e mi dicevo: questo non posso farlo, questo è troppo pericoloso, questo ho paura. Nel 92 ho detto: al diavolo questi limiti voglio salire il Blinnen Horn (3.374)! Ho convinto mio cugino e mio fratello e siamo arrivati in cima. Ho scoperto che sì, era stato faticoso, con le stampelle che affondavano nella neve, ma per quanto riguarda le difficoltà tecniche non ne avevo trovate! Allora mi sono detto: cavoli, tutti i limiti che io avevo e che mi ero imposto erano alla mia portata! non erano dovuti alla mancanza della gamba ma ad un limite mentale che io stesso mi ero imposto. Da questo ho capito che i limiti delle persone sono prima nella mente e poi nel corpo! Niccolò Bufano (Roma 46) ______________________________________ Fonti: intervista diretta a Oliviero Bellinzani e le foto mi sono state inviate via mail sempre da lui. C - 2011

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Sale in Zucca Monica D’Atti.................................................................................................

Il salto nell’iperspazio ”Ci sono due modi per affrontare un sentiero in salita: o con il freno tirato o con il salto nell’iperspazio”. Così raccontavo spesso alle mie scolte che mi guardavano con sguardo perplesso rimuginando fra loro il pensiero di avere una capo non tanto a posto. Dalla mia c’era la tranquillità delle ripetute conferme alla teoria, conferme che spesso mi arrivavano proprio dalle scolte che all’inizio erano più scettiche. “Il concetto è molto semplice” – continuavo – “Quando cominciate ad affrontare una salita con il pesante zaino da route sulle spalle potete farlo in due modi. Nel primo penserete a che fatica immensa possa essere ciò che state per fare, dubitando di riuscirci. Allora ogni passo sarà sempre più pesante e il pensiero che vi accompagna sarà che più del passo che state facendo non riuscite a fare. Così vi fermate per “riposare”. Questa almeno è l’idea, la sensazione. Poi, una volta “riposate”, faticosamente ricominciate pensando sempre che il passo che state facendo,

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o al massimo quello dopo, sarà l’ultimo prima di una nuova sosta. Questo vuol dire camminare con il freno tirato. Qualsiasi salita diventa interminabile e la fatica vi opprime. L’altro modo è quello del “salto nell’iperspazio”. Vi ricordate Star Trek e il passaggio nell’altra dimensione, il veloce passaggio attraverso la porta stellare per entrare in un altro mondo? L’idea è similare. Fate la prova. Cominciate ad affrontare il vostro sentiero in salita pensando che state per raggiungere la star gate, con la certezza che la raggiungerete. Si tratta di fare i vostri passi uno dopo l’altro senza pensare che ormai siete oppresse dalla fatica e che il passo che state facendo sarà l’ultimo.


Pensate invece che potete farne un altro perché la fatica è solo un momento temporaneo prima della star gate. Non rompete il ritmo, ma anzi fatevi un ritmo. A un certo punto, quasi senza rendervene conto, vi troverete oltre, sarete passate, avrete fatto il salto nell’iperspazio. Vi accorgerete che non c’è più la fatica opprimente della salita e che riuscite a fare un passo dopo l’altro e a continuare. La fatica è vinta e la cima è vicina”. Così è ogni giorno nella nostra vita. C’è sempre una salita da affrontare. Si comincia la mattina per alzarsi dal letto, si prosegue con il lavoro e lo studio e i mille impegni che ci chiamano. Ci diciamo spesso che è una gran fatica, ci sentiamo addosso la fatica, e crediamo di non farcela, di non farcela più. Troviamo allora buone scuse per fermarci, per riprendere fiato. E intanto la vita passa su una salita che sembra essere infinita. E anche qui ci sono solo due soluzioni, due vie, due scelte. O vivere con il freno tirato cercando di “sopravvivere” al passo successivo ritardandolo il più possibile scegliendo così, in verità, di fare fatica o partire con tutto il fiato che si ha, con la forza che si trova, con la speranza che ci sostiene e vivere; vincere la fatica affrontandola per passare oltre. Perché tanto la vita, la vera vita, quella che vale la pena di essere vissuta, è in salita e non si scappa. Ti possono cantare le sirene sulle

spiagge di questo mondo che tutto è facile, che puoi non fare fatica, che puoi vivere nella furbizia e nell’agio; ti racconteranno che per non fare fatica puoi rimandare, delegare, lasciar fare ad altri, non prendere a cuore, farti i fatti tuoi e vivere facile in mezzo alla salita. Ci puoi credere e rimanere prigioniero del loro canto per sempre. Ma non è vero. La fatica esiste e può essere vinta solo superandola con buona volontà, con entusiasmo, con forza d’animo e determinazione. Puoi vivere come se non esistesse solo se l’hai vinta dando un senso alla tua vita, una direzione, una meta, un traguardo. Quel traguardo che è la star gate del racconto iniziale, oltre il quale il tuo passo diventa leggero, ma che alleggerisce anche i passi precedenti nella tensione di raggiungerlo. Quella star gate che assomiglia tanto anche all’ultima porta che passeremo per arrivare alla Vita Eterna, a quel luogo promesso dove non ci sarà più fatica, ma solo amore e gioia. Sicuramente alla fine della giornata o della vita potremo essere stanchi. Se avremo però fatto la fatica di provare a fare il “salto nell’iperspazio”, forse saremo anche felici. Monica D’Atti

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Sale in Zucca Elena Pillepich...............................................................................................

A proposito di fatica…

Quanta fatica, secondo voi, può significare lavorare? Quanta fatica può comportare il lavoro in miniera? Conosciamo meglio la storia di questa donna americana che pur nella fatica del lavoro quotidiano in miniera, dovette lottare anche contro forti pregiudizi, e non è una storia di chissà quanto tempo fa… ha inizio nel 1975:

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LOIS JENSON

erso la metà degli anni Settanta, il governo americano obbligò le industrie del ferro, allora in forte crescita, ad assumere donne per almeno il 20% del loro organico. Ciò avvenne, infrangendo un tabù radicato in molte zone degli Stati Uniti, quelle dell’uomo che porta i soldi a casa e della fedele compagna che lo aspetta cucinando e badando alla prole. Le minatrici si trovarono così in poche di fronte ad un enorme gruppo di uomini ostili, che non esitarono a dimostrare il proprio astio

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molestandole in tutti i modi, dal chiamarle con aggettivi osceni alla vera e propria aggressione fisica. Lois Jenson, assunta dalla miniera Eveleth in Minnesota nel 1975, fu una di queste donne brutalizzate. Il terrore del licenziamento le faceva tacere ma, quando la violenza giornaliera, fisica e psicologica, divenne insopportabile per questa donna minuta e carina, Lois tentò prima di lamentarsi con i vertici dell’azienda, poi il 5 ottobre 1984 chiamò


in causa il Dipartimento per i Diritti Umani dello Stato: per ritorsione si trovò i pneumatici della sua auto tagliati dopo una settimana. Nel gennaio del 1987 si rivolse ad un avvocato. Fu un processo lungo e doloroso, che portò alla fine dalla miniera alla condanna, la prima per molestie sessuali in America. Un evento che cambiò da allora le leggi sulle molestie sessuali e l’atteggiamento mondiale verso questo triste fenomeno. Lois lottò non solo per se stessa, ma anche per tutte le donne che sul luogo di lavoro subivano quotidianamente molestie e ingiustizie di ogni tipo. La fatica di portare avanti con costanza e coerentemente la propria idea, trovare il coraggio di lottare per le cose in cui si crede, per i propri diritti, mantenere alta la propria dignità, giorno dopo giorno anche se si rischia di restare da sola… A questa vicenda si ispira un film NORTH COUNTRY - STORIA DI JOSEY diretto dalla regista neozelandese Niki Caro. Lois (Charlize Theron) diventa Josey, una giovane donna segnata da difficili rapporti con l’altro sesso, che l’hanno portata, a 27 anni, ad essere madre di un adolescente inquieto, che si vergogna di lei,

e di una bimba ancora molto piccola. Tornata nella sua città d’origine in seguito alla brutalità del marito, Josey affronta da subito l’ostilità, a partire dal padre, di una piccola comunità ancora legata a concetti rigorosamente maschilisti e apertamente contraria al lavoro delle donne in miniera. Nella linea del tempo, il film è stato condensato: in realtà ci sono voluti quattordici anni per risolvere il caso di Lois che ha sempre rifiutato di vendere i diritti per la sua storia o di agire come consulente per il film, dimostrando che quello per cui lottava era molto più importante del denaro: era la dignità sua e di tante altre donne. Guardate insieme questo film, anche se non è facile trattare queste tematiche, presenta molti spunti di discussione, si apre ad una realtà ancora oggi sottovalutata o peggio ignorata. E forse, come è capitato a me, vi accorgerete che a volte la fatica quotidiana di vivere dignitosamente può comportare una fatica molto più dura di quella fisica che siamo abituati a sopportare, ma che solo l’abitudine quotidiana a questa può aiutarci a superare quelle fatiche altrimenti ritenute impossibili. Elena

Lois Jenson ha intentato la prima azione legale negli Stati Uniti per molestie sessuali. Molestie sessuali è una forma di discriminazione sul lavoro. La legge lo definisce come un comportamento indesiderato verbale, visivo o fisico di natura sessuale che è grave o pervasivo e colpisce le condizioni di lavoro o crea un ambiente di lavoro ostile. Circa 15.000 casi relativi a molestie sessuali sul posto di lavoro vengono portati negli Stati Uniti alla Commissione delle pari opportunità (EEOC) ogni anno, il 60% delle quali sono presentate dai dipendenti di sesso femminile. Tuttavia, non solo le lavoratrici di sesso femminile rivendicano molestie sessuali. Nel solo 2004, il 15% delle denunce trattate dal EEOC sono state depositate dagli uomini, l'11% dei quali sono stati contro i loro superiori di sesso femminile. C - 2011

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Cadendo da Cavallo... don Fabio Gollinucci......................................................................................

Vangelo di Luca, cap. 9 Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi. Disse loro: "Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né sacca, né pane, né denaro, e non portatevi due tuniche. In qualunque casa entriate, rimanete là, e di là poi ripartite. Quanto a coloro che non vi accolgono, uscite dalla loro città e scuotete la polvere dai vostri piedi come testimonianza contro di loro". Allora essi uscirono e giravano di villaggio in villaggio, ovunque annunciando la buona notizia e operando guarigioni. Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: "Giovanni è risorto dai morti", altri: "È apparso Elia", e altri ancora: "È risorto uno degli antichi profeti". Ma Erode diceva: "Giovanni, l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?". E cercava di vederlo. Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure." 16

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Spendersi senza misura per il vangelo

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l vangelo di Luca ci presenta in questo passo il primo invio dei Dodici in missione. Più tardi seguirà un secondo invio dei Settantadue (Lc 10,1-16). Dal racconto di Luca sappiamo che c'era già stata in precedenza una preparazione dei Dodici attraverso una progressiva intimità nel rapporto con Gesù (la chiamata a seguirlo, la loro scelta come apostoli tra tutti gli altri discepoli, fino al portarli con sè nell'attività di annuncio per le città ed i villaggi). Ora però con l'invio ufficiale in missione avviene un cambiamento rispetto


infuocando il mondo a prima. Si tratta del fatto nuovo ed unico che Gesù compie di comunicare loro la Sua stessa forza e potere nell'annuncio del Vangelo e nella liberazione dal potere del male. Gli apostoli, come Chiesa-comunità, diventano continuatori come Gesù e con Gesù della sua missione. Sul modo e sullo stile di annuncio e liberazione, viene precisato che deve essere fatto nella povertà totale, senza alcun possesso, senza alcuna pretesa o privilegio o garanzia di sicurezze, ma nell'abbandono completo alla provvidenza del Padre e alla generosità degli uomini. Inoltre l'annuncio del Vangelo e la liberazione delle persone devono essere fatti nel coraggio di rendere visibile anche il “giudizio” sul “no” degli ascoltatori della Buona Notizia. In questo incarico missionario, che è dunque di ogni cristiano, possiamo riscontrare la presenza di tre tipi di fatiche che Gesù per primo non ha respinto ma anzi ha assunto su di sè e desidera ora condividere con i discepoli, attraverso una loro risposta libera a seguirlo per rivelare al mondo il volto del Padre e diffondere con il Regno di Dio. 1. La fatica di EDUCARE: sperimentata prima di tutto da Gesù nei riguardi dei discepoli che ha voluto giorno dopo giorno accompagnare nel nuovo modo di vivere in spirito e verità. Educare nasce dal desiderio di amare l'altro a partire da quello che è, dalla sua condizione reale e debole fino a permettergli di esprimere il meglio dell'immagine di Dio che porta in sè. Educare cristianamente rientra sempre nella missione di Gesù in quanto non può che condurre, prima o dopo, alla trasfigurazione del discepolo in Cristo. 2. La fatica di ANNUNCIARE: che Gesù condivide con i Dodici e, per mezzo loro, con tutti quelli che vorranno aderire al messaggio evangelico. Questa fatica conduce prima o dopo anche alla croce, nel senso di scontro e resistenza umana al bene gratuito di Dio, all'Amore che rimane tale anche se non è ricambiato. Una fatica che

esprime e porta ad una grande libertà interiore: per questo la persecuzione diventa beatitudine e anche il nemico può essere amato. 3. Tra queste due fatiche possiamo aggiungere anche quella di CREDERE: in questo brano è vissuta da Erode, ma da essa nessun discepolo è mai esentato. Se tale fatica emerge soprattutto nella possibilità di rifiuto che ognuno ha, non manca mai anche nel dubbio di chi ricerca una risposta e si mette veramente in gioco davanti alla Parola di Dio. Tre fatiche tutte feconde in quanto inserite nel cammino della Croce di Gesù. Se si soffre PER AMORE, nella volontà di “prendere su di sè” il peso che opprime l'uomo sfigurandolo, allora il frutto ci sarà certamente e presto.

Buona missione a tutti don Fabio Gollinucci

QUESTO VANGELO PER NOI OGGI • Cosa mi comunica questa pagina di vangelo? Come la vivo? Quali sentimenti suscita in me? Perché? • Anche a me tocca annunciare il Vangelo, o è solo compito di “specialisti”? • E quale stile di vita sento di essere chiamato a vivere nell'annunciare il Vangelo? • E noi, come Fuochi e Clan, quali scelte di vita facciamo per essere comunità-segno di Cristo vivo nel mondo? • Il comando di Gesù di annunciare il Vangelo con segni concreti di liberazione, quale servizio ci ispira? Cosa decidiamo? C - 2011

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Treppiedi... Michela Bertoni.............................................................................................

FATICA E RIPOSO

L

a fatica è un’esperienza con cui l’uomo, fin dal principio, si è confrontato cercando, laddove possibile, di sfuggirla o arginarla al minimo indispensabile. Da qui forse l’idea che la proposta di percorrere strade polverose, a piedi, con qualsiasi tempo, con uno zaino sulle spalle, possa essere una proposta anacronistica e lontana dalla realtà, e quindi inadatta ad affrontare questo mondo che viaggia con altri ritmi e con altri mezzi. Peccato che il tentativo di eliminare la fatica dalla vita dell’uomo, all’uomo stesso non è mai riuscito. Chi si illude di poterci riuscire è destinato a crescere fragile ed impreparato ai mutamenti che possono attendere chiunque di noi dietro l’angolo, e soprattutto alle scelte che ci vengono poste. Anche i genitori più protettivi 18

CarnetdiMarcia

sanno che quando il bambino deve imparare a camminare, lo farà al prezzo di ginocchia sbucciate e che, oltre che a fare un passo dietro l’altro, dovrà pure imparare a rialzarsi. Gesù stesso ha vissuto la fatica dell’apprendere, del lavorare, del camminare, del digiunare, del predicare e del morire: ha santificato con il suo esempio un’esperienza profondamente umana. Quindi, direi addirittura di più: la fatica e l’esercitarsi a viverla sono degli elementi che contraddistinguono una società che ha voglia di costruire con qualità per il presente e per il futuro. Per una donna, portare in grembo un’altra vita e metterla al mondo è una fatica che non può delegare e a cui non rinuncia, perché è una fatica essenziale per il futuro.


una proposta

La strada con il Fuoco e con il Clan ci mette di fronte al fatto che le cose più belle, piene e durature della vita di solito non accadono per caso ma vanno conquistate e ad esse va data profondità (cioè non possono essere costruite con belle ma fugaci piccole esperienze, ma con pazienza e costanza). In pratica, se vuoi raggiungere una meta (nella vita lavorativa, negli studi, nel servizio, nella vita di coppia) devi metterci del tuo, e questo si traduce in scelte e sudore. Dio ti indica la Strada, ma tu accoglierla o meno e se lo fai, e dire il tuo sì. La Scolta ed il Rover non sono degli ingenui, e non cercano le strade fatte già su misura per quello che hanno già conquistato e che non pongono dubbi sul continuare o meno. Non sfuggono al confronto, anche quello

che mette un pò in crisi, perché la crisi fa diventare più adulti. La Scolta ed il Rover sono persone capaci di non diventare tristi ed intrattabili per via della fatica ma miracolosamente proprio nella difficoltà essi vivono con maggiore autenticità i loro valori più sinceri e spontanei quali l’amicizia e la generosità. Ho letto anche di questo aspetto, provato sulla pelle ma che non avevo mai fissato in un pensiero: la fatica è la premessa per il riposo, e a guardare bene, della pace. Arrivati in vetta con le proprie gambe, non ci si sente forse più legittimati a riposare? E dopo una gran fatica, soprattutto se vissuta per gli altri, non ci sente forse “in pace”? Buona Strada, Michela Bertoni Comm.ra Naz. Branca Scolte C - 2011

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Apertamente Vania Ribeca..................................................................................................

Tanto pe’ campa!

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redo che il concetto di fatica sia universale. Forse oggi, visti i tempi, l’unica certezza veramente democratica è proprio la fatica. Faticare è trasversale alle classi sociali, all’età, al sesso. Certo, presupponendo che la fatica significhi per tutti lo sforzo fisico o mentale che provoca stanchezza nel fare qualcosa. Il suo significato quindi è inequivocabile stando al vocabolario. Eppure oggi qualsiasi pubblicità ha come principio fondamentale, per la vendita e il successo di un prodotto, il fatto di non dover più faticare a fare questo o quello. Lavi senza fatica, stiri senza fatica, guidi senza fatica, impari senza fatica, lavori senza fatica, (ci fanno pure credere che per guadagnarsi l’attenzione di qualcuno basta mangiarsi un chewingum al sapore di foresta del polo nord, spruzzarsi un deodorante dal profumo di aiuole in primave-

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ra e peggio ancora leccarsi le dita al sapore di formaggio!!!!). Eppure la domanda nasce spontanea: come hanno fatto fino ad oggi? Sono tutti “scemi” quelli che hanno faticato prima di noi? Il mondo che ci ritroviamo a vivere con tutte le sue possibilità, ci è arrivato così grazie alle fatiche di qualcuno, di molti in verità. E allora, cosa pensiamo di lasciare noi alle generazioni future se tutto quello che facciamo dovremmo farlo senza fatica? Mi domando quale sarà la qualità della nostra eredità… Vi riporto di seguito un po’ di saggezza popolare, proverbi che attraversano il tempo, che valgono più di qualsiasi campagna pubblicitaria... e poi uno stralcio di una canzone di Mina… una provocazione per riflettere… Vania


• A gloria non si va senza fatica. • Affatìcati per sapere, e lavora per avere. • C'è chi si affatica per amore, chi per onore, chi per denari. • Chi fatica in giovinezza, gode i frutti in vecchiezza. • Chi fugge la fatica, fugge la fortuna. • Chi fugge la fatica, non fa la casa a tre piani. • Chi ha in uggia la fatica, fa poco guadagno. • Chi non vuol far fatica, in questo mondo non vi nasca. • Chi non vuole far fatiche, il terreno gli produce ortiche. • Ci vuol molta fatica a salir sulla ruota della fortuna. • Fatica e diverrai savio. • L'abitudine alleggerisce la fatica. • La fatica è la madre del sapere. • La fatica genera la scienza, come l'ozio la demenza. • La fatica mette l'appetito. • La fatica promette il premio, la perseveranza lo porge. • Quello che si acquista con maggior fatica, riesce più caro. • Una piccola fatica ne risparmia spesso una grande. Che fatica - Mina Che fatica piacere che fatica cercarsi che fatica mentire che fatica impegnarsi. Che fatica sbagliare che fatica capirsi È una lunga estenuante fatica una lagna infinita. Che fatica ubriacarsi che fatica coi sensi che fatica ignorarsi che fatica, ci pensi. Che fatica tradirsi che fatica subire È una lunga estenuante fatica un po’ come morire.

Ci sarà un'altra uscita una porta segreta ci sarà un altro tipo di vita in un altro universo sconosciuto e remoto la mia copia, il mio doppio un aiuto concreto chi lavori per me chi mi copra le spalle chi mi spiani la strada per arrivare alle stelle per arrivare alle stelle per arrivare alle stelle. Che fatica un amico che fatica una donna che fatica obbedire che fatica la mamma che fatica il bisogno che fatica umiliarsi

È una lunga estenuante fatica ma non voglio annoiarti. Che fatica in palestra che fatica il sapere che fatica le diete che fatica apparire che fatica le cure che fatica col sesso È una lunga estenuante fatica un problema complesso. Ci sarà un altro modo non così impegnativo per sentirmi più libero e vivo che così tartassato perdo peso e sostanza sempre in gara col tempo una corsa infinita.

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Giocare il Gioco a cura del Mago G.........................................................................................

Il tuo autoroscopo Per diventare Qualcuno. Per fare della tua vita qualcosa di bello. Per iniziare e portare avanti grandi cose. Cose che cambiano il mondo. Un segreto: conosci te stesso. Sì, ma come? Leggi quanto segue e lo scoprirai... Per conoscere i segreti del tuo autoroscopo rispondi alle domande qui di seguito (non di fretta, ma sforzandoti di rispondere a ciascuna delle domande con un sì o con un no). Se hai potuto rispondere lealmente almeno 8 volte su 10 con un “SÌ”, allora possiedi molto bene la qualità di cui si tratta. Se hai da 5 a 7 “SÌ” possiedi solo benino tale qualità. Se hai 6 o più “NO” è perché scarseggia veramente. Nessuna esitazione allora. Mettiti presto a coltivare, per almeno un mese, o anche di più se necessario, questa famosa qualità.

Hai lo spirito del capo? «Da che cosa si riconosce un capo?», domandava un giorno a un generale uno dei suoi ufficiali. «Dal fatto che egli sappia obbedire, amico mio», gli rispose quello.

Tu desideri essere capo... ma obbedire ti costa fatica? Al mattino ti alzi alla prima chiamata?

No

Se il capo ti dice di portare dentro lo zaino l'impermeabile per paura della pioggia, lo prendi ugualmente anche se puoi pensare che faccia bello?

No

Quando ti si dice di "rigar dritto", ti rimetti coraggiosamente sulla buona via senza mugugnare?

No

Quando ti viene chiesto un favore, obbedisci subito senza che te lo ripetano più volte?

No

Ascolti i consigli delle persone che non ti sono troppo simpatiche allo stesso modo di quelli delle persone che ami?

No

Accetti le decisioni degli altri, senza farti il sangue acqua, anche se non li comprendi?

No

Sei capace di obbedire ad un ordine anche se nessuno deve controllare che tu l'abbia bene eseguito, ma semplicemente per il piacere di aver fatto il tuo dovere?

No

Quando hai deciso di fare qualcosa che ti costa, sei capace di obbedire a te stesso?

No

Pensi spesso che i tuoi capi rappresentino Dio presso di te?

No

Ti confessi regolarmente dallo stesso sacerdote? e segui i suoi consigli con confidenza per diventare sempre più un cristiano al cento per cento?

No

Numero dei “SÌ”: .... 22

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Sostituendo i “NO” con dei “SÌ” diventerai: --- | -... | . | -.. | .. | . | -. | - | .


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c.i.t.

4chiacchiereintenda Continua la nostra "rubrica fumetto" con le divertentissime vignette da voi realizzate... vi ricordiamo che potete mandare le vostre "4chiacchiereintenda" direttamente alla mail della redazione. Buona lettura!

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Vita da Rover... Clan Salvo D’Acquisto - Pescara 2.................................................................

Un’esperienza al Sermig

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n’ottima alternativa alla classica route di strada (o campo mobile) può essere una visita all’arsenale della pace. L’arsenale della pace si trova a Torino, in un ex arsenale militare, ed è la sede del SERMIG (SERvizio MIssionario Giovani), un’associazione che opera in varie parti del mondo, che si propone di “migliorare il mondo” e allo stesso tempo di sensibilizzare i giovani insegnando loro a non sottostare passivamente ai luoghi comuni imposti dalla società (i senza-tetto sono poveri perché non vogliono lavorare, da soli non possiamo fare niente per migliorare il mondo, ecc…). Ovviamente chiunque è ben accetto per contribuire a realizzare questi obiettivi. Entrando all’interno della struttura si può partecipare con gli altri volontari ad attività sia sociali che umanitarie. L’aspetto sociale è rappresentato dai “laboratori”, che hanno l’obiettivo di istaurare il dialogo tra i giovani (che rappresentano il futuro della società), focalizzando l’attenzione su temi importanti o attuali. Per quanto riguarda le attività umanitarie abbiamo invece i “lavori”. Ogni volontario è libero di scegliere un lavoro in base alle proprie inclinazioni e capacità, tra un ampio 24

CarnetdiMarcia

numero di possibilità, da lavori di fatica a lavori più leggeri fisicamente ma comunque impegnativi (dal caricare camion all’intrattenere i bambini del quartiere, ce n’è per tutti i gusti). La prima sensazione che si prova all’interno della struttura è di familiarità, ma allo stesso tempo di smarrimento (il posto è davvero enorme!); una volta entrati nel meccanismo però ci si inizia a sentire sempre più come a casa propria, anche grazie alle serate ed agli eventi organizzati dai volontari per fare comunità tutti assieme. Nel programma giornaliero è, neanche a dirlo, molto presente la parte spirituale, con rappresentazioni del Vangelo, Messa, vespri e lodi, e vari spunti di riflessione personale offerti da Ernesto (fondatore del Sermig). Insomma una bellissima esperienza che vi consigliamo vivamente di provare, perche permette di vedere il mondo e le cose che ci stanno intorno con occhi diversi, oltre a conoscere centinaia di ragazzi da ogni parte d’Italia e scambiare le proprie opinioni, il che non guasta mai… E allora, come dicevamo lì “io ci sto, ci metto la faccia, ci metto la testa, ci metto il mio cuore”… E VOI???? Clan Salvo D’Acquisto


vita da Scolta Andrea Di Cristina - Villabate 1

La Fatica C

on questa parola penso subito alla sfida, alle proprie forze, alla resistenza, a quel senso di noia e di sfiducia in se stessi, quella falsa giustificazione al cedimento e alla rinuncia. Quel sentore che ci inganna sulle nostre capacità. Quando abbiamo avuto l’impressione di non farcela più, abbiamo spinto oltre, quando pensavamo di avere tutte le ragione per fermarci, ma abbiamo continuato; rendendoci conto di essere capaci e di arrivare sino in fondo là dove volevamo. Vivendo la sensazione della libertà di comandare e superare gli ostacoli. Ma è anche quella gioia di libertà che si assapora, ossia liberarsi da tutto quello che blocca e opprime la nostra personalità. Alle volte ci si perde in quello che a prima vista può sembrarci duro, difficile, penoso. Oggi più di prima si tende a schivare la fatica, e l’impegno, che hanno un duplice volto, che sono gioia e amore. Ci viene proposta un modello di vita fatto solo di piacere e di successo facile e quando si incontra la fatica la si schiva, quando invece la vita per giungere ad un punto di arrivo ha bisogno della fatica. Di

non sfuggire da noi stessi e dai compiti della vita che va vissuta secondo un progetto alla cui base c’è la scoperta di un senso e non secondo la casualità. Un senso più alto, un senso profondo che è solamente Dio; solo l’eternità dà un senso al tempo. Ci si frantuma sempre di più, sembra che la vita si realizzi con una soddisfazione effimera, le persone invece, in questa ricerca di soddisfazioni effimere si consumano. La fatica è la capacità di portare la croce che ci viene riservata lungo la strada della vita. È luce del Vangelo che illumina la croce donandogli una luce nuova. È verificare a proprie spese quanto Gesù insegna nel Vangelo, quando invita ognuno a prendere la propria croce. Perché vuole farci comprendere il senso profondo della nostra vita e della nostra esistenza e il nostro rapporto con Lui. La stanchezza viene spazzata via dalla gioia del punto di arrivo. Andrea Di Cristina C - 2011

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Custodi della terra Marco Fioretti................................................................................................

Produrre “energia risparmiata” Anche stavolta il tema per I Custodi è arrivato da solo, anzi si è imposto. Sto scrivendo subito dopo la catastrofe in Giappone che, oltre a migliaia di vittime e a tanti altri danni materiali, ha semidistrutto alcuni dei reattori nucleari di Fukushima e ci ha ricor-

dato quanto siamo dipendenti dall'energia. In ultima analisi, la vita comoda è possibile soltanto finché c'è energia senza interruzioni, a prezzi abbordabili e in quantità sufficiente a produrre e usare tutto quello che abbiamo intorno, dagli alimenti ai

Il diagramma che vedete in questa pagina spiega quanta energia è stata prodotta o sprecata negli Stati Uniti nel 2009 e come. La versione originale, molto più leggibile, si trova su https://flowcharts.llnl.gov/. Anche se non conoscete l'inglese è facile da capire (almeno dopo aver letto questa rubrica) e vi consiglio caldamente di studiarla, magari a riunione di Clan e Fuoco. L'Italia non è gli Stati Uniti, ma non penso che le conclusioni generali siano molto diverse e sono interessantissime! Ecco la spiegazione, molto più semplice di quanto sembri. A sinistra della cartina ci sono le varie fonti di energia, tanto più grandi quanto più se ne usa: lo scatolone verde scuro in basso a sinistra è il petrolio, il grigio è il carbone, il blu il gas naturale eccetera. La scatola “Electricity Generation” al cen26

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videogame, passando per questa rivista. Non voglio certo, nè potrei farlo, parlare qui di nucleare. Parlerò solo di quell'altra fonte energetica pulita e immensamente più facile da produrre di ogni altra: la riduzione degli sprechi energetici.

tro in alto rappresenta quanta energia “primaria”, qualunque sia la sua origine, viene trasformata in elettricità. Le scatole rosa mostrano quanta energia viene usata in ogni attività umana: dall'alto in basso abbiamo usi domestici, commercio, industria e trasporti. A destra, le conclusioni. La scatola grigio scuro (“Energy Services”) mostra quanta energia viene effettivamente usata per fare qualcosa, quella grigio chiaro in alto (“Rejected Energy”) è l'energia dispersa o sprecata in un modo o nell'altro. La linea che collega due scatole mostra, con il suo spessore, se e quanto la scatola a sinistra contribuisce a quella a destra: la grossa linea nera significa che quasi tutto il carbone (scatola grigia) viene bruciato per produrre elettricità. La parte che ci interessa qui sono le due scatole grigie. Ciò che dice quel diagramma (ripeto, scari-


cate e consultate l'originale se potete!) è che su 94.6 Quad di energia prodotta meno di 40 vengono effettivamente usati. È molta di più (54.64 Quad) l'energia sprecata in un modo o nell'altro, e metà di essa è elettricità persa (linea grigia in alto a destra) prima ancora di essere usata! Le conclusioni, ovvie ma più si ripetono meglio è, sono che: • Eliminare e rifiutare gli sprechi energetici è una fonte energetica pulita importantissima • Bisogna sapere dove gli sprechi avvengono effettivamente, per agire in maniera efficace Consumare meno energia possibile in casa non basta certo a risolvere il problema energetico. È indubbio che quello un cittadino qualunque può fare subito e da solo, tipo non lasciare le luci accese, non basta. Però, visto che siamo tanti, se lo facessimo tutti sempre farebbe comunque una differenza da non buttar via, anzi. Inoltre, il bello del risparmio energetico è che è l'unica fonte di energia che tutti possono produrre da subito, da soli e senza chiedere il permesso a nessuno. Basta avere capito, come dicevo poco fa, dove e quando produrlo. Vediamo alcune possibilità, limitandosi a ciò che si può fare da soli e, in alcuni casi, addirittura come autofinanziamento.

Risparmio energetico in casa... L'Enea (vedi link) raccomanda di eliminare spifferi e perdite di calore da vetri e infissi, e di isolare i cassonetti delle imposte. Questi sono lavori abbastanza semplici, che rover e scolte in gamba potrebbero anche fare per guadagnare qualcosa. Ancora più semplici sono queste cose: • Se possibile, abbassare la temperatura di riscaldamento e innalzare quella dei condizionatori; • Non coprire i caloriferi con tende o rivestimenti; • Mettere in frigo e congelatore soltanto cibi già freddi; • Spegnere sempre completamente computer, TV e simili quando non servono

... e fuori Questa è la parte più interessante. Il diagramma ci dice usiamo molta più energia per trasporti, commercio e industria che in casa, cioè che possiamo produrre molta più “energia risparmiata” fuori casa che dentro. Dei trasporti ho già parlato, quindi guardiamo solo commercio e industria: il diagramma dice che possiamo produrre tanta “energia risparmiata” semplicemente comprando meno prodotti e servizi e preferendo quelli prodotti con meno energia. Questa regola è molto più concreta e semplice da seguire di quanto non sembri. Ecco qualche esempio, preso dai link citati in fondo. Per fare un Kg di carta igienica “riciclata al 100%”, servono 30 litri d'cqua e 3 Kwh di elettricità in meno rispetto a quelli “nuovi”. Per ogni 50 Euro spesi in abbigliamento e calzature si usa una quantità di materie prime ed energie pari a circa 77 mq di Terra. Per coltivare con tecniche intensive il cotone per una sola T-shirt servono circa 25 lt di acqua, per produrre un solo paio di jeans fino a 11.000 litri. All'acqua vanno aggiunte quantità altrettanto notevoli di energia per produrre, lavorare, trasportare per mezzo mondo e immagazzinare i vestiti finiti. In Italia un milione di tonnellate di vestiti semi-nuovi finiscono nella spazzatura ogni anno: quanta “energia risparmiata” si sarebbe prodotta non comprandoli proprio, se non servivano davvero? Cambiando completamente settore, ogni anno stampiamo (consumando energia!) una quantità di fogli poi mai utilizzati sufficiente a ricoprire per 2 volte l’Italia. Insomma, oggi produrre “energia risparmiata” è possibile in TUTTO quello che compriamo o facciamo fuori casa: basta ricordarsene e iniziare a farlo per ridurre parecchio i nostri problemi energetici. Buona Custodia, Marco, marco@storiafse.net C - 2011

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Scienza dei boschi Marco Fioretti................................................................................................

Saper bere sulla Strada Secondo l'Istat (nota diffusa a marzo 2011) il consumo di bevande gassate “è diffuso specialmente tra i giovani di età compresa tra gli 11 e i 24 anni, dove supera l'80 per cento del totale”. In generale, per non bere mai, o per bere il meno possibile qualsiasi bibita gassata ci sono tanti di quei motivi che fareste felici qualsiasi dietologo o medico di famiglia a cui doveste decidere di chiederlo. Ci sono momenti però, e di questo parliamo stavolta, in cui bere bene è ancora più importanti del solito. È per questo che una pagina dedicata all'escursionismo parte da una notizia che con l'escursionismo non ha nulla a che fare: perché (nel bere come nel

dormire, camminare o qualsiasi altra attività), in città ci si può permettere di sbagliare o di non rispettare il manuale alla lettera, ma sui sentieri è tutta un'altra storia. D'altronde è anche per quello che sono così belli, non trovate? Concedersi una bibita a una festa o al ristorante, oppure un caffè extra prima di un esame, per non parlare del bicchierino occasionale di vino o liquore nei pasti: tutto questo, cioè bere non nel modo migliore a casa, non fa bene ma almeno, in generale, non provoca nemmeno guai seri immediati (avete notato come sto dando per certo che nessun Rover e Scolta sia mai tanto STUPIDO da guidare dopo aver be-

vuto, anche solo per pochi minuti?). Quando siamo sulla Strada, invece, cioè lontani da medici e medicine, con carichi pesanti da portare, temperature potenzialmente estreme e percorsi non proprio agevoli, evitare gli errori con il bere è essenziale. Cadere dal divano del salotto a causa di un bicchierino di grappa finisce in una risata, scivolare su una mulattiera no. Lo stesso vale per cose come dover finire una tappa della Route al buio, solo per colpa di qualche capogiro o dolore allo stomaco che sarebbe stato facilissimo evitare. Quindi, è importante, durante un'escursione, sapere senza equivoci come bere, quali errori evitare e perché.

Perché, in montagna, bere è ancora più importante che in città L'acqua rappresenta una grande percentuale in peso del nostro organismo (dal 55 % al 65 % circa) e riveste un ruolo fondamentale durante qualsiasi attività fisica: l'evaporazione del sudore smaltisce il calore prodotto con lo sforzo fisico, ma fa perdere, oltre all'acqua pura e semplice, anche sali essnziali per l'organismo come sodio e potassio. Ad alta quota il bisogno di acqua può essere maggiore che in città sia perché l'aria è più secca sia per l'iperventilazione. In quelle condizioni si perde acqua anche quando non si vede nessun sudore e senza prova28

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re sete. Il rischio è maggiore già a parità di attività rispetto al livello del mare, figuriamoci marciando con lo zaino! Il primo metodo per compensare questa perdita di acqua è prevenirla... a casa, cioè essere allenati e non in sovrappeso. Sulla Strada, è necessario bere spesso e poco, a intervalli regolari anche in assenza dello stimolo della sete; anzi, soprattutto prima! Quando, in montagna, ricordo a dei bambini che devono bere e loro rispondono “ma non ho sete”, io replico regolarmente “non ti ho chiesto se hai sete, ti ho detto che devi bere”.


Cosa non bere

Cosa bere?

Tutte le bevande gassate vanno evitate perché dilatano lo stomaco che, comprimendo il diaframma, ostacola la respirazione. Gli alcolici riducono l'efficienza fisica e la capacità di concentrarsi, oltre a far perdere calore, anche se sembra il contrario. The e caffè contengono la caffeina che è un diuretico, quindi fanno perdere più acqua di quella che contengono (ancora di più se li arricchite con zucchero o latte). Succhi di frutta? Quelli ricchi di zucchero li eviterei, per motivi simili a quelli delle bevande gassate e per la gioia dei vostri dentisti. A parte questo, un problema dei succhi di frutta è che, a differenza dell'acqua, non si possono certo usare per cucinare se ci si deve fermare per il pranzo prima della prossima fonte. Inoltre, portarsi succhi di frutta significa portarsi dietro contenitori separati, cioè altri rifiuti non biodegradabili e/o peso nello zaino. Riduciamoli al minimo, se proprio non se ne può fare a meno. A questo punto, rimangono tutti gli integratori, cioè le bibite sportive più o meno pseudoscientifiche (ma mai economiche!) che in alcuni ambienti escursionistici vanno di gran moda. Personalmente, ritengo che se in una Route c'è davvero bisogno di usare regolarmente quelle bibite per non crollare a terra, forse è il caso di cambiare il programma della Route. In generale, la fatica non va evitata per principio e può avvicinarci a Dio e a noi stessi, ma le attività Scout non sono maratone agonistiche in quota, in cui certi supporti (che, ripeto, oltretutto costano più del vino d'annata!) hanno molte più ragioni d'essere. Questo non significa che sia sbagliato portare nella borsetta di PS di Clan o Fuoco qualche bustina del genere, per casi d'emergenza, o che chi ha una salute un po' più delicata non possa (dopo averne parlato col medico e su sua raccomandazione!) farne uso regolarmente in Route, ma dovrebbero rimanere eccezioni.

Che domanda! Acqua non gassata, ovviamente. Che altro potrebbe servire, checchè ne dicano gli osti e i meravigliosi canti degli Alpini che ci piacciono tanto? Senza offesa per le tradizioni e le eccellenti industrie vinicole di tante regioni d'Italia, vi garantisco che almeno sulla Strada l'acqua basta e avanza. Ovvia eccezione, da gestire tenendo presente quanto ho già scritto: bevande calde come the e caffè. Quanto all'acqua se, dopo averla ripulita come suggerito nel resto della rubrica, dovesse risultare insipida, di sapore non proprio esaltante, provate ad arricchirla come suggerito su Sentierando.it: “1 litro di acqua mescolata al succo di 2 arance, un pizzico di sale, 2 cucchiai di zucchero”. Questo trucco, o qualsiasi variante del medesimo, è particolarmente utile quando si ha a disposizione neve sciolta, che è priva di sali minerali. A questo punto l'unica parte che rimane è: come e perché essere sempre sicuri di avere acqua pulita a disposizione lungo la strada; ma di questo parleremo nella prossima rubrica. Per ora, cioè per i campi mobili del 2011, è sufficiente che sappiate con chiarezza cosa bere o no, come e perché (anche leggendo i siti Web suggeriti qui sotto). Buona Strada, Marco, marco@storiafse.net www.cairimini.it/servizi/cuore_montagna/dieta.htm www.acalandrostour.it/medicina_in_montagna.htm www.trekkinando.it/PDF/Alimentazione%20e%20Trekking.pdf www.sentierando.it/trekking/alimentazione.php

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Vita associativa

Associazione Italiana Guide e Scouts d’Euro pa

Cattolici

Concorso per la reali zz di un LOGO per ilazione

Campo Nazionale Scolte e Rover 2012 REGOLAMENTO Le proposte progettua li dovranno esprimere : • I valori condivisi dal l'Associazione; • Lo spirito del campo. Il logo proposto dov rà contenere almeno : • La scritta “Campo Nazionale Scolte e Ro ver 2012”; • Il simbolo ufficiale dell'As soc iazione Ita liana Guide e Scouts d’Euro pa Cat tolici.

Carissima/o la pattuglia nazionale Scolte e la pattuglia nazionale Rover ti invitano a partecipare al concorso per la realizzazione del logo del Campo Naziona le Scolte e Rover del 2012. Il logo sarà l’immagine ufficiale campo, verrà utilizzato per la realizzazione del distintivo da applicare sull’uniforme e per la modulistica in genere (carta inte stata e documenti ufficiali, locandine, borchie, pubblicazione sul sito e sulle riviste ass ociative)... Allora!?! cosa stai asp ettando? 30

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Le proposte dovran no essere comprensi bili a tutti e dovranno ess ere originali. In partico lare le proposte dovran no: • Essere chiaramente leggibili sia in formato grande (10 cm) che in form ato ridotto (2 cm); • Essere riproducibili e leggibili anche in bic olore (bianco e nero); • Essere realizzate con caratteri o immagini non coperti da copyright o diritto d'autore. Possono partec ipare al concorso tutte le Sco lte e i Rover iscritti all'anno scout corrente. È pos sibile par tecipare in form a singola personale od in forma associata in pat tuglie di max. 3 person e. I file JPG, TIF o PD F (ad almeno 300 dpi ), dovranno essere inviati tram ite mail alla redazione di Carnet di Marcia: cdm@

fse.it.

La presentazione dei lavori è fissat a per giorno 01 settem bre 2011; durante l’in con tro Capo Fuoco e Cap o Clan del 17-18 settem bre 2011 verrà scelto il log o ufficiale con un’app osita scheda di voto distrib uita a tutti i par tecipanti.


Piano redazionale Cosa abbiamo realizzato e... cosa faremo.

2009 2010

2011

√ C - IO √ D - Sogni

√ A - Perdono √ B - Tempo √ C - Fatica D - IO PER L'ALTRO E - Vocazione

√ A - Dolore √ B - Coraggio √ C - Sfide √ D - IO E L'ALTRO √ E - Confronto

2012 A - Paura B - Libertà C - Strada

ta dell'associazione. Concorso per l'immagine coordina concorso per Il Consiglio Direttivo ha indetto un ata della rdin Coo e gin ma l’ideazione dell’Im nostra Associazione. sentazione di Ai partecipanti si richiede la pre studio grafico una proposta progettuale e dello rchio" ufficiale del logotipo (abbinamento del "ma a carta inteal testo "Scout d'Europa FSE"), dell stata, biglietti da visita, ecc.

Il premio è di € 1.500,00.del

concorMaggiori informazioni nel bando tro sito nos del e pag e so pubblicato sulla hom www.fse.it

C - 2011

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L'altracopertina... di Giorgio Sclip

Riflettendo sulla fatica... " Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena. (Mt 6, 34)

La vita è dolore, superalo; […] La vita è lotta, accettala; […] (Madre Teresa di Calcutta)

Una fatica compiuta per la felicità degli altri ci eleva al di sopra di noi stessi. (Lydia Maria Child) Ciò che è scritto senza fatica in genere è letto senza piacere. (Samuel Johnson)

I metalli vili si trovano in superficie: i metalli più ricchi sono invece quelli la cui vena si nasconde nel profondo della terra, ma ricompenseranno con grande abbondanza le fatiche di chi ha profondamente scavato. (Seneca)


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