Maren e dintorni 3

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Sante Gava Piergiovanni Biffis

MAREN e dintorni

3 Piccole e grandi storie di persone

Le questioni: ebraica istriana profughi fuggiaschi i ragazzi della domenica

2013 ________ 1


Desideriamo ringraziare: Coloro che ci hanno fornito le informazioni Coloro che sono stati gli artefici delle storie vissute e della loro modestia

Coloro che ricordando, oggi, le loro disavventure ancora si commuovono

Coloro che ci leggono, per la loro comprensione e pazienza e Cristina Biffis per l'impaginazione e la grafica

Non ho più voglia di piangere, ora non saprei su cosa e nemmeno perché ... Tutto ciò che doleva ha finito di soffrire, si è raffreddato anche il cuore. La preghiera, anche lei si è dileguata, e poi chi mai pregare e di che cosa? J. Lisnjanskaja

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INDICE Prefazione

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Introduzione

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Un po' di storia – parte I

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Un po' di storia – parte II

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L'ostilità dei Cristiani

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Ai nostri tempi

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Conflitto tra Stato laico-liberale e Chiesa – parte I

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43

Conflitto tra Stato laico-liberale e Chiesa – parte II

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47

Antisemitismo trevigiano 1870/1945

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51

Comunità ebraica a Conegliano

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57

Mareno – elenco degli Ebrei confinati

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San Sabba - campo di concentramento - Trieste

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Rifugio a Fort Ontario negli Stati Uniti

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Testimonianza di alcuni cittadini marenesi

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Confini orientali – caccia agli italiani

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Profughi dall'Istria

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Io c'ero - memorie

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Il viaggio dei ricordi

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A Mareno

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I ragazzi della domenica

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Inno alla Bandiera

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Bibliografia

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PREFAZIONE

Per la prima volta, forse, degli esseri umani sono perseguitati ufficialmente non per ciò che fanno, ma per ciò che sono. Espiano il loro “essere”, non per delle azioni ma per la fatalità di una nascita. [V. Jankelevitch]

E' una storia in più parti che fa risaltare la generosità, l'altruismo e lo spirito cristiano di molti Marenesi che hanno aiutato persone e famiglie a sopravvivere in un periodo tenebroso e povero non solo di sentimenti e di comportamenti, ma anche del necessario per superare il quotidiano. Abbiamo analizzato due periodi: il periodo post-bellico ed il periodo bellico con l'arrivo in Paese di 64 Ebrei croati alloggiati presso le nostre famiglie, con il costante pericolo di essere gli ospiti denunciati, arrestati e deportati e gli ospitanti marenesi considerati complici e subire le conseguenti angherie e vessazioni. Per comprendere meglio introduciamo ciò che è avvenuto con un po' di storia sulle diaspore degli Ebrei e degli Italiani Istriani e Giuliani. Raccontiamo ciò che abbiamo trovato, seppur con difficoltà, ed esponiamo il ricordo delle persone che abbiamo conosciute, per lasciare un segno per la futura memoria dei nostri giovani. Ci scusiamo per l'incompletezza della ricerca in paese dovuta probabilmente alla voglia di dimenticare o al pudore dei molti che non hanno lasciato racconti sugli avvenimenti vissuti. Quel poco che è emerso adesso è per merito dei labili ricordi di alcuni bambini di allora, ora adulti. Li ringraziamo per questa loro testimonianza. Mareno di Piave, ottobre 2013 Gli Autori

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INTRODUZIONE

Il Sangue e la Razza: Dio ha fatto di un solo sangue tutte le nazioni. [Atti degli Apostoli]

Dopo i volumi “Maren 1 e Maren 2” e l'opuscolo “I Marenesi caduti in guerra” abbiamo, ora, sentito forte il dovere di mettere insieme i diversi episodi conosciuti di generosità e di sfida messi in atto da molti Marenesi durante la Seconda Guerra Mondiale e anche dopo nei lunghi anni difficili della rinascita democratica. Soprattutto nel periodo bellico pericoloso, tenebroso e ingiusto, durante il quale prendere posizioni contrarie alle disposizioni vigenti equivaleva a rischiare la vita o la deportazione in Germania. Molti Marenesi, anche di convinzioni politiche contrapposte, reagirono all'ingiustizia mettendo in evidenza la loro umanità, aiutando persone sconosciute di religione ebraica provenienti dalla Croazia. Per comprendere cosa vuol dire essere di Fede Ebraica e del perché di tanto odio nei loro confronti, riteniamo dover introdurre dei brevi cenni storici. Non vogliamo assolutamente esprimere giudizi, condannare, essere di parte, qualunque essa sia, ci atteniamo esclusivamente a ciò che è stato scritto su documenti giunti fino a noi. Va tenuto conto dei momenti storici in cui gli avvenimenti sono accaduti. I fatti storici si sono succeduti nell'arco di circa 4000 anni. Avremo l'ardire, però, di comprimere il tutto in poche pagine, perché il nostro compito non è quello di scrivere un libro di storia, ma solo ricordare i punti più importanti per far capire come si è potuto perpetrare contro un Popolo una inimmaginabile serie di angherie, di prevaricazioni, di orrori in nome di un Dio Misericordioso, di una ignorante conoscenza e di un comportamento ignobile di chi avrebbe dovuto predicare amore e comprensione. Nella seconda parte racconteremo, sempre brevemente, dell'accoglienza disinteressata e sentita data ad alcune famiglie cacciate dalle loro case in Istria, dove era in atto la pulizia etnica comunista di Tito. Inoltre ricorderemo l'ospitalità domenicale a centinaia di bambini poveri di Conegliano negli anni cinquanta. Speriamo di non aver offeso il credo di nessuno, se così fosse ce ne rammarichiamo. D'altra parte la Storia documentata è pubblica. Siamo d'avviso, però, che conoscendo i fatti, anche se in forma breve, questi si possano elaborare e comprendere meglio. 6


UN PO' DI STORIA

Gli Ebrei sono il popolo eletto dal loro Dio, che è il Dio eletto dal suo popolo, la qual cosa non riguarda che Loro e Lui. [A. Schopenhauer]

parte I

“L'Ebreo è una persona discesa dal popolo che scelse la religione del Giudaismo. Originariamente il gruppo era una setta religiosa, ma siccome fu un popolo di pastori, ebbe anche una omogeneità etnica. E' certamente errato pensare agli Ebrei come ad una razza. Essi non rappresentano neppure un “tipo” nell'ambito del ceppo caucasico. Una certa fissità nelle loro caratteristiche fisiche è dovuta al fatto che nella regione in cui ebbe origine il Giudaismo il “tipo” era comune a tanti altri popoli che non erano ebrei.” G.W. Aliport Abramo

Gli Ebrei sono un popolo semita, originario della Mesopotamia (l'attuale Iraq) e da qui emigrato in Palestina (Terra di Canaan) sotto la guida di ABRAMO circa 1800/2000 anni a.C. Sono un popolo particolare, forte e molto religioso, che ha adottato un credo monoteistico (un solo Dio) molto esigente ed esclusivo. Vive in mezzo ad altri popoli con religioni politeiste (più Dei). Non sono ben visti dai loro vicini perché vivono in un territorio fertile vicino al Mare Mediterraneo, che è percorso da un insieme di strade usate per il passaggio delle persone da uno Stato all'altro e per il trasferimento delle merci. Un posto strategico che fa gola a tanti. La Palestina a quei tempi era un'area molto estesa e senza confini, che comprendeva gli attuali Stati di Israele, Giordania, Libano, parte della Siria e parte dell'Arabia Saudita. E' sotto l'influenza degli Egiziani che considerano questo territorio parte del loro Impero. Viaggi di Abramo 7


L'Egitto è un paese, grande, ricco e ben organizzato che accoglie i popoli limitrofi, nei periodi di carestia. Anche gli Ebrei quando è necessario vi si trasferiscono per periodi più o meno lunghi, ma poi rientrano in quella che considerano la loro terra. La prima migrazione degli Ebrei in terra egiziana avviene intorno al 1800 a.C., guidata da ABRAMO, dura poco e tutti rientrano a Canaan, “la Terra Promessa”, dove si stabiliscono. Si considerano il “popolo eletto” da Dio e per tramandare la loro tradizione ed il loro Credo aprono scuole con il compito di insegnare e codificare, in modo intransigente, i principi religiosi. Questo ferreo modo di trasmettere le norme religiose sarà la forza che li porterà a sopravvivere nei secoli a tutte le avversità. Insediamento a Canaan

Avranno vita dura, in più occasioni dovranno combattere e saranno sconfitti, verranno fatti schiavi e trasferiti fuori dalla loro terra, ma sempre ritorneranno e ricominceranno da capo forti della incrollabile fede e della appartenenza. Quando arrivano le difficoltà economiche e la carestia ritornano ancora in Egitto.

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La più grande migrazione avviene intorno al 1400/1500 a.C. Restano in Egitto per circa 300 anni, quindi guidati da MOSE' rientrano nella loro terra. Uniti in modo ossessivo nella religione, lo sono meno come popolo, litigano e si combattono perdendo di fatto la grande forza guerriera. Intorno all'anno mille A.C., però, diventa Re degli Ebrei DAVID uomo di grande capacità e lungimiranza che unisce sotto il suo comando tutte le tribù diventando il più grande dei Re.

David e Salomone

Ramses II e Mosè

Conquisterà la Palestina sconfiggendo tutti i nemici e creerà quell'orgoglio di appartenenza che sarà il sostegno maggiore del popolo ebreo nei secoli a venire. Suo figlio SALOMONE per dare ai suoi sudditi un punto di riferimento certo per tutti e per raccogliere le leggi religiose (il Talmud) fa erigere un grande tempio, faro per ogni credente. Inoltre migliora la città di Gerusalemme facendola diventare un posto irrinunciabile per tutti gli Ebrei. Nei secoli il tempio verrà distrutto ben 17 volte e sempre ricostruito. Erode il Grande, durante il suo regno, lo farà ingrandire facendoci aggiungere tre ordini di mura rendendolo così un'imponente costruzione, orgoglio di ogni credente. Il periodo peggiore gli Ebrei lo vivranno quando la Palestina verrà conquistata e invasa dai Romani. I Romani lasciano che i popoli conquistati mantengano le loro usanze e le loro religioni; questi devono però riconoscere l'autorità di Roma e pagare i tributi. Gli Ebrei che sono divisi in “sette” (Esseni, Farisei, Samaritani, Zeloti ed altri) seguono due modi di affrontare l'occupazione romana; gran parte ritiene di accettare le condizioni poste così da poter professare la loro religione e seguire le loro usanze, solo gli Zeloti non le accettano organizzandosi in associazioni criminali e terroristiche che coinvolgono, però, tutta la popolazione. Ogni volta che Roma decide di por fine alle varie ribellioni interviene in forze, sconfigge i rivoltosi e ne vende decine di migliaia come schiavi. La più importante delle rivolte avviene nel 68 d.C. quando Imperatore a Roma è Nerone, il quale incarica Vespasiano Il Tempio di Salomone 9


(che diventerà il suo successore come Imperatore) di sistemare la fastidiosa situazione. Vespasiano manda il figlio Tito con 60.000 legionari che sconfigge i rivoltosi, conquista e distrugge Gerusalemme e fa radere al suolo il Tempio (70 d.C.), simboli profondi e irrinunciabili del popolo ebreo. Inoltre vende come schiavi altre decine di migliaia di individui facendone diminuire sensibilmente la popolazione. Ad aggravare la situazione sono ancora gli Zeloti che, dopo la caduta di Gerusalemme, si trincerano nella città fortezza di Masada, fatta costruire da Erode il Grande in cima ad un torrione di roccia che la rende imprendibile. Non sono molti i ribelli, solo un migliaio, ma i Romani non possono permettersi di lasciare che la rivolta continui. Tito Imperatore

Perciò il comandante Flavio Silva e la decima Legione Fretensis (composta di 10/12000 uomini) in molti mesi di lavoro costruiscono una rampa lunga centinaia di metri fino alla cima. Quando partono all'attacco gli assediati, vista perduta ogni speranza, si uccidono tutti per non farsi prendere (73 d.C.). Altro rastrellamento tra la popolazione rimasta e venduta come schiavi di decine di migliaia di individui. L'ultima grande rivolta da parte degli Zeloti, che coinvolge ancora tutta la popolazione, avviene nel 130/133 d.C. L'Imperatore Adriano interviene con un forte esercito, distrugge i rivoltosi e prende schiavi tutti coloro che non sono fuggiti. In Palestina non esiste più il popolo Ebraico. Flavio Giuseppe

Per colpa soprattutto di un nutrito gruppo di rivoltosi, ma considerati dei banditi assassini anche dallo storico ebreo Flavio Giuseppe, duemila anni di storia vengono distrutti. Resta viva in ogni caso la fiamma della speranza sostenuta dalle leggi scritte e dalla tradizione che ogni gruppo partendo ha portato con sé, con la vivida convinzione di ritornare un giorno a pregare a Gerusalemme. Desiderio che si concretizzerà solo duemila anni dopo. Adriano Imperatore La fortezza di Masada 10


UN PO' DI STORIA

C'è un tempo migliore che verrà. E non è lontano, da lungo, lungo tempo è in cammino. [Spiritual afro-americano]

parte II

“Pilato vedendo che non otteneva nulla, (al processo e all'interrogatorio di Gesù) e che il tumulto tra la gente si faceva sempre maggiore, prese dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla dicendo : sono innocente del sangue di questo giusto; vedetevela Voi!. E tutto il popolo presente rispose, dicendo : il suo sangue ricada sopra di noi e i nostri figli”. (Matteo 27, 24-25). E' un passo della Bibbia di Matteo, uno degli Apostoli, scritto però diverse decine di anni dopo in aramaico, intorno all'anno 60 d.C. prima della distruzione del Tempio di Gerusalemme, ad uso dei cristiani di Palestina, provenienti dal giudaismo. Il testo originale andò perduto, ma rimane una traduzione successiva in greco. Questo passo va tenuto sempre in mente come fonte della discriminazione degli Ebrei da parte dei Cristiani. In effetti cosa successe nel tempo a seguire da provocare un odio così viscerale giunto fino ai giorni nostri? Seguiamo ora alcuni avvenimenti che la Storia documentata ci ha tramandato ed il grande inganno inserito nella nostra cultura per quasi duemila anni. Durante il regno dell'Imperatore Augusto nasce in Palestina un bambino che da adulto proporrà delle idee rivoluzionarie (per l'epoca) che cambieranno in seguito le sorti del mondo intero. E' chiamato “Yesbu” o “Gesù di Nazaret”. Molto tempo dopo traducendo la parola ebraica “Mashi'h” ossia “unto” sarà anche indicato come “Cristo Salvatore”. Le sue idee sono rispettose delle leggi vigenti, ma parla di salvezza, di uguaglianza tra le persone, di condivisione dei beni e tanto altro che fa presa immediata tra le persone più povere, più indifese, più emarginate. All'inizio i guardiani del Tempio, custodi dell'ortodossia religiosa degli Ebrei, non si preoccupano di questo movimento, ma incominciano ad avere forti dubbi quando Gesù li critica per l'interpretazione non Augusto Imperatore corretta della Legge Mosaica. Gesù spiega che “ .. non sono venuto per abolire la legge o i profeti, ma per completarla...”. La Legge giudaica, che è l'espressione del Vecchio Testamento, fa sempre riferimento ad un Messia che verrà a salvare il Popolo d'Israele. Gesù e Ponzio Pilato

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Quando Gesù dice pubblicamente di essere il Messia mandato da Dio e che la salvezza non sta nella vita terrena ma nella gloria di Dio, le masse della gente aumentano a dismisura, e i sacerdoti del Tempio lo qualificano come un impostore pericoloso da eliminare. Roma non lo condanna perché Gesù non ha mai sobillato rivoluzioni terrene e viene lasciato al tribunale del popolo, che lo condanna a morte e lo crocifigge come d'uso a quei tempi. San Matteo Apostolo

“Le parole di Gesù sono divinamente luminose ed è occorsa tutta l'ingegnosità degli uomini per offuscarne e modificarne il significato evidente”. M. Rutherford MUORE L'UOMO, MA VIVE LO SPIRITO E LA SUA PAROLA Cristo è ebreo, i suoi seguaci sono ebrei e pure le migliaia di simpatizzanti sono ebrei. Il popolo ebraico però è stato deportato a più riprese in tutto l'Impero e le idee cristiane con esso. Questa nuova dottrina, in effetti una nuova religione, prende piede tra i derelitti di tutte le popolazioni soggette a Roma e si spande velocemente a macchia d'olio. Non molto dopo gli adepti proverranno esclusivamente dalla gente non ebrea, mentre gli ebrei osservanti di qualsiasi parte siano si chiuderanno nel loro specifico mondo per non perdere le loro tradizioni e la loro fede. La nuova religione si espande sempre di più e le nuove idee che giungono a milioni di persone che parlano di un solo dio a cui ubbidire, di fratellanza, di pace, di uguaglianza, ora, preoccupano i Romani che credono si voglia sovvertire tutto ciò che è alla base della loro cultura e del loro dominio. Iniziano le persecuzioni peggiori che si siano mai viste. I Cristiani muoiono a migliaia uccisi in tutti i modi possibili e per circa trecento anni cercano di vivere nell'anonimato. Alla fine sono tanti ed inseriti in tutti i posti della vita pubblica e militare. Le figure di riferimento delle comunità cristiane sono i vescovi, che però spesso pensano più ai loro privilegi che alla religione, creando propri seguagi ed entrando in conflitto tra di loro per la supremazia. Quando l'Imperatore Costantino nel 313 d.C. promulga l'editto con cui stabilisce che il Cristianesimo sia tollerato in ogni parte dell'Impero, si ritrova all'improvviso un fermento tra la popolazione per l'incomunicabilità tra i vari rappresentanti della Chiesa che vivono in posti diversi: in Egitto, in Palestina, in Grecia, a Roma ecc. Costantino Imperatore 13


Decide allora di riunire in un Concilio tutti i Vescovi; il congresso si tenne nel 325 d.C. a Nicea in Asia minore. Qui Costantino con la sua autorità impone una linea di condotta che tutti dovranno rispettare. Dopo mesi di discussione finalmente viene accettato e sottoscritto da tutti un documento valido ancora ai giorni nostri: il CREDO. Poiché non ci devono essere dubbi da parte di qualcuno o future variazioni l'Imperatore pone una postilla di proprio pugno in calce al trattato.

CREDO CREDO IN UN SOLO DIO, PADRE ONNIPOTENTE, CREATORE DI TUTTE LE COSE VISIBILI E INVISIBILI. CREDO IN UN SOLO SIGNORE, GESU' CRISTO UNIGENITO FIGLIO DI DIO, NATO DAL PADRE: LUCE DA LUCE, DIO VERO DA DIO VERO, GENERATO, NON CREATO, DELLA STESSA SOSTANZA DEL PADRE; PER MEZZO DI LUI TUTTE LE COSE SONO STATE CREATE. PER NOI UOMINI E PER LA NOSTRA SALVEZZA DISCESE. SI È' INCARNATO E SI È FATTO UOMO. MORÌ. “... il Clero si mutò nel più devoto propagandista del suo potere (di Costantino) e ignorò del tutto ch'egli tenesse un piede ancora nel paganesimo e che anzi le sue mani fossero grondanti di sangue ...” Jacob Burckhardt Gli Ebrei invece continuano a perseverare nel loro credo ed in qualsiasi parte del mondo si stabiliscono manterranno sempre viva la speranza di tornare un giorno a pregare a Gerusalemme. A tutte le difficoltà fino ad ora incontrate e vissute se ne aggiungerà una ancor più grave: l'ostilità e la persecuzione da parte dei Cristiani.

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L'OSTILITÀ DEI CRISTIANI

Egli non credette mai che la Provvidenza avesse mandato al mondo pochi uomini, calzati di stivali e di speroni, pronti a cavalcare, e milioni di altri già sellati e imbrigliati pronti per essere cavalcati. [Th. Macaulay]

Il risentimento dei Cristiani contro gli Ebrei inizia subito. Matteo l'Apostolo decide una trentina di anni dopo la morte di Gesù, di scrivere gli avvenimenti vissuti per lasciarli ai discepoli. A noi giunge una traduzione in greco fatta ancora più tardi. Nel descrivere la condanna e poi la morte di Gesù, suo Maestro Matteo colpevolizza senza appello il popolo ebraico. Ma quello che scrive magari sotto l'effetto dell'emozione e giunge fino a noi rappresenta effettivamente la realtà? Man mano che i convertiti aumentano, soprattutto tra i non ebrei, la nuova religione si spande a macchia d'olio in tutto l'Impero ed i Cristiani si sentono sempre di più i depositari della verità. Con l'andare del tempo, però, si moltiplicano le “interpretazioni” del messaggio di Cristo; così personaggi carismatici creano propri gruppi di seguaci generando una crescente confusione e conflittualità tra le varie anime del Cristianesimo. Solo tre secoli dopo Costantino Imperatore riuscirà ad imporre una unione delle varie anime cristiane in conflitto tra loro. Alla sua morte si torna alle divisioni e alle lotte di potere finché al Concilio di Calcedonia nel 451 d.C. viene stabilita la supremazia del Vescovo di Roma come capo della Chiesa e la divisione tra i Cristiani. Già nel 400 d.C. circa il Padre della Chiesa greca Giovanni Crisostomo Giovanni Crisostomo (345/407), divenuto santo, lascia scritto: “La Sinagoga è peggio di un bordello...è una tana di furfanti... il luogo di incontro degli assassini di Cristo, un abitacolo di iniquità...la stessa cosa va detta delle loro anime..noi non dobbiamo neppur salutarli né scambiare anche solo due parole...sono lussuriosi, rapaci, avidi, perfidi, predoni.” Si va avanti di questo passo per i secoli a venire in cui gli ebrei vengono colpevolizzati, emarginati, schiavizzati, spesso uccisi, non prima di aver loro tolti gli averi, mischiando la religione e l'occasione di un buon profitto. Innocenzo III papa ed il Concilio Laterano del 1215 si fanno promotori della recrudescenza dell'antisemitismo. La Serenissima Repubblica Veneta emette un bando nel 1516: “Gli Giudei debbano tutti abidar uniti... le porte si debbino aprir la mattina e la sera siano serrate a ore 24 per quattro custodi cristiani, a ciò deputati e pagati da loro Giudei”. Papa Innocenzo III

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Il peggio, però, avviene con l'avvento al Soglio Pontificio di Papa Paolo IV che il 17 luglio 1555 pubblica la bolla CUM NIMIS ABSURDUM che si può considerare una pietra miliare nella storia dell'antisemitismo. Insieme alla HEBRACORUM GENS del 1569 e la CAECA ET OBDURATA del 1593 fa parte delle bolle papali definite “infami”. Papa Paolo IV

L'incipit, Paolo IV così spiegò nelle prime parole della Cum nimis absurdum la necessità delle misure antiebraiche: «Poiché è oltremodo assurdo e disdicevole che gli ebrei, che solo la propria colpa sottomise alla schiavitù eterna, possano, con la scusa di esser protetti dall'amore cristiano e tollerati nella loro coabitazione in mezzo ai cristiani, mostrare tale ingratitudine verso di questi, da rendere loro offesa in cambio della misericordia ricevuta, e da pretendere di dominarli invece di servirli come debbano. Noi, avendo appreso che nella nostra alma Urbe e in altre città e paesi e terre sottoposte alla Sacra Romana Chiesa, l'insolenza di questi ebrei è giunta a tal punto che si arrogano non solo di vivere in mezzo ai cristiani e in prossimità delle chiese senza alcun distinzione nel vestire, ma che anzi prendono in affitto case nelle vie e piazze più nobili, acquistano e posseggono immobili, assumono balie e donne di casa e altra servitù cristiana, e commettono altri misfatti a vergogna e disprezzo del nome cristiano [...]»

A seguito della bolla sorgono ghetti un po' ovunque: a Roma, a Venezia, a Bologna (denominato INFERNO). Gli Ebrei non possono avere rapporti di alcun tipo con i Cristiani, curarsi, lavorare, studiare, tutti i libri sono bruciati. Alcuni per salvarsi si convertono controvoglia, ma la gran parte soffre, prega, resiste e spera di tornare un giorno a Gerusalemme. Nel 1581 Gregorio XIII afferma che “la colpa degli Ebrei di aver rifiutato Cristo e di averlo crocifisso non fa altro che crescere con le generazioni successive e comporta la schiavitù perpetua”. Leone XII (1823/1829) pensando che i cristiani stavano diventando troppo permissivi conferma la chiusura degli Ebrei nei ghetti con norme più dure, vietando le vaccinazioni contro il vaiolo “perché vanno contro natura”. Papa Gregorio XIII

“Per secoli si è colpevolizzato un popolo privandolo di ogni bene e anche di vivere. Coloro che propagandavano amore e misericordia ai Cristiani hanno fomentato nell'animo della gente un odio viscerale verso gente che neanche conosceva e non per qualcosa che faceva, ma solo per l'appartenenza.” Papa Leone XII

Tutto questo è durato per 1900 anni fino al 1870 con la presa di Roma e la fine del potere temporale del Papato. 16


AI NOSTRI TEMPI

Ho sempre creduto che se c'è un posto al mondo dove non esistono le razze è proprio l'Italia. Le nostre antenate ebbero troppe occasioni di intrattenimento. [E. Biagi]

La Rivoluzione francese del 1791 portatrice dei valori universali di libertà, uguaglianza e fraternità si può considerare come la linea di rottura col passato nel quale gli ebrei erano sempre stati visti come nemici dei Cristiani. Napoleone Bonaparte equiparò la fede ebraica alle altre religioni e così in Francia gli ebrei diventarono finalmente liberi. Nei paesi di lingua tedesca, nel 1782, l'Imperatore Giuseppe II promulgò un editto di tolleranza nei confronti degli ebrei i quali dovevano comunque continuare ad abitare nel ghetto. E in Italia? La situazione nello Stato del Papa è stata ampiamente illustrata nelle pagine precedenti. Nel Regno di Sardegna, con lo statuto promulgato il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto di Savoia, venne decretata l'uguaglianza giuridica dei cittadini. Stessa cosa accadde anche nel Granducato di Toscana e nel Ducato di Parma. Queste condizioni svilupparono un forte patriottismo nella comunità degli ebrei italiani i quali si identificarono profondamente con le vicende del Risorgimento. Il caso più eclatante nella storia dei rapporti tra ebrei e Risorgimento è sicuramente quello della Repubblica di Venezia. Daniele Manin era di origini ebraiche; suo padre si era convertito al cristianesimo e aveva lasciato il cognome Medina prendendo quello del suo padrino, Ludovico Manin. Nel governo rivoluzionario di Venezia c'erano i rabbini Abramo Lattes e Samuele Salomone Olper e i ministri Leone Pincherle e Isacco Pesaro Maurogonato. Tra alti e bassi ma comunque in una situazione di libertà e opportunità di inserimento nella vita civile ed economica della società europea, si arriva al primo dopoguerra. La terribile situazione economica della Germania sconfitta favorisce la nascita del partito nazionalsocialista di Adolf Hitler che sfruttando la sua abilità oratoria e l'insoddisfazione delle classi medie e dei disoccupati, presenta un manifesto politico intriso di nazionalismo, anticomunismo ed antisemitismo che lo porta al potere nel 1933. Mussolini ed Hitler

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Dal 1870 si instaura una parvenza di pace e tranquillità per gli Ebrei, fino a quando in Germania arriva un'accozzaglia di assassini che si vantano di risolvere una volta per tutte la questione ebraica. Per giustificare l'orrore che andranno a perpetrare fanno riferimento alla salvaguardia del Cristianesimo posta in atto dalla Chiesa nei secoli precedenti, specialmente con la Bolla di Paolo IV del 1555. Con l'aggiunta della eliminazione fisica di tutti: uomini, donne e bambini, dopo aver incamerato i loro beni. E' una soluzione finale e totale messa in atto in modo sistematico in tutti i paesi occupati. Anche in Italia vengono imposte dall'alto le Leggi Razziali e gli ebrei vengono nuovamente ghettizzati. Gli italiani (almeno una gran parte di loro) non approvano e quando possono fanno, a loro modo, resistenza aiutandoli a nascondersi e a fuggire. “Voi che vivete nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici, considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o un no. Considerate se questa è una donna senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare ….” P. Levi Data

Oggetto

14 luglio 1938

Manifesto sulla purezza della razza Italiana redatto da 10 scienziati ed elenco dei nomi di coloro che vi aderirono

25 luglio 1938

Comunicato della Segreteria della PNF sulla razza Italiana

5 settembre 1938

Regio Decreto per la difesa della razza nella scuola

7 settembre 1938

Regio Decreto sugli Ebrei stranieri

6 ottobre 1938

Dichiarazione sulla Razza votata dal Gran Consiglio del Fascismo

15 novembre 1938

Regio Decreto sull'integrazione in testo unico delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola Italiana

17 novembre 1938

Regio Decreto per la difesa della razza Italiana

29 giugno 1939

Regio Decreto sulla disciplina dell'esercizio delle professioni da parte di cittadini di razza Ebraica

In questo frangente anche Papa Pio XI (per la prima volta nella storia) fa sentire la sua voce ”L'antisemitismo è un movimento in cui noi cristiani non possiamo avere parte alcuna. Noi siamo spiritualmente Semiti.” L'orrore nella sua completezza si conoscerà e avrà termine con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si scopriranno i campi di sterminio nazisti dove sono stati uccisi con tutti i mezzi possibili, insieme a molti altri prigionieri di ogni nazionalità, sei milioni di Ebrei. 18


Campi di concentramento in Germania

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Sull'onda della esecrazione mondiale gli Ebrei superstiti cercano scampo in quella che hanno ritenuto per quattromila anni la loro “Terra Promessa”: La Palestina”. Inizia il “Rientro”, con grande difficoltà per l'opposizione armata degli arabi e degli Inglesi loro protettori. Riescono però a tornare in Palestina e a Gerusalemme, dopo aver combattuto aspramente e immolato centinaia e centinaia di vite, contro nemici potenti di 5 Stati (Iraq, Giordania, Libano, Egitto, Siria) e averli vinti. Dal 1948 hanno il loro Stato riconosciuto (lo Stato d'Israele), tra l'altro in gran parte acquistato dai pastori e agricoltori arabi pezzo dopo pezzo per cinquanta anni. Dopo tanto orrore e sangue versato in nome della follia finalmente tornano a casa. Inizialmente (nel 1948) entrano in una sola parte di Gerusalemme, ma con la nuova guerra del 1967, vinta contro l'Egitto e la Siria, possono occupare anche la parte araba dove di trova “il muro del pianto”, cioè l'unico pezzo di muro di cinta del tempio di Salomone, distrutto dai Romani nel 70 d.C., giunto fino e noi.

Quando i primi soldati giungono davanti al Muro piangono e alla notizia piangono anche tutti gli Ebrei sparsi nel Mondo che si sentono finalmente liberati dal dolore immenso che li ha oppressi. Si concretizza così la speranza che ha sorretto il popolo ebraico per duemila anni: tornare a casa. LA DIASPORA E' TERMINATA

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Ben Gurion, il Padre della Patria, scrive nelle sue memorie: “Chi avrebbe mai creduto che gli Ebrei sarebbero diventati i costruttori di un Paese? chi avrebbe mai creduto che un popolo oppresso e degradato per molte generazioni vincesse un invasore nemico quaranta volte più forte di lui? chi avrebbe mai immaginato che un popolo ampiamente disperso per più di duemila anni si sarebbe riunito nella sua antica terra natale e trovato la propria sovrana indipendenza? Tutto questo e altro è stato reso possibile dalla Fede audace e ingenua al tempo stesso”.

Gerusalemme: il Muro del Pianto

“Negli Ebrei questi sconosciuti” Elena Loewental sintetizza molto efficacemente il significato che per gli Ebrei è l'esistenza dello Stato di Israele: “innanzi tutto la fine di duemila anni di esilio, poi la certezza che, qualunque cosa succeda, c'è un luogo dove si sarà sempre accolti, dove non ci sarà mai l'antisemitismo”. “In base alle conoscenze attuali non vi è alcuna prova che i gruppi dell'umanità differiscano nelle loro caratteristiche mentali innate, riguardo all'intelligenza o al temperamento.” Dichiarazione dell'UNESCO – 1950 Hanno avuto anche il riconoscimento della Chiesa Cattolica. Infatti Papa Giovanni Paolo II in diverse occasioni li ha chiamati “gli Ebrei...i nostri fratelli maggiori” e a completamento poi di questo pensiero, durante lo storico incontro con il Rabbino capo Elio Toaff nella Sinagoga di Roma del 13 Marzo 2003, il Papa si è scusato pubblicamente per il male fatto agli Ebrei dalla Chiesa. 21


L'antisemitismo non è un fenomeno di malvagità politica, troppo lunga è la sua storia per non sospettare che nasconda qualcosa di terribile, una sorta di follia che sempre colpisce chi froda se stesso e mente sul proprio destino. E L'Occidente è vissuto di frode. [G. Manganelli]

CONFLITTO TRA STATO LAICO-LIBERALE E CHIESA parte I

L'antisemitismo nell'800 e nel '900 Il termine "antisemitismo" venne coniato nel settembre 1879, a Berlino, in Germania, da parte del nazionalista Wilhelm Marr, nella pubblicazione “La strada verso la vittoria del Germanismo sul Giudaismo, da una prospettiva aconfessionale”, come eufemismo di Judenhass cioè odio degli ebrei. Nonostante l'etimologia, esso non si riferisce all'odio nei confronti dei "popoli semiti" (cioè quelli che parlano lingue appartenenti al gruppo semitico, quali l'arabo, l'ebraico, l'aramaico e l'amarico), ma unicamente all'odio e alla discriminazione nei confronti degli ebrei. Il concetto espresso da Marr, che nei suoi scritti successivi verrà visto come un errore e ritrattato, nel secolo successivo assumerà valenze diverse, più ampie, e coinciderà spesso con la definizione degli atteggiamenti persecutori, tra i più gravi della storia contemporanea. Wilhelm Marr

Storicamente si possono individuare un antisemitismo di carattere religioso antigiudaismo, espresso dal Cristianesimo (Concilio Lateranense IV del 1213 relativamente ai decreti 67, 68, 69, 70, e bolle pontificie Cum Nimis Absurdum, Caeca et Obdurata, Hebraeorum Gens) e dall'Islam, e un antisemitismo di carattere razziale e culturale. In Europa i pregiudizi e i miti relativi agli ebrei sono sempre stati molteplici, talvolta alimentati da documenti falsi come i Protocolli dei Savi di Sion. Gli ebrei sono stati accusati di corporativismo e di elitarismo religioso per il fatto di prevedere il diritto a partecipare al culto ebraico in base alla linea di sangue. Furono inoltre accusati di refrattarietà alle altre culture e di essere attaccati al denaro. Paradossalmente agli ebrei si rinfacciava di essere ciò che la maggioranza imponeva loro, cioè di separarsi dagli altri quando erano costretti per legge a vivere in quartieri separati; di praticare laddove la legge permetteva loro – e anzi li incoraggiava – il prestito ad interesse, che a cristiani e musulmani era ufficialmente interdetto; di non favorire le conversioni, quando queste erano duramente sanzionate dalla legge. 22


Sono avvenute persecuzioni anche nella Spagna del XV secolo, dove i cristiani provenienti dal giudaismo erano visti con sospetto: le persecuzioni contro i marranos, gli ebrei che si convertivano solo esteriormente al Cristianesimo, erano originate da motivi religiosi poiché i cristiani si sentivano traditi e ingannati dal fenomeno delle false conversioni volte a ottenere vantaggi di ordine politico-economico. L'antisemitismo era particolarmente diffuso nell'Europa dell'Ottocento, venendo accolto non solo da pensatori nazionalisti come il compositore tedesco Richard Wagner, ma anche da anarchici come il filosofo francese Proudhon e quello russo Bakunin; oppure da progressisti come il filosofo francese Charles Fourier dallo scrittore americano Thomas Eliot. Karl Marx

In tempi più recenti, fra le tante azioni attribuite agli ebrei c'è anche quella di aver preparato teoricamente la Rivoluzione russa. Di origine ebraica era infatti Karl Marx, il principale e più illustre teorico del socialismo scientifico; di origine ebraica era Rosa Luxemburg, fondatrice del Partito Comunista Tedesco e Lev Trotzky, il famoso fondatore dell'Armata Rossa. Lev Trotzky

Anche Lenin, principale fautore della Rivoluzione russa, aveva remote origini ebraiche, e dei 12 membri del Comitato Centrale del Partito Comunista Russo del 1918, nove erano ebrei. Napoleone Bonaparte Ulic Lenin

Gli ebrei occidentali hanno ottenuto parità di diritti a norma di legge (negli Stati Uniti nel 1787, in Francia nel 1791 e in seguito nei paesi conquistati da Napoleone e in parte in Austria nel 1781), mentre in Russia si ottenne solo a partire dalla Rivoluzione d'Ottobre; tuttavia, anche dopo l'avvento del comunismo si verificarono dei pogrom (sommossa popolare antisemita) nei paesi sovietici, come a Kielce, in Polonia, il 4 luglio 1946.

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CONFLITTO TRA

Non si era mai verificato prima che uno Stato con l'autorevolezza del suo capo avesse deciso e annunciato lo sterminio possibilmente senza eccezioni di un determinato gruppo di esseri umani, inclusi vecchi, donne e bambini e perfino lattanti. [E. Jackel]

STATO LAICO-LIBERALE E CHIESA parte II

La questione romana Il 17 marzo 1861, in un discorso fatto alla Camera dei Deputati da Cavour, Roma veniva proclamata la capitale del Regno d'Italia nonostante fosse ancora sotto la sovranità del Papa. In questo suo discorso Cavour aveva, inoltre, ricordato le profonde ragioni storiche che motivavano quella decisione e si era mostrato fiducioso nell'annessione per via militare di Roma all'Italia che avrebbe comportato la cancellazione del plurisecolare potere temporale della Chiesa. Napoleone III

Roma era tuttavia protetta da Napoleone III che, al contempo, era il principale alleato del giovane Regno d'Italia. Il 15 settembre 1864 la Francia e l'Italia stipulano un accordo con il quale l'Italia si impegnava a non attaccare i territori del Santo Padre, mentre la Francia ritirava le sue truppe dai medesimi territori. La "questione romana", comunque, non si limitava al solo problema dell'annessione territoriale di Roma, ma chiamava in causa il complesso tema delle relazioni tra la Chiesa cattolica ed il regno d'Italia peraltro già gravemente compromesse dalla permanente opposizione al Risorgimento, manifestata da Pio IX° a partire dal 1849. L'insistenza nell'affermare l'autonomia e l'indipendenza dello Stato papale ebbe come conseguenze in Italia un forte incremento dell'anticlericalismo. Papa Pio IX

Inoltre il divieto per i cattolici di partecipare alla vita politica nazionale (non expedit) produsse una laicizzazione della politica di governo e la conseguente spaccatura di fatto del Paese ("storico steccato") che portò la Chiesa a valutare negativamente tutto quanto avvenisse nel campo non confessionale. In questo stato di forte contrapposizione, il Regno d'Italia perseguì una politica particolarmente restrittiva che incideva soprattutto sui beni ecclesiastici. 24


In particolare, con l'emanazione delle cosiddette leggi eversive (L. n. 3036 del 7 luglio 1866 e L. n. 3848 del 19 agosto 1867), lo Stato italiano dispose la soppressione di diversi enti ecclesiastici che erano ritenuti non necessari al soddisfacimento dei bisogni religiosi della popolazione e la conseguente devoluzione al demanio del relativo patrimonio. La situazione si protrasse fino al 1871 all'indomani della breccia di Porta Pia: infatti il 13 maggio il Parlamento italiano approvò la legge n. 274, meglio nota come "legge delle guarentigie" con cui tentò di normare unilateralmente il rapporto con la Santa Sede. Camillo Benso Cavour Veniva garantita al pontefice la sua inviolabilità, il conferimento degli onori sovrani equiparandolo quindi ai capi di Stato stranieri , la possibilità di mantenere guardie armate al proprio servizio, il possesso dei "sacri palazzi" (Vaticano, Laterano, villa di Castel Gandolfo nonché relative pertinenze), cui si garantiva l'extraterritorialità, la libertà delle comunicazioni postali e telegrafiche. Lo Stato italiano si impegnava inoltre a farsi carico delle spese di mantenimento della corte papale, ora che venivano a mancare, per i pontefici, gli introiti derivanti dal possesso di uno Stato autonomo. Infine la legge regolava i rapporti tra lo Stato e la Chiesa: si garantiva la massima libertà di esercizio del culto, di riunione, di movimento e di testimonianza all'interno del Regno mentre i Vescovi non erano tenuti al giuramento di fedeltà al Re. Vittorio Emanuele II Re d'Italia

Nonostante queste aperture e concessioni operate dallo Stato, la Chiesa si oppose fermamente a questa legge. Nello stesso 1871, Pio IX pubblicò l'enciclica UBI NOS nella quale riaffermava l'impossibile disgiunzione del potere spirituale da quello temporale.

Breccia di Porta Pia 25


Nulla allo stato attuale della ricerca permette di affermare la superiorità o l'inferiorità intellettuale di una razza rispetto ad un'altra. [C. Levi-Strauss]

ANTISEMITISMO TREVIGIANO 1870 / 1945

Nel 1870 con la “Breccia di Porta Pia” a Roma finisce il Potere temporale del Papato. Era rimasto l'ultimo baluardo antisemita in Europa e lo Stato Italiano abroga tutte le leggi che lo prevedono. E' il momento delle idee laiche e liberali che l'Italia porta avanti sull'onda del rinnovamento, avversate, però, in tutti i modi dalla Chiesa. Con il laicismo e le nuove idee la Chiesa perde potere e per difendersi si scaglia contro i liberali definendoli “liberali=ebrei”, di essere contro i cristiani e quindi da combattere in tutti i modi. E' una presa di posizione netta e rancorosa anche se assurda. Ogni parroco, centro del potere in ogni paese deve contribuire a inculcare nelle menti dei parrocchiani che deviare dal credo cattolico vuol dire dannarsi l'anima. Anche nel Trevigiano la Chiesa si batte con ogni mezzo contro le nuove idee laiche e liberali, prendendosela soprattutto con gli Ebrei, a loro dire, fonte di ogni male. Danno un grande aiuto ai parroci i giornali di emanazione cattolica della Curia, come: “L'Eco del Sile”, e “La Vita del Popolo”, sostenuti da “Civiltà Cattolica” il giornale dei Gesuiti. Dal 1870 al 1940 in varie occasioni e sempre con grande fermezza si scagliano contro gli Ebrei causa di ogni nefandezza. All'inizio del Regno d'Italia i temi principali della lotta della Chiesa contro il Male sono principalmente tre: la Fede (vecchio cavallo di battaglia per secoli), l'economia (gli Ebrei non devono avere beni ne risorse proprie) e l'istruzione (che per una legge dello Stato era diventata laica). Il pensiero di una scuola laica è talmente impensabile da portare alla paranoia. Al congresso cattolico di Venezia del 1874 si delibera che la scuola dell'obbligo non è legittima “perché contravviene ai sacri doveri e diritti della patria potestà”, che doveva essere esclusivo compito della Chiesa istruire secondo i dettami della religione, che il Clero doveva far valere a tutti i costi la libertà d'insegnamento contro lo Stato e opporsi alla possibilità di espandersi delle scuole laiche”. Da qui l'apertura di collegi e di scuole confessionali e il compito dei parroci di indirizzare le scelte dei parrocchiani. 26


Altro grosso problema era quello finanziario. Il periodo è difficile, L'Unità d'Italia è appena iniziata e dilaga una grave povertà e mancano i mezzi finanziari. Per aiutare i produttori agricoli, gli artigiani, e i commercianti il padovano Leone Wollemborg (ebreo e liberale) nel 1883, su modello del tedesco Federico Guglielmo Raiffeisen, fonda l'istituzione delle Casse Rurali, pur sapendo di avere contro la Chiesa. Nel giro di pochi anni apre una settantina di filiali ed il successo è travolgente. Tutto questo non passa inosservato ed infatti entro breve tempo le autorità religiose fondano una loro istituzione: le Casse Rurali Cattoliche sponsorizzate dai parroci, vero centro di potere rurale, che tolgono spazio alle Casse di Wollembog tanto da fargli chiudere l'attività. Alla “Vita del Popolo” ed alla regia di “Civiltà Cattolica” (la rivista dei Gesuiti) viene dato il sottile compito di denigrare l'immagine dell'ebreo Wollemborg, dichiarando innaturale che l'istituzione bancaria fosse in mano ad un ebreo.

Gli Ebrei in provincia di Treviso sono pochi. Nel 1509 il Doge di Venezia decreta il bando dal distretto degli Ebrei perché praticano l'usura e dato che nel 1496 era nato il Monte di Pietà se ne richiede la cacciata dal territorio. A Conegliano e a Vittorio Veneto erano meno ancora. Nel 1869 a Treviso ci sono 53 ebrei, dopo la prima Grande Guerra sono 10, il censimento del 1931 ne individua 31 a Treviso e 22 in Provincia, dopo la 2° Guerra Mondiale ne rimangono 3. Perciò se sono così pochi perché tanto odio nei loro confronti? Come giustificazione ci si rifà ai dettami antisemiti precedenti, a cui si aggiunge, dopo l'Unità d'Italia, un nuovo odio per il potere che la Chiesa sta perdendo per le idee laiche e liberali attuate dal Governo Italiano, e delle quali sono incolpati gli Ebrei. Viene infatti coniato il termine liberale-giudeo, intendendo dire che il cambiamento in atto è colpa degli Ebrei, che attraverso le Talmud (raccolta delle leggi religiose e legali ebraiche) si prefiggono di conquistare il mondo.

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Se un errore giudiziario c'è, è quello commesso dall'Assemblea Nazionale del 1791, quando concesse la cittadinanza agli Ebrei. Civiltà Cattolica 1898

In quegli anni si diffonde una nuova dottrina politica: il Socialismo. Quando viene percepita la portata delle nuove idee si cerca di rimediare e proteggersi spostando l'odio da liberismo-giudaismo alla nuova concezione da combattere: liberismo-socialismo. In seguito con Papa Pio XI qualcosa si muove. Avviene che i tedeschi applichino nei confronti degli Ebrei, le regole messe in atto da diversi papi nel passato, aggiungendovi però il sistematico massacro di tutti: donne, uomini e bambini. La così detta “Soluzione Finale”. Papa Pio XI

Per il nuovo Papa ciò che è in atto è troppo grave e pubblica una enciclica (a dire il vero molto attenta nell'uso delle parole) che mette in guardia i cristiani sulle regole da seguire. Le coscienze degli italiani si risvegliano e in parte si riscattano aiutando gli Ebrei a nascondersi e a fuggire anche a rischio di gravi sanzioni personali. Continueranno a farlo anche a guerra finita aiutando i fuggitivi a raggiungere Israele, o favorendo le organizzazioni che si prefiggono questo scopo, come quella di Ada Sereni che ottiene sostegno e aiuto anche da alcuni politici del nuovo governo nazionale contro le forze armate ed il servizio segreto inglesi che bloccavano e respingevano tutti quelli che tentano di arrivare in Palestina. La Provincia di Treviso contribuirà concretamente alla costruzione dello Stato di Israele, anche se in forma simbolica. Il Rabbino di Venezia prima e di Roma poi, Elio Toaff scrive di due fatti curiosi, ma significativi. “Ricevo un giorno la chiamata di un contadino trevigiano che dice di voler aiutare Israele regalando un carro armato “Tigre” abbandonato dai tedeschi in ritirata. Inizialmente resto incredulo pensando come sia possibile che le autorità italiane non l'abbiano trovato. Poi vado a vedere ed in un pagliaio trovo un grosso carro armato da 70 tonnellate. Avverto subito l'Agenzia Ebraica che dopo qualche giorno manda dei tecnici che smontano il mezzo e lo inviano in Israele. Credo sia stato il primo mezzo corazzato del nuovo esercito”. “L'altro fatto è stato quello di smantellare la Sinagoga di Conegliano, ormai abbandonata per mancanza di Ebrei in città, e di rimontarla restaurata a Gerusalemme, punto di preghiera per gli Ebrei italiani. L'inaugurazione è avvenuta il 4 Aprile 1952”. 28


COMUNITÀ

E' molto probabile che tutto ciò che ha un principio non arrivi a compimento. Le nostre aspirazioni non si avverano, ma le nostre speranze di vederle avverarsi non muoiono mai. [Kenko]

EBRAICA A CONEGLIANO

Conegliano ospitò per secoli una fiorente comunità israelitica: la presenza di ebrei è attestata sin dal XIV secolo. Città dinamica dal punto di vista economico, ma anche al centro di guerre, saccheggi e carestie, doveva far fronte spesso a gravi crisi che vennero risolte con l'istituzione dei banchi di prestito (1388). Dopo un periodo di libertà e tolleranza, le famiglie ebree furono costrette, nel 1629, a stabilirsi nella zona del Siletto (l'attuale Via Beato Ongaro) e nel 1675 nella contrada Ruio, fuori dalla cinta muraria. Il ghetto così istituito ebbe una sinagoga (1701), una scuola talmudica e numerose botteghe (soprattutto di straccivendoli, pasticceri e macellai); vi abitavano allora 14 famiglie. Con la conquista napoleonica agli ebrei furono concesse tutte le libertà civili e molti si trasferirono nella nuova zona attorno alla stazione, sede di sontuosi palazzi. Marco Grassini (1816-1885), esponente di una delle famiglie più importanti della comunità ebraica, fu sindaco della città (1870-77 e 1882-83). Nell'Ottocento la comunità coneglianese finì per estinguersi, a causa del trasferimento della maggior parte degli ebrei a Padova e a Venezia. Dell'antico ghetto non resta nulla se non qualche foto; tuttavia rimane il cimitero ebraico sul colle Cabalan a est del centro storico (presente sin dal 1545); il cimitero, che conserva ancora molta della sua dignità e della sua assorta bellezza, fu utilizzato fino al 1882 circa. I preziosi arredi della sinagoga furono salvati dalla distruzione del ghetto e trasferiti nel 1954 in una nuova sinagoga di Gerusalemme, ricostruzione dell'ambiente coneglianese, dove tutt'ora si pratica il rito italiano. Conegliano - il Ghetto e in alto la Sinagoga

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MARENO Ebrei confinati nel novembre 1941

Si spera che i sassi / deventa paneti / perchè i povareti / li possa magnar / Se spera che l'acqua / deventa sciampagna / perchè no i se lagna / de sto giubilar. / Se spera sperando / che vegnerà l'ora / de andar in malora / per più no sperar. [Filastrocca veneta citata da C. Michelstaedter]

Nel 1938 il regime fascista promulga le Leggi razziali e, a seguito del censimento che ne consegue, si ha notizia di 147 ebrei residenti in provincia di Treviso. Negli anni successivi molti lasciano il territorio e quelli rimasti sono solo anziani che non possono andare via. Nel 1941 accade però che molti ebrei si riversino in Italia dal confine di Trieste in fuga dai paesi dell'Europa centro-orientale conquistati dai nazisti e dai fascisti. Dopo essere stati schedati sono internati nei vari comuni del Veneto. Con la circolare n°7403-1943-XXII il Questore di Treviso Mascioli suddivide quelli assegnati alla provincia e li invia nei vari comuni. A Mareno ne arrivano 51 e il comune è secondo solo ad Asolo con 67. Nel territorio non vi è una struttura unica per il confino degli ebrei come i tristemente noti campi di concentramento, ma le persone vengono alloggiate nelle case private e ricevono un sussidio giornaliero dal Comune presso cui dovono presentarsi due volte al giorno per firmare. Agli ebrei infatti è vietato esercitare qualsiasi attività lavorativa e i loro figli non possono frequentare la scuola. Questa situazione si protrae fino alla data dell'armistizio l'8 settembre 1943 quando gli ebrei approfittando del momento di confusione cercano salvezza nella fuga. E' con un sospiro di sollievo che i cittadini di Mareno apprendono della partenza di queste persone, alle quali hanno dato assistenza e alloggio rischiando sanzioni pericolose da parte delle autorità. Non ne fanno mai cenno negli anni a seguire, schivi ai riconoscimenti ed ai ringraziamenti. Solo ora se ne parla, ma le persone sono ormai scomparse ed i ricordi dei discendenti si fanno sempre più labili. Riportiamo, anche se è poco, ciò che abbiamo trovato e sentito.

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Elenco Mosa Albahari, di Abram e Klara Atijas, nata a Belgrado il 20 febbraio 1925. Professione: studente. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Lenka Altarac, di Meritz e Eldonia Kabiljo, nata a Sarajevo il 17 maggio 1936. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme alla madre, alla sorella Simka e allo zio Haim Kabiljo. Simka Altarac, di Meritz e Eldonia Kabiljo, nata a Sarajevo il 2 agosto 1939. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme alla madre, alla sorella Lenka e allo zio Haim Kabiljo. Benko Atijas, di Mihajl e Telvi Ventia, nato a Belgrado il 6 novembre 1902. Professione: impiegato. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Gisella Bezner, di Emilio e Regina Vacht, nata a Pucac il 23 gennaio 1895, coniugata con Leon Fraier. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme al marito e al figlio Gdeon. Magda Bucher, di Alessandro e Olga Allman, nata a Budapest il 19 novembre 1910. Professione: impiegata. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Lenka Danon, di Salomon e Dona Altaraz, nata a Sarajevo l’8 marzo 1889. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Rosalia De Majo, di Giovanni e Sultana Levi, nata a Belgrado il 7 marzo 1912. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme al figlio Lili. In seguito si trasferisce a Cison di Valmarino dove è confinato il fratello Stephan De Majo. Karl Ehrenfeund, di Rodolfo e Juliana Strauss, nato a Osijek (Croazia) il 16 agosto 1903. Professione: impiegato. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Salomone Eschenazi, di Albert e Boema Alcalaz, nato a Sarajevo il 21 marzo 1906. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Alise Farchic, di Mosa e Ida Ikemberg, nato a Berlino l’8 ottobre 1919, coniugata con Marko Kohen. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme al marito e al cognato Visim Kohen. Leon Fraier, di Lazar e Hana Fraier, nato Kolcnia il 18 novembre 1896, coniugato con Gisella Bezner. Professione: ingegnere. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie e al figlio Gdeon. Gdeon Fraier, di Leon e Gisella Bezner, nato a Sarajevo il 23 agosto 1919. Professione: agronomo. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme ai genitori. Olga Fürst, di Ignac e Regina Engelman, nata a Osijek (Croazia) il 16 dicembre 1895. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme alla sorella Rosalia. 31


Rosalia Fürst, di Ignac e Regina Engelman, nata a Osijek (Croazia) il 31 luglio 1894. Professione: impiegata. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme alla sorella Olga. Ella Goldarbaiter, di Lindoviz e Giulia Hirschler, nata a Mehac (Bosnia) il 10 luglio 1887, coniugata con Ernst Kohn. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme al marito e alla figlia Caterina. Vera Hirschl, di Ignac e Olga Ulman, nata a Zagabria il 14 ottobre 1919. Professione: cassiera. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Eldonia Kabiljo, di Isak e Lea Papo, nata a Sarajevo il 10 gennaio 1912, coniugata con Meritz Altarac. Professione: sarta. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme alle figlie Lenka e Simka Altarac e al fratello Haim. Nel marzo 1942 viene raggiunta anche dall’altro fratello Santo. Haim Kabiljo, di Isak e Lea Papo, nato a Sarajevo il 7 novembre 1913. Professione: idraulico. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla sorella Eldonia e alle nipoti Lenka e Simka Altarac. Nel marzo 1942 viene raggiunto anche dall’altro fratello Santo. Olga Kabiljo, di Albert e Zimbula Kabiljo, nata a Sarajevo il 10 agosto 1889, coniugata con Jakob Koen. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme al marito e alle figlie Bukika, Regina, Flora e Klara. Santo Kabiljo, di Isak e Lea Papo, nato a Sarajevo il 17 luglio 1915. Professione: barbiere. Tradotto da Fiume a Vicenza il 22 novembre 1941, viene confinato a Canove di Roana, ma l’11 marzo 1942 si trasferisce a Mareno dove sono internati la sorella Eldonia e il fratello Haim. In seguito chiede di tornare in provincia di Vicenza, a Lusiana, dove è internato il cugino Josef Ergas. Marco Kalyuski, di Simba e Gorija Grunspan, nato a Akaki il 1° febbraio 1887, coniugato con Anna Kolin. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme alla moglie. Alfred Kaufer, di Aurelio e Rosalia Wietich, nato a Osijek (Croazia) il 15 gennaio 1899, coniugato con Caterina Prausnitzer. Professione: cuoco. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie. Il 22 novembre 1943 viene arrestato con lei a Conegliano e tradotto nella risiera di S. Sabba. Deportato da Trieste il 7 dicembre 1943, giunge ad Auschwitz quattro giorni dopo. S’ignorano data e luogo della morte. Bukika Koen, di Jakob e Olga Kabiljo, nata Sarajevo il 23 gennaio 1908, coniugata con Riccardo Schoen. Professione: impiegata. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme al marito, ai genitori e alla sorelle Regina, Flora e Klara. Flora Koen, di Jakob e Olga Kabiljo, nata a Tuzla (Bosnia) il 21 gennaio 1921. Professione: sarta. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme ai genitori e alle sorelle Bukika, Regina e Klara. Jakob Koen, di Giuda e Rifka Koen, nato a Zvornik (Bosnia) il 18 luglio 1880, coniugato con Olga Kabiljo. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie e alle figlie Bukika, Regina, Flora e Klara. 32


Klara Koen, di Jakob e Olga Kabiljo, nata a Tuzla (Bosnia) il 13 marzo 1924. Professione: studentessa. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme ai genitori e alle sorelle Bukika, Regina e Flora. Lazar Koen, di Jakob e Sofia Sucharifa, nato a Janovic (Bosnia) il 7 febbraio 1908. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Dopo l’8 settembre viene aiutato a nascondersi e poi a fuggire dal parroco di Ramera. Alla fine della guerra si trasferisce in Palestina. Regina Koen, di Jakob e Olga Kabiljo, nata a Tuzla (Bosnia) il 18 ottobre 1918. Professione: sarta. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme ai genitori e alle sorelle Bukika, Flora e Klara. Nissim Kohen, di Mosa e Giamila Ovadija, nato a Belgrado il 19 dicembre 1913. Professione: impiegato. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme al fratello Marko, alla cognata Alise Farchic. Marko Kohen, di Mosa e Giamila Ovadija, nato a Belgrado il 18 febbraio 1908, coniugato con Alise Farchic. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie e al fratello Visim. Caterina Kohn, di Ernst e Ella Goldarbaiter, nata a Korňa (ora Slovacchia) il 10 novembre 1912. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme ai genitori. Ernst Kohn, di Emanuele e Verona Goldfinger, nato a Krivaja (Bosnia) il 9 marzo 1881, coniugato con Ella Goldarbaiter. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie e alla figlia Caterina. Lili Kohn, di Andrea e Rosalia De Majo, nato a Belgrado il 5 maggio 1936. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla madre. In seguito si trasferisce a Cison di Valmarino dove è confinato lo zio Stephan De Majo. Anna Kolin, di Alessandro e Kaia Machstein, nata a Akaki il 23 luglio 1890, coniugata con Marco Kalyuski. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme al marito. Ruza Kraus, di Lodovico e Francesca Steh, nata a Zenica (Bosnia) il 1° gennaio 1904. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Sida Montiljo, di Moise e Rifka Pape, nata a Sarajevo il 9 giugno 1886. Professione: impiegata. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Giamila Ovadija, di Mosa e Olga Azriel, nata a Belgrado il 15 giugno 1878. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Caterina Prausnitzer, di Kurt e Emma Freund, nata a Berlino il 15 maggio 1909, coniugata con Alfred Kaufer. Professione: artista. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme al marito. Il 22 novembre 1943 viene arrestata con lui a Conegliano e tradotta nella risiera di S. Sabba. Deportata da Trieste il 7 dicembre 1943, giunge ad Auschwitz quattro giorni dopo. S’ignorano data e luogo della morte.

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Franziska Rechnitzer, di Moritz e Rosa Stroh, nata a Brod (Bosnia) il 9 marzo 1876. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941. Arnold Saifman, di David, nato a Travnik (Bosnia) il 1° febbraio 1886, coniugato con Adele Schurz. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie e alla figlia Elena. Elena Saifman, di Arnold e Adele Schurz, nata a Travnik (Bosnia) il 25 novembre 1913. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme ai genitori. Adele Schurz, di David, nata a Travnik (Bosnia) il 25 dicembre 1893, coniugata con Arnold Saifman. Professione: casalinga. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno assieme al marito e alla figlia Elena. Riccardo Schoen, di Ugo e Giulia Krauss, nato a Osijek (Croazia) il 30 giugno 1897, coniugato con Bukika Koen. Professione: impiegato. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie. Antun Sever, di Giuseppe e Giulia Gres, nato a Budapest il 24 agosto 1889. Professione: violinista. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941.

Ebrei arrivati a Mareno ma poi spostatisi in altri comuni Silvio Kabiljo, di Elia e Ella Poljekan, nato a Sarajevo il 22 maggio 1924. Professione: studente. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno di Piave. In seguito viene trasferito a Cavaso. Ella Poljekan, di Mosè e Ernestina Poljekan, nata a Banja Luka (Bosnia) il 6 febbraio 1904, coniugata con Enrico Widman. Fa parte della comunità ebraica di Spalato. Arriva in Italia il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno di Piave assieme al marito e al figlio Azo. In seguito viene trasferita a Cavaso. Marco Poljekan, di Albino e Ella Schwarz, nato a Zagabria il 12 dicembre 1938. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno di Piave assieme alla madre. In seguito viene trasferito a Cavaso. Ella Schwarz, di Marco e Leonora Goldetof, nata a Vienna il 7 novembre 1906, coniugata con Albino Poljekan. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internata a Mareno di Piave assieme al figlio Marco. In seguito viene trasferita a Cavaso. Enrico Widman, di Isacco e Vela Bochemer, nato a Waskevce il 20 dicembre 1897, coniugato con Ella Poljekan. Professione: industriale. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno di Piave assieme alla moglie e al figlio Azo. In seguito viene trasferito a Cavaso. Azo Widman, di Enrico e Ella Poljekan, nato a Belgrado il 17 novembre 1934. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno di Piave assieme ai genitori. In seguito viene trasferito a Cavaso.

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Degli ebrei che sono elencati nelle pagine precedenti, solo due risultano essere stati internati in Germania, Alfred Kaufer e sua moglie Caterina Prausnitzer; arrestati a Conegliano il 22 novembre 1943 vengono tradotti a Trieste nella risiera di San Sabba e poi ad Auschwitz. Di loro non si hanno piÚ notizie. Questi Ebrei ospitati a Mareno sono citati in un elenco datato 24 maggio 1943, redatto dal Prefetto di Treviso Salvatore Rapisarda e trasmesso alla Direzione Generale di Pubblica Sicurezza: venivano indicati gli internati �idonei al lavoro agricolo che possono essere avviati per i prossimi lavori di falciatura e mietitura nell'Agro romano, nelle Puglie e nella Lucania�. Nominativo

Luogo nascita

Data

Professione

Mosa Albahari Benko Atijas Magda Bucher Salomone Ashkenazi Gdeon Fraier Vera Hirschl Hajim Kabiljo Santo Kabiljo Flora Koen Lazar Koen Nissim Koen

Belgrado Belgrado Budapest Sarajevo Sarajevo Zagabria Sarajevo Sarajevo Tusla Janovic Belgrado

20/02/1925 06/11/1902 19/11/1910 21/03/1906 23/08/1919 14/10/1919 07/11/1913 17/07/1915 21/01/1921 07/02/1908 19/12/1913

Studente Impiegato Impiegata Commerciante Agronomo Cassiera Idraulico Barbiere Sarta Commerciante Impiegato

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SAN SABBA campo di concentramento di Trieste

L'alibi: non è facendo rinchiudere il proprio vicino che ci si può convincere del proprio buon senso. [F. Dostoevskij]

È stato uno dei campi di concentramento in Italia utilizzato per il transito, la detenzione e l'eliminazione di un gran numero di detenuti, in prevalenza prigionieri politici ed Ebrei. In esso le autorità tedesche compirono uccisioni, in un primo momento mediante gas (usando i motori diesel degli autocarri), poi per fucilazione o con colpo di mazza alla nuca. Nel lager italiano c'era un forno crematorio per i cadaveri ricavato da un essiccatoio in cui in precedenza veniva asciugato il riso. Oggi la risiera è diventata un vero e proprio museo.

La risiera di San Sabba 36


La capacità incondizionata di sperare è stata veicolata nel mondo dall'esperienza di un popolo e dall'avvento di una civiltà: la tradizione ebrea e cristiana. [S. Natoli]

RIFUGIO NEGLI STATI UNITI

Nel 1944 il presidente Franklin D. Roosevelt annunciò il suo progetto di creare un rifugio a Fort Ontario nella città di Oswego, Stato di New York. Nell'ambito di questo piano 982 rifugiati provenienti da diciotto paesi diversi (di origine prevalentemente ebraica e di varie nazionalità, soprattutto jugoslavi, austriaci, polacchi, tedeschi e cecoslovacchi) sono stati trasportati a Fort Ontario. Roosevelt eluse le rigide quote di immigrazione identificando questi profughi come suoi "ospiti", ma senza che fosse dato alcun valore legale alla loro permanenza; inoltre venne loro chiesto l'impegno a ritornare in Europa quando le condizioni avessero permesso il loro rimpatrio. A causa del loro stato indefinito di immigrati, i rifugiati non furono autorizzati a lasciare Fort Ontario, né per trovare lavoro o visitare i familiari già insediati negli Stati Uniti. Lottarono per creare una comunità all'interno del campo e con l'aiuto di alcuni Avvocati fecero continue pressioni sul Congresso e sul Presidente affinché fosse consentito loro di rimanere in America. Infine, dopo diciotto mesi nel campo, il presidente Truman concesse il permesso al loro ingresso legale nel paese. Il rifugio venne chiuso poco tempo dopo, nel febbraio 1946.

Fort Ontario 37


Ebrei giĂ stati a Mareno che arrivarono a Fort Ontario da Napoli nel mese di Luglio 1944: Ernst Kohn, di Emanuele e Verona Goldfinger, nato a Krivaja (Bosnia) il 9 marzo 1881, coniugato con Ella Goldarbaiter. Professione: commerciante. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941 e viene internato a Mareno assieme alla moglie e alla figlia Caterina. Sida Montiljo, di Moise e Rifka Pape, nata a Sarajevo il 9 giugno 1886. Professione: impiegata. Arriva in Italia da Spalato il 30 novembre 1941.

Vita nel campo 38


… ad onta dei tanti diserbanti della storia èun bene portare alla luce la verità, soprattutto per i posteri, perchè forse tante pagine dovrebbero essere riscritte. [Riccardo Millemaggi Pillonetto Palatini]

TESTIMONIANZE DI ALCUNI CITTADINI MARENESI

Nelle nostre ricerche abbiamo potuto incontrare gli eredi di solo alcuni dei marenesi che hanno rischiato la vita o il carcere per aiutare persone di fede diversa. Altri ci sono stati certamente, ma un alone di nebbia è calato su questi avvenimenti, dovuto al concetto cristiano che “era dovere intervenire ed aiutare”. Ringraziamo perciò queste persone che con difficoltà hanno tratto dalla loro memoria ricordi sopiti, quasi dimenticati. Bertoli Angelo 1896 – 1986 (raccontano i figli Clelia e Giovanni) Nella casa di via Calmessa di proprietà della zia Clelia Sanson, donata alla sua morte alla mansioneria, erano ospitate cinque persone di fede ebraica: Eldonia Kabiljo di Sarajevo del 10/01/1912 Lenka Altarac “ “ 17/05/1936 Simka Altarac “ “ 02/08/1939 Hajim Kabiljo “ “ 07/11/1913 Santo Kabiljo “ “ 17/07/1915

sarta idraulico barbiere

Dopo l'8 settembre 1943 i tedeschi si presentano per arrestare la famiglia ebrea, ma non trovano gli adulti che sono fuggiti. Così prendono le due bambine e le portano all'asilo di Mareno per la notte; sarebbero ripassati il giorno dopo per deportarle. Durante la notte nostro padre Angelo aiutato da Mario Basso, gestore dell'osteria situata all'angolo est della piazza della Chiesa, partono in bicicletta, vanno all'asilo a prendere le due bambine e le portano a mezza costa del Cansiglio, dove sono consegnate a dei partigiani.

Suor Rosaria

Per evitare ritorsioni da parte dei tedeschi verso le suore, d'accordo con Suor Rosaria, nostro padre e Mario rompono la porta di entrata dell'asilo, così che le suore avrebbero potuto raccontare una storia di effrazione e di rapimento. Dopo la partenza da Mareno si ha notizia della sola bambina Lenka, che il 5 aprile 1945 risulta presente a Bari.

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Bet Rodolfo Vincenzo 1914-1984 (testimonianza del figlio Paolo) Due sono le persone di fede ebraica nascoste da mio padre durante la guerra, una donna di cui non conosco il nominativo ed un uomo : Lazar Koen di Jakob e Sofia Sucharifa nato a Spalato il 7 febbraio 1908. Di professione commerciante, è arrivato da Spalato il 30 Novembre 1941. Durante il giorno si spostavano tra un ricovero degli animali e l'altro e la sera rientravano per dormire in casa. Dopo l'8 settembre 1943 viene aiutato anche dal parroco di Ramera don Antonio Pizzinato, poi fugge e se ne perdono le tracce. Il suo nominativo si ritrova tra quelli registrati in Svizzera alla fine della guerra. Si trasferisce poi in Palestina. Terminata la guerra tornerà di passaggio a Ramera. Celotti Mario 1902-1994 (testimonianza della figlia Liliana) Mario Celotti è stato dipendente comunale per 41 anni, fino al 1965, impiegato come applicato prima e poi all'ufficio anagrafe – stato civile. Dopo l'8 settembre 1943 viene avvisato dalla Prefettura di Treviso che i tedeschi arriveranno per deportare gli ebrei al confino a Mareno. Si mette subito al lavoro e fornisce a tutti loro documenti falsificati. Per riconoscenza e ringraziamento gli viene regalato un anello d'oro con le sue iniziali. Si nasconde poi a casa sua per circa sei mesi dentro una bottola, finchè travestito da donna non riesce a raggiungere e a unirsi ai partigiani in Cansiglio col nome di “Delfino”. Terminata la guerra torna al lavoro in Municipio, evitando qualsiasi presa di posizione. Persona stimata, di alto profilo morale e umano fu anche sindaco per un breve periodo prima delle elezioni post belliche. Si trasferì a Conegliano negli anni 60.

Devo distruggere il dolore altrui, perchè fa male come il proprio, devo far bene agli altri perchè sono esseri come me. Bodhiastiva – testo indiano 40


Menini Giobatta 1903-1972 (testimonianza della figlia Maria Grazia) Agli inizi mio padre ha dato un aiuto materiale e poi ha trovato una abitazione per una famiglia di religione ebraica che doveva nascondersi per non essere deportata. Non ricordo il nome. La cosa era però risaputa in paese ed era stato più volte denunciato ai fascisti ed ai tedeschi che tentarono un paio di volte di arrestarlo. Riuscì ad evitare di essere preso perché si nascondeva in uno sgabuzzino ricavato in una stanza di casa con un doppio muro. La seconda volta che i tedeschi vennero per arrestarlo mia madre, che era incinta di me, li trattenne in cortile il tempo necessario perché mio padre fuggisse e si nascondesse nei campi. In quel momento mia madre fece mentalmente un voto: se mio padre fosse tornato sano e salvo ed il nascituro fosse stato femmina le avrebbe dato il nome di Maria Grazia. Li ringrazio per questo. Pasqualotti Virgilio Antonio 1901-1960 (testimonianza dei figli Margherita, Gianni, Bruno e della nuora Cecilia). Dal libro: “Il diktat della coscienza oltre i colori” di Cecilia Talamini Virgilio è un personaggio del tutto particolare. Iscritto al PNF e appartenente alle Brigate Nere non confuse mai quello che riteneva essere il suo dovere verso la Patria ed il comportamento onesto e umano nei confronti del suo prossimo. Ospitò a casa della mamma a Follina tre persone di religione ebraica fino al 10 dicembre 1943, come le stesse (famiglia Wasserstein) hanno testimoniato per iscritto. Ospitò pure a casa sua a Mareno la famiglia Mamula e l'ebreo Isidoro Levi di Trieste senza mai preoccuparsi di essere dalla parte ritenuta sbagliata della barricata e di essere costantemente in pericolo anche nei confronti dei suoi commilitoni. Questo per dimostrare che non è la divisa che fa l'Uomo.

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Testimonianza di Mamula Giovanni: “… mi aiutava in tutto quello in cui egli aveva la possibilità. La mia famiglia e io siamo stati qua come ospiti …. Si comportava come un vero galantuomo …. Fece di tutto per salvarmi”.

Paqualotti Virgilio assieme alla famiglia Mamula

Dotta Eugenio 1896-1952 (testimonianza del figlio Celestino) Dal libro: “Nach und Nebel da Conegliano ad Auschwitz” del Liceo Scientifico Statale “Marconi” di Conegliano a cura di Pier Vittorio Pucci

A casa ospitavamo un ebreo di origine croata (Antun Sever). Era una persona di grande cultura: conosceva sette lingue, ma non l'italiano (girava infatti con una grammatica tascabile). Era un affermato violinista che aveva suonato a Vienna e al Metropolitan di New York sotto la direzione di Piero Mascagni. Riceveva dal Comune, per il proprio sostentamento, un sussidio di 8 lire al giorno, e per racimolare del denaro in più dava lezioni di violino ai ragazzi, tra cui il futuro sindaco di Mareno, Avellino Da Re. Doveva quotidianamente firmare i registri presso il Municipio, ma doveva anche evitare di esporsi troppo, per non incappare in pattuglie tedesche. Verso aprile si trasferì in un'altra famiglia di Mareno.

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CONFINI

Gli uomini sono disposti a credere piuttosto che a conoscere. [E.O. Wilson]

ORIENTALI CACCIA AGLI ITALIANI

Durante un incontro bilaterale dell'agosto 1944 Churchill comunica a Tito, tra le altre cose, la necessità dell'instaurazione di un governo militare in Venezia Giulia per proteggere le truppe alleate che stanno avanzando verso l'Austria. Da qui il pensiero di Tito sulla legittimazione di attuare l'annessione dell'intera Venezia Giulia alla Jugoslavia. In seguito gli Sloveni forzano di più la loro volontà di egemonia sul territorio italiano lasciando poco spazio ai dubbi, come comunica Anton Vratusa l'8 di agosto alla direzione del Partito Comunista Italiano Alta Italia. Il 19 settembre, poi, in un discorso pubblico Tito rivendica l'annessione dell'Istria, del litorale sloveno e della Carinzia, a cui si aggiungono poi le idee possibiliste del P.C.I. che evita, per ora, di esporsi apertamente, professando, però, cieca sottomissione ai fratelli comunisti Russi e Slavi. A questo punto si inserisce una direttiva “La Riservatissima” di Vincenzo Bianco, nome di battaglia “Vittorio”, importante dirigente del P.C.I., reduce dalla guerra civile di Spagna, per lungo tempo residente a Mosca con Togliatti “Ercole”, paracadutato presso il comando di Tito. “....... oralmente e con tutte le cautele, spiegare e sventare tutte le mene dei circoli e gruppi reazionari anglo-americani, che cercano di sviluppare nel nostro paese a mezzo degli imperialisti e di certi partiti aderenti al C.L.N.: ..... intensificare la nostra propaganda e agitazione in favore della Unione Sovietica e della nuova Jugoslavia del compagno Tito: ... spiegare che in Jugoslavia tutto il potere appartiene al Popolo, .... che la Jugoslavia non è imperialista, ma democratica progressista .... La nuova Jugoslavia ha il completo appoggio del grande eroico popolo sovietico nostro grande alleato. 43


… Tutte le unità italiane partigiane devono operare sotto il comando del IX Corpo d'Armata del Novj ..... il nostro esercito, cioè quello jugoslavo, occuperà tutto il territorio anche quello dove si trovano le popolazioni italiane, .... bisogna fare un ripulisti di tutti gli elementi imperialisti e fascisti anche nelle unità partigiane .... L'Esercito di Liberazione Jugoslavo, sotto il comando del compagno Tito, farà ogni sforzo per occupare il massimo del territorio italiano, che sarà sottomesso alle stesse condizioni che crea l'Esercito Rosso nei paesi da esso occupati... … domani quando la situazione dell'Italia sarà cambiata il problema di Trieste e di voi tutti sarà risolto nei modi e sull'esempio dell'Unione Sovietica....”. Non merita di riportare la lettera di appoggio di Togliatti. … il disegno che prevedeva l'occupazione del nostro Paese da parte dei comunisti slavi (le truppe del IX Corpus Titino erano già a Monfalcone) non andò in porto e la partita tra le forze dell'Asse ed i Russi alleati degli Angloamericani fu decisa dall'intervento deciso di questi ultimi..., .....la convinzione degli storici di parte è che i partigiani comunisti “liberarono l'Italia” e tutti gli altri, quasi tutta l'Italia, che avevano militato nella parte sbagliata non erano che torturatori che dovevano soltanto morire..., ... si doveva disonorare il vinto antagonista negandogli qualsiasi dignità morale e d'intelletto..., ... non c'era nessuna differenza tra chi aveva ucciso e chi non aveva fatto nulla di male: tutti meritavano di morire .... (A. Serena)

Non vi è libertà ogni qualvolta le leggi permettono che in alcuni eventi, l'uomo cessi di essere “persona” e diventi “cosa” C. Beccaria 44


PROFUGHI DALL'ISTRIA

Nel 1945 io e Kardelj fummo mandati da Tito in Istria. Era nostro compito indurre tutti gli italiani ad andar via con pressioni di ogni tipo. E così fu fatto. [Milovan Gilas, vice comandante di Tito]

L'Istria e la Dalmazia, che erano state Provincie Romane denominate Illiria e poi furono territorio della Repubblica Serenissima Veneta per secoli, sono provincie autonome dell'Impero Austriaco fino alla fine della Prima Guerra mondiale, quando ridiventano terre italiane, inclusa la Venezia Giulia. Sul territorio i guai seri cominciano nel 1919 quando vengono proposti e poi approntati i confini con il nuovo Stato di Jugoslavia. L'Istria viene divisa e la parte sud resta agli Slavi con la città di Fiume ad amministrazione autonoma. Il malcontento tra le popolazioni italiane si fa sempre più forte fino a quando Gabriele D'Annunzio con un folto manipolo di “Legionari” passa il confine e occupa Fiume. Ne nasce una controversia con gli alleati Inglesi e Americani istigati anche dagli Slavi, che obbligano il governo italiano ad intervenire con la forza delle armi. Viene incaricato dell'operazione “Sgombero” il Generale Caviglia che, con reparti dell'esercito entra a Fiume tra la riprovazione della popolazione. A seguito dello scontro armato muoiono 7 “legionari”. Quando d'Annunzio costruirà la sua dimora “il Vittoriale” a Gardone Riviera, vi farà traslare le sette salme, che saranno tumulate in un piccolo mausoleo con gli onori militari. Gli abitanti italiani dell'Istria sono discendenti dei Romani e dei Veneti, parlano veneto, hanno tradizioni venete. Vivendo in una terra di confine sentono l'appartenenza italiana più degli stessi italiani del continente. L'odissea però è in atto già da molto tempo prima, a metà Ottocento. In Italia è il periodo in cui inizia il Risorgimento, con il sorgere degli ideali di libertà e di indipendenza dei Veneti e Lombardi nei confronti dell'Impero Asburgico. Le nuove idee si propagano nelle zone italiane dell'Istria, mettono in allarme le Autorità Austriache. Si attua così una soluzione che sarà devastante per il futuro dell'italianità del territorio. Il Vittoriale a Gardone Riviera (BS) 45


Per bilanciare il grande numero di italiani, gli Austriaci favoriscono l'immigrazione dalle altre Provincia dell'Impero di contadini di etnia slava che si stabiliscono sopratutto nelle zone rurali, dove gli italiani sono pochi. Dopo qualche decennio il rapporto tra le etnie sarà talmente modificato che gli italiani da maggioranza assoluta diventano maggioranza molto relativa. In aiuto dell'Impero asburgico interviene anche la Chiesa Cattolica. Dopo il 1870 con la fine del Potere Temporale della Chiesa e con l'auto clausura imposta dal Pontefice Pio IX, si apre un contenzioso tra Stato Italiano e Chiesa Cattolica che investe i credenti e soprattutto il Clero. Nella Diocesi di Trieste ci sono 290 parroci, di cui 190 di provenienza slava. Esodo istriano con mezzo di fortuna

Esodo istriano con il treno

Questi ultimi hanno influenza nella campagne, dove la consistente maggioranza della popolazione è slava e si sentono alleati all'Impero coniando il motto: Slavi = cattolici filo austriaci e Italiani = laici rivoluzionari. Inoltre per distinguersi e creare ulteriore divisione usano nella liturgia tra gli Slavi un vecchio linguaggio locale: lo schiavetto.

Poco per volta si scava un solco profondo tra gli Italiani (ora in minoranza) da una parte e le altre etnie dall'altra: Sloveni, Croati, Bosniaci, Cossovari e Serbi a formare una maggioranza, per il momento unita, che ha lo scopo di prendere il posto degli Italiani. Gli Italiani infatti erano considerati la popolazione più attiva, i lavoratori più bravi e preparati, i costruttori della ricchezza. Anche per questo diventano il nemico da battere con lo scopo di prenderne il posto. Negli anni '20 con l'avvento del fascismo si rafforzò il nazionalismo degli italiani d'Istria che rapidamente portò avanti una politica di snazionalizzazione delle minoranze. Si assistette così al processo inverso di “germanizzazione” e “slavizzazione” posto in essere il secolo precedente dall'Impero austro-ungarico. Vennero dunque italianizzati i nomi dei paesi (Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 46


1923) e i cognomi delle famiglie (Regio Decreto Legge n. 494 del 7 aprile 1927), mentre con la Legge n. 2185 del 1/10/1923 la cosiddetta “Riforma scolastica Gentile” fu vietato nelle scuole l'insegnamento delle lingue slave. Più tardi furono sciolte tutte le organizzazioni slovene. Il processo previde inoltre la censura o la chiusura dei giornali in lingua diversa da quella italiana. Durante questo periodo si assistette all'emigrazione nel vicino regno di Jugoslavia di molte persone di etnia slava “aiutato” dal duro regime che il fascismo adottò nei confronti della popolazione non italiana. Cambia anche il motto che ora è: Italiani = Fascisti e Slavi = comunisti e con esso aumenta l'odio contro l'etnia italiana. Alla fine della II° Guerra Mondiale gli Jugoslavi, alleati degli Inglesi e Americani, hanno buon gioco nell'imporre nel Trattato di Pace la loro volontà. Chiederanno di ampliare il loro territorio inglobando la Venezia Giulia e anche il Friuli, supportati dai dirigenti del Partito Comunista Italiano come omaggio all'alleato Tito e all'Unione Sovietica che, a dir loro, ha vinto la Guerra. Alla fine gli Americani non permetteranno tale scempio. Non tutti i comunisti però accettano queste richieste, soprattutto molti di coloro che vivono in zona. Il dissenso non viene visto di buon occhio dai comunisti ortodossi ed i contestatori sono arrestati uccisi e infoibati. Il compito viene assegnato soprattutto agli sloveni. Le foibe sono dei buchi profondi creatisi nel terreno carsico dove sono state buttate dai Titini, centinaia e centinaia di persone dissidenti o solo per essere di etnia italiana, parecchie ancora vive. Gli Slavi di Tito, che hanno occupato tutta l'Istria, con arresti, imprigionamenti e uccisioni a centinaia obbligano gli abitanti italiani ad andarsene, lasciando le case, i poderi e ogni bene ai nuovi abitanti fatti giungere dall'interno della Jugoslavia dall'armata slava. E' una “Pulizia Etnica” di grande proporzione, tale da non lasciare scampo alla etnia italiana che viene completamente sradicata dal territorio. Gli Italiani obbligati ad andarsene con tutti i mezzi: carri, camion, ferrovia e nave, tra il 1947 ed il 1954 sono circa 350.000. Lo Stato Italiano aiuterà ben poco queste persone, che all'arrivo in Italia troveranno anche molta ostilità da parte della nostra gente sobillata dai comunisti con la scusa della preoccupazione di aggiungere povertà a povertà.

E se vi chiedete perché sorridete e piangete, dite che siete tristi perché i vostri cuori vedono l'oggi, dite che siete gioiosi perché i vostri cuori presagiscono il domani. F. Thompson 47


E' considerato un “Esodo Biblico” voluto dai comunisti jugoslavi di Tito, sopportato quasi vergognosamente dall'Italia. Il Partito Comunista Italiano, per connivenza con gli Slavi, minimizzerà sempre gli avvenimenti e quando non riuscirà a farlo dirà che in fondo i profughi erano tutti fascisti da eliminare dalle gloriose terre slave. In effetti gli italiani qualificati sono già stati tutti allontanati. Avviene però anche il caso contrario, benché dimenticato per decenni ed ora ricostruito per quanto è stato possibile dal giornalista Giacomo Scotti, con le poche notizie certe pervenute da alcuni racconti di chi c'era e da Livio Zanini con un libro autobiografico. Per far ripartire la vita economica jugoslava e non essendoci tecnici qualificati slavi in grado di lavorare nelle fabbriche, Tito chiede ai dirigenti comunisti italiani di far opera di persuasione presso gli operai comunisti dei cantieri navali di Monfalcone affinché vadano in Jugoslavia a far funzionare le loro fabbriche promettendo “il paradiso comunista”. Diverse maestranze (circa 2000 chiamate “i Monfalconesi”) appartenenti allo “zoccolo duro” comunista, ligie ai dettami del Cremlino accettano di andare a vivere la vita comunista idealizzata e con un contro esodo, tenuto nascosto per evitare ripensamenti, partono entusiasti verso “il futuro radioso” in Jugoslavia. Ciò che trovano sono miseria e molte, molte difficoltà, per cui incominciano a lagnarsi, a parlare di nuove regole organizzando anche una sciopero. Tito non può permettersi dissensi e prima pazienta un po', poi li tratta con il pugno di ferro anche se sono comunisti. Purtroppo per loro è una aggravante pericolosa. Sono infatti comunisti osservanti i dettami di Mosca, mentre Tito in quel periodo è considerato dai Sovietici un eretico ed i rapporti tra Mosca e Belgrado sono interrotti. Considera perciò “i Monfalconesi” dei nemici interni da togliere di mezzo. Vengono arrestati, torturati e imprigionati. Alcuni sono liberati dopo un po' di tempo, mentre tutti gli altri saranno liberati dopo 12 anni, il 19 Ottobre del 1956, su intervento di Pietro Longo dirigente del Partito Comunista Italiano. E' stato possibile solo per il mutato rapporto politico tra Russia, Jugoslavia e Italia. Anche dopo essere stati liberati dal carcere, dove erano stati rinchiusi e torturati, aver compreso di essere stati abbandonati da quel partito in cui avevano creduto ciecamente e sostenuto con tutte le loro forze, inteso di essere stati mandati allo sbaraglio e aver combattuto per niente, anche adesso si sono sentiti ligi al dovere di non far del male al partito raccontando i tremendi fatti vissuti. Non parleranno, non contesteranno, non protesteranno e anche i documenti sono “andati perduti” e probabilmente non si troveranno mai. 48


IO C'ERO

Come si può ch'io regga a tanta notte? [G. Ungaretti]

MEMORIE

Prigioniero in Jugoslavia Nei molti campi di concentramento Jugoslavi la vita, se così si può chiamare, era durissima. Prima di arrivare alla destinazione definitiva passavano anche diversi mesi durante i quali i prigionieri venivano fatti marciare su e giù per il territorio anche per migliaia di chilometri. Le privazioni, la mancanza di cibo e di medicine, le angherie, i pestaggi, le uccisioni rendevano la vita impossibile ed i ranghi si sfoltivano in modo sensibile. Dall'Italia partivano dei pacchi di vestiario e di viveri attraverso la Croce Rossa Italiana. La Croce Rossa jugoslava chiedeva un versamento in denaro per ogni pacco inviato senza però garantire se il prigioniero fosse ancora in vita ed il pacco consegnato. Uno dei posti più infamanti era il campo di Borovnica in Slovenia definito anche dal Vescovo di Trieste don Antonio Santin, nell'estate di 1945, “l'inferno dei morti viventi”. Poi in un rapporto del gennaio 1946, un esponente del Ministero degli esteri britannico dichiarava “quello che sta avvenendo in Jugoslavia è comparabile a Dachau e Buchenwald”. Borovnica

Come mai tanta efferatezza calcata sulla testa degli italiani militari o civili? Per i militari la giustificazione era che essendo tutti considerati fascisti dovevano pagare. Per i civili era in atto “una pulizia etnica di grandi proporzioni” e la possibile spiegazione era la necessità di occupare terre e beni italiani da riassegnare ai contadini dell'interno di etnie diverse, camuffate da ragioni politiche.

Che cos'è la malvagità? Una cosa da te spesso veduta. Marco Aurelio 49


I metodi erano molteplici; ma il sistema feroce usato era quello di far sparire le persone buttandole nelle Foibe, parecchie ancora vive, o affondate in mare in grandi barconi, che qualcuno ricorda di aver visto partire di notte e non più tornare, senza dare più notizie alle famiglie. Dei tanti arresti, sparizioni, uccisioni, sequestri vennero incolpati i partigiani o meno di Tito, ma chi erano coloro che denunciavano, che preparavano le liste di proscrizione, che accompagnavano i titini nelle loro scorribande nottune? La maggior parte dei delatori, i più zelanti e rancorosi, erano italiani, comunisti italiani che conoscevano le persone ed i luoghi. Molti di questi subiranno la stessa sorte delle loro vittime. Si disse anche che tanta crudeltà derivava dal sentirsi giustificati da un documento che Palmiro Togliatti scrisse il 15 febbraio 1943 a Vincenzo Bianco responsabile a Mosca per il P.C.I. per il lavoro dei prigionieri italiani: “La nostra posizione di principio è stata definita da Stalin, e non vi è più niente da dire. Nella pratica, però, se un buon numero di prigionieri morirà in conseguenza delle dure condizioni di fatto, non ci trovo assolutamente nulla da dire. Anzi... te l'ho già detto; io non sostengo affatto che i prigionieri si debbano sopprimere, tanto più che possiamo servircene per ottenere certi risultatati in un altro modo; ma nelle durezze oggettive che possono provocare la fine di molti di loro, non riesco a vedere altro che la concreta espressione di quella giustizia che il vecchio Hegel diceva essere immanente in tutta la storia..” Io c'ero nei campi di concentramento jugoslavi ed ho vissuto e subìto quel periodo sulla mia pelle, senza capire. (Lionello Rossi)

Ogni delitto riflette specularmente l'immagine dell'autore A.C. Doyle

Titini a Trieste nei 40 giorni di occupazione bestiale

Alcuni componenti della Brigata Osoppo: 27 sono stati trucidati dai partigiani garibaldini comunisti a Porzus (Udine) 50


Date voce al dolore; il dolore che non parla, bisbiglia al cuore sovraccarico e lo fa scoppiare W. Shakespeare

Intervista di Giovanni Viafora al filosofo veneziano Stefano Zecchi del 9/2/2011 a seguito dell'uscita del libro “ Quando ci batteva forte il cuore”. … “ la fuga disperata degli italiani da Pola insanguinata del 1947 non è stata ancora metabolizzata dal Paese” Come Mai? “Molto ha fatto la realpolitik. All'inizio, quando c'erano ancora i nazisti in Europa, le potenze occidentali non volevano contrasti con Tito e Churchill. Poi il problema è diventato italiano, perché in qualche modo si doveva pagare il prezzo della sconfitta. In quel clima la Democrazia Cristiana ed il Partito Comunista si sono trovati a condividere la stessa linea. Togliatti chiedeva l'annessione di Trieste ed i democristiani non facevano grande opposizione a questa scelta. Così nel 1948, dopo che Stalin ha sconfessato Tito, quest'ultimo è diventato un interlocutore delle potenze occidentali. Ed è stata la fine. Per dipingere in modo vivo la tragedia degli esuli ho pescato nella mia memoria. Mia nonna materna era un'ebrea triestina e molte cose me le aveva raccontate. Ma non solo, io stesso sono stato testimone della tragedia. Avevo 6 o 7 anni quando in riva degli Schiavoni a Venezia arrivavano le motonavi che scaricavano tutta quella povera gente. Ricordo il modo in cui venivano accolti gli esuli, a sputi e fischi, perché erano considerati fascisti. E ricordo i bambini a scuola con il cartello “profugo” stretto al collo . Noi poi ospitammo a casa anche una signora ed il suo bambino. Dietro alla diffidenza italiana c'era anche una questione culturale. La resistenza può contare su molti libri di storia, raccontata da tanti e valenti scrittori. Il dramma giuliano-dalmata invece no. Inoltre in molti hanno poi cercato di rimuovere dalla mente i drammi vissuti. Ma per me è impossibile dimenticare”.

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O terra mia dimmi tu addio se a me dirlo non riesce. Morire è nulla, perderti è difficile. U. Saba

Da uno scritto di Claudio Antonelli FOIBE “Tombe senza nomi e senza fiori, dove regna il silenzio del vivi accanto al silenzio dei morti...” “Il diniego dell'identità è il torto più grave che si possa fare a un individuo, ad un gruppo, ad un popolo, e noi questo diniego l'abbiamo subito per tanti anni. L'estero è una scuola. Una vita all'estero ci ha insegnato che onore e dignità nazionali, senso della storia, continuità, appartenenza, identità non sono parole vuote, ma esigenze insopportabili dello spirito. … Credetemi, io ho ricevuto da miei genitori un insegnamento costante di patriottismo...e con le parole e con l'agire essi mi hanno dato esempi di onestà, altruismo,sacrificio, lealtà, solidarietà nazionale. E da questi miei genitori per così dire “estremisti”, facilmente etichettabili con il marchio ben noto, mai è venuta una lezione di odio, di disprezzo o di superiorità verso il nostro cosi detto nemico. … Nessuna azione di propaganda potrà cambiare le tragiche pagine di una storia che ci ha visti sconfitti, con la perdita di una parte del territorio nazionale e l'esodo di una popolazione inerme tra episodi di allucinante ferocia. … L'estero ci ha mostrato abbondantemente che la nota dominante in Italia, per tanti anni, è stata lo spirito di parte e l'antipatriottismo. Troppo spesso gli Italiani considerano oggi un normale, sano, indispensabile amor patrio come una pericolosa involuzione dello spirito. Noi giuliano-dalmati abbiamo educato i nostri figli, che sono nati all'estero, al rispetto e all'amore per la terra che li ha visti nascere e per la quale noi stessi proviamo un profondo senso di riconoscenza e di lealtà... Qualche anno fa venni a vivere in Italia per un lungo periodo. Fui trattato dalla burocrazia come extracomunitario. L'Italia ci ha permesso poi di riacquistare la cittadinanza italiana.... Il ricordo merita di essere vivo.... É giusto rendere gli onori al nostro giuramento di fedeltà all'Istria, Fiume, Dalmazia. Il nostro giuramento all'Italia. Una memoria nazionale condivisa è auspicio di una definitiva pacificazione degli italiani.” 52


I malvagi camminano nelle tenebre come fosse luce. [La Bibbia - Giobbe]

A Mareno arrivano dall'Istria due famiglie: i Calissoni che vanno ad abitare a Tron vicino alla villa Donà dalle Rose prima di trasferirsi a Bressanone (BZ) e i De Cleva che vanno ad abitare in via Liberazione in una casa affittata da Giovanni Lot di Soffratta. Teresa Calissoni

Giovanni Lot

Istria: io due volte italiano (Dalla pubblicazione “La Storia” - articolo di Luciana Ermini)

Non basta il “giorno del ricordo” quando la nostalgia della tua casa, della tua terra ti accompagna ogni giorno della tua vita. Il dramma dei profughi istriani fa parte dell'immaginario collettivo ogni qual volta i media lo rievocano legandolo ad una rievocazione. Ma per chi quel dramma lo ha vissuto sulla sua pelle è difficile raccontare, oggi, cosa sia stato voltare pagina e ricominciare.

La famiglia De Cleva: Guido, zia Fanny, zio Giovanni, Maria, Olivo Anita, Franco, nonna Antonia, Wanda, Romana, Piero

Il sig. Piero De Cleva abita nella nostra città (Mogliano) ormai da cinquantadue anni; qui è sposato, vivono i suoi due figli e gli adorati nipotini. Solo ora ha voluto raccontare la storia della sua famiglia che si trovò a scegliere la via dell'esilio. 53


“La mia famiglia viveva dal 1600 a Visignano d'Istria, un piccolo centro non distante da Parenzo. In questo borgo da cui si vedeva il mare, la nostra vita era trascorsa fino ad allora serena. I miei genitori possedevano delle terre su cui lavoravano anche due famiglie di coloni. Avevo 8 anni, quando la paura cominciò a serpeggiare nelle case degli italiani. Gruppi di partigiani organizzati entravano in paese di notte, irrompevano nelle case, operavano le prime deportazioni che poi sfoceranno in una vera e propria “pulizia etnica”. Medaglia coniata per coloro che sono fuggiti da Pola (fronte e retro)

Le vendette furono feroci, anche per futili motivi. I miei avevano fino ad allora convissuto serenamente con tutti, ma vennero portati via senza alcon motivo apparente, imprigionati per giorni insieme ad altri in una sala da ballo e portati infine sull'orlo di una foiba. Si salvarono per l'intervento dei tedeschi. Il 10 febbraio 1947, con il trattato di Parigi, l'Istria fu ceduta alla Jugoslavia. Chi non voleva diventare cittadino slavo aveva la facoltà di optare per l'Italia e rientrare in Patria, diventando così un esule. La mia famiglia fu espropriata di tutto, ad eccezione di un pezzo di terra per poter vivere. Mio padre decide allora di optare per la cittadinanza italiana. Ciò peggiorò decisamente la convivenza. Ricordo, ero in Chiesa con il nonno quando arrivarono i “titini” che interruppero la messa e si misero a ballare il Kolo Tito (il ballo di Tito). Dopo tre anni dal trattato arrivò il permesso per l'espatrio. Mio padre aveva imballato diverse cose. La zia da Trieste aveva mandato un camion e caricammo le masserizie. Tutto era pronto per partire quando la milizia ci bloccò, così abbiamo passato la notte divisi tra la casa dello zio e quella del barbiere”. Partimmo il mattino dopo e fatti appena 60 chilometri giungemmo in Italia. Mentre noi eravamo dagli zii i nostri genitori andarono nel campo profughi di Udine. Partimmo poi per il campo di Lucca dove restammo circa un mese. 54


Da lì a Mareno di Piave dove mio padre iniziò a lavorare presso un contadino; la sera portava a casa patate e verdura da mangiare. Ripartire da zero a posteriori è una cosa bellissima perché dimostri la tua capacità di lottare, il desiderio di ricreare il tuo mondo e nessun sacrificio è abbastanza grande rispetto a questo scopo. A 16 anni e mezzo ho trovato lavoro a Scorzè, quindi l'anno successivo nel 1953 la mia famiglia si trasferì a Mogliano. Dieci anni dopo avevamo di nuovo una casa. Siamo stati fortunati perché subito siamo andati a vivere in un ambiente di campagna più accogliente e meno ostile verso i profughi. In altri ambienti venivano accusati di “rubare il posto di lavoro”. Secondo il Trattato di pace i beni abbandonati ed espropriati sarebbero dovuti essere indennizzati dall'Italia. Il contenzioso è ancora aperto, ma nulla è stato fatto. Tutto è passato sotto silenzio per volere del Partito Comunista, per motivi ideologici, e della D.C. che ha sacrificato la nostra storia alla “Ragion di Stato”. Mi sono sempre sentito un esule e non un profugo. Oggi ci ferisce ancora vedere sui documenti “nato in Croazia”, mentre noi siamo nati in Italia ed in nome della nostra appartenenza abbiamo scelto nuovamente la nostra Patria. Non passa giorno, però, senza che io ricordi la mia casa che ho lasciato una mattina con i miei genitori per essere italiano”.

Maria, Olivo, Guido, Piero, Romana

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La guerra è la perdita di ogni cosa buona. [Erasmo da Rotterdam]

Da l'Arena di Pola

del 26/09/1947 (condensato)

Che cosa fa il Prefetto di Treviso? Inaudito comportamento di S.E. Bracali nei riguardi degli esuli. Nella Provincia di Treviso vegeta, che di vivere non si può parlare, un discreto numero di esuli provenienti dall'Istria, dalla Dalmazia e dal Quarnaro. Le loro condizioni, diciamolo subito, sono non miserabili, ma pietose... finito di percepire il sussidio straordinario di 200 e 300 lire pro capite, privi di qualsiasi appoggio, si sono rivolti all' E.C.A. di Treviso. A molti è stato concesso un sussidio di 17 lire a persona; a qualche altro è stato negato pur questo... Ci si rivolse a S.E. Il Prefetto per una udienza concessa per il giorno 20 dello stesso mese. Tutte le domande poste non ebbero risposta, anzi S.E. meravigliato che fossero state fatte delle promesse da Roma rispose all'interlocutore con le testuali parole: “mi meraviglio che Lei, coi capelli bianchi, abbia potuto credere a quanto i rappresentanti del Governo promisero; essi sapevano perfettamente di non poter mantenere quanto promettevano. Questa dichiarazione sono disposto a farla anche di fronte a questi due signori”. (Si trattava degli On. Carignani e Pecorari, quest'ultimo vice presidente della Costituente, i quali sia a voce che a mezzo stampa avevano fatto parecchie promesse in favore degli esuli). Ritiratasi la Delegazione, vista l'assoluta incomprensione dell'atto, unico nella storia, compiuto dagli esuli già abitanti le terre che un inumano 56


“diktatâ€? consegna al brutale regime di Tito, decise di non consegnare a S.E. un memoriale di richieste specifiche, come in precedenza accordatisi.... Il Prefetto rispose a questo esposto giornalistico con uno scritto articolato in molteplici giustificazioni. E' la prova delle grosse difficoltĂ degli esuli che chiedono aiuto e delle autoritĂ che non hanno i mezzi per darlo.

Sopra e sotto: fuga da Pola A lato: uno dei centri profughi di Udine

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I VIAGGI DEI RICORDI della famiglia De Cleva

E chi perdona il crimine ne diventa complice. [Voltaire]

Il sentiero della nostalgia ... ( articolo di Alessandra Graziottin dal Gazzettino del 2/10/2006 )

Dentro di noi dorme una nostalgia. Dorme nella parte più antica del nostro cervello, quella dove sono scritti secoli di storia dei nostri antenati, di bisnonni e avi di cui, apparentemente, si è persa memoria. La memoria consapevole, forse. Non la memoria profonda. Istintiva, scritta in quel codice misterioso, il DNA, che racchiude la nostra storia, oltre al nostro progetto. Hai mai ascoltato questa nostalgia, questo struggente dolore del ritorno? Che sa di radici, di ricomposizione, di pacificazione? La casa come me la ricordo

Una nostalgia di appartenenza più forte in chi, per ragioni diverse, si sia sradicato dalla terra degli avi. Ritrovare il filo di questa nostalgia è un altro, straordinario, analgesico dell'anima. Attenzione non è un percorso che richieda libri o lauree o corsi impegnativi. No, segue tutta un'altra strada. Richiede innanzi tutto sensi all'erta, gusto per la storia della famiglia e tempo. E' un cammino della memoria, del corpo e del cuore...è curioso e sorprendente ricercare dentro se stessi le tracce misteriose.... Qual è il “nostro” sentiero della nostalgia? Quello che ci dà pace, che ci soddisfa profondamente. Che ci fa sentire finalmente a casa. Di nuovo radicati... Ma attenzione, perché questa nostalgia di appartenenza, se inascoltata, se negletta e zittita, come oggi si fa, divora invece energie profonde e dà un' inquieta e irritata e distruttiva malinconia. Se inascoltata a lungo può seccare il cuore, come succede ad un albero sradicato, con le radici al sole. Altare maggiore della chiesetta di famiglia 58


C'era una volta ... (per i nostri figli e nipoti) di Romana De Cleva

E' il 12 Maggio 2012. Per la prima volta i miei fratelli Guido e Piero ed io facciamo un viaggio da soli in Istria, terra dove siamo nati. Tutto è nato apparentemente in modo casuale, ma io credo che forse alla nostra età (anni 83, 77 e 73) vogliamo condividere qualcosa che in altre stagioni ci è stato impossibile. Infatti per ragioni ben note: guerra, esodo, studi, lavoro, famiglia, abbiamo trascorso troppo poco tempo insieme. I sentimenti di fratellanza e l'amore per mamma e papà sono stati sempre e comunque molto forti. Questo ci ha permesso di sentirci uniti e solidali negli ultimi anni di vita dei nostri genitori, verso i quali ci siamo prodigati con la nostra presenza e assistenza. Durante il viaggio, comodo e tranquillo con Piero al volante, è tutto un susseguirsi di: “guarda là... ti ricordi quando... qui c'era... quella volta che...” I ricordi sono troppi e alcuni non piacevoli. La frontiera tra Italia e Slovenia non esiste più, ma a quella con la Croazia il pugno nello stomaco è ancora forte. Riemergono le paure di un tempo... La visita al cimitero di Pinguente è sentita e doverosa: ai nonni amorosi, saggi, onesti, devoti e laboriosi dobbiamo tanto. Il Crocifisso, posto dal nonno Giorgio al termine della salita verso la fontana è ancora ritto, dopo essere stato divelto in tempi bui, ad indicare che sua fede aveva radici profonde. Lucca: il Real collegio, centro raccolta profughi

La strada da Pinguente a Visignano, anche se non è percorsa da molti anni, è familiare in ogni curva, capitello, paesetto fino ad arrivare alla maestosa quercia alta 25 metri e di un metro e mezzo di diametro nei pressi della folta pineta antistante il cimitero. Qui riposano il nonno e gli avi paterni. Ritroviamo anche le tombe di parenti e amici e paesani. Si sa che nei cimiteri c'è tutta la storia di una comunità. Durante la visita Piero ci fa notare la grande tomba marmorea di un certo paesano che durante l'occupazione titina ha spadroneggiato in paese e che egli ricorda bene per un fatto triste. 59


Un giorno il tizio entrò, senza chiedere permesso, in casa nostra per controllare se avessimo appeso il ritratto di Tito, come era obbligatorio per tutti. Fece il giro della nostra grande casa e giunto nella camera di Piero vedendo i suoi sandali di pelle bianca appena consegnati dal calzolaio per la prima comunione, esclamò con prepotenza: “questi vanno bene per mio figlio” e se li portò via. Questo gesto può sembrare poca cosa rispetto agli orrori della guerra, ma indica chiaramente che noi italiani non eravamo più padroni di nulla, né fuori, né dentro casa.... Il lunedì mattina avevamo predisposto la visita a Villa San Marco, la nostra ex abitazione. Avevamo predisposto, ma in affetti visto l'abbandono, la trascuratezza, il cambiamento in peggio di ciò che era stata una casa ricca di vita e di attività, abbiamo fatto una inversione di marcia e ci siamo allontanati delusi e amareggiati. Molto piacevole è stata invece la passeggiata lungo le stradine del borgo per raggiungere la chiesetta di S.Elena un tempo di nostra proprietà. L' altare è un vero gioiello di intarsi policromi e bianco-oro. Certo che i luoghi in cui si è vissuto non hanno bisogno di collocazione geografica perché sono “luoghi del cuore” che giacciono nel percorso esistenziale di ciascuno di noi e ognuno, perciò, li rivive con colori e sfumature diverse. Per un esule il luogo di origine non è solo il luogo di nascita scritto nella carta di identità, ma è quanto egli ha vissuto in una fase della vita che purtroppo, però, non ha potuto aver futuro.

La mia ex casa oggi

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Alla fine è la morte che vince. [J. Stalin in un colloquio con De Gaulle]

Storie di Pinguente (Istria) C'era una volta Pinguente. E sotto Pinguente c'era la Fontana: un albergo con ristorante, bar e bigliardo e, all'esterno, sei magnifici tavoli di pietra protetti, verso strada, da un elegante festone di catene; ai lati due vecchi e ombrosi lodogni (pisoere) e, a due passi, un garage con officina, un negozio di alimentari, una rivendita di tabacchi con pesa pubblica, una vasca-abbeveratoio, una pompa di benzina e, sotto, un campo di bocce. Alla Fontana iniziavano la loro corsa tutte le strade del mondo: quella che saliva in paese e che si sforbiciava subita nella "Longa", la carrozzabile che montava lentamente con ampie conversioni lungo i fianchi del colle, e la "Curta" impervia e ripida per soli pedoni; poi quella che si arrampicava verso il Carso e la Ciceria; quell'altra che puntava verso Rozzo e il Monte Maggiore; e poi quella che entrava nel cuore dell'lstria verso Draguccio e Pisino; quella che, per Levade, arrivava al mare di Parenzo e infine quella che, tra alti e bassi, se la filava verso Trieste. Nei pressi della Fontana erano due Crocifissi, due piccoli Calvari, da sempre luoghi di devozione per i passanti: uno al culmine della salitella sulla strada di Trieste, poco prima della casa di Jure Cernecca, protetto da un tettuccio a spigolo, guardato da una bassa ringhiera e profumato da cespi di iris e rose di macchia; l'altro, piantato all'inizio della "Curta", sotto un grande lodogno. Aveva, quest'ultimo, e lo sappiamo oggi, le seguenti dimensioni: la Croce, m. 1,65 x 0,95 e il Crocifisso m. 0,78 x 0,69. Nel 1945, poco dopo l'arrivo degli slavo-comunisti, qualcuno si accanì contro questo dolente Crocifisso abbattendolo e facendolo a pezzi. Rimasero lì, quei pezzi, finché qualcuno pietosamente li raccolse e li affidò a un bravo mastro falegname (Pierin de Gabriele?) che con abilità e con pazienza ricostruì la sacra immagine. 61


Passò del tempo, forse due anni, e l'intolleranza religiosa (che aveva raggiunto l'apice con gli scellerati episodi in paese e nella vicina Lanischie), si era un poco acquietata, cosicché il parroco con alcune pie donne, scese dal paese a piedi scalzi con il Crocifisso e lo piantò nel suo antico sito. Da una finestra di Pinguente qualcuno seguì con trepidazione i passi della piccola processione e la cerimonia del rinnovato insediamento. Quattro giorni se ne stette lì quel Cristo a raccogliere le preghiere della gente. Poi passò di nuovo la bufera e Lui si ritrovò un'altra volta, desolatamente, a pezzi in terra. I frammenti, raccolti amoro-samente fino all'ultima scheggia, furono conservati, in attesa di tempi migliori, nella soffitta di Jure Cernecca junior e ci rimasero, finché Maria, alla morte del fratello Jure, non decise di vendere la vecchia casa. I pezzi di quel Crocifisso finirono a Mogliano Veneto dove, amorevolmente ricomposti da un frate trevigiano, sono ora conservati con affetto e nostalgia da Piero De Cleva figlio di Maria Cernecca-De Cleva.

Il paese di Pinguente in Istria

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Nel tuo sorriso galleggiò la luna. ed io volli salirvi. Il tuo sorriso era soltanto umano ed io mi curvai a raccoglierlo. [A. Gèrecz]

Riconoscenza I quattro anni trascorsi a Mareno di Piave, dopo l'esodo dall'Istria, nostra terra natale, sono stati anni di grande sofferenza e smarrimento per la tragedia dell'esilio, ma, come ripeteva sempre la mamma, la Provvidenza non ci ha abbandonato. Anche oggi, dopo quasi 65 anni, desidero rinnovare a nome mio e dei miei famigliari, un grazie riconoscente a tutti i Marenesi per l'accoglienza riservataci. I nostri bisogni erano di varia natura: materiali e psicologici, ma dai Marenesi, oltre al lavoro temporaneo per il papà, ad un sacchetto di patate o di fagioli, una gallina od un fiasco di vino, abbiamo ricevuto accoglienza, disponibilità, generosità e gentilezza. Siamo stati accolti nelle varie famiglie, tra le quali, senza far torto o escludere alcuno, voglio ricordare : Casagrande, Biffis, Bornia, Mantese, Zanardo, Scudeller, Pasqualotti, sempre con comprensione e benevolenza. Penso abbiano apprezzato l'umiltà e l'animo dolce, mite e generoso della mamma e la serietà e l'onestà del papà. Con spirito di adattamento, sacrificio e grande laboriosità siamo ripartiti da zero e nel tempo tutti noi abbiamo realizzato condizioni di vita migliore. Famiglia De Cleva a Mareno davanti alla porta di casa

Grazie di cuore a Mareno che ci ha dato la spinta iniziale soprattutto con la fiducia e l'amicizia dimostratici. Siamo stati e saremo sempre riconoscenti e grati a tutti. Anche se vivevamo in grandi difficoltà (locative, lavorative,distacco e lontananza dalla famiglia) non ci siamo sentiti mai soli, perché abbiamo avuto il sostegno morale, il rispetto e la solidarietà delle famiglie marenesi. Molti esuli istriani, invece, hanno dovuto subire le ostilità delle comunità in cui sono giunti, come a Bologna e ad Ancona per esempio. Personalmente desidero ringraziare anche le autorità religiose nelle 63


persone dell'Arciprete don Prezioso e di don Giovanni Longo. Infine un ricordo per il maestro Luigi Fagaraz e per i miei compagni di classe, soprattutto Luisanna Perencin che il pomeriggio veniva a casa mia per aiutarmi a superare la differenza di preparazione scolastica. Anche Piergiovanni Biffis che mi è stato valido compagno di viaggio quando ci recavamo soli in bicicletta fino a Vazzola dal maestro Marion per la preparazione all'esame di ammissione alle medie. La mamma era tranquilla perché non ero sola e lei non poteva accompagnarmi in quanto doveva accudite la nonna anziana e la bicicletta era una sola ...

Romana all'asilo di Mareno

Rivolgo infine un grazie riconoscente al Sindaco di allora sig. Giuseppe Manfrenuzzi che ha sempre dimostrato considerazione e disponibilità verso la mia famiglia. Ricordo ancora la mattina che si è presentato davanti alla nostra porta con la sua automobile per portare papà, colpito da una grave colica, all'Ospedale di Conegliano. La riconoscenza verso chi, in qualsiasi modo, ti presta aiuto nelle difficoltà non può che essere inestinguibile. Romana De Cleva

NON SAI Non sai né conosci la nostalgia dell'esule. Poveri granelli di sabbia siamo sparsi dal vento della guerra ovunque. I nostri passi sono lì dove il cuore ci guida. Per noi la Patria è sogno: Italiani siamo di elezione, di speranze, di sacrificio. Meyra Moise 64


Conclusione della vicenda istriana I territori della Venezia Giulia vennero divisi dal generale inglese Morgan in due zone: la A con Trieste sotto l'amministrazione anglo-americana e la B sotto quella jugoslava; questa situazione si trascinò per diversi anni. Nel 1947, a seguito degli accordi di pace di Parigi, Gorizia, Monfalcone ed altre limitate zone della Venezia Giulia furono assegnate all'Italia, mentre l'Istria e la gran parte del resto della Regione giuliana, alla Jugoslavia; restarono escluse dall'assegnazione: Trieste con parte della zona A, e la zona nord-occidentale dell'Istria, fino al fiume Quieto, parte residua della zona B. Il 5 ottobre 1954 con la firma del Memorandun di Londra da parte dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Regno Unito, Italia e Jugoslavia venne chiusa la questione; tre settimane più tardi il 26 ottobre 1954 le truppe italiane fecero il loro ingresso in città. L'atto che pose fine alle ultime speranze degli esuli avvenne il 10 novembre 1975 ad Osimo dove fu firmato un trattato tra l'Italia e la Jugoslavia che rese definitive le frontiere tra i due Stati. Anche il Consiglio comunale di Mareno si occupò della questione degli italiani d'Istria. Infatti nella seduta del 31 ottobre 1954 il Sindaco Giuseppe Manfrenuzzi, riprendendo le parole del Presidente della Camera Giovanni Gronchi, sottolineò la felicità per il ritorno di Trieste e del territorio della zona A all'Italia ma nel contempo espresse la tristezza per tutti gli altri italiani rimasti nei territori sotto la Jugoslavia di Tito.

L'arrivo delle truppe italiane a Trieste il 26 ottobre 1954 65


A MARENO Il periodo bellico è difficile per la popolazione: bombardamenti, sospetti da una parte e dall'altra, difficoltà economiche che portano parecchi cittadini di Conegliano a fuggire e cercare ospitalità nei paesi limitrofi. A Mareno molti sono gli sfollati che sono stati accolti in famiglia. Purtroppo al giorno d'oggi, i figli poco si ricordano di queste esperienze fatte dai loro padri per cristiana carità. Spesso i ricordi sono confusi: in paese ci sono ebrei, profughi e sfollati. Nella zona dei San Fris a Soffratta, i campi, le siepi ed il fiume Monticano danno ospitalità a giovani che si sono dati alla macchia e ai partigiani. Le famiglie si prodigano ad aiutare tutti quanti sono in difficoltà indipendentemente dalla loro condizione. L'unica loro certezza è quella di poter passare grossi guai se scoperte dai fascisti o nazisti. Di alcune persone abbiamo raccolto testimonianza diretta e di altre solo dei sentito dire: Don Antonio Pizzinato, parroco di Ramera, ha accolto e nascosto più persone come Eugenio Dall'Armellina e Ottavio Casagrande. Mentre i fratelli Zanardo Mansueto e Guerrino fornivano beni di prima necessità a diverse famiglie tra cui quella dell'ebrea Lili Kohn, diventata amica della figlia Pierina. De Nardo Giuseppe di Soffratta ospitò due famiglie Biasetton, sfollate, con figli e zio; suo fratello Pio dava alloggio alla famiglia di Corinto Giuseppe e l'altro fratello Antonio ospitava altre due famiglie. Biffis Antonio di Mareno ha ospitato lungamente la famiglia Freschi di Conegliano tra cui una bambina di nome Gina incontrata per caso moltissimi anni dopo a Caorle e che si ricordava ancora vividamente di questa esperienza. Dall'Ava Guerrino di Soffratta ha aiutato moltissima gente nascosta nei San Fris, alloggiando la famiglia Marson e un siciliano di nome Vincenzo esperto nella produzione di corde.

Eugenio Dall'Armellina

Giuseppe De Nardo

Ottavio Casagrande

Guerrino Dall'Ava

Pio De Nardo

Piero De Nardo

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I RAGAZZI DELLA DOMENICA

Il richiamo della coscienza: la coscienza parla unicamente e costantemente nel modo del silenzio. [M. Heidegger]

Ufficialmente la Seconda Guerra Mondiale termina in Italia il 25 Aprile 1945. In effetti durerà ancora qualche anno. Troppi rancori, troppi odi frenano il consolidarsi della pace. Conti veri o presunti da far pagare, vendette personali e politiche da portare a termine, un'infinità di paure da superare, di recriminazioni e di conflitti da chiudere (anche se a distanza di oltre sessant'anni sono ancora aperti). E' troppo di tutto. Tornano a casa coloro che hanno vissuto “alla macchia”. Tornano anche i prigionieri di guerra spesso in condizioni pietose. Si riprende a vivere con fatica e alla meno peggio con quel poco che si può avere, cercando di superare nell'immediato la necessità primaria di mangiare. In campagna ci sono più possibilità di trovare cibo e ci si arrangia coltivando di tutto fino all'esaurimento dei terreni agricoli per mancanza di concimi naturali (le stalle sono vuote). Nelle città invece è molto più difficile; il cibo si trova con difficoltà e costa molto anche al “mercato nero” e manca il denaro. Un giro vizioso che porta indicibili sofferenze. Anche a Conegliano c'è una grande povertà in moltissime case ed i Parroci cercano di raccogliere le richieste di aiuto. S'inventano così un sistema per aiutare la popolazione più debole e cioè i bambini. Organizzano delle gite domenicali presso le parrocchie dei paesi limitrofi per i bambini che vanno a scuola e a dottrina. Qui giunti i ragazzi vengono smistati presso le famiglie locali dove trovano due pasti caldi e tanto calore umano. Era un modo cristiano per contribuire al loro crescere. 67


Invitare qualcuno a pranzo vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che egli passa sotto il vostro tetto. A. Brillat – Savarin Tutto questo merita di essere ricordato perché la generosità delle molte famiglie marenesi si è espressa con tanto entusiasmo e naturalezza e poi, per pudore, dimenticata. Anche ora, a distanza di tanto tempo, alcuni bambini di allora, oggi anziani, ricordano delle feste, dei ragazzi sconosciuti, della novità domenicale e delle corriere sgangherate. Non riescono a soffermarsi invece sul grande atto di generosità posto in atto dalla comunità marenese nel dividere le proprie poche risorse con degli estranei bisognosi senza nulla chiedere, tanto più grande in quanto vissuto come fosse la “normalità”. Chiesa e piazza di Mareno – anni '50

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Cartolina dell'Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra 69


BIBLIOGRAFIA Jacq Christian

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Ramsete II° - Figlio del sole

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Storia d'Italia – Vol. 8°

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Leggi razziali italiane

David Ben Gurion

Israele – la grande sfida

Leon Uris

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Cecilia Talamini

Il diktat della coscienza

Antonio Serena

Prefazione: Il diktat …

Arrigo Petacco

L'Esodo

Leonardo Raito

Il P.C.I. e la Resistenza ai confini O. d'Italia

Indro Montanelli

Storia di Roma

Ind. Grafiche Vallardi

Il Grande Libro della Storia

Francesco Piazza

L'antisemitismo tra 800/900 nel Trevigiano

Daniele Ceschin

In fuga da Hitler

Treviso

Biblioteca Comunale

Treviso

Archivio di Stato

Romana e Piero De Cleva

Memorie

Lionello Rossi Koban

Prigioniero di Tito 1945/1946

Stefano Zecchi

Quando ci batteva forte il cuore – Istria 1945

Liceo Scientifico “Marconi”

Nacht und Nebel da Conegliano ad Auschwitz

Gianni Oliva

Foibe

Internet

www.annapizzuti.it

Internet

www.it.wikipedia.org

Internet

http://www.safehavenmuseum.com/index.html 70


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