BIMESTRALE - N. 269 LUGLIO-AGOSTO 2016 - ANNO XXXI - € 6,00 - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, LO/BS
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ALONZO KING
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DENIS RODKIN
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RUDOLF NUREYEV
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© RJ MUNA
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Danza&Danza
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CAROLYN CARLSON “Essere sempre nel qui e ora. Una condensazione della percezione che offre accesso diretto all’illuminazione della coscienza”. Pensiero di Carolyn Carlson che troviamo rispecchiato nella sua arte coreografica così come negli incisivi haiku e nei disegni da lei firmati. Vi proponiamo una sua breve poesia tratta dalla raccolta “Brins d’herbe” sul ‘potere dell’artista’.
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Carolyn Carlson in uno scatto di Philippe Cometti.
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INCONTRI
G RA N DA N G O LO _ B RAS I L E
DENIS RODKIN
DANÇAS! Alla vigilia dei Giochi Olimpici una panoramica sulle più importanti realtà del Paese.
foto Nino Andres
foto Charles Thompson
Primo ballerino del Bol’šoj, non vi è dubbio che sia l’artista al momento più in vista della compagnia. A lui l’onore di aprire la tournée londinese.
DOSSIER
C U LT U R A
OSSESSIONE NIJINSKIJ Molti gli autori che dalla sua morte si sono occupati di riscriverne la parabola artistica e la vita. Da Béjart a Neumeier, passando per Pastor ed ora Marco Goecke, che abbiamo incontrato.
Al di là della leggenda, Nureyev ha indelebilmente rivoluzionato il balletto: con la sua personalità, il suo lascito, i suoi eccessi. Ce lo conferma anche Laurent Hilaire incaricato dal Trust di rimontare le sue versioni dei classici.
foto Archivio Cecil Beaton
foto Regina Brocke
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cover story
ALONZO KING
foto Andrea Macchia
visti da vicino
ITAMAR SERUSSI/ CHRIS HARING
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incontri
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ritratti
DENIS RODKIN KADER ATTOU
QUANDO È TROPPO È TROPPO
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DANÇAS! NON SOLO OLIMPIADI
CRITICO ITALIA
NOTES ITALIA SPECIALE FESTIVAL
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cultura
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dossier
Il video è diventato virale sui social media. Anche in Italia, almeno per gli appassionati di danza francofoni. On ne parle que de ça! (Non si parla d’altro!) è il pungente monologo che François Morel, attore, cronista e cantante francese, ha declamato il 10 giugno su France Inter nella rubrica Le billet alla vigilia dei Campionati Europei di calcio. Tra le risate, o i pianti, di tutti coloro che vorrebbero che sui canali televisivi e nei giornali francesi si parlasse un po’ meno di football. Lo spunto dello sketch la presenza del Wuppertal Tanztheater nell’anfiteatro di Nîmes con due pezzi culto del repertorio di Pina Bausch: Sacre du printemps e Café Müller. Morel, spudorato, di fronte a un pubblico di appassionati di calcio e al presidente del comitato organizzatore UEFA incalza:
OSSESSIONE NIJINSKIJ / MARCO GOECKE
41 PENSIERO CRITICO ESTERO
RUDOLF NUREYEV / LAURENT HILAIRE
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calendari luglio-settembre
“Tutta la settimana non si è parlato d’altro. A mio parere va anche bene, ma… tutti i giorni no! Senza dubbio si tratta di grandi professionisti, di artisti, ma si arriva all’ossessione. Mi riferisco allo spettacolo della compagnia di Pina Bausch che invade le Arene. Non ho niente contro la danza contemporanea, il balletto, la coreografia ma quando è troppo, è troppo. Se faccio zapping alla tv, incredibile a dirsi, l’amabile divertimento della danza, che è sì un’arte, è onnipresente. Ma ricordiamolo, non esiste solo lei nella vita. Su Tf 1 Télé danse, su France 2 France 2 danse, su France 3 Danse 3, e ancora su mille altri canali 20 heures danse, On refait le ballet, After dance, eccetera eccetera. E non parliamo della pubblicità: Montalvo-Hervieu, Bouvier-Obadia, Saporta sono sempre citati e mostrano i loro brani coreografici in mezzo a slip, acque minerali, mele… Al telegiornale delle 13 non si parla che di questioni di danza; di danza come oggetto di transazioni finanziarie poco chiare; di danzatori comprati e rivenduti a peso d’oro… E, diciamolo, anche la moda è pervertita dalla danza: si va a scuola in tutù, la Nike fa t-shirt con la scritta Ballet Preljocaj e Ballet de Marseille… Allora dico: ok, va tutto bene, ma di tutù, barres, arabesques, pointes, piqués tournés non se ne può più. Per non parlare del mio miglior amico. Tutti i fine settimana è catturato dalla ‘sua’ compagnia di danza, la accompagna ovunque con un pretesto. Quando lo invito a cena mi dice che non può perché una volta è a uno spettacolo di Gallotta, un’altra deve assolutamente vedere, e non può perdersela, una “retrospettiva Béjart”. Che peso! Se vado a trovarlo, lo trovo immerso, indisturbabile, nella lettura del suo giornale La troupe. E non si spiega per quale ragione suo figlio quattordicenne non si interessi d’altro che di calcio. In cuor suo si domanda anche se per caso il figlio non abbia tendenze omossessuali. Et voilà! Forse non sono capace di comprendere la bellezza, l’intensità del gesto, la pregnanza e la poesia di un movimento… E, senza dubbio, la compagnia di Pina Bausch ha avuto un gran successo. Ma quando è troppo, è troppo!”.
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DI TULLIO
Balletto di Roma in prova di “Giselle” atto II (foto Matteo Carratoni).
da n z a & da n z a Fondato nel 1986 da Mario Bedendo Direttore responsabile Maria Luisa Buzzi DNZmedia srl Via Gian Carlo Passeroni, 1 20135 Milano - Italia Tel. +39 02 58308433 redazione@danzaedanzaweb.com www.danzaedanzaweb.com In copertina Yujin Kim dell’Alonzo King Lines Ballet in “SAND” di King (foto RJ Muna)
Hanno collaborato a questo numero Rossella Battisti Valentina Bonelli Giuseppe Distefano Giannandrea Poesio Francesca Pedroni Silvia Poletti Ermanno Romanelli Sergio Trombetta Carmelo A. Zapparrata Progetto grafico Walter Almici Webdesign Monica Zanatta
Calendari/Abbonamenti/ PR/Pubblicità Sara Prandoni ads@danzaedanzaweb.com tel. +39 328 7060717 International Advertising/ Special projects Kemmark SAS Vlada Martinovic tel. +39 348 2237717 dance@kemmark.com App Danzadove app@danzadove.com Tipografia Color Art - Via Industriale, 24, 26 Rodengo Saiano (BS)
Oltre al sorriso, l’intervento Morel fa riflettere. Perché se il mondo della cultura francese sfodera l’artiglieria in difesa della danza (per il paese un marchio culturale importante da sempre) cosa dovremmo dire noi in Italia? Ve lo immaginate uno sketch che cita Sosta Palmizi, Virgilio Sieni e Abbondanza-Bertoni su un canale nazionale durante una trasmissione di calcio? In quanti capirebbero la battuta? Apparentemente sulla stessa barca dei nostri cugini d’oltralpe tra calciatori onnipresenti nelle pubblicità, sulle pagine dei giornali (perché si sposano, perché vengono comperati, forse perché segnano un goal in qualche partita amichevole), nelle trasmissioni e nelle dirette televisive, siamo anni luce lontani dalla visibilità e dall’efficienza del loro ‘sistema danza’ sia in termini di investimenti pubblici e privati (il ministro della cultura Audrey Azoulay ha appena annunciato 2,6 milioni di euro in più per il settore danza) che di supporto mediatico (i quotidiani e le televisioni francesi parlano con regolarità di danza). Da parte nostra, ci fa piacere ad esempio che Davide Dato, neo Principal del Wiener Staatsballett, sia diventato testimonial di una nota marca di caffè in capsule, ma saremmo molto più gratificati se oltre alla sua bellezza nello spot, venisse messo in luce anche il suo grande talento artistico. La danza così inizierebbe ERRATA CORRIGE a essere vista dal grande pubblico sotto la giusta luce. Importante Ci scusiamo con i lettori per l’errore nell’editoriale dunque pensare nuove strategie, incentivare un’educazione del numero scorso. Nella mediatica alla bellezza dell’arte e al pensiero critico. Invochiamo un prima riga era saltata una sillaba. La frase corretta nuovo Umanesimo. Maria Luisa Buzzi
Distribuzione per l’Italia MEPE - S.p.a. - Via Ettore Bugatti, 15 20142 Milano Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n. 4377 del 28/09/1993 Tribunale di Milano n. 526 del 2/11/1985 Abbonamenti 10 numeri Italia € 45,00 10 numeri Estero € 90,00 Come abbonarsi Form su www.danzaedanzaweb.com/ subscription Pagamento con carta di credito/PayPal o bonifico bancario Copie arretrate € 9,00 cad.
Video https://franceinter.fr/emissions/le-billet-de-francois-morel
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di apertura è la seguente: “L’argomento è di quelli che scottano”.
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Nuove coreografie, nuova tournée. Torna in Italia il Re di San Francisco, a Ravenna Festival e Bolzano Danza le tappe estive.
‘Bigger than life’ è un’espressione che, nel gergo giornalistico angloamericano, indica un artista il cui profilo è ‘più grande della vita’. Ad esempio Michael Jackson, Marilyn Monroe o Martha Graham. Anche l’identità, il pensiero e la prassi coreutica di Alonzo King sono ‘più grandi della vita’. Il loro rilievo non è racchiuso in etichette e ha guadagnato al coreografo afroamericano di San Francisco una solida reputazione internazionale e riconoscimenti a pioggia. King è alfiere di una nuova declinazione del linguaggio classico accademico che non sovverte la tradizione, ma la arricchisce di un’energia nuova.
Alonzo King Lines Ballet, al centro Meredith Webster, in “Writing Ground” (foto RJ Muna).
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ALONZO KING
La danza di Alonzo King, astratta e sensuale, si nutre di lucide inventive geometriche come di fervida immediatezza nei sodalizi con musicisti provenienti da diverse culture.
Nasce nel 1952, in Georgia, in una famiglia la cui identità è legata alla lotta degli afroamericani per l’uguaglianza sociale. La madre, il padre e gli zii, avvocati, si sono esposti in prima persona per i diritti civili negli USA. Tanta responsabilità, politica e morale, è stata determinante nel plasmare il carattere di Alonzo, il quale, dopo aver iniziato lo studio della danza a Santa Barbara, in California, ha continuato la propria formazione a New York, presso la Scuola dell’Harkness Ballet, l’Alvin Ailey School, l’American Ballet Theatre School, la School of American Ballet. Le sue prime esperienze professionali sono state con Alvin Ailey American Dance Theatre, Dance Theatre of Harlem, Bella Lewitzky, Donald McKayle, e diverse compagnie europee. King lascia New York nel 1981 per San Francisco, dove nel 1982 fonda l’Alonzo King Lines Ballet. Oltre alla danza, King ha approfondito studi di filosofie e religioni orientali, i mistici occidentali, psicologia junghiana. Tali elementi di metafisica e spiritualità, evidenti nella sua coreografia, lo hanno portato ad affermare: “Il desiderio di conoscenza e la danza condividono le stesse origini. La danza classica non è uno stile, ma una scienza, che affonda le radici in principi universali, gli stessi che hanno forgiato la scienza e il folklore. Nessuno dei due è un’invenzione, sono percorsi di scoperta e di verità”. Cinquanta dei suoi titoli sono nel repertorio del Balletto Reale Svedese, Béjart Ballet Lausanne, Les Ballets de Monte-Carlo, Joffrey Ballet, Alvin Ailey Dance Theatre, Hong Kong Ballet, Hubbard Street Dance Chicago. Ha lavorato come coreografo nel teatro d’opera, in televisione e al cinema. Rinomato per la sua abilità di insegnante, King è stato maître de ballet in compagnie di danza di tutto il mondo. Tra i numerosi premi e riconoscimenti ricevuti, è stato nominato “San Francisco Treasure” dal San Francisco Museum & Historical Society, a testimonianza dei contributi da lui offerti alla città negli ultimi 30 anni.
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Una ballerina dell’Alonzo King Lines Ballet in “SAND”, spettacolo che sarà in prima nazionale al Comunale di Vicenza a dicembre (foto RJ Muna). A destra, Alonzo King in un ritratto di RJ Muna.
Vedi le armonie e disarmonie del movimento incollate alle purezze melodiche del musicista indiano Zakir Hussain per Scheherazade e delle sue tablas per Rasa. O la drammatica eleganza dell’espressione barocca di Dust and Light: nei Concerti grossi, di Arcangelo Corelli, il balletto trova la complicità ideale per passi che si frangono sulle note, l’assecondano, o vi si adagiano, come in una culla. The Moroccan Project, ispirato da musiche berbere delle montagne del Medio Atlante, regala una suite di miraggi e seduzioni esotiche, mentre Shostakovich s’innerva di fiere tensioni, specchio del tumulto esistenziale del compositore sovietico. L’ispirazione derivata dalle partiture svela origini multirazziali e solidità di formazione nei ballerini dell’Alonzo King Lines Ballet. Artisti dalla fisicità ferina e fascino altero, saldati in una sorprendente unità stilistica, comunicano a pelle dinamismo, esuberanza, vitalità, un tripudio di fierezza orgogliosamente consapevole della speciale allure conferita loro dal Maestro. In una complessa sinfonia di figure e sfumature di colore, nell’epidermide, esplorano suoni e ritmi dei più eterogenei, e consegnano alla bellezza eterea della musica forme incarnate, a comporre un mosaico di corpi.
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Quattro titoli, tre nuovi per l’Italia, scandiscono la tournée dell’AKLB. Sulle percussioni tradizionali indiane del Grammy Award Zakir Hussain si snoda Rasa (2007), ovvero ‘conoscenza profonda di sé’, che trasporta i danzatori in un religioso divenire. Writing Ground (2010) si basa su un collage di musiche sacre di diverse religioni – dal giudaismo al cristianesimo, dall’islam al buddismo tibetano – e si ispira ai poemi composti per l’occasione da Colum McCann. Biophony (2015) punta sui suoni della natura registrati da Bernie Krause in vari angoli del mondo. Una complessa orchestra vivente su cui si distilla la tecnica classica divenuta purezza elementare per rammentare la parentela con il creato. SAND (2016) segna il ritorno al jazz di King dopo la collaborazione con il leggendario saxofonista Pharoah Sanders. Qui sono Charles Lloyd e Jason Moran a costruire una colonna sonora per i danzatori del Lines Ballet, granelli di sabbia che dettano lo scorrere del tempo (come in una clessidra) e che si fanno trasportare nello spazio dal ‘vento’ della musica.
Un momento di “Biophony” (foto Queen B. Wharton). A destra, Robb Beresford e Kara Wilkes dell’AKLB in “Writing Ground” (foto Mango Moritz). e di “Refraction”.
WRITING GROUND + RASA Ravenna Festival, 9 luglio Palazzo Mauro De André BIOPHONY + WRITING GROUND Bolzano Danza, 18 luglio Teatro Comunale Bolzano SAND + BIOPHONY Teatro Comunale di Vicenza, 17 dicembre
Dalla commistione di ricchezza e qualità nel movimento e fresca combinazione del fraseggio, scaturisce la sorpresa della danza di King: la pulizia del gesto, di derivazione classica, si abbina a improvvise esplosioni di virtuosismo; la torsione del busto, e la mobilità del bacino, ispirate alla tradizione afrocaraibica, sono spirali di avvolgente morbidezza; assai netto, e così raro altrove, è chiaro nei suoi passi a due il disegno di un corpo che prolunga l’altro. È un linguaggio completo, riconoscibile per coerenza, varietà e buon uso dei possibili ‘furti’ stilistici e degli incastri elaborati: diffuso in oltre 160 creazioni, riflette l’aperta intelligenza compositiva del coreografo, fa sgranare gli occhi, solleva l’anima. Nella danza di King, l’intreccio fra emozione e tradizione è parte di una medesima celebrazione dello spirito che trascende il tempo, il genere e la cultura, e trasforma ogni spettacolo del coreografo in qualcosa di simile a una preghiera universale. Eppure, nel Maestro è assente la fissità imbrogliona del vate. Anzi. Il faccione bonario, i modi, la presenza massiccia, stemperata dai volteggi delle dita per indicare un manège, o posizionare al meglio un piqué, dicono la saggia normalità di chi sperimenta e paga, di persona, la vita, la danza, nutrito com’è da una profonda fede laica, questa sì!, nella perfettibilità dell’Uomo, nella potenza visionaria della propria Arte. Princìpi che si svelano in questa conversazione, intercorsa da un capo all’altro dell’Atlantico.
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King, quali sono le sfide alle quali i coreografi devono oggi far fronte? Le posso rispondere per quanto riguarda me, e la mia compagnia. Uno dei maggiori ideali che coltiviamo nel Lines Ballet è rendere ovvio che l’arte è eredità di ciascun individuo, un bene che attiva la crescita evolutiva. È una virtù intellettuale, il principio guida per tutto ciò che è creato e conosciuto con le migliori intenzioni. In questo senso posso dirle che la danza classica è il pilastro e il fondamento tecnico dell’Alonzo King Lines Ballet, è parte integrante nel programma di formazione del corso di Laurea in Arti e Lettere (BFA) all’Università Domenicana di San Francisco, da me creato. L’integrazione fra equilibrio e armonia; il coltivare sia le capacità intuitive che il pensiero logico-pratico, lo sviluppo del talento artistico e del carattere: sono questi i nostri obiettivi. Da noi l’essere umano è visto come un microcosmo che condensa, in sé, il vasto macrocosmo, con tutti i suoi attributi e le potenzialità. Il corpo umano è inteso come un triumvirato, in una gerarchia di mente, corpo e anima, in cui la mente è al di sopra del corpo, e l’anima al di sopra della mente. La tecnica del balletto è vista non come uno stile, ma come una scienza del movimento sulla base delle leggi naturali che governano la meccanica, la forma e le direzioni di movimento di tutto ciò che esiste.
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È una formazione amplificata da tecniche performative, contemporanee e antiche, nell’ambito della consapevolezza dell’energia: yoga, Gyrokinesis, facoltà propriocettive (il ‘sesto senso’ che informa il nostro corpo sulla posizione nello spazio, ndr.) Quando è totalmente soddisfatto del risultato ottenuto in una coreografia? Le rispondo con altre domande. Qual è il nostro scopo come coreografi? Irradiare, in quanto artisti, e risvegliare la consapevolezza, dimenticata, che non siamo solo esseri mortali, deboli e piagnucolosi, ma
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che abbiamo dentro di noi una indomita energia creativa che ci aiuta a superare ogni ostacolo. Cosa è un corpo? Un imballaggio che unisce un turbinio di forze, accelerate ad alta velocità. Cellule dove ruotano atomi, protoni, elettroni, dove scintillano intelligenza e forza vitale, sensibilità, pensiero, sentimenti e volontà. Esternamente il corpo occupa un piccolo spazio. Ma all’interno c’è un’immensità infinita. Il nostro lavoro è guardare dentro l’essere umano. E infine, cos’è un uomo? La punta più alta della creazione collocata in quella gerarchia di mente, corpo e anima di
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tEatRO ROMaNO
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estate teatrale veronese
Alonzo King Lines Ballet in due momenti di “Meyer” brano del 2013 creato su musica originale di Edgar Meyer.
sezione danza
25-26-27-28-29-30 luglio 1-2-3-4-5-6 agosto ore 21.30
MOMIX Opus cactus 19-20 agosto ore 21.00
BaLLEt Du GRaND tHÉÂtRE DE GENÈVE
parte degli artisti cerca la soluzione definitiva, in base alla quale lo spettatore, dopo aver visto lo spettacolo, si renderà conto che non ci poteva essere altra scelta. È tutto qui. Il concetto di ‘espressione di sé’ è pericolosamente vicino a giudizi come ‘mi piace’ e ‘non mi piace’, nient’altro che escrezioni emozionali. Le idee su cosa si vuol fare e cosa si dovrebbe fare risultano evidenti a chilometri di distanza. È meraviglioso invece vedere integrate le due visioni, in assenza di conflitti.
cui ho già detto. La danza può essere un cammino che ci conduce allo Spirito, se compresa nel contesto che le è proprio. È un lavoro di sintonia e vibrazione di frequenze. La danza può essere fonte di guarigione e rigenerazione, esperienza che apre il cuore. In origine non è stata creata per mostrare questa o quella abilità. Era una pratica che metteva in relazione con il Divino. Le sue creazioni richiedono ai danzatori grande presenza fisica e psicologica. Come li ‘convince’ per ottenere questi risultati? La cosa più importante, per un danzatore, è comunicare con chiarezza un’idea, quale che sia il mezzo. Ogni tanto dimentichiamo che l’idea viene per prima e la tecnica è utilizzata per far nascere l’idea, l’affermazione. Ciò che viene detto con la danza è l’ossessione del danzatore, e qualunque cosa venga fatta richiede una tecnica, nulla esiste senza l’uso di una tecnica. Per mangiare è indifferente che usiamo le dita, i bastoncini o le forchette: sono tutti strumenti. Il pianoforte non si suona da solo, la casa non si costruisce da sé. La tecnica e la volontà sono inestricabilmente legate. L’arciere ha il bersaglio come suo obiettivo, e il suo unico interesse è l’esattezza, che diventa la sua espressione. Gli artisti si preoccupano di comunicare idee, e che queste idee siano espresse in modo chiaro ed esatto. C’è ancora chi pensa che gli artisti siano impegnati nella sola espressione di sé. Non è certo il mio caso. La maggior
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I suoi lavori risentono molto delle musiche, le sceglie in base a quali criteri? Mi interessa solo avere grande musica, presa in prestito da chi ci ha preceduto oppure creata appositamente per la compagnia da ottimi compositori contemporanei. Lines è stata molto fortunata a lavorare con alcuni dei migliori musicisti e compositori. Chi, o che cosa, l’ha ‘aiutata’ a sviluppare il suo proprio stile? Non sono interessato allo stile, che è un prodotto secondario del lavoro. Se ho bisogno di qualcosa che sia veloce, funzionale, lo stile nasce come risultato delle necessità del progetto. Lo stile non è l’obiettivo. Una scopa assomiglia a una scopa perché è questo il suo obiettivo, così come lo è un aeroplano, o una tastiera. Il suo approccio alla coreografia è diverso a seconda se lavora per la sua compagnia o per altre? Nel 2010 Jean-Christophe Maillot, direttore di Les Ballets de Monte-Carlo, e il Monaco Dance Forum, mi hanno invitato a creare un titolo per la compagnia con l’affermato scrittore Colum McCann. Con lui, all’inizio, ci siamo prima sentiti per telefono e via email. Ci siamo poi incontrati per la prima volta a New York, durante una stagione della compagnia al Joyce Theater. Colum è venuto alle prove, ha osservato i danzatori, dopo di che abbiamo discusso nel dettaglio il progetto che dovevamo affrontare. È nata subito una profonda empatia, avevamo idee simili, unite da una forte tensione creativa. Infine siamo arrivati alla conclusione che Colum avrebbe scritto una poesia. Il suo bel lavoro ha aperto la strada al risultato, che è diventato Writing Ground per i Balletti di Monte-Carlo ora rimontato per la mia compagnia. • 26 9
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ROMEO E GIuLIEtta
musica di Sergej Prokofiev coreografia di Joëlle Bouvier
1-2 luglio ore 21.30 Ersiliadanza La stEssa sOstaNZa DEI sOGNI coreografia di Laura Corradi 9 luglio ore 21.30 compagnia simona Bucci ENtER LaDY MacBEtH coreografia di Simona Bucci 17 luglio ore 21.30 compagnia Fabula saltica a cuORE apERtO liberamente ispirato ai Sonetti di shakespeare coreografia di Claudio Ronda
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400 anni
dalla morte di shakespeare
cORtE MERcatO VEccHIO
30 luglio ore 21.30 Balletto di sardegna La tEMpEsta coreografia di Caterina Genta Estate Teatrale Veronese
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Verona Teatrale
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URP Comune di Verona tel. 0458077500 www.estateteatraleveronese.it spettacolo@comune.verona.it Biglietteria: filiali della BANCA POPOLARE DI VERONA e delle banche del GRUPPO BANCO POPOLARE, BOX OFFICE e circuito GETICKET, on line su www.geticket.it e www.boxofficelive.it Dal 9 giugno: biglietteria di Palazzo Barbieri tel. 0458066488-0458066485
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ORIENTE OCCIDENTE
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DEL CORPO E DEL SUO TEMPO
SEGNALI DA ALTRI MONDI LA MAPPA DEI FESTIVAL DELL’ESTATE
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ROVERETO Con il titolo Corpi e confini Oriente Occidente 2016 continua il suo percorso di intreccio tra arte coreutica e fenomeni sociali, affrontando un viaggio di conoscenza della vita, della sua genesi e della sua finitezza. Corpo che riempie lo spazio. Corpo che riflette il suo tempo, lo spaesamento intimo e collettivo, le eterne lotte di cultura e credenze, lo sradicamento della globalizzazione, le nuove danze di oggi. L’edizione n. 36 (31 agosto-11 settembre) va alla ricerca di storie che prendono forma in terre lontane o nelle pieghe del quotidiano, nell’incontro con l’altro (Emio Greco/Ballet National de Marseille con Bolero/Duo; Batsheva Dance Company con Three; Roberto Zappalà con Instruments 1; Kader Attou con Opus 14), con la finitezza dell’essere umano (Jan Fabre con Attends, Attends, Attends…pour mon père) o con la narrativa atemporale di Shakespeare (Antoine le Menestrel), le vicissitudini di Pablo Picasso (Marcos Morau/La Veronal) e Nella foto grande, le criticità dei sobborghi afroamericani Mai Ishiwata in “UTT” di Pittsburgh (Kyle Abraham) e dei di Ko Murobushi (foto ghetti di Johannesburg. È proprio Denis Lonchampt). in questi luoghi che Jessica Nupen, Sotto, Paige Culley in prova del nuovo coreografa sudafricana attiva a “Hieronymus Bosch: Berlino, ambienta Romeo & Juliet/ The garden of Rebellion & Johannesburg, moderna earthly delights” di interpretazione di Romeo e Giulietta Marie Chouinard (foto M. Chouinard) avente come scenario la subcultura e Yoko Higashino in giovanile di Johannesburg. Sei uomini “Stabat Mater”. e due donne di Moving Into Dance Mophatong, la più importante e longeva compagnia professionale del Sudafrica, offrono la loro fisicità e abilità nell’alternare la danza contemporanea alla street dance. Di emarginazione e riscatto parla anche un altro spettacolo in prima italiana: Pavement dell’afroamericano Kyle Abraham. Volto nuovo della danza made in USA, Abraham tratteggia un lavoro potente che è uno spaccato della vita di strada consumata tra gang rivali e polizia violenta a ritmo di hip hop e sulle note di Vivaldi, tra passi di street dance e linee pure della modern dance. Altra curiosità dell’edizione è la presentazione di un pezzo emblematico della storia del Butoh al femminile, UTT, assolo creato nel 1981 da Ko Murobushi con e per Carlotta Ikeda, che ora viene interpretato, dopo la scomparsa di entrambi i creatori, da Maï Ishiwata, danzatrice della compagnia Ariadone: “un viaggio di una donna dalla vita alla morte” o forse, come ricordava Ikeda, “dalla morte alla vita”. Non mancano eventi site specific e la nuova coreografia d’autore italiana nell’ambito di CID Cantieri. Vedi pag. 30 per approfondimento su Kader Attou. www.orienteoccidente.it
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OPERA ESTATE
DANZA TRA ARTE E ARCHITETTURA BASSANO DEL GRAPPA Festival diffuso, Opera Estate, spazia da luglio a settembre tra le arti e le discipline con disinvoltura. La danza si snoda attraverso due percorsi simbolici: la coreografia d’autore e le architetture del corpo ambientato in dimore storiche, alle Bolle Nardini, nei musei, nella natura. Tra arte e architettura si vedranno tra gli altri First dance, creazione multidisciplinare di Silvia Gribaudi e Matteo Maffesanti, Daniele Ninarello e il sassofonista Dan Kinzelman in una ricerca sul corpo sonoro e sul corpo fisico, Good Lack di Francesca Foscarini a Palazzo Pretorio di Cittadella, All Ways di Sharon Fridman nel suggestivo scenario di Arte Sella. Sarà un altro spagnolo, residente in Olanda, Iván Pérez Avilés a realizzare il nuovo site specific per le Bolle Nardini. Nella sezione dei big si susseguono il Balletto di Roma con Giselle (vedi servizio pag. 20), Marie Chouinard con l’ultimo suo lavoro ideato per il 500° del pittore Hieronymus Bosch e ispirato alla sua opera (Jérome Bosch: le Jardin des délices) e il Cullberg Ballet con Figure a sea, opera della coreografa Deborah Hay su musiche originali di Laurie Anderson, nuova creazione di cui Operaestate è anche coproduttore. L’attenzione è poi sul cartellone di B.Motion dal 25 al 28 agosto: quattro giornate specchio del presente, con artisti da tutto il mondo. Progetto di punta dell’edizione 2016 è la creazione commissionata a quattro coreografe di diversa provenienza geografica sul tema dello Stabat Mater: Yasmeen Godder (Israele), Giorgia Nardin (Italia), Melanie Demers (Canada) e Yoko Higashino (Giappone). Una riflessione sui temi spirituali, sulla maternità e il femminile in generale, ambientata in quattro piccole chiese di Bassano. www.operaestate.it
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INEQUILIBRIO
UN PONTE TRA ISRAELE E ITALIA CASTIGLIONCELLO Coda di festival a passo di danza. Inequilibrio, festival della nuova scena tra teatro e danza, nella prima settimana di luglio (fino al 10) chiude i battenti della sua XIX edizione con una significativa sezione dedicata alla danza israeliana e italiana. La Bitter Sweet Dance/ Liat Waysbort presenta Please me please the solo e Please me please the duet, quest’ultimo in prima nazionale: un duetto interpretato da due performers anziane i cui corpi portano con sé la loro storia: fragili e potenti al tempo stesso, i corpi delle due donne sono taglienti ed esplosivi. Sempre da Israele arrivano Idan Sharabi e Niv Marinberg: in Now sprigionano il potere dell’improvvisazione. Idan danza e crea strutture sulle note di Niv, una scelta radicale quella di non coreografare che trova nuove relazioni tra tempo e spazio. Rappresentano l’Italia, a luglio, due lavori selezionati tra le proposte del network Anticorpi XL a firma Giovanni Leonarduzzi e Carlo Massari-Chiara Taviani, e tre lavori della generazione ‘maggiore’: Daniele Albanese con Drumming Solo, Simona Bertozzi con Il Dono e Michele Abbondanza con I dream. www.armunia.eu
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BOLZANO DANZA
BEAUTIFUL STRANGER
VIGNALE MONFERRATO FESTIVAL
OLTRE I VIGNETI, LA DANZA GLOBAL
BOLZANO Come d’abitudine Bolzano Danza ha un filo rosso: l’edizione 2016, 14-30 luglio, indaga il tema dell’identità a partire dal fenomeno della migrazione, una costante dei nostri giorni. “Da secoli – spiega il direttore artistico Emanuele Masi – artisti, intellettuali e scienziati, ma anche persone comuni con un bagaglio fatto solo di storie e speranze, superano lingue e confini creando e rinnovando una koiné culturale le cui radici sono talmente intricate da renderla irreplicabile”. L’edizione 2016, Beautiful Stranger, è un’esplorazione di autori e interpreti cosmopoliti che per provenienza, religione o colore della pelle interpretano e rappresentano l’idea dell’incontro tra culture e del confronto con l’alterità che caratterizza il dibattito “Made in contemporaneo. Apre il sipario del Bangladesh” di Teatro Comunale la danza cristallina Helena Waldmann dall’icona afroamericana Alonzo (foto Wonge King seguito dai dodici interpreti di Bergmann) e “Il Dono” di Simona Kathak con i quali la tedesca Helena Bertozzi (Lucia Waldmann racconta lo sfruttamento Baldini). e l’emancipazione dell’industria tessile nel paese asiatico in Made in Bangladesh. Stella rivelata In Italia dal festival, il britannico Aakash Odedra è simbolo della fusione di stilemi orientali e occidentali riverberati in due assoli creati intorno alla sua biografia, Murmur e Inked, firmati rispettivamente con Lewis Major e Damien Jalet. È un melting pot di linguaggi della scena il quartetto Kokoro della catalana Lali Ayguadé, mentre è al danzatore-leggenda del XX secolo, Vaslav Nijinskij, che il pluripremiato coreografo tedesco Marco Goecke guarda per la sua nuovissima creazione firmata per la Gauthier Dance (vedi pag. 61). È un gradito ritorno al Festival quello di Rachid Ouramdane da neo co-direttore del Centre Chorégraphique National di Grenoble. Dopo il successo avuto all’edizione 2015, Ouramdane presenta ora due distinti progetti: lo spettacolo Tordre, suo pezzo-culto che verrà ospitato successivamente alla Biennale de Lyon e al Festival d’Automne a Parigi e l’installazione-spettacolo in tre tappe, Les yeux tournent autour du soleil, al Museion-Museo d’arte contemporanea, site specific realizzato in collaborazione con il circense Yoann Bourgeois e il videoartista Mehdi Meddaci. Punte di diamante anche le ospitalità di Emanuel Gat con due pezzi di successo del suo repertorio, Gold e Sacre, e di Heddy Maalem con il nuovo dittico, forse l’ultimo della sua carriera trentennale: il solo Nigra sum, Pulchra es e il duetto Toujours sur cette mer sauvage. Chiude Emilio Calcagno con la coproduzione del Festival Catania Catania, ispirata alla città natale del coreografo attivo in Francia e omaggio a Pina Bausch. Non mancano l’evento unico al mondo della “notte a teatro” per i bambini e lo spettacolo a loro dedicato, le performances nei parchi e nei suggestivi dintorni, la nuova coreografia d’autore. www.bolzanodanza.it
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VIGNALE Non solo vigneti e paesaggi mozzafiato. Nel Monferrato si danza. Vignale, Moncalvo e Casale i centri in cui si conferma l’offerta di spettacoli e formazione ideata e promossa da Piemonte dal Vivo per l’estate. Nei borghi e per le strade, negli spazi del nuovissimo centro Orsolina28, la programmazione spazia tra i linguaggi e gli stili di danza per incontrare pubblici eterogenei. Così dopo l’apertura con Aterballetto in piazza a Moncalvo, l’1 e il 2 luglio è la compagnia EgriBiancoDanza a presentare il progetto site specific Sogno di una notte di mezza estate da viversi itinerante nelle sale e nei giardini di Palazzo Callori a Vignale. Due prime nazionali sono in programma l’8 luglio all’insegna delle danze tradizionali del Sud dell’India, Bharatanatyam e Kuchipidu: protagonisti Hema Bharathi Palani con il suo assolo Trikonanga e Shantala Shivalingappa, già danzatrice di Pina Bausch, a Vignale con quattro diversi brani da lei interpretati, in cui la danza tradizionale del suo paese natale incontra il contemporaneo occidentale e il butoh di Ushio Amagatsu, che per lei ha firmato un sorprendente assolo. Dalla Spagna arrivano altri due ospiti: la compagnia dell’inglese Thomas Noone di stanza a Barcellona con la sua danza spinta ai limiti dell’atletismo e della prestanza fisica e il più intimo e intenso lavoro di Sharon Fridman, in scena a Cascina Orsolina con il suo duetto-cult Hasta Dónde? e con un estratto dal corale Caida Libre. Chiusura in piazza del Popolo a Vignale con Rocco di Emio Greco e il Ballet National de Marseille: omaggio a Luchino Visconti e al mondo del pugilato spesso paragonato a quello della danza nella messa in campo dei limiti fisici e psicologici. www.piemontedalvivo.it Thomas Noone Company in “Watch Me”. A sinistra, “Inked” di Damien Jalet con Aakash Odedra (foto Jean Goldthorpe).
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VITE PARALLELE TRA RICERCA E CLASSICI Due giornate di danza non-stop con nomi di spicco della danza contemporanea (il 16 luglio e il 6 agosto) a cui si aggiungono un appuntamento ‘classico’ con l’étoile Eleonora Abbagnato e il Corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma, e una sezione dedicata alla famiglia e ai più piccoli. Civitanova Danza, XXIII edizione, conferma la sua vocazione di festival alla ricerca di un equilibrio tra un côté ispirato a valorizzare il nuovo che avanza, anche grazie a preziosi progetti di residenza, e un côté che strizza l’occhio al pubblico generalista e vacanziero. Così se sembra impossibile rinunciare alla travolgente Carmen di Eleonora Abbagnato nella versione di Amedeo Amodio il 24 luglio, i più intraprendenti non potranno perdersi la visione della Giselle new style di Itamar Serussi Sahar e Chris Haring (vedi servizio a pag. 20). Nel cartellone anche due lavori proposti come esito di residenze nella Casa della danza di Civitanova intorno a temi attualissimi: l’odio e la rabbia. A indagare il primo sono i danzatori di Fattoria Vittadini guidati dal coreografo spagnolo Daniel Abreu per l’anteprima nazionale di Cantiere Aperto per Odio; il secondo è Cristiana Morganti che per la sua terza produzione autoriale, in cui per la prima volta non è in scena, ha creato per due amiche-colleghe del Wuppertal Tanztheater, Anna Wehsarg e Breanna O’Mara, un pezzo sulla rabbia come forza vitale, a volte manifesta a volte sotterranea, che genera nel fisico numerosi stravolgimenti. La compagnia Blucinque vede l’attrezzo circense come strumento musicale e per WE273 si ispira alla celeberrima opera di John Cage 4’ 33’’ per creare un pezzo sospeso tra corpo sonoro, corpo poetico e acrobatico. La generazione emergente italiana è rappresentata da Nicola Galli con la sua performance-installazione sull’equilibrio ambientale e fisico Delle ultime visioni cutanee abbinata all’anteprima di Mars, nuovo e terzo lavoro incentrato sull’indagine dei pianeti del sistema solare. Silvia Gribaudi presenta invece il primo capitolo di una trilogia sul corpo femminile e il virtuosismo intitolato R.OSA. civitanovadanza.it
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COMPLEANNO CON LA SCOZIA
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MITTELFEST Tre le presenze internazionali vale un viaggio a Cividale del Friuli lo spettacolo su Confucio della China National Opera in programma il 19 luglio. Il festival si snoda dal 16 al 24 luglio, tutte le info su www.mittelfest.org
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SANTARCANGELO FESTIVAL FOSSANO Il festival Mirabilia compie dieci anni. E da festival di circo e performing arts diffuso (Fossano, Savigliano, Saluzzo, Alba, Monforte d’Alba e Grinzane Cavour) allarga ora gli orizzonti disciplinari. Dal 2015, infatti, affianca il direttore artistico e fondatore Fabrizio Gavosto, il coreografo-danzatore Riccardo Olivier, incaricato di implementare il settore di interrelazione tra le arti di strada e la danza contemporanea. Detto fatto, l’edizione 2016 nei primi dieci giorni di luglio presenta uno showcase internazionale, per operatori e non, con focus dedicati sia alla danza italiana (dall’1 al 3 di luglio Enzo Cosimi, Daniele Ninarello, Francesca Penzo, Andrea Gallo Rosso, Igor and Moreno) sia a quella scozzese. Ed è proprio la stretta attività di collaborazione con Creative Scotland a far nascere un progetto composito che prevede oltre all’ospitalità di tre punte di diamante del panorama scozzese – Joan Clevillé Dance, Colette Sadler e Robbie Synge –, anche una riflessione estesa in più giornate (dal 5 all’8 luglio a Savigliano) sul sistema delle residenze e dei centri di produzione dei vari paesi europei a partire dal modello messo in atto a Glasgow con il Briggait, il centro per l’arte visiva e le performing arts che aprirà i battenti il prossimo anno. “L’idea – spiega Olivier – è un confronto con l’intero ‘sistema Scozia’, esteso a più livelli, che non si limiti alla presentazione di alcuni artisti. Abbiamo molto da imparare da loro e dal confronto in termini di produzione, formazione, programmazione, attenzione sociale, media. L’obiettivo è provare a creare un “Plan B for Utopia” di network tra nuovi centri di produzione, Joan Clevillé Dance (foto Nicole Guarino) in primis tra la Lavanderia a Vapore, e “R.OSA” di Silvia nostro partner principale con Piemonte Gribaudi (foto Laila dal Vivo, e Briggait”. In scena il duetto Pozzo). di teatrodanza Plan B for Utopia di Joan Clevillé Dance – che dà il nome all’intera edizione – brano commovente per la sua capacità di fare autoironia sulla sfiducia di oggi nei confronti dei sogni; l’assolo Douglas di Robbie Synge, esercizi per la ricerca di un equilibrio impossibile; il pezzo corale per tutta la famiglia We are Monster in cui i sei interpreti si travestono dietro un muro e prendono forme stravaganti. Ma ci saranno anche dieci artisti emergenti scozzesi che si mischieranno ai partecipanti dei workshop del festival per un percorso di formazione condiviso. www.festivalmirabilia.it
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VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE RAVELLO FESTIVAL Doppio appuntamento con Balletto Civile e Shakespeare, a 400 anni dalla morte: prima assoluta di Before Break, spettacolo di Michela Lucenti liberamente ispirato a La Tempesta dove Ariel e Calibano si affrontano come due boxeurs il 28 luglio, e Killing Desdemona, con un cast per lo più maschile intorno a questa figura di donna, il 2 agosto. www.ravellofestival.com
SANTARCANGELO In dialogo con la tematica del notturno i lavori della sezione danza del Festival di Santarcangelo. Da scoprire Michele Rizzo, giovane italiano attivo ad Amsterdam, che con Higher realizza un omaggio al potere catartico della danza come forma di celebrazione dell’esistenza, immerso nell’universo estetico, relazionale e sociale del clubbing contemporaneo (vedi recensione a pag. 39). Cristina Kristal Rizzo, che torna al festival con due lavori: BoleroEffect_long version e l’anteprima della nuova creazione Prelude, che vede in scena sette danzatori internazionali con cui la coreografa esplora, in un contesto sonoro che si riferisce al movimento afrofuturista, la nozione del preludio, dell’iniziare e annunciare qualcosa che verrà; lo svedese Mårten Spångberg con la prima italiana di Natten (Notte), nuovo spettacolo che nella notte tra il 16 e 17 luglio chiuderà la lunga parabola del Festival in cui gli spettatori sono invitati a immergersi in danze fino e oltre l’alba. Al centro dell’opera, un’idea di notte che rimanda sia all’oscurità sia al sogno, sia alla paura sia alla liberazione: un lavoro profondamente anticapitalista, che invita gli spettatori a immergersi in una lunghissima durata, una notte che preluda a un giorno davvero ‘nuovo’. Desta inoltre molte curiosità il progetto Corbeaux della coreografa marocchina Bouchra Ouizguen (ospitato in seguito alla Biennale di Lyon e al Festival d’Automne), un progetto nato a Marrakech nel 2014 e proseguito con le tappe di Bruxelles e Beirut nel 2015 che a Santarcangelo si arricchirà della presenza di un gruppo di donne locali italiane e straniere integrate nel gruppo originario di donne In alto, “Corbeaux” di provenienti dal Marocco per dar Bouchra Ouizguen a vita a una performance musicale e Santarcangelo (foto Hasnae El Ouarga). coreografica in alcuni luoghi della A destra, Michela città. www.santarcangelofestival.com
ESTATE TEATRALE VERONESE TUTTO SHAKESPEARE! VERONA La 68esima Estate Teatrale Veronese è all’insegna di Shakespeare. La sezione danza è un susseguirsi di titoli ispirati alle opere del Bardo nell’anno dei festeggiamenti dei 400 anni dalla morte e, scontato a dirsi, il cuore del programma è il Romeo e Giulietta che Joëlle Bouvier ha firmato per il Ballet du Grand Théâtre de Genève. Una versione minimalista nelle scene, nutrita di una danza straordinariamente lirica e ariosa, drammaturgicamente impeccabile. Ma nel programma si citano inoltre Macbeth e La Tempesta nei lavori di Simona Bucci per la sua compagnia e di Caterina Genta per il Balletto di Sardegna; i Sonetti con Fabula Saltica e il Sogno con il debutto di Laura Corradi per Ersiliadanza. Insomma si dimentica il sommo poeta inglese soltanto con i Momix pronti a trasportare gli spettatori nel magico deserto di Opus Cactus. www.estateteatraleveronese.it
Lucenti in “Before Break” a Ravello Festival.
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v i c i n o Balletto di Roma in prova di “Giselle” atto II (foto Matteo Carratoni).
ITAMAR SERUSSICHRIS HARING DOPPIO SGUARDO SU GISELLE
E a lei, Haring, affrontare un titolo come “Giselle” ha portato qualche timore? Occupandomi di danza contemporanea non conoscevo approfonditamente il balletto. E quando mi è stato proposto mi sono sentito spiazzato. Oggi l’idea di romantico la si può trovare anche nella pop art se la pensi come ready-made, qualcosa di già pronto da riproporre nel nostro tempo. Per cui, iniziando a lavorare al balletto mi sono reso conto che è una materia moderna, e gli argomenti che tratta – la vita, la solitudine, la vendetta, il soprannaturale, la realtà – possono diventare molto attuali.
Serussi, alla proposta di lavorare a questo progetto, affidandole il primo atto incentrato sul tema dell’amore, che reazione ha avuto? Ho subito accettato. Mi divertiva moltissimo l’idea, soprattutto perché è molto lontana dal mio mondo. Il balletto classico in genere suscita rispetto, perché narra grandi storie pensate su grandi palchi, per grandi produzioni. E poi c’è la musica, che è difficile mettere da parte. Per me è un interrogativo seguire la storia di Giselle e quello che essa evoca, perché ci sono tante storie all’interno: l’amore, un matrimonio, la comunità, la guerra, le bugie, gli amici, il sentirsi triste, ferito, la morte, molti elementi a cui richiamarci oggi. C’è inoltre la foresta, il villaggio, una struttura scenica ben chiara. Giselle non è un balletto su cui poter partire da zero e costruire la propria immaginazione. Esige rispetto. In che modo allora relazionarsi? È importante quello che succede, il divenire. È un balletto così ingombrante che fare delle citazioni può servire a spingere oltre la nostra Giselle per ritrovarla in altri luoghi, alla luce della nostra vita di oggi.
giuseppe distefano
Non è una semplice rilettura di un titolo-icona del repertorio classico. La Giselle voluta da Roberto Casarotto per il Balletto di Roma è un doppio remake. La visione contemporanea del capolavoro romantico di Théophile Gautier, coreografato da Coralli e Perrot su musica di Adolphe Adam, ha il doppio sguardo di due importanti coreografi di oggi: l’israeliano Itamar Serussi Sahar e l’austriaco Chris Haring. Il progetto è decisamente nuovo: riscrivere il balletto Giselle affidando ogni atto, il terrestre e il sovrannaturale, a due coreografi di diversa cultura e provenienza che mai prima d’ora si erano incontrati. Due linguaggi e sensibilità del contemporaneo che facciano emergere cosa rappresenti oggi la storia, la figura, l’anima della bella e fragile fanciulla ingannata e impazzita per amore. Come sarà l’originale riscrittura ce lo raccontano i due coreografi, alla vigilia del debutto assoluto a Civitanova Danza.
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Proprio a lei, Haring, è stato affidato il secondo atto con l’arrivo delle Villi, le fanciulle morte prima delle nozze. Che idea svilupperà? Le Villi sono figure della mitologia slava, che proteggono dopo la morte le giovani donne tradite prima del matrimonio o rapite dagli uomini. Trovo che sia un’idea femminista del soprannaturale e della realtà: proteggi e impedisci che venga fatto del male alle donne, altrimenti viene il fantasma a punirti. Quindi l’idea di vendetta. Come traduciamo questo in scena?
Provando a immaginare che non esiste una Giselle, ma tante. La nostra è femminile e maschile insieme. Proviamo a creare un’immagine di Giselle attraverso il gender, e quello che si vedrà potrà risultare molto astratto: anche soltanto in un pensiero, in un’immagine, ognuno può personificare Giselle e tutti gli altri personaggi che sono dentro ognuno di noi.
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ITAMAR SERUSSI SAHAR Si forma all’Israel Arts High School e alla School of Bat-Dor Dance Company. Nel 1998 entra a far parte di Batsheva Dance Company. Dal 2006 sviluppa il proprio stile personale e sperimenta i limiti fisici attraverso l’umorismo e l’improvvisazione cercando di andare oltre la danza tradizionale. Il suo lavoro è giocoso, leggero ed elegante, e i suoi pezzi sono il risultato di una sinergia con ciò che lo circonda e con i suoi danzatori. Tra il 2010 e il 2012 è coreografo residente per Danshuis Station Zuid, Olanda, dove realizza le coreografie Phenomena, Undo, Ferrum, Lust, Mono. Quest’ultimo titolo è nominato per lo ‘Swan Award’ Best dance production nella stagione 2011/2012 presso Nederlandse Dansdagen, Maastricht.
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portante scoprire le qualità individuali nel corpo di ogni danzatore, guardare a ciascuno come a un’opera d’arte in sé.
Balletto di Roma in prova di “Giselle” atto II (foto Matteo Carratoni). In basso, Itamar Serussi e Chris Haring (foto Giuseppe Distefano).
Haring, col compositore Andreas Berger avete creato una partitura sonora che contamina la musica di Adam. In che modo? Sulla musica originale in alcune parti abbiamo creato dei loop. Ci sono molte ripetizioni in modo che la storia, invece di proseguire lineare, si succeda come attraverso link ipertestuali, una finestra dietro l’altra. Quindi è più un pensiero associativo che narrativo. Cerchiamo di ricordare e di evocare alcuni elementi della musica e della storia, ma non direttamente. È come guardare alcune parti con una lente d’ingrandimento. E lei Serussi? Col mio compositore, Richard Van Kruysdijk, rielaboriamo quella di Adam ma meno di quanto ha fatto Chris.
CHRIS HARING Ha lavorato con DV8 Physical Theatre, Nikolais/Louis Dance Company, Nigel Charnock. Visionario e appassionato di fantascienza, Haring vede il corpo umano come un paesaggio cibernetico. Dal 2005 è direttore artistico di Liquid Loft con cui sono nati i lavori Kind of Heroes, Running Sushi, Talking Head e la serie The Perfect Garden. Con Posing Project Series e Posing Project B – the art of seduction vince il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia nel 2007 come ‘Miglior performance’. Nel 2010 ha ricevuto il premio ‘Oustanding Artists Award’ per le arti performative dal Ministero Federale Austriaco dei Beni Culturali. Ha creato coreografie per Jin Xing Dance Theatre, Les Ballets de Monte-Carlo, la russa Dialogue Dance e il Staatstheater Kassel.
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testare il limite. Questo è il mio modo di lavorare sul corpo che ho applicato anche ai danzatori del Balletto di Roma. Solitamente danzo io stesso affinché i danzatori possano prendere informazioni da me; ma in generale, nella fase introduttiva, oltre a fornire riflessioni e materiali miei, ascolto le loro proposte per stimolare il lavoro e spingerlo oltre la mia idea e capire cosa serve. Ci sono molti modi di cominciare: introdurre alcuni oggetti come un microfono, una Bibbia, ecc. per incitare la ricerca, ma è sempre il corpo a far succedere delle cose. Haring, assistendo a una parte del suo lavoro di Giselle, c’è qualcosa d’inquietante nell’atmosfera, come in un thriller… Non dimentichiamo che la storia è un dramma – e la musica originale lo contiene – con un crimine. Il mio è un lavoro sul corpo: far emergere il suono attraverso i mo-
BALLETTO DI ROMA GISELLE DOVE E QUANDO
Quindi lei sta lavorando sull’aspetto del soprannaturale… M’interessa molto perché in quella dimensione tutto è possibile. Cerco di immaginare alcune forme principali, tipo l’arabesque, la camminata e alcune posizioni, come delle sculture. Ad esempio, immagino la danza delle Villi come un’architettura, una statua, un manifesto, intorno a cui costruire le nostre storie e tutte le diverse piccole scene. Prendiamo solo alcune parti del II atto, le estrapoliamo, le utilizziamo e le rimettiamo al loro posto. Cerco di portare i danzatori in un contesto nuovo, diverso, per vedere cosa succede a far rivivere questo balletto nel 2016. Questa è la nostra opera d’arte contemporanea. Che tipo di coinvolgimento avete chiesto ai danzatori della compagnia? Serussi Sin dalla fase di ricerca ho chiesto di entrare in relazione gli uni con gli altri, con i reciproci input, col contatto fisico, di non ostacolare il movimento col pensiero e le idee, e di non cercare un movimento bello. E poi ho posto una serie di domande: in che misura entra il dramma? In che modo lo si può realizzare senza diventare patetico? Cosa significa impazzire d’amore? Come può essere l’amore tra dieci persone? Domande che potevano servire a generare altro. Lavoro molto sull’improvvisazione, dando solo qualche indicazione e del materiale da elaborare. Non voglio ripetere cose che ho già fatto. Haring Non amo arrivare in sala prove e dire cosa fare. Abbiamo perciò discusso e lavorato sul materiale e le proposte dei danzatori. Dopodiché ho parlato della mia idea. Alcuni hanno già danzato Giselle in altre compagnie. Io non ho mai danzato un pezzo classico. Perciò per me è stato interessante parlare con loro di alcuni dettagli di movimenti e gesti, che poi mi hanno ispirato. Per me è im-
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16 Luglio 2016 Civitanova Danza 2016 prima nazionale Civitanova Marche, Teatro Rossini 26 Luglio 2016 Operaestate Festival Veneto Bassano del Grappa, Teatro al Castello Gobbi 14 Dicembre 2016 Trento, Teatro Sociale 3 Febbraio 2017 Cesena, Teatro Bonci
Haring, un altro elemento importante nel secondo atto è l’introduzione delle voci e del canto dei danzatori. In che modo intervengono? Abbiamo registrato le risposte dei danzatori alle mie domande sulla loro idea di Giselle, poi manipolato le voci al computer, quindi restituite in modalità play-back, ricostruendo così una nostra storia. La musica dunque non è soltato quella originale, ma anche quella creata dal computer. Nel finale, poi, quando si sentono delle note, introduciamo una canzone che ha gli stessi accordi. Vogliamo suscitare nel pubblico una rimembranza. L’idea è di lasciare spazio all’immaginazione col finale aperto: c’è l’alba, il sole sorge, le Villi devono andare via, e si sentono note conosciute mentre la musica continua. Il mio finale è esistenziale. È come la vita: ogni scena succede a un’altra che l’ha preceduta, come una metafora del tempo, dell’inevitabilità del sopraggiungere della morte. Serussi, sappiamo che il suo modo di lavorare con i danzatori è molto fisico… Per stimolarli, in sala prove li faccio danzare fino a stancarli, a “far morire” il corpo, per
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vimenti dei danzatori. Ho chiesto a loro di non reagire alla musica, di non farsi trasportare da essa, né dal pensiero, bensì di esprimerla tirandola fuori dal corpo. Ad esempio c’è una camminata che si ripete: una metafora dell’esistenza che ti porta a camminare all’infinito, dove l’atmosfera si carica di tensione, con la sensazione di un pericolo imminente. È come in un film di David Lynch, dove c’è sempre qualcosa d’inconscio, un evento che non arriva mai dall’esterno.
Mi piace l’idea di ripetizione, come in una spirale o un mantra indiano: più lo ripeti, più ci entri dentro. È come se Albrecht e Giselle volessero sempre qualcosa di più. E più vogliono, più gli sfugge. Come succede nella vita.
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DENIS RODKIN “FINCHÉ SIAMO GIOVANI, A NOI BALLERINI PIACE FAR VEDERE A TUTTO IL MONDO QUANTO SIAMO BRAVI”
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Il 2016 è l’anno di Denis Rodkin. Il venticinquenne Primo ballerino del Balletto Bol’šoj è attualmente l’artista più in vista della compagnia: a Mosca sono sue le prime importanti e le trasmissioni live al cinema. Già protegé di Nikolaj Tsiskaridze che gli fece da maître, oggi è il favorito di Jurij Grigorovicˇ di cui interpreta i classici e i ballet-dramas. Anche il nuovo direttore, Makhar Vaziev, gli ha messo gli occhi addosso, tanto da averlo scelto per inaugurare in Don Chisciotte la tournée a luglio alla Royal Opera House di Londra e poi nel Lago dei cigni: un appuntamento storicamente importantissimo per il Bol’šoj, la chance del lancio internazionale per il giovane ballerino.
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Qui e nelle due pagine successive Denis Rodkin in un servizio fotografico di Charles Thompson.
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In Italia non sarà sfuggita la sua avvenente presenza, come Paolo nella Francesca da Rimini di Possokhov nei Gala con Svetlana Zakharova, che anche nei classici l’ha ormai eletto a suo partner preferito. Proprio in occasione dello spettacolo Amore abbiamo incontrato l’emergente artista al Teatro Regio di Parma, dove ha confermato le doti di prestante danseur noble, unite ad una personalità scenica che trascende l’immagine di Adone del balletto. Di persona Denis è un ragazzo affabile, sincero, e anche spiritoso, conscio del momento di svolta che sta vivendo ma tranquillo e fatalista nell’affrontarlo, certo fiducioso del proprio talento.
Per farla conoscere ai nostri lettori: ci racconta come ha scoperto il balletto nella sua città natale, Mosca? Non provengo da una famiglia di ballerini: mia mamma insistette, praticamente mi costrinse, io all’inizio non ne volevo sapere ma poi a poco a poco mi feci coinvolgere e oggi mi piace molto quello che faccio. Iniziai a praticare step-dance all’età di 8 anni, poi frequentai un corso di danza dilettantistica presso la famosa compagnia di danze nazionali Gzel’, che proprio allora organizzò una scuola professionale di balletto classico per ragazzini. Qui mi diplomai come artista di balletto professionista, a 18 anni. Come è entrato al Bol’šoj? Semplicemente mi presentai a un’audizione. Venni accettato nel corpo di ballo, mi dissero per via della mia statura, perché avevano bisogno di partners per ballerine alte, ma senza promettermi niente.
Dopo qualche tempo Nikolaj Tsiskaridze mi notò e iniziammo a lavorare insieme: un anno dopo debuttai come Uccellino azzurro nella Bella addormentata. I miei esordi coincidettero proprio con il grande scandalo dell’acido, del quale però non parlerò perché si è già detto tutto. Ma come lavorò con una personalità forte e discussa come Tsiskaridze? I rapporti tra noi sono sempre stati buoni e lo sono rimasti tuttora. Certo Nikolaj si rivolgeva a me non come a un artista del balletto ma come se fossi ancora un ragazzo che stava studiando. Era molto duro come insegnante, pretendeva tanto: mi diceva: “se ballerai bene ti faranno i complimenti, se ballerai male criticheranno me”.
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Adesso invece con che insegnanti si prepara? Spartacus e altri ruoli di carattere li preparo con Jurij Vladimorov, i balletti più classici con Aleksandr Vetrov. Come lavora con Grigorovicˇ? È il tipo di persona che definirei della vecchia scuola sovietica, ma ama molto i giovani. Certo vuole sempre i risultati molto velocemente. Jurij mi notò e per 4 mesi preparammo insieme Spartacus: un balletto che richiede grande maturità. Trovò in me le qualità che cercava: una ricca vita interiore che si veda anche all’esterno, e mi affidò questo ruolo. Poi fu la volta della Leggenda dell’amore: quando l’avete visto al cinema, in diretta, lo danzavo solo per la seconda volta. Ma posso dire di esserne soddisfatto, visto che tutto andò per il meglio e il pubblico lo accolse bene. Di Grigorovicˇ interpreto anche il Principe Kurbskij in Ivan il Terribile. Jurij ritiene che se l’artista cresce anche lo spettacolo cresce e per tutti i suoi balletti mi ha sempre fatto i complimenti, dicendo che stavo veramente crescendo.
Dei classici invece cosa le manca? Ormai ho ballato praticamente tutti i balletti del repertorio classico, tranne Il Corsaro in cui debutterò a Londra. Ma lei si sente più principe o più personaggio esotico? Mi sento bene in tutti i ruoli. Come attende il debutto londinese? È chiaro che è un impegno di responsabilità perché il pubblico di Londra è molto viziato: da 40 anni il Bol’šoj e il Mariinskij vi si esibiscono in tour e loro non aspettano altro se non dire che le due compagnie non sono più quelle di un tempo! Ma io lo scorso anno sono già stato a Londra, a danzare come ospite con un’altra compagnia, e le critiche nei miei confronti sono state molto positive.
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DENIS RODKIN DOVE E QUANDO Con il Balletto Bol’šoj, alla Royal Opera House di Londra, interpreta Don Chisciotte il 25 luglio accanto a Olga Smirnova; poi sarà Sigfrido, nel Lago dei cigni, il 29 luglio, sempre con Smirnova, mentre l’8 e il 10 agosto con Svetlana Zakharova; il 13 agosto danza Il Corsaro accanto a Julija Stepanova. In Italia lo vedremo nei panni di Don José nella Carmen di Alonso al Napoli Teatro Festival il 10 e 11 luglio con Svetlana Zakharova e nello spettacolo Amore, il 3 luglio al Teatro Carlo Felice di Genova.
Yujin Kim_Alonzo King Lines Ballet / Photo: RJ Muna
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Ma si aspettava di danzare proprio la serata inaugurale? Quando Makhar Vaziev assunse la direzione del Bol’šoj, lo scorso marzo, dopo una rappresentazione di Giselle mi fece alcune osservazioni e anche apprezzamenti, alludendo al fatto che magari proprio io avrei aperto la stagione a Londra. Io gli risposi: “ci sono ancora 6 mesi, lasciami migliorare!” È contento del nuovo direttore? Molto contento, mi piace: ho provato con lui, mi ha dato importanti suggerimenti, e alcune cose che non riuscivo a fare ora vengono: è un buon segno. Ma qualche interesse per la coreografia contemporanea ce l’ha? Non posso dire di esserne fanatico: finché potrò ballerò il classico, ma mi piace alternarlo a qualche titolo di oggi, per aprirmi nuove possibilità fisiche e aumentare la coordinazione. Ritengo che in tutti i teatri ci debbano essere balletti contemporanei, ma mai predominanti rispetto al repertorio classico.
Denis Rodkin in scena al Bol’šoj (foto Bill Knight).
A proposito di autori di oggi: con Possokhov come è andata? All’inizio non è che ci amassimo molto, tanto che mi tolse dal primo cast di Un Eroe del nostro tempo. Ma dopo il debutto di Francesca da Rimini a Modena mi disse che gli ero piaciuto molto e che lo spettacolo era andato veramente bene, così anch’io ho cambiato idea su di lui. Questo balletto mi piace molto e sono orgoglioso anche del fatto che sia di un russo che lavora in tutto il mondo. Con le partners come si trova? Più di ogni altra mi piace ballare con Svetlana Zakharova, ma sinora sono stato fortunato perché mi sono trovato molto bene con tutte. Certo so che se dovesse capitare una partner pesante toccherebbe a me, vista la mia prestanza fisica… Oltre al balletto cosa le piace? Mi piace molto viaggiare, andare per il mondo, confrontare i paesi e le culture. L’Italia mi colpisce sempre: benché sia una nazione piuttosto piccola le città e le persone sono così diverse! Proprio per viaggiare scelgo spesso di danzare come ospite di altre compagnie, anche minori, che fanno più tournée del Bol’šoj. Perché, finché siamo giovani, a noi ballerini piace far vedere a tutto il mondo quanto siamo bravi. Le piace anche mettersi in mostra come nelle belle foto che pubblichiamo nel nostro servizio? No, quelle le ho fatte per me. •
18.07. Alonzo King linES BAllEt Biophony + Writing Ground 19.07. AAKASh odEdrA Murmur + Inked 20.07. hElEnA WAldmAnn Made in Bangladesh 22.07. lAli AyguAdé Kokoro 22.07. BAllEtto di romA Home Alone 25.07. EmAnuEl gAt dAncE Sacre + Gold 26.07. rAchid ourAmdAnE Tordre 27.07. gAuthiEr dAncE Nijinski 29.07. ciE hEddy mAAlEm Toujours sur cette mer sauvage 30.07. compAgniE Eco Catania Catania
www.bolzanodanza.it Tickets: +39 0471 053800 2 8 D & D
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Cie Accrorap in “Opus 14” (foto Michel Cavalca). Sotto, Kader Attou (foto Julien Chauvet) e la compagnia in “Symfonia Piésni Zalosnych” (foto Xavier Leoty).
Dal primo successo, Athina, presentato nel 1994 alla Biennale de la Danse di Lione, molta la strada percorsa secondo una singolare apertura al mondo, e alle altre discipline. È con Kelkemo, 1996, che Attou traduce sul palcoscenico un’esperienza di vita vissuta tra il 1994 e il 1995: l’incontro dei bambini rifugiati bosniaci e croati in un campo di Zagabria. Con Prière pour un fou, 1999, parla dell’Algeria, la sua terra d’origine; in Anokha (2000) fa incontrare l’Occidente e l’Oriente innervando di spiritualità l’hip hop coniugato alla danza tradizionale indiana. E così via fino ai celebri Douar (2003) sul tema dell’esilio e cassa di risonanza dei sentimenti dei giovani emigrati nelle periferie francesi e algerine, e a Petites histoires.com (2008), grande successo di critica e pubblico. Il circo contemporaneo compare per la prima volta nello spettacolo Trio, del 2010, poi è la volta della musica del compositore polacco Górecki per Symfonia Piésni Załosnych (2010) che lo trasporta nell’indagine degli aspetti compositivi, nelle strutture melodiche anziché ritmiche.
maria luisa buzzi Tra i primi, complice il collega Mourad Merzouki, ad aprire una ‘strada francese’ all’hip hop, sdoganandolo dalla strada per farne un linguaggio artistico totale perfettamente consono al palcoscenico, Kader Attou è stato anche il primo coreografo proveniente dall’ambito hip hop a ricevere l’incarico di direttore di un Centro Coreografico Nazionale. Dal 2008, infatti, Kader Attou è alla guida del CCN-La Rochelle Poitou-Charentes, il Centre Chorégraphique che in origine fu la casa di un punto fermo del fenomeno nouvelle danse: Régine Chopinot.
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In piena febbre di breakdance nella Francia di fine anni Ottanta è Kader Attou a farsi promotore attraverso la compagnia Accrorap (fondata nella periferia di Lione nel 1989) di una nuova questione di ‘senso’ e di sviluppo artistico di questa cultura. “Una danza di appropriazione l’hip hop”, spiega Kader Attou. “Sin dagli esordi ha fatto propri i codici del mimo, della danza contemporanea e del burlesque. Si è integrata, grazie alla sua ingegnosità, nella rete teatrale senza mai perdere la sua essenza. Per questo il suo ingresso a un CCN deve essere letto come una naturale logica evolutiva. Un CCN – continua – è lo strumento perfetto per mettere al sicuro la sua conservazione, il suo repertorio e la sua trasmissione”.
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Fino alla svolta, due decenni dopo gli esordi. La voglia di tornare alle origini. Con The Roots (2013) tratteggia un magnifico omaggio alla danza hip hop pura, interpretato da undici danzatori al massimo della loro arte. Un lavoro intorno all’idea di massa e di corpo ‘multiplo’ che si ripete nel successivo Opus 14, entrambi ospitati in Italia quest’estate (vedi box). “Sia The Roots che Opus 14 – racconta Kader Attou – seguono lo stesso percorso di ritorno alla fonte e alle radici dell’hip hop, ma in maniera differente. In The Roots c’è un forte contenuto narrativo mentre in Opus 14 no, è piuttosto una somma di istantanee, una catena di emozioni di cui ogni danzatore è depositario”. In Opus 14, quattordicesima creazione dell’autore, sedici hip hoppers di ambo i sessi mostrano la potenza, il dinami-
KADER ATTOU E ANDRÉS MARÍN Yatra, in sanscrito, significa viaggio, pellegrinaggio. Ed è sotto questo titolo che si sono riuniti Andrés Marín, danzatore e coreografo di flamenco, e Kader Attou, in veste di coreografo. Sulla Scena due danzatori hip hop di Accrorap, Andrés e sei musicisti dell’ensemble Divana, del Rajasthan. Un melting pot culturale che mostra come l’India oggi resti tale che sia a Londra o a Parigi e il flamenco, ormai filtrato dalle sue lontane radici indiane, abbia trovato nuovi codici. In mezzo l’hip hop per mescolare nuovamente le carte. YATRA 8 e 9 luglio Festival Montpellier Danse
Operaestate Festival: tra luglio e settembre a Bassano del Grappa e in tutta la Pedemontana Veneta. Danza, teatro, musica: prime assolute, creazioni originali e nuove produzioni, per uno splendido viaggio lungo tutta un’estate.
CIE ACCRORAP DOVE E QUANDO THE ROOTS 8 luglio Festival Inteatro, Teatro delle Muse, Ancona OPUS 14 7 settembre Festival Oriente Occidente, Teatro Zandonai, Rovereto
smo e la forza collettiva della massa. Potrebbe sembrare un paradosso per un genere come quello della danza di strada che vive della sfida del singolo sugli altri, che è ricerca costante di un’identità, pur nella richiesta d’appartenenza. In realtà non lo è perché qui lo scopo del coreografo è incarnare una collettività in marcia che si ritrova nelle figure virtuose e negli unisoni impeccabili, magari concatenati senza imbaDue diverse scene di “The Roots” di Kader Attou con Accrorap (foto João Garcia).
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razzo con assoli altrettanto sbalorditivi. Il soffio travolgente di una comunità che danza in totale osmosi, organica, elegante prende forma in un ambiente visivo essenziale: sul pavimento una sorta di tappeto di sabbia, terra malleabile e in continuo cambiamento, e sullo sfondo disegni sfumati che ricordano onde e fiori. La musica è un collage firmato da Régis Baillet che mescola suoni acustici, elettronici, citazioni di Caruso e brani di Bizet. È invece sul piano delle emozioni e dei ricordi “delle mie prime sensazioni sull’hip hop a dieci anni – confessa Kader – quando ho scoperto alla televisione la trasmissione H.I.P. H.O.P. di Sidney” che si snoda The Roots, viaggio in più quadri nella memoria del coreografo. La scenografia è semplice: un tavolo, una vecchia poltrona, un giradischi di vinile crepitante. L’atmosfera è d’antan ma la danza è effervescente nelle sue infinite declinazioni di figure e stili. Virtuosismo mozzafiato ma vale la pena ricordare che a Kader Attou interessa molto di più che la danza lasci un’impronta emozionale sullo spettatore. •
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Intenso e spettacolare il programma di danza con riprese, nuove produzioni, celebri compagnie e giovani artisti: tra gli altri, Cullberg Ballet, Marie Chouinard, Itamar Serussi/Chris Haring/ Il Balletto di Roma, Sharon Fridman, Iván Pérez Avilés, Yasmeen Godder. E dal 25 al 28 agosto: B.motion danza con la scena coreografica più innovativa e artisti da ogni parte del mondo. Oltre a una Summer School piena di progetti di formazione per coreografi, danzatori, mini-danzatori e teachers Dance Well.
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Estroversa e vivace – in controluce una tempra rigorosa – Gemma Di Tullio è responsabile della programmazione danza del Teatro Pubblico Pugliese. Sorride pensando a come si è trovata catapultata in questo mondo: “Per sbaglio, davvero. Avevo ventun’anni e un colloquio per l’Agis Cinema negli stessi uffici del TPP. Per quel posto non andavo bene perché ero troppo giovane ma dal momento che stavano cercando una segretaria organizzativa per il TPP, l’allora direttore Franco D’Ippolito mi propose una settimana di prova. Sono rimasta e vista la mia frequentazione da spettatrice della danza, quando il circuito ha iniziato a programmarla nel 2004, di default ne sono diventata responsabile”.
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GEMMA DI TULLIO
“È stato il teatro a trovare me, non viceversa”
Destino, va bene. Ma lei frequentava la danza anche prima? A dieci anni sono stata folgorata da Palermo Palermo di Pina Bausch. Un colpo al cuore. Non pensavo che si potesse fare tutto quello che succedeva in scena. Mi aveva portato mia cugina che si era limitata a dirmi: vieni a vedere uno spettacolo di danza. Punto. Mi aspettavo i tutù, e invece…vedo crollare un muro di mattoni. Alla danza mi sono poi riavvicinata verso i diciannove anni. Me ne sono ri-nnamorata grazie a Alcesti di Abbondanza-Bertoni, per cui ho anche pianto come una fontana. Sembra un percorso tutto in ‘discesa’ il suo. Ma come ha vissuto gli anni di apprendistato? Fino al 2010 mi sono sentita sempre sotto esame, anche per il fatto di essere molto giovane. Ho fatto dei veri e propri ‘corsi di recupero’ sulla danza, studiando e leggendo tanto. Magari anche con qualche gaffe... E come mi sentii a disagio la prima volta che con Giacomo Cirella e Gilberto Santini andai a vedere Cantieri, in una bollente estate ad Alfonsine. Guardavo le performance ed ero in imbarazzo perché quello che vedevo non rientrava nei miei parametri. Mi sembrava non fosse danza...
Ha parlato di Franco D’Ippolito, ora di Santini e Cirella. Mi sembra che lei abbia avuto anche dei mentori… Sì, sono stata fortunata. Di Gilberto Santini all’inizio avevo quasi soggezione, perché sapeva tutto e non ce la facevo a stargli dietro. Cirella, invece, nelle sue vesti di presidente ADEP in Federdanza lo vedevo così autorevole! Devo avergli fatto tenerezza. Durante una riunione mi passa un bigliettino: “dopo andiamo a berci un bicchiere”. Al che ho capito che sotto la giacca era uno di noi! Mi hanno subito preso sotto l’ala e coinvolta in importanti progetti interregionali. Com’è cambiata la mappa della danza in Puglia? All’inizio era difficile anche per il gap del pubblico, specie nel versante contemporaneo. Abbiamo dovuto fare un’operazione di creazione della domanda ma i risultati in alcune provincie, Lecce, Barletta, Brindisi, si sono visti. Di cosa sono più orgogliosa? Di DAB, Danza a Bari, dove la danza contemporanea è inserita negli abbonamenti di prosa. Siamo partiti dando un po’ di ‘schiaffi bonari’ ma è stato emozionante sentire anche dal pubblico un po’ âgé i complimenti per lo spettacolo di
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ANNI
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giovane
danza
d’autore
info:
0544 251966 / 320 9552632 www.networkdanzaxl.org coordinamento@ networkdanzaxl.org
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Michele Di Stefano con Aterballetto. A Bisceglie per Prospettiva Nevskij, la giornata di danza site specific è stata un tale successo turistico ed economico, che l’assessore alla cultura ha chiesto di pensare a una vera rassegna. Nel 2004 facevamo 30 spettacoli, oggi siamo a una novantina e il pubblico in percentuale è cresciuto del 126%. Uno sviluppo prezioso si deve ai progetti legati ai fondi europei. Fu l’assessore Godelli della giunta Vendola ad avere l’idea di usare i fondi strutturali europei per lo spettacolo dal vivo. Un’intuizione tanto felice che oggi siamo diventati delle cavie da laboratorio a Bruxelles dove ci chiamano per studiare il nostro metodo. Con lacrime e sangue siamo riusciti a vocare parte di questi fondi anche per lo sviluppo della Scena pugliese, danza inclusa. E successivamente abbiamo legato i progetti allo sviluppo turistico culturale del territorio incentivando le residenze artistiche. La sento piena di energie ed entusiasmo. Ha davvero trovato il suo ruolo... Certo, e guai a chi me lo tocca! Ogni giorno dico “chi me l’ha fatto fare” ma subito dopo riparto con più lena di prima. Silvia Poletti
Vetrina della giovane danza d’autore® 16 / 18 settembre 2016 Ravenna, Artificerie Almagià e altri spazi della città al Festival ‘Ammutinamenti’ www.festivalammutinamenti.org
Partecipanti:
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Ha iniziato giovanissima. Ma come era arrivata a cercare questa opportunità? Studiavo con poco entusiasmo giurisprudenza, ma essendo follemente innamorata del cinema colsi al volo l’occasione dell’Agis. Quando però ho iniziato a occuparmi di organizzazione teatrale ho scoperto che era il lavoro perfetto per me. È stato il teatro a trovare me, non viceversa. Ma oggi ne sono felicissima.
Gemma Di Tullio in uno scatto di Nicola Troccoli.
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Andrea Costanzo Martini What Happened in Torino Davide Valrosso Cosmopolitan Beauty Masako Matsushita TaikokiaT studi01 Francesco Marilungo Paradise: Part 1 Maria Francesca Guerra Elettric Counterpoint Barbara Berti I am a shape, in a shape, doing a shape Aristide Rontini It moves me Olimpia Fortuni Soggetto senza titolo Mattia De Virgiliis Monarch: Antigone Ermanno Sbezzo SpliThoughts Alessandro Sollima Ad Libitum
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Marco Bissoli Cunae Francesco Colaleo, Maxime Freixas, Francesca Ugolini/ Cie MF Beviamoci su No Game Mattia Russo, Antonio De Rosa / Kor’sia YellowPlace Orlando Izzo Vib-Vibrations in body Nicola Marrapodi e Roberto Orlacchio La partita sull’aria Fabio Novembrini, Roberta Racis Shelter Sara Pischedda Satura…Si! Collettivo Pirate Jenny Cheerleaders Arianna Rodeghiero In between
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COCKTAIL PLURISPEZIATO CON ZAKHAROVA MODENA Amante straziata che con vigore difende i propri diritti o donna immersa in languidi ricordi, o ancora, buffa creatura che ironizza sul balletto spaziando tra femminile e maschile. Svetlana Zakharova non ha dubbi al riguardo: sa bene che la ballerina del terzo millennio, cui proprio lei ha contribuito a definirne la forma, deve muoversi con disinvoltura e in maniera camaleontica accogliendo sfide interpretative sempre più ardue. Ha fatto bene, quindi, alla nostra étoile accantonare l’icona della principessacigno per offrire un cocktail Nella pagina accanto, Svetlana plurispeziato, dove però l’ingrediente Zakharova in di base, cioè quella sfumatura e “Francesca da precisione alla russa, è mantenuto. Rimini”, coreografia Stiamo parlando di Amore, nuovo di Yuri Possokhov. Sotto, in “Strokes spettacolo voluto proprio dalla stella through the tail” del Bol’šoj che la vede protagonista (foto Pierluigi di un trittico variegato in cui a farle Abbondanza). compagnia sono una delegazione di A destra, Company Blu in “Angel”. ballerini del teatro moscovita.
Presentata in prima assoluta al Teatro Pavarotti di Modena e poi approdata allo stesso Bol’šoj, la serata sottende nel titolo un omaggio all’Italia. E proprio sui versi del divino Dante che inizia il viaggio con la Francesca da Rimini di Yuri Possokhov. Tempra sovietica ed emozioni forti alla drama-balet vedono sulle note di Čajkovskij una Zakharova vorticosa, contesa da Denis Rodkin e Mikhail Lobukhin, che poi muta spirito e indole in Rain before it falls di Patrick de Bana. Accompagnata qui dallo stesso coreografo e da Denis Savin, rivive ricordi incarnando continue vibrazioni, grazie alle luci di James Engot, immersa nelle sonorità di Händel, Respighi e Pino-Quintana. Regalandoci una sua immagine mai vista prima, conclude la serata con Strokes through the tail di Marguerite Donlon mentre ironica si diverte sulle musiche di Mozart e, in continue ondulazioni, passa dal tutù al frac. Carmelo A. Zapparrata
A FABBRICA EUROPA TRA STAFFETTE E NARRAZIONE Concepito per Fabbrica Europa da Michele Di Stefano, Fabrizio Favale e Cristina Rizzo, Gamelan nasce per venti interpreti scelti tra artisti presenti al festival e non. A turno si esibiscono brevemente nella propria performance, sfumando l’uscita per lasciare posto al successivo danzatore. A tratti si odono brevi interventi musicali e il suono di un campanello che detta il tempo. Solo in alcuni momenti entrano tutti nell’arena posizionandosi con il proprio movimento sempre diverso. Non mancano punte stravaganti: chi indossa una vistosa parrucca bianca, chi porta fiori in testa, chi si presenta in pose scimmiesche improvvisate. Questa staffetta di entrate e uscite, aperta a infinite possibilità, si svolge in assoluta libertà pur nella griglia di una struttura stabilita. Se Gamelan (dal nome dell’orchestra di origine indonesiana i cui strumenti musicali sono costruiti e intonati per suonare insieme) inizialmente poteva dare l’idea di una monotona performance, pian piano l’accumulo coreografico di materia danzata crea una rete di gesti e sequenze coinvolgenti che dalla solitudine si trasforma in condivisione della condizione umana. Narrativo è Angel, trio femminile di Charlotte Zerbey che dà corpo al tema del genere. Lo spettacolo è costruito sul dialogo in versi tra Shakespeare e il suo amore, un Fair Youth (il “bel giovane”), a cui sono dedicati la maggior parte dei sonetti del Bardo. La coreografia è un poetico dialogo in danza che rimanda all’archetipo dell’androgino. Tre donne in pose e in abiti maschili che si cambieranno presto per ritrovarsi in slip e t-shirt, poi in body color carne vagamente settecentesco. Il soundscape - musiche e canzoni beat, pop, rap - svela e muta l’azione caricandola di mistero. Il trio trascolorerà da gesti minimali a movimenti netti e forsennati. Su una lama di luce a terra due di esse si specchiano l’una nell’altra, mentre la terza le osserva buttando poi in aria gli abiti ammucchiati, sconvolgendo i rapporti. Un corpo a corpo sensuale, di urti, intrecci, giochi, per unirsi infine come un’entità unica. FIRENZE
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LA MUSIC VISUALISATION DI MORRIS
ROBERTO E I SUOI AMICI
Roberto Bolle e Timofej Andrijashenko in “Le combat des anges” di Petit (foto Fabio Ricci); Mark Morris Dance Group in “Foursome” (foto Federico Zovadelli).
PARMA Farci conoscere artisti stranieri ormai difficilmente ospiti in Italia ed estratti di balletti che le nostre compagnie non hanno in repertorio resta il pregio dei gala di danza. Benché il pubblico li affolli con tutt’altro spirito, anche i Bolle&Friends, sotto la direzione artistica della nostra star, si prefiggono questo scopo. Al Teatro Regio di Parma, tappa inaugurale di un imminente tour estivo fitto di date, erano diverse le novità. Volti nuovi i Principals del Semperoper Ballett di Dresda Elena Vostrotina e Dmitrij Semënov (fratello della più nota Polina), audaci nel presentarsi in quel Grand pas classique di Gsovskij che preferiremmo appannaggio dei soli fuoriclasse. Di rado sui nostri palcoscenici anche la coppia di scena e di vita Anna Tsigankova dall’Het e Matthew Golding dal Royal Ballet, applauditi in Délibes Suite, firmata da José Martinez con garbato tocco francese. Una rarità per noi il 2° movimento (Andante) del Concerto di Šostakovič, creato da MacMillan nel 1966 da direttore della Deutsche Oper di Berlino. Melissa Hamilton, Solista del Royal Ballet in sabbatico alla Semperoper di Dresda, prende la parte che fu di Lynn Seymour, e accanto a Xander Parish, Solista al Mariinskij cresciuto al Royal Ballet, restituisce l’andamento di un pas de deux geometrico per precisione, emozionante per slancio. Molto ammirata, per prestanza e flessibilità, la coppia del Teatro alla Scala Nicoletta Manni-Timofej Andrijashenko, in un passo a due da Cello Suites di Spoerli adattato per gala. Proprio con i giovani scaligeri il re della serata si riserva un paio di novità di stagione. Andrijashenko gli è partner nel tableau Le combat des anges tratto da Proust, ou les intermittence du coeur di Petit, dove la tenzone seduttiva tra gli aitanti interpreti, il biondo e il moro, l’angelo e il demone, assume interessanti sfumature da duetto maschile béjartiano. Manni gli è complice nella creazione di Itzik Galili Swing, dove i due campioni di accademismo si lasciano andare all’entertainment strappando al pubblico gli applausi finali. Valentina Bonelli
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CORPO DI BALLO DEL TEATRO DELL’OPERA
CREMONA Pochi coreografi lavorano in profondità sul rapporto musica e danza come fa da più di trent’anni in America Mark Morris. Nessun suo spettacolo va in scena senza musica dal vivo, ragione per cui non lo si vede di frequente sui palcoscenici europei. Non era perciò da perdere la presenza del Mark Morris Dance Group e dal MMDG Music Ensemble nella stagione La Danza del Ponchielli di Cremona che, accanto a pezzi premiati anche dal nostro giornale come Jenn and Spencer e Polka, ha visto in scena la prima italiana di Foursome. Costruito sulle Gnossiennes for Piano (Nos. 1, 2 and 3) di Erik Satie e sulle Sette Danze Ungheresi di Johann Nepomuk Hummel, Foursome è un pezzo per quattro uomini accompagnato al pianoforte da Colin Fowler, alle spalle undici anni di collaborazione con Morris, dal 2013 direttore del MMDG Music Ensemble. Il pezzo risponde alla capacità di Morris di trasformare la coreografia in una originale ‘music visualisation’, termine in Morris mai sinonimo di una scrittura didascalica: una partitura del movimento che si intreccia con la partitura musicale, esaltandone la dinamica nello spazio teatrale con una linea gestuale che scorre tra i corpi.
I quattro danzatori fanno respirare la musica nelle rapide camminate, nei frequenti giri su se stessi, nei movimenti delle braccia: ed è come se si passassero le frasi musicali, facendole danzare da un corpo all’altro. Come se vedessimo la musica trasmigrare dalle braccia di uno alle gambe di un altro, un andamento sinuoso tra i corpi in cui prendono forma i colori della partitura nonché le tonalità umorali della danza. E Satie, nell’incontro tra l’esecuzione di Fowler e l’interpretazione dei danzatori, acquista sorprendenti toni jazzati in un mix di sfumature nostalgiche, ironiche, spumeggianti che lascia un segno nei pubblico. Francesca Pedroni
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NEL PARCO LE VIBRAZIONI AMOROSE
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AUTORI IN ASCESA E DISCODANCE TORINO La discoteca come set per la danza contemporanea con la musica ipnotica di un grande come Lorenzo Senni. Passi piccoli ripetuti sino all’ossessione: lasciarsi andare alla trance, uscire da sé. La danza da discoteca come nuovo linguaggio da investigare? Forse come strumento per restituirci un mood. Non è un caso che un altro coreografo, il francese Christian Rizzo di questi tempi rifletta sullo stesso tema. È comunque piaciuto Higher dell’italo olandese Michele Rizzo che ha aperto il 16° Festival Interplay. Il pubblico ha apprezzato e ritrovato, soprattutto i giovani, sensazioni conosciute riproposte in un contesto diverso. Se non ha altrettanto entusiasmato, nonostante la bravura dei quattro interpreti Collective Loss of Memory del gruppo boemo-greco Rootlessroot/Dot 504, già passato per esempio a Gender Bender, il favore è andato ai molti duetti. Per esempio Cascas d’ovo costruito con intelligenza e implacabile senso del ritmo, con Jonas Lopes e Lander Patrick: bende sugli occhi e una sorprendente inventiva nel declinare e sviluppare il semplice battere delle mani. Oppure la fisicità accesa, la gestualità appassionata e acrobatica di Hector Plaza e Kiko Lopez Juan in Postkriptum: amarsi , lasciarsi, rimpiangersi. Ma erano due i lavori su cui puntare l’attenzione. Relic del greco Euripides Laskaridis, è un assolo di teatrodanza dove il performer e coreografo si presenta coma una donna dall’aspetto goffo e sfrontato: seno, sedere rigonfi all’inverosimile, acconciatura simile, viso nascosto come da una calza di nylon. Si muove come la parodia di una showgirl, con i supertacchi che risuonano su un pavimento attivato da sensori sonori, in un ambiente trash con avanzi di arredamento, un incredibile bric à brac, giocando con il comico e la farsa. C‘era molta attesa per Yuval Pick che un paio di anni fa aveva conquistato il pubblico di Interplay con Score. Questa volta il direttore del CCN di Rilleux-La-Pape ha portato un lavoro minimalista, un duetto femminile, Loom. Creato insieme al compositore Nico Muhly, è tutto incentrato sullo scambio di energia fra le due danzatrici che quasi sempre si fronteggiano. Si muovono all’unisono, una riprende il gesto dell’altra: sono staffilate impresse con il bacino, con il busto, con le braccia, quasi un andare e venire di una navetta sul telaio (appunto loom). Lavoro di grande ricerca, quasi uno studio, intenso e introverso. Molto diverso dal duetto inchiesta sulla femminilità, ironico e concettuale Why are you so f***ing dramatic di Francesca Penzo e Tamar Grosz. Sergio Trombetta Eleonora Abbagnato al Teatro dell’Opera di Roma in “Le Parc” di Preljocaj (foto Yasuko Kageyama). In alto, “Higher” di Michele Rizzo (foto Andrea Macchia).
ROMA Mentre ci stiamo interrogando su chi sarà il vero profeta della danza del nuovo millennio, Le Parc di Angelin Preljocaj si conferma classico di fine Novecento. A farlo entrare in repertorio è stavolta l’Opera di Roma, con un attraente allestimento – supervisionato dal coreografo stesso e da Laurent Hilaire, primo protagonista nel 1994 – e un’ottima Eleonora Abbagnato nel ruolo che fu di Isabelle Guérin, la belle dame sans merci in fuga dallo scompiglio dei sentimenti ma preda infine dell’incanto vertiginoso dei sensi. Preljocaj prese spunto dalla secentesca Carte de Tendre di Madeleine de Scudéry – mappatura dei percorsi possibili dell’amore –, ricavandone un elegante affresco in tre tempi sull’arte d’amare. Era un balletto per l’Opéra di Parigi in cui Angelin rese contemporanee le linee accademiche dei suoi interpreti senza stravolgere il loro linguaggio né tradendo la sua cifra stilistica. L’alternanza di atmosfere è sottolineata dal doppio binario musicale ben cadenzato dalla bacchetta di David Garforth: Mozart per le relazioni sociali e amorose, i clangori ovattati di Goran Vejvoda per la parte notturna, inconscia, governata da quattro Cupidi da fabbrica dell’eros. La sorte della protagonista si dipana così verso l’abbandono, che culmina nell’ormai celebre volo dei due amanti tenuti insieme da un bacio appassionato. Non è tanto l’originalità della sequenza (una presa simile la idearono Bouvier e Obadia) ma la partitura coreografica che Preljocaj crea per arrivare a questo momentum. È il cogliere l’essenza del tempo artistico in cui si vive – e gli anni Novanta furono fecondi – e tradurlo in poesia permanente. A un mosaico tanto ben congegnato, sullo sfondo del parco astratto di Thierry Leproust e gli sfarzosi costumi di Hervé Pierre, corrispondono Stéphane Bullion – più bello che seducente, più morbido che galante – e Abbagnato ombrosa e altera, poi ardente e spericolata. Alacri i Cupidi-operai (Luci, Rezza, Mastrangelo, Marangio), convincente il corpo di ballo fra corte e corteggiamento nel parco delle meraviglie di Preljocaj. Rossella Battisti
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BALLETTO DI ROMA IDENTITÀ DI GENERE PADOVA Le tre coreografie di Itamar Serussi Sahar e di Paolo Mangiola, nell’unico titolo Paradox visto in prima italiana al Teatro Verdi di Padova, rivelano la crescente versatilità e la qualità tecnica acquisita dal Balletto di Roma nel nuovo corso del direttore artistico Roberto Casarotto. I due autori hanno lavorato sul concetto di identità di genere, un punto di osservazione sul maschile e sul femminile. Mangiola, in Fem, guida quattro danzatrici in pose vibranti ed esercizi discontinui del balletto accademico, per spezzarne poi le linee e i posizionamenti individuali in una dinamica spaziale tesa a manifestare l’esteriorità e l’interiorità, la fragilità e la forza. Da personalità singole si compongono e smembrano continuamente in coppie e terzetti generando un flusso gestuale, rivelatore di memorie e di posture acquisite, che li allontana e li riavvicina. In controluce, il corpo di Siro Guglielmi nell’assolo di Itamar Serussi Shyco, esplora gli stati d’animo di un uomo colto nella sua emotività. Con roteare di braccia, ondeggiamenti della testa, piegamenti del corpo in tutte le direzioni, gesti molleggiati poi sempre più decisi, riempie lo spazio con una tensione espressiva che lo conduce all’acquisizione della consapevolezza.
All’insegna di una coralità guerriera, Balletto di Roma tutta al maschile, è Tefer. Su sonorità in “ Fem” di stravaganti come l’abbaiare di cani e Mangiola (foto Matteo Carratoni) rumori d’acqua mescolate a melodie e Zerogrammi orientali, del compositore Richard van in “Jentu” (foto Kruysdijk, la coreografia di Itamar nasce Emanuela Giurano). da suggestioni musicali e visive, tra cui il fumetto degli anni ’70 Mr. Line. Su linee e traiettorie variabili si muovono i sei danzatori, in cerchio, in serie, da soli, esibendo una gestualità ironicamente virile, ciondolante, che scompagina i contatti e li riassetta. Sempre più energica, la danza svela i contrasti di una mascolinità inattesa e scopre i pudori di sensibilità rimosse. Giuseppe Distefano
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“FRANKENSTEIN” NON CONQUISTA GLI INGLESI
ZEROGRAMMI IN “JENTU”
IL VENTO, IL LIMBO DEI SOGNI, LA FOLLIA DELL’ANTI-EROE Piove. Riparata dietro una finestra, illuminata da una fioca luce di candela, una donna. Fuori, un uomo passeggia nell’intemperie metereologiche e interiori. Il loro incontro sarà uno scambio di ripetuti abbracci nel tentativo di condividere qualcosa: lo smarrimento che li attanaglia? I sogni che il disincanto di un mondo imbruttito tende ad annientare? Semplicemente il viaggio verso le proprie aspirazioni, le proprie passioni, la propria bellezza. Così tentano, falliscono, ricominciano, senza mai perdersi d’animo i due protagonisti di Jentu. Novelli Don Chisciotte, anti-eroi contemporanei, che perseguono i propri ideali, viaggiando insieme, paralleli, spronandosi a vicenda. È racchiusa in questa metafora poetica del viaggio e della non resa al mondo la riuscita di Jentu, nuovo lavoro della compagnia Zerogrammi coprodotto dal PimOff che ne ha ospitato il debutto nazionale. Jentu, in dialetto salentino (luogo di provenienza del coreografo Stefano Mazzotta), significa vento. Quel vento che in certe tradizioni popolari è latore di follia; quel vento che è elemento inafferrabile; è tempo sospeso. La stessa sospensione che la coreografia dispiega in un susseguirsi di duetti e assoli, non così originali sul piano stilistico, eppure così intensi da creare incanto. In particolare lascia il segno il solo centrale di Chiara Guglielmi per intensità fisica e bravura espressiva in cui la danzatrice borbotta al compagno “resisti, prega, corri” e in cui tenta disperatamente di duellare con una spada senza riuscirci, perché anche il più piccolo dei gesti in questo limbo dove domina il vento, sembra sforzo sovrumano. Cervantes e il suo capolavoro letterario sottendono la nitida drammaturgia di Fabio Chiriatti e l’hidalgo (questa volta è lei Don Chisciotte) in una scena compare anche in sella al suo ronzino (Mazzotta). E insieme, ancora, gattonando, provano ad inseguire i propri ideali su una colonna sonora che coglie nel segno spaziando dal genere melodico spagnolo di Sílvia Pérez Cruz alle atmosfere newromantic di Ólafur Arnalds. Una ninna nanna, per non interrompere il sogno.
MILANO
LONDRA I critici inglesi, si sa, possono essere feroci. Non deve quindi sorprendere, che all’indomani della prima, il nuovo e attesissimo balletto di Liam Scarlett, Frankenstein, sia stato salutato da titoli e commenti al vetriolo. Il Telegraph ha esordito con ‘Il Royal Ballet ha creato un mostro’, mentre per il Guardian il balletto non è altro che un ‘guazzabuglio mostruoso’. Tali reazioni possono sembrare esagerate, soprattutto agli occhi di chi ha visto la ripresa filmata, incentrata su di un abile gioco di inquadrature che non fanno certo vedere il balletto come è realmente in scena. Tuttavia, sono reazioni sintomatiche dell’esasperazione provata da quanti, esperti e non, da tempo si vedono propinare dalla massima compagnia britannica novità narrative costosissime e di mediocre livello. Basti pensare a Raven Girl (2013) di Wayne MacGregor, la cui ripresa nel 2015 è stata aspramente criticata dal pubblico online, la Carmen (2015) di Carlos Acosta, vero e proprio guazzabuglio iper-spettacolare, o Strapless (2016) di Christopher Wheeldon, deriso e snobbato da critica e pubblico. Per verità, Scarlett, che eccelle nei lavori di tipo astratto, non ha mai avuto fortuna con lo storytelling coreografico. Il suo Hansel e Gretel (2013), pur avendo soluzioni drammaturgiche e coreutiche d’interesse, mancava di consistenza drammatica, mentre tanto Sweet Violets (2012) che The Age of Anxiety (2014) mettevano in risalto la sua difficoltà a far ‘parlare’ la danza stessa. Anche in Frankenstein, a parte i passi a due composti nel segno della miglior tradizione britannica, l’azione coreografica si risolve in una serie di numeri puramente riempitivi. Risate e risatine si sono sentite tra il pubblico nella seconda parte dell’interminabile primo atto (45 minuti), quando in
un’imponente aula universitaria, studenti e improbabili infermiere volteggiano passandosi membra umane e organi contenuti in bottiglioni – di pura plastica, e si sente. Una certa ilarità la si è avuta anche poco dopo, quando il giovane Victor Frankenstein – un meraviglioso Federico Bonelli che aveva fatto di tutto per dare gravitas a un testo che non ne ha – riattacca dette membra al mezzo corpo sul tavolo operatorio, mette in azione una decina di tubi fosforescenti con bollicine, fa esplodere due o tre pirotecnie simili a quelle che accompagnano l’apparizione dei cattivoni nella classica pantomima inglese di Natale, e si ritrova la creatura che stende la gamba in alto (completa di scarpetta) con perfetto tendu. Il secondo atto non è da meglio, e l’unica cosa che vale la pena di vedere sono i movimenti, ora serpentini ora schizofrenici, della creatura stessa, interpretata da Steven McRae. Le cose vanno definitivamente a peggiorare nel terzo e ultimo atto, dove un ballo in casa Frankenstein ricorda fin troppo da vicino La Valse di Ashton e, come La Valse ashtoniana, è esasperatamente lungo e inutile. Per fortuna, gli ultimi duetti della creatura con Elizabeth, sposa di Victor (Laura Morera) e con Victor stesso, mostrano una scintilla di genio narrativo, facendo uso di una ben congegnata ripetitività che ritarda l’azione stessa, accrescendone la tensione. Il tutto si svolge sulle note del nuovo spartito di Lowell Lieberman che, come la stessa azione coreografica in cui si trovano citazioni fin troppo evidenti da Manon, Onegin, Romeo e Giulietta e The Rake’s Progress, si imposta su motivi che rimandano ad altri ben più noti spartiti. In fondo, solo le splendide scene e i costumi di John MacFarlane valgono un applauso. Giannandrea Poesio
Federico Bonelli e Steven McRae in “Frankenstein” di Liam Scarlett per il Royal Ballet (foto Bill Cooper/ROH).
Maria Luisa Buzzi
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NELLA MENTE E NELLO SPAZIO SENZA GRAVITÀ
L’ACROBAZIA FILOSOFICA DI MATHURIN BOLZE CHAMBERY Due capitoli della stessa storia da vedere in successione oppure separatamente. Parliamo di Fenêtres e di Barons Perchés, potenti lavori di circo contemporaneo a idea, firma e interpretazione (in parte) di Mathurin Bolze. Saranno in scena nuovamente in Italia a settembre, ospiti entrambi a distanza di pochi giorni di Torinodanza, festival che grazie al suo direttore Cristoforetti porta con sé una consolidata tradizione di apertura verso il nouveau cirque di matrice francese. Se di Fenêtres, assolo di Bolze datato 2002 ripreso nel 2015 con il passaggio di testimone al giovane Karim Messaoudi, abbiamo parlato in queste pagine, nuovo è invece il secondo capitolo del progetto, sempre liberamente ispirato a Calvino e al suo Barone rampante: Barons Perchés. Visto all’Espace Malraux di Chambery, polivalente, multidisciplinare e brulicante palcoscenico della Savoia, Barons Perchés porta in scena ‘due baroni del trampolino’ e del volteggio acrobatico dentro una casetta-gabbia sospesa e di dimensioni ridotte. Sono Karim e il suo doppio Mathurin, che nello spettacolo sono in realtà Bachir e la sua ombra. Nella sua casetta mignon e modulabile, Bachir, ragazzo solitario in cerca di un nuovo postulato di vita, incontra il suo fantasma. Sogno, realtà, follia? L’interpretazione, per oltre sessanta minuti di poesia, è aperta. Ispirandosi anche a Il Sosia di Dostoevskij l’autore mescola il reale e l’onirico nella vertigine del volo tra il tappeto elastico (sempre più teso per spingersi sempre più in alto) e le pareti di legno tempestate di fessure; cerca la concretezza del superamento del limite fisico e la prospettiva di uno spazio infinito, diverso, oltre le finestre e le sbarre. Una terza dimensione restituita allo spettatore dall’ebrezza del volo, tanto elegante da sembrare il più naturale dei movimenti, dal sincrono e dallo sfasamento a canone delle sequenze. Portato per mano in questo viaggio di solitudine e fratellanza lo spettatore – istigato al volo pindarico fisico o filosofico che sia – palpita. Maria Luisa Buzzi
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PSICHEDELICO E AGGRESSIVO SHECHTER
PARIGI All’ingresso in sala distribuiscono i tappetti di plastica caso mai non si sopportasse il volume della musica. Ma dopo aver visto cose come Political Mother in versione concerto rock, con Hofesh Shechter si è pronti a tutto comprese le percussioni telluriche che accompagnano questo Barbarians, una trilogia che al Théâtre de la Ville di Parigi ha fatto come al solito il tutto esaurito e scatenato l’entusiasmo del pubblico. Qui siamo in piena discoteca. Fari bianchi sciabolanti che percorrono incessantemente la scena e debordano in platea, scosse elettroniche che si abbattono come mannaie, luce accecante che si alterna a bui improvvisi: con il suo stile guerrigliero, iperaggressivo questo coreografo e compositore israeliano, che dal 2008 a Londra ha trovato la Nella pagina di sinistra, Mathurin sua nuova patria, galvanizza e trascina. Bolze e Karim Eccoli all’improvviso in scena, vestiti Messaoudi in di bianco i barbari ‘in love’ della “Barons Perchés” prima parte. Si muovono secondo un (foto Christophe Raynaud De Lage). vocabolario primario accompagnati da In alto e sotto, una musica che dal rock trascolora nel due momenti di remix (arie di Mozart comprese) mentre il “Barbarians” di primo pannello si chiude mostrandoceli Hofesh Shechter (foto Gabriele Zucca). nudi nella penombra. Questa ‘trilogia – spaghetti’ che all’inizio doveva intitolarsi Il buono, il brutto e il cattivo, ci porta col secondo pannello tHE bAD in un’atmosfera calda dove le le luci, sistemate su due pareti laterali, dal ghiaccio passano al giallo solare per investire i cinque protagonisti in total lycra giallo. La danza si fa, se possibile, ancor più tribale senza dimenticare i passi della tradizione israeliana che ormai sono il marchio di fabbrica del coreografo. Anche qui l’accompagnamento sonoro siglato Shechter si mescola curiosamente con la viola di Jordi Savall, mentre sugli schermi scorrono brandelli di un immaginario dialogo fra una psicoterapeuta e Shechter stesso sulla crisi del quarantenne. All’improvviso il clima cambia, perché nel terzo pannello il coreografo ci prende in contropiede e ci presenta una curiosa coppia: lei in pantaloni grigi, lui in costume tirolese pronti a declinare tutte le possibili modalità del rapporto uomo-donna. Momento magico e sorprendente. Barbarians aprirà la sezione danza del prossimo festival Romaeuropa dal 21 al 24 settembre al Teatro Argentina e sarà successivamente il 28 a Reggio Emilia per Aperto e l’1 ottobre al Lac di Lugano. Sergio Trombetta
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PRIX BENOIS
(QUASI) OSCAR TRA LUCI E OMBRE
HAPPY BIRTHDAY CON KYLIÁN MONTE-CARLO Mai uguale a se stesso, sempre pronto a sperimentare e a rinnovarsi alla soglia dei settant’anni, Jirˇí Kylián ha omaggiato il 30° anniversario dei Balletti di Monte-Carlo costruendo un programma di suoi titoli per la compagnia. E come sempre, ha stupito. Perché insieme alla riproposta di una delle sue opere più emblematiche, Bella Figura, all’acuta analisi della società che sottende Gods and Dogs (nata nel 2008 per l’NDT2) e alla pièce d’occasion Chapeau creata nel 2005 per il venticinquesimo anniversario della Regina Beatrice d’Olanda, ha magistralmente incastonato nella serata un cadeau video: Oskar. Creato in meno di una settimana a Monte-Carlo, Oskar riporta in scena (non succedeva Les Ballets de preziosa. Sebbene il legame tra il geniale da almeno quattro lustri) un ironico Jean-Christophe Monte-Carlo in praghese e l’ensemble monegasco sia di Maillot incalzato dalla moglie Bernice Coppieters, “Gods and Dogs” e in “Bella Figura” lunga data (nove le sue opere in repertorio) la splendida ballerina della compagnia ritiratasi nel 2014 e di Kylián (foto Alice compagnia di Maillot negli ultimi due anni oggi maître principale. Con loro, il fedele cagnolino nero Blangero). si è completamente rinnovata. Affrontare che presta il nome al film. Giudicate voi, guardandolo su Kylián nelle sue infinite sfaccettature era youtube, quanto sia aulico nella sua comicità da albori dunque per l’ensemble una bella sfida. Vinta del cinema muto questo passo a due/tre in nero con sotto tutti i punti di vista: nell’interpretazione puntuale ed torta di compleanno, coreografato con veggenza su Cream di Prince quindici giorni prima della scomparsa della rock star di entusiastica nutrita di vibranti sfumature e giovanilistica generosità. C’è grazia, estro, misurata semplicità e qualche Minneapolis. Teatralità turgida e sfaccettata, maestria registica tocco (necessario) di follia. Insomma tutto il mondo del digitale e di tutte le sue tecniche di postproduzione, passi del grande praghese nei corpi e negli animi dei ballerini di danza pungenti e ferali a ricordarci che è bene non prendere monegaschi che indubbiamente ricorderanno, come noi, troppo sul serio se stessi, la vita e la bellezza. Ma al di là questo compleanno. Maria Luisa Buzzi della perla della serata, l’ostrica che la contiene è altrettanto
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MOSCA Forse ha ragione chi puntualizza che il Benois de la Danse – fatto salvo l’assoluto prestigio – non è l’Oscar della danza, ma è il premio assegnato da un club esclusivo di artisti del settore riuniti sotto il sempre vigile Jurij Grigorovič. A differenza dell’Oscar che vede migliaia di votanti indicare il numero da cui estrarre i nominati dell’anno qui è la giuria scelta di anno in anno a proporre le candidature degli artisti che hanno primeggiato nel corso della stagione in debutti di ruolo o creazioni. A seconda di come è composta questa giuria – sempre accuratamente global per le provenienze dei vari rappresentanti – si può capire quali saranno gli esiti dello scrutinio. Quest’anno accanto a Grigorovič c’erano José Carlos Martinez (Compañia Nacional de Danza) e Johannes Ohman (Royal Swedish Ballet), dal Mariinskij Jurij Fateev e dal Joyce Theatre di New York Linda Shelton, il pedagogo cinese Xiao Suhua e due stelle, una di oggi – la statuaria Marie-Agnès Gillot – e una di ieri, la nostra Elisabetta Terabust. Rimandando alla lista dei nominati, indovinare chi ha indicato chi e dove si sarebbero indirizzati i premi era abbastanza prevedibile. Talvolta però lo sciovinismo a tutti i costi non paga: rischia anzi di produrre effetti controproducenti, anche perché il palcoscenico del Bol’šoj è impietoso e il suo pubblico fa tremare i polsi. Però anche solo essere ‘nominati’ è un grande onore, alza le quotazioni e inevitabilmente, in patria, ti mette sotto altra luce e così pazienza se in alcuni casi si è mandati un po’ allo sbaraglio. Hanno vinto veramente i più meritevoli? Nella bilanciata spartizione di quote/ premiati – salvo l’imprescindibile Alicia Amatriain splendida Blanche in Un Tram che si chiama desiderio – qualche artista poteva essere intercambiabile: al posto dell’ancora acerbo Kimin Kim del Mariinskij (il suo schiavo in Shéhérazade era totalmente privo di languori erotici) avrebbe potuto esserci il bello e teatrale Hugo Marchand dall’Opéra; al posto di Hanna O’ Neill da Parigi Oksana Skorik da San Pietroburgo. Insomma non è stata individuata nessuna superstar, tanto è che un
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grande artista ha ricevuto un premio speciale, visto che in tutti questi anni non aveva mai ottenuto la nomination: Aleksander Riabko acclamato con la sua Silvia Azzoni alla premiazione e nel Gala shakespeariano del giorno seguente, dove ha danzato un estratto da Hamlet e un duetto rococò da As you like it. Nella sezione coreografi si è sentita la mano di Grigorovič nel premiare Yuri Possokhov, su cui il Bol’šoj sta investendo molto, mentre è sembrato convincente il premio a Johan Inger, con il suo primo lavoro narrativo Carmen. Restano a bocca asciutta Justin Peck, Millepied, Maxim Petrov, Zhang Yungfen e Bigonzetti; ma da quanto si è visto forse quello che avrebbe meritato davvero è Aleksander Ekman per il visionario Sogno di una notte di mezza estate con il Royal Swedish Ballet. Già lo scorso anno il dissacrante svedese aveva divertito il Bol’šoj con un solo munito di bicchiere d’acqua, “Carmen” di Johan Inger, vincitore ma evidentemente nell’economia da del Bonois per Manuale Cencelli la casella dei premi la coreografia e per la nuova coreografia era già stata un momento di occupata. Sarà per un’altra volta. Perché “Divertissement du Roi” di Maxim Petrov, non è affatto vero che i russi siano chiusi giovane coreografo e tradizionalisti. Vogliono però che la russo nominato danza comunichi qualcosa con una al Premio (foto M. verità emozionale. Logvinov).
Nel gala shakespeariano così hanno trionfato Mariko Kida e Anthony Lomuljo nella scena del balcone da Giulietta e Romeo di Mats Ek (RSB) mentre il duetto del balcone di Preljocaj, ottimamente eseguito da Virginie Caussin e Redi Shtylla, è stato accolto compuntamente. Tra gli altri brani si segnalano due rare miniature shakespeariane firmate da Béjart nei primi anni ‘60 sul jazz di Ellington, mentre John Neumeier – osannato premio Benois “una vita per la danza” – ha presentato il mirabile duetto minimale da Othello con Jung e Laudere. Per pathos e teatralità il duetto finale di Othello di Lubovitch con il gigantesco ma elegante Fabrice Calmels e la fragile Victoria Jajiani (Joffrey Ballet) è stato tra i più graditi, mentre un estratto dalla Bisbetica domata di Maillot con alcuni dei migliori talenti del Bol’šoj, Lantratov e Krysanova in testa, conferma l’operazione azzeccata. E gli italiani? Scesi per difendere i colori del direttore scaligero (Virna Toppi e Christian Fagetti) o la propria nomina (Rebecca Bianchi con Claudio Cocino) sono stati accolti cordialmente. Ma menzione speciale va a Alessandro Riga, molto apprezzato in Arlésienne. Silvia Poletti
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ORIENTE OCCIDENTE DANCE FESTIVAL
30.8-11.09.2016 ROVERETO
MER 31 AGO
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MER 7 SET
SAB 10 SET
Auditorium Melotti - ore 18 CID CANTIERI
Auditorium Melotti - ore 20.30
Teatro Zandonai - ore 20.30
JESSICA NUPEN MOVING INTO DANCE MOPHATONG SUDAFRICA
KADER ATTOU CCN DE LA ROCHELLE/ ACCRORAP
Largo Foibe - ore 11 Piazza Malfatti - ore 17
FRANCIA
GRAN BRETAGNA
ROMEO & JULIET / REBELLION & JOHANNESBURG prima nazionale
OPUS 14 prima nazionale
BLOCK
DAVIDE VALROSSO ITALIA I WOULD LIKE TO BE POP primo studio e coproduzione del Festival TOMMASO SERRATORE ITALIA IL CORAGGIO DI STARE prima nazionale e coproduzione del Festival Teatro Zandonai - ore 20.30
SAB 3 SET CID - ore 11-13 WORKSHOP BATSHEVA DANCE COMPANY
JAN FABRE TROUBLEYN BELGIO ATTENDS, ATTENDS, ATTENDS... (POUR MON PÈRE)
Via delle Fosse - ore 18
Auditorium Melotti - ore 20.30
#UNLIMITED WORKSHOP
ROBERTO ZAPPALÀ COMPAGNIA ZAPPALÀ DANZA ITALIA
Auditorium Melotti - ore 20.30
INSTRUMENT 1 <SCOPRIRE L’INVISIBILE>
KO MUROBUSHI & CARLOTTA IKEDA ARIADONE FRANCIA
OHAD NAHARIN BATSHEVA DANCE COMPANY ISRAELE
THREE
DOM 4 SET
ANTOINE LE MENESTREL CIE LÉZARDS BLEUS FRANCIA
CID - ore 14-17 WORKSHOP
L’AIMANT. POÉSIE VERTICALE prima nazionale e creazione site specific
LUCA VEGGETTI, CHEN-WEI LEE, PAOLO ARALLA ITALIA WORKSHOP COREOGRAFICO VOCE / SUONO / MOVIMENTO
GIO 1 SET Piazza del Mart - ore 20.30
MAR 6 SET
MARCOS MORAU LA VERONAL SPAGNA
Auditorium Melotti - ore 20.30 CID CANTIERI
LOS PÁJAROS MUERTOS prima nazionale e creazione site specific
CARLA RIZZU ITALIA L’ULTIMA MADRE prima nazionale e coproduzione del Festival SALVO LOMBARDO ITALIA
EUROPE FOR FESTIVALS FESTIVALS FOR EUROPE
MASTERCLASS
GAGA AND REPERTOIRE WORKSHOP
Teatro Zandonai - ore 20.30
SCENARIO prima assoluta e coproduzione del Festival e del Mart creazione site specific
FRANCIA
Palestra ai Giardini - ore 14-20 WORKSHOP
AFROFUSION CONTEMPORARY DANCE WORKSHOP
LUCA VEGGETTI ITALIA
ABRAHAM. IN.MOTION USA
BALLET NATIONAL DE MARSEILLE
A.I.M. TECHNIQUE CLASS
MOVING INTO DANCE MOPHATONG SUDAFRICA
Mart - ore 18
CID - ore 15-17 WORKSHOP
CID - ore 12-14 WORKSHOP
ISRAELE
CID - ore 14-16 WORKSHOP
GIO 1 VEN 2 SAB 3 SET
GIO 8 SET
NOFIT STATE / MOTIONHOUSE
EFFE LABEL 2015-2016
CASUAL BYSTANDERS coproduzione del Festival
VEN 9 SAB 10 DOM 11 SET
UTT prima nazionale
Urban Center - ore 10 DIALOGHI
Palestra ai Giardini - ore 14-18 WORKSHOP
MOVING BEYOND INCLUSION
#UNLIMITED WORKSHOP
VEN 9 SET
Auditorium Melotti - ore 19 MOVING BEYOND INCLUSION
Urban City - ore 11 Piazzale Caduti sul Lavoro - ore 17
ALOUN MARCHAL SPINN SVEZIA
NOFIT STATE / MOTIONHOUSE
TRIO
GRAN BRETAGNA
BLOCK prima nazionale Teatro Zandonai - ore 20.30 KYLE ABRAHAM ABRAHAM.IN.MOTION USA PAVEMENT prima nazionale
DOM 11 SET
Teatro Zandonai - ore 20.30 EMIO GRECO I PIETER C. SCHOLTEN BALLET NATIONAL DE MARSEILLE FRANCIA
TWO prima nazionale BOLÉRO
*completa il Festival la sezione LINGUAGGI dal 30.08 al 10.09
WWW.ORIENTEOCCIDENTE.IT T. 0464 431660 - festival@orienteoccidente.it Seguici anche sulla nostra app OO-CID e su
con in contributo di
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Foto Dan Tucker
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PICCOLE RIVOLUZIONI AL BAYERISCHES STAATSBALLETT MONACO Molte sono le aspettative per la nuova direzione artistica del Bayerisches Staatsballett, dalla stagione entrante affidato a Igor Zelenskij dopo 18 anni con Ivan Liška. Se il comunicato stampa conferma che la compagnia è stata pressoché rivoluzionata nei mesi scorsi, precisa in una nota di non voler specificare chi se ne andato per volontà propria e chi invece del neo-direttore. Un rinnovamento che immaginiamo traumatico visto che su nove Principals sei non li vedremo più su quel palcoscenico: Daria Sokhorukova, Ekaterina Petina, Lucáš Slavicky, Cyrill Pierre, compresa la coppia ‘regina’ Lucia Lacarra e Marlon Dino. Lo stesso vale per i Solisti e per il Corpo di ballo. Da parte sua Zelenskij, che dopo una brillante carriera di star del balletto dal Mariinskij al New York City Ballet negli ultimi dieci anni ha diretto in frenetico turnover un numero considerevole di compagnie, ultima e attuale lo Stanislavskij di Mosca, ha dichiarato: “Grato alla fondatrice Konstanze Vernon, e a Ivan Liška che ha portato la compagnia ad un’eccellente reputazione internazionale, il mio compito è continuare questo sviluppo e guidare il Bayerisches Staatsballett verso ulteriori traguardi. Per questo ho ingaggiato molti eccellenti ballerini e confido che il pubblico accoglierà questi nuovi elementi con gioia e curiosità, affezionandosene presto”. Non noti al momento i nomi dei newcomers: rumours indicano Vladimir Škljarov con la moglie Marija Širinkina in arrivo dal Mariinskij. Quanto alla stagione, sulla carta si preannuncia molto ricca, con alcuni titoli in condivisione con lo Stanislavskij che Zelenskij continuerà a dirigere e altri già nel repertorio della compagnia tedesca. Tre le nuove produzioni: Spartacus di Grigorovič, che apre la stagione nello storico allestimento di Virsaladze (dal 22 dicembre 2016); un Gala per presentare i nuovi Principals e Solisti del Bayerisches Staatsballett (12, 13, 15 gennaio 2017) e Alice in Wonderland di Wheeldon (dal 3 aprile 2017). I titoli ripresi sono: La Fille mal gardée di Ashton (dal 24 gennaio 2017); Romeo e Giulietta di Cranko (dal 5 novembre 2016); un programma a tre titoli con Symphony in C di Balanchine, In the Night di Robbins, Adam is di Barton (dal 7 ottobre 2016); Sogno di una notte di mezza estate di Neumeier (dal 13 maggio 2017); La Bayadère di Bart (dal 15 ottobre 2016 e poi in tour a Hong Kong) e Giselle di Wright (dal 23 settembre). Un titolo allettante appare anche nella settimana primaverile della danza (3-11 aprile 2017) Mayerling di MacMillan, nell’interpretazione del Balletto Stanislavskij ospite al Nationaltheater. Chissà se proprio con il protegé di Zelenskij Sergei Polunin come protagonista, come la foto di presentazione del balletto lascerebbe sperare. www.staatsoper.de.
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LA NUOVA STAGIONE DEL BALLETTO BOL’ŠOJ
MOSCA Svelata la prossima stagione del Balletto Bol’šoj, la 241esima, con la nuova direzione di Makhar Vaziev, che ha dichiarato: “In gran parte i piani artistici erano già stati fatti prima della mia nomina e non ho ritenuto appropriato cambiarli, anche perché sono convinto che il principale compito del Bol’šoj sia preservare il repertorio classico e interpretarlo alla perfezione. Così come ho sempre pensato che ogni grande compagnia debba apprezzare e conservare la sua tradizione”. L’evento più significativo della stagione sarà il grande festival che celebrerà il giubileo di Jurij Grigorovič, 90 anni il prossimo 2 gennaio. “Una figura impressionante, ma ciò che è più impressionante è che è ancora in piena attività!” commenta Vaziev. Oltre a Lo Schiaccianoci, Spartacus, Giselle, Il Lago dei cigni, La Bella addormentata, La Leggenda dell’amore, Romeo e Giulietta, La Bayadère, Ivan il Terribile, del venerabile maestro si attendono, dopo una lunga assenza dal palcoscenico del Bol’šoj, Raymonda e L’Età dell’oro. La stagione si comporrà anche di una nuova acquisizione, Études di Herald Lander (9 marzo 2017) e di una creazione assoluta, Nureyev (6 luglio 2017), dello stesso team che lo scorso anno con Un eroe del nostro tempo aveva vinto la Maschera d’oro: il regista Kirill Serebrennikov, il compositore Il’ja Demutskij e il coreografo Yuri Possokhov. Olga Smirnova e Igor Tsvirko in “Un eroe del nostro tempo” di Yuri Possokhov. A sinistra, Igor Zelenskij.
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IN MOSTRA TANZMESSE VETRINA MONDIALE DÜSSELDORF È la fiera professionale esclusivamente dedicata alla danza contemporanea: la Internationale Tanzmesse nrw 2016, appuntamento biennale, si svolgerà a Düsseldorf, Germania, dal 31 agosto al 3 settembre. Rappresentati più di 50 paesi da quattro continenti che presenteranno alcune delle loro compagnie di punta attraverso esibizioni in sale studio, stands, conferenze. La fiera è un’occasione importante per estendere la propria rete di contatti, ma anche una piattaforma di visibilità internazionale per quelle compagnie che sono state selezionate per presentare sul palcoscenico i loro lavori. Erano 680 i candidati, ne sono stati selezionati 70 e tra questi, 3 sono italiani: la MM Contemporary Dance Company di Michele Merola che presenterà Bolero al pubblico internazionale il 2 settembre al Teatro Stahlwerk; Nicola Galli con Delle ultime visioni cutanee in scena il 31 agosto e il collettivo NaDa di Antonello Tudisco il 2 settembre con Across the border. www.tanzmesse.com
COREOGRAFI AMERICANI A PALAIS GARNIER
PARIGI Da Balanchine a Forsythe. I coreografi americani occupano un posto di rilievo nella programmazione del Ballet de l’Opéra de Paris, da sempre, ma con maggior forza nelle ultime due stagioni programmate da Benjamin Millepied che in America ha svolto la maggior parte della sua carriera. Una mostra allestita fino al 25 settembre al Museo de l’Opéra, al 9° piano di Palais Garnier, racconta come da Balanchine a Forsythe, da Robbins a Brown, da Cunningham a Carlson, i coreografi d’oltreoceano abbiano arricchito i programmi della maison parigina. Dal 1947, anno in cui Mister B creò Palais de cristal per il Ballet de l’Opéra de Paris alla nuova creazione di Forsythe che debutta questo luglio, Blake Works I, gli inviti a coreografi USA si sono susseguiti con ritmo e senza interruzioni. Fondamentale anche il passaggio negli anni Settanta di Carolyn Carlson, discepola di Alwin Nikolais e della sua tecnica, dapprima come “étoile-coreografa”, poi come direttrice del G.R.T.O.P. (Groupe de Recherche théâtrales de l’Opéra de Paris), vero e proprio laboratorio sperimentale del contemporaneo. La mostra svela 70 anni di scambi e lavori attraverso fotografie, costumi, bozzetti, note preparatorie e materiali video. Catalogo edito da Gourcuff-Gradenigo, 192 pagine, 120 illustrazioni, € 34. www.operadeparis.fr In alto, Ballet de l’Opéra de Paris in “In the Middle, Somewhat Elevated” di Forsythe, 1987 (foto Ann Ray/ OnP),Wilfried Piollet e Jean Guizeriz in “Un jour ou deux” di Merce Cunningham, 1973 (foto Colette Masson/RogerViollet). Carolyn Carlson (foto Alain Fleischer), A sinistra, MM Contemporary Dance Company in “Boléro” (foto Luca Vantusso).
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CARLSON REGISTA PARIGI Carolyn Carlson ha annunciato la preparazione di un film che avrà tra i protagonisti anche danzatori italiani che con lei hanno condiviso la lunga parabola artistica.
Concepito a partire da alcuni testi di Jung, il film racconta la storia terrificante di un uomo che non riesce a trovare se stesso, non ha voce e non crede in nulla. Almeno fino al momento in cui riceve grandi rivelazioni. Protagonista sarà Juha Marsalo, danzatore feticcio della Carlson. Al momento le notizie sono scarse ma sappiamo che filmerà in collaborazione con il regista canadese Damien Pettigrew tra Italia, Francia e Finlandia. Uscita prevista: 2019.
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CREAZIONI NEL PRINCIPATO MONTE-CARLO Due autori in ascesa per due novità mondiali firmate Ballets de Monte-Carlo. Jean-Christophe Maillot per la stagione estiva nel Principato si prende dei rischi con una serata condivisa tra Jeroen Verbruggen e Vladimir Varnava. Danzatore già ricompensato con due Golden Mask, il giovane coreografo russo Vladimir Varnava non esita a ripensare il libretto e la partitura di Le baiser de la fée per provare a restituire una visione più contemporanea della fiaba di Andersen, La regina delle nevi, a cui il balletto è ispirato. Verbruggen invece, ex danzatore della compagnia monegasca e autore di un Casse-noisette di successo per il Balletto di Ginevra visto anche in Italia, torna a creare per la compagnia che l’ha visto nascere come autore – grazie all’intuito di Maillot – affrontando, in modo del tutto personale, il libretto di Colette per L’enfant et les sortilèges, celebre titolo del repertorio dei Ballets Russes su musica di Ravel che Balanchine compose proprio a Monte-Carlo nel 1925. Nella versione di Verbruggen il bimbo protagonista anziché mostrarsi collerico con il mondo circostante e gli animali rivolge a se stesso gli impulsi di distruzione. Sui toni seppia le scene e i costumi della nota maison francese On aura tout vu, pronti a restituire un’atmosfera visiva angosciante, specchio dei turbamenti dell’animo. Prima assoluta del dittico il 21 luglio all’Opéra di Monte-Carlo (repliche il 22, 23, 24 luglio). www.balletsdemontecarlo.com
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Les Ballets de MonteCarlo in prova delle due nuove creazioni: “Le baiser de la fée” di Verbruggen (foto in alto) e “L’enfant et le sortilège” di Varnava (foto Alice Blangero).
IMPULSTANZ
LA VIENNA CONTEMPORANEA VIENNA Nella capitale del valzer il clima estivo si fa contemporary. ImPulsTanz torna a far parlare di sé con un’edizione, quella del 2016 in programma dal 14 luglio al 14 agosto, che segna anche la nascita di nuove collaborazioni del festival con il Leopold Museum – custode della collezione Egon Schiele – e il mumok, il Museo di Arte moderna per una sezione dedicata al dialogo tra corpo e arti visive con protagonisti tra gli altri Simone Aughterlony, Xavier Le Roy, Chris Haring, Akemi Takeya. L’onore di aprire la manifestazione a Maguy Marin, Ultima Vez in “Speak Leone d’oro a Venezia 2016, con Bit, low if you speak poi a ruota la nuova creazione della love...” (foto Danny Willems). canadese Marie Chouinard dedicata a Sotto, Julian Mackay Hieronymus Bosch, Speak low if you (foto Jordan Matter). speak love... di Wim Vandekeybus, i giapponesi re del butoh Sankai Juku, Anne Teresa De Keersmaeker e Jan Lauwers. Desta curiosità nel programma la vetrina degli autori di punta della scena austriaca tutti impegnati con debutti assoluti firmati Chris Haring, Akemi Takeya, Florentina Holzinger, Michikazu Matsune. www.impulstanz.com
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JULIAN MACKAY
UN AMERICANO IN RUSSIA MOSCA Se qualche stagione fa la nomina a Principal Dancer del Teatro Bol’šoj di Mosca dell’americanissimo David Hallberg sembrò abbattere un tabù storico e culturale, oggi l’esperienza di Julian MacKay appare ancor più epocale. Il biondo ballerino nato in Montana da una famiglia di danzatori ha infatti frequentato l’intero corso di studi della Scuola di Ballo del Teatro Bol’šoj (6 anni), diplomandosi a pieni voti e vincendo nel frattempo una manciata di competizioni internazionali. Tra queste, nel 2015, il Prix de Lausanne, che gli ha dato la possibilità di trascorrere un anno di apprenticeship presso il Royal Ballet. Terminata l’esperienza londinese, Julian è voluto tornare in Russia. Il Teatro Michailovskij di San Pietroburgo l’ha appena ingaggiato come Secondo Solista offrendogli subito un debutto in pieno stile russo: il ruolo dello schiavo Alì nel Corsaro, e promettendogli per la prossima stagione diversi ruoli principali. Del bel ragazzo americano, che ha avviato una parallela carriera di fotomodello apparendo sul numero di giugno di “Teen Vogue”, sentiremo probabilmente parlare. V.B.
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Non solo samba e carnevale, folklore e spiagge. Il Pais Tropical, infatti, manifesta un amore verso la danza in tutte le sue forme, con interessanti realtà quali grandi teatri, storiche compagnie e festival internazionali. Presente nelle Università dal 1957, per formare sia performer sia studiosi, l’arte della danza in Brasile è sin dalle origini in dialogo costante con quei tratti autoctoni che le fanno assumere una particolare coloritura ed essenza.
NON SOLO OLIMPIADI
Gigante per natura e orgoglioso del suo meticciato culturale su cui ha fondato la propria identità, il Brasile si appresta a ospitare i Giochi della XXXI Olimpiade che dal 5 al 21 agosto trasformeranno Rio de Janeiro nel palcoscenico mondiale. Attesissima la cerimonia di apertura allo stadio Maracanã che, firmata da registi del calibro di Fernando Meirelles, Daniela Thomas e Andrucha Waddington, proporrà un racconto popolare della brasilianità.
Balé Cidade de São Paulo in “Adastra” di Cayetano Soto (foto Sylvia Masini).
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Galeotto fu Napoleone si potrebbe dire, perché per sfuggirgli l’intera corte portoghese approda nel 1808 a Rio de Janeiro, facendone la propria capitale e inondandola con l’amore europeo per il balletto e l’opera. Una passione che incrementa dopo il 1822, quando la città divenuta fulcro di un impero indipendente, durato sino al 1889, si fa meta di maestri e compagnie europei e russi. Proprio la russa Maria Oleneva, già ballerina con Anna Pavlova e Léonide Massine, fonda nel 1927 prima la Scuola e poi, nel 1936, il Balletto del Theatro Municipal di Rio de Janeiro. Passata da poco sotto la direzione in tandem di Ana Botafogo e Cecilia Kerche, la compagnia è la principale realtà classica del paese aperta, però, verso una pluralità di stili, come dimostra lo Grupo Corpo in “Suite Branca” di Cassi Abranches (foto José Luiz Pederneiras). Il Theatro Municipal di Rio de Janiero. Nella pagina accanto, São Paulo Companhia de Dança in “Indigo Rose” di Jiří Kylián (foto Arthur Wolkovier).
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spettacolo in prima assoluta il 3 agosto Trilogia Amazônica, firmato da tre autori tra cui Rodrigo Pederneiras. Molto conosciuto alle nostre latitudini, grazie anche alla residenza artistica alla Maison de la Danse di Lione tra il ‘96 e ‘99, Rodrigo Pederneiras con il fratello Paulo da Belo Horizonte guida il Grupo Corpo, sinonimo di estro e precisione. La compagnia, con un repertorio firmato nella quasi totalità da Rodrigo su musiche create ad hoc da rinomati compositori, passati i quarant’anni pare ora trovare nuova linfa in Cassi Abranches, già nelle fila del gruppo e autrice dell’ultima creazione Suíte Branca. Ancora a Rio, ha sede la Cia de Danca Deborah Colker, attiva dal 1994, sempre più votata allo showbiz e a spettacoli che intrecciano le arti. Spostandoci a Goiânia da citare è Quasar, gruppo attivo dal 1988 sotto le ali di Henrique Rodovalho, richiesto persino dal Nederlands Dans Theater. Metropoli frenetica, São Paulo è la scena di sicuro più animata e vivace. Sono ben due le compagnie istituzionali
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Il Ballet do Theatro presenti in città, Balé Cidade de São Municipal di Rio de Paulo e la São Paulo Companhia de Janeiro; Sao Paolo Companhia de Dança. Grazie alla Scuola lì fondata Danca in “O Sonho dal ceco Vaslav Veltchek nel 1940, la de Don Quixote” di Marcia Haydée (foto prima nasce nel 1968 come compaWilian Aguiar); Cia gnia classica del Theatro Municipal, Quasar in “So Tinha de ser como voce” di in cui ha tuttora sede, passando nel Henrique Rodovalho decennio successivo al contempora(foto Wellington Dantas). neo. Supportata dalla città e diretta da In basso, Cia Jovem Iracity Cardoso annovera nel proprio Escola Bolshoi-Brasil in “Schiaccianoci” repertorio grandi firme locali e inter(foto Cleber Gomes). nazionali, tra cui troviamo Mauro Bigonzetti. La seconda creata nel 2008 per volontà dello Stato paulista ha sin da subito conquistato consensi in patria e all’estero. Con a capo l’eclettica Inês Bogéa, studiosa-documentarista e ballerina, la compagnia possiede un cahier de danse poliedrico in cui si susseguono titoli dell’Ottocento a pezzi esclusivi di Richard Siegal, Balanchine e giovani coreografi locali. A ciò si aggiunge l’aspetto formativo e divulgativo, garantito con la produzione annuale di documentari e incontri sistematici. São Paulo è, però, la sede di storici gruppi che per primi hanno declinato dagli anni Settanta il contemporaneo in forme proprie, come i politicizzati Stagium di Marika Gidali e Decio Otero o Cisne Negro di Hulda Bittencourt, e anche delle giovani promesse, tra cui Morena Nascimento, già bauschiana a Wuppertal e ideatrice di un teatrodanza di grande impatto, e Eduardo Fukushima, creatore di sagaci assoli. Virata a Sud passando per Curitiba al Teatro Guaíra, centro polivalente con scuola di ballo e doppia compagnia: una di tempra neoclassica e l’altra dedicata al contemporaneo di ricerca, per poi approdare a Joinville. Qui si svolge dal 1983 una kermesse da Guinness che registra duecentomila presenze a edizione. È il Festival de Dança, in programma quest’anno dal 20 al 30 luglio, che tra spettacoli e concorsi, workshop e mostre propone un’offerta a tutto tondo. Altra particolarità di questa città dello stato di Santa Catarina è quella di ospitare l’unica estensione del Bol’šoj nel mondo. È la Escola do Teatro Bolshoi no Brasil, nata nel 2000 per formare artisti secondo la metodologia dell’istituzione moscovita. Con una forte missione sul sociale, educa oltre 250 allievi, molti dei quali non abbienti e accolti gratuitamente, assistendoli negli studi e nelle cure mediche. Dal 2008 dotato di una propria compagnia giovanile, l’esperimento del Bol’šoj ai tropici sforna ballerini ingaggiati nei principali ensembles del Brasile, in USA e persino dalla scena madre a Mosca. •
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Sappiamo come andò, anche grazie allo straordinario reportage fotografico di Jean Mazon: alla fine della danza di Lifar, l’ormai anziano Nijinskij spiccò improvvisamente un salto, piedi piatti, braccia lungo il corpo infagottato in un abito informe. In controluce Mazon riesce a catturare l’elevazione, ancora leggendaria, del danzatore e insieme l’istinto primordiale che lo riporta alla danza, per un momento solo, prima di tornare nel buio. Lifar, si diceva, si sentì in qualche modo investito nel preservare la memoria di Vaslav.
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Fu grazie a lui che all’Opéra di Parigi venne riallestito L’Après-midi d’un faune in tradizione diretta; a lui si deve la sepoltura del danzatore a Montmartre e quella discutibile statua di Petrushka, che ingombra (ohinoi) la sua tomba. Lifar comunque non provò mai a dare vita teatrale a Nijinskij: forse la vicinanza umana e temporale non gli avrebbe consentito una giusta traslitterazione spettacolare. A vent’anni dalla morte dell’artista (avvenuta nel 1950) il primo autore di danza che ne esplora la vita e il dramma interiore è Maurice Béjart. Lo fa da par suo, in Nijinsky Clown de Dieu (1971) trasferendo la vicenda biografica, ma soprattutto le pagine del Diario cui Nijinskij affidò la testimonianza della discesa nella follia, in un lavoro metafisico, roboante, in cui il ballerino diventa il fulcro tragico di un triangolo simbolico tra la Donna, la Danza e Dio e si muove, come un clown appunto, in un circo a tre piste dominato da una marionetta gigante dalla foggia di Djagilev che lo fa muovere come un saltimbanco, addomesticato ai suoi voleri, poi sedotto dalla Donna che come il serpente lo trascina fuori dal Paradiso terrestre per finire in Croce, come Cristo, nella conclusiva ricerca mistica del Dio invocato nelle sue pagine. Un cast leggendario, capitanato da Jorge Donn e Suzanne Farrell, con Lommel, Bortoluzzi, Ullate e la voce di Laurent Terzieff a interpretare le parole di Vaslav. Uno spettacolo epico, su musiche di Cˇajkovskij e Henry, che venti anni dopo Béjart ridusse in una pièce a due per l’attrice Cipe Lincowsky e ancora per Donn, il suo danzatore feticcio. Una pièce emblematica, se si pensa al rapporto artistico e umano di Béjart e Donn, che pesa come un testamento, visto che l’interprete sarebbe morto di Aids appena un anno dopo il debutto. Se per Béjart Nijinskij è l’occasione per elaborare un’epopea grandiosa capace di sfiorare temi universali, per John Neumeier – notoNella pagina accanto: Jorge riamente cultore di Nijinskij al punto di Donn in “Nijinsky, essere il massimo collezionista privato al Clown de Dieu” e Maurice Béjart nel mondo di opere e oggetti a lui connessi – 1972; Garazi Perez il legame ideale con il danzatore rappreOloriz della Gauthier Dance in prova del senta qualcosa di intimo, investigato in nuovo “Nijinski” di ogni sua possibile piega: un ‘compagno’ Marco Goecke (foto Regina Broecke). che lo segue da quando, a undici anni, Vaslav Nijinskij in si imbatte nella sua storia leggendo The “L’après-midi d’un faune”, 1912. tragedy of Nijinsky di Anatole Bourman.
silvia poletti
Forse il primo coreografo moderno a essere segnato profondamente da Vaslav Nijinskij – dal suo terribile destino di gloria, genio creativo e follia – è stato Serge Lifar. L’ultimo dei protégés di Djagilev si trovò, suo malgrado, a incarnare Nijinskij davanti a Nijinskij: non solo riprendendo i suoi ruoli durante le ultime stagioni dei Ballets Russes, ma interpretando davanti a lui, ormai inebetito e lontano, alcuni frammenti del suo personaggio-icona Le Spectre de la rose, nella speranza di restituirgli un brandello di memoria della gloria che era stato.
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Sasha Riabko A toccare l’immaginazione il miprotagonista stero umano cadenzato dalla gloria, del “Nijinsky” di Neumeier con dal genio e poi dal buio della mente, l’Hamburg Ballet che Neumeier inconsapevolmente e (foto Holger Badekow). poi coscientemente indagherà in suoi balletti. Inconsciamente in Vaslaw. Il tema del Gala Nijinskij che chiude tradizionalmente le Hamburg Ballettage del 1979 è ‘Il mondo di Djagilev’ e per una pièce d’occasion Neumeier decide di usare alcune pagine di Bach che Nijinskij avrebbe voluto per una sua coreografia diaghileviana. Nelle intenzioni deve essere un balletto concertante per i meravigliosi solisti coinvolti (Patrick Dupond, la diva di Ailey Donna Wood, Egon Madsen e Lucia Insering da Stoccarda) e invece con il procedere delle prove alcune citazioni dei balletti di Nijinskij si insinuano in questa bella coreografia emozionale. L’anima di Nijinskij sembra essersi impossessata così tanto dell’autore e degli interpreti che il brano, inizialmente titolato Danze Inoffensive diventa appunto Vaslaw. È comunque del 2000, nel cinquantenario della morte, che Neumeier crea per Hamburg Ballet Nijinsky (il titolo con traslitterazione inglese del nome). Poderoso, emozionante, onirico, travolgente come le ondate sonore di Sheherazade che caratterizzano il primo atto, struggente e duro come Šostakovicˇ con cui Neumeier descrive gli anni bui della guerra e della follia, il lavoro diventa uno dei caposaldi della recente produzione del coreografo che qui, in un flusso di coscienza personale intreccia lacerti di biografia e di partecipazione emozionale alla vicenda, affidando ai suoi magnifici interpreti dei ruoli indimenticabili. E se oggi Nijinsky viene presentato anche dal National Ballet of Canada e dall’Australian Ballet, sarà il Wiener Staatsballett il prossimo anno a riprendere l’ultimo tassello della trilogia Nijinskij di Neumeier: Le Pavillon d’Armide (2009) in cui ancora una volta le memorie di gioventù, i primi successi e l’internamento nella clinica svizzera si
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MARCO GOECKE “PER ME NIJINSKIJ È LA GIOIA DI DANZARE NONOSTANTE TUTTO”
PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE LA CONOSCENZA DI NIJINSKIJ e del suo mondo artistico e umano segnaliamo, nell’immensa bibliografia, alcuni testi di riferimento in italiano. Innanzitutto I Diari pubblicati in edizione integrale da Adelphi 2000/2006 e il libro di Sergio Trombetta Vaslav Nižinskij (L’Epos, 2008). Del 2015 Vaslav Nijinsky un salto nel buio, edizione italiana a cura di EDT del volume di Lucy Moore. Imponente per il materiale documentario e importante per i saggi raccolti il catalogo della mostra Nijinsky 1889-1950 tenutasi al Musée d’Orsay di Parigi nel 2000, a cura di Martine Kahane. Testimonianze dirette, anche se edulcorate, si reperiscono in Nijinsky scritto dalla moglie Romola Nijinskij, The tragedy of Nijinsky di Anatole Bourman recentemente ripubblicato da Dance Books e Bronislava Nijinska Early memoirs a cura di Bronislava e Irina Nijinska.
“Mi affascina l’idea di rendere l’angoscia visibile e palpabile per trasformarla in bellezza”, Chiosa Marco Goecke, parlando del nuovo balletto a serata per la Gauthier Dance//Dance Company Theaterhaus Stuttgart, Nijinski (scritto così per volontà dell’autore secondo traslitterazione tedesca), che vedremo a Bolzano Danza in esclusiva nazionale il 27 luglio. Una sfida la sua, che crea attesa. Per l’argomento scelto, per essere lui stesso sotto i riflettori grazie alla carriera brillantissima che lo vede oggi artista legato a due delle massime compagnie europee – NDT e Balletto di Stoccarda – con titoli sparsi per il mondo, caratterizzati dall’inconfondibile linguaggio, nervoso ed energico, per braccia e busto.
intrecciano in un vortice di danza che ora echeggia Fokine ora diventa analisi di uno stato d’animo alienato. Nel 2010 è invece il polacco Krzysztof Pastor a dare la sua lettura della storia di Nijinskij con l’Het Nationale Ballet: un nuovo balletto a serata in sette scene anticipate da altrettante frasi del Diario, ancora una volta punto di partenza per scoprire il mistero della sua personalità. Se l’impianto di Pastor è comunque classico, il più recente incontro con Nijinskij – quello di Bob Wilson per Mikhail Baryshnikov in Letter to a Man – è (come sempre con il regista texano) un’occasione per rileggere le prime pagine del testo e ricrearle, destrutturandole in una dimensione visionaria, caratterizzata da lampi di colore, pupazzi giganteschi, proiezioni oniriche ma algide, dove Nijinskij – un magistrale Baryshnikov – ha un trucco da clown, un frac da entertainer e un’espressività grottesca. Il romanticismo del mito lascia qui spazio a una lettura algida e cerebrale: tuttavia la grandezza di Misha riesce a far palpitare il ricordo di Vaslav. E rinnova la voglia di afferrarne l’anima danzante. •
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Marco Goecke e una prova del suo “Nijinski” per la Gauthier Dance (foto Regina Brocke).
Perché, Marco, un lavoro su Nijinskij? Riuscirà anche ad attrarre il pubblico generalista che sempre meno ha conoscenza di certi miti del teatro? Avevo già fatto un lavoro nijinskiano, Le Spectre de la rose per i Balletti di Monte-Carlo, e la sua storia mi ha sempre affascinato, tanto da pensare a questo soggetto qualora mi avessero chiesto un balletto a serata. Un pensiero ricorrente. Oltre alla storia in sé, qui c’è poi di mezzo la danza – la vita di un danzatore e coreografo – e quindi mi è sembrata una scelta naturale in quanto soggetto molto vicino a me. Penso che attrarrà il grande pubblico perché, augurandomi che venga emozionalmente coinvolto dallo spettacolo, credo che raccontare una vita sia sempre un elemento di interesse, che si tratti di quella di Nijinskij o del vicino di casa. Non sono molti i lavori a serata da lei creati fino a oggi. Non è così interessato alla forma o per altro? No, in verità lo sono. Ma non mi interessa la narrazione tradizionale della danza. Desidero mantenere una mia precisa visione, fatta anche di libertà, astrazione, visionarietà e questo scoraggia forse quei teatri che temono che il pubblico non capisca. Ma questo è il mio modo di raccontare una storia. È rischioso, lo so, ma altrimenti non trovo la cosa interessante.
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DACRU DANCE COMPANY in SAKURA BLUES
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Giovanna VELARDI Compagnia FC@PIN.D'OC in CARMEN DUO
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BALLETTO TEATRO DI TORINO Calogero FAILLA e Gloria TODESCHINI Solisti del BALLETTO TEATRO NAZIONALE SLOVACCO DI BRATISLAVA Ilenia ROMANO dal Centro di Produzione di Roberto ZAPPALÀ
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ATERBALLETTO in WORDS AND SPACE Prima Regionale, NUDE ANIME, ECO DELL’ACQUA
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KEYHOLE DANCE PROJECT in KEYHOLE Prima Nazionale
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SANPAPIÈ in ODE ALL’OLIO
23.10
ARISTON PROBALLET in PRIMA VERA Prima Nazionale
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GIUSEPPE PICONE al pianoforte LEONORA ARMELLINI in GALÀ, SENTIMENTI ED EMOZIONI Prima Nazionale
12.11
Micha VAN HOECKE Miki MATSUSE Lara CRIPPA e i danzatori del C.P.P. PROGETTO OFFBEAT.lab in PENSIERI DELL’ANIMA RITRATTO DI MICHA VAN HOECKE Prima Nazionale
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ASTRA ROMA BALLET in GEORGE SAND Prima Regionale
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MOD Company in LIFE SHADES Prima Nazionale
23.10
DANCE SKY LAND Company in A PIEDI NUDI Prima Nazionale
06.11
CHRONO BALLET in EKLETTICA
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Qual è stato il punto di partenza del suo lavoro? La gioia di danzare. Il fatto che la danza offra una via di fuga dai dolori, dalle miserie della vita. Che renda tutto sopportabile. La storia di Nijinskij è in fondo una storia sulla danza. E io, essendo un coreografo ‘di passi’ non così interessato all’allestimento scenografico, ho proprio iniziato dal movimento. Poi naturalmente c’è l’aspetto emozionale, della malattia, che è di grande fascino. Dai suoi lavori precedenti sembra che lei sia particolarmente interessato alla condizione dell’outsider. È anche per questo che Nijinskij l’ha catturata? Capisco ciò che intende. Ho creato lavori piuttosto oscuri, cupi, legati a stati di malessere e inquietudine, specialmente nella prima parte della mia carriera. Probabilmente vi trasferivo inconsapevolmente anche i miei travagli. E anche se oggi la mia vita è molto più lieve sono molto connesso alle mie paure e insicurezze ed è una parte dell’animo che amo in qualche modo investigare. Ma quanto di lei come uomo c’è nel personaggio che crea? Ogni creazione che faccio ‘sono io’. Ha a che fare con me. Ma è anche vero che descrivere gli aspetti più cupi dell’anima è più stimolante e facile che raccontare quelli sereni.
Nella foto in alto, i ballerini della Gauthier Dance Garazi Perez Oloriz e David Rodriguez nel nuovo “Nijinski” di Goecke (foto Regina Brocke) e Rosario Guerra nel manifesto dello spettacolo (foto Maks Richter).
Diceva che è un coreografo di passi. Come ha lavorato per Nijinski? Si è lasciato influenzare dalle sue coreografie, da quello che danzava o dalla sua ossessione per la geometria e la circolarità? Vorrei sapere davvero da cosa nascono i passi che mi vengono in mente, ma è difficile dirlo. Fortunatamente da coreografo non sono costretto a scrivere e seguire pedissequamente una sceneggiatura: creo passi e lascio che tutto sgorghi dal lavoro in sala. È la mia vita di tutti i giorni, e la amo moltissimo. Così è stato anche per Nijinski perché, come dicevo, ricreare le atmosfere dei Balletti Russi a livello scenografico o altro non è il mio interesse primario.
La Gauthier è una compagnia relativamente piccola, sedici danzatori. Come si è regolato nel creare i vari personaggi che hanno condiviso la vita di Nijinskij? Ne ha messi a fuoco alcuni più di altri? In questo momento (quando intervistiamo Goecke è ancora in creazione, ndr.) mi sto concentrando sulla figura della madre. Poi è chiaro che l’altra figura fondante è Djagilev. Ma un balletto non è un testo scritto, non ti consente di spiegare tutto chiaramente.
È difficile rendere tutto ‘comprensibile’ con il movimento, ma è anche la bellezza della danza. Rende tutto più libero, fluido per dare spazio alle emozioni. Quali compositori ha scelto? Alcune ninne nanne russe, il Prélude à L’aprèsmidi d’un faune di Debussy e i due Concerti per pianoforte e orchestra di Chopin. Stavo cercando qualcosa dalla Polonia – Nijinskij era polacco – e con la mia drammaturga siamo arrivati a lui. So che è musica già usata in Dame aux camélias, ma ho trovato che questi due concerti raccontassero tutta la storia che avevo in mente: momenti di danza, momenti di grande tristezza, di introspezione. Erano perfetti. Un italiano, Rosario Guerra, sarà il protagonista... Sì, certo dovremo renderlo un po’ più ‘polacco’ nei colori, ma è un danzatore e interprete strepitoso, comprende tutto ciò che desidero nel movimento. È senza dubbio la ‘stella’ della Gauthier Dance. Silvia Poletti
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www.lasferadanza.it Direzione Artistica: Gabriella Furlan Malvezzi
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Il ballerino che ha ridefinito i canoni del danseur noble e diffuso in Occidente il grande repertorio russo
RUDOLF NUREYEV “RESTERÒ VIVO FINO A QUANDO I MIEI BALLETTI SARANNO DANZATI”
Libertà le sue, che trovarono meno resistenze tra i colleghi e i direttori di compagnie in Occidente dove Nureyev scappò nel giugno del 1961 abbandonando, come è noto, prima dell’imbarco all’aeroporto Le Bourget di Parigi (gabbando il KGB che pur lo marcava stretto) la compagnia del Kirov con la quale era in tournée. Iniziata una nuova vita da apolide e ‘traditore’ in Occidente, accolto sul piano politico con diffidenza (per non litigare con il Cremlino) e sul piano artistico, con grande entusiasmo, Rudy trova in Francia qualche amico e la libertà artistica agognata. E naturalmente anche nuovi ingaggi. Dapprima con la Compagnia del Marquis De Cuevas che lo riporta a trionfare a Parigi nella Bella Addormentata con Rosella Hightower, poi al Royal Ballet, chiamato da Margot Fonteyn a cui Rudy diede una ‘seconda vita artistica’ negli anni che avrebbero dovuto segnare il suo pensionamento, infine ospite nei principali teatri europei, Italia compre-
maria luisa buzzi “Il partner non è semplicemente un porteur, bensì un danzatore”. Parole dell’étoile Carla Fracci che con Rudolf Nureyev condivise glorie e successi sul palcoscenico. Parole che sintetizzano la breve vita e l’intensissima parabola artistica del ballerino-idolo del secondo Novecento. Il divo che non ‘accompagnava le ballerine’ bensì decideva con quale partner ballare e quale, invece, tassativamente rifiutare. Dedichiamo un approfondimento a Rudolf Nureyev (17 marzo 1938-6 gennaio 1993) per ricordare alle nuove generazioni non tanto le sue eccezionali peculiarità d’interprete quanto l’importanza del suo lascito. Suo il merito di aver fatto conoscere in Occidente il grande repertorio russo, sue importanti rivisitazioni dei balletti tardoromantici di Petipa, da conservare gelosamente contro ogni tendenza tutta italiana alla rottamazione.
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Una meteora Rudolf Nureyev. Se ne accorsero presto anche al Kirov, quando ventenne entrò in compagnia terminati gli studi alla Vaganova. Irrefrenabile la sua insofferenza verso regole e convenzioni, incontenibile l’ansia di voler cambiare tutto. È la Prima ballerina del Kirov di allora, Irina Kolpakova, a raccontare come Rudy già nel 1960, da soli due anni in compagnia “mancava di tatto con tutti, s’infuriava in continuazione e soprattutto aveva una maniera tutta particolare di modificare un balletto. E l’innovazione al Kirov non era la benvenuta. In Giselle – continua Kolpakova – modificò la coreografia della coda. Mai nessuno prima di lui aveva osato fare una cosa simile. Certo, ballava i suoi nuovi passi in un modo magnificamente espressivo, con vivacità e dinamismo, ma sarebbe stato meglio fare cambiamenti graduali. Si prendeva troppe libertà. Si rifiutava anche di portare parrucche in scena. Fu il primo ballerino del Kirov a sfoggiare un taglio di capelli contemporaneo”.
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Rudolf Nureyev in uno scatto di Jane Bown del 1964.
sa, e in America. Fino a quando nella stagione 1983/1984 l’Opéra di Parigi lo afferra (ma non arresta la sua bulimia da palcoscenico) affidandogli la direzione del Corpo di Ballo mantenuta fino al 1990. La sua esigenza di trovare una collocazione diversa da quella degli altri ballerini lo porta a ripensare i personaggi dei libretti e ad occuparsi di coreografia già nel 1964, anno in cui prepara il riallestimento di produzioni sconosciute in Occidente come l’atto delle Ombre della Bayadère. Ha solo ventisei anni e nessuna esperienza coreografica quando riallestisce in pochi mesi due opere fondamentali del repertorio imperiale: una versione profondamente rimaneggiata della Raymonda di Petipa per la compagnia itinerante del Royal Ballet e una versione interamente rivista del Lago dei cigni per il Teatro dell’Opera di Vienna. Questi i primi due grandi balletti, dei sei che riallestì di Petipa durante la sua carriera, di cui senz’altro La Bayadère
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resta il suo titolo più vicino all’originale, Don Chisciotte, la ripresa più riuscita e Lo Schiaccianoci la più innovativa. Ripensando i classici, Nureyev riesce a infondervi nuovo vigore provando a inscrivere il balletto in una severa logica drammaturgica, eliminando le edulcorazioni e puntando ad aspetti più moderni e sfumature psicanalitiche (come accadde nel Lago, nella Bella e in Schiaccianoci). Ricerca motivazioni psicologiche credibili ai comportamenti dei personaggi (un passo o una concatenazione non deve essere troppo formale ma rappresentare l’espressione del pensiero del personaggio) senRudolf Nureyev nei pressi za d’altro canto tagliare le variazioni dell’Accademia Vaganova a tramandate dalla tradizione semmai Leningrado nel puntando ad arricchirle oppure crean1960 (foto Tamara Zakrzhevskaya). done di supplementari.
Profondo conoscitore della musica e ottimo pianista, Nureyev infonde alla danza grande musicalità e il suo spiccato senso del ritmo, coltivato con le danze di carattere e folkloriche in gioventù, diventa peculiare in alcune sue concatenazioni coreografiche, costruite con l’accento in basso, al suolo, e intorno a un lavoro certosino di gambe: grandi batterie, assemblés, ronds de jambes (ricorrenti in ogni disegno coreografico insieme a quella miriadi di passi e passettini di cui infarciva le sue variazioni). Più libero invece il movimento delle braccia e del busto, al fine di donare una sensazione di libertà e maggior lirismo. Se si osserva la variazione di Abderam da lui aggiunta alla Raymonda di Petipa, l’occhio attento non può non notare un originale mescolanza di linguaggi sulla tecnica classica che qui mutua passi dalle danze georgiane e dallo stile modern di Paul Taylor. Oppure la variazione ‘lenta’ del I atto del suo Lago dei cigni nella quale per tradurre la rêverie del principe Sigfrido al vocabolario tradizionale di arabesques, pas de bourrée e jetés si abbinano ports de bras, renversés en arrière e cambi di direzione molto più moderni.
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NUREYEV RIABILITATO ANCHE IN RUSSIA Outisider al Kirov, traditore della patria dopo la defezione, tardivamente riabilitato, oggi il mondo del balletto della Federazione Russa guarda con altri occhi a Rudolf Nureyev. Se i ballerini sembrano ammirarne la personalità eroica, le ballerine che in questi anni, ospiti dei teatro occidentali, hanno danzato i suoi balletti, hanno confidato di trovarli stilisticamente poco poetici e musicali rispetto agli originali alle quali sono abituate. Vero è che al momento nessun teatro russo ha in repertorio edizioni Nureyev, né sembra avere progetti di acquisizione. Da segnalare tuttavia che a Kazan, capitale del Tatarstan, nel maestoso teatro d’opera e balletto edificato nel 1956, è in programma ogni maggio, dal 1987, un festival intitolato a Rudolf Nureyev, con lo status di ‘internazionale’ dal 1992. Proprio quell’anno infatti, precisamente il 21 maggio, il ballerino con velleità di direttore diresse l’orchestra sul podio del teatro tataro dove andava in scena Lo Schiaccianoci. Fu l’highlight del programma e fece sensazione, non fosse che Nureyev, ormai provato dalla malattia, dovette lasciare frettolosamente Kazan per far ritorno a Parigi, dove lo attendevano altre terapie. Il festival a lui dedicato ha comunque attirato da allora, come ospiti, stelle del balletto russo quali Vladimir Vasil’ev, Ekaterina Maksimova, Gabriela Komleva, Nadežda Pavlova, Julija Machalina, Ul’jana Lopatkina. Tra gli stranieri vi hanno recentemente debuttato Ljudmila Konovalova e Matthew Golding, mentre l’edizione 2016 ha accolto per La Bayadère i Solisti dell’Opéra di Parigi François Alu, Léonor Baulac e Sae Eun Park. V.B.
Suo anche il merito di aver valorizzato la danza maschile. E non ci riferiamo soltanto alle variazioni da affidare ai Primi ballerini e ai Solisti, per lo più cesellate a sua immagine e somiglianza e di non facile riproduzione, quanto piuttosto all’intera compagine maschile del corpo di ballo. Nuove parti danzate per gli uomini si trovano ad esempio nel I atto della sua versione del Lago dei cigni in cui la Polonaise viene interpretata da 16 ragazzi divisi in quattro gruppi anziché dalle 12 coppie miste e nella Valse fantastique della sua Raymonda, o ancora nei salti dei gruppi di ragazzi nel III atto di Cenerentola. Per quando riguarda le parti da protagonista non possiamo non citare il pas de deux del Cigno nero trasformato da Rudy nel suo riallestimento del Lago dei cigni in pas de trois con Rothbart che esegue una variazione di difficoltà estrema, calibrata sul suo estro. Primo transfuga del Novecento capace di generare a catena una serie di defezioni dall’Unione Sovietica (dopo di lui Natalia Makarova, Mikhail Baryshnikov e Alexander Godunov), Nureyev compensò la sua indisciplina nella vita con un’assoluta devozione nei confronti dell’arte della danza. Ossessiva la sua esigenza di piegare alla volontà un corpo decisamente non perfetto per natura, che in aggiunta aveva subito un ritardo di formazione (quando giunse alla Vaganova aveva già 17 anni). Come Nijinskij, Rudy non possedeva né il fisico né lo stile apollineo. Piuttosto apparteneva alla schiera dei danzatori dionisiaci. Come Dioniso, dio dell’ebrezza e dell’impulso pre-razionale, incarnava l’impulso alla vita, la volontà di potenza.
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RUDOLF NUREYEV. DANCE TO FREEDOM
Ballet de l’Opéra de Paris nella “Bayadère” di Nureyev, titolo con cui il ballerino ha inaugurato e chiuso la sua carriera coreografica (foto Little Shao).
Un danseur noble diverso da come siamo abituati a intenderlo, ovvero come unione di abilità tecnica e grazia sublime, bello ed elegante. Rudy era un vulcano in costante eruzione, era potenza primitiva unita a tecnica capace di rivelare una natura indomita. Sempre dentro il personaggio, qualunque fosse chiamato a interpretare. Dote quest’ultima che salva la fase finale della sua carriera quando agli albori degli anni Ottanta l’usura del tempo iniziava a farsi sentire (poi subentrerà anche la malattia) e i suoi tours en l’air e le sue cabrioles non possedevano più la bellezza di un tempo. Eppure il pubblico continuava a entusiasmarsi. Perché? Perché il ballerino aveva un ‘tocco’ speciale frutto dell’unione indelebile di estro, souplesse, sensibilità, intelligenza, bellezza tartara e profondità di interpretazione. “A differenza di quanto si fa d’abitudine con i danzatori in scena – precisa il critico di balletto Alberto Testa – con Nureyev non si cercava di coglierlo in fallo su un passo o un manège per giudicare se tale movimento fosse o meno eseguito secondo regola, con lui lo sguardo rimaneva incollato all’insieme, all’incanto del suo stare in scena”. Infine, a Rudolf Nureyev va riconosciuto anche di aver fatto emergere, negli anni della sua direzione del Ballet de l’Opéra de Paris, ballerini strepitosi, alcuni messi in luce a sorpresa, scavalcando gerarchie e ordini sindacali. Sylvie Guillem con Nureyev divenne étoile a soli diciannove anni al termine di una recita del Lago dei cigni, inaugurando anche la moda (tutt’ora in uso) di comunicare le nuove nomine al termine dello spettacolo sul palcoscenico. A ruota Eric Vu-An, Manuel Legris, Laurent Hilaire, Charles Jude, Florence Clerc, Isabelle Guérin, Elisa-
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è il titolo del docudrama che la televisione inglese (BBC2) ha recentemente dedicato alla defezione di Rudolf Nureyev dall’Unione Sovietica. Il film, della durata di un’ora e trenta, ricostruisce i dettagli della vicenda umana e politica che coinvolse la star del balletto prima e dopo quel fatidico 16 giugno 1961 all’aeroporto di Parigi. A testimoniare i fatti i protagonisti di allora, intervistati oggi con i loro ricordi di Nureyev ancora vivissimi: tra i sovietici, le ballerine del Kirov Alla Osipenko, sua partner della tournée a Parigi e da allora sorvegliata speciale, e Tatiana Legat moglie di Jurij Solov’ëv, suo rivale e compagno di stanza a Parigi così coinvolto nella trama spionistica da morire pochi anni dopo in circostanze misteriose; tra i parigini, Pierre Lacotte e la moglie Ghislaine Thesmar, che con la loro amicizia e influenza ebbero un ruolo importante nello svolgersi dei fatti. Nella riproposizione delle scene danzate, a Leningrado e a Parigi, le stelle di allora sono interpretate da ballerini di oggi, come Anna Tichomirova e Svetlana Bednenko, Soliste rispettivamente dei Teatri Bol’šoj e Michailovskij. Rudolf Nureyev ha il volto (molto somigliante) e l’eleganza di Artëm Ovčarenko, Primo ballerino del Bol’šoj, non noto fuori dalla Russia come meriterebbe, che con questa interpretazione si mette finalmente in luce a livello internazionale e ipoteca la sua candidatura a protagonista del nuovo balletto dedicato a Nureyev in programma nel suo teatro la prossima stagione. Il film, nominato nella categoria docudrama per il premio BAFTA, ha inoltre vinto il ’Dance Screen 2016’ per la categoria documentary. È stato presentato in Inghilterra, Russia, USA, Francia e Germania, non ancora in Italia.
SCOPRIRE NUREYEV Bertrand Meyer-Stabley, Rudolf Nureyev. Biografia di un ribelle, Lindau, Torino 2009 Alberto Testa, Rudolf Nureyev. Genio e Sessualità, Gremese, Roma 2014 Vittoria Ottolenghi (a cura di), Rudolf Nureyev alla Scala, Edizioni del Teatro alla Scala, Milano 2002. Julie Kavanagh, Rudolf Nureyev, Pantheon 2007. Biografia autorizzata, in lingua inglese
beth Maurin, Kader Belarbi, Jean Guizerix, Wilfried Romoli diventano étoiles. Generazione di danzatori fuori dal comune che Rudy fece affiorare restituendo a nuovi fasti di qualità il più grande, per numero, Corpo di ballo occidentale. Nureyev cercando tutta la vita l’estremo ha trovato l’infinito della storia. E l’ultima rivoluzione nel balletto, probabilmente, la dobbiamo a lui e alla sua dirompente personalità. •
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LAURENT HILAIRE E L’EREDITÀ DI NUREYEV
“NON LASCIAMOLA MORIRE” La conservazione e la trasmissione del repertorio di Rudolf Nureyev passa attraverso il Trust intitolato a suo nome, che di volta in volta incarica ex danzatori e maîtres de ballet di rimontare o supervisionare i suoi balletti presso varie compagnie. Tra questi vi è Laurent Hilaire, pupillo di Nureyev negli anni gloriosi in cui il ballerino e coreografo russo era alla direzione del Ballet de l’Opéra di Parigi. Abbiamo incontrato l’indimenticata étoile nei giorni concitati in cui la sua presenza al Teatro alla Scala da supervisore di Don Chisciotte lo indicò come candidato alla direzione del Ballo. Sempre affascinante, sobriamente vestito di nero, asceta di quell’arte che come Nureyev serve incondizionatamente, Hilaire ci ha raccontato cosa fa oggi per preservare l’eredità del suo maestro. Come si svolge il lavoro di un ripetitore? Nureyev diceva: “finché i miei balletti saranno danzati io sarò vivo”, e io aggiungo che finché le compagnie li interpreteranno anche i suoi balletti resteranno vivi. Per farli rivivere si tenta di mantenere le richieste del coreografo e il rispetto della coreografia, mettendosi al suo servizio. Così come Rudolf era al servizio della danza, che amava immensamente e considerava un’arte nobile. Pretendeva da sé e dagli altri qualità, purezza di linee, oltre a capacità attoriali. Il lavoro della trasmissione si fa fino alla sera della prima, quando la
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CALENDARI
Rudolf Nureyev con Laurent Hilaire durante le prove del Lago dei cigni al Lincoln Center di New York (foto David Cantor).
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compagnia avrà preso in carico il balletto, facendolo vivere a sua volta. Il ripetitore avrà dato fiducia ai ballerini, permettendo loro di esistere pienamente, attraverso il lavoro che è stato fatto, quando i corpi avranno compreso la tecnica, immagazzinandola. Ciò che chiamiamo ‘stile Nureyev’ è nello stesso tempo un equilibrio tra la tecnica e lo spirito di un coreografo. Che tempi si mettono in programma? Difficile dirlo: dipende se si tratta di una nuova acquisizione o di una ripresa, considerando anche le esigenze da grandi imprese delle compagnie. Il lavoro comunque dovrebbe partire dalla classe quotidiana, come Rudolf l’aveva impostata, e può essere mantenuto nel tempo attraverso professori invitati. Ad ogni ripresa si va avanti nell’acquisizione dello stile, considerando che c’è un tempo di lavoro e uno di spettacolo, che è pure di assimilazione. Quando Nureyev era direttore dell’Opéra (e io ero là allora), aveva una visione a lungo termine, che non si esauriva nello spettacolo, che pure doveva esserci, ma si costruiva nel tempo. Come sono cambiati i balletti di Nureyev nel corso degli anni? Capita che possano un po’ cambiare, evolversi, ma sono cambiamenti nell’ordine della vita, e non della volontà di cambiarli, rimanendo nello spirito in cui il coreografo li ha creati. Quando ho iniziato a rimontare i grandi balletti di Nureyev, anche all’Opéra, benché la mia memoria fosse viva, ho lavorato con video originali dell’epoca e tutti avevano slancio, energia, vitalità e nello stesso tempo precisione. Certo oggi la tecnica si è evoluta, è ancora più precisa, qualità che si traduce in una raffinatezza ulteriore. Ma bisogna sapere che la tecnica non è una finalità in sé, perché è lo spirito della coreografia che bisogna assolutamente preservare.
LUGLIO
luglio/settembre
AGLIÉ CASTELLO DUCALE Teatro a Corte Tel. 011 5634352 Inés Boza | Roser Lòpez Espinosa | Andrea Costanzo Martini (10) Re-al dances Cor. I. Boza, R. Lòpez Espinosa, A. Costanzo Martini
Cosa dà a una compagnia danzare i balletti di Nureyev? Si ha l’abitudine di dire che i balletti di Nureyev siano i più difficili, ma credo che i grandi teatri debbano preservarli. Nelle maisons quali l’Opéra di Parigi, La Scala di Milano, la Staatsoper di Vienna, che al momento conservano i balletti di Nureyev, credo sia molto salutare e arricchente per il Corpo di ballo danzarli, perché richiedono molto lavoro, capacità e umiltà – le qualità che per me definiscono un ballerino, un artista – lasciando abilità, resistenza, disciplina. Ma preservare il repertorio di Nureyev è importante anche perché si tratta di una parte della storia del balletto che il pubblico ha il piacere di condividere.
ALGHERO TEATRO ROMANO Festival Notte dei Poeti Tel. 070 657428 Gala di Stelle coi Primi Ballerini e Solisti del Teatro dell’Opera di Roma (15) Cor. Aa. Vv. Balletto Teatro di Torino (24) In Chopin Cor. M. De Alteriis Balletto di Roma (31) Contemporary Tango Cor. M. Zullo
Ci sono nuove richieste di acquisizioni? Oltre alle maisons citate legate alla storia di Nureyev, capitano regolarmente richieste di altre compagnie: per esempio ho rimontato Raymonda in Florida e altri titoli in Cina. E spero si continuerà: penso infatti che i balletti di Rudolf Nureyev facciano parte del repertorio dei grandi classici, che siano inscritti nella memoria artistica della danza e dello spettacolo. Al momento sono ben preservati e credo che sopravviveranno ancora molti decenni. Se moriranno sarà come lasciare morire Rudolf Nureyev per la seconda volta. Sarebbe un peccato!
Shantala Shivalingappa in “Namasya” (foto Laurent Philippe) ospite a Vignale Monferrato Festival l’8 luglio.
Oggi quali sono i suoi ricordi più vivi di Nureyev? Ho molti ricordi… ma uno li riassume in modo emblematico. Rudolf mi disse un giorno: “Laurent, quando entrate in scena, nei primi passi, prima ancora di iniziare a danzare, ho bisogno di vedere del fuoco nei vostri occhi”. In scena bisogna essere sempre in allerta: le emozioni più belle si donano al pubblico quando si è un po’ “sur le fil”: non in pericolo, ma in equilibrio, quando si può cadere ma non si cade. Da artista non ci si arrangia, non si è nella normalità ma nell’eccezionalità, non si possono avere compromessi: Rudolf non ne aveva mai. Da maître de ballet cerco di insegnare questo ai ballerini: “spingete più in là i vostri limiti, sono più avanti di quanto crediate: datevi la libertà di pensarlo”. Con Rudolf ho imparato a non fare economia di lavoro, di pensiero, di movimento: bisogna continuamente ripeterselo perché non è anodino andare su un palcoscenico, bensì eccezionale. Come disse Stefan Zweig: “la grandezza di una persona si rivela in situazioni estreme”. Valentina Bonelli
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BARI TEATRO PETRUZZELLI Tel. 080 9752800 Eleonora Abbagnato (14) Carmen Cor. A. Amodio BASSANO DEL GRAPPA Festival Operaestate Tel. 0424 524214 Gribaudi / Maffesanti / Nardin (14 - Villa da Porto Montorso) Dance in Villa Cor. S. Gribaudi, M. Maffesanti, G. Nardin Daniele Ninnarello / Daniel Kinzelman (17 - Villa Rossi Santorso) Un’altra Bellezza / No Limita-c-tions Cor. D. Ninnarello, D. Kinzelman Dance Raids (20 - Centro Storico Bassano del Grappa) Cor. Aa. Vv. Sharon Fridman / Dancers Project (22, 23, 24 – Luoghi Vari) In memoriam – after the end Cor. S. Fridman Balletto di Roma (26 – Teatro Tito Gobbi) Giselle Cor. I. Serussi, C. Haring Cie Ivàn Pérez Avilés (28, 29, 30 – Le Bolle Nardini) Progetto Bolle Cor. I. Pérez Avilés BOLZANO LUOGHI VARI Bolzano Danza Tel. 0471 053800 Rachid Ouramdane (14, 21, 28 – Museion) Les yeux tournent atour du soleil Cor. R. Ouramdane
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CASTIGLIONCELLO CASTELLO PASQUINI Festival Inequilibrio Tel. 0586 754202 Alessandra Cristiani (3) OPHELEIA Ofelia aiuta Ofelia Cor. A. Cristiani Idan Sharabi (9,10) Now Cor. I. Sharabi CIVIDALE DEL FRIULI Mittelfest Tel. 0432 734316 Teatro del Fuoco (17 – Piazza Duomo) Feminine flame Cor. A. Bucato 7 0 D & D
Danza nelle vetrine (19 – vie della città) China National Opera and Dance Drama Theatre (19 – Teatro Giovanni da Udine) Confucio Anuang’a | Ziya Azazi (20 – Piazza Duomo) Earth & fire Cor. A, Z. Azazi Arearea Le quattro stagioni. Primavera ed estate (23 – Parco del Convitto Nazionale) Le quattro stagioni. Autunno e Inverno (24 – Parco del Convitto Nazionale) Cor. R. Cocconi, M. Bevilacqua CIVITANOVA MARCHE Festival Civitanova Danza Tel. 071 2072439 Alessandro Sciarroni (9 – Teatro Annibal Caro) Joseph_Kids Cor. A. Sciarroni Nicola Galli (16 – Teatro Cecchetti) Delle ultime visioni cutanee / Mars Cor. N. Galli Balletto di Roma (16 – Teatro Rossini) Giselle Cor. I. Serussi, C. Haring Fattoria Vittadini (16 – Teatro Annibal Caro) Odio Cor. D. Abreu Eleonora Abbagnato (24 – Palasport Eurosole) Carmen Cor. A. Amodio COMO TEATRO SOCIALE Festival Como Città della Musica Tel. 031 270170 Eleonora Abbagnato (10) Carmen Cor. A. Amodio DRO CENTRALE FIES Drodesera Tel. 0464 504700 Mohamed El Katib / Mara Cassiani (23, 24) A beautiful ending / Ed3n Temple Cor. M. El Katib, M. Cassiani Jacopo Jenna (25, 27) I wish I could dance lik M.J. Cor. J. Jenna CollettivO CineticO / Simon Mayer + Kopf Hoch (28) 10 miniballetti / Sons of Sissy Cor. F. Pennini, S. Mayer, K. Hoch CollettivO CineticO (29, 30) La casa di Pietra del Fratello Maggiore Cor. F. Pennini Alessandro Sciarroni (30) Aurora Cor. A. Sciarroni
FAVARA SCENARIOFARM Tel. 095 2503147 Opening (dal 8 al 31-ven, sab, dom) Cor. Aa. Vv. FIESOLE TEATRO ROMANO Florence Dance Festival Tel. 055 210804 Sankai Juku (9) Utsushi Cor. U. Amagatsu FIRENZE MUSEO NAZIONALE DEL BARGELLO Florence Dance Festival Tel. 055 210804 Balletto di Milano (5) Romeo e Giulietta Cor. F. Veratti Gala Celebration (8) Cor. Aa. Vv. Mvula Sungani Physical Dance (11) Caruso Cor. M. Sungani New York’s Joffrey Ballet Concert Group (15) American dance now! Cor. G. Arpino, A. Guzman, D. Rhoden Artemis Danza (16) Traviata Cor. M. Casadei Imperfect Dancers Company (18) In-Faust / Madama Butterfly / Anne Frank Cor. W. Matteini Balletto Teatro di Torino (21) CHOPinLOVE Cor. M. De Alteriis, I. Galili Toscana Dance Hub (23) Portrait in dance Cor. M. Nativo, G. Ferrone, R. Marinari, G. Secchi, A. Benedetti, L. Delgado, V. Osojnik, Kinesis danza (24) Carmen 3,0 Cor. A. Egarese Urban Contamination (27) Romeo e Giulietta Cor. G. Nieddu, A. Benedetti FOSSANO LUOGHI VARI Festival Mirabilia Tel. 011 5229825 Colette Sadler (8) We are monsters Cor. C. Sadler Andrea Gallo Rosso / Daniele Ninarello (8) DUO# / Still Cor. A. Gallo Rosso, D. Ninarello Joan Clevillé Dance (8) Plan B for Utopia Cor. J. Clevillé Claudio Stellato (9, 10) La cosa Cor. C. Stellato Cridacompany (10) Manan es manana Cor. J. Domingo, J. Vittecoq GARDONE RIVIERA ANFITEATRO VITTORIALE Festival Tener-a-mente Tel. 340 1392446 Gala di Stelle coi Primi Ballerini e Solisti del Teatro dell’Opera di Roma (23) Cor. Aa. Vv.
GENOVA TEATRO CARLO FELICE Tel. 010 53811 Gala Roberto Bolle & Friends (15,16) Cor. Aa. Vv. Genova Outsider Dancers Tel. 010 53811 Aterballetto (1 – Porto Antico) SENTieri / 14’20 / Rain dogs Cor. P. Kratz, J. Kylián, J. Inger Svetlana Zakharova/ Mikhail Lobukhin/Denis Rodkin (3 – Teatro Carlo Felice) Francesca da Rimini / The rain before it falls / Strokes through the tails Cor. Y. Possokhov, P. De Bana, M. Donlon Opus Ballet (7 – Porto Antico) Otello Cor. A. Benedetti Festival Tango Argentino (10 – Teatro Carlo Felice) Artemis danza (20 – Porto Antico) Carmen K Cor. M. Casadei MANTOVA PALAZZO TE Tel. 0376 369198 Virgilio Sieni (21,22) La Cittadinanza del Corpo Cor. V. Sieni MARINA DI PIETRASANTA TEATRO LA VERSILIANA Tel. 0584 265757 Gala Roberto Bolle & Friends (21,22) Cor. Aa. Vv. MILANO TEATRO ALLA SCALA Tel. 02 860775 Corpo di Ballo del Teatro alla Scala (4, 6, 7 e dal 11 al 15) Il Lago dei Cigni Cor. A. Ratmansky TEATRO LA CUCINA Tel. 02 66200646 Compagnia Abbondanza / Bertoni (4) I dream Cor. M. Abbondanza, A. Bertoni NAPOLI Napoli Teatro Festival Tel. 081 19560383 Compagnie du Hanneton/ Junebug (1, 2 – Teatro Bellini) La Grenouille avait raison Cor. J. Thierrée Flex Community (2, 3 – Teatro Augusteo) Flexn Cor. P. Sellars, R. Gray Corpo di Ballo Teatro di San Carlo / Maggio Musicale Fiorentino (10, 11 – Teatro Politeama) Carmen Suite Cor. A. Alonso ripresa da S. Calero
Compagnie MPTA (12, 13 – Teatro Nuovo) Nous sommes pareil à ces crapauds / Ali Cor. A. Thabet, H. Thabet, M. Bolze Blitztheatregroup (13, 14 – Teatro Bellini) Late night Cor. Blitztheatregroup PULA TEATRO ROMANO Festival Notte dei Poeti Tel. 070 657428 Gala di Stelle con i Primi Ballerini e Solisti del Teatro dell’Opera di Roma (16) Cor. Aa. Vv. Balletto Teatro di Torino (25) In Chopin Cor. M. De Alteriis RACCONIGI Teatro a Corte Tel. 011 5634352 Vero Cendoya (16 - Castello) La partida Cor. V. Cendoya Reckless sleepers (16 - Parco) A string section Cor. L. Dewilde RAVENNA Ravenna Festival Tel. 0544 249244 Batsheva Dance Company (6 – Palazzo Mauro de André) DecaDance Cor. O. Naharin Alonzo King Lines Ballet (9 – Palazzo Mauro de André) Writing ground / Rasa Cor. A. King
ROMA TERME DI CARACALLA Tel. 06 4817003 Gala Roberto Bolle & Friends (25,26) Cor. Aa. Vv. VILLA DORIA PAMPHILJ Invito alla danza Tel. 06 39738323 Aterballetto (19) tiportoVia Cor. G. Spota ROSIGNANO MARITTIMO Sala Nardini Festival Inequilibrio Tel. 0586 754202 Compagnia Abbondanza/ Bertoni (1) I dream Cor. M. Abbondanza, A. Bertoni Giovanni Leonarduzzi / C&C (2) Ci sono cose che vorrei davvero dirti / Tristissimo Cor. G. Leonarduzzi, C. Massari, C. Taviani Compagnia Stalker (3) Drumming solo Cor. D. Albanese Compagnia Nexus (8, 9) Prometeo: il dono Cor. S. Bertozzi Bittersweet Dance (8, 9) Please me please the solo + please me please the duet Cor. L. Waysbort
SANSEPOLCRO Kilowatt Festival Tel. 0575 733063 HURyCAN (15 – P.zza Garibaldi) Je t’haime Giorgia Nardin (16 – Teatro Misericordia) Season Cor. G. Nardin Salvo Lombardo (17 – Teatro Santa Chiara) Casual bystanders Cor. S. Lombardo Tommaso Monza (18 – Teatro Santa Chiara) Sketches of freedom Cor. T. Monza Nicola Galli (19 – Teatro Misericordia) Venus / Mars Cor. N. Galli Francesco Colaleo / Giovanni Leonarduzzi (19 – Torre di Berta) Re-garde / Ci sono cose che vorrei davvero dirti Cor. F. Colaleo, G. Leonarduzzi Ilenia Romano (20 – Teatro Misericordia) One woman cliché show Cor. I. Romano Körper / Dehors | Audela (22 – Teatro Misericordia) Aesthetica – esercizio 1 / Perfetto indefinito Glen Çaçi (22 – Torre di Berta) Tutorial Cor. G. Çaçi
Los Innato (23 – P.zza Garibaldi) Eterea SANTARCANGELO DI ROMAGNA Festival Internazionale del Teatro in Piazza Tel. 0541 626185 Nicola Galli (8 – Grotta Municipale) Mars Cor. N. Galli Cristina Rizzo BoleroEffect (8 - Lavatoio, 16 - Teorema) Prelude (10, 11 - Lavatoio) Cor. C. Rizzo Michele Rizzo (9, 10, 11 - Teorema) Higher Cor. M. Rizzo Mara Cassiani (dal 9 al 15 – Parco Francolini) The sky was pink Cor. M. Cassiani Mårten Spångberg (16, 17 – ITSE Molari) Natten Cor. M. Spångberg SAVIGLIANO LUOGHI VARI Festival Mirabilia Tel. 011 5229825 Italian Dance Showcase (1, 2, 3) Cor. Fattoria Vittadini, A. Gallo Rosso, D. Ninarello, E. Cosimi, I. Urzelai, M. Solinas
RAVELLO VILLA RUFOLO Ravello Festival Tel. 089 858422 Balletto Civile (28) Before break Cor. M. Lucenti Compagnia Virgilio Sieni (31) Di fronte agli occhi degli altri / La mer Cor. V. Sieni REGGIO EMILIA CHIOSTRI DI SAN PIETRO Tel. 0522 273011 Aterballetto tiportoVia / Rain dogs (5) Cor. G. Spota, J. Inger Gala dal repertorio (6) Cor. Aa. Vv. Don Chisciotte (7) Cor. E. Scigliano RIVOLI CASTELLO Teatro a Corte Tel. 011 5634352 Compagnie Adrien M & Claire B / Billy Cowie (15) Hakanaï / Under flat sky Cor. A. Mondot, C. Bardainne, B. Cowie
Cirquons Flex (2, 3) La Pli i donn Cor. V. Le Flaouter Robbie Synge (5, 6, 7) Douglas Cor. R. Synge Joan Clevillé Dance (5, 7) Plan B for Utopia Cor. J. Clevillé Collectif Porte 27 (6, 7) Autour du domaine Cor. M. Collé Pills (6) Cor. Paniclab, A. M. Romano Ema Jayne Park/ Phil Hardie (6) #Trans/Welcome my son Cor. E. J. Park, P. Hardie Colette Sadler (7) We are monsters Cor. C. Sadler Physical Momentum Project (6) Postkriptum Cor. F. Cordova Azuela via Du’k’to (7) In-confort Cor. C. Massari Cridacompany (7) Manan es manana Cor. J. Domingo, J. Vittecoq SPOLETO Festival dei Due Mondi Tel. 0743 776444 Batsheva Dance Company (1, 2, 3 – Teatro Romano) DecaDance Spoleto Cor. O. Naharin
Balletto Nazionale di Praga (7, 8, 9 – Teatro Romano) Romeo e Giulietta Cor. Y. Vámos Gala Roberto Bolle & Friends (13 – Piazza Duomo) Cor. Aa. Vv. STUPINIGI PALAZZINA DI CACCIA Teatro a Corte Tel. 011 5634352 Pauline Barboux | Jeanne Ragu (8) Instants de suspension Cor. P. Barboux, J. Ragu TERAMO SPAZIO ELECTA Tel. 0861 212593 Interno 5 (15) Trattato semiserio di oculistica Cor. O. Izzo Gruppo e-Motion Phoenix (24) Dunia Cor. A. Brodact TORINO VENARIA REALE Tel. 011 3184622 Virgilio Sieni (1) Altissima povertà Cor. V. Sieni
DIRETTORE ARTISTICO CRISTINA BOZZOLINI
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Cie Ke Kosa (15 – Parco delle Semiurali, 16 – Hotel Holzner) 500 / Cinquecento Cor. G. Arduca Alonzo King Lines Ballet (18 – Teatro Comunale) Biophony / Writing ground Cor. A. King Aakash Odedra (19 – Teatro Studio) Inked / Murmur Cor. D. Jalet, A. Odedra, L. Major Francesca Penzo & Tamar Grosz (20 – Teatro Studio) Why are we so f***ing dramatic? Cor. F. Penzo Helena Waldmann (20 – Teatro Comunale) Made in Bangladesh Cor. H. Waldmann Lali Ayguadé Farró Company (22 – Teatro Studio) Kokoro Cor. L. Ayguadé Cie Retouramont (24 – Alpe di Siusi) Voluminosité Cor. F. Guillot Gabriele Valerio (25 – Parco dei Cappuccini) Triptych Cor. G. Valerio Emanuel Gat Dance (25 – Teatro Comunale) Sacre / Gold Cor. E. Gat Centre Chorégraphique National de Grenoble (26 – Teatro Studio) Tordre Cor. R. Ouramdane Claudia Catarzi (27 – Teatro Studio) 40.000 centimetri quadrati Cor. C. Catarzi Gauthier Dance// Theaterhaus Stuttgart (27 – Teatro Comunale) Nijinski Cor. M. Goecke Cie Heddy Maalem (29 – Teatro Studio) Nigra sum, pulchra es/ Toujours sur cette mer sauvage Cor. H. Maalem Compagnie Eco (30 – Teatro Comunale) Catania Catania Cor. E. Calcagno Cristina Kristal Rizzo (30 – Parco dei Cappuccini) The Silent Disco (dj set + performance) Cor. C. Rizzo
COREOGRAFIA DI :: GIUSEPPE SPOTA MUSICHE DI :: CLAUDIO LOLLI, VINICIO CAPOSSELA, GIUSEPPE VERDI, ELLA FITZGERALD, WOLFGANG AMADEUS MOZART, GEORG FRIEDRICH HAENDEL, EZIO BOSSO
ANTEPRIMA 5 LUGLIO 2016 :: REGGIO EMILIA CHIOSTRI DI SAN PIETRO
PRIMA RAPPRESENTAZIONE 19 LUGLIO 2016 :: ROMA 26 9
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VILLA DORIA PAMPHILJ, INVITO ALLA DANZA 269
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URBINO TEATRO RAFFAELLO SANZIO Tel. 071 2072439 Compagnia Virgilio Sieni (28) L’avventura Cor. V. Sieni VERONA ARENA Tel. 045 8005151 Gala Roberto Bolle & Friends (18) Cor. Aa. Vv. CORTE MERCATO VECCHIO Estate Teatrale Veronese Tel. 045 8066485 Ersiliadanza (1, 2) Otello Cor. L. Corradi Compagnia Simona Bucci (9) Enter Lady Macbeth Cor. S. Bucci Compagnia Fabula Saltica (17) A cuore aperto Cor. C. Ronda Momix (dal 25 al 30 – Teatro Romano) Opus Cactus Cor. M. Pendleton Balletto di Sardegna (30) La Tempesta Cor. C. Genta VIGNALE MONFERRATO Vignale Monferrato Festival Tel. 011 4322902 EgriBiancoDanza (1, 2 – Palazzo Callori) Sogno di una notte di mezza estate Cor. R. Bianco Hema Bharathi Palani Company / Compagnia Shantala Shivalingappa (8 – Piazza del Popolo) Trikonanga / Four solos Cor. H. Bharathi Palani, S. Shivalingappa TND Company (9 – Piazza del Popolo) Until the end / Watch me / As if I Cor. T. Noone Compagnia Shantala Shivalingappa (10 – Cascina Orsolina) Impro Cor. S. Shivalingappa
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Compañia Sharon Fridman (13 – Cascina Orsolina) ¿Hasta Dónde? / Caida libre Cor. S. Fridman Ballet National de Marseille (14 – Piazza del Popolo) Rocco Cor. E. Greco, P. C. Scholten
AGOSTO BASSANO DEL GRAPPA Festival Operaestate / B.motion Tel. 0424 524214 Cie Marie Chouinard (14 – Teatro Tito Gobbi) Jérôme Bosch: Le Jardin des délices Cor. M. Chouinard Compañia Sharon Fridman (15 – Arte Sella Borgo Valsugana) All Ways Cor. S. Fridman Cullberg Ballet (23 – Teatro Tito Gobbi) Figure a sea Cor. D. Hay Francesca Foscarini (24 – Palazzo Pretorio) Good Lack Cor. F. Foscarini Novembrini/ Suggate/ Schumacher/ Murillo/ Julien (25 - Museo Civico) Dancing Museums Yoko Higashino (25, 26, 27 - Oratorio Villa Ca’ Erizzo) Stabat Mater Cor. Y. Higashino Giorgia Nardin (25, 26, 27 - Chiesetta dell’Angelo) Stabat Mater Cor. G. Nardin Chiara Frigo (25 - Teatro Remondini) West End Cor. C. Frigo Cie Yasmeen Godder (25, 26 - CSC Garage Nardini) Common Emotion Cor. Y. Godder Melanie Demers (26, 27, 28 - Chiesa dell’Annunziata) Stabat Mater Cor. M. Demers Christos Papadopoulos (26 – Teatro Remondini) Elvedon Cor. C. Papadopoulos Simona Bertozzi (27 - Museo Civico) Prometeo Cor. S. Bertozzi Igor & Moreno (27 - CSC Garage Nardini) Idiot-Syncrasy Cor. M. Solinas, I. Urzelai CollettivO CineticO (27 - Teatro Remondini) 10 Miniballetti Cor. F. Pennini Dario Tortorelli (28 - Museo Civico) D No Body Cor. D. Tortorelli
Yasmeen Godder (28 - Oratorio Villa Ca’ Erizzo) Stabat Mater Cor. Y Godder Andreas Constantinou (28 - CSC Garage Nardini) The WomanHouse Cor. A. Constantinou Giorgia Nardin (28 - Teatro Remondini) Season Cor. G. Nardin CHIUSI CENTRO STORICO Festival Orizzonti Tel. 0578 226273 Compagnia Abbondanza / Bertoni (3, 4) Gli orbi Cor. M. Abbondanza, A. Bertoni Compagnia Zappalà Danza (5, 6) Romeo e Giulietta 1,1 Cor. R. Zappalà CollettivO CineticO (6) 10 miniballetti Cor. F. Pennini CIVITANOVA MARCHE Festival Civitanova Danza Tel. 071 2072439 Silvia Gribaudi (6 – Teatro Cecchetti) R.osa Cor. S. Gribaudi Compagnia Blucinque / Qanat / Cirko Vertigo (6 – Teatro Rossini) We273’’ Cor. Aa. Vv. Cristiana Morganti (6 – Teatro Annibal Caro) Nuova creazione Cor. C. Morganti CORFINIO Tel. 0861 212593 Associazione Artealter (16) Raccolto PULA TEATRO ROMANO Festival Notte dei Poeti Tel. 070 657428 Balletto di Roma (1) Contemporary Tango Cor. M. Zullo RAVELLO VILLA RUFOLO Ravello Festival Tel. 089 858422 Balletto Civile (2) Killing Desdemona Cor. M. Lucenti America dream (6) Cor. K. Armitage Dimitris Papaioannou Inside (11) Primal matter (13) Extract from nowhere (15) Cubanìa en el Ballet (20) Cor. Aa. Vv. ROVERETO Oriente Occidente Tel. 0464 431660 Troubleyn (31 – Teatro Zandonai) Attends, attends, attends... (pour mon père) Cor. J. Fabre
Davide Valrosso / Tommaso Serratore (31 – Auditorium Melotti) I would like to be pop / Il coraggio di stare Cor. D. Valrosso, T. Serratore TAGLIACOZZO PIAZZA DELL’OBELISCO Tel. 0861 212593 Artemis Danza (21) Tosca X Cor. M.Casadei TERAMO SPAZIO ELECTA Tel. 0861 212593 Associazione Artealter (3) Raccolto VERONA TEATRO ROMANO Estate Teatrale Veronese Tel. 045 8066485 Momix (1-6 Teatro Romano) Opus Cactus Cor. M. Pendetlon Ballet du Grand Théâtre de Genève (19, 20) Romeo e Giulietta Cor. J. Bouvier
SETTEMBRE BASSANO DEL GRAPPA Festival Operaestate Tel. 0424 524214 Cycling Dance (4 – Pista ciclabile Bassano-Borgo Valsugana) Cor. Aa. Vv. Dance raids (10 – Feltre Centro Storico) Cor. Aa. Vv. Cullberg Ballet (23 – Teatro Tito Gobbi) Figure a sea Cor. D. Hay Francesca Foscarini (24 – Palazzo Pretorio) Good Lack Cor. F. Foscarini BOLOGNA Festival Danza Urbana (dal 2 al 11) Tel. 051 6440879 MONCALIERI FONDERIE LIMONE Torinodanza Tel. 011 5169555 Compagnie les mains les pieds et la tête aussi Fenêtres (10,11) Barons Perchés (dal 15 al 18) Cor. M. Bolze RAVENNA Festival Ammutinamenti (dal 10 al 22) Tel. 0544 251966
ROMA Festival Romaeuropa (dal 21) Tel. 06 45553050 ROVERETO Oriente Occidente Tel. 0464 431660 Luca Veggetti (1, 2, 3 – Mart) Scenario Cor. L. Veggetti Cie Lézards Bleus (1, 2, 3 – via delle Fosse) L’Aimant – Poésie verticale Cor. A. Le Menestrel La Veronal (1 – piazza del Mart) Los pájaros muertos Cor. M. Morau Moving into dance Mophatong (2 – Auditorium Melotti) Romeo & Juliet / Rebellion & Johannesburg Cor. J. Nupen Batsheva Dance Company (3 – Teatro Zandonai) Three Cor. O. Naharin Salvo Lombardo / Carla Rizzu (6 – Auditorium Melotti) Casual bystanders / L’ultima madre Cor. S. Lombardo, C. Rizzu CCN La Rochelle / Accrorap (7 – Teatro Zandonai) Opus 14 Cor. K. Attou Compagnia Zappalà Danza (8 – Auditorium Melotti) Instrument 1 <scoprire l’invisibile> Cor. R. Zappalà Nofit state / Motionhouse (9, 10 – luoghi vari) Block Abraham.In.Motion (9 – Teatro Zandonai) Pavement Cor. K. Abraham Ariadone (10 – Auditorium Melotti) UTT Cor. C. Ikeda, K Murobushi Spinn (11 – Urban Center) Trio Cor. A. Marchal Ballet National de Marseille (11 – Teatro Zandonai) Two / Boléro Cor. E. Greco, P. C. Scholten
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