Nava ipogeo lavello

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Fondazione Paestum Tekmeria 9 UniversitĂ degli Studi di Salerno Dipartimento di Beni Culturali

Tra Etruria, Lazio e Magna Grecia: indagini sulle necropoli Atti dell’Incontro di Studio Fisciano, 5-6 marzo 2009

a cura di

Raffaella Bonaudo Luca Cerchiai Carmine Pellegrino

Estratti

Paestum 2009



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Elementi cultuali dell’Età del Bronzo: il caso dell’ipogeo 1036 di Lavello Maria Luisa Nava

La posizione geografica di Lavello, situata al vertice della via naturale che, seguendo la valle del Bradano, risale dal golfo ionico e si collega all’itinerario transappenninico costituito dalle valli dell’Ofanto e del Sele, ha favorito da sempre lo svolgersi di intensi rapporti commerciali e culturali tra le genti della zona e le popolazioni stanziate in territori anche lontani: l’altopiano, compreso tra m 300 e m 320 s.l.m. ed esteso per oltre 200 ettari, è situato in prossimità della fossa premurgiana, dominando le valli fluviali 1. Durante il Neolitico (VI – fine IV millennio) è documentata un’intensa frequentazione del territorio, le cui testimonianze archeologiche più rilevanti sono costituite da villaggi ubicati lungo la valle dell’Ofanto, da cui provengono ceramiche decorate a impressioni o dipinte a bande rosse, talvolta marginate di bruno 2. All’Eneolitico finale (III millennio) si datano le TT. 402 e 403 rivenute in Contrada Casino e riferibili alla facies di Laterza: le tombe rappresentano una importante testimonianza dell’adozione anche in quest’area del rituale di seppellimento collettivo in grotticella artificiale 3 (fig. 1, n. 1). Le forme ceramiche rinvenute nelle tombe di Contrada Casino ricordano i materiali provenienti dalle tre grotticelle artificiali di Serra Monsignore alla Selva nel Materano e il vaso posto erroneamente nel corredo della T. 1 di Contrada Cappuccini 4, mentre i metalli della T. 402 sono confrontabili con quelli della T. 3 di Laterza e di altri contesti, come Grotta Nisco o la T. 4 di Paestum 5. Nell’Età del Bronzo (fine III- II millennio) sono noti piccoli nuclei insediativi. In ambito funerario, di particolare importanza risulta l’ipogeo complesso di contrada La Speranza (T. 743), databile dal Protoappenninico B sino al Bronzo Finale (fig. 1, n. 2): il lungo periodo di frequentazione della struttura, riaperta più volte, costituisce un fenomeno particolare in tutta l’Italia meridionale, in parte confrontabile con quello delineato per i contesti di Trinitapoli 6; l’entità dei corredi, nonostante le manomissioni, testimoniano una singolare ricchezza e una struttura sociale articolata delle comunità di appartenenza 7. 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7)

Cipolloni Sampò 1982; Cipolloni Sampò 1989. Cipolloni Sampò 1982; Cipolloni Sampò 1983; Bianco-Cipolloni Sampò 1987; Radi 1999; Nava c.s.; Natali c.s. Cipolloni Sampò 1999a. Cipolloni Sampò 1999b. Cipolloni Sampò 1999a. Tunzi Sisto 1999; Tunzi Sisto 2001. Cipolloni Sampò 1989; Cipolloni Sampò 1998; Cipolloni Sampò 1999a.


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MARIA LAUISA NAVA

Fig. 1 - Lavello: posizionamento delle località Contrada Casino (1), Contrada La Speranza (2), Contrada Carrozze (3)

Per l’Età del Ferro, oltre a varie testimonianze periferiche rispetto al moderno abitato, è documentata un’area di abitato in contrada Casino, che ha restituito, tra l’altro, ceramica con decorazione geometrica “a tenda” databile all’VIII sec. Allo stesso periodo si datano armi ed ornamenti in bronzo, che attestano rapporti commerciali con i Balcani e con l’area tirrenica 8. Dall’età arcaica comincia a essere utilizzata fino al III sec. la grande necropoli di Contrada Carrozze (fig. 1, n. 3). La presenza di tombe principesche di VII sec. indica un cambiamento della struttura sociale, con l’emergenza di un ceto aristocratico, che avvia relazioni significative con altri centri della Daunia 9, con le colonie della Magna Grecia, soprattutto con quelle della costa ionica, e con la Campania etrusca, in particolare per la presenza di bacili a orlo perlinato 10. Da Lavello sono noti anche le uniche attestazioni di realia che caratterizzano la panoplia dei principes arcaici 11: da qui provengono, infatti, kardiophylakes in lamina di bronzo identici a quelli riprodotti sulle stele 12. Indicativo a tal proposito è il rinvenimento di un frammento di 8) Bianco 1999. 9) I corredi sono caratterizzati dalla presenza di ceramiche daunie con decorazione geometrica, prodotte nei vicini centri di Canosa e di Ordona, per le quali cfr. Tagliente 1999. 10) Bottini 1982. 11) Bottini 1993. 12) Nava 1980.


Elementi cultuali dell’Età del Bronzo: il caso dell’ipogeo 1036 di Lavello

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Fig. 2 - Lavello, Contrada Carrozze, T. 1037: frammento di stele daunia (da Nava-Preite 2004)

stele daunia, riferibile al tipo II con ornamenti, nell’area occupata dalla vasta necropoli di età arcaica e classica e in prossimità dell’ipogeo 1036 (fig. 2). Il fenomeno dell’ipogeismo connesso a funzioni di tipo cultuale sembra caratterizzare l’area lucana nelle prime due fasi dell’Età del Bronzo, come documentato a Toppo Daguzzo, nel sito 2 della Diga di Rendina e forse anche a Latronico 13. Di particolare importanza è la complessa struttura dell’ipogeo n. 4 di Toppo Daguzzo, la cui frequentazione per scopi cultuali è durata dal Bronzo Antico fino al Bronzo Medio: una simile continuità, meno frequente, si può riscontrare anche in alcune strutture a uso funerario, mentre è quasi inesistente nei livelli abitativi. All’interno di tali strutture la presenza di focolari e di resti ossei pertinenti a porzioni selezionate di animali, di resti scheletrici umani (assenti nelle strutture 4 e 5 e presenti, invece, nei pozzetti R12, 6 e 7 di Toppo Daguzzo) testimoniano lo svolgimento di attività rituali, legate a pratiche di culto e a cerimonie. Secondo M. Cipolloni Sampò, tali attività, a cui partecipa l’intera comunità o solo parte di essa, svolgono una funzione determinante per stabilire ruoli e legami interni ed esterni, anche in relazione alla struttura e organizzazione sociale della comunità stessa 14. Tale controllo o gestione dei differenti rapporti sociali, attraverso lo svolgimento di pratiche rituali in apposite strutture, sembra aver avuto una certa importanza proprio durante questa fase dell’Età del Bronzo, nel corso della quale, infatti, tali relazioni sono in fase di trasformazione e la presenza di gerarchie, localmente stabili, consolidano e caratterizzano la trasformazione della struttura sociale e, nel caso specifico, la sua stratificazione. Questo periodo è, infatti, caratterizzato dalla comparsa di strutture funerarie monumentali e, quindi, visibili all’esterno, con deposizioni collettive, spesso a carattere familiare, con corre13) Complesso vascolare riferibile alla facies Protoappenninica, recuperato nel 1976 nel complesso di Grotte di Latronico, al quale G. Cremonesi attribuì un valore rituale e, forse, funerario; cfr. Cipolloni Sampò 1999a. 14) Cipolloni Sampò 1999a.


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MARIA LAUISA NAVA

Fig. 3 - Lavello, ipogeo 1036: planimetria della struttura (in scala di grigio la progressiva profondità) (da Nava-Preite 2004)

di di valore, che sottolineano il rango del gruppo, come nel caso della T. 3 di Toppo Daguzzo, databile al Bronzo Antico e del poco più recente ipogeo 743 di contrada La Speranza di Lavello 15. In questo quadro articolato, nel momento iniziale della media Età del Bronzo si inserisce l’ipogeo 1036 di Lavello, rinvenuto in loc. Carrozze, a nord-est dell’abitato moderno di Lavello, a km 14,5 dalla Contrada Casino, dove sono collocate le TT. 402 e 403, e a km 10 dalla Contrada La Speranza, in cui è documentato l’ipogeo complesso 743 16. L’ipogeo, scavato nel banco tufaceo, è orientato nord-ovest/sud-est, e presenta una forma semplice con dromos lungo e stretto dal quale si accede alla camera principale, di forma subrettangolare con una piccola cella a pianta circolare aperta sulla metà destra della camera (fig. 3). La struttura presenta una lunghezza totale di m 14,50, compreso il dromos lungo m 7 e largo m 1,40 circa, con una larghezza variabile tra m 2 e 4 17. Il corridoio si articola in due segmenti, con la parte iniziale caratterizzata da maggiori dimensioni sia nel senso della lunghezza sia in quello della larghezza. Il dromos presenta muretti di delimitazione costituiti da scaglie tufacee giustapposte a secco, nel segmento iniziale impostati su un gradino risparmiato nel banco roccioso, più grandi nella parte iniziale e di minori dimensioni nel secondo tratto; ha una forte pendenza verso la camera e mostra una copertura in grossi blocchi litici sistemati in modo da costituire uno pseudo-tumulo sub-circolare. Dal dromos si accede a un ambiente subrettangolare, l’anticella (lungh. m 2; largh m 1,60), in cui il transito alla camera è marcato dalla presenza di tre gradini a scendere e uno a salire (fig. 4). Il passaggio dal dromos all’anticella è segnalato dalla presenza nella copertura di un grande blocco litico di forma pentagonale, simile a quello dell’ipogeo 3 di Terra di Cor-

15) Cipolloni Sampò 1987; Cipolloni Sampò et alii 1991-1992; Cipolloni Sampò 1999a. 16) La scoperta della struttura ipogeica è avvenuta durante la campagna di scavi 2000, in un’area già interessata da rinvenimenti archeologici pertinenti a strutture abitative e, in particolare, funerarie di una necropoli databile tra il VII e il III sec., per la quale cfr. Nava 2001; l’ipogeo è stato oggetto di una mostra a cura della Soprintendenza Archeologica della Basilicata, sulla quale Nava-Preite 2004, a cui si rimanda per le informazioni di dettaglio. 17) Nava 2001; Preite 2003; Nava c.s.; Preite c.s.


Elementi cultuali dell’Età del Bronzo: il caso dell’ipogeo 1036 di Lavello

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Fig. 4 - Lavello, ipogeo 1036: veduta generale della struttura alla fine dell’indagine archeologica (da Nava-Preite 2004)

te 18. La struttura era organizzata probabilmente per aperture successive. La camera principale, alla quale si accede attraverso un restringimento del passaggio, è a forma subellittica (lungh. m 5,50 e largh. m 2,50) con banchine perimetrali; a metà della parete destra e a circa m 1 dal piano più alto della camera, attraverso una stretta apertura semicircolare si accede alla cella di forma subcircolare. La forma della struttura richiama complessivamente, anche se di dimensioni più ridotte e meno articolata, quella dell’ipogeo 1 di Torre di Corte 19, mentre confronti generici per la camera principale possono essere istituiti con le strutture 3, 4, 5 di Toppo Daguzzo 20. All’interno degli ambienti sono testimoniate diverse attività rituali, connesse alla sfera cultuale e funeraria, quest’ultima testimoniata da una deposizione posta nella camera principale che sembra sigillare i livelli relativi alle attività cultuali, contrassegnando la defunzionalizzazione della struttura 21. Si tratta di un individuo con tutta probabilità di sesso femminile di età compresa tra 20 e 23 anni e di costituzione esile senza evidenti segni di stress di tipo patologico e/o nutrizionale 22. A esso pare associabile un corredo composto da una tazza miniaturistica d’impasto con pre-

18) Tunzi Sisto 1999. 19) Tunzi Sisto 1999. 20) Cipolloni Sampò 1986; Cipolloni Sampò 1987; Cipolloni Sampò 1989; Cipolloni Sampò 1999a; Cipolloni Sampò et alii 1991-1992. 21) Nava 2001; Preite 2003. 22) Le analisi antropologiche sono state eseguite nel Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como dalla ARCO – Cooperativa di Ricerche Archeobiologiche (C. Ravedoni).


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Fig. 5 - Lavello, ipogeo 1036: corredo costituito da a) borchietta in bronzo, b) tazza miniaturistica, c) punta di spillone in osso (da Nava-Preite 2004)

sa a linguetta 23, una borchia di lamina di bronzo con decorazione periferica lineare, puntiforme realizzata a sbalzo e due fori laterali 24 e da un frammento di spillone in osso 25(fig. 5). La borchia, di tipologia diffusa 26 e la tazza miniaturistica 27, tipologicamente gravitanti nel cd. “Gruppo dell’Ofanto”, sono databili a un momento iniziale dell’Appenninico. Per contro, il rito iniziale di consacrazione è identificabile nella deposizione di una costola di mammalia sistemata all’interno di un circolo di pietre sul fondo della camera principale e rimanda, probabilmente, a un atto propiziatorio di fertilità. Altre indicazioni vengono dai livelli superiori della camera principale: qui e nei livelli dell’anticella sono stati ritrovati focolari, i cui resti botanici ne attestano la breve durata; sono stati inoltre rinvenuti resti ossei di parti selezionate di animali giovani e sessualmente maturi, che attestano con ogni probabilità lo svolgimento di pasti rituali. Questi livelli relativi alle manifestazioni rituali sono sigillati dalla deposizione umana. Lo scheletro, non integro e anatomicamente sconnesso, si presentava con le ossa “sparse” sul piano di deposizione, secondo un rituale piuttosto comune e noto in altri contesti protostorici 28. Analogamente, la presenza delle “parti nobili” del corpo umano (il cranio e, in particolare, la mandibola), come in altri ambiti cultuali, documenta il rituale di consacrazione relativo alla chiusura definitiva dell’ipogeo 29. Particolarmente interessante sembra l’osservazione che sia per gli ovocaprini e i suini presenti, sia per l’uomo, le regioni scheletriche rappresentate prevalentemente nell’ipogeo siano le stesse: cranio e mandibola, ossa lunghe, mentre quasi assenti risultano le costole, a eccezione della costola di mammalia, la cui collocazione strategica all’interno della stratigrafia orizzontale e verticale dell’ipogeo denota una funzione rituale e ideologica differente rispetto a quella ricoperta dagli animali presenti negli altri livelli stratigrafici. Non è possibile, tuttavia, escludere una maggiore deperibilità rispetto alle ossa del cranio e degli arti di quelle costali, che, per esempio, nel caso della deposizione, pur presenti, sono molto frammentarie e quasi inesistenti. 23) Inv. 344278. 24) Inv. 344279. 25) Inv. 344281. 26) Confronti possono essere istituiti con Coppa Nevigata, Mannaccora, T. 1 di Murgia Timone, dolmen “La Chianca” di Bisceglie, ipogeo 743 di Lavello e, in modo più stretto con esemplari decorati e a forma di cappello cinese della costa transadriatica: Strpci (tumulo VIII, T.1); Zupanovici (tumulo 1, T.2). 27) Confronti con Coppa Nevigata, scavi 1904. 28) Tunzi Sisto 1999. 29) Tunzi Sisto 1999.


Elementi cultuali dell’Età del Bronzo: il caso dell’ipogeo 1036 di Lavello

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Fig. 6 - Lavello, ipogeo 1036: coperchio di bollitoio dalla camera principale (da Nava-Preite 2004)

I livelli di obliterazione dell’ipogeo sono particolarmente ricchi di frammenti ceramici pertinenti a contenitori di impasto rotti e dispersi ritualmente, insieme ai resti faunistici. Alcune olle, ollette, e uno dei due coperchi di bollitoio, o parti di tazze o ciotole, come le anse ad ascia, sembrano rotte e disseminate ritualmente negli ambienti della camera 30 (fig. 6). I materiali ceramici, spesso frammentari, sono presenti in tutti gli ambienti dell’ipogeo e distribuiti in quasi tutti i livelli di frequentazione. Si tratta in genere di ceramica d’impasto bruno nerastro o rossastro, con inclusi litici o micacei che in alcune forme raggiungono dimensioni notevoli e con la superficie lucidata a stecca o scabra 31. Dalle prime analisi tipologico – quantitative delle ceramiche è stato possibile individuare una probabile prevalente selezione tipologico-funzionale delle forme rispetto agli ambienti dell’ipogeo. Nel dromos e nell’anticella sono presenti soprattutto ciotole carenate di piccole dimensioni, mentre nei livelli correlati della camera principale e della cella laterale prevalgono ciotole di maggiori dimensioni, associate a scodelle troncoconiche e a coperchi di bollitoi, che 30) In particolare, due anse ad ascia sono state rotte e i frammenti distribuiti nel dromos e nella camera principale; il coperchio di bollitoio (inv. 344212) era frammentato e i frammenti distribuiti tra la camera principale e la cella laterale. 31) Le analisi archeometriche sono state eseguite da G. Trojsi, presso l’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, Napoli – ENEA, C.R. Casaccia, Roma.


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Fig. 7 - Lavello, ipogeo 1036: ciotola carenata dalla camera principale (da Nava-Preite 2004)

si ritrovano esclusivamente in questi due ambienti (fig. 7). Dall’anticella proviene anche un sostegno a clessidra 32, rinvenuto nel livello di chiusura della struttura cultuale, che, nella camera principale, corrisponderebbe al livello dei coperchi di bollitoio (fig. 8). I grandi contenitori come le olle ovoidi inornate e di varia forma, anche di grandi dimensioni, con cordoni plastici “a ditate” o, talvolta, le situle sono equamente distribuiti. Sono presenti sia forme aperte, sia forme chiuse: le ciotole carenate presentano anse a nastro con sopraelevazione ad ascia, con o senza estremità revoluta; i manici denunciano la presenza di sopraelevazioni ad ascia o a linguetta. Sono presenti, tra l’altro, una fuseruola di impasto e diverse schegge di lavorazione di selce. I reperti si inquadrano nell’ambito del Protoappenninico B (anche sporadicamente nel B2) e sono inquadrabili nelle tipologie dei cd. gruppi dell’Ofanto e dell’Alto Bradano 33. Le analisi archeozologiche hanno esaminato in totale 154 resti ossei animali 34: il materiale rinvenuto presenta un discreto grado di conservazione e alcuni frammenti recano evidenti tracce di combustione e di calcinatura. Sono presenti scarsi resti di bovini, mentre predominano suini in età sessualmente adulta ma giovane, e, in misura minore, ovocaprini in età sessualmente adulta, ma non avanzata: il quadro temporale di abbattimento di suini e di ovo caprini, tendenzialmente non omogeneo quando volto allo sfruttamento economico, presenta nel caso dell’ipogeo di Lavello una singolare analogia di tendenza che sembra confermare lo sfruttamento e la macellazione degli animali a scopi rituali. 32) Inv. 344277. 33) Cocchi Genik 1995, Damiani 1995. 34) Le analisi sono state eseguite nel Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como dalla ARCO – Cooperativa di Ricerche Archeobiologiche (S. Di Martino).


Elementi cultuali dell’Età del Bronzo: il caso dell’ipogeo 1036 di Lavello

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Fig. 8 - Lavello, ipogeo 1036: sostegno a clessidra dall’anticella (da Nava-Preite 2004)

I carboni hanno fornito un discreto numero di informazioni per ricostruire il quadro ambientale 35. Sono testimoniati: - il bosco mediterraneo: quercia sempreverde, olivo, carpino nero, fillirea, pistacchio, ginepro, corbezzolo, orniello, cistacee, erica; - bosco misto deciduo: quercia caducifoglie, carpino bianco, corniolo, oppio (viburnum opulum), fusaggine, tasso; - abiente goleale: salice, ontano, pioppo, frassino, viburno; - piante antropiche: pero, melo, sorbo, biancospino, acero, pruno, olmo. Mentre in altri siti dell’Età del Bronzo l’ambiente maggiormente rappresentato è quello del bosco mediterraneo 36, a Lavello, con alcune possibili correzioni, sembra essere prevalente l’ambiente di golena. I resti antracologici denunciano, comunque, una presenza rappresentativa di querce sempreverdi, che conferma una raccolta selettiva e mirata a scopi rituali: dalla quantità di ghiande bruciate analizzate non si può, tuttavia, risalire alla specie di quercus. Se la presenza di ghiande fosse da interpretare come offerta rituale, esse potrebbero avere un significato simbolico e appartenere a qualunque specie. Diverso il caso in cui le ghiande fossero da ricollegare a consumo alimentare e, quindi da ricollegare a banchetti funebri o di tipo rituale. 35) Le analisi archeobotaniche sono state eseguite nel Laboratorio di Archeobiologia dei Musei Civici di Como dalla ARCO – Cooperativa di Ricerche Archeobiologiche (M. Cottini). 36) L’ambiente è documentato dalle analisi effettuate a Coppa Nevigata, La Starza, Latronico, Monopoli, Broglio, San Domenico, Torre Castelluccia, Madonna del Petto.


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MARIA LAUISA NAVA

In conclusione, le attestazioni fornite dall’ipogeo 1036 contribuiscono ad articolare le conoscenze sulla frequentazione antica del sito di Lavello, aggiungendo - in particolare per il sito di Carrozze – nuovi dati che rimarcano la particolare importanza che il sito rivestì nell’antichità per un dilatato periodo cronologico, che sembra delinearsi a partire dalle fasi del Bronzo medio sino a tutta l’Età del Ferro e all’epoca preromana. Le specifiche caratteristiche funzionali della struttura, poi, contribuiscono alla miglior definizione e comprensione della destinazione d’uso degli ambienti ipogeici in ambito pre-protostorico, inserendosi – al momento – nella ridotta casistica degli utilizzi cultuali, dei quali propone un’originale e autonoma ritualità. Maria Luisa Nava


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