Transizioni

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TRANSIZIONI Un pensiero al mese Roberta d’Aquino



TRANSIZIONI Un pensiero al mese

Testi di Roberta d’Aquino

Napoli – Treviso 2009 /2013



i se sarĂ gennaio di scope nuove le eriche intagliate per le pipe, ci apriremo spaccandoci come melograni, tra le scorze dure arancio e piogge rosse di organismi extraterrestri vedremo luci anomale per strada di Natali agonizzanti di speranze un indice si illumina nel buio e le partenze ___________piste di decollo coi bottoni i cerchi aperti/le dissoluzioni


ii se scivola acquazzoni e le falangi sembrano tegole di vetro, grondaie a raccogliere desideri dell’ultimo del mese, rimane compimento dell’inverno febbraio, così corto, con la febbre delle utopie pronte a esplodere negli schizzi azzurri del rosmarino che profuma le finestre attacchiamoci -allora- alla cima di un frusciare una carrozza ci porterà lontano dal bianco delle nevi, nel rinverdire dei sassi, nelle sabbie lievi, ai rimessaggi che trasudano catrame e hai macchie nere in viso, residui di un carnevale strascicato così se ne andrà (o ce ne andremo noi) deposto lo sferruzzare di lane nei cassetti febbraio con le luci accese delle cinque e orizzonti rannicchiati sulle nocche


iii mi chiedo se basterà ritagliare angoli di tempo alle guance, per non balbettare più di croci in questo marzo di compleanni arrivati troppo in fretta tu mi guardi puoi dedurre sedimenti e l’undici s’affanna di rincorse storpie, come quei bambini con una gamba sola e le mutilazioni delle molotov, i campi minati dove sono finiti i prati. incontaminati. le mutazioni appese alle finestre di giorni lunghi. destinati alle cancrene sono i miei pensieri grigi e non ritrovo scampoli offrimi un bicchiere e l’assenzio cancellerà ogni colpa ogni dimenticanza, le betulle in cima, mentre disegnano il profilo delle Ande s’allungano a raschiare appena un po’ d’azzurro. l e n t e z z a che mi uccide


iv sarà un giro d’occhi o di pianeti a ristabilire il fulcro di ogni circostanza, le riappacificazioni (per voli oltre la polvere) e noi che siamo fiamme d’acqua, svaporiamo sulle piume dei gabbiani, risaliamo il mare per incoronare il giallo col candore delle calle infondo, è proprio tutto qui a portata d’occhi come l’ombra sottile che dai rami d’erica ci risale i piedi è tutto nella radice che cresce nascosta e poi rompe il silenzio ______________un germoglio un affanno,

un dolore, l’ a p r i r

e


v poi un giorno arriva quel tepore agrappolidiglicine e sai di maggio coi fioretti sulla lingua che un poco pungono e un po’ sono sacrifici _______________dolci a mo’ di mamma lo vedi in una rosa antica e s g r a n i tra le dita corone profumate di ricordi è arrivato maggio, arriverà l’estate che hai cercato mesi


vi non basta riportarti in grembo equiparare giorno e notte nelle note spente della luna. le maniche corte e quel bacio sfuggito tra una parola e un fremito che voleva dire eterna rete ragnatela rossa di speranze e titubanze tutto passa – tutto se ne va e si resta a mani vuote in quei palmi avevo letto il mio destino (le strade – anche sui palmi – cambiano o mentono, a volte)


vii così ti chiamo a vuoto – a volte nell’urlo muto che forse arriva come vibrazione ti trema l’occhio forse o hai una piccola ceduta alle ginocchia se sapessi, se sapessi come si scompone il tuo nome nel cielo compatto di questo strano mese sfilacciato - tessuto liso dal tempo che resta a brandelli - trasparente quasi e invece di proteggere denuda


viii sono invecchiate senza perdere di smalto le vele gialle e blu – bipedi sull’acqua di ogni tempo – e quando se ne andranno saremo andati tutti allora bacio il mare - rinnovo il battesimo a ogni arrivoe quando l’amore mi dirà d’essere sparito, brucerà le labbra Agosto, che s’affaccia immoto da sotto l’ombrellone, ha giorni brevi e giorni lunghi. domani – presto – finirà portando il conto di perdite e conquiste


ix una pioggia gialla veste le strade e la prima nebbia – sulla laguna ridona il passato alle pietre. oggi negli archi bizantini di una notte qualunque filtra suono di fiati appannati i fasti, la città vera è deserta, ha conchiglie tra i denti se avessi ancora una sola parola la donerei a te, malinconica signora ma è un’ombra negli occhi quella che ti guarda una carezza di dita salmastre

a Venezia, sotto gli occhi di settembre


x si porta avanti il decimo dell’anno come un tramonto lungo, raccoglie mani gialle cadute nell’ombra del vento e forse un giorno raccoglierà anche i semi da mettere a dimora, toglierà bulbi dalla terra per conservarli al caldo _______________ i ibernare vite e allora troveremo la vecchia estate e i colori sgargianti dei fiori all’anno nuovo


xi ritorni come l’inverno sulle strade, all’alba mi rovisti il freddo sulle gambe. ti sollevi come vapore dalle labbra e canti novembre insieme ai morti cerco ancora di espiare la mancanza, elaboro questo lutto. mai una fascia m’ha coperto gli occhi mai – nemmeno – mi ha riportato te


xii si ravvisava quell’acredine di pini tra bucce e mandarini ancora integri scaldare come al fuoco di un colore rosso e si faceva buio la punta sul tallone a scardinare via le pietre di un giorno passato tra suola e pianta quando sotto l’arco si sta fermi al gelo si faceva buio, le luci scomposte in prismi d’acqua e brividi e Natale, appeso all’ultimo camino fumava come un lago artificiale



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