Dossier medicina_febbraio/marzo 2009

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Medicina Dossier

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BISOGNA CONOSCERE LE MALATTIE SESSUALI SENZA AVERNE PAURA

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PAGINE DEDICATE ALLA

Foto di: Alessandro Canestrelli

Anno 3 - Numero 6 - Febbraio/Marzo

Registrazione Tribunale di Pescara n° 1114/7 Agosto 2007 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Roma/Aut. N. 12/2008

ALLARME: L’OBESITÀ INFANTILE IN AUMENTO DEPRESSIONE? OGGI SI PUÒ SCONFIGGERE QUANDO INTERNET DIVENTA DIPENDENZA

REPORTAGE Viaggio tra le sorgenti termali del nostro Paese

VI SVELO TUTTI I MIEI SEGRETI SU COME MANTENERSI IN FORMA

SONIA GREY

PERSONAGGI Luciano Onder Marco Lanzetta





FAN ESTETICA, VIA VALIGNANI, 45 VILLANOVA (PE) TEL 347.1587381; TEL-FAX 0859774084; WWW.FANESTETICA.IT - INFO@FANESTETICA.IT


Bimestrale di divulgazione medico scientifica su salute, benessere e informazione. Iscrizione al R.O.C. in via di registrazione. Anno 3 - Numero 6 Febbraio/Marzo 2009 Registrazione Tribunale di Pescara n° 1114/7 Agosto 2007 Direttore Responsabile Roberto Bonin Direttore Generale Mario Pompilio Direttore Editoriale Roberto Bonin bonin@dossiermedicina.it Redazione Laura Becci, Luigi Berardi, Nausica Celsi, Azzurra D’Agostino, Erika D’Alberto, Roberto De Negri, Sivia Domenichini, Maurizio Ferrara Ruiz, Valeria Ghitti, Riccardo Paoli, Paola Pattini, Victor J. Rotoli, Caterina Schiavi, Gianfranco Virardi, Valeria Tancredi Direttore Area Web e Nuovi Media Roberto Zarriello Redazioni Corso Sempione, 9 - 20154 Milano

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Sommario Editoriale News dal Mondo In copertina

Il benessere secondo Sonia Grey

20 26

PRIMO PIANO

42

IL PERSONAGGIO

48 52

L’ESPERTO RISPONDE

56 60

NUOVE FRONTIERE

64

REPORTAGE

72

PSICOLOGIA

83

ECCELLENZE SANITARIE

86 90 94

FORMAZIONE

98

BENESSERE E SALUTE

104

BELLEZZA

110 112 114

LA CURA DEL SORRISO

120 124

APPROFONDIMENTI

Questa moda così sbagliata Le insidie del sesso

32 34

Malasanità. A pagare sono i medici

78

L’importanza della parola

122 126

Conoscere il Parkinson

Il lato oscuro della tecnologia

Divulgare è meglio che curare Nuova metodica contro la balbuzie

Menopausa. Un mondo da scoprire Diamo una mano alle nostre mani Un passo verso la maternità

Terme, la magia delle acque Il male del secolo La città della salute

Quando il bello crea lavoro

Qui insegniamo il benessere

Riabilitazione equestre. Stabiliamo le regole Medicina estetica. Le nuove frontiere Lotta agli inestetismi. È arrivato Icoone Traumi dentari. Cosa fare

Con gli impianti dentali ritorna il sorriso Soluzioni per una bocca perfetta Piccoli obesi crescono

Si può restare giovani

Residence Vittoria



Editoriale

Dossier Medicina

Febbraio

Italiani, popolo di salutisti

C

resce sempre più la voglia di salute. L’attenzione degli italiani verso stili di vita salutari e corretta alimentazione sembrano prendere pian piano il sopravvento su malnutrizione e cattive abitudini, quali fumo e consumo di alcool. Di pari passo sembra anche crescere la voglia di informarsi e tenersi costantemente aggiornati circa le ultime novità in materia di benessere, segno di una maturità e una consapevolezza del proprio corpo che lascia piacevolmente sorpresi. In barba a tutti coloro che dipingono l’italiano medio come un soggetto del tutto inerme di fronte al dominio incontrastato di spaghetti,TV e pallone. O, peggio ancora, che lo vogliono perennemente in lotta contro i medici e la sanità pubblica. "La salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente", disse il grande filosofo tedesco Arthur Schopenhauer. Ed è proprio questo ciò che, più di tutto il resto, ci deve davvero stare a cuore, ora più che mai. Se infatti l’evoluzione tecnologica e la ricerca scientifica degli ultimi decenni sono state in grado di metterci a disposizione nuove metodiche e nuove modalità di diagnosi e cura, è altrettanto vero che la globalizzazione e l’era informatica hanno saputo sviluppare nuove e più pericolose minacce da cui guardarsi e tutelarsi. Più volte nella nostra rivista è stata ribadita la fiducia verso la classe medica e le strutture sanitarie del nostro Paese che, seppur con difficoltà e fatica, riescono ad assolvere più che egregiamente la loro missione. Non a caso, in questo numero abbiamo voluto ospitare l’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e il prof. Marco Lanzetta, due simboli dell’Italia scientifica nel mondo. È vero. Secondo l'indice Euro Health Consumer Index 2008, un sondaggio annuale sulla sanità europea effettuato dagli stessi consumatori, l’Italia è ancora relegata al 16° posto fra i sistemi sanitari di 31 Paesi europei, ma, come afferma la stessa direttrice della ricerca Arne Bjoernberg, si sta assistendo a una positiva controtendenza con dei netti miglioramenti per quanto riguarda l'accesso alle strutture e i tempi di attesa per le prestazioni. Sicuramente c’è ancora molto lavoro da fare, ma i segnali di ripresa sono più che mai di ottimo auspicio, in special modo in questo momento in cui la crisi generale dei mercati ha abituato tutti alla sfiducia nel futuro e in chiunque promette di cambiarlo. Ma se le strutture non sono ancora in grado di tenere il passo degli altri Paesi, di contro gli italiani si dimostrano un popolo maturo e cosciente sui temi legati al benessere e alla salute. Basti pensare che, secondo l'ultimo Rapporto del Censis, i trapianti d'organo sono passati dai 2.162 del 1999 ai 3.043 del 2007 e che il tasso di donatori effettivi ci colloca al terzo posto tra i grandi Paesi europei. O ancora, che gli italiani sembrano aver acquistato col tempo un miglior rapporto con i farmaci, ritenendoli una risorsa irrinunciabile per la tutela della salute e utilizzandoli, di conseguenza, con più coscienza e oculatezza. Sembra poco? Staremo a vedere. di Mario Pompilio


News dal mondo Radiografie personalizzate

Una foto del volto aiuterebbe i radiologi a diagnosticare eventuali malattie. È quanto affermato dai ricercatori del Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme. La scoperta è frutto di una ricerca condotta su 318 pazienti sottoposti a TAC o raggi X i cui esami sono stati corredati da una foto del volto. L'immagine del volto aiuterebbe a entrare in empatia con il caso clinico.

ARRIVA L'ATTACCATUTTO PER LE FRATTURE

Il sonno protegge il cervello I due ricercatori italiani Chiara Cirelli e Giulio Tononi, esperti in scienza del sonno che lavorano presso la University of Wisconsin School of Medicine hanno dimostrato sulla rivista PLoS Biology che il sonno è indispensabile e ha funzioni precise, smontando l"ipotesi secondo cui il sonno non è necessario e che è semplicemente una forma estrema di indolenza, o come comportamento accessorio quando non abbiamo nulla di importante da fare. Il sonno ha invece funzioni essenziali: "sebbene tutto il corpo ne tragga beneficio, il primo e più evidente effetto della deprivazione di sonno è il deficit cognitivo, segno che il cervello soffre di più il sonno. Ci sono molte prove che di notte il cervello si riorganizzi strutturalmente per consolidare le informazioni incamerate nel giorno appena finito; ma il sonno potrebbe anche essere un momento importante per detossificare il cervello da radicali liberi o altre neurotossine che si accumulano durante il giorno”, hanno tenuto a sottolineare gli studiosi.

Contro la leucemia Le cellule staminali contenute nel sangue del cordone ombelicale rappresenterebbero una valida alternativa per i malati di leucemia per i quali non è stato possibile trovare un donatore compatibile per il trapianto. A giungere a questa conclusione sono stati gli ematologi americani riuniti a San Francisco per il 50esimo congresso dell’American Society of Hematology. Una ricerca condotta su 1.240 pazienti adulti con leucemia acuta avrebbe verificato l’efficacia del trapianto di tre fonti di staminali: midollo osseo, sangue periferico e cordone ombelicale. 12 Dossier Medicina

Un'equipe di scienziati dell'Università di Nottingham guidati dal professor Kevin Shakesheff, avrebbero messo a punto un materiale che, iniettato nelle ossa fratturate, si indurisce nel giro di pochi minuti, componendo la frattura. La sostanza avrebbe la consistenza di un dentifricio e formerebbe, grazie al calore corporeo, un'impalcatura biodegradabile attorno alla quale l'osso potrebbe rigenerarsi. La ricerca è giunta alla vigilia dei test clinici e il materiale potrebbe venire commercializzato negli Stati Uniti nei prossimi 18 mesi; tempo necessario per risolvere alcune problematiche collegate al suo utilizzo, come la debolezza del legame con l'osso da riparare.

SIAMO DROGATI DA ZUCCHERO

Bart Hoebel del Princeton Neuroscience Institute avrebbe ipotizzato che anche l'astinenza da zucchero presenterebbe gli stessi sintomi di quella da droghe. Gli esperimenti, condotti su topolini a cui sono stati somministrati soluzioni zuccherine avrebbero infatti dimostrato un aumento della concentrazione di dopamina nel cervello, e col tempo dei sintomi molto simili a quelli che si possono osservare con l'astinenza da droghe.


Asma da parto cesareo Secondo uno studio olandese condotto in collaborazione con l'ospedale pediatrico dell'Università di Zurigo, i bambini nati con parto cesareo avrebbero probabilità maggiori di ammalarsi di asma rispetto a quelli nati con parto naturale. La correlazione tra parto cesareo e asma sarebbe legata al fatto che i nati con parto cesareo non vengono esposti ai batteri materni come accade invece durante il parto naturale. Di conseguenza svilupprebbero difese immunitarie più deboli. Lo studio ha coinvolto 3 mila bambini di cui 250 nati con parto cesareo. Compiuti gli 8 anni, questi ultimi mostravano una probabilità di ammalarsi d'asma dell'80% superiore rispetto ai figli del parto naturale.

Noccioline amiche del cuore Le noccioline potrebbero contribuire a prevenire le malattie cardiache. È quanto affermato da un gruppo di scienziati dell'Università di Rovira i Virgili in Reus (Spagna). Secondo i ricercatori spagnoli, infatti, il consumo abituale di una miscela di noci e noccioline accostata a una dieta mediterranea ricca di olio d'oliva contribuirebbe a prevenire una serie di fattori che aumentano il rischio di malattie cardiache. Lo studio è stato è stato condotto su più di 1.200 volontari di età compresa tra i 55 e gli 80 anni. Al termine dello studio, i pazienti che avevano migliorato di più le loro condizioni di salute, sono risultati quelli che avevano consumato ogni giorno una miscela di noci, nocciole e mandorle a fianco di una dieta mediterranea.

FRATTURE DA FARMACI ANTI-DIABETE

I tiazolidinedioni, gruppo di farmaci usati per trattare il diabete di tipo 2 potrebbe raddoppiare il rischio di fratture ossee nelle donne. E' quanto emerge da uno studio della University of East Anglia e della Wake Forest University. L'uso per oltre un anno di questi farmaci sarebbe infatti responsabile di una significativa riduzione della densità ossea e dell'aumento del rischio di fratture nelle donne; risultati invece per nulla riscontrabili negli individui di sesso maschile.

STOP AL JET LAG Forse ci siamo. I problemi dovuti al cambio di fuso orario avrebbero i minuti contati. Ricercatori del Brigham and Women's Hospital di Boston starebbero per mettere a punto una pillola in grado di ripristinare i ritmi naturali del sonno dopo lunghi spostamenti. La sperimentazione del Tasimelteone, una sostanza che regola i livelli dell'ormone melatonina nel corpo, condotta su 450 persone tenute sveglie per 5 ore più a lungo del consueto, avrebbero mostrato che la pastiglia sarebbe in grado di favorire il sonno, riducendo i tempi in cui si cade addormentati, e consentendo di rimanere svegli più a lungo quando c'è da star svegli. I ricercatori hanno osservato che le persone che assumevano Tasimelteone sono riuscite a dormire dai 20 minuti alle due ore in più rispetto a coloro che avevano assunto placebo.

SCOPERTO IL GENE DELL'EFFETTO PLACEBO

Il gruppo di ricerca coordinato da Thomas Furmark dell'Università di Uppsala (Svezia) avrebbe messo in relazione l'effetto placebo, ossia la capacità di alcune persone di trarre beneficio dai medicinali privi di alcun principio attivo, con la presenza di un apposito gene all'interno del DNA. Al centro della scoperta c'è il gene che regola la produzione dell'enzima Triptofano Idrossilasi-2, fondamentale nella sintesi della serotonina. Lo studio ha coinvolto 25 persone, tutte affette da ansia sociale, cioè la paura esagerata di umiliazioni in pubblico. Otto persone su dieci che hanno risposto positivamente al placebo mostravano due copie della variante G proprio del gene per il Triptofano idrossilasi-2.

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News dall’Italia

Cosa favorisce l'ictus? L’ipertensione rappresenta il principale e più potente predittore di ictus, poiché è coinvolta nell'insorgenza di 12,7 milioni di episodi di malattia nel mondo, pari a circa il 70% del totale. Anche l’emicrania, che colpisce il 12% della popolazione, rappresenta un fattore emergente di rischio di ictus confermato in numerosi studi. Proprio il rapporto tra emicrania e ipertensione arteriosa e l’associazione con il rischio ictus è stata indagata da Miracles, il primo studio osservazionale multicentrico italiano con il più grande numero di pazienti affetti da ipertensione ed emicrania afferenti agli studi dei medici di medicina generale. “Lo studio Miracles – precisa Giuseppe Mancia Direttore della Clinica Medica e del Dipartimento di Medicina dell'Università di Milano Bicocca, Ospedale San Gerardo, Monza – evidenzia che i pazienti affetti da entrambe le patologie hanno una significativa probabilità di avere una storia di Ictus/TIA (attacco ischemico transitorio) 1,7 volte superiore al paziente solo iperteso e che l’emicrania nella fascia di pazienti più giovani (al di sotto dei 50 anni) può anticipare l’evento di un ictus”.

Olio, fagioli e ceci curano i tumori

Un esperimento condotto dall'equipe dell'endocrinologa Maria Luisa Brandi nei laboratori del Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Firenze dovrebbe appurare il ruolo dell'olio di oliva, dei fagioli e dei ceci nella cura dei tumori. Trattate con questi alimenti, sembrerebbe infatti che le cellule tumorali rallentino sensibilmente il loro sviluppo: più in particolare, per l'esperimento sono state utilizzate due culture di cellule umane di cancro del colon, una delle quali è stata trattata a base di olio extravergine di oliva, ceci e fagioli. Nell'arco di due settimane le cellule non trattate si sono sviluppate in misura esponenziale, mentre la crescita del gruppo trattato ha presentato una crescita 12 volte inferiore.

NOVITÀ SULL'INFERTILITÀ MASCHILE Uno studio condotto dalle Università di Padova e Messina e pubblicato sulla rivista dell’Associazione medica americana, Jama (Journal of American Medical Association) dimostrerebbe come una piccola percentuale di bimbi maschi nati con il criptorchidismo (mancata discesa nella scroto di uno o di entrambi i testicoli) abbia maggiori possibilità rispetto agli altri di subire mutazioni genetiche, tra le quali la

sindrome di Klinefelter, considerata una delle cause dell’infertilità. I ricercatori italiani hanno seguito per un periodo di circa tre anni 600 bambini affetti da criptorchidismo e 300 privi della patologia. Si è così constatato che nei bambini con criptorchidismo le possibilità di mutazioni genetiche è superiore di 17 volte e che nel caso di criptorchidismo bilaterale le probabilità aumentano del 27%.

GENETICA E DEPRESSIONE GIOVANILE

I ricercatori dell'Istituto Scientifico E. Medea e dell'Università Vita-Salute San Raffaele hanno evidenziato che la combinazione di fattori genetici e psicosociali sarebbero alla base dei disturbi comportamentali nell'età dello sviluppo che possono portare alla depressione. La ricerca, volta a esaminare l'effetto della struttura famigliare e di due polimorfismi presenti in due geni del sistema serotoninergico (TPH2 G-703T e 5-HTTLPR) sui sintomi depressivi, ha coinvolto 607 preadolescenti italiani di età compresa tra i 10 e i 14 anni. Dalla ricerca è emerso non solo che alcune varianti genetiche e la non-integrità del nucleo familiare sono fattori indipendentemente e significativamente associati a un aumento dei problemi depressivi in adolescenza, ma anche che la co-presenza di entrambe le componenti di rischio, genetica e ambientale, interagiscono tra loro, contribuendo ad aumentare ulteriormente queste difficoltà.

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Censire gli impianti estetici

La Società di Chirurgia Plastica Ricostruttiva (SICPRE) ha reso noto che saranno censiti gli impianti estetici di protesi mammarie e filler iniettivi. La Società ha riferito, per bocca del Presidente Carlo D'Aniello, una decisione del sottosegretario al Welfare Francesca Martini. “Censire protesi mammarie e filler - spiega una nota - significa sapere quanti interventi vengono fatti in Italia, su quali pazienti e in quali strutture”. Questa nuova procedura avrà lo scopo di aumentare il controllo sulle pratiche chirurgiche e, soprattutto, la sicurezza per i pazienti; attualmente mancano infatti dati certi sulla diffusione del fenomeno e le registrazioni ufficiali dei casi di complicanze e di trattamenti non riusciti o che sono stati causa di danni permanenti, così come già avviene negli Stati Uniti.

Il cervello si autoripara Secondo il gruppo di ricerca italiano coordinato da Maria Pia Abbracchio del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell'Università di Milano e da Mauro Cimino dell'Università di Urbino, il cervello sarebbe capace di ripararsi da solo dopo ictus e trauma cerebrale o patologie neurodegenerative croniche quali Alzheimer o sclerosi multipla, reclutando cellule progenitrici immature per generare nuove cellule nervose.Nello studio viene illustrato come dopo una lesione ischemica cerebrale alcune cellule circostanti la zona lesa emettono un segnale di allarme che induce altre cellule – che possiedono il recettore GPR17 - ad attivarsi con finalità riparative. Il segnale di danno viene recepito soltanto da cellule che possiedono il recettore GPR17.

MEMORIA E STRESS Un pool di ricercatori dell’Università di Udine ha ipotizzato una disfunzione del meccanismo di soppressione della memoria in soggetti con patologie psichiatriche quali depressione maggiore e disturbo di personalità o in persone che hanno subito violenza sessuale o che presentano difficoltà relazionali. Secondo i ricercatori, le disfunzioni a carico del circuito neurale corteccia prefrontale ippocampo sarebbero alla base dei sintomi cognitivi caratteristici dei disturbi psichiatrici legati allo stress. Lo studio dell'Università di Udine ha coinvolto 10 pazienti con patologie psichiatriche, 5 affetti da depressione maggiore e 5 con personalità borderline, e altre 11 persone sane come gruppo di controllo.

CONTRO LA MALARIA

Due studi su larga scala, presentati in occasione del 57° Annual Meeting dell'American Society of Tropical Medicine & Hygiene tenutasi lo scorso dicembre a New Orleans, hanno dimostrato che la combinazione di due sostanze, la diidroartemisinina e la piperachina, ha un'efficacia comparabile a quella degli altri farmaci a base di artemisinina nel trattamento della malaria non complicata ed è in grado di proteggere i pazienti da nuove infezioni per almeno due mesi dopo il trattamento. Il tutto con un elevato profilo di tollerabilità e senza effetti collaterali di rilievo. Si tratta di una terapia tutta italiana che è in grado di affrontare in maniera efficace una malattia che colpisce 400-500 milioni di persone ogni anno in tutto il mondo, con oltre 1 milione di decessi.

Epilessia. Tutta colpa dei globuli bianchi?

Uno studio coordinato da Gabriela Constantin e Paolo Fabene dell’Università di Verona e pubblicato su Nature confermerebbe il ruolo svolto dai globuli bianchi nell’insorgenza delle crisi epilettiche. Lo studio, condotto su topi di laboratorio, avrebbe evidenziato nei vasi sanguigni cerebrali l'interazione tra globuli bianchi neutrofili e l'endotelio, in concomitanza di una crisi epilettica. Secondo i ricercatori sarebbe quindi possibile ridurre le crisi e impedire lo sviluppo della malattia impiegando anticorpi specifici che impediscano il legame tra leucociti ed endotelio vascolare.

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In copertina

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IL BENESSERE SECONDO

Sonia Grey

HA DETTO ADDIO ALLE FARINE RAFFINATE, SEGUE UNA DIETA SANA E PRATICA SPORT. SONIA GREY CONFESSA I SUOI SEGRETI, PER RAGGIUNGERE IL GIUSTO EQUILIBRIO PSICO-FISICO di Nausica Celsi

È

importante seguire una sana alimentazione e dedicare tempo alla corsa e alla meditazione». Così Sonia Grey combatte stress e stanchezza. E così rimane giovane, sconfiggendo i segni che la tirannia del tempo lascia inevitabilmente sulla nostra pelle. Dimostra meno dei 40 anni registrati sulla carta d’identità. Già una volta taroccata: quando le consigliarono di cambiare il nome d’origine, Sonia Colone, se voleva entrare nel mondo dello spettacolo. Da quel momento iniziò a farsi chiamare Sonia Grey. Una nuova identità che le ha portato molta fortuna visto che le 4 edizioni di Unomattina Estate, da lei condotte, sono state seguite da milioni di italiani. Dal 2005 conduce con grande successo, in termini di share, la trasmissione “Sabato e Domenica la TV che fa bene alla salute e In forma con Sonia, un altro format sui temi del benessere molto seguito dal pubblico televisivo. Da 9 anni si occupa in maniera sempre più impegnativa di salute, benessere e prevenzione, portando nelle case degli italiani il suo sorriso e un’informazione medico-scientifica sempre chiara e accessibile agli utenti. Oggi Sonia Grey non è solo una delle conduttrici più amate e seguite, è anche mamma, collabora alla stesura di libri, si sta laureando in Scienze della comunicazione, studia da 10 anni Programmazione Neuro Linguistica (PNL), è attiva nel sociale. Difficile essere una donna impegnata su così tanti fronti. Eppure lei, sempre sorridente, fa sembrare tutto semplice. La verità è che oggi Sonia è tutt’uno con il ruolo che riveste nel suo lavoro. Il suo stile di vita e il suo credo si identificano totalmente con quello che è lo spirito delle trasmissioni che conduce. Vive la

sua professione come una missione: dare un’informazione utile alla società, un messaggio che giunge nelle case dei telespettatori per dare consigli utili a vivere meglio. Una televisione di servizio, insomma - come ama definirla anche Sonia - il cui scopo principale è l’utilità. Dopo i suoi esordi nella tv di intrattenimento l’essere approdata ad un target di programmi di informazione medico-salutistica è stato il frutto di una scelta di tipo personale o professionale? «Il mio percorso professionale è coinciso con il percorso di vita. Nell’ambito della mia crescita ho iniziato ad avere una serie di attenzioni verso me stessa, entrando in un circolo virtuoso di benessere sempre maggiore. Lo studio di tematiche relative alla salute, le cognizioni tecniche acquisite nel tempo e la conoscenza del dottor Fabrizio Duranti, che è il mio medico da diversi anni, sono stati alcuni dei passaggi fondamentali che mi hanno portata a occuparmi di benessere e salute anche nella mia professione. Il primo passo in questa direzione, lavorativamente, è stato la conduzione di Vivere fino a 120 anni, una rubrica sul benessere che era inserita nella trasmissione Unomattina. Poi ci sono stati In forma con Sonia e Sabato e Domenica la tv che fa bene alla salute, la trasmissione del week-end che conduco dal 2005 con il giornalista Franco Di Mare su Raiuno». Da quale esigenza e quando nasce il suo interesse per ciò che riguarda la salute e il benessere? «Mi sono avvicinata alle tematiche del benessere nel 2001, in un periodo particolarmente difficile della mia vita. Per tutta una serie di avvenimenti e di esperienze dolorose stavo vivendo una fase molto negativa, dalla quale mi sembrava quasi impossibile usci-

PROTAGONISTA DEL VIVER SANO Dopo diverse partecipazioni a varie trasmissioni televisive, fra cui “Dibattito”, “Striscia la Notizia”, «Mezzogiorno in famiglia”, ha condotto per quattro edizioni “Uno Mattina”. Attualmente è alla guida della trasmissione del week-end ”Sabato & Domenica... la tv che fa bene alla salute” su Raiuno, insieme al giornalista Franco Di Mare

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Foto di Marinetta Saglio

DIVULGARE INFORMAZIONI IN AMBITO MEDICO-SCIENTIFICO ATTRAVERSO LA TELEVISIONE, SERVE A DARE ALLE PERSONE IMPORTANTI STRUMENTI PER MIGLIORARE LA PROPRIA SALUTE


In copertina re. Ad un certo punto, quando stavo per toccare il fondo, ho reagito iniziando una lenta e faticosa opera di ricostruzione delle mie certezze e della mia vita personale e professionale. Da quel momento la voglia di cambiare in meglio alcuni aspetti di me stessa e della mia esistenza e la mia naturale curiosità mi hanno spinta ad interessarmi dapprima a livello personale e poi anche nel lavoro al modo in cui salvaguardare la salute e il benessere». Quanto spazio ha nella sua vita il benessere? «La ricerca del benessere è fondamentale e prioritaria nella mia vita. Il giusto equilibrio del corpo e della mente è basilare per poter raggiungere qualsiasi meta sia nella vita privata che in quella lavorativa». Quali sono le regole fondamentali del vivere bene? «Premesso che uno stato di benessere è il frutto di tutta una serie di azioni e comportamenti che fanno sì che il nostro organismo funzioni perfettamente, penso che la base di tutto sia l’alimentazione. Il detto “siamo ciò che mangiamo” è sacrosanto. Un’alimentazione varia, bilanciata, che non ecceda nel consumo di cibi iper-calorici e pesanti all’organismo, è basilare. Fondamentali sono anche l’introduzione di frutta e verdura, sia per le vitamine che contengono sia per il benefico effetto delle fibre. Un altro punto fermo è l’attività fisica. Praticare con costanza uno sport garantisce risultati e benefici non solo a livello estetico e muscolare, ma anche per ciò che riguarda il miglioramento del tono dell’umore. Non dimentichiamo poi che l’esercizio fisico contribuisce a tenere sotto controllo il peso, la glicemia e di conseguenza è un ottimo antidoto per tutte le patologie cardio-vascolari. Attenzione a un nemico subdolo: lo stress. La tensione dovuta a stati di stress produce il cortisolo, un ormone che in grosse quantità determina stati di infiammazione, può influire negativamente sul livello della glicemia e tende a provocare un quadro ormonale alterato. Un altro nemico della salute dal quale bisogna guardarsi è il fumo, sia attivo che passivo. Sappiamo tutti a quali gravi patologie può portare l’abitudine di fumare. Per non

parlare dei radicali liberi. Basti pensare che il fumo di una sola sigaretta produce nell’organismo un trilione di radicali liberi. Il sonno è un altro aspetto importante del nostro benessere. Soprattutto la mancanza di un adeguato numero di ore di riposo determina una serie di squilibri neuro –vegetativi che vanno dall’abbassamento dei livelli di energia, con conseguente calo nel rendimento mentale, a stati depressivi più o meno latenti. La carenza di sonno è connessa anche all’appetito che può subire un incremento e quindi causare un aumento di peso indesiderato. L’alcool è una sostanza che va assunta con estrema parsimonia. Io non bevo vino abitualmente, se non nelle occasioni. Inoltre, tra le abitudini da centellinare c’è anche quella dei bagni di sole. Le overdosi di sole sono tra le principali responsabili dell’aumento di neoplasie cutanee e determinano la comparsa di alterazioni cutanee, macchie ed efelidi. Il fotoinvecchiamento indotto dal sole provoca la formazione di rughe, la distruzione delle fibre di collagene e la progressiva perdita dell’elasticità cutanea. Ultima cosa da ricordare, l’assunzione di integratori alimentari. Una dieta sana e che comprenda un po’ di tutto è un buon mezzo per introdurre vitamine e minerali. Però c’è da dire che i cibi che compriamo, pensiamo soprattutto alla frutta e alle verdure, purtroppo sono quasi sempre contaminati dall’utilizzo di sostanze chimiche. Inoltre i sistemi di produzione e distribuzione non sempre garantiscono la freschezza di ciò che portiamo in tavola. Tutto questo provoca la perdita di una cospicua quantità del patrimonio iniziale di vitamine e micronutrienti contenuti nei cibi. Come se non bastasse l’inquinamento ambientale ci porta ad avere bisogno di una grande quantità di antiossidanti e vitamine per fronteggiare gli attacchi di tutte le sostanze e i veleni che respiriamo attraverso l’aria e che ingeriamo mangiando. Va da sé che per difendere il nostro organismo in maniera efficace occorrono dosi supplementari di vitamine e minerali che possiamo reperire dagli integratori, che devono essere però di altissima qualità».

CONDUTTRICE MA NON SOLO Oltre alla carriera come conduttrice televisiva, Sonia Grey ha partecipato alla sit-com “Nonno Felice", al fianco di Gino Bramieri, nel ruolo della cassiera di fiducia del bar frequentato dal nonno. È stata la protagonista della fiction "Angelo Nero" e co-protagonista nelle prime due stagioni de “Il bello delle donne”

IL BENESSERE VIENE ANCHE DALLA TAVOLA

L’IMPORTANZA DI UN’ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA

Sonia Grey ha eliminato completamenti i cibi a base di farine raffinate. Banditi anche i dolci, tranne qualche quadratino di cioccolato fondente puro all’85% che oltre a soddisfare la golosità è un toccasana per l’umore. Aboliti pane e pasta, ammessa solo pasta “in zona”, mentre tra i cibi consumati quotidianamente non manca mai il pane, ma solo quello completamente integrale che prepara lei personalmente. Il principio basilare della “zona” è quello di evitare di introdurre cibi che determinino picchi nella produzione di insulina. Questo ormone, che mantiene stabile il livello di glucosio nel sangue, quando tali livelli superano un certo limite provvede a stoccare gli zuccheri in eccesso sotto forma di adipe. La giornata tipo di Sonia è davvero da manuale, tanto che oltre ad un’alimentazione bilanciata e ad una dose giornaliera di attività fisica, c’è anche il momento della meditazione. Si tratta di un tempo breve, circa 15 minuti. In questi scampoli di tempo Sonia si rigenera e ammortizza lo stress che un impegno come il suo comporta a livello mentale e fisico.

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In copertina

I RICONOSCIMENTI DI SONIA GREY

La giuria ha assegnato alla conduttrice il Premio Città di Fiumicino per la 17° edizione della manifestazione che viene organizzata dall’ACIS. Nell’ambito di questa iniziativa vengono dati dei riconoscimenti a coloro che nella loro professione si sono contraddistinti per l’impegno profuso a difesa dei principi di lealtà. Nel novembre 2008 Sonia Grey ha ricevuto il Premio AILA (Associazione Italiana per la lotta contro l’Artrosi e l’Osteoporosi) “Progetto Donna”, riconoscimento che viene insignito a personaggi che si sono distinti attraverso l’attività svolta in ambito medico, scientifico, politico, nel volontariato, nella cultura, nell’arte, nello sport o nel mondo della comunicazione. Inoltre la conduttrice è testimonial dell’ Associazione Diabete Giovanile Italia per il progetto “Io muovo la mia vita” che ha l’intento di dare un importante messaggio soprattutto a coloro che sono obesi e/o diabetici. Una parte del ricavato dalle vendite del ”Calendario della salute”, realizzato da Sonia Grey, è stato destinato all’Associazione Diabete Giovanile Italia.

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Parlando di “altissima qualità” a che prodotti ti riferisci? Come si individua un integratore di ottima qualità nell’ambito di un mercato che offre una miriade di prodotti? «Per la scelta degli integratori consiglierei ai lettori di consultare nel mio sito ufficiale (www.soniagrey.it, ndr) la pagina dedicata proprio agli integratori alimentari che viene aggiornata costantemente con le informazioni più recenti in questo campo». Quanto è importante il ruolo dei mass media nell’informazione diretta a tutelare la salute? «Divulgare informazioni in ambito medico-scientifico attraverso la televisione, gli organi di stampa e il web serve a dare alle persone importanti strumenti per poter migliorare la propria salute. A volte gli utenti si trovano in difficoltà perché non c’è omogeneità nell’informazione e quindi destreggiarsi in un mare di nozioni diventa un’impresa ardua. Bisogna cercare di riconoscere le linee guida comuni». Che tipo di alimentazione segue? «Da tempo ho rinunciato alle farine raffinate perché sono responsabili di molti disturbi. Uso solo carboidrati preparati con farine integrali, di farro, di avena e di kamut. Ho cominciato a preparare il pane in casa mescolando varie farine integrali a semi di girasole, di zucca e di lino. Consumo molta frutta e verdura. Inserisco nella mia dieta occasionalmente il latte vaccino e i suoi derivati, limitandomi però solo al biologico. Stesso discorso anche per le uova, le mangio purché provengano da allevamenti biologici. Non aggiungo saccarosio né altri dolcificanti naturali né di sintesi alle bevande. Dedico ogni giorno 15-20 minuti alla meditazione perché traggo grande benessere e lucidità da questa pratica. Per quanto riguarda l’attività sportiva corro 4 o 5 volte a settimana, preferibilmente al mattino a digiuno per favorire il gh, l’ormone della crescita. Una volta a settimana faccio nella palestra che ho a casa degli esercizi di body building per tonificare la parte superiore del corpo». Qual è il segreto della grande forza che impiega nell’affrontare i suoi impegni quotidiani? «Nonostante le immancabili difficoltà sono sempre riuscita ad andare avanti. Con l’energia, la volontà e ripetendomi “ce la farò”. Dalla mia ho un grande motore interiore che mi spinge a fare. Il mio stile di vita contribuisce sicuramente a darmi tanta energia. Quando gli impegni di lavoro me lo consentono mi ritaglio dei momenti in cui leggo e sto un po’ da sola con me stessa». I progetti ci sono nel suo futuro professionale? «Fino a giugno ci sarà ancora la televisione e la conduzione del programma Sabato e Domenica ..la tv che fa bene alla salute, parallelamente mi occuperò di condurre degli speciali correlati al mio lavoro in Rai. Un altro impegno che mi appassiona ormai da quasi 10


Foto di: Alessandro Canestrelli

anni è lo studio della Programmazione Neuro Linguistica. Mi sono avvicinata per la mia innata curiosità alla PNL, metodica nata negli anni ’70 che analizza i comportamenti delle persone che riescono a raggiungere nella vita un buon grado di soddisfazione sia nell’ambito della realizzazione professionale che nei rapporti umani. La PNL è un ramo dell’analisi comportamentale che mi affascina molto. Studiare la struttura del pensiero e il modo in cui si organizzano le idee nella mente di soggetti che in qualche modo potremmo definire “vincenti nella vita” è il primo passo verso l’acquisizione di modelli comportamentali utili. La PNL insegna a mettere ordine nel nostro cervello, a capire quali sono gli obiettivi da non perdere di vista, a guidare pensiero ed azioni verso la nostra realizzazione e il raggiungimento dell’ equilibrio fra mente e corpo». Che importanza dà all’estetica e cosa pensa della ricerca della bellezza a tutti i costi? «In realtà anche l’estetica rientra fra i miei interessi. Credo comunque che se si seguono sane abitudini di vita anche l’aspetto della pelle, dei capelli e la forma fisica ne guadagnino. La bellezza esteriore è il riflesso di uno stato d’animo sereno e del raggiungimento dell’equilibrio psico-fisico. Quindi direi che la bellezza va cercata prima dentro se stessi. Per quanto riguarda l’ossessione per la bellezza che porta anche ad abusare di trattamenti con botox e filler, fino ad arrivare alla chirurgia vera e propria, personalmente penso i modi per avere un viso fresco e una pelle luminosa siano più di uno e non necessariamente quelli più veloci e conosciuti. Ci sono trattamenti assolutamente naturali che danno risultati ottimi. Una delle sostanze organiche naturali in grado di ridare splendore alla pelle è il silicio. Questo minerale viene prodotto dall’organismo e favorisce l’idratazione cutanea aumentando l’elasticità della pelle e contribuendo a ridurre le rughe. Può essere introdotto nell’organismo, che da una certa età in poi ne produce quantità sempre minori, per via orale sotto forma di integratori o essere iniettato sottocute. Il trattamento con micro-ineizioni di silicio effettuate sul viso, essendo il silicio una sostanza presente nel nostro corpo, è molto ben tollerato. L’unica accortezza da avere è quella di rivolgersi a medici altamente qualificati per effettuare il trattamento con il silicio». Se non avesse svolto il lavoro che fa quali professione avrebbe scelto nella vita? «Sono innamorata del mio mestiere e lo faccio da sempre con grande passione ed entusiasmo, cercando di dare il massimo nella mia professione. Credo che avrei potuto fare solo ciò che faccio. Ho sempre pensato che il mondo dello spettacolo fosse il mio mondo». (Per un filo diretto con Sonia Grey visitate il sito www.soniagrey.it o iscrivetevi al suo fanclub su Facebook)


CASI SEMPRE PIÙ FREQUENTI Tre milioni di italiani, al 90% donne, sono colpiti da disturbi dell’alimentazione: nei casi più gravi da anoressia e bulimia. Una delle fasce di età più critiche è l’adolescenza, con un picco intorno ai 19 - 20 anni. Le ragazze anoressiche hanno un’alterata percezione del proprio corpo e una bassa autostima

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Primopiano

QUESTA MODA

così sbagliata

L'ANORESSIA E LA BULIMIA CONTINUANO A IMPERVERSARE INDISTURBATE NEL MONDO DELLE PASSERELLE. MASS MEDIA E STAR SYSTEM SEMBRANO NON ACCORGERSENE. MA IL PROBLEMA C'È E CONTINUA A INTERESSARE SEMPRE PIÙ RAGAZZE

N

egli ultimi anni si sono verificati alcuni decessi tra le modelle più note delle passerelle internazionali a causa dell’eccessiva magrezza (40 kg per 174 cm di altezza, o ancora, 23 kg per 170 cm). Il Governo spagnolo di Zapatero si è mostrato per primo sensibile al tema, chiedendo ufficialmente alle più importanti case di moda di eliminare dalle sfilate la taglia 38. Il 23 gennaio 2007 è stata così emanata una Legge, in accordo con le principali Associazioni di categoria, che prevede il divieto di far sfilare le modelle con un Indice di Massa Corporea inferiore a 18,5 (ICM è l’indice utilizzato a livello internazionale per classificare il sottopeso, sovrappeso e obesità). Anche in Italia, in seguito alla divulgazione di dati allarmanti sull’incidenza dei disturbi alimentari, Giovanna Melandri – ex Ministro per le Politiche Giovanili – ha lanciato un appello alla moda Made in Italy, coinvolgendo gli organi istituzionali e i rappresentanti degli imprenditori del settore. Obiettivo: creare un Tavolo di lavoro per la stesura di un vero e proprio Manifesto di autoregolamentazione, poi firmato nel dicembre 2006. Il Manifesto rappresenta un impegno per la tutela della salute delle modelle attraverso strumenti concreti, quali l’esclusione di modelle

di Paola Pattini, Laura Beccia, Silvia Domenichini, Riccardo Paoli

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Primopiano UN PROBLEMA DA NON SOTTOVALUTARE

INTERVISTA A UN FOTOGRAFO E A UNA PERSONA DI UN’ AGENZIA MILANESE DI MODELLE

Conoscete il Manifesto della Moda? «Siamo venuti a conoscenza del manifesto successivamente al momento in cui il mondo della moda ha perso due sue modelle. Anche se da sempre eravamo a conoscenza del problema. A grandi linee sappiamo che l'intento è quello di regolamentare i canoni estetici della moda». Cosa ne pensate? «Siamo consci del fatto che il rispetto delle regole del manifesto potrebbe essere indubbiamente d'aiuto per risolvere alcuni problemi che affliggono l'ambiente ma, questo non avviene». Quando è stato pubblicato il Manifesto se ne è parlato e in che termini nel mondo della moda? «Non se ne è parlato molto nell'ambiente della moda, ma siamo dell'opinione che l'anoressia

non sia un problema solo del mondo della moda. La causa di questo malessere è attribuibile allo stereotipo che i media quotidianamente ci propinano. Le cause quindi, sono da attribuire a un sistema molto più generalizzato e non circoscritto solamente al nostro mondo». Ne avete parlato con i colleghi che lavorano nell'ambiente moda? «Abbiamo più volte parlato del problema e conveniamo sul fatto che oggi, a differenza di anni fa, chiunque venga spinto a perseguire un ideale irraggiungibile, questo non può che scatenare un forte malessere qualora non si riesca a raggiungere lo stereotipo che gli viene imposto». Cosa dicevano gli specialisti del settore? «Che i disturbi alimentari sono in primis un malessere più ampio che affligge la società in genere». Come è stato accolto? «Inizialmente ha destato interesse e speranza ma purtroppo sino ad ora poco è cambiato, nulla si è risolto, e il problema continua ad affliggere molte ragazze».

il cui certificato medico rivelasse la presenza di un disturbo alimentare, nonché di età inferiore ai 16 anni, poiché ancora troppo giovani per il mondo del professionismo. Il passo successivo ha visto il tentativo di diffondere il Manifesto tra gli operatori della moda: stilisti, agenzie di modelle, fotografi, make-up artist e riviste specializzate. A distanza di due anni l’allarme, però, non è diminuito: anche il 2008 ha visto la messa in campo di iniziative patrocinate da organi istituzionali in collaborazione con il mondo della moda, volte alla prevenzione dei disturbi alimentari. Oggi ci si chiede se tali azioni abbiano effettivamente contribuito a trasmettere quel “modello di bellezza sano, solare, generoso e mediterraneo che l’Italia ha contribuito a diffondere nel mondo (Manifesto nazionale di autoregolamentazione della moda italiana contro l’anoressia). La nostra domanda è lecita: da un lato le passerelle continuano, infatti, a proporre figure scheletriche, dall’altro i media perseverano nell’esaltare modelli di eccessiva magrezza. Da uno sguardo alle copertine dei magazine è lampante la correlazione diretta tra spazio dedicato alle celebrità e magrezza: pur di camminare sul “tappeto rosso” si impongono diete iperproteiche, attività fisica molto in24 Dossier Medicina

Ha comportato dei cambiamenti nel settore della moda? «Pochi, anzi nessuno!». Sono rilevabili oggi delle differenze tra il nostro e altri Paesi in merito all’attenzione che viene posta a questa tipologia di problemi? «Sì, la Spagna è l'unico Paese che ha effettivamente imposto i canoni estetici di riferimento e di fatto, obbligando gli stilisti a non lavorare con modelle che avessero un IMC inferiore 18,5. Per altro, comunque, i canoni estetici spagnoli erano già sostanzialmente differenti rispetto a quelli degli altri mercati. Nonostante ciò in Spagna, come in tutti gli altri Paesi, si continuano a vedere sui giornali modelle iper-magre». In che modo sono visti i disturbi alimentari nel vostro settore? «Nel settore i disturbi alimentari vengono cinicamente non vissuti. Purtroppo si preferisce far finta di nulla, tanto a farne le spese non sono né i nostri figli né i figli dei conoscenti: sono delle giovanissime donne supportate da agenti e famiglie a cui forse interessano più i profitti economici».

tensa, digiuni periodici e assunzione di sostanze che riducono l’appetito. Il risultato è l’alternanza di fasi di eccessiva magrezza a fasi di sovrappeso (poiché la fame vince e si perde il controllo), in cui i media non mancano di sferrare il proprio attacco alla star di turno criticandola e colpevolizzandola ferocemente. Ancora oggi, quindi, il cliché “magro = bello = vincente e di successo” non è passato di moda e continua a rappresentare un imperativo sociale. Ma che cosa spinge solo alcune ragazze a perseguire un ideale di magrezza assoluto e a esercitare un controllo rigido sul peso e sulle forme corporee tale da sviluppare un vero e proprio disturbo alimentare? LE CAUSE

Per le origini dell’Anoressia Nervosa, così come per la maggior parte dei disturbi psichici, non sono stati individuati ad oggi specifici nessi di causa-effetto, piuttosto molteplici fattori di rischio o predisponenti che, combinandosi tra loro, possono concorrere all’insorgenza del disturbo. Tra i fattori predisponenti vi sono: 1) caratteristiche famigliari: spesso i genitori sono ipercritici e ansiosi e investono i figli di aspettative elevate; le mamme sono talvolta insoddisfatte del proprio aspetto fisico e interpretano la


QUALI SONO I SINTOMI DELL’ANORESSIA?

Un dimagrimento eccessivo non significa necessariamente essere malati di anoressia. Per riconoscere nei nostri figli questa malattia bisogna stare attenti alla comparsa di alcuni dei seguenti sintomi e comportamenti: 1) eccessiva perdita del peso corporeo; 2) tendenza a nascondersi quando si mangia; 3) assunzione di diuretici e lassativi senza una precisa indicazione medica; 4) pur essendo magri si rifiuta di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima ritenuta normale; 5) costante paura di ingrassare anche se si è notevolmente sottopeso; 6) ossessione del peso e dell’aspetto fisico, e quindi misurazione continua e giornaliera del proprio peso corporeo e pratica sportiva in modo eccessivo allo scopo di bruciare calorie; 7) presenza di amenorrea (scomparsa del ciclo mestruale).


Primopiano L’ASSENZA DI CIBO DANNEGGIA IL CORPO

Gravissime sono le conseguenze che l’anoressia provoca al nostro organismo

CUORE La carenza di cibo indebolisce il cuore, che non riceve più l’energia sufficiente per poter funzionare bene. Tutti gli anoressici si sentono costantemente deboli e spesso hanno freddo. L’assenza di alcuni minerali, a causa di una prolungata riduzione degli alimenti, potrebbe causare delle aritmie dovute soprattutto alla mancanza di potassio. INTESTINO Nei casi di anoressia l’intestino disimpara a lavorare e diventa lentamente sempre più pigro. Il senso della fame tende a diminuire e a volte addirittura a sparire, si accusano dolori all’addome, mentre l’avversione per il cibo aumenta. ORMONI Notevoli perdite di peso influenzano anche la produzione di certi ormoni, in particolare di quelli sessuali. Se ciò accade in una persona molto giovane, si verificano squilibri nell’avvio della pubertà. Invece quando i sintomi dell’anoressia compaiono in età adulta può verificarsi un calo della libido, che può determinare anche l’impotenza. In motissimi casi, quando i sintomi sono prolungati, si diventa anche sterili. PELLE Le persone che presentano i sintomi dell’anoressia hanno una pelle secca e danneggiata. Gli squilibri ormonali comportano la costante produzione di una fine peluria presente sulle guance, sulla schiena, sul collo e sul petto. CERVELLO Nel cervello delle persone anoressiche si verifica uno squilibrio di alcuni neurotrasmettitori, e in particolare della serotonina, che può causare quei pensieri ossessivi tipici dei disturbi del comportamento alimentare. CAPELLI

La mancanza di proteine può causare anche l’indebolimento dei capelli, che diventano sottilli e molto fragili.

MUSCOLI I muscoli vengono autodigeriti dall’organismo, che ha bisogno di proteine e non riesce a recuperarle attraverso il cibo. Vengono così intaccati i muscoli (anche la muscolatura del cuore) per ricavare le proteine di cui sono formati. OSSA Le ossa perdono velocemente il calcio e altri minerali. Non trovando queste sostanze negli alimenti, il nostro organismo è costretto a cercarlo nello scheletro, che va progressivamente incontro a un processo di osteoporosi.

dieta come un vero e proprio “stile di vita”. 2) caratteristiche individuali: tendenza al perfezionismo e al controllo estesi a diverse aree della propria vita (per es. sui risultati scolastici e sportivi), tratti di ossessività (per es. eccessiva scrupolosità e meticolosità nell’ordine), presenza di un lieve sovrappeso, bassa autostima e difficoltà nelle relazioni interpersonali in cui prevale il senso di inadeguatezza. Alla predisposizione per lo sviluppo di un disturbo alimentare si sovrappongono poi alcuni fattori aggravanti, quali eventi di vita stressanti (per es. lutto, trasloco, separazione dei genitori, interruzione di una relazione significativa, commenti negativi sul proprio aspetto fisico) che innescano i sintomi della patologia: si inizia così una dieta che diventa sempre più assoluta, rigida e restrittiva e il peso e le forme corporee divengono il “termometro” del valore di sé. COME SI MANIFESTANO

Le pazienti, come abbiamo visto sopra, tendono a giudicare se stesse e il proprio valore prevalentemente sulla base della forma e del peso corporeo e ritengono che si stimeranno di più e, conseguentemente, soffriranno meno e avranno più successo, se riu26 Dossier Medicina

sciranno a diventare più magre. Quindi, sensazioni di inadeguatezza e di scarsa efficacia personale inducono la ricerca e il mantenimento attivo di un basso peso corporeo, come “soluzione magica” alle proprie difficoltà, attraverso diete fortemente restrittive e ipocaloriche ed esercizio fisico intenso finalizzato a perdere peso e a consumare le calorie ingerite. Questi comportamenti possono essere affiancati da altre modalità di controllo non salutare sul peso, come abuso di diuretici e lassativi o vomito autoindotto. Al calo ponderale seguono amenorrea (assenza del ciclo mestruale), difficoltà di concentrazione a causa sia della sindrome da digiuno sia di una costante preoccupazione per il peso e le forme corporee, depressione e talvolta isolamento sociale. La restrizione alimentare e i rituali di evitamento del cibo possono anche provocare la perdita di controllo sull’alimentazione con la conseguente comparsa delle “abbuffate” (ingestione di notevoli quantità di cibo in un tempo limitato). Si innesca così un circolo vizioso caratterizzato dall’alternanza tra dieta ferrea e abbuffate, meccanismo che nella sua ripetitività costituisce uno degli aspetti di mantenimento del disturbo, unitamente alla presenza comportamenti di


SMISURATA VOGLIA DI MANGIARE L’anoressia, contrariamente a quanto si pensa, non consiste nell’assenza di fame, ma invece comporta una voglia smisurata di mangiare, associata alla paura di non potersi controllare se si cede alla tentazione di iniziare. Il meccanismo che scatena questo paradosso è un disturbo percettivo della propria immagine corporea: vale a dire che una persona si percepisce diversa da come appare e questa dimensione diminuisce la sua autostima

body checking (es. misurarsi i fianchi e le cosce continuamente, salire di frequente sulla bilancia) e all’evitamento di situazioni in cui il corpo è esposto allo sguardo altrui (es. evitare di indossare costumi da bagno o abiti aderenti). COME SI CURANO

I più recenti studi sugli esiti degli interventi psicoterapeutici hanno dimostrato che la psicoterapia cognitivo-comportamentale e l’approccio multidisciplinare rappresentano i percorsi di cura più efficaci nel trattamento dei disturbi alimentari. Infatti, data la complessità e la molteplicità dei fattori implicati non si può prescindere da un lavoro integrato, che abbia come obiettivi sia la risoluzione dei sintomi sia la modifica dei comportamenti e delle credenze disfunzionali che li mantengono. Il percorso di cura deve quindi articolarsi nei seguenti step: fase diagnostica, che comprende anche l’analisi della mo-

tivazione al cambiamento; costruzione del progetto terapeutico e di una relazione di collaborazione verso scopi condivisi; interruzione dei sintomi e della loro ripetitività; graduale costruzione di un progetto di efficacia personale che lentamente si sovrapponga, per poi sostituirla, alla tendenza alla soluzione anoressica come unica strategia da sempre utilizzata. In parallelo alla psicoterapia, sono anche utili un monitoraggio medico specialistico che tuteli la paziente dalle complicanze organiche legate alla patologia (anomalie cardiovascolari, endocrine, gastrointestinali, osteoporosi, ecc.) e una supervisione nutrizionale. All’interno del percorso terapeutico possono essere inoltre coinvolti anche i famigliari, poiché spesso si trovano impreparati e disorientati di fronte a questo tipo di patologie, non potendo così fornire il giusto supporto necessario. Per informazioni CIDA – Centro Italiano Disturbi Alimentari Foro Buonaparte, 57 - 20121 Milano - Tel 348.5233323 Fax: 02.36554665 - cida@studicognitivi.net www.studicognitivi.net/cida.html

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Primopiano

LE INSIDIE del sesso SONO SEMPRE PIÙ FREQUENTI I CASI DI MALATTIE SESSUALI TRA I GIOVANI. LA PREVENZIONE GIOCA UN RUOLO DETERMINANTE NELLA BATTAGLIA CONTRO ALCUNE INFEZIONI. ECCO DEI CONSIGLI DA METTERE IN ATTO di Victor J. Rotoli

L

e Malattie Sessualmente Trasmissibili (MTS) o Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) sono malattie il cui modo di trasmissione o diffusione è principalmente per contagio diretto in occasione di attività sessuali. Costituiscono uno dei più seri problemi di salute pubblica in tutto il mondo, sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Sono in genere causate dalla trasmissione di batteri, virus, parassiti o funghi che passano da un corpo all'altro attraverso il contatto della pelle (o delle mucose genitali) o con liquidi organici infetti. Sembrava che dopo la seconda guerra mondiale, con l'avvento della penicillina tali problemi sarebbero divenuti obsoleti. In verità dopo un periodo di progressiva diminuzione si è assistito negli ultimi decenni ad un progressivo e co-

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stante aumento epidemiologico. Ogni anno in tutto il mondo 330 milioni di persone contraggono una malattia a trasmissione sessuale. La più diffusa è la tricomoniasi (120 milioni di casi), seguono le infezioni da clamidia (50 milioni) e la gonorrea (25 milioni). Gli uomini sono più colpiti delle donne. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1990 ha stimato che annualmente nel mondo si verificano più di 250 milioni di nuovi casi di MTS-IST. Nel 2006 la stessa OMS riporta negli USA un’incidenza di 19 milioni di nuovi casi all’anno di MTS-IST, di cui circa la metà dei casi nei giovani tra i 15 ed i 24 anni. Alcune malattie veneree (epatite B/C, Aids e sifilide) possono essere trasmesse tramite le conserve di sangue e i prodotti ematici o lo scambio di siringhe tra tossicodipendenti. Alcune infezioni si contraggono tramite l'uso in comune di asciugamani, articoli da toeletta e altro, ma si tratta di casi estremamente rari. Un contagio con goccioline (tosse, starnuti) è escluso. Nei comuni contatti sociali (lavori di casa, ufficio, mezzi pubblici, viaggi e simili) è impossibile infettarsi a condizione che si rispettino le abituali norme igieniche. La maggior parte delle MST (ad eccezione soprattutto dell'epatite B e dell'Aids) si manifesta inizialmente nelle zone del corpo in cui è avvenuto il contatto, quindi sul pene, nella vagina e sulle labbra della vulva. Possono essere colpiti anche l'ano e la cavità orale. Alcune di queste malattie sono semplicemente fastidiose, altre invece molto pericolose: se non curate possono estendersi a tutto il corpo e causare danni in parte gravi e irreparabili, come sterilità, lesioni cerebrali o cecità. È possibile fare una prima distinzione in due gruppi riguardo a queste patologie : quelle ad esclusiva trasmissione sessuale come la sifilide, la gonorrea, l’herpes genitale, la clamydia trachomatis e la condilomatosi genitale e quelle che si trasmettono anche con altre modalità come epatite B e C e l’ AIDS). GONORREA (o blenorragia)

DANNI IRREPARABILI Alcune malattie sessualmente trasmissibili (MTS) sono semplicemente fastidiose, altre invece molto pericolose: se non curate possono estendersi a tutto il corpo e causare danni irreparabili, come sterilità, lesioni cerebrali o cecità

È un'infezione batterica causata dal Neisseria gonorrhoeae. Può portare all'infezione dell'uretra, della cervice, del retto e della gola. Tuttavia molte persone non sanno di avere la Gonorrea, poiché, sebbene siano infettate, non hanno nessun sintomo. La Gonorrea è trasmessa solo attraverso contatto sessuale con una persona infetta. L’incubazione è breve (2-10 gg). Può avere un effetto deleterio sui genitali, sul retto o sulla gola. Nell’uomo si manifesta classicamente con una uretrite purulenta (con secrezione giallo-verdognola). Nella donna si presenta con una cervicite e i maggiori sintomi sono aumento delle secrezioni vaginali, bruciori, piccole emorragie. L'infezione del retto può accadere facendo sesso anale ricettivo. Nelle donne, l'infezione del retto accade più frequentemente attraver-

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Primopiano so diffusione dell'infezione dalla vagina. L'infezione della gola avviene facendo sesso genitale-orale con partner infetti. Nella gola, la Gonorrea può causare soprattuto infiammazione. La diagnosi viene effettuata mediante tecniche di laboratorio che vanno ad esaminare il materiale prelevato dal canale endocervicale, dall'uretra e dal retto. La terapia si basa soprattutto sull'utilizzo di antibiotici tra cui la penicillina, le tetracicline e l'eritromicina. Le principali complicazioni dell'infezione gonococcica sono l'infezione disseminata e la malattia infiammatoria pelvica. CONDILOMI ACUMINATI

Comunemente conosciuti con il termine di “creste di gallo” sono lesioni causate dal virus HPV (Human Papilloma Virus). La via di trasmissione è solo sessuale e avviene per diretto contatto con regioni cutanee infette o mediante rapporto sessuale. L’incubazione varia da qualche giorno a diversi mesi dopo il contagio. Sono delle piccole escrescenze di colore roseo, a superficie rugosa. Si possono localizzare in qualsiasi zona dei genitali (glande ed uretra per l’uomo, uretra e vagina per la donna). Tuttavia circa il 50% degli individui infetti non sviluppano mai verruche genitali, ma sono comunque capaci di trasmettere il virus agli altri. Fino a qualche tempo fa l'unica soluzione era l'intervento chirurgico come la diatermocoagulazione, escissione chirurgica e la laserterapia, ora invece possono essere sufficienti pomate specifiche. Alcune specie del virus papilloma sono associate ad aumento del tumore alla cervice. Inoltre le lesioni possono favorire il diffondersi di altre malattie a trasmissione sessuale quali l'Aids. L'uso dei profilattici di lattice o di poliuretano durante i rapporti sessuali può aiutare a ridurre il rischio di trasmissione, ma è bene sottolineare che la trasmissione può comunque avvenire se le verruche sono in parti del corpo non coperte dal profilattico. HERPES GENITALE

È caratterizzata dall’eruzione di vescicole dolorose sulla cute e sulle mucose dei genitali dovuta al virus Herpes Simplex di tipo 2 (HSV-2). L’esposizione iniziale al virus determina una sintomatologia acuta, ma la malattia può essere anche asintomatica. L’infezione si manifesta 4-7 giorni dopo il contagio con prurito intenso e bruciore, cui segue la comparsa di vescicole piene di liquido chiaro, con gonfiore e dolore dei linfonodi inguinali. Quando le vescicole si rompono, formano delle piccole ulcere che si trasformano in croste in circa 10 giorni. La malattia però non guarisce del tutto, in quanto il virus ha la capacità di nascondersi nei gangli nervosi, da dove in seguito, può riprendere a svilupparsi. L'esposizione iniziale al virus determina una sintomatologia acuta e un forte disagio, ma la malattia può essere anche asintomatica. 30 Dossier Medicina

Dopo l'infezione il virus diviene latente e il o la paziente corre il rischio di manifestare l'herpes in maniera ricorrente, di trasmettere potenzialmente il virus al neonato, di vedere riattivarsi la malattia nel caso di immuno soppressione e di possibili tumori maligni. Le complicazioni locali dell'HSV genitale comprendono: infezione dell'uretra e della vescica con ritenzione urinaria e infezioni batteriche secondarie della cute. La diagnosi viene fatta prima di tutto clinicamente. La comparsa di lesioni erpetiche tipiche che si trasformano da vescicole in ulcere e guariscono senza cicatrice è inequivocabile per la diagnosi. Procedimenti di laboratorio possono confermare l'impressione clinica. Il metodo piu affidabile è la coltura, benchè anche i test sierologici possono essere utili per identificare l'infezione genitale del primo episodio dell'HSV primaria. Per la terapia esistono numerosi farmaci specifici antivirali insieme a un vaccino per evitare la ricomparsa della patologia. ULCERA VENEREA (o ulcera molle)

L’ulcera venerea (o cancroide), conosciuta come ulcera molle, è causata dal batterio hemophilus ducreyi, ed è una delle malattie veneree minori, non solo perchè si verifica di rado ma anche perchè le manifestazioni sono locali e non sistemiche e quindi non costituiscono alcuna minaccia per la vita. Il periodo di incubazione è di 3-7 giorni. Inizialmente


MILIONI DI PERSONE COINVOLTE Ogni anno in tutto il mondo 330 milioni di persone contraggono una malattia a trasmissione sessuale. La più diffusa è la tricomoniasi (120 milioni di casi), seguono le infezioni da clamidia (50 milioni) e la gonorrea (25 milioni). Gli uomini sono più colpiti delle donne

disturbi provocati dall’infezione da Clamidia, che interessano l’apparato genitale femminile, con sintomi vaghi, diagnosi molto difficili da effettuare e terapie lunghe e spesso solo parzialmente efficaci. Sono infezioni che si estendono a tutte le componenti della pelvi, possono essere all’origine di infiammazione delle tube, delle ovaie, dell’utero, con formazione di aderenze, dolori al basso ventre anche molto intensi, riduzione della fertilità, disturbi urinari. CANDIDOSI

La Candidosi genitale è determinata da un micete (Genital Candidiasis), che determina nel maschio arrossamento e prurito sul glande con la presenza di una caratteristica patina biancastra a questo livello. Nella donna si hanno perdite biancastre, dolore durante i rapporti, prurito e bruciore. TRICOMONIASI

Il Trichomonas è un protozoo che si trasmette sessualmente o indirettamente. La donna sviluppa una vaginite che può essere asintomatica, oppure diagnosticata in seguito alla comparsa di perdite vaginali di colore giallastro-verdastro, a volte schiumose, accompagnate da prurito, e causa di dolore durante il rapporto sessuale o la minzione. L’uomo contrae invece un’uretrite, generalmente poco fastidiosa.

L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ (OMS) NEL 1990 HA STIMATO CHE ANNUALMENTE NEL MONDO SI VERIFICANO PIÙ DI 250 MILIONI DI NUOVI CASI DI MALATTIE SESSUALMENTE TRASMISSIBILI compaiono papule, che spesso si trasformano in ulcerazioni di varie dimensioni, piatte, arrossate e dolenti. Le ulcere sono solitamente localizzate al glande negli uomini e nelle grandi labbra della vulva nelle donne. Contemporaneamente, i linfonodi dell’inguine si ingrossano e diventano dolenti, talora vanno in suppurazione e possono generare una fistola. La diagnosi si basa soprattutto sui sintomi, poiché l’isolamento del germe è piuttosto difficoltoso. La terapia antibiotica con cefalosporine è in genere efficace. Occorre tenere sotto controllo per alcune settimane anche gli eventuali partner sessuali. CLAMIDIA

La Clamidia Trachomatis è l’agente patogeno umano delle infezioni da Clamidia. Varie sono le condizioni cliniche causate dalla Clamidia Trachomatis: negli uomini provoca uretrite, epididimite; nelle donne, cervicite, Bartolinite, salpingite, annessite, sindrome di Fitz-Hugh-Curtis, sindrome uretrale acuta, endometrite puerperale. Sia negli uomini che nelle donne può determinare anche: tracoma endemico, congiuntivite da inclusi, proctite. Esiste un gruppo importante di

VAGINITE NON SPECIFICA

L‘organismo generalmente associato alla vaginite non specifica, è noto con il nome gardnerella vaginalis. Le pazienti si lamentano di un cattivo odore simile a quello del pesce più che della perdita vaginale. La perdita è di colore variabile: dal grigio al bianco omogeneo, di bassa viscosità e presente sulle pareti vaginali. L’uomo se è asintomatico, non va trattato. SIFILIDE

L'agente causale della malattia è una spirocheta, il trepomena pallidum e si sviluppa preferibilmente in bocca e nella regione anogenitale. Il periodo di incubazione della sifilide varia generalmente tra i 10 e i 90 giorni (media 21 giorni), la maggior parte dei pazienti sviluppano la malattia primaria entro le sei settimane dal contagio. All’inizio si manifesta sulla cute e sulle mucose, successivamente invade tutti gli altri organi, fino ad arrivare a complicazioni molto gravi, se non curata tempestivamente. Nella sifilide primaria il sifiloma (ulcera che compare nel punto del contagio) regredisce da solo. Le localizzazioni della sifilide primaria nella donna sono cervice uterina e piccole labbra; nel-


Primopiano BISOGNA PUNTARE SULLA PREVENZIONE

La prevenzione sta alla base di ogni strategia per ridurre la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili. Bisogna promuovere una maggiore informazione e l'uso dei profilattici. Si deve anche cercare di scoprire gli individui portatori di malattia, cioè quelle persone che non manifestano sintomi ma possono trasmettere la patologia, in modo da evitare altri contagi o recidive (ricadute). Non è facile perché spesso l'ignoranza o la malafede portano a nascondere questo tipo di malattie e quindi si arriva al coinvolgimento di partner ignari o, peggio, di nascituri.

LE MTS SONO UN PROBLEMA DI SALUTE PUBBLICA NEL MONDO, SIA NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO SIA IN QUELLI INDUSTRIALIZZATI l’uomo si localizza nel pene, nel canale anale o nel retto. Nella sifilide secondaria, dopo alcune settimane si avvertono disturbi vari come cefalea, dolori ossei, ingrossamento dei linfonodi, associati ad eruzioni cutanee. Nelle sifilide terziaria si hanno complicanze neurologiche. La terapia per la Sifilide primaria e secondaria è la penicillina. EPATITE Virale

L'epatite è una delle malattie trasmesse per via sessuale più gravi e menomanti. Sia l'epatite A, conosciuta anche come epatite infettiva, sia l'epatite B, conosciuta come epatite del siero, che l'epatite non A-non B, possono essere trasmesse in diversi modi. L'epatite virale, sia essa di tipo A, B o non A-non B, presenta diverse fasi cliniche. Dopo l'ingresso del virus si ha un periodo durante il quale quest'ultimo rimane asintomatico. Questo periodo di incubazione dura 21-45 gg per l'epatite A; 30-130 gg. per l'epatite B; periodo intermedio fra i due precedenti per l'epatite non A-non B. Dopo il periodo di incubazione il paziente è sintomatico, ma di solito all'inizio può rimanere anitterico, anche se talvolta l'ittero può essere il primo sintomo. Questo è il periodo prodromico e durante questa fase i sintomi sono di solito anoressia, nausea e vomito ma possono anche essere presenti una leggera febbre, malessere, mal di testa, mialgia ed alterazioni del gusto, compresa la perdita del gusto alle sigarette. Dopo la fase iniziale c'è la fase itterica che nell'epatite B può durare molti mesi. I pazienti affetti da epatite B possono rimanere infettivi per giorni o per anni. Il virus di tipo B può essere trasmesso per diverse vie ed è stato rintracciato nella saliva, nel siero, nell'urina, nella bile, nel sangue mestruale, nelle secrezioni vaginali, nel liquido ascetico e nel liquido pleurico. Si ritiene che la trasmissione sessuale dell'epatite B si verifichi con l'introduzione di materiale infetto attraverso le superfici mucose. 32 Dossier Medicina

HIV e AIDS

La Sindrome da immunodeficienza acquisita è provocata dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV). È caratterizzata dalla perdita progressiva delle difese dell’organismo umano. Il periodo di incubazione va da 2 mesi a 6 anni (talvolta da 6 mesi a 10 anni). L‘AIDS non è presente in tutti gli individui infettati da HIV. La percentuale delle persone infettate la cui condizione progredisce fino all‘AIDS è molto variabile nei diversi paesi e nei vari gruppi a rischio. Una volta diagnosticata, l’AIDS viene considerata mortale. Nella forma più grave interferisce con il sistema immunitario predisponendo l’individuo a svariate infezioni e tumori maligni, come il Sarcoma di Kaposi e i tumori linfoidi. L’infezione si trasmette solo attraverso lo sperma ed il sangue e quindi i principali modi di trasmissione sono il contatto sessuale, il contatto sangue-sangue e la trasmissione da madre a feto. CONSIGLI PER PREVENIRE LE INFEZIONI

La diagnosi e la terapia di una MST-ITS va effettuata precocemente sia per evitare al soggetto interessato la progressione della malattia, sia per prevenire il contagio di nuovi individui. La regola è di curare sempre anche il partner abituale, anche se asintomatico, per evitare le cosiddette “reinfezioni ping-pong”. Bisogna curare sempre l'igiene intima, tenendo presente che i germi presenti nel retto, potrebbero diffondersi in vagina o nell'uretra. È importante ricordare alcuni concetti di base: il preservativo protegge non solo dall'infezione da HIV ma da tutte le MTS. Se si ha il dubbio di avere contratto una MTS non bisogna vergognarsi, ma è fondamentale rivolgersi a un medico perché la cura delle MTS, quando è tempestiva, è facile e non lascia conseguenze.

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Primopiano CONTINUANO AD AUMENTARE LE DENUNCE PER GLI ERRORI MEDICI, MOLTE DELLE QUALI SI DIMOSTRANO DEL TUTTO INFONDATE. A FARNE LE SPESE È IL RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE. COSA C'È CHE NON VA? LA PAROLA AI CAMICI BIANCHI di Luigi Berardi

MALASANITÀ

a pagare sono i medici

L

o dicono le più recenti statistiche. Attualmente, nel nostro Paese, un medico con circa 20 anni di esperienza professionale alle spalle ha almeno 80 probabilità su 100 di ricevere una denuncia. Oggi sono infatti circa 30 mila le denunce all'anno per vere o presunte colpe professionali di medici e infermieri o per disservizi delle strutture sanitarie. Basti pensare che le denunce di malasanità registrate dall'ANIA, l'Associazione che raggruppa la maggioranza delle compagnie assicurative italiane, sono passate dalle 17 mila del 1995 (coperte da premi per 35 milioni di euro) alle 28.500 del 2005 (coperte da premi per 381 milioni di euro). O, ancora, che il solo Tribunale per i Diritti del Malato, nel 2007 ha ricevuto oltre 24.300 segnalazioni di errori medici o di altri disservizi sanitari. I settori più a rischio sembrano essere l'ortopedia (18,7% delle denunce), l'oncologia (12,1%), la chirurgia generale (9,5%), la ginecologia-ostetricia (6,9%), l'odontoiatria (5,5%), l'oculistica (5,4%), la cardiologia e la neurologia (4% ciascuna). Sempre nel 2007, i casi più costosi per le assicurazioni sono stati i parti con invalidità totale dei neonati (da 2 a 4,5 milioni di euro), la mancata diagnosi di tumori mortali (un milione di euro), i danni ortopedici (400 mila euro) e le trasfusioni di sangue infetto. In virtù di tutto questo, le compagnie di as-

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sicurazioni hanno aumentano le richieste economiche e diminuito le garanzie assicurative, arrivando oggi a incassare più di 500 milioni di euro per i premi in ambito sanitario. BASTA DENUNCE!

Se è vero che in Italia le probabilità che un medico riceva una denuncia sono di almeno 80 su 100, è altrettanto vero che lo stesso medico accusato di malpractice ha almeno 80 probabilità su 100 di venire assolto. Il che starebbe a significare che molte delle cause potrebbero benissimo essere evitate. «Dall'anno 2000 le accuse ai medici sono aumentate in modo esponenziale», spiega Maggiorotti, Chirurgo ortopedico e Presidente di AMAMI, l'Associazione per i Medici Accusati di Malpractice Ingiustamente. «Gran parte di queste accuse si rivelano poi del tutto infondate e non avvalorate da una reale negligenza del clinico o della struttura sanitaria di riferimento. In quasi nove casi su dieci si risolvono infatti con l'assoluzione del medico o della struttura citata in giudizio. Le uniche conseguenze di tutto questo sistema perverso sono quelle di un maggiore intasamento dei Tribunali e di un enorme dispendio di denaro pubblico». «Per non parlare poi dei danni causati dalle vicende giudiziarie che si abbattono sul medico innocente», continua Maggiorotti. «Que-


IN DIFESA DEI CAMICI BIANCHI

AMAMI, Associazione per i Medici Accusati di Malpractice Ingiustamente, è una associazione no profit, nata nel 2002 per contrastare le accuse infondate di malpractice e restituire la perduta serenità al rapporto tra medico e paziente. AMAMI riunisce oltre 35mila iscritti, comprese le maggiori società scientifiche, le Associazioni e i sindacati medici e opera, oltre che con la sede principale di Roma, con altre nove sedi periferiche (Bologna, Catania, Cagliari, Milano, Padova, Palermo, Perugia, Rieti e Torino), un board legale e un board specialistico, mediante i quali offre consulenza legale gratuita a tutti i medici che ricevono una denuncia. Per informazioni: www.associazioneamami.it

ste conseguenze sono davvero incalcolabili sia a livello patrimoniale sia a livello personale e psicologico. Tutti danni che si ripercuotono direttamente sul cittadino che può diventare vittima della cosiddetta medicina difensiva, caratterizzata da scelte dettate più dalla cautela giudiziaria che dall'effettiva necessità terapeutica». Un altro problema sollevato dal Presidente di AMAMI è quello della mancanza di un Osservatorio ufficiale che tenga realmente conto degli errori e delle morti attribuibili alla sanità: «C’è bisogno di chiarezza e serenità, soprattutto nell’informazione. Sicuramente gli errori umani esistono e vanno prevenuti e combattuti, ma non si può continuare a fare cattiva informazione con titoli scandalistici e sensazionalisti che arrecano solo danno sia alla classe medica sia ai cittadini». «Stiamo cercando di far arrivare le nostre istanze alle più importanti Istituzioni italiane», sottolinea Maggiorotti. «Dal punto di vista legislativo, l'Italia è davvero una giungla in cui persino l'utilizzo del bisturi potrebbe essere oggetto di una denuncia per lesioni». A tal riguardo AMAMI si è fatta promotrice di concrete proposte a livello legislativo in materia di responsabile professionale del personale sanitario per mezzo di una audizione alla Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, tenutasi lo scorso 23 ottobre. In sintesi, le proposte di AMAMI prevedono l'istituzione di un Fondo vittime dell'Alea terapeutica, allo scopo di indennizzare le vittime da complicanze incomprimibili e imprevedibili; l'istituzione di apposite Commissioni Conciliative provinciali in grado di raccogliere tutte le richieste di risarcimento danni presentate dai cittadini e di fungere da Osservatorio dell'errore e del contenzioso paziente-medico; l'attribuzione di eventuali responA fianco, nella foto, Maurizio Maggiorotti, Chirurgo Ortopedico e Presidente di AMAMI

sabilità contrattuali verso il paziente alle sole strutture sanitarie, con l'esclusione di responsabilità dei sanitari che prestano la loro attività quali lavoratori dipendenti delle strutture stesse. CONFERENZA PERMANENTE DI SPECIALITÀ

L’evoluzione e la superspecializzazione della medicina da un lato e le aumentate richieste risarcitorie dall'altro, hanno imposto una valutazione tecnica altamente professionale dell’operato dei medici chiamati in giudizio. A tal proposito, nel 2004 è stata costituita la Conferenza Permanente di Specialità, un organismo nato grazie alla partecipazione dei Presidenti delle maggiori Società Scientifiche allo scopo di porsi al servizio dei magistrati italiani per fornire un elenco di specialisti, da affiancare al medico legale, in ogni caso di presunta responsabilità professionale medica su tutto il territorio nazionale. «Auspichiamo da sempre che, allo specialista medico legale, siano sempre affiancati medici specialisti di comprovata esperienza tecnica pari o maggiore del medico convenuto in giudizio», spiega Maggiorotti. «Per questo motivo abbiamo dato la nostra piena disponibilità a fornire alla Magistratura i nominativi di specialisti esperti su tutto il territorio nazionale».

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Primopiano L’ESPOSIZIONE COSTANTE A FLUSSI INFORMATIVI TIPICI DELL’ERA INFORMATICA CON IL CONSEGUENTE SOVRACCARICO DI INFORMAZIONI METTONO A DURA PROVA LA NOSTRA STABILITÀ EMOTIVA E PSICOLOGICA. SE NON ADEGUATAMENTE CONTROLLATI INTERNET E TELEFONI CELLULARI POSSONO QUINDI DIVENTARE UN SERIO PERICOLO, SOPRATTUTTO PER I PIÙ PICCOLI di Roberto Bonin

IL LATO OSCURO

della tecnologia

C

hi l’avrebbe detto che la moderna tecnologia potesse nuocere alla salute? Eppure sembrerebbe proprio così, soprattutto se ad esserne maggiormente esposti sono i più piccoli. Ecco perché termini fino a poco tempo fa assolutamente sconosciuti come Internet Addiction Disorder e Tecnostress sono ormai entrati nel linguaggio quotidiano. Personal computer e telefoni cellulari e tutte le informazioni che ne vengono convogliate mettono infatti continuamente a dura prova il nostro normale equilibrio psico-fisico, inducendoci a stravolgere completamente la nostra normale vita di tutti i giorni. «Il Tecnostress è un problema reale e le persone oggi ne sono molto più consapevoli rispetto al passato», spiega infatti il sociologo

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Francesco Morace, Presidente dell’istituto di ricerca Future Concept Lab. «Superata la prima fase di innamoramento per quasi tutte le nuove tecnologie, e soprattutto per la telefonia cellulare, è arrivato adesso il momento dell’adattamento e dell’abitudine ai nuovi stili di vita che rischiano però di intaccare profondamente l’identità delle persone». «La tecnologia, per sua definizione, semplifica le attività quotidiane, ci rende più efficaci ed efficienti e ci fornisce una mano nei nostri lavori più faticosi», gli fa eco Pierluigi Bernasconi, CEO di Mediamarket, azienda proprietaria dei megastore a insegna Saturn e Media World. «È chiaro ed evidente che, come per qualunque altra attività, è l’abuso e l’eccesso il vero pericolo. Proprio per questo motivo è necessario utilizzarla con una certa moderazione». Dello stesso avviso anche Andrea Falzin, Direttore Generale di Viadeo Italia, uno dei più noti business social network italiani, che aggiunge: «La tecnologia può stressare se gliene si dà la possibilità. Se è vero infatti che l’operatività delle persone è aumentata esponenzialmente grazie alla tecnologia è altrettanto vero che quest’ultima va controllata e utilizzata in modo equilibrato e sereno. In realtà la tecnologia non ha il potere di stressare le persone, ma ha il potere di aumentare lo stress che ruota attorno alle persone stesse. Credo comunque che l’attitudine a stressarsi sia un fattore del tutto endogeno e quindi differente da soggetto a soggetto». Bisogna stare molto attenti però alla vera causa del “malessere tecnologico” che, come sottolinea Enzo


DIPENDENZA DALLA RETE Il rapporto annuale della Società Italiana di Pediatria con una indagine svolta su un campione nazionale di pre-adolescenti tra i 12 e i 14 anni rivela che ad entrare ogni giorno in rete è oltre il 42% dei giovani. I preadolescenti si collegano in rete per usare messenger (75,9%), chattare (69,9%), scaricare musica/video (76,4%) e utilizzare YouTube (76,5%)


Primopiano SEI UN TECNOSTRESSATO?

Siamo a rischio di Tecnostress? Proviamo a porci delle domande a scopo anamnestico al fine di riflettere sul nostro personale rapporto con Internet e con i nuovi dispostivi digitali. 1) Sentite il bisogno di trascorrere un tempo sempre maggiore in rete? 2) Notate in voi una marcata riduzione di interesse per altre attività che non siano legate alla rete? 3) Provate un’eccessiva preoccupazione per quello che accade in rete?, 4) In caso di sospensione o diminuzione dell’utilizzo di Internet, avvertite un senso di agitazione o di ansia? 5) Sentite la necessità di accedere alla rete sempre più di frequente e per periodi più prolungati rispetto al normale? 6) Vi sentite spesso impossibilitati a interrompere o a tenere sotto controllo l’uso di Internet? 7) Siete soliti spendere una grande quantità di tempo in attività correlate alla rete? 8) Non riuscite a frenarvi dal controllare la posta elettronica o la chat anche agli orari più improbabili? 9) Riuscite con facilità a rinunciare al vostro telefono cellulare?

Di Frenna, Presidente di Netdipendenza Onlus, non è imputabile agli apparecchi digitali ma a ben altro: «La vera fonte dello stress non è data dall’utilizzo diretto degli apparecchi digitali. La vera fonte è il sovraccarico dato dall’enorme mole di informazioni che vengono convogliate attraverso questi dispositivi. Uno dei maggiori imputati di dipendenza sono infatti i messaggi di posta elettronica che costringono molti lavoratori a un utilizzo frenetico e ossessivo». Roberto Baiocco della Facoltà di Psicologia 1 dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, invece pone l’accento sull’utilizzo della tecnologia da parte dei più giovani: «Gli apparecchi digitali non sono né buoni né cattivi, ma possiamo utilizzarli in modo più o meno intelligente. Se parliamo di giovani, inoltre, possiamo chiederci se questi strumenti possano essere utilizzati senza la guida e la condivisione di esperienze con gli adulti». 38 Dossier Medicina

INTERNET SOTTO ACCUSA

L’aumento esponenziale dell’utilizzo della rete informatica nella popolazione europea e mondiale sembra aver prodotto nei soggetti più esposti l’insorgenza di fenomeni psicopatologici che si esprimono con una sintomatologia addirittura simile a quella osservabile in soggetti dipendenti da sostanze psicoattive. «Il problema dell’abuso degli strumenti tecnologici e in particolare di Internet non è un’invenzione dei mass media», sottolinea Roberto Baiocco dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza. «I soggetti più a rischio sono senza dubbio i bambini e gli adolescenti. Uno studio recente in un campione di circa 2mila adolescenti italiani ha evidenziato una percentuale tra il 4 e il 6% di soggetti definibili come Dipendenti da Internet, mentre sarebbero oltre il 15% i ragazzi che hanno un comportamento a rischio nei suoi riguardi». Il rapporto annuale della Società Italiana


di Pediatria con una indagine svolta su un campione nazionale di pre-adolescenti tra i 12 e i 14 anni rivela infatti che ad entrare ogni giorno in rete è, oggi, oltre il 42% dei giovani. I preadolescenti si collegano in rete per usare messenger (75,9%), chattare (69,9%), scaricare musica/video (76,4%) e, soprattutto, utilizzare YouTube (76,5%). «Spesso i giovani riferiscono di essere costretti a essere sempre online al fine di evitare l’esclusione dal gruppo e il conseguente isolamento», spiega Francesco Morace. «Sempre più spesso, inoltre, cercano anche rifugio all’interno dei social network dove riescono più facilmente a socializzare e a stringere nuove amicizie. Il rischio è però quello di rimanere intrappolati in un mondo in cui non esiste il conflitto tra il reale e il virtuale». Proprio quello dei social network e dei giochi di ruolo in rete sembra essere un problema, così come conferma Baiocco: «Attualmente diversi studi testimoniano la potenziale pericolosità insita dalle reti sociali o social network. I ragazzi affermano che questi strumenti li aiutano a gestire meglio le loro amicizie e a coordinare meglio le attività da svolgere con i loro coetanei. Il pericolo insito in questi contesti è che possono ben presto sostituire la vita reale e diventare l’unica possibilità di interazione con gli altri. Attraverso l’uso di Internet i ragazzi tendono a sostituire relazioni sociali significative con amicizie deboli, poco impegnative e limitate nel tempo. Le amicizie virtuali tendono a diventare emotivamente intense in un periodo di tempo troppo breve senza che vi sia sufficiente fiducia nel legame. Queste amicizie virtuali sebbene possono essere giudicate soddisfacenti in realtà non forniscono un reale supporto emotivo nei momenti di bisogno». Non mancano comunque pareri differenti come ad esempio quello di Andrea Falzin di Viadeo, che sostiene: «Internet è ormai diventato il sostituto della televisione e permette di tenere con facilità moltissime relazioni con il mondo esterno. Il problema, se di problema si vuol parlare, è il filtro delle informazioni e dei contenuti che vengono convogliati attraverso la rete e che spesso possono giungere a soggetti facilmente influenzabili come i bambini». E I TELEFONI CELLULARI?

L’Italia è uno dei Paesi europei in cui è più diffuso l’uso del telefono cellulare, tanto è vero che il rapporto tra il numero di telefonini assorbiti dal mercato e il numero di utilizzatori ha ormai raggiunto il valore di 2 a 1. Non solo. Tutti gli indicatori mostrano che il loro utilizzo ha ormai contagiato anche il mondo dei giovani e dei giovanissimi: in seconda elementare, ad esempio, il 20% dei bambini possiede un cellulare mentre in terza media la percentuale sale

LA PAROLA AGLI ESPERTI Francesco Morace

Sociologo e Presidente dell’istituto di ricerca Future Concept Lab

«Sono un grandissimo utilizzatore di tutto ciò che non è invasivo. Non ho mai posseduto un telefono cellulare poiché credo fermamente che il diritto a non essere sempre rintracciabile è un diritto assoluto».

Pierluigi Bernasconi

CEO di Mediamarket, società proprietaria dei megastore a insegna Saturn e Media World

«La tecnologia mi semplifica la vita, anche se non sono una vittima delle mode del momento. Ho il mio telefonino da anni e continuo a utilizzare quello, perché ne conosco e approvo l’interfaccia utente».

Enzo Di Frenna

Presidente Netdipendenza Onlus

«La tecnologia porta molti vantaggi, ma in alcuni momenti divora il nostro tempo e la qualità della vita. Io stesso mi ritengo un tecnostressato».

Roberto Baiocco

Psicologo e Ricercatore della Facoltà di Psicologia 1 dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza

«Internet offre sicuramente significative opportunità di sviluppo, ma questa complessità deve essere gestita con molta saggezza e con maggiore buon senso».

Andrea Falzin

Direttore Generale di Viadeo Italia

«Sono molto legato alla tecnologia, ma non sono sicuramente un tecnostressato. Utilizzo tutti i mezzi per raccogliere le informazioni, ma coi giusti tempi e modi».

fino a circa il 90%. Ovunque in Europa si fa un grande uso del telefonino, ma solo in Italia il 96,5% dei giovani lo adopera in maniera abituale. Negli altri Paesi gli utenti oscillano tra l’89,3% della Germania, l’83,9% della Gran Bretagna, l’83,7% della Spagna, per scendere al 73,8% della Francia. Fin qui, niente di nuovo e particolarmente allarmante. Il problema nasce però quando l’utilizzo del telefonino assume un aspetto patologico: particolarmente emblematico è quanto accaduto a due adolescenti spagnoli di 12 e 13 anni di età lo scorso mese di giugno. I due ragazzini hanno dovuto ricorrere infatti al ricovero forzato presso il Centro per la salute mentale nell’infanzia e nell’adolescenza di Lleida, nei din-

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Primopiano CONOSCIAMO MEGLIO LO I.A.D.

Lo I.A.D. o Internet Addiction Disorder è una psicopatologia dovuta all’abuso di Internet e che mostra gli stessi sintomi della tossicodipendenza. Il termine si deve allo psichiatra americano Ivan Goldberg che, con le sue osservazioni e le sue proposte, ha dato avvio a una riflessione che ha incuriosito numerosi psicologi e psichiatri e ha imposto all’attenzione del mondo intero il rischio di Dipendenza da Internet. Già dal 1995 Goldberg sosteneva difatti che “la dipendenza dai mezzi tecnologici e in particolare da Internet condivide con la tossicodipendenza molte caratteristiche fondamentali come la dominanza, le alterazioni del tono dell’umore, la tolleranza, i sintomi d’astinenza, i conflitti interpersonali, i conflitti intrapsichici e le ricadute”. Le modificazioni psicologiche che si producono nell’individuo che diviene dipendente dalla rete sono essenzialmente: perdita delle relazioni interpersonali, modificazioni dell’umore, alterazione del vissuto temporale e cognitività completamente orientata all’utilizzo compulsivo del mezzo; il soggetto tende a sostituire il mondo reale con un oggetto artificioso, quasi una sorta di “feticismo tecnologico”, con il quale riesce a costruire un proprio mondo personale.

torni di Barcellona (Spagna). Prima del ricovero entrambi i ragazzini dimostravano comportamenti aggressivi e anti-sociali, ottenendo pessimi risultati a scuola; per loro il telefonino era diventato una vera e propria ossessione e non se ne separavano mai, neanche durante le ore notturne. «L’abuso del telefono cellulare interrompe più del dovuto la nostra esistenza quotidiana», sottolinea Francesco Morace. «La disponibilità di numerosi strumenti di comunicazione rischia di rendere davvero difficile il poter governare le normali relazioni della vita quotidiana, sia per problemi organizzativi sia per la sovrapposizione di più relazioni contemporanee». I POSSIBILI RIMEDI

Esistono dei possibili rimedi e cure al Tecnostress, o meglio ancora, esiste un modo per poterlo preveni-

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re? La risposta più ovvia, e sicuramente più azzeccata, è forse quella espressa da Pierluigi Bernasconi di Mediamarket che, da gran conoscitore del mondo ICT italiano, ha sottolineato: «La tecnologia va usata bene. L’Italia è purtroppo caratterizzata da una modesta conoscenza della tecnologia, e questo ovviamente comporta una scarsa informazione sull’utilizzo dei vari strumenti. Basti pensare che in Germania si consuma in elettronica 8 volte di più che nel nostro Paese. Una maggiore formazione/informazione aiuterebbe il consumatore a capire le innumerevoli qualità e informazioni dei vari prodotti e lo educherebbe anche a un utilizzo più corretto e salutare». E in caso di Tecnostress conclamato, che si può fare? Roberto Baiocco dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, spiega: «I metodi di cura, nei casi più gravi, sono gli stessi che la ricerca individua essere i migliori per le classiche forme di dipendenza. Nel caso in cui ci si riferisca a bambini e adolescenti la terapia familiare è senza dubbio una delle più indicate. Se si parla invece di comportamenti di abuso, che sono senza dubbio la percentuale maggiore dei casi, penso che debba essere enfatizzato il ruolo centrale della famiglia. I genitori devono poter acquisire o ritrovare la loro capacità di indirizzare in modo costruttivo il comportamento dei figli. Rispetto al tema della prevenzione, il modo migliore di intervenire è promuovere programmi educativi che accrescano la consapevolezza dei rischi della rete». Netdipendenza Onlus, l’Associazione presieduta da Enzo di Frenna, organizza addirittura serate a tema e apposite “giornate di disintossicazione” a base di footing, ginnastica dolce, trekking, meditazione, aperitivi relax con massaggi shiatsu e yoga, giornate di formazione, concerti, e terapie in acque termali.





Il personaggio

DIVULGARE è meglio CHE CURARE IL SUO NOME È SINONIMO DI “MEDICINA 33”, UN PROGRAMMA CHE CI HA ACCOMPAGNATO PER OLTRE 30 ANNI DELLA NOSTRA VITA E CHE CI HA INSEGNATO A PRENDERCI CURA DEL NOSTRO CORPO. LO STORICO CONDUTTORE LUCIANO ONDER CI RACCONTA COME LA SALUTE PUÒ FARE ANCORA NOTIZIA di Roberto De Negri

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LUCIANO ONDER Giornalista professionista è il conduttore della storica rubrica del TG2 Medicina 33. La trasmissione televisiva lo scorso anno ha festeggiato i 30 anni di attivitĂ

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Il personaggio

T A destra, una foto di Luciano Onder. Da molti anni il noto presentatore televisivo, grazie alle sue trasmissioni di informazione medica, educa buona parte degli italiani ai sani principi della prevenzione e controllo del proprio stato di salute

elevisione e salute: un binomio che negli ultimi anni sembra proprio non avere rivali, arrivando a occupare una buona fetta degli indici di gradimento dei telespettatori italiani e del palinsesto di emittenti locali e nazionali. Grazie all’ampia penetrazione tra la popolazione e al suo elevato potere persuasivo, sembra infatti che la televisione rappresenti il mezzo di comunicazione più adatto per un’efficace e ragionata diffusione della cultura del benessere e della prevenzione; un mezzo attraverso il quale giornalisti e divulgatori scientifici, ma anche medici e scienziati, possono entrare nelle case degli italiani da autentici “amici” e “consulenti di fiducia”. Pioniere del giornalismo medico-scientifico in Italia e precursore della divulgazione e promozione della salute attraverso la TV, Luciano Onder è il conduttore della storica rubrica del TG2 Medicina 33, la trasmissione più vecchia della RAI che lo scorso anno ha festeggiato i 30 anni di attività. E fu proprio Luciano Onder che, in un’intervista rilasciata a un noto portale italiano di salute mentale (www.psychomedia.it, ndr) nel febbraio dello scorso anno, definì l’informazione medico-scientifica come «un vero e proprio settore della medicina moderna da cui possono dipendere la prevenzione, il benessere e il modo di curare le malattie». In quell’occasione Onder sostenne che «l’informazione deve sempre diventare strumento di educazione e produrre effetti pedagogici e più il cittadino è informato, più è in grado di controllare ciò che influenza la sua salute». Ma, al contempo, non evitò anche di lanciare un importante monito riguardo alla buona e alla cattiva informazione in campo medico, sottolineando che «la buona informazione contribuisce a fare buona medicina ed è utile al cittadino; la cattiva informazione aggrava i problemi e danneggia il cittadino». E per suffragare le sue tesi, portò come esempio quanto dichiarato dallo scienziato americano Robert Gallo a Washington nel 1984 durante uno dei primi incontri mondiali sull’AIDS: «Alla domanda su come sareb-

be stato possibile frenare la diffusione dell’epidemia, Gallo rispose che il controllo della nuova malattia sarebbe avvenuto attraverso metodi non strettamente medici e clinici, ma attraverso le informazioni date dai media e sostenne che tutto dipenderà dai giornalisti e il risultato ci sarà se faranno un’informazione corretta, utile al cittadino e non scandalistica». Quali difficoltà ha avuto e ha tuttora nel comunicare al grande pubblico la scienza medica, una disciplina davvero ostica per la maggioranza delle persone? «Dall’informazione medico scientifica dipendono scelte e comportamenti per difendere la propria salute e per curarsi. Ho sempre presente il valore etico di ciò che trattiamo: sulla base di ciò che scegliamo di occuparci in trasmissione possono dipendere scelte come quella di fare prevenzione o, magari, di optare se operarsi e dove. Grande è la soddisfazione di realizzare un programma utile al cittadino. Mai mi stancherò di ripetere che una buona e corretta informazione fa buona medicina, diversamente da un’informazione strillata e sgangherata che fa pessima medicina». Basta navigare in Internet e leggere in molti forum o blog per apprendere come diverse persone scrivano di aver seguito la trasmissione e, grazie alle informazioni apprese, aver cominciato a preoccuparsi della prevenzione o preso spunti per interventi risolutivi. «A questo proposito mi ritorna sempre in mente la campagna sull’AIDS: non morire per ignoranza – se la conosci la eviti! La conoscenza è la prima arma che abbiamo contro la malattia. Anche regole semplici, come lavarsi le mani per evitare di diffondere virus, sono fondamentali per tutti». Come è riuscito a coniugare il ruolo di giornalista con quello di comunicatore scientifico? «Ho mantenuto la mentalità dell’educatore. Sono, infatti, un ex professore d’italiano (per circa 10 anni, ndr) e ho voluto mantenere la mentalità dell’insegnante. Conoscere bene l’italiano, i termini, i concetti, le parole ci porta a capire i significati di ciò che

CHI È LUCIANO ONDER

UNA PROFESSIONE DEDICATA ALLA DIVULGAZIONE

Giornalista professionista, ex vicedirettore del Tg2. Si è occupato di divulgazione medico scientifica in RAI per più di 20 anni. È stato responsabile delle due rubriche di medicina “Tg2 Salute” e “Medicina 33”. È stato anche responsabile del canale satellitare “Explora” realizzato in collaborazione tra Rai Educazione, il C.N.R. (Consiglio Nazionale Ricerche) e il MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca). È membro di diverse commissioni istituzionali: la Commissione Biotecnologie della Presidenza del Consiglio; la Commissione per l’Informazione Scientifica del Ministero dell’Istruzione (MIUR); la Commissione Bioetica dell’Università Cattolica di Milano.

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IL MEDICO DEVE ESSERE NON SOLO BRAVO NEL SAPERE, MA DEVE ANCHE SPIEGARE E COMUNICARE AL PAZIENTE


Il personaggio

«UNA CORRETTA INFORMAZIONE FA BUONA MEDICINA, UN’INFORMAZIONE STRILLATA E SGANGHERATA FA PESSIMA MEDICINA» un luminare della medicina ci indica, e un domani aiuta a difenderci dalle incomprensioni. Per questo, l’informazione ha un ruolo importantissimo e il conduttore, soprattutto televisivo, deve ricoprire il ruolo dell’educatore». Negli ultimi tempi il ruolo del medico è molto cambiato, soprattutto agli occhi del grande pubblico. Cosa manca al rapporto medico-paziente oggi e quali possono essere le ricette per migliorare le relazioni? «Il medico ha capito che deve essere non solo bravo nel sapere, ma deve anche spiegare e comunicare al paziente. Lo deve accompagnare, deve fargli capire l’importanza della prevenzione e delle cure. Spesso partecipo a convegni e a congressi con specialisti, ai comitati di bioetica. Posso dire con tranquillità che questa coscienza da parte di tanti bravi medici c’è, ed è sempre più ricercata». I media si sono scatenati soprattutto su fatti di cronaca recentemente avvenuti e che hanno riempito le pagine dei giornali. Ultimamente anche una fiction ha creato ulteriori attriti… «Personalmente non ho mai avuto di questi problemi. Mi rivolgo a grandi ospedali e a primari celebri 48 Dossier Medicina

per la loro bravura e capacità. In generale voglio aggiungere che la categoria dei medici con cui mi sono sempre confrontato è competente e preparata. Nel caso eclatante del Santa Rita il problema, se andiamo ad approfondire, è stato più nella gestione da parte degli amministrativi che, non lo nego, hanno in alcuni casi colpevolmente moltiplicato i problemi o addirittura messo in piedi vere e proprie truffe. Capisco lo choc da parte dei cittadini. Ma sarà la magistratura a completare le indagini e a punire chi si è macchiato di crimini così efferati. In ultima analisi non bisogna dimenticare la ricerca, dannosa e che ho sempre voluto evitare, di scoop o di sensazionalismo su queste vicende da parte dei colleghi giornalisti». Spesso quando si trattano determinati argomenti c’è il rischio che il grande pubblico si allarmi o vadainagitazione.Leèmaicapitato?Ecomesiècomportato a riguardo? «Proprio per il motivo che spiegavo poc’anzi non mi è mai capitato. Anche quando sembrava che si fosse trovata la cura per il cancro, e molti erano pronti ad andare in massa a seguire chi lo aveva promesso, sono sempre stato attento a non illudere nessuno. Generare false speranze non è solo poco etico, ma può essere anche crudele. Già il malato ha una difficoltà psicologica per ciò che attraversa, non si può trattare con leggerezza e superficialità determinati argomenti. La televisione di servizio, a mio parere, deve pensare a fornire strumenti per avvicinare il grande pubblico alla medicina e permettergli di acquisire informazioni utili». Riguardo ai contenuti, quali temi riscuotono maggiore interesse? «Ovviamente temi che possono essere trattati con più facilità, per esempio l’ipertensione o tutte le informazioni sulle diagnosi precoci, o che diano indicazioni semplici e precise al pubblico, tipo che non si debba trascurare il fatto di riscontrare sangue nelle urine o che si debba fare un controllo della prostata dopo i cinquant’anni. I tempi televisivi determinano scelte, soprattutto da parte del pubblico, che suscitano immediato interesse. Poi, magari, si va ad approfondire la conoscenza su internet o presso altri mezzi di comunicazione. O facendosi visitare da uno specialista». Oltre agli impegni televisivi e alla partecipazione ai convegni, sappiamo che frequentemente aderisce a importanti campagne di prevenzione. Dove la potranno incontrare i nostri lettori? «Alla campagna Per il tuo cuore che terminerà il prossimo 14 febbraio, giorno di San Valentino, insieme al cardiologo Attilio Maseri, per coinvolgere le persone alla conoscenza delle malattie cardiovascolari».



L’espertorisponde

NUOVA METODICA

contro la balbuzie

LA BALBUZIE È UN DISTURBO DA CUI CI SI PUÒ LIBERARE IN MODO DEFINITIVO ANCHE IN ETÀ ADULTA. MA SE DIAGNOSTICATA IN ETÀ PEDIATRICA O IN ADOLESCENZA, PUÒ EVITARE DISAGI CHE POSSONO SEGNARE INDELEBILMENTE LA VITA DELLE PERSONE. IL DOTTOR SANTILLI CI SPIEGA QUANTO È IMPORTANTE L'APPORTO DELLA FAMIGLIA di Erika D’Alberto

P

revenire è meglio che curare: niente di più vero, in special modo se il disturbo ad essere preso in considerazione è la balbuzie. Ecco perché attuare degli interventi già in giovane età risulta di assoluta importanza ai fini di una riduzione della morbosità e dell'incidenza. La letteratura sull'argomento e la stessa pratica clinica, difatti, consigliano da sempre interventi nell'infanzia e nell'adolescenza piuttosto che in età adulta, laddove si riescano a evidenziare i primi segni o una chiara predisposizione all'insorgenza del disturbo. Spesso i genitori si trovano di fronte a una primissima situazione, denominata disfluenza, in cui compare nel bambino una

Nella foto, Marco Santilli, Responsabile del Centro Specialistico per l’eliminazione della balbuzie. Per diversi anni ha partecipato alle trasmissioni Uno mattina, TG2 Salute e Medicina 33

chiara difficoltà linguistica caratterizzata da esitazioni e ripetizioni, spesso transitorie. La disfluenza rappresenta quindi un chiaro ed evidente campanello d'allarme che deve far subito correre ai ripari genitori, insegnati ed educatori. IL PRIMO APPROCCIO

Quale modalità di intervento prevede il terapeuta di fronte a questo genere di casi? «Non essendo ancora possibile ricondurre a una patologia di tipo organico, l’attenzione del terapeuta deve essere cercata nel rapporto del bambino con il genitore e con le persone esterne, vicine alla famiglia», spiega il dottor Marco Santilli, responsabile del Centro Specialistico per l'eliminazione della Balbuzie. «Alla luce di questo vi è il convincimento che la balbuzie sia acquisita e mantenuta an-


COME RICONOSCERLA

La balbuzie è un disordine del ritmo della parola nel quale il paziente sa con precisione ciò che vorrebbe dire ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono che ha carattere di involontarietà. Da quanto è emerso da recenti studi clinici, alla base vi sarebbe infatti una predisposizione geneticamente determinata o acquisita su cui si innescano fattori funzionali scatenanti, come condizionamenti dovuti ad atteggiamenti familiari errati, eventuali traumi e influenze ambientali nei rapporti interpersonali. La balbuzie ricorre con maggiore frequenza in ambienti familiari ipercorrettivi, iperansiosi o troppo accondiscendenti. I sintomi somatici tipici caratterizzano la forma tonica, quando la fase di contrazione si prolunga per cui il paziente ha difficoltà a iniziare ad articolare la parola

che attraverso contingenze ambientali all’interno della famiglia; contingenze che producono un rilevante effetto moltiplicatore del sintomo e della sua cronicizzazione. Possiamo parlare così di famiglie iperprotettive o iperprestazionali innescando così l’effetto moltiplicatore». Occorre quindi un’attenta osservazione del rapporto del bambino con i suoi genitori per avere utili e necessarie informazioni per la scelta della soluzione, osservando e valutando l’interazione del genitore col bambino e rapportandolo a quello del terapeuta con il bambino stesso. «Questa analisi valutativa dei due momenti porta alla luce differenze di durata e frequenza della balbuzia ed eventuali movimenti motori legati a essa in due differenti dimensioni psicologiche», sottolinea il dottor Santilli. «È necessario dire che tra il genitore e il bambino esiste un particolare equilibrio che mantiene e rafforza la balbuzie. L’esempio che rende chiara questa procedura può essere riferita a quei padri che ten-

dono a interrompere costantemente il parlato e la balbuzie del figlio. In questo frangente il terapeuta lavora prima di tutto sul padre mostrandogli risultati evidenti, se invece il genitore esclude degli argomenti, il terapeuta cercherà di soffermarsi interagendo con il bambino. È per questo che entrare in sintonia con il balbuziente, e quindi conquistare la sua fiducia, si dimostra di fondamentale importanza». L’obiettivo è quello di ottenere un processo di generalizzazione e uno di apprendimento dove nella prima fase si introduce il genitore nel rapporto di interazione tra il terapeuta e il bambino così da normalizzare l’influenza conquistata nel bambino.

LA FAMIGLIA Risulta fondamentale l’apporto che il nucleo familiare riesce a dare nella cura e nella prevenzione della balbuzie. In ambienti familiari ipercorrettivi, iperansiosi o troppo accondiscendenti la balbuzie ricorre con maggiore frequenza

COME PROCEDERE

La seconda fase consiste nell’intervento nei confronti del genitore responsabilizzandolo e inducendo a un nuovo comportamento nei confronti del bambino, conquistando così un nuovo equilibrio di rapporto

Dossier Medicina 51


L’espertorisponde

INTERAZIONE PADRE - FIGLIO

Gli aspetti che il terapeuta considera importanti nel rapporto genitore-figlio nell’ambito della disabilità del parlato sono: 1) Il bisogno di attenzioni (ad esempio un sorriso e un abbraccio quando si ritorna stanchi dal lavoro); 2) Il bisogno di gratificazione (il genitore deve sottolineare la prestazione positiva non dandola per scontata, questo farà accrescere e consolidare la sua autostima); 3) Il bisogno di accettazione (il genitore deve dare indicazioni comportamentali al figlio non sottolineando sempre quanto è da lui amato. Marcando ciò decresce l’autostima del bambino); 4) Il bisogno di amore incondizionato (quando in un momento qualsiasi il genitore dimostri di amare suo figlio); 5) Il bisogno di empatia (l’impegno ad osservare e valutare profondamente ogni piccola richiesta o manifestazione emotiva per offrire riflessioni e soluzioni); 6) Il bisogno di manifestare i risultati (l’impegno del genitore a produrre autonomia nel figlio senza timore di un suo errore diventando così occasione di crescita); 7) Il bisogno di contatto fisico (il sigillo sono la sicurezza, l’amore e le parole attraverso il corpo: il potere di un abbraccio creano forza e fiducia); 8) Il bisogno di essere ascoltati (nel dialogo e non nelle impartizioni , nel profondo e non nella superficie, per capire le sue emozioni e tradurle in crescita e autostima)


LA TERAPIA DI GRUPPO

Nella terapia di gruppo il terapeuta tratta con un certo numero di pazienti contemporaneamente. Durante le sedute l'attenzione può essere focalizzata su uno dei partecipanti, mentre gli altri ascoltano e partecipano attivamente, rendendo possibile una forma di apprendimento vicario. All'interno del gruppo, inoltre, le pressioni sociali possono essere sorprendentemente forti. Se durante una seduta individuale il terapeuta dice a un paziente che il suo comportamento risulta ostile anche quando l'ostilità non è intenzionale, il messaggio può essere respinto; se invece tre o quattro altre persone concordano con l'interpretazione del terapeuta, diventa molto più difficile per l'individuo non accettarla. Inoltre, molti traggono conforto e sostegno semplicemente dalla consapevolezza che anche altri hanno problemi simili ai loro. Molte delle tecniche proprie della terapia individuale possono essere impiegate anche per trattare gli individui in gruppo. Vi sono terapie centrate sul paziente, terapie comportamentali, e di altro genere.

A sinistra alcune foto scattate durante un incontro che il dottor Marco Santilli ha tenuto a Pescara. Responsabile del Centro Specialistico per l’eliminazione della balbuzie, Marco Santilli opera nel settore della Rieducazione al linguaggio e della Ricerca scientifica. Inoltre è Presidente dell’Associazione Italiana La Nuova Parola

e quindi una nuova parola. «È rilevante e necessario che l’analisi operativa alla balbuzie con il bambino venga introdotto il genitore nel contesto terapeutico», continua il dottor Santilli. «Il mio metodo consiste nel fornire modelli di interazione tra genitore e bambino così da causare un netto calo della balbuzie. Per fare questo bisogna agire nei confronti del bambino con una modalità di comportamento differente da quella a cui è abituato dal rapporto con i genitori. Cambiando i canoni di comportamento e nel contempo insegnando nuove modalità interattive al genitore, la conquista della fluenza verbale con le modifiche comportamentali del genitore sono gli obiettivi di un intervento sulla balbuzie». Più nel concreto, quindi, come si può procedere in modo che il trattamento raggiunga gli scopi prefissati? Il parere del dottor Santilli su questo punto è molto chiaro: «Bisogna evitare che il bambino diffluente non sia più considerato un problema per la famiglia e anche per la scuola dove spesso possono scatenarsi forme più evidenti. È necessario che il genitore non trasmetta al bambino un giudizio di insoddisfazione nelle aspettative della famiglia causando perdita di fiducia e di autostima. Essere disfluente non vuol dire che un bambino non abbia grandi qualità, si sottolinea l’importanza del ruolo e comportamento paterno che deve tendere più alla gratificazione

che al “non ascolto”, alla collera o all’insofferenza verso la disabilità. Tale comportamento sarà beneficio per i rapporti sociali e interpersonali del diffluente. Il comportamento padre-figlio o madre-figlio necessita di un comportamento assertivo del figlio». È importante portare attenzione quando il bambino parla fluentemente e ignorarlo quando balbetta, quindi porre le basi per una sana autostima nei suoi confronti. A tal proposito è bene ricordare che una guida ai genitori in funzione di una loro strada comportamentale, è l’ascolto dei bisogni umani che i genitori devono cercare di soddisfare nei propri figli. È bene un ascolto attivo e non passivo, non limitandosi a capire il figlio, ma evitarne le problematiche emotive e trovando con lui delle soluzioni in accordo. Spesso si delegano i doveri comportamentali alla figura materna non considerando l’importanza di quella paterna, in quanto l’affidabilità come elemento emozionale di quei ricordi ed esperienze che resisteranno poi per sempre nella mente del bambino. Centro specialistico per l’eliminazione della balbuzie/ Dott. Marco Santilli. Sede centrale: L.go S. Luca - Roma - Via Tivoli n°66 - Roma. Via La Marmora 16, Pescara. Numero verde: 800 - 090732 cell. 340-86.71.477; 347-59.42.640; 06.66192828. www.marcosantilli.it / info@marcosantilli.it

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L’espertorisponde

MENOPAUSA

un mondo da scoprire

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LORENZA DE PAOLI

Nella foto, la dottoressa De Paoli nel suo studio. Laureata e specializzata all’Università di Bologna, si è occupata di menopausa presso il centro diretto dal professor Flamigni. Dal 2005 è Responsabile del progetto umanitario materno infantile presso il popolo Saharawi. Collabora con alcune fondazioni a scopo umanitario, operative in territorio africano

NON È ALTRO CHE UNA FASE FISIOLOGICA DELLA VITA, EPPURE MOLTE DONNE LA VIVONO IN MODO TRAUMATICO. LA DOTTORESSA DE PAOLI, SPECIALISTA IN GINECOLOGIA E OSTETRICIA, SPIEGA COME VIVERE LA MENOPAUSA. AFFRONTANDOLA CON SERENITÀ di Roberto Sanna Dossier Medicina 55


L’espertorisponde

L I SINTOMI DELLA MENOPAUSA Variazione del peso corporeo; vampate di calore; sudorazioni notturne; ansia e irritabilità; riduzione della concentrazione; modificazione del desiderio sessuale; dolore durante i rapporti sessuali; secchezza del cuoio capelluto; secchezza della pelle; frequenti cheratiti e congiuntiviti

a vita è costellata di periodi in grado di condizionare, nel bene o nel male, la nostra crescita sia di individui sia di esseri umani. La menopausa è uno di questi momenti e rappresenta per le donne una tappa di importanza fondamentale nella loro vita di persone, mogli, madri e, soprattutto, donne al pari della pubertà, del menarca o del parto. Ma, pur non essendo altro che una normale fase fisiologica obbligata dell'organismo femminile, talvolta viene vissuta dalle donne in modo inappropriato o, peggio ancora, affrontata come una vera e propria malattia cronica da combattere e con cui risulta difficile convivere. «La menopausa non è un momento di crisi della donna - spiega la dottoressa Lorenza De Paoli, specialista in Ginecologia e Ostetricia - è piuttosto un momento in cui è utile fare bilanci, lasciare situazioni inadeguate, scoprire nuovi equilibri e diverse opportunità utili ad attuare una ristrutturazione della propria vita, valorizzando parti spesso lasciate in disparte. Una giusta femminilità e una buona menopausa ritengo includano necessariamente saggezza e calma interiore». Non bisogna dimenticare, infatti, che la sintomatologia non sempre ha origine da cause fisiche e che, molto spesso, è un modo per esprimere il proprio disagio in merito a una particolare situazione che si sta vivendo. «È necessario ricordare che bisogna prendersi cura di se stessi – tiene a precisare la dottoressa De Paoli – valorizzandosi nella vita per ciò che si è, si è fatto e si potrà ancora fare». CHE COS'È

Da un punto di vista medico, per menopausa si intende la definitiva scomparsa delle mestruazioni a causa dell'esaurimento della funzione ovarica: le ovaie non sono più in grado di produrre adeguate quantità di ormoni femminili, come estradiolo e progesterone. Tale condizione può provocare una serie di mutamenti che riguardano gli aspetti trofici, metabolici, sessuali e psicologici, con una serie di manifestazioni variabili da donna a donna. Quando la mancanza di mestruazioni (amenorrea) dura da oltre un anno, la menopausa è da considerare definitiva. Solitamente insorge attorno ai 50 anni di età; più raramente, anche prima dei 30 o, più tardivamente, intorno ai 58 anni. Ruolo importante nel determinarne l'insorgenza sono la familiarità (ossia l'età d'insorgenza nella madre e nelle nonne), il numero di gravidanze all'attivo, il periodo dell'allatta56 Dossier Medicina

mento, lo stile di vita, il fumo, alcune specifiche malattie e la somministrazione di particolari farmaci. Per menopausa chirurgica si intende invece l'asportazione delle ovaie. L'asportazione del solo utero (isterectomia) comporta infatti la perdita delle sole mestruazioni ma non della produzione ormonale. Non bisogna però confondere la menopausa con il climaterio, che rappresenta il periodo di transizione che porta alla menopausa e che presenta una durata di due o tre anni. Durante la menopausa, inoltre, vi sono delle altre parti del corpo che producono ormoni simili a quelli ovarici. «Il tessuto adiposo contiene un enzima che trasforma gli ormoni prodotti da altre ghiandole in estrogeni», conferma infatti la dottoressa De Paoli. «Proprio per questo motivo le signore meno magre presentano meno sintomi delle altre, hanno una pelle più bella e minor rischio di osteoporosi. Non è un caso che la natura favorisca un lieve incremento ponderale nei primi mesi di amenorrea». COME RICONOSCERLA

La sintomatologia della menopausa è molto variegata ed estremamente variabile da soggetto a soggetto. Più frequentemente, il quadro clinico è composto da lieve aumento del peso corporeo, vampate di calore, affaticabilità, nervosismo, sudorazione, alterazione del sonno e mutamenti del tono dell'umore. «Le vampate di calore sono estremamente variabili da donna a donna e possono anche non comparire affatto», spiega la dottoressa De Paoli. «Per renderle meno frequenti e meno fastidiose, è possibile adottare ad esempio alcuni accorgimenti come abituarsi a vestire “a strati”, scoprendosi quando è necessario, limitare l'assunzione di caffè, bevande alcoliche e cibi troppo caldi e speziati, evitare docce, bagni e gli ambienti troppo caldi e, più in generale, ridurre al minimo le occasioni di stress e gli sforzi fisici intensi». «In un numero limitato di casi, soprattutto in donne con precedente storia clinica di depressione, compare anche un cambiamento dell'umore», continua la dottoressa De Paoli. «In questo periodo, inoltre, si può assistere anche a una progressiva perdita di materiale osseo, evidente soprattutto durante i primi anni di mancata mestruazione». Questo processo viene indicato come osteoporosi e, come lo definisce la stessa dottoressa De Paoli, può essere inteso come «un ladro silenzioso», poiché non provoca alcun disturbo, anche se le ossa, divenendo più fragili, possono andare incontro a fratture a volte anche particolarmente invalidanti. In alcuni casi viene riferita anche una diminuzione del desiderio sessuale o una modificazione della sessualità che però, come conferma la stessa dottoressa De Paoli, può essere percepita in maniera molto contenuta se si è in grado di «mantenersi fantasiose, serene, in salute e ricettive ai segnali dell'amore».


dalla accettazione serena che il ruolo della donna ha nelle diverse fasi della vita. È importante tener presente che essere arrivate alla menopausa è un segno di forza e di capacità di vivere». QUALCHE UTILE CONSIGLIO

ESISTE UNA TERAPIA?

Come abbiamo avuto modo di vedere, la menopausa non è assolutamente una patologia da cui difendersi e contro cui combattere, ma una normale fase fisiologica della vita che tutte le donne devono necessariamente attraversare. A questo punto è quindi naturale domandarsi: è possibile aiutare le donne a superarla con qualche terapia? «Esistono terapie sintomatiche, ossia utili a migliorare un unico sintomo, e terapie a più ampio spettro, ossia capaci di trattare tutti i sintomi della menopausa, come per esempio la terapia ormonale che può essere allopatica, omeopatica o fitoterapica. Se ad esempio la donna non ha vampate di calore ma solo riduzione del tono calcico, è possibile utilizzare unicamente farmaci attivi sull'osso. Risultati interessanti si possono ottenere anche con agopuntura, medicina cinese e ayuredica», afferma la dottoressa De Paoli. «La scelta terapeutica deve tener conto delle esigenze di ogni singola paziente e deve essere necessariamente preceduta da una corretta e completa valutazione anamnestica e clinica». Gli esami clinici da eseguire per un corretto approccio terapeutico sono rappresentati in genere da: dosaggi ormonali ed esami ematochimici di routine; Pap-Test e, nel caso, colposcopia; ecografia pelvica transvaginale; densitometria ossea; mammografia ed ecografia mammaria. «Credo che la migliore terapia sia data dalla consapevolezza, dalla comprensione e

Una volta analizzati più da vicino le caratteristiche, la sintomatologia e i possibili approcci terapeutici della menopausa, quali possono essere i consigli utili per affrontare con maggior sicurezza e serenità questo momento della vita? «Molti sono gli accorgimenti che possono essere adottati in menopausa, come ad esempio quello di controllare efficacemente il peso corporeo. Mangiare in modo sano ed equilibrato, non significa seguire i regimi restrittivi che costringono a sacrifici continui: mantenersi in buona salute non significa rinunciare al gusto. È indispensabile comunque che vi sia un perfetto equilibrio tra l'energia introdotta e quella spesa: a questo proposito, si può consigliare una dieta composta al 12% di proteine, 58% di carboidrati e 30% di grassi, unitamente ad almeno 1,5 litri di acqua al giorno. Il cibo deve essere frazionato in tre pasti più due spuntini e sarebbe bene abituarsi a modalità di cottura senza l'utilizzo dei grassi, limitare l'uso del sale e usare invece liberamente aromi e spezie», spiega la dottoressa De Paoli. «Buona norma è anche quella di mantenere una costante attività fisica come camminare, salire le scale, ballare, correre, andare in bicicletta e fare ginnastica a corpo libero almeno 2 o 3 volte a settimana. Utile allo scopo è anche una corretta ginnastica del perineo, quella particolare zona del corpo che si appoggia sulla sella della bicicletta. I muscoli del perineo vanno mantenuti in forma perché hanno l'importante compito di garantire il controllo dell'urina e sostenere gli organi interni. Facili esercizi da ripetersi alcune volte durante la minzione e lo svuotamento regolare della vescica (ogni 2-3 ore), ad esempio, già tonificano il perineo». E per la pelle cosa è possibile fare? «La riduzione del collagene e delle fibre elastiche assieme a una diminuita idratazione possono essere compensati da vita all'aria aperta, buona alimentazione, creme idratanti ricche di queste proteine e da una corretta esposizione al sole», conferma la dottoressa De Paoli. «Una corretta introduzione di calcio e vitamina D (assimilabili attraverso la dieta e l'acqua), una giusta attività fisica e una buona esposizione al sole riducono il rischio di osteoporosi. Ogni donna dovrebbe poi essere sempre incoraggiata a seguire i programmi di screening, soprattutto oncologici proposti nelle diverse fasce di età».

UNA NUOVA VITA La menopausa non è un momento di crisi della donna ma piuttosto un momento in cui è utile fare bilanci e scoprire nuovi equilibri. È necessario ricordare che bisogna prendersi cura di se stessi valorizzandosi nella vita per ciò che si è, si è fatto e si potrà ancora fare

Dott.ssa Lorenza De Paoli - Specialista in Ginecologia e Ostetricia Via Pier Giorgio Allegri, 3 48100 Mezzano (RA) - Tel: 0544.523017

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Nuovefrontiere TANTE LE POSSIBILITÀ DI INTERVENTO SULLE NOSTRE MANI. OGGI SI POSSONO RISOLVERE PROBLEMI COME LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE E L’ARTROSI, CI SPIEGA MARCO LANZETTA. UNICO ITALIANO ALL’INTERNO DI UN’EQUIPE CHE IN FRANCIA NEL 1998 EFFETTUÒ IL PRIMO TRAPIANTO DI MANO di Roberto Bonin

DIAMO UNA MANO

alle nostre mani

S

i narra che il primo trapianto di un arto fu effettuato dai Santi Cosma e Damiano in epoca romana. Secondo la leggenda, la gamba di un uomo etiope sbranato dai leoni del circo fu trapiantata infatti su un uomo bianco durante il sonno. A raccontare questa storia antica di millenni è il professore Marco Lanzetta, l'uomo che nel 1998 effettuò a Lione (Francia) il primo trapianto di mano al mondo. Lo abbiamo incontrato presso l'Istituto Italiano di Chirurgia della Mano di Monza (Milano) da lui diretto, un moderno centro di diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie e dei traumi dell'arto superiore. «L'idea di trapiantare un arto da un cadavere è fuoriuscita dal mito ed è diventata realtà quando alcuni professionisti si incontrarono e iniziarono a pensare come poter realizzare un simile inter-

vento chirurgico», racconta il professore Marco Lanzetta. «Il trapianto fu realizzato il 23 settembre 1998 da un'equipe internazionale di cui io ero l'unico componente italiano. Tutto sembrò andare per il verso giusto fino a quando poco più di due anni dopo si registrò l'insuccesso, dovuto alla mancata collaborazione del paziente che a un certo punto del decorso post-operatorio interruppe la terapia anti-rigetto. Dovemmo così procedere alla reamputazione dell'arto», tiene a precisare il noto microchirurgo. «Nonostante questo è stato però importante rompere il ghiaccio poiché questo intervento ha aperto la strada a tantissimi trapianti di mano, di faccia, di gamba, di ginocchio, di utero e di laringe. Attualmente si registrano oltre 150 trapianti compositi di

PIONIERE DELLA MICROCHIRURGIA DELLA MANO

Marco Lanzetta, microchirurgo ortopedico e chirurgo generale, è Direttore dell'Istituto Italiano di Chirurgia della Mano di Monza (Milano) e docente universitario presso la University of Camberra (Australia). È stato, dal 1996 al 2005, Direttore della Microsearch Foundation di Sydney (Australia). Fin dalla sua apertura è chairman del Registro Mondiale dei Trapianti di Mano. È presidente del Gicam-Onlus, Associazione di chirurghi che effettua interventi in Paesi in via di sviluppo o in caso di catastrofi naturali o conflitti. Si è formato professionalmente in Africa, Francia, Canada e Australia. Nel 1998 ha effettuato in Francia il primo trapianto al mondo di entrambe le mani e nello stesso anno il primo trapianto di mano in Italia. È autore di numerosi interventi chirurgici sensazionali, tra i quali la ricostruzione della mano della piccola vittima di Unabomber e delle vittime degli attentati terroristici in Arabia Saudita. È esperto del Consiglio Superiore della Sanità presso il Ministero della Salute. Ha ricevuto numerosi premi e onorificenze in ambito internazionale ed è stato insignito, nel 1999, del titolo di Cavaliere Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. È stato Visiting Guest Professor presso l'Università di Stanford (Stati Uniti), oltre che in Finlandia, Giappone, Romania, Repubblica Ceca, Colombia, Venezuela e Australia. Ha pubblicato oltre 190 tra libri, capitoli di libri e articoli scientifici originali. Per contattarlo: Istituto Italiano di Microchirurgia della Mano – 20052 Monza (MI) – Tel: 039.2324219 – info@iicm.it – www.iicm.it

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Nuovefrontiere

organi non vitali in vari Paesi del mondo con elevate percentuali di successo. Noi italiani abbiamo una casistica che, seppur limitata, è tra le più elevate al mondo: io stesso ho realizzato cinque interventi, due dei quali in Francia e tre in Italia. Sempre noi italiani siamo i depositari del Registro mondiale dei trapianti con cui gestiamo un database internazionale che comprende tutti i centri che utilizzano questo tipo di chirurgia». Gli chiediamo a questo punto quale sarà la prossima frontiera da raggiungere. «Sicuramente quella dei trapianti di mano per le anomalie di tipo congenito e, quindi, per tutti coloro che nascono senza mani o senza gambe». E per quanto riguarda la sua normale attività clinica, quali sono attualmente le patologie più frequenti che si trova a trattare? «In pratica, tutto ciò che riguarda l'ortopedia, la plastica e la microchirurgia della mano. Negli ultimi tempi ci dedichiamo molto anche alle patologie dell'anziano, più in particolare l'artrosi delle mani, in quanto abbiamo sviluppato dei protocolli attraverso i quali riusciamo a dare delle risposte mirate e personalizzate. Un altro campo su cui stiamo lavorando è quello delle malformazioni congenite e, naturalmente, ci occupiamo anche di patologie minori, quali la Sindrome del tunnel carpale, le dita a scatto, le tendiniti o le fratture. Esistono infine tematiche un po' più e articolate come le ricostruzioni posttraumatiche che richiedono tutta una serie di problematiche e un'accurata programmazione». SicuramentelaSindromedeltunnelcarpaleèuna patologiamoltofrequenteneipazientiitaliani.Cosa ci può dire in merito? «Questa patologia colpisce prevalentemente il sesso femminile, soprattutto le donne in gravidanza e in menopausa. Sono in continuo aumento anche

quelle di origine professionale che colpiscono per lo più le persone che lavorano su catene di montaggio o che eseguono movimenti ripetitivi per molte ore al giorno. In questo caso, infatti, il nervo mediano viene sollecitato meccanicamente con trazioni che ne ispessiscono la guaina e lo sottopongono conseguentemente a compressione. La sintomatologia è quella propria della compressione di un nervo mi-

RIABILITAZIONE SPECIALISTICA

«La riabilitazione è una fase di estrema importanza», ci tiene a sottolineare il professor Lanzetta. «Una mano attiva, che lavora e torna a compiere tutti i movimenti e le azioni di un tempo è la prova di un intervento chirurgico ben riuscito». Appunto per questo all'interno dell'Istituto Italiano di Chirurgia della Mano trova posto anche un apposito centro di riabilitazione diretto dalla dottoressa Graziella Urso. «Il paziente deve essere seguito da vicino in tutte le fasi della riabilitazione, cercando di personalizzare il suo recupero in base alle proprie esigenze personali e professionali», spiega la dottoressa Urso, mostrando particolari attrezzi di sua concezione che riproducono in tutto e per tutto utensili presenti nella vita di tutti i giorni, come ad esempio le maniglie delle porte, viti, bulloni e manubri di bicicletta o motocicletta. «Grazie a questi strumenti simuliamo le attività della vita quotidiana e le varie professioni con l'obiettivo del massimo recupero funzionale».

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caso si consiglia quindi l'intervento, un trattamento del tutto risolutivo assai semplice fatto in anestesia locale e in regime ambulatoriale. Io consiglio sempre di prestare la massima attenzione a ciò che succede alle proprie mani e, qualora si dovesse avvertire una sintomatologia di tipo ripetitivo e persistente, è bene rivolgersi immediatamente a un chirurgo della mano». Professor Lanzetta, è vero che la Sindrome del tunnel carpale, dopo l’artrosi è la malattia più frequente della mano? «Esattamente. È seconda solo all'artrosi, un disturbo che in realtà non è una malattia, ma un evento assolutamente inevitabile, causato soprattutto dall'usura nel tempo delle cartilagini articolari che, in alcuni casi, può essere addirittura accelerata a causa di una predisposizione di tipo famigliare. L'approccio all'artrosi non corrisponde a un unico protocollo, ma al contrario prevede un approccio a 360°, coordinato dal chirurgo. L'importante è cercare di selezionare il trattamento più adatto per ogni singolo paziente. Si agisce cercando di difendere le strutture che, più di altre, vengono usurate dal tempo, ossia le cartilagini articolari. Non sempre si tratta di una difesa locale meccanica ma può anche trattarsi di una difesa sistemica, andando a regolare particolari meccanismi che incidono indirettamente sulle cartilagini o sulla sintomatologia».

«LA SINDROME DEL TUNNEL CARPALE COLPISCE SOPRATTUTTO LE DONNE IN GRAVIDANZA E IN MENOPAUSA. MA ANCHE PERSONE CHE LAVORANO ALL’INTERNO DI CATENE DI MONTAGGIO» sto in cui coesistono fibre sensitive e fibre motorie: oltre al dolore, vi sono problemi di conduzione di sensibilità con parestesie e formicolii, e, in fase tardiva, paralisi dei muscoli che fanno opporre le dita. La sintomatologia è solita manifestarsi soprattutto durante le prime ore della notte: tipico è infatti il risveglio notturno con pollice, indice e medio addormentati e informicolati». La terapia è solo chirurgica? «No. La cosa fondamentale è data dall'insorgenza della sintomatologia, poiché il nervo può essere adeguatamente controllato anche con misure non chirurgiche, in particolar modo se la storia clinica del paziente ha una durata inferiore ai 2 o 3 mesi. È possibile infatti utilizzare un tutore da indossare durante la notte ed effettuare delle infiltrazioni locali di steroidi e cortisonici. Oltre i 3 mesi le percentuali di successo con altri trattamenti che non siano chirurgici sono davvero limitate. In questo

Lei è un medico molto noto, eppure non ha perso la sua semplicità, la sua umiltà e la sua disponibilità verso gli altri. È cambiato qualcosa nel rapporto con i pazienti? «Assolutamente no e, al contrario, è migliorato, forse anche perché con il passare del tempo si diventa più saggi e più pazienti, e aumenta soprattutto la voglia di ascoltare e discutere. Il lavoro del chirurgo è estremamente interessante, ma è anche estremamente difficile poiché non è possibile in alcun modo barare o nascondere gli insuccessi. Le mani - e il lavoro del chirurgo delle mani - sono sotto gli occhi di tutti. Nel mio caso bisogna sempre dare il massimo e sempre il meglio di se stessi». Per contattare Marco Lanzetta Istituto Italiano di Microchirurgia della Mano – 20052 Monza (MI) – Tel: 039.2324219 – info@iicm.it – www.iicm.it

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Nuovefrontiere

UN PASSO

verso la maternità

PRESSO S.I.S.ME.R. BOLOGNA È STATO ORGANIZZATO ONE STOP CLINIC, UN NUOVO APPROCCIO ALLA DIAGNOSI DELL’INFERTILITÀ: IN UNA SOLA SEDUTA È POSSIBILE PER LA COPPIA OTTENERE TUTTE LE INFORMAZIONI NECESSARIE PER CAPIRE I PROBLEMI E IMPOSTARE IL SUCCESSIVO PROGRAMMA RIPRODUTTIVO di Azzurra D’Agostino

L

a Società Italiana di Studi di Medicina della Riproduzione è una società privata che opera nell’ambito della infertilità umana e della procreazione medicalmente assistita (PMA) dal 1994, i cui Direttori Scientifico e Clinico operano nel settore da 25 anni. Questa struttura è in grado di far fronte a qualsiasi necessità della coppia infertile, accompagnando le attività assistenziali con una attività di ricerca che consente un costante aggiornamento. Quest’anno S.I.S.Me.R. festeggia 10 anni di certificazione ISO 9000/Vision 2000, 150 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali, 3000 bambini nati. Presso S.I.S.Me.R. viene organizzato la One Stop Clinic, una innovativa possibilità per le coppie con problemi di fertilità che consente loro di avere immediatamente a propria disposizione un team di medici specialisti in Medicina della Riproduzione (ginecologi, andrologi, genetisti, psicologi ) e la possibilità di eseguire in giornata tutti gli esami di pri-

62 Dossier Medicina

mo e secondo livello che, sulla base della evidenza clinica, sono in grado di fornire le informazioni necessarie per porre una prima diagnosi e per impostare con la coppia il successivo programma riproduttivo. Innanzitutto, occorre chiarire quando una coppia è considerata infertile e quando dunque è il caso che inizi a ipotizzare un aiuto medico. In genere, dopo un anno che una coppia ha rapporti non protetti nel periodo ovulatorio, dunque mirati, senza riuscire a dare il via a una gravidanza, viene considerata sub-fertile, cioè con una fertilità ridotta. Può quindi, a partire da questo periodo, cominciare a pensare di fare qualche indagine. E proprio qui sta la principale innovazione della One Stop Clinic: un nuovo approccio alla diagnosi. Ce ne chiarisce il motivo la dottoressa Anna Pia Ferraretti, del Centro S.I.S.Me.R. «Nel momento in cui scopre la propria incapacità riproduttiva, la coppia vive già un profondo disagio psichico che può condizionare quotidianamente la vita famigliare e relazionale. Quando poi decide di richiedere un aiu-


to medico, scopre che il problema non può essere risolto “subito”, ma che si deve affrontare un percorso di diagnosi e terapia, spesso a tappe, che può durare a lungo e che non garantisce il successo Per aiutare le coppie ad affrontare questo percorso è necessario infatti coinvolgerle attivamente in ogni fase del processo. Fin dall’inizio la coppia deve ricevere tutte le informazioni necessarie perché possa avere chiaro il suo “programma riproduttivo”, perché possa essere in grado di scegliere consapevolmente, perché possa sapere in ogni momento “dove è”, dove “può andare” e “dove può arrivare”. La coppia infertile vive inoltre il “ tempo” come un bene prezioso sotto tutti i punti di vista. Ridurre e razionalizzare i tempi là dove è possibile può aiutare le coppie a vivere con minor ansia la condizione di infertilità. Il percorso diagnostico prevede una serie di esami iniziali relativamente semplici e chiaramente definiti da linee guida basate sulla evidenza medica. Troppo spesso però questi esami vengono diluiti nel tempo (consiglio, prescrizione, effettua-

DOPO UN ANNO CHE UNA COPPIA HA RAPPORTI NON PROTETTI NEL PERIODO OVULATORIO, SENZA ALCUN SEGNO DI GRAVIDANZA, VIENE CONSIDERATA SUB-FERTILE, CIOÈ CON UNA FERTILITÀ RIDOTTA zione) e negli spazi (strutture sanitarie di diversa tipologia), richiedendo un consumo di tempo e di energie che non possono che creare “ansia”. La One Stop Clinic si inserisce in questo contesto in maniera innovativa: mettendo insieme un gruppo di professionisti e coordinandoli con l’organizzazione di un centro che ha la possibilità di fare tutti gli esami disponibili in una sola sede, è possibile concentrare la fase diagnostica in una sola giornata, laddove normalmente richiede mesi». Il nome è dunque esplicativo: in una sola “fermata” entrambi i partner non solo possono fare tutti gli esami, ma anche avere l’esito degli stessi. Quindi, alla fine della giornata, la coppia può avere un colloquio con lo specialista per fare il punto della situazione, in particolare: per spiegare i risultati ottenuti e per programmare le successive fasi del percorso, che potranno essere diverse per ogni coppia e pianificate in base all’esito degli esami. Una prima possibilità è che la coppia possa aspettare ancora (6-12 mesi) senza eseguire altre indagini né trattamenti, perché può avere ancora una certa possibilità di successo nell’avviare una gravidanza naturalmente. Questa opzione deve essere vissuta dalla coppia come una vera scelta terapeutica e non una

perdita di tempo. Deve però essere informata delle eventuali successive tappe, qualora la infertilità persistesse. In altri casi, a diagnosi posta, si procede alla prescrizione di terapie mediche o, a volte, di trattamenti chirurgici. Altre volte, la diagnosi può indicare di procedere con trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) di 1° o 2° livello. Qualche volta può anche succedere che venga sconsigliato ogni tipo di trattamento, in quanto nessuno sarebbe in grado di offrire realistiche possibilità di successo. La One Stop Clinic prevede quindi «un rapporto breve ma intenso» tra la coppia e il personale della struttura sanitaria S.I.S.Me.R. La coppia saprà comunque alla fine come muoversi in un campo che troppo spesso crea grande confusione. Quando una coppia è interessata ad eseguire la One Stop Clinic, innanzitutto dovrà sostenere un colloquio ( anche telefonico) con i medici del centro per raccogliere

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Nuovefrontiere DIAGNOSI DELL’INFERTILITÀ Ecco gli esami che possono essere eseguiti nel corso della One Stop Clinic

Partner maschile: 1 visita andrologica ed ecografia con color doppler 2 spermiogramma di base 3 test di separazione nemaspermica

Se necessario sul liquido seminale per la valutazione della frammentazione e della condensazione del DNA valutazione della birifrangenza degli spermatozoi preparazione di un campione di seme per la valutazione della competenza cromosomica prelievo di sngue per esami ormonali (LH, FSH, Testosterone, Prolattina) e genetici (cariotipo, fibrosi cistica, microdelezione Y) tests

Partner femminile: 1 visita ginecologica ed ecografia pelvica 2 ecosonografia Se necessario

isteroscopia isterosalpingografia idrolaparoscopia (THL) tampone cervicale e

colposcopia di sangue per esami ormonali (FSH, LH, Estradiolo, Prolattina, TSH, Androgeni, Progesterone), esami genetici (cariotipo, fibrosi cistica, Xfragile) ed esami trombofilici.

prelievo

Alla fine della giornata e con l’esito degli esami eseguiti, la coppia avrà un colloquio con lo specialista per fare il punto della situazione, in particolare: per spiegare i risultati ottenuti; per programmare le successive fasi del percorso, che saranno diverse per ogni coppia e pianificate in base all’esito degli esami e alle caratteristiche di ogni singola coppia.

un’anamnesi accurata e valutare se ci sono le condizioni per procedere (età, la storia clinica, da quanto tempo cerca di avere figli ecc.). Quindi, si fissa la data per la One Stop Clinic. Il giorno stabilito la coppia deve dare disponibilità dalle 8.30 alle 18.00. Il partner maschile incontra l’andrologo per una visita specialistica e una ecografia. Dovrà poi produrre un campione di liquido seminale che verrà utilizzato per la valutazione dei parametri di base (numero, motilità, morfologia) ma anche, quando 64 Dossier Medicina

necessario, per analisi più sofisticate, in grado di mettere in evidenza alterazioni più complesse. La partner femminile incontra il ginecologo per una visita specialistica e una ecografia. Verrà poi sottoposta a indagini strumentali per la valutazione della pervietà tubarica e della cavità uterina. Per entrambi i partner vengono eseguiti dosaggi ormonali con esito in giornata e il prelievo di sangue per eventuali esami genetici e/o trombofilici. Durante la giornata, la coppia parteciperà a un incontro collettivo con altre coppie in trattamento dove vengono spiegate e discusse le problematiche connesse all’infertilità in presenza dello psicologo ed utilizzando materiale visivo. Alla fine della giornata e con l’esito degli esami eseguiti, la coppia avrà quindi il colloquio con lo specialista per la valutazione finale e l’impostazione del successivo programma. Alla dimissione, la coppia riceverà una relazione scritta con l’esito degli esami e le eventuali prescrizioni. Copia della relazione verrà inviata al ginecologo di fiducia. Qualora lo volesse, la coppia può comunque continuare a rivolgersi al Centro per ogni eventuale ulteriore indagine e/o trattamento medico e chirurgico o per ogni tipologia di trattamenti di Procreazione Medicalmente Assistita. S.I.S.Me.R è infatti una struttura completa e garantita di Day Surgery che si avvale di tecnologie all’avanguardia e di personale medico che opera nel Campo della Medicina della Riproduzione da oltre 25 anni. La One Stop Clinic, dando risposte in tempi brevi, riduce il rischio che la coppia abbia già “consumato” energie fisiche e psicologiche nel momento in cui deve sentirsi pronta per affrontare il successivo percorso terapeutico La infertilità colpisce circa il 12-15% delle coppie in età riproduttiva, ma grazie alle nuove terapie molte coppie possono risolvere il problema. Non più di 10-15 anni fa, la coppia infertile aveva ben poco da scegliere. Oggi il progresso medico ha aperto delle strad che offrono alle coppie infertili una possibilità di scelta. Il poter scegliere può creare ansia, a volte confusione, ma è sempre una conquista sia a livello individuale che sociale. È vero però anche che i trattamenti più sofisticati non offrono mai una garanzia di successo e che quindi il desiderio di un figlio può rimanere insoddisfatto ed eventuali fallimenti ripetuti rischiano di portare la coppia in uno stato di depressione profonda. La One Stop Clinic può aiutare la coppia a vivere questa esperienza in senso più positivo, in un percorso di maturazione e non di regressione. Società Italiana di Studi di Medicina della Riproduzione s.r.l. Via Mazzini, 12 - 40138 Bologna ITALIA - Tel. 0039.051.307 307 (6 linee) - Fax 0039.051.302 933 e-mail: sismer@sismer.it - www.sismer.it



Reportage

la magia delle acque

G

li italiani colpiti da problemi reumatologici, disturbi respiratori e altre forme patologiche più o meno serie, così come tutte le vittime dello stress, hanno un importante alleato nelle terme: e lo sanno, tanto che il comparto termale arriva a produrre un fatturato di 734 milioni di euro, l’82% del quale costituito da prestazioni sanitarie. La domanda è alta e l’offerta anche: in Italia sono ben 380 gli stabilimenti termali funzionanti, suddivisi in 170 comuni: la regione più ricca è la Campania, con 114 stazioni termali, ma il sud in generale è fanalino di coda rispetto al nord. Al valore economico si aggiunge indubbiamente quello scientifico: quella termale è una vera e propria medicina (chiamata anche crenoterapia), che utilizza acque minerali dalle proprietà terapeutiche o igieniche speciali, quindi un prodotto di fatto naturale, ma che richiede prescrizione e somministrazioni sotto controllo medico, secondo precisi requisiti sanitari. Il termalismo non è una alternativa alle cure tradizionali, ma indubbiamente è un valido coadiuvante, che sfrutta i principi attivi contenuti nelle acque: queste cadono sotto varie forme dall'atmosfera sulla superficie, penetrando nel terreno in profondità, e si arricchiscono con diverse sostanze presenti nel sottosuolo. Quando poi riemergono in corrispon-

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denza delle sorgenti, se hanno particolari caratteristiche di temperatura o di contenuto in minerali, vengono chiamate acque termali. La principale distinzione delle acque si basa sulla loro composizione salina: molto diffuse sono le acque caratterizzate dalla presenza di una buona quantità di più sali minerali (le più note sono le salso-bromo-iodiche). Oltre a classificarsi in base al contenuto, le acque si distinguono secondo la temperatura con la quale emergono dal terreno: fredde (meno di 20°C), ipotermali (fra 20°C e 30°C), termali (fra 30°C e 40°C) e ipertermali (superiore a 40°C). Le acque termali si possono bere (cura idropinica), possono essere inalate (inalazioni, aerosol, humages, nebulizzazioni, irrigazioni nasali), insufflate (insufflazioni endotimpaniche, endotubariche, politzer), utilizzate per bagni (balneoterapia), sfruttate per far maturare i fanghi per la fangoterapia, o usate nelle grotte (antroterapia). Oggi vengono sempre più usate anche per realizzare prodotti da vendere in farmacia (sia medicamentosi, sia più semplicemente, cosmetici). Le patologie, che possono trarre beneficio dalle cure termali, sono indicate dal Ministero della Salute con il decreto del 15 dicembre 1994: sono escluse tutte le forme acute, che rappresentano, di fatto, una controindicazione al trattamento termale. A conforto dei benefici del termalismo c’è la tradizione mille-


IL BELPAESE PULLULA DI SORGENTI TERMALI. ACQUE ANTICHE, DALLE MOLTEPLICI PROPRIETÀ CURATIVE. SEMPRE PIÙ LETTE ANCHE IN CHIAVE BENESSERE. VIAGGIO TRA LE PECULIARITÀ DEL TERMALISMO NAZIONALE di Valeria Ghitti

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Reportage

RESPIRARE MEGLIO Da sempre le Terme di Sirmione si sono concentrate sullo studio dei benefici dei trattamenti per problemi respiratori e otorinolaringoiatrici. Il merito è delle sue acque, ipertermali sulfuree-salsobromo-iodiche, antinfiammatorie, immunostimolanti

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naria, che ha fatto del Mediterraneo la culla termale già ai tempi di Egizi, prima, e Romani, poi. Certo oggi questo non basta per dare una corretta base scientifica alla crenoterapia. «L’Italia è attualmente l’unico Paese al mondo ad avere un sistema strutturato di finanziamenti destinati alla ricerca scientifica nell’ambito termalistico», spiega il professor Marco Vitale, coordinatore scientifico della Fondazione per la Ricerca Termale, nata da una “costola” di Federterme, e mantenuta grazie ai contributi delle stazioni termali nazionali. «La Fondazione, infatti, punta a verificare accuratamente quanto empiricamente si osserva da secoli, sia valutando i benefici e le controindicazioni connessi all’uso di acque chimicamente complesse, sia studiando gli effetti di ogni singolo componente minerale, con un approccio, quindi, più farmacologico». Gli studi viaggiano sui binari più collaudati del termalismo, cioè il trattamento delle patologie respiratorie, otorinolaringoiatriche, gastroenteriche e di quelle dermatologiche. «Spesso le ricerche confermano quanto è già noto, permettendo di spiegare i fenomeni con cognizione di causa, favorendo una corretta interpretazione delle applicazioni e riducendo il rischio di effetti collaterali». aggiunge Vitale. «È importante puntare sulla medicina termale perché, quando efficace, può produrre una riduzione di costi, in termini ad esempio di assunzione di farmaci e miglioramento della qualità di vita». È sorprendente, però, come sia ancora poco nota la possibilità di poter usufruire del Servizio Sanitario nazionale, per eseguire un ciclo di cure termali all’anno, che va naturalmente prescritta dal Medico curante che ne ravvisi la neces-

sità e specifichi la diagnosi. Le modalità con cui effettuare il ciclo di cure possono variare da regione a regione. « È bene ricordare che l’accesso alle cure, già prescritto dal proprio medico, prevede una ulteriore visita specialistica all’interno del centro termale, per valutare la presenza di eventuali controindicazioni», sottolinea il professor Vitale, che è docente nel Dipartimento di Anatomia, Farmacologia e Scienze Medico Forensi della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Parma. Le terme non sono comunque off limits per chi non ha problemi di salute, anzi: ormai praticamente tutti gli stabilimenti termali hanno affiancato al settore prettamente medico, quello del benessere, pur sempre secondo precisi criteri di scientificità, sfruttando le acque sia per i benefici estetici, sia per quelli antistress. Chiaramente si tratta di servizi non a carico del SSN. SIRMIONE: SPECIALISTI NEL RIDARE RESPIRO

Nella cornice della piccola penisola del lago di Garda, già ispiratrice di poeti come Catullo, sorgono le terme forse più votate alla cura delle malattie respiratorie e otorinolaringoiatriche. Il merito è proprio delle acque di Sirmione, ipertermali sulfuree-salsobromo-iodiche, dalle proprietà antinfiammatorie, immunostimolanti, fluidificanti, umidificanti, anticatarrali: un valido supporto contro le forme croniche e uno strumento di prevenzione nei confronti delle forme infiammatorie acute ricorrenti. «Da sempre le Terme di Sirmione si sono concentrate sullo studio dei benefici dei trattamenti per problemi respiratori e otorinolaringoiatrici, tanto che sono nati qui


alcuni veri e propri protocolli sanitari (come la doccia nasale micronizzata), poi esportati anche in altre stazioni termali», ci spiega il dottor Michele Francaviglia, direttore sanitario delle Terme di Sirmione, specialista in biochimica clinica e docente di tossicologia all’Università di Pavia. E infatti, proprio a Sirmione, già nel lontano 1948, è sorto il primo centro in Italia per la “cura della Sordità Rinogena”, ora centro specialistico, in tutto paragonabile a un reparto ospedaliero, dove opera un pool di specialisti di eccellenza in otorinolaringoiatria. «La tipologia dei pazienti è varia, ma puntiamo soprattutto sui bambini: ne arrivano 4500 l’anno e per essi ci sono protocolli specifici come le nebulizzazioni che sono inalazioni collettive in ambiente dedicato, studiate per diminuire il disagio del trattamento», spiega Francaviglia. Le infiammazioni acute e croniche delle basse vie respiratorie si sono moltiplicate negli ultimi decenni, anche a causa del maggior inquinamento atmosferico. Anche per questo, nel 1975 le terme si sono arricchite di un ulteriore centro specialistico, quello per la “diagnosi e la cura delle malattie broncopneumologiche”, dove si effettua la riabilitazione, in particolare, di chi soffre di Broncopneumopatia cronica-ostruttiva, attraverso le inalazioni, le ventilazioni polmonari e un’adeguata ginnastica respiratoria. «Ai centri si può accedere sia attraverso il SSN sia in via privata», sottolinea il direttore sanitario. CHIANCIANO: FEGATO E SENSI

Dai colli senesi sgorgano diverse sorgenti termali, che hanno permesso a Chianciano di specializzarsi su più fronti: le sorgenti bicarbonato-solfato-calciche fred-

LA CURA DELL’INTESTINO Le acque delle sorgenti termali di Chianciano vengono utilizzate per le cure gastroenteriche, per le terapie inalatorie e in campo estetico e reumatologico. Da 3 anni a Chianciano sono attive le uniche Terme Sensoriali d’Italia, un progetto basato sui criteri della naturopatia e della filosofia ayurvedica

de Santa e Fucoli vengono usate per le cure gastroenteriche, la Santissima (bicarbonato-solfatocalcica-alcalino terrosa) immunostimolante e fluidificante, è adatta per le terapie inalatorie mentre l’acqua bicarbonato-solfato-calcica termale Sillene è impiegata in campo estetico e reumatologico. «Indubbiamente, però, la nostra punta di diamante è la cura della dispepsia epato-biliare, attraverso lo sfruttamento delle acque Santa e Fucoli, che hanno un’azione modulatrice delle attività motorie intestinali, antinfiammatoria sulla mucosa gastro-enterica e un effetto diuretico», spiega il dottor Bruno Sordi, direttore sanitario delle Terme di Chianciano, specialista in cardioangiologia e medicina termale. «Abbiamo uno specifico protocollo, mutuabile, per la salute del fegato, che si avvale di 12 cure idropiniche - assumendo come bibita l’acqua a un dosaggio personalizzato, al mattino a digiuno – e, a integrazione, di 6 fanghi sulla zona epatica, effettuati con un impacco con telo di cotone, quindi non direttamente a pelle come avviene tradizionalmente, e 6 ba-

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Reportage

PROPRIETÀ SEDATIVE In alto una foto delle Terme di Salsomaggiore, dotate di acque con proprietà antinfiammatorie, sedative e analgesiche. A destra Salice Terme, le cui cure idropiniche contro i problemi gastroenterici, favoriscono l’eliminazione della bile, la mobilità intestinale e la secrezione gastrica

gni, sempre sulla regione del fegato». Chianciano, però, ha una peculiarità anche nel settore del benessere: da quasi tre anni sono attive le uniche Terme Sensoriali d’Italia, un progetto basato sui criteri della naturopatia e della filosofia ayurvedica, dove l'utente può sperimentare suggestivi percorsi sensoriali, per riequilibrare il campo energetico umano attraverso l'armonizzazione dei cinque elementi, Acqua, Fuoco, Terra, Aria, Etere. Si possono sperimentare venti diverse esperienze, da adattare alla propria personale situazione, con la consulenza di un naturopata. SALSOMAGGIORE: ACQUA MADRE

Là dove ogni anno si elegge la più bella d’Italia, sgorgano acque ipertoniche fredde, salso-bromoiodiche, con un’alta concentrazione di sali (circa 150 g per litro) e con la più alta percentuale di iodio (0,054 grammi per litro) e di bromo (0,23 grammi per litro), pescate a circa 2 km di profondità.. «Un’acqua di tali caratteristiche viene sottoposta, dal nostro istituto chimico, a un processo di lavorazione e concentrazione, per ridurre la presenza del cloruro di sodio nell’acqua termale, per un suo più ap70 Dossier Medicina

propriato utilizzo nelle cure inalatorie, nelle irrigazioni e negli aerosol vaginali. Nasce così l’Acqua Madre», ci svela il professor Giorgio Varacca, direttore sanitario delle Terme di Salsomaggiore. «Quest’acqua è un prodotto esclusivo di Salsomaggiore, e il processo a cui viene sottoposta esalta le qualità antinfiammatorie, sedative e antalgiche». Molto spazio viene dato alla riabilitazione ortopedica e neurologica, sia “a secco”, sia in acqua, sfruttando proprio la grande salinità di queste sorgenti, che permette di potenziare l’effetto di scarico del lavoro acquatico, senza pesare sulle articolazioni. «Annesso alla terme abbiamo infatti anche un Centro di Idroterapia per la riabilitazione in acqua termale, completato da un reparto per l’esecuzione delle cure fisiche», sottolinea Varacca. Salsomaggiore, forte proprio della nomea di città della bellezza, non poteva non puntare sullo sfruttamento delle terme anche in chiave estetica. È così nata da poco una collaborazione con l’ISPLAD, la Società Italiana ed Internazionale di Dermatologia Plastica ed Oncologica, che si tradurrà nelle ”Le stagioni della Bellezza”, appuntamenti semestrali, a cavallo fra febbraio e marzo e fra ottobre e novembre, per chi vorrà preparare la pelle rispettivamente all’estate e all’inverno, attraverso cicli di trattamenti mirati in collaborazione con l’équipe dei Dermatologi termali di Salso. Recentemente, inoltre, le Terme di Salsomaggiore e di Tabiano si sono riunite in un’unica entità, abbinando alle acque salsobromoiodiche di Salsomaggiore, le acque sulfuree di Tabiano, sfruttate anche nel Centro Antifumo e Antitosse e nel Centro della Voce per i disturbi foniatrici: una nuova realtà che punta al benessere non solo nell’ambito strettamente termale, presto arricchito da una serie di piscine ludiche termali, ma anche nell’ambito sanitario e wellness. SALICE: TERME DALLA DOPPIA IDENTITÀ

Salice Terme è una piccola località dell’Oltrepò Pavese, precisamente nel Comune di Godiasco, che può vantare, però, un ricco patrimonio idrominerale, che consente un ventaglio di applicazioni molto ampio, sia dal punto di vista terapeutico sia estetico. «A Salice abbiamo due sorgenti ben distinte, dalle caratteristiche differenti: la fonte Mont’Alfeo, solfurea, tra le più ricche d’idrogeno solforato d’Italia, e la fonte Sales, salso-bromo-iodica», spiega il professor Pietro Barbieri, docente di idrologia medica alla scuola di specializzazione dell’Università di Pavia e direttore sanitario delle Terme di Salice. L’acqua sulfurea, grazie alla ricchezza di zolfo, ha importanti benefici cutanei, poiché favorisce il ricambio fisiologico delle cellule, applicazioni fondamentale non solo in dermatologia, ma anche in estetica. Si presta, quindi, molto bene alla balneoterapia. «L’acqua sulfurea ha anche proprietà rilassanti


IL BENESSERE IN TOSCANA Le Terme di Montecatini (nelle foto sotto e a sinistra) sono specializzate nel trattamento della dislipidemia, in particolare dei livelli troppo elevati di colesterolo. Infatti, studi scientifici hanno dimostrato che, bevendo, secondo dosaggi personalizzati, si verifica una diminuzione del colesterolo a livello biliare

e sedative, utili nei casi di iper eccitabilità nervosa », continua Barbieri. «L’indicazione fondamentale resta, però, il trattamento delle patologie infiammatorie recidivanti delle prime vie aeree». Essa, inoltre, viene usata per le cure idropiniche contro i problemi gastroenterici, perché favorisce l’eliminazione della bile, migliora la mobilità intestinale e la secrezione gastrica. L’acqua salso-bromo-jodica, in virtù dell’azione antinfiammatoria e di stimolo nell’attività cellulare, per la quale vengono accelerati i processi metabolici più importanti, è fondamentale nelle terapie antidolorifiche e decontratturanti (malattie reumatiche e osteoarticolari). Per la stessa proprietà antinfiammatoria è usata anche contro le infiammazioni genitali. «L’acqua salso-bromoiodica svolge, inoltre, un’azione preventiva o curativa per stimolare le difese immunitarie, migliorare la capacità respiratoria e depurativa dei bronchi. Grazie alla proprietà antiedemigena, poi, migliora la circolazione venosa degli arti inferiori», conclude il direttore sanitario. Attivissimo anche il settore benessere, da poco arricchito con il massaggio ayurvedico pinda Sweda, tecnica di ringiovanimento che rende il corpo elastico, scioglie gli indolenzimenti e i gonfiori alle giunture. Nutrita anche la scelta cosmetica, con una linea per il viso, una per il corpo e, una terza, ambientale, per la casa, tutta basata sui principi dell’aromaterapia. ABANO: FANGHI BREVETTATI

Le terme Euganee comprendono tutta la vasta offerta termale del bacino dei colli omonimi, dove spiccano per notorietà Abano e Montegrotto. Qui ogni stabilimento ha la propria sorgente: a fare da trait d’union è il Centro Studi Termali Pietro D’Abano, creato quasi 30 anni fa con il compito di studiare i meccanismi d’azione dell’acque ipertermali salso-bromoiodiche locali. «Il centro Studi ha ottenuto notevoli risultati e il più importante è la creazione di un fan-

go brevettato». A parlare è Alberto Lalli, direttore del centro studi, che ha partecipato alle ricerche che hanno portato alla nascita del brevetto. «Il fango termale di Abano e Montegrotto è un composto di argilla, acqua termale e micro-organismi: le acque, usate nella maturazione, conservazione e rigenerazione del fango termale, fatte scorrere costantemente per mesi, nel fango, favoriscono il peculiare sviluppo di cianobatteri e microalghe». In particolare, nei fanghi euganei, gli esperti hanno isolato e classificato, per la prima volta al mondo, un cianobatterio del genere Phormidium, battezzato ETS-05: «Esso è in grado di produrre sostanze ad elevata attività anti-infiammatoria, paragonabili, per effetti, al cortisone e ai FANS, ma senza effetti collaterali al tratto gastrointestinale, anche dopo ripetuti trattamenti» continua Lalli. «Inoltre, prove sperimentali hanno dimostrato che il batterio trova nel bacino termale di Abano e Montegrotto l’ambiente ideale per il suo sviluppo». Da qui il brevetto. Questi fanghi sono usati soprattutto nei trattamenti delle affezioni osteo-articolari (osteoartrosi e osteoporosi), e vengono applicati direttamente in corrispondenza delle articolazioni: i benefici, però, non si limitano all’azione antinfiammatoria. Re-

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Reportage centi scoperte hanno dimostrato che i fanghi agiscono anche sui meccanismi di riparazione della cartilagine. Ad Abano è attivo anche il primo centro ad alta tecnologia per la riabilitazione in acqua termale dove, grazie ai protocolli terapeutici utilizzati presso l’Unità di Riabilitazione Ortopedica di Padova, è stato messo a punto un programma terapeutico per la lombalgia: il metodo Idrokinesis, che prevede una valutazione specialistica multidisciplinare, la possibilità di associare trattamenti riabilitativi tradizionali, idrokinesiterapia in vasche termali, fangoterapia, massoterapia e attività fisica in palestra. MONTECATINI: TERME ANTICOLESTEROLO

Le Terme di Montecatini, nel cuore della Toscana, a mezz’ora dal capoluogo e dai suoi tesori artistici, sfruttano acque salso-solfato-alcaline, ricche di elementi preziosi quali bromo, cloro, iodio, litio, magnesio, potassio, sodio e solfato. «Queste acque facilitano e stimolano la rigenerazione funzionale dell'organismo, sono efficaci nelle malattie del fegato, del metabolismo e indicate nei casi di stipsi», spiega il dottor Antonio Galassi, specialista in idroclimatologia clinica termale e direttore sanitario delle Terme di Montecatini. «Nostra peculiarità è proprio la cura idropinica finalizzata al trattamento della dislipidemia, in particolare dei livelli troppo elevati di colesterolo. Infatti, studi scientifici hanno dimostrato che, bevendo, secondo dosaggi personalizzati e in base a un protocollo specifico, la nostra acqua, si assiste STORIA E TRADIZIONE Le antiche acque termali di Castrocaro sono utilizzate dal 1838 per curare malattie reumatiche, delle vie respiratorie, orecchio, naso, gola, dell'apparato vascolare e ginecologico, con effetti benefici su adulti e bambini. È attivo inoltre anche un attrezzato e specializzato Centro di Riabilitazione

a una diminuzione del colesterolo a livello biliare e a una sua eliminazione naturale attraverso le vie gastroenteriche». E proprio l’idropinoterapia è l’eccellenza di Montecatini, con le quattro fonti “specializzate”: la Leopoldina, indicata contro la stitichezza cronica, la Tettuccio, che agisce depurando fegato e riducendo l’ipercolesterolemia, la Rinfresco, diuretica e depurativa delle vie urinarie e, infine, la Regina, che ripristina il corretto flusso di bile. La vocazione per i disturbi gastroenterici, però, non esclude tutte le altre terapie riconosciute dal SSN: dai bagni e dai fanghi per le patologie reumatiche e per i disturbi vascolari, alle terapie inalatorie. CASTROCARO: FANGHI NATURALI

Già da fine ‘800 Castrocaro era attiva nel termalismo, grazie alla presenza di due differenti acque, la salsobromoiodica e la sulfurea: proprio questa doppia offerta, permette di trattare varie malattie, da quelle reumatologiche, alle respiratorie. «A differenza di molti centri termali, che sfruttano tecniche industriali Castrocaro può vantare fanghi a maturazione naturale», spiega il dottor Marco Conti, direttore sanitario delle Terme di Castrocaro. «Usiamo argilla azzurra finissima, ricavata proprio a Castrocaro, fatta maturare per almeno 6 mesi con acqua salsobromoiodica, nelle nostre fangaie risalenti al 1912. Il risultato è un fango unico, rinomato per la sua cremosità, che lo fa aderire molto bene, ma sempre in maniera delicata, alla pelle, con effetti antalgici, contro l’artrosi, ma anche con piacevoli conseguenze estetiche antiossidanti». In ambito reumatologico, le Terme di Castrocaro, che possono vantare un centro all’avanguardia per la riabilitazione e idrochinesiterapia termale, hanno anche avviato un interessante protocollo per il trattamento della spondilite anchilosante, che combina sei giorni di intensa riabilitazione in acqua termale al trattamento farmacologico. «Lo studio, presentato nel 2008 in occasione del Congresso Annuale della Lega Europea Contro i Reumatismi, ha evidenziato che il trattamento combinato farmacologico-riabilitativo sperimentato presso le Terme di Castrocaro si è dimostrato a breve termine più efficace della sola terapia farmacologica», sottolinea sempre Conti, specialista in fisioterapia e idrologia medica e coordinatore dello studio. Ma Castrocaro non è solo reumatologia: molti sono i percorsi salute studiati su singole problematiche, tra i quali spicca il pacchetto no smoking, studiato per alleviare i sintomi connessi al fumo attraverso le terapie inalatorie con le acque sulfuree, che donano sollievo alle mucose irritate dalla nicotina, fluidificando le secrezioni. Infine, da sottolineare lo sfruttamento delle piscine termali anche per i corsi che normalmente si svolgono nelle piscine tradizionali, dall’acquagym, all’acquaticità per neonati.


ISCHIA: MILLE E UN’ACQUA

MERANO: RADON ANTISTRESS

La chiamano isola verde, per via della sua lussureggiante vegetazione, ma Ischia potrebbe essere tranquillamente chiamata anche isola blu, visto che può vantare una grande ricchezza termale, con le sue circa cento sorgenti. «Le acque presenti nel sottosuolo ischitano hanno una duplice origine: si tratta di acque meteoriche che penetrando nel sottosuolo si caricano di sali minerali fino a giungere i focolari magmatici e ad incontrarsi con le acque di infiltrazione marina», spiega il professor Gianni Balestrieri, Presidente del Centro Studi Termali “Julio Jasolino” che coordina la ricerca scientifica termale in collaborazione con la Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale e l’Università di Napoli, nell’ambito dell’Associazione Termalisti dell’isola d’Ischia. «Le acque di infiltrazione marina costituiscono un valore aggiunto rispetto alle acque termali continentali, i cui bacini sono spesso molto lontani dal mare». Tante sorgenti, come detto, riconducibili, però, sostanzialmente a tre principali categorie di acque: salso-solfatoalcaline-terrose, salso o cloruro-sodiche e bicarbonatosolfate-alcaline. Sono tutte utilizzate per cure esterne (bagni, fanghi, aerosol, inalazioni), soprattutto per contrastare problemi reumatologici, dermatologici e respiratori. «L’unica acqua ischitana che viene impiegata nella cura idropinica è quella dell’antichissima sorgente di Nitrodi», spiega il professore. «È un’acqua ipotermale bicarbonato-calcica, che ha anche importanti doti cicatrizzanti su ulcere e ferite cutanee». Non dimentichiamo, inoltre, che Ischia vanta un clima mite e marino tutto l’anno, che potenzia ulteriormente i benefici termali. «Altra caratteristica peculiare dell’isola d’Ischia è data dalla presenza dei parchi idrotermali. Qui, immersi in una rilassante atmosfera e circondati da una rigogliosa vegetazione, in perfetto stile mediterraneo, è possibile bagnarsi in decine di piscine termali a diversa temperatura con idromassaggi e cascate. La presenza del mare e della spiaggia contribuiscono al raggiungimento di un pieno benessere psico-fisico», conclude Balestrieri.

La cornice delle Alpi altoatesine dona alle acque delle terme di Merano una peculiarità: le sorgenti montane attraversano rocce che rilasciano piccole quantità di radon. Questo gas è noto soprattutto per essere un pericolo per la salute, ma nelle acque radioattive oligominerali di Merano è presente in basse concentrazioni e usato per tempi ridotti, tanto da escludere ogni rischio. «Le piccole quantità di radon, anzi, offrono importanti benefici», spiega il dottor Salvatore Lo Cunsolo, specialista in idrologia medica e direttore sanitario delle terme di Merano. «Questo gas, infatti, ha la caratteristica di essere molto solubile nei grassi, per cui tende a concentrarsi nelle cellule adipose presenti soprattutto nella corteccia surrenale e nel sistema nervoso centrale e periferico dove esplica azione calmante, sedativa e antidolorifica». Un vero e proprio effetto antistress, che, associato sia all’ambiente naturale alpino, sia alla moderna architettura delle terme, produce un beneficio psicofisico sfruttabile sia in ambito curativo, sia, più semplicemente, in un’ottica di relax e prevenzione, importante per una dimensione dello “stare bene” a 360 gradi. «Noi puntiamo molto al benessere totale della persona», continua Lo Cunsolo. Il radon, inoltre, ha altre proprietà: svolge azione miorilassante, particolarmente utile nelle forme di artrosi e in molte altre problematiche dell’apparato osteoarticolare; è particolarmente attivo sulla circolazione, in quanto favorisce un’azione di contrazione sui vasi sanguigni periferici. È, quindi, indicata alle donne che soffrono di flebopatie croniche, cioè disturbi cronici a vene e capillari, come varici e teleangectasie. «Esistono anche alcuni esperimenti su animali secondo cui sembra che l’acqua al radon abbia anche una lieve azione desensibilizzante nei confronti di alcuni antigeni, rendendosi, quindi, potenzialmente utile contro le forme respiratorie allergiche», conclude il direttore sanitario. Sempre in ambito respiratorio, si riconosce all’acqua al radon una capacità immunostimolante sulle prime vie aeree, utile, quindi, come prevenzione di infiammazioni croniche.

TUTTO SECONDO NATURA Nella foto sopra una delle piscine delle Terme di Merano. Rappresentano la nuova oasi del benessere della città del Passirio. Dietro l’architettura di design dalle linee essenziali e pure, viene ripresa la grande tradizione di cura di Merano

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Psicologia

IL MALE

del secolo LA DEPRESSIONE STRINGE NELLA SUA MORSA MILIONI DI PERSONE IN TUTTO IL MONDO. E SEMBRA NON CONOSCERE DAVVERO SOSTA. A RICHIAMARE L’ATTENZIONE È IL DOTTOR TOMASO REGAZZOLI, MEDICO PSICOTERAPEUTA di Roberto Sanna

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stato definito da molti il “male del secolo”. Si tratta di un disturbo subdolo, difficilmente riconoscibile, che incatena letteralmente le persone inducendole a vivere una vita buia, anonima e senza speranze. «Nel 2020 la depressione sarà la seconda malattia per frequenza nel mondo dopo le malattie cardiovascolari», fa notare infatti il dottor Tomaso Regazzoli, medico psicoterapeuta, psicosintesista e specialista in Neuropsichiatria infantile. Si tratta di previsioni davvero allarmanti che dovrebbero far riflettere in modo approfondito sulla reale gravità e pericolosità di questo disturbo. Dottor Regazzoli che cosa si intende per depressione e soprattutto come si manifesta? «La depressione è un disturbo caratterizzato da diminuzione del tono dell'umore o da perdita di piacere per interessi e attività normalmente gradevoli. Una persona depressa accusa mancanza di appetito e perdita di peso, calo dell'energia vitale, insonnia o letargia, svogliatezza e incapacità a concentrarsi. Il 74 Dossier Medicina

depresso ha una ridotta autostima, è afflitto da frequenti sensi di colpa e mostra disagio nel sociale: è spesso schivo o, in altri casi, manifesta apertamente sentimenti di scoraggiamento, facilità al pianto e pessimismo. A volte si può giungere persino alla scomparsa di mimica facciale per un profondo senso di tristezza e auto-svalutazione, assenza di reattività a stimoli anche molto piacevoli, disperazione e pensieri di morte. A volte un episodio depressivo si manifesta anche con l'esacerbarsi di una somatizzazione come una tachicardia, un attacco asmatico, un'ulcera o una colite». Quale incidenza ha attualmente questo disturbo tra la popolazione italiana e mondiale? «La depressione è un disturbo molto frequente e a distribuzione ubiquitaria, coinvolgendo secondo l'OMS circa il 10% della popolazione. Recenti studi statistici evidenziano che in Europa un terzo della popolazione è affetta da disturbi psichici di cui il 12% è depresso. Gli stessi studi sottolineano che in Italia questa percentuale è dell'11% e così appare per


i Paesi latini, mentre il resto d'Europa arriva anche al 14%. L'OMS prevede che nel 2020 la depressione sarà la seconda malattia per frequenza nel mondo, dopo le malattie cardiovascolari». Secondo lei quali sono le categorie di persone più a rischio e perché? «Le donne vanno incontro a depressione in misura quasi doppia rispetto agli uomini. Secondo recenti statistiche per il 40% sono casalinghe. In Italia il 14% della popolazione depressa è rappresentata da pensionati e il 12,1% da impiegati». Possono essere individuate le cause della depressione? Esiste una predisposizione genetica o famigliare? «Le cause della depressione si possono ravvisare in tre principali gruppi di fattori: genetici, biochimici e psicologici. Fra quelli genetici la maggior parte degli studiosi è d'accordo nel considerare diversamente la depressione unipolare dalla depressione bipolare, che è un disturbo caratterizzato da un'alternanza tra depressione e maniacalità. Quest'ultima sembra

A sinistra, un primo piano del dottor Tomaso Regazzoli, medico psicoterapeuta, psicosintesista e specialista in Neuropsichiatria infantile

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Psicologia

«SECONDO RECENTI STATISTICHE LE DONNE SI AMMALANO DI DEPRESSIONE IN MISURA QUASI DOPPIA RISPETTO AGLI UOMINI» avere un'evidente famigliarità. Pur non essendo ravvisabile una significatività statistica, invece, sembra che anche nell'insorgenza della depressione unipolare incida notevolmente vivere in una famiglia in cui ci sia almeno un congiunto depresso. Fra i fattori biochimici se ne annoverano diversi. Alcuni sono legati ad esempio a sostanze chimiche prodotte dall'organismo in presenza di tumori dell'ipofisi o tumori delle ghiandole surrenali. Altri fattori sono legati invece all'azione di farmaci o in presenza di alcune malattie come il Parkinson o l'Alzheimer. C'è anche chi ha rilevato un fattore stagionale, sottolineando l'importanza della diminuzione della durata e dell'intensità della luce solare nel verificarsi di una depressione di tipo stagionale. La psicologia dinamica fa infine risalire il disturbo depressivo a quella dimensione esistenziale di sofferenza, tribolazione e dispiacere che ognuno di noi sperimenta alla nascita. La struttura depressiva si radicherebbe quindi su espe76 Dossier Medicina

rienze precoci di natura affettiva che rafforzano l'imprinting originario del dolore e che determinano lo stile di vita della persona nel prosieguo della vita». La depressione è spesso accompagnata da ansia. Quale relazione esiste tra le due patologie? «Per ansia si intende uno stato di allerta che viene attivato da situazioni vissute come di pericolo nei confronti della propria sicurezza personale. In chi è ne è affetto tale stato è motivo di notevoli preoccupazioni che non sono motivate da situazioni reali. Per questo diventa difficile il controllo di esse e si creano disagi nel sociale, nel lavoro e nella sfera affettiva. Per di più, questo turbamento interiore è talvolta mal riconosciuto dal paziente, che quindi ancor meno può tentare di porvi freno o rimedio. Quando c'è depressione, difficilmente non c'è ansia, e le due manifestazioni procedono parallelamente anche se, a volte, sembrano alternarsi o, piuttosto, una nasconde l'altra. Ansia e depressione sono in un certo senso sintomi della stessa antica malattia». Medico di famiglia, psichiatra e psicoterapeuta: qual è il corretto intervento risolutivo nella cura della depressione? «Il medico curante conosce bene il suo paziente de-



Psicologia

Riconoscere la depressione Da recenti stime si desume che soffre di depressione circa il 20% della popolazione generale e le previsioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano un peggioramento: la depressione sarà la seconda causa di disabilità entro il 2020. Ma come si riconosce la vera depressione? La depressione è un disturbo dell’umore. Il tono dell’umore è una funzione

Le prime descrizioni di stati depressivi su antichi papiri egiziani risalgono addirittura a 5mila anni fa. Anche nella Bibbia si raccontano acute fasi depressive, mentre la storia dell’Antica Grecia e dell’Impero Romano è piena di filosofi e non che hanno scelto di togliersi la vita perché tormentati dal “mal di vivere”.

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psichica importante nell’adattamento al nostro mondo interno ed esterno. Quando si è depressi il tono dell’umore flette rigidamente verso il basso senza più rispondere alle situazioni positive, il sentimento dominante è la tristezza e l’angoscia. Si può diagnosticare un episodio depressivo quando sono contemporaneamente presenti, da almeno due settimane, cinque o più dei seguenti sintomi: 1) umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno; 2) marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno; 3) significativa perdita di peso, senza essere a dieta, o aumento del peso, oppure diminuzione o aumento dell’appetito quasi ogni giorno; 4) insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno; 5) agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno; 6) affaticabilità o mancanza d’energia quasi ogni giorno; 7) sentimenti di autosvalutazione o sensi di colpa eccessivi o inappropriati, quasi ogni giorno; 8) ridotta capacità di pensare, di concentrarsi o indecisione, quasi ogni giorno; 9) pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente idea del suicidio senza un piano specifico.

presso. Questo si presenta di solito come una persona poco atletica, con una postura afflosciata, curva sotto il peso della sua esistenza, con una “pancetta” piuttosto prominente e con una mimica scarsa. Il medico curante vede per primo il paziente depresso. E se precedentemente non ha riconosciuto in lui i sintomi della depressione li può facilmente cogliere nel momento in cui il paziente non mostra più le difese corporee mascherate, ma lamenta i sintomi psichici. Normalmente il medico di famiglia prescrive un farmaco ansiolitico, come approccio iniziale, salvo poi prescrivere un farmaco antidepressivo. Il passo successivo è l'invio del paziente da uno specialista psichiatra. A questo punto sarà quest'ultimo a scegliere come impostare la cura: uno psichiatra con una formazione psicoterapica inizia solitamente una psicoterapia e adotta anche un supporto farmacologico. Se non ha invece una formazione psicoterapica proporrà i farmaci che più ritiene adatti e invia il paziente da uno psicoterapeuta. È comunque doveroso aggiungere che il terapeuta dovrebbe il più possibile aver seguito una sua didattica, cioè una formazione che comprende implicitamente la terapia della sua stessa persona. Ciò è essenziale perché in psicoterapia è il terapeuta la medicina e quindi deve essere preventi-

vamente purificato da ogni contaminazione per non somministrare poi una medicina inquinata». Qual è il corretto intervento risolutivo nella cura della depressione? «La terapia di questo disturbo ha per scopo ultimo restituire al paziente la capacità di godere del mondo e della vita e si avvale preferibilmente di quei mezzi che agiscono come simbolo a risarcimento dei danni subiti e sutura delle antiche ferite, quali terapia immaginativa, tecniche di rilassamento, musicoterapia, biblioterapia o gruppoterapia, per citarne solo alcuni. Il supporto medico farmacologico si compone di antidepressivi e ansiolitici o mediante mezzi più dolci come fitoterapici o fiori di Bach, a seconda di come il medico valuti la situazione. È sempre bene fare comunque dei distinguo tra la depressione che ha a che fare con specifici eventi come, ad esempio, un lutto, una sconfitta o un abbandono amoroso, e la depressione più strutturata o “Maggiore”. Quest'ultima va sempre trattata con farmaci, ma anche con la psicoterapia». Dr. Tomaso Regazzoli - Medico Psicoterapeuta Via G. Lonati, 4 - 25123 Brescia, Tel/Fax: 30.3365080 Cell: 328.8425119; regazzoli@psicoterapia-brescia.it www.psicoterapia-brescia.it



Psicologia

L’IMPORTANZA

della parola

LE AFASIE E LE DISFONIE SONO DISTURBI MOLTO DIFFUSI, SOPRATTUTTO IN ETÀ SCOLARE E PRESCOLARE. COME RICONOSCERLE E COME PROCEDERE PER LA LORO RISOLUZIONE. CHIEDIAMOLO A CHI SE NE OCCUPA DA ANNI di Caterina Schiavi

A sinistra, la dottoressa Stefania Zoli, specialista in logopedia. Al suo fianco, Alessia Zoffoli, esperta in Scienze della Formazione

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n pochi lo sanno, ma il 6-8% della popolazione mondiale soffre di disturbi specifici del linguaggio, ossia disturbi transitori dello sviluppo molto frequenti in età prescolare che si manifestano con quadri clinici molto eterogenei, in cui le difficoltà linguistiche possono essere presenti in associazione, o meno, con altre condizioni patologiche. In Italia, questi sono tra i disturbi neuropsichici più frequenti in età compresa tra i 2 e 6 anni e presentano un'incidenza di circa il 5-7 % in età prescolare e dell’1-2% in età scolare. «I disturbi con i quali abbiamo più frequentemente a che fare sono le dislessie, ossia la difficoltà dei bambini a distinguere con facilità e sicurezza alcuni fonemi, come ad esempio B/D o T/P. I sintomi si manifestano principalmente con l'inversione della consonante e della vocale; cosa che si riflette in modo diretto anche nella lettura e nella scrittura», spiega la dottoressa Alessia Zoffoli, esperta in Scienze della Formazione e responsabile delle problematiche di dislessia legate al bambino dello Studio Educativo Logopedico di Forlì che da anni collabora attivamente con pediatri, otorinolaringoiatri, psichiatri, psicologi e dentisti. «Per quanto riguarda il bambino in età scolare vi possono essere delle situazioni di difficoltà di apprendimento: il bambino ha difficoltà a concentrarsi, a comprendere in modo adeguato le consegne da parte degli insegnanti e a sviluppare una conseguente difficoltà nella risoluzione dei compiti. In età prescolare vi possono essere invece delle difficoltà di ritardo nel linguaggio: il bambino a tre anni conosce pochissimi vocaboli e tende a utilizzare il linguaggio della parola frase e quindi a racchiudere il significato di una frase in un'unica parola». «Per discriminazione fonetica si intende invece il corretto pronunciare delle lettere dell'alfabeto», continua la dottoressa Zoffoli. «Il bambino è in grado, ad esempio, di pronunciare in modo corretto la parola “palla” senza confondere la P con un'altra consonante. Al contrario, quando il bambino confonde frequentemente la M e la N oppure la T e la D, significa che ha serie difficoltà a distinguere le consonanti all'interno di una


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parola». «Le afasie infantili sono dovute a lesioni delle strutture cerebrali che, nei processi percettivi e di produzione linguistica, producono l'incapacità di riconoscere gli stimoli e di eseguire movimenti a richiesta», precisa la dottoressa Stefania Zoli, specialista in logopedia dello Studio Educativo Logopedico di Forlì. «Il risultato ultimo è quello di una produzione gergale con suoni non identificabili in un vero e proprio linguaggio e in cui sono ben evidenti l'assenza di fonemi articolati e di parole». «L'afasia degli adulti si presenta invece sotto varie forme, in quanto è un disturbo acquisito del linguaggio con conseguenti lesioni a carico della struttura cerebrale. Generalmente, si articola in aprassia, ossia nell'incapacità di eseguire movimenti, a cui subentra l'agnosia, cioè la difficoltà a riconoscere stimoli non verbali, e disturbi della motricità dell'apparato fono-articolatorio». Spesso questi disturbi vengono erroneamente confusi con le disfonie che, al contrario, sono dei disturbi a carico delle corde vocali, determinati dalla presenza di noduli, polipi o spasmo laringeo. Tali disturbi sono causati soprattutto da una errata emissione respiratoria e di conseguenza da un'emissione errata della voce.

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I TRATTAMENTI LOGOPEDICI

I due centri cerebrali deputati al controllo linguistico fono-articolatorio sono rappresentati dall'area di Broca e dall'area di Wernicke: recenti studi hanno dimostrato che le lesioni a livello cerebrale, non sempre sono ben definite fra loro e possono coinvolgere sia l'aspetto motorio sia quello linguistico. La terapia logopedica parte dal concetto che rimuovendo i ricordi del passato e del presente, è possibile stimolare e articolare l'area del linguaggio. È frequente utilizzare delle immagini di riferimento e di stimolo per il paziente, per mezzo delle quali «è possibile ottenere una buona produzione verbale spontanea», così come conferma la dottoressa Zoli. «Se ciò non avviene significa che la lesione cerebrale è talmente estesa che, molto probabilmente, il recupero verbale sarà assai modesto». Più nello specifico, però, quali sono i trattamenti utilizzati nella cura e nel trattamento delle afasie e delle disfonie? «I

In Italia sono molto diffusi i disturbi del linguaggio, soprattutto in età prescolare, tra i 2 e 6 anni. Tra questi i più frequenti sono le dislessie: ossia la difficoltà dei bambini a distinguere con facilità e sicurezza alcuni fonemi.

«LE AFASIE INFANTILI COMPORTANO L'INCAPACITÀ DI RICONOSCERE GLI STIMOLI E DI ESEGUIRE MOVIMENTI A RICHIESTA» Dossier Medicina 81


Psicologia

bambini che presentano questo tipo di problematiche hanno difficoltà a svolgere il gioco spontaneo, non interagiscono nell'ambiente con le persone e non hanno una motricità organizzata», continua la dottoressa Zoli. «Il trattamento logopedico è basato innanzitutto sull'osservazione e sulla stimolazione dei canali sensoriali. Sono efficaci quindi gli interventi basati sulla stimolazione tattile, con massaggi e frizioni del corpo, in modo da ammorbidire la muscolatura corporea. In questo modo si hanno più possibilità che i diaframmi si muovano con gli esercizi respiratori. Successivamente si passerà a una fase ludica, in cui il bambino, con il movimento del corpo impari a relazionarsi con i giochi proposti. Acquisita la posizione seduta, si passa poi all'impostazione verbale di fonemi e di piccole parole correlate al movimento delle mani. È molto importante abbinare la funzione motoria a quella verbale attraverso l'utilizzo del computer». Si tratta quindi di tecniche ben precise e che, come sostiene la stessa dottoressa Zoli, «possono portare a degli ottimi risultati, in special modo se nell'intervento terapeutico vengono coinvolti anche i familiari». Di diversa natura, invece, l'approccio al paziente adulto che prevede una terapia che «parte dal concetto che, rimuovendo i ricordi del passato e del presente, è possibile stimola-

re e soprattutto articolare l'area del linguaggio». «Si presentano immagini di riferimento e di stimolo all'utente», conferma infatti la logopedista dello Studio Educativo Logopedico di Forlì. «In genere si ottiene, quasi da subito, una buona produzione verbale spontanea, e se ciò non avviene è perché la lesione cerebrale è talmente estesa che il recupero verbale sarà assai modesto». La terapia logopedica – prima o dopo un intervento chirurgico - delle disfonie è finalizzata invece al ripristino della corretta funzione delle corde vocali in corretto assetto con l'apparato respiratorio e consiste nel «far eseguire precisi esercizi atti al recupero funzionale della voce, attraverso una corretta respirazione, dei particolari vocalizzi, l'emissione di precisi fonemi e la pronuncia esatta delle parole». IL RECUPERO DELLE AUDIOLESIONI

L'integrità della funzione sensoriale acustica è indispensabile al fine di una normale acquisizione del linguaggio. Quando questa funzione è compromessa da lesioni, l'individuo ha una funzione linguistica parziale e non armonica. La sordità condiziona infatti negativamente la mediazione con il mondo circostante, sia sul piano delle percezioni sia su quello della comunicazione verbale, ostacolando lo sviluppo psico-intellettivo, la capacità di astrazione e di logica, nonché la maturazione del pensiero in senso stretto. Naturalmente, con le moderne tecnologie è possibile oggi affrontare in modo più efficace e risolutivo i problemi dell'udito, grazie soprattutto all'utilizzo di protesi acustiche e interventi d'impianti cocleari che danno la possibilità di recuperare un ascolto più pulito e quindi di ottenere una migliore percezione della realtà. «In questo caso la riabilitazione logopedica si avvale dell'utilizzo di strumenti sonori, di strumenti musicali e delle piattaforme audio del computer, e stimolazioni verbali accompagnate dall'utilizzo della gestualità», sottolinea la dottoressa Zoli. «Gestualità e attività verbale devono coesistere per una più completa acquisizione dei linguaggi di comunicazione. Nella rieducazione della persona audiolesa, abbiamo sempre puntato alla riacquisizione del linguaggio, preferendo il linguaggio verbale a quello gestuale e non utilizzando quindi metodi comunicativi alternativi come, ad esempio, il linguaggio dei sordomuti».

Studio Educativo Logopedico Corso Mazzini, 60 - 47100 Forlì; Tel./Fax:0543.3158; www.edulog.it - info@edulog.it 82 Dossier Medicina




Eccellenzesanitarie

La città della salute È L'OSPEDALE STORICO DI MILANO E UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI SEDI DI DIAGNOSI E CURA DELL'INTERA PENISOLA. IL SUO NUOVO VOLTO SI CHIAMERÀ “CITTADELLA DELLA SALUTE” di Roberto Bonin

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a più di cinquecento anni si prende cura dei milanesi e può essere considerato a tutti gli effetti un vero e proprio pezzo di storia del capoluogo lombardo. Basti pensare che al suo interno è tuttora conservato un patrimonio culturale di inestimabile valore, come l’Archivio storico con documenti risalenti fino al secolo XI o la Biblioteca storica di Medicina che annovera oltre 100 mila volumi, con libri editi a partire dal XV secolo. Ogni anno per le sale di degenza o di prima emergenza del Policlinico passano quasi quaranta mila pazienti adulti e circa dieci mila bambini provenienti sia da Milano e Lombardia sia da tutte le regioni d'Italia. LA FONDAZIONE

Dal gennaio 2005 l’ex IRCCS Ospedale Maggiore di Milano e Istituti Cli-

nici di Perfezionamento (Mangiagalli, De Marchi, Regina Elena e Devoto), strutture in cui opera l’Università Statale di Milano, sono riuniti in un unico grande complesso ospedaliero sotto la guida della Fondazione Ospedale maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena. La Fondazione è stata riconosciuta Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di natura pubblica (IRCCS) dal Ministero della Salute, che ne è socio fondatore insieme con la Regione Lombardia, il Comune di Milano e l’Arcidiocesi di Milano. Attualmente all’interno della Fondazione lavorano circa 3.500 persone di cui circa il 45% è rappresentato da personale infermieristico e tecnico sanitario, il 20% da personale medico, il 20% da operatori sanitari, il 10% da personale amministrativo e il 5% da laureati sanitari e non sanitari.

Nella foto sopra, l’entrata dell’Ospedale Maggiore di Milano, una tra le più grandi e importanti strutture sanitarie della Lombardia

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Eccellenzesanitarie Mezzo millennio di storia

L’Ospedale Maggiore di Milano fu fondato nel 1456 dal Duca Francesco Sforza; ente che, solo due anni più tardi, incorporò al suo interno le decine di realtà assistenziali operanti nella zona fin dal IX secolo. La progettazione dell’edificio detto “Ca’ Granda”, fu affidato all’architetto Antonio Averulino detto il Filarete, la cui opera fu proseguita da Guiniforte Solari e Giovanni Antonio Amadeo. Oggi l’edificio è sede dell’Università degli Studi di Milano. I primi padiglioni del Policlinico e quelli degli Icp (Clinica del Lavoro e Mangiagalli) sorsero tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. L’Ospedale Maggiore realizzò, nel 1939, l’Ospedale di Niguarda, seguito, nel

1961, dal Città di Sesto San Giovanni e, nel 1967, dal San Carlo, tutti divenuti autonomi con legislazione regionale del 1977. L’Istituto ostetrico ginecologico Luigi Mangiagalli fu invece inaugurato il 26 settembre 1906 dopo poco più di due anni di lavori.Le origini dell’Istituto di ostetriciaginecologia e pediatria Regina Elena, attivo dal 1909, vanno ricondotte alla Guardia ostetrica fondata nel 1887. Dal 1960, la struttura venne articolata in due divisioni: ostetrico-ginecologica e pediatrica. Nel 1924, a seguito dell’istituzione dell’Università Statale di Milano all’Istituto vennero riconosciuti i connotati universitari e venne incluso nella Regia Università di Milano. La clinica pediatrica, che porta i nomi di Giuditta e Demetrio De Marchi, fu inaugurata il 28 novemLA CITTADELLA DELLA SALUTE

Nelle foto sopra, il progetto del nuovo Padiglione Invernizzi. Si svilupperà su sette piani, di cui uno seminterrato, con una superficie di oltre 7 mila mq, e ospiterà, oltre all’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare, il Dipartimento trasfusionale e di riferimento per il trapianto di organi e tessuti, il Centro di Risorse Biologiche e il Nord Italia Trasplant program (NITp)

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Uno dei maggiori obiettivi della Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena è sicuramente la riqualificazione urbanistica e architettonica dell’intera area ospedaliera secondo un grande progetto chiamato Cittadella della Salute. Secondo questo progetto, oltre che di padiglioni ex novo o completamente ristrutturati, la Fondazione potrà anche avvantaggiarsi di nuovi percorsi pedonali e viabilistici, di parcheggi più capienti (il Policlinico sarà anche raggiunto da una fermata della linea 4 della metropolitana, ndr), di accessi separati per urgenza-emergenza degli adulti e dei bambini, per pazienti ambulatoriali, per il polo materno-infantile, per l’area prevenzione e per l’attività di ricerca e didattica. «L’obiettivo finale è il totale rinnovamento dell’intera struttura edilizia in modo da dar vita, entro l’Expo 2015, a una piccola cittadella dedicata alla diagnosi, alla cura e alla ricerca scientifica», conferma infatti il dottor Marco Triulzi, Direttore Sanitario della Fondazione Policlinico. «Si tratterà di una cittadella a misura d’uomo in cui i pazienti e i loro famigliari potranno trovare tutti i servizi di cui hanno bisogno». Tra il 2002 e il 2006 sono già stati ristrutturati i Padiglioni Zonda, Sacco, Granelli e Cesarina Riva e, nel luglio scorso, è stata completata la ristrutturazione del Padiglione Monteggia, sede del Dipartimento di Neuroscienze e Organi di senso e, in particolare, della Neurologia, della Neurochirurgia, della Otorinolaringoiatria, della Chirurgia Maxillo-facciale, della Oculistica, della Neuroradiologia e della Neurorianimazione. Nel novembre scorso, inoltre, sono iniziati i lavori per la demolizione dell’ex Convitto Infermiere al cui posto sorgerà il nuovo Padiglione Invernizzi, che sarà sede dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare (INGM), un centro di alta specializzazione multidisciplinare per la promozione e lo sviluppo di progetti di ricerca nell’ambito della genetica molecolare, allo scopo di sviluppare nuovi farmaci e nuovi test utili alla diagnosi e la cura dei tumori e delle malattie rare autoimmuni, oltre che per la terapia con cellule staminali. «I prossimi Padiglioni a essere smantellati sa-


bre 1915. Il suo compito è lo studio clinico e l’assistenza ai bambini malati, dalla nascita all’ottavo anno d’età. È anche sede di specializzazione in Igiene e Patologia dell’infanzia. La Clinica del Lavoro Luigi Devoto è nata all’inizio del Novecento. È stato il primo istituto al mondo per lo studio e la cura delle malattie di origine professionale. L’attuale attività insiste su quattro aree: le malattie del lavoro, la medicina preventiva, l’igiene e tossicologia e, infine, l’epidemiologia.

ranno il Ponti e il Beretta Ovest, ed è in fase di completamento il rinnovamento e ampliamento del Polo di Emergenza-Urgenza. La struttura definitiva avrà una capacità totale di 900 posti letto, di cui 800 accreditati dal Sistema Sanitario Nazionale e 100 per la libera professione», spiega il dottor Triulzi. «Una volta avviate tutte le attività della Fondazione, sarà poi il momento dell’ammodernamento di altre strutture storiche che verranno dismesse e destinate all'insegnamento, a campus universitario e ad albergo sociale». Oltre a queste strutture, sono inoltre previsti due nuovi edifici che accoglieranno i Poli Materno-infantile e di Medicina generale, entrambi oggetto di un bando di progettazione internazionale che interessa tutto il quartiere ospedaliero, da Largo Richini alla Rotonda della Besana.

Il Policlinico in cifre 38.175 28.986 56.001 332.712 6.518 169 12.923

RICOVERI ORDINARI RICOVERI DIURNI PRONTO SOCCORSO, ACCESSI VISITE AMBULATORIALI PARTI TRAPIANTI D’ORGANO INTERVENTI DI CHIRURGIA

Il polo Materno-Infantile ospiterà le attività oggi presenti in Mangiagalli, De Marchi e Regina Elena, mentre il Polo di Medicina generale ospiterà le attività di via Pace. All'interno del grande progetto di rinnovamento, trova anche posto la costruzione di un hospice per la gestione delle malattie inguaribili e l'assistenza dei malati terminali, realizzato – in collaborazione con la Fondazione Lu.VI. Onlus - all'interno della Cascina Brandezzata, un vecchio cascinale sito in fondo a via Ripamonti (zona Sud Milano, ndr). Nello scorso mese di ottobre, infine, ha visto la luce una nuova scuola di formazione avanzata per anestesisti, rianimatori e personale dei reparti di emergenza-urgenza, allestita presso il Padiglione Valetudo. All'interno di “Adveniam” - questo il nome della nuova struttura - sono state allestite due camere di primo soccorso, con arredamenti e attrezzature del tutto simili a quelli delle sale presenti presso il vero pronto soccorso. Entrambe le sale sono collegate a una cabina di regia, che decide quali devono essere le condizioni del paziente in arrivo e come deve evolvere la situazione. Manichini altamente sofisticati dal punto di vista tecnologico consentono ai docenti di riprodurre fedelmente molte delle situazioni di emergenza che gli studenti si possono trovare a fronteggiare nella normale pratica clinica.

PROSSIMI OBIETTIVI La Fondazione Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena ha come obiettivo principale la realizzazione di una “Cittadella della Salute”. È previsto il totale rinnovamento dell’intera struttura edilizia, interamente dedicata alla diagnosi, alla cura e alla ricerca scientifica.

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Formazione VIAGGIO ATTRAVERSO LE NUOVE FRONTIERE DI UNA PROFESSIONE QUALIFICATA E IN RAPIDO SVILUPPO PER CIÒ CHE RIGUARDA L’INSERIMENTO NEL MONDO DEL LAVORO: LA QUALIFICA PROFESSIONALE DI ESTETISTA di Nausica Celsi

I

n barba alla spaventosa crisi che attanaglia l’economia globale e che ha letteralmente messo in ginocchio il mercato del lavoro, esistono delle oasi lavorative, in cui il crollo verticale dell’occupazione non c’è affatto stato. Una di queste isole miracolosamente protette dal vento della crisi è quella che riguarda il settore dell’estetica. Anzi, in qualche modo l’atmosfera cupa e il pessimismo indotti dallo stato di profonda crisi che permea tutti gli aspetti della società e della vita hanno contribuito a rinfocolare nelle persone la voglia di evadere e di dedicare più tempo e cure a se stessi. Viviamo nella società dell’immagine e questa imprescindibile realtà ha ridisegnato modificandoli in maniera sostanziale i bisogni della società, facendo emergere nuove esigenze da parte dell’utenza sempre più interessata e informata riguardo la cura estetica e psicologica del “sé”. La consapevolezza della grande importanza che ha lo “stare bene” ha determinato una domanda da parte del mercato degli utenti e ovviamente una immediata risposta da parte degli operatori del settore: la fioritura di centri benessere, spa, istituti di bellezza, palestre e hotel con spazi dedicati alla

cura del corpo e la presenza di personale altamente qualificato a gestire queste aree. Fino a pochi anni fa i trattamenti di bellezza erano considerati “lussi” ed erano appannaggio di una ristretta elite di persone. Oggi alcune barriere sono state abbattute e il mercato offre a prezzi sempre più accessibili a persone, uomini e donne, appartenenti a tutte le categorie sociali la possibilità di usufruire dei benefici dell’estetica. È chiaro quindi che il campo dell’estetica e del benessere sono in forte espansione. Questo fenomeno investe tutto il mondo civilizzato e anche l’Italia ha fatto la sua parte. Gli operatori del settore sanno benissimo che una parte del denaro che gli italiani spendono per beni non di prima necessità viene investita nella salvaguardia e nel mantenimento del proprio benessere. Ci sono quindi tutti gli elementi per considerare il settore in fortissima evoluzione ed ascesa. Una vera fortuna per gli imprenditori che vedono crescere l’interesse dei consumatori e il numero dei potenziali clienti. La nascita di un nuovo concetto di estetica orientata sempre più verso uno stato di benessere frutto del connubio tra uno stile di vita sano e la cura del proprio benessere psico-fisico, ha deli-

QUANDO IL BELLO

crea lavoro 88 Dossier Medicina


neato nuove coordinate anche nell’ambito di quelle che devono essere le caratteristiche dell’estetista di successo. La nuova estetista resta sempre la depositaria di un’ampia gamma di trattamenti volti a migliorare lo stato di benessere e gli inestetismi che deturpano la superficie del corpo umano, ma ha anche un altro importantissimo compito: quello di aiutare il cliente a guardarsi con intelligenza, valorizzandone gli aspetti migliori e accompagnandolo in un percorso di benessere il cui fine ultimo è quello di dare una serie di informazioni e nozioni su come prendersi cura di sé stessi anche a casa con l’utilizzo dei prodotti cosmetici più idonei alla cura dell’inestetismo che si vuole eliminare. L’estetista deve aiutare il cliente ad avere uno stile di vita che mantenga e ottimizzi i risultati raggiunti con i trattamenti. Chi sente che la professione giusta è quella che porta ad essere il depositario ed il tutore del benessere del prossimo ha la possibilità di frequentare corsi rivolti al conseguimento di una preparazione specifica nel settore estetico. Uno tra i più importanti centri di formazione professionale di questo settore è la Scuola Estetica Centro Italia, S.E.C.I. Presente in Abruzzo sul mercato pescarese dal 1985, costituisce un importante punto di riferimento per chi intende avvicinarsi alla professione di estetista e per chi, già lavorando nel settore dell’estetica, desidera acquisire delle ulteriori specializzazioni. L’istituto nasce nel 1985 nei locali situati in via Fiume a Pescara, come scuola autorizzata dalla Regione Abruzzo, organo competente nel merito dell’istruzione professionale. Successivamente lo sviluppo della scuola, che nel corso dei 23 anni di attività ha preparato oltre mille ragazze, ha fatto nascere l’esigenza di creare un secondo polo didattico nel territorio di Pescara. Così è nata nel 2004 la nuova sede della S.E.C.I. ubicata in piazza Salvador Allende a Pescara porta nuova. Entrambe le scuole si estendono su una superficie di circa 300 mq e sono dotate di ampi spazi nei quali sono ripartite le aule in cui si svolgono i corsi che abilitano le diplomate a esercitare l’attività di estetista. I corsi effettuati dalla scuola S.E.C.I. consentono di conseguire il diploma di qualifica professionale legalmente riconosciuto, autorizzato ed accreditato dalla Regione Abruzzo in base alla legge 4

gennaio 1990 n.1 che ha sancito una serie di appositi requisiti tecnico - professionali per l’esercizio dell’attività di estetista in proprio o presso altri istituti. L’azienda S.E.C.I. dal 2007 offre un’ulteriore garanzia riguardo l’eccellente qualità dei corsi proposti, la certificazione RINA ISO 9001/2000, indice di uno standard del Sistema di Gestione per la Qualità conforme alle più severe normative comunitarie vigenti. La politica dell’alta qualità, perseguita dalla direzione della suola S.E.C.I. attraverso un continuo e costante monitoraggio del sistema di gestione in ogni suo aspetto, è alla base del successo che da ormai 23 anni l’istituto ha nel mondo dell’estetica. Un traguardo testimoniato oltre che dal fatto che la scuola è un importante polo didattico per il centro Italia e anche per ragazze provenienti dall’estero, anche dai risultati raggiunti in termini occupazionali dalle ragazze che conseguono il diploma di estetista. Il 95% delle ragazze che si sono diplomate alla S.E.C.I. lavora con successo in proprio o presso altri centri estetici. La gestione della scuola è nelle mani di Anna Di Giulio che la dirige da 23 anni con la collaborazione del marito Antonio Baldari, che si occupa della parte amministrativa e delle sorelle Angela e Nadia che si dedicano ai corsi di aggiornamento per le studentesse neo diplomate. CARTA DELLA QUALITÀ

La direzione della scuola S.E.C.I. ha redatto da qualche anno un documento, la “Carta della Qualità”, il cui scopo è quello di comunicare in assoluta trasparenza agli utenti gli impegni e le modalità d’azione che l’Ente di formazione persegue al fine di garantire la maggiore qualità e chiarezza dei servizi formativi offerti. La “Carta della qualità” viene annualmente aggiornata con i nuovi impegni che la scuola assume nei confronti dell’utenza definendo per ciascun servizio gli standard di qualità osservati e il cui raggiungimento viene misurato dalle verifiche eseguite attraverso vari strumenti interni ed esterni alla scuola. Gli obiettivi primari che la Scuola Estetica Centro Italia si pone sono: l’incremento dell’attuale livello di utile, il miglioramento della qualità del servizio offerto, l’attenzione costante verso quelli che sono gli input del mercato e il raggiungimento di un

Nella foto sopra, Anna Di Giulio, direttrice della “Scuola Estetica Centro Italia” da 23 anni, grazie anche alla collaborazione del marito Antonio Baldari, che si occupa della parte amministrativa. Nella pagina a fianco, Anna Di Giulio in compagnia di alcune delle studentesse della scuola S.E.C.I.

Dossier Medicina 89


Formazione

Sopra, alcune delle aule in cui si tengono i corsi. Studiare e prepararsi professionalmente con la scuola S.E.C.I. significa credere nell’importanza della partecipazione attiva e dell’insegnamento pratico, valorizzato dall’utilizzo delle apparecchiature e dei materiali più idonei alla formazione scelta

certo grado di soddisfazione da parte dell’Azienda, dei dipendenti e dei collaboratori. REQUISITI NECESSARI PER ACCEDERE AL CORSO

Premesso che non ci sono limiti di età per avvicinarsi alla professione di estetista e che si assiste sempre più ad un incremento delle iscrizioni da parte di persone di età compresa tra i 18 e i 40 anni di età, l’unica condizione propedeutica all’accesso ai corsi di formazione della S.E.C.I. è il compimento del 18° anno di età. Le persone che si avvicinano ad un corso per estetista S.E.C.I. possono essere: persone neo-diplomate che, considerando il fatto che il diploma non rappresenta più un titolo di studio sufficiente a garantire l’inserimento nel mondo del lavoro scelgono di specializzarsi in un settore, quello dell’estetica, in forte crescita e quindi più sicuro per ciò che riguarda una futura occupazione. Anche le persone che, avendo alle spalle una certa esperienza lavorativa, vogliono migliorare la propria attività acquisendo ulteriori specializzazioni e costituendo basi più solide nella loro professionalità, accedono ai corsi S.E.C.I. con la consapevolezza di avere in seguito maggiori opportunità in campo professionale. COME SI OTTIENE LA QUALIFICA PROFESSIONALE

L’attività di estetista comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorare e proteggerne l’aspetto estetico, modificandolo attraverso l’eliminazione degli in estetismi presenti. La legge 4 gennaio 1990 n.1, ha ratificato una serie di requisiti tecnico-professionali per l’esercizio dell’attività di estetista che non può essere svolta nella legalità previa frequentazione di un corso di quali90 Dossier Medicina

ficazione regionale (della durata di 2 anni per un monte ore minimo di 1800 ore) seguito da un corso di specializzazione (della durata di un anno e per un minimo di 900 ore) presso una scuola riconosciuta dalla regione con lo svolgimento di un esame teorico-pratico finale. I CORSI S.E.C.I.

I corsi S.E.C.I. sono rivolti a coloro che intendono acquisire una preparazione specifica nel settore dell’estetica. La scuola S.E.C.I. ha come scopo principale l’organizzazione di attività di formazione professionale e di aggiornamento nel campo estetico. La didattica dei corsi, progettati da specialisti ed esperti delle varie materie di insegnamento, si basa sull’insegnamento teorico–pratico delle materie di studio previste e sulla partecipazione attiva delle allieve. Le studentesse hanno l’opportunità di perfezionare le proprie conoscenze e di mettere in pratica ciò che hanno imparato attraverso vari stage. Studiare e prepararsi professionalmente con la scuola S.E.C.I. significa credere nell’importanza della partecipazione attiva e dell’insegnamento pratico, valorizzato dall’utilizzo delle apparecchiature e dei materiali più idonei alla tipologia di formazione scelta. La preparazione avviene affiancando alle lezioni teoriche che trasmettono una ottima conoscenza di base le materie pratiche che spaziano nell’ambito delle varie metodologie inerenti le tecniche da applicare per risolvere i vari in estetismi. Il corso della S.E.C.I. per conseguire la qualifica di estetista riconosciuta dal Ministero del Lavoro ha una durata complessiva di 3 anni. Nel primo biennio vengono svolte 1900 ore di lezione nell’ambito delle materie di studio teorico che sono:anatomia e fisiologia, chimica e dermatologia, cultura generale, psicologia, inglese, trucco, massaggio


ANNA DI GIULIO Dal 1982 gestisce l’Istituto Anna in via Cesare Battisti a Pescara e dal 1985 si occupa della direzione tecnica della scuola S.E.C.I., dedicandosi all’insegnamento di alcune delle materie di studio. È specializzata in tecniche del massaggio orientale, in trucco cine-teatrale, in trucco correttivo fotografico. Inoltre è stata una delle prime estetiste nel 1987 a praticare la tecnica di ricostruzione delle unghie. Si avvale da oltre 20 anni della collaborazione e del supporto didattico della ditta Tecniwork di Firenze. È Membro della Presidenza Provinciale del CNA, responsabile benessere e sanità. Nel 2007 ha ricevuto dalla Camera di Commercio di Pescara il “Diploma di Benemerenza con medaglia d’oro” per i 25 anni di attività svolti con successo nel mondo dell’estetica.

corpo e cosmetologia. Per la parte pratica vengono studiati nel biennio il funzionamento e l’utilizzo delle apparecchiature elettromeccaniche e tutte le tecniche manuali da eseguire per la cura del viso e del corpo, l’esecuzione del maquillage, le procedure per eseguire la manicure e la pedicure. Nel terzo anno di studi, propedeutico al conseguimento della Qualifica di Imprenditrice autonoma, la preparazione verte sullo studio di altre materie: psicologia, dermatologia, dietologia, informatica, formazione imprenditoriale, massaggio estetico del corpo, linfodrenaggio viso-corpo, massaggio energetico, cosmetologia ed estetica trucco. Su queste basi è stata messa a punto la formazione nei confronti delle allieve che hanno l’opportunità di eseguire i trattamenti e le tecniche apprese durante le lezioni su diverse modelle avendo modo di affrontare, valutare e risolvere direttamente in campo un’ampia gamma di casi che potrebbero presentarsi nel lavoro di estetista. Alla fine del percorso didattico le allieve sostengono un esame di fronte ad una Commissione regionale. L’esito positivo dell’esame permette il conseguimento del titolo. CORSI BREVI

Oltre al percorso formativo triennale la Scuola Estetica Centro Italia offre la possibilità di frequentare dei “corsi brevi a tema” che consentono di acquisire delle specializzazioni. Maquillage personalizzato, ricostruzione delle unghie, tecniche di massaggio, sono solo alcune dei corsi monotematici che la S.E.C.I. propone. Questi stage di solito si svolgono durante i fine settimane per consentire la partecipazione anche a persone che già lavorano e che quindi per impegni professionali non potrebbero frequentare il corso durante la settimana.

I CONSIGLI DI ANNA DI GIULIO Serietà, qualità e professionalità. Per Anna Di Giulio queste sono tre parole chiave da considerare sacre per riuscire nella professione di estetista. Un’estetista deve dare sempre la massima disponibilità al cliente, il che vuol dire avere capacità di ascolto e capire quali sono le aspettative di chi ci è di fronte. L’estetista, essendo prima di tutto una manager di se stessa, deve avere inoltre buone capacità imprenditoriali. La gestione di un’impresa, anche in campo estetico, implica il sapersi destreggiare nell’organizzazione delle vendite e del proprio centro estetico. In questo senso ogni sei mesi andrebbe fatta una valutazione dell’andamento dell’attività considerando sempre il trend del mercato economico. Altri fattori da non sottovalutare per l’influsso positivo che determinano nel successo della propria attività sono l’arredo delle cabine, il sapiente accostamento dei cromatismi sulle pareti e la disposizione di punti luce che contribuiscano a creare un ambiente capace di indurre uno stato di benessere in chi entra nell’istituto di bellezza. Frequentare corsi di aggiornamento per arricchire il proprio bagaglio di conoscenze è d’obbligo per essere sempre informate sulle novità del mondo dell’estetica.

DALLO SHIATZU ALL’ELETTROTERAPIA Per il 2009 la scuola S.E.C.I. ha in programma un nuovo progetto di formazione superiore in collaborazione con la “V Lab”. I corsi di formazione saranno tenuti da medici, terapisti ed estetiste di comprovata esperienza in ognuno dei settori trattati. Nell’ambito del progetto la S.E.C.I., in collaborazione con V Lab amplierà i suoi percorsi formativi offrendo corsi inerenti le tecniche manuali di massaggio, la Kinesiologia, la riflessologia plantare, lo shiatzu, la fitocosmesi, la cristalloterapia e l’elettroterapia, metodiche la cui acquisizione contribuirà a migliorare le capacità tecnico-operative della professione / a completare l’eccellente bagaglio di preparazione di cui un professionista dell’estetica deve disporre.

PER INFORMAZIONI S.E.C.I. – Scuola Estetica Centro Italia

Direzione Tecnica: Anna Di Giulio Sede Pescara Centro: Via Fiume, 15 Tel./fax : 085-4210658 65122 PESCARA Sede Pescara Porta Nuova: P.zza Salvator Allende, 16 Tel.: 339-6076682 65122 PESCARA e-mail: info@scuolaperestetiste.it web: www.scuolaperestetiste.it


Formazione

IL BENESSERE Qui insegniamo

LAVORARE NEL SETTORE DEL BENESSERE. DIVENTARE OPERATORI OLISTICI. PRENDERSI CURA DELL’EQUILIBRIO PSICOFISICO DELLE PERSONE. OGGI SI PUÒ. GRAZIE AI CORSI DELL’EUROPEAN MASTER INSTITUTE di Nausica Celsi

N Presso la scuola E.M.I. si possono seguire dei corsi specifici per il conseguimento dell’attestato di “operatore olistico per le tecniche di massaggio e benessere”

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on si può tracciare un identikit dell’operatore olistico e in quali ambiti si muove questa nuova figura professionale senza aver prima chiarito cosa sono le discipline olistiche. Negli ultimi anni si è assistito ad un sempre crescente sviluppo di tutta una serie di discipline che fanno parte dell’area “benessere e salute”. Fino a qualche tempo fa venivano considerate “alternative” rispetto ai tradizionali sistemi di cura, ma l’efficacia dimostrata dalla pratica di alcune di queste discipline e l’importante azione preventiva che molte di esse esplicano hanno fatto sì che abbiano guadagnato sempre più spazio a fianco delle discipline medico-sanitarie. Le discipline olistiche si caratterizzano per una valenza fortemente orientata al mantenimento del benessere piuttosto che alla cura dello stato

di malattia, che è di pertinenza esclusivamente medica. Le discipline olistiche lavorano quindi principalmente per preservare il benessere. L’operatore olistico non è pertanto un medico né una figura paramedica, non fa diagnosi né prescrive iter terapeutici. È un “educatore al benessere” o “consulente al benessere” che, con l’ausilio di conoscenze ed esperienze appropriate, aiuta la persona a raggiungere uno stato di profondo benessere psico-fisico. LE DISCIPLINE OLISTICHE

Rientrano in questa terminologia svariate discipline: tutte le arti manuali del massaggio occidentale, lo shiatzu, la riflessologia, la naturopatia, l’osteopatia, le arti energetiche. Fanno parte delle discipline olistiche anche le tecniche di espressione spirituale non mentale, che includono i vari tipi di meditazione e di risveglio interiore e l’arte terapia, che comprende ogni tipo di arte creativa (teatro terapia, danzaterapia, comicoterapia, disegno, scrittura creativa, espressione emozionale). Nelle discipline olistiche non vengono usati macchinari ma solo le mani, impacchi d’erbe, creme e oli non farmacologici. Si differenziano dalle arti sanitarie propriamente dette (la Medicina Allopatica, la Fisioterapia) per il fatto che si prendono cura in maniera globale della persona, lavorando


non sul quadro sintomatologico e, quindi, sulla malattia, ma sollecitando e stimolando le risorse di cui ciascun organismo dispone per ripristinare condizioni ottimali di salute e benessere. IL RUOLO DELL’OPERATORE OLISTICO

Il ruolo dell’operatore olistico è quello di aiutare le persone che si rivolgono a lui a raggiungere il maggior grado possibile di benessere psico-fisico. Questo obiettivo viene conseguito utilizzando le varie tecniche del massaggio del benessere e nello stesso tempo da parte del cliente è auspicabile che ci sia una certa attenzione per uno stile di vita il più possibile sano, in modo da amplificare i benefici del massaggio. CORSI EMI IN TUTTE LE PROVINCE D’ITALIA

Da parte del mercato c’è una notevole richiesta di persone che abbiano la qualifica di operatore olistico specializzato in tecniche del massaggio del benessere. Per accogliere le istanze di un mercato in espansione sia dal punto di vista delle opportunità occupazionali e sia da quello delle richieste da parte delle persone interessate a frequentare corsi di formazione l’European Master Institute ha attivato corsi per il conseguimento della qualifica di “operatore olistico in tecniche di massaggio” che si svolgono in tutte le province italiane. In tal modo l’istituto EMI offre a tutti coloro che sono interessati ad acquisire le conoscenze necessarie per diventare “operatore olistico specializzato in tecniche di massaggio” la possibilità di frequentare i corsi nella città in cui vivono, senza dover affrontare scomodi spostamenti che, oltre a portare via tempo, comportano anche una spesa aggiuntiva. I CORSI DELL’EUROPEAN MASTER INSTITUTE

La scuola E.M.I., con sede a Pescara ma operante su tutto il territorio nazionale, propone dei corsi specifici, a numero chiuso per un migliore apprendimento da parte degli studenti, per il conseguimento della qualifica di “operatore olistico per le tecniche di massaggio e benessere”. È gestita da Luciano Piacentini ed è il primo istituto ad organizzare corsi in tutte le province d’Italia che danno l’opportunità agli allievi di conseguire una formazione professionale approfondita, presupposto basilare per mettere a frutto la professionalità acquisita sotto il profilo occupazionale. Formazione eccellente, supporto professionale, trasmissione di un’esperienza organizzativa, possibilità di ufficializzare l’attività e di entrare a far parte di un’associazione di categoria una volta completato il training. Con questi presupposti sono stati concepiti e strutturati i corsi E.M.I. e in virtù di ciò che rappresentano sono stati raggiunti ottimi risultati nella formazione. Durante il corso gli

allievi acquisiranno la capacità di analizzare una situazione e riconoscere i vari elementi delle tecniche di massaggio. La formazione E.M.I., estrapolando una summa delle migliori metodiche nell’arte del massaggio sviluppa modelli semplici da apprendere e di facile applicazione, che rispondono a tutti i bisogni del lavoro. I corsi E.M.I. prevedono un inizio “modulare”, quindi, in senso cronologico, vengono dapprima trattate le basi, in modo che chiunque possa acquisire gli appropriati strumenti conoscitivi e operativi per seguire in massima tranquillità il programma formativo. Gli insegnanti, coordinati e diretti da Luciano Piacentini hanno un’ottima formazione e operano nei vari campi delle materie insegnate. La preparazione teorica avviene con l’ausilio di libri e manuali forniti dall’Istituto, inoltre gli stage pratici, basati su tecniche di apprendimento veloci, consentono agli allievi di impadronirsi in tempi brevi della materia oggetto di studio. Nel corso dei seminari di formazione si acquisisce la sensibilità alle condizioni “limite” entro le quali è possibile prestare il servizio olistico imparando a riconoscere le situazioni nelle quali è preferibile non trattare la persona.

OBIETTIVO FORMAZIONE L’Istituto E.M.I tiene corsi in tutte le province d’Italia, selezionando i candidati interessati ad entrare in questa ristretta cerchia di professionisti, le cui competenze vengono richieste da centri fitness, palestre, centri benessere, strutture alberghiere, beauty farm, società sportive, centri termali

PERCORSO DI STUDIO

Le aree didattiche dei corsi E.M.I. si distinguono in una parte rivolta all’acquisizione di conoscenze teoriche aggiornate e in un’area volta al conseguimento

Dossier Medicina 93


Formazione LO STAFF DI E.M.I. Nella foto a sinistra, Lione Franco; sotto Carmelo Di Somma, consulente didattico Istituto Emi; a destra, Luciano Piacentini, Presidente Istituto Emi. Nella pagina a fianco, Valentina, Caterina, Olivia e Serena, Ufficio Allievi Customer care

di specifiche abilità tecniche e manuali. Una parte fondamentale delle nozioni impartite dal corso di studio riguarda l’acquisizione da parte dello studente di buone capacità comunicative e relazionali, fondamentali nella comunicazione tra operatore e cliente. Nell’ambito della parte teorica vengono studiate le seguenti materie: anatomia elementare e microscopica, elementi di patologia generale, controindicazioni del massaggio, fisiologia umana e alimentazione. La parte pratica, successiva rispetto a quella teorica, è dedicata allo studio di tutte le tecniche di base del massaggio: la pressione, la vibrazione, il pizzicamento, la percussione, l’impastamento, lo sfioramento, lo stiramento, il massaggio generale a capo, viso e collo, il massaggio cervicale, il massaggio del tronco e quello degli arti superiori e inferiori. Sono materia di studio anche le due fasi che costituiscono il massaggio sportivo, quello defaticante e di riscaldamento. Ha ampio spazio anche l’apprendimento dell’esecuzione dei massaggi rivolti al benessere, tra i quali vi sono il massaggio rilassante, quello tonificante, il drenante, lo hot stone massage, il massaggio al cioccolato e il riflessogeno plantare. La finalità del corso è quella di fornire gli strumenti conoscitivi e operativi delle più importanti metodiche manuali, senza sconfinare in ambiti di pertinenza di altre discipline che

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necessitano di specifici e diversi percorsi formativi. La frequenza prevede seminari di carattere teorico pratico cui si affiancano molte ore di tirocinio, oltre che una verifica finale per il rilascio dell’attestato di partecipazione. La verifica finale consiste in una valutazione della formazione acquisita in ambito teorico e pratico. L’attestato di partecipazione viene rilasciato unitamente a un protocollo scolastico che specifica tutti gli argomenti e le materie trattate nell’ambito del corso. Il rilascio dell’attestato è subordinato al superamento della verifica. Oltre alle materie di studio previste dal corso per tecnico del massaggio, la scuola E.M.I. prevede ulteriori moduli dedicati a sezioni più specifiche o all’integrazione con altre discipline. I REQUISITI PER ACCEDERE AL CORSO E.M.I.

Questo tipo di formazione è indirizzata a tutti coloro che, pur non avendo alcuna preparazione specifica, desiderano avvicinarsi al mondo del benessere per intraprendere una futura attività professionale. L’attività formativa del corso E.M.I. è rivolta comunque alle persone che abbiano anche una certa predisposizione al contatto umano, inteso anche in senso fisico. Chi già svolge un’attività nel campo sanitario può affrontare un percorso olistico in un’ottica di aggiornamento, ampliamento e differenziazione delle proprie capacità e pertinenze


Quali sono i limiti legali

Lo stato garantisce il diritto e la libertà di operare, come libero professionista, in associazione o in forma cooperativa. È assunto fondamentale della Costituzione e del Codice civile la tutela del lavoro in tutte le sue forme, purché non crei danno e non è necessario un “riconoscimento” ufficiale purché un lavoro, anche se non regolato da norme, possa entrare a far parte delle attività lavorative. Lo stralcio di un rapporto CNEL afferma che “affinché si identifichi una professione non è necessario che questa abbia un riconoscimento pubblico, ma quei requisiti che ormai rappresentano il quadro di riferimento internazionale: un sapere dai confini definiti, un sistema di formazione e di controllo della qualità, un corpus di norme etiche, funzioni orientate al cliente”. E solo quando l’operatore olistico sconfina in un ambito professionale che abbia i connotati delle professioni sanitarie, in Italia il rischio è quello di contravvenire all’art.348 del Codice Penale

specifiche. I corsi E.M.I. sono rivolti anche agli operatori del benessere e alle estetiste che vogliono approfondire e completare la loro preparazione professionale nel settore del naturale. Non esistono quindi requisiti formali per l’accesso ai corsi, se non la motivazione e la sensibilità verso gli argomenti legati alla conoscenza dei naturali sistemi di gestione della salute e del benessere. GLI SBOCCHI OCCUPAZIONALI

Le possibilità di inserimento in ambito lavorativo sono numerose. Infatti oltre a lavorare in modo autonomo o in forma associativa con altri operatori del settore, un tecnico del massaggio può trovare impiego presso centri fitness, palestre, centri benessere, centri estetici, strutture alberghiere dotate di un’area wellness, villaggi turistici, centri termali, beauty farm, società sportive (calcio, basket, pallavolo, etc.) e navi da crociera. ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA

La partecipazione ai corsi e il conseguimento dell’attestato, previo superamento della prova d’esame, permette di aderire alle più importanti organizzazioni nazionali ed internazionali operanti nel settore, oltre che la registrazione nelle liste della competente Associazione sindacale. L’istituto E.M.I. offre ai propri studenti la possibilità di entrare a far parte di un’Associazione di categoria che avrà principalmente i seguenti scopi: il riconoscimento della tutela e la certificazione della professione svolta da parte dell’operatore olistico; la diffusione fra gli associati dei punti fondamentali del codice deontologico professionale inerente la pratica della professione di operatore olistico; la creazione di un elen-

co di operatori, una sorta di banca dati alla quale le aziende interessate nella ricerca di figure professionali da inserire nell’organico potranno fare riferimento. L’associazione avrà carattere nazionale essendo l’Istituto E.M.I. una struttura che opera sulle province di tutta l’Italia e per gli operatori che hanno partecipato ai corsi E.M.I. sarà un evidente punto di riferimento per l’inserimento nel percorso occupazionale e per le specializzazioni a tema e gli aggiornamenti che sarà possibile conseguire dopo aver completato il corso base. Gli elenchi professionali servono inoltre a tutelare anche l’utente che ha maggiori garanzie riguardo la professionalità dell’operatore a cui si rivolge. ITER FORMATIVO ISTITUTO E.M.I.

La scuola E.M.I. allorquando rilascia un attestato si assume la responsabilità di certificare che la persona ha seguito un percorso formativo ed è in grado di svolgere, avendone acquisito le capacità teoricopratiche, una data disciplina. Ogni attestato rilasciato dall’Istituto E.M.I. è corredato da una valutazione in maniera tale da garantire a un potenziale utente di servizi la capacità dell’operatore a cui si rivolge. Tale protocollo, senza volersi sostituire a nessuna autorità legislativa competente, è stato creato anche al fine da distinguere l’istituto E.M.I. da altre realtà che, con grande superficialità, rilasciano attestati e certificati senza alcun criterio: magari basta aver partecipato ad un corso ed il “pezzo di carta” viene sbrigativamente concesso. Istituto E.M.I. European Master Institute P.zza Pierangeli, 43/44 – Pescara; Tel. 085/2058735 Numero verde: 800991330; e-mail: istitutoemi@libero.it

Dossier Medicina 95


Formazione

Riabilitazione equestre

STABILIAMO LE REGOLE IN OCCASIONE DEL 1° CONVEGNO REGIONALE SULLA FORMAZIONE DEI TERAPISTI DELLA RIABILITAZIONE EQUESTRE TRACCIAMO UN PROFILO DELLO SCENARIO NELL’AMBITO DEL QUALE SI MUOVONO GLI UTENTI E GLI OPERATORI DEL SETTORE di Nausica Celsi

L

’attesa degli operatori del settore della riabilitazione equestre in Abruzzo è puntata sul 7 marzo 2009, data in cui si svolgerà il convegno regionale, 1° nel suo ambito, organizzato dalla Cooperativa Nuova Pegaso e dall’Università G. D’Annunzio e con la collaborazione dell’Università di Teramo, facoltà di Tutela e benessere animale e dell’Università dell’Aquila, facoltà di Scienze Motorie e dell’A.N.I.R.E. (Associazione Nazionale Italiana di Riabilitazione Equestre). Sono annunciate grosse novità per la categoria dei terapisti della riabilitazione equestre. L’esigenza di organizzare un summit fra esperti del settore e di aprire un dibattito sul futuro della riabilitazione equestre nella regione Abruzzo è nata dal fatto che purtroppo a tutt’oggi non esiste un protocollo ufficiale che regolamenti la formazione necessaria al terapista della riabilitazione equestre e che ne riconosca la figura professionale. La prima conseguenza di questo stato di cose è il fatto che accade sovente che le persone che praticano la riabilitazione equestre non sempre siano in possesso di tutte le conoscenze e della preparazione giusta. A questo aggiungiamo il fatto che la riabilitazione equestre e l’ippoterapia sono diventate due parole che vanno di moda. A volte se ne parla senza sapere neanche con precisione quali sono le differenze fra l’una e l’altra. Il risultato è che non si contano più i terapisti della riabilitazione equestre improvvisati e di conseguenza anche le scuole di equitazione dietro le quali non ci sono progetti terapeutici seri, soprattutto in assenza di una univocità di intenti e di programmazione dell’iter da seguire sia per quanto riguarda la formazione del terapista sia per la terapia che si andrà a svolgere con l’utente per mezzo del cavallo. Di questo e di altre tematiche inerenti il mondo della riabilitazione equestre in tutte le sue sfumature si parlerà nel corso del convegno che avrà luogo il 7 marzo presso la

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sede C.U.M.S. dell’università di Chieti. Tra la cooperativa e le università della regione sono stati conclusi importanti accordi circa l’istituzione di corsi di formazione universitari per la riabilitazione equestre che durante il convegno verranno presentati. Nella prima parte del simposio Marilena, Benedetta e Giacinto, fondatori della Cooperativa Nuova Pegaso di Pianella, località situata nelle campagne dell’entroterra pescarese, in occasione del decennale di attività presenterà le metodologie attraverso le quali il centro abruzzese, attualmente unico affiliato all’Anire porta avanti i programmi di riabilitazione equestre. L’equipe è composta da professionisti specializzati nell’utilizzo del Metodo di Riabilitazione Globale a mezzo del cavallo MRGC, riconosciuto dal marchio Anire n.°0572096 del 1992. Adottando la MRGC e il programma di addestramento HP (Horseman Programm) dell’Engea la cooperativa lavora avvalendosi della presenza di diverse figure professionali specializzate: un medico specialista in Medicina dello Sport, un coordinatore-psicologo specializzato Anire, un terapista della riabilitazione equestre specializzato Anire e ISEF per la pratica delle attività sportive e ricreative, una psicologa specializzata Anire che lavora in campo nel settore rieducativo, un pedagogista specializzato Anire che opera nel settore della rieducazione, due operatori specializzati Anire in qualità di ausiliari. Il cavallo è lo strumento che attraverso la sinergia fra tutte queste figure professionali e lo specifico addestramento al quale viene sottoposto fa sì che la terapia porti a risultati soddisfacenti sia nelle patologie neurologiche o neuromotorie che nei casi di postumi da traumi riportati a seguito di incidenti di vario genere. Il raggiungimento di miglioramenti e di traguardi importanti avviene in tempi medio lunghi. L’equipe della Nuova Pegaso lavora con un assunto di base imprescindibile che è quello dell’interisciplinarietà tra i vari specialisti e tra ope-


Una battaglia di sensibilizzazione

La cooperativa Nuova Pegaso ha intrapreso da tempo una battaglia di sensibilizzazione finalizzata all’ottenimento del riconoscimento della riabilitazione Equestre da parte del Servizio Sanitario Regionale. Le iniziative a favore di questo importante passaggio sono iniziate nel 2001 con un progetto sperimentale sulla riabilitazione equestre svolto dalla cooperativa con il contributo del Comune di Montesilvano (Pe). Successivamente è stata avanzata una proposta al presidente del Comitato dei Sindaci della A.S.L. di Pescara per il riconoscimento a livello del SSN. Nel 2002 con una petizione popolare la cooperativa ha raccolto 5000 adesioni per includere la riabilitazione equestre tra le terapie del SSN. È stata fatta anche richiesta alla Regione Abruzzo di autorizzare l’attivazione di un Centro di Riabilitazione accreditato, ma gli enti non hanno mai dato una risposta in senso positivo. A tutt’oggi la riabilitazione equestre non è riconosciuta a livello nazionale anche se numerose regioni gestiscono questo servizio attraverso la A.S.L. In Abruzzo comunque la cooperativa ha stipulato delle convenzioni con diversi comuni entrando nei piani di zona degli assessorati alle politiche sociali.


Formazione Il centro di Riabilitazione Equestre “Nuova Pegaso” collabora in rete con i seguenti Enti: 2007-2009 Comuni di Pianella, Moscufo, Cappelle sul Tavo e Spoltore: Progetto per l’attivazione del servizio di riabilitazione equestre per ragazzi disabili. 2005 Università degli Studi dell’Aquila, Facoltà di Scienze Motorie: Accordo di programma per la realizzazione sul territorio di progetti di formazione e ricerca. 2008-2009 Università di Teramo, Facoltà di Veterinaria: Collaborazione alla realizzazione di progetti di ricerca sulla tutela e benessere del cavallo. 2007-2008-2009 Istituti Riuniti di Assistenza di Chieti: Progetto di Rieducazione Equestre per 6 adulti della Casa di Riposo di Chieti. 2007-2008 Università di Chieti - Facoltà di Medicina - Cattedra Terapia Occupazionale: Insegnamento della materia relativa alla Riabilitazione Equestre e accoglienza dei tirocinanti presso la cooperativa. 2007-2008 Comunità Montana Vestina Penne: Progetto per l’attivazione del servizio di riabilitazione equestre per ragazzi disabili. 2004-2006 Comune di Pescara: Progetto per l’attivazione del servizio di riabilitazione equestre per ragazzi disabili. 2001-2009 Comune di Montesilvano: Progetto “Nati due volte” servizio di riabilitazione equestre per 17 ragazzi disabili. 2005 Circoscrizione n.5 del Comune di Pescara: Approvazione progetto attività estive (campus) presso la sede della cooperativa per ragazzi disabili. 2005 Comune di Pianella: Approvazione progetto per Corso di Avviamento all’Equitazione rivolto ai ragazzi normodotati. 2005 Comuni di Pescara, Montesilvano, Città S.Angelo, Provincia di Pescara, Provincia di Chieti, Regione Abruzzo, Camera di Commercio di Pescara: Progetto EQUAL-POLICE -Firma del Patto per l’Occupazione ed il lavoro nell’Impresa Sociale. 2003-2009 Università di Chieti - Facoltà di Psicologia: Convenzione per accogliere tirocinanti presso la sede della cooperativa. 2005 Comune di Città S.Angelo : Convenzione della durata di un anno per la realizzazione sul territorio di corsi di Riabilitazione Equestre per disabili (Lg. Reg. 95/95). 2004 Provincia di Pescara e Comune di Pianella : Firma di un accordo di Programma per la compartecipazione finanziaria alla realizzazione del progetto sulle “Ali di Pegasus”, maneggio al coperto.

ratore, utente e animale. Dopo un colloquio iniziale di valutazione il primo mese del programma di riabilitazione è dedicato all’osservazione e all’instaurazione di un legame affettivo e relazionale fra il paziente e il cavallo. Successivamente vengono effettuati degli incontri con il fisiatra nel caso di patologie neuromotorie o con la psicologa per le patologie neurologiche. Si riempie una cartella personale con dati, anamnesi e diagnosi. Il lavoro da intraprendere viene programmato da tutta l’equipe in collaborazione attiva con la famiglia dell’utente che costituisce un importante supporto e punto di riferimento essenziale per il percorso terapeutico da compiere nell’iter terapeutico. Ogni 3 mesi si procede ad un lavoro di verifica dei risultati raggiunti nel corso della terapia e quando serve vengono previste delle modifiche strutturali del restante lavoro da svolgere. L’obiettivo finale di un percorso di riabilitazione equestre è il raggiungimento del più alto grado di autonomia da parte dell’utente e del progressivo superamento dell’handicap nell’ottica della maggiore integrazione possibile nella pratica delle discipline equestri fra normodotati e disabili. L’abbattimento delle barriere fra disabili e normodotati avviene attraverso le iniziative dell’Associazione sportiva “Scavalcando”, una onlus che opera parallelamente alla cooperativa coordinando il settore sportivo del centro. “Scavalcando”è un’associazione sportiva dilettantistica nata nel 2008 che opera attraverso un sistema di programmazione che consente ai ragazzi diversamente abili di condividere lezioni, allenamenti e momenti prettamente ludici con i normodotati creando un team composto da ragazzi che seppur in condizioni di base differenti riescono a vivere in comunione la pratica dello sport. Oltre ai percorsi riabilitativi che 98 Dossier Medicina

si concludono nel mese di giugno la “Nuova Pegaso” nei mesi di luglio e agosto l’attività della cooperativa è di carattere ludico e prevede l’organizzazione di campus estivi senza il pernottamento dei bambini della durata di una settimana e di campeggi di 15 giorni con il pernottamento. Nel rispetto della filosofia del centro che è quello dell’integrazione tra normodotati e disabili nei gruppi che soggiornano durante l’estate nella cooperativa vengono inseriti anche ragazzi normo dotati. Parallelamente alla riabilitazione equestre e in seguito alle richieste delle famiglie la cooperativa ha istituito anche sedute di fisioterapia che vengono svolte all’aperto in un habitat molto suggestivo, pet-therapy, gruppi di terapia ludica ed espressiva organizzata in laboratori creativi, attività ludico-ricreative, attività di psicomotricità negli spazi aperti esterni alla cooperativa, corsi di musicoterapia per ragazzi e adulti, arte-teatro terapia per ragazzi e adulti, laboratorio occupazionale di autonomia personale. Nell’ambito delle iniziative culturali, ricreative e divulgative finalizzate alla sensibilizzazione verso il problema dell’handicap e della conseguente emarginazione sociale vengono organizzate periodicamente giornate ricreative trascorse all’aria aperta con la partecipazione delle famiglie, cineforum e dibattiti su tematiche sociali inerenti l’handicap, itinerari psico-pedagogici rivolti alle famiglie per indurre spunti di riflessione sulle tematiche educative e personali. Cooperativa Nuova Pegaso - Centro Riabilitazione Equestre Contrada Morrocino, 27 – 65019 Pianella (PE). Tel 085-972692 / 3384317539. Sito internet: www.nuovapegaso.it; e-mail: coopnuovapegaso@inwind.it Numero Verde 800985369


LA RIABILITAZIONE EQUESTRE IN ABRUZZO organizzazione, formazione e presentazione nuovi obiettivi 2009 1° Convegno Regionale

Sabato 7 marzo 2009 presso la sede C.U.M.S. dell’Università G. d’Annunzio di Chieti dalle 9.00 alle 18.00 Il convegno presentato verrà suddiviso in due sessioni: MATTINO Verranno presentati metodologia e operatività del centro di riabilitazione equestre NUOVA PEGASO. L'utilizzo del cavallo quale strumento di terapia, tutela e benessere dell’animale POMERIGGIO La terapia per mezzo del cavallo come metodo riabilitativo (T.M.C); percorsi formativi, ricerca e approfondimento delle competenze dei professionisti del settore. RELATORI - PROF.SSA Rosa Bellomo, docente U.d’A. di Chieti per la Scuola di Specializzazione in medicina riabilitativa, - PROF.SSA Maria Nurzia, docente Università dell’Aquila, Facoltà scienze motorie - PROF.SSA Pia Lucidi, docente Università di Veterinaria di Teramo, Facoltà di tutela e benessere animale - DR.SSA Danielle Nicolas Citterio, presidente dell’A.N.I.R.E - DR.SSA Marilena Stallone, coordinatrice e psicologa della Coop. Nuova Pegaso - Luciano Mattalia, referente nazionale Horseman Program. E.N.G.E.A. - DR. Vittorio de Feo, responsabile del Centro Medicina dello Sport di Pescara e referente medico della Coop. Nuova Pegaso Organizzato da Cooperativa Nuova Pegaso e U.d’A. di Chieti Patrocinato da Provincia di Pescara - Comune di Pianella - Regione Abruzzo - A.N.I.R.E.


Benessere e salute

MEDICINA ESTETICA

le nuove frontiere

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CHE COS’È PIÙ PRECISAMENTE LA MEDICINA ESTETICA? DI CHE COSA SI OCCUPA? SU QUALI CRITERI LAVORANO I MEDICI ESTETICI? CERCHIAMO DI FAR LUCE SU QUESTE E ALTRE PROBLEMATICHE CON IL PROFESSOR CARLO ALBERTO BARTOLETTI di Luigi Berardi

I

l nostro corpo, nel comune sentire, viene sempre più assimilato a una macchina sulla quale è possibile e opportuno effettuare tutta una serie di lavori di manutenzione che non si limitino alla sola riparazione delle parti danneggiate, ma che siano volti a migliorare l’aspetto, ottimizzare la messa a punto, a regolare accuratamente il funzionamento, a ridurre l’usura, a prevenire i guasti futuri, al fine di consentire al motore biologico di esprimere il massimo della prestazione e di mantenere il più a lungo possibile la migliore regolarità ed efficienza. È quindi indispensabile che l’individuo che vive e lavora nella nostra società ottenga risposte che facciano proprio tutto il rigore e la disciplina metodologica del sapere scientifico». A sottolinearlo è il professor Carlo Alberto Bartoletti, fondatore e presidente della Società Italiana di Medicina Estetica e Direttore della Scuola Internazionale di Medicina Estetica della Fondazione Fatebenefratelli di Roma, ribadendo l’estrema importanza del ruolo della Medicina Estetica nel nostro Paese e nella società del terzo millennio. UN APPROCCIO DI TIPO INTERNISTICO

La Medicina Estetica si occupa della costruzione e della ricostruzione dell’equilibrio psico-fisico dell’individuo sano, che può vivere con disagio la propria vita a causa di un inestetismo male accettato, o

che più semplicemente richiede regole gestionali di vita, suggerimenti e interventi mirati al controllo del proprio invecchiamento, generale e cutaneo. Più nello specifico, mentre la Chirurgia Plastica estetica definisce il suo intervento nel particolare, la Medicina Estetica si occupa dell’individuo nel suo globale. Studia, insomma, dal punto di vista generale e cutaneo, il paziente e lo prepara alle condizioni psicofisiche migliori per l’intervento chirurgico e lo riprende subito dopo l’intervento per l’ottimizzazione del risultato. Chi si rivolge oggi alla Medicina Estetica domanda, infatti, oltre alla correzione degli inestetismi, una prescrizione utile per migliorare la qualità della vita relativa alla propria età e per mantenere negli anni una condizione fisica e mentale ottimale: o, come lo definisce lo stesso Bartoletti, «un programma di formazione permanente per la vita». Nel suo approccio alla rimozione degli inestetismi, la prassi della Medicina Estetica prevede un’attività prioritaria di tipo essenzialmente internistico: attraverso una relazione terapeutica viene realizzata una valutazione diagnostica ad ampio raggio, continuamente aggiornata al fine di mantenere sotto attenta sorveglianza le condizioni psico-organiche del paziente e individuare precocemente ogni forma di malfunzionamento e fattori di rischio di origine endogena o esogena. «Trent’anni fa erano più richiesti gli interventi

CARLO ALBERTO BARTOLETTI Si è laureato in Medicina e Chirurgia all'Università di Roma nel 1958 e successivamente si è specializzato in Gastroenterologia, Cardiologia, Gerontologia e Geriatria. Si è formato culturalmente nella branca della Medicina Estetica e nelle sue metodologie applicative in Francia, con soggiorni annuali a Parigi fin dal 1970. Ha partecipato alla fondazione della Società Francese di Medicina Estetica (SFME) nel 1973. Ha promosso in Italia il movimento culturale della medicina estetica, come fondatore nel 1975 della Società Italiana di Medicina Estetica (SIME) e del suo organo ufficiale la rivista "La Medicina Estetica". Nel 1976 ha fondato, insieme a Jean-Jaques Legrand (Società Francese di Medicina Estetica), Michel Delune (Società Belga di Medicina Estetica) e Joseph Font-Riera (Società Spagnola di Medicina Estetica), l’Union Internationale de Médicine Esthétique (UIME) con sede a Parigi. Ha promosso nel 1990, e tuttora dirige, la Scuola Internazionale di Medicina Estetica della Fondazione Internazionale Fatebenefratelli. Ha promosso altresì l’apertura del Servizio Ambulatoriale di Medicina Estetica, di cui è il Direttore Scientifico, presso l’Ospedale S. Giovanni Calibita Fatebenefratelli all’Isola Tiberina di Roma.

Dossier Medicina 101


Benessere e salute

PAROLA D’ORDINE: PREVENIRE

Visita medico-estetica e Check-Up cutaneo

La consultazione medico-estetica dura più di un’ora e prevede dapprima un esame anamnestico e un esame obiettivo tradizionali; poi, una serie di valutazioni morfologiche e funzionali (psicologica, morfologica, antropometrica, posturale della capacità fisica, angiologica degli arti inferiori, ecografica dell’ipoderma, cutanea ed ematochimica). Questo permette di inquadrare l’inestetismo clinico che si presenta nell’ambito di un’analisi globale, di proporre un programma preventivo generale e un programma correttivo, usufruendo di metodologie proprie della medicina estetica. Il Check-up cutaneo è utile invece per un’accurata valutazione dello stato della pelle e per formulare una prescrizione cosmetologica mirata: lo scopo è quello di prevenire i segni del tempo, in particolare quelli legati alle aggressioni atmosferiche. Sarebbe preferibile effettuarlo in giovane età, dopo la pubertà, per conoscere il più presto possibile il tipo di pelle, le sue difese e poter mettere in atto per tempo un programma igienico-preventivo efficace. L’esame prevede dapprima un’anamnesi e una valutazione obiettiva, cui seguono misurazioni strumentali e test cutanei. L’esame va eseguito ogni due anni in giovane età, per passare poi a un controllo annuale con l’approssimarsi della menopausa.

NUOVI OBIETTIVI La Medicina Estetica, oggi, non offre solo la possibilità di correggere gli inestetismi, ma fornisce una prescrizione utile per migliorare la qualità della vita relativa alla propria età e per mantenere negli anni una condizione fisica e mentale ottimale

per risolvere problemi di obesità e cellulite. Oggi, sono l'invecchiamento cutaneo e l'invecchiamento generale gli argomenti sicuramente più ricercati», spiega il professor Carlo Alberto Bartoletti. «Inoltre, sono sempre più i pazienti che chiedono una visita medico-estetica nell’ottica di una valutazione generale e, soprattutto, nell’ottica di prevenire eventuali patologie future». SOPRATTUTTO PREVENZIONE

Sulla base del quadro clinico formulato, vengono posti in essere provvedimenti di normalizzazione, nel cui ambito prevale un’attività continuativa di educazione sanitaria. Le indicazioni vengono modulate e adattate ai problemi del singolo paziente, in modo da consegnargli una prescrizione personalizzata che comprenda, tra l’altro, l’igiene alimentare, l’attività fisica graduata in base all’età e alle capacità, la difesa dallo stress e la protezione cosmetologica della cute, il tutto nell’ambito di un programma di formazione permanente che porti all'eliminazione delle circostanze ambientali favorenti l’insorgere di patologie e delle abitudini di vita errate. In questo modo, la Medicina Estetica assume, a ogni effetto, i connotati di una medicina preventiva. «La Medicina Estetica, confermando i contenuti di medicina preventiva, correttiva, restitutiva e riabilitativa a sfondo sociale proposti in Italia circa 30 anni orsono, ha affinato, nel suo iter culturale degli ultimi 18 anni, la sua estrazione internistica e umanistica, presentandosi oggi come medicina essenzialmente preventiva», continua il professor Bartoletti. «Questa disciplina non si occupa più infatti soltanto dell’inestetismo fine a se stesso, ma opera una valutazione globale del paziente, da cui trae spunto innanzitutto per una educazione

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Dossier Medicina

preventiva e poi per i trattamenti correttivi». LA MEDICINA ESTETICA IN ITALIA

La Medicina estetica, nata in Francia nel 1973 per intuizione dell’endocrinologo Jean Jacques Legrand, è approdata in Italia nel 1975 con la fondazione, proprio ad opera del professor Bartoletti, della Società Italiana di Medicina Estetica. Dall’anno accademico 1990-1991 la SIME ha promosso, con la Fondazione Internazionale Fatebenefratelli di Roma, una scuola quadriennale di formazione in Medicina Estetica, riservata a laureati in Medicina e Chirurgia. Ad oggi si sono diplomati 744 medici. La Scuola Internazionale di Medicina Estetica – FIF ha aperto per il pubblico, dal 1994, presso l’Ospedale Generale “S. Giovanni Calibita” Fatebenefratelli all’Isola Tiberina di Roma, il primo Servizio Ambulatoriale di Medicina Estetica in Italia: in 14 anni di attività del Servizio Ambulatoriale sono state effettuate più di 270mila prestazioni, in una popolazione rappresentata al 98% dal sesso femminile, con una fascia di età che oscilla prevalentemente dai 40 ai 70 anni. Come categorie sociali, l’80% delle presenze è rappresentato da impiegate, casalinghe e pensionate. Negli ultimi anni la SIME e la Scuola Internazionale di Medicina Estetica della Fondazione Internazionale Fatebenefratelli, hanno inoltre dato vita a un Gruppo di Studio di Medicina Anti-Aging che ha realizzato, in occasione dei congressi nazionali della SIME, due Giornate Nazionali di Medicina Anti-Aging. Questo gruppo si è trasformato nel 2005 in una nuova società scientifica: l’Accademia Italiana di Medicina Anti-Aging (AIMAA), che muove i primi passi sotto la guida dell’European Society of Anti-Aging Medicine (ESAAM) di cui è rappresentante per l’Italia.



ADDIO ALLA CHIRURGIA CON MACROLANE SI PUÒ

Oggi è possibile rimodellare il proprio corpo senza ricorrere a tecniche chirurgiche invasive e raggiungendo degli ottimi risultati in tempi brevi

Promozione - Benessere

Correggere gli inestetismi e rimodellare il corpo senza ricorrere all'uso della chirurgia. Da oggi non è più un problema grazie a Macrolane VRF (Volume Restoration Factor), un macrofiller introdotto in Italia verso la fine del 2007 dalla Q-MED, leader mondiale nel settore dei prodotti per uso cosmetico. Le applicazioni e le caratteristiche di Macrolane sembrano preannunciare un probabile successo pari a quello avuto in passato da Restylane, il primo filler specifico per il ripristino dei volumi e per il rimodellamento del corpo costituito da macro-molecole in grado di conferire al prodotto una consistenza densa e compatta, particolarmente adatta per il ripristino di volumi importanti di tessuto. Come Restylane anche Macrolane è basato sull'utilizzo dell'acido ialuronico NASHA (ossia di origine non animale) e di acqua, con la differenza però di presentare una maggiore capacità di sollevamento, sostegno e ripristino dei volumi, pur restando ugualmente duttile e morbidissimo. In altre parole, mentre Restylane risulta più indicato nel trattamento degli inestetismi del viso, Macrolane è sicuramente più adatto per il modellamento del corpo e, più in particolare, per la correzione di grandi cicatrici, di avvallamenti del tessuto sottocutaneo del corpo, di arti inferiori o arti superiori, causati da liposuzioni troppo aggressive, da cellulite, o per aumentare il volume dei glutei o del seno. “Macrolane è l'alternativa per chi non vuole ricorrere alla chirurgia, perché evita cicatrici, ricoveri ospedalieri e decorsi post-operatori”, spiega il dottor Enrico Follador dell'equipe Skin Laser Clinic. “Il risultato che offre è incredibilmente naturale, sia alla vista sia al tatto”. “Il Macrolane – precisa invece il dottor Domenico D'Angelo – rappresenta una novità unica approvata dal Ministero della Sanità, e cioé la possibilità di poter correggere i profili corporei cutanei alterati, in maniera armoniosa e naturale. Questo prodot-

to ha infatti le caratteristiche di un materiale riempitivo e volumizzante con scarsissime capacità di migrazione dalla sede in cui viene impiantato”. PRATICO, VELOCE E SICURO “È un prodotto sicuro e senza particolari controindicazioni. L'impianto può essere eseguito in ambulatorio con un intervento che dura in tutto meno di un'ora”, spiega il dottor Fabio Marini dell'equipe Skin Laser Clinic. “Nel settembre del 2007 Macrolane ha ricevuto l'approvazione CE per il body-shaping a cui si è aggiunta, agli inizi dello scorso anno, il via libera definitivo per l'utilizzo sul seno”. “L'iniezione viene effettuata con una siringa già pre-riempita di prodotto e una cannula apposita, il tutto in un tempo variabile da 20 a 40 minuti”, precisa il dottor D'Angelo. “Subito dopo il trattamento il paziente potrà tornare alle sue normali attività con un bendaggio della regione trattata, da tenere per 2-3 giorni. Potranno evidenziarsi delle ecchimosi della durata di pochi giorni, indolenzimento e tensioni della zona corretta, anch'essi di breve durata”. “Dagli studi finora eseguiti risulta che l'impianto di Macrolane non crea problemi di leggibilità degli esami ecografici e mammografici”, continua il dottor Follador. “Il trattamento è semplice e rapido. Non è praticamente un intervento chirurgico, dunque non lascia cicatrici, non richiede sedazione, né ricovero. La durata dipende dalla zona trattata e dalla quantità di prodotto iniettato. Poi sarà necessario ripetere il trattamento, ma solo ricorrendo a un ritocco che consentirà di conservare nel tempo i risultati ottenuti”. Bisogna ricordare, inoltre, che la tecnologia NASHA ha all'attivo più di dieci anni di esperienza in campo medico ed estetico ed oltre 9 milioni di trattamenti effettuati in tutto il mondo. (A cura del Dr. Domenico D'Angelo, Dr. Enrico Follador e Dr. Fabio Marini)

Tutto su Macrolane VRF Macrolane VRF è un prodotto iniettabile per il modellamento del corpo. È presente in commercio sotto forma di gel, una per correzioni più superficiali e una per correzioni più profonde, e necessita di una corretta tecnica medica iniettiva; il tipo di Macrolane utilizzato (VRF 20 o VRF 30) dipende da ogni singolo individuo e dalla particolare area da trattare: in genere si considera una media da 10 a 240 ml di prodotto in funzione dell'indicazione (dalla correzione di leggeri difetti fino a un rimodellamento importante). Le aree più frequentemente trattate con Macrolane VRF sono la volumizzazione dei seni, “gli avvallamenti” e le alterazioni post-liposuzione, dei polpacci, delle natiche e del petto maschile. La correzione ha una durata variabile dai 18 ai 24 mesi e ogni programma prevede un controllo annuale al fine di mantenere i risultati conseguiti.


Oggi è possibile rimodellare il corpo I VANTAGGI DEL TRATTAMENTO 1 Utilizzo di anestesia locale 2 Minore invasività 3 Intervento di breve durata 4 Intervento non strettamente chirurgico 5 Assenza di ospedalizzazione 6 Assenza di cicatrici 7 Nessuna permanenza in clinica 8 Risultati immediati 9 Utilizzo di un prodotto naturale 10 Ritorno immediato alle varie attività quotidiane 11 Soluzione su misura

INFO STUDI MEDICI SPECIALISTI SKIN LASER CLINIC, Piazza Accademia, 18 Pescara - Tel. 085.4531036 Cell. 348.4377692 / Via Matese 15, Pescara Tel. 085.4216747 / Via Leopardi 14, Roseto (Teramo) Tel. 085.8930468. POLIAMBULATORIO “VILLA TORRE” Via Pontida, 9 San Benedetto del Tronto - Tel. 0735.658266 www.laserclinic.it / e-mail: info@laserclinic.it


Bellezza

LA TECNOLOGIA A FAVORE DELL’ESTETICA Nella foto il nuovo strumento tecnologico Icoone, in grado di generare la cosiddetta Multi Micro Stimolazione Alveolare, ossia la stimolazione precisa e omogenea dei micro vacuoli presenti nel tessuto connettivo

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LOTTA AGLI INESTETISMI È ARRIVATO ICOONE

GRAZIE ALLA NUOVA TECNOLOGIA ROBODERM DI ICOONE, PROBLEMI LEGATI ALLA CELLULITE, RITENZIONE IDRICA, RILASSAMENTO CUTANEO HANNO I MINUTI CONTATI, NE PARLIAMO CON LA DOTT.SSA MARIA PIA D’ERAMO di Gianfranco Virardi

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a progettazione della tecnologia Icoone prese ispirazione da una straordinaria intuizione di un chirurgo francese che ha dimostrato la struttura microalveolare del tessuto. Icoone con il suo sistema integrato Roboderm, permette di combattere gli inestetismi della cellulite in modo efficace grazie alla Multi Micro Stimolazione Alveolare effettuata attraverso i manipoli micro- alveolari. Cellulite e inestetismi cutanei hanno i minuti contati. Il loro trattamento si è arricchito infatti di una nuova e rivoluzionaria tecnica in grado di agire direttamente sul tessuto connettivo, la sede in cui si accumulano prevalentemente i depositi di grasso e dove sono presenti i fibroblasti, le cellule attive deputate alla produzione delle fibre collagene. Si tratta della tecnologia Roboderm di Icoone, in gra-

do di aumentare l'ossigenazione, gli scambi metabolici e il riassorbimento dei liquidi interstiziali dei tessuti profondi, e di favorire la produzione delle fibre elastiche del sottocute. «Questa nuova tecnica di stimolazione meccanica ha una triplice azione», spiega la dottoressa Maria Pia D’Eramo. «Grazie all’azione di speciali manipoli dotati di due rulli forati in grado di provocare migliaia di microtrazioni, è difatti possibile allo stesso tempo riattivare la circolazione sanguigna e linfatica e stimolare efficacemente i fibroblasti». «I risultati sono praticamente immediati e visibili fin dalla prima seduta», continua la dottoressa D’Eramo. «Con questa tecnica è possibile trattare in modo veloce ed efficace tutte le parti del corpo. L’azione del trattamento può essere inoltre applicata a diversi tipi di inestetismi cutanei, come cellulite, gonfiori dovuti a

ICOONE ROBODERM

Icoone e la sua esclusiva tecnica Roboderm sono rappresentate da un’apparecchiatura brevettata, composta da un apparato centrale collegato a tre manipoli in ciascuno dei quali sono presenti due rulli, dotati ognuno di 132 microalveoli, in grado di generare la cosiddetta Multi Micro Stimolazione Alveolare, ossia la stimolazione precisa e omogenea dei micro vacuoli presenti nel tessuto connettivo. In questo modo la pelle riceve a ogni passaggio ben 1.180 microstimolazioni per decimetro quadrato. Al fine di agire in modo ancora più efficace e naturale su alcune parti del corpo, Icoone propone anche un trattamento a due manipoli: le RoboTwins, che permettono all’operatore di lavorare a due mani e di trattare la superficie del corpo con gesti simmetrici. Il sistema Icoone per essere ancora più efficace si avvale dell'impiego di tre manipoli uno grande e due piccoli necessari per trattare le piccole zone quali braccia, caviglie polpacci e ginocchia. Per soddisfare ogni esigenza, inoltre, sono state messe a punto due differenti tipi di menù: “Beauty & Wellness”, per tutto ciò che riguarda il benessere e la bellezza, ed “Healtcare” per le patologie mediche come per esempio nel trattamento delle insufficienze venose degli arti inferiori, delle varici, dei linfedemi o per la prevenzione dei disturbi circolatori durante la gravidanza. Una seduta completa (trattamento base + trattamento focus) ha un costo indicativo di 70 euro, mentre il prezzo di una sola seduta base o focus si aggira, rispettivamente, attorno ai 45 e 35 euro. I trattamenti Icoone vengono effettuati solo da personale specializzato all’interno di centri di medicina estetica, centri estetici, centri benessere, di dimagrimento e SPA. È necessario un ciclo di più trattamenti. Per ulteriori informazioni: www.icoone.com - Numero verde: 800.661872

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Bellezza

MARIA PIA D’ERAMO Specialista in Ginecologia Ostetricia, Flebologia Ambulatoriale, Master in Medicina Termale con indirizzo Estetico

ritenzione idrica, lassità cutanee o nel trattamento post-liposuzione». Non solo. Grazie a un trattamento focalizzato, le zone con accumuli di grasso possono essere stimolate in modo specifico e selettivo, per correggere in modo preciso e veloce anche i più piccoli inestetismi. LA TECNICA

La tecnica integrata Icoone si basa sulle intuizioni del chirurgo plastico francese Jean-Claude Guimberteau, che ha dimostrato come il tessuto connettivo sia in realtà costituito da una fitta rete di microvacuoli, organizzati secondo una disposizione caotica di aspetto frattale. Sulla base di queste osservazioni, quindi, per riuscire a mobilizzare i tessuti più profondi non occorre schiacciare la cute, ma è necessario stimolarla contemporaneamente in

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differenti punti, in modo da rispettare la sua composizione di tipo vacuolare. «Rispetto ad altre tecnologie già in uso, questa tecnica ha il vantaggio di assicurare ugualmente un massaggio meccanico molto efficace, ma con un approccio molto più rispettoso della pelle», sottolinea la dottoressa Maria Pia D’Eramo. «Il particolare sistema di aspirazione micro-alveolare è infatti in grado di garantire una stimolazione meno traumatica dei tessuti ed evitare l’insorgere dell’effetto ventosa che, a lungo andare, potrebbe causare gravi danni a un tessuto molto delicato come il connettivo». Per mezzo della Multi Micro Stimolazione Alveolare (MMSA) il tessuto viene infatti facilmente riconosciuto nella sua originaria struttura e trattato come tale in modo dolce ed efficace: attraverso gli alveoli, la macchina è in grado di aspirare tante piccole porzioni di cute, realizzando una stimolazione frazionata continua. In aggiunta, è anche possibile abbinare l’aspirazione della plica cutanea che si viene a trovare tra i due rulli, in modo da produrre una doppia trazione della pelle, sia centrale sia alveolare. In più, grazie al menu personalizzato di cui è dotato l’apparecchio, è possibile creare e memorizzare protocolli su misura per ogni paziente, in base alle specifiche esigenze fisiologiche e morfologiche del soggetto. L’interfaccia computerizzata permette infatti all’operatore di selezionare le specifiche modalità del trattamento in relazione


I PRINCIPALI TRATTAMENTI

LA CELLULITE È caratterizzata dall’ipertrofia delle cellule adipose del tessuto sottocutaneo e dall’accumulo di liquidi in eccesso negli spazi intracellulari. In questo caso l’azione di Icoone si esprime attraverso la doppia aspirazione centrale e alveolare che provoca il sollevamento della cute e la stimolazione profonda del connettivo. Le trazioni multiple provocate dall’apparecchio, inoltre, danno vita a continue variazioni di pressione nei liquidi extracellulari allentando i legami fibrosi che trattengono le cellule adipose. Il risultato ultimo è quindi la riossigenazione dei tessuti e lo scioglimento dei noduli di grasso. RITENZIONE IDRICA Per ritenzione idrica si intende la tendenza a trattenere liquidi nei tessuti che provocano gonfiore, inestetismi ed edemi dolenti. In questo caso la microaspirazione alveolare dell’Icoone stimola l’irrorazione sanguigna e il drenaggio del liquido linfatico. Il risultato ultimo è la diminuzione dei gonfiori e il ripristino della corretta irrorazione sanguigna e della corretta circolazione linfatica dei tessuti RILASSAMENTO CUTANEO L’effetto dell’invecchiamento provoca un rallentamento del metabolismo: a livello del derma, le fibre elastiche si aggregano in modo sempre più disordinato andando ad assottigliare lo spessore, e a livello cutaneo la pelle perde tono ed elasticità. In questo caso l’azione dell’Icoone ha come effetto la stimolazione dei fibroblasti che, aumentando la produzione di fibre collagene, rinnovano e danno tono alla pelle. Il risultato ultimo è il recupero di tono e di compattezza della cute e il miglioramento dell’elasticità dei tessuti. GRASSI LOCALIZZATI Grazie al trattamento focus queste zone vengono stimolate in modo specifico, al fine di ottenere risultati davvero straordinari. DOPO LIPOSUZIONE Questo tipo di trattamento è essenziale per il ricompattamento della cute. Agendo intensamente sui fibroblasti migliora la retrazione dei tessuti e stimola i vasi venosi e linfatici, favorendo così lo smaltimento delle cellule adipose.

alle condizioni dei tessuti (congestionati, interessati da evidenti capillari, ecc.), e impostare di conseguenza la velocità di rotazione dei rulli, la ritmicità e il tipo di aspirazione, che può essere solo alveolare o anche centrale, oppure continuata o alternata. «Non bisogna poi dimenticare – aggiunge la dottoressa D’Eramo – l’azione a due mani che è possibile realizzare con le teste RoboTwins, per mezzo delle quali si possono ottenere straordinari effetti sui risultati, assicurando tra l’altro, una seduta particolarmente gradevole per il paziente». IL TRATTAMENTO

Prima di sottoporsi al trattamento, al paziente viene fatta indossare una speciale tuta aderente, in modo da evitare il contatto diretto dei rulli con la pelle e di garantire una maggiore protezione e sicurezza. La terapia Icoone è composta da un trattamento "base" durante il quale l’operatore seleziona sul computer in base alle condizioni dei tessuti la velocità dei rulli, la ritmicità e il tipo di aspirazione e si indirizzano i manipoli nelle diverse parti del corpo interessate da cellulite, gonfiori, accumuli adiposi o cellulite. «Il trattamento base dura circa 20 minuti», precisa la dottoressa Maria Pia D’Eramo. «Successivamente, si prosegue con altri 10 minuti di trattamento focus, durante il quale modificando

le impostazioni del computer si ha una stimolazione microalveolare sempre più intensa e profonda. Con i manipoli si agisce su precisi distretti in cui sono più evidenti gli inestetismi (cellulite sclerotica , accumuli di adipe o rilassamento cutaneo)». Un ciclo completo – personalizzabile in base alle esigenze e alle condizioni cliniche ed estetiche del paziente - è composto in genere da 10 a 15 sedute e può svilupparsi in più settimane, con due o tre sedute a settimana, oppure con sedute giornaliere più concentrate. «Già dopo pochissime sedute il tessuto riprende elasticità, compattezza e tonicità e si inizia a notare una considerevole riduzione delle masse cellulitiche o adipose», continua la dottoressa D’Eramo. «Naturalmente, così come per altre terapie della cellulite e dei disturbi circolatori degli arti inferiori, la risposta è totalmente soggettiva: alcuni pazienti rispondono già dalla prima seduta, altri dopo diverse sedute. Il ciclo di trattamento comunque deve essere sempre completo». Studio Medico - Dr.ssa Maria Pia D’Eramo Specialista in Ginecologia Ostetricia, Flebologia Ambulatoriale, Master in Medicina Termale con indirizzo Estetico - Via Montale, 13 – 67039 Sulmona (AQ) Tel. 0864.210020 cell.339.8869910 E-mail: mariapia.deramo@fastwebnet.it

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SMARTLIPO DELLE STAR IL SEGRETO RIMODELLARE E SCIOGLIERE IL GRASSO IN ECCESSO È OGGI POSSIBILE CON SMARTLIPO. LA NUOVA TECNOLOGIA LASER ND: YAG PULSATA, PERMETTE IN MODO MININVASIVO DI ELIMINARE LE ADIPOSITÀ LOCALIZZATE IN QUALSIASI DISTRETTO CORPOREO

Mettiamo la parola fine al grasso in eccesso


SMARTLIPO (Laserlipolisi) permette di dare una risposta a quei pazienti che vogliono un trattamento efficace per gli accumuli di grasso senza ricorrere ad un trattamento invasivo come la Liposuzione. La Laserlipolisi si effettua in Anestesia locale, la quantità di anestetico usata è relativamente bassa e non necessita di convalescenza. Il paziente, infatti, può tornare alle sue normali attività immediatamente dopo l’intervento, che dura circa un’ora e mezza. È necessario solo indossare una contenzione elastica (calze o corsetto ecc.) a seconda della zona trattata per circa 10 giorni ed evitare l’attività fisica intensa per una settimana. Il trattamento consiste nell’introduzione di una sottilissima fibra ottica (connessa all’apparecchio Laser) nel tessuto sottocutaneo che si desidera trattare. La fibra serve per veicolare l’energia direttamente nei tessuti; la particolare lunghezza d’onda del raggio Laser permette di bersagliare direttamente gli adipociti (le cellule che contengono il grasso) che vengono così distrutti liberando il grasso che contenevano. Il grasso liberato nei tessuti viene progressivamente assorbito e degradato dal sistema linfatico ed immunitario, nel giro di 8-12 settimane. È per questo motivo che i primi risultati non sono evidenti subito ma dopo 4-6 settimane. Tutti i distretti corporei sede di adiposità localizzate possono essere trattati. Le sedi più richieste sono i fianchi, le gambe, le ginocchia, l’addome, i glutei e il mento. È possibile però trattare anche sedi particolari come il viso o le mammelle (nel maschio, per problemi di ginecomastia). In genere una seduta è sufficiente per risolvere il problema, in alcuni casi puo essere necessario un ritocco dopo 4-8 settimane. Il prezzo varia a seconda delle sedi da trattare e del protocollo di trattamento ( a volte si associano terapie complementari per accelerare i risultati) ma si puo affermare che è molto più economico di un intervento di Liposuzione. Centro di Medicina e Chirurgia Estetica EQUIPE, via Statale Adriatica Sud “Zona Palazzetto”, Roseto degli Abruzzi, 64026 (Te); Tel e Fax 085.8943217; www.equipedermoestetica.it; info@equipedermoestetica.it


Lacuradelsorriso

Traumi dentari

COSA FARE

I TRAUMI DENTARI SONO EVENTI MOLTO FREQUENTI IN AMBITO SCOLASTICO E SPORTIVO. ECCO COME RISOLVERLI a cura del dottor Maurizio Alfredo Ferrara Ruiz

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razie a una maggiore sensibilizzazione da parte di pediatri, insegnanti e genitori, al giorno d'oggi è notevolmente cresciuta la richiesta di intervento da parte dei dentisti per piccoli e giovani pazienti che hanno subito traumi dentari. È quindi di fondamentale importanza la conoscenza e l'applicazione di protocolli diagnostici e terapeutici corretti da parte dell'odontoiatra, in modo da orientare il più favorevolmente possibile la prognosi delle lesioni. Durante il primo anno di vita i traumi sono conseguenza di cadute dal lettino o dall’abbraccio di uno dei genitori o fratelli, per vivacità e irrequietezza del bambino. Tra il primo il secondo anno, le cadute sono dovute a incoordinazione motoria, nel momento in cui il bambino comincia a deambulare. In questo periodo, particolare attenzione bisogna porre anche alle lesioni da maltrattamenti, molto spesso celati da uno dei

due genitori. Tra i 3 e i 6 anni, i traumi sono per lo più conseguenza di giochi con coetanei o di cadute in bicicletta. Queste ultime sono forse la causa più frequente in tutte le fasce di età a partire dai 3 anni. Tra i 6 e i 12 anni le cause più frequenti di traumi dentari sono le attività in palestra e gli sport di contatto, mentre dai 14 anni in avanti sono gli incidenti stradali e le attività sportive in generale. Da sottolineare che nei pazienti con handicap si riscontrano traumi conseguenti a cadute, crisi epilettiche o incoordinazione motoria. I traumi dentari si verificano direttamente quando un oggetto o una superficie vengono a diretto contatto con il dente, oppure indirettamente in conseguenza, ad esempio, di una caduta o di un colpo sul mento con contatto fortuito dei denti delle due arcate. Secondo recenti studi epidemiologici, una percentuale di bambini, variabile tra il 12% e il 30,5% ha avuto traumi ai denti anteriori, e questi si verificano con una frequenza superiore nel sesso maschile rispetto a quello femminile con un rap-

MAURIZIO ALFREDO FERRARA RUIZ Il dottor Maurizio Alfredo Ferrara Ruiz, originario di Caracas (Venezuela), ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l'Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Si è perfezionato in Protesi dentaria, Chirurgia orale e Implantologia e Biomateriali presso l'Università G. D'Annunzio di Chieti. Presso l'Università di Firenze si è perfezionato in Odontoiatria Infantile e presso l'Università di Verona si è perfezionato in Traumatologia dentale. È libero docente in Patologia odontostomatologica a Providence (Rhode Island - USA), è socio della Società Italiana Odontoiatria Infantile, dell'International Association Dental Traumatology, della Società Italiana di Odontoiatria Conservatrice e dell'Associazione Italiana Odontoiatria Generale. 112 Dossier Medicina


porto di 3:1. Una considerazione curiosa è che in percentuale variabile tra il 5% e il 30%, i pazienti che hanno subito un trauma sono recidivi! In dentizione decidua (denti da latte), per la duttilità e la composizione delle ossa di supporto, sono più frequenti le lussazioni e le avulsioni; in dentizione permanente, a sviluppo radicolare completo, sono invece più frequenti le fratture coronali. COME SI PROCEDE

Quando si è in presenza di un paziente che ha subito un trauma dentario, raccogliere una accurata anamnesi è di cruciale importanza: occorre informarsi di quando, dove e come è avvenuto il fatto e, soprattutto, conoscere con esattezza quanto tempo è trascorso tra l'evento e l'intervento odontoiatrico. Se l'intervento viene erogato entro massimo 30 minuti dal trauma, ci sono infatti buone possibilità di guarigione della polpa dentale e del legamento parodontale. L'esame radiografico è essenziale e indispensabile sia per la formulazione della diagnosi, sia per motivi medico-legali. Il dente traumatizzato, inoltre, va sempre confrontato con il controlaterale. Importantissima risulta inoltre la documentazione fotografica per eventuali perizie. Nella frattura coronale senza esposizione pulpare, qualora siano stati ritrovati i frammenti e siano stati adeguatamente conservati (in soluzione fisiologica o latte), si può procedere al reincollaggio degli stessi, utilizzando adesivi dentinali e compositi per adattare i frammenti alla rima di frattura. Dove non sia stato trovato il frammento, si procede invece con la ricostruzione diretta in composito. Nel caso di frattura coronale complicata, la terapia è in funzione soprattutto dell'interessamento pulpare e in relazione al grado di maturazione della radice e all'entità e tempo di esposizione della polpa. È possibile effettuare un reimpianto vitale se il dente è ad apice immaturo e intercorrono meno di 30 minuti dal trauma. La procedura prevede il risciacquo abbondante con soluzione fisiologica, detersione del campo operatorio, splintaggio, terapia farmacologica locale e sistemica seguiti da controlli obiettivi e radiologici a distanza. Il reimpianto non vitale si effettua se il dente ha l'apice formato ed è trascorsa più di un'ora dal trauma. La metodologia terapeutica non discosta di molto da quella del reimpianto vitale, ma si associa alla terapia del canale radicolare. Oltre al reimpianto immediato sia esso vitale o non vitale, trattandosi di piccoli pazienti, si ritiene opportuno effettuare anche il reimpianto tardivo, cioè a maggiore distanza dall’evento traumatico. Il reimpianto tardivo, indipendentemente dalla prognosi, permette comunque di dilazionare un trattamento definitivo che può non essere indicato nel paziente in crescita (manufatto protesico, impianto). Attualmente si cerca di recuperare ad oltranza anche gli elementi dentari conservati “a secco” o per periodi mag-

Nelle 2 foto a sinistra, la conseguenza di un trauma e la relativa ricostruzione diretta con resine adesive e composite. Sopra e sotto, ricostruzione indiretta di un premolare fratturato in seguito a contatto durante attività sportiva

giori a 2 ore (anche giorni) dalla lesione traumatica. Il controllo dell’infezione e la limitazione dei batteri sono elementi essenziali per cercare di evitare o rallentare il più possibile il riassorbimento radicolare. Nel caso in cui l'avulsione sia avvenuta da tempo, si deve immergere il dente per 24 ore in una soluzione di sodio fluoruro e acido acetico, poi procedere alle consuete manovre di chirurgia muco-gengivale e di preparazione dell'alveolo, quindi inserire l'elemento avulso e immobilizzarlo con uno splintaggio semi-rigido per il tempo necessario. Il controllo dei denti traumatizzati deve essere eseguito mediante visite a una settimana dal trauma, una visita al mese per i primi sei mesi, dopo un anno e, in seguito, una volta all'anno. Durante queste visite devono essere valutate: 1) l’eventuale presenza di translucenze periapicali all’esame radiografico; 2) l’eventuale risposta negativa ai test di vitalità pulpare; 3) l’eventuale discromia coronale; 4) l’eventuale anchilosi o riassorbimento radicolare, possibile complicanze di un trauma dentale; 5) il suono alla percussione dell’elemento, l’eventuale dolorabilità o mobilità; 6) l’eventuale presenza di fistole vestibolari. Mentre nel caso di trauma dei denti permanenti il trattamento deve essere il più conservativo possibile, in caso di trauma ai denti decidui (da latte), la terapia può essere meno conservativa e comunque sempre effettuata con l’obiettivo della massima salvaguardia del germe del dente permanente sottostante e nella considerazione del grado di riassorbimento radicolare del deciduo. Dott. Maurizio Alfredo Ferrara Ruiz Via Magni 4, 40132 Bologna - Tel: 051.405566 Fax: 051.405566 - E-mail: maurizio.ruiz1@virgilio.it

Dossier Medicina 113


Lacuradelsorriso

Con

gli impianti

dentali ritorna il

SORRISO

CARIE, PARODONTOPATIE E ALTRE MALATTIE METTONO A SERIO RISCHIO LA SALUTE DELLA NOSTRA BOCCA. COSA FARE UNA VOLTA PERSO INEVITABILMENTE UN DENTE? CON LA MODERNA IMPLANTOLOGIA IL PROBLEMA PUÒ ESSERE RISOLTO DEFINITIVAMENTE di Luigi Berardi

S

econdo una recente indagine l'Italia è al top della classifica degli impianti dentali. Il motivo principale è che gli impianti riescono a dare la sensazione di avere ancora i propri denti e sono in grado di mantenere alte le creste ossee dopo le estrazioni dei denti. Le metodiche implantologiche sono tante e diverse, ognuna adatta alle esigenze di ciascun paziente. Le tecniche implantologiche attuali sono in grado di risolvere la maggioranza dei casi, sia quel-

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li con osso alto e largo che quelli con osso sottile, basso o vuoto. Dalle più diffuse alle più particolari. Per meglio approfondire le tematiche inerenti all'implantologia ci siamo rivolti al professor Antonio Di Giulio, specialista in Odontoiatria e Anestesia e Direttore Sanitario della Clinica del San Babila Day Hospital di Milano e Roma. Qual è l'alternativa al classico ponte? «Il ponte comporta la riduzione di due denti sani per rimetterne uno o due. Alla riduzione spesso segue la devitalizzazione. La riduzione dei denti è una perdita biologica che può essere evitata. Si possono inserire una o due viti in titanio, i denti adiacenti non vengono coinvolti, e risulta così più semplice ripristinare l'occlusione per un solo dente. L'occlusione, cioé il perfetto combaciare dei denti di un'arcata con quelli antagonisti, deve essere perfetta, poiché anche piccoli errori causano sofferenze e mobilità dei denti». Dottor Di Giulio perché generalmente si preferisce utilizzare viti endossee in titanio? «Per la sostituzione immediata della radice con la vite. L'alveolo del dente fa da guida nell'inserimento dell'impianto. In molti casi è la semplice sostituzione della radice del dente con la vite, per cui l'osso non viene fresato. La nuova radice di titanio nell'alveolo contrasta la riduzione di volume dell'osso dopo l'estrazione, conservando così l'estetica del dente e del volto. Si utilizza la stessa anestesia e antibioticoterapia per l'estrazione e l'impianto. L'impatto psicologico della perdita del dente è superato dalla cer-


ANTONIO DI GIULIO È Direttore Sanitario del San Babila Day Hospital di Milano e di Roma ed è a capo del team di ricerca implantologica. Medico chirurgo, specialista in Odontoiatria e Protesi Dentaria, specialista in Anestesia, è stato allievo del prof. Leonard Linkow, inventore dell'impianto endosseo a lamina, con il quale ha tenuto corsi di insegnamento negli anni 70. È stato consulente per l'Italia della Implants International di New York, assistente del Reparto di Chirurgia Maxillo-Facciale, primario R. Molinari, presso l'Istituto dei Tumori di Milano, professore a contratto di Chirurgia Maxillo-Facciale e di Odontotecnica alla Scuola di Specializzazione di Odontostomatologia dell'Università Cattolica di Roma. Nel 1970 ha ricevuto l'Ambrogino d'Oro per la sua ricerca in implatologia. Membro dell'ADI (Association of Dental Implantology di Londra, 1999), è anche perito di II Odontoiatra-Implantologo del Tribunale di Milano.

tezza di averlo già sostituito e di sentirlo come pro- inducente completa l'ossifiprio. In alcuni casi la vite inserita può essere utiliz- cazione e lo blocca definitizata immediatamente con un nuovo dente. In altri vamente. Ossificazione vericasi dopo l'inserimento della vite si deve attendere ficabile con una TAC». 2-3 mesi per essere certi della sua osteointegrazione Dottor Di Giulio quali con(osso che blocca definitivamente la vite) e poi si in- sigli può dare ai nostri lettori per mantenere una bocca serisce il dente finale». sana e un bel sorriso? Quali altri tipi di viti vengono utilizzate? «Vengono spesso utilizzate le viti per il rialzo del seno «Innanzitutto occorre avere un'igiene orale accuramascellare. Si solleva la membrana del seno mascellare ta e lavare i denti dopo qualsiasi pasto. Inoltre, soprattutto nei giovani, evitare introducendo questa sostanza biolol'assunzione di cibi cariogeni. Si gica, molto utilizzata in ortopedia, consiglia poi una visita odonche induce ossificazione in dieci, LA RADICE toiatrica di controllo, accommassimo dodici settimane, costiDI TITANIO pagnata da una radiografia, altuendo così una disponibilità ossea meno una volta all'anno. È imsufficiente per l'impianto». CONTRASTA portante comunque curare imQual è l'impianto più semplice da LA RIDUZIONE mediatamente i denti e non effettuare? DI VOLUME aspettare che arrivi il dolore pri«Si può procedere con delle viti per ma di rivolgersi all'odontoiatra. l'impianto transmucosa. Vengono DELL'OSSO DOPO Se il dente comincia a vacillare, inserite senza il taglio e l'apertura delL'ESTRAZIONE invece, bisogna rivolgersi imla fibromucosa gengivale. Queste mediatamente a un odontoiatra viti sono particolarmente adatte per paradontologo che potrebbe riabilitare la protesi mobile di una ancora salvarlo con una cura appropriata da eseguipersona anziana». In quali casi è più indicato invece l'utilizzo di un re attorno alla radice o rivolgersi all'implantologo che sostituisce nella stessa seduta il dente con un impianto, impianto iuxta-endosseo-osteointegrato? «Dove l'osso è basso, sottile, vuoto per seni mascellari sempre che la parodontopatia (piorrea) non abbia ampi e non rialzabili, per cui viene programmato già distrutto completamente l'osso». e realizzato sul modello stereolitografico della cre- Cosa si può fare in particolar modo per intervesta ossea. Disegnato e realizzato l'impianto in fu- nire contro la piorrea? sione di titanio, viene applicato in poco tempo in- «È bene che la piorrea venga adeguatamente curatorno all'osso. Questo impianto ha ricevuto un no- ta, perché da un dente solo si può estendere agli altevole avanzamento per la riabilitazione dei casi dif- tri denti. Studi recenti hanno stabilito che le paraficili dalla programmazione su modello stereolito- dontiti possono coinvolgere il cuore e il cervello, tangrafico della cresta ossea, dalla fusione in titanio, to è vero che è buona regola prima di intervenire su e dalla sostanza osteo-inducente con cui l'impian- questi denti infetti eseguire una terapia antibiotica to viene ricoperto. Questa sostanza, inducendo for- almeno due ore prima». mazione di nuovo osso sul titanio, lo rende anche endosseo osteointegrato. L'impianto è utilizzato ap- San Babila Day Hospital Via Stoppani, 36 – 20129 pena applicato, poiché ha stabilizzazione primaria Milano; Tel: 02.2046941; Via Oglio, 9 – 00198 Roma e quindi ancoraggio immediato sulla cresta ossea per Tel: 02.8546472; Numero verde: 800.168.990; la sua precisione. Dopo 3-4 mesi la sostanza osteo- www.sanbabiladayhospital.it

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Lacuradelsorriso

Soluzioni

per una bocca

PERFETTA

NON SI DEVE ATTENDERE MESI PER AVERE DENTI NUOVI. CON LA TECNICA DELL’IMPLANTOLOGIA A CARICO IMMEDIATO È POSSIBILE GARANTIRE DENTI FISSI IN UNA GIORNATA. LE PROTESI, IN TERMINI DI ESTETICA, POSSONO UGUAGLIARE I DENTI NATURALI di Valeria Tancredi

C Nella foto, la dottoressa Roberta Di Donfrancesco, specialista in Odontoiatria

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onservare una dentatura bella e sana è un aspetto che sta acquisendo un´importanza sempre maggiore nella nostra società. I denti e le gengive sono elementi tra i più attraenti del viso e il loro “ritocco” estetico o la loro sostituzione non possono essere affidati al caso. I denti sono infatti il supporto delle labbra, il tratto più sensuale del viso: la loro mancanza determina nelle persone un aspetto invecchiato e causa difficoltà nel masticare, parlare e sorridere. Anche i problemi psicologici causati dagli inestetismi dei denti sono fattori che bloccano la spontaneità di un sorriso, inibiscono e provocano timidezza, il che ostacola i rapporti con gli altri e il lavoro. Di questo e di altro parliamo con la dottoressa Roberta Di Donfrancesco, Odontoiatra che opera in uno studio in pieno centro storico a Bologna. Di Donfrancesco si aggiorna di continuo sulle ultime

novità nel campo dell’odontoiatria per proporre ai suoi clienti sempre il meglio degli ultimi ritrovati tecnici e scientifici. «Fino a non molto tempo fa la perdita di denti comportava per il paziente non di rado l'inconveniente di dovere portare una protesi rimovibile parziale o totale. Queste protesi mobili, oltre a rappresentare un handicap psicologico per i loro portatori più giovani, risultavano spesso svantaggiose dal punto di vista funzionale ed estetico - esordisce la dentista - da alcuni anni invece sta prendendo piede l'implantologia a carico immediato, una tecnica iniziata negli anni '60, e poi progressivamente abbandonata a favore della più "moderna" tecnica osteointegrata. Si tratta di 2 tecniche diverse, che puntano però allo stesso risultato: dare stabilità alle protesi mobili, o sostituire denti mancanti senza utilizzare i denti contigui come pilastri per il ponte». I vantaggi istantanei di queste tecniche sono notevoli. «Gli impianti sono diventati fondamentali perché al giorno d’oggi nessuno vuol farsi limare i denti vicini per mettere dei ponti fissi in porcellana o ceramica ma si preferisce, quando mancano dei denti, sostituirli con un impianto, così i denti vicini restano integri. È un metodo più conservativo. Peggio è per chi non ha neanche più un dente, in questo caso è sorta la possibilità, non solo di mettere gli impianti in tutta l’arcata ma, se questi vengono avvitati ad una certa forza durante l’inserimento, è possibile anche inserire subito i denti». La differenza rispetto alle tecniche più vetuste è strabiliante: «Significa che non bisogna attendere più mesi interi per avere denti de-


Sopra e sotto, due foto che illustrano lo sbiancamento dei denti. È un intervento di riabilitazione estetica, effettuata grazie all’utilizzo di faccette di porcellana che conferiscono ai denti la stessa translucentezza di quelli naturali

tista a prezzi più contenuti rispetto alla città. Tra le tecniche professionali più richieste ai dentisti c’è lo sbiancamento. «Il colore dei denti è personale, un po' come il colore della pelle, ognuno ha il suo – chiarisce Di Donfrancesco - e non è mai un bianco puro come il bianco della porcellana. Il “bianco naturale” dei denti incorpora lievi sfumature sui toni del rosa, del giallo e del grigio, più o meno accentuate. Il risultato finale dunque dipende dal colore naturale di partenza. Per quest’operazione utilizzo una

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finitivi– spiega Di Donfrancesco - dovendo usare nel frattempo una protesi mobile, una dentiera per intenderci, ma si inseriscono nella stessa giornata». Con la tecnica dell'implantologia a carico immediato è dunque possibile garantire ai pazienti, denti fissi nell'arco di una sola giornata. I costi, inoltre, sono più o meno gli stessi, se non inferiori, di quando si usava la tecnica precedente. I vantaggi però non finiscono qui. Le protesi fisse inserite grazie a questi nuovi impianti dentali possono uguagliare i denti naturali in termini di estetica, funzione e durevolezza. Secondo studi più recenti, gli impianti messi da un implantologo esperto possono raggiungere altissime quote di successo a lungo termine che sfiorano il 95% dopo 10 anni, risultati perfino superiori a quelli conseguibili tramite ponti convenzionali e protesi mobili. «Inserisco gli impianti da 12 anni mentre il carico immediato l’ho fatto per la prima volta nel 2001. Molti pazienti arrivano in studio già informati, sapendo quello che vogliono. È un metodo effettivamente eccezionale anche se bisogna prima verificare che l’osso sia adatto a sostenere l’impianto. Ma questo avviene nella maggioranza dei casi» spiega la professionista. Giuste caratteristiche dell’osso quindi, ma non meno importante è, come abbiamo detto, la perizia e la manualità dell’implantologo. «Il nostro settore è diventato una giungla – osserva la dottoressa - c’è la tendenza sempre più diffusa ad abbassare i prezzi in maniera spropositata e dunque vien da chiedermi come si riesca poi a garantire un lavoro di qualità eseguito con materiali di prima scelta». La dottoressa Di Donfrancesco invece la sua scelta l’ha fatta. «Utilizzo soltanto materiali di prima qualità, ad esempio per gli impianti mi rivolgo ad una ditta svedese leader del mercato da oltre 40 anni. Però capisco anche che viviamo un momento di crisi generalizzata, dunque adeguo i miei costi a quelli praticati sul territorio dalle cliniche aperte da multinazionali». Non è più necessario quindi prendere la macchina per andare in provincia a farsi curare da un den-

Sopra, le foto in sequenza illustrano un’operazione (effettuata sull’arcata superiore) di riabilitazione su impianto con carico immediato. Il vantaggio di questo intervento è quello di riuscire a ottenere nell’arco di una sola giornata denti fissi su impianto. Questo tipo di risultato permette così di evitare la fase in cui il paziente è costretto a portare protesi mobili totali

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Sopra, le foto in sequenza illustrano un’operazione (effettuata sull’arcata sinferiore) di riabilitazione su impianto con carico immediato. (1-2 ) Denti naturali residui parodontalmente compromessi; (3) inserimento impianti post estrazione denti naturali; (4) presa dell’impronta; (5) carico dentario immediato

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macchina tecnicamente avanzata la Zoom della Discus Dental». Il sistema di sbiancamento Zoom richiede circa un’ora di seduta ed è una procedura abbastanza semplice: «Applico sui denti un agente sbiancante mentre la luce speciale della macchina rafforza l’azione del prodotto. Bastano tre cicli di un quarto d’ora ciascuno, in un’unica seduta, per ottenere il massimo risultato». Altra novità assoluta in campo estetico sono le nuove corone, le famose vecchie capsule che ricoprivano i denti rotti, che ora vengono realizzate in Ossido Zirconio in Allumina o in porcellana, materiali che uniscono la resistenza alle migliori proprietà estetiche. Il primo più evidente beneficio è che non si scorge più il bordo scuro vicino alle gengive come avveniva una volta, ma il risultato è perfettamente naturale. «Anche in questo caso uso materiali di ottima qualità come le corone costruite dalla Nobel Biocare, un’azienda leader mondiale, che ha brevettato il software “Procera”che permette ai professionisti di progettare impianti con un'estetica e una resistenza ottimali». Ed i progressi tecnici hanno dei risvolti positivi anche sul portafogli perché consentono di praticare dei costi accessibili a tutti. E a chi non si accontenta di aver ottenuto una bella dentatura nuova, ma desidera un lavoro davvero completo, la dott.ssa Di Donfrancesco offre anche i trattamenti che riempiono le rughe naso – bocca e rendono le labbra più turgide. Un bel sorriso, in effetti, è dato anche da una bella bocca: «Sì spesso mi viene chiesto di risolvere anche gli inestetismi del contorno labbra e delle rughe naso labiali quando finiamo il lavoro sui denti – conclude la dentista – quindi adopero dei filler naturali, come l’acido ialuronico, che non comportano effetti collaterali e hanno un effetto naturale che dura anche diverso tempo. L’acido ialuronico è una sostanza prodotta dal nostro corpo ed è eccezionale per riempire le rughe, i solchi, piccole aree depresse e per l'aumento del volume delle labbra e degli zigomi». Sfoggiare denti sani, bianchi è il desiderio di tutti ed avere un dentista di fiducia è fondamentale così come seguire una corretta igiene orale e quelle sane abitudini alimentari che garantiscono al nostro organismo di ricevere tutti gli elementi necessari al suo buon funzionamento. Non va dimenticato infatti che una buona salute del cavo orale vuol dire molto di più che avere denti sani: è una condizione che influenza fortemente lo stato di salute generale della persona e la sua qualità di vita. Il mantenimento della salute orale costituisce, quindi, una fondamentale misura di salvaguardia del benessere generale, in ogni sua tappa e in ogni condizione psico-fisica. Dottoressa Roberta Di Donfrancesco via Guerrazzi, 30, Bologna - tel. 051 - 239720



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è il sistema integrato per l’anti-age profonda, clinicamente e scientificamente testato, che svolge una potente azione anti-age contro i radicali liberi e i lipoperossidi corporei. Bio-Age non si limita ad una mera azione superficiale, ma estende il proprio effetto ai parametri strettamente correlati con i processi di invecchiamento e di aterosclerosi. Le evidenze cliniche mostrano come l’applicazione di Bio-Age riduca sensibilmente la quantità di specifici metaboliti dannosi per l’organismo. Il 34% dei Radicali liberi dell’Ossigeno, responsabili dell’invecchiamento, sono rimossi dal letto vascolare con una sola applicazione esterna. L’esclusiva resina cationica, unica al mondo, può essere abbinata ad uno specifico strumento che, aumentando il microcircolo, esalta ed accelera i processi anti-invecchiamento. I risultati sono visibili sulla pelle del viso già dopo la prima applicazione: aumento della lucentezza e dell’elasticità, detersione profonda, ringiovanimento cutaneo, desquamazione degli strati superiori della pelle, riduzione delle macchie dell’età (proprietà de-cheratinizzanti) e protezione dall’azione dannosa di agenti esterni (smog, fumo, vapori).

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Medicina Dossier

OBESITÀ INFANTILE . LA MALATTIA DI PARKINSON. RESTARE GIOVANI IL PIÙ A LUNGO POSSIBILE

I nostri esperti rispondono

Approfondimenti Professore Michele Carruba

Professore Alberto Priori

Dottoressa Paola Di Giovanni


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Piccoli obesi crescono I BAMBINI CRESCONO E AUMENTANO I CHILI CHE SI PORTANO APPRESSO: MANGIARE TANTO PER STAR BENE È ANCORA LA PRINCIPALE “BUONA INTENZIONE” CHE LASTRICA LA STRADA VERSO L’OBESITÀ INFANTILE. NUOVA EPIDEMIA ITALIANA E MONDIALE di Valeria Ghitti

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ggi, nel mondo, circa 900 sta. Come si spiegano queste differenze? milioni di persone muoiono di «L’obesità e il sovrappeso vanno di pari stenti, mentre un miliardo passo con la situazione economica e culper eccesso di alimentazione: turale: là dove ci sono basso reddito e basa soffrire di più, in entrambi i casi, sono i sa scolarizzazione, i chili crescono. Quebambini. Se, in Italia, il problema della sto spiega anche un apparente paradosso, fame è, praticamente, scongiurato da tem- la maggioranza di obesi in campagna ripo, quello del sovrappeso e dell’obesità in- spetto alla città. Il divario nord-sud si rifantile, invece, è presente in tutta la sua pete anche su scala europea: nel nostro drammatica realtà: il 34% dei bambini tra Paese circa il 27% dei bambini e il 25% i 6 e i 9 anni, il 25% di quelli tra i 19 e i delle bambini è obeso, mentre in Lituania, 13 anni e il 14 % degli adolescenti tra i 14 rispettivamente solo l’8% e il 3,5%. e i 17 anni sono in sovrappeso e il 4% di Come noi, o peggio, stanno altri Paesi del ogni fascia d’età è addirittura obeso. Se ne Mediterraneo, quali Spagna e Grecia. E anparla, ma il fenomeno continua a cresce- cora una volta è una questione culturale». Quindi, i chili di tropre: di questo passo, nel po non sono solo legati 2025, più del 12% dei alla predisposizione gebambini sarà obeso, con CONTRO netica? un incremento del 205%. L’OBESITÀ «Intendiamoci: un fiAbbiamo, quindi, cercaINFANTILE È glio di obesi è sicurato di capirne di più gramente predisposto a dizie al professor Michele SUFFICIENTE ventare tale, ma non si Carruba, farmacologo, MODIFICARE tratta di una condanna nutrizionista e direttore LO STILE DI VITA certa. Il ruolo principadel Centro di Ricerca e le viene giocato dallo studio sull'obesità delstile di vita: chiaramenl'Università di Milano. Secondo una ricerca dell’Istituto Supe- te i genitori già in sovrappeso non sono un riore di Sanità, nel nostro Paese, il 24% buon esempio e spesso impongono abidei bambini di 8-9 anni è in sovrappeso, tudini scorrette, che portano i piccoli ale il 12% è obeso, con differenze sostan- l’eccesso ponderale. Studi su gemelli omoziali tra il Nord e il Sud: in Campania è zigoti figli di obesi, lo hanno dimostrato: obeso il 21%, contro il 6% della Valle d’Ao- il gemello cresciuto in una famiglia con un

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corretto rapporto con il cibo, non ha sviluppato l’obesità, a differenza del fratello, vissuto con i genitori». È colpa della sovrabbondanza di cibo? «A determinare l’eccesso ponderale non è solo la quantità di alimenti assunti, ma anche la qualità. È meglio parlare di un eccesso di energia introdotta, rispetto a quanto se ne consuma. Ci possono, infatti, essere bambini che mangiano molto, ma consumano di più e altri che mangiano poco, ma consumano ancora meno e quindi ingrassano. Inoltre, assumere molti cibi sani, come frutta e verdura, non è certo paragonabile a un eccesso di grassi e zuccheri». Incide la mancanza di attività fisica... «Moltissimo: oggi i bambini non si muovono più. Mancano i cortili per giocare, passano almeno 6 ore sui banchi di scuola e mediamente altre 3 di fronte alla televisione. L’attività fisica è solo un ricordo e i chili che aumentano innescano un circolo vizioso: il bambino cicciottello si muove più lentamente, viene messo da parte nei giochi tra coetanei, consuma poca energia e finisce per ingrassare ulteriormente, senza dimenticare le ripercussioni psicologiche. E i piccoli obesi, lo saranno probabilmente anche da adulti». Come si riconosce un bambino in sovrappeso e uno obeso? «Purtroppo non è facile, per chi non è me-


PARLA IL PROFESSORE MICHELE CARRUBA dico. Non è come per gli adulti, per i quali è sufficiente misurare la circonferenza della vita. I bambini sono nella fase della crescita e dello sviluppo e per valutare la loro condizione serve un’accurata visita pediatrica, che valuti le curve di crescita. Le mamme, ancora oggi, tendono a vedere il bimbo robusto come il ritratto della salute, ma non è sempre così: non dimentichiamo che l’obesità è una vera malattia e che si traduce in un maggior rischio di sviluppare disturbi di altro tipo e di morire. Per questo voglio dire ai genitori: non valutate da soli le condizioni di vostro figlio. Se si muove poco ed è un po’ cicciottello, andate dal pediatra». Come si rimedia ai chili di troppo dell’infanzia? «Per l’obesità e il sovrappeso infantili non esistono cure farmacologiche né regimi dietetici: è sufficiente la modifica dello stile di vita. Alcuni studi hanno dimostrato che spesso basta diminuire le ore di televisione a vantaggio del movimento. Tra l’altro, mi permetta, in questo modo si tiene il bambino lontano anche dalle sirene della pubblicità: il 37% degli

A fare ingrassare i bambini non è solo la quantità di alimenti assunti, ma anche la qualità. Spinto dai messaggi pubblicitari il bambino preferisce mangiare cibi ricchi di grassi anziché verdure e frutta ricchi di vitamine e antiossidanti

spot trasmessi durante la fascia dedicata ai piccoli, riguardano alimenti, soprattutto snack. Si spingono i consumi di alcuni cibi, a discapito di altri (di solito quelli più sani), magari attraverso l’orribile abitudine di abbinare all’alimento gadget seriali: il bambino, che non ha ancora spirito critico, arriva a chiedere quel cibo anche se non lo apprezza, e le mamme lo concedono». Lei è anche Presidente della società che si occupa della refezione scolastica milanese. Un ruolo importante anche per la lotta all’obesità infantile? «Certamente: come detto i bambini passano la maggior parte del loro tempo a scuola e hanno diritto a un pasto scientificamente corretto. Qui a Milano stiamo lavorando molto in tal senso, anche in vista dell’Expo 2015, dedicata alla nutrizione. Inoltre, è proprio a scuola che deve cominciare l’educazione alimentare: dal secondo dopoguerra, tutto il comparto alimentare si è industrializzato ed è venuto a mancare il “travaso” di sapere alimentare intergenerazionale. Le

mamme non sono più capaci di insegnare ai figli a mangiare correttamente, quindi tocca alla scuola». Quali consigli si sente di dare ai genitori? «Innanzitutto, le mamme devono imparare a non usare il cibo come gratificazione o punizione: vecchi adagi come “ti mando a letto senza cena” o “ se fai il bravo ti do la caramella” sono responsabili di condizionamenti del rapporto con il cibo, che durano tutta la vita. Ribadisco, inoltre, l’importanza dell’attività fisica: lo so, è uno sforzo anche per i genitori, perché oggi è spesso necessario che iscrivano il figlio a attività sportive organizzate, mancando gli spazi per il movimento libero e autonomo, ma si deve fare».

MICHELE CARRUBA Laureato in Farmacia e in Medicina e Chirurgia, è specialista in Farmacologia. È stato membro del Consiglio Superiore di Sanità, del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Farmacologia, Presidente della Commissione Alimentazione, Stili di Vita e Salute del Ministero della Salute e membro del Gruppo di esperti per l’elaborazione delle Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana. Fondatore e Presidente Onorario della Società Italiana di Alimentazione e Sport e dell’Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione e Past-President della Società Italiana dell'Obesità, attualmente dirige il Centro di Studio e Ricerca sull'Obesità dell'Università di Milano e le ricerche sull’obesità dell’Istituto Auxologico Italiano. È professore ordinario di Farmacologia al Dipartimento di Farmacologia, Chemioterapia e Tossicologia Medica dell’Università degli Studi di Milano. Sull’obesità, ha pubblicato oltre 250 pubblicazioni, su riviste scientifiche internazionali.

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Conoscere il Parkinson

LA MALATTIA DI PARKINSON È UNA DELLE PATOLOGIE PIÙ NOTE ALL’OPINIONE PUBBLICA. EPPURE SONO ANCORA TANTI I DUBBI ATTORNO A QUESTA MALATTIA NEURODEGENERATIVA. CONOSCIAMOLA MEGLIO INSIEME AL PROFESSORE ALBERTO PRIORI DELL'UNIVERSITÀ DI MILANO di Roberto Bonin

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u descritta per la prima volta nel 1817 dal medico inglese James Parkinson nel trattato An Essay on the Shaking Palsy in cui riferì di alcuni casi di tremore e debolezza generalizzata con intelletto conservato. Per oltre un secolo fu indicata con il nome di “Paralisi agitante”, fino a quando fu adottato il nome definitivo di Malattia di Parkinson, proprio in omaggio al lavoro dello scienziato londinese. La Malattia di Parkinson è una patologia molto nota agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, soprattutto in merito alla battaglia portata avanti da personaggi famosi come l’ex Campione del mondo dei pesi massimi Muhammad Alì o l’attore americano Michael J. Fox, che ha raccontato la sua personale esperienza con la malattia nel libro “Lucky Man”. In Italia si stima che attualmente siano circa 150 mila i soggetti affetti da Parkinson e che altri 50 mila siano i pazienti con un parkinsonismo: si tratta, quindi, del disturbo neurodegenerativo più diffuso dopo la Malattia di Alzheimer. Il professor Alberto Priori, responsabile dell’Ambulatorio per i Disordini del Movimento e la Malattia di Parkinson dell’Università di Milano presso l’Ospedale Maggiore Policlinico, spiega quali sono le principali modalità di diagnosi e cura di questa patologia.

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Professore Priori, come si manifesta la Malattia di Parkinson? «La diagnosi clinica di sindrome parkinsoniana o parkinsonismo si basa sul riconoscimento durante la visita neurologica di tre segni clinici fondamentali, presenti in varia combinazione: tremore a carico degli arti, rallentamento nell’esecuzione di movimenti volontari (bradicinesia o acinesia) e rigidità muscolare. A questi sintomi fondamentali si possono associare difficoltà nella deambulazione e compromissione dei meccanismi di controllo posturale». Che differenza c'è tra malattia di Parkinson e Sindrome parkinsoniana? «Il termine Sindrome parkinsoniana è un termine generico che fa riferimento a un corredo sintomatologico (tremore, bradicinesia e rigidità) che può essere ricondotto a cause diverse (malattie degenerative del sistema nervoso centrale, sofferenza vascolare cerebrale, farmaci ecc.). La Malattia di Parkinson è una specifica malattia del sistema nervoso centrale caratterizzata clinicamente dai sintomi prima descritti e causata da una progressiva degenerazione dei neuroni dopaminergici presenti in una particolare zona del cervello (la sostanza nera)». Quale incidenza ha questo disturbo tra la popolazione italiana, europea e mondiale?

«Dopo la Malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson è la malattia neurologica degenerativa più diffusa. La sua prevalenza (numero di persone affette in un determinato periodo per 100.000 abitanti) è piuttosto variabile in funzione dell’area geografica che si prende in considerazione e cresce in modo lineare con l’aumentare dell’età. In Italia la prevalenza nella popolazione totale è di un caso su 100.000, ma sale a circa 200 sopra i 50 anni e sfiora i 1.000 casi nella fascia di età compresa tra i 60 e i 70 anni». Quali sono i primi segni d'allarme della malattia? «L’esordio della sintomatologia è normalmente unilaterale e lentamente progressivo tanto che è sempre difficile scoprire l'esatta data di esordio della malattia. Il tremore è il sintomo che tipicamente richiama l’attenzione del paziente e costituisce la manifestazione iniziale in una percentuale variabile tra il 40 e il 70% dei soggetti». Possono essere individuate delle cause eziologiche del Parkinson? Quali sono? Esiste una predisposizione genetica o famigliare? «Nella maggior parte dei pazienti non è possibile individuare una causa specifica per la comparsa della malattia che si ritiene a genesi multifattoriale. Sicuramente il fattore genetico svolge un ruolo nella patogenesi tanto che il 10-15% dei pazienti ri-

ALBERTO PRIORI Il professor Alberto Priori è Responsabile dell'Ambulatorio per i Disordini del Movimento, dell'Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, Dipartimento di Scienze Neurologiche dell'Università di Milano. Si è laureato all’Università di Roma “La Sapienza” con lode e successivamente si è specializzato in Neurologia, sempre all’Università di Roma La Sapienza, con lode. Ha lavorato a Londra presso il National Hospital for Neurology and Neurosurgery e ha all'attivo oltre 150 pubblicazioni scientifiche.


PARLA IL PROFESSORE ALBERTO PRIORI A destra, Michael J. Fox. L’attore americano da molti anni affetto da Parkinson, lotta con tutte le sue forze per combattere questo male. Con la sua notorietà, cerca di spronare la raccolta di fondi da donare alla ricerca medica

ferisce infatti la presenza di una familiarità positiva. È tuttavia importante sottolineare che la ricorrenza familiare di una malattia non è sinonimo di ereditarietà. Quello che viene ereditato è solo una predisposizione a sviluppare la malattia e infatti è necessaria anche in questi casi la contemporanea presenza di altri fattori ambientali per far sviluppare i sintomi. Di conseguenza, la maggior parte dei famigliari non mostrerà mai la malattia, pur avendo magari ereditato alcuni fattori genetici predisponenti. Le varianti di malattia di Parkinson su base strettamente ereditaria (causate dalla mutazione di un singolo gene) sono estremamente rare e, nella maggior parte dei casi, si caratterizzano per la comparsa di sintomi in età giovanile (inferiore ai 40 anni)». Quali sono le categorie di persone più a rischio? E perché? «Nel corso degli ultimi venti anni sono stati condotti numerosi studi epidemiologici al fine di individuare possibili fattori di rischio ambientale per la malattia di Parkinson che hanno portato spesso a risultati contraddittori. L’esposizione professionale a pesticidi (es. lavoratori agricoli) costituisce, ad oggi, l’unico fattore di rischio ambientale per la malattia di Parkinson universalmente accettato. Curiosamente, gli stessi studi hanno permesso di evidenziare almeno due fattori protettivi rispetto allo sviluppo della malattia: il fumo e il consumo di caffè». Come si compone la terapia della Malattia di Parkinson? «La terapia della malattia di Parkinson si articola in una prima fase di terapia farmacologica e, per alcuni pazienti è necessario un approccio chirurgico nelle fasi avanzate e se la terapia medica non è più sufficiente. È comunque sempre importante mantenere una buona efficienza fisica con esercizio fisico regolare, eventuale fisiokinesiterapia, mantenere la mente attiva e curare l’alimentazione. Tutte le attività ludiche e ricreative (danza, ballo, teatro, hobby, etc) sono importanti per mantenere at-

Sopra, un neurone come appare al microscopio elettronico a scansione. La malattia di Parkinson è un disturbo del sistema nervoso centrale causato dalla degenerazione di alcune cellule nervose (neuroni) situate in una zona profonda del nostro cervello denominata sostanza nera

tiva la mente e il corpo in modo piacevole e contribuiscono al benessere del malato. È infine importante curare non solo i disturbi motori ma anche quelli non motori (depressione, stitichezza, disturbi sessuali, depressione, alterazioni della pressione arteriosa, etc) che pesano molto sulla qualità della vita e che devono essere affrontati da medici esperti di più discipline». La parola Parkinson fa spesso paura, anche a causa della risonanza mediatica che ha riscosso in questi ultimi anni. Eppure è un disturbo con cui si riesce a convivere. Quali consigli può dare ai malati, e soprattutto ai parenti dei malati, per po-

ter vivere con la malattia? «Soprattutto nelle prima fase di malattia è importante sottolineare al malato e ai suoi famigliari che i farmaci attualmente disponibili offrono un controllo ottimale della maggior parte dei sintomi motori. Pertanto il malato deve evitare di modificare drasticamente le proprie abitudini e i propri interessi». Come ci si deve comportare nella convivenza con un malato di Parkinson? «È fondamentale per i famigliari del paziente avere piena coscienza delle problematiche motorie e psico-cognitive (es. depressione, problemi di attenzione, disturbi del sonno) associate alla malattia di Parkinson. La comprensione di tali difficoltà oltre a contenere lo stress di tutte le persone interessate di fronte a una sintomatologia sconosciuta costituisce il presupposto alla migliore gestione del malato nella sua vita quotidiana».

PER INFORMAZIONI

Ambulatorio per i Disordini del Movimento e la Malattia di Parkinson Università di Milano - Ospedale Maggiore Policlinico - Pad. Ponti. Via Francesco Sforza, 35 - 20122 Milano - Tel:02.5503806 Responsabile: Prof. Alberto Priori; Dr Filippo Cogiamanian; Dr Roberto Dilena

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Si può restare giovani

VISO E PELLE SONO IL BIGLIETTO DA VISITA PIÙ IMPORTANTE NEL RAPPORTO CON GLI ALTRI. VEDIAMO COME DIFENDERSI DALLE AGGRESSIONI DELL'INVECCHIAMENTO E DEI FATTORI ESTERNI GRAZIE AI CONSIGLI DELLA DOTTORESSA DI GIOVANNI di Roberto Sanna

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i giorni nostri è veramente difficile avere una faccia “normale”; una faccia che riconosci come la tua quando ti guardi allo specchio. Sempre più spesso, infatti, l'invecchiamento toglie la freschezza dal volto e avere a disposizione degli strumenti personalizzabili che possano aiutare a contrastare, e a volte a cancellare in modo definitivo, i segni del tempo che passa è sicuramente una risorsa irrinunciabile. «È molto gratificante scoprire la vera faccia della persona che hai di fronte», conferma infatti la dottoressa Paola Di Giovanni, medico chirurgo specializzato in Medicina e Chirurgia estetica. «Mantenere nel tempo un volto giovane con la propria espressione, con lineamenti distesi e senza grossi zigomi, una bocca normale senza rughe e senza aumenti di volume e una pelle tonica, liscia, luminosa e compatta, è fondamentale per il proprio benessere psico-fisico e la propria identità». Quali sono i segni più frequenti dati dall'invecchiamento? «Il disturbo più frequente è dato dal ce126 Dossier Medicina

dimento e dallo svuotamento dei tessuti, diminuisce il metabolismo a livello cellulare e aumenta il trofismo: gli zigomi scendono, i tessuti si avvizziscono, si formano pieghe e rughe, i contorni del viso si alterano, i pannicoli adiposi si riassorbono, la pelle perde il turgore e si opacizza e i pori si dilatano». E quali sono le parti più esposte? «Le parti più a rischio sono sicuramente quelle più esposte al fotoinvecchiamento causato dai raggi solari e le zone più esposte alle forze di gravità. Più in particolare, le zone su cui si deve intervenire più frequentemente sono il viso, il collo, l'addome, l'interno braccia e l'interno cosce». Cosa si può fare per contrastare l'invecchiamento della pelle? «La pelle va curata a tutti i livelli, dal sostegno profondo fino agli strati più superficiali. Occorre ripristinare infatti i tessuti e rivitalizzare la pelle per ridare luminosità e turgore ai tessuti sia a livello del derma sia alle rughe in superficie. Io utilizzo solo sostanze riassorbibili e non amo usare sostanze permanenti, perché danno

un miglior risultato costante nel tempo e non creano alcuna sorta di problemi. I materiali e le principali tecniche di elezione sono rappresentate dai filler, dall'acido ialuronico e dalla rivitalizzazione piastrinica. È di estrema importanza che vengano utilizzati materiali di qualità sia per evitare problemi sia per ottenere migliori e più duraturi risultati». Perché si utilizza l'acido ialuronico? «L'acido ialuronico è una sostanza fisiologicamente presente nei tessuti connettivi. È un componente essenziale della struttura della pelle che permette l'idratazione dei tessuti. Mano a mano che si invecchia, la qualità di questa sostanza si degrada e la sua quantità diminuisce causando un'alterazione del derma. Esistono diversi tipi di acido ialuronico mischiati a vitamine e aminoacidi adatti per l'epidermide, per il derma e per il derma profondo. L'acido viene utilizzato in differenti concentrazioni per mezzo di siringhe preriempite: le piccole iniezioni avranno lo scopo di riposizionare i tessuti e ripristinare tutti i contorni del viso». E per quanto riguarda la rivitalizzazione piastrinica e i filler? «Per utilizzare la tecnica della rivitalizzazione piastrinica ACR (Autologus Cellular Regeneration) si procede con un prelievo di sangue del paziente e con la centrifuga, al fine di separare il siero dai globuli rossi. Successivamente si preleva il siero residuo, si immette un attivatore come cloruro di calcio e lo si inietta tramite un ago sottile. I filler sono dei veri e propri fili riassorbibili dotati di piccole spine in grado di riposizionare i tessuti, composti da caprolattone o polidiossanone. La tecnica prevede il disegno delle zone da sottoporre al trattamento e un'anestesia locale nella sede di entrata e di uscita e l'utilizzo di un ago sottile». Sono tecniche molto dolorose e con par-


PARLA LA DOTTORESSA PAOLA DI GIOVANNI

La tecnica di iniezione prevede una preparazione molto accurata dei materiali che può essere effettuata solo da personale esperto e qualificato. I risultati sono immediati e davvero sorprendenti

La seconda vita della pelle È importante curare la pelle a tutti i livelli: dal sostegno profondo fino agli strati più superficiali. Oggi si possono ripristinare i tessuti e rivitalizzare la pelle. Ecco come fare.

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Iniezioni di acido ialuronico L’acido ialuronico è un componente fondamentale del derma. Grazie alle sue proprietà conferisce alla pelle le classiche caratteristiche di elasticità e morbidezza. La sua concentrazione all’interno del tessuto connettivo cutaneo tende tuttavia a

diminuire con l’avanzare dell’età. L’iniezione di acido ialuronico consente di riattivare le pelli mature stimolando la funzionalità cellulare.

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Rivitalizzazione piastrinica ACR Si procede con un prelievo di sangue del paziente e con la centrifuga, al fine di separare il siero dai globuli rossi. Successivamente si preleva il siero residuo, si immette un attivatore come cloruro di calcio e lo si inietta tramite un ago sottile.

ticolari controindicazioni? «Le iniezioni di acido ialuronico sono poco dolorose e, all'occorrenza, possono essere accompagnate da un'anestesia locale a base di crema anestetizzante. Non sono presenti grosse controindicazioni, anche se è sempre importante segnalare al medico la presenza di patologie e precedenti trattamenti estetici, soprattutto a base di prodotti permanenti. L'invasività può presentarsi nel decorso post-trattamento. I filler possono venire ad esempio rigettati». E qual è il decorso post-trattamento? «Il decorso post-trattamento è di almeno una settimana e occorrono circa 15 giorni per poter apprezzare al meglio gli effetti finali. Addirittura, entro uno o due mesi, possono anche esserci degli ulteriori miglioramenti. Dopo l'iniezione di acido ialuronico possono apparire dei rossori, dei leggeri rigonfiamenti o dei piccoli ematomi: tutti effetti che hanno una durata molto limitata nel tempo e che possono essere facilmente mimetizzati. Nelle due settimane successive al trattamento è comunque sempre bene evitare l'esposizione prolungata a temperature inferiori ai 0°C, ai raggi solari e alle fonti di calore molto forti. Dal 9° al 12° mese è inoltre consigliabile rimaneggiare ancora i tessuti con dei piccoli ritocchi almeno un paio di volte all'anno». Avere un bel viso è sicuramente importante per il proprio benessere. Che consigli può dare ai nostri lettori in merito a una maggiore attenzione verso il proprio aspetto? «Mantenere inalterato nel tempo un bel viso è una forma di rispetto verso il proprio corpo, oggi più che mai. Nel mondo del superfluo avere una faccia gradevole è infatti un diritto e una fonte di benessere psico-fisico per se e per gli altri. Ogni viso è per noi medici estetici una vera e propria opera d'arte che curiamo con dedizione e privacy assoluta. Insieme ai pazienti si possono stabilire i metodi e i progressivi ritocchi e, quindi, un'adeguata personalizzazione del trattamento per ritrovare il proprio viso di qualche anno fa». Dott.ssa Paola Di Giovanni Galleria Ugo Bassi, 2 - 40123 Bologna / Tel. 051 267106 L'Arte del benessere Via Petrarca, 18 20145 Milano / Cell. 335 5880858

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A

Residence Vittoria

SANITÀ

CON 30 ANNI DI ESPERIENZA ALLE SPALLE, SI È SPECIALIZZATO NELLE PRINCIPALI ANALISI CHIMICO-FISICHE CHE RIGUARDANO IL SANGUE E ALTRI FLUIDI BIOLOGICI di Gianfranco Virardi

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iù di 30 anni al servizio della diagnostica clinica. Non molti laboratori in Italia possono vantare una così lunga esperienza in questo settore. Era il 1977, infatti, quando il laboratorio di analisi cliniche Residence Vittoria iniziava a operare nella sede storica di via Dante a Bologna per poi trasferirsi, nell'anno 2004, in quella definitiva di via Mazzini 150/2 angolo Laura Bassi-Mengoli, sempre nel capoluogo emiliano. Nel corso di questi anni, il laboratorio diretto dalla dottoressa Elisabetta Pagani ha così potuto specializzarsi in modo approfondito in tutte le principali analisi chimico-fisiche che riguardano il sangue e altri fluidi biologici, improntando il lavoro su un rapporto di tipo empatico e confidenziale con pazienti e medici che solo dei seri professionisti qualificati possono

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Dossier Medicina

garantire. Oltre che alle analisi di routine, il centro è in grado di risolvere anche le esigenze e le problematiche più particolari e specifiche, grazie anche alla preziosa collaborazione di importanti centri diagnostici di fama nazionale e internazionale, come il Fleming di Brescia o l'Istituto Pasteur di Parigi. In questo modo, il laboratorio è in grado di fornire risposte certe in tempi rapidi, evitando agli utenti continui disagi e inutili perdite di tempo causate soprattutto da estenuanti ricerche, difficoltosi spostamenti o interminabili attese al telefono, gestite spesso da segreterie telefoniche o messaggi registrati. L'accesso al centro per eseguire il prelievo del sangue o per la consegna di campioni da analizzare è libero, senza obbligo di prenotazione e senza dover sottostare a lunghe liste d'attesa, tutti i

giorni compreso il sabato dalle 8,00 alle 10,30. In caso di necessità vengono effettuati anche prelievi presso il domicilio del paziente, in tutte le zone del capoluogo emiliano. L'esito delle analisi, oltre che ritirato direttamente in laboratorio tutti i giorni dalle 11,00 alle 14,30, può venire recapitato direttamente al domicilio del paziente anche per posta, fax o e-mail, in modo da venire incontro a persone anziane, non deambulanti o con difficoltà motorie. Il laboratorio è convenzionato con tutti i principali fondi sanitari diffusi sul territorio nazionale come, ad esempio, CAMPA, EMEC, FASI e FASDAC. Residence Vittoria Via Mazzini, 150/2 bis, 40138 Bologna; Tel: 051.342478 – 051.6360665; Fax: 051.4294552; pagani.elisabetta@libero.it



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QUANDO SPORT VUOL DIRE SALUTE

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Direttore Sanitario: Dr. Vittorio de Feo Specialista in Medicina dello Sport www.mdspescara.it-info@mdspescara.it

Via Tiburtina Valeria, 75 - Pescara Tel. e Fax 085.2121405 - Mob. 388.750672


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