CARNET DI MARCIA 2011 5

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CarnetdiMarcia Rivista mensile, dicembre 2011 • n° 20, anno XXXV • Sped. in abb. post. Art. 2, Comma 20/c, Legge 662/96 Filiale di Padova • ISSN 1127-0667

2011

Scout d’Europa

PER SCOLTE E ROVER

Vocazione

SALE IN ZUCCA E da grande che faccio? pag. 6 - 7

VITA DA ROVER... DA SCOLTA Akpe Ghana , grazie pag. 23 - 25

CADENDO DA CAVALLO... Voce di uno che grida nel deserto pag. 12 - 13

SCIENZA DEI BOSCHI Una Route a impatto zero? pag. 28 - 29


CAPITOLO

INCHIESTA

Sommario Carnet di Marcia ∙ E - 2011

SCOUT D’EUROPA

Parole all’immagine.........................................................3

Rivista mensile Associazione Italiana Guide e Scouts d’Europa Cattolici della Federazione dello Scautismo Europeo. Anno XXXV • n° 20, DICEMBRE 2011 - Carnet di Marcia per Scolte e Rover

Editoriale MAI A CASO......................................................................4 Sale in zucca “E da grande che faccio?”..............................................6 Lasciamoci stupire ..........................................................8 Charles de Foucauld.......................................................10 Cadendo da cavallo... infuocando il mondo Voce di uno che grida nel deserto...............................12

IMPRESA

Treppiedi, una proposta Il farmaco miracoloso....................................................14 Apertamente VOCAZIONE: Steve Jobs...............................................16 Giocare il gioco Il tuo autoroscopo...........................................................20 4 C.i.T.................................................................................21

RUBRICHE

Vita da Rover... vita da Scolta La Strada verso la Vocazione.......................................22 Akpe Ghana, grazie .......................................................23 Custodi della terra I corsari dei libri..............................................................26 Scienza dei boschi Come si fa una Route a impatto zero?.........................28 Vita associativa CAMPO NAZIONALE SCOLTE E ROVER......................30 Piano redazionale 2009 - 2012........................................................................31 L’altracopertina Riflettendo sulla Vocazione...........................................32

Direttore Responsabile Giuseppe Losurdo Direttori Michela Bertoni, Gipo Montesanto REDAZIONE DI CDM Coordinamento redazionale Tullia Di Addario, Giorgio Sclip Casella email della redazione

cdm@fse.it RESPONSABILI RUBRICHE • APERTAMENTE: Vania Ribeca. • CADENDO DA CAVALLO...: Don Fabio Gollinucci. • SALE IN ZUCCA: Monica D’Atti, Aline Cantono di Ceva ed Elena Pillepich. • VITA DA ROVER, VITA DA SCOLTA: Elena Bratti, Paolo Morassi. • CUSTODI DELLA TERRA: Marco Fioretti. • SCIENZA DEI BOSCHI E OCCHIO!: Marco Fioretti. • TREPPIEDI, UNA PROPOSTA: Commissari di Branca • L’ALTRACOPERTINA: Giorgio Sclip Hanno collaborato in questo numero: Aline Cantono di Ceva, Tullia Di Addario, Giorgio Sclip, Don Fabio Gollinucci, Micaela Gentilucci, Elena Pillepich, Vania Ribeca, Marco Fioretti, Monica D'Atti, Marco Lucidi, Inter Clan Ivan Žužek - Alpha Centauri Rm12-Rm15, Progetto grafico simone.salamone@email.it Direzione, Redazione e Amministrazione Via Anicia 10 • 00153 Roma Aut. del Tribunale di Roma n. 17404 del 29/09/1978 Sped. in abb. post. Art. 2 Comma 20/c, Legge 662/96 Fil. di Padova ISSN 1127-0667 Stampa T. Zaramella - Selvazzano PD

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anoscritti e foto, anche se non pubblicati, non si restituiscono, salvo diverso accordo precedente con la Direzione. Tutti i collaboratori hanno la responsabilità e conservano la proprietà delle loro opere. La riproduzione di scritti comparsi in questa rivista è concessa a condizione che ne venga citata la fonte.

Chiuso in Redazione DICEMBRE 2011

Ringraziamo tutti coloro che ci hanno scritto e che ancora non vedono pubblicato su questo numero il loro contributo! Tranquilli, sarete sul prossimo!! 2

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Parole all’immagine

La Vocazione è la via dei "Cuori ardenti"! Ăˆ per coloro che non si accontentano di andare nel bosco a fare il pic-nic, ma vogliono salire sulla cima della montagna, anche se il Sentiero si fa duro e stretto, e sole e fatica ti asciugano ogni energia! [Anonimo]

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Editoriale Giorgio Sclip..................................................................................................

Mai a caso L

a vocazione di un cristiano è quella di non essere mai a caso dove si trova. Questo è un obiettivo che mi piace, che mi affascina. E a voi? La vocazione avviene, se avviene, se si cerca, se si accetta. Tutti conosciamo esempi di vocazioni importanti: importanti per chi le “vive”, perché cambiano e incidono profondamente nel modo di vivere, ma anche per chi le “vede”, perché diventano un esempio, un modello da seguire. Quello che mi ha sempre affascinato di una vocazione non è tanto l’aspetto straordinario: tutti abbiamo in mente Saulo che cade da cavallo e che, da acerrimo persecutore dei cristiani, ne diventa, con uguale forza e tenacia, uno di loro. Bellissimo segno della grandezza di Dio. Mi piace di più spostare l’attenzione sull’aspetto ordinario di una vocazione, su qualsiasi vocazione, quindi anche quella di ognuno di noi, indipendentemente dall’evento straordinario o meno che l’ha generata. Non riguarda soltanto il momento determinante della

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scelta della nostra vita. La vocazione personale di ciascuno di noi non è una Scelta che si fa una volta nella vita, ma richiede un impegno quotidiano che consiste nel confermare ogni giorno la Scelta di seguire la propria vocazione, la Strada per la quale ci si è sentiti chiamati. “Seguimi”, sembra suggerirci Gesù davanti ai più semplici doveri quotidiani; “Seguimi” in quella prova da abbracciare, in quella tentazione da superare, in quel servizio da compiere… Come rispondere concretamente alla sua chiamata? Facendo ciò che Dio vuole da noi nel presente. Per ognuno di noi ha un amore, un progetto di vita, una chiamata particolare. Lo si avverte in cuore attraverso un’ispirazione dello Spirito Santo o attraverso determinate circostanze o un consiglio, un’indicazione di chi ci vuol bene, nei modi più diversi, riecheggia la medesima parola. La scelta di seguirlo può dare certamente una enorme gioia, ma non è da nascondesi che richiede certamente una grande fatica, una tena-


Ricevi il Vangelo, come una “bussola” ti farà da guida in ogni momento in cui dovrai fare una scelta e ti sarà di aiuto nel percorrere la strada. [Cerimonia dell'Ammissione - Norme Direttive branca Rover] cia, la forza di andare controcorrente e guidare da soli la propria canoa per mantenere fede ad un impegno, ad inseguire un ideale, uno scopo importante, che non segue le mode del momento, che non cerca necessariamente la conferma e il compiacimento degli uomini. Gesù passa nella nostra vita, ci incontra in luoghi diversi, in modi diversi, e ci fa sentire nuovamente il suo invito a seguirlo. Ci chiama a stare con Lui perché vuole instaurare un rapporto personale e nello stesso tempo ci invita a collaborare con lui al Suo grande progetto.

"Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua". (Lc 9,23)

Se abbiamo capito come possiamo essere utili al Suo disegno e ne abbiamo raccolta la sfida (mi piace vedere così quella croce che Gesù ci

invita a prendere sulle spalle e seguirlo), l’impegno ad essere Suo strumento, la fatica che abbiamo davanti è quella di alterare ed affaticare la nostra vita, con coerenza, cercando di non mollare mai, di avere fiducia nel Suo progetto, nel “Progettista capo”. Lo scoraggiamento è in agguato, perché siamo deboli, io per primo, e troppo spesso ragioniamo con la logica umana e non con quella di Dio. È nella tendenza umana resistere a Dio, deformare la sua immagine, rifiutando di lasciare che Dio sia come vuole essere. Il nostro Dio è troppo piccolo, troppo fragile e troppo limitato, mentre Dio è talmente grande che nulla di quello che accade avviene a caso. A Lui non importano le nostre debolezze, i nostri peccati, le nostre miserie. Lui ci ama e ci sceglie così come siamo. Sarà il Suo amore a trasformarci e a darci la forza di rispondergli e il coraggio di seguirlo. Buona strada, Giorgio E - 2011

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Sale in Zucca Aline Cantono di Ceva..........................

E da grande che faccio? intervista a Paolo Calabresi Paolo Calabresi è un attore italiano di teatro e televisione. Oltre al Teatro, dove ha lavorato con grandi registi come Strehler, Ronconi e Castri, ha preso parte a fiction televisive come: Nati ieri, R.I.S. - Delitti imperfetti, La squadra e ai film tv Don Bosco, Padre Pio e Maigret. Nel 2008 ha condotto il programma televisivo Italian Job, su LA7, nel quale si è calato nei panni di numerosi personaggi famosi. Interprete di svariati spot pubblicitari, dal 2007 è lo scorbutico elettricista Augusto Biascica nella "fuoriserie italiana" Boris. Da quest'anno è uno dei nuovi protagonisti della serie Distretto di Polizia. Nel cinema ha lavorato ne I Vicerè di Faenza, in Notturno Bus di Marengo, in Boris il Film, in Tris di donne e abiti nuziali di Terracciano. È uno dei protagonisti del prossimo film di Vicari Diaz - don't clean up this blood. Dal 2008, diventa una "iena" ufficiale de Le Iene su Italia 1; nei suoi servizi è solito travestirsi.

Ve lo confesso… questa storia della “Vocazione” mi ha sempre messo un po’ di ansia. Soprattutto qualche anno fa il solo argomento mi faceva venire l’angoscia: “Tutti siamo chiamati”; “Fà la volontà di Dio”; “Qual è la tua strada?” erano frasi che alle mie orecchie suonavano come una specie di condanna, l’ennesimo dovere da compiere. “E se Dio mi chiedesse di fare proprio ciò che non voglio?”, “E se ora m’interrompesse in quello che sto facendo?”, “C’è da fidarsi?”, “E se interpreto male i segni che mi indicano una certa strada e imbocco una via senza uscita in cui resto intrappolata?” Già, perché questa benedetta Chiamata io l’ho percepita a lungo come un disturbo, una lunga mano che dal cielo scendeva, mi acchiappava per il collo, e mi trascinava da un’altra parte… ovviamente contro la mia volontà o quantomeno facendo leva su di un opprimente senso del dovere e responsabilità. Anzi, dirò di più… questa faccenda mi ha sempre puzzato di “Gioco a premi” dove prerogative per riuscire sono il sentirci bene, la furbizia e l’avere un intuito fine… o, se non peggio, di “Lotteria” dove i numeri vincenti li sorteggia il caso… Poi finalmente qualcuno mi ha aiutato a capire dov’era il mio errore, il punto è che per anni ho guardato dalla parte sbagliata: Rispondere alla tua vocazione è qualcosa che non puoi fare a meno di fare non 6

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perché non obbedendo deludi qualcuno e incorri in qualche punizione… non è quello il problema… non è quella la spinta… non si tratta di essere affidabili e seri… coerenti o ribelli… non è “azzeccare” la facoltà universitaria giusta per le mie inclinazioni… non è incappare “fortunatamente” nel ragazzo dei miei sogni… nulla c’entra la sfiga o il destino o gli errori di valutazione… non è qualcosa di precluso a chi non è dotato di un’intelligenza superiore… Rispondere alla tua vocazione è inevitabile perché è una faccenda che ha a che vedere con i tuoi desideri, quelli veri, dove corpo, mente e cuore vogliono la stessa cosa… insomma, c’è in ballo la tua felicità! Te la vedi tu con te stesso: non è “cosa devi fare” ma “chi vuoi essere”. Perché la vera pace, cosa sconfigge la paura dell’indecisione di scegliere una strada e fa svanire i rimpianti tipo: “cavolo, forse era meglio se avessi…”, è l’avere chiara una consapevolezza: io sono preziosa, sono stata creata da Uno che è pazzo di me e che per me vuole il meglio, sono nel posto giusto al momento giusto, ciò che mi sta accadendo è per me ed è un’occasione unica, perché è qui ed è ora ed è malgrado tutto, che posso trovare una felicità stabile e duratura… e la risposta alle eterne domande universali (chi sono, da dove vengo e dove vado?) arriva dolcemente e relazionarsi con l’altro diventa più facile e naturale.


interviste Qui si parla di Vocazione, cos’è che non puoi fare a meno di fare nella tua vita?

Ciò che ti ha reso famoso sono i tuoi travestimenti… non ti confondi su chi sei?

L'attore. Ma per me non c'è stata una via di Damasco. La scoperta della mia strada è stata lenta. Sono passato attraverso diverse esperienze e solo a 23/24 anni ho capito che potevo fare solo questo. Il mio è un mestiere che bisogna fare solo se non puoi farne a meno. La mia vocazione era dentro di me, è stato l'incontro con Strehler a rivelarmela. Mi ha fatto capire capire cos'era questo lavoro.

Io no, gli altri pare di sì.... Per me il gioco rimane sempre uguale. Essere su un palcoscenico o davanti una macchina da presa, oppure in uno stadio a fingersi Nicolas Cage, non fa differenza. Faccio comunque il mio lavoro: l'attore finge di essere un altro. E per farlo deve essere vero-simile. Sta poi agli altri decidere se entrare nel suo gioco o meno. Ma per quanto mi riguarda non mi confondo, anzi, più trasformazioni faccio più devo conservare lucidità...conservare la coscienza che è tutta finzione, tutto un gioco. Il distacco da ciò che interpreti è decisivo. Diffidare degli attori che raccontano di "diventare" il personaggio che interpretano, di "immedesimarsi" fino a confonderai con lui, con le sue "abitudini": il momento che Romeo si uccide col cavolo che loro si uccidono...e fanno bene, aggiungerei....

Evidentemente hai scelto questo mestiere per le gioie e l’allegria che ti dà… e le fatiche? Immense, almeno per come l'ho scelto io. Immense, almeno per come l'ho scelto io. Quelle trasformazioni, aggiunte al mio lavoro normale, richiedono uno stato di all'erta costante che costa moltissimo. Aggiungici che ho anche una famiglia numerosa, con moglie e quattro figli e tira le somme... Ho fatto e farò molta fatica, sempre. È direttamente proporzionale alla gioia di trasmettere delle emozioni. Ma il risultato arriva sempre alla fine della corsa.

Dicci il trucco per continuare ad amare ciò che fai. Pensare di avere un ruolo importante nella vita degli altri. Siamo delegati a raccontare delle storie e a fare in modo che gli altri ci credano. A farli sognare, dunque. Non si può fare senza Amore. alinecantono@libero.it E - 2011

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Sale in Zucca Monica D’Atti.................................................................................................

Lasciamoci stupire

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ocati, chiamati, assoldati per la vita. Magari fosse così facile la vocazione. Arriva il Signore dall’alto e ti chiama. Ti chiama con voce paterna e ti indirizza, sicuro, verso il tuo destino; ti indica la via, ti spiega la strada. Non dovremo così preoccuparci più di niente: il tracciato è chiaro; è di lì che devo andare. A volte forse invidiamo san Paolo che il Signore fece cadere da cavallo o san Francesco al quale parlò il crocifisso di san Damiano. Ci sembra che da qual momento in poi per loro tutto fu chiaro, subito tutto liscio. Niente di tutto questo. Neanche per loro. Non per loro e neanche per noi. La vera vocazione è una vocina sottile che si confonde con mille altri richiami della vita, flebile voce che a fatica si distingue. La vocazione si confonde con ciò che ci piace fare. A volte ciò che ci piace può essere un indizio, a volte causa di confusione. È un sottile crinale quello sul quale si cammina. I tuoi talenti, le tue aspirazioni, le cose verso cui sei predisposto sono un filo sotteso su una cresta. A un certo punto della vita devi scegliere verso quale versante scendere e dove portarti tutti i doni che

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ti sono stati dati trovando la direzione. Nella piena libertà dei figli di Dio possiamo andare dove vogliamo. Solo un versante però sarà quello che darà senso alla nostra vita. C’è il versante dei talenti sprecati e quello della vocazione compiuta. C’è il lato diritto e quello rovescio, c’è il fianco della vita perduta e quello della vita realizzata. Terribile responsabilità quella del lato giusto, ma è la nostra vita. Nessuno potrà viverla per noi, nessuno potrà avere la nostra vocazione. Siamo chiamati fin dalla notte dei tempi ad essere qualcuno diverso da tutti gli altri con una missione diversa da quella di tutti gli altri. Se la tua vocazione, il tuo mandato non sarà assolto il mondo avrà perso una persona importante: te. E tu la tua occasione. Per fortuna in aiuto a questo nostro intenso destino c’è il tempo che Dio dà all’uomo. Non è in un giorno che tutto si decide, non è un attimo, non un tiro di dadi. Con tanti segni e in tanti piccoli passi successivi siamo portati con discrezione alla nostra Strada. Nostra prova è capire tutto questo, vedere il disegno del Signore in ciò che di buono e anche di cattivo ci accade. E alla fine avere il cuore abbastanza


grande da dire di sì, senza scuse, senza sotterfugi, senza sconti. Matrimonio, sacerdozio, servizio, responsabilità verso il mondo: siamo vocati. Le mezze scelte, le scappatoie, le prove per vedere come va poi decido, sono terribili scivoloni dal crinale. A volte recuperabili e a volte purtroppo no, specie se nello scivolone buttiamo nel burrone i nostri talenti. Non possiamo passare la vita fermi agli incroci. La vocazione è la nostra sfida più grande. È una sorta di gioco tra noi e Dio, è cercare di avvicinarsi a Lui, al suo cuore, per chiedergli: “Tu cosa vuoi da me? Cosa hai pensato per me?”. Così è ogni giorno, anche nei giorni della nostra maturità quando ci sembrerà di aver imboccato la giusta strada, di aver capito la nostra vocazione. Ogni giorno un tassello nuovo di chiarisce, un nuovo bivio si affronta, un nuovo senso si acquisisce. La vocazione è qualcosa che si capisce solo alla fine, voltandosi indietro, alla fine dei nostri anni, nell’ultimo giorno, nell’ultimo istante. Allora tutto sarà compiuto e capiremo a che cosa eravamo stati chiamati. Ora, oggi, abbiamo solo una visione parziale. Il Signore è abile nello stupirci e ciò che noi prevediamo non è ciò che lui ha pensato. Possiamo pensare di avere la vocazione per il matrimonio e diventare genitori di tanti figli nostri. E invece un giorno scopriamo che era un’altra maternità e paternità quella per cui eravamo chiamati. Possiamo pensare di diventare sacerdoti in una bella parrocchia ordinata, poi ritroviamo il senso della nostra vita in una favelas. Possiamo pensare di avere la vocazione per essere un abile ingegnere, o un grande atleta, o geniale tecnico o meccanico o insegnante o agricoltore. Possiamo pensare tante cose, ma chi ci chiama ha in mente di meglio. A noi chiede solamente un cuore e una testa abbastanza svegli e grandi per ascoltarlo e rispondergli. Per il resto lasciamoci stupire dalla sua chiamata. Monica D’Atti E - 2011

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Sale in Zucca Elena Pillepich...............................................................................................

A proposito di Vocazione…

Charles de Foucauld L’amore consiste nel permutare tutti i beni con tutti i dolori, per amore del Signore. L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa. Così scriveva fratel Carlo di Gesù dopo aver trovato la sua strada, dopo aver compreso la sua VOCAZIONE… ma questo avveniva dopo un lungo e difficoltoso cammino. Non sempre “si cade da cavallo sulla strada di Damasco”, non sempre è facile rispondere a quella chiamata speciale per ognuno di noi, perché pensata solo per noi! Ecco la sua storia.

Charles Eugène de Foucauld Visconte di Pontbriand, in religione fratel Carlo di Gesù (Strasburgo, 15 settembre 1858 – Tamanrasset, 1 dicembre 1916), è stato un religioso francese, esploratore del deserto del Sahara e studioso della lingua e della cultura dei Tuareg: il 13 novembre 2005 è stato pro10

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clamato beato da papa Benedetto XVI. Charles de Foucauld nasce a Strasburgo il 15 settembre 1858. Orfano dei genitori a sei anni, è cresciuto dal nonno. A causa della guerra del 1870 la famiglia si rifugia a Nancy, dove Charles frequenterà il liceo. Nel 1876, determinato a seguire la carriera militare, entra all’Accademia di Saint-Cyr.


Nel frattempo, la fede trasmessagli dai suoi si affievolisce: sono anni di buio, di disordine e di vita solitaria. Termina gli studi alla Scuola di Cavalleria di Saumur, iniziando una breve carriera militare.

Nel 1882

si dimette dall’esercito per partire alla scoperta del Marocco. Questo luogo gli “prende il cuore”, lo colpisce l’ospitalità della gente, è affascinato dall’immensità del deserto, ma soprattutto prova stupore per la fede nel Dio Grande e Unico dell’Islam. Ritorna in Francia, a Parigi, ma non ha pace. Le domande su Dio diventano assillanti. Su consiglio della cugina Marie, alla quale è molto legato, incontra don Henry Huvelin e a lui si rivolge per avere risposte sulla religione cattolica. Huvelin, che ha compreso fino in fondo la richiesta di Charles, lo fa inginocchiare, confessarsi e lo manda a ricevere l’Eucaristia. E’ l’inizio della sua conversione, avvenuta intorno al 30 ottobre 1886. Charles de Foucauld si reca, quindi, in pellegrinaggio in Terra Santa. A Nazareth impara la vita nascosta vissuta da Gesù, la sua esistenza “umile e oscura di Gesù operaio a Nazareth”. Nel gennaio 1890 entra nella Trappa di Nostra Signora delle Nevi, in Francia. Qualche mese dopo, desiderando una vita più radicale, viene inviato alla Trappa di Akbès, in Siria. Ma lì comprende di non vivere in pienezza la vita di Nazareth che cercava e agli inizi del 1897 è lasciato libero di seguire la volontà di Dio altrove.

Nel marzo 1897

si trasferisce in Terra Santa dove risiede, per tre anni, nella cittadina di Nazareth, a servizio di un monastero di Clarisse. Alloggia in una capanna, vivendo in povertà assoluta, passando ore in adorazione silenziosa dell’Eucaristia e approfondendo la Bibbia. A poco a poco, si rende più concreto in lui il desiderio di fondare una realtà di vita religiosa all’interno della Chiesa che sappia riprodurre la vita di Nazareth, come l’ha vissuta Gesù con la sua

famiglia. Aveva già scritto una Regola per questo, quand’era ancora in Trappa nel 1896. Ora la sviluppa e pensa concretamente a delle fraternità di Piccoli fratelli e Piccole sorelle per i quali realizzerà, tra il 1899 e il 1902 le Costituzioni e il Direttorio, ma resterà solo fino alla morte A poco a poco sente che amare Gesù significa diventare fratello di tutti, soprattutto di coloro che ancora non lo conoscono. Per questo accetta di diventare prete, a quarantatre anni, per vivere la vita di imitazione di Gesù “fra gli uomini più malati, le pecore più abbandonate”. Si trasferisce a Beni-Abbès, al confine dell’Algeria con il Marocco, dove vuole vivere una vita dedita solo alla preghiera e all’adorazione eucaristica, per avere un cuore capace di amare tutti, per essere tra gli uomini un fratello universale, nella solitudine con Dio. Continuando ad avere a cuore il Marocco, ma impedito ad entrarvi a causa della situazione politica, si sposta nel sud in territorio Touareg, a Tamanrasset, dove conosce la popolazione del luogo e ne condivide la vita, incarnandosi nella loro storia, affinché il Vangelo di Gesù fosse conosciuto e vissuto nella quotidianità di questo popolo. Trascorre lunghe ore insieme alla gente del posto, raccogliendo per iscritto la loro cultura, perché ne restasse memoria storica. Charles muore il 1 dicembre 1916, davanti al fortino di Tamanrasset, da lui costruito durante la prima guerra mondiale, come luogo di protezione per la popolazione nel caso di incursioni. Sarà colpito incidentalmente da un colpo di fucile durante una scaramuccia provocata da truppe ribelli del Sahara Più tardi il suo messaggio verrà raccolto da varie persone, laici, sacerdoti e religiosi, che daranno vita a molteplici realtà all’interno della Chiesa, ciascuna delle quali, privilegiando caratteristiche diverse della sua spiritualità, tutte unite nell’unico desiderio di fratel Charles di Gesù: imitare con la propria vita il Modello Unico, Gesù di Nazareth. Elena Pillepich E - 2011

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Cadendo da Cavallo... don Fabio Gollinucci......................................................................................

Vangelo di Marco, cap. 1

Voce di uno che grida nel deserto

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri, vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: "Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo". Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall'acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento".

(chiamati ad essere voce a servizio della Parola)

L

'inizio del vangelo di Marco mette in evidenza la portata “vocazionale” di tutta la vicenda di Gesù e, di conseguenza, anche della Chiesa che con Lui nasce e si propaga in tutto il mondo. L'iniziativa di Dio, la vita dei personaggi, la modalità degli eventi, tutto è vocazione: la chiamata parte da Uno solo, per giungere in diverse maniere a tutti, ed esige una risposta in quanto si presenta come proposta che chiede di essere accettata, corrisposta e condivisa. Ma l'inizio di tutto, il principio, si presenta come 12

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un grande e magnifico dono: è il Dono che attende di essere accolto con il cuore spalancato. Vediamo ora solo alcune parole chiave che aprono tutto il racconto di Marco alla scoperta della vocazione del discepolo ad essere figlio per chiamata d'amore; scelto e mandato come profeta; educato a diventare formatore di discepoli. Una catena interminabile di totale fiducia, ricevuta e donata, a partire dall'esperienza liberante di Dio, Fonte inesauribile di misericordia: non siamo noi ad aver amato per primi, ad avere meriti!


infuocando il mondo L' Evangelo è la «Buona Notizia» di Gesù, la sua persona (il Messia, Figlio di Dio) ed è assieme il suo messaggio: Dio è vicino ad ognuno con il perdono dei peccati e il dono dello Spirito Santo. La Testimonianza che sono giunti i tempi nuovi si basa sulla verità della scrittura e la fedeltà della promessa: «Come sta scritto nel profeta Isaia… così vi fu Giovanni…». Il Messaggero riceve un compito specifico che scopre gradualmente nella sua storia personale per: • Preparare la venuta di qualcuno più grande di lui e dei tempi nuovi; infatti non porta se stesso e non proclama idee proprie, ma è l'amico tutto rivolto verso lo Sposo. • Annuncia il compimento della promessa e la Buona Notizia (Evangelo) in due modi: • Come voce che grida nel deserto del mondo per richiamare l’uomo perduto; • Come vita vissuta controcorrente che “contagia” anche altri verso scelte vere e libere. GIOVANNI BATTISTA Battesimo di conversione (compiere opere buone come penitenza)

GESÙ Battesimo in Spirito Santo (annuncia che i peccati sono perdonati)

PER il perdono dei peccati

PER compiere l’opera buona di Dio

don Fabio Gollinucci

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QUESTO VANGELO PER NOI OG

questa Parola? Perché? • Cosa provo dopo aver accostato o? clamazione di Giovanni nel desert • Cosa sento e sentiamo della pro Spirito Santo” con acqua”? E il “battesimo con lo imo ttes “ba il noi per e me per è • Cosa ore? Come riconoscerlo? • Oggi chi è Giovanni il Battezzat tesimo? do conto di averla ricevuta nel bat • La vocazione profetica? Mi ren E - 2011

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Treppiedi... Gipo Montesanto...........................................................................................

Il farmaco miracoloso…

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Ieri stavo quasi litigando con una collega di lavoro, perché mi accusava di essere troppo tranquillo e non rendermi conto della gravità di un problema. Le ho risposto che ero così tranquillo proprio perché ero sicuro di una cosa: e cioè, che l’azione che avevo compiuto era proprio secondo quello che avevo in testa e che mi aveva portato ad agire in quel modo. Oggi ci ho ripensato un po’ ed ero un po’ abbattuto… e mi sono chiesto cosa in realtà mi lasciasse così tranquillo anche nelle situazioni in cui altri vanno incontro a stress o preoccupazioni. In effetti una risposta l’ho trovata in un libro che avevo letto poco tempo fa per preparare qualcosina in vista della prossima assemblea generale. Quando tutto ci va bene è facile. Quando quello che ci succede intorno, quotidianamente, rispecchia in un certo senso i piani che avevamo in testa, di solito non ci poniamo nessun problema e andiamo avanti con tranquil14

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lità. Mentre invece, quando accade qualcosa che non avevamo previsto o che addirittura ci “smonta” ciò che avevamo costruito, allora le cose si complicano. E parecchio! La risposta che mi sono dato è questa: consolatio. Accettare l’altro che soffre: significa assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è diventata sofferenza condivisa, nella quale c’è la presenza di un altro, questa è penetrata dalla luce dell’Amore. La parola latina consolatio (consolazione) lo esprime in maniera molto bella suggerendo un esserecon nella solitudine, che allora non è più solitudine! Avevo ricevuto qualcosa che mi aveva reso tranquillo perché non più da solo nel mio problema. Quindi il mio essere tranquillo può servire proprio perché può aiutare qualcuno, potrebbe chiedersi ciascuno di voi che si prepara alla sua Partenza.


una proposta

Chi è stato chiamato ad essere un R-S (RendereServizio), così come voi che vi preparate a questo già da qualche anno, è in cammino per rendere importanti ed “utili” anche i momenti che ognuno scarterebbe persino dai propri ricordi. Vi invito, come faccio spesso (e spero mi perdonerete questa insistenza), a guardare sempre un po’ più in là. Immaginatevi ad esempio già marito o moglie, già madre o padre, e immaginate una scena qualsiasi in cui qualcuno a voi caro abbia un problema ed ha proprio bisogno di non sentirsi solo. Che fare? Somministrare una dose del farmaco citato prima, con-solatio, e chidere al Signore che faccia effetto presto. Dice il Salmo 40

Se non è vocazione questa… Gipo Montesanto, Com. Naz. Rover

“La tua bontà mi ha fatto crescere”; non quindi l’attivismo delle cose da fare… Ma la gratuità dell’amore che mettiamo nelle cose che facciamo. E - 2011

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Apertamente Vania Ribeca..................................................................................................

VOCAZIONE Il 6 ottobre 2011 moriva Steve Jobs, creatore della Apple e non lo solo. Vi riportiamo di seguito il testo del Discorso che ha pronunciato ai neolaureati della Stanford University, il 12 giugno 2005. La sua vita è stata vissuta all’insegna della vocazione verso quello che ha sempre amato. La morte non ha risparmiato neanche un uomo del suo calibro, Di fronte alla morte non c’è ceto sociale, sesso, età, o altro che ci differenzi o sottragga. Come disse proprio lui: siete già nudi, non c’è ragione per non seguire il vostro cuore.

"È per me un onore essere qui con voi, oggi, alle vostre lauree in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. Anzi, per essere onesto, questa è l’esperienza più vicina ad una laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie.

La prima storia: unire i puntini Lasciai il Reed College dopo il primo semestre, ma continuai a frequentare in maniera ufficiosa per circa 18 mesi prima di abbandonare definitivamente. Perché mollai? Tutto cominciò prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa di college 16

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non sposata e decise di darmi in adozione. Credeva fortemente che avrei dovuto essere cresciuto da persone laureate e fece in modo che tutto fosse organizzato per farmi adottare alla nascita da un avvocato e da sua moglie. Quando arrivai al mondo, però, loro decisero all’ultimo minuto che preferivano una bambina. Così i miei genitori, che erano in lista d’attesa, ricevettero una chiamata nel bel mezzo della notte: “C’è un bambino, un maschietto, non previsto. Lo volete?”. Loro risposero: “Certamente”. Solo dopo, mia madre biologica scoprì che mia madre non si era mai laureata e che mio padre non aveva neanche finito il liceo. Rifiutò di firmare le ultime carte per l’adozione. Accettò di farlo mesi dopo,


solo quando i miei genitori promisero formalmente che un giorno io sarei andato al college. Diciassette anni dopo andai al college. Ma ingenuamente ne scelsi uno costoso tanto quanto Stanford e tutti i risparmi dei miei genitori finirono nelle tasse universitarie. Dopo sei mesi, non riuscivo a vederci nessuna vera opportunità. Non avevo idea di quello che avrei voluto fare della mia vita e non vedevo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Eppure ero là, a spendere tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando una vita intera. Così decisi di mollare e avere fiducia che tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi. Era piuttosto spaventoso all’epoca, ma guardandomi indietro è stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’attimo stesso in cui abbandonai il college, smisi di seguire i corsi che non mi entusiasmavano e cominciai invece a frequentare quelli che trovavo più interessanti. Non fu tutto rose e fiori. Non avevo più una camera nel dormitorio ed ero costretto a dormire sul pavimento delle camere dei miei amici. Riportavo al negozio le bottiglie di Coca Cola vuote per avere i cinque centesimi di deposito e poter comprare da mangiare. E tutte le domeniche camminavo per sette miglia attraverso la città per avere finalmente l’unico buon pasto della settimana all’Hare Krishna. Adoravo tutto questo. E quello che trovai seguendo la mia curiosità e la mia intuizione risultò, solo dopo, essere senza prezzo. Vi faccio subito un esempio. Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la migliore formazione del Paese in calligrafia. In tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con grafie bellissime. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito il corso di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai i caratteri serif e sans serif, la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, quello che rende eccezionale un’eccezionale stampa tipografica. Era bello, storico, artistico e raffinato in un modo che la scienza non è in grado di offrire

e io ne ero completamente affascinato. Nessuna di queste cose però aveva alcuna speranza di trovare un’applicazione pratica nella mia vita. Ma dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, tutto quello che avevo imparato mi tornò utile. E lo utilizzammo tutto per il Mac. E’ stato il primo computer dotato di una bellissima tipografia. Se non avessi mai lasciato il college e non avessi mai partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto caratteri tipografici differenti o font spaziati in maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità. Se non avessi mollato il college, non avrei mai frequentato quel corso di calligrafia e i personal computer potrebbero non avere quelle stupende capacità tipografiche che ora hanno. Chiaramente, quando ero al college, era impossibile unire i puntini guardando al futuro. Ma è diventato molto, molto chiaro dieci anni dopo, quando ho potuto guardarmi indietro. Di nuovo, non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi indietro. Dovete aver fiducia che, in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Dovete credere in qualcosa – il vostro ombelico, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Questo tipo di approccio non mi ha mai lasciato a piedi e ha sempre fatto la differenza nella mia vita.

Seconda storia: l’amore e la perdita Io sono stato fortunato: ho trovato molto presto quello che amo fare. Io e Woz fondammo la Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Lavorammo duramente e in 10 anni Apple, da quell’azienda fatta di noi due e un garage, si è trasformata in una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. L’anno prima realizzavamo la nostra migliore creazione – il Macintosh – e io compivo 30 anni. L’anno seguente fui licenziato. Come si fa ad essere licenziati dall’azienda E - 2011

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Apertamente che tu stesso hai creato? Facile: quando Apple divenne più grande, assunsi qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me e per il primo anno le cose andarono molto bene. Ma poi le nostre visioni del futuro cominciarono a divergere e alla fine arrivammo ad uno scontro. Quando questo successe, la commissione dei direttori si schierò dalla sua parte. Quindi, a 30 anni, io ero fuori. E in maniera piuttosto plateale. Quello che era stato il principale scopo della mia vita adulta era perso e io devastato. Per alcuni mesi non seppi assolutamente che cosa fare. Mi sentivo come se avessi tradito la generazione di imprenditori prima di me – come se avessi lasciato cadere la fiaccola che mi era stata passata. Incontrai David Packard e Bob Noyce e tentai di scusarmi per aver rovinato tutto così malamente. Fu talmente un fallimento pubblico che presi anche in considerazione l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley. Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: amavo ancora quello che avevo fatto. Ciò che era successo alla Apple non aveva cambiato di un bit questo amore. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo. Non me ne resi conto allora, ma essere licenziato dalla Apple era stata la miglior cosa che mi potesse capitare. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti consentendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita. Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT, un’altra azienda chiamata Pixar e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe poi diventata mia moglie. Pixar produsse il primo film d’animazione digitale, Toy Story, e adesso è lo studio di animazione più famoso al mondo. In un significativo susseguirsi di eventi, la Apple comprò NeXT, io ritornai alla Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è ora il cuore dell’attuale rinascita di Apple. E io e Laureen 18

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abbiamo una meravigliosa famiglia. Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato dalla Apple. Fu una medicina molto amara, ma credo che il paziente ne avesse bisogno. Qualche volta la vita ci colpisce come un mattone in testa. Ma non perdete la fede. Sono convinto che l’unica cosa che mi trattenne dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quello che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie, diventerà sempre più bello con il passare degli anni. Perciò continuate a cercare finché non lo avrete trovato. Non vi accontentate.

La terza storia: la morte Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione”. Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni qualvolta la risposta era “no” per troppi giorni di fila, capivo che c’era qualcosa che doveva essere cambiato. Ricordarmi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai trovato per fare le grandi scelte della mia vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutte le paure di imbarazzi o fallimenti – svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore per non cadere nella trappola di pensare che ab-


Apertamente biamo qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore. Circa un anno fa mi fu diagnosticato un cancro. Alle sette e mezzo del mattino feci la scansione che mostrava chiaramente un tumore al pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che si trattava di un cancro che era quasi sicuramente di tipo incurabile e che avrei avuto si e no 3 mesi di vita. Mi dissero di andare a casa e sistemare le mie faccende (che è il codice dei dottori per dirti di prepararti a morire). Questo significa che dovevo prepararmi a dire ai miei figli, in pochi mesi, tutto quello che pensavo di avere ancora una vita per dire. Significa che dovevo essere sicuro che tutto fosse organizzato in modo tale che per la mia famiglia fosse il più semplice possibile. Significa che dovevo dire i miei “addii”. Vissi con il responso di quella diagnosi per tutto il giorno. Quella sera mi fecero una biopsia, in cui ti infilano un endoscopio giù per la gola, attraverso lo stomaco fino all’intestino per inserire un ago nel pancreas e prelevare alcune cellule del tumore. Io ero sotto anestesia, ma mia moglie – che era lì – mi raccontò che quando i medici videro le cellule al microscopio iniziarono a piangere, perché avevano appena scoperto che avevo una forma di cancro molto rara e curabile con un intervento chirurgico. Mi sottoposi all’intervento chirurgico e adesso sto bene. Quella fu la volta in cui mi avvicinai di più alla morte e spero che, per qualche decennio, sia anche l’ultima. Essendoci passato, posso parlarvi adesso con un po’ più di certezza di quando la morte fosse per me solo un concetto astratto. Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci. Ma comunque la morte è la meta che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è come deve essere, perché molto probabilmente la morte è la più grande invenzione della vita. E’ l’agente di cambiamento della vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Ora, il nuovo siete voi, ma un

giorno non troppo lontano diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così drammatico, ma è la pura verità. Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e le vostre intuizioni. In qualche modo loro sanno che cosa volete veramente. Tutto il resto è secondario. Quando ero ragazzo esisteva una meravigliosa rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, che era una delle bibbie della mia generazione. Fu creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci mise dentro tutto il suo tocco poetico. Era la fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e dell’editoria elettronica, quindi la rivista era interamente creata con macchine da scrivere, forbici e polaroid. Era una specie di Google in versione cartacea, 35 anni prima che Google fosse inventato: era idealistica, traboccante di strumenti chiari e concetti meravigliosi. Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina di questo numero c’era una fotografia di una strada di campagna al mattino presto, quel tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete abbastanza avventurosi. Sotto la foto erano scritte queste parole: “Stay Hungry. Stay Foolish”, siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi. Stay Hungry. Stay Foolish. Grazie a tutti. Steve Jobs. E - 2011

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Giocare il Gioco a cura del Mago G.........................................................................................

Il tuo autoroscopo: Amati

e Chiamati

Siamo costantemente alla ricerca di ciò che renda piena la nostra vita, cioè ci renda felici. Crescendo, la ricerca ci fa imbattere in un incontro che affascina e coinvolge: un uomo, una donna, un'esperienza significativa, una comunità, un modello di vita che ci attrae. Ciascuno spera che sia l'incontro della vita e si mette in cammino.

INCHIESTA

«Molti sono chiamati dal Signore al matrimonio, nel quale un uomo e una donna, formando una sola carne, si realizzano in una profonda vita di comunione. È un orizzonte luminoso ed esigente al tempo stesso. Un progetto di amore vero che si rinnova e si approfondisce ogni giorno condividendo gioie e difficoltà, e che si caratterizza per un dono della totalità della persona. Per questo, riconoscere la bellezza e la bontà del matrimonio, significa essere coscienti che solo un contesto di fedeltà e indissolubilità, come pure di apertura al dono divino della vita, è quello adeguato alla grandezza e dignità dell'amore matrimoniale. Cristo chiama altri, invece, a seguirlo più da vicino nel sacerdozio e nella vita consacrata. Che bello è sapere che Gesù ti cerca, fissa il suo sguardo su di te, e con la sua voce inconfondibile dice anche a te: "Seguimi!"». Dal discorso di Benedetto XVI alla veglia di preghiera della GMG di Madrid - 20 agosto 2011

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Rifletto sulla mia vocazione?

No

Credo che la vita sia inserita in un grande pro getto d'amore?

No

Seguire Gesù è da pazzi?

No

Ho una guida spirituale o qualcuno con cui mi confronto anche saltuariamente?

No

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IMPRESA

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CarnetdiMarcia

Tu, Signore, mi conosci da sempre e prima che nascessi avevi un progetto di amore per me. Illuminami perché comprenda quale sia e ti segua: Sostieni chi è nel dubbio e vacilla.

Impegno personale Cercherò una guida spirituale e inizierò un cammino di revisione di vita.


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c.i.t.

4chiacchiereintenda Continua la nostra "rubrica fumetto" con le divertentissime vignette da voi realizzate... vi ricordiamo che potete mandare le vostre "4chiacchiereintenda" direttamente alla mail della redazione. Buona lettura!

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Vita da Rover... Marco Lucidi..................................................................................................

La strada verso la vocazione

L

a Strada del Rover l’ho sempre considerata il percorso di discernimento vocazionale, lungo la quale il Capo Clan, con gli strumenti che lo Scoutismo gli mette a disposizione, cerca di accompagnarlo. Confrontandomi con molti capi mi è capitato spesso di raccogliere testimonianze di frustrazione in quanto un abbandono del percorso rover da parte del ragazzo viene quasi sempre interpretato come un fallimento o come il segnale di una cattiva progettualità sul singolo. È vero che deve essere un momento in cui si tirano le somme, si riprende fiato, e si riparte più determinati di prima, ma è anche vero che potrebbe essere un indice di buon lavoro nei confronti del singolo ragazzo. Durante il cammino rover viene fatta una proposta, consapevoli che debba sempre essere di ottima qualità, nel quale il ragazzo prende coscienza della scelta che gli viene prospettata. L’obiettivo è sempre vocazionale, educativo nel senso di far emergere i talenti che il Signore ha dato ad ogni Rover. La fine di questo percorso è la Partenza, alla quale si arriva perché nel tragitto il ragazzo si è scoperto vocato ad una vita in stile scout, con la possibilità di servizio al prossimo come educatore scout. Se tutti i Rover arrivassero alla Partenza, forse quello potrebbe essere un fallimento, perché forse non siamo stati capaci in 5 anni di Clan, di dare tutti gli strumenti al ragazzo per una valutazione serena… oppure, ancora peggio, dobbiamo procedere ad un allontanamento forzato, solo al momento in cui il ragazzo chiede la Partenza! Il discernimento 22

CarnetdiMarcia

vocazionale è insito nella scelta del Rover, che passo dopo passo sente di dover fare una nuova scala di priorità nella vita. L’umiltà del Capo Clan lo porterà a non precludere mai la possibilità del ragazzo di tornare sui propri passi perché resosi conto di aver fatto una scelta non giusta. D’altronde non è né il capo, né il ragazzo stesso che indica al Rover la scelta giusta, ma Dio. Sarà l’eterogeneità della proposta che toccherà le corde giuste, e sarà la scelta per un’alternativa non in linea con le scelte associative, o per impegni inconciliabili, che porterà naturalmente il Rover a lasciare il Clan, ma questo non riesco proprio ad interpretarlo come un fallimento. Un rover che lascia perché sente che la sua vocazione è religiosa, nel crearsi una famiglia, nella scelta di dedicarsi alla politica attiva di partito, nel diventare medico o magistrato, in altre forme di volontariato, nello sport professionale, ecc… sono frutti di un albero sano. Il percorso scout fatto fino ad allora darà il suo contributo affinché l’alternativa venga intrapresa tenendo a mente gli obiettivi scout e l’identità del buon cristiano e buon cittadino… il seme è comunque stato gettato! Come di solito dico ai Rover: la vocazione è come se fosse il vestito più comodo che possa mai aver indossato, in cui ogni regola non mi sembra così difficile da rispettare perché coincide con il mio modo di essere. Se questo vestito non mi calza bene, devo affannarmi per cercare quello giusto e se mi accorgo che non esiste ancora, allora sarò io stesso a crearlo su misura. Buona strada, Leone Incontentabile


vita da Scolta Paolo Bramini................................................................................................

Akpe Ghana, grazie

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obla, se fossi nato nella ragione dell’Alto Volta al confine tra Ghana e Togo mi avrebbero chiamato Kobla. Perché sono maschio e nato di mercoledì. Kobla come tutti i maschi nati di mercoledì. Un nome ‘generico’ in attesa che passino almeno sette giorni dalla nascita, in attesa che si sopravviva al settimo giorno. Solo allora mi avrebbero dato un vero nome…. inutile sprecarlo prima. La morte di un bambino nei primi sette giorni di vita è accettata in Ghana come un fatto normale. Ma se muore un anziano, se muore un vecchio allora… allora si fa festa, le trombe e i tamburi risuonano per tutto il villaggio in onore di chi ha avuto un dono così grande quale quello di una vita di innumerevoli giorni. Perché la vita è un dono, non ci si affligge se viene tolta, si gioisce se viene custodita. La vita è il dono, l’unico vero dono. Una logica che in Africa è costretta, anzi meglio, liberata all’essenziale. Così è quell’angolo di Africa che ho visitato assieme al Parroco, ai Rover e ad un gruppo di persone che ha accettato la sfida dell’esperienza missionaria. Per 15 giorni siamo stati ospiti del St.Theresa Centre, una scuola per l’inserimento nel mondo del lavoro aperta a ragazzi disabili dell’opera Don Guanella che si trova ad Abor (a poca distanza dal confine col

Togo e dal mare). L’avventura, nata da un’idea del Parroco, è stata accolta dai Rover con gioia, confortati dai genitori che hanno colto l’alto valore educativo di ciò che si stava proponendo ai loro figli. “D’altronde non è più pericolosa la vita qui a Roma?” mi ha detto un papà consapevole che anche il rischio di contrarre la malaria fosse da correre pur di vivere un’esperienza capace di “vaccinare” il proprio figlio da più pericolose malattie generate dal vuoto esistenziale della nostra civiltà “evoluta”. “Se puoi, devi…“ ci ha insegnato P.Ivan e noi potevamo! Ci siamo messi in moto per autofinanziare la nostra esperienza… ed evitare di arrivare al St Teresa con le mani vuote: malgrado il costo del biglietto fosse di 850 € siamo riusciti ad abbassare la quota (compreso il vitto per 15 giorni) a quello che ognuno poteva e comunque al di sotto di 650 €. Nei quindici giorni passati al St.Theresa Centre abbiamo alternato la visita a missioni e ai villaggi al servizio al centro (tinteggiatura di circa 15 stanze adibite a dormitorio degli ospiti della scuola) concedendoci anche l’opportunità di recarci a Cape Coast punto di partenza della rotta degli schiavi. Nessun contatto con il mondo esterno se non un unico SMS che quotidianamente ho spediE - 2011

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Vita da Rover... to ai genitori dei ragazzi (http://www.guanelliani.org/dettaglio.jsp?sezione=1127&idOgg etto=7101&lingua=ITA) e qualche intervista per condividere la nostra esperienza (http:// www.youtube.com/watch?v=n9juuufASEI; rassegna stampa http://www.guanelliani.org/ dettaglio.jsp?sezione=1139&idOggetto=7050 &lingua=ITA). Consapevoli della unicità di quel tempo di Grazia abbiamo documentato quanto più possibile con foto e video (http://www.youtube.com/watch?v=nxOOqXzib2M e http://

www.youtube.com/watch?v=yRdaIzZ9KgI) e al rientro organizzato una mostra (http://www. guanelliani.org/dettaglio.jsp?sezione=1127 &idOggetto=7658&lingua=ITA; http://www. youtube.com/watch?v=WYUV-fo8Bw8) per ringraziare tutti coloro che avevano reso possibile il nostro viaggio… ma soprattutto urlare al mondo il nostro Akpe… Grazie !! Paolo Kobla Bramini Inter Clan Ivan Žužek - Alpha Centauri Rm12-Rm15

Mi sono trovato a mio agio dal primo all'ultimo giorno. La gente è veramente cordiale e gentile; la parola che non dimenticherò mai è quella Welcome , benvenuto, che mi dicevano tutte le persone che incontravo per strada anche quelle che non avrei mai più visto. Una cosa che mi ha colpito moltissimo è il loro modo di pregare così diverso dal nostro, con musiche e danze che li aiutano a vivere l’incontro con Dio come se fosse una festa nel vero senza della parola; tutto questo nonostante le mille difficoltà che hanno i sacerdoti nel raggiungere le chiese per via delle distanze e delle strade non agiate. Vincenzo Perrone Un’esperienza bellissima. Quello che mi ha colpito di più sono due cose: una è stata l'accoglienza che un popolo così ci ha dato, accoglienza che dovremmo imparare pure noi. Tutti salutavano tutti, come se fossimo tutti fratelli e, nonostante noi venissimo da lontano, ci facevano sentire come se fossimo a casa; un’altra cosa che mi ha colpito è stata il sorriso della gente, che non mancava mai sulle loro bocche, nonostante avessero lo stretto necessario per vivere, e a volte neanche quello, cosa che colpisce profondamente noi dei paesi più ricchi che, nonostante abbiamo di tutto, non siamo mai soddisfatti. Alessandro Cascioli Un'esperienza indimenticabile. Trovarsi in mezzo a così tanta gente che per noi non ha niente, ma che comunque è riuscita a donare cose che noi non abbiamo, quei sorrisi, quella accoglienza, quella voglia di contatto fisico e verbale che nella nostra vita quotidiana non riusciamo a comunicare. Mi ha colpito molto la loro vitalità e felicità davanti a quello che noi chiamiamo "povertà", ma che per loro è la vita in sè, che in fondo comprende amore e felicità, e loro ne hanno tanta. In confronto a loro mi sentivo povero, dentro di me forse avevo la metà di quello che avevano loro, se non di meno. Una cosa che ho imparato da questa bellissima esperienza è che chiunque può donare, anche se per noi non ha niente. Perché l'importante non è cosa si dona, ma come lo si dona. Dariusz Jablonski 24

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Vita da Scolta Spesso e volentieri usiamo impropriamente la parola povertà. Se guardando quella gente ci venisse in mente il pensiero che loro siano i poveri vuol dire che c'è qualcosa che non va in noi. Se c'è una cosa che ho imparato in Ghana è che i veri poveri siamo noi! Poveri di libertà di scegliere quello che si vuole, perché circondati da una società che cerca di farci tanti pecoroni schiavi del loro mercato e dei loro soldi. Poveri di determinazione, di valori, di amore e di fede. Avete mai visto qualcuno giocare a pallone senza una gamba e con una stampella? Io sì... e ne sono rimasto incredibilmente colpito... il loro modo di vivere potrebbe insegnare tanto all'ipocrisia di noi tutti quando facciamo i capricci per le scarpe o per la macchina nuova... potrebbero insegnarci semplicemente l'essenza della vita e delle cose che possediamo. Loris Di Battista La parola Africa fa venire in mente persone che stanno male, che sono affamate e che non sanno sorridere. La mia esperienza, inaspettatamente, non è stata questa! L'Africa, ed in particolare il Ghana, mi ha dato gioie che non provavo dalle feste con i miei compagni di classe delle elementari, perché sono state gioie semplici ed elementari. E' stato un Servire-Giocando quello che ho vissuto laggiù: distribuire vestiti a bambini nudi per la strada, dialogare, confrontarsi nelle esperienze e nelle partite di calcio, osservare e rispettare usi e costumi e ballare, suonare, cantare la domenica alla Santa Messa. Un'esperienza che non lascia indifferenti, anzi completa e fortifica l'animo. La semplicità dei sentimenti e la ricchezza spirituale che ho ricevuto sono le parole più significative di questo viaggio che porto ancora nella mente e nel cuore. Francesco Pavia

Informazioni logistiche Per l’ingresso in Ghana serve il passaporto, il certificato di vaccinazione febbre gialla, ed il Visto rilasciato dall’ambasciata di Roma (costo 50 euro – tempi di rilascio 3-5 gg). La capitale del Ghana, Accra, è raggiungibile con voli diretti da Roma FCO: • Costo del biglietto 850€ se fatto alcuni mesi prima • Coinvolgendo genitori e amici che hanno accumulato miglia premio si può abbassare il costo complessivo (un biglietto AR sono 50000 miglia e si pagano solo le tasse circa 180€) I trasporti sul luogo (da e verso Accra e per le visite) sono garantiti dai mezzi della missione St. Theresa offre un alloggio decoroso in camere da 4-6 posti, bagni con acqua corrente, cucina e refettorio. Il cibo non deperibile può essere portato dall’Italia; quello non deperibile acquistato sul posto. L’acqua al St. Theresa è potabile, per sicurezza meglio trattarla con euclorina o simili. In agosto il Ghana è nella stagione secca, il cielo sempre velato consente temperature confortevoli. Le zanzare in agosto sono poche (stagione secca); meglio profilassi antimalarica (contatti con volontari per capire quali) e soprattutto precauzioni comportamentali. __________________________________ __________________________________________________________________________ Se leggendo questo articolo ti si è accesa una fiammella sappi che l’Africa è possibile; ma tramite l’opera Don Guanella, è possibile anche l’India; il Sud America, le Filippine… per un contatto scrivi a ufficiostampa@guanelliani.org

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Custodi della terra Marco Fioretti................................................................................................

I corsari dei libri C'è un Grande Gioco in corso da anni, che coinvolge decine di migliaia di persone in tutto il pianeta, senza smettere mai. Un Grande Gioco che è divertente e fa scoprire mondi sempre nuovi. Ci sono tanti che, quando lo iniziano, non riescono più a smettere, ma non fa niente perché non ha controindicazioni. Inoltre è un Grande Gioco che mi sembra adatto a Custodi della Terra e amici di tutti come noi Scout vogliamo essere: un Grande Gioco che combatte gli sprechi, perché favorisce uso e riuso ottimale di certe “risorse”, in un modo che aiuta a farsi nuovi amici. Sto parlando di quel Grande Gioco che in Inglese è chiamato book crossing (letteralmente “incrocio di libri”). In Italiano questa attività viene definita anche “liberazione dei libri” e chi la pratica “corsaro dei libri”. Lo scopo e la regola prima del book crossing è: “far circolare i libri (piaciuti o non piaciuti) e, possibilmente, vedere dove sono andati a finire dopo che li abbiamo lasciati, possibilmente entrando in contatto con altri appassionati lettori che fanno la stessa cosa”.

Sì, ma in pratica??? A volte esistono libri che abbiamo letto e sappiamo che non rileggeremo mai. È un peccato buttarli, ma in casa ingombrano. Oppure esistono libri che ci sono piaciuti così tanto che vorremmo farli leggere a tutto il mondo.Questi sono i libri predestinati ad essere liberati. Come? Facile! “Abbandonandoli” dove potranno essere ritrovati da altri appassionati di libri o curiosi, ma in un modo che permetta di seguirli nel loro viaggio. Per far fare book crossing come si deve a un libro che non potete più tenere dovete prima registrarlo gratuitamente su uno dei portali segnalati in fondo all'articolo. In questo modo ot26

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terrete un codice chiamato BCID, che dovrete scrivere o comunque allegare al libro stesso. A quel punto dovrete abbandonare il libro, possibilmente in una busta per proteggerlo dalle intemperie, dove possa essere ritrovato da altri. Esistono anche punti predefiniti per farlo, segnalati negli stessi portali. Questi angoli possono essere dappertutto, dalle stazioni ai rifugi di montagna o nelle strade di un paesino sperduto (vedi foto). Potreste anche crearne e registrarne uno voi in Parrocchia, o davanti alla vostra scuola. Chiunque trovi uno di questi libri può prenderseli e portarli a casa, e qui comincia (o continua) il bello. Oltre al piacere della lettura, chi trova il


libro con un codice BCID può inserirlo nei siti di cui parlavo, per segnalare dove lo ha trovato e scoprire quanto e dove ha già viaggiato. Inoltre, sempre grazie al codice BCID si possono anche incontrare in un forum tutti gli altri che hanno già avuto per le mani quel medesimo libro, conoscerli e discuterne insieme. E dopo che succede? Si libera di nuovo il libro, ovviamente, cioè lo si riporta nel punto in cui lo si è trovato o in un altro punto “ufficiale” di book crossing. C'è chi ama il book crossing perché, oltre a leggere gratis, lo vede come una versione moderna dei messaggi in bottiglia o attaccati ai palloncini. Altri lo fanno per creare un’enorme biblioteca itinerante e aperta a tutti. A un livello più pratico, il book crossing è un modo per invogliare alla lettura in un paese che ne ha un bisogno enorme e una validissima alternativa al macero. Soprattutto in quei casi (a me è capitato diverse volte) in cui la Biblioteca Pubblica più vicina è costretta a rifiutare donazioni per mancanza di spazio. Basterebbe questo come motivo per provarlo. E magari per organizzare punti di book crossing temporanei durante San Giorgio, Giornate del Ricordo o altri incontri di Distretto delle Unità in cui prestate servizio. Chiudo notando che il book crossing non va confuso con mercatini di libri usati, che comunque vi suggerisco caldamente di organizzare in qualsiasi altra occasione riteniate opportuno. Il book crossing è qualcosa di complementare ai mercatini, ma rispetto a questi ha due grossi vantaggi. Uno è che è un'attività continua, quindi come stimolo alla lettura è forse più efficace della bancarella che appare due o tre volte l'anno. Infine, farlo non richiede praticamente nessuno sforzo, anzi dopo aver messo su un angolo per il book crossing, finiscono col farlo gli altri per noi. Vale lo stesso discorso dell'Uomo dei Sogni, un bellissimo film del 1989 (se non l'avete visto, fatelo!): se lo costruisci, loro verranno. Buona Custodia, Marco, marco@storiafse.net

Portali del Book Crossing: www.bookcrossing.com (il portale centrale, in inglese) www.bookcrossing-italy.com/bcfd/ (interfaccia in italiano) Fonte foto www.flickr.com/photos/swan-scot/3671111665 E - 2011

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Scienza dei boschi Marco Fioretti................................................................................................

Come si fa una Route a impatto zero? Durante la prossima Route Nazionale circa 2000 fra Rover, Scolte e Capi attraverseranno tutti insieme, nello stesso momento, lo stesso piccolo tratto di una delle zone d'Italia più delicate dal punto di vista ambientale. Ce la faranno, o meglio ce la faremo, senza lasciare (anche prima di partire!) una striscia di rifiuti e altre tracce

visibili non dico dal satellite, ma da tutti quelli che passeranno di lì subito dopo di noi? La risposta è sì, ma solo se ci prepareremo adeguatamente da subito e soprattutto se, almeno in alcuni Clan e Fuochi, saremo disposti a mettere in discussione alcune vecchie abitudini. Durante l'incontro nazionale di Capi Clan e

Il viaggio di andata e ritorno

Andare al bagno

Valutarne l'impatto ambientale, per esempio con servizi come Ecopassenger di Trenitalia, e programmare fin d'ora attività in Clan e Fuoco per compensarlo.

Le feci umane inquinano parecchio e rovinano parecchio il paesaggio. Sotterrarle ne rallenta la decomposizione, ma non farlo è molto peggio. Fortunatamente, le palette da giardinaggio pesano e costano pochissimo. Compratene subito qualcuna e cominciate dalla prossima uscita a usarle sempre! Non sarebbe male se uno dei motti per le attività di quest'anno diventasse “mai più fuori dalla buchetta!”

Camminare? Abituatevi fin dalla prossima uscita a non uscire mai dai sentieri, per non aumentarne l'erosione (vedi CdM 2011/a). 28

Capo Fuoco svoltosi a settembre 2011 nella base Brownsea, mi è stato chiesto di fornire qualche suggerimento per ridurre al minimo l'impatto ambientale della Route nazionale. Se non c'eravate, niente paura. La presentazione completa è scaricabile dal link in fondo all'articolo, e queste sono le cose più importanti che ho detto:

CarnetdiMarcia


Igiene In generale i detersivi (tutti, da quelli per le stoviglie a shampoo e bagnoschiuma) inquinano sia quando li liberiamo nell'ambiente, perché sono sostanze chimiche, sia perché spesso ce li portiamo dietro in tanti contenitori di plastica usa e getta. Molto meglio usare solo detersivi e saponi liquidi e biodegradabili nel modo giusto, quello che minimizza i rifiuti. Non comprate più ognuno, ogni volta, tante bottigliette piccole: compratene solo una, grande (che è meno plastica di tante bottiglie piccole). Poi, prima di ogni uscita, riempiteci solo una bottiglietta piccola e riutilizzabile e portatevi dietro solo quella. Se possibile, nei campi base della Route nazionale ci saranno punti di rifornimento di detersivi, saponi e shampoo biodegradabili alla spina, proprio per applicare questo metodo e non lasciare una traccia gigante di bottigliette di plastica vuote.

Cucinare e mangiare Questa è un'altra grande fonte di inquinamento quando si va nei boschi. Se non si fa attenzione si possono produrre molti più rifiuti del necessario. Per la Route Nazionale sono molto caldamente consigliati i fornelletti ad alcool, perché: • l'alcool è più ecologico ed economico di altri combustibili e si trova dappertutto; • si può usare anche su fornelletti fatti in casa con una lattina; • si trasporta in contenitori intercambiabili e riutilizzabili, non come le bombolette di gas; per questi motivi, alla Route cercheremo anche di allestire stazioni di rifornimento alcool alla spina, ma certo non di altri carburanti. Chi cucina ad alcool potrebbe quindi anche marciare più leggero di chi dovrà portarsi dietro bombolette

assortite. Per quanto riguarda il cibo, lancio la sfida che vedete nella foto di questa pagina: preparare menu in cui c'è così poco imballaggio (scatolette, buste, confezioni varie) da produrre quasi nessun rifiuto. A titolo di esempio, quella bustina grande come una palla da tennis che vedete nella foto sono i rifiuti che ho riportato a casa dopo una escursione di tre notti. Peso? Meno di 100 grammi! Per sapere come ho fatto, leggete la presentazione.

Riassumendo • Scaricare, rileggere attentamente e discutere

in Clan o Fuoco la presentazione fatta all'incontro nazionale • Se qualcosa non è chiaro, scriverci subito, siamo a vostra disposizione! • Rileggersi tutti i numeri passati di Scienza dei Boschi che parlano in dettaglio di questi stessi argomenti • Fare pratica, a partire dalla prossima uscita, di tutte quelle tecniche. • Mandate i vostri suggerimenti su come ridurre l'impatto ambientale e menu escursionistici a “impatto zero” e con meno scarti possibile! • Concorso! Mandate foto di razioni da Route come quelle contenute nella presentazione! • Abituarsi fin d'ora all'idea che queste sono tutte tecniche da applicare sempre, d'ora in poi, non solo alle Route nazionali o altri eventi del genere Buona Strada, marco@storiafse.net

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Vita associativa La Redazione.................................................................................................

Campo Nazionale Scolte e Rover Complimenti a Stefano Zugno del gruppo Treviso 12! Il logo da lui ideato è risultato vincitore del concorso e sarà quindi prescelto per rappresentare l'ormai prossimo Campo Nazionale Scolte e Rover 2012. La creazione di Stefano è stata scelta, fra decine e decine di lavori arrivati, dalle Capo Fuoco e dai Capi Clan di tutta Italia presenti all'incontro nazionale di settembre, presso la Base Browsea di Soriano.

CAMPO NAZIONALE 2012

SCOLTE e ROVER

È ON LINE IL SITO DEL CAMPO NAZIONALE L'ormai imminente Campo Nazionale Scolte e Rover del 2012, ha un proprio spazio sul sito associativo! L'indirizzo è facile da ricordare: www.camponazionale2012.fse.it

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CarnetdiMarcia


Piano redazionale Cosa abbiamo realizzato e... cosa faremo.

2009 2011 √ C - IO √ D - Sogni

√ A - Perdono √ B - Tempo √ C - Fatica √ D - IO PER L'ALTRO √ E - Vocazione

2010

2012

√ A - Dolore √ B - Coraggio √ C - Sfide √ D - IO E L'ALTRO √ E - Confronto

A - Paura B - Libertà C - Strada

E - 2011

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L'altracopertina... di Giorgio Sclip

Riflettendo sulla Vocazione... L'amore è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano. (Giovanni Paolo II)

“Seguimi.”

La devozione è possibile in ogni vocazione e professione. Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna "secondo la propria specie". Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione. (San Francesco di Sales)

(Mt 9, 9)

Non so quale sia la mia vocazione, ma voglio essere qui per una più grande causa. Mi sforzo di essere la più grande persona che sia mai vissuta. (Will Smith)

Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario. (Steve Jobs)


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