Conversazioni con immagini

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Conversazioni con immagini Maria do Ceu Diel de Oliveira

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Per questo articolo, ho elaborato una conversazione con delle immagini, pensando a come la fotografia e la pittura nelle sue apparizioni contengano altre strutture dialettiche che ci attraggono e ci si respingono; e anche come le immagini di tutti i giorni mostrano brecce di altre immagini politiche - morali/amorali e virtuose/viziose, e in fondo artistiche.

Diamo un'occhiata a questa casa con tre numeri diversi.2 La numerazione più antica sembra essere il numero diciannove - penso che si tratti di un placchetta in ceramica consumata e ingiallita. Poi ci sono gli altri due, il trentacinquenne e l’ottantacinque, contemporanei. Il più fragile e irreale di questi due è l’ottantacinque, scritto con il gesso bianco sulla porta. Per consegnare una lettera, il postino dovrebbe conoscere la storia di così tanti numeri, come e perché sono stati cambiati e il motivo. Per ogni numero della casa è stato fatto un altro numero alla strada. E se la famiglia che vi abitava era sempre la stessa ei figli dei figli erano cresciuti lì, per ogni numero modificato veniva incluso anche il precedente. E la casa è su una strada di una piccola città, così la gente sa che questi numeri sono stati cambiati per diventare questo o quello e ogni numero appartiene al luogo in cui è cresciuto. Ma ad ogni modo, tre numeri diversi sono uguali nel momento presente e i loro significati stanno nell’organizzazione dei diversi gruppi politici che esisterono in quella città. Un numero non cancella l'altro, contiene l'altro e allo stesso modo quindi anche le lettere destinate al 19, al 35 o all’85 dovranno arrivare alla stessa porta. A meno che il postino non sappia che 19 non esiste più, e neanche il 35 e che il numero che veramente conta è l’85 scritto da lui, con il gesso che porta in tasca. Anche le lettere smarrite possono arrivare qui, ma le persone che vivono in questa casa devono sapere che vivono in tre numeri, e quindi ammettere che alla fine tutto sarà lo stesso. L'immagine della casa è ciò che conta per noi, dopo tutto.


Se fosse possibile scegliere tra i numeri civici della casa e che ognuno di quei numeri possa farci andare in un luogo dedicato a quel numero, io sceglierei innanzitutto il numero 19. Forse deparasse me con questo posto qui :3

Una strada di una città italiana agli inizi del XX secolo. Le persone sono occupate nelle faccende quotidiane e asciugano i vestiti al di fuori della casa, stesi nei fili in comune con i vicini. Chi ha fatto la foto ha trovato lì la bellezza della vita tipica, un'immagine degna dei pittori "macchiaiolli. Chi è stato fotografato potrebbe non aver saputo nulla di tutto questo, questo potere pittoresco della fotografia e il modo in cui era composto dai corpi e dalla prospettiva. Qui la vita sembra più semplice e quindi veniamo attratti dal passato. Ma questa strada non c'è più, è stato inghiottita da un terremoto. E forse esisteva solo in questo preciso momento, in cui le tre donne, e il bambino tra le braccia, stavano lì in quel pezzo di sole, con i panni stesi in quella posizione. Quindi la fotografia non è un documento di memoria, ma un momento di persone che erano lì, tra le quali anche chi ha fotografato, posizionando il suo corpo saldamente tra le righe convergenti. In questa foto cerchiamo anche immagini riconoscibili o fantastiche, che ci allontanano o avvicinano alle cose conosciute o immaginate. Il movimento dell'immagine vista corrisponde al movimento della volontà dell’immagine. Guardando questa immagine vedo il dipinto di Giovanni Fattori4 5 lo stesso movimento silenzioso delle linee che presentano e nascondono un dramma umano.


Se lasciamo soltanto le linee e scompariamo con l'atmosfera "Pittoresca" della fotografia, possiamo mettere qui insieme le fotografie di guerra (o anche quella foto può essere una foto di guerra, con le donne in attesa dei loro mariti che tornano dal fronte). Essendo che questa può anche essere una vendetta contro il soldato più vicino al nostro sguardo e anche una immagine di guerra. Nella dialettica delle immagini e dei sensi, la fotografia ha indicato altre cose che erano contenute in esso e quello che sembrava tranquillo e tranquillità di una piccola città può anche essere il territorio di maledizioni umane.

Le linee che “sostenevano” lo sguardo nella fotografia della città e delle sue donne ora ci dicono addio in questa foto del Kossovo6 . Una figura incespica nella strada che stranamente è pulita, tra detriti spinti di lato. Lo sguardo è attraversato da linee che spingono verso il basso e verso il fuori ed evidenziano la figura dell'uomo, sulla base di un triangolo visivo. Se togliamo questo uomo da questo luogo e lo mettiamo nella strada delle donne possiamo dire che cammina verso la sua casa perché è stato chiamato, è ora di mangiare. Ma è sufficiente sapere che queste immagini contengono in sé tutte le altre. Questo uomo vaga da un'immagine all'altra, tra due passati estranei. Le donne dell’altra fotografia possono essere in cammino per incontrarlo, ma anche loro vagano tra un mare e l’altro, un mare di carta.


Se continuiamo ad attraversare questa porta del passato e ci guardiamo al nostro lato, vedremo nella vetrina di un antiquario un gruppo di statuette infilate in una ciotola di ceramica 7. Non erano antiche a quel tempo passato, ma essendo noi vivi nel presente possiamo catalogarli come oggetti antichi. Posti così, sono come naufraghi che fanno cenni a delle barche immaginarie nell’oceano, miraggi o sogni causati dalla sete e dalla fame. Presi nei propri pensieri, sognando ad occhi aperti tra la vita e la morte, si mescolano nelle loro proporzioni e nelle loro età, nei loro costumi e tipizzazioni, e attendono il salvataggio attraverso il dono/presente della fantasia. Come attraverso una porta vedo anche in questa fotografia il dipinto della Zattera della Medusa di Géricault8 o le immagini di naufragi che il cinema ha educato nella memoria. In questa pittura ci sono i tipi raffigurati nella zattera, perché essa fu fatta a partire da narrazioni: il medico, il pazzo, il cadavere, chi ha ancora energia per fare cenni, coloro che guardano da un’altra parte, i rassegnati al destino, eccetera. Le proporzioni sono date dall’affollamento dei sopravvissuti impilati e per la distanza dall’orizzonte, dove si indica la nave che li salverà. Nella foto delle statuette, salvati dal dall’inventario del collezionista, se ne stanno impilate, costringendo il feltro dei vestiti, le teste di cartapesta e le mani, una contro l'altra. Quindi perché mi ha ricordato un naufragio? Forse perché tutto ciò che è contenuto in un quadro irradia per sempre la sua forma in altre immagini e siamo portati a seguire queste tracce visuali. Potremo smontare e rimontare i significati, dal momento che la forma compositiva stabilisce già le varie possibilità di significato. Questo schema visivo, una volta contemplato in un dipinto, irradierà nelle prossime immagini la sua vertigine di significati.


Possiamo sorridere di queste statuette-naufraghe, perché non si percepisce la tragedia. Esse sono anche dei “tipi” (buffoni, re, regine, mouros) e in quanto “tipi” vanno e vengono dai loro luoghi di origine. Quindi non sono confinati lì, possono ritirarsi da questa ciotola attraverso le crepe del tempo da cui sono stati sradicati. Il delicato umorismo di queste bambole apre la porta del numero civico 35 (che forse può essere la più recente per la politica di quella strada, ma non la più fresca) potremo vedere un pezzo del passato e del presente in una sorta di immagine risognante tra mondi e tempi.

In una strada di Napoli il proprietario del bar accanto ha creato un santuario con una fotografia del Golfo di Napoli, emblemi araldici, una preghiera stampata, una fotografia e dei capelli di un giocatore di calcio, Maradona. Il campione giocatore e idolo di molti italiani è raffigurato come un santo a cui chiediamo aiuto nei momenti di tristezza o malinconia. Un foglio stampato domanda: “adesso che hai fatto la foto, vuoi comprare un caffè?”. La strada sporca e piena di disegni graffiti


sulle pareti fa sì che gli occhi cerchino qualcosa di diverso in mezzo alla sporcizia. E con essa arriva la giocosità e l'irriverenza incollata alla cultura religiosa, dalla quale possiamo venire, andare e guardare come ci pare. Il piccolo altare fatto alla maniera di tanti altri incontrati in questa strada, suscita una risata e la semplice felicità al passaggio di uno straniero. Quindi posso vederci anche un oratorio sincretico, come quelli delle città storiche di Minas Gerais8 Un mix di cattolicesimo e culto africano, che agglomera significati e forze. L'affollamento di significati fa sì che questo si avvicini all’oratorio napoletano per l'ingegno e artificialità simploria. Anche il tono sacrificale di tutto questo immaginario soccombe alla risata. Le figurine sproporzionate vengono completate e "riparate" dall'occhio di chi guarda.

Prima di uscire da questa porta, aperta attraverso il numero, vedo questa immagine: La signora che stava andando in chiesa chiese: “perché fotografare questa casa vecchia e brutta e non la mia che è dipinta così bene qui di fianco?”9Stava parlando seriamente, su come si può vedere la bellezza nelle cose in rovina. In realtà quello che vediamo quando guardiamo sono una serie di cose: le tonalità pallide di grigio rosato della parete umida, il verde tendente in maniera perfetta verso il rosa, la pesante porta ben incassata, la griglia della cantina che forma con gli altri rettangoli della parete una squisita composizione grafica. Anche lei entra nella composizione, con i suoi abiti seri e le braccia rosa. Possiamo vedere, nelle gradazioni di rosa e grigio le pitture di Robert Motherwell 10, quando incollava e macchiava parole e immagini e così da quella vecchia signora con la bocca aperta uscirà sempre quella domanda che, se venisse scritta, si trasformerebbe in una tipografia.


I dipinti e i collage di Motherwell mi spingono all'ultimo numero della casa, quello scritto con il gesso. Questo sembra essere il piĂš recente e quindi ospita l'universo di questo pittore.Ma mi trovo in fretta ad abbandonare questa pittura, poichĂŠ la sua tecnica (il collage) mi porta al mondo degli scarti e dei rifiuti e mi trovo gettata su un viale movimentato di una grande cittĂ .


Quindi vedo questa massa di persone e manifesti e riconosco di essere in una strada del Giappone. Gli edifici ostentano le pubblicità delle maggiori aziende tecnologiche. Promettono di superare il limite della comprensione umana e la comprensione delle immagini, minimizzando infinitamente i rumori delle immagini e dei suoni. Il soppiantamento continuo di una tecnologia dopo l’altra, conferisce a questi volti una particolare angoscia. Coinvolti nella nebbia della non-conoscenza11 guardano avanti e convergono verso il centro della lente del fotografo di fretta. Così vedo in questa immagine la litografia di Hisaharu Motoda12, una fantastica neo-rovina.

L'artista polverizza la folla di persone e copre la città con le ceneri dei loro vestiti, pelle e capelli. Le politiche ecologiche e sostenibili non hanno più significato davanti a queste immagini.


Lo stesso silenzio della folla (dal momento che la foto non permette di rendersi conto del livello di rumore e di onde elettromagnetiche che attraversano i corpi) è qui presente. L'immagine è ruvida e obbedisce alla conduzione della prospettiva di chi starebbe alla finestra dell’altro edificio vicino al viadotto. Ma dal momento che non c'è nessun altro, chi osservò quello che stiamo vedendo? Nessuno può vedere con gli occhi fisici e quindi questa immagine è inammissibile e insopportabile. Veniamo spinti verso il nostro mondo "reale", che si presenta così:

Una donna cammina tra le rovine di una città afghana. Si tratta di un percorso obbligato a causa dell’esplosione del cemento di edifici bombardati 13. Le linee di orientamento sono irregolari e non abbiamo il sollievo della prospettiva aerea. Tutto è presentato attraverso quel fantasma, che trasporta nella sua scia questi strati di città. La sua apparizione condanna l’immagine precedente a sparire. La sua apparizione fa che noi si cerchi di fuggire verso le immagini delle nostre città familiari. Ma lei non si muove, può essere che si tratti di una scultura tombale, una roccia contorta dal vento o dal calore delle bombe. Da lei si irradiano queste altre immagini,


La porta con il numero scritto in gesso si chiude dietro di me. Mi trovo davanti alla grande viale vicina al percorso che faccio tutti i giorni per andare a lavorare14. Le opere di ampliamento del viale stradale consistono in questo: per tutto il giorno si tagliano case di pezzo in pezzo. Vediamo le piastrelle che coprivano una cucina, le ceramiche che decoravano un cortile, lo spiazzo del giardino, ecc. Appena sopra, il quartiere nascosto rivela la sua consistenza brutta.


Come strati archeologici, lo sventramento della struttura dell'edificio rivela la fragilità delle famiglie. In ogni piccola finestra, ora aperta al viale stradale, si curvano figli e tende. L'edificio sembra volersi staccare e crollare in qualsiasi momento.

Il terreno sconosciuto che sta emergendo è coperto di plastica nera. Nella parte più visibile, si coltiva un prato. Secondo ciò che è stato deciso dagli ingegneri, viene posizionato il cemento e viene dipinto di un tono pulito e pietrificato. I senzatetto occupano quello che era il terreno delle case e stendono corde e teli: lì ci sarà la sala, qui la cucina, il bagno, queste cose sono loro a deciderle.

Le persone che tutti i giorni passano di lì riusciranno a restare chiusi nei propri pensieri? Se guardano la linea di polvere e luce che sgorga dall’asfalto rovesciato e si disegnassero in questa polvere le linee e le forze delle masse di altre immagini, queste persone potrebbero scegliere come uscirne. Queste masse sarebbero le porte di immagini vicine, contenute nelle brecce di queste che si trovano lì, disegnate anche dal corpo e dagli occhi di chi vede e di chi immagina.


Per uscire da un'immagine utilizzandone un’altra c’è bisogno di sapere che cosa contiene quell'immagine nel suo programma. La somma di queste volontà visive fa sì che si sfugga verso un altro programma simile e non sempre "all’esterno/fuori" dall’immagine. Ogni volta più all’interno, in un desiderio di sfuggire dall'immagine reale, andiamo all’immagine forte che non viene liberata con l’immaginazione. Bloccati nel carcere dell’immaginazione, finalmente la realtà ci ha portato a un luogo senza via d’uscita, senza possibilità di esistere e senza immagine di fuga. Disdegnando dallo strato primo e banale delle immagini, approfondimmo fino a quasi non voler più vedere, fino alla cecità del concetto. Da questa ultima immagine, il nostro cammino adesso è il confinamento15. Non che sia l'ultima, ma è quella che concluderà questo testo. Di lei (o delle sue mille possibilità) potremo ancora vedere l’architettura, la mistica o l’imponderabilità della linea e della luce. Anche da questa immagine nascono immagini, certamente. Ma che racchiudono nella sua incapacità di vivere in un altro mondo la loro ragione di esistere, un luogo dell’arte. Solamente confinati ad una prigione impossibile, ma visibile. Dei mille occhi che giravano per le immagini, ne restano appena due che chiudono le palpebre, lentamente.


1. Professore Associato del Dipartimento di Disegno presso la Scuola di Belle Arti della UFMG (Università Federale di Minas Gerais), Brasile. Ricercatrice e artista. 2. Fotografia di Maria do Céu, viaggio in Italia, 2008. 3. Foto fornita dall’Archivio Storico del Comune di Vasto, Chieti, Italia. Strada distrutta dal terremoto del 1956. 4.Giovanni Fattori-1825-1908. Pittore appartenente al movimento chiamato i macchiaioli. Grande pittore di scene militari e paesaggi, distintosi molto nell’intaglio 5.Fotografia di James Nachtwey -1948- fotografo americano presente in vari conflitti in tutto il mondo. 6.Fotografia di Maria do Céu, viaggio in Italia, 2008. 7. La zattera della Medusa, Theodore Gericault- 1791-1824, pittura iniziata nel 1866, basandosi sulle relazioni dei superstiti della fregata Medusa, che affondò, lasciando alla deriva di 250 sopravvissuti. A venire salvati furono soltanto in 15. 8. Oratorio afro-brasiliano, collezione del Museo dell’Oratorio ad Ouro Preto, Minas Gerais, Brasile. 9.Fotografia di Maria do Céu, viaggio in Italia, 2008.


10. Robert Motherwell, 1915-1991. Pittore americano, astrattista, rappresentante di questo movimento insieme a Mark Rothko e Jackson Pollock. 11.Nuvole del non-sapere: testo mistico anonimo del XIV secolo. 12. Hisaharu Motoda - 1973-, incisore giapponese, premiato per le sue intagli e per litografie di città apocalittiche. 13. Fotografia di James Nachtwey- Afghanistan. 14. Fotografia di Maria do Céu. Cantieri di duplicazione del Viale Antônio Carlos, a Belo Horizonte, Minas Gerais, Brasile. 15. Giovanni Battista Piranesi 1720-1778. Architetto e artista italiano, autore di Carceri del Inventione, intagli di sotterranei e prigioni di proporzioni immense.


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