L'imitazione di cristo

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L’IMITAZIONE DI CRISTO

Presentazione Ci sono bevande che si bevono, altre che si sorseggiano. Ci sono libri che si leggono, altri che si meditano. L’imitazione di Cristo, un piccolo gioiello di teologia ascetica e mistica del tardo Medio Evo, non è da leggere, ma da meditare e sorseggiare. Se si accetta così, può cambiare radicalmente la vita di una persona. Maturato in ambiente monastico, di questo ambiente conserva la fragranza e forse anche certi limiti: tratta della perfezione della vita cristiana. LA VITA CRISTIANA Nel mondo vi sono tante religioni. Tutte propongono dottrine da credere, norme etiche da osservare, culti da tributare: sono tutti tentativi dell 'uomo di raggiungere la Divinità. Anche il Cristianesimo è tutto questo, ma possiede una caratteristica che le altre non hanno: è prima di tutto una vita, è la Vita di Dio nell 'uomo. In tutte le religioni è l'uomo che si sforza di raggiungere Dio; nel Cristianesimo è Dio che viene incontro all'uomo: nell'Uomo Cristo Gesù, il Messia è promesso da millenni al popolo d'Israele. Gesù è nato circa duemila anni fa in un remoto angolo della Palestina. Ma Egli non è solo Uomo, è l'Uomo-Dio. La sua Persona, cioè il principio esistenziale che lo fa esistere come membro della famiglia umana e lo rende responsabile del suo agire come uomo, è la Persona stessa del Verbo di Dio, la seconda Persona della Santissima Trinità, l'Autore della Vita. Vissuto nel tempo, in un luogo particolare, come ogni altro uomo, è stato crocifisso, è morto ed è risorto, per rinascere col Battesimo e rivivere la sua Vita in ogni uomo di buona volontà. Come ogni vita, Gesù, divenuto Vita dell'uomo, nel Cristiano viene concepito, nasce, cresce e raggiunge una sua maturità. Ma, mentre ogni vita alla fine muore, Gesù, morto e risorto, non muore più e pone un germe di Vita Eterna in chi Lo accetta nella sua vita. La perfezione di questa Vita risplende nei Santi, che si sono impegnati a farla crescere fino alla sua pienezza. L'imitazione di Cristo è una proposta per questa Vita, per un cammino di perfezione. Purtroppo, molti Cristiani non si curano della loro crescita spirituale. Preoccupati di mille altre cose (cf Mt 13,1-23), non permettono che Cristo prenda possesso della loro vita. Ansiosi di possedere le cose del mondo, di godere gli effimeri piaceri della carne, di apparire grandi nella loro breve comparsa sulla scena della vita, trascurano la vera Vita, che è Dio in noi. I mondani, i libertini, anche se hanno una certa fede, quando si tratta della perfezione cristiana, hanno idee false e confuse. Alcuni, per scusare se stessi, considerano quelli che essi chiamano "bigotti" come ipocriti, falsi, peggiori di chi non va in chiesa, perché – dicono -sotto la maschera della pietà, nascondono vizi e mire ambiziose. Altri considerano la perfezione cristiana un'utopia irrealizzabile e pericolosa. Dicono che basta osservare i Comandamenti, voler bene al prossimo, senza perdere tempo in chiesa, in minuziose pratiche. Tra le stesse persone che vanno in chiesa ci sono effettivamente molte che s'ingannano sulla vera natura della devozione, perché la fanno consistere in un gran numero di preghiere e pratiche esteriori; nel partecipare a numerosi movimenti, talvolta trascurando la famiglia e i doveri del proprio stato, mentre poi si fanno scrupolo, se non leggono tutte le loro preghiere e devozioni che si sono proposte di fare. Molte vanno a Messa, fanno la Comunione ogni giorno, ma mancano facilmente di carità, perdono il tempo in chiacchiere e critiche o davanti alla Tv. Altre si danno a digiuni o mortijfìcazioni fino al punto di compromettere la salute. Altre fanno elemosine, ma nfiutano il perdono o non sopportano i "terzomondiali". Altre sanno perdonare, ma non fanno i loro doveri di buoni cittadini, come il pagare le tasse. Altre confondono la devozione con il sentimento; credono di essere fervorose, perché pensano di avere visioni (1e visioni possono venire anche da malattie psichiche o dal demonio!). Altre si dedicano ad opere di apostolato, ma trascurano i propri doveri familiari. Altre credono che la santità consista in fenomeni straordinari: anche se qualche Santo li possedeva, non era santo per questo... Finalmente, vi sono gli "atei" che hanno da dire la loro sulla perfezione dei Santi. Per loro, la santità è un puro fenomeno psicoanalitico, riducibile all 'istinto sessuale. Il sesso non ha nulla a che fare con la santità. I mistici hanno praticato la castità, secondo il loro stato, in grado eroico. Ma riguardo agli atei, forse basta citare le parole di Gesù: "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi" (Mt 7,6). ASCETICA E MISTICA Abbiamo detto che L'imitazione di Cristo è un "piccolo gioiello di teologia ascetica e mistica".


2 “Ascetica” viene dal Greco "àskesis" e significa esercizio, allenamento, sforzo in relazione alla vita fisica e morale dell'uomo. Anche "mistica" viene dal Greco, dall 'aggettivo "mysticòs", e significa misterioso, nascosto, segreto, soprattutto in relazione alla Divinità. Parlando di mistica, qualcuno pensa subito a fenomeni straordinari: rapimenti, estasi, visioni, miracoli, ecc., di cui talvolta leggiamo nella vita dei Santi. La santità non consiste in questo, ma nell'esercizio delle virtù cristiane: soprattutto, come detto prima, nella carità verso Dio e il prossimo per amor di Dio. La carità verso Dio si manifesta nella contemplazione e unione con Lui. Verso il prossimo si manifesta nelle opere di misericordia, fino al supremo dono di sé, secondo l'insegnamento di Gesù: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13). È in questo senso che diciamo che L'imitazione di Cristo è un gioiello di teologia mistica, anche se non vi si parla di fenomeni straordinari. In pratica, l'ascetica è quella parte della teologia che tratta dei primi gradini della vita cristiana, mentre la mistica tratta della vita di unione con Dio, costituita dalla contemplazione infusa, cioè ispirata dallo Spirito Santo, e dall'esercizio eroico delle opere di misericordia per amore di Dio. Tuttavia, non c'è un confine netto tra ascetica e mistica, perché anche i principianti possono già gustare momenti di profonda unione con Dio, e coloro che sono molto avanti nella via della perftzione non cessano di praticare esercizi ascetici. I gradi di perfezione sono molti, ma si sogliono distinguere tre tappe principali o vie: purgativa, illuminativa e unitiva. La "via purgativa" è l'inizio, caratterizzato dalla lotta contro il peccato, soprattutto il peccato mortale, e dalla purificazione delle colpe e dei vizi capitali. La "via illuminativa" ha lo scopo di istruirsi e di progredire nella conoscenza di Dio e della sua legge; di punficarsi non solo dai peccati mortali, ma anche da quelli veniali; di crescere nell'amore del prossimo e di praticare le virtù e le opere di misericordia. La "via unitiva" ha per obiettivo l'unione con Dio attraverso la contemplazione e l'esercizio delle opere di misericordia in grado sempre più eroico. MOTIVI DELL'ASCETICA CRISTIANA La parola "ascetica" implica uno sforzo per combattere i vizi capitali, le cui radici non sono mai sradicate del tutto, per controllarsi e andare contro le proprie inclinazioni e tendenze cattive. L'uomo contemporaneo è nato e cresciuto in un benessere mai conosciuto prima. Per questo, non è incline al sacrificio e rifugge da esso. Spesso vive egoisticamente in un'opulenza sfacciata e provocatoria, per cui si possono applicare a lui le parole di Gesù: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli" (Mt 19,24). Quel che è peggio, cerca di giustficarsi dicendo: "La vita è già piena di tribolazioni e sofferenze: perché imporci ulteriori sacrifici e rinunce?". È un'obiezione che si sente spesso, alla quale vorremmo dare una risposta chiara e precisa. Il discorso non può essere recepito da chi non crede e non vive la propria fede; siamo su una lunghezza d'onda diversa. Per il credente, invece, per colui che accetta l'idea di un Dio Trascendente, Creatore di questo mondo visibile e sensibile, l'uomo è sulla terra in prova e di passaggio! L'uomo, rispetto alle cose dello spirito, è un disabile: cieco, sordo e muto. Tuttavia, contemplando il mondo visibile, potrebbe ancora risalire al Creatore. Lo dice San Paolo: "Dalla creazione del mondo in poi le perfezioni invisibili (del Creatore) possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da Lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità..." (Rm 1,2 O). Da questa contemplazione vediamo chiaramente che la vita, dalla più semplice alla più complessa, rispettando la propria specie, viene da una cellula, e che nasce, si sviluppa e muore. Vediamo una convergenza mirabile in tutto il creato. Da questa possiamo risalire all'origine stessa dell'uomo e pensare che anche lui, per la parte materiale, viene da una cellula e che, attraverso un progressivo sviluppo, il Creatore ha fatto maturare un individuo che la Bibbia chiama 'Adam". Questa parola in Ebraico significa: "Tratto dal suolo", pronto a ricevere 1'”Alito di vita"; per cui 'Adam" divenne un "Essere Vivente" (Gn 2,7), cioè immortale, divino, “figlio di Dio”. Adam, capostipite dell'umanità, non è frutto del caso o dell'evoluzione, come vorrebbe far credere il materialista, ma di un piano ben preciso di un'Intelligenza Superiore. Dio ha creato l'uomo libero. Se questi avesse corrisposto alle attese del Creatore, sarebbe rimasto una mirabile sintesi di materia e spirito, compendio di tutto il creato, nell'unità più perfetta, sempre orientato verso di Lui. Ma la disobbedienza ha prodotto una frattura tra le due componenti. La parte materiale tende a discendere a un livello inferiore, da dove viene, e trascina la parte spirituale, rendendola schiava dell'istinto. All'uomo è stato quindi


3 interdetto l'accesso alla "vita eterna" e da quel momento egli ha conosciuto la malattia, la sofferenza, la morte. Dio non l'ha abbandonato: il Verbo di Dio, che lo ha creato, s'è fatto Uomo per liberarlo; ha pagato un "riscatto" per lui con il suo sangue; ma l'uomo, per usufruire di questo riscatto, deve meritarselo; deve risalire la china della sua miseria, collaborando alla sua salvezza. Deve completare in sé l'opera del Salvatore, completare nella sua carne quel che manca ai patimenti di Cristo (cf Col 1,24). Per risalire la china occorrono due ali: l'"amore" e il "sacrificio": l'amore per Dio e per il prossimo, che, secondo l'Antico e il Nuovo Testamento, è il più grande comandamento (cf Dt 6,5; Lv 19,18; Lc 10,23), e il sacrificio, che è la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono questo amore. L'imitazione di Cristo praticamente tratta di questi due argomenti: come imparare a mortificare se stessi per giungere al vero amor di Dio e dei fratelli, e come contemplare Gesù, che si è fatto nostro modello. CRISTO NOSTRO MODELLO I quattro "libretti" de "L'imitazione di Cristo" apparentemente sono assai diversi tra loro, ma il loro messaggio è identico. Ci presentano Gesù, Uomo-Dio, modello e guida della nostra vita spirituale; per mezzo di Lui, con Lui ed in Lui possiamo ritornare alla perfezione originale e raggiungere il Padre. Come trattato di ascetica e mistica, non è certo completo. Rispecchia l'ambiente monastico del tardo Medio Evo in Europa. Sostanzialmente possiamo dire che i primi due libri trattano della via purgativa; il terzo, della via illuminativa; il quarto, della via unitiva, senza la pretesa di una divisione netta. Il fatto che il quarto libro tratti della SS.ma Eucaristia potrebbe far supporre che la data di composizione sia da collocare in quel periodo di tempo, quando nella Chiesa si fece più viva l'attenzione verso questo mistero, cioè verso la metà del XIII secolo; infatti, l'istituzione della festa del Corpus Domini risale al 1264. La divisione delle tre vie trova un fondamento nelle parole stesse di Gesù, il quale ha detto: "Se qualcuno vuole venire dietro a Me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23). "Rinnegare se stesso" può significare la via purgativa; "Prendere la propria croce"' la via illuminativa; "Seguire Cristo", la via unitiva. Anche San Paolo, pur non proponendosi alcuna descrizione di stati o vie particolari, in varie occasioni parla di gradi di perfezione, come quando paragona la vita spirituale alle gare sportive nello stadio (cf 1 Cor 9,24-27); o afferma di seguire il Maestro e si sforza di raggiungerLo (cf Fil 3,13) e di essere imitatore di Cristo, invitando i suoi interlocutori ad imitarLo (cf 3,15.17; iCor 4,16). Nella vita spirituale dobbiamo tutti, sempre, considerarci principianti. Non dobbiamo mai attribuire a noi il merito del progresso fatto, ma alla grazia di Dio; anche perché nessuno è simile ad un altro. Come ognuno possiede la sua fisionomia, il suo temperamento, il suo carattere, il suo timbro di voce, così nella vita spirituale ognuno ha un suo rapporto con Dio e si realizza a suo modo, secondo un'infinità di fattori che dipendono dalla natura, dalla famiglia, dall'educazione, dall'ambiente e dalla grazia di Dio. Come in una corsa a cronometro tutto dipende da quando il corridore è partito, così nella corsa spirituale tutto è legato a questi fattori che ne determinano il momento della partenza. Solo Dio conosce a che punto siamo, e nelle tre vie non c 'è nulla di assoluto. L'AUTORE DEL LIBRO L'imitazione di Cristo è stata attribuita a vari autori perché si sono trovati codici con la loro firma; in particolare a Tommaso da Kempis (1397-1471), agostiniano tedesco; a Jean Le Charlier detto Gerson (1364-1429), filosofo e teologo francese, e a Giovanni Gersen (inizi X111 0 sec.), abate del monastero di S. Stefano, a Vercelli; ma ogni attribuzione è tutt'altro che certa. La differenza di stile e di argomento suggerirebbe autori diversi. Noi siamo dell'opinione che si tratti di appunti di conferenze, che Maestri diversi hanno tenuto ai loro Novizi (aspiranti monaci prima della professione) in qualche monastero, raccolti poi in un unico volumetto. Questo avveniva prima dell'invenzione della stampa; e gli appunti trascritti e "personalizzati" con la loro firma da vari amanuensi, hanno dato origine a diverse attribuzioni perciò pensiamo che non si tratti di un unico autore. Chi è passato per un Noviziato sa che anche ai nostri giorni avviene qualcosa di simile. P Luigi Crotti, comboniano

LIBRO 1° ESORTAZIONI UTILI PER LA VITA DELLO SPIRITO Introduzione Chi, per un'intima chiamata alla perfezione, o per riparare a una vita dissoluta, o nella speranza di trovare la pace, bussava alla porta di un monastero, veniva affidato a un Maestro


4 che gli proponeva i primi insegnamenti della vita spirituale, prima che il discepolo facesse la sua "professione" e diventasse membro della comunità. Si trattava e si tratta tuttora del cosiddetto "noviziato", che normalmente dura da dodici a ventiquattro mesi. L'ideale che gli veniva proposto fin dall 'inizio era Cristo stesso, Luce del mondo, il quale ha detto di Sé nel Vangelo: "Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12). Spesso l'uomo vive di vanità, apparenze, illusioni, che sfociano inesorabilmente nell'assurdo, nel buio più completo, nella delusione, nella disperazione. Per scoprire la verità, lo scopo vero della propria esistenza, é necessario un capovolgimento completo delle proprie vedute, convinzioni e abitudini. Ma questo è difficile, perché l'uomo ha la tendenza a dissiparsi, a vivere fuori di sé: è come alla finestra di se stesso. Finestre sono i suoi cinque sensi che captano sempre nuove sensazioni, e quanto viene captato viene elaborato dalla fantasia. Se questo avveniva nel passato, quando L'imitazione di Cristo veniva composta, avviene assai più ora, che queste vanità, apparenze e illusioni sono aumentate in modo spropositato, specialmente con i moderni mezzi di comunicazione sociale. L'uomo vive sempre più fuori di sé e trascura l'Ospite che porta dentro: Gesù Cristo. Abbiamo detto che il Cristianesimo è una Vita; è proprio questa sua presenza in noi la nostra vera Vita. Se si vuole che questa presenza cresca e si realizzi, è necessario chiudere le finestre dei sensi, spegnere la fantasia e intrattenersi con Lui. Ecco allora che nel primo libro de L'imitazione di Cristo Egli ci viene proposto come nostra Luce, e alla sua luce dobbiamo rivedere tutte le altre realtà: la vanità di tutto ciò che non è eterno. Nel silenzio, nella rifiessione, nella meditazione, dobbiamo scoprire come tutto è vanità. Dobbiamo imparare a controllare le nostre passioni, estirpare i vizi, imparare l'umiltà e l'obbedienza, vincere le tentazioni, evitare i giudizi sugli altri. Verso la metà del primo libro inizia una parte più positiva: agire sempre per amore, sopportare i difetti altrui imitare gli esempi di chi ci ha preceduti nella vita religiosa, soprattutto i Padri del deserto. Per attuare questo cammino di perfezione è necessario l'amore al silenzio e alla solitudine, vivere nel santo timor di Dio, che non significa paura, ma consapevolezza del suo amore per noi e preoccupazione di corrispondere fedelmente al suo disegno. È necessario essere consapevoli della nostra debolezza, miseria e povertà spirituale; della precarietà della nostra esistenza, della morte, del Purgatorio, dell'Inferno e, se non corrisponderemo alle grazie che Dio ci elargisce, delle pene a cui andremo incontro. Questo è il contenuto del primo libro.

Capitolo primo L'IMITAZIONE DI CRISTO E IL DISPREZZO DI TUTTE LE VANITÀ DEL MONDO. 1 Chi segue me - dice il Signore - non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12). 2Queste sono parole di Cristo, con le quali siamo esortati ad imitare, fin dov'è possibile, la sua vita e le sue virtù, se vogliamo essere illuminati secondo verità e liberati da ogni accecamento del cuore. 3Perciò, il nostro più alto impegno sia meditare la vita di Gesù Cristo. 4La dottrina di Cristo trascende tutti gl’insegnamenti dei Santi; e chi avesse lo spirito suo vi troverebbe una manna celeste nascosta. 5Ma succede che molti, pur udendo spesso il Vangelo, ne sentono poco desiderio, perché non hanno lo spirito di Cristo. 6Chi, invece, vuole intendere appieno e con gusto spirituale la parola di Cristo, deve cercare di modellare tutta quanta la sua vita su di Lui. 7Che ti può giovare il discutere profondamente del mistero della Trinità, se manchi d'umiltà, per cui dispiaci alla Trinità? 81n realtà, non sono i discorsi profondi che formano il santo e il giusto; ma è la vita virtuosa che rende l'uomo caro a Dio. 91o preferisco sentire la compunzione, che conoscerne la definizione. 10Se tu conoscessi a memoria l'intera Bibbia e le massime di tutti i filosofi, a che ti gioverebbe tutto questo senza la carità e la grazia di Dio? 11"O vanità delle vanità! Tutto è vanità!" (Qo 1,2), fuorché amare Dio e servire Lui solo! 12Questa è la più sublime sapienza: tendere al Regno del Cielo, con il disprezzo del mondo. 13Quindi, è vanità ricercare le ricchezze destinate ad andare perdute, e porre in esse le proprie speranze. 14Vanità è anche ambire ad onori e voler salire a posizioni di prestigio. 15È vanità assecondare gli appetiti della carne e desiderare ciò per cui dovremo, poi, essere puniti duramente. 16Vanità è desiderare una vita lunga e curarsi poco d'una vita buona. 17Vanità è preoccuparsi solo della vita presente e non gnardare fin d'ora alle realtà future. 18Vanità è amare ciò che passa rapidissimamente e non affrettarsi là, dove ci attende il gaudio eterno. 19Ricordati


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spesso di quel proverbio: "L'occhio non si sazia di vedere nè l'orecchio si riempe di ciò che ascolta!"(Qo 1,8). 20Cerca, dunque, di distogliere il tuo cuore dall'amore delle cose visibili e di sollevarti a quelle invisibili. 21Infatti, quelli che seguono l'attrattiva dei sensi macchiano la propria coscienza e perdono la grazia di Dio. Note al capitolo 1° 1"Chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12). Tutta la Bibbia parla di "luce" e di "tenebre". Il primo atto del Creatore fu la creazione della luce (cf. Gn 1,3); la nuova creazione, alla fine del mondo, avrà Dio stesso per luce (cf Ap 21,22). Gesù, Parola del Dio vivente che si è fatta "Uomo", ha detto: "Io sono la luce del mondo"; e, per chi sa aprire gli occhi alla fede, tutta la sua vita, le sue parole, il suo agire, i suoi insegnamenti sono "luce" per l'uomo, creato da Lui e per Lui, a sua immagine e somiglianza (cf Gn 1,26). 7"Che ti può giovare discutere profondamente del mistero della SS. ma Trinità, se manchi di umiltà per cui dispiaci alla Trinità? ".Quando veniva scritta L'imitazione di Cristo, molte scuole di teologia si perdevano in lunghe discussioni accademiche, cioè inconcludenti, su problemi teologici. L'autore ci ammonisce che non è con il ragionamento umano che possiamo penetrare il mistero di Dio, ma con la grazia di Dio stesso, che si ottiene con l'umile esercizio delle viriù cristiane. 12 "Questa è la più sublime sapienza: tendere al Regno del Cielo, con il disprezzo del mondo". Questa espressione, che è traduzione letterale dal Latino, può essere interpretata male. Infatti, il mondo in sé è buono; è stato creato da Dio come culla per l'uomo. Ma il peccato lo ha reso come una trappola e come tale va usato con cautela.

Capitolo secondo UMILE CONSIDERAZIONE DI SE’ 1 Ogni uomo desidera, per sua natura, di sapere; ma che cosa importa la scienza senza il timore di Dio? 2Il pover'uomo di campagna che serve Dio è, senza dubbio, migliore del superbo sapiente, che scruta il moto degli astri trascurando la sua anima. 3Chi impara a conoscere bene se stesso, fa poco conto di sé e non si compiace delle lodi degli uomini. 4Anche se io possedessi tutta la sapienza del mondo, ma non avessi la carità (la grazia di Dio), quale profitto ne avrei davanti a Dio, che mi giudicherà secondo le opere? 5Calma l'eccessivo desiderio di sapere, perché in esso si trovano grandi distrazioni ed illusioni. 6Quelli che sanno molto, volentieri si compiacciono di mettersi in mostra e di essere chiamati sapienti. 7Ma ci sono molte cose, la cui conoscenza poco o nulla giova all'anima. 8Ed è molto insensato chi volge le sue attenzioni unicamente a cose diverse da quelle che gli servono per la salvezza eterna. 9 Le molte parole non appagano l'anima; dà, invece, serenità allo spirito la bontà della vita; e la purezza della coscienza procura una grande confidenza in Dio. 10Quanto più vasto e quanto più profondo è il tuo sapere, tanto più rigorosamente sarai giudicato, se non sarai vissuto più santamente. 11Dunque, non insuperbirti di alcun'arte o scienza; ma abbi timore, piuttosto, a motivo di ciò che ti fu dato di sapere. 12Se ti sembra di sapere molto e di essere dotato di una buona intelligenza, sappi anche che sono molto più numerose le cose che ignori. 13Non montare in superbia (Rm 11,20), ma riconosci piuttosto la tua ignoranza. 14Perché ti vuoi anteporre a qualcuno, mentre ci sono molti più dotti di te, che meglio praticano la legge di Dio? 15Se vuoi sapere ed imparare utilmente qualche cosa, ama d'essere sconosciuto e d'essere tenuto in conto di nulla. 16 Questa è la più alta e più utile scienza: realmente conoscere e disprezzare se stesso. 17 Non avere alcuna stima di se stesso, ma piuttosto avere sempre buona ed alta stima degli altri: questa è grande sapienza e perfezione. 18Se anche tu vedessi un altro peccare apertamente o commettere alcune colpe gravi, non dovresti per ciò ritenerti migliore di lui, poiché non sai fino a quando tu sia capace di perseverare nel bene. 19 Tutti siamo fragili, ma tu non devi ritenere alcuno più fragile di te stesso. Note al capitolo 2° 1Il "timore di Dio" non si deve confondere con la "paura"; è l'umile riconoscimento che Dio è il nostro Creatore e che noi, come creature, dipendiamo completamente da Lui. Per questo Egli "trascende" le sue creature, perciò è il "Trascendente", cioè il "di là" di questo mondo visibile. Il "timore di Dio", dunque, è un umile riconoscimento di questa realtà; è preoccupazione di corrispondere al suo disegno di amore; è sottomissione alla sua volontà; è tenero amore filiale. 2Il "pover 'uomo di campagna" è il "servo della gleba". Secondo il diritto feudale, egli era “proprieta” del suo padrone, legato di padre in figlio alla terra che coltivava e che non poteva


6 abbandonare. Era privo di tatti i diritti, politici e civili, eccetto che del diritto alla vita. 4"Anche se io possedessi tutta la sapienza del mondo...": è indiretta citazione del celebre passo della prima lettera ai Corinzi sulla Carità (cf I Cor 13,1-13).

Capitolo terzo ALLA SCUOLA DELLA VERITÀ 1 Beato colui che è istruito direttamente dalla Verità così com’è in se stessa, e non per mezzo di immagini incerte e di parole fuggevoli. 2Le nostre opinioni e le nostre impressioni spesso ci ingannano e afferrano ben poco della realtà. 3A che giovano le sottili disquisizioni su cose difficili ed oscure, per le quali al Giudizio di Dio non ci verrà fatta colpa d'averle ignorate? 4È grande stoltezza la nostra se, trascurando ciò che è utile e necessario, ci diamo con passione a curiosità dannose. 5”Abbiamo occhi e non vediamo!" (Ger 5,21). 6E che importa a noi dei "generi" e delle "specie" dei filosofi? 7 Colui al quale parla il Verbo eterno, si rende libero dalla molteplicità delle opinioni umane. 8Dall'unico Verbo procedono tutte le cose, e tutte le cose esprimono quest'Uno; e questo è il Principio che parla anche a noi (Gv 8,25). 9Senza di Lui, nessuno può intendere o giudicare rettamente. 10L’uomo, per il quale tutte le cose sono una cosa sola, e che tutte le vede nell'unico Dio, può godere di fermezza di cuore e riposa nella pace di Dio. 11Verità, che sei Dio, fammi una cosa sola con Te, in un Amore senza fine. 12Spesso, il molto che leggo e che ascolto m'annoia: in Te c'è tutto quello che voglio e che desidero. 13Davanti a Te, tacciano tutti i sapienti; alla tua presenza facciano silenzio tutte quante le creature. Tu solo parlami! 14Quanto più uno si raccoglierà in se stesso e si farà interiormente semplice, tanto più elevate e sublimi cose intende senza fatica, perché riceve dal Cielo la luce dell'intelligenza. 15Un'anima monda, semplice e costante non si dissipa in numerose occupazioni, perché tutto opera ad onore di Dio e, fuori d'ogni propria utilità, si sforza d'astenersi da ogni ricerca di sé. 16 Che cosa ti è di impaccio e molestia, più che i tuoi desideri non mortificati? 17 L’uomo buono e pio dispone prima interiormente le opere che deve compiere all'esterno. 18Né esse lo trascinano secondo i desideri della viziosa inclinazione; ma è lui stesso che li piega secondo il dettame della retta ragione. 19Chi sostiene più aspra lotta di colui che si sforza di vincere se stesso? 20E questo dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, divenire ogni giorno superiori a noi stessi e progredire un poco nel perfezionamento del bene. 21Ogni perfezione, in questa vita, porta congiunta con sé qualche imperfezione, ed ogni nostra ricerca non manca di qualche punto oscuro. 22L’umile conoscenza del tuo essere è via più sicura a Dio che non la profonda indagine scientifica. 23Non si deve biasimare la scienza o qualunque semplice cognizione delle cose, la quale, in sé considerata, è buona ed ordinata da Dio; ma sono sempre da preferirsi la retta coscienza e la vita virtuosa. 24Poiché, però, molti sono più bramosi di sapere che di vivere bene, per questo spesso sbagliano e dal loro sapere traggono frutto quasi nullo o scarso. 25Oh! se gli uomini, per estirpare i vizi e per coltivare le virtù, ponessero tanta diligenza quanta ne pongono per sollevare discussioni, non avverrebbero tanti mali e scandali nel popolo né tanta rilassatezza nei monasteri. 26Certamente, nel giorno del Giudizio non ci sarà domandato che cosa abbiamo letto, ma che cosa abbiamo fatto; né con quanta eleganza abbiamo parlato, ma quanto piamente siamo vissuti. 27Dimmi: dove sono ora quei grand'uomini e quei maestri, che tu hai ben conosciuto quand'erano in vita e brillavano nel successo dei loro studi? 28Altri già godono le loro prebende, e non so se ad essi rivolgano nemmeno il pensiero. 291n vita sembrava che avessero grande importanza, ed ora che sono morti, non se ne parla più. 30Oh, quanto in fretta passa la gloria di questo mondo! 31Magari la loro vita fosse stata conforme al loro sapere! Allora si che avrebbero studiato ed insegnato con profitto! 32Quanti nel mondo si perdono a causa della loro vana scienza terrena, mentre poco si curano di servire Dio! 33E poiché preferiscono essere più grandi che umili, per questo vaneggiano nei loro ragionamenti. 34Veramente grande è colui che possiede un grande amore di Dio. 35Veramente grande è colui che è piccolo


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dentro di sé e tiene in conto di nulla gli onori più alti. 36Veramente saggio è colui che, per guadagnarsi Cristo, considera come spazzatura tutte le cose della terra (Fil 3,8). 37 E, in verità, è perfettamente dotto chi fa la volontà di Dio e rinuncia alla propria. Note al capitolo 3° 2Nel linguaggio comune, "verità "è conformità alla realtà. Nella Bibbia e nel contesto di questo libro significa soprattutto fedeltà all'Alleanza, con la differenza che nell'Antica Alleanza Dio promette il Messia, e il pio Israelita osserva la Legge; nella Nuova, Dio realizza la sua promessa in Gesù, e il Cristiano, attraverso il Battesimo, lo accetta nella sua vita. Verità, dunque, è diventato Gesù stesso, realizzazione della promessa di Dio. Venire istruiti dalla Verità significa venire ammaestrati e guidati da Cristo stesso. 6"Che cosa importa a noi dei 'generi' e delle 'specie '...?": riferimento alla filosofia di Aristotele (384-322 a.C.) adottata dalla filosofia scolastica. "Genere" era l'idea generale, che poi comprendeva le varie "specie". Il "Verbo Eterno" è il Creatore di tutto; chi possiede Lui, possiede tutto! 11"O Verità che sei Dio, fammi una cosa sola con Te in un Amore senza fine!". Gesù stesso ha pregato perchè tutti i credenti in Lui siano con Lui una cosa sola e, come Lui, una cosa sola col Padre, nell'unità dello Spirito Santo (cf. Gv 17,11.21 s). Con queste espressioni il libro tocca già uno dei punti più alti della mistica cristiana, che saranno sviluppati in seguito. 13"Davanti a Te tacciano i sapienti...". Quando veniva scritta L'imitazione di Cristo, molti erano affascinati dall'antica civiltà greco-romana. Siamo agli inizi dell'Umanesimo: l'uomo, mettendo da parte il concetto della trascendenza di Dio, poneva, secondo le concezioni della filosofia pagana e soprattutto dello stoicismo, se stesso al centro di tutto. 28'Altri già godono le loro prebende...". Le "prebende" erano le rendite stabili di beni ecclesiastici, spesso motivo di abusi nella Chiesa e causa di scandalo.

Capitolo quarto PRUDENZA NELL’AGIRE 1 Non bisogna credere ad ogni parola che si sente dire e nemmeno ad ogni nostro giudizio istintivo, ma le cose devono essere ponderate con cautela e longanimità secondo Dio. 2Ahimè! Spesso, degli altri si crede e si dice più facilmente il male che il bene: tanto siamo deboli! 3Ma gli uomini perfetti non prestano facilmente fede ad ognuno che riporta dei fatti, perché sanno che l'umana debolezza è incline alla malignità e piuttosto facile a cadere in eccessi di parole. 4È grande saggezza non essere precipitoso nell'operare e non persistere con ostinazione nel proprio parere. 5Grande saggezza è anche non prestare fede a qualsiasi discorso della gente e non propalare subito alle orecchie degli altri ciò che si è sentito o che ci è stato confidato. 6Prendi consiglio da un uomo di senno e di coscienza e cerca d'essere ammaestrato da chi è migliore di te, piuttosto che seguire le tue fantasie. 7La bontà della vita rende l'uomo sapiente secondo Dio, ed anche avveduto in molte circostanze. 8Quanto più uno sarà intimamente umile e sottomesso a Dio, tanto più sarà giudizioso ed equilibrato in ogni cosa. Note al capitolo 4° 1”Non credere ad ogni parola...”. Chi tende alla perfezione non deve agire secondo la prudenza umana, per fini umani che allontanano da Dio; in ogni caso, questi prescindono dal fine ultimo: Dio. La prudenza cristiana è umile, caritatevole, compassionevole, disinteressata e cerca solo la gloria di Dio.

Capitolo quinto LA LETTURA DEI LIBRI SACRI 1 Nei libri sacri si deve cercare la verità, non l'eloquenza. 2Ogni libro sacro dev'essere letto con lo spirito con il quale fu scritto. 31n essi dobbiamo cercare più il nostro vantaggio morale che la finezza dell'espressione stilistica. 4Dobbiamo leggere volentieri i libri devoti e scritti con semplicità, come quelli profondi e sublimi. 5 Non t'importi l'autorevolezza dello scrittore, se, cioè, fu uomo di molta o poca cultura, ma ti trascini a leggere solo l'amore della pura verità. 6Non chiedere chi ha detto questo, ma rivolgi la tua attenzione a ciò che viene detto. 7Gli uomini passano, ma "la Verità del Signore resta in eterno" (Sal 116,2). 8Dio ci parla in modi diversi, senza tenere conto delle persone. 9La nostra curiosità ci è spesso d'ostacolo nella lettura delle Sacre Scritture, quando vogliamo capire a fondo e discutere dove bisognerebbe passar oltre


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con semplicità. Se tu vuoi trarne profitto, leggi con umiltà, con semplicità e con fede, e non aspirare ad avere nome d'uomo di cultura. 11Interroga volentieri ed ascolta in silenzio le parole dei Santi, né ti dispiacciano gli ammaestramenti dei vecchi; infatti, non vengono riportati senza un utile scopo. Note al capitolo 5° 1"Nei libri sacri si deve cercare la veritài, non l'eloquenza". Purtroppo, finché non saremo abbastanza radicati nella vita interiore e innamorati della "Verità", che è Dio stesso, saremo sempre tentati di cercare la novità, ciò che diletta la nostra curiosità, i nostri sentimenti, anche nelle nostre letture spirituali. L'imitazione di Cristo ci insegna a leggere e a cercare con animo umile e semplice.

Capitolo sesto GLI AFFETTI DISORDINATI 1 ”Quando l'uomo appetisce disordinatamente qualche cosa, diventa inquieto dentro di sé. 2Il superbo e l'avaro non hanno mai pace; il povero e l'umile di spirito, invece, vivono in grande pace. 3L’uomo che non è ancora completamente morto a se stesso, non tarda ad essere tentato ed è vinto pur nelle cose piccole e spregevoli. 4Chi è debole nello spirito e, in certo modo, tuttora carnale ed incline alle cose sensibili, difficilmente riesce a svincolarsi del tutto dai desideri terreni. 5E, perciò, spesso sente tristezza, quando riesce a distogliersene; e facilmente si sdegna, se qualcuno gli si oppone. 6Se, poi, riesce ad ottenere ciò che bramava, è immediatamente oppresso dal rimorso della coscienza: il motivo è che ha assecondato la sua passione, la quale non giova affatto alla pace di cui è andato in cerca. 7Perciò, la vera pace del cuore si trova resistendo alle passioni, non già nel farsi schiavo d'esse. 8Non c'è, dunque, pace nel cuore dell'uomo carnale; non c'è nell'uomo dedito alle esteriorità, ma solo in quello fervente e spirituale. Note al capitolo 6° 1"Quando l'uomo appetisce disordinatamente qualche cosa, diventa inquieto dentro di sé". Il peccato ha causato un dissidio tra carne e spirito dentro di noi: lo spirito tende in alto, a Dio, e la carne al piacere immediato. Già l'apostolo S. Paolo, che sentiva più che mai questa lotta, esclamava: Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?" (Rm 7,24). Ma come, quando ci facciamo male nel fisico, sentiamo dolore, così, quando commettiamo il peccato, la coscienza ci avverte e lo spirito geme: è come un campanello d'allarme. Chi è deciso a tendere in alto, deve diventare sempre più sensibile a questo campanello e correre subito a fare una buona Confessione.

Capitolo settimo SPERANZE FALLACI. DOVERE DI FUGGIRE LA PRESUNZIONE 1 Stolto è chi ripone la sua speranza negli uomini o nelle creature. 2Non vergognarti di servire gli altri per amore di Gesù Cristo e d'apparire povero in questo mondo. 3Non appoggiarti su te stesso, ma poni la tua speranza in Dio. 4Fa' quello che puoi da parte tua e Dio verrà in aiuto alla tua buona volontà. 5Non confidare nel tuo sapere o nella destrezza di qualsiasi uomo, ma nella grazia di Dio, che soccorre gli umili ed umilia i presuntuosi. 6Non gloriarti delle ricchezze, se ne possiedi, né degli amici perché sono potenti; ma gloriati in Dio, che tutto ci dona e, sopra tutte le cose, desidera di donarci Se stesso. 7Non insuperbirti per la gagliardia o per la bellezza del corpo, che, per una leggera infermità, si guasta e si deforma. 8Non compiacerti con te stesso della tua abilità od intelligenza, per non dispiacere a Dio, al quale appartiene tutto ciò che hai avuto di buono dalla natura. 9Non crederti migliore degli altri, perché non ti accada d'essere giudicato peggiore davanti a Dio, che conosce l'intimo dell'uomo. 10Non montare in superbia per le tue buone opere, perché i giudizi di Dio sono diversi da quelli degli uomini: a Lui spesso dispiace quel che piace agli uomini. 11Se hai ricevuto in dono qualche buona qualità, pensa che gli altri ne hanno di migliori, perché tu possa conservare l'umiltà. 12Non ti nuoce, se ti posponi a tutti; ti nuoce invece moltissimo, se ti anteponi anche ad uno solo. 13Con l'umile sta sempre insieme la pace; nel cuore del superbo, invece, ci sono spesso invidia e rancore. Note al capitolo 7° 9"Non crederti migliore degli altri...". Credersi migliore degli altri è presunzione. La presunzione è il desiderio e la speranza disordinata di essere superiori e di fare cose superiori alle


9 proprie capacità. È un difetto che nasce dall'orgoglio: un'opinione troppo buona di sé, delle proprie facoltà naturali, della propria scienza, delle proprie forze e delle proprie virtù. Uno si crede più intelligente di quel che è. Dà sentenze senza essere competente. Ha poco gusto delle virtà nascoste e sogna grandi cose senza averne la capacità. La presunzione genera ambizione: desiderio di onori, dignità, autorità sugli altri, vanità e amore disordinato alla stima degli altri.

Capitolo ottavo EVITARE LA TROPPA CONFIDENZA 1 "Non aprire il tuo cuore ad ogni uomo" (Sir 8,22), ma tratta ciò che ti riguarda con chi è saggio e timorato di Dio. 2Frequenta poco i giovani e gli sconosciuti. 3Non adulare i ricchi e non comparire volentieri alla presenza dei potenti. 4Accompàgnati, invece, con gli umili, con i semplici, con i devoti e con le persone di retti costumi; e parla con loro di argomenti edificanti. 5Non permetterti confidenza con nessuna donna, ma raccomanda indistintamente a Dio tutte le pie donne. 6Desidera avere familiarità solo con Dio e con i suoi Angeli, e schiva la notorietà della gente. 7Bisogna avere con tutti carità, ma la dimestichezza non è conveniente. 8Non di rado capita che una persona sconosciuta diventi nota per la buona fama; ma quando, poi, la si vede da vicino, desta impressione sfavorevole. 9Talvolta noi pensiamo di piacere agli altri per la nostra socievolezza, ed invece cominciamo ad essere loro antipatici per la deplorevole condotta che si scopre in noi. Note al capitolo 8° 7"Bisogna avere con tutti carità, ma la dimestichezza non e' conveniente". Questo consiglio riguarda la virtù della prudenza cristiana, che ci fa agire sempre, in ogni circostanza, avendo di mira il fine ultimo, Dio. Non dobbiamo confonderla con la prudenza della carne, che ci rende ingegnosi nel raggiungere un fine cattivo; né con la prudenza puramente umana, che ci fa agire per un fine puramente terreno. La prudenza cristiana non perde mai di vista il fine ultimo. Dio.

Capitolo nono UBBIDIENZA E SOTTOMISSIONE 1 È una cosa molto importante stare sotto la virtù dell'ubbidienza, vivere sotto un Superiore e non essere indipendenti. 2È molto più sicuro essere sottomessi che trovarsi ai posti di comando. 3Molti vivono nell'ubbidienza più per necessità che per amore; sono insofferenti e facilmente mormorano. Essi, però, non guadagneranno la libertà dello spirito, se non si sottometteranno con tutto il cuore per amore di Dio. 4Corri pure qua e là; ma non troverai pace se non nell'umile sottomissione alla guida del Superiore. 5Il fantasticare su altri luoghi dove stare meglio, ha ingannato molti. 6É vero che ciascuno nelle sue azioni segue volentieri il proprio parere e si sente inclinato maggiormente verso coloro che la pensano come lui. 7Ma se Dio è con noi, è necessario che qualche volta abbandoniamo anche le nostre vedute, per il bene della pace. 8Del resto, chi è tanto sapiente da conoscere perfettamente ogui cosa? 9Dunque, non ti fidare troppo della tua opinione, ma sii disposto ad ascoltare volentieri anche quella degli altri. 10Se le tue vedute sono buone e, tuttavia, vi rinunzi e ne segui altre per amore di Dio, ne ricaverai maggiore frutto spirituale. 11Ho spesso sentito dire che è cosa più sicura ascoltare e accettare un consiglio, che darlo. 12Può anche darsi il caso che l'opinione d'uno sia buona come quella d'un altro; ma non voler arrendersi agli altri, quando lo esige la ragione o la convenienza, è segno di superbia e caparbietà. Note al capitolo 9° 10"Se le tue vedute sono buone e, tuttavia, vi rinunzi e ne segui altre per amore di Dio, ne ricaverai maggiore frutto spirituale". Dio ha creato l'uomo per l'unità. Il peccato originale, peccato di disubbidienza e di ribellione, ha disgregato questa unità. La virtù dell'obbedienza ristabilisce l'equilibrio. Fondamento della virtù dell'obbedienza è il supremo dominio di Dio sulle sue creature. l'obbedienza è necessaria nelle famiglie, nelle società, nelle nazioni, ma soprattutto nella Chiesa e nelle Comunità ecclesiali e religiose. Maestro della disobbedienza è Satana, che ha insegnato ad Adamo ed Eva a disobbedire. Ora tutti sentiamo in fondo al cuore l'eco delle sue parole: "Sarete come Dio. conoscendo il bene e il male" (Gn 3,5). La consegnenza è che ognuno diventa legge a se stesso e l'umanità è disgregata. Per ritornare all'unità è necessaria l'obbedienza.


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Capitolo decimo EVITARE I DISCORSI SUPERFLUI 1 Evita, per quanto puoi, i chiassosi ritrovi della gente: i discorsi di cose profane sono, infatti, di grave danno, anche se si fanno con retta intenzione. 2Si fa presto ad essere contaminati dalla vanità e a diventarne schiavi. 31o vorrei aver taciuto molte più volte e non essermi trovato in mezzo agli uomini. 4Ma per quale motivo parliamo tanto volentieri e confabuliamo tra noi, mentre raramente possiamo ritornare al nostro ritiro senza danno della nostra coscienza? 5Per questo chiacchieriamo con tanto piacere e conversiamo insieme, perché cerchiamo, nello scambio di parole, di consolarci gli uni gli altri, e desideriamo così di sollevare lo spirito affaticato da svariati pensieri. 6E ci diletta molto discorrere e fantasticare su quelle cose che amiamo e desideriamo intensamente oppure su quelle che sono contrarie ai nostri desideri. 7Ma spesso, ahimè!, con esito vano e senza frutto. 8lnfatti, questa consolazione esteriore, che andiamo cercando, arreca non poco danno alla consolazione interiore e divina. 9Perciò, bisogna vigilare e pregare, perché il tempo non ci trascorra oziosamente. 10Se è lecito e conveniente parlare, parla di cose edificanti. 11La cattiva abitudine e la poca cura del nostro progresso spirituale contribuiscono molto alle intemperanze della nostra lingua. 12 lnvece, giova non poco al profitto dell'anima la devota conversazione su argomenti spirituali, specialmente là, dove si trovano riunite in Dio persone che hanno consonanza di sentimento e di devozione. Note al capitolo 10° 1"Evita, per quanto puoi, i chiassosi ritrovi della gente". Per discorsi inutili non dobbiamo intendere discorsi ricreativi che possono mettere allegria e buon umore, ma soltanto quei discorsi che ci possono allontanare da Dio. Molti Santi erano pieni di allegria e buon umore, perchè animati da vero spirito di carità. 5"...cerchiamo, nello scambio di parole, di consolarci gli uni gli altri...". Il Religioso e il cristiano impegnato non dovrebbero mai dimenticare il loro fine ultimo: Dio. Spesso, però, lo dimenticano e mettono le cose o gli avvenimenti o le notizie del mondo al primo posto.

Capitolo undicesimo ACQUISTO DELLA PACE INTERIORE ED INTERESSE PER IL PROFITTO SPIRITUALE 1 Noi potremmo avere molta pace, se non volessimo occuparci delle parole e dei fatti degli altri, che non riguardano i nostri doveri. 2Come può godere una gran pace colui che s'immischia nelle faccende degli altri, che cerca divagazioni esterne, che poco o di rado si raccoglie interiormente? 3Beati i semplici, poiché avranno molta pace. 4Per quale ragione alcuni Santi furono così perfetti e così assorti nella contemplazione? 5 Perché si sforzarono di mortificarsi, tenendosi lontani da tutti i desideri terreni; perciò, poterono unirsi a Dio con tutte le fibre del cuore ed essere liberi d'occuparsi di sé. 6Noi, invece, siamo troppo presi dalle nostre passioni e ci affanniamo troppo per le cose che passano. 7Raramente riusciamo a vincerci del tutto anche in un solo difetto e non arde in noi il desiderio d'un miglioramento quotidiano; perciò, continuiamo a rimanere freddi e tiepidi. 8Ma se fossimo interamente morti a noi stessi e per nulla impastoiati interiormente, allora potremmo gustare anche le cose di Dio e fare un po' d'esperienza delle contemplazioni celesti. 9Questo è il più grande e totale ostacolo: non essere liberi dalle passioni e dalle concupiscenze e non sforzarci d'entrare nella via perfetta dei Santi. 10Quando ci sorprende anche una piccola contrarietà, ci abbattiamo troppo presto e ci volgiamo alle consolazioni del mondo. 11Se, come forti soldati, ci sforzassimo di rimanere saldi nel combattimento, vedremmo, certo, scendere su di noi dal Cielo l'aiuto del Signore. 12È Lui stesso, infatti, che è sempre pronto ad aiutare chi combatte e confida nella sua grazia; è Lui che ci offre le occasioni di combattere, perché possiamo vincere. 13Ma se facciamo consistere il progresso spirituale soltanto nelle pratiche esteriori, la nostra devozione finirà ben presto. 14Poniamo, invece, la scure alla radice, affinché, purgati dalle passioni, possiamo conservare l'anima in pace. 15 5e ogni anno noi sradicassimo anche un solo difetto, diverremmo presto perfetti. 16In


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realtà, però, ci comportiamo tanto diversamente, da constatare che eravamo migliori e più puri all'inizio della nostra vita monastica, che non dopo molti anni. 17Il fervore ed il profitto spirituale dovrebbero crescere quotidianamente; invece, ci sembra ora gran cosa se qualcuno possa conservare una parte del primo fervore. 18Se da principio facessimo un po' di violenza su noi stessi, potremmo in seguito fare tutto con facilità e con gioia. 19Riesce duro rinunziare alle proprie vecchie abitudini; ma è più duro andare contro la propria volontà. 20Ma se non vinci le difficoltà piccole e leggere, quando supererai quelle più ardue? 21Resisti fin da principio alla tua inclinazione, disavvézzati dalle scorrette abitudini, perché a poco a poco non possano trascinarti in difficoltà più gravi. 22Oh, se considerassi quanta pace procureresti a te, quanta gioia agli altri, comportandoti bene! Credo che avresti maggiore impegno per il tuo miglioramento spirituale. Note al capitolo 11° 6"Siamo troppo presi dalle nostre passioni...". Se vogliamo giungere alla preghiera del cuore, alla contemplazione di Dio e dei suoi misteri, dobbiamo far tacere i nostri sentimenti, soprattutto la nostra fantasia, le curiosità inutili, il desiderio smoderato di sapere notizie. Se per ore e ore teniamo accese la radio e la televisione, come e quando potremo pregare? 8Essere morti a se stessi...". L'espressione può suonare male agli orecchi di qualcuno, ma nel contesto significa semplicemente stare al proprio posto; non lasciarsi vincere dalla smania di immischiarsi nelle faccende altrui, a meno che non lo comporti un dovere di giustizia e di carità. Per avere la pace interiore e decollare nel progresso dello spirito, è necessario dominare i vizi capitali, che sono superbia, avarizia, lussuria, ira, gola, invidia e accidia. Questo comporta una certa morte a noi stessi.

Capitolo dodicesimo UTILITÀ DELLA TRIBOLAZIONE 1 È bene per noi avere qualche volta pene e contrarietà, poiché spesso fanno rientrare l'uomo in se stesso, gli fanno nconoscere che quaggiù si trova in esilio e che non deve riporre la sua speranza in alcuna cosa del mondo. 2Riesce anche vantaggioso che talvolta soffriamo, perché veniamo contraddetti; che gli altri abbiano di noi un concetto falso ed inadeguato, anche se le nostre opere e le nostre intenzioni sono rette. 3 Queste cose spesso giovano a renderci umili e ci premuniscono dalla vanagloria. 4 Quando all'esterno siamo disprezzati dagli uomini e non ci si presta fede, allora più facilmente noi cerchiamo Dio, perch'Egli è il testimonio della nostra coscienza. 5Per questo l'uomo dovrebbe ancorarsi in Dio così saldamente, da non avere alcun bisogno di cercare tante consolazioni umane. 6Quando un uomo di buona volontà è tribolato o tentato oppure è afflitto da cattivi pensieri, allora comprende d'avere maggiormente bisogno di Dio, senza del quale scopre che non può fare nulla di buono. 7Allora, anche, si rattrista, piange e prega a causa del male che patisce. 8Allora, gli rincresce di vivere più a lungo e desidera che venga la morte, per potersi sciogliere dal corpo ed essere con Cristo. 9Allora avverte anche, chiaramente, che la sicurezza perfetta e la pace piena non hanno dimora in questo mondo. 6 Note al capitolo 12° "È bene per noi avere qualche volta pene e contrarietà..." Queste "pene e contrarietà", fisiche o morali, possono essere malattie, lutti in famiglia, angustie dell'animo, incomprensioni, rovesci di fortuna... Per chi è impegnato nella vita spirituale, sono spesso preludio a grazie interne che stimolano ad una vita più perfetta. Li per li ci possono turbare, ma in seguito lo Spirito Santo ci fa capire: ci distaccano da tutto ciò che non è Dio; purificano l'animo con il dolore; ci fanno desiderare il Cielo e la perfezione che ne è la via, a patto che si faccia trionfare in noi lo spirito di fede. 8"L'uomo dovrebbe ancorarsi in Dio...". Quando tutto va bene, dimentichiamo che sulla terra siamo di passaggio; quando qualcosa non va secondo i nostri desideri, ci ricordiamo di Dio, per supplicarLo vergognosamente o anche per contestarLo e bestemmiarLo, perché è Lui che non fa la nostra volontà... Ci vergogniamo, perché ci rivolgiamo a Lui solo nelle necessità. Non ci accorgiamo che è Lui che ci mette nelle necessità, come per dirci: "Senza di me sei sulla strada sbagliata!"

Capitolo tredicesimo COME REAGIRE ALLE TENTAZIONI 1 Fino a che viviamo in questo mondo, non possiamo andare esenti da tribolazioni e tentazioni. 2Perciò, nel libro di Giobbe sta scritto: "La vita dell 'uomo sulla terra è una


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continua tentazione" (Gb 7,1). Ognuno, quindi, dovrebbe stare in guardia contro le tentazioni e vigilare pregando, perché non lo sorprenda il demonio, che non sonnecchia mai, ma "giri intorno, cercando chi divorare" (1Pt 5,8). 4Nessuno è così perfetto e così santo, che non abbia talvolta delle tentazioni; non possiamo esserne del tutto esenti. 5Eppure, le tentazioni, sebbene moleste e gravi, sono spesso molto utili all'uomo, perché in esse s'umilia, si purifica, si fa un'esperienza. 6Tutti i Santi passarono attraverso molte tribolazioni e tentazioni, traendone grande profitto. 7 Coloro, invece, che non seppero reggere ad esse, si traviarono e si dannarono. 8Non c'è Ordine religioso così santo né luogo così appartato, in cui non si trovino tentazioni o contrarietà. 9L’uomo, finché vive, non ne è mai totalmente al sicuro, perché è dentro di noi il germe: la concupiscenza, nella quale siamo nati. 10Quando una tentazione od una tribolazione se ne va, ecco che un'altra ne sopraggiunge, e così avremo sempre qualche cosa da patire; infatti, abbiamo perduto il primitivo stato della nostra felicità. 11 Molti cercano di fùggire le tentazioni, ed invece vi cadono anche più dolorosamente di prima. 12Con la sola fuga non possiamo vincerle, ma con la pazienza e con la vera umiltà diventiamo più forti di tutti i nostri nemici. 13Chi le schiva soltanto in modo superficiale e non ne estirpa la radice, otterrà scarso risultato; anzi, le tentazioni gli torneranno più presto, e si sentirà peggio di prima. 14A poco a poco, con la pazienza, con la costanza e con l'aiuto di Dio, potrai superarle meglio che con l'essere duro e uggioso con te stesso. 15Nella tentazione chiedi spesso consiglio e, quando qualcuno è tentato, non usare con lui maniere aspre, ma porgigli conforto, come tu desidereresti fosse fatto a te. 16Principio di tutte le cattive tentazioni sono la volubilità dell'animo e la poca confidenza in Dio. 17Infatti, come una nave senza timone è sballottata qua e là dalle onde, così l'uomo, che si lascia andare e che abbandona i suoi propositi, va soggetto a tentazioni di vario genere. 18Come il fuoco mette a prova il ferro, così la tentazione mette a prova l'uomo giusto. 19Spesso noi non sappiamo valutare le nostre forze, ma la tentazione ci rivela quello che siamo. 20Bisogna, però, essere molto vigilanti, specialmente al primo sorgere della tentazione, perché il nemico si vince più facilmente quando non gli si permette di varcare l'ingresso dell'anima, ma, al primo bussare, gli si va incontro fuori della soglia. 21Perciò, fu detto: "Reagisci ai primi sintomi del male; troppo tardiva è la medicina propinata, quando il male, per lungo indugio, ha preso forza" (Ovidio). 22lnfatti, alla mente s'affaccia dapprima un semplice pensiero, poi una vivida immaginazione, quindi il compiacimento, il movimento perverso, il consenso. 23E così, a poco a poco, il nemico maligno, al quale non si resiste fin da principio, entra del tutto nell'anima. 24E quanto più a lungo uno si sarà intorpidito nella reazione, tanto più debole diventa ogni giorno, mentre il nemico si fa più potente contro di lui. 25Alcuni soffrono tentazioni più violente all'inizio della loro conversione; altri, invece, alla fine della vita. 26Alcuni, poi, ne devono soffrire per quasi tutta la vita. 27Alcuni sono tentati piuttosto leggermente, secondo la sapienza e l'equità ordinatrici di Dio, che soppesa le condizioni ed i meriti degli uomini e preordina tutto alla salvezza dei suoi eletti. 28Perciò, quando siamo tentati, non dobbiamo disperare, ma tanto più fervorosamente dobbiamo pregare Dio, perché si degni di aiutarci in ogni prova; ed il Signore, come dice San Paolo, con la tentazione ci darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla (iCor 10,13). 29Dunque, in ogni tentazione ed in ogni tribolazione umiliamo le nostre anime sotto la mano di Dio, perché Egli salverà ed esalterà gli umili di spirito. 30Nelle tentazioni e nelle tribolazioni si prova quanto profitto spirituale ha fatto l'uomo; in esse il merito s'accresce e la virtù risplende più luminosa. 31Non è gran cosa se un uomo sia devoto e fervoroso, quando non soffre contrarietà; ma, se in tempo d'avversità resiste pazientemente, dà speranza d'un notevole perfezionamento. 32Alcuni sanno premunirsi dalle tentazioni gravi, ma si lasciano spesso vincere da quelle piccole d'ogni giorno, perché, cosi umiliati, non insuperbiscano mai nei gravi pericoli, essi, che nelle piccole prove sono cosi deboli.


13 Note al Capitolo 13° 1"Fino a che viviamo in questo mondo, non possiamo andare esenti da tribolazioni e tentazioni". La tribolazione, la tentazione, la croce sono come ombre: se le vuoi sfuggire, ti rincorrono e ti fanno impazzire; se le affronti coraggiosamente, fuggono da te. 16 "Principio di tutte le cattive tentazioni sono la volubilità dell 'animo e la poca confidenza in Dio". La tentazione è una sollecitazione al male, che viene dai nostri nemici spirituali: la nostra natura corrotta, il mondo e il demonio. La vita è un combattimento. Dio lo permette per farci meritare il premio eterno. Dio non ci vuole dei "robot", ma ci vuole "figli", consapevoli del nostro destino. La tentazione ci purifica, ci fa crescere; è una scuola di umiltà e di amore. In principio c'è una certa suggestione, poi un certo diletto, poi il consenso. È importante rigettare subito la suggestione con la vigilanza e invocare subito la protezione divina. Bisogna rigettare la presunzione e non mettersi nell'occasione; non dialogare col nemico. Gesù ci ha insegnato a pregare: "Non ci indurre in tentazione". Non è che Dio ci getti nel pericolo, ma lo permette per consolidarci. Chi prega per superare la prova ha già combattuto e resistito.

Capitolo quattordicesimo OCCORRE EVITARE I GIUDIZI TEMERARI 1 Tieni gli occhi rivolti a te stesso ed evita di giudicare i fatti degli altri. 2Nel giudicare gli altri l'uomo si dà pena inutilmente, piuttosto spesso sbaglia e facilmente pecca; giudicando, invece, ed esaminando se stesso, fa sempre opera proficua. 3Noi giudichiamo una cosa secondo che essa ci sta a cuore; infatti, facilmente perdiamo di vista il giudizio obiettivo a causa del nostro interesse personale. 4Se Dio fosse sempre il puro oggetto del nostro desiderio, non saremmo tanto facilmente turbati dall'opposizione al nostro modo di vedere. 5Ma spesso sta nascosto dentro di noi, od anche si sovrappone dal di fuori, qualche elemento che ci attira. 6Molti, in ciò che fanno, cercano segretamente soltanto se stessi, senza accorgersene. 7E sembra anche che si trovino in una gran pace, finché le cose vanno secondo il loro volere ed i loro apprezzamenti. 8Ma, se accade il contrario dei loro desideri, si mettono in agitazione e se ne rattristano. 9Per la diversità del sentire e del pensare, nascono piuttosto frequentemente dissapori fra amici e concittadini, fra Religiosi e laici devoti. 10Di un'antica abitudine ci si spoglia con difficoltà, e nessuno si lascia volentieri condurre fuori del proprio modo di vedere. 11Se t'appoggi più alla tua ragione ed alla tua capacità, che non all'autorità sovrana di Gesù Cristo, raramente e tardi sarai un uomo illuminato, perché Dio vuole che noi siamo completamente sottomessi a Lui e che trascendiamo ogni ragionamento umano per mezzo di un fervido amore per i fratelli. Note al Capitolo 14° 6"Molti, in ciò che fanno, cercano segretamente soltanto se stessi, senza accorgersene". Alla base del nostro operato, se non stiamo attenti e vigi-lanti, c'è sempre il primo dei vizi capitali, la superbia, che spinge l'uomo a denigrare gli altri per esaltare se stesso. Gesù ha vinto l'orgoglio con l'obbedienza al Padre, non solo nel suo sacrificio supremo, ma anche obbedendo a Maria e a Giuseppe, a Nazaret.

Capitolo quindicesimo FARE TUTTO PER AMORE DI DIO 1 Non si deve fare alcun male per nessuna ragioneal mondo né per amore di alcun uomo; ma si deve talora liberamente tralasciare un’opera buona, od anche sostituirla con una migliore, a vantaggio di chi si trova nel bisogno. 2Con ciò, il bene non va perduto, ma è cambiato in meglio. 3Senza la carità, l'atto materiale non giova a nulla. 4 Qualunque cosa, invece, che si fa per amore di Dio, per quanto piccola e di nessun conto sia, diventa meritoria. 5Infatti, Dio valuta più l'intenzione con la quale uno agisce, che non l'opera in se. 6Molto fa chi molto ama. 7Molto fa chi fa la cosa bene. 8 Bene fa chi serve più al bene della comunità che al propno gusto. 9Molte volte sembra che sia carità quella che è piuttosto passione, perché raramente le sono estranei la propensione naturale, il proprio capriccio, l'attaccamento al proprio comodo. 10Chi ha la


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carità vera e perfetta non cerca se stesso in nulla, ma unicamente desidera che in tutto si renda gloria a Dio. 11Ed anche non invidia nessuno, perché non s'augura alcuna soddisfazione personale. 12Anzi, non pone il suo compiacimento in se stesso, ma sopra tutti i beni desidera essere felice in Dio. 13Non attribuisce a nessuno alcunché di buono, ma lo fa risalire interamente a Dio, dal quale tutto procede come da sorgente, e nel quale, come ultimo fine, tutti i Santi godono la loro pace. 14Oh! chi avesse una sola scintilla di vera carità, certamente sentirebbe quanto siano piene di vuoto tutte le cose terrene. Note al Capitolo 15° 3"Senza la carità, l'atto materiale non giova a nulla". Già nell'Antica Alleanza il comandamento dell'amore verso Dio era completato dal secondo comandamento: 'Amerai il prossimo tuo come te stesso" (Lv 19,18). Nella Nuova Alleanza i due amori sono indissociabili, vertice e chiave della nuova legge (Mc 12, 28-33): "Chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (lGv 4,20).

Capitolo sedicesimo SOPPORTARE I DIFETTI DEGLI ALTRI 1 I difetti che l'uomo non riesce a correggere in sé e negli altri, li deve sopportare con pazienza, finché Dio non disponga altrimenti. 2Pensa che, forse, è meglio così, perché tu dia prova di pazienza, senza la quale i nostri meriti hanno ben poco pregio. 3 Tuttavia, davanti a siffatti ostacoli, devi anche pregare Dio che si degni d'aiutarti a poterli sopportare con serenità. 4Se un tuo simile, ammonito da te una o due volte, non ti ascolta, non voler litigare con lui, ma metti tutto nelle mani di Dio, perché sia fatta la sua volontà ed Egli sia onorato in tutti i suoi servi: Egli sa opportunamente volgere in bene anche il male. 5Procura d'essere paziente nel tollerare i difetti degli altri e le loro fragilità, quali esse siano; anche tu ne hai tante, che gli altri sono costretti a sopportare. 6Se non riesci a plasmarti come vorresti, come potrai pretendere che altri si conformi al tuo desiderio? 7Ben vogliamo, noi, che gli altri siano perfetti; eppure, non ci emendiamo dei nostri difetti! 8vogliamo che il nostro prossimo sia ripreso severamente, e noi non vogliamo essere ripresi. 9Ci urta che sia concessa agli altri una larga libertà, ed intanto non sopportiamo che si neghi a noi quello che chiediamo. 10 Pretendiamo che gli altri siano tenuti a freno da regolamenti, e noi non tolleriamo d'essere sottomessi appena un po'. 11Così, dunque, appare chiaro quanto raramente usiamo la stessa bilancia per noi e per il prossimo. 12Se tutti fossero perfetti, che cosa ci resterebbe da soffrire da parte degli altri per amore di Dio? 13Ora, invece, Dio ha disposto così, perché impariamo a portare l'uno i pesi dell'altro (Gal 6,2), non essendoci nessuno senza difetto, nessuno senza il suo fardello, nessuno abbastanza saggio per guidarsi da solo: occorre, quindi, che a vicenda ci sopportiamo e ci consoliamo, e del pari ci aiutiamo, ci istruiamo e ci ammoniamo. 14Nei casi di qualche avversità, dunque, meglio si manifesta quale sia il grado di virtù di ciascuno. 15Infatti, le occasioni, se non rendono fragile l'uomo, mettono, però, in evidenza quale egli è. Note al Capitolo 16° 1"I difetti che l'uomo non riesce a correggere in sé e negli altri, li deve sopportare con pazienza, finché Dio non disponga altrimenti". Il "difetto" e' mancanza di qualche cosa di ordine fisico, psichico o spirituale. Parlando dei difetti inerenti alla vita di perfezione, ve ne sono nel primo stadio (via purgativa), nel secondo (via illuminativa) e nel terzo (via unitiva). Nel primo stadio, nonostante slanci e propositi, spesso manca la costanza; si hanno ancora molti affetti disordinati alle cose terrene, attaccamenti alle vanità e curiosità del mondo, desiderosi, come siamo, di lodi ed onori, ancora legati ai piaceri ed alle seduzioni della carne. Anche dopo un certo cammino nella via della perfezione, può avvenire un risveglio dei vizi capitali, magari sotto forme più sottili e subdole. Anche sulla soglia del terzo stadio (via unitiva), ci possono essere debolezze ed imperfezioni, come piccoli attaccamenti a persone o cose.

Capitolo diciassettesimo LA VITA DI COMUNITÀ


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Se vuoi mantenere la pace e la concordia con gli altri, è necessario che tu impari a vincere te stesso in molte cose. 2Non è cosa da poco vivere in un monastero o in una comunità, rimanervi senza lagnanze e perseverare fedelmente sino alla morte. 3Beato colui che avrà saputo viverci bene e terminare felicemente i suoi giorni. 4Se vuoi starvi come si conviene e progredire nella virtù, considerati esule e pellegrino sulla terra. 5Se vuoi condurre una vera vita religiosa, bisogna che tu diventi stolto per amore di Cristo. 6 Poco giovano l'abito e la tonsura: sono il cambiamento dei costumi e la totale mortificazione delle passioni, che fanno il vero Religioso. 7Chi altro cerca che non sia puramente Dio e la salvezza della sua anima, non vi troverà se non tribolazione e dolore. 8E non può a lungo mantenersi nella pace interiore chi non si sforza d'essere il più piccolo di tutti e sottomesso a tutti. 9Sei venuto nella vita religiosa per ubbidire, non per comandare: sappi che sei stato chiamato alla sofferenza e alla fatica, non all'ozio e alle chiacchiere. 10Qui, dunque, si provano gli uomini, come l'oro nel filoco. 11 Qui, nessuno può stare a lungo, se non avrà accettato di umiliarsi con tutto il cuore per amore di Dio. Note al Capitolo 17° 6"Poco giovano l'abito e la tonsura.." E’ famoso il proverbio, che spesso viene citato a sproposito: "L'abito non fa il monaco", nel senso che il monaco può fare a meno dell'abito. Il vero monaco, invece, ama il suo abito come segno esterno della sua consacrazione, anche se questa non sta nell'abito. La "tonsura " è la cosiddetta "chierica", che una volta, appunto come segno esterno della loro consacrazione, monaci, religiosi e sacerdoti portavano. "Chierica" sottindende "tosatura" o "tonsura": "tosatura rotonda" sul capo come segno dell'appartenenza alla classe sacerdotale o ad un Ordine religioso, per distinguersi dai semplici fedeli. Chierica deriva da clericus; clero deriva dal Greco "cleros" (sorte, eredità).

Capitolo diciottesimo GLI ESEMPI DEI SANTI PADRI 1 Volgi il pensiero ai luminosi esempi dei Santi Padri, nei quali rifulse la vera perfezione dello spirito religioso, e vedrai quanto poco, e quasi nulla, è quello che noi facciamo. 2Ahimè! Che vale la nostra vita, se la si paragona alla loro? 3Santi ed amici di Cristo hanno servito il Signore nella fame e nella sete, nel freddo e nella nudità, nel lavoro e nella fatica, nelle veglie e nei digiuni, in innumerevoli persecuzioni ed obbrobri. 4Quante e quanto dure tribolazioni soffrirono gli Apostoli, i Martiri, i Confessori, le Vergini e gli altri tutti che hanno voluto seguire le orme di Cristo! 5 lnfatti, essi odiarono la loro vita in questo mondo, per poterla possedere nella vita eterna. 6Che vita di austerità e di sacrificio hanno vissuto i Santi Padri nel deserto! Che lunghe e gravi tentazioni sostennero! 7Quanto spesso furono tormentati dal Maligno! Quanto frequenti e fervorose preghiere porsero a Dio! 8Che rigorose astinenze praticarono! Quanto zelo e fervore ebbero per il loro profitto spirituale! 9Che dura guerra combatterono, per domare le loro passioni! Come diressero, pura e retta, l'intenzione a Dio! 10Di giorno lavoravano e di notte si davano ad ininterrotte preghiere, sebbene, anche lavorando, non cessassero di pregare in ispirito. 11 Spendevano utilmente tutto il loro tempo. 12Ogni ora dedicata a Dio sembrava loro corta. 13E, per la grande dolcezza della contemplazione, dimenticavano perfino la necessità di ristorare il corpo. 14Rinunziavano a tutte le ricchezze, alle cariche, agli amici, ai congiunti; nulla volevano avere dal mondo. 15Prendevano appena l'indispensabile alla vita; si rammaricavano di dover dare qualcosa al corpo, pur nella necessità. 16Erano, perciò, poveri di beni terreni, ma ricchissimi di grazia e virtù. 17 All'esterno pativano indigenza, ma interiormente erano ristorati dalla grazia e dalla


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consolazione divina. Erano stranieri per il mondo, ma vicinissimi a Dio e suoi intimi amici. 19Ritenevano se stessi come un nulla, ed il mondo li disprezzava; ma agli occhi di Dio erano preziosi e cari. 20Si mantenevano nella vera umiltà, vivevano nella semplice obbedienza, camminavano nella carità e nella pazienza; e quindi, ogni giorno progredivano nello spirito e guadagnavano grandi meriti presso Dio. 21Sono stati proposti come esempio a tutti i Religiosi; e ci devono incitare alla perfezione più che non ci porti alla rilassatezza la massa dei tiepidi. 22Oh, quanto è stato il fervore di tutti i Rèligiosi all'inizio della loro santa Fondazione! 23Quanta devozione nella preghiera! quanta emulazione nella virtù! quanta severità nella disciplina! quanta riverenza ed obbedienza fiorirono in tutti sotto la guida del Superiore! 24Le memorie, che tuttora ne rimangono, testimoniano che veramente santi e perfetti furono quegli uomini, che, combattendo tanto strenuamente, si sono posti il mondo sotto i piedi. 25Ora, invece, si considera grande chi non trasgredisce la Regola e chi sia riuscito a sopportare con pazienza il peso che si è imposto. 26O tiepidezza, o negligenza della nostra condizione, per cui così in fretta ripieghiamo dal primitivo fervore! E perfino la vita ci è gravosa, per stanchezza e intiepidimento! 27Voglia il Cielo che non s'addormenti del tutto l'aspirazione alle virtù in te, che hai veduto così spesso tanti esempi d'anime devote! Note al Capitolo 18° 1"Volgi il pensiero ai luminosi esempi dei Santi Padri...". I monaci del Medio Evo conservavano vivo il ricordo degli Apostoli, di quelli che chiamiamo Padri Apostolici, dei Martiri e soprattutto degli antichi Padri del deserto, che diedero inizio alla vita consacrata. Il loro ricordo e i loro esempi, forse, sono tuttora più vivi nell'Oriente cristiano che non nell'Occidente, a motivo del risveglio del paganesimo che ne ha soffocato da noi il ricordo, anche con la scusa che molti episodi sono leggendari e altri non praticabili ai nostri giorni. l'ideale dei Martiri e di questi Santi Padri era di ricambiare l'amore di Cristo, che ha dato la vita per noi, con una donazione totale di se stessi. 5"Essi odiarono la loro vita in questo mondo...". Il verbo "odiare" ha un sapore semitico, come quando nel Vangelo Gesù dice di "odiare" i propri cari. Si deve interpretare nel senso di "dare la preferenza" alla vita eterna, piuttosto che alla vita effimera di questo mondo. 22"Oh, quanto é stato il fervore di tutti i Religiosi all'inizio della loro santa Fondazione!". I fondatori e i primi membri di Ordini e Congregazioni religiose godono sempre di carismi particolari, e a loro bisogna sempre ispirarsi per rimanere fedeli a Dio e alla Chiesa.

Capitolo diciannovesimo LE PRATICHE DEL BUON RELIGIOSO 1 La vita del buon Religioso dev'essere salda in ogni genere di virtù, cosicché egli sia interiormente tale, quale appare agli uomini esteriormente. 2Anzi, dev'essere, a buon diritto, molto più perfetto dentro, di quello che si vede di fuori, perché chi ci osserva nell'interno è Dio, al quale, dovunque ci troviamo, dobbiamo la massima riverenza, camminando al suo cospetto puri come Angeli. 3Ogni giorno dobbiamo rinnovare i nostri propositi ed eccitare in noi il fervore religioso, come se ogni giorno fosse il primo della nostra conversione, dicendo: 4'Aiutami, Signore Iddio, in questo buon proponimento e nel tuo santo servizio, e concedimi che proprio oggi incominci davvero, poiché quello che ho fatto sin qui è nulla". 5L’avanzamento nel nostro progresso spirituale è proporzionato ai nostri propositi; e chi vuole progredire nel bene ha bisogno di molta applicazione. 6Se chi prende forti risoluzioni spesso viene meno, che sarà di chi ne prende solo raramente o con poca fermezza? 7In diversi modi, tuttavia, succede che abbandoniamo i nostri propositi: anche una lieve omissione nelle pratiche di pietà è difficile che passi per noi senza qualche scapito per lo spirito. 8I giusti fondano i loro proponimenti non già sulla propria saggezza, ma sulla grazia di Dio, ed in Lui sempre confidano, qualunque cosa intraprendano. 9lnfatti, l'uomo propone, ma Dio dispone; e non e in potere dell'uomo la propria via" (Ger 10,23). 10 Se, per un'opera di misericordia o nell'intento di giovare ai fratelli, talvolta viene


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tralasciata una pratica di pietà consueta, sarà facile poi riprenderla. 11Ma, se si tralascia alla leggera per noia o per negligenza, allora è colpa più o meno grave e ne risentiremo danno. 12Per quanto sia grande il nostro sforzo, mancheremo in molte cose, almeno leggermente. 13Il nostro proponimento, però, deve mirare sempre ad un obiettivo determinato e, in modo particolare, deve puntare su quei difetti che ci sono di maggiore ostacolo spirituale. 14Dobbiamo parimenti esaminare e regolare l'esterno e l'interno di noi stessi, giacché l'uno e l'altro contribuiscono al nostro perfezionamento. 15 Se non riesci a vivere in ininterrotto raccoglimento, rientra in te stesso di tanto in tanto; se non altro, una volta al giorno, cioè il mattino o la sera. 16Il mattino, fa' i tuoi propositi; la sera, esamina la tua condotta: quali sono stati nella giornata i discorsi, le azioni, i pensieri, perché forse troverai piuttosto spesso d'aver offeso in ciò Dio ed il prossimo. 17Agguerrisciti, da uomo valoroso, contro le malizie del diavolo: frena la gola, e così frenerai più facilmente ogni altro istinto carnale. 18Non stare mai del tutto in ozio, ma leggi o scrivi, prega o medita o fa' qualcosa che sia utile alla comunità. 19 Quanto alle mortificazioni corporali, esse sono da farsi con discrezione e non in modo uguale per tutti. 20Non si devono fare in pubblico le pratiche personali che non sono comuni anche agli altri, perché queste si compiono meglio in segreto. 21Devi, però, guardarti dalla pigrizia nelle pratiche comuni e dalla troppa sollecitudine nelle tue pratiche particolari. 22Ma, compiuto integralmente e fedelmente ciò che è doveroso e comandato, se t'avanza tempo, applicati pure a te stesso, secondo che t'ispira la tua devozione. 23Non tutti possono dedicarsi alla medesima pratica, ma all'uno serve meglio l'una, all'altro l'altra. 24lnoltre, piacciono pie pratiche diverse secondo le esigenze del tempo: alcune si gustano di più nei giorni festivi, altre nei giorni feriali. 25Di alcune di esse abbiamo più bisogno nel momento della tentazione, di altre in tempo di tranquillità e serenità. 26Ci piace ricorrere a certe prafiche, quando siamo tristi; a certe altre ci piace ricorrere, quando siamo lieti nel Signore. 27All'avvicinarsi delle principali solennità, si devono ravvivare le pie pratiche e bisogna implorare con più intenso fervore l'intercessione dei Santi. 28Da una solennità all'altra dobbiamo insistere nei nostri proponimenti, come se stessimo per partire allora da questo mondo e giungere alla festa eterna. 29Perciò appunto, nei periodi di speciale religiosità dobbiamo prepararci con grande cura a vivere con più devozione e ad osservare con più rigore ogni regola, come se fossimo alla vigilia di ricevere da Dio il premio delle nostre fatiche. 30E se questo premio ci verrà differito, dobbiamo far conto di non esservi ancora ben preparati e d'essere ancora indegni di tanta gloria "che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,18) nel tempo prestabilito; e cerchiamo di prepararci meglio al nostro transito. 31"Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli... Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi" (Lc 12,37.43.44). Note al Capitolo 19° 5"L'avanzamento nel nostro progresso spirituale è proporzionato ai nostri propositi...". Quando ci si mette in viaggio, è necessario proporci una mèta. Mèta e premio del nostro cammino spirituale è Cristo stesso. Per raggiungerLo, dobbiamo rivestirci di Lui, delle sue virtù che trovano nella "fortezza" la loro energia. La fortezza è una virtù "cardinale" (da "cardini", che sostengono porte e finestre) ed ha il suo fondamento nella volontà, sorretta dalla grazia divina. 19 Quanto alle mortificazioni corporali, esse sono da farsi con discrezione e non in modo uguale per tutti". Digiuni e mortificazioni corporali sono sempre stati praticati nella Chiesa e trovano il loro fondamento nel Vangelo e in S. Paolo. Ma ai nostri giorni, pur comprendendo il valore del sacrificio per un vantaggio fisico o materiale (per es. il digiuno per calar di peso, o gli allenamenti fisici per vincere una competizione sportiva), non si vuole comprendere l'importanza della mortificazione per rafforzare la volontà contro il peccato. 20"Non si devono fare in pubblico le pratiche personali che non sono comuni anche agli altri...". Vi sono pratiche di pietà comunitarie, che devono avere la precedenza sulle altre, specialmente la preghiera liturgica, cioè quella ufficiale della Chiesa; ma, secondo le proprie possibilità, ognuno può aggiungere qualche cosa alle pratiche previste dalla liturgia. Non si deve fare come quelli che trascurano la Messa festiva e vanno ad accendere un


18 lumino davanti ad un'immagine sacra!

Capitolo ventesimo L'AMORE DELLA SOLITTDINE E DEL SILENZIO 1 Scegli il tempo opportuno per attendere soltanto a te e rifletti spesso sui benefici ricevuti da Dio. 2Lascia da parte le curiosità; leggi attentamente quegli argomenti che procurano la compunzione del cuore più che l'impegno della mente. 3Se eviterai le chiacchiere inutili e l'ozioso girovagare come pure il dare ascolto alle novità ed ai pettegolezzi, troverai tempo sufficiente ed utile per intrattenerti in pie meditazioni. 4I più grandi Santi evitavano, quando potevano, la compagnia degli uomini e preferivano servire Dio in solitudine. 5Disse un tale (Seneca, Epist. VII.3): "Ogni volta che sono stato in mezzo agli uomini, sono ritornato meno uomo". 6Facciamo spesso esperienza di questo fatto, quando conversiamo troppo a lungo. 7È più facile tacere del tutto, che non eccedere nelle parole. 8È più facile stare ritirati in casa, che sapersi controllare fuori quanto basta. 9Chi, dunque, tende ad uno stato di vita interiore e spirituale deve con Gesù allontanarsi dalla folla. 10Nessuno può esporsi in pubblico con sicurezza, se non chi ama vivere ritirato. 11Nessuno parla con sicurezza, se non chi volentieri tace. 12 Nessuno è in grado di reggere gli altri con sicurezza, se non chi sta volentieri sottomesso. 13Nessuno comanda con sicurezza, se non colui che ha bene imparato ad ubbidire. 14Nessuno gode d'una sicura letizia, se non chi abbia a testimone in sé una coscienza pura. 15La sicurezza dei Santi tu, però, sempre piena del timore di Dio. E, per quanto essi spiendessero per grandi virtù e per grazia, non per questo furono meno timorosi ed umili dentro di sé. 16ìnvece, la sicurezza dei malvagi nasce da superbia e presunzione e, alla fine, si volge in loro stesso inganno. 17Non riprometterti d'essere mai sicuro in questa vita, per quanto ti creda d'essere un buon monaco od un devoto eremita. 18Spesso, coloro che dagli uomini furono stimati migliori corsero più gravi pericoli per l'eccessiva fiducia in se stessi. 19Perciò, a molti è più utile non essere del tutto esenti da tentazioni, ma esserne più spesso turbati, perché non si ritengano troppo sicuri di sé, perché non montino eventualmente in superbia ed anche perché non s'abbandonino senza freno alle consolazioni esteriori. 20Chi non cercasse mai una gioia passeggera, chi non s'immischiasse mai nelle cose del mondo, oh, quanto pura manterrebbe la sua coscienza! 21Oh, quanta pace e quanta serenità godrebbe chi mettesse da parte ogni vana preoccupazione e tenesse la mente rivolta soltanto a pensieri salutari e divini, e ponesse in Dio tutta la sua speranza! 22Nessuno è degno del conforto celeste, se non si sarà diligentemente esercitato nella santa compunzione. 23Se vuoi sentire questa compunzione profonda nel cuore, entra nella tua cameretta e chiudi fuori i rumori del mondo, come sta scritto: "Tremate e non peccate, sul vostro giaciglio riflettete e placatevi" (Sai 4,5). 24Nella tua cella troverai ciò che fuori più spesso perderai. 25La cella, se vi si abita a lungo, diviene soave; se mal custodita, viene a noia. 26Se, fin dal principio della tua conversione, l'avrai abitata e custodita bene, ti sarà poi diletta amica e graditissimo conforto. 27Nel silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce ed impara il significato nascosto delle Scritture. 28Là trova la sorgente delle lacrime, con le quali ogni notte si possa lavare e mondare, al fine di diventare tanto più familiare al suo Creatore, quanto più si tiene lontana da ogni frastuono del mondo. 29A chi, dunque, si separa da conoscenti ed amici, Dio s'accosta con i suoi Angeli santi. 30È meglio vivere appartati ed aver cura della propria anima che non, trascurando se stessi, compiere miracoli. 31E’ cosa lodevole per un Religioso uscire raramente, schivare d'essere visto e neppure avere voglia di vedere gente. 32 Perché vuoi vedere quello che non ti è lecito avere? "il mondo passa con la sua concupiscenza "(1 Gv 2,17). 33L’amore ai piaceri dei sensi ci trascina agli svaghi; ma, passata quell'ora, che cosa riporti, se non peso sulla coscienza e dissipazione del cuore? 34Una lieta uscita prepara spesso un triste ritorno, ed un'allegra veglia notturna prepara un triste mattino. 35Così, ogni piacere dei sensi si insinua dolcemente, ma alla fine morde ed uccide. 36Quale cosa puoi vedere altrove, che tu già non veda anche qui?


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Ecco il cielo e la terra e tutti gli elementi; di essi sono pure composte tutte le cose. Quale oggetto puoi vedere in alcun luogo, che duri a lungo sotto il sole? 39Forse, credi di potertene saziare; ma non vi riuscirai. 40Anche se tu vedessi presenti tutte le cose create, che cosa sarebbe ciò, se non una vana visione? 41Leva gli occhi in alto, a Dio, e prega per i tuoi peccati e per le tue negligenze. 42Lascia le vanità agli uomini vani; tu, invece, poni mente a ciò che Dio t'ha comandato. 43Chiudi dietro di te l'uscio e chiama a te Gesù, il tuo Amato. 44Trattieniti con Lui in cella, perché non troverai altrove pace così grande. 45Se non ne fossi uscito e non avessi prestato alcun ascolto agli strepiti del mondo, ti saresti meglio mantenuto nella santa pace. 46Ma, poiché ti diletti talvolta nell'ascoltare le novità, è inevitabile che per questo senta qualche turbamento nello spirito. 38

Note al Capitolo 20° 5"Disse un tale: Ogni volta che sono stato in mezzo agli uomini, sono ritornato meno uomo" (Seneca). Lucio Anneo Sèneca (ca. 4 a.C. - 65 d.c.), filosofo stoico, già apprezzava silenzio e solitudine; l'uomo moderno, invece, sembra temerli, perché ha paura di se stesso, della voce della sua coscienza, di Dio. È un po' come la paura del buio: per vincerla deve gridare, tenere radio e televisore accesi, trovarsi in mezzo agli altri. 27"Nel silenzio e nella quiete l'anima devota progredisce ed impara il significato nascosto delle Scritture". È nel silenzio e nella solitudine che Dio parla al cuore. Tanti dicono che non riescono a pregare. È ovvio che non possiamo né parlare con Dio né ascoltarLo nel frastuono! L'imitazione di Cristo non é gradita ai nostri giorni, perché mette il dito sulla piaga: siamo sempre alla finestra di noi stessi! Satana é scaltro e ultimamente si serve anche degli insegnamenti del Concilio per distoglierci dalla preghiera e dalla riflessione. Si dice che, per essere utili ai fratelli, dobbiamo "incarnarci", buttarci in mezzo a loro e vivere i loro problemi. Ma Seneca, filosofo pagano, ci insegna che, per aiutare i fratelli, dobbiamo entrare in noi stessi.

Capitolo ventunesimo LA COMPUNZIONE DEL CUORE 1 Se vuoi fare qualche progresso nel bene, conservati nel timore di Dio e non voler essere troppo libero; tieni, anzi, a freno tutti i tuoi sensi sotto la disciplina e non abbandonarti alla stolta allegria. 2Datti alla compunzione del cuore e troverai una vera devozione. 3La compunzione apre la via a molti beni, che la dissipazione solitamente ci fa perdere in breve. 4Sarebbe strano che potesse in questa vita abbandonarsi pienamente alla gioia, l'uomo che riflettesse e considerasse la sua condizione d'esule ed i tanti pericoli che incombono sulla sua anima. 5A causa della leggerezza spirituale e della noncuranza dei nostri difetti, noi non avvertiamo i mali della nostra anima, ma spesso ridiamo scioccamente, mentre a ragione dovremmo piangere. 6Non c'è vera libertà né sana letizia, se non nel timore di Dio, congiunto alla retta coscienza. 7Felice chi può rimuovere da sé ogni inciampo che lo distragga, e può raccogliersi nell'intimità della santa compunzione! 8Felice chi rinunzia a tutto ciò che può macchiare la sua coscienza od appesantirla! 9Combatti da valoroso: un'abitudine si vince con un'abitudine contraria. 10Se tu riesci a stare lontano dagli uomini, essi lasceranno volentieri te ai fatti tuoi. 11Non addossarti le brighe degli altri e non intrometterti nelle faccende dei Superiori. 12Tieni sempre gli occhi aperti principalmente su di te e correggi particolarmente te stesso, prima di tutte le persone che ti sono care. 13Se non godi del favore degli uomini, non volerti per questo affliggere, ma la tua pena sia quella di non vivere così bene con tanta cautela, come converrebbe ad un servo di Dio e ad un buon Religioso. 14Spesso è più utile e più sicuro che l'uomo non abbia molte consolazioni in questa vita, specialmente quelle che lusingano i sensi. 15Tuttavia, che siamo privi delle consolazioni divine o che ne proviamo piuttosto raramente, la colpa è nostra, perché non cerchiamo la compunzione del cuore e non rigettiamo del tutto le consolazioni vane del mondo. 16Riconosciti indegno dei divini conforti e meritevole, invece, di molte tribolazioni. 17Quando l'uomo è pervaso da una perfetta compunzione, allora il mondo intero gli è gravoso ed amaro. 18L’uomo virtuoso trova sempre motivi sufficienti per dolersi e per piangere. 19lnfatti, sia che consideri se stesso, sia che pensi


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al prossimo, egli sa che nessuno quaggiù vive senza tribolazione. 20E quanto più rigorosamente si esamina, tanto più profonda è la sua amarezza. 21Costituiscono materia di giusto dolore e d'interna compunzione i nostri peccati ed i nostri vizi, nei quali siamo tanto avviluppati da poter solo di rado elevarci alla contemplazione delle cose celesti. 22Se tu pensassi più spesso alla morte che non alla possibilità d'una vita lunga, non c'è dubbio che t'emenderesti con maggiore zelo. 23Se, inoltre, tu meditassi nel profondo del cuore le pene future dell'Inferno o del Purgatorio, credo che sopporteresti volentieri dolori ed angustie, e non ti spaventerebbe alcuna austerità. 24Ma, poiché queste verità non ci penetrano fino al fondo del cuore, ed anzi continuiamo ad amare gli allettamenti del mondo, noi restiamo freddi e tanto pigri. 25Spesso questa miseria spirituale è la causa per la quale il nostro misero corpo tanto facilmente si lagna. 26Prega, quindi, in umiltà il Signore che ti conceda lo spirito di compunzione, e digli con il Profeta: "Tu ci nutri con pane di lacrime, ci fai bere lacrime in abbondanza" (Sal 79,6). Note al capitolo 21° 2"Datti alla compunzione del cuore e trovenai una vera devozione". La "compunzione" è il dolore e la detestazione dei peccati commessi, non tanto per il danno fisico o morale che hanno causato, quanto per la perdita della grazia di Dio e il pericolo della dannazione eterna. La compunzione nasce dal santo timor di Dio, che, come abbiamo detto, è la consapevolezza che Dio è tutto e noi siamo sue creature. 23"Se, inoltre, tu meditassi nel profondo del cuore le pene future dell'inferno o del Purgatorio, credo che sopporteresti volentieri dolori ed angustie, e non ti spaventerebbe alcuna austerità". l'uomo moderno non vorrebbe credere all'Inferno, al demonio e agli Angeli. Non vorrebbe credere nemmeno al Purgatorio; ma questo, ovviamente, è un discorso a parte. Negare la realtà dell'Inferno equivale a fare naufragio nella Fede, perché Gesù ne ha affermato ripetutamente l'esistenza. É vero che Egli attribuisce maggior importanza alla perdita della vita, cioè della vita dell'anima, che è Dio; alla separazione da Lui; ma quanto ha affermato nel Vangelo non ammette dubbi. Anche se non riusciamo ad afferrare la sua tremenda realtà, l'Inferno esiste realmente. Siamo su questa terra in prova; se non passiamo l'esame, se rifiutiamo la vita, diventiamo, riguardo all'eternità, riguardo allo spirito, degli "aborti".

Capitolo ventiduesimo CONSIDERAZIONI SULL’UMANA MISERIA 1 Infelice sei, dovunque tu sia e dovunque tu ti volga, se non tendi a Dio. 2Perché ti turbi, se le cose non accadono come tu vuoi e desideri? 3Chi è che ha tutto secondo la propria volontà? Né io, né tu, né alcun altro sulla terra. 4Non c'è alcuno al mondo senza tribolazione o dispiacere, anche se sia Re o Papa. 5Chi sta meglio degli altri? Certamente, chi sa soffrire qualche cosa per amore di Dio. 6Molti, deboli di spirito ed imperfetti, vanno dicendo: Guarda come se la passa bene quell'uomo, quant'è ricco, com'è altolocato, com'è potente, com'è esaltato dagli uomini! 7Tu, invece, leva il pensiero ai beni celesti e vedrai che tutti codesti beni temporali non valgono nulla, anzi sono pieni d'incertezze e molto gravosi, perché non si posseggono mai senza ansietà e timore. 8La felicità dell'uomo non consiste nell'avere abbondanza di beni temporali; gli basta, invece, una modesta quantità. 9La vera miseria è vivere qui sulla terra. 10Quanto più un uomo desidera essere spirituale, tanto più la presente vita gli diventa amara, perché sente meglio e vede più chiaramente le deficienze dell'umana natura corrotta. 11Infatti, il mangiare, il bere, il vegliare, il dormire, il riposare, il lavorare, il soggiacere alle altre necessità naturali, sono davvero una grande miseria ed afflizione per l'uomo pio, il quale volentieri vorrebbe sentirsi sganciato e libero da quelle cose e puro da ogni colpa. 12L’uomo interiore, in verità, in questo mondo si sente molto oppresso dalle esigenze corporali. 13Perciò, il Profeta prega devotamente d'esserne liberato, dicendo: "Dalle mie necessità, o Signore, liberami Tu!" (Sal 24,17). 14 Ma guai a coloro che non conoscono la propna miseria; ed ancora più, guai a coloro che amano questa misera e corruttibile vita! 15lnfatti, alcuni s'attaccano ad essa tanto che, sebbene ricavino appena il necessario faticando o mendicando, non si curerebbero per nulla del Regno di Dio, se potessero vivere sempre quaggiù.16Oh, stolti ed


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increduli di cuore, così sommersi profondamente nelle cose della terra, da non gustare se non i piaceri della carne! 17Ma quegl'infelici alla fine della vita, poi, s'accorgeranno per loro sventura quant'era vile e vano quello che amarono. 18I Santi di Dio, invece, e tutti i devoti amici di Cristo non badarono ai piaceri della carne né a ciò che rese fiorente la vita mortale, mentre con tutta la loro speranza ed intenzione anelavano ai beni eterni. 19Tutto il loro desiderio s'innalzava alle cose durature ed invisibili, perché dall'amore di quelle visibili non fossero trascinati al fango. 20O fratello, non perdere la fiducia di poter progredire nella vita spirituale; ne hai ancora il tempo e l'ora. 21Perché vuoi differire il tuo buon profitto? Sorgi, mettiti subito, in questo momento, all'opera e di': Ora è il tempo d'agire, ora è il tempo di combattere, ora è il tempo opportuno per cambiare vita. 22Quando stai male e sei afflitto, allora è il tempo d'acquistare meriti. 23 Bisogna che tu passi per la prova del fuoco e dell'acqua, prima di giungere al luogo del refrigerio. 24Se non ti sarai fatta violenza, non potrai vincere una cattiva inclinazione. 25Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti da colpa né vivere senza tedio e senza afflizione. 26Ci piacerebbe vivere in un riposo immune da ogni miseria; ma, avendo con il peccato perduto l'innocenza, abbiamo perduto anche la vera felicità. 27Bisogna, perciò, avere pazienza ed attendere la misericordia di Dio, finché passi il tempo dell'iniquità (SaI 56,2) e finché ciò che è in noi mortale venga assunto dalla vita immortale (2 Cor 5,4). 28Oh, quant'è grande la fragilità umana, sempre incline al male! 29Oggi tu confessi i tuoi peccati, e domani commetti nuovamente quegli stessi che hai confessato. 30Ora fai il proponimento di stare guardingo, e un'ora dopo ti comporti come se nulla avessi promesso. 31Possiamo, dunque, ben a ragione umiliarci e non avere mai molta stima di noi: tanto fragili siamo ed incostanti! 32Si può anche perdere in un momento, per negligenza, ciò che a gran fatica eravamo riusciti finalmente ad acquistare con la grazia di Dio. 33Che sarà di noi sul finire della vita, se già, così per tempo, ci lasciamo prendere dalla tiepidezza? 34 Guai a noi, se vogliamo riposare così, come se fossimo già in stato di pace e di sicurezza, mentre nella nostra norma di vita non appare ancora un segno della vera santità! 35Avremmo davvero bisogno di ricominciare da capo, come buoni novizi, ad educarci all'acquisto delle virtù, ammesso che ci fosse ancora speranza d'emendarci in avvenire e di conseguire un maggiore profitto spirituale. Note al capitolo 22° 6"Molti, deboli di spirito ed imperfetti, vanno dicendo: Guarda come se la passa bene quell 'uomo, quant 'è ricco, com 'è altolocato, com'è potente, com'è esaltato dagli uomini!". Dio aveva creato l'uomo, materia e spirito, in perfetta armonia. Il peccato ha causato una spaccatura tra le due componenti; la parte materiale è come impazzita, causando tutta una serie di guai, compresa la morte fisica. Gesù è venuto a redimerci, assumendo Lui stesso la nostra natura decaduta, fuorchè il peccato. Soffrendo, morendo e risuscitando da morte, è divenuto principio di una nuova umanità, di una nuova creazione. In Lui risorto abbiamo già in mano la caparra della nostra redenzione. Ma dobbiamo seguire Lui. Nel disfacimento del nostro corpo, cooperiamo con Lui alla nostra redenzione e alla redenzione dei nostri fratelli nella Fede.

Capitolo ventitreesimo MEDITAZIONE DELLA MORTE 1 Ben presto sarà finita per te, quaggiù; considera, dunque, il tuo stato. 2Oggi l'uomo è, e domani non è più. 3E, tolto alla vista, ben presto si dilegua anche dalla memoria. 4O stoltezza e durezza del cuore umano, che pensa soltanto alle cose presenti e non sa prevedere quelle future! 51n ogni azione ed in ogni pensiero, tu dovresti comportarti così, come se dovessi morire oggi. 6Se avessi la coscienza tranquilla, non avresti tanta paura della morte. 7Meglio sarebbe guardarsi dai peccati, che cercare di stuggire alla morte. 8Se oggi non sei preparato, come lo sarai domani? 9Il domani è un giorno incerto; e che sai se ci sarà per te il domani? 10Che giova vivere a lungo, dal momento che ci emendiamo così poco? 11Ah! la lunga vita non sempre serve a renderci migliori; anzi, spesso aumenta le nostre colpe. 12Volesse il Cielo che fossimo vissuti bene in questo mondo anche un solo giorno! 13Molti contano gli anni della loro vita religiosa,


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ma il loro miglioramento nella vita spirituale è per lo più scarso. 14Se fa spavento il morire, forse è più pericoloso il vivere a lungo. 15Beato colui che ha sempre davanti agli occhi l'ora della morte e che a morire si dispone ogni giorno! 16Se qualche volta hai visto un uomo morire, pensa che anche tu dovrai passare per la medesima via. 17Il mattino, fa' conto di non arrivare alla sera. 18Venuta la sera, non osare di riprometterti il mattino. 19Sii, dunque, sempre pronto, e vivi in maniera che la morte mai ti sorprenda impreparato. 20Molti muoiono repentinamente ed imprevedutamente. "Infatti, nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà" (Mt 24,44; Lc 12,40). 21 Quando quell'ultima ora sarà giunta, comincerai a dare un ben diverso giudizio di tutta la tua vita passata e ti pentirai amaramente d'essere stato tanto negligente e fiacco. 22Quanto è felice nella sua previdenza colui che si sforza d'essere ora, in vita, quale desidera essere trovato al momento della morte! 23E gli daranno una grande fiducia di morire bene: il totale disprezzo del mondo, l'ardente desiderio di progredire nelle virtù, l'amore per la disciplina, l'esercizio della penitenza, la prontezza nell'obbedienza, la rinuncia a se stesso e la sopportazione di qualsiasi avversità per amore di Cristo. 24Finché sei sano, puoi compiere molte opere buone; ma se t'ammali, non so che cosa potrai fare. 25pochi diventano migliori nell'infermità, allo stesso modo di quelli che raramente si santificano per i molti pellegrinaggi. 26Non confidare negli amici e nei parenti e non rimandare all'avvenire la tua salvezza, perché gli uomini si dimenticheranno di te più presto che tu non creda. 27È meglio provvedere ora, tempestivamente, e farsi precedere da un po' di bene, che sperare nell'aiuto di suffragi da parte degli altri. 28Se non ti prendi cura, tu, ora di te stesso, chi si prenderà cura di te in avvenire? 29Tempo preziosissimo, perciò, è il presente: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza" (2 Cor 6,2). 30Ma, ahimè! tu non spendi in modo più utile questo tempo, con il quale potresti meritare la vita eterna. 31Verrà il momento che tu desidererai d'avere un giorno solo, magari un'ora sola, per emendarti, e non so se l'avrai. 32Suvvìa, andiamo, o mio caro! Da che grandi pericoli ti potresti liberare, da che immenso timore potresti strapparti, se tu, adesso, avessi sempre presente il pensiero e la previsione della morte! 33Cerca di vivere, ora, in modo che, in punto di morte, tu possa più gioire che temere. 34lmpara, ora, a morire al mondo, perché, allora, tu cominci a vivere con Cristo. 35lmpara, ora, a disprezzare tutto, perché, allora, tu possa correre incontro a Cristo, liberamente. 36Castiga, ora, il tuo corpo con la penitenza, perché tu possa, allora, avere piena fiducia. 37Ah, stolto! Perché t'immagini di vivere ancora a lungo, mentre non hai la certezza, quaggiù, nemmeno d'un giorno? 38Quanti, così, si lasciarono ingannare e turono tolti di vita quando meno se l'aspettavano! 39Quante volte hai sentito dire che il tale è morto colpito da spada, un altro è annegato; quello, cadendo dall'alto, s'è spaccata la testa; questo, mentre mangiava, si è soffocato; un altro ancora ha cessato di vivere, mentre giocava! Altri è morto di fuoco, altri di ferro, altri di peste, altri per mano d'assassini. 40 E così, la fine di tutti è la morte, e la vita degli uomini è un'ombra che passa via improvvisa. 41Chi si ricorderà di te dopo la morte? E chi pregherà per te? 42Fa', fa' ora, o mio carissimo, tutto il bene che puoi fare, perché non sai quando morirai; ignori pure che cosa t'aspetti dopo la morte. 43Finché hai tempo, accumulati ricchezze eterne. 44 Non pensare ad altro che alla tua eterna salvezza, cùrati solo delle cose di Dio. 45 Fatti, ora, degli amici, con la devozione ai Santi di Dio e con l'imitazione delle loro opere, perché, quando avrai lasciato questa vita, essi t'accolgano negli eterni tabernacoli (Lc 16,9). 46Vivi sulla terra come pellegrino ed ospite, al quale nulla importano le cose terrene. 47Conserva il tuo cuore libero e rivolto in alto, a Dio, perché "non hai quaggiù stabile dimora" (Lc 16,9). 48lndirizza là le tue preghiere, i tuoi sospiri quotidiani, le tue lacrime, perché la tua anima meriti, dopo la morte, di passare felicemente al Signore. Amen. Note al Capitolo 23° 2"Oggi l'uomo è, e domani non è più". Molti non vogliono pensare alla morte. Sono come chi sogna e teme di svegliarsi dal sonno, perché il sogno è bello, e quando si sveglierà


23 tutto svanirà. Creato nell'armonia perfetta della materia e dello spirito, l'uomo doveva vivere in questo mondo sempre orientato verso il suo Creatore e Padre, per cadere come in un sonno soave, dal quale si sarebbe svegliato nell'eternità, tra le braccia di Dio. Il peccato ha disgregato quell'armonia e lo ha orientato verso la materia. La morte fisica è conseguenza del peccato, ma l'istinto dell'uomo è di vivere eternamente.

Capitolo ventiquattresimo GIUDIZIO E PENE DEI PECCATORI 1 1n ogni tuo atto guarda alla tua fine e pensa al momento nel quale ti troverai davanti al Giudice severo, cui nulla rimane nascosto, e che non si può placare con doni, che non accetta scuse, ma che giudicherà soltanto secondo giustizia. 2O infelicissimo ed insensato peccatore, che cosa risponderai a Dio, che conosce tutte le tue iniquità, tu, che talvolta temi, pieno di spavento, lo sguardo d'un uomo incollerito? 3perché non ti premunisci per il giorno del Giudizio, quando nessuno potrà essere scagionato o difeso da altri, ma ognuno sarà per se stesso un peso anche troppo grave? 4Ora, la tua fatica porta frutti, il tuo pianto è accetto, il tuo gemito è degno d'ascolto; ora, il tuo dolore ha potere di soddisfazione e di purificazione. 5Ha qui, sulla terra, un grande e salutare Purgatorio l'uomo paziente, che, quando è offeso, si duole più della cattiveria dell'altro, che del torto da lui subito. 6Ed egli prega volentieri per i suoi avversari e perdona con tutto il cuore le offese, non tarda a chiedere perdono agli altri, è più pronto alla pietà che al risentimento. 7Fa spesso violenza a se stesso e si sforza di sottomettere completamente il corpo allo spirito. 8È meglio espiare ora i propri peccati e sradicare i vizi, che tenerseli da espiare nella vita futura. 9Davvero, con l'amore disordinato che abbiamo per il nostro corpo, perdiamo il giusto discernimento! 10Che altro divorerà quel fuoco, se non i tuoi peccati? 11Quanto più, ora, sei indulgente con te stesso ed accontenti il corpo, tanto più dura sconterai, poi, la pena, e più materia da ardere accumulerai. 12Là, dove l'uomo più ha peccato, sarà anche più gravemente punito. 13Là, gli accidiosi saranno pungolati con sproni di fiamma, ed i golosi saranno tormentati da sete e fame insaziabili. 14Là, i lussuriosi e gli amanti dei piaceri saranno immersi in pece ardente e in fetido zolfo, e gli invidiosi urleranno di dolore come cani arrabbiati. 15Non ci sarà alcun vizio che non abbia il suo speciale tormento. 16Là, i superbi saranno ricolmi d'ogni confusione e gli avari saranno attanagliati dalla più sordida miseria. 17Là, un'ora sola di pena sarà più tormentosa che cento anni della più aspra penitenza in questa vita. 18Là, per i dannati non ci sarà alcun riposo, non ci sarà alcun sollievo, mentre qui, talvolta, c'è una tregua alle fatiche e si possono godere le consolazioni degli amici. 19Sii, ora, preoccupato e pentito dei tuoi peccati, per essere sicuro in compagnia dei Santi nel giorno del Giudizio. 20Allora, infatti, "i giusti staranno con grande fiducia di fronte a quanti li hanno oppressi" (Sap 5,1). 21Allora, sederà a giudicare Colui che ora si sottomette umilmente ai giudizi degli uomini. 22 Avranno, allora, grande fiducia il povero e l'umile, mentre il superbo sarà per ogni verso atterrito. 23Allora, si vedrà quant'è stato saggio in questo mondo chi imparò ad essere stolto e disprezzato per Cristo. 24Allora, ci tornerà cara ogni tribolazione sofferta con pazienza, e "ogni iniquo chiude la sua bocca" (Sal 106,42). 25Allora, ogni anima devota si rallegrerà ed ogni peccatore sarà triste e malinconico. 26Allora, il corpo mortificato avrà gaudio più grande, che se fosse stato sempre nutrito di delizie. 27 Allora, le vesti grossolane si faranno splendide e quelle si seta si faranno tenebrose. 28 Allora, avrà più lode il tugurio poveretto, che il palazzo dorato. 29Allora, gioverà di più la costante pazienza, che tutto il potere del mondo. 30Allora, la semplicità e l'obbedienza saranno esaltate più di tutta l'astuzia mondana. 31Allora, la coscienza pura e retta darà più gioia, che non la profonda filosofia. 32Allora, sulle bilance di Dio avrà maggior peso il disprezzo della ricchezza, che ogni tesoro terreno. 33Allora, trarrai più consolazione dalle devote preghiere, che non dai pranzi prelibati. 34Allora, ti compiacerai di più d'avere mantenuto il silenzio, che non d'aver fatto lunghe


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chiacchiere. Allora, varranno di più le buone opere, che non le molte belle parole. 36 Allora, una vita austera ed una dura penitenza daranno più piacere, che non qualsiasi diletto terreno. 37lmpara, dunque, a patire, ora, piccole pene, per essere liberato, allora, da sofferenze più gravi. 38Fa', qui, ora, la prova di quello che potresti soffrire poi, di là. 39 Se, ora, non sai sopportare il poco, come potrai sopportare, allora, i tormenti eterni? 40 Se, ora, una piccola contrarietà ti rende impaziente, che cosa sarà per te la Geenna? 41 Ecco: davvero non ti è consentito di godere due felicità, cioè godertela prima, qui, al mondo, e regnare, poi, con Cristo. 42Se fino ad oggi tu fossi sempre vissuto fra gli onori ed i piaceri, che cosa tutto ciò t'avrebbe giovato, qualora in questo medesimo istante ti toccasse morire? 43Dunque, tutto è vanità, fuorché amare Dio e servire a Lui solo. 44Chi ama Dio con tutto il cuore non teme la morte né i tormenti né il Giudizio né l'Inferno, perché il perfetto amore apre la via sicura che conduce a Dio. 45Chi, invece, si diletta a peccare, non fa meraviglia che tema la morte e il Giudizio. 46Tuttavia, è già una buona cosa che, se non è ancora l'amore di Dio a tenerti lontano dalla colpa, ti trattenga almeno la paura dell'Inferno. 47Chi, però, pospone il timore di Dio al timore dell'Inferno, non riuscirà a perseverare nel bene, ma cadrà ben presto nei lacci del diavolo. Note al capitolo 24° 10Che altro divorerà quel fuoco, se non i tuoi peccati?". L’uomo contemporaneo non vorrebbe credere all'Inferno, tanto meno al suo fuoco eterno. S'illude, dicendo che Dio è amore e non può permettere che una sua creatura possa essere eternamente dannata. Dio è amore, ma anche giustizia infinita. Ci ha creati liberi, e non è Dio che ci castiga, ma la dannazione è nostra libera scelta. Se Dio ci ha creati per la felicità e noi ostinatamente la rifiutiamo, siamo noi che scegliamo di fare senza di Lui, mentre, senza di Lui, è la disperazione eterna. 12"Là, dove l'uomo più ha peccato, sarà anche più gravemente punito". L'Inferno, come tutto ciò che avverrà dopo la morte, sfugge alla nostra presente comprensione. Sappiamo che Dio è paziente, perché eterno. Finché siamo in vita, Egli è pieno di misericordia per tutti noi. Ma quando moriremo, Egli si rivelerà a noi nella giustizia, e, se non ci saremo pentiti dei nostri errori, ci abbandonerà alla dannazione eterna. La dannazione è, prima di tutto, perdita di Dio-Amore: il dannato entra nel regno dell'odio, della ribellione, della disintegrazione completa e totale del suo essere, che si può paragonare, per averne una ben pallida idea, alla disintegrazione che il fuoco opera nelle materie organiche, con la differenza che il fuoco consuma e riduce in cenere ciò che brucia; il fuoco dell'Inferno brucia, ma non consuma, e corpo e anima restano in uno stato di eterna disintegrazione, odio, ribellione, senza avere mai la soddisfazione di vedere il risultato del proprio odio. Per esprimere in qualche modo questa tremenda realtà, nel Medio Evo hanno sviluppato quel che Dante ha espresso nel suo Inferno: la pena del "contrappasso", per la quale anche il corpo e ogni parte del corpo, nella proporzione in cui si sono allontanati da Dio, resteranno eternamente in uno stato di disintegrazione, che trova una pallida idea nell'azione del fuoco fisico. Ma il fuoco fisico, davanti a questa disintegrazione del nostro essere, è come il fuoco pitturato, a confronto con quello vero.

Capitolo venticinquesimo FERVENTE RIFORMA DI TUTTA LA NOSTRA VITA 1 Sii vigilante e sollecito nel servizio di Dio e torna spesso su questo pensiero: a qual fine sei entrato nella vita claustrale e perché hai abbandonato il mondo? 2Non, forse, per dedicare la tua vita a Dio e diventare uomo spirituale? 3Attendi, dunque, con fervore al tuo perfezionamento spirituale, perché tra breve riceverai la mercede delle tue fatiche e, allora, non vi sarà più timore o dolore per te. 4Ora faticherai un poco, ma, poi, troverai un grande riposo, anzi una letizia senza fine. 5Se ti sarai mantenuto fedele e fervoroso nell'agire bene, anche Dio certamente sarà fedele e generoso nel ricompensartene. 6Devi avere buona e salda speranza d'arrivare alla palma; non conviene, però, che te ne ritenga certo, per non cadere nella pigrizia o nella superbia. 7 Un tale, per ansietà di spirito, ondeggiava continuamente fra timore e speranza; ed una volta, affranto dalla tristezza, si prostrò in una chiesa a pregare davanti ad un altare, ripensando e dicendo tra sé così: 8"Oh, se potessi sapere se sarò sempre perseverante!". E subito udì nel suo cuore questa divina risposta: "E, se tu lo sapessi,


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che cosa vorresti fare? Fa', ora, quello che vorresti aver fatto allora e sarai fermamente sicuro". 9D’un tratto, consolato e confortato, egli si rimise alla volontà di Dio e le sue affannose agitazioni cessarono. 10E non volle più curiosamente indagare per sapere quale sarebbe stato il suo futuro; ebbe, invece, cura di cercare quale fosse "la volontà di Dio, gradevole e perfetta" (Rm 12,2), per dare principio e compimento ad ogni opera buona. 11"Spera nel Signore ed opera il bene (dice il Profeta) ed abita la terra, e ti pascerai delle sue ricchezze" (Sal 36,3). 12Uno solo è l'ostacolo che ritrae molti dal profitto spirituale e dall'alacre impegno di correggersi: la paura delle difficoltà, ovvero la fatica della lotta. 13E, in realtà, nella virtù fanno maggiori progressi degli altri coloro che si sforzano con più coraggio di vincere gli ostacoli per essi più aspri ed avversi. 14Infatti, l'uomo fa più progressi e si merita grazia maggiore, quando sa vincere di più se stesso e si mortifica nello spirito. 15Ma non tutti trovano le stesse gravi difficoltà per vincere e morire a se stessi. 16Tuttavia, chi è animato da diligente zelo, anche se ha molte passioni, sarà più capace di progressi che non un altro d'indole buona, ma meno fervente nell'acquisto della virtù. 17Due cose giovano particolarmente ad un'efficace riforma della vita: il ritrarsi energicamente da quello a cui la nostra natura corrotta è incline, e l'insistere con ardore a compiere quel bene del quale si ha maggiormente bisogno. 18Cerca, inoltre, d'evitare e di vincere specialmente quei difetti che tanto spesso ti dispiacciono negli altri. 19Cogli, dappertutto, occasioni per diventare migliore, cosicché, se t'accade di vedere o d'ascoltare buoni esempi, ti senta acceso ad imitarli. 20Se, invece, avrai notato in altri qualche cosa che meriti rimprovero, guardati dal fare anche tu lo stesso; o se qualche volta l'hai commessa, cerca di correggerti quanto prima. 21Come il tuo occhio osserva gli altri, così, a tua volta, sei osservato dagli altri. 22Che gradita e dolce consolazione è vedere fratelli fervorosi e devoti, di buona condotta ed osservanti della disciplina! 23Com'è, invece, triste e penoso vedere di quelli che vivono disordinatamente e che non seguono la via della propria vocazione! 24Quanto è dannoso trascurare il fine della propria vocazione e applicarsi a ciò che esula da quelle cose che non sono state imposte! 25Rievoca sempre i propositi presi e mettiti davanti all'immagine del Crocifisso. 26Specchiandoti nella vita di Gesù Cristo, potresti veramente arrossire di non esserti finora conformato maggiormente a Lui, sebbene da molto tempo tu sia stato nella via di Dio. 27I1 Religioso che, con attenzione e devozione, medita la vita santissima e la Passione del Signore, vi troverà in abbondanza tutto ciò che gli è utile e necessario; e non c'è bisogno ch'egli cerchi altro di meglio fuori di Gesù. 28Oh, se venisse nel nostro cuore Gesù crocifisso! Qùanto presto e pienamente saremmo ammaestrati! 29Il fervente Religioso adempie di buon animo ed accetta quello che gli viene comandato. 30Invece, il Religioso negligente e tiepido ha tribolazioni su tribolazioni e soffre angustie da ogni parte, perché manca di consolazioni interiori e gli è vietato di cercare quelle esteriori. 31Il Religioso che vive fuori della disciplina è esposto a gravi cadute. 32Chi cerca una via più larga e poco faticosa, sarà sempre in angustie, perché una cosa o l'altra basterà a dargli fastidio. 33Come fanno tanti altri monaci a vivere in una disciplina claustrale oltremodo rigorosa? 34Escono di rado, vivono ritirati, si nutrono poverissimamente, vestono panni grossolani, lavorano molto, parlano poco, vegliano lungamente, s'alzano presto, pregano a lungo, fanno frequenti letture e si mantengono in tutto osservanti della Regola. 35Guarda i Certosini, i Cistercensi, i monaci e le monache di diversi Ordini, come s'alzano ogni notte per cantare salmi al Signore! 36Sarebbe, perciò, vergognoso che ti mostrassi pigro in così santo servizio, mentre una così grande moltitudine di Religiosi comincia a lodare Dio in lieti cantici. 37Oh!, se non si dovesse far altro che lodare con tutto il cuore ed a piena voce il Signore Dio nostro! 38Oh!, se tu non avessi mai bisogno di mangiare, di bere, di dormire, ma potessi sempre rendere lode a Dio ed attendere soltanto alla vita spirituale! Saresti, allora, molto più felice di ora, che devi per qualsiasi esigenza servire al corpo. 39Oh!, quanto sarebbe desiderabile che non vi fossero codeste necessità, ma ci fosse soltanto il ristoro spirituale


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dell'anima, che noi, ahimè, ben di rado sappiamo gustare! 40Quando un uomo è arrivato a tale perfezione, da non cercare la sua consolazione in creatura alcuna, allora comincia a provare veramente gusto di Dio, ed allora, anche, accetta volentieri tutto ciò che gli accade. 41Allora, né si rallegrerà se ha molto, né si rattristerà se ha poco, ma si rimetterà totalmente e fiduciosamente nelle mani di Dio, che per lui è tutto, in ogni circostanza; per la cui potenza niente perisce e muore, ma tutte le cose vivono, ed al cui cenno prontamente ubbidiscono. 42Ricordati sempre che hai da finire e che il tempo perduto non ritorna più. 43Senza sollecitudine e diligenza, non farai mai acquisto di virtù. 44Se cominci a lasciarti prendere dalla tiepidezza, ricomincerà il tuo malcontento. 45Se, invece, ti sarai dato ad una vita di fervore, troverai una gran pace e sentirai più lieve la fatica, per la grazia di Dio e per l'amore alla virtù. 46L’uomo fervoroso e zelante è preparato a tutto. 47Costa più fatica resistere ai vizi ed alle passioni, che sudare nei lavori fisici. 48Chi non evita i piccoli difetti, a poco a poco scivola in colpe più grandi. 49Avrai sempre motivo d'essere lieto la sera, se avrai speso fruttuosamente la giornata. 50Vigila su te stesso, scuoti te stesso, ammonisci te stesso; qualunque cosa succeda agli altri, non trascurare te stesso. 51Tanto profitto otterrai nella vita spirituale, quanto avrai fatto violenza a te stesso. TERMINANO GLI AMMONIMENTI UTILI ALLA VITA SPIRITUALE. Note al Capitolo 25° 1“A quale fine sei entrato nella vita claustrale?". Si legge nella vita di S. Bernardo che, entrato ventenne tra i Cistercensi, quando era tentato di allentare le penitenze che si era proposto, si chiedeva: "Bernardo, che cosa sei venuto a fare in monastero?", e riprendeva coraggio. Forse, da allora divenne una domanda che tutti i monaci fervorosi si ponevano. È la domanda che poneva anche un Padre Maestro a coloro che entravano in un monastero per iniziare quel periodo di formazione che si chiama anche oggi "Noviziato". 7"Un tale, per ansietà di spirito, ondeggiava continuamente fra timore e speranza...". È un episodio che porta in sé un'esperienza personale di colui che lo racconta e lo rende impersonale per umiltà. Qualcuno ha pensato che L'imitazione di Cristo potrebbe essere stata composta in ambiente certosino. Il versetto 35 sembra escluderlo categoricamente: 35"Guarda i Certosini, i Cistercensi...". La citazione dei due Ordini come modelli di vita claustrale sembra escludere ogni attribuzione.

LIBRO II° ESORTAZIONI CHE INTRODUCONO ALLA VITA INTERIORE Introduzione. Sgomberato nel primo libro il terreno da tutto ciò che può essere di ostacolo alla perfezione della vita cristiana, nel secondo libro, il più breve, il lettore viene introdotto alla vita interiore. Abbiamo detto all'inizio che il Cristianesimo, più che una religione, è una Vita: la Vita di Dio nell'uomo. Questa Vita è Gesù stesso che, come un pezzetto di lievito, ci fermenta e ci rende partecipi della sua Vita di Figlio di Dio. Come il primo libro comincia con una frase del Vangelo di San Giovanni, così il secondo comincia con una di San Luca: "Il Regno di Dio è in mezzo a voi" (Lc 17,21). Questo "Regno di Dio" ha, per così dire, gradi diversi. C 'è chi è chiamato a diventare "Servo fedele", chi è chiamato a diventare 'Amico dello sposo" e chi è chiamato ad un rapporto più intimo, sponsale, con Cristo. In ogni caso è necessario credere e fidarsi di Lui in modo radicale, rinunciando a se stessi in un'intima sottomissione alla volontà di Dio. Di mano in mano che ci sottomettiamo alla volontà di Dio, sperimentiamo la sua pace, la libertà di spirito dei figli di Dio, la gioia dell 'amore di Gesù, la sua amicizia, fino alla rinuncia di ogni conforto umano. Di qui, con il cuore gonfio di gratitudine per la Grazia Divina, crescerà anche l'amore alla croce, al sacrificio, all'umiliazione, fino a salire con Gesù sul Calvario Questo esige, prima di tutto in coloro che si consacrano in una vita particolare a Cristo: Religiosi, Sacerdoti, Religiose, ma anche in tutti coloro che vogliono vivere a fondo la loro vita cristiana, un impegno a distaccarsi dalle realtà illusorie di questo mondo e a tendere alla perfezione

Capitolo primo LA VITA INTERIORE 1 "Il Regno di Dio é in mezzo a voi" (Lc 17,21), dice il Signore. Volgiti al Signore con tutto il cuore, distaccandoti da questo misero mondo, l'anima tua troverà pace. 2Impara


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a sottovalutare le cose esterne e a darti a quelle interiori; allora, vedrai venire a te il Regno di Dio. 3Il Regno di Dio, infatti, è "pace e gioia nello Spirito Santo" (Rm 14,17), e non è concesso ai malvagi. 4Se dentro di te Gli avrai preparato una degna dimora, Cristo verrà a te, offrendoti le sue consolazioni. 5Ogni lode ed ogni onore, che Gli si possono dare, vengono dall'intimo, ed ivi Egli trova le sue compiacenze. 6 Frequenti sono le visite che Egli fa all'uomo che ha spirito d'interiorità, e dolci sono i suoi colloqui, e gradita la sua consolazione, e molta la sua pace, e straordinariamente bella la sua familiarità. 7Suvvia, anima fedele, prepara a questo Sposo il tuo cuore, perché si degni di venire a te e in te porre la sua dimora. 8Egli dice, infatti: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e io e mio Padre verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23). 9Fa', dunque, posto a Cristo e vieta l'entrata a tutte le altre cose. 10Quando avrai Cristo con te, sarai ricco. Egli ti basta. Sarà Lui a provvederti di tutto e ad amministrare fedelmente per te tutte le cose. Così, non avrai bisogno di fare affidamento sugli uomini. 11Gli uomini mutano presto e ci vengono meno rapidamente; Cristo, invece, "rimane in eterno" (Gv 12,34) e ci sta accanto costantemente sino alla fine. 12Non si deve riporre molta fiducia nell'uomo, per sua natura fragile e mortale, anche se ci è utile e caro, e non è neppure il caso di rattristarsi molto, se talora ci avversi e ci contraddica. 13Quelli che oggi sono con te, domani possono mettersi contro di te; mutano spesso come il vento. 14Poni tutta quanta la tua fiducia in Dio, e sia Lui il tuo timore ed il tuo amore. Risponderà Lui per te, e nel modo migliore opererà per il bene. 15"Non hai quaggiù una città stabile" (Eb 13,14); e dovunque tu dimori, sei straniero e pellegrino, e non avrai pace mai, se non sarai intimamente unito a Cristo. 16 Perché ti fermi a guardare quaggiù, intorno a te, se non è questo il luogo della tua pace? 17La tua abitazione deve essere nei cieli, e tutte le cose terrene le devi guardare come di passaggio. 18Passano tutte le cose, e tu pure con esse. 19Vedi di non invischiartene, per non esserne irretito e trascinato in rovina. 20Il tuo pensiero sia sempre presso l'Altissimo, e la tua preghiera si diriga incessantemente a Cristo. 21Se non riesci a salire alle altezze della contemplazione dei misteri celesti, riposati nella Passione di Cristo e prendi lieta dimora nelle sue sante ferite. 22Se, infatti, con animo devoto ti rifugerai nelle ferite e nelle preziose piaghe di Gesù, sentirai grande conforto nella tribolazione e non ti curerai molto del disprezzo degli uomini; sopporterai, anzi, con facilità le parole malefiche dei denigratori. 23Anche Cristo in questo mondo fu disprezzato dagli uomini e, nei momenti più gravi, fu abbandonato nella sofferenza e nell'obbrobrio da quelli che lo conoscevano e gli erano amici. 24Cristo volle patire ed essere disprezzato; e tu osi lamentarti di qualcuno? 25Cristo ebbe nemici ed oppositori; e tu vuoi che tutti ti siano amici e ti facciano del bene? 26In grazia di che cosa potrà essere coronata un giorno la tua pazienza, se non avrai avuto alcuna occasione d'esercitarla? 27Se non vuoi patire alcuna contrarietà, come potrai essere amico di Cristo? 28Soffri con Cristo e per Cristo, se vuoi regnare con Cristo. 29Se per una volta sola tu fossi entrato perfettamente nell'intimo di Gesù ed avessi assaporato un po' del suo ardente amore, non ti preoccuperesti affatto del tuo benessere o dei tuoi disagi; anzi, ti rallegreresti di ricevere gli oltraggi che ti si fanno, perché l'amore per Gesù porta l'uomo a disprezzare se stesso. 30Chi ama Gesù e la Verità, chi fa veramente la vita interiore ed è libero da affetti disordinati, può liberamente volgersi a Dio ed innalzarsi in ispirito sopra se stesso e godere pace nel possesso di Lui. 31Chi sa dare il giusto valore a tutte le cose, e non come da altri si dice o si giudica, questi è veramente sapiente ed ammaestrato più da Dio che dagli uomini. 32Chi sa procedere seguendo la via interiore e sa valutare le cose evitando i criteri del mondo, non cerca luoghi adatti né attende tempi opportuni per dedicarsi alle pratiche di pietà. 33L’uomo interiore fa presto a raccogliersi, perché non si disperde del tutto fuori di sé. 34Per lui non è un ostacolo il lavoro materiale od un'occupazione momentaneamente necessaria; ma egli s'adatta alle circostanze così come si presentano. 35Chi interiormente è bene disposto e preparato non s'interessa alle gesta malvagie degli uomini, anche se possano apparire


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stupefacenti. Dalle cose del mondo l'uomo è ostacolato e deviato tanto, quanto egli le attrae a se. 37Se tu avessi piena rettitudine e coscienza pura, tutto riuscirebbe a tuo bene e profitto. 38Molte cose provocano in te disagio e, spesso, turbamento, proprio perché non sei ancora morto perfettamente a te stesso e distaccato da tutto ciò che è terreno. 39 Nulla macchia e lega il cuore umano tanto, quanto l'amore impuro delle creature. 40 Se, invece, rinunci alle gioie del mondo, potrai contemplare le cose celesti e godere frequentemente di gioia interiore. Note al Capitolo 1° 1”Il Regno di Dio é in mezzo a voi". Il peccato aveva causato una trattura tra anima e corpo, con la conseguente perdita della Grazia divina. La redenzione operata da Cristo non è solo un "restauro"' ma una "nuova creazione": il Verbo di Dio, che già aveva creato l'uomo assumendo la natura umana in Maria, lo innesta nella sua Umanità e lo rende partecipe della sua natura divina: il regno di Dio è la vita di Cristo nell'uomo. La Vita Interiore consiste nei nostri rapporti con Lui, nostro Capo e nostro Principio Vitale. 12Cristo volle patire ed essere disprezzato; e tu osi lamentarti di qualcuno?". Dio aveva creato l'uomo, materia e spirito, in unità perietta, cosicchè non doveva morire. Con la perdita della Grazia, che teneva unite le due componenti della sua natura, è diventato vittima della materia, soggetto oltre che alle tentazioni, anche alla sofferenza, alle malattie, alla morte fisica. Il Verbo di Dio, assumendo la nostra natura, l'ha assunta senza peccato nè concupiscenza, ma soggetta alla sofferenza, e ha voluto patire per noi per redimerci ("redimere" - da red-emere - in Latino significa ricomprare, riscattare) e per darci un esempio di come soffrire. La sofferenza e la morte stessa sono come concime che fa crescere in noi la vita in Cristo, il Regno di Dio.

Capitolo secondo UMILTÀ E SOTTOMISSIONE 1 Non fare gran conto di chi ti sia favorevole o contrario; attendi piuttosto ed adòperati a che in ogni tua azione Dio sia con te. 2Abbi retta coscienza e Dio sarà il tuo valido difensore. 3Non ci sarà, infatti, cattiveria d'alcuno che possa nuocere a colui che Dio avrà voluto aiutare. 4Se tu saprai sopportare in silenzio, sperimenterai, certo, l'aiuto del Signore. 5È Lui che conosce il tempo ed il modo di liberarti dall'affanno, e quindi devi rimetterti a Lui. 6Sta a Lui aiutarti e liberarti da ogni smarrimento. 7Spesso giova molto, per mantenerci in umiltà più grande, che altri conoscano i nostri difetti e che ce li rimproverino. 8Quando un uomo s'umilia per i propri difetti, fa tacere gli altri facilmente e, senza fatica, dà soddisfazione a quelli che si sono adirati con lui. 9 Dio protegge e libera l'umile, gli dona il suo amore ed il suo conforto; verso l'umile si china; all'umile elargisce abbondanza di grazia e, dopo l'umiliazione, lo innalza alla gloria. 10A chi s'umilia rivela i suoi segreti, con dolcezza lo invita e lo attrae a Sé. 11 L’umile, anche quando subisce affronto, si conserva in grande pace, perché s'appoggia a Dio, e non al mondo. 12Non credere d'avere fatto grande progresso spirituale, se non ti senti inferiore a tutti. Note al Capitolo 2° 9"Dio protegge e libera l'umile". Dentro di noi ci sono due personalità: l'uomo vecchio, soggetto al peccato, e l'uomo nuovo, unito a Cristo. Il nostro impegno deve essere quello di fare trionfare Cristo. L’uomo vecchio è pieno di superbia, orgoglio, vanità e di tutti i vizi capitali. vorrernrno sempre apparire, primeggiare, essere i primi della classe. Per questo siamo invidiosi, gelosi, permalosi, iracondi, e non abbiamo pace interiore. Siamo attaccati ai godimenti e ai piaceri della vita. l'uomo nuovo in Cristo, invece, ci invita all'umiltà, all'umile sottomissione, all'abbandono in Dio.

Capitolo terzo L'UOMO CHE AMA IL BENE E LA PACE 1 Conserva, anzitutto, te stesso nella pace, e solo allora potrai mettere pace fra gli altri. 2 L’uomo che promuove la pace è più utile che uno molto dotto. 3Luomo turbato dalla passione volge anche il bene in male, pronto com'è a vedere il male dappertutto. 4Chi, invece, è veramente buono e pacifico sa volgere tutto al bene. 5Chi è pienamente nella pace non sospetta di nessuno; al contrario, chi è scontento e sconvolto è agitato da vari sospetti; non è tranquillo lui e non lascia tranquilli gli altri. 6Dice spesso quello che


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non dovrebbe dire ed omette di fare ciò che più gli converrebbe di fare. 7Fa attenzione a quello che sono tenuti a fare gli altri, e trascura quello che è tenuto a fare lui. 8Sii, dunque, zelante prima con te stesso, e potrai poi esserlo giustamente anche con gli altri. 9Tu, che sai trovare abilmente giustificazioni per quello che fai e sai metterlo in bella luce, non vuoi accettare, però, le giustificazioni degli altri. 10Sarebbe, invece, più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. 11Se vuoi essere sopportato, sopporta anche tu gli altri. 12Vedi quanto sei lontano ancora dalla vera carità ed umiltà, che non conoscono irritazione o sdegno contro alcuno, se non contro di sé. 13Non ci vuole molto a vivere in armonia con persone mansuete e miti; questo, naturalmente, fa piacere a tutti, ed ognuno sta volentieri in pace ed ama di più quelli che condividono i suoi sentimenti. 14lnvece, è grande grazia e comportamento altamente lodevole, è azione coraggiosa l'essere capaci di vivere in pace con le persone ostinate, cattive o indisciplinate o con quelle che ci contrariano. 15Ci sono taluni che custodiscono la pace in se stessi e la mantengono anche con gli altri. 16Ci sono, invece, taluni che non hanno, essi, la pace e non lasciano in pace gli altri: sono di peso al prossimo, ma lo sono ancora di più, sempre, a se stessi. 17Ci sono ancora taluni che, sapendo conservare se stessi in pace, cercano di ricondurre anche gli altri alla pace. 18Eppure, in questa miserabile vita tutta la nostra pace deve avere il suo fondamento più nell'umile sofferenza, che nell'essere esenti da contrarietà. 19Chi sa meglio sopportare avrà maggiore pace. Vittorioso su se stesso e padrone del mondo, costui è l'amico di Cristo e l'erede del Cielo. Note al Capitolo 3° 4"Chi è veramente buono e pacifico sa volgere tutto al bene". La parola ebraica "shalom", che traduce la nostra "pace", esprime lo stato dell'uomo che vive in armonia con se stesso, con l'ambiente dove vive e soprattutto con Dio. Secondo la Bibbia, la parola esprime benedizione, riposo, gloria, benessere, salvezza e vita. Tutto questo era promesso da Dio quando fece l'Alleanza con il suo popolo, Israele, e trova il suo pieno compimento con la venuta del "Messia", il Signore nostro Gesù Cristo. Alla sua nascita gli Angeli annunziarono la pace (Lc 2,14). Ma questa pace è in contrasto con quella che offre il mondo: "Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione" (Lc 12,51), diceva Gesù. Per gustare la pace bisogna imparare a vincere se stessi e a sopportare gli altri.

Capitolo quarto LA PUREZZA DEL CUORE E LA SEMPLICITÀ DELL'INTENZIONE 1 Due sono le ali con cui l'uomo si solleva dalle cose terrene: la semplicità e la purezza. 2 La semplicità deve essere nell'intenzione, la purezza nell'affetto. 3La semplicità mira a Dio, la purezza giunge a possederLo e a gustarLo. 4Nessuna buona azione ti sarà dfficile, se interiormente sarai libero da affetti disordinati. 5Godrai d'una grande libertà interiore, se non ti proponi e non cerchi altro che la Volontà di Dio ed il bene del prossimo. 6Se il tuo cuore fosse retto, ogni cosa creata sarebbe per te uno specchio di vita ed un libro di santi insegnamenti. 7Non c'è creatura così piccola e di poco valore, che non riveli la bontà di Dio. 8Se tu fossi buono e puro interiormente, vedresti tutto senza abbaglio e lo comprenderesti appieno. 9Il cuore puro penetra il Cielo e l'Inferno. 10 Come ognuno è dentro di sé, così giudica le cose esteriori. 11Se c'è una gioia sulla terra, certamente la prova l'uomo puro di cuore. 12Se, invece, in qualche luogo ci sono tribolazioni ed affanni, questi sono sentiti più intensamente da chi ha una cattiva coscienza. 13Come il ferro, messo nel fuoco, perde la ruggine e si fa tutto incandescente, così l'uomo, che si converte totalmente a Dio, si spoglia del suo torpore e si trasforma in uomo nuovo. 14Ma quando l'uomo comincia a lasciarsi prendere dalla tiepidezza spirituale, allora teme anche una piccola fatica ed accoglie con piacere il conforto che gli viene dal di fuori. 15A1 contrario, quando comincia a vincere completamente se stesso e a procedere da forte sulla via di Dio, allora fa meno conto di quello che prima avvertiva più gravoso. Note al Capitolo 4° 1"Due sono le ali con cui l'uomo si solleva dalle cose terrene: la semplicità e la purezza ". Il concetto di purezza ha subito una certa evoluzione tra il vecchio e il Nuovo Testamento.


30 Nel vecchio Testamento si insisteva molto sulla pulizia fisica: allontanamento da tutto ciò che è sudicio: i morti, gli ammalati, particolarmente i lebbrosi, e certi animali. Per ottenere la purezza necessaria si usavano abluzioni e si compivano sacrifici espiatori. Già i Profeti facevano notare che i gesti esterni non avevano nessun valore, se non erano accompagnati dalla purificazione interna. Finalmente Gesù, che è venuto a completare la Legge, fa osservare alcune regole di parità legale, ma proclama che l'unica parità è quella interna del cuore (Mc 7,14-23): "Non c'e' nulla fuori dell'uomo che, enfrando in lui, possa contaminarlo; sono, invece, le cose che escono dall'uomo a contaminarlo...". Gesù, poi, accoglie tra i suoi intimi coloro che si donano nella semplicità della fede e dell'amore: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8)

Capitolo quinto LA RIFLESSIONE SU SE STESSI 1 Non possiamo fare troppo affidamento su di noi stessi, perché spesso ci vengono a mancare la grazia e il discernimento. 2Poca luce è in noi e d'un tratto la perdiamo per la nostra trascuratezza. 3Spesso, poi, non ci accorgiamo d'essere interiormente tanto ciechi. 4Spesso facciamo il male e, ancora peggio, lo scusiamo. 5Talvolta ci muove la passione, e la crediamo zelo. 6Riprendiamo negli altri le piccole mancanze, e passiamo sopra le nostre, anche se gravi. 7Avvertiamo con grande prontezza e diamo grande peso a ciò che gli altri ci fanno sopportare, ma non avvertiamo quanto gli altri sopportano da parte nostra. 8Chi ponderasse bene e con giusta misura le proprie debolezze, non giudicherebbe con severità gli altri. 9L’uomo interiore antepone la cura del suo spirito a tutte le altre; e chi ferma diligentemente l'attenzione su se stesso, facilmente tace degli altri. 10Tu non sarai mai uomo interiore o pio, se non tacerai degli altri e se non riserverai ogni attenzione a te stesso. 11Se sei tutt'intento a te e a Dio, poco ti disturberà quello che percepisci dal di fuori. 12E dove sei tu, quando non sei presente a te stesso? E quand'anche tu avessi percorso il mondo intero, che cosa avresti guadagnato, trascurando la tua anima? 13Per avere pace ed armonia vera con te stesso, devi lasciare da parte tutto ed avere davanti agli occhi solo te. 14Farai, quindi, molto progresso, se sarai riuscito a mantenerti libero da ogni preoccupazione temporale. 15 Regredirai molto, invece, se darai importanza a qualche cosa del mondo. 16Niente per te sia grande, niente eccelso, niente gradito, niente caro, se non solamente Dio o ciò che viene da Lui. 17Considera vana ogni forma di conforto che ti venga da una creatura. 18L’anima che ama Dio disprezza tutte le cose che stanno sotto di Lui. 19 Soltanto Dio, eterno ed immenso, che tutto riempie di Sé, è il conforto dell'anima e la gioia vera del cuore. Note al Capitolo 5° 8"Chi ponderasse bene e con giusta misura le proprie debolezze, non giudicherebbe con severità gli altri". II peccato ha disgregato l'uomo, come la molecola del diamante perde la propria forza di coesione e divena nerofumo. L'uomo mette se stesso al centro di tutto e dimentica di essere creatura; fa di se stesso un "dio". Ma se riconosce che egli è creatura, sentirà il bisogno di essere umile e di rispettare gli altri come creature anche loro.

Capitolo sesto LA GIOIA DI UNA RETTA COSCIENZA 1 Gloria dell'uomo retto è la testimonianza della buona coscienza. 2Cerca d'avere una coscienza pura, e sarai sempre lieto. 3Una coscienza pura aiuta molto a sopportare tante cose ed è piena di letizia in mezzo alle avversità. 4La cattiva coscienza, invece, è sempre timorosa ed inquieta. 5Dolce sarà il tuo riposo, se il tuo cuore non ti rimorderà di nulla. 6Non rallegrarti, se non quando avrai fatto del bene. 7I cattivi non hanno mai la vera gioia e non assaporano la pace dell'anima, perché "non c'é pace per gli empi" (Is 48,22), dice il Signore. 8E se essi diranno: "Noi siamo in pace, non c'incoglieranno disgrazie; e chi oserà farci del male?", tu non credere, perché si leverà improvvisa la collera di Dio e le loro opere saranno annientate, ed i loro piani saranno dispersi. 9Per chi ama Dio non riesce gravoso gloriarsi nelle sofferenze: gloriarsi in tal modo è gloriarsi nella croce del Signore. 10Effimera è la gloria che si dà o si riceve dagli


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uomini. E la tristezza accompagna sempre la gloria del mondo. 12lnvece, la gloria dei giusti sta nella loro coscienza, e non sulla bocca degli uomini. 13La letizia dei giusti viene da Dio ed è in Dio, ed il loro gaudio viene dalla verità. 14Chi aspira alla gloria vera ed eterna non si cura di quella temporale. 15Chi cerca, invece, la gloria temporale o almeno non la disprezza dal profondo dell'animo, fa vedere che ama meno quella celeste. 16Possiede grande serenità di spirito chi non bada né a lodi né a biasimi. 17Sarà facilmente contento e tranquillo chi ha una coscienza monda. 18Non sei più santo se sei lodato, né più peccatore se sei disapprovato. 19Sei quello che sei, e non puoi essere detto più grande di quanto tu sei agli occhi di Dio. 20Se fai bene attenzione a ciò che tu sei dentro di te, non ti curerai di quello che possano dire di te gli uomini. 21L’uomo vede le apparenze; Dio, invece, vede nel cuore. 22L’uomo guarda alle azioni esterne; Dio, invece, pesa le intenzioni. 23Agire sempre bene ed avere un modesto concetto di sé, è segno d'umiltà di spirito. 24Non volere conforti da alcuna creatura è segno di grande purezza e d'intima confidenza in Dio. 25Chi non cerca fuori di sé alcuna testimonianza, s'abbadona tutto, chiaramente, a Dio. 26lnfatti - dice San Paolo - "Non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che Dio raccomanda" (2 Cor10,18). 27Procedere interiormente con Dio, e non essere trattenuto da alcuna affezione terrena: questo è lo stato d'animo dell'uomo spirituale. Note al capitolo 6° 1"Gloria dell'uomo retto è la testimonianza della buona coscienza". Alla parola "coscienza" si possono attribuire significati diversi. Nel presente contesto, è la facoltà dell'uomo di valutare se un'azione compiuta o da compiere è buona o cattiva, in relazione al proprio fine ultimo; e il fine ultimo è Dio. 7"I cattivi non hanno mai la vera gioia...". Chi sono questi "cattivi"? Non sono necessariamente coloro che commettono delitti: che uccidono, rubano, calunniano, trafficano droga, ecc. Per la Bibbia, la somma ingiustizia è non riconoscere che Dio è il Creatore e che, come tale, Gli è dovuto il riconoscimento da parte della creatura. l'ateo militante, che si vanta d'essere lui il giudice di se stesso, è il vero "cattivo", perchè schiavo del proprio orgoglio; la coscienza se l'è fatta lui! Appellarsi alla propria coscienza è una specie di giuramento. Ma il giuramento che prescinde da Dio, anche se si appella al proprio onore, alla moglie o ai figli, non vale nulla, perchè manca di fondamento.

Capitolo settimo AMARE GESÙ SOPRA OGNI COSA 1 Beato chi comprende che cosa sia amare Gesù e disprezzare se stesso per amore di Gesù! 2Bisogna lasciare ogni oggetto amato per questo Amico, perché Gesù vuole essere amato, Lui solo, sopra tutte le cose. 3L’amore della creatura è ingannevole ed instabile; l'amore di Gesù è fedele e durevole. 4Chi s'attacca alla creatura, che è caduca, cadrà con essa; chi abbraccia Gesù, starà saldo per sempre. 5Lui ama, e tieniti amico Lui, che, quando tutti t'abbandonassero, non t'abbandonerà e non permetterà che tu, alla fine, vada perduto. 6Dovrai pure, un giorno, che tu lo voglia o non lo voglia, separarti da tutti. 7Tieniti unito a Gesù in vita ed in morte; rimettiti alla fedeltà di Lui che, solo, ti potrà aiutare quando tutti verranno a mancarti. 8Il tuo Amato è di tale natura, che non ammette comunanza con altri; Egli vuole, invece, possedere, Lui solo, il tuo cuore ed assidervisi come un re sul suo trono. 9Se tu sapessi liberarti perfettamente da ogni creatura, Gesù sarebbe ben lieto di abitare con te. 10Qualunque speranza tu avrai riposto negli uomini fuori di Gesù, sperimenterai che è quasi una perdita completa. 11Non affidarti e non appoggiarti ad una canna in balia del vento, perché "ogni uomo è come l'erba, e tutta la sua gloria cadrà come il fiore del campo" (Is 40,6). 12Rimarrai tosto deluso, se guarderai soltanto all'esteriore apparenza degli uomini. 13E se cerchi negli altri conforto e vantaggio, ne subirai, piuttosto spesso, danno. 14Se cercherai in tutte le cose Gesù, troverai sicuramente Gesù. 15Se, invece, cercherai te stesso, troverai ancora te stesso, ma per la tua rovina. 16lnfatti, se non cerca Gesù, l'uomo fa più male a se stesso, che non gliene facciano il mondo intero e tutti i suoi nemici. Note al Capitolo 7° 2”...Gesù vuole essere amato, Lui solo, sopra tutte le cose”,. Se riconosciamo


32 che la sua umanità è l'inizio di una nuova creazione dell'uomo, è evidente che Lui deve essere amato sopra ogni cosa. Gesù è molto categorico: "Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo..." (Lc 14,26). l'espressione "Se uno non odia..." è un "ebraismo". Gesù non intende certo andare contro il quarto comandamento: "Onora tuo padre e tua madre", ma intende anteporre Lui, nostro Creatore, Redentore e nostro Dio, ad ogni altro amore, compreso quello delle persone più care.

Capitolo ottavo L’INTIMA AMICIZIA CON GESÙ 1 Quando Gesù è presente, c'è tutto il bene e nulla sembra difficile; quando Egli non è presente, tutto riesce gravoso. 2Quando Gesù non ci parla dentro, ogni conforto è vano; ma se Gesù dice anche una sola parola, si assapora un grande conforto. 3Maria Maddalena forse che non balzò subito dal luogo del suo pianto, quando Marta le disse: "Il Maestro è qui e ti chiama" (Gv 11,28)? 4Felice il momento in cui Gesù ci chiama dalle lacrime alle gioie dello spirito! 5Quanto arido e duro sei, senza Gesù! Quanto insensato e sciocco, se desideri qualche cosa d'altro, che non sia Gesù! 6Non è questo, forse, maggior danno che se tu perdessi il mondo intero? 7Che cosa ti può dare il mondo, se non hai Gesù? 8Essere senza Gesù è un tormento d'Inferno; essere con Gesù è una dolcezza di Paradiso. 9Se Gesù sarà con te, nessun nemico ti potrà fare del male. 10 Chi trova Gesù, trova un tesoro di beni; anzi, il Bene che è sopra ogni bene. 11E chi perde Gesù, perde infinitamente molto: più che se perdesse tutto il mondo. 12É infinitamente indigente chi vive senza Gesù; ricchissimo, chi sta saldamente con Gesù. 13 È grande avvedutezza saper entrare in familiarità con Gesù; grande sapienza è saperselo conservare amico. 14Sii umile e mite, e Gesù sarà con te. 15Sii pio e tranquillo, e Gesù rimarrà con te. 16Puoi in un attimo allontanare da te Gesù e perdere la sua Grazia, se vorrai ripiegarti sulle cose esteriori. 17E se avrai cacciato e perduto Lui, da chi correrai per trovare rifugio, e chi potrai allora cercare come amico? 18Senza un vero amico, non ti è bella la vita; e se non hai come amico, sopra ogni altro, Gesù, sarai ben triste e desolato. 19Ti comporti, quindi, da stolto, se riponi in qualche altro la tua fiducia e la tua gioia. 20È preferibile avere contrario il mondo intero, che Gesù offeso. 21Perciò, fra tutte le persone che ti sono care, sia Gesù tuo amato prediletto. 22 Devono essere amati tutti per amore di Gesù, ma Gesù dev'essere amato per se stesso. 23Solo Gesù Cristo dev'essere amato d'un amore singolare, perché fra tutti gli amici Lui solo troviamo buono e fedele. 24Per Lui ed in Lui ti siano cari sia gli amici sia i nemici; e per tutti costoro Lo devi pregare, perché tutti Lo conoscano e Lo amino. 25 Non desiderare mai d'essere particolarmente lodato od amato, perché questo spetta soltanto a Dio, che non ha alcuno simile a Sé. 26Non voler neppure che alcuno abbia il suo cuore occupato dall'affetto per te né che il tuo cuore sia occupato troppo dall'amore per qualcuno; ma sia con te, come in ogni uomo buono, Gesù. 27Sii puro e libero interiormente senza ingombro d'alcuna creatura. 28Occorre che tu ti spogli di tutto e che porti a Dio un cuore puro, se vuoi essere libero e vedere "quanto è buono il Signore" (Sal 33,9).29Veramente, a questo non giungerai, se non sarai stato prima prevenuto ed attratto dalla sua Grazia in modo che, estromesse e bandite tutte le cose terrene, tu ti unisca con Lui, da solo a solo. 30Quando, infatti, la Grazia di Dio viene nell'uomo, l'uomo è fatto capace di tutto; e quando, invece, la Grazia viene a mancare, l'uomo sarà povero e debole e quasi unicamente abbandonato al castigo. 31Anche in questo stato, tuttavia, egli non deve scoraggiarsi né disperare; ma serenamente deve conformarsi alla volontà di Dio e sopportare, a gloria di Gesù Cristo, tutto quello che gli accade: all'inverno segue l'estate, dopo la notte rispunta il giorno, dopo la burrasca torna una grande serenità. Note al Capitolo 8° Qualcuno accusa L'imitazione di Cristo di "intimismo". Chi muove questa accusa forse non riconosce che Gesù è la manifestazione di Dio in un uomo, e che, amando Gesù, si ama Dio. Troppo presi dalle realtà terrene, non riusciamo a sollevarci verso il Creatore. Non


33 sappiamo pregare e preghiamo solo per domandare. Ma la preghiera di domanda dovrebbe costituire la minima parte delle nostre preghiere. Prima della domanda vengono la lode, il ringraziamento, l'adorazione... Quando un figlio o una figlia chiedono qualcosa di ragionevole al papà o alla amma, questi, per amore, spesso li accontentano. Ma se un figlio o una figlia, senza chiedere nulla, getta le braccia al collo dei genitori e dice: "Papà, mamma, quanto vi voglio bene!", che cosa non farebbero i genitori per ricambiare quell'amore? Perché non rivolgerci a Dio con analoghi sentimenti? E questo e intimismo"?

Capitolo Nono LA MANCANZA D'OGNI CONFORTO 1 Non è difficile disprezzare il conforto umano, quando si ha quello di Dio. 2Grande, anzi grandissima cosa, invece, sono: il saper sopportare la privazione del conforto sia umano sia divino, l'accettare di soffrire in buona pace, per la gloria di Dio, la desolazione del cuore, il non cercare se stesso in alcuna cosa, il non avere di mira il proprio merito. 3Che c'è di straordinario che tu sia lieto e devoto, quando scende su di te la Grazia divina? E, questo, un momento sospirato da tutti. 4Galoppa leggero chi è portato dalla Grazia di Dio. 5Che cosa c'è di strano se non sente alcun peso chi è sostenuto dall'Onnipotente ed è guidato dal Condottiero supremo? 6Ci fa piacere avere qualche cosa che ci conforti; difficilmente l'uomo si spoglia di se stesso. 7Il santo martire Lorenzo, invece, seppe staccarsi da questo mondo e vinse anche l'affetto verso il suo Pontefice, perché ripudiò tutto quello che nel mondo gli appariva caro. Sopportò di buon animo, per amore di Cristo, d'essere separato dal Sommo Pontefice Sisto, che egli amava moltissimo. 8Per amore del Creatore, dunque, riuscì a superare l'amore verso un uomo: al conforto umano preferì la volontà di Dio. 9Così impara anche tu a lasciare, per amore di Dio, qualche congiunto e caro amico. 10E non affliggerti se un amico t'abbandona, sapendo bene che tutti, alla fine, dobbiamo separarci l'uno dall'altro. 11È necessario che l'uomo combatta molto ed a lungo dentro di se stesso, prima che impari a superarsi completamente e a volgere a Dio tutto il suo affetto. 12Quando l'uomo fa affidamento sulle sole sue forze, facilmente slitta verso le consolazioni umane. 13Ma chi ama davvero Cristo e segue alacremente la via della virtù, non cerca tali dolcezze sensibili, ma per amore di Cristo preferisce sostenere le prove difficili e le dure fatiche. 14Quando, dunque, ti viene concessa da Dio una consolazione spirituale, ricevila e ringrazia; ma renditi conto che è dono di Dio, non frutto del tuo merito. 15Non insuperbirtene, non esserne troppo lieto, non presumere scioccamente di te; al contrario, per questo dono sii più umile, più cauto e più prudente in tutte le tue azioni, perché quell'ora passerà e le terrà dietro la prova. 16Quando, però, ti sarà stata tolta la consolazione divina, non disperare; attendi con umiltà e pazienza un'altra visita celeste, perché Egli può darti una consolazione anche più grande. 17Per chi ha fatto esperienza delle vie del Signore, questa non è cosa nuova né strana: nei grandi Santi e negli antichi Profeti si verificò spesso tale avvicendamento di condizioni di spirito. 18 Perciò, uno di essi, avvertendo la presenza della Grazia, diceva: "Nella mia prosperità ho detto: non sarò smosso in eterno" (Sal 29,7). 19Ma poi, allontanatasi la Grazia e sperimentando ciò ch'era avvenuto in lui, aggiunge: "Tu hai distolto il tuo volto da me, ed io sono stato conturbato" (Sal 29,8). 20Eppure, in tale stato non dispera, ma con maggiore insistenza prega il Signore e dice: “A Te, o Signore, leverò il mio grido e innalzerò a Dio la mia preghiera” (Sal 29,9). 21Alla fine raccoglie il frutto della sua preghiera e proclama d'essere stato esaudito, dicendo: “Ascolta, Signore, abbi misericordia; Signore, vieni in mio aiuto” (Sal 29,11). 22Ma come? "Hai mutato - dice - il mio lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia" (Sal 9,12). 23Se così avvenne per i grandi Santi, noi, che siamo deboli e poveri, non dobbiamo disperarci se talvolta ci troviamo in fervore, talvolta in aridità, 24Perché lo Spirito viene e s'allontana secondo che vuole. Per questo, il santo Giobbe dice: "Tu, o Signore, visiti l'uomo alle prime luci del mattino, e subito lo metti alla prova " (Gb


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7,18). 1n che cosa, pertanto, posso io porre la mia speranza o in chi devo io confidare, se non unicamente nella grande misericordia di Dio, se non unicamente nella speranza della Grazia celeste? 26Sia, infatti, ch'io abbia con me uomini virtuosi o pii confratelli o amici fedeli o libri santi o magnifici trattati o canti ed inni soavi, 27 Tutto ciò mi aiuta poco, ha ben poco sapore quando sono abbandonato dalla Grazia e lasciato nella mia miseria. 28Allora, non c'è migliore rimedio della pazienza e della rassegnazione mia alla volontà divina. 29Non ho mai trovato alcuno tanto religioso e pio, che non abbia patito qualche volta la privazione della Grazia o non abbia sentito l'affievolimento del fervore. 30Nessun Santo fu mai rapito così in alto e così inondato da luce soprannaturale, che prima o poi non sia stato tentato. 31Non è degno, infatti, della profonda contemplazione di Dio chi non è stato provato da qualche tribolazione per amore di Dio. 32Di solito, un segno della consolazione che verrà è preceduto dalla tentazione. 33La consolazione celeste viene promessa a coloro che prima sono passati attraverso la prova della tentazione: “Al vincitore - dice il Signore - darò da mangiare dell'albero della vita”(Ap 2,7). 341n realtà, la consolazione divina è concessa perché l'uomo sia più forte a sostenere le tribolazioni. 35Ma la tentazione insiste ancora, perché egli non insuperbisca del bene compiuto. 36Il diavolo non dorme, e la carne non è ancora morta; perciò, non desistere dal prepararti alla battaglia, perché a destra e a sinistra ci sono nemici che non si concedono mai riposo. Note al Capitolo 9° 13"Chi ama davvero Cristo e segue alacramente la via della virtù, non cerca tali dolcezze sensibili, ma per amore di Cristo preferisce sostenere le prove difficili e le dure fatiche". Un proverbio dice: "Sotto la neve, pane". Della vita spirituale possiamo dire: sotto la prova, crescita; senza la prova, la tribolazione e la croce, non si progredisce nella via della santità. 31"Nessun Santo fu mai rapito così in alto e così inondato da luce soprannaturale, che prima o poi non sia stato tentato". Dio avrebbe potuto concederci il Cielo come dono, ma sapientemente volle che ce lo meritassimo, per darcelo come ricompensa. Anzi, la ricompensa sarà proporzionata alla prova vinta. Inoltre, la tentazione é un mezzo di purificazione, una scuola di umiltà, perché ci rende sempre più consapevoli che, senza la Grazia, non possiamo far nulla; ci fortifica nella volontà, nello sforzo costante di non soccombere. Soprattutto, ogni volta che respingiamo la tentazione, compiamo un atto di amor di Dio.

Capitolo decimo LA GRATITUDINE A DIO PER IL DONO DELLA GRAZIA 1 Perché cerchi la quiete, mentre sei nato per la fatica? 2Disponiti più a soffrire che ad essere consolato; a portare la croce più che a vivere nella letizia. 3Anche tra coloro che vivono nel mondo, chi non accetterebbe ben volentieri la consolazione e la letizia spirituale, se potesse ottenerne in ogni momento? 4Le gioie dello spirito, infatti, sorpassano tutti i piaceri mondani e le soddisfazioni materiali. 51n verità, tutte le gioie del mondo sono o vuote o poco buone; soltanto le gioie dello spirito, invece, ricolmano di felicità e sono innocenti, perché nate dalle virtù ed infuse da Dio nelle anime pure. 6Ma nessuno può godere sempre a suo piacimento di queste consolazioni divine, perché l'ora della tentazione non tarda a venire. 7E poi, la falsa libertà di spirito e l'eccessiva fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita celeste. 8lddio compie un atto di bontà, quando ci dona la grazia della consolazione; ma l'uomo compie un'azione colpevole non attribuendo il tutto a Lui e non ringraziandoLo. 9E così, non possono riversarsi su di noi i doni della Grazia, perché siamo ingrati verso il loro autore e non facciamo risalire tutto alla sorgente d'origine. 10Sempre, infatti, viene concessa la Grazia a chi debitamente se ne dimostra grato; verrà tolto al superbo ciò che si suole dare all'umile. 11Non voglio la consolazione che mi toglie la compunzione del cuore, né aspiro ad una contemplazione che mi conduce all'orgoglio. 12Non tutto ciò che è alto, è santo; non tutto ciò che è soave, è buono; non ogni desiderio è puro; non tutto ciò che piace a noi, è gradito a Dio. 13Accetto, invece, volentieri una Grazia che mi renda sempre più umile, più timorato, più pronto a rinnegare me stesso. 14Chi ha conosciuto il dono della Grazia e ha fatto esperienza del


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duro colpo della sua privazione, non oserà arrogarsi alcun merito; si confesserà, invece, povero e nudo di tutto. 15Da' a Dio ciò che è di Dio, e a te ciò che è tuo; cioè, mostrati riconoscente a Dio per la Grazia che t'ha concesso, e attribuisci a te soltanto il peccato, riconoscendo che meriti il castigo con le tue colpe. 16Mettiti sempre al posto più basso, e ti verrà dato il più alto, perché ciò che è in alto non si sostiene senza ciò che sta in basso. 17I Santi più grandi agli occhi di Dio sono i più piccoli ai propri occhi; quanto più sono avvolti di gloria, tanto più sono umili dentro di sé. 18Ripieni della Verità e della gloria del Cielo, non desiderano la gloria vana. 19Fondàti in Dio e in Lui confermàti, non possono per nessuna ragione montare in superbia. 20E siccome attribuiscono a Dio tutto il bene ricevuto, non vanno cercando lode l'uno dall'altro, ma la lode che procede solo da Dio; e desiderano che in loro stessi e in tutti i Santi sia lodato Dio sopra ogni cosa; e sono sempre protesi a questo. 21Sii, dunque, riconoscente al Signore anche per il più piccolo dono, e sarai degno di riceverne di maggiori. 22Il dono più piccolo sia per te come il più grande; quello che è più disprezzabile sia per te come un dono speciale. 23Se si guarda alla dignità infinita del Donatore, nessun dono ti sembrerà piccolo o di poco valore.Non è, infatti, cosa da poco quello che ci viene donato dal Sornmo Iddio. 24Anche se Egli desse pene e castighi, ci devono essere accetti, perché qualunque cosa che Egli permette ci avvenga, lo fa per la nostra salvezza. 25Chi desidera conservare la Grazia di Dio, sia riconoscente quando gli è data, rassegnato quando gli viene tolta. Preghi per riaverla: sia prudente e umile per non perderla. Note al Capitolo 10° 15"Da a Dio ciò che e' di Dio, e a te ciò che è tuo". Tutto il bene viene da Dio; di nostro c'è solo il peccato. Noi non meritiamo nulla, fuorché il castigo. Ma Dio ci ama sempre, anche quando ci prova, perché lo fa per il nostro bene. Perciò, noi Lo dobbiamo ringraziare sempre, non solo quando ci inonda di gioia, ma anche quando ci fa attraversare il deserto dell'aridità.

Capitolo undicesimo POCHI AMANO LA CROCE DI GESÙ 1 Gesù ha, ora, molti che amano il suo Regno celeste, ma pochi che portano la sua Croce. 2Ha molti che desiderano la consolazione, ma pochi che desiderano la tribolazione. 3Trova parecchi compagni di mensa, ma pochi compagni di astinenza. 4 Tutti desiderano godere con Lui, ma pochi sono disposti a soffrire qualche cosa per Lui. 5Molti seguono Gesù fino allo spezzare del pane, ma pochi fino a bere il calice della Passione. 6Molti ammirano i suoi miracoli, ma pochi Lo seguono nell'ignominia della crocifissione. 7Molti amano Gesù fino a tanto che non sorgono contrarietà. 8Molti Lo lodano e Lo benedicono finché ne ricevono consolazioni. 9Ma se Gesù si nasconde e per un poco li lascia soli, o si lamentano o cadono in un eccessivo scoramento. 10 Quelli, però, che amano Gesù per Gesù, e non per una loro personale consolazione, Lo benedicono in ogni tribolazione ed in ogni affanno del cuore, come nella pienezza delle consolazioni. 11Ed anche se Gesù non volesse mai dare loro una consolazione, continuerebbero, tuttavia, a lodarLo sempre, e sempre vorrebbero renderGli grazie. 12 Oh! Quanto è potente l'amore per Gesù, se è puro, se non è inquinato da alcun proprio interesse o dall'amore di se stessi. 13Non si dovrebbero chiamare tutti mercenari, quelli che cercano sempre consolazioni? 14Non mostrano, forse, d'amare più se stessi che Cristo, coloro che hanno sempre a mente i loro vantaggi o i loro guadagni? 15Dove si potrà trovare uno che sia disposto a servire Dio senza mercede? 16 Raramente si trova qualcuno tanto spiritualmente elevato, da voler essere spogliato di tutto. 17In realtà, un vero povero di spirito, distaccato da ogni creatura, chi lo troverà? "Sarebbe prezioso come le cose portate dagli ultimi confini della terra" (Prv 31,10). 18 Se un uomo desse ai poveri tutte le sue sostanze, sarebbe ancora nulla. 19E se facesse gran penitenza, sarebbe ancora poco. 20E se avesse imparato tutte le scienze, sarebbe ancora lontano dalla mèta. 21E se possedesse grande virtù e ferventissimo spirito di pietà, gli mancherebbe ancora molto: cioè, l'unica cosa che gli è estremamente necessana. 22Che cosa, dunque? Che, abbandonato tutto, abbandoni anche se stesso,


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esca totalmente da se stesso e non conservi neppure un briciolo dell'amore di sé. 23E quando avrà compiuto tutto quello che la coscienza gli ordina di compiere, sia consapevole di non aver compiuto nulla. 24Non dia importanza a ciò che pure possa essere molto apprezzato, ma sinceramente si professi servo inutile, come dice la Verità: "Quando avrete fatto tutto quello che vi é stato ordinato, dite: siamo servi inutili" (Lc 17,10). 25Allora sì, che uno potrà essere davvero povero e nudo nello spirito e potrà dire con il Profeta: "Sono solo ed infelice" (Sal 24,16). 26Eppure, nessuno è più ricco, nessuno più potente, nessuno più libero di quest'uomo, che sa abbandonare se stesso e tutte le cose, e mettersi all'ultimo posto. Note al capitolo 11° 10"Quelli che amano Gesù per Gesù, Lo benedicono in ogni tribolazione ed in ogni affanno del cuore, come nella pienezza delle consolazioni". Molti vorrebbero conciliare l'amore a Cristo con l'amore al mondo. Ma Gesù l'ha detto chiaro: "Nessuno può servire a due padroni..." (Mt 6,24). D'altra parte, Gesù ha sacrificato la sua vita per noi e, se vogliamo essere suoi, dobbiamo anche sacrificare la nostra vita per Lui.

Capitolo dodicesimo LA VIA MAESTRA DELLA SANTA CROCE 1 Sembrano dure a molti queste parole: "Rinnega te stesso, prendi la tua croce e segui Gesù" (Mt 16,24). 2Ma molto più duro sarà sentire, un giorno, quella sentenza inesorabile: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno" (Mt 25,41). 3Ma coloro che ascoltano ora volentieri la parola della Croce e la seguono, non temeranno di sentire in quel momento quella dell'eterna dannazione. 4Ci sarà nel cielo questo segno della Croce, quando il Signore verrà a giudicare. 5Allora, tutti i servi della Croce, che in vita si conformarono al Crocifisso, s'accosteranno con grande fiducia a Cristo giudice. 6Perché, dunque, temi di prendere sulle tue spalle la Croce, per mezzo della quale si ascende al Regno? 7Nella Croce è la salvezza, nella Croce è la vita, nella Croce è la difesa dai nostri nemici, dalla Croce sgorga la soavità celeste, nella Croce è la forza della mente, nella Croce è la gioia dello spirito: nella Croce è la pienezza della virtù, nella Croce è la perfezione della santità. 8Non c'è per l'anima salvezza, non c'è speranza di vita eterna, se non nella Croce. 9Prendi, dunque, la tua croce e segui Gesù, ed arriverai alla vita eterna. 10Egli ti ha preceduto "portando la Croce" (Gv 19,17), ed è morto sulla Croce per te, perché anche tu porti la tua e desideri di morirvi sopra. 11 lnfatti, se sarai morto insieme con Lui, con Lui avrai parimenti la vita; e se Gli sarai stato compagno nella sofferenza, lo sarai pure nella gloria. 12Ecco, dunque: tutto dipende dalla croce e tutto consiste nel morirvi; e non c'è altra via per giungere alla vita ed alla vera pace interiore, se non la via della santa croce e della mortificazone quotidiana. 13Va' dove vuoi, cerca quello che vuoi, ma non troverai, in alto, una via più sublime né, in basso, una via più sicura di quella della santa croce. 14Predisponi pure ed ordina tutto secondo il tuo volere e le tue vedute, ma non troverai altro che dover sempre patire qualche cosa, volentieri o no; e così, troverai sempre la croce. 15lnfatti, o proverai dolori nel corpo o dovrai soffrire pene spirituali nell'anima. 16Talora sarai abbandonato da Dio, talora t'affliggerà il prossimo; quel che è peggio, sarai spesso di peso a te stesso. 17E tuttavia, non potrai trovare rimedio che ti liberi o conforto che ti dia sollievo: bisogna che tu soffra fino a che Dio lo vorrà. 18Dio, infatti, vuole che tu impari a soffrire dolori senza conforti, che ti sottometta pienamente a Lui e che per mezzo della sofferenza tu diventi più umile. 19Nessuno sente tanto viva nel cuore la Passione di Cristo, quanto colui al quale sia toccato di patire qualche cosa di simile. 20 La croce, dunque, è sempre pronta e ti aspetta dappertutto. 21Non puoi sfuggirla, dovunque tu corra a rifugiarti, perché, in qualunque luogo giungerai, tu porterai te stesso e troverai sempre te stesso. 22Volgi lo sguardo in alto od in basso, fuori o dentro di te: dappertutto troverai la croce; e dappertutto è necessario che tu porti pazienza, se vuoi avere la pace interiore e meritare il premio eterno. 23Se porti la croce di buon animo, essa a sua volta porterà te e ti condurrà alla sospirata mèta, dove, cioè, avrà fine la sofferenza, che quaggiù non avrà mai termine. 24Se, invece, la porti di


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malavoglia, ti crei un peso che ti sarà più grave; e tuttavia, bisogna che tu lo regga. 25 Se scansi una croce, ne troverai senza dubbio un'altra e, forse, più pesante. 26Credi tu di poterti sottrarre a ciò che nessuno tra i mortali mai poté evitare? Quale Santo fu in questo mondo senza croce e senza tribolazione? 27Nemmeno Gesù Cristo, Signor nostro, finché visse, fu un'ora sola senza i dolori della Passione. "Bisognava - disse che il Cristo patisse, risorgesse dai morti ed entrasse, così, nella sua gloria" (Lc 24,26). 28E come vuoi tu cercare un'altra via, diversa da quella maestra, che è la via della Santa Croce? 29Tutta quanta la vita di Cristo fu croce e martirio; e tu cerchi per te riposo e gioia? 30Sbagli, sbagli se cerchi cosa diversa dal patire tribolazioni, perché tutta questa vita mortale è piena di miseria e segnata tutt'intorno da croci. 31E quanto più uno sarà salito in alto nella vita dello spirito, tanto più pesanti saranno le croci che troverà, perché la pena del suo esilio cresce insieme con l'amore di Dio. 32Costui, però, sebbene così provato da molteplici afflizioni, non manca di sollievo e di conforto, perché sente che, sopportando la sua croce, cresce per lui un frutto grandissImo. 33 lnfatti, mentre si sottopone spontaneamente alla croce, tutto il peso della tribolazione gli si tramuta in fiducia di conforto divino. 34E quanto più la carne è macerata dall'afflizione, tanto più lo spirito rinvigorisce per la grazia interiore. 35E qualche volta, anzi, si sente così sostenuto nel desiderare tribolazioni ed avversità per amore di conformarsi alla Croce di Cristo, che non vorrebbe trovarsi senza dolore e tribolazione, perché è convinto d'essere tanto più accetto a Dio, quanto più numerosi e gravosi sono i sacrifici che potrà sopportare per Lui. 36Ciò, però, non è effetto di virtù umana, ma della Grazia di Cristo, la quale nella nostra fragile carne può ed opera tali prodigi, che l'uomo intraprende ed ama con spirito di fervore quello da cui, per natura, aborre e rifugge. 37Non è secondo la natura umana portare la croce, amare la croce, mortificare il corpo e ridurlo in schiavitù; fuggire gli onori, sopportare di buon animo le offese, disprezzare se stesso e desiderare d'essere disprezzato; soffrire con proprio danno ogni genere di contrarietà e non desiderare in questo mondo alcuna prosperità. 38 Se guardi soltanto a te stesso, non potrai fare, da solo, nulla del genere. 39Ma se confidi nel Signore, te ne sarà data la forza dal Cielo, e il mondo e la carne s'assoggetteranno al tuo comando. 40E neppure temerai il diavolo, tuo nemico infernale, se ti sarai armato di fede e se avrai come insegna la Croce di Cristo. 41 Disponiti, dunque, da buono e fedele servo di Cristo, a portare con coraggio la Croce del Signore tuo, crocifisso per amore tuo. 42Preparati a sopportare molte avversità e disagi di vario genere in questa misera vita, perché così sarà per te dovunque sarai; e questo, di fatto, troverai in qualunque angolo sia andato a nasconderti. 43Bisogna che sia così. Non c'è rimedio o scappatoia dalle tribolazioni dei mali e dal dolore, se non quello d'aver pazienza con te stesso. 44Bevi con avidità il calice del Signore, se desideri esserGli amico e aver parte con Lui. 45Per le consolazioni, rimettiti a Dio: ne disponga Lui, come meglio Gli sarà piaciuto. 46Ma per parte tua, sii disposto a sopportare le tribolazioni e considerale come grandissime consolazioni, "perché le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura" (Rm 8,18) che ti procureranno, anche se tu, da solo, potessi sopportarle tutte. 47Quando sarai giunto a questa disposizione, cioè che la sofferenza ti sia dolce e saporosa per amore di Cristo, allora pensa di stare bene con te stesso, perché hai trovato il paradiso in terra. 48Ma finché la sofferenza ti pesa e cerchi d'evitarla, tu sarai sempre come un arnmalato, e la tribolazione, da cui rifuggi, ti verrà dietro dovunque tu vada. 49Se, invece, ti adatti a quello che è tuo dovere, cioè a patire e a morire, ti sentirai presto meglio e troverai pace. 50Anche se tu fossi rapito al terzo Cielo come Paolo, non potresti, per questo, ritenerti al sicuro dal sopportare alcuna contrarietà. "Io - disse Gesù - gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome" (At 9,16). 51Dunque, non ti resta che soffrire, se vuoi amare Gesù ed essere suo servo in eterno. 52Oh, fossi tu degno di patire qualche cosa per il nome di Gesù! Quanto grande gloria sarebbe per te, quanta esultanza ne avrebbero tutti i Santi di Dio, e quanta edificazione ne ricaverebbe il tuo prossimo!


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Tutti fanno l'elogio della pazienza, ma pochi sono quelli che vogliono patire. Sarebbe ben giusto che tu patissi un poco, per Cristo, quando molti sopportano sacrifici più gravosi per il mondo. 55Tieni per certo che tu devi condurre una vita che sia un continuo morire a te stesso. E quanto più uno muore a se stesso, tanto più comincia a vivere per Dio. 56Nessuno diventa idoneo a comprendere le cose celesti, se prima non si sia assoggettato a sopportare per Cristo le avversità. 57Niente è più gradito a Dio, niente è per te più salutare in questo mondo, che soffrire volentieri per Cristo. 58 E se spettasse a te la scelta, dovresti desiderare di sopportare le sofferenze per Cristo, piuttosto che d'essere allietato da molte consolazioni, perché, così, saresti più simile a Cristo e più conforme a tutti i Santi. 59lnfatti, il merito nostro ed il profitto della nostra condizione spirituale non consistono nell'abbondanza delle soavi consolazioni, ma piuttosto nella sopportazione delle pesanti difficoltà e pene. 60E se ci fosse stato qualche cosa di meglio e di più utile della sofferenza per la salvezza degli uomini, Cristo certamente ce lo avrebbe indicato con la parola e con l'esempio. 61lnfatti, e ai discepoli che Lo seguivano e a tutti quelli che desiderano seguirLo, rivolge chiaramente l'esortazione a portare la croce, e dice: "Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt 16,24). 62Dunque: lette attentamente e meditate tutte queste cose, la conclusione finale sia questa, che "è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio"(At 14,21). 54

FINE DEGLI AMMOMMENTI CHE CONDUCONO ALLA VITA INTERIORE. Note al Capitolo 12° 1Sembrano dure a molti queste parale: "Rinnega te stesso, prendi la tua croce esegui Gesù" (Mt 16,24). Gesù è morto in croce. Da quel momento, assieme alla morte, alla sofferenza, al sangue, la Croce è una delle parole che evocano la nostra salvezza. La Croce non è più ignominia, ma titolo di gloria, per Cristo e per i cristiani. Nello stesso tempo, rimane uno "scandalo per i Giudei e follia per i pagani" (1 Cor 1,23). Il cristiano dovrebbe dire con l'Apostolo: "Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato cracifisso, come io per il mondo" (Gal 6,14). 48"Finché la sofferenza ti pesa e cerchi d'evitarla, tu sarai sempre come un ammalato, e la tribolazione, da cui rifuggi, ti verrà dietro dovunque tu vada". La croce è come l'ombra: se tu cerchi di sfuggirla, ti rincorre e ti fa impazzire dalla disperazione; se tu l'affronti coraggiosamente, fuggirà da te... Se poi, con S. Francesco, dirai: "Tanto è il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto", la croce diventerà per te la gioia suprema. Cosi è avvenuto, nel centro dell'Africa, ad un lebbroso che camminava sui moncherini delle mani e dei piedi, senza naso nè bocca, e gridava: "Guardatemi! Sono un mostro! Vado a pezzi! Ma io sono felice, perché Cristo in me è intero, ed in Lui trovo la mia felicità!".

LIBRO III° LA CONSOLAZIONE INTERIORE Introduzione. Cominciando dal terzo libro fino a tutto il quarto, l'anima svolge un soavissimo colloquio con il Signore. Si tratta di figura letteraria o di vero colloquio? Anche la Bibbia fa uso di figure letterarie; interi libri sono attribuiti in modo fittizio a personaggi famosi dell'antichità. Queste attribuzioni erano un modo di attirare 1'attenzione del lettore. Nel nostro caso non se ne vedrebbe proprio lo scopo. Pensiamo piuttosto che si tratti di “locuzioni interiori”. Il profano, colui che è schiavo della realtà materiale di questo mondo, pur apprezzando il contenuto del libro, penserà che si tratti di pura immaginazione. Chi, invece, ha conoscenza ed esperienza di fenomeni mistici, sa che la preghiera ben intesa e vissuta porta a quella esperienza di Dio, che i mistici chiamano "ùnione estatica ": piena di ammirazione e amore, l'anima in preghiera talvolta rimane così assorta e concentrata in Dio, che i sensi restano come assopiti. È a questo punto della vita spirituale che possono avvenire fenomeni che sono chiamati "rivelazioni private". Le rivelazioni private ci sono sempre state e ci sono anche ai nostri giorni. Si chiamano “private”, perché non vincolano la fede di tutti i fedeli, ma tutt'al più di coloro che sono favoriti, se obbediscono all'autorità della Chiesa. Queste "rivelazioni", senza l'obbedienza alla Chiesa, possono diventare trappole del demonio. Se poi la Chiesa, direttamente o indirettamente, le approva, come le apparizioni di Lourdes e Fatima, il crederle non è atto di fede cattolica, ma un semplice atto di fede


39 umana. I mistici distinguono tre forme di rivelazioni priva te: le "visioni", le "locuzioni interiori e i “tocchi divini”. Le "visioni" o "apparizioni" sono quelle in cui i sensi del veggente percepiscono qualcosa che è invisibile ai sensi degli altri. Queste visioni possono avvenire all'esterno o nella propria immaginazione o nel proprio intelletto. Le “'locuzioni interiori” sono manifestazioni del pensiero divino da parte di Dio stesso, della Beata Vergine, dei Santi, percepite anche queste dai sensi esterni (vista, udito), internamente o direttamente dall 'intelletto. Finalmente i "tocchi divini" sono impulsi della Grazia sulla volontà, uniti a una vivissima luce sull'intelletto. Tutte queste "rivelazioni" possono essere concesse anche a peccatori che vengono chiamati alla conversione, come è avvenuto a San Paolo. Quando L'imitazione di Cristo dice: "Gesù parla" oppure "Parla il Signore" o qualcosa di simile, possiamo pensare che l'autore goda del dono della "locuzione interiore". San Giovanni della Croce, grande maestro in questo campo, per cui è stato proclamato ufficialmente "Dottore della Chiesa", spiega come le locuzioni possono avvenire in modi diversi. Uno è quando lo Spirito Santo collabora con l'intelletto a formulare i concetti; o si serve di una terza persona (confessore, predicatore), d'un libro, ecc. per suscitare un'emozione improvvisa; o incide profondamente nell 'interno i concetti ispirati, e questo potrebbe essere il caso de L'imitazione di Cristo. È stato scritto che L'imitazione di Cristo non e un libro teologico, perché lontano dalle grandi speculazioni; non è un libro devozionale e tantomeno mistico..." (L'imitazione di Cristo, Ed. paoline, 1987). Rispettiamo l'opinione del presentatore, ma non ci sentiamo di condividerla. Anzitutto, perché la teologia non è necessariamente legata a "grandi speculazioni". Né si può negare che il libro ispiri "devozione"; se no, che cosa ispira? Finalmente, non si può negare che sia "mistico" e che porti a una profonda esperienza di Dio: anzi, ci sembra che sia questa la sua caratteristica specifica! L'imitazione di Cristo, più che all'intelletto, parla al cuore, e solo chi è innamorato di Dio può recepire il suo messaggio.

Capitolo primo L'INTIMO COLLOQUIO DI CRISTO CON L'ANIMA FEDELE. PAROLE DEL DISCEPOLO 1”Ascolterò quel che dice dentro di me il Signore Iddio" (Sal 84,9). 2Beata l'anima la quale ascolta il Signore, che le parla nell'intimo e che accoglie dal suo labbro parole di consolazione! 3Beati gli orecchi che colgono il fluire del sussurro divino e nulla avvertono delle rumorose vociferazioni di questo mondo! 4 Beati veramente gli orecchi che ascoltano, non una qualunque voce che strepita da fuori, ma la Verità che ammaestra interiormente! 5Beati gli occhi che, chiusi alle cose esteriori, sono invece attenti a quelle dello spirito! 6Beati coloro che penetrano nel proprio intimo e che, con sforzo quotidiano, cercano di prepararsi sempre di più alla comprensione dei misteri celesti! 7Beati coloro che godono di attendere solo a Dio e scuotono via da sé ogni impaccio del mondo! 8Medita queste cose, anima mia, e chiudi le porte dei tuoi sensi, perché tu possa udire quello che dice dentro di te il Signore, Dio tuo. PAROLE DEL SIGNORE 9Questo dice il tuo Amato: "Sono Io la tua salvezza" (Sal 34,3), la tua pace e la tua vita. 10Mantieniti vicino a Me, e troverai la pace. Lascia andare tutto ciò che è transitorio, cerca ciò che è eterno. 11Che cosa sono tutte le cose temporali, se non seduzioni? E che ti giovano tutte le creature, se sarai abbandonato dal Creatore? PAROLE DEL DISCEPOLO 12Rinuncia, dunque, a tutto, anima mia; renditi accetta e serbati fedele al tuo Creatore, per poter così conseguire la vera beatitudine. Note al capitolo 1° 1"Ascolterò quel che dice dentro di me il Signore Iddio" (SaI 84,9). In questo terzo libro de L'imitazione di Cristo siamo nella "via illuminativa", che consiste nell'imitare Gesù Cristo, che ha detto: "Chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). 11"Che cosa sono tutte le cose temporali, se non seduzioni?". Chi è immerso nel mondo è come uno che sogna: non si accorge che al risveglio tutto svanirà. Crede di essere "concreto", di "tenere i piedi a terra", di non lasciarsi prendere dalle fantasie e dai sogni dei "visionari"; e non si accorge che il "visionario" è proprio lui, perché "passa la scena di questo mondo" (iCor 7,31).

Capitolo secondo


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LA VERITÀ PARLA DENTRO DI NOI SENZA STREPITO DI PAROLE PAROLE DEL DISCEPOLO 1”Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta” (lSam 3,10)."1o sono tuo servo, fammi comprendere e conoscerò i tuoi insegnamenti" (Sal 118,125). 2Piega il mio cuore alle parole della tua bocca; stillino come rugiada le tue parole. 3Dicevano una volta i figli d'Israele a Mosè: "Parla tu a noi, e noi ascolteremo; non ci parli il Signore, altrimenti moriremo" (Es 20,19). 4Ma non così, o Signore, non così io Ti prego; piuttosto, con il profeta Samuele, umilmente e fervorosamente Ti supplico: "Parla, o Signore; il tuo servo ti ascolta" (lSam 3,10). 5 Non mi parli Mosè o qualche altro dei Profeti; parlami, invece, Tu, o Signore Iddio, che ispiri ed illumini tutti i Profeti; Tu solo, senza di loro, puoi ammaestrarmi perfettamente, mentre essi, senza di Te, non concluderanno nulla. 6Possono, sì, far risuonare parole, ma non comunicano lo Spirito. 7S'esprimono magnificamente; ma se Tu taci, non infiammano il cuore. 8Il loro è un linguaggio letterale; ma sei Tu che sveli lo spirito del contenuto. 9Promulgano i tuoi Comandamenti; ma aiuti Tu ad osservarli. 10 Additano la via; ma dài Tu la forza per camminare. 11Essi operano soltanto all'esterno; ma Tu educhi i cuori e li illumini. 12Essi irrigano la superficie; ma Tu doni la fecondità. 13Essi gridano con le parole; ma Tu concedi la comprensione all'udito dell'anima. 14Non mi parli, dunque, Mosè; parlami Tu, Signore Dio mio, Verità eterna, perché io non abbia a morire e a rimanere senza frutto, se fossi ammaestrato solo esteriormente e non venissi infervorato interiormente. 15Che non mi sia di condanna la parola udita, ma non messa in pratica; conosciuta, ma non amata; creduta, ma non osservata. 16"Parla", dunque, "o Signore; il tuo servo ti ascolta" (lSam 3,10): "Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,68). 17Parlami, per dare qualche consolazione all'anima mia e per emendare tutta la mia vita. Ed a Te siano lode, gloria e perpetuo onore. Note al Capitolo 2° 1"Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta" (lSam 3,10). Dio ha parlato agli uomini anche nei tempi antichi per mezzo dei Profeti, soprattutto per mezzo di Mosè, liberatore d'Israele. Essi hanno preparato l'avvenimento più grande della storia, quando la Parola eterna.di Dio stesso, per mezzo della quale Egli ha creato tutto l'universo, visibile e invisibile, si è fatto Uomo nel seno della Vergine Maria, per vivere in mezzo a noi e in ciascuno di noi. Il "profano", cioè colui al quale importa poco o nulla della presenza della Parola in lui, non può sentirlo. Invece, il Cristiano che s'impegna a vivere questa presenza, la può sentire in vari modi. 3"Dicevano una volta i figli d'Israele a Mosé: Parla tu a noi, e noi ascolteremo; non ci parli il Signore, altrimenti moriremo" (Es 20,19). Mosè era figura del Messia, cioè di Cristo, che è la Parola del Dio vivente, rivestita di umana carne. Così Dio non ispira più paura, e parla a noi come uno di noi. Ora non abbiamo più bisogno di intermediari, i Profeti: Dio stesso ci parla con voce umana.

Capitolo terzo BISOGNA ASCOLTARE CON UMILTÀ LE PAROLE DI DIO. MOLTI NON LE MEDITANO. 1 PAROLE DEL SIGNORE Ascolta, figlio, le mie parole; parole soavissime, che trascendono tutta la dottrina dei filosofi e dei sapienti di questo mondo. 2"Le mie parole sono spirito e vita" (Gv 6,63), e non si devono valutare secondo criteri umani. 3 Non bisogna farle servire a vano compiacimento, ma si devono ascoltare nel silenzio ed accogliere con tutta umiltà e con grande amore. PAROLE DEL DISCEPOLO 4Ed io dissi: "Beato l'uomo che Tu istruisci, Signore, e che ammaestri nella tua legge, per dargli riposo nei giorni di sventura "(Sal 93,12-13), e perché egli non resti desolato sopra la terra. PAROLE DEL SIGNORE 51o, dice il Signore, fin da principio ammaestrai i Profeti ed ancora oggi non manco di parlare a tutti; ma molti sono sordi alla mia voce, e duri. 6La maggior parte degli uomini dà più volentieri ascolto al mondo, che a Dio; preferiscono seguire gli appetiti della carne, che non la volontà di Dio. 7Il mondo promette beni temporali e di poca importanza; eppure, gli uomini se ne rendono schiavi con grande ardore. Io prometto beni supremi ed eterni; eppure, i cuori dei mortali rimangono freddi. 8Chi Mi serve ed ubbidisce in tutto con quello stesso grande zelo, con il quale


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si serve al mondo ed ai suoi padroni? "Vergognati, Sidone, dice il mare" (Is 23,4). E se ne chiedi la causa, ascolta perché. 9Per un meschino guadagno, si percorre un lungo cammino; ma per la vita eterna, molti non levano neppure un piede da terra. 10Si va in cerca d'un vile guadagno; talvolta, per qualche soldo, si giunge a liti vergognose; per una cosa da nulla e per una meschina promessa, non si teme d'affrontare fatiche giorno e notte. 11Ma - quale vergogna! - per l'acquisto d'un bene eterno, per un premio inestimabile, per un sommo onore e per una gloria che non ha fine, si è pigri e lenti a faticare anche poco. 12Arrossisci, dunque, o servo pigro e lamentoso, del fatto che si trovano alcuni più pronti a correre verso la perdizione, di quanto tu non sia pronto ad andare alla vita. Più godono essi delle vanità, che non tu della verità. 13Eppure, essi sono talvolta delusi nelle loro speranze, mentre le mie promesse non ingannano nessuno e non rimandano a mani vuote chi confida in Me. 14Quello che ho promesso, darò; quello che ho detto, adempirò, purché l'uomo persista fedele nel mio amore fino alla fine. 15Io sono il rimuneratore di tutti i buoni e metto a severa prova tutte le anime pie. 16Scrivi le mie parole nel tuo cuore e meditale attentamente; ti saranno sommamente necessarie nell'ora della tentazione. 17Ciò che non capisci ora che leggi, lo capirai nel giorno che verrò a visitarti. 18Due sono le maniere con le quali Io sono solito visitare i miei eletti: la tentazione e la consolazione. 19E due lezioni do loro ogni giorno: una, rimproverando i loro vizi; l'altra, esortandoli a progredire nelle virtù. 20 "Chi sente le mie parole e le disprezza, sarà giudicato nell'ultimo giorno" (Gv 12,48). PREGHIERA PER IMPETRARE LA GRAZIA DELLA DEVOZIONE

PAROLE DEL DISCEPOLO 21Signore Dio mio, Tu sei tutto il mio bene. 22Ma chi sono io, che oso parlare a Te? 23Sono un tuo poverissimo e meschino servo, un abietto vermiciattolo, molto più misero e spregevole di quanto io sappia ed ardisca dire. 24 Tuttavia, ricordati, o Signore, che io non sono nulla, nulla ho e nulla valgo. 25Tu solo sei buono, giusto e santo; Tu puoi tutto, tutto dài, riempi di Te tutto, solo il peccatore lasci a mani vuote. 26"Ricordati del tuo amore" (Sal 24,6) e riempimi il cuore della tua grazia, Tu che non vuoi che le tue opere restino vane. 27Come potrò in questa misera vita sopportare me stesso, se non mi conforteranno la misericordia e la Grazia tua? 28 Non distogliere da me la tua faccia; non ritardare la tua visita; non privarmi della tua consolazione, perché "l'anima mia non diventi davanti a Te come terra senza acqua" (Sal 142,6). 29O Signore, "insegnami a compiere il tuo volere" (Sal 142,10); insegnami a stare degnamente ed umilmente al tuo cospetto. 30Tu conosci tutto di me, Tu mi conosci nell'intimo e già mi conoscevi prima della creazione del mondo e prima ch'io nascessi. Note al Capitolo 3° 2"Le mie parole sono spirito e vita" (Gv 6,63) e non si devono valutare secondo criteri umani. L'uomo contemporaneo, crede di una tradizione illuministica, materialista e razionalistica, vuole misurare tutto secondo la sua ragione. Ma Dio è "il Trascendente"; ha creato Lui l'uomo e non si lascia inquadrare da questi criteri. L’Uomo Gesù, rivelazione di Dio all'uomo, sussiste nella Persona del Verbo di Dio e partecipa della sua trascendenza. 5"Fin da principio ammaestrai i Profeti ed ancora oggi non manco di parlare a tutti...". I Profeti nel Vecchio Testamento erano uomini e donne che parlavano a nome di Dio e, per avvalorare il loro messaggio, predicevano il futuro. La loro parola era in relazione al Messia che doveva venire. Il Messia, l'Eletto di Dio, Gesù, è venuto, e nel Nuovo Testamento i nuovi Profeti parlano a nome suo, ma molti non vogliono ascoltare, perchè attaccati alle cose effimere di questo mondo.

Capitolo quarto BISOGNA VIVERE ALLA PRESENZA DI Dio IN ISPIRITO DI VERITÀ E D'UMILTÀ PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, cammina alla mia presenza in ispirito di verità e cercami sempre nella semplicità del tuo cuore. 2Chi cammina davanti a Me in ispirito di verità, sarà al sicuro dagli assalti malvagi; la Verità lo libererà dai seduttori e dalle calunnie dei perversi. 3Se la Verità t'avrà reso libero, sarai veramente libero e non ti


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curerai delle vane chiacchiere degli uomini. PAROLE DEL DISCEPOLO 4Signore, è vero quello che dici; sia fatto di me, Te ne prego, secondo la tua parola. 5La tua Verità m'ammaestri, mi custodisca e mi conservi fino al momento della salvezza. 6Essa mi liberi da ogni cattiva inclinazione e da ogni attaccamento disordinato; allora io camminerò con Te con grande libertà di spirito. PAROLE DEL SIGNORE 7Io t'insegnerò, dice la Verità, ciò che è retto e mi è gradito. 8 Pensa ai tuoi peccati con profondo dolore e con amarezza, e non credere mai di valere qualche cosa per avere fatto delle opere buone. 9Sei in realtà un peccatore, soggetto a molte passioni ed in esse invischiato. 10Per la tua natura, tendi sempre al nulla; presto cadi, presto sei vinto, presto sei sconvolto, presto t'abbatti. 11Non hai nulla di cui ti possa gloriare, ma molto di cui ti debba umiliare, perché sei molto più fragile di quanto sei in grado di comprendere. 12Nulla, dunque, di tutto quello che fai, ti sembri avere importanza. 13Nulla sembri ai tuoi occhi eccelso, nulla prezioso ed ammirevole, nulla meritevole di stima; nulla sublime, nulla davvero lodevole e desiderabile sembri ai tuoi occhi, se non ciò che è eterno. 14Sopra ogni cosa ti piaccia l'eterna Verità; ti dispiaccia sempre la tua sconfinata pochezza. 15Nulla devi tanto temere, nulla devi tanto disprezzare e fuggire, quanto i tuoi difetti ed i tuoi peccati; solo questi devono affliggerti più che qualsivoglia perdita delle tue sostanze. 16Taluni non camminano al mio cospetto con cuore sincero, ma, spinti da una certa curiosità e presunzione, vogliono conoscere i miei segreti e capire gli alti disegni di Dio, trascurando se stessi e la propria salvezza. 17Costoro, per la loro orgogliosa curiosità, cadono spesso in gravi tentazioni e peccati, perché Io mi oppongo ad essi. 18Sii religiosamente riverente davanti ai giudizi di Dio, paventa l'ira dell'Onnipotente. 19Non discutere l'operato dell'Altissimo, ma prendi in esame le tue colpe: in che gravi colpe sei caduto e quante opere buone hai omesso. 20Alcuni fanno consistere la loro pietà soltanto nelle letture, altri nelle immagini, altri infine nei segni esteriori e nelle cerimonie. 21Alcuni Mi hanno sulla bocca, ma poco c'è nel loro cuore. 22Ci sono altri, però, che, illuminati nella mente e purificati negli affetti, anelano sempre ai beni eterni, malvolentieri sentono parlare delle cose terrene, subiscono con pena ciò che la natura impone; e costoro intendono ciò che dice dentro di loro lo Spirito di Verità, 23il quale insegna loro a disprezzare le cose terrene e ad amare quelle celesti, a trascurare il mondo e a desiderare, giorno e notte, il Cielo. Note al Capitolo 4° 3"Se la Verità t'avrà reso libero, sarai veramente libero e non ti curerai delle vane chiacchiere degli uomini". Purtroppo, noi siamo sempre preoccupati non di essere, ma di apparire. Per questo, siamo come alla finestra di noi stessi, sempre preoccupati degli altri. Anche se parlano male di noi, se siamo retti nel nostro agire non ci possono cambiare in peggio; e se il nostro agire è malvagio, gli elogi della gente non ci possono migliorare. Allora, non preoccupiamoci degli altri, ma dell'Ospite che è dentro di noi e ci vuole ammaestrare e dice: 7"Io t 'insegnerò ciò che è retto e mi è gradito". Non crediamo di essere senza peccati! Piuttosto, riconosciamo umilmente di non saperli nemmeno vedere, mentre vediamo così facilmente quelli degli altri!

Capitolo quinto I MIRABILI EFFETTI DEL DIVINO AMORE PAROLE DEL DISCEPOLO 1Ti benedico, o Padre Celeste, Padre del mio Signore Gesù Cristo, perché ti sei degnato di ricordarti di me, misera creatura. 2"O Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione" (2Cor 1,3), Ti rendo grazie, perché qualche volta mi ristori con il tuo conforto, sebbene io sia immeritevole d'ogni conforto. 3In ogni momento Ti benedico e Ti rendo gloria con l'Unigenito Figlio tuo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. 4Ecco, Signore Dio che sei Santo e mi ami, tutte le mie viscere esulteranno di gioia, quando Tu verrai nel mio cuore. 5"Tu sei la mia gloria e la gioia del mio cuore; Tu sei la mia speranza ed il mio rifugio nel giorno della tribolazione" (Sa 13,4; 118,111;58,17). 6Ma poiché io sono ancora debole nel tuo amore ed imperfetto nella virtù, ho bisogno del tuo conforto e della tua consolazione. Vieni, dunque, a me più spesso ed istruiscimi con la tua santa dottrina.


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Liberami dalle cattive passioni e guarisci il mio cuore dagli affetti disordinati, perché, interiormente risanato e ben purificato, diventi capace di amare, forte nel patire, saldo nel perseverare. PAROLE DEL SIGNORE 8Grande cosa è l'amore, un bene grande per ogni riguardo, perché rende leggero ogni peso e sopporta con spirito tranquillo ogni disuguaglianza. 9 Porta il suo carico senza sentirlo e rende soave e saporosa ogni amarezza. 10Il nobile amore per Gesù sprona ad operare grandi cose ed invita a desiderare una perfezione sempre più grande. 11L'amore tende all'alto e non si lascia trattenere da alcuna volgare cosa terrena. 12L'amore vuole essere libero ed alieno da ogni attaccamento mondano, perché nessun ostacolo gli impedisca di guardarsi interiormente, perché non subisca impacci a causa di agi temporali o perché non sia abbattuto dai disagi. 13Niente è più dolce dell'amore, niente è più forte, più alto, più esteso, più colmo di gioia, più completo né più prezioso in cielo ed in terra, perché l'amore è nato da Dio e non può trovare pace che in Dio, sopra ogni cosa creata. 14Chi ama, vola, corre in letizia, è libero e da nulla è trattenuto. 15Dà ogni cosa per il Tutto e possiede il Tutto in ogni essere creato, perché trova la sua pace in quell'unico Essere supremo, dal quale sgorga e procede tutto ciò che è buono. 16Non guarda ai doni, ma di là d'ogni dono si volge al Donatore. 17L’amore spesso non conosce misura, ma brucia oltre ogni misura. 18 All'amore niente pesa; esso non tiene conto delle fatiche, anela a fare più di quanto gli permettono le forze, non porta mai la scusa dell'impossibilità, perché ritiene che tutto gli sia possibile e facile. 19Perciò, si sente capace di tutto e molte cose opera ed in molte riesce là, dove chi non ama viene meno e soccombe. 20L’amore veglia e, anche quando dorme, è vigilante. 21Affaticato, non s'affloscia; legato, non subisce costrizioni; atterrito, non si turba; ma come fiamma viva, come fiaccola ardente, balza fuori verso l'alto e passa via con sicurezza. 22Chi ama, intende bene il significato di questo linguaggio. 23Un potente grido agli occhi di Dio è lo stesso ardente slancio dell'anima che dice: Dio mio, amor mio, Tu sei tutto mio ed io sono tutto tuo. PREGHIERA PER OTTENERE L'AMORE DI DIO

PAROLE DEL DISCEPOLO 24Accrescimi nell'amore per Te, perché io impari a gustare nell'intimo del cuore quanto è soave l'amore; impari a sciogliermi ed immergermi nell'amore. 25Che io sia preso dall'amore, elevandomi sopra me stesso in un eccesso di fervore e di stupore! 26Che io canti il cantico dell'amore e che m'innalzi in alto con Te, o mio Amato! Venga meno nelle tue lodi l'anima mia giubilante d'amore! 27Che io ami Te più di me, e me stesso soltanto per Te; che in Te ami tutti quelli che Ti amano veramente, come comanda la legge dell'amore, luce che proviene da Te. PAROLE DEL SIGNORE 28L’amore è pronto, sincero, pio, giocondo e delizioso; forte e paziente; fedele e prudente; longamine e virile: non cerca mai se stesso. 29 Quando, infatti, uno cerca se stesso, allora cessa d'amare. 30L’amore è guardingo, umile, retto; non fiacco, non leggero e non intento alle cose vane; sobrio, casto, costante, quieto e vigilante in tutti i suoi sensi. 31L'amore è sottomesso ed obbediente ai Superiori, umile e spregevole ai suoi propri occhi; è devoto e riconoscente a Dio. In Lui confida e spera sempre, anche quando non ne sente più il gusto, perché senza dolore non si vive nell'amore. 32Chi non è disposto a soffrire ogni cosa e ad abbandonarsi alla volontà del suo Amato, non è degno del nome di amante. 33E’ necessario che l'amante abbracci di buon animo, per amore del suo Amato, tutte le cose gravose ed amare, senza lasciarsene staccare da insorgenti contrarietà.. Note al Capitolo 5° 2"Ti rendo grazie, perché qualche volta mi ristori con il tuo conforto". Finché siamo sulla terra, Dio abitualmente non ci concede la sua consolazione. Nella sua pedagogia spesso ci lascia nella prova, perché è in questa che possiamo crescere nella vita spirituale. Di tanto in tanto ci ristora e ci incoraggia con la consolazione, come per assicurarci che ci ama e ci è vicino, nonostante le sofferenze e le croci. L'anima, poi, dimostra il suo amore verso Dio e verso i fratelli, non nella soddisfazione, ma nel sacrificio. 32"Chi non è disposto a soffrire ogni cosa e ad


44 abbandonarsi alla volontà del suo Amato, non è degno del nome di amante". La vita spirituale non è fatta per chi cerca se stesso, ma per chi cerca il Regno di Dio a costo di qualunque sacrificio.

Capitolo sesto LE PROVE DI CHI AMA VERAMENTE PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, ancora non mi ami con forza e prudenza! PAROLE DEL DISCEPOLO 2Perche, o Signore? PAROLE DEL SIGNORE 3Perché alla più piccola contrarietà abbandoni l'impresa e perché con troppa avidità cerchi consolazione. 4Chi è forte nell'amore, sta saldo nelle tentazioni e non dà ascolto agli astuti suggerimenti del Maligno. 5Come gli sono caro nella prosperità, così gli sono caro nelle avversità. 6Chi ama saggiamente, non considera tanto il pregio del dono, quanto l'amore di chi dona. 7Guarda più all'affetto che al valore e pospone all'amico tutto ciò che questi gli ha dato. 8Chi è nobile nell'amore, non s'appaga del dono, ma s'appaga di Me sopra ogni altro dono. 9Se talvolta non senti per Me e per i miei Santi il grande fervore che vorresti, non per questo tutto è perduto. 10Quell 'amore dolce e buono che alle volte provi, è frutto della Grazia presente in te; è quasi un assaggio anticipato della patria celeste, sul quale, peraltro, non devi contare troppo, perché ora va, ora viene. 11Sono, invece, segno di virtù e di grande merito il combattere gli impulsi cattivi dell' animo, quando insorgono, ed il disprezzare le suggestioni del diavolo. 12Non ti turbino, dunque, certi strani pensieri di qualunque natura, che s'insinuino in te. 13Mantieni, invece, saldi i tuoi propositi e retta la tua intenzione verso Dio. 14Non è illusione, se qualche volta sei portato, d'un tratto, fino all'estremo rapimento e, subito dopo, ritorni alle consuete frivolezze del cuore. 15Queste, infatti, più che cercarle, le subisci contro tua voglia; ed anzi, finché ti disgustano e resisti ad esse, ne hai merito e non demerito. 16Sappi che l'antico Avversario tenta con ogni mezzo d'ostacolare il tuo desiderio di bene e di distoglierti da ogni esercizio di pratiche devote, cioè dal culto dei Santi, dalla pia memoria della mia Passione, dal salutare ricordo dei tuoi peccati, dalla vigilanza del tuo cuore e dal fermo proponimento di progredire nella virtù. 17L’Avversario t'insinua molti perversi pensieri, per cagionarti noia e spavento, per ritrarti dalla preghiera e dalle pie letture. 18A lui dispiace che tu frequenti con umiltà la Confessione e, se potesse, ti terrebbe lontano dalla Comunione. 19Non credergli e non badargli, anche se tante volte ti ha teso i lacci dell'inganno. 20Incolpa lui dei cattivi ed immondi pensieri che ti suggerisce. Digli: 21Vattene, spirito immondo; vergognati, miserabile; veramente immondo sei tu, che suggerisci ai miei orecchi tali brutture. 22Allontanati da me, malvagio seduttore; non avrai in me parte alcuna, ma Gesù sarà in me, come strenuo difensore; e tu ne resterai svergognato. 23Preferisco morire e patire ogni pena, che acconsentire a te. 24Taci, ammutolisci; non ti starò più ad ascoltare, sebbene tu vada ordendo contro di me tante insidie. 25“Il Signore è mia luce e mia salvezza; di chi avrò paura?" (Sal 26,1). 26"Se contro di me s'accampa un esercito, il mio cuore non teme" (Sal 26,3). "Iddio è il mio Salvatore e il mio Redentore" (Sal 18,15). 27Combatti come un bravo soldato; e se talora, per fragilità, cadessi, riprendi energia anche maggiore, confidando in una mia Grazia maggiore; guardati, però, dalla vana compiacenza e dalla superbia. 28Molti, a causa di questo, sono tratti in errore e talora cadono in una cecità quasi incurabile. 29Il vedere questa rovina dei superbi, che presumono stoltamente di sé, deve indurti a cautela e ad incessante umiltà. Note al Capitolo 6° 1“con troppa avidita' cerchi consolazione". S. Francesco di Sales diceva che non bisogna cercare le consolazioni di Dio, ma il Dio di ogni consolazione. In altre parole, non dobbiamo cercare la gioia che, per sua natura, è destinata a finire, ma la sorgente della gioia che non finirà mai, cioè Dio. 11"...il disprezzare le suggestioni del diavolo". Ai nostri giorni, molti vorrebbero negare l'esistenza del diavolo, perché così non esisterebbe nemmeno l'Inferno, e l'uomo sarebbe libero di fare quel che vuole. .,..Questo significherebbe negare la Bibbia stessa! È la negazione della Trascendenza di Dio, l'esaltazione dell'uomo come artefice del suo destino; è un ritorno all'eresia


45 pelagiana. Il monaco Pelagio (354-427 d.C.) affermava la bontà della natura umana; negava il peccato originale, la Redenzione, il Battesimo e, di conseguenza, anche l'esistenza del diavolo.

Capitolo settimo SI DEVE NASCONDERE LA GRAZIA SOTTO LA CUSTODIA DELL'UMILTÀ 1 PAROLE DEL SIGNORE O figlio, per te è più utile e più sicuro tenere nascosta la grazia della devozione; non insuperbirtene né parlarne molto né farne gran conto; ma piuttosto, disprezzare te stesso e temere che possa essere stata concessa ad uno indegno. 2Non ci si deve attaccare con troppa tenacia a questo slancio di devozione, che ben presto potrebbe tramutarsi in un sentimento contrario. 3Quando sei nella Grazia, medita quanto di solito sei povero e meschino, allorché ne sei privo. 4Il progresso nella vita spirituale non consiste tanto nel godere la grazia della consolazione, quanto piuttosto nel saper sopportare con umiltà, con rassegnazione e con pazienza d'esserne privato, cosicché, quando ti trovi in quelle condizioni, non ti lasci raffreddare nel fervore della preghiera né lasci cadere del tutto le altre pratiche di pietà che ti sono abituali. 5Ma come meglio potrai e saprai, fa' volonterosamente quello che dipende da te, e non lasciarti andare del tutto a causa dell'aridità o dell'angoscia spirituale che provi. 6Ci sono, infatti, molti che, quando qualcosa non è andata secondo il loro desiderio, diventano subito impazienti e pigri. 7Non sempre, però, "l'uomo è padrone della sua vita" (Ger 10,23); spetta soltanto a Dio donare e consolare quando vuole, quanto vuole e chi vuole, nella misura che a Lui piacerà, e non di più. 8Alcuni indiscreti furono causa della propria rovina, perché non seppero usare prudentemente dalla grazia della devozione; vollero fare più di quello che potevano, non misurando il limite della loro pochezza, ma seguendo più l'impulso del cuore che il giudizio della ragione. 9E poiché presunsero di fare cose maggiori di quanto a Dio piaceva, perdettero presto anche la Grazia. 10Divennero poveri e furono abbandonati nell'abiezione essi, che avevano riposto, come aquile, il loro nido nel cielo, cosicché, umiliati e immiseriti, imparassero a non volare con le proprie ali, ma a sperare sotto le mie. 11Quelli che sono ancora novizi e poco esperti nelle vie del Signore, possono facilmente ingannarsi e perdersi, se non si lasciano reggere dai consigli di persone prudenti. 12E se vogliono seguire il loro criterio anziché affidarsi ad altri, ricchi d'esperienza, faranno una triste riuscita, a meno che non vogliano recedere dalla propria idea. 13Raramente quelli che si ritengono, a proprio giudizio, sapienti, tollerano con umiltà d'essere guidati dagli altri. 14È meglio avere una cultura limitata ed un'intelligenza modesta, ma con umiltà, che possedere tesori di scienza, ma con vuoto compiacimento di sé. 15È mèglio per te avere poco che molto, se il molto ti fa insuperbire. 16 Non opera con sufficiente saggezza chi s'abbandona tutto alla gioia, dimentico della sua passata povertà e di quel casto timor di Dio, che fa temere di perdere la grazia ricevuta. 17Come pure, non ha sufficiente profumo di virtù chi, nel tempo della contrarietà e di qualsiasi tribolazione, si comporta con troppo scoraggiamento, e nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti conserva in Me fiducia meno piena di quella che Mi si deve. 18Chi in tempo di quiete avrà voluto essere troppo sicuro, al momento della lotta si troverà spesso troppo abbattuto e pauroso. 19Se, invece, sapessi restare umile e modesto dentro di te e sapessi ben moderare e regolare il tuo spirito, non incapperesti così facilmente nel pericolo e nel peccato. 20Cosa saggia è che, quando hai ricevuto il fervore spirituale, mediti che cosa ti potrà accadere, se quella luce interiore si dileguasse. 21Ma quando così ti accadesse, pensa che quella luce può ritornare di nuovo: quella luce che per un dato tempo ti ho tolta per la tua salvaguardia e per la mia gloria. 22Questa prova ti torna spesso più utile che se tutto ti riuscisse sempre felicemente, conforme al tuo volere. 23Infatti i meriti non si devono misurare secondo questo criterio, cioè se uno abbia molte visioni o consolazioni spirituali o se sia molto esperto nelle Sacre Scritture o se sia posto in un grado più alto;


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Ma piuttosto secondo quest'altro criterio, cioè se uno sia fondato sulla vera umiltà e pieno di carità divina, se cerchi sempre puramente ed integralmente l'onore di Dio, se reputi se stesso un nulla e si disprezzi veramente, e se goda perfino d'essere più disprezzato e più umiliato che onorato. Note al Capitolo 7° 14"Per te é più utile e più sicuro tenere nascosta la grazia della devozione” Si tratta della grazia attuale. L’umiltà è indispensabile, se si vuole fare un cammino spirituale e non cadere nella rete del nemico delle anime nostre. La teologia cattolica distingue tre tipi di grazia: "attuale", "abituale creata" e "abituale increata". "Abituale" viene dal verbo latino "habere", che significa "possedere", sia in senso materiale che morale e spirituale. Dal verbo "habere" viene anche "abito", nel senso di vestito e nel senso di qualità morale dell'anima; è in questo senso che si parla di "grazia abituale". La "grazia attuale" è un'illuminazione della mente e un impulso della volontà a compiere il bene nell'ordine soprannaturale. La "grazia abituale creata e un impronta divina che modifica, perfeziona e divinizza la natura umana e la rende capace di meritare per la vita eterna. La "grazia abituale increata" consiste nella presenza dello Spirito Santo nell'anima umana, secondo la promessa di Gesù: "Se Mi amate, osserverete i miei Comandamenti; Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi sempre lo Spirito di Verità..." (Gv 14,15-17). "È meglio avere una cultura limitata ed un 'intelligenza modesta, ma con umiltà, che possedere tesori di scienza, ma con vuoto compiacimento di sé". Che cos'è l'umiltà? "È la consapevolezza della propria dignità e dei propri limiti in relazione a Dio e al prossimo". È "consapevolezza della propria dignità": siamo creature di Dio, fatte a sua "immagine e somiglianza" (Gn 1,26). Come tali, abbiamo una dignità. Ma siamo "creature" e tutta la nostra grandezza viene da Dio; senza di Lui siamo niente e, per il peccato, meno di niente. La consapevolezza di questo ci deve portare ad adorare e ringraziare Dio e a stimare il prossimo; e questo per dovere di giustizia e per amore della verità.

Capitolo ottavo DISPREZZO DI SE’ STESSO AGLI OCCHI DI DIO PAROLE DEL DISCEPOLO 1"Ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere (Gn 18,27). 2Se io mi sarò stimato più di quello che sono, ecco che Tu, o Signore, stai contro di me, e le mie iniquità dànno testimonianza del vero: né posso contraddirla. 3Se, invece, mi sarò umiliato e mi sarò ridotto ad un nulla, deponendo ogni stima di me stesso e riducendomi in polvere, come in realtà sono, la tua grazia mi sarà propizia e la tua luce sarà vicina al mio cuore. Così, ogni amor proprio che, per quanto piccolo sia, mi resti, sarà sommerso nell'abisso della mia nullità e svanirà per sempre. 41n quell'abisso, Tu riveli me a me stesso: che cosa sono, che cosa fui e fin dove sono caduto, poiché io sono niente e non lo capivo. 5Se vengo abbandonato a me stesso, eccomi, sono un niente, nient'altro che debolezza. 6Ma se Tu mi dài d'un tratto uno sguardo, divento tosto forte e colmo di nuova gioia. 7Ed è cosa veramente meravigliosa che così, all'improvviso, sia sollevato ed amorosamente accolto fra le tue braccia io, che dal mio stesso peso sono sempre tratto verso il basso. 8Questa è opera del tuo amore, che senza mio merito mi previene e mi soccorre in così numerose difficoltà; che mi premunisce anche da gravi pericoli e mi strappa, in verità, da innumerevoli mali, 9Certo, amando disordinatamente me stesso, io mi sono perduto; cercando, invece, Te solo, ed amando Te con retto amore, ho trovato ad un tempo me e Te: da questo amore sono stato tratto a rientrare ancora più profondamente nel mio nulla. 10Tu, o Dolcissimo, mi concedi grazie oltre ogni mio merito e più di quanto io osi sperare o domandare. 11Sii benedetto, o mio Dio, perché, sebbene io sia indegno d'ogni tuo favore, pure la tua generosità e la tua infinita bontà non cessano mai di beneficare anche gl'ingrati e quelli che si sono allontanati da Te. 12Fa' che ritorniamo a Te, affinché siamo riconoscenti umili e devoti; Tu solo, infatti, sei la nostra salvezza, la nostra virtu, la nostra fortezza. Note al Capitolo 8° 1'Ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere" (Gi 18,27). Abramo aveva compreso la Trascendenza di Dio e la propria nullità davanti a Lui. Così l'ha compresa la vergine Maria, che non si è insuperbita per il suo grande carisma di essere diventata la Madre del su Creatore. La consapevolezza della propria nullità di fronte al Creatore è fondamento


47 della perfezione cristiana.

Capitolo nono BISOGNA RIFERIRE TUTTO A DIO, ULTIMO FINE PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, Io devo essere il fine supremo ed ultimo, se veramente desideri essere felice. 2Questa intenzione renderà puri i tuoi affetti, troppo spesso inclinati viziosamente verso te stesso e verso le creature. 3Se infatti, in qualche cosa cerchi te stesso, subito interiormente decadi ed inaridisci. 4Tutto, dunque, devi ricondurre principalmente a Me, perché Io solo t'ho dato tutto. 5Considera le singole cose come derivanti dal Sommo Bene; perciò, tutte devono essere riferite a Me come alla loro origine. 6Da Me, come da fonte viva, il piccolo e il grande, il povero ed il ricco attingono l'acqua della vita; e quelli che spontaneamente e liberamente Mi servono, riceveranno grazia su grazia. 7Colui, invece, che avrà voluto cercare la propria gloria fuori di Me o compiacersi di qualche bene particolare, non godrà della gioia vera e duratura né si sentirà allargare il cuore, ma sarà in mille modi ostacolato ed angustiato. 8Non devi, dunque, ascrivere a te nulla del bene che è in te né devi attribuire ad alcun uomo la sua virtù, ma devi riconoscere che tutto viene da Dio, senza del quale l'uomo non possiede nulla. 9Io, tutto ho dato; Io, tutto voglio riavere; e con grande forza chiedo d'esserne ringraziato. 10Questa è la verità che mette in fuga la vanità della glorina. 11E se saranno entrati nell'anima la grazia celeste e l'amore vero, non ci sarà spazio per alcuna invidia né per la grettezza del cuore né per l'amor proprio. 12lnfatti, il divino amore vince ogni difetto ed aumenta, moltiplicandole, tutte le energie dell'anima. 13Se tu hai giusto discernimento, riporrai in Me solo la tua gioia, in Me solo la tua speranza, perché "nessuno è buono, se non uno solo, Dio" (Lc 18,19), il qualc deve essere sopra ogni cosa lodato ed in ogni cosa benedetto. Note al Capitolo 9° 3"Se in qualche cosa cerchi te stesso, subito interiormente decadi e inaridisci". Chi è impegnato nella vita spirituale e si sforza di vivere vicino a Dio nella preghiera, conosce certamente anche l'aridità. L’aridita è una privazione delle consolazioni sensibili e spirituali che agevolano Ia preghiera e la pratica della virtù. Dio permette l'aridità, perchè ci distacchiamo dalle cose create ed impariamo ad amarLo non per le sue consolazioni, ma per un amore sempre più disinteressato. Non è un castigo, ma una grazia; tuttavia, talvolta può essere anche come un campanello d'allarme, quando ci siamo allontanati alquanto da Lui, per avvertirci che qualche cosa non va.

Capitolo decimo DOLCE E’ SERVIRE DIO PER CHI DISPREZZA IL MONDO PAROLE DEL DISCEPOLO 1Ora tornerò a parlare, o Signore, e non tacerò; all'orecchio del mio Dio, mio Signore e mio Re, che sta nell'alto dei Cieli, dirò: 2"Oh, quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che Ti temono!" (Sal 30,20). 3Ma che cosa sei Tu per coloro che Ti amano, per coloro che Ti servono con tutto il cuore? 4Veramente ineffabile è la dolcezza della tua contemplazione, che Tu concedi con larghezza a coloro che Ti amano. 5Tu m'hai mostrato la soavità del tuo amore specialmente in questo: mentre ancora io non esistevo, Tu m'hai creato; mentre io andavo errando lungi da Te, m'hai ricondotto a Te, perché Ti servissi, e m'hai comandato d'amarTi. 6Oh! fonte d'eterno amore. Che potrò dire di Te? 7Come potrò dimenticarmi di Te, che Ti sei degnato di ricordarTi di me, anche dopo che mi ero corrotto per i miei peccati e m'ero perduto? 8La tua misericordia con il tuo servo è andata oltre ogni speranza, e gli hai offerto la grazia e l'amicizia oltre ogni merito. 9 Che cosa potrò io dare in cambio di così grande grazia? Non a tutti, infatti, è stato concesso d'abbandonare ogni cosa, di rinunciare al mondo e d'abbracciare la vita monastica. 10È, forse, un gran fatto ch'io mi consacri al tuo servizio, mentre ogni creatura è tenuta a servirTi? 11No, non deve sembrarmi gran cosa il servire Te; questo, piuttosto, mi appare grande e mirabile, che Tu Ti degni d'accogliere come tuo servo, e di porlo nel numero dei servi da Te amati, uno così povero ed indegno come me. 12 Ecco: appartiene a Te tutto ciò che io possiedo e con cui Ti servo. 13Nondimeno, è


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vero il rovescio: servi più Tu me, che non io Te. 14Ecco: il cielo e la terra, che Tu hai creati a servizio dell'uomo, sono pronti ad esegnire, ogni giorno, ogni tuo comando. 15 E questo è ancora poco, perché hai deputato al servizio dell'uomo persino gli Angeli. '1Ma sorpassa tutte queste cose il fatto che Tu stesso Ti sei degnato di servire l'uomo ed hai promesso di dargli un giorno Te stesso. 17Che cosa potrò dare a Te, in cambio di tutti questi innumerevoli benefici? 18Oh, potessi servirTi tutti i giorni della mia vita! 19 Oh, potessi almeno prestarTi servizio degnamente per un solo giorno! 20In verità, Tu sei degno d'ogni servizio, d'ogni onore d'eterna lode! 21In verità, Tu sei il mio Signore ed io il tuo povero servo, tenuto a servirTi con tutte le forze, senza mai stancarmi di cantare le tue lodi. 22Questa è la mia volontà, questo il mio desiderio: e Ti degnati di supplire a tutto quello che mi manca. 23È grande onore, è grande gloria mettersi al tuo servizio e disprezzare tutte le cose per amor tuo. 24Infatti, quelli che si saranno spontaneamente assoggettati al tuo santissimo servizio, avranno grazia in abbondanza. 25 Troveranno le più soavi consolazioni dello Spirito Santo coloro che, per tuo amore, avranno rigettato ogni piacere della carne. 26Conseguiranno una grande libertà di spirito coloro che, ad onore del tuo nome, camminano per la via stretta, trascurando ogni sollecitudine mondana. 27O amabile e lieto servizio di Dio, che rende l'uomo veramente libero e santo! 28O sacro stato del religioso servizio, che rende l'uomo simile agli Angeli, gradito a Dio, terribile ai demoni, venerando a tutti i fedeli! 29O servitù degna sempre d'essere abbracciata e desiderata, perché con essa si merita il Sommo Bene e s'acquista una gioia che durerà senza fine! Note al Capitolo 10° 4"Veramente ineffabile é la dolcezza della tua contemplazione...". L'imitazione di Cristo è nata in ambiente monastico e mette in risalto la bellezza della consacrazione religiosa praticata dai monaci. Senza nulla togliere a questa bellezza, che trova il suo fondamento nel vangelo stesso e in Gesù, Lui pure vergine, nato da una vergine, Maria, e custodito da un padre putativo vergine, Giuseppe, ci si può staccare dal mondo anche nella vita coniugale. Coloro che si consacrano a Dio nel celibato o nella verginità, nel disegno di Dio e della Chiesa sono come gli alfieri, i portabandiera che devono indicare agli altri la strada da segnire, per non diventare schiavi della materia e della carne; ma coloro che li seguono, fedeli alle ispirazioni della grazia, anch'essi lasciano il mondo e servono Dio.

Capitolo undicesimo ESAME E MODERAZIONE DEI DESIDERI DEL CUORE PAROLE DEL SIGNORE 1O figlio, bisogna che tu impari ancora molte cose: fino ad oggi non le hai ancora apprese bene. PAROLE DEL DISCEPOLO 2Signore, quali sono queste cose? PAROLE DEL SIGNORE 3Che tu indirizzi i tuoi desideri interamente al mio beneplacito; che tu non sia amante di te stesso, ma che brami di seguire con zelo la mia volontà. 4Spesso, i desideri t'infiammano e ti spingono con impeto. Ma rifletti se tu ti lasci muovere dall'onore mio o non piuttosto dal tuo compiacimento. 5Se ne sono Io l'oggetto, sarai pienamente felice, qualunque cosa Io avrò disposto; ma se sotto si nasconde qualche tuo particolare interesse, ecco, è questo che ti ostacola e ti appesantisce. 6Evita, dunque, di fermarti troppo su un desiderio concepito senza consultare Me, perché non ti succeda di dovertene poi pentire o perché non ti dolga di quello che dapprima ti piaceva e che desideravi vivamente come preferibile. 7lnfatti, non ogni impulso che sembra buono dev'essere seguito subito; ma nemmeno dev'essere immediatamente rigettato ogni impulso che sembra non buono. 8È’ opportuno, talvolta, che tu usi moderazione anche nelle buone aspirazioni e nei pii desideri, perché, divenendo essi eccessivi, il tuo animo non ne venga distolto; perché tu non ingeneri scandalo negli altri con il tuo zelo disordinato; oppure anche perché, trovando opposìzione negli altri, non ti turbi e non ti abbatta deluso. 9Talvolta, però, occorre usarsi violenza ed opporsi virilmente all'impulso dei sensi, e non badare a ciò che vuole o non vuole la carne, ma piuttosto far di tutto perché essa, sia pure riluttante, resti sottomessa allo spirito. 10E la si deve castigare e costringere a stare in servitù, fino


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a che sia disposta a tutto; fino a che impari ad accontentarsi di poco ed a godere delle cose semplici ed a non esitare, borbottando, di fronte a qualche contrarietà. Note al capitolo 11° 4"Rifletti se tu ti lasci muovere dall 'onore mio o non piuttosto dal tuo compiacimento". La vita è una prova. Veniamo da Dio. Abbiamo ricevuto tutto da Lui. Siamo stati creati per Lui e solo in Lui troveremo la nostra perfetta realizzazione e la felicità. Ma Dio non ci vuole dei "robot": ci vuole responsabilizzare; per questo, ci lascia liberi di fare anche il male. La vera vita non è su questa terra, ma in Dio stesso. Per questo, permette le ingiustizie, gli scandali, il male. Per questo, gli innocenti pagano per i malvagi. Solo alla fine Dio tirerà le somme e darà a ciascuno secondo i propri meriti; per adesso pazienta, perché i cattivi si convertano e i buoni si perfezionino nella prova.

Capitolo dodicesimo ESERCIZIO DELLA PAZIENZA E LOTTA CONTRO I SENSI PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore Iddio, come vado accorgendomi, mi è veramente necessano saper soffrire, poiché in questa vita accadono molte avversità. 2 lnvero, in qualunque maniera io abbia disposto per la mia tranquillità, la mia esistenza non può essere esente da lotte e dolori. PAROLE DEL SIGNORE 3Così è, figlio! Ma è mio volere che tu non cerchi una pace esente da tentazioni o insensibile alle avversità. 4Ma è mio volere che tu ritenga d'aver trovato pace anche quando sarai tormentato da tribolazioni di vario genere e provato da molte contrarietà. 5Se dirai che non riesci a sopportarne molte, come riuscirai un giorno a sopportare il fuoco del Purgatorio? 6Tra due mali bisogna sempre scegliere il minore. 7Perché, dunque, tu possa evitare l'eterno tuturo supplizio, cerca di sopportare volentieri, per amore di Dio, i mali presenti. 8Credi, forse, che gli uomini che vivono dediti al mondo patiscano nulla o poco? 9Questo non lo potrai riscontrare, neppure se cercassi fra quelli che vivono negli agi più raffinati. PAROLE DEL DISCEPOLO 10Ma costoro - mi dici - hanno molte gioie ed assecondano i loro desideri; e perciò, sentono poco il peso delle loro tribolazioni. PAROLE DEL SIGNORE 11Sia pure così: abbiano pure qualunque cosa vogliano. Ma per quanto tempo pensi che ciò durerà? 12Ecco, "come fumo svaniranno" (Sal 36,20) coloro che sono nell'abbondanza in questo mondo, e dei loro passati godimenti non rimarrà alcun ricordo. 13Anzi, mentre ancora sono in vita, non vi si possono adagiare senza amarezze, noie e timori. 14Spesso, dalle medesime cose, dalle quali traggono soddisfazione, raccolgono il castigo della loro sofferenza. 15Ed è giusto che tocchi loro così, perché, cercando e seguendo i piaceri fuori dell'ordine divino, non riescono a saziarsene senza turbamento ed amarezza. 16Oh quanto brevi, quanto falsi, quanto sregolati e turpi sono tutti questi piaceri! 17E tutta via, gli uomini del mondo, a causa della loro ebbrezza e cecità, non lo avvertono; e, come bruti, per un piccolo godimento di questa vita corruttibile, corrono incontro alla morte dell'anima. 18Tu, dunque, o figlio, "non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri" (Sir 18 ,30). "Cerca la gioia nel Signore; Egli esaudirò i desideri del tuo cuore" (Sal 36,4). 19Se davvero vuoi godere la gioia ed essere più largamente confortato da Me, ecco, nel disprezzo di tutte le cose mondane e nel distacco da tutti i più bassi piaceri consisterà la tua benedizione; e ti sarà reso in cambio abbondante conforto. 20E quanto più ti sarai privato d'ogni conforto che venga dalle creature, tanto più soavi e profondi conforti troverai in Me. 21 Ma da principio, non potrai raggiungerli senza avere sofferto ed aspramente lottato. 22 Ti opporrà resistenza l'inveterata consuetudine, che, però, sarà poi vinta da un'abitudine migliore. 23Protesterà la carne, ma sarà tenuta a freno dal fervore spirituale. 24L’antico serpente verrà a tentarti fino all'esasperazione, ma sarà messo in tuga dalla preghiera; inoltre, con proficuo lavoro gli verrà chiusa in faccia la porta principale della tua anima. Note al capitolo 12° 2"La mia esistenza non può essere esente da lotte e dolori". Lotta e dolori vengono dalle tre concupiscenze: carae, occhi e superbia della vita (cf. lGv 2,16). Oueste concupiscenze, a causa del peccato, soddisfatte o no, saranno sempre causa di sofferenza; se si


50 combattono, diventano motivo di pace interiore; se cediamo ad esse, diventano motivo di ulteriori tentazioni e sofferenze, e possono condurre al fallimento totale della nostra esistenza.

Capitolo tredicesimo L'UMILE SERVO UBBIDISCE AI SUPERIORI SULL'ESEMPIO DI CRISTO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, chi tenta di sottrarsi all'obbedienza si sottrae da se stesso alla grazia; e chi cerca di possedere beni propri, perde anche quelli che sono della vita in comune. 2Chi non si sottomette volentieri e spontaneamente al suo Superiore, dà a vedere che la carne non ubbidisce ancora perfettamente a lui, ma spesso recalcitra e mormora. 3Impara, dunque, a sottometterti con prontezza al tuo Superiore, se desideri soggiogare la tua propria carne. 4Infatti, si vince più presto il nemico di fuori, se l'uomo non sarà stato devastato interiormente. 5Non c'è nemico peggiore e più insidioso per l'anima tua, di te stesso, quando non sei bene in armonia con lo spirito. 6Se vuoi riportare vittoria sulla carne e sul sangue, occorre che ti rivesta di totale e vero disprezzo di te stesso. 7Perché ami ancora troppo disordinatamente te stesso, per questo sei esitante ad abbandonarti pienamente alla volontà degli altri. 8Ma che c'è di straordinario se tu, polvere e nulla, per amore di Dio ti sottometti ad un uomo, quando Io, Onnipotente ed Altissimo, che ho creato dal nulla ogni cosa, mi sono umilmente assoggettato all'uomo per amor tuo? 9Mi sono fatto il più umile ed il più piccolo di tutti, perché tu potessi con la mia umiliazione vincere la tua superbia. 10 Impara, o polvere, ad ubbidire; impara, o terra e fango, ad umiliarti; impara a piegarti sotto i piedi di tutti. 11Impara a reprimere le tue voglie e ad accettare ogni genere di sottomissione. 12Accenditi di sdegno contro te stesso e non permettere che in te viva tronfio, orgoglio; ma renditi così sottomesso e piccolo, che tutti possano camminare sopra di te e calpestarti come fango della strada. 13Che hai da lamentare tu, uomo buono a nulla? 14Che hai tu, immondo peccatore, da replicare a coloro che ti rimproverano; tu, che tante volte hai offeso Dio e tanto spesso hai meritato l'Inferno? 15 Ma il mio sguardo si posò su di te con compassione, perché preziosa davanti al mio sguardo era l'anima tua; cosicché tu conoscessi il mio amore, mi fossi sempre grato per i miei benefici, perché ti dessi con costanza all'esercizio della vera obbedienza ed umiltà e sopportassi con pazienza il disprezzo. Note al capitolo 13° 9"Mi sono fatto il più umile e il più piccolo di tutti, perché tu potessi con la mia umiliazione vincere la tua superbia". Ancora una volta l'autore si rivolge soprattutto ai monaci, ma l'esortazione vale per tutti. L’individuo, per la sua educazione fisica, intellettuale, morale e spirituale, deve vivere in società, e questa non può vivere senza autorità. Ma fin dagli inizi i nostri progenitori sono caduti nella tentazione di essere come Dio. Come le cellule del corpo umano, noi dobbiamo formare un corpo solo. Se una cellula vuoi fare senza le altre, diventa principio di un brutto male. L’umanità va male, perché tutti vogliono essere come Dio e si credono migliori degli altri.

Capitolo quattoordicesimo LA MEDITAZIONE SUI SEGRETI GIUDIZI DI DIO CI LIBERA DALLA SUPERBIA PAROLE DEL DISCEPOLO 1Tu, o Signore, fai sentire su i me il tuono dei tuoi giudizi; e con timore e tremore scuoti tutte le mie ossa; e ne è profondamente sgomenta l'anima mia. 2Io, attonito, penso che nemmeno i cieli sono puri di fronte a Te. 3Se hai trovato macchia negli Angeli e non li hai risparmiati, che sarà di me? 4 Caddero le stelle dal cielo; ed io, che sono polvere, che cosa posso presumere di me? 5 Quelli, le cui opere sembravano degne di lode, caddero umiliati; ed ho veduto che quelli che mangiavano il pane degli Angeli si sfamavano con piacere di ghiande porcine. 6Non c'è, dunque, santità, se Tu, o Signore, ritiri la tua mano. 7La sapienza non giova, se Tu smetti di reggerci. 8Non giova la fortezza, se Tu cessi di sostenerla. 9 Non c'è castità sicura, se Tu non la proteggi. 10Non serve la nostra propria vigilanza, se non ci assiste la tua santa protezione. 11Infatti, abbandonàti da Te, affondiamo e ci perdiamo; ma se Tu ci visiti, ci risolleviamo e ritorniamo a vivere. 12Siamo veramente


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instabili, ma per mezzo di Te ci rinsaldiamo; siamo tiepidi, ma Tu ci infervori. 13Oh, quanto devo essere consapevole della mia bassezza e della mia abiezione! Come non devo fare conto alcuno di quel poco di bene, che mi possa sembrare d'avere! 14Oh, quanto profondamente devo abbassarmi sotto i tuoi imperscrutabili giudizi, o Signore! In essi vedo che sono nulla, nient'altro che nulla! 15Oh, peso immenso; oh, invalicabile oceano, in cui nulla ritrovo di me, nulla assolutamente! 16Dove, dunque, è andata a finire la mia boria, dove la fiducia riposta nella mia virtù? 17Ogni mia vanagloria è inghiottita nella profondità dei tuoi giudizi su di me. 18Che cosa è mai ciascun uomo di fronte a Te? 19Potrà, forse, discutere l'argilla con colui che la plasma?" (Is 45,9). 20 Come può insuperbire per lodi vane chi ha il cuore effettivamente sottomesso a Dio? 21 Il mondo intero non riuscirà a rendere superbo colui che si è assoggettato alla Verità, né un coro universale di lo di varrà a smuovere colui che ha posto in Dio tutta la sua speranza. 22Infatti, anche quelli che lodano, ecco, sono essi stessi un nulla e scompariranno insieme con il suono delle loro parole. 23lnvece, "la Verità del Signore rimane in eterno" (Sal 16,2). Note al capitolo 14° 1“Caddero le stelle del cielo...". Allusione, forse, ad Apecalisse 6,13, quando l'Agnello aprì il sesto sigillo, o a 12,9, quando il drago fu precipitato coi suoi Angeli ribelli sulla terra. In ogni caso, il superbo, anche se per un istante trionfa, è destinato a scomparire davanti alla verita', che è il verho stesso di Dio.

Capitolo quindicesimo COME COMPORTARSI E PARLARE IN OGNI NOSTRO DESIDERIO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, in ogni cosa devi dire: Signore, se questo a Te piace, sia fatto così. 2Signore, se questo tornerà a tuo onore, sia fatto nel tuo nome. 3 Signore, se vedi che questo mi è necessario e mi è utile, fa' ch'io me ne serva ad onore tuo. 4Ma se conosci che mi sarà nocivo e non utile alla salvezza dell'anima mia, toglimi tale desiderio. 5lnfatti, non ogni desiderio viene dallo Spirito Santo, anche se all'uomo sembri retto e buono. 6È’ difficile giudicare secondo verità se lo spirito che ti spinge a desiderare questa o quella cosa sia buono o cattivo; oppure anche se tu sia mosso dal tuo amor proprio. 7Molti, che dapprima si credevano mossi da sentimento buono, alla fine furono tratti in inganno. 8Perciò, qualunque cosa si presenta al pensiero come desiderabile si deve desiderare e chiedere con timore di Dio e con umiltà di cuore; e, soprattutto, ogni cosa va rimessa a Me con pieno abbandono di se stessi, dicendo: 9Signore, Tu sai che cosa è meglio per me: sia fatto questo o quello, secondo la tua volontà. 10Dammi ciò che vuoi e quanto vuoi e quando vuoi. 11Opera con me secondo la tua sapienza, secondo la tua volontà e per la tua maggiore gloria. 12 Ponimi dove Tu vuoi, e disponi liberamente di me in ogni cosa. 13Io sono nelle tue mani, girami e rigirami per ogni verso. 14Ecco, io sono il tuo servo, disposto a tutto, poiché non desidero vivere per me, ma solo per Te; ed almeno potessi farlo degnamente e perfettamente! PREGHIERA PER ADEMPIERE IN TUTTO LA VOLONTÀ DI DIO. 15 O benignissimo Gesù, concedimi la tua Grazia e fa' ch'essa sia sempre con me ed operi in me, ed in me perseveri sino alla fine. 16Fa' ch'io sempre desideri e voglia ciò che a Te è più gradito e più caro. 17La tua volontà sia la mia volontà; che la mia volontà segua sempre la tua ed a questa si conformi pienamente. 18Il mio volere ed il mio non volere siano sempre uguali al tuo volere e non volere; ch'io non possa volere o non volere altro, se non ciò che Tu vuoi e non vuoi. 19Fammi morire a tutto ciò che è nel mondo, e amare d'essere disprezzato ed ignorato da tutti in questo mondo, per amore tuo. 20Fa' che, sopra ogni altro desiderio, io mi riposi in Te e che il mio cuore trovi pace in Te. 21Tu sei la vera pace del cuore, Tu sei l'unico riposo; fuori di Te, tutto è affanno ed inquietudine. 22"In questa pace", vale a dire in Te, unico, sommo, eterno Bene, "io dormirò e riposerò" (Sal 4,9). Così sia. Note al capitolo 15° 9"Signore, Tu sai che cosa é meglio per me: sia fatto.. secondo la tua volontà". Amare significa uniformarsi alla volontà della persona amata. Dio ci ama ed ha un piano che


52 desidera attuare su di noi. L’attunzione di questo piano costituirà anche la nostra felicità, la realizzazione di noi stessi. È nel nostro interesse uniformarci alla divina volontà.

Capitolo sedicesimo LA VERA CONSOLAZIONE VA CERCATA SOLAMENTE IN DIO PAROLE DEL DISCEPOLO tQualunque cosa io possa desiderare o immaginare per mia consolazione, non me la riprometto qui, ora, ma m futuro. 2Perché, pur se avessi, per me solo, tutte le consolazioni del mondo e potessi godere tutte le delizie terrene, certamente esse non potrebbero durare a lungo. 3Non potrai, quindi, anima mia, trovare piena consolazione né perfetto conforto se non in Dio, consolatore dei miseri e rifligio degli umili. 4Aspetta un poco, anima mia, aspetta la divina promessa ed avrai in Cielo la pienezza d'ogni bene. 5Se tu brami troppo disordinatamente i beni della terra, perderai quelli eterni del Cielo. 6Abbi pure le cose temporali per il giusto uso, ma il desiderio sia per le cose eterne. 7Nessun bene di quaggiù vale a saziarti, perché non sei stata creata per goderne. 8Anche se tu possedessi tutti i beni del mondo, non potresti essere felice e beata; ma solo in Dio, Creatore dell'universo, consiste interamente la tua beatitudine e felicità. 9Non quella che sembra tale e viene esaltata dagli stolti che amano il mondo, ma quella che attendono i buoni fedeli di Cristo; ma quella che talora pregustano coloro che vivono dello spirito ed i puri di cuore, "la patria dei quali è nei Cieli" (Fil 3,20). 10Vano e breve è ogni conforto che viene dagli uomimi. 11Conforto vero e beatificante è quello che si attinge interiormente dalla Verità. 12L’uomo pio porta, dappertutto, con sé il suo Consolatore, Gesù, e Gli dice: Stammi vicino, o Signore Gesù, in ogni luogo ed in ogni tempo. 13Mia consolazione sia questa: privarmi con animo lieto d'ogni conforto umano. 14E qualora mi mancasse la tua consolazione, la tua volontà e la giusta prova alla quale Tu mi sottoponi, siano mio supremo conforto. 15lnfatti, "non durerà per sempre la tua collera né sarà eterna la tua minaccia" (Sal 102,9). Note al capitolo 16°12 "L'uomo pio porta, dappertutto, con sé il suo Consolatore. Gesù". Il Signore, per attirarci a Sé, ci concede consolazioni: dolci emozioni che ci fanno sentire gioia. Anche il demonio, agendo sul sistema nervoso, sull'immaginazione e sulla sensibilità, può provocare le sue consolazioni, per poi spingerci alla vanità, alla presunzione, ad austerità indiscrete, e farci finire nello scoraggiamento. Per trarre profitto dalle consolazioni che vengono da Dio, e schivare il pericolo di essere ingannati dal demonio, dobbiamo essere umili, riconoscerci indegni di simili favori, attribuire tutto il merito alla bontà di Dio e, soprattutto, impegnarci sempre più nell'imitare Gesù.

Capitolo diciassettesimo DOBBIAMO RIMETTERE OGNI NOSTRA PREOCCUPAZIONE NELLE MANI DI DIO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, lascia ch'Io faccia con te quello che voglio: Io so quello che ti è necessano. 2Tu pensi da uomo; tu hai pensieri umani in molte cose, come ti suggerisce l'umano sentimento. PAROLE DEL DISCEPOLO 3Quello che Tu dici, o Signore, è vero. La tua sollecitudine per me è maggiore di quella ch'io posso avere per me stesso. 4Chi non rimette ogni sua preoccupazione in Te, si affida troppo al caso. 5Signore, purché la mia volontà si conservi sempre retta e stabilmente unita a Te, fa' di me qualunque cosa Ti sarà piaciuta. 6ìnfatti, qualunque cosa farai a mio riguardo non può essere che il bene. 7 Se Tu vuoi ch'io giaccia nelle tenebre dello spirito, sii benedetto; se invece mi vuoi nella luce, sii Tu ancora benedetto. Se Ti degni di darmi consolazioni, sii Tu benedetto; se invece mi vuoi far soffrire, sii Tu parimenti e sempre benedetto. PAROLE DEL SIGNORE 8Figlio, se desideri camminare con Me, devi comportarti proprio così. 9Devi essere disposto tanto a patire, quanto a godere. 10Devi essere volentieri indigente e povero tanto, quanto saresti lieto nell'abbondanza e nella ricchezza. PAROLE DEL DISCEPOLO 11Signore, volentieri soffrirò per tuo amore qualunque


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cosa vorrai che mi succeda. Voglio accettare dalla tua mano, con lo stesso animo, il bene ed il male, la dolcezza e l'amarezza, la gioia ed il dolore; e voglio renderTi grazie per tutte le cose che mi possono accadere. 13Preservami da ogni peccato, e non temerò né la morte né l'Inferno. 14Purché Tu non mi respinga per sempre e non mi cancelli dal libro della Vita, non mi potrà nuocere qualunque tribolazione mi sopravvenga. Note al capitolo 17° 10"Devi essere volentieri indigente e povero tanto, quanto saresti lieto nell'abbondanza e nella ricchezza". La vita è piena d'incognite. Come si può perdere la salute fisica, così si può perdere il benessere materiale e cadere nella miseria. In ogni caso, il cristiano non deve abbattersi, ma accettare tutto dalla mano di Dio, come diceva l'Apostolo: "Ho imparato ad essere povero ed ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà ed alla fame, all'abbondanza e all 'indigenza. Tutto posso in Colui che mi dà la forza " (Fil 4,12-13).

Capitolo diciottesimo DOBBIAMO SOPPORTARE SERENAMENTE LE MISERIE DEL MONDO SULL' ESEMPIO DI CRISTO PAROLE DE SIGNORE 1Figlio, Io sono disceso dal Cielo per la tua salvezza; ho preso su di Me le tue miserie, non costretto da necessità, ma per amore, perché tu imparassi a soffrire ed a sopportare con rassegnazione le miserie di questo mondo. 2 Infatti, dal momento della mia nascita fino alla morte in croce, non venne mai meno a Me la forza di sopportare il dolore. 3Ho avuto penuria di beni terreni, ho udito spesso molte accuse alla mia condotta, ho sopportato, mansueto, umiliazioni e scherni; ho raccolto ingratitudine in cambio dei miei benefici, bestemmie per i miei miracoli, rimproveri per i miei insegnamenti. PAROLE DEL DISCEPOLO 4O Signore, poiché Tu tanto hai patito nella tua vita, adempiendo in ciò perfettamente la volontà del Padre tuo, è giusto che io, meschino peccatore, sopporti me stesso conformandomi alla tua volontà, e che, per la mia salvezza, io porti il peso di questa vita corruttibile finché lo vorrai. 5Sebbene, infatti, la vita presente sia sentita come un peso, nondimeno, per tua grazia, è già diventata sorgente di molti meriti e, grazie al tuo esempio e sulle orme dei tuoi Santi, s'è fatta più sopportabile e più serena anche ai deboli. 6Anzi è molto più consolante di quanto non fosse al tempo dell'antica Legge, quando rimaneva chiusa la porta del Cielo ed ancora sembrava più buia per salirvi, quando così pochi si davano pensiero di cercare il Regno dei Cieli. 7E prima della tua Passione, prima che fosse stato pagato il debito del peccato, neppure i giusti ed i meritevoli di salvezza potevano entrare nel Regno Celeste. 8Oh, quanto devo ringraziarTi per esserTi degnato di mostrare a me e a tutti i fedeli la via diritta e sicura che conduce al tuo Regno eterno! 9La tua vita è la nostra strada: alla luce della tua santa sofferenza noi camminiamo verso di Te, che sei nostra corona. 10Se Tu non ci avessi preceduti ed ammaestrati, chi si curerebbe di seguirTi? 11 Quanti, se non potessero fissare lo sguardo sui tuoi luminosi esempi, rimarrebbero indietro, lontani! 12Ecco, siamo tuttora tiepidi, pur dopo aver udito il racconto di tanti tuoi miracoli e pur dopo tanti insegnamenti! Che cosa avverrebbe di noi, se non avessimo così grande luce per seguire le tue orme? Note al capitolo 18° 1"Figlio, Io sono disceso dal Cielo per la tua salvezza...". Noi guardiamo agli altri pieni d'invidia, perché pensiamo che essi siano più fortunati, più felici, più di noi in possesso di beni materiali e di talenti. Spesso crediamo di essere, a nostra volta, oggetto d'invidia, di odio, di fatture, perché la salute, gli affari, le soddisfazioni che ci attendevamo non hanno avuto luogo. Abbiamo acceso tanti lumini a Sant'Antonio e a Santa Rita senza ottenere quello che volevamo. Non è così che deve comportarsi il Cristiano. Invece di guardare agli altri, dovremmo fissare il nostro sguardo a Cristo e imitare Lui, che è disceso dal Cielo per darci un esempio di sopportazione. Dobbiamo imparare da Lui la pazienza. La pazienza è una virtù che ci fa sopportare con animo tranquillo, per amor di Dio, le tribolazioni della vita, senza lamentarci e imprecare.

Capitolo diciannovesimo NELLA SOPPORTAZIONE DELLE OFFESE STA LA PERFEZIONE DELLA PAZIENZA


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PAROLE DEL SIGNORE Che è quello che vai dicendo, figlio? Cessa di lagnarti, meditando sulle mie sofferenze e su quelle di tanti Santi. 2"Tu non hai ancora sofferto fino a spargere il sangue" (Eb 12,4). 3E’ poco quello che patisci, in confronto con coloro che tanto hanno patito, che sono stati gravemente tentati, in mille modi provati ed angariati. 4Per poter sopportare più pazientemente le tue sofferenze, così piccole, occorre, quindi, che tu ritorni con il pensiero a quelle degli altri, più penose. 5E se a te non sembrano piccole, guarda anche che questo non sia frutto della tua incapacità di sopportazione. 6Ad ogni modo, piccole o grandi che siano, cerca di sopportarle tutte pazientemente. 7Quanto meglio ti disponi a patire, tanto più agisci da saggio e tanto maggior merito guadagni; porterai, anche più lievemente, il peso della sofferenza, quando ti sia energicamente addestrato ad essa nello spirito e con l'abitudine. 8E non dire: non riesco a sopportare questo da parte del tale; né devo subire ingiurie siffatte; egli m'ha fatto un grave torto e mi rimprovera di quello che non ho mai pensato; potrei invece, sopportare volentieri affronti da parte di qualche altro, e nel modo che avrò ritenuto giusto doverli sopportare. 9Un simile ragionamento è sciocco: invece di tener conto della virtù della pazienza o di Colui, dal quale un giorno sarà premiata, valuta piuttosto le persone e le offese subite. 10Non ha vera pazienza chi vuole patire soltanto quanto gli pare e da chi gli garba. 11Ha, invece, vera pazienza chi non bada da quale persona venga messo alla prova: se da un Superiore, da uno pari oppure da uno inferiore; se da una persona buona e santa oppure da un malvagio ed indegno. 12Ha vera pazienza chi, senza riguardo agli uomini, da qualunque creatura gli venga qualche contrarietà, per quanto grave sia e per quante volte succeda, tutto accetta con animo grato dalle mani di Dio e lo ritiene un grande acquisto. 13La ragione è che non c’è pena, per piccola che sia, ma sofferta per amore di Dio, che potrà passare senza merito presso di Lui. 14Sii, pertanto, preparato alla battaglia, se vuoi conseguire la vittoria. 15 Senza lotta non puoi raggiungere la corona per la tua sofferenza. 16Se non vuoi soffrire, tu rifiuti di essere un giorno coronato. 17Se, invece, desideri la corona, lotta con coraggio e sopporta con pazienza. 18Non si giunge al riposo senza fatica né si giunge alla vittorià senza battaglia. PAROLE DEL DISCEPOLO 19Rendimi possibile, o Signore, con la tua Grazia, ciò che a me sembra impossibile per la mia natura. 20Tu sai quanto poco io sia capace di soffrire; Tu sai che al sorgere d'una difficoltà, anche lieve, m'abbatto subito. 21Oh, mi diventi caro e desiderabile, a gloria del tuo nome, qualsiasi genere di tribolazione, poiché il patire e l'essere perseguitato per Te sono molto salutari per l'anima mia. Note al capitolo 19° 1"Cessa di lagnarti, meditando sulle mie sofferenze...". Ripetiamo che la vita é una prova. Dio non vuole il male, ma Io permette in vista di un bene maggiore. Se permette che siamo provati, é appunto per il nostro bene. Sottomettiamoci, dunque, alla prova per amore di Chi la permette. È’ un'occasione di uniformarci a Cristo. Se Lui, innocente, ha accettato di soffire tanto per noi, perché non accettiamo la nostra parte, noi che così innocenti non siamo? Perché non accettiamo di partecipare alle sue sofferenze per la redenzione del mondo?

Capitolo ventesimo RICONOSCERE LA PROPRIA DEBOLEZZA E LA MISERIA DELLA VITA PRESENTE PAROLE DEL DISCEPOLO 1"Confesserò contro di me il mio peccato" (Sal 31,5); a Te, o Signore, confesserò la mia debolezza. 2Ciò che mi deprime e rattrista è spesso cosa da nulla. 3Mi propongo di comportarmi da forte, in avvenire; ma quando sopraggiunge una piccola tentazione, la mia angustia si fa grande. 4Talvolta, una cosa assolutamente da nulla mi scatena contro una tentazione grave. 5E mentre mi ritengo un tantino sicuro, non avvertendo il pericolo, ecco che mi trovo talvolta quasi sopraffatto da un lieve soffio d'aria.6"Vedi, dunque, o Signore, la mia miseria" (Sal 24,18) e la mia fragilità che Ti si rivela in ogni occasione. 7Abbi pietà di me "e salvami dal fango, cosicché io non vi affondi" (Sal 68,15) né vi resti immerso per sempre. 8Ciò che spesso mi risospinge indietro e mi confonde davanti a Te, è questa


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mia grande facilità a cadere e questa mia grande debolezza nel resistere alle tentazioni. 9Ed anche se non cedo del tutto, pure la loro insistenza già mi riesce molesta e gravosa, e m'affligge molto vivere quotidianamente così, in questa lotta. 10La mia debolezza mi si rivela palese da questo, che le fantasie, che dovrei avere sempre in orrore, sono molto più pronte ad irrompere su di me, che non a partirsene. 11Almeno Tu, o potentissimo Dio d'Israele, difesa delle anime che hanno fede in Te, guarda alla fatica e all'afflizione del tuo servo ed assistilo in ogni impresa cui s'accinge! 12 Rinfrancami con la tua celeste fortezza, perché non prenda in me il sopravvento l'uomo vecchio, cioè la misera carne non ancora del tutto dominata dallo spirito; còntro di essa bisognerà sempre lottare, finché c'è fiato in questa infelicissima vita. 13 Ahimè, che vita è questa, dove non vengono a mancare tribolazioni e miserie; dove tutto è pieno d'insidie e nemici! 14Una tribolazione od una tentazione passa e ne viene un'altra; anzi, mentre dura ancora la lotta con la precedente, ne sopraggiungono altre più numerose ed impensate. 15E come si può amare una vita che serba così grandi amarezze, che è soggetta a tante disgrazie e miserie? 16Come, anzi, si può chiamare vita, se genera tante morti e sciagure? 17Oppure la si ama, e molti cercano in essa la propria gioia. 18Il mondo è spesso accusato d'essere ingannevole e vano; e tuttavia, non lo si abbandona facilmente, perché siamo troppo dominati dagli appetiti della carne. 19 Alcune cose, però, ci inducono ad amare il mondo, altre ci inducono a condannarlo. 20 "La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita" (1 Gv 2,16) trascinano ad amare il mondo, mentre le pene e le sofferenze, che giustamente ne conseguono, generano in noi odio e disgusto del mondo. 21Ma doloroso a dirsi - i piaceri peccaminosi hanno il sopravvento nell'anima dedita al mondo, la quale stima delizia lo stare tra le spine, perché non ha conosciuto né gustato mai la soavità di Dio né l'intimo godimento della virtù. 22Coloro, invece, che hanno un totale disprezzo del mondo e cercano di vivere per Dio nella santità della disciplina, non ignorano le divine dolcezze, promesse a chi sa veramente rinunciare al mondo; e vedono più chiaramente quanto gravi siano gli errori del mondo ed in quanto diversi modi esso s'inganni. Note al capitolo 20° 5"Mentre mi ritengo un tantino sicuro, non avvertendo il pericolo, ecco che mi trovo talvolta quasi sopraffatto da un lieve soffio d'aria". L’anima, purificata dai propri peccati, entra nella "via illuminativa". Gesù è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1, 9) di buona volontà; la "via illuminativa" consiste nel seguire Lui, imitare Lui, farLo il centro dei nostri pensieri, dei nostri affetti, dei nostri desideri. Questo non toglie, però, che non vi siano ancora difetti e qualche caduta grave, che diventano sempre più rari, mentre la coscienza si va raffinando, l'intelletto illuminando e la volontà fortificando sotto l'azione della Grazia divina.

Capitolo ventunesimo IN DIO SOLO, SOPRA OGNI BENE E OGNI DONO, DOBBIAMO TROVARE LA PACE PAROLE DEL DISCEPOLO 1Sopra tutte le cose ed in tutto, o anima mia, troverai pace sempre, solo nel Signore, perché è Lui l'eterna pace dei Santi. 2O dolcissimmo e amorosissimo Gesù, concedimi d'aver pace in Te sopra ogni creatura; 3Sopra ogni bene, sopra ogni bellezza, sopra ogni gloria ed ogni onore, sopra ogni potenza e dignità, sopra ogni scienza ed acutezza d'ingegno; 4Sopra tutte le ricchezze e le arti, sopra ogni gioia ed esultanza, sopra ogni fama e lode, sopra ogni dolcezza e consolazione; 5Sopra ogni speranza e promessa, sopra ogni merito e desiderio; 6Sopra ogni dono e favore, che Tu puoi elargire ed infondere; sopra ogni gaudio e giubilo, che mente umana può ricevere ed assaporare; 7lnfine, sopra gli Angeli e gli Arcangeli e sopra tutta la milizia celeste, sopra le cose visibili ed invisibili e sopra tutto ciò che non è Te, Dio mio! 81n verità, Tu, Signore Dio mio, sei l'Ottimo sopra tutte le cose; Tu solo sei l'Altissimo, Tu solo sei l'Onnipotente, Tu solo sei l'Essere più sufficiente e ricco; Tu solo dài soavità e consolazione. 9Tu solo sei infinitamente bello ed amoroso; Tu solo sei, più d'ogni cosa, adorno di maestà e splendido di gloria; in Te sono, furono


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sempre e saranno uniti insieme tutti i beni in grado perfetto. 10Perciò, qualunque cosa Tu mi doni, all'intuori di Te stesso, qualunque cosaTu mi riveli di Te o mi prometta, se non contemplo e non posseggo pienamente Te, e' scarsa e non basta ad appagarmi. 11 La ragione è, certo, che il mio cuore non può trovare vera pace né essere del tutto felice se non in Te, trascendendo tutti i doni ed ogni creatura. 12O Gesù Cristo, mio dilettissimo Sposo! O Amore purissimo! O Signore di tutte quante le creature! Chi mi darà le ali della vera libertà, per volare fino a Te ed avere pace in Te? 13Oh! quando mi sarà dato d'attendere pienamente a Te e di contemplare la tua soavità, o Signore Dio mio? 14Quando potrò raccogliermi completamente in Te, cosicché, per amore tuo, io non senta più me stesso, ma Te unicamente, oltre ogni senso e modo umano, come non tutti sanno conoscere? 15Per ora, invece, piango spesso e porto con dolore il peso della mia infelicità. 16Infatti, in questa valle di miserie s'incontrano molti mali: molto spesso mi turbano, mi rattristano, mi annuvolano lo spirito; troppo spesso mi sono d'inciampo e disorientamento, m'attirano ed irretiscono, per impedire ch'io abbia libero accesso a Te e goda dei gioiosi abbracci che Tu tieni sempre aperti agli spiriti beati. 17Ti muovano a pietà il mio sospiro e le molteplici pene che soffro qui, sulla terra! 18O Gesù, splendore d'eterna gloria, conforto dell'anima. pellegrina! La mia bocca è senza voce davanti a Te. ma il mio silenzio Ti parla! 19Fino a quando tarderà a venire il Signore mio? 20Venga a me, che sono il suo poverello, e mi faccia lieto; stenda la sua mano e strappi me, infelice, da ogni angustia. 21Vieni! Vieni! Senza di Te, non un giorno solo, non un' ora sarà lieta, perché sei Tu la mia letizia; squallida è la mia mensa senza di Te. 22Un pover'uomo io sono e, in certo modo, incarcerato e carico di ceppi, fino a che Tu non mi ristori con la luce della tua presenza, non mi renda la libertà e non mi mostri il tuo volto amico. 23Cerchino altri, invece di Te, qualunque cosa loro piacerà; a me nient'altro ora è gradito né sarà gradito, fuori di Te, mio Dio, speranza mia, salvezza eterna. 24Non tacerò né cesserò di supplicare, fino a quando non ritorni la tua Grazia e Tu non parli dentro di me. PAROLE DEL SIGNORE 25Eccomi, sono qui! Ecco, vengo Io da te, poiché tu m'hai invocato. Le tue lacrime, il desiderio dell'anima tua, la tua umiliazione e contrizione di cuore m'hanno piegato e ricondotto a te. PAROLE DEL DISCEPOLO 26Ed io dissi: Signore, Ti ho chiamato, ho desiderato godere della tua presenza e per Te sono disposto a rifiutare ogni cosa. 27Tu, per primo, m'hai spinto a cercarTi. 28Sii, dunque, benedetto, Signore, che hai usato questa bontà con il tuo servo, secondo la tua immensa misericordia. 29Che può altro avere da dirTi il tuo servo, se non parole di profonda umiliazione davanti a Te, ricordandosi sempre della propria iniquità e del proprio nulla? 30Fra tutte le meraviglie del cielo e della terra, infatti, non c’è nulla che Ti possa somigliare. 31Le tue opere sono sommamente buone, retti i tuoi giudizi, e dalla tua Provvidenza viene governato l’universo. 32A Te, dunque, lode e gloria, o Sapienza del Padre: la mia bocca, la mia anima e tutte insieme le cose create Ti lodino e Ti benedicano. Note al capitolo 21° 1"Solo nel Signore è l'eterna pace dei Santi". La parola “pace” viene da una radice indo-europea che significa "pattuizione'. Quando, però, si parla di pace interiore, bisogna riferirsi all'ebraico "shalom "che, secondo i suoi usi, può avere vari significati, come "intatto", "completo", "soddisfatto". Non si tratta, dunque, solo di un “patto”, come indicano il Latino "pax" e l'Italiano pace , ma significa anche "benessere", "armonia" con Dio, con gli altri, con la natura. "Pace con Dio", dunque, significa benedizione, riposo, felicità, ricchezza, salvezza, vita. 2 "O dolcissimo e amorosissimo Gesù, concedimi d'aver pace in Te...". L'imitazione di Cristo è stata accusata di"sentimentalismo" e di "intimismo". Ma "Dio è amore" (lGv 4,8.16). Chi ha avuto il dono di gustare questo amore non lo può esprimere che con linguaggio umano, analogo a quello che possono usare altre creature umane. E Dio Creatore si è fatto uomo proprio per esprimerci il suo amore divino con linguaggio umano, perché lo possiamo intendere. Ma, intendiamoci bene, questo amore non ha nulla a che fare con l'amore sessuale!

Capitolo ventiduesimo


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IL RICORDO DEGLI INNUMEREVOLI DONI DI DIO PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, apri il mio cuore alla tua legge ed insegnami a camminare nei tuoi precetti. 2Fa' ch'io comprenda la tua volontà; fa' che, con grande riverenza e con attenta riflessione, io conservi il ricordo dei tuoi benefici, così in generale come in particolare, perché io sappia d'ora in poi renderTene degne grazie. 3 So bene, peraltro, e lo confesso, di non poter neppure in minima parte renderTi le dovute grazie. 4Sono impari a tutti i doni che mi sono stati largiti; e quando considero la tua eccellenza, il mio spirito viene meno, perché impedito da questa immensità. 5 Tutto ciò che abbiamo nell'anima e nel corpo, tutto ciò che possediamo dentro o fuori di noi, nell'ordine naturale o soprannaturale, tutto è beneficio tuo ed esalta la benevolenza, la misericordia, la bontà di Colui, dal quale abbiamo ricevuto ogni bene. 6 Ed anche se uno ha ricevuto doni maggiori, un altro minori, tutto, però, è tuo; e senza di Te, neppure il bene più piccolo si può avere. 7Chi ha ricevuto doni maggiori non può vantarsene, come se fossero merito suo, né salire in orgoglio sugli altri né schernire chi ha avuto meno, perché maggiore e migliore è colui che attribuisce a se stesso minor merito, ed è più umile e devoto nel ringraziare Dio. 8Chi si ritiene più disprezzabile e più indegno di tutti, si mette in condizione più favorevole a ricevere grazie più grandi. 9Chi, poi, ne ha ricevute meno, non deve rattristarsi né crucciarsi né portare invidia a chi ha avuto di più. 10Deve, piuttosto, guardare a Te e lodare sommamente la tua bontà, perché Tu dispensi i tuoi doni con tanta abbondanza, tanto gratuitamente, tanto volentieri, senza riguardi personali. 11Tutto viene da Te, ed in ogni cosa devi essere, perciò, lodato. 12Sai, Tu, quello che sia giusto venga donato a ciascuno; non compete a noi, ma a Te, presso il quale sono tenuti esattamente in conto i meriti delle singole persone, giudicare perché uno abbia di meno ed un altro di più. 13 Perciò, o Signore Dio, io considero grande dono anche il non avere molte di quelle cose, dalle quali sembrano venire lodi ed onori dall'esterno, a giudizio degli uomini. 14 Così, considerando la propria povertà e la pochezza della propria persona, l'uomo non solo non dovrebbe sentirne avvilimento o tristezza o abbattimento, ma piuttosto consolazione e grande gioia: 15perché, Tu, o Dio, hai eletto come tuoi intimi amici i poveri, gli umili e i disprezzati da questo mondo. 16Ne sono testimoni i tuoi stessi Apostoli che "hai costituito principi su tutta la terra" (Sal 44,17); 17E tuttavia, essi vissero in questo mondo senza lamentarsi; tanto umili e semplici, senza ombra d'astuzia e d'inganno sono stati, da rallegrarsi perfino di soffrire ingiurie "per amore del tuo nome" (At 5,41), e da abbracciare di loro iniziativa, con grande ardore, ciò che al mondo ripugna.18Nulla, dunque, deve allietare tanto chi Ti ama e riconosce i tuoi doni, quanto che in lui s'adempia la tua volontà e siano eseguite le disposizioni dei tuoi eterni decreti. 19E di ciò egli deve appagarsi e consolarsi tanto, da acconsentire volentieri d'essere il più piccolo, come qualche altro desidererebbe d'essere il più grande. 20Chi Ti ama dev'essere sereno e contento nell'ultimo posto, come nel primo; deve, anzi, accettare volentieri d'essere disprezzato e messo in un angolo, ed anche d'essere senza alcun nome e senza alcuna fama, come se in questo mondo fosse più onorato e più grande degli altri. 21lnvero, la tua volontà e lo zelo per la tua gloria devono prevalere in lui su ogni altra cosa, e consolarlo e rallegrarlo più di tutti i doni che gli sono stati dati o gli possano essere dati. Note al capitolo 22° 2"Fa' che io conservi il ricordo dei tuoi benefici,...perché io sappia ...renderTene degne grazie". La gratitudine è un sentimento di riconoscenza per i doni ricevuti, Tutto quanto abbiamo è dono di Dio. "Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come se non l'avessi ricevuto?", diceva l'Apostolo ai Corinzi (1Cor 4,7). Ma la gratitudine è una pianta rara. Quanti non si preoccupano mai di dire il loro grazie a Dio! Per una caramella, un giocattolo, un complimento s'insegna a dire ai bambini, ma non a Dio. Forse lo si bestemmia! Coloro che dicono di essere credenti, anche se non praticanti, sono per lo meno incoerenti, per non dire ingrati, verso il loro Creatore e Signore. Se non credessero, sarebbero scusabili; credere e non praticare è un atteggiamento inescusabile.


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Capitolo ventitreesimo QUATTRO INSEGNAMENTI CHE RECANO VERA, GRANDE PACE PAROLE DEL SIGNORE 1Ora, o figlio, t'insegnerò la via della pace e della vera libertà. PAROLE DEL DISCEPOLO 2Fa', o Signore, come Tu dici; mi è molto gradito ascoltarTi. PAROLE DEL SIGNORE 3Cerca, o figlio, di fare la volontà d'altri, piuttosto che la tua. 4Scegli sempre di possedere meno che più. 5Cerca sempre d'avere un posto più basso e di stare sottomesso a tutti. 6Desidera sempre e prega che in te si compia la volontà di Dio. 7Ecco, un uomo che è così disposto entra nel possesso della tranquillità e della pace. PAROLE DEL DISCEPOLO 8Signore, codesto tuo breve discorso racchiude grande insegnamento di perfezione. 9Le parole sono poche, ma piene di significato e ricche di frutto. 10Se, infatti, io potessi custodirle fedelmente, non dovrebbe nascere in me turbamento così facilmente. 11Infatti, ogni volta che mi sento inquièto ed oppresso, constato che mi sono allontanato da codesti insegnamenti. 12Ma Tu, che tutto puoi e che hai sempre caro il profitto della mia anima, accresci in me la tua Grazia, perché possa mettere in pratica le tue parole e portare a compimento la mia salvezza. PREGHIERA CONTRO I PENSIERI CATTIVI

PAROLE DEL DISCEPOLO 13O Signore, mio Dio, "non allontanarTi da me; o mio Dio, volgiTi in mio aiuto" (Sal 70,12), perché m'hanno assalito vari pensieri e grandi terrori, che angosciano l'anima mia. 14Come potrò uscirne illeso, come potrò sgominarli? 15Tu dici: "Io andrò davanti a te ed umilierò i superbi della terra" (Is 45,2). Aprirò le porte della prigione e ti rivelerò i più profondi segreti. 16O Signore, fa' come mi dici, ed alla tua presenza si dileguino tutti i rei pensieri. 17Questa è la mia speranza e l'unico mio conforto: rifugiarmi vicino a Te in ogni tribolazione, porre la mia fiducia in Te, invocare Te dal profondo del cuore ed aspettare pazientemente la tua consolazione. PREGHIERA PER OTTENERE LUME ALL’ INTELLETTO

PAROLE DEL DISCEPOLO 18Illuminami, Gesù buono, con la chiarezza del lume interiore, e sgombera dal fondo del mio cuore tutte le tenebre. 19Frena i miei molti divaganti pensieri e stronca le tentazioni che premono su di me con violenza. 20 Combatti fortemente per me e disperdi i mostri malvagi, cioè le allettatrici concupiscenze, in modo che, grazie alla tua potenza, si faccia la pace e nel tempio santo, cioè nella coscienza pura, risuoni la pienezza della tua lode. 21Comanda ai venti ed alle tempeste. Di' al mare: calmati; e al vento: non soffiare; e si farà grande bonaccia. 22"Manda la tua luce e la tua verità" (Sal 42,3) a risplendere sopra la terra, poiché io sono terra sterile e vuota, fino a quando Tu non m'illumini. 23Effondi dall'alto la tua Grazia, bagna il mio cuore di celeste rugiada, versa l'acqua della devozione per irrigare la superficie della terra, perché produca frutti buoni, ottimi. 24Rialza l'anima mia oppressa dalla mole dei peccati e solleva ogni mia aspirazione alle cose celesti, cosicché, gustata la dolcezza della felicità celeste, provi il disgusto dei pensieri terreni. 25 Rapiscimi a Te, strappami da ogni effimera consolazione delle creature, perché nessuna cosa creata vale a quietare pienamente i miei desideri e a consolarmi. 26 Legami a Te con il vincolo indissolubile dell'amore, perché Tu solo basti a chi Ti ama, e senza di Te tutte le cose non valgono niente. Note al capitolo 23° 3"Cerca, o figlio, di fare la volontà d'altri...". L’apostolo Giovanni scrive che "tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre ma dal mondo". La vita religiosa si propone di combattere queste tre con cupiscenze, per poter attuare la volontà di Dio, che è sempre la carità verso Dio e il prossimo. Dal momento che uno lascia il mondo, si suppone che abbia già rinunciato alla "concupiscenza della carne", che corrisponde al voto di castità. Ma restano da debellare ancora l'attaccamento alle cose, attraverso il voto di povertà, e l'attaccamento alla propria libertà e volontà, per mezzo del voto di


59 obbedienza. Per questo, il Signore ci dice di scegliere di possedere sempre di meno, che significa rinunciare alla "concupiscenza degli occhi", e di cercare di fare la volontà d'altri, di avere un posto più basso e di stare sottomesso a tutti, che significa rinunciare alla "superbia della vita". Questi insegnamenti valgono non solo per i Religiosi, ma anche per tutti coloro che vogliono fare la volontà di Dio ed entrare nel possesso di quella pace che il Signore promette.

Capitolo ventiquattresimo NON INDAGARE CURIOSAMENTE SULLA VITA DEGLI ALTRI PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non essere curioso e non impicciarti in inutili brighe. 2Che importa a te di questo o di quello? “Tu Segui Me” (Gv 21,22). 3Che cosa t'importa che quella persona sia così o così, o quell'altra faccia o parli così e così? 4Tu non sei tenuto a rispondere per gli altri, ma devi ben rendere conto solo di te stesso. Perché, dunque, t'immischi nei fatti degli altri? 5Ecco, Io, si, conosco tutti e vedo tutto ciò che accade sotto il sole; e so in quale condizione ciascuno si trovi, che cosa pensi, che cosa voglia ed a che cosa miri la sua intenzione. 6A Me, quindi, bisogna rimettere tutte le cose; tu, invece, mantieniti nella buona pace e lascia che chi si agita si agiti quanto vorrà. 7Qualunque cosa egli farà o dirà, ricadrà su di lui, perché non potrà ingannare Me. 8Non t'affannare per la vanità d'un grande nome, non per le molte amicizie né per il particolare affetto della gente. 9lnfatti, sono codeste cose che generano deviazioni e grande oscurità nel cuore. 10Io, invece, ti farei intendere volentieri la parola mia e ti rivelerei i miei segreti, se tu aspettassi con diligenza la mia venuta e Mi aprissi la porta del cuore. 11Stai in guardia, veglia in preghiera ed umiliati in ogni cosa. Note al capitolo 24° 3"Figlio, non essere curioso e non impicciarti in inutili brighe". S. Giovanni ci mette in guardia contro tre concupiscenze: la carne, gli occhi e la superbia della vita (1Gv 2,16). Quanto agli occhi, bisogna evitare l'amore disordinato per i beni della terra, oltreché la vana curiosità. l'autore de L'imitazionze di Crislo in questo breve capitolo tratta della curiosità nei riguardi degli affari degli altri, cioè dello smoderato desiderio di vedere, sentire, sapere ciò che fanno gli altri, i loro segreti: non per trarne vantaggio spirituale, ma per divertirsi, ricamarci sopra, farne oggetto di critiche, mormorazioni, illazioni, ecc. Lo stesso autore che direbbe ora di tutto quello che leggiamo nella stampa,che vediamo in Tv, che sentiamo alla radio? Dei gialli, delle telenovele e degli scandali dei divi del cinema, dello sport e della pubblicità?

Capitolo venticinquesimo PACE INTERIORE E PROGRESSO DELLO SPIRITO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, Io ho detto: "vi lascio la pace vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, Io la do a voi" (Gv 14,27). 2Tutti desiderano la pace; non tutti, però, si curano dei mezzi che conducono alla vera pace. 3La mia pace è con gli umili e con i miti di cuore. La tua pace sarà nell'esercizio di molta pazienza. 4Se Mi ascolterai e seguirai la mia parola, potrai godere di molta pace. PAROLE DEL DISCEPOLO 5Che devo, dunque, fare? PAROLE DEL SIGNORE 6In ogni cosa sta bene attento a quello che fai ed a quello che dici, ed indirizza ogni tua intenzione al fine di piacere soltanto a Me e di nulla desiderare e cercare fuori di Me. 7Evita, poi, di giudicare alla leggera le parole o le azioni degli altri, e non impicciarti in cose che non ti sono state affidate; in tal modo ti sarà, forse, possibile essere turbato nel tuo Spirito lievemente o di rado. 8Non sentire mai, però, turbamento e il non soffrire mai pena nello spirito e nel corpo non appartengono alla vita presente, ma sono condizioni proprie della pace eterna. 9Non credere, dunque, d'aver trovato la vera pace, se non hai sofferto alcuna angustia; non credere che tutto proceda bene, se non soffri per qualcuno che ti si pone contro; non credere che tutto sia perfetto, se tutte le cose riescono secondo i tuoi desideri. 10 Neppure devi credere d'essere qualcosa di grande o d'essere oggetto di speciale predilezione divina, se sentirai una gran devozione e dolcezza spirituale. 11Non da queste cose, infatti, si riconosce chi è il vero amante delle virtù; e non consistono in


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queste cose il profitto e la perfezione dell'uomo. PAROLE DEL DISCEPOLO 121n che cosa, dunque, o Signore? PAROLE DEL SIGNORE 13Nell'offrire te stesso, con tutto il cuore, alla volontà di Dio, senza cercare niente di tuo, così nelle piccole come nelle grandi cose, tanto per il tempo presente quanto per l'eternità; 14In modo che tu sia sempre in atto di ringraziamento, con lo stesso volto nella prosperità e nell'avversità, tutto pesando con giusta bilancia. 15Se avrai una speranza così forte e generosa che, pur perduta la consolazione interiore, avrai l'animo preparato a patire cose anche più grandi; 16E se non cercherai scuse, quasi che tu non dovessi patire codesti così gravi affanni, ma invece Mi proclamerai giusto in tutte le mie disposizioni e darai lode alla mia santità; 17 Allora, sì, camminerai sulla vera e diritta via della pace e potrai avere speranza certa di rivedere con gioia il mio volto. 18Ché, se giungerai al completo disprezzo di te stesso, sappi che allora godrai di quell'abbondanza di pace, per quanto è dato di godere durante codesta tua dimora nell' esilio. Note al capitolo 25° 1"Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dò il mondo, Io la do a voi". È certo che il linguaggio del mondo sulla pace è diverso da quello del Vangelo, come quando dice: "Se vuoi la pace, prepara la guerra". Questa pace si basa sulla superbia, sull'orgoglio, sulla prepotenza. Ma altre volte il linguaggio sembra coincidere e non sempre si riesce a discernere la verità. Bisogna sempre tenere presente il Fine Ultimo del nostro operare, che è Dio, il quale è Amore; e per avere la sua pace dobbiamo essere pieni di amore, perdono, pazienza, umiltà, mansuetudine, dolcezza.

Capitolo ventiseiesimo QUANTO E’ ECCELSA LA LIBERTÀ DELLO SPIRITO, FRUTTO DELL'UMILE PREGIERA PIU’ CHE DELLO STUDIO PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, questo è compito dell’uomo che tende alla perfezione: non distogliere mai lo spirito dalle cose celesti e passare quasi senz'affanno tra le molte, preoccupazioni; naturalmente, non per indolenza, ma per lo straordinario privilegio d'uno spirito libero, che non è attaccato ad alcuna cosa creata, contro l'ordine divino. 2Ti prego, o pietosissimo Dio mio: preservami dalle preoccupazioni di questa vita, perché non vi rimanga troppo impigliato; preservami dalle molte esigenze del corpo, perché non sia schiavo del piacere; preservami da tutte quante le cose che sono d'ostacolo all'anima, perché, affranto da queste difficoltà, non cada vinto nello spirito. 3Non dico che Tu mi preservi solo da queste cose, alle quali la vanità del mondo ardentemente aspira, ma anche da queste miserie che, per effetto della maledizione comune dell'umanità, pesano, a castigo, sull'anima del tuo servo e la trattengono dall'entrare, quante volte vorrebbe, nella libertà dello spirito. 4O mio Dio, o dolcezza ineffabile, cambia per me in amarezza ogni piacere sensibile che mi distolga dall'amore per le cose eterne e che mi avvinca peccaminosamente a sé con il miraggio di qualche cosa che, solo momentaneamente, si mostra buona e dilettevole. 5 Non mi vincano, o Dio mio, non mi vincano la carne ed il sangue; non mi seducano il mondo e la sua gloria passeggera; non mi facciano cadere il diavolo e la sua astuzia. 6 Dammi fortezza per resistere, pazienza per sopportare, costanza per perseverare. 7 Dammi, in luogo di tutte le consolazioni del mondo, la soavissima unzione del tuo Spirito; in luogo dell'amore sensibile, infondi in me l'amore della tua gloria. 8Ecco: il cibo, le bevande, il vestiario e le altre cose utili a sostenere il corpo sono pesanti impacci per un' anima fervorosa. 9Concedimi che di siffatti sollievi io sappia usare con moderazione e non m'attacchi ad essi con eccessiva bramosia. 10Non si può abbandonare tutto, perché al fisico bisogna pur dare sostentamento; ma la santa legge proibisce di cercare le cose superflue e quelle che dànno maggior piacere. 11Tra questi due estremi, Ti prego, Signore, mi regga la tua mano e mi guidi, perché io non cada in eccessi. Note al capitolo 26° 2"O Dio mio, preservami dalle preoccupazioni di questa vita...". La convinzione profonda, basata sulla ragione e sulla fede, che le cose di questo mondo sono mezzi che


61 la Provvidenza ci da per provvedere alle nostre necessità e a quelle dei fratelli, ma che non sono il fine, deve aiutarci a distaccarci sempre più da esse. Noi siamo semplici amministratori e un giorno ne dovremo rendere conto. "Non accumulatevi tesori sulla terra..."(Mt 6,1 9s), dice il Signore; e questa è la via maestra per raggiungere la libertà dello spirito. I perfetti, coloro che tendono alla santità, seguendo i consigli di un saggio direttore spirituale, giungono al distacco completo da tutto in favore dei poveri.

Capitolo ventisettesimo L'AMORE DI SÉ RALLENTA MOLTISSIMO IL PASSO VERSO IL SOMMO BENE 1 PAROLE DEL SIGNORE Figlio, bisogna che tu dia tutto, per avere tutto e per non appartenere più in nulla a te stesso. 2Sappi che l'amore di te stesso ti danneggia più che qualunque altra cosa del mondo. 3Qualsivoglia cosa sta più o meno attaccata a te, a seconda dell'amore e dell'affetto che le porti. 4Ma se il tuo amore sarà puro, semplice e conforme alla volontà mia, non subirai la schiavitù delle cose. 5Non desiderare ciò che non ti è lecito possedere; non volere ciò che può esserti d'impaccio, togliendoti la libertà interiore. 6È cosa strana che tu non t'affidi a Me, dal profondo del cuore, con tutto te stesso e con tutte le cose che puoi desiderare od avere. 7Perché ti struggi in vana tristezza? Perché t'affatichi con affanni superflui? 8Sta' a quello che dispongo Io, e non subirai alcun danno. 9Se cerchi questa o quest'altra cosa; se vorrai essere qui o là, per conseguire maggiormente il tuo vantaggio e per assecondare il tuo piacere, non sarai mai in pace né libero da ansietà, perché in ogni cosa si troverà qualche manchevolezza e dappertutto ci sarà chi ti contrasta. 10Giova, pertanto, non l'acquisto o l'accrescimento d'un qualsiasi bene esteriore; giova, invece, ciò che è da noi disprezzato e reciso radicalmente dal cuore. 11E non intendere che questo valga soltanto per la stima, per il danaro e per le ricchezze; devi intendere che vale anche per gli onori tanto ambiti e per le vane lodi desiderate: cose tutte che passano con il passare di questo mondo. 12Poca sicurezza dà il luogo in cui ti trovi, se ti manca il fervore spirituale. 13Né durerà a lungo quella pace che hai cercata fuori di te, se ti manca il vero fondamento della fermezza del cuore; voglio dire: se non ti sarai saldamente unito a Me, potrai, si, cambiare posto, ma non diventare migliore. 141n verità, se ti si ripresenta l'occasione e la accogli, troverai quello che avevi fuggito, ancora di più. PREGHIERA PER OTTENERE LA PURIFICAZIONE DEL CUORE E LA CELESTE SAPIENZA

PAROLE DEL DISCEPOLO 15Fortificami, o Dio, con la Grazia dello Spirito Santo; 16 Fa' che per la tua virtù mi corrobori nella vita interiore; fa' che il mio cuore si liberi da ogni inutile sollecitudine ed ansietà e non si lasci trascinare dai vari desideri di cosa alcuna, di poco valore o preziosa che sia; fa' ch'io sappia riguardare tutte le cose come passeggere e me pure passeggero con esse. 17Nulla, infatti, è durevole sotto il sole, dove "tutto è vanità e un inseguire il vento" (Qo 1,14). 18Oh, quanto è saggio chi ragiona così! 19Dammi, o Signore, la sapienza celeste, perché impari a cercare e trovare Te, sopra ogni cosa; apprenda a gustare ed amare Te, soprattutto; apprenda a considerae tutto il resto com'è in realtà, secondo le disposizioni della sapienza tua. 20 Dammi la prudenza, perché io sappia tenere lontano chi mi lusinga; la pazienza, perché io sopporti chi mi contrasta. 21Questa è, infatti, grande saggezza: non lasciarsi smuovere da ogni soffio di parole e non prestare orecchio alla sirena che perfidamente lusinga. Intrapresa in tal modo la strada, si prosegue il cammino con sicurezza. Note al capitolo 27° 1"Figlio, bisogna che tu dia tutto, per avere tutto e per non appartenere più in nulla a te stesso". Ripetiamo: Dio ha creato il mondo come una culla per l'uomo, ma ha creato l'uomo tutto per Sé, e lo vuole felice con Sé nell'Eternità. Il "Tutto" di cui parla Gesù, per il quale chiede di dare tutto per non appartenere più in nulla a se stessi, é Dio. Fuori di Dio, tutto è creatura. l'uomo stesso è creatura. Le creature esistono, perché Dio le chiama all'esistenza e le mantiene in


62 esistenza. Senza Dio, le creature sono nulla. Preferire le creature al Creatore è l'essenza dell'idolatria; preferire se stesso al Creatore è egolatria, cioè idolatria di se stesso.

Capitolo ventottesimo CONTRO I MALDICENTI PAROLE DEL SIGNORE 1O figlio, non avertene a male, se taluni avranno un cattivo concetto di te e diranno quello che non ascolti certo volentieri. 2Tu devi avere di te stesso un concetto anche peggiore; e devi credere che nessuno sia da meno di te. 3Se tu percorri le vie della vita interiore, non darai gran peso alle parole che volano via. 4È’ prudenza non piccola saper tacere nei momenti avversi e rivolgersi con il cuore a Me, senza lasciarsi turbare per i giudizi umani. 5La tua pace non dipenda dalle parole degli uomini; la pensino, infatti, bene o male di te, non per questo sei diverso da quello che sei realmente. 6Dove stanno la vera pace e la vera gloria? Non, forse, in Me? 7E chi non desidera di piacere agli uomini né teme di spiacere loro, godrà molta pace. 8 Dall'amore non conforme alla volontà di Dio e dal timore infondato scaturiscono ogni turbamento del cuore ed ogni deviazione degli affetti. Note al capitolo 28° 5"La tua pace non dipenda dalle parole degli uomini,' la pensino, infatti, bene o male di te, non per questo sei diverso da quello che sei realmente". Uno dei titoli più belli e significativi che la Bibbia attribuisce a Dio, è “roccia”. Questo titolo viene poi riferito a Gesù, il quale a sua volta lo riferisce a Simon Pietro, sul quale ha fondato la sua Chiesa: "Tu sei la roccia su questa "roccia" edificherò la mia Chiesa..." (Mt 16,16), ha detto Gesù a Cesarea di Filippo. Chi è debole nella fede si lascia sballottare dalle parole degli uomini, come le foglie dal vento, Chi è ben radicato sulla "Roccia", che è Dio, non si lascia smuovere dalle chiacchiere degli uomini.

Capitolo ventinovesimo COME INVOCARE E BENEDIRE DIO, QUANDO CI STRINGE LA TRIBOLAZIONE 1 PAROLE DEL DISCEPOLO O Signore, "sia benedetto il tuo nome per tutti i secoli" (Sal 112,2; Dn 2,20; Tb 3,22); Tu hai disposto che questa tentazione e questa tribolazione s'abbattessero sopra di me. 2Io non posso stuggirle; devo, invece, ritugiarmi in Te, perché Tu m'aiuti e me le converta in bene. 3O Signore, ora sono nella tribolazione ed il mio cuore non trova pace; anzi, sono molto tormentato da questa pena. 4Ed in quest'ora triste, che cosa Ti dirò, o Padre diletto? Sono stretto tra le angustie; "salvami da quest'ora" (Gv 12,27). 5Ma a quest'ora sono giunto, perché, dopo essere stato profondamente umiliato e poi liberato per merito tuo, Tu ne fossi glorificato. 6"Ti piaccia, o Signore, di salvarmi, Tu" (Sal 39,14). Infatti, che cosa posso fare io, misero come sono, e dove andrò senza di Te? 7Dammi la pazienza, o Signore, anche questa volta; aiutami, Dio mio, e non avrò timore, per quanto sarà grave la mia pena. 8Ed intanto, finché dura la mia pena, che cosa Ti dirò? O Signore, "Sia fatta la tua volontà" (Mt 26,42). Io ho ben meritato tribolazione ed oppressione. 9 Devo, invero, saperle sopportare (e potessi sopportarle con pazienza!) fino a che passi la tempesta e ritorni la bonaccia! 10L’onnipotente tua mano può togliermi anche questa tentazione e mitigarne la violenza, perché io non sia vinto del tutto: così hai già fatto più volte con me, "o Dio mio, misericordia mia" (Sal 58,18). 11E "questo cambiamento, che è. opera della destra dell'Altissimo" (Sal 76,11) tanto è più difficile a me, quanto e più facile a Te. Note al capitolo 29° 3"O Signore, ora sono nella tribolazione... 4"Salvami da quest'ora" (Gv 12,27). Le prove, fisiche o morali, come le malattie, la perdita dei propri cari, le sofferenze spirituali, i fallimenti negli affari, se vogliamo, se le sappiamo prendere con fede, possono essere provvidenziali. Spesso sono accompagnate da grazie che ci stimolano ad una vita più perfetta. Ci staccano da tutto ciò che non è Dio, purificano l'anima con il dolore, ci fanno desiderare il Cielo e la perfezione.

Capitolo trentesimo CHIEDERE L’AIUTO DI DIO NELLA FIDUCIA DI RIACQUISTARE LA SUA GRAZIA


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PAROLE DEL SIGNORE Figlio, Io sono "il Signore, un asilo sicuro nel giorno déll'angoscia" (Na 1.7). 2Vieni a Me, quando sei afflitto. 3I1 maggiore ostacolo alla grazia della consolazione celeste è che ti volgi troppo tardi alla preghiera. 4Infatti, prima di rivolgerti a Me con intense preghiere, tu vai cercando, intanto, molti sollievi e ti conforti nelle cose esteriori. 5Da ciò deriva che da tutte queste cose tu ritrai scarso giovamento fino a che non comprenda che la salvezza di chi spera in Me sono Io, e che, fuori di Me, non c'è valido aiuto né utile consiglio e nemmeno durevole rimedio. 6 Ma ora, ripreso fiato dopo la burrasca, ritemprati nella luce delle mie misericordie, perché Io ti sono vicino (dice il Signore) per rimettere ogni cosa nello stato di prima non solo interamente, ma anche con sovrabbondanza ed oltre misura. 7Mi è, forse, difficile qualcosa? O assomiglierò ad uno che dice e non fa? 8Dov'è la tua fede? Sta' saldo e perseverante. 9Sii paziente e forte; la consolazione ti verrà al momento opportuno. 10AspettaMi, aspettaMi: verrò e ti risanerò. 11È una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti sbigottisce. 12A che serve preoccuparsi dell'incerto avvenire, se non ad aggiungere tristezza a tristezza? "A ciascun giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). 13E’ vano ed inutile turbarsi o rallegrarsi di cose future, che forse non avverranno mai. 14Purtroppo, è debolezza propria dell'uomo lasciarsi illudere da fantasie di tal genere; ed è segno d'animo ancora debole lasciarsi trascinare tanto facilmente verso le suggestioni del Nemico. 15Lui, infatti, non bada se gli riesca d'illuderti ed ingannarti con cose vere o false; non bada se gli riesca d'abbatterti con l'attaccamento ai beni presenti o con il timore dei mali fututi. 16Non si turbi, dunque, il tuo cuore e non abbia timore. 17Credi in Me e confida nella mia misericordia. 18Spesso, quando ritieni d'esserti allontanato da Me, Io ti sono più vicino. 19Quando tu pensi che quasi tutto sia andato perduto, allora, spesso, ti si fa vicino il momento d'acquistare 20 merito più grande. Non tutto è perduto, quando una cosa va a rovescio. 21Non devi giudicare secondo l'impressione del momento: da qualunque parte ti venga una difficoltà, non devi lasciarti schiacciare né devi subirla, come se ti fosse stata tolta ogni speranza d'uscirne fuori. 22Non crederti abbandonato del tutto, anche se t'ho mandato qualche temporanea tribolazione od anche se t'ho tolto la sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel Regno dei Cieli. 23E senza dubbio, per te e per gli altri miei servi è più utile essere provati dalle avversità, che avere tutto quanto conforme ai propri desideri. 24Io conosco i pensieri nascosti; so che alla tua salvezza giova molto che tu sia lasciato talvolta privo di dolcezze spirituali, perché tu non monti in superbia, eventualmente, per il buon successo, e non ceda al desiderio di compiacerti di ciò che non sei. 25Quello che ho dato posso riprenderlo, e poi, quando Mi piacerà, ridonarlo. 26Quello che avrò donato rimane mio; quando poi avrò tolto, non avrò tolto cosa tua, perché "mio e ogni buon regalo ed ogni dono perfetto" (Gc 1,17). 27Se ti manderò qualche peso da portare o qualche contrarietà, non esserne risentito e non si prostri il tuo animo: Io posso ben tosto sollevartene e cambiare in gioia ogni tuo peso. 28Io sono, peraltro, giusto e degno di molta lode, anche quando agisco con te così. 29Se sei saggio e guardi in faccia alla verità, non devi mai abbatterti così e rattristarti delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e ringraziare. 30Devi, anzi, ritenere tua unica gioia ch'Io non ti risparmio dolori ed afflizioni. 31"Come il Padre ha amato Me, così anch 'Io amo voi" (Gv 15,9), ho detto ai miei diletti discepoli. 32E, in verità, non li mandai a gioie temporali, ma ad aspre lotte; non agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica; non al riposo, ma "a produrre molto frutto con la loro perseveranza" (Lc 8,15). 33Ricordati, figlio mio, di queste parole. Note al capitolo 30° 2"Vieni a Me, quando sei afflitto". Qualcuno si fa scrupolo, perché - dice - non è giusto ricordarsi di Dio quando si è nella tribolazione... E se fosse proprio Dio che permette la tribolazione, perché ci ricordiamo di Lui? E il non chiedere aiuto nella necessità, non è forse un atto di orgoglio? Anche se la preghiera di domanda non è migliore dell'adorazione, della lode e del ringraziamento, è già un omaggio reso a Dio, alla sua potenza, alla sua bontà; un atto di confidenza e


64 fiducia in Colui al quale ci rivolgiamo. È Gesù stesso che ci invita a chiedere: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto..." (Mt 7,7). Chiediamo, dunque, con fiducia, pazienza e costanza, subordinando naturalmente tutto alla volontà di Dio, che conosce i nostri veri bisogni: Egli ci ascolta sempre, ma a modo suo!

Capitolo trentunesimo DISTACCARSI DA OGNI CREATUUA PER POTER TROVARE IL CREATORE 1 PAROLE DEL DISCEPOLO Signore, sento davvero bisogno, ora, d'una grazia più grande, se devo giungere là dove nessuno e nessuna cosa creata mi potranno essere d'ostacolo. 2lnfatti, finché qualche cosa mi trattiene, non posso volare liberamente a Te. 3A liberi voli verso di Te aspirava colui che diceva: "Chi mi darà ali come di colomba, per volare e trovare riposo?" (Sal 54,7). 4Quale pace è più grande di quella di chi contempla il mondo con occhio semplice? E chi è più libero di chi non brama nulla di terreno? 5È, pertanto, necessario innalzarsi sopra ogni cosa creata, abbandonare completamente se stesso, stare fisso nel rapimento dello spirito e comprendere che Tu, Creatore di tutto, non hai nulla di comune con le tue creature. 6 Quindi, se uno non si sarà distaccato completamente da tutte le creature, non potrà liberamente attendere alle cose divine. 7Proprio per questa ragione sono poche le anime contemplative: poche sanno separarsi del tutto dalle cose create e destinate a perire. 8Per giungere a ciò, si richiede una grazia così grande, che elevi e rapisca l'anima sopra se stessa. 9E se l'uomo non si sarà elevato così nello spirito, liberandosi da tutte le creature ed unendosi tutto a Dio, ogni suo sapere ed ogni suo avere valgono ben poco. 10Rimarrà sempre un piccolo uomo e giacerà ripiegato al suolo chi stima grande qualche cosa che non sia il solo, unico, immenso ed eterno Bene. 11Ed ogni cosa che non è Dio, è nulla, e come un nulla va considerata. 12Grande è la differenza tra la sapienza dell'uomo illuminato dall'alto e devoto, e la scienza del chierico colto e studioso. 13La sapienza che emana dall'alto per divina infusione è di molto più sublime di quella che s'acquisisce faticosamente con l'umano ingegno. 14Non pochi aspirano alla divina contemplazione, ma non si curano d'esercitarsi con i mezzi che si richiedono per raggiungerla. 15È un grande ostacolo fermarsi alle pratiche esteriori ed alle cose che cadono sotto i sensi, dando poca importanza alla propria perfetta mortificazione. 16Non so come avvenga né quale spirito ci guidi né che cosa pretendiamo noi, che sembriamo aver fama di maestri di vita spirituale, quando tanto ci affatichiamo e tanto più ci affanniamo per cose caduche e di nessun valore, mentre, a stento e raramente, pensiamo con pieno raccoglimento al nostro essere interiore. 17 Ahimè! Subito dopo un breve raccoglimento, ci buttiamo alle cose esteriori e non sottoponiamo più ad un vaglio rigoroso le nostre azioni. 18Non ci diamo pensiero di quanto giacciano in basso i nostri affetti e non sappiamo deplorare quanto in noi sia tutto corrotto. 19"Ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra" (On 6,12) e ne seguiva, perciò, il grande diluvio. 20Dunque, essendo il nostro interno affetto profondamente corrotto, è inevitabile che si corrompa anche l'azione che ne consegue, segno della mancanza dell'interna vitalità. 21Il frutto d'una buona vita nasce da un cuore puro. 22Si è soliti chiedere quanto uno abbia fatto, ma non si osserva, con la stessa diligenza, con quanta virtù abbia operato. 23Si ricerca se uno sia stato forte, ricco, bello, abile o valente scrittore, cantante eccellente, bravo lavoratore; ma, da parte di molti, si tace quanto egli sia stato povero di spirito, quanto paziente e mite, quanto pio e quanto spiritualmente raccolto. 24La natura guarda l'esteriorità dell'uomo; la grazia si rivolge al suo interno. 25La prima frequentemente s'inganna; la seconda spera in Dio così da non venire ingannata. Note al capitolo 31° 3"Chi mi darà ali come di colomba, per volare e trovar riposo? ". Quando una persona cara ci lascia, tutte le cose che le sono appartenute ci parlano di lei, ma non sono lei. Tutto il creato, se lo guardiamo con occhio puro e semplice, ci parla di Dio, ma non è Dio. L’occhio puro


65 dovrebbe farci intravedere Dio di là delle cose, ma il peccato ha reso la materia come opaca, e non riusciamo più a vedere oltre. Ecco allora l'invito a staccarci dalle creature per scoprire il Creatore; solo in Lui troveremo l'appagamento delle nostre brame e dei nostri desideri.

Capitolo trentaduesimo RINNEGARE SE STESSI E RINUNCIARE AD OGNI CUPIDIGIA PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non puoi possedere la perfetta libertà, se non rinnegherai totalmente te stesso. 2Tutti quelli che sono attaccati agli averi, che amano troppo se stessi, che sono avidi, curiosi, svagati; tutti quelli che sono continuamente in cerca d'agiatezze e non di ciò che è di Gesù Cristo, hanno ceppi ai piedi e spesso immaginano e costruiscono progetti privi di fondamento. 3Infatti, tutto quello che non è nato da Dio, perirà. 4Tieni bene a mente questa breve e perfetta massima: lascia tutto e troverai tutto; rinunzia alla cupidigia e troverai la pace. 5Medita attentamente questa sentenza: quando l’avrai messa in pratica, capirai ogni cosa. PAROLE DEL DISCEPOLO 6Signore, non è impegno d'un giorno soltanto, questo; non è un gioco da ragazzetti. Anzi, in questo breve motto è racchiusa tutta la perfezione della vita religiosa. PAR0LE DEL SIGNORE 7Figlio, per aver udito qual è la via della perfezione, non devi volgerti indietro e subito abbatterti, ma devi piuttosto sentirti spronato a raggiungere vette più sublimi; devi, almeno, aspirare ad esse con il desiderio. 8Oh, fosse davvero così per te e fossi tu giunto a tanto, da non amare più te stesso e da attenerti esclusivamente al cenno mio ed al cenno di colui che t'ho proposto quale Padre! Allora sì, mi saresti molto caro e la tua vita trascorrerebbe nella gioia e nella pace! 9Ma ci sono ancora molte cose che tu devi abbandonare e, se non saprai rinunziare del tutto ad esse, non potrai ottenere quello che domandi. 10"Ti consiglio di comperare da Me oro purficato dal fuoco, per diventare ricco" (Ap 3,18), vale a dire la celeste sapienza che calpesta tutte le cose di quaggiù. 11Làsciati alle spalle la sapienza terrena, ogni compiacimento degli uomini ed ogni soddisfazione personale. 12 Ho inteso dirti: in luogo di ciò che è ritenuto prezioso ed importante tra le cose del mondo, tu acquista quelle più umili. 13lnfatti, la vera sapienza celeste, che è quella di chi non ha alto concetto di sé e non va in cerca d'essere magnificato su questa terra, può bensì sembrare disprezzabile, meschina e quasi condannata all'oblio; e molti la lodano a parole, ma con la pratica della vita ne stanno, invece, molto lontani. 14Essa è, però, la perla preziosa che molti lasciano in disparte. Note al capitolo 32 3"Tutto quello che non è nato da Dio, perirà". L'essenza della perfezione, che è pure lo scopo della nostra vita, è l'amore di Dio e del prossimo. Nello stato attuale di natura decaduta è impossibile amare Dio e il prossimo per amor di Dio, senza sacrificio. Il peccato ha causato una spaccatura tra le due componenti dell'uomo: materia e spirito. La materia è dominata dall'istinto e tenta di soffocare la ragione. Di conseguenza, c'è nell'uomo una lotta continua, per cui Gesù rivolge anche a noi l'invito che ha rivolto ai suoi primi discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a Me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché, chi vorrà saivare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Mt 16,24s). In sostanza, quel che conta è la vita dello spirito. La vita naturale con i suoi istinti, desideri, ambizioni, ecc., deve essere sacrificata per il bene dello spirito. Se avviene il contrario, perderemo la vera vita. Gesù ha confermato il suo insegnamento con il suo esempio: è venuto dal Cielo, ha preso la nostra carne per mostrarci il cammino della perfezione e si è immolato per noi, perché imparassimo da Lui.

Capitolo tretatreesimo L’INCOSTANZA DEL CUORE E L'INTENZIONE ULTIMA, CHE DEV'ESSERE RIVOLTA A DIO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non ti fidare dei tuoi affetti; ben presto essi cambieranno in disposizioni diverse da quelle che provi ora. 2Finché vivrai, sarai soggetto, anche contro la tua volontà, a questa mutevolezza; ti sentirai ora lieto, ora triste; ora tranquillo, ora turbato; ora fervente, ora arido; ora voglioso, ora indolente,


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ora pensoso, ora svagato. Ma chi è sapiente e ben illuminato nelle cose dello spirito, sta saldo sopra questo variar d'affetti, non badando a quanto senta dentro di sé o da qual parte soffi il vento della sua instabilità, ma procurando a che tutta la tensione del suo animo giovi al fine dovuto e desiderato. 4Soltanto così, infatti, egli potrà rimanere sempre uguale a se stesso, irremovibile, con l'occhio puro della sua intenzione fisso in continuazione a Me, pur nel variare di tanti eventi. 5E quanto più puro sarà l'occhio dell'intenzione, tanto più grande è la costanza con la quale si procede tra le varie procelle di questa vita. 6Ma l'occhio puro dell'intenzione in molti s'offusca, perché presto essi volgono lo sguardo a qualcosa di piacevole che si presenti davanti a loro. 7 E poi, raramente si trova uno del tutto mondo da questo nèo: la ricerca della propria soddisfazione. 8Così i Giudei s'erano recati un giorno a Betania, in casa di Marta e Maria, "non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro" (Gv 12,9). 9Dunque, bisogna purificare l'occhio dell'intenzione, perché sia semplice e retto; bisogna rivolgerlo a Me, oltrepassando tutti i vari obiettivi che si frappongono. Note al capitolo 33° 3"Chi è sapiente e ben illuminato nelle cose dello spirito, sta saldo...". Tutti siamo, chi più chi meno, istintivamente instabili, ma lo sono soprattutto i caratteri emotivi; ciò che interiormente li caratterizza sono la leggerezza e i cambiamenti d'umore. Questi caratteri si abbandonano facilmente alle più varie emozioni e sono incostanti. A poco a poco, però, con la riflessione e con la Grazia, anche i caratteri instabili possono fortificarsi e diventare stabili.

Capitolo trentaquattresimo L’ANIMA CHE AMA DIO LO GUSTA SOPRA TUTTE LE COSE ED IN TUTTE LE COSE 1 PAROLlE DEL DISCEPOLO Ecco il mio Dio e il mio tutto! Che cosa voglio di più e quale maggiore felicità posso desiderare? 2Oh, parola saporosa e dolce per chi, però, ama il Verbo, non già il mondo e le cose che sono nel mondo! 3Mio Dio e mio tutto: per chi sa comprendere queste parole, è detto quanto basta; ed è una gioia, per chi ama, ripeterle spesso. 4Infatti, quando sei presente Tu, tutto è gioia; quando, invece, sei lontano Tu, tutto è triste. 5Tu dài tranquillità al cuore e gli infondi una grande pace ed una festosa allegrezza. 6Tu fai sì, che noi giudichiamo con giusto senso le cose tutte e che in esse, tutte, noi Ti lodiamo; senza di Te nulla può dare un diletto duraturo. 7Ma se qualche cosa deve esserci gradita e rettamente piacevole, occorre la presenza della tua Grazia; occorre che questa cosa sia condita con il condimento della tua sapienza. 8 Che cosa non saprà gustare come si conviene, chi ha il gusto di Te? 9Ma chi non sa avere il gusto di Te, di che cosa potrà essere gioioso? 10I sapienti del mondo e coloro che gustano i piaceri carnali sono lontani dalla tua sapienza, perché negli uni si trova una sconfinata vanità, negli altri la morte. 11Coloro, invece, che, disprezzando le cose del mondo e mortificando la carne, seguono Te, dimostrano d'essere veri sapienti, perché passano dalla vanità alla Verità, dalla carne allo Spirito. 12Questi sanno gustare Dio; e ciò che si trova di buono nelle creature, lo riferiscono a lode del Creatore. 13 Diversi, però, molto diversi sono il gusto che dà il Creatore ed il gusto che dà la creatura; quello dell'eternità e quello del tempo; quello della Luce increata e quello della luce riflessa. 14O Luce eterna, che trascendi tutte le luci create, vibra dall'alto del cielo il tuo fulgore, che penetri nei più profondi segreti del mio cuore! 15Purifica, rallegra, rischiara, ravviva il mio spirito con le sue facoltà; che esso s'unisca intimamente a Te in estasi gioiose! 16Oh, quando verrà quel beato ed atteso momento, in cui Tu mi sazierai con la tua presenza e sarai per me il mio Tutto, in tutto? 17Fino a quando questo non mi sarà concesso, la mia letizia non sarà piena. 18Ancora, purtroppo, vive dentro di me l'uomo vecchio! Non è ancora del tutto crocefisso, non è ancora morto completamente. 19Ancora oppone violentemente allo spirito le sue brame, solleva lotte interiori e non concede pace al regno dell'anima. 20Ma Tu "che domini l'orgoglio del mare e plachi il tumulto dei suoi flutti" (Sal 88,10), "sorgi, vieni in nostro aiuto" (Sal 43,26), "disperdi le genti che vogliono la guerra" (Sal 67,31), "abbattile con la tua poten za" (Sal 58,12). 21Mostra, Ti prego, le tue opere


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meravigliose e sia glorificata la tua destra; altra speranza, altro rifugio non c'è per me, se non in Te, o Signore Dio mio. Note al capitolo 34° 4"Quando sei presente Tu, tutto è gioia...". Per chi vuole godere un po' di felicità sulla terra, non vi è nulla di meglio della pietà. Si tratta di quella "pietà" che è "dono" dello Spirito Santo, perfezionamento della virtà della "religione". Questa pietà produce nel cuore del cristiano un affetto filiale verso Dio, una profonda devozione verso tutto ciò che si riferisce a Lui. Dio non è più visto come supremo Padrone, ma come un tenerissimo Padre, che ci fa esclamare: "Abbà", cioè "Babbo mio", che allarga l'animo alla confidenza e all'amore. Dice l'apostolo San Paolo: "La pietà è utile a tutto, portando con sé la premessa della vita presente, come di quella futura" (1Tm 4,8). I frutti della pietà sono la pace dello spirito, la gioia di una buona coscienza, la fortuna di essere uniti a Dio, di crescere nel suo amore e nell'intimità con nostro Signore Gesù Cristo. Nello stesso tempo, c'è la certezza del premio eterno, per cui si può ripetere con San Paolo: "Per me vivere è Cristo e morire un guadagno" (Fil 1,21). Al contrario, le illusorie soddisfazioni di questo mondo sono amareggiate dal pensiero che tutto finirà.

Capitolo trentacinquesimo IN QUESTA VITA NON C'È SICUREZZA DALLE TENTAZIONI PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, in codesta vita non sei mai sicuro; ma, finché vivrai, ti saranno sempre necessarie le armi spirituali. 2Ti trovi in mezzo a nemici e vieni assalito da destra e da sinistra. 3Se, dunque, non ti ripari da ogni parte con lo scudo della fermezza, non sarai a lungo senza ferite. 4Di più, se non tieni fisso in Me il tuo animo con sincera volontà di patire ogni cosa per amor mio, non potrai sostenere codesto ardore della lotta né giungere alla palma dei Beati. 5Devi, quindi, passare virilmente in mezzo a tutte le prove e, con mano gagliarda, superare gli ostacoli. 6 Infatti, "al vincitore si dà la manna" (Ap 2,17), mentre l'infingardo è abbandonato alla sua grande misena. 7Se tu vai cercando il riposo in codesta vita, come potrai giungere poi al riposo eterno? 8Non volgere il pensiero ad una tranquillità piena, ma preparati a portare molta pazienza. 9Cerca la pace vera non in terra, ma nei cieli; non negli uomini o nelle altre creature, ma solo in Dio. 10Per amore di Dio devi sopportare tutto volentieri, cioè: fatiche e dolori; tentazioni e prepotenze; ansietà, strettezze e malanni; ingiurie, biasimi e rimproveri; umiliazioni, avvilimenti, correzioni e dispregi. 11 Codeste cose giovano alla virtù; codeste cose saggiano il vero discepolo di Cristo; codeste cose gli preparano la corona del Cielo. 12Per una breve fatica, Io darò una mercede eterna; per un'umiliazione transitoria, una gloria infinita. 13Credi tu che avrai sempre consolazioni spirituali a tuo piacimento? 14Non le ebbero sempre nemmeno i miei Santi; anzi, soffrirono molte difficoltà e tentazioni di vario genere e grandi sconforti. 15Seppero sostenersi, però, in tutto, con pazienza, confidando più in Dio che in se stessi: erano consci che "le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura" (Rm 8,18) che esse ci fanno meritare. 16Vuoi tu avere subito quello che molti ottennero a stento, dopo molte lacrime e grandi fatiche? 17 "Spera nel Signore, sii forte" (Sal 26,14) e fatti forza; non perdere la fiducia, non disertare; anzi, disponiti con costanza, corpo ed anima, per la gloria di Dio. 18Io te ne ricompenserò con larghissima misura; Io sarò con te in ogni tribolazione.

Note al capitolo 35° 1"Figlio, in codesta vita non sei mai sicuro...". Abbiamo già detto e ripetuto come San Giovanni sintetizza le tentazioni in tre concupiscenze: "la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita" (1 Gv 2,16). La concupiscenza della carne è l'amore disordinato dei piaceri dei sensi; la concupiscenza degli occhi è la vana curiosità e l'amore disordinato ai beni della terra; la superbia della vita è l'orgoglio: egoismo, vana compiacenza, vanità, vanagloria, millanteria, ostentazione, ipocrisia, presunzione, per finire, poi, nello scoraggiamento. Rimedio alla concupiscenza è la mortificazione; per quanto riguarda la concupiscenza degli occhi, rimedio alla vana curiosità è la convinzione che solo ciò che è eterno vale la pena di essere considerato; quello all'amore disordinato dei beni terreni sono l'elemosina e le buone opere; e finalmente, per la superbia della vita, bisogna ricordarsi sempre che da soli siamo nulla e dobbiamo riferire tutto a Dio. Le tentazioni vengono anche e soprattutto dal demonio. Egli non agisce


68 direttamente sull'intelletto e sulla volontà, santuario riservato a Dio, ma solo indirettamente sulle facoltà inferiori e sul corpo: sulla fantasia, sulla memoria e sulle passioni che risiedono nell'appetito sensitivo. Il demonio, però, non può tentarci al di sopra delle nostre forze. Per vincere le tentazioni è necessario pregare Dio, la vergine Maria, gli Angeli e i Santi, e ricorrere ai Sacramenti della Confessione e della Comunione.

Capitolo trentaseiesimo VANITÀ DEI GIUDIZI UMANI PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, poni il tuo cuore con piena fiducia nel Signore e non temere il giudizio degli uomini, quando la tua coscienza ti attesta che sei retto e senza colpa. 2Soffrire in tali condizioni è cosa pregevole e santa; e ciò non sarà gravoso per chi è umile di cuore e confida più in Dio che in se stesso. 3Molti parlano troppo, e perciò si deve dar loro poco credito. 4Del resto, contentare tutti, anche se si volesse, non è possibile. 5E quantunque San Paolo cercasse di piacere a tutti nel Signore e si facesse "tutto a tutti" (1 Cor 9,22), tuttavia non diede alcuna importanza "al fatto d'essere giudicato da codesto tempo" (1 Cor 4,3). 6Con tutto se stesso e con tutte le sue forze egli si prodigò molto per l'edificazione e la salvezza degli altri, ma non riuscì ad impedire d'essere talvolta giudicato male o disprezzato dagli altri. 7Si rimise, quindi, tutto a Dio, che tutto conosce. Con pazienza e con umiltà egli si difese contro le lingue malediche o contro coloro che pensavano di lui cose infondate e menzogne, spacciando tutto ciò a vanvera. 8Talvolta, però, volle ribattere, perché dal suo silenzio non nascesse scandalo ai deboli. 9"Chi sei tu, perché tema un uomo mortale?" (Is 51,12). Oggi, c'è; domani, non si vedrà più. 10Temi Dio, e non paventare gli spauracchi che vengono da parte degli uomini. 11Con parole o con ingiurie, che cosa può su di te un uomo? Nuoce a se stesso più che a te e, chiunque egli sia, non potrà sfuggire al giudizio di Dio. 12Per conto tuo abbi Dio davanti agli occhi ed evita di opporti a Lui con parole lamentose. 13E se, per il momento, ti sembra d'essere sopraffatto e di subire una vergogna immeritata, non risentirtene per questo e non sminuire con l'impazienza la tua corona. 14Guarda, invece, verso il Cielo, a Me che posso liberarti da ogni umiliazione e da ogni ingiustizia e rendere a ciascuno secondo le proprie opere. Note al capitolo 36° 1"Poni il tuo cuore con piena fiducia nel Signore e non temere il giudizio degli uomini, quando la tua coscienza ti attesta che sei retto e senza colpa". Perchè si dicono bugie? Per immaturità. L’immaturità è insufficiente grado di sviluppo intellettuale, morale, psicologico, spirituale d'un individuo. Così, uno non è libero ed è schiacciato dalle cose di codesto mondo. Il bambino ha paura di assumersi la responsabilità delle sue azioni cattive e cerca di coprirle con le bugie. L'adulto si vanta delle sue azioni malvagie per coprirle con una parvenza di legittimità. In ogni caso si tratta di immaturità: si sentono schiacciati dalle circostanze. Il vero cristiano affronta le sue responsabilità con animo forte. Sa che, anche se calunniato, giudicato male, perseguitato, condannato, non ha nulla da temere, perché quel che conta non è il giudizio degli uomini, ma quello di Dio. Se, invece, è colpevole di qualche cosa, lo ammette umilmente.

Capitolo trentasettesimo L’ASSOLUTO E TOTALE ABBADDONO DI SE STESSO, PER OTTENERE LA LIBERTÀ DEL CUORE PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, abbandona te stesso e troverai Me. 2Vivi rinunciando ad ogni libertà di scelta e ad ogni tua propria cosa, e guadagnerai sempre. 3 lnfatti, non appena avrai rinunciato a te stesso senza volere riattaccarti a te stesso, ti verrà data grazia più grande. PAROLE DEL DISCEPOLO 4Signore, quante volte dovrò fare questa rinuncia, e in quali cose dovrò distaccarmi da me stesso? PAROLE DEL SIGNORE 5Sempre e in ogni momento, così nel poco come nel molto. 6 Non escludo nulla, voglio trovarti spoglio di tutto. 7Altrimenti, come sarà possibile che tu sia mio ed Io sia tuo, se dentro e fuori non ti sarai svestito d'ogni tua volontà?


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Quanto più presto farai ciò, tanto meglio ti troverai; e quanto più piena e sincera sarà stata la tua rinuncia, tanto più Mi sarai caro e tanto più grande profitto spirituale ne ricaverai. 9Alcuni rinunciano, ma con qualche riserva: non confidano pienamente in Dio, e quindi sono troppo solleciti di provvedere da sé a se stessi. 10Alcuni dapprima fanno offerta completa, ma poi, sotto la spinta della tentazione, ritornano a prendere quello che è loro proprio: perciò, non fanno alcun progresso nella virtù. 11Costoro non giungeranno alla vera libertà del cuore puro ed alla grazia della mia dolce intimità, se non dopo avere fatto totale rinuncia e quotidiana immolazione di sé, senza di che non sussiste e non sussisterà l'unione che gode del possesso di Me. 12Io te l'ho detto tante volte ed ora te lo ripeto: abbandona te stesso, offriti a Me e godrai d'una grande pace interiore. 13Dà tutto per il Tutto: non cercare nulla, non richiedere nulla. 14Appoggiati interamente e senza esitazione a Me e Mi possederai. 15Allora il tuo cuore sarà libero e le tenebre non ti avvolgeranno. 16A questo sia rivolto ogni tuo sforzo; questo chiedi nella preghiera; questo devi desiderare, cioè di potere spogliarti d'ogni tua propria cosa e seguire, nudo, Gesù nudo; di poter morire a te stesso e vivere sempre in Me. 17Allora svaniranno tutte le immaginazione vane, i turbamenti perversi e le preoccupazioni inutili. 18Allora s'allontanerà anche il timore eccessivo e si spegnerà l'amore non conforme alla volontà di Dio. Note al capitolo 37° 3"Non appena avrai rinunciato a te stesso..., ti verrà data grazia più grande". C'è una parola che l'uomo moderno non vorrebbe mai sentir nominare: la parola "mortificazione", cioè la pratica delle penitenze corporali, che hanno lo scopo di reprimere le passioni e gli stimoli dei sensi. Si può definire la "mortificazione": privazione di qualche cosa che piace; punizione che liberamente e coscientemente ci si impone allo scopo di riparare il male fatto e prevenire le tentazioni di farlo. Gesù e gli Apostoli parlano di "rinunzia" (cf Lc 14,33), "abnegazione" (Lc 11,23), "mortificazione" (Col 3,5; Inni 8,13), "crocifissione" (Gal 5,24), "morte" e "seppellimento" (Col 3,3; Inni 8,4) e "spoliazione" dell'uomo vecchio (Col 3,9)... Tutto questo esige un combattimento spirituale contro le passioni, necessario per abbandonarsi completamente a Dio.

Capitolo trentaottesimo BUON GOVERNO DI SÉ NELLE OCCUPAZIONI ESTERNE E RICORSO A DIO NEI PERICOLI 1 PAROLE DEL SIGNORE Figlio, tu devi mirare con cura a questo: che in ogni luogo ed in ogni azione o attività esterna tu sia interiormente libero e padrone di te stesso; che le cose tutte siano soggette a te, e non tu soggetto ad esse. 2Mira al dominio ed al governo dei tuoi atti; mira a non esserne schiavo o mercenano. 3Sii piuttosto come affrancato e libero Israelita, che dalla servitù passa alla condizione d'erede ed alla libertà dei figli di Dio. 4I figli di Dio si tengono al di sopra delle cose che passano, e meditano quelle eterne; 5Guardano le cose transitorie con l'occhio sinistro, e quelle del Cielo con il destro; 6Non sono attratti, così da esserne avvinti, dai beni temporali, ma piuttosto traggono essi le cose a sé, perchè servano al bene così, come sono state disposte da Dio e stabilite dal supremo Artefice, il quale non lasciò nulla di disordinato nella sua creazione. 7Inoltre, se in ogni vicenda della vita non ti fermerai all'apparenza esterna e non considererai ciò che hai visto od ascoltato dal punto di vista carnale, ma in ogni occorrenza entrerai subito con Mosè nella tenda (cf. Es 25,22) per prendere consiglio dal Signore, udirai a volte il responso di Dio e ne uscirai istruito in molte cose presenti e future. 8Mosè, infatti, fece sempre ricorso alla tenda per risolvere dubbi e controversie e si rifugiò nella preghiera per avere aiuto, quando doveva alleviare i pericoli e le malvagità degli uomini. 9Cosi anche tu devi rifugiarti nel segreto del tuo cuore, per implorare con molto fervore il soccorso divino. 10Se come si legge - Giosuè ed i figli d'Israele furono tratti in inganno da quelli di Gabaon, la ragione fu che non avevano interrogato l'oracolo del Signore; ma fidandosi troppo sulle loro allettanti parole, si lasciarono imbrogliare da una falsa compassione. Note al capitolo 38° 4"I figli di Dio si tengono al di sopra delle cose che passano, e meditano quelle eterne". Le cose create, la vita, la nostra esistenza temporanea sulla terra, ecc. sono tanti zeri. Lo zero


70 ha un suo valore, se gli si mette davanti una cifra. Altrimenti non vale nulla; anzi, meno di nulla, perché ci trascina nella direzione sbagliata. Se l'uomo mette Dio davanti alle creature, premette la cifra che da valore agli zeri. Più elevato è l'impegno nei riguardi di Dio, più elevata la cifra. Se, al contrario, si mettono le creature davanti a Dio, viene annullato tutto.

Capitolo trentanovesimo AGIRE SENZA AFFANNO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, affida sempre a Me la cura dei tuoi interessi; vi provvederò Io a fin di bene al momento giusto. 2Attendi le mie disposizioni e ne sentirai quindi profitto. PAROLE DEL DISCEPOLO 3O Signore, ben volentieri affido a Te la cura di tutto, perché il mio accorgimento potrebbe farmi progredire ben poco. 4Oh, s'io non fossi tanto preso da ciò che ha da venire e m'offrissi, invece, senza esitazioni, alla tua volontà! PAROLE DEL SIGNORE 5Figlio, spesso l'uomo con i suoi pensieri progetta con ardore qualche cosa che desidera; ma quando l'abbia ottenuta, comincia a darne un giudizio diverso, perché i sentimenti circa uno stesso oggetto non sono durevoli, ma piuttosto spingono da uno ad un altro. 6Non è, dunque, impresa da nulla rinunciare a se stesso anche nelle più piccole cose. 7Il vero profitto dell'uomo è il rinnegare se stesso; e l'uomo che rinnega se stesso è libero e sereno in massimo grado. 8L’antico Avversario, che è nemico di tutti quelli che amano il bene, non desiste dal tentarli; anzi, giorno e notte trama gravi imboscate, per far cadere, se gli riesca, nei suoi lacci d'inganno qualche incauto. 9"Vegliate e pregate, dice il Signore, per non entrare in tentazione" (Mt 26,41). Note al capitolo 39° 7"... l’uomo che rinnega se stesso è libero e sereno in massimo grado". L’uomo è composto di spirito e di materia. Come abbiamo accennato all'inizio (cf. l.1°, c.6), il peccato originale ha prodotto come una spaccatura tra le due componenti: la parte materiale attira l'uomo al basso, e la parte spirituale a Dio. Per far trionfare la parte spirituale, che lo condurri alla vita eterna, deve rinnegare se stesso. Gesù ci ha salvati, ma la salvezza non si attua, se noi non collaboriamo con Lui. C'è come un'ipoteca su di noi: tutte le volte che non ci abbandoniamo fiduciosamente a Gesù, Satana rivuole la sua preda. Per questo, Gesù ripete: "Vegliate e pregate per non cadere in tentazione..." (Mt 26,41).

Capitolo quarantesimo L’UOMO DA SÉ NON HA NULLA DI BUONO E DI NULLA PUO’ GLORIARSI PAROLE DEL DISCEPOLO 1 “O Signore, che cosa é l'uomo, perché Te ne ricordi; il figlio dell 'uomo, perché Te ne curi?" (Sal 8,5). 2Quali meriti ha acquistato l'uomo, perché Tu gli conceda la tua Grazia? 3Signore, di che posso lagnarmi, se Tu m'abbandoni? O quali giuste ragioni potrei opporTi, se non farai quello che chiedo? 4 In verità, posso pensare e dire solo questo: Signore, nulla io sono, nulla posso, nulla di buono io ho da me stesso; anzi, manco di tutto e tendo sempre al nulla. 5E se non sarò aiutato e rianimato interiormente da Te, diventerò del tutto tiepido e mi dissolverò. 6Invece Tu, o Signore, sei sempre lo stesso e sussisti in eterno, sempre buono, giusto e santo, tutto facendo bene, giustamente e santamente, e tutto disponendo con sapienza. 7Io, invece, più incline a regredire che ad avanzare nel bene, non so mantenermi sempre nello stesso stato: "sette età diverse passano sopra di me" (Dn 4,13.20.22). 8Tuttavia, quando a Te piaccia, quando Tu mi porga la mano soccorritrice, il mio stato si muta subito in meglio, perché Tu solo, senza bisogno dell'uomo, potrai venire in mio aiuto e rendermi così saldo, che la mia faccia non sia soggetta a tanti mutamenti ed il mio cuore si volga a Te ed abbia pace in Te solo. 9 Perciò, s'io sapessi disprezzare ogni conforto che viene dagli uomini, sia per acquistare la devozione sia per la necessità che mi spinge a cercare Te, poiché non c'è uomo che mi consoli, allora potrei con ragione sperare nella tua Grazia ed esultare per


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il dono d'altre tue consolazioni mai provate. 10Siano rese grazie a Te, dal quale tutto deriva, ogni volta che mi succede qualcosa di buono. 11Io, davanti a Te, sono vanità, sono un nulla; sono un pover'uomo incostante e debole. 12Di che, dunque, posso io gloriarmi, o perché bramo d'essere stimato? 13Forse, per il mio nulla? Ma questo è il colmo della vanità! 14Oh! gloria davvero vana, morbo pestifero, massima presunzione, che allontana dalla vera gloria e spoglia della grazia del Cielo. 15lnfatti, mentre l'uomo si compiace di sé, dispiace a Te; mentre anela alle lodi degli uomini, egli resta privo delle vere virtù. 16Gloria vera e gioia santa è gloriarci in Te, non già in noi; gioire nel tuo nome, non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se non per Te. 17 Sia lodato il tuo nome, e non il mio; siano esaltate le tue opere, non le mie; sia benedetto il tuo santo nome ed a me non sia riservata, da parte degli uomini, alcuna lode. 18Sei Tu la gloria mia, Tu l'esultanza del mio cuore! 19In Te mi glorierò ed esulterò tutti quanti i giorni della mia vita: "di me stesso, invece, non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze" (2 Cor 12,5). 20Cerchino i Giudei gloria gli uni dagli altri; io cercherò quella che viene da Dio solo. 21Certo, ogni gloria che viene dagli uomini, ogni onore temporale, ogni grandezza del mondo, se confrontati con la tua gloria eterna, sono vanità e stoltezza. 22O mia Verità e mia Misericordia, Dio mio, Trinità beata, a Te soltanto siano lode, onore, virtù e gloria per gl'infiniti secoli dei secoli! Note al capitolo 40° 16"Gloria vera e gioia santa é gloriarci in Te, non già in noi; gioire nel tuo nome, non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se non per Te". Nell'introduzione al III° libro abbiamo affermato che L'imitazione di Cristo è un trattato "mistico" e porta ad una profonda esperienza mistica di Dio. Questo capitolo lo dimostra in modo particolare. Il peccato ha reso la materia "opaca"; la contemplazione di Dio la rende "diafana". Il mistico ha la sensazione viva della vanità di tutto ciò che non è Dio. La cultura moderna è un'esaltazione della materia; è un rigurgito di paganesimo; è basata sull'immanenza, mentre il Cristianesimo si basa sul principio della trascendenza di Dio. Chi si basa sul principio dell'immanenza non è in grado di comprendere le altezze della mistica, perché non ne conosce il linguaggio.

Capitolo quarantunesimo DISPREZZO PER TUTTI GLI ONORI TEMPORALI PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non crucciarti se vedi che altri sono onorati ed innalzati, mentre tu sei vilipeso ed umiliato. 2Leva il tuo cuore a Me in Cielo, e non ti rattristerà il disprezzo degli uomini sulla terra. PAROLE DEL DISCEPOLO 3Signore, noi siamo come ciechi, e ben presto ci lasciamo sedurre dalla vanità. 4Ma se guardo dentro di me imparzialmente, devo riconoscere che mai m'è stato fatto un torto da alcuna creatura, e perciò non ho ragionevole motivo di lamentarmi con Te. 5Poiché, anzi, spesso e gravemente ho peccato contro di Te, a ragione ogni creatura si leva ostile contro di me. 6A me, quindi, sono dovuti giustamente la vergogna ed il disprezzo; a Te la lode, l'onore e la gloria. 7 E, se non mi sarò preparato a desiderare d'essere disprezzato ed abbandonato da ogni creatura e d'essere considerato proprio un nulla, non potrò avere pace e stabilità interiori né ricevere lumi nello spirito né unirmi pienamente a Te. Note al capitolo 41° 3"Signore, noi siamo come ciechi, e ben presto ci lasciamo sedurre dalla vanità', La “vanità” è un sottoprodotto della superbia; è la ricerca disordinata della stima degli altri, della loro approvazione, delle loro lodi, dei titoli onorifici, ecc. Quando uno è preso da questo difetto, facilmente parla di sè, delle proprie conquiste, dei propri trionfi. Cerca di attirare l'attenzione degli altri con il modo di vestire. Cerca di apparire virtuoso, ma non si preoccupa di divenirlo.

Capitolo quarantaduesimo NON SI DEVE FONDARE LA PACE SUGLI UOMINI PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, se riponi la tua pace su qualche persona per ragioni di simpatia e di convivenza, sarai malsicuro e vincolato. 2Ma se ricorri alla Verità, sempre viva ed immutabile, non ti rattristerai per la partenza o per la morte d'un amico. 3L’amore per l'amico deve avere il suo fondamento in Me, e, per amore mio, tu devi amare chiunque ti sembri buono e ti sia molto caro in questa vita. 4Senza di Me,


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l'amicizia non vale e non dura; e non si dà verace e puro legame d'affetto, se non lo stringo Io. 5A tali affezioni verso persone amate tu devi essere così morto, da desiderare, per quanto ti riguarda, di vivere senz'alcuna umana compagnia. 6L'uomo tanto più s’avvicina a Dio, quanto più s'allontana da ogni terrena consolazione. 7 Ancora, tanto più ascende a Dio, quanto più s'inabissa in se stesso e si rende consapevole della sua miseria. 8Chi, invece, attribuisce anche un piccolo bene a sé, ostacola la discesa della Grazia di Dio in lui, perché la Grazia dello Spirito Santo cerca sempre il cuore umile. 9Se tu sapessi annichilirti totalmente e svuotarti d'ogni affetto per le creature, allora Io dovrei entrare nel tuo spirito con grande effusione di Grazia. 10 Quando tu volgi lo sguardo alle creature, ti viene sottratta la visione del Creatore. 11 Impara a vincerti in tutto per amore del Creatore; allora, potrai giungere a conoscerLo. 12Per quanto piccola sia, una cosa che si ama ed alla quale si guarda con affetto non conforme alla volontà di Dio, ritarda il cammino verso il Sommo Bene e corrompe l'anima. Note al capitolo 42° 12"Per quanto piccola sia, una cosa che si ama ed alla quale si guarda con affetto non conforme alla volontà di Dio, ritarda il cammino verso il Sommo Bene e corrompe l'anima". La perfezione consiste, è risaputo, nell'amore di Dio e del prossimo per amore di Dio. Ma l'amore non consiste nel sentire, consiste invece nel volere. Il miglior modo di amare Dio è di conformarsi alla sua Volontà. Spesso la Volontà di Dio è contro i nostri desideri. Di conseguenza, l'amore di Dio non è mai disgiunto dal sacrificio: ognuno deve andare a Dio per la strada sulla quale Dio lo ha incamminato. Le strade sono tante, ma non tutte sono per noi.

Capitolo quarantatreesimo CONTRO LA VANA SCIENZA DI QUESTO MONDO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non t'impressionino i discorsi eleganti e sottili degli uomini, "perché il Regno di Dio non consiste in parole, ma in virtù" (1 Cor 4,20). 2Sta' attento, invece, alle parole mie, che accendono i cuori ed illuminano le menti; suscitano la compunzione ed infondono varie specie di consolazione. 3Non leggere mai una sola parola al fine d'essere ritenuto più dotto o più sapiente. 4Applicati, invece, alla mortificazione dei tuoi difetti, perché ciò ti gioverà molto di più che la conoscenza di molti ardui problemi. 5Quando avrai letto ed imparato molte cose, occorre pur sempre che tu ritorni a quell'unico Principio di tutte le cose: 6Sono Io che insegno all'uomo la sapienza e dono ai piccoli una conoscenza più chiara di quella che possa essere insegnata dall'uomo. 7Colui, al quale parlo Io, sarà presto sapiente ed otterrà molto profitto spirituale. 8Guai a coloro che vogliono apprendere dagli uomini molte nozioni che soddisfano la curiosità, ma poco si curano d'imparare la strada che porta a servire Me! 9Giorno verrà, nel quale il Maestro dei maestri, Cristo, Signore degli Angeli, apparirà per ascoltare da tutti quello che ciascuno sa, cioè per esaminare la coscienza dei singoli. 10Ed allora "Gerusalemme sara' perlustrata con lanterne" (Sof 1,12); diventeranno visibili i nascondigli delle tenebre e saranno ridotte al silenzio le argomentazioni delle umane lingue. 11Sono Io che in un istante innalzo la mente umile, perché comprenda molte nozioni della Verità eterna, più che se uno avesse studiato dieci anni nelle scuole. 12Io insegno senza strepito di parole, senza confusione di opinioni, senza pomposa esteriorità, senza contrapposizioni d'argomenti. 13 Sono Io che insegno a disprezzare i beni terreni, ad avere in uggia le cose presenti, a cercare le cose eterne, a gustare le cose celesti, a fuggire gli onori, a sopportare le offese, a riporre ogni speranza in Me, a nulla desiderare fuori di Me, ad amare ardentemente Me sopra ogni cosa. 14Ci fu chi, amandomi intimamente, imparò le cose di Dio e ne parlò in modo mirabile. 15Costui fece più profitto abbandonando tutto, che non studiando sottili questioni. 16Io, però, dico ad alcuni cose d'indole generale; ad altri, d'indole particolare; ad alcuni Mi manifesto nella dolce luce di segni e di figure; ad altri, invece, rivelo i misteri nel fulgore della luce. 17Il linguaggio dei libri è unico, ma non istruisce tutti in modo eguale, mentre Io sono Maestro interiore di Verità, scruto i cuori, comprendo i pensieri, spingo alle azioni, distribuendo a ciascuno i miei


doni secondo che ritengo conveniente.

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Note al capitolo 43° 3"Non leggere mai una sola pamla alfine d'essere ritenuto più dotto o più sapiente". Quando veniva scritto questo piccolo libro, non c'erano ne giornali nè radio nè televisione. Pochi potevano studiare. Che dobbiamo dire ora, che si va a caccia con avidità delle ultime notizie in tutti i campi, e si passano ore ed ore davanti allo schermo televisivo? Se comprendessimo quanta zavorra inutile di cognizioni ci portiamo dentro, e come sia importante, invece, comprendere la Verità Eterna, tremeremmo di spavento! Questo libriccino ci aiuti a capire questo!

Capitolo quarantaquattresimo NON BISOGNA ATTACCARSI ALLE COSE ESTERIORI PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, conviene che tu rinunci alla conoscenza di molte cose e ti consideri come morto sulla terra, come uno per il quale tutto il mondo è crocifisso. 2Conviene anche che tu, passando in mezzo a molte cose, ti turi gli orecchi, per meditare piuttosto su ciò che riguarda la tua pace. 3É più utile distogliere lo sguardo dalle cose che disapproviamo e lasciare ad ognuno il proprio parere, che non impegnarsi in accese discussioni. 4Se ti manterrai unito a Dio e terrai presente il suo giudizio, sopporterai piuttosto facilmente d'essere stato soccombente fra gli uomini. PAROLE DEL DISCEPOLO 5O Signore, a che punto siamo arrivati? Ecco, si piange per un danno materiale; si fatica e si corre per un modesto guadagno; invece, passa in dimenticanza un danno spirituale e, a stento, solo tardi ci si riflette. 6Ci si occupa di quello che poco o nulla giova, e si passa sopra con negligenza a quello che è sommamente necessario, perché l'uomo si riversa tutto sulle cose esteriori e, se subito non si ritrae, s'adagia in esse con piacere. Note al capitolo 44° 1"Figlio, conviene... che ti consideri come morto sulla terra, come uno per il quale tutto il mondo e' cmcifisso". Parole forti, che forse faranno arricciare il naso a molti. Ma se si considera che tante volte diamo eccessiva importanza alle effimere notizie di questo mondo politica, sport, finanza - e così poco alle realtà interiori, non credo sia una esortazione inutile quella di lasciar perdere tante notizie che oggi ci appassionano e che domani avremo già accantonate.

Capitolo quarantacinquesimo NON SU TUTTI BISOGNA FARE AFFIDAMENTO. QUANTO SIA FACILE TRASCENDERE NEL PARLARE PAROLE DEL DISCEPOLO 1'Aiutami, Signore, ad uscire dalla tribolazione, perché s'attende invano la salvezza degli uomini" (Sal 59,13). 2Quanto spesso non ho trovato la fedeltà proprio là, dove avevo creduto di poterla avere! 3E quante altre volte, invece, l'ho trovata dove meno avevo pensato! 4Vana, dunque, è la speranza che si pone negli uomini: in Te solo, o Dio, è la salvezza dei giusti. 5Sii benedetto, Signore Dio mio, in tutte le cose che ci accadono! 6Noi siamo deboli ed incostanti; ci inganniamo presto e mutiamo nei sentimenti. 7Quale uomo sa guardarsi in tutto con tanta prudenza e circospezione, da non cadere talora in qualche inganno o incertezza? 8Ma chi confida in Te, o Signore, e Ti cerca con semplicità di cuore, non è facile che cada. 9E se pure sarà incorso in qualche tribolazione, comunque ne sia rimasto oppresso, verrà da Te liberato o consolato, perché Tu non abbandoni chi spera in Te sino alla fine. 10È’ raro l'amico fedele che si mantenga tale in tutte quante le avversità dell'amico. 11Tu, invece, o Signore, Tu solo sei fedelissimo in ogni circostanza e, fuori di Te, non c'è altri che sia tale. 12Oh, quale profonda sapienza ebbe quell'anima santa che disse: "il mio spirito è saldo e radicato in Cristo!" (Sant'Agata). 13Se così fosse anche di me, non mi turberebbe tanto facilmente l'umano timore né m'abbatterebbero i colpi delle umane parole. 14Chi può prevedere tutto, chi può premunirsi contro i mali futuri? 15Se, anche previsti, spesso ci addolorano, come non ci feriranno gravemente i mali imprevisti? 16 Ma perché, infelice qual sono, non ho provveduto meglio a me? Perché, anche, mi sono affidato con tanta leggerezza ad altri? 17Siamo uomini, nient'altro che fragili uomini, anche se da molti siamo ritenuti e chiamati Angeli. 18A chi crederò, Signore, se non a Te? 19Tu sei la Verità, che non inganna e non può essere ingannata. 20A1 contrario, "ogni uomo è inganno" (Sal 115,11), debole, instabile, facile a mutare,


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specialmente nelle parole; sicché, a stento, si può subito prestare fede a quello che, in apparenza, sembra vero. 21Quanto sapientemente Tu ci hai preavvisati che dobbiamo gnardarci dagli uomini; che "i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa" (Mt 10,36) e che non dobbiamo credere, se alcuno ci dica: "Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là!" (Mt 24,23; Mc 13,21). 22Ho imparato a mie spese; ed almeno, ciò mi serva per una mia maggiore cautela, e non per mia maggiore stoltezza! 23Sii prudente - mi dice uno sii prudente e tieni solo per te quello che ti dico. 24Eppure, mentre io taccio e credo che la cosa rimanga segreta, proprio lui, che m'aveva chiesto il silenzio, non riesce a tacere: improvvisamente tradisce me e sé, e se ne è già bell'e andato via. 25Da siffatto genere di fandonie e da codesti uomini sventati difendimi,o Signore; fa' ch'io non cada nelle loro mani e non commetta mai cose simili! 26Poni sulle mie labbra la parola sincera e leale ed allontana da me la parola astuta. 27Devo guardarmi in ogni modo da ciò che non vorrei dover patire da parte d'altri. 28Oh, come bello e quale fonte di pace saper tacere sul conto degli altri, non credere tutto alla leggera né essere facili a moltiplicare le parole su ciò che si è udito; 29Aprire solo a pochi il proprio animo, cercare sempre Te, che scruti i cuori, 30Né lasciarsi portare di qua e di là da ogni vento di parole, ma desiderare che tutto, dentro e fuori di noi, si compia secondo la tua volontà! 31Oh, quali mezzi sicuri, per conservare la celeste Grazia, sono il rifuggire dalle umane apparenze, il non bramare quello che sembri procurare ammirazione all'esterno e l'inseguire invece, con tutta premura, ciò che procura emendazione di vita e fervore! 32Che danno arrecò a molti una virtù a tutti nota e prematuramente esaltata! 33 E quanto giovò, invece, la Grazia conservata nel silenzio in questa fragile vita, della quale giustamente si dice che è tutta una tentazione ed una lotta! Note al capitolo 45° 7"Quale uomo sa guardarsi in tutto con tanta prudenza e circospezione, da non cadere talora in qualche inganno o incertezza? "La prudenza di cui si parla in questo capitolo non è la prudenza umana, che agisce senza darsi pensiero del fine ultimo, che è Dio; tanto meno la prudenza della carne, che mira a soddisfare le proprie passioni, ad arricchire e a conseguire onori a qualunque costo; ma è la prudenza cristiana. Questa prudenza ci deve accompagnare sempre, dappertutto, in ogni circostanza; ma, nel nostro caso, si tratta dei nostri rapporti con gli altri: sì, amici con tutti, ma sempre prudenza nel confidarsi, perché l'umana debolezza è grande.

Capitolo quarantaseiesimo DOBBIAMO AVERE FIDUCIA IN DIO, QUANDO SIAMO COLPITI DA PAROLE CIIE FERISCONO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, sta' saldo e spera in Me. Che altro sono le parole, se non parole? 2Volano per l'aria, ma non scalfiscono la pietra. 3Se sei colpevole, pensa di buon animo ad emendarti; se non sei consapevole d'alcuna colpa, sopporta volentieri ogni contrarietà, per amore di Dio. 4Non è una gran cosa che tu sopporti, almeno qualche volta, delle parole pungenti, tu, che ancora non sei capace di reggere a gravi percosse. 5E perché cose tanto piccole ti arrivano fino al cuore, se non perché sei ancora legato alla carne e badi agli uomini più del necessario? 6Evidentemente, perché temi d'essere disprezzato, non vuoi essere ripreso per i tuoi errori e cerchi scuse per metterli al coperto. 7Ma esaminati meglio, e riconoscerai che dentro di te sono ancora vivi il mondo ed il vano desiderio di piacere agli uomini. 8lnfatti, codesta tua ripugnanza ad essere tenuto in poca considerazione e ad essere umiliato per i tuoi difetti, è una chiara dimostrazione che non sei veramente umile, che non sei veramente morto al mondo e che per te il mondo non è stato crocifisso. 9Ma ascolta la mia Parola e non darai importanza nemmeno a diecimila parole degli uomini. 10Ecco, anche se contro di te si dicesse tutto quello che la più perfida malizia può inventare, quale danno ti farebbe questo, quando tu lo lasciassi del tutto correre e ne facessi conto non più che d'una pagliuzza? Ti si potrebbe, forse, strappare anche un solo capello? 11Ma chi non è raccolto nell'intimo del suo cuore e non ha Dio davanti agli occhi, si lascia turbare facilmente per una parola di biasimo. 12Chi, invece, confida in Me e non ricerca l'appoggio al proprio giudizio, sarà immune dal timore degli uomini. 13Sono Io,


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infatti, il Giudice e colui che conosce tutti i segreti; Io so come una cosa s'è svolta veramente; Io conosco chi fa l'offesa e chi la patisce. 14Per mio volere è uscita quella parola, con il mio permesso è avvenuto questo fatto, "perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2,35). 15Io giudicherò il reo e l'innocente, ma prima ho voluto provare l'uno e l'altro con occulto giudizio. 16La testimonianza degli uomini spesso è fallace; il mio giudizio, invece, è veritiero, resterà immutato e non sarà rovesciato. 17II più delle volte resta nascosto e a pochi, nei singoli casi, si fa palese; tuttavia, non sbaglia mai e non può sbagliare, anche se non sembri retto agli occhi di chi manca della sapienza. 18 A Me, dunque, bisogna ricorrere per il giudizio su ogni contesa, e non fidarsi del proprio criterio. 19Il giusto, infatti, non si turberà, "qualunque cosa gli venga" (Prv 12,21) da Dio. Non se la prenderà molto, anche se gli sarà fatto qualche addebito calunnioso. 20Ma nemmeno si darà a fatua esultanza, se con buone ragioni verrà da altri discolpato. 21Il giusto, infatti, considera che sono Io colui che "scruta gli affetti ed i pensieri" (Ap 2,23) degli uomini; Io, che non giudico secondo l'apparente aspetto degli uomini. 22Spesso, quindi, ai miei occhi è riprovevole ciò che, a giudizio degli uomini, può sembrare degno di lode. PAROLE DEL DISCEPOLO 23O Signore Dio, giudice giusto, forte e paziente, che conosci la fragilità e la cattiveria degli uomini, sii la mia forza e tutta la mia fiducia; la sola coscienza non mi basta. 24Tu conosci quello che io non conosco; perciò, davanti ad ogni rimprovero mi sarei dovuto umiliare ed avrei dovuto sopportarlo con dolcezza. 25 Perdonami, dunque, benevolo, per tutte le volte che non mi sono comportato così, e dammi di nuovo la grazia d'una sopportazione maggiore. 26È meglio per me, per ottenere il perdono, la tua sovrabbondante misericordia, che non la mia pretesa giustizia a difendere ciò che è nascosto nella mia coscienza. 27Ed anche se fossi consapevole con me stesso di non dovermi rimproverare di nulla, non posso per questo ritenermi giustificato, perché senza la tua misericordia "nessun vivente davanti a Te è giusto" (Sal 142,2). Note al capitolo 46° 3"Se sei colpevole, pensa di buon animo ad emendarti; se non sei consapevole d'alcuna colpa, sopporta volentieri ogni contrarietà, per amore di Dio". La "pazienza" è la sopportazione dei patimenti, fisici o morali, per amore di Dio. La vita è una prova: abbiamo tutti le nostre sofferenze. Se soffriamo da forti, per amore di Dio, ci faremo santi. Se soffriamo lamentandoci, bestemmiando e forse maledicendo la Provvidenza, o peccando d'orgoglio, perdiamo il merito e, nel caso delle parole che feriscono, forse manchiamo anche di carità. E questo è farina per il Purgatorio!

Capitolo quarantasettesimo SOPPORTARE TUTTO PER LA VITA ETERNA PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non lasciarti abbattere dal peso dei compiti che ti sei assunto per amor mio né, per alcun motivo, t'abbattano mai le tribolazioni; ma in ogni circostanza ti fortifichi e ti consoli la mia promessa. 2Io basto a ricompensarti oltre ogni limite e misura. 3Quaggiù non durerà a lungo il tuo travaglio né sarai per sempre oppresso da dolori. 4Aspetta un po' e vedrai finire d'un tratto i tuoi mali. 5Verrà l'ora in cui ogni travaglio ed ogni agitazione cesseranno. 6È poco e di breve durata tutto ciò che passa con il tempo. 7Compi i doveri del tuo stato; lavora fedelmente nella mia vigna; Io sarò la tua ricompensa. 8Scrivi, leggi, canta, sospira, taci, prega, sopporta virilmente le avversità: di tutte codeste e d'altre maggiori battaglie è ben degna la vita eterna. 9Verrà la pace in un determinato giorno, che è noto al Signore; e non ci sarà notte né giorno come di codesto vostro tempo, ma luce perpetua, chiarita infinita, pace stabile, riposo sicuro. 10Non dirai, allora: "Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?" (Rm 7,24). 11Né griderai: "Ahimè, il mio esilio s'è prolungato!" (Sal 119,5). 12 Ché, la morte sarà cacciata nell'abisso e la salvezza sarà per sempre; più nessuna angustia, ma gioia beata e compagnia soave e gloriosa dei Beati. 13Oh!, se tu vedessi le eterne corone dei Santi in Cielo. E di quanta gloria esultano ora essi, che un tempo erano ritenuti in codesto mondo spregevoli e quasi immeritevoli perfino di vivere!


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Senza dubbio, ti prosterneresti subito fino a terra e desidereresti essere sottomesso a tutti, piuttosto che comandare anche ad un uomo solo; 15Né desidereresti trascorrere giorni lieti in codesta vita, ma godresti di soffrire per amore di Dio e stimeresti come il più grande guadagno essere considerato un nulla tra gli uomini. 16Oh! se tu gustassi queste verità e se esse ti penetrassero in fondo al cuore, come oseresti lamentarti anche una sola volta? 17Per la vita eterna non si devono forse sopportare tutte le tribolazioni? 18 Non è cosa di poca importanza perdere o guadagnare il Regno di Dio. 19Solleva, dunque, il tuo volto al Cielo. Eccomi, insieme con tutti i miei Santi, i quali hanno sostenuto la loro grande battaglia in codesto mondo: ora sono nella gioia, ora ricevono consolazione, ora sono sicuri, ora riposano; e rimarranno con me nel Regno del Padre mio, per sempre. Note al capitolo 47° 2“Io basto a ricompensarti oltre ogni limite e misura". La felicità e la sofferenza sono le facce della stessa medaglia. La vera felicità è proiettata nell'eternità, in Dio. Su questa terra è felice chi vive in questa prospettiva, abbandonato perfettamente alla volontà di Dio, nella certezza che Lui ci ama e condurrri la nostra vita al conseguimento della vera felicità.

Capitolo quarantottesimo LA VITA ETERNA E LE ANGUSTIE DELLA VITA PRESENTE PAROLE DEL DISCEPOLO 1O dimora beatissima della città celeste! 2O giorno splendidissimo dell'eternità, che la notte non offusca, ma che la somma Verità perennemente irradia; o giorno sempre gioioso e sereno, che non muta mai il proprio stato! 3Oh, se quel giorno fosse già spuntato e tutte queste vicissitudini temporali avessero già avuto termine! 4Si, esso già rifulge splendido di luce perpetua per i Santi, ma soltanto da lontano e di riflesso per chi è ancora pellegrino sulla terra. 5I cittadini del Cielo ben sanno quant'è gioiosa quella luce; i figli d'Eva, esuli, gemono per l'amarezza ed il peso della vita presente. 6I giorni di questo nostro tempo sono brevi e cattivi, pieni di dolori e d'angustie. 7Sono giorni, nei quali l'uomo è insozzato da molti peccati, irretito da molte passioni, oppresso da molte paure, schiacciato da molti affanni, distratto da molte curiosità, impigliato in molte vanità; 8È avvolto da molti errori, logorato da molte fatiche, appesantito da tentazioni, snervato da piaceri, afflitto dall'indigenza. 9Oh! quando avranno fine questi mali? Quando mi libererò dalla miserabile schiavitù dei vizi? 10Quando, o Signore, nei miei pensieri avrò unicamente Te? Quando sarò pienamente felice in Te? 11Quando sarò nella vera libertà, senz'alcun legame, senza alcun peso dello spirito e del corpo? 12Quando godrò della pace stabile, della pace imperturbabile e sicura, della pace interiore ed esteriore, della pace non minacciata sotto alcun aspetto? 13O Gesù buono, quando Ti vedrò faccia a faccia? Quando contemplerò la gloria del tuo Regno? Quando sarai per me tutto in tutte le cose? 14Oh! quando sarò con Te nel Regno tuo, che hai preparato dall'eternità per i tuoi diletti? 15Mi trovo qui abbandonato, povero ed esule, in una terra nemica, dove ogni giorno ci sono guerre e mali gravissimi. 16Consola il mio esilio, lenisci il mio dolore, perché ogni mio desiderio sospira a Te. 17lnfatti, qualunque cosa questo mondo mi offra come conforto, mi è, invece, di peso. 18Desidero godere dell'intima unione con Te, ma non riesco a raggiungerla. 19Bramo stare fisso ai beni celesti, ma quelli temporali e le passioni non mortificate mi riportano in basso. 20Con lo spirito voglio stare sopra tutte le cose terrene e, contro mia voglia, sono costretto dalla carne a soggiacervi. 21E cosi, uomo infelice, io lotto con me stesso e "sono diventato un peso per me stesso" (Gb 7,20), mentre lo spirito tende all'alto e la carne cerca il basso. 22Oh, quanto soffro dentro di me, quando con la mente medito le cose del Cielo e, improvvisamente, mentre prego, mi si presenta la folla delle cose carnali! Dio mio, "non stare lontano da me" (Sal 70,12) e "non respingere con ira il tuo servo" (Sal 26,9). 23"Fa' scoppiare i tuoi fulmini e disperdi questa folla; scocca le tue saette e siano scompigliate tutte le macchinazioni del nemico" (Sal 143,6). 24Raccogli in Te i miei sentimenti; fa' ch'io dimentichi tutte le cose mondane; dammi la grazia di cacciare via subito e disprezzare le immagini suggestive dei vizi. 25Vieni in mio


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soccorso, o eterna Verità, perché nessuna vanità mi seduca. 26Vieni, o celeste soavità, e davanti al tuo volto fugga ogni cosa non pura. 27Ancora perdonami ed abbi indulgente misericordia ogni volta che nella preghiera penso ad altro fuorché a Te. 28In verità, confesso sinceramente d'essere, di solito, molto distratto. 29Tante volte non sono là, dove siedo con il corpo, ma piuttosto là, dove mi portano i pensieri. 30Sono là, dov'è il mio pensiero, ed il mio pensiero è spesso là, dov'è la cosa che amo. 31Mi s'affaccia d'un tratto alla mente ciò che mi diletta per natura o mi piace per abitudine. 32Per questo, Tu, Verità, hai detto chiaramente: "Là, dov 'è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore" (Mt 6,21). 33Se amo il Cielo, penso volentieri alle cose del Cielo. 34Se amo il mondo, gioisco di ciò che piace al mondo e mi rattristo delle sue avversità. 35Se amo la carne, spesso vado fantasticando cose carnali. 36Se amo lo spirito, trovo diletto a pensare alle cose spirituali. 37Quali che siano le cose ch'io amo, di esse io parlo e sento parlare volentieri, e volentieri riporto con me a casa il loro ricordo. 38Beato, invece, l'uomo che per amore tuo, o Signore, dice addio a tutto ciò ch'è stato creato; 39Chi reagisce alla natura e con fervore di spirito crocifigge le concupiscenze della carne, per poter offrire a Te con rasserenata coscienza una preghiera pura, ed essere degno di prendere parte ai cori celesti, dopo aver escluso, dentro e fuori di sé, tutte le cose terrene. Note al capitolo 48° 32'Là, dov 'è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore" (Mt 6,21). Il missile che sale nello spazio, di mano in mano che sale, è sempre meno attratto dalla gravitazione terrestre, fino a rimanere in orbita intorno alla terra. L’uomo che si dedica alla contemplazione di Dio è sempre meno attratto dalle cose di questo mondo, fino a rimanere fisso in Dio, attratto dalle sue infinite perfezioni. Chi è ancora schiavo della materia non può capire questi discorsi, come uno non può capire un discorso fatto in una lingua sconosciuta.

Capitolo quarantanovesimo IL DESIDERIO DELLA VITA ETERNA; LA GRANDEZZA DEI BENI PROMESSI A QUELLI CHE LOTTANO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, quando senti infonderti dall'alto il desiderio della felicità eterna ed aspiri ad uscire dalla dimora del corpo, per poter contemplare il mio splendore senza alternativa d'ombra, allarga il tuo cuore ed accogli con ogni desiderio questa santa ispirazione. 2Rendi grazie, quanto più t'è possibile, alla somma Bontà, che agisce con te con tanta benignità, che ti visita con indulgenza, che ardentemente ti eccita, che potentemente ti solleva, perché per il tuo proprio peso tu non abbia ad inclinare verso le cose della terra. 3Questo desiderio, infatti, non è frutto del tuo pensiero o del tuo sforzo, ma soltanto della degnazione della grazia di Dio e del suo sgnardo, allo scopo che tu progredisca nelle virtù ed in una più profonda umiltà, preparandoti alle future battaglie, stretto a Me con tutto l'affetto del cuore e desideroso di servirMi con fervente zelo. 4Figlio, spesso il fuoco arde, ma la fiamma non sale senza fumo. 5Allo stesso modo, in alcuni divampa il desiderio delle cose celesti, e tuttavia essi non sono liberi dalla tentazione degli affetti carnali. 6Perciò, quello che chiedono a Dio con tanto desiderio, non lo compiono con perfetta rettitudine per la sua gloria. 7 Così è spesso anche il tuo desiderio del Cielo, perché tu stesso vi hai immesso un fermento così poco confacente. 8Non è, infatti, puro e perfetto ciò che è inquinato dall'interesse proprio. 9Chiedi non ciò che piace e fa comodo a te, ma ciò che è accetto a Me e torna a mia gloria, perché, se giudichi bene, al tuo desiderio e ad ogni cosa desiderata tu devi anteporre le mie disposizioni e seguirle. 10Io conosco i tuoi desideri, ho ascoltato i tuoi gemiti frequenti. 11Tu vorresti essere già nella libertà della gloria dei figli di Dio; già, la tua anima si diletta della dimora eterna e della patria celeste, che sono piene di gaudio; ma codesta ora non è ancora venuta; deve ancora passare altro tempo: tempo di lotta, tempo di fatica e di prova. 12Tu brami saziarti del Bene sommo, ma questo non puoi ottenerlo, ora. 13Sono Io il Bene sommo; aspettami - dice il Signore - finché venga il Regno di Dio. 14Tu devi essere ancora provato sulla terra ed esercitato in molte maniere. 15Di quando in quando, ti sarà dato qualche conforto, ma non te ne sarà concesso in abbondanza fino a saziarti. 16Sta' di buon animo, dunque, e


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sii forte tanto nell'agire quanto nel sopportare ciò che va contro la natura. 17Occorre che tu ti rivesta dell'uomo nuovo e che ti trasformi in un altro uomo. 18Occorre che tu faccia spesso quello che non vorresti, e che rinunci a quello che vuoi. 19Quello che piace agli altri avrà successo; quello che piace a te non andrà innanzi. 20Si ascolterà quello che dicono gli altri; quello che dici tu sarà preso per un nulla. 21Altri chiederanno, e riceveranno; chiederai tu, e non otterrai nulla. 22Saranno grandi gli altri nella fama degli uomini; sul tuo conto non si farà parola. 23Ad altri verrà affidato questo o quell'incarico; tu non sarai giudicato utile a nulla. 24Perciò, la natura sentirà talvolta amarezza; e sarà già molto, se saprai sopportare in silenzio. 25In questi ed in molti simili modi, il servo fedele del Signore suole essere messo a prova, come sappia rinnegare e vincere se stesso in tutto. 26È difficile che ci sia qualche occasione nella quale tu deva morire a te stesso tanto, come quando vedi e soffri ciò che è contrario al tuo volere; specialmente, poi, quando ti viene comandato di fare cose che a te sembrano non convenienti e meno utili. 27Siccome, poi, essendo alle dipendenze di chi comanda, non osi opporti all'autorità superiore, ti sembra duro camminare al cenno d'un altro e mettere da parte ogni tua volontà. 28Ma pensa, figlio, al frutto di tutte queste sofferenze, alla loro rapida fine, al premio enormemente grande che ti attende, e non sentirai il peso di tali sofferenze, ma anzi proverai un vigorosissimo sollievo alla tua sofferenza. 29Infatti, invece di codesta tua scarsa volontà, alla quale tu ora spontaneamente rinunci, godrai per sempre in Cielo la pienezza della tua volontà. 30 Lassù, invero, troverai tutto quello che vorrai, tutto quello che potrai desiderare. 31 Lassù, sarà a tua disposizione l'abbondanza d'ogni bene, senza timore di perderlo. 32 Lassù, la tua volontà, in pertetta unione con la mia, non desidererà nulla che venga di fuori, nulla che sia esclusivamente tuo proprio. 33Lassù, nessuno ti si potrà opporre, nessuno si lamenterà di te, nessuno ti ostacolerà, nulla ti si opporrà; ma tutte le cose desiderate ti saranno, ad un tempo, davanti, e ristoreranno pienamente il tuo cuore, che ne sarà ricolmo fino a traboccare. 34Lassù, ti darò gloria per il disprezzo patito; ti darò un manto di lode per le tristezze sofferte; ti darò un eterno seggio regale per l'ultimo posto occupato in terra. 35Lassù, si vedrà il frutto dell'obbedienza; avrà gioia la fatica della penitenza; sarà coronata di gloria l'umile sottomissione. 36Adesso, dunque, chinati umilmente sotto la mano di tutti, senza badare chi abbia detto o comandato alcunché. 37Ma dovrai avere grande cura di accettare tutto come un bene e d'eseguirlo con sincera volontà, chiunque t'abbia chiesto o suggerito qualche cosa, sia egli un Superiore od uno più giovane di te od uno pari a te. 38Cerchino pure gli altri questa o quella cosa; uno si glorii pure in una cosa, un altro in altra, e ricevano pure mille e mille volte elogi; quanto a te, non trovare la tua gioia o la tua gloria in questo od in quello, ma nel disprezzo di te stesso, nell'adempimento della sola mia Volontà e nella mia gloria. 39Questo tu devi desiderare: che in te sia sempre glorificato Dio, sia per la vita sia per la morte. Note al capitolo 49° 3"Questo desiderio non frutto del tuo pensieno o del tuo sforzo...". Il desiderio del Cielo non viene dalla natura, ma dalla grazia. È Dio stesso che attira l'anima, anche se questa non è del tutto distaccata dalle cose terrene. Infatti, il Signore stesso l'ammonisce: 4"Spesso il fuoco arde, ma la fiamma non sale senza fumo". Ci sono ancora imperfezioni da bruciare nel fuoco dell'amore divino. Anche se l'anima è assetata di Dio, sente ancora il peso delle cose materiali, che la trascinano in basso. Per questo, il Signore la sta ancora purificando di tutte le scorie umane, istruendo sulle vie che usa per perfezionarla e portarla sempre più vicino a Sé, e dice: 14"Tu devi essere ancona provato sulla terra ed esercitato in molte maniere", e passa in rivista tutte le prove a cui verrà sottoposto colui che lotta.

Capitolo cinquantesimo NELLA DESOLAZIONE ABBANDONARSI A DIO PAROLE DEL DISCEPOLO 1Signore Dio, Padre santo, sii benedetto ora ed in eterno, perché come Tu vuoi, così è stato fatto, e quello che Tu fai è buono. 2Che il tuo servo allieti in Te, non in sé né in alcun altro, perché Tu solo sei letizia vera, Tu la speranza


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mia ed il premio mio; Tu, o Signore, la gioia mia e la gloria mia. 3Che cosa possiede il tuo servo, che non abbia ricevuto da Te, e senza suo merito? 4Tutte le cose che hai date e fatte a me, sono tuo dono. 5"Povero io sono, e tribolato sino dalla mia giovinezza" (Sal 87,16), e talvolta l'anima mia si rattrista fino alle lacrime; non di rado si sgomenta per le passioni che la minacciano. 6Desidero il gaudio della pace, imploro la pace dei tuoi figli, da Te nutriti nella luce della consolazione. 7Se Tu le dai la pace, se Tu le infondi santa letizia, l'anima del tuo servo sarà piena di melodia e canterà devota le tue lodi. 8Ma se Tu ti ritrarrai da lui, come spessissimo fai, il tuo servo non potrà percorrere svelto la via dei tuoi Comandamenti; ma piuttosto gli si piegheranno le ginocchia fino ad opprimergli il petto, 9Poiché per lui non sarà più come prima, ieri o ieri l'altro, quando la tua lampada gli splendeva sul capo, e sotto l'ombra delle tue ali era al sicuro dagli assalti delle tentazioni. 10O Padre giusto e degno di perpetua lode, è venuta l'ora in cui il tuo servo dev'essere messo alla prova. 11O Padre degno d'essere amato, è giusto che in quest'ora il tuo servo patisca qualche cosa per Te. 12O Padre degno di perpetua venerazione, è giunta l'ora, che Tu dall'eternità prevedevi sarebbe venuta, nella quale il tuo servo dev'essere momentaneamente sopraffatto da cose esteriori, sebbene interiormente continui a vivere vicino a Te. 13È giunta l'ora nella quale egli dev'essere per un po' di tempo vilipeso, umiliato e ridotto a nulla in faccia agli uomini, logorato dai patimenti e dalla tiepidezza, per poter, poi, di nuovo risorgere con Te nell'aurora d'una nuova luce ed essere glorificato tra gli eletti del Cielo. 14O Padre santo, così Tu hai predisposto e così hai voluto; e quello che hai ordinato Tu, si è adempiuto. 15È questo il dono che Tu fai a chi Ti ama: patire ed essere tribolato in questo mondo per amore tuo, quante volte e da parte di chiunque permetterai che sia fatto. 16Nulla avviene sulla terra fuori del tuo disegno provvidenziale e senza una tua ragione. 17"Bene per me, o Signore, se sono stato umiliato, perché io impari a conoscere le tue vie della giustizia" (Sal 118,71) e rigetti dal mio cuore ogni genere d'orgoglio e temerarietà. 18Mi è utile che la vergogna abbia ricoperto il mio volto cosicché, per consolarmi, io cerchi Te piuttosto che gli uomini. 19Da ciò ho anche imparato a temere l'imperscrutabile tuo giudizio, con il quale Tu affliggi il giusto insieme con l'empio, ma non senza equità e giustizia. 20E grazie Ti siano rese, perché non hai risparmiato il castigo alle mie colpe, ma mi hai trafitto con aspre battiture, infliggendomi dolori e caricandomi d'angustie esterne ed interiori. 21Non c'è, fra tutti coloro che vivono sotto il cielo, chi mi consoli, se non Tu, o Signore mio Dio, celeste medico delle anime, che percuoti e risani, che "ci fai scendere negli abissi della terra e da essi ci ritogli" (Tb 13,2). 22La tua rigida disciplina sia sopra di me, e la tua stessa sferza mi ammaestrerà. 23Ecco, o Padre diletto, io sono nelle tue mani e m'inchino sotto la tua verga che mi corregge. 24Percuoti pure il mio dorso e il mio collo, perché io raddrizzi la mia vita tortuosa, conformandola secondo la tua volontà. 25Fa' di me un pio ed umile discepolo, come ben sai fare, perché io cammini secondo ogni tuo cenno. 26A Te affido me stesso e tutte le cose mie, perché Tu mi corregga: è meglio essere duramente rimproverato quaggiù, oggi, che non in futuro. 27Tu conosci tutto ed ogni singola cosa, e nulla Ti rimane occulto della coscienza dell'uomo. 28Tu conosci le cose che verranno, prima che accadano, né hai bisogno che alcuno Ti informi o Ti rammenti quello che si fa sulla terra. 29Tu conosci ciò che è opportuno ed utile al mio profitto spirituale e quanto serve la tribolazione a togliere la ruggine dei vizi. 30Disponi di me secondo il tuo beneplacito e come io stesso desidero; e non disprezzarmi per la mia vita piena di colpe, che nessuno conosce meglio e più chiaramente di Te. 31 Dammi, o Signore, la grazia di conoscere quello che si deve conoscere; di amare ciò che si deve amare; di lodare ciò che a te sommamente piace; d'apprezzare ciò che Tu stimi prezioso; di disprezzare quello che ai tuoi occhi è spregevole. 32Non permetterai ch'io giudichi "secondo il modo di vedere degli occhi corporali né ch'io prenda decisioni secondo ciò che hanno udito uomini inesperti" (Is 11,3). 33Ma fa' ch'io abbia discerminento delle cose sensibili e di quelle spirituali in ispirito di verità, e che,


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soprattutto, io cerchi sempre di piacere alla tua volontà. 34Nel giudicare, i sensi degli uomini spesso s'ingannano, come s'ingannano coloro che segnono il mondo, amando soltanto le cose visibili. 35Ma è, forse, migliore un uomo per il fatto che è stimato da un altro uomo più grande di quello che è? 36Chi esalta un altro uomo, è un uomo bugiardo che inganna un bugiardo, un vanitoso che inganna un vanitoso, un cieco che inganna un cieco, un debole che inganna un debole; anzi, mentre lo loda senza fondamento, in realtà lo fa maggiormente vergognare. 37ìnfatti - dice nella sua umiltà San Francesco - quanto ciascuno è ai tuoi occhi, tanto egli è; e nulla di più. Note al capitolo 50° 20"Grazie Ti siano rese, perché non hai risparmiato il castigo alle mie colpe, ma mi hai trafitto con aspre battiture, infliggendomi dolori e caricandomi d'angustie esterne ed interiori". Desolazione significa restare solo, sconsolato, triste, abbandonato. L'anima in questo stato, per colpa sua o d'altri o per circostanze che vanno di là di ogni volontà umana, non deve scoraggiarsi, ma accettare con abbandono questo stato di cose, chiedendo aiuto a Dio. Ogni sofferenza è una benedizione, se la sappiamo accettare con fede. Per arrivare alla contemplazione di Dio, è necessaria una grande purità di cuore. Dio stesso purifica il cuore con varie prove, che Lui stesso manda e che l'anima deve pazientemente accettare. S. Giovanni della Croce descrisse queste prove e le chiamò "notti". Il Santo distingue due "notti": una destinata a staccarci daI mondo sensibile, e la chiama "notte dei sensi"; la seconda distacca dalle consolazioni spirituali ed è chiamata "notte dello spirito". Possiamo pensare che questo capitolo de L'imitazione di Cristo parli proprio della prima notte. Non intendiamo approfondire il discorso, ma semplicemente ricordare che si tratta di uno stato spirituale complesso, d'una mescolanza di tenebre e di luce, di aridità e di intenso amor di Dio. È la preparazione ad un più alto stato di perfezione.

Capitolo cinquantunesimo DEDICARSI A COSE UMILI, QUANDO SI VIENE MENO ALLE PIÙ ALTE PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, tu non riesci a rimanere sempre in uno stato di fervoroso desiderio delle virtu né a stare su più alte vette di contemplazione. 2Ma talvolta, a causa della colpa che è stata all'origine dell'umanità, hai bisogno di scendere più in basso e di portare il peso di codesta vita corruttibile, pur contro voglia e con noia. 3Finché vivi in un corpo mortale, sentirai noia e pesantezza di spirito. 4Bisogna, dunque, che nella carne e sotto il peso della carne tu gema spesso, poiché non hai sufficiente lena per reggerti ininterrottamente nelle pratiche spirituali e nella divina contemplazione. 5Ti conviene allora rifugiarti in occupazioni umili e materiali e fortificarti con buone azioni, aspettando con salda fiducia il mio ritorno e la mia visita dall'alto. 6Ti conviene allora sopportare pazientemente il tuo esilio e la tua aridità di spirito, in attesa d'essere visitato da Me e d'essere liberato da tutte le angosce. 7Io ti farò dimenticare le tue fatiche e pienamente godere della pace interiore. 8Aprirò davanti a te i prati delle Scritture, perché con cuore aperto tu inizi la corsa sulla via dei miei Comandamenti. 9Allora dirai: "Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrò essere rivelata in noi" (Rm 8,18). Note al capitolo 51° 1"Figlio, tu non riesci a rimanere sempre in uno stato di fervoroso desiderio delle virtù né a stare su più alte vette di contemplazione". La preghiera in generale è "elevazione dell 'anima a Dio". Questa definizione abbraccia ogni specie di preghiera, da quella vocale alla contemplazione infusa. La contemplazione è uno "sguardo semplice ed affettuoso a Dio e alle cose divine". È’ "acquisita", quando è frutto della nostra attivita aiutata dalla grazia; "infusa'; quando è operata da Dio direttamente, sia pure col nostro consenso. 2"Talvolta, a causa della colpa che é stata all'origine dell 'umanita', hai bisogno di scendere più in basso...". I tre Apostoli che contemplavano la gloria di Gesù sul Tabor esclamarono: "Maestro, é bello per noi stare qui!" (Mc 9,5), ma dovettero ben presto scendere dal monte nella realtà quotidiana. Così avviene anche per il dono della contemplazione: bisogna spesso ritornare più in basso, alla preghiera ordinaria.

Capitolo cinquantaduesimo L'UOMO NON SI STIMI DEGNO DI CONSOLAZIONE, MA PIUTTOSTO MERITEVOLE DI CASTIGHI PAROLE DEL DISCEPOLO 1Signore, non sono degno della tua consolazione né


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d'alcuna tua visita spirituale; e quindi, Tu operi giustamente con me, quando mi lasci nella povertà e nella desolazione. 2Anche se potessi versare un mare di lacrime, ancora non sarei degno della tua consolazione. 3Altro non merito che le tue percosse e le tue punizioni, perché T'ho offeso in materia grave e spesso, ed ho peccato molto in tante cose. 4Dunque, considerata realisticamente la mia condizione, neppure del più piccolo tuo conforto io sono degno. 5Ma Tu, o clemente e misericordioso Iddio, che non lasci perire le tue opere, "per far conoscere l'abbondanza della tua bontà verso di noi, vasi di misericordia" (Rm 9,23), Tu ti degni di consolare il tuo servo, anche di là d'ogni suo merito, oltre ogni umana misura. 6Le tue consolazioni, infatti, non somigliano ai vani discorsi degli uomini. 7Che cosa ho fatto io, Signore, perché Tu mi conceda qualche celeste consolazione? 8Non rammento d'aver compiuto alcunché di buono; rammento, invece, d'essere stato sempre incline ai vizi e indolente a correggermi. 9È la verità, e non posso negarla. Se dicessi altrimenti, Tu sorgeresti contro di me per accusarmi, e non ci sarebbe chi prendesse le mie difese. 10Che cosa ho meritato con i miei peccati, se non l'Inferno ed il fuoco eterno? 11Lo confesso con sincerità: merito ogni genere d'obbrobrio e di disprezzo e non sono degno d'essere annoverato fra i tuoi fedeli. 12E sebbene queste parole riescano penose ai miei orecchi, pure, per amore di verità, mi farò accusatore contro me stesso dei miei peccati, per poter più facilmente ottenere la tua misericordia. 13Che cosa dirò io, peccatore quale sono, e pieno d'ogni vergogna? 14Non ho voce se non per dire soltanto questa parola: Ho. peccato, Signore, ho peccato; abbi pietà di me, perdonami! 15"Lasciami un poco; lascia ch'io sfoghi con il pianto il mio dolore, prima di scendere nella terra tenebrosa e coperta dalla caligine della morte" (Gb 10,20-22). 16Che cosa domandi più di tutto al colpevole e misero peccatore, se non che si penta e s'umilii per le sue colpe? 17Dalla vera contrizione e dall'umiliazione del cuore nasce la speranza del perdono, trova quiete la coscienza sconvolta, si recupera la grazia perduta; l'uomo si munisce contro l'ira futura; Dio e l'anima penitente si corrono incontro, ricambiandosi il santo bacio. 18 L’umile contrizione per i peccati, o Signore, è sacrificio a Te gradito, che emana al tuo cospetto una fragranza molto più soave del profumo dell'incenso. 19Questa è pure quel balsamo profumato, del quale hai voluto che fossero cosparsi i tuoi sacri piedi, perché Tu non hai mai disprezzato "un cuore contrito ed umiliato" (Sal 50,19). 201n quest'umile contrizione si trova ritugio dalla faccia irata del Nemico; in essa si lava e si purifica ogni impurità che l'anima da qualche parte ha contratto. Note al capitolo 52° 13"Che cosa dirò io, peccatore quale sono, e pieno d'ogni vergogna?". L’uomo non deve mai dimenticare che davanti al suo Creatore è nulla e meno di nulla, per i peccati commessi. È come un manichino in vetrina, la cui importanza dipende solo dagli abiti che indossa. Il mistico, che vive nell'orbita di Dio, è sempre consapevole di questo e non attribuisce mai nulla di buono a se stesso, ma tutto solamente a Dio.

Capitolo cinquantatreesimo LA GRAZIA DI DIO NON PUO’ CONFONDERSI CON CIÒ CIlE HA SAPORE DI COSE TERRENE PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, la mia Grazia è preziosa e non tollera d'essere mischiata a cose estranee e a consolazioni terrene. 2Devi, perciò, buttare via tutto ciò che ostacola la Grazia, se vuoi che essa ti venga infusa. 3Cércati un luogo appartato, ama stare solo con te stesso, non andare cercando chiacchiere con nessuno, ma effondi, piuttosto, le tue preghiere a Dio, per poter conservare la compunzione dell'anima e la purezza della coscienza. 4Stima un nulla tutto quanto il mondo; a tutte le occupazioni esteriori anteponi la tua dedizione a Dio. 5Non potrai, infatti, attendere a Me e, nello stesso tempo, trovare godimento nelle cose che passano. 6Bisogna allontanare il cuore dalle persone che si conoscono e dalle persone care, e tenere lo spirito sgombro da ogni conforto terreno. 7Così l'apostolo San Pietro esorta i fedeli di Cristo: comportatevi in questo mondo "come stranieri e pellegrini" (1Pt 2,11). 8Oh, quanta fiducia e sicurezza avrà in punto di morte chi non è legato al mondo


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dall'attaccamento per alcuna cosa! Ma un'anima tuttora debole non comprende come si possa avere, quaggiù, il cuore così distaccato da tutto; l'uomo materiale non conosce la libertà dell'uomo interiore. 10Eppure, se egli vuole veramente essere uomo spirituale, deve rinunciare tanto ai lontani quanto ai vicini, e da nessuno guardarsi più che da se stesso. 11Se avrai vinto interamente te stesso, più facilmente soggiogherai tutto il resto. 12 Perfetta vittoria è trionfare di se stesso. 13Chi, infatti, tiene sottomesso se stesso, cosicché i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca a Me in tutto, questi è veramente vincitore di sé e signore del mondo. 14Se brami salire su questa vetta, devi cominciare con coraggio a mettere la scure alla radice, per riuscire a svellere e distruggere il segreto, disordinato attaccamento a te stesso e a tutto ciò che è tuo proprio bene materiale. 15Da codesto vizio, cioè dall'amore troppo disordinato che l'uomo ha per se stesso, deriva quasi tutto quello che dev'essere vinto in noi dalla radice. 16E, vinto e soggiogato questo male, subentrano subito gran pace e serenità. 17 Ma poiché pochi s'affaticano a morire del tutto a se stessi e ad uscire pienamente dal proprio egoismo, i più restano come prigionieri di se stessi e non riescono ad innalzarsi spiritualmente sopra di sé. 18Chi, invece, desidera camminare con Me in libertà, deve mortificare tutte le sue cattive e disordinate indinazioni, e non attaccarsi ad alcuna creatura con cupido amore personale. Note al capitolo 53° 6"Bisogna allontanare il cuore dalle persone che si conoscono e dalle persone care, e tenere lo spirito sgombro da ogni conforto terreno". È necessario distinguere amicizia da amicizia. Ci possono essere amicizie sante, che ci aiutano ad amare Dio. Ma qui non si tratta di queste; si tratta piuttosto di quelle amicizie del mondo che ci distolgono da Dio e dalla vita interiore; che trattano volentieri delle cose del mondo e che forse in passato sono state anche causa di peccati. In ogni caso, ora ci distraggono, ci fanno perdere del tempo. Dovremo rendere conto di come abbiamo speso il nostro tempo, ognuno secondo la grazia ricevuta. 18"Chi desidera camminare con Me in libertà, deve mortificare tutte le sue cattive e disordinate inclinazioni, e non attaccarsi ad alcuna creatura con cupido amore personale". Risorti con Cristo, nostro Capo, non dobbiamo più cercare e gustare le cose terrene che passano, ma quelle del Cielo, dove il nostro Capo ci aspetta. Il Cielo è la nostra patria; la terra, un esilio; il Cielo è la vera, definitiva felicità; la terra non può darci che effimeri diletti.

Capitolo cinquantaquattresimo GLI OPPOSTI IMPULSI DELLA NATURA E DELLA GRAZIA PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, poni molta attenzione agli impulsi della natura e della grazia, perché i loro moti sono molto contrari, ma così sottili, che solo un uomo spirituale ed intimamente illuminato riesce a fatica a distinguerli. 2Tutti gli uomini desiderano, certo, il bene e, tanto nelle parole quanto nelle azioni, hanno di mira qualcosa di buono; ma proprio da questa apparenza di bene restano ingannati. 3La natura è scaltra ed alletta molti, irretisce ed inganna; inoltre, per fine ha sempre se stessa. 4La grazia, al contrario, cammina con semplicità, evita il male sotto qualsiasi aspetto esso appaia; non tende insidie; opera tutto rettamente, per amore di Dio, nel quale, come suo ultimo fine, trova pace. 5La natura mal sopporta d'essere mortificata, non vuole subire pressioni né essere soffocata né sottostare né piegarsi da sé al giogo. 6 La grazia, invece, attende alla propria mortificazione, resiste alla sensualità, cerca d'essere assoggettata, desidera d'essere vinta, non vuole far uso della sua libertà, ama d'essere tenuta sotto disciplina; non ha cupidigia di prevalere su alcuno, ma aspira a vivere ed a mantenersi sempre sottoposta a Dio; e, per amore di Dio, è pronta a piegarsi umilmente ad ogni umana creatura. 7La natura s'affatica per il suo vantaggio e bada a quanto guadagno le possa venire da altri. 8La grazia, invece, considera non il profitto ed il vantaggio propri, ma piuttosto quello che possa giovare agli altri. 9La natura si compiace degli onori e degli ossequi. 10La grazia, invece, attribuisce lealmente a Dio ogni onore e gloria. 11La natura teme la vergogna e il disprezzo. 12La grazia, invece, gode di "patire in giurie per il nome di Gesù" (At 5,41). 13La natura ama l'ozio e gli agi del corpo. 14La grazia, invece, non può starsene inoperosa ed


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accetta con piacere la fatica. La natura cerca di possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle comuni e grossolane. 16La grazia, invece, si compiace delle cose semplici ed umili, non disdegna quelle rozze né rifiuta di vestirsi di vecchi panni. 17La natura tiene l'occhio rivolto ai beni temporali, gioisce dei guadagni, si rattrista delle perdite e si irrita per una parola lievemente offensiva. 18La grazia, invece, mira ai beni eterni e non s'attacca alle cose temporali, né s'agita per la perdita di cose materiali, né s'inasprisce per parole un po' brusche, poiché ha posto il suo tesoro e la sua gioia in Cielo, dove nulla perisce. 19La natura è avida e prova più piacere nel prendere che nel donare, ama ciò che le appartiene personalmente. 20La grazia, invece, è pietosa e condivide ciò che ha, rifugge dalle cose personali, si contenta di poco, "giudica che c 'è più gioia nel donare che nel ricevere" (At 20,35). 21La natura tende alle creature, al proprio corpo, alle vanità ed alle distrazioni. 22La grazia, invece, attira a Dio ed alle virtù, rinunzia alle creature, fugge il mondo, odia i desideri della carne, frena il desiderio degli svaghi, si vergogna di comparire in pubblico. 23La natura gode volentieri di qualche divertimento esteriore, nel quale trovino diletto i sensi. 24La grazia, invece, cerca la consolazione soltanto in Dio ed il compiacimento nel Sommo Bene, elevandosi sopra tutti i beni sensibili. 25La natura fa tutto per il proprio guadagno e per il proprio vantaggio, non sa fare nulla gratuitamente; ma spera di ricevere, per il bene fatto, un compenso uguale o maggiore o lodi e favori; e brama che siano molto apprezzate le sue azioni ed i suoi doni.26La grazia, invece, non cerca nessun compenso temporale né domanda, come mercede, alcun premio se non Dio solo; delle cose materiali, pur necessarie, non desidera più di quanto le possa servire al conseguimento dei beni eterni. 27La natura si compiace delle molte amicizie e parentele, si gloria dell'alta posizione sociale e della nobiltà di stirpe, sorride ai potenti, blandisce i ricchi, applaude ai suoi eguali. 28La grazia, invece, ama anche i nemici e non s'inorgoglisce per la quantità degli amici né dà importanza all'alta posizione sociale o al casato d'origine, se non in quanto ci sia stata in esso una virtù più grande. 29 Favorisce più il povero che il ricco, simpatizza più per l'innocente che per il potente, fa festa con chi dice la verità e non con chi mentisce. 30Esorta sempre i buoni ad aspirare a "doni spirituali sempre più grandi" (1 Cor 12,31) e ad assomigliare per le loro virtù al Figlio di Dio. 31La natura, se qualcosa le manca e l'affligge, subito si lagna. 32La grazia sopporta con fermezza la povertà. 33La natura volge ogni cosa a suo favore, combatte e discute per i propri interessi. 34La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, come al principio dal quale esse hanno origine; non attribuisce a sé nulla di buono né presume di sé con superbia; non muove contestazioni né fa prevalere su altri il proprio parere; ma in ogni suo sentimento e pensiero si sottomette all'eterna Sapienza e al giudizio di Dio. 35La natura è smaniosa di conoscere cose segrete e di sentire novità; vuole apparire bene all'esterno e fare molte esperienze per mezzo dei sensi; brama d'essere conosciuta e di fare ciò da cui nascono lode ed ammirazione. 36 La grazia, al contrario, non si cura di conoscere novità e curiosità, perché tutto ciò è nato dall'evoluzione del vecchio, non essendoci su questa terra nulla che sia nuovo e duraturo. 37Essa, pertanto, insegna a frenare i sensi, ad evitare la vana compiacenza e l'ostentazione, a tenere nascosto umilmente ciò che sarebbe degno di lode e d'ammirazione e a cercare, in ogni circostanza ed in ogni scienza, il vero profitto, la lode e la gloria di Dio. 38Non vuole che si faccia pubblicità a lei ed alle sue opere, ma desidera che nei suoi doni si benedica Dio, che tutto elargisce per puro amore. 39 Questa grazia è una luce soprannaturale, uno straordinario, speciale dono di Dio, un segno distintivo degli eletti e un pegno dell'eterna salvezza; essa innalza l'uomo dall'amore terreno all'amore celeste e lo trasforma da carnale in spirituale. 40Perciò, quanto più si domina e si vince la natura, tanto maggiore grazia ci viene infusa; e, di giorno in giorno, per nuove visite celesti, l'uomo interiore si va trasformando secondo l'immagine di Dio. Note al capitolo 54° 2"Tutti gli uomini desidenino il bene e, tanto nelle parole quanto nelle azioni,


84 hanno di mira qualcosa di buono; ma proprio da questa apparenza di bene restano ingannati". Questo capitolo è uno dei più significativi ed introspettivi di tutto il libro. Per "natura" si deve intendere quel che l'apostolo S. Giovanni chiama "mondo", e S. Paolo "carne". Dio ha creato il mondo, e tutto ciò che Egli ha creato è buono. Ma il peccato lo ha messo nelle mani di Satana, che si considera ora suo "principe". Gesù Cristo lo ha riscattato, ma dipende da noi far valere i suoi diritti col nostro impegno. L'uomo non è fatto per una felicità effimera, transitoria, ma per la felicità eterna; e questa bisogna meritarsela. Ora il "principe" di questo mondo, Satana, ci offre la felicità subito, gratuitamente, ma ... illusoria. Vanta la felicità dei ricchi, dei forti, dei prepotenti, dei violenti, degli arricchiti, degli ambiziosi, di quelli che sanno godersi la vita, e insegna l'amore dei piaceri. I tempi, ci dice, sono cambiati; non siamo più nel Medio Evo. Il capitolo cinquantaquattresimo del terzo libro ci mette in guardia, perché non ci lasciamo ingannare e sappiamo superare tutte le tentazioni del Maligno, come le ha superate Gesù.

Capitolo cinquantacinquesimo CORRUZIONE DELLA NATURA ED EFFICACIA DELLA GRAZIA DIVINA PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore Dio mio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grande grazia che, come Tu ci hai rivelato, è tanto grande e necessaria per la salvezza; cosicché io possa vincere la mia natura, tanto malvagia, che mi trascina ai peccati e alla perdizione. 2"Sento", infatti, "nella mia carne la legge del peccato, che contraddice la legge della mia ragione e mi trascina come schiavo" (Rm 7,23) ad ubbidire in molte cose ai sensi; e, se non m'assiste la tua santissima grazia, infondendosi ardente nel cuore mio, non ho la forza di resistere alle passioni che nascono dalla legge del peccato. 3Ho bisogno della tua grazia, d'una grazia grande, per vincere la natura, sempre incline al male fin dal principio. 4lnfatti, essendo la natura, per la colpa del primo uomo, Adamo, decaduta e corrotta dal peccato, la pena di questa macchia passò in tutti gli uomini; sicché, quella natura stessa, da Te creata buona e retta, è ormai intesa come vizio e debolezza della natura corrotta; ragione, questa, per cui i suoi impulsi, abbandonati a se stessi, trascinano al male e alle cose della terra. 5La poca forza rimastale è come una scintilla nascosta sotto la cenere.6Questa è la stessa ragione naturale, avvolta però da una densa nebbia; essa conserva la facoltà di giudicare il bene ed il male e di distingnere il vero dal falso, sebbene sia incapace di compiere tutto quello che riconosce come buono, e non possegga più il pieno lume della verità e la rettitudine degli affetti. 7Di qui deriva, o mio Dio, che"acconsento nel mio intimo alla legge di Dio" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comandamento è buono, giusto e santo, e deducendo anche che si devono fuggire ogni male ed ogni peccato. Nella carne, invece, sono schiavo della legge del peccato, mentre ubbidisco più ai sensi che alla ragione. 8Di qui viene che "c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo" (Rm 7,18). 9Di qui viene che spesso mi propongo molti atti di bontà; ma poiché manca la grazia in aiuto alla mia debolezza, anche per una lieve difficoltà indietreggio e vengo meno. 10Di qui mi succede che conosco, si, la via della perfezione e vedo abbastanza chiaramente come dovrei comportarmi, ma poi, oppresso dal peso della mia corruzione, non mi innalzo ad uno stato più perfetto. 11Oh, quanto mi è estremamente necessaria, o Signore, la tua grazia per cominciare il bene, per continuarlo e per condurlo a compimento! 12Senza di essa, nulla posso fare; tutto, invece, posso in Te, se la tua grazia mi dà la forza. 13Oh grazia veramente celeste, senza la quale non ci sono propri meriti, e nemmeno i doni di natura hanno pregio! 14Abilità e ricchezza, bellezza e forza, ingegno ed eloquenza nulla valgono presso di Te, o Signore, senza la grazia. 15lnfatti, i doni di natura sono comuni ai buoni e ai cattivi, ma la grazia, ossia lo spirito di carità, è il dono particolare degli eletti. Ornati di questa grazia, sono poi giudicati degni della vita eterna. 16Questa grazia è tanto eccelsa, che né il dono della profezia né il potere di compiere miracoli né la contemplazione, per quanto si voglia alta, hanno alcun pregio senza di essa. 17 Anzi, neppure la fede, neppure la speranza, neppure le altre virtù sono bene accette a


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Te, senza la grazia e la carità. O grazia santissima, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito, che rendi ricco di molti beni chi è umile di cuore! 19Vieni, discendi in me, colmami fin dal mattino della tua consolazione, perché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! 20Ti prego, o Signore: ch'io trovi grazia ai tuoi occhi; pur se non otterrò ciò che la natura desidera, "mi basta la tua grazia" (2 Cor 12,9). 21 Se sarò tentato ed oppresso da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. 22Essa è la mia forza, essa mi dà consiglio ed aiuto. 23Essa è più potente di tutti i nemici e più sapiente di tutti i sapienti. 24Essa è maestra di verità, regola di disciplina, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, nutre la devozione, ci fa versare lacrime sui nostri peccati. 25 Che cosa sono io, senza la grazia, se non un legno secco ed un inutile sterpo da gettare via? 26"La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e m'accompagni, e faccia sì ch'io m'applichi di continuo ad opere sante, per i meriti di Gesù Cristo, tuo Figlio. Amen". Note al capitolo 55° 2"Sento nella mia carne la legge del peccato, che contraddice la legge della mia ragione e mi trascina come schiavo" (Pm 7,23). La grazia, di cui si parla in questo capitolo, è la “grazia attuale”, cioè un impulso soprannaturale e transitorio, che Dio ci dona per illuminare la nostra intelligenna e fortificare la nostra volontà, sicché agiamo come figli di Dio. Ci fu un'eresia del 4°-5° secolo, il pelagianesimo (da Pelagio [354-427], un monaco bretone), condannata dal Concilio di Efeso nel 431, che negava il peccato originale e sosteneva la bonta della natura umana, anche senza la grazia. Ma l'evidenza dimostra il contrario e Gesù l'ha affermato chiaramente: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5). Il pelagianesimo non è mai del tutto morto. Riaffiora, magari sotto altre forme, di tanto in tanto. Anche ai nostri giorni, più virulento che mai, c'è un rigurgito di pelagianesimo, che è la negazione del "soprannaturale", della "trascendenza" di Dio.

Capitolo cinquantaseiesimo RINNEGARE NOI STESSI ED IMITARE CRISTO PORTANDO LA CROCE PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, quanto sarai capace di uscire da te stesso, tanto potrai passare in Me. 2Come il non desiderare nulla dei beni esterni produce pace interiore, così il distacco interiore da se stessi unisce a Dio. 3Voglio che tu impari il perfetto rinnegamento di te, rassegnandoti alla mia volontà, senza obiezioni e lamente. 4 "SeguiMi" (Mt 9,9). "Io sono la Via, la Verità e la Vita" (Gv 14,6). Senza via non si va avanti, senza verità non si conosce, senza vita non si vive. Io sono la Via che tu devi seguire, la Verità alla quale tu devi credere, la Vita che tu devi sperare. 5Io sono la Via dalla quale non si può deviare, la Verità infallibile, la Vita che non ha termine. 6 Io sono la Via più dritta, la Verità suprema, la Vita vera, beata, increata. 7Se rimarrai nella mia Via, conoscerai la Verità, e la Verità ti farà libero; così conseguirai la vita eterna. 8"Se vuoi entrare nella Vita, osserva i Comandamenti" (Mt 19,17). 9Se vuoi conoscere la Verità, credi a Me. 10"Se vuoi essere perfetto, vendi ogni cosa" (Mt 19,21). 11Se vuoi essere mio discepolo, rinnega te stesso. 12Se vuoi avere la vita eterna, disprezza la vita presente. 13Se vuoi essere esaltato in Cielo, umiliati in questo mondo. 14 Se vuoi regnare con Me, porta con Me la croce. 15Solo i servi della croce trovano la via della beatitudine e della vera luce. PAROLE DEL DISCEPOLO 16O Signore Gesù, poiché la via che Tu hai percorso fu stretta e disprezzata dal mondo, concedimi che, disprezzando il mondo, io possa imitarTi. 17Infatti, "un discepolo non è da più del maestro nè un servo da più del suo padrone" (Mt 10,24). 18Si eserciti il tuo servo alla scuola della tua vita, perché in essa sta la mia salvezza e la vera santità. 19Qualunque cosa io legga od ascolti, fuori di essa, non mi può dare ristoro né gioia completa. PAROLE DEL SIGNORE 20Figlio, poiché tu sai ed hai letto tutte codeste cose, sarai beato se le avrai messe in pratica. 21"Chi accoglie i miei Comandamenti e li osserva, questi Mi ama, e anch'Io lo amerò e Mi manifestero a lui" (Gv 14,21) e lo farò sedere con Me nel Regno del Padre mio. PAROLE DEL DISCEPOLO 22Signore Gesù, come hai detto e promesso, così sia fàtto


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veramente, e che io possa meritarlo! Ho ricevuto la croce, l'ho ricevuta dalle tue mani; la porterò, la porterò fino alla morte, come Tu m'hai comandato. 24È, veramente, la croce la vita d'un buon monaco; ma la croce è guida al Paradiso. 25Ormai s'è cominciato; non è lecito tornare indietro né abbandonare l'opera. 26Suvvia, fratelli, procediamo insieme; Gesù sarà con noi! 27Per amore di Gesù abbiamo preso su di noi questa croce; per amore di Gesù continuiamo a portarla. 28Il nostro aiuto sarà chi ci guida e precede. Ecco: il nostro Re cammina in testa a noi; Egli combatterà per noi! 29 Seguiamolo coraggiosamente! Nessuno abbia paura! Siamo pronti a morire da valorosi in guerra e non infliggiamo al nostro buon nome l'onta d'una fuga delittuosa. Note al capitolo 56° 1"Figlio, quanto sarai capace di uscire da te stesso, tanto potrai passare in Me". Non è la prima volta che in questo libretto viene trattato l'argomento della croce. Forse qualcuno penserà che è una ripetizione. Ripetizione non è. Ci sono, invece, gradi diversi di amore alla croce. Gesù si è sottoposto al supplizio della croce per amore al Padre, per compiere la sua volontà. Per questo, Dio lo ha premiato (cf. Fil 2,6-11). Il vero motivo che ci deve convincere ad abbracciare la croce è la sotto-missione alla volontà di Dio, il quale saprà dare il premio al tempo opportuno. Sulla terra siamo di passaggio; non possiamo trastullarci a cogliere i fiori delle consolazioni, dal momento che ogni consolazione sarà sempre amareggiata dal pensiero che finirà. 3 "Voglio che tu impari il pefetto rinnegamento di te...". vi sono gradi diversi di rinnegamento e di amore alla croce: il primo grado è di accettare il dolore come mandato da Dio, senza obiezioni. Il secondo è di abbracciarlo con coraggio e risolutezza, in unione a Gesù, per essere simili a Lui. Il terzo grado è di desiderare con umiltà di soffrire, per la propria santificazione e per la santificazione delle anime che la Provvidenza ci ha affidate. Si può andare oltre e fare quel che alcuni Santi fecero: offrirsi vittima? É un campo assai delicato. Non si dovrebbe mai fare una simile offerta senza il consiglio di una prudente guida spirituale. Sembra che Gesù stesso si scelga le sue vittime. Le prepara per tempo con sofferenze ed umiliazioni, e chiede loro il libero consenso.

Capitolo cinquantasettesimo L'UOMO NON DEVE ABBATERSI TROPPO, QUANDO CADE IN QUALCHE MANCANZA 1 PAROLE DEL SIGNORE Figlio, Mi sono più care la pazienza e l'umiltà nelle vicende avverse, che non molta consolazione e devozione in quelle liete. 2Perché ti amareggia una piccola cosa detta o fatta contro di te? 3Fosse stato anche qualcosa di più grave, tu non avresti dovuto turbartene. 4Ora, però, lascia passare le avversità: non sono le prime, non sono insolite, non saranno le ultime, se vivrai a lungo. 5Tu sei pur forte, finché non ti si pari innanzi nulla di contrario. 6Sai perfino dare saggi consigli e sai far coraggio ad altri con le tue parole; ma quando batte alla tua porta un'improvvisa tribolazione, ecco che ti mancano consiglio e forza. 7Considera la tua grande fragilità, di cui tante volte fai esperienza fin nelle piccole contrarietà; tuttavia, quando codeste e simili cose ti succedono, avvengono solo per la salvezza della tua anima. 8Cerca di togliertele, dunque, dal cuore, come meglio sai fare; e se una tribolazione t'ha colpito, non ti abbatta e non ti tenga legato a lungo. 9Almeno, sopportala con pazienza, se non puoi con gioia. 10Anche se ti senti dire una cosa spiacevole e ne provi indignazione, cerca di frenarti, e non permettere che dalla tua bocca esca qualche espressione scomposta od ingiusta, che possa scandalizzare le anime semplici. 11L’eccitazione insorta nell'animo ben presto si calmerà e l'intimo ramnmarico si mitigherà con il ritorno della grazia. 12Io sono sempre vivo - dice il Signore - pronto ad aiutarti e a consolarti più del solito, se avrai avuto confidenza in Me e se Mi avrai devotamente invocato. 13Devi avere un animo più calmo e disporti ad una maggiore sopportazione. 14 Se ti senti spesso tribolato o gravemente tentato, non è tutto perduto. 15Uomo sei, non Dio; carne sei, non Angelo. 16Come potresti mantenerti sempre nello stesso stato di virtù, se questa perseveranza è venuta meno ad un Angelo, in Cielo, e al primo uomo nel Paradiso terrestre? 17Sono Io colui che rialza e solleva gli afflitti; colui che innalza fino alla mia Divinità quelli che riconoscono la loro debolezza. PAROLE DEL DISCEPOLO 18O Signore, sia benedetta la tua parola, più dolce alle


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mie labbra del miele che stilla dal favo. 19Che potrei io fare in mezzo a cosi grandi tribolazioni e nei miei affanni, se Tu non mi confortassi con le tue sante parole? 20 Purché io giunga, alla fine, al porto della salvezza, che cosa importa quali e quanto gravi patimenti avrò dovuto soffrire? 21Concedimi un felice compimento, un felice transito da questo mondo! 22RicordaTi di me, Dio mio, e guidami per retto cammino nel tuo Regno! Amen. Note al capitolo 57° 1"Figlio, Mi sono più care la pazienza e 1'umiltà nelle vicende avverse, che non molta consolazione e devozione in quelle liete". In ogni stadio della vita spirituale vi possono essere cadute più o meno gravi. Nella via purgativa vi possono essere cadute nel peccato mortale; nella via illuminativa, peccati veniali e, nella via unitiva, imperfezioni che ostacolano il cammino spirituale. Mentre si lavora per crescere nella virtù, soprattutto se non ci fu abbastanza impegno per sradicare le radici dei vizi capitali, questi possono rinascere, magari in forma più blanda e subdola. L'orgoglio rinasce sotto forma di vana compiacenza per il proprio cammino spirituale. Alcuni parlano volentieri di cose spirituali per mettersi in vista. Altri mettono la loro spiritualità a confronto con quella degli altri. Altri ancora cercano di conquistare il proprio direttore e, se questi non approva, ne cercano un altro. Altri, se commettono peccati, si scusano facilmente o si scoraggiano o s'indispettiscono, perché non sono ancora santi. Altri godono di fare i singolari. Soprattutto si lasciano vincere dall'invidia e dalla gelosia: questo può accadere in coloro che hanno dei doni particolari. Ci sono peccati di lussuria che si manifestano nella ricerca di consolazioni, di amicizie spirituali che, con la scusa della devozione, possono diventare sensibili e sensuali. L'accidia può manifestarsi in una certa noia e incostanza nei propri impegni e propositi. L’avarizia spirituale si può manifestare anche in una insaziabile sete di ascoltare discorsi spirituali e leggere libri e trattati.

Capitolo cinquantaottesimo NON INVESTIGARE GLI ALTI MISTERI E GLI OCCULTI GIUDIZI DI DIO PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, guardati dal discutere delle questioni troppo profonde e degli occulti giudizi di Dio, quali, ad esempio: perché questi sembra così abbandonato e quello è assunto a così grande stato di grazia; ed ancora, perché questi è tanto tribolato e quello è tanto esaltato. 2Codeste cose vanno oltre i limiti d'ogni mente umana e non c'è alcun ragionamento o alcuna disquisizione che può penetrare nei giudizi di Dio. 3Quando, dunque, il Nemico ti insinua codesti pensieri o, anche, quando certi uomini con indiscreta curiosità te ne interrogano, rispondi con quel detto del Profeta: 4"Tu sei giusto, Signore, e retto nei tuoi giudizi" (Sal 118,137). con quest'altro: "I giudizi del Signore sono veri e santi in se stessi" (Sal 18,10). 5I miei giudizi si devono venerare, non investigare, perché sono incomprensibili all'intelligenza umana. 6Neppure devi indagare e discutere sui meriti dei Santi: se uno sia più santo d'un altro o chi sia più grande nel Regno dei Cieli. 7Siffatte controversie generano spesso dispute e contese inutili ed alimentano la superbia e la vana gloria, da cui nascono, poi, invidie e discordie; e mentre uno si dichiara orgogliosamente a favore d'un Santo, un altro si sforza di dare la preferenza ad un altro Santo. 8Ma il voler conoscere ed indagare tali problemi non reca alcuna utilità e, anzi, ai Santi non è gradito, perché Io sono Dio non di discordia, ma di pace. E questa pace consiste nella vera umiltà, più che nella propria esaltazione. 9Alcuni per zelo di devozione sono portati ad amare questi o questi altri Santi con maggiore affetto: affetto più umano, però, che divino. 10I Santi li ho fatti Io, tutti; Io ho donato loro la grazia; Io ho concesso loro la gloria. 11Io conosco i meriti di ciascuno; Io li ho prevenuti con le mie dolci benedizioni. 12Io conobbi i miei eletti prima di tutti i secoli; Io li scelsi dal mondo, e non essi scelsero Me. 13Io li chiamai con la grazia, li attirai con la misericordia; Io li condussi alla salvezza eterna attraverso varie tentazioni. 14Io infusi in loro mirabili consolazioni; Io diedi loro la perseveranza; Io coronai la loro pazienza. 15Io conosco chi tra essi è il primo e chi è l'ultimo, ma li abbraccio tutti con un amore che non si può misurare. 16Io devo essere lodato in tutti i miei Santi; Io devo essere benedetto sopra ogni cosa; Io devo essere onorato in ciascuno di loro, perché sono Io che li ho così gloriosamente esaltati e predestinati, senza alcun loro precedente merito.


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Chi, dunque, disprezza uno dei miei piu piccoli, non onora nemmeno il più grande, perché fui Io a fare il piccolo e il grande. 18Inoltre, chi sminuisce qualcuno dei Santi, sminuisce anche Me e tutti gli altri che sono nel Regno dei Cieli. 19Tutti sono una cosa sola per il vincolo dell'amore; uno è il loro sentimento, uno il loro volere; e tutti si amano in un unico vicendevole amore. 20ìnoltre - cosa che è molto più eccelsa - amano Me più che se stessi ed i loro meriti. 21lnfatti, rapiti sopra di sé e tratti fuori, in alto, dal proprio amore, s'immergono totalmente nell'amore mio, godono di Me, trovano pace in Me. 22Non c'è nulla che possa distoglierli o trarli al basso, perché, ripieni dell'eterna Verità, ardono nel fuoco d'un inestinguibile amore. 23Cessino, dunque, di discutere della condizione dei Santi gli uomini carnali e materiali, che non sanno amare altro che i propri piaceri. Essi tolgono ed aggiungono secondo la tendenza del loro animo, non secondo quanto piace all'eterna Verità. 24Molti non capiscono, specialmente quelli che, poco illuminati nello spirito, hanno imparato, solo di rado, ad amare qualcuno con perfetto amore spirituale. 25Costoro, per impulso d'un affetto ancora naturale e d'un'amicizia ancora umana, sono fortemente attratti verso questo o quel Santo, e con l'immaginazione ritengono che le cose celesti siano regolate così, come sono regolate le relazioni tra gli uomini in terra. 26Ma c'è una distanza incomparabile fra ciò che pensano gli uomini imperfetti e ciò che vedono, per divina rivelazione, gli uomini illuminati. 27Guardati, dunque, figlio, dal trattare per curiosità queste cose, che vanno oltre la tua conoscenza; ma sforzati piuttosto e mira a poterti trovare, almeno come ultimo, nel Regno di Dio. 28E, pur se uno sapesse chi sia più santo d'un altro o sia stimato più grande nel Regno dei Cieli, a che cosa gli gioverebbe questa conoscenza, se poi non traesse motivo per umiliarsi davanti a Me e si levasse a lodare ancora di più il mio nome? 29Chi riflette sulla gravità dei propri peccati, sulla pochezza delle proprie virtù e su quanto sia lontano dalla perfezione dei Santi, compie opera più accetta a Dio, che non colui che discute sulla loro maggiore o minore grandezza. 30È meglio implorare i Santi con devote preghiere e con lacrime, e supplicarli umilmente per avere la loro potente intercessione, che non scrutare con inutile indagine i segreti della loro condizione in Cielo. 31Essi sono paghi, in sommo grado paghi. Oh! se gli uomini sapessero accontentarsi e frenare i loro inutili discorsi! 32Non si gloriano dei loro meriti, perché non attribuiscono nulla di ciò che è buono a se stessi, ma tutto attribuiscono a Me, che, nel mio infinito amore, ho loro donato ogni cosa. 33Sono così ripieni di divino amore e di sovrabbondante gaudio, che nulla manca loro di gloria e nulla può loro mancare di felicità. 34Tutti i Santi, quanto più sono in alto nella gloria, tanto più sono umili in se stessi, e perciò a Me più vicini e più cari. 35Perciò, trovi scritto che deponevano le loro corone davanti a Dio, prostrandosi con la faccia a terra dinnanzi all'Agnello "e adorando il Vivente nei secoli dei secoli" (Ap 5,14). 36Molti cercano di sapere chi sia maggiore nel Regno di Dio, mentre non sanno se saranno degni d'esservi annoverati tra i più piccoli. 37Ed è già gran cosa essere il più piccolo in Cielo, dove tutti sono grandi, perché tutti "saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9) e saranno figli di Dio. 38"Il minimo degli eletti varrà per mille" (Is 60,22), mentre il peccatore morirà a cent'anni. 39I discepoli, infatti, chiedendo chi sarebbe stato il più grande nel Regno dei Cieli, si sentirono rispondere così: "Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli" (Mt 18,3). 40"Perciò, chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel Regno dei Cieli" (Mt 18,4). 41Guai a coloro che disdegnano di abbassarsi spontaneamente al livello dei piccoli: la piccola porta del Regno dei Cieli non permetterà loro d'entrare. 42 Guai anche ai ricchi, che hanno quaggiù le loro consolazioni! Mentre i poveri entreranno nel Regno dei Cieli, essi rimarranno fuori, urlando disperatamente. 43 Godete voi, umili, ed esultate voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio, se camminate però nella Verità. Note al capitolo 58° 1"Figlio, guardati dal discutere delle questioni troppo profonde...". Già nel Medio Evo si amavano discussioni accademiche inconcludenti. Ma ai nostri giorni, con tutte le


89 interviste che ogni giorno ci sorbiamo, anche noi ci crediamo esperti in tutte le materie e in grado di dare giudizi su tutti e tutto, e di insegnare al Padre Eterno come governare il mondo. Non dobbiamo mai dimenticare che siamo creature; che Dio è "il Trascendente" e che la sua intelligenza supera infinitamente la nostra. Dunque, noi dobbiamo solo adorare in silenzio i suoi imperscrutabili giudizi. 6 "Neppure devi indagare e discutere sui meriti dei Santi...". Si direbbe che nel Medio Evo non facevano il tifo solo nei tornei, ma anche nelle chiese, e oggetto del tifo erano i Santi stessi! La devozione ai Santi, però, non dovrebbe essere considerata in modo troppo materialistico, interessato o campanilistico, ma piuttosto come un aiuto nelle nostre situazioni particolari. I Santi hanno saputo vivere e superare difficoltà analoghe alle nostre (e si sono fatti santi). Ora ci possono essere di aiuto nelle nostre vicissitudini. Che possiamo ricorrere a loro anche nei nostri problemi materiali, è fliori di dubbio; ma solo se è volontà di Dio, saremo esauditi. Siamo sulla terra di passaggio e dobbiamo accetrare con fede anche le nostre croci e, semmai, chiedere l'interecessione dei Santi per portarle.

Capitolo cinquantanovesimo SOLO IN DIO LA NOSTRA SPERANZA E LA NOSTRA FIDUCIA PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, quale fiducia posso io avere in questa vita? O quale il mio maggiore conforto, fra tutte le cose che appaiono sotto il cielo? 2Non sei forse Tu, o Signore Dio mio, d'infinita misericordia? 3Dove ho potuto avere bene senza di Te? O quando ho avuto male, se Tu eri presente? 4Preferisco essere povero per Te, che ricco senza di Te. 5Scelgo d'essere pellegrino su questa terra, piuttosto che possedere il Cielo senza di Te. 6Dove sei Tu, là è il Cielo; e dove non sei Tu, là è morte ed Inferno. 7Sei Tu in cima ai miei desideri e, quindi, è necessario ch'io Ti segua piangendo, gridando e pregando. 8lnsomma, non posso pienamente confidare in alcuno che mi presti soccorso più opportunamente nelle mie necessità, fuorché in Te solo, Dio mio. 9Sei Tu la mia speranza; Tu, la mia fiducia; Tu, il mio consolatore, il più fedele in ogni circostanza. 10Tutti cercano i loro interessi. Tu solo, invece, Ti prefiggi la mia salvezza ed il mio miglioramento, e volgi tutto in bene per me. 11Anche se mi esponi a varie tentazioni ed avversità, tutto questo Tu lo indirizzi a mio vantaggio, perché usi mettere in mille modi alla prova i tuoi prediletti. 12E in questa prova Tu devi essere pur amato e lodato, non meno che se Tu mi riempissi di celesti consolazioifi. 13In Te, dunque, o Signore Dio, pongo tutta la mia speranza e cerco il mio ritugio; in Te depongo ogni tribolazione ed affanno, perché tutto trovo debole ed insicuro quello che vedo fuori di Te. 14Infatti, non mi gioveranno i molti amici né mi servirà l'aiuto dei potenti né mi daranno risposte utili i prudenti consiglieri né mi potranno confortare i libri dei dotti. 15Non mi darà la libertà una preziosa ricchezza; nessun luogo solitario ed ameno potrà darmi sicuro ritugio, se Tu stesso non m' assisti, non m'aiuti, non mi conforti, non mi consoli, non mi ammaestri, non mi custodisci. 16lnfatti, tutte quelle cose che sembrano fatte per procurare pace e felicità, se non ci sei Tu, sono un nulla e non contribuiscono affatto alla vera felicità. 17Tu sei, dunque, il termine di tutti i beni, il vertice della vita, la sorgente più profonda d'ogni parola; e sperare in Te sopra ogni cosa è il più valido conforto dei tuoi servi. 18A Te sono rivolti i miei occhi; in Te confido, o Dio mio, "Padre delle misericordie" (2 Cor 1,3). 19Benedici e santifica con la tua celeste benedizione l'anima mia, perché essa sia fatta tuo santo tabernacolo e sede della tua santa gloria; e, in questo tempio della tua Divinità, nulla si possa trovare che offenda gli occhi della tua Maestà. 20Volgi a me il tuo sgnardo secondo la grandezza della tua bontà e secondo la moltitudine delle tue misericordie; esaudisci la preghiera del tuo servo, che va peregrinando lontano da Te, in questa regione immersa nell'ombra della morte. 21Proteggi e salva l'anima del tuo piccolo servo in mezzo ai tanti pericoli di questa corruttibile vita; accompagnala con la tua grazia e dirigila, per la via della pace, alla patria della luce eterna. Amen. FINISCE IL LIBRO DELLA CONSOLAZIONE INTERIORE Note al capitolo 59° 13"In Te, dunque, Signore Dio, pongo tutta la mia speranza...". Il grande dottore della Chiesa, S. Agostino, dopo aver errato a lungo nelle vie del peccato e della falsa scienza,


90 concludeva gettandosi nelle braccia dell'infinita Misericordia di Dio e confessando il suo lungo errare con quella famosa affermazione: "Tu ci hai creati per Te e il nostro cuore non è in pace, finché non riposi in Te" (Confessioni 1,1). All'affermazione del grande dottore d'Ippona fa eco questa de L'imitazione di Cristo: "In Te pongo tutta la mia speranza...". Ci sono tante meteoriti nel cielo stellato: rottami di stelle che vagano nella profondità dello spazio senza méta, che spesso finiscono in un bagliore nella notte. Di là di questi rottami nello spazio, quanti spiriti vagano senza pace nell'illusione di un vuoto sapere, perché non vogliono ancorarsi a Colui che ha lanciato le stelle nello spazio e, incarnandosi, si è fatto Nucleo dell'Umanità rinnovata!

LIBRO IV° IL SACRAMENTO DELL’ALTARE Introduzione. Prima di salire al Cielo, Gesù aveva promesso ai suoi discepoli e a tutti i suoi seguaci: "Ecco, Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Era già risorto dai morti ed aveva già iniziato la sua vita mistica nella Chiesa; ma i discepoli non si rendevano ancora conto di questa misteriosa presenza di Gesù in mezzo a loro, e non solo in mezzo a loro. Nato in un remoto angolo della terra, in Palestina, come avrebbe potuto mantenere la promessa: essere presente in tutti i luoghi dove sarebbero stati presenti i suoi seguaci e tutti gli uomini, in tutti i tempi? Dice il Catechismo della chiesa cattolica: "La missione di Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questa missione congiunta associa ormai i seguaci di Cristo alla sua comunione con il Padre nello Spirito Santo: lo Spirito prepara gli uomini, li previene con la sua grazia per attirarli a Cristo. Manifesta loro il Signore risorto, ricorda loro la sua parola, apre il loro spirito all'intelligenza della sua Morte e Risurrezione. Rende loro presente il mistero di Cristo, soprattutto nell'Eucaristia, al fme di riconciliarli e di metterli in comunione con Dio, perché portino "molto frutto" (Gv 15, 5.8,16; Cat. n. 737). La Chiesa, dunque, é il "Sacramento" che rende la missione di Cristo e del suo Santo Spirito presente in tutti i tempi, in tutti i luoghi, a tutti gli uomini sulla terra. "Essa è inviata ad annunziare e testimoniare, attualizzare e diffondere il mistero della comunione della Santa Trinità" (n. 738). il Cristianesimo lo abbiamo affermato non è tanto una religione, quanto una Vita: la Vita di Dio nell'uomo; non nell'uomo soltanto come individuo, ma come Corpo di Cristo, e questa Vita si chiama "Gesù Cristo". Gesù Cristo, l'Uomo-Dio, non è venuto a salvare l'uomo "restaurandolo", ma "rinnovandolo", cioè innestandolo su di Sé, rendendolo suo Corpo Mistico, partecipe della sua Figliolanza Divina, divenendo suo "Principio Vitale" e unendosi a lui come lo sposo si unisce alla sua sposa (cf Ap 19, 7s). Dice ancora il Catechismo: "Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua Morte e Risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura (liturgia)" (Cat della Ch. Catt n. 1323). Ai primi Cristiani era molto cara la figura del pane e del vino che, composti da molti chicchi e molti acini, diventano, nella celebrazione eucaristica, il Corpo e il Sangue di Cristo. Così i Cristiani, pur venendo da popoli diversi, cibandosi dello stesso Corpo e dello stesso Sangue di Cristo, sotto l'azione dello Spirito Santo diventano a loro volta il Mistico Corpo di Cristo. L'analogia del Corpo di Cristo già riportata da S. Paolo, ma il paragone dei chicchi e degli acini lo troviamo nel primo manuale cristiano di preghiere che si conosca, la "Didaché", composto prima del secondo secolo dell'era cristiana. Se il Battesimo ci rende partecipi del Corpo Mistico di Cristo, è soprattutto l'Eucaristia che ci fa crescere in Esso, ci unisce ai fratelli e ci inserisce sempre più nel mistero della SS. ma Trinità. Con il Battesimo l'uomo muore misticamente al peccato. Come Gesù morì e fu sepolto nella tomba per risorgere nella gloria (Rm 6,3-11), così col Battesimo il cristiano muore, risorge in Cristo e diventa partecipe della sua vita. Ma questa vita in Cristo ha bisogno del suo alimento per crescere. L'Eucaristia è l'alimento di questa vita, che ci fa crescere nella nostra incorporazione in Lui. Come, però, l'alimento del corpo è inefficace e forse dannoso, se lo stomaco non è sano e non può riceverlo, così l'alimento spirituale resta inefficace, se lo spirito non è nelle disposizioni di riceverlo. La disposizione dello spirito è la


91 "carità": l'amore di Dio e del prossimo. In alfre parole, è assolutamente necessario, per ricevere efficacemente il Corpo e il Sangue di Cristo, punficarsi alla sorgente di acqua limpida che sgorga dal costato stesso di Cristo: il Sacramento della Penitenza. È una buona norma di igiene lavarsi le mani prima di mettersi a tavola. È alfrettanto una buona norma di igiene spirituale punficarsi spesso con il Sacramento della Penitenza e non credere di essere puri abbastanza. Anche se non le vediamo sporche, le mani le laviamo. Anche se non vediamo le nostre miserie spirituali, dobbiamo essere convinti che siamo peccatori e che la polvere del mondo si attacca alla nos fra anima non meno della farina al vestito del mugnaio. Quanti continuano a fare la S. Comunione e sono ancora pieni di difetti! E forse qualcuno riceve la S. Comunione in peccato mortale. Già lo diceva S. Paolo ai Cristiani della Chiesa di Corinto: "Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore... Chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti" (1Cor 11,27-30). Dio, che non vuole fare degli uomini dei "robot", ma dei figli, li deve mettere alla prova; per usare un linguaggio tecnico moderno, dovremmo dire che li deve "collaudare" I nostri progenitori, secondo la Bibbia, hanno commesso un peccato di disobbedienza e di orgoglio; soprattutto non hanno creduto all 'amore di Dio per loro, mancando di fede. Ancora una volta Dio ci mette alla prova: Egli si presenta a noi sotto le apparenze di pane e di vino, per essere cibo per la nostra vita spirituale. DimosfriamoGli la nostra piena fiducia, credendo al suo amore per noi. È venuto inconfro all 'incredulità di Tommaso, mostrandogli le ferite delle mani, dei piedi e del costato. Potrebbe venire incontro anche alla nostra incredulità o alla nostra superficialità; e intanto ci dice: "Beati coloro che, pur non avendo visto, crederanno!" (Gv 20,29)

PROEMIO CRISTO INVITA ALLA SANTA COMUNIONE PAROLE DI CRISTO 1"Venite a Me, voi tutti, che siete affiiticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò" (Mt 11,28), dice il Signore. 2"Il pane che Io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6,51). 3Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo, che sarà dato per voi: fate questo in memoria di Me" (Mt 26,26; 1 Cor 11,24). 4"Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in Me, ed ìo in lui" (Gv 6,56). 5"Le parole ch Io v'ho dette sono spirito e vita" (Gv 6,63).

Note al Proemio 1"Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi". Il quarto libro de L’imitazione di Cristo incomincia con alcune frasi pronunciate da Gesù nel S. vangelo, che sono come una "ouvertur"' a tutto il libretto che tratta della S. Comunione. Anche se lo spirito è identico, lo stile è notevolmente diverso dagli altri tre libri; evidentemente è di autore diverso.

Capitolo primo CON QUANTA VENERAZIONE SI DEBBA ACCOGLIERE CRISTO PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Cristo, Verità eterna, codeste sono parole tue, benché non pronunciate in una stessa occasione né scritte in un medesimo punto. 2Poiché, dunque, sono parole tue e veritiere, io le devo accogliere tutte con gratitudine e con fede. 3Sono tue, Tu le hai pronunciate; ma sono anche mie, perché le hai proferite per la mia salvezza. 4Le prendo dalle tue labbra con gioia, perché s'imprimano più profondamente nel mio cuore. 5Parole di tanta misericordia, piene di dolcezza e d'amore, m'incoraggiano; ma le mie colpe m'atterriscono e la mia coscienza non pura mi trattiene dal ricevere così grandi misteri. 6M'invita la dolcezza delle tue parole, ma mi rallenta il peso delle molte mie colpe. 7Ma Tu mi comandi d'accostarmi con fiducia a Te, se voglio avere parte con Te; Tu mi comandi di ricevere il cibo dell'immortalità, se desidero conquistare la vita eterna e la gloria. 8"Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò" (Mt 11,28), Tu dici. 9O parola dolce e soave all'orecchio del peccatore! Con essa Tu, o Signore Dio mio, inviti il bisognoso ed il mendico alla Comunione del tuo santissimo Corpo. 10Ma chi sono io, o Signore, per osare d'accostarmi a Te? 11Ecco, "gl'immensi cieli non bastano a contenerTi" (1Re 8,27), e Tu dici "Venite a Me, voi tutti!" (Mt 11,28). 12Che cosa vogliono dire codesta


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tua benignissima degnazione e codesto tuo così tenero invito? 13Come ardirò di venire io, consapevole di non avere fatto alcun bene, sul quale io possa confidare? 14Come Ti farò entrare nella mia casa, io che così spesso ho offeso la tua presenza tanto benigna? 15 Gli Angeli e gli Arcangeli Ti adorano pieni di riverenza, e Tu dici: "Venite a Me, voi tutti!". 16Se non lo dicessi Tu, o Signore, chi potrebbe crederlo? 17E se non lo comandassi Tu, chi ardirebbe accostarsi? 18Ecco, Noè, uomo giusto, faticò cent'anni nella costruzione dell'Arca, dove salvarsi con pochi suoi: 19Ed io, come potrò prepararmi, appena in un'ora, a ricevere con il dovuto rispetto il Creatore del mondo? 20 Mosè, il tuo grande servo, da Te particolarmente amato, fece un'Arca con legni immarcescibili e la rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della Legge; 21Ed io, putrida creatura, ardirò di ricevere con tanta facilità Te, il Legislatore supremo e il Creatore della vita? 22Salomone, il sapientissimo re d'Israele, edificò a gloria del tuo nome un tempio mirabile, impiegando sette anni; ne celebrò la festa della Dedicazione per otto giorni; 23Offrl mille vittime pacifiche e, tra squilli di trombe e canti di giubilo, collocò solennemente l'Arca dell'Alleanza nel luogo per essa preparato; 24Ed io, infelice e miserabilissimo tra gli uomini, come farò ad introdurTi nella mia casa, se, a stento, so impiegare una mezz'ora in devoto raccoglimento? E magari, questa mezz'oretta, almeno una volta sola fosse impiegata bene! 25O mio Dio, quanto si sforzarono costoro, per riuscire carmi a Te! 26Ahimè, quant'è poco quello che faccio io! Quant'è breve il tempo che impiego, quando mi preparo alla Comunione! 27 Raramente sono tutto raccolto in me stesso; rarissimamente sono libero da ogni distrazione. 28E certo, alla presenza santificata della tua Divinità, nessun pensiero indegno di Te mi si dovrebbe affacciare e nessuna creatura dovrebbe occupare la mia mente, perché allora sto per dare ospitalità non ad un Angelo, ma al Signore degli Angeli! 29È tuttavia immensa la differenza tra l'Arca dell'Alleanza con le cose sante che custodisce, ed il Corpo tuo purissimo con le sue virtù ineffabili; 30Fra i sacrifici della Legge, simboli di quelli futuri, ed il tuo Corpo, olocausto vero, che è compimento di tutti gli antichi sacrifici. 31Perché, dunque, non m'imfiammo di più alla tua adorabile presenza? 32Perché non mi preparo con maggiore diligenza a ricevere i tuoi santi misteri, mentre quegli antichi santi Patriarchi e Profeti, ed anche re e principi, insieme con tutto quanto il popolo, dimostrarono un così grande devoto affetto per il culto divino? 33Il piissimo re David, ricordando i benefici concessi un tempo da Dio ai Patriarchi, danzò con tutte le sue forze davanti all'Arca di Dio; 34Fece costruire strumenti musicali di vario genere, compose salmi ed ordinò che si cantassero in letizia, e più volte cantò lui stesso, ispirato dalla grazia dello Spirito Santo, al suono della cetra; 35lnsegnò al popolo d'Israele a lodare Dio con tutto il cuore, a benedirLo e glorificarLo ogni giorno all'unisono. 36Se, allora, in presenza dell'Arca del Testamento, c'era tanta devozione e restò il ricordo delle lodi innalzate a Dio, 37Quanta venerazione e quanta devozione devo avere io, ora, e tutto il popolo cristiano, alla presenza del Sacramento e nel ricevere l'augustissimo Corpo di Cristo? 38 Corrono molti, in diversi luoghi, a visitare le reliquie dei Santi e, all'udire le loro gesta, rimangono ammirati; e guardano stupiti le grandiose chiese e baciano le loro sacre ossa avvolte in sete ricamate d'oro; 39Ed ecco, invece, qui accanto a me, sull'altare, sei presente Tu, Dio mio, Santo dei Santi, il Creatore degli uomini e il Signore degli Angeli. 40Spesso in quelle visite hanno parte la curiosità umana e la novità delle cose da vedere, mai viste prima; scarso è, quindi, il frutto di miglioramento interiore che se ne ricava, specialmente quando si corre qua e là con tanta leggerezza e senza una vera contrizione. 41Ma qui, nel Sacramento dell'Altare, Tu sei presente tutt'intero, o Dio mio, Uomo Cristo Gesù; e qui pure si riceve frutto abbondante per l'eterna salvezza ogni volta che Ti si accoglie degnamente e con devozione. 42A codesto Sacramento, però, non ci spingono una qualsiasi superficialità né curiosità né diletto sensibile, ma salda fede, pia speranza, sincero amore. 43O Dio, invisibile Creatore dell'universo, quanto mirabile è il modo con il quale Tu operi con


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noi! Con quanta dolcezza e grazia tratti i tuoi eletti, ai quali offri Te stesso come cibo nel Sacramento! 44Ciò, infatti, supera ogni comprensione umana, trascina in una maniera unica il cuore dei tuoi devoti ed infiamma il loro amore. 45Essi, infatti, i tuoi veri fedeli, che impiegano tutta quanta la loro vita al fine d'emendarsi, traggono spesso da questo altissimo Sacramento grande grazia di devozione e amore di virtù. 46O mirabile e segreta grazia del Sacramento, che solo i fedeli di Cristo conoscono, mentre non possono farne esperienza quelli che non hanno la Fede e quelli che sono schiavi del peccato! 471n questo Sacramento è donata la grazia spìrituale, viéne restituita all'anima la virtù perduta e ritorna la primitiva bellezza guastata dal peccato. 48E’ così grande, talvolta, l'efficacia di questa grazia che, per la pienezza della devozione conferita, non solamente l'anima, ma perfino il debole corpo sente che sono loro state fornite energie maggiori. 49Ma dobbiamo fortemente dolerci e commiserarci per la nostra tiepidezza e negligenza, perché non siamo tratti da fervore più grande a ricevere Cristo, nel quale consistono tutta la speranza ed il merito di chi si salva. 50E’ Lui, infatti, la nostra santificazione e la nostra redenzione; è Lui il conforto di noi che siamo in cammino quaggiù, com'è l'eterna gioia dei Santi in Cielo. 51Dobbiamo, pertanto, rammaricarci molto del fatto che tanti riflettono cosi poco su questo Mistero di salvezza, che allieta il Cielo, sostiene e salva l'intero mondo. 52Oh, cecità e durezza del cuore umano: non prestare un'attenzione maggiore ad un così ineffabile dono e, per effetto dell'abitudine quotidiana, finire perfino nel-l'indifferenza! 53Se questo santissimo Sacramento si celebrasse soltanto in un determinato luogo e fosse consacrato in tutto il mondo da un solo sacerdote, 54Pensa da quanto desiderio gli uomini sarebbero presi di andare a quel luogo e a quell'unico sacerdote di Dio, per assistere alla celebrazione dei divini misteri! 55lnvece, ora, molti sono i sacerdoti, e Cristo è offerto in molti luoghi, perché la grazia e l'amore di Dio verso l'uomo si manifestino tanto più grandi, quanto più è diffusa nel mondo la Santa Comunione. 56 Grazie a Te, o Gesù buono, Pastore eterno, che con il tuo prezioso Corpo e con il tuo Sangue; Ti sei degnato di ristorare noi, poveri ed esuli, e d'invitarci a ricevere questi misteri, dicendo con le parole uscite dalla tua stessa bocca: "Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò" (Mt 11,28). Note al capitolo 1° 2"Poiché, dunque, sono parole tue e veritiere, io le devo accogliere tutte con gratitudine e con fede". L'Eucaristia che riceviamo nella S. Comunione è Sacramento e Sacrificio. Sono due elementi collegati, perché è durante il Sacrificio che si consacra la vittima con cui ci comunichiamo. Anche se, per soddisfare l'obbligo di ascoltare la S.Messa, la Comunione non è essenziale, ne è tuttavia parte integrante per partecipare ai sentimenti della vittima e ai frutti del sacrificio. Gesù ha detto: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). In che modo ha potuto mantenere la promessa? Per mezzo dei Sacramenti. Che significa Sacramento? Tutta la vita di Cristo, quello che ha operato e detto, dalla nascita alla morte e risurrezione, sono il fondamento dei Sacramenti, cominciando dalla SS. Eucaristia: "Ciò che era visibile nel nostro Salvatore è passato nei suoi misteri" (S. Leone M.), cioè nei Sacramenti. Come poteva Gesù Cristo, il verbo di Dio che si è incarnato per salvare tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, mettersi a contatto diretto con loro, se non attraverso i Sacramenti? E il Sacramento che li racchiude tutti, è la Chiesa. Gesù potrà sempre manifestarsi agli uomini anche di là dei Sacramenti, com'è avvenuto per lo stesso apostolo Tommaso, che per credere voleva vedere e toccare con mano le ferite delle mani, dei piedi e del costato, e si meritò il dolce rimprovero di Gesù: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente!".Imbarazzato, Tommaso rispose: "Mio Signore e mio Dio!". E Gesù replicò: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che, pur non avendo visto, credemnno!" (cf. Gv 20,29). Mia base di questa misteriosa, ma reale presenza di Cristo nella sua Chiesa e nei Sacramenti, dei quali la Chiesa è depositaria e dispensatrice, è la Fede, cioè l'accettazione senza vedere e toccare con mano questa presenzadi Cristo in mezzo a noi.

Capitolo secondo NELL’EUCARISTIA SI MANIFESTANO ALL’UOMO LA GRANDE BONTÀ


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E L'AMORE DI DIO PAROLE DEL DISCEPOLO 1Confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, o Signore, m'accosto, infermo, a Te, che sei la mia salute; affamato ed assetato, alla Fonte della vita; mendico, al Re del Cielo; servo, al Padrone; creatura, al Creatore; desolato, al mio pietoso Consolatore. 2Ma donde mai questa grazia, che Tu venga a me? 3Chi sono, io, perché Tu mi doni Te stesso? 4Come osa un peccatore comparire davanti a Te? E Tu, come Ti degni di venire da un peccatore? 5Tu conosci il tuo servo, e sai bene ch'egli non ha dentro di sé alcun bene, per cui Tu gli doni questa grazia. 6Confesso, quindi, la mia miseria, riconosco la tua bontà, glorifico la tua misericordia e Ti rendo grazie per il tuo immenso amore. 7lnfatti, per il tuo amore fai questo, e non per i miei meriti, perché mi si renda ancora più palese la tua bontà, mi si diffonda in cuore più abbondante la carità e mi sia data una lezione più perfetta d'umiltà. 8Poiché, dunque, questo a Te è caro e Tu hai comandato che così fosse fatto, anche a me è caro il favore che Tu Ti degni di concedermi. E potesse, almeno, non porre ostacolo a questo, la mia iniquità! 9O dolcissimo e benignissimo Gesù, quanta venerazione e quanti ringraziamenti, tra inni di lode senza fine, Ti si devono tributare, per il fatto che ci ammetti a ricevere il tuo sacro Corpo, del quale nessun uomo può spiegare l'eccelsa dignità! 10Ma quali saranno i miei pensieri in questa Comunione, allorché m'accosterò al Signore mio, che non riesco a venerare come devo, e che, tuttavia, desidero ricevere devotamente? 11Che pensiero migliore e più salutare di quello di umiliarmi totalmente davanti a Te e d'esaltare, sopra di me, la tua bontà infinita? 12Ti lodo, Dio mio, e Ti esalto in eterno; disprezzo me stesso e a Te mi sottopongo dall'abisso della mia pochezza. 13Ecco, Tu sei il Santo dei Santi, ed io la feccia dei peccatori! 14Ecco, Tu t'abbassi fino a me, che non sono degno di alzare gli occhi per guardarTi! 15Ecco, Tu vieni a me, Tu vuoi essere con me, 16Tu m'inviti al tuo banchetto! 16Tu mi vuoi dare il cibo celeste e "il pane degli Angeli" (Sal 77,25): null'altro, veramente, che Te stesso, "Pane vivo, che sei disceso dal Cielo e dài la vita al mondo" (Gv 6,33,51). 17Ecco quale degnazione risplende là, donde scaturisce l'Arnore! Quanto grandi azioni di grazie e lodi Ti sono dovute, o Signore, per questi doni! 18Oh, quanto fu utile per la nostra salvezza la tua decisione, quando istituisti codesto Sacramento! Com'è soave e giocondo il banchetto, in cui Tu hai donato in cibo Te stesso! 19Quant'è meravigliosa l'opera tua, o Signore! Quant'è potente la tua virtù! Quant'è ineffabile la tua verità! 20lnfatti, hai parlato, e tutte le cose sono state fatte; ed è stato fatto anche questo Sacramento, che Tu stesso hai comandato. 21 Prodigio stupendo, degno di fede e superiore all'umana comprensione, che Tu, o Signore Dio mio, vero Dio e vero uomo, sia contenuto integralmente sotto la piccola apparenza del pane e del vino, e sia mangiato da chi Ti riceve, senza che Tu sia consumato. 22Tu, o Signore dell'universo, che non hai bisogno di nessuno, hai voluto, per mezzo di codesto Sacramento, abitare in mezzo a noi; 23Conserva immacolati il mio cuore ed il mio corpo, perché con lieta e pura coscienza io possa piuttosto spesso celebrare i tuoi misteri e ricevere, per la mia eterna salvezza, ciò che Tu hai ordinato ed istituito, principalmente a tua gloria e a tuo perenne ricordo. 24Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono tanto sublime e per un conforto tanto singolare, a te lasciato in questa valle di lacrime. 25lnfatti, ogni volta che rinnovi questo Mistero e ricevi il Corpo di Cristo, tu compi l'opera della tua redenzione e sei resa partecipe di tutti i meriti di Cristo. 26Infatti, l'amore di Cristo non sminuisce mai, e la grandezza della sua propiziazione non può mai esaurirsi. 27Tu devi, quindi, disporti al Sacramento con animo sempre nuovo, e con intensa riflessione devi meditare il mistero della salvezza. 28Quando celebri o ascolti la Messa, questo mistero deve apparirti così grande, così nuovo e così lieto, come se, in quello stesso giorno, Cristo, scendendo per la prima volta nel seno della Vergine, si facesse uomo, o come se, pendendo dalla Croce, patisse e morisse per la salvezza degli uomini. Note al capitolo 2°

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"Ti lodo, Dio mio, e Ti esalto in eterno; disprezzo me stesso e a Te mi


95 sottopongo dall'abisso della mia pochezza". Tutto il secondo capitolo del quarto libro è una contemplazione di questo grande mistero di amore che è la S. Eucaristia. Dio, l'Autore stesso della vita, si degna di venire incontro alla sua creatura, per di più peccatrice. L’Eucaristia è il compendio del mistero stesso dell'Incarnazione. In essa si trovano tutti i misteri della vita stessa di Cristo, non solo, ma anche colei che ha reso possibile, con il suo "si", questo miracolo di amore. 25"Infatti, ogni volta che rinnovi questo Mistero e ricevi il Corpo di Cristo, tu compi l'opera della tua redenzione e sei resa partecipe di tutti i meriti di Cristo". Questo spiega anche come la Chiesa, durante l'Anno Liturgico, riviva tutti i misteri della vita di Cristo e della Madre sua. Se accettiamo con vera fede l'Eucaristia, riviviamo in noi "come se quello stesso giorno Cristo, scendendo per la prima volta nel seno della Vergine, si facesse uomo, o come se, pendendo dalla Croce, patisse e morisse per la salvezza degli uomini".

Capitolo terzo UTILITÀ’ DELLA COMUNIONE FREQUENTE PAROLE DEL DISCEPOLO 1Ecco ch'io vengo a Te, o Signore, per trarre profitto dal tuo dono e per godere del tuo santo banchetto, "che nel tuo amore, o Dio, preparasti al misero" (Sal Li 67,11). 2Ecco, in Te soltanto sta tutto ciò ch'io posso e devo desiderare; Tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la forza, l'onore, la gloria. 3"Allieta", dunque, oggi, "l'anima del tuo servo, perché ho innalzato l'anima mia a Te" (Sal 85,4), o Signore Gesù. 41o desidero ora riceverTi con devozione e riverenza; desidero introdurTi nella mia casa, per meritare, come Zaccheo, d'essere da Te benedetto e d'essere annoverato tra i figli d'Abramo. 5L’anima mia sospira il tuo Corpo, il mio cuore brama d'essere unito con Te. 6DonaTi a me, e mi basta. Infatti, lontano da Te nessuna consolazione ha valore. 7Senza di Te, non posso vivere; non posso stare senza le tue visite. 8E, perciò, devo frequentemente accostarmi a Te e riceverTi come mezzo della mia salvezza, perché, privo di questo alimento celeste, alle volte non cada per via. 9Tu, infatti, o misericordiosissimo Gesù, predicando alle folle e guarendo varie infermità, una volta dicesti così: "Non voglio rimandarle digiune, perché non svengano lungo la strada" (Mt 15,32). 10Fa', dunque, altrettanto con me, Tu, che, per consolare i fedeli, hai lasciato Te stesso nel Sacramento. 11Sei Tu, infatti, il ristoro soave dell 'anima; e chi avrà degnamente mangiato di Te, sarà partecipe ed erede dell'eterna gloria. 12Per me, che così spesso cado in peccato e tanto presto intorpidisco e vengo meno, è veramente indispensabile che mi rinnovi, che mi purifichi e m'infiammi con frequenti preghiere e Confessioni e con la santa Comunione del tuo Corpo, perché non avvenga che, astenendomene troppo a lungo, io receda dai miei santi propositi. 13lnfatti, i sensi dell'uomo, fin dalla sua adolescenza, sono inclini al male e, se non lo soccorre la divina medicina della grazia, egli precipita presto in mali peggiori. 14La santa Comunione, appunto, allontana l'uomo dal male e lo consolida nel bene. 15Se, infatti, ora sono così spesso negligente e tiepido quando mi comunico o celebro, che cosa avverrebbe, se io non prendessi questa medicina e non cercassi un così grande aiuto? 16E, sebbene io non sia ogni giorno preparato e ben disposto a celebrare, cercherò di ricevere nel tempo opportuno i Divini Misteri e di rendermi partecipe di tanta grazia. 17Finché l'anima fedele va pellegrinando lontano da Te, nel corpo mortale, questa è l'unica, suprema sua consolazione: ricordarsi più spesso del suo Dio e ricevere con fervida devozione il suo Arnato. 18Oh, mirabile degnazione della tua pietà verso di noi: Tu, Signore Dio, Creatore e datore di vita a tutti gli spiriti celesti, Ti degni di venire in quest'anima mia poveretta, saziando la sua fame con tutta la tua Divinità ed umanità! 19Oh, felice la mente e beata l'anima che merita di ricevere devotamente Te, suo Signore Dio, e d'essere ricolma, nel riceverTi, di gaudio spirituale! 20Quale grande Signore essa accoglie! Quale amato ospite introduce! Qual piacevole compagno riceve! A qual fedele amico va incontro! Quale splendido e nobile sposo abbraccia, degno d'essere amato più di tutte le persone più care e più di tutte le cose che si possano desiderare! 21Tacciano davanti a Te, o


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dolcissimo mio Amato, il cielo, la terra e tutte le loro bellezze, poiché tutto quello che hanno di lodevole e pregevole è dono della degnazione della tua munificenza, né mai giungeranno allo splendore del tuo nome, la cui sapienza non ha misura. Note al capitolo 3° 2"Ecco, in Te soltanto sta tutto ciò ch'io posso e devo desiderare; Tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la forza, l'onore, la gloria". È nell'Eucaristia che si compiono l'unione di Cristo con il suo fedele e la trasformazione che ne è il suo frutto. Infatti, il Cristianesimo, già lo abbiamo detto, è una vita: la Vita di Cristo in noi. Non è solo un'adesione attraverso la Fede; non è solo un'incorporazione a Cristo attraverso il Battesimo; è un'unione reale e spirituale nello stesso tempo. Infatti, secondo l'insegnamento del Concilio di Trento, l'Eucaristia contiene veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangne di Gesù Cristo, con la sua anima e la sua divinità; dunque, tutto il Cristo. È quanto S. Agostino fa dire a nostro Signore stesso: Io sono il cibo dei forti: cresci e mi mangerai; non sarai tu che trasformerai Me in te, come il cibo corporale: sarai tu trasformato in Me..." (Confess. VII, c. 10). Perchè è Gesù che ci trasforma in Sè? Perché è l'essere superiore che si assimila l'inferiore e rende la nostra carne sottomessa allo spirito, più pura e casta, e depone in essa un germe d'immortalità: "Questa é la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna; Io lo risusciterò nell 'ultimo giorno" (Gv 6,40).

Capitolo quarto MOLTI BENI CELESTI SONO CONCESSI A CHI SI COMUNICA DEVOTAMENTE PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore Dio mio, vieni incontro al tuo servo con le benedizioni della tua dolcezza, perché io meriti d'accostarmi degnamente e devotamente al tuo magnifico Sacramento. 2Eccita il mio cuore verso di Te e liberami dal mio grave torpore. "Visitami con la tua grazia salutare" (Sal 105,4), perché io possa gustare in ispirito la tua dolcezza, che si nasconde tutta, come in una sorgente, in questo Sacramento. 3Apri anche i miei occhi, perché contemplino un così grande Mistero, e dammi forza di crederlo con fede immune da dubbi. 4Questa è, infatti, opera tua, non d'umana potenza; è tua sacra istituzione, non invenzione degli uomini. 5lnfatti, non si trova alcuno che, da se stesso, sia capace di comprendere pienamente questi misteri, che trascendono anche l'intuito degli Angeli. 6Che cosa, dunque, potrò io, indegno peccatore, terra e cenere, indagare e comprendere d'un segreto così profondo? 7 O Signore, nella semplicità del mio cuore, con retta e sicura fede ed in obbedienza al tuo comando, m'accosto a Te con speranza e con riverenza, e credo veramente che Tu sei presente qui, nel Sacramento, Dio e uomo. 8Tu vuoi, dunque, ch'io Ti riceva, che a Te m'unisca con vincolo di amore. 9Perciò, domando alla tua clemenza ed imploro il dono di questa grazia speciale: ch'io mi strugga tutto in Te e trabocchi d'amore, e non più mi curi di cercare alcun altro diletto profano. 10lnfatti, questo altissimo ed augustissimo Sacramento è salvezza dell'anima e del corpo, medicina per ogni spirituale debolezza; per esso guariscono i miei vizi, sono frenate le mie passioni, sono vinte od attenuate le mie tentazioni; per esso viene inflisa più copiosa la grazia, aumenta la virtù nascente, si consolida la fede, si fortifica la speranza, arde e si dilata l'amore. 11O mio Dio, che sostieni l'anima mia, che corrobori l'umana debolezza, che doni ogni interiore consolazione, Tu hai dispensato ed ancora spesso dispensi molte grazie in questo Sacramento ai tuoi cari che si comunicano devotamente. 12Ad essi, infatti, Tu infondi abbondante conforto nelle diverse tribolazioni, dal profondo del loro abbattimento li risollevi alla speranza della tua protezione e, con una nuova grazia, li rianimi ed illumini interiormente. 13Cosicché, quelli che prima della Comunione si sentivano pieni di turbamento e privi d'amore, poi, ristorati dal cibo e dalla bevanda celeste, si trovano mutati in meglio. 14E per questo, appunto, Tu operi con tanta generosità sui tuoi eletti, perché veramente conoscano e provino con evidenza quanto sono deboli per se stessi e quanta bontà e grazia ricevano da Te. 15Da soli, sono freddi, duri e senza devozione; per tuo dono, invece, meritano di diventare fervorosi, zelanti e devoti. 16Chi, infatti, accostandosi umilmente alla fonte della soavità, non ne riporta anche solo un po' di dolcezza? 17O chi, stando vicino ad un grande fuoco, non ne risen-


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te un po' di calore? E Tu sei la fonte sempre piena, traboccante; Tu sei il fuoco che sempre arde e mai viene meno. 19Perciò, anche se non posso attingere alla pienezza della fonte né berne a sazietà, accosterò tuttavia le labbra all'orlo del vaso celeste, per sorbirne almeno qualche goccetta a refrigerio della mia sete, e per non rimanere del tutto inaridito. 20E se non posso ancora essere tutto quanto spiritualmente celeste ed infuocato come i Cherubini e i Serafini, pure mi sforzerò d'insistere nella devozione e di predisporre il mio cuore a cogliere almeno una fiamma, sia pure piccola, del divino incendio, ricevendo con umiltà questo Sacramento di vita. 21A tutto quello, poi, che a me manca, o Gesù buono, Salvatore santissimo, supplisci Tu con la tua bontà e con la tua grazia; Tu, che Ti sei degnato di chiamare tutti a Te, dicendo: "Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò" (Mt 11,28). 22Davvero, io m'affatico nel sudore del mio volto, ho il cuore trafitto dal dolore, sento il grave peso dei peccati, sono agitato dalle tentazioni, sono avviluppato e pre muto da molte perverse passioni. 23E non c'è chi m'aiuti, non c'è chi mi liberi e mi salvi, se non Tu, o Signore Dio, mio Salvatore; ma a Te raccomando me e le mie cose tutte, perché Tu mi custodisca e mi conduca alla vita eterna. 24Accoglimi a lode e gloria del tuo nome, Tu, che m'hai preparato in cibo e bevanda il tuo Corpo ed il tuo Sangue. 25O Signore Dio, salvezza mia, fa' che, frequentando il tuo mistero, aumenti l'ardore della mia devozione. Note al capitolo 4° 4"Questa è, infatti, opera tua, non d'umana potenza; è tua sacra istituzione, non invenzione degli uomini". "Infatti, non si trova alcuno che, da se stesso, sia capace di comprendere pienamente questi misteri, che trascendono anche l'intuito degli Angeli". Qui non si tratta di qualcosa che l'intelligenza umana possa spiegare. Gesù Uomo sussiste nella Persona del Verbo Creatore. Sull'unione fisica con l'Umanita di Cristo si attua un'unione spirituale intima, santificatrice. L’Urnanità di Cristo si unisce alla nostra. Diventiamo con Lui un cuore solo e un'anima sola. La nostra immaginazione, la nostra memoria, il nostro sentimento si uniscono alle sue facoltà. La sua intelligenza ci illumina. La sua volontà fortifica la nostra e ci rende capaci di qualunque sacrificio, al punto che anche noi possiamo dire con l'Apostolo: "Tutto posso in Colui che mi dà la forza". Certamente, in una prospettiva di puro convito fraterno, questo ragionamento non avrebbe senso. Purtroppo, questa concezione si è infiltrata anche tra i Cattolici, specialmente dopo che gli altari sono stati girati verso il popolo. Non si crede più nella S. Messa come Sacrificio; di conseguenza, non si crede nella presenza reale di Gesù nell'Eucaristia, nella Transustanziazione, nel Sacerdozio Ministeriale, nella Confessione Sacramentale e nella Chiesa come Corpo Mistico di Cristo. È venuto a mancare il concetto della Trascendenza di Dio Creatore e si è ritornati al Paganesimo. Questo spiega l'insistenza del Papa su una "Nuova Evangelizzazione": è necessario e urgente ritornare al Vangelo, se non si vuole tradire la Parola di Dio.

Capitolo quinto SUBLIME DIGNITÀ DEL SACRAMENTO E DELLA CONDIZIONE SACERDOTALE PAROLE DELL'AMATO 1Anche se tu avessi la purezza degli Angeli e la santità di Giovanni Battista, non saresti degno di ricevere od anche soltanto di toccare questo Sacramento. 2Non è infatti, dovuto ai meriti degli uomini che si consacri e si amministri il Sacramento di Cristo e si possa prendere come cibo il pane degli Angeli. 3 Sublime mistero e sublime dignità dei Sacerdoti, ai quali è stato concesso quello che non è stato concesso agli Angeli! 4lnfatti, soltanto i Sacerdoti, regolarmente ordinati nella Chiesa, hanno la facoltà di celebrare e consacrare il Corpo di Cristo. 5Ministro di Dio è, sì, il Sacerdote, che si vale della parola di Dio per comando ed istitzzione di Dio; ma, nel Sacramento l'autore principale e l'operatore invisibile è Dio, alla cui volontà tutto è sottoposto ed al cui comando tutto ubbidisce. 6In questo eccelso Sacramento tu devi, dunque, credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visibile. 7E perciò, ti devi accingere all'azione sacrificale con timore e riverenza. 8 Rifletti su te stesso, o Sacerdote di Dio, e considera bene di chi sei stato fatto ministro con l'imposizione delle mani del Vescovo. 9Ecco, sei stato fatto Sacerdote e consacrato


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per celebrare; guarda, ora, di offrire il Sacrificio a Dio al tempo conveniente, con fede e raccoglimento; guarda che la tua condotta sia irreprensibile. 10Non hai, con questo, alleggerito il tuo carico; anzi, sei ormai legato con un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto ad una maggiore perfezione di santità. 11Il Sacerdote deve essere adorno di tutte le virtù e deve dare agli altri esempio di vita santa. 12Egli non tiene conversazione con le masse e secondo i modi comuni della gente, ma con gli Angeli, in Cielo, o con le persone sante, in terra. 13Il Sacerdote, rivestito dei sacri paramenti, fà le veci di Cristo, per poter supplicare e pregare con umiltà per sé e per tutto il popolo. 14Egli porta sul petto e dietro le spalle il segno della Croce del Signore, per ricordarsi di continuo della Passione di Cristo. 15Davanti, sulla casula, porta la Croce, per osservare attentamente le orme di Cristo e per cercare di seguirle con fervore. 16Sul dorso, pure, è segnato con la Croce, perché sappia sopportare pazientemente, per amore di Dio, qualsiasi contrarietà che gli venga dagli altri. 17Porta, davanti, la Croce, per piangere i peccati suoi; dietro, per piangere pietosamente anche le colpe commesse dagli altri e per sapere che è stato costituito mediatore fra Dio ed il peccatore; 18E perché non illanguidisca nella preghiera e nell'offerta del Santo Sacrificio, finché non meriti d'ottenere grazia e misericordia. 19Quando il Sacerdote celebra, dà onore a Dio, letizia agli Angeli, edificazione alla Chiesa, aiuto ai vivi, pace ai defimti, e rende se stesso partecipe di tutti i benefici celesti. Note al capitolo 5° 3"Sublime mistero e sublime dignitò dei Sacerdoti, ai quali è stato concesso quello che non è stato concesso agli Angeli!". Già nell'Antica Alleanza i Sacerdoti che volevano accostarsi a Dio dovevano essere santi (Es 19,22). A maggiore ragione, il Sacerdote della Nuova Alleanza, che deve rappresentare Dio agli uomini e gli uomini a Dio; che è "segno" lui stesso del sommo, unico e vero Sacerdote: Gesù Cristo; che è dispensatore dei suoi doni, soprattutto del Dono dei doni: lo stesso Figlio di Dio, fatto nostro cibo e nostra bevanda! 12"Egli non tiene conversazione con le masse e secondo i modi comuni della gente, ma con gli Angeli, in Cielo, o con le persone sante, in terra". Deve essere "segno" della presenza di Gesù; come Gesù, dovrà essere "santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli..." (Eb 7,26).

Capitolo sesto INVOCAZIONE PER PREPARARSI ALLA COMUNIONE PAROLE DEL DISCEPOLO 1Quando io considero, o Signore, la tua grandezza e la mia miseria, tremo tutto e mi confondo dentro di me stesso. 2Se, infatti, non m’accosto al Sacramento, fuggo la vita eterna; e se mi vi accosto indegnamente, Ti reco offesa. 3 Che cosa devo fare, dunque, Dio mio, mio aiuto e mio consigliere nelle difficoltà? 4 lnsegnami Tu la via diritta, suggeriscimi qualche breve pratica opportuna per la santa Comunione. 5Mi è utile, infatti, conoscere in qual modo, cioè con quale devozione e con quale riverenza, io debba predisporre per Te il mio cuore a ricevere con frutto il tuo Sacramento, ovvero a celebrare un così grande e divino Sacrificio. Capitolo settimo BISOGNA ESAMINARE LA PROPRIA COSCIENZA E PROPORRE DI CORREGGERSI PAROLE DELL'AMATO 1Occorre, soprattutto, che il Sacerdote di Dio s'accosti a celebrare, somministrare e ricevere questo Sacramento con somma umiltà di cuore, con supplice riverenza, con piena fede e con devota intenzione di dare gloria a Dio. 2 Esamina attentamente la tua coscienza e, per quanto puoi, purificala e rendila limpida con sincera contrizione ed umile confessione, in modo che nulla di grave tu abbia, o sappia d'avere, che ti dia rimorso e t'impedisca d'accostarti liberamente al Sacramento. 3 Abbi dolore di tutti i tuoi peccati in generale e, maggiormente, devi affliggerti e piangere in particolare le tue mancanze quotidiane. 4Quindi, se ne hai il tempo, confessa a Dio nel segreto del cuore tutte quante le miserie delle tue passioni. 5Piangi e pentiti d'essere ancora tanto schiavo della carne e del mondo; 6Così poco mortificato nelle passioni, così pieno di stimoli della concupiscenza; 7Così poco vigilante sui sensi esterni, così spesso impigliato in molte vane fantasie; 8Così fortemente inclinato verso


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le cose esteriori, così trascurato in quelle interiori; 9Così facile al riso ed alla dissipazione, così restio al pianto e alla compunzione; 10Così pronto alla rilassatezza e alle comodità materiali, così pigro all'austerità e al fervore; 11Così curioso d'udire novità e vedere cose belle, così lento ad abbracciare cose umili e spregevoli; 12Così avido di possedere molto, così parco nel dare, così tenace nel tenere per te; 13Così sconsiderato nel parlare, così incapace di tacere; 14Così sregolato nel trattare, così inopportuno nell'agire; 15Così intemperante nel cibo, così sordo alla parola di Dio; 16 Così lesto al riposo, così tardo alla fatica; 17Così attento alle vane parole, così sonnacchioso nelle sacre veglie; 18Così impaziente di vederne la fine, così svogliato nell'attendervi; 19Così negligente nel recitare l'Ufficio divino, così tiepido nella celebrazione della Messa, così arido nel comunicarti; 20Così facilmente distratto, così di rado pienamente raccolto; 21Così rapidamente mosso all'ira, così facile a dare dispiacere agli altri; 22Così proclive a giudicare, così aspro nel criticare; 23Così gaio nelle vicende prospere, così abbattuto nelle avversità; 24Così spesso pieno di molti buoni propositi, così poco costante nel tradurli in pratica. 25Quando, con dolore e con grande amarezza per la tua fragilità, avrai confessato e pianto questi e gli altri tuoi difetti, proponi risolutamente d'emendare per sempre la tua vita e di progredire verso il meglio. 26Poi, con un atto di piena donazione e di ferma volontà, offri te stesso sull'altare del tuo cuore a gloria del mio nome, quale olocausto perpetuo, affidando a Me completamente il tuo corpo e la tua anima; 27Cosicché tu meriti d'offrire degnamente a Dio il Sacrificio Eucaristico e di ricevere con frutto il Sacramento del mio Corpo. 28Non c'è, infatti, un'offerta più degna né una riparazione più grande per cancellare i peccati, che offrire puramente ed interamente se stesso a Dio insieme con l'offerta del Corpo di Cristo, nella Messa e nella Comunione. 29Se l'uomo avrà fatto quanto può e si sarà veramente pentito, ogni volta che verrà a Me per ottenere il perdono e la grazia, "Io vivo, dice il Signore, e non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva" (Ez 33,11), "poiché più non mi ricorderò dei suoi peccati (Eb 10,17), ma tutti gli saranno rimessi. Note al capitolo 7° 2"Esamina attentamente la tua coscienza e, per quanto puoi, punficala e rendila limpida con sincena contrizione ed umile confessione". Molti continuano ad accostarsi alla S. Comunione e sembra che non progrediscano nella loro vita spirituale. Sappiamo che i Sacramenti agiscono, come dicono i teologi, "ex opere operato": cioè, contengono la Grazia che significano e la conferiscono a coloro che non vi pongono ostacolo (Conc. di Trento). Spesso, però, noi vi poniamo ostacolo, perché non facciamo nessuno sforzo per emendarci dei nostri peccati e delle imperfezioni. Per emendarsi, sono molto importanti l'esame di coscienza e il Sacramento della Penitenza o Confessione. S. Ignazio distingue l'esame generale dal particolare. Il primo riguarda tutte le azioni della giornata; il secondo si concentra su un punto particolare: un difetto da correggere o una virtù da acquistare; ma si possono combinare assieme. L’esame di coscienza faciliterà la Confessione e questa renderà più efficace la S. Comunione.

Capitolo ottavo L’OFFERTA DI CRISTO IN CROCE E LA DONAZIONE DI NOI STESSI PAROLE DELL' AMATO 1Come Io, con le braccia distese sulla Croce e con il Corpo nudo, ho liberamente offerto a Dio Padre me stesso per i tuoi peccati, cosicché nulla di Me rimanesse che non fosse trasformato interamente nel sacrificio della divina riconciliazione, 2Così tu pure devi volontariamente offrire te stesso a Me ogni giorno nella Messa, in oblazione pura e santa, con tutte le tue forze, con tutto il tuo slancio e con il maggiore raccoglimento possibile. 3Che cos'altro Io ti chiedo, se non che tu cerchi di rassegnarti interamente a Me? 4Qualunque cosa tu Mi offra, fuori di te stesso, non la curo, perché Io non cerco i tuoi doni, ma te stesso. 5Come a te non basterebbe avere tutte le cose, se non hai Me, così neppure a Me potrebbe piacere qualunque cosa tu Mi offra, senza offrire te stesso. 6Offriti a Me e donati totalmente a Dio; allora, la tua oblazione sarà accetta. 7Ecco, Io mi sono offerto tutto al Padre, per te; ho dato in cibo perfino il mio Corpo ed il mio Sangue, per essere tutto tuo e perché tu rimanessi


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sempre mio. Ma, se tu rimarrai chiuso in te stesso e non ti offrirai volontariamente alla mia volontà, l'offerta non è piena e l'unione fra noi non sarà perfetta. 9Perciò, l'offerta spontanea di te medesimo nelle mani di Dio deve precedere tutte le tue opere, se vuoi ottenere la vera libertà dello spirito e la mia grazia. 10Per questo motivo sono pochi quelli che raggiungono la luce e la libertà interiore, perché non sanno rinnegare del tutto se stessi. 11lmmutabile è la mia sentenza: "Se uno non avrà rinunciato a tutto, non potrà essere mio discepolo" (Lc 14,33). 12Se, dunque, tu desideri essere mio discepolo, offriti a Me con tutti i tuoi affetti. Note al capitolo 8° 3"Che cos'altro Io ti chiedo, se non che tu cerchi di rassegnarti interamente a Me?". Tutta la perfezione cristiana consiste nell'amore di Dio e del prossimo per amore di Dio. Ma nello stato attuale delle cose non è possibile amare senza sacrificio, perché siamo troppo immersi nelle creature. Il pensiero che Dio è tutto, e tutto il resto è vanita, ci deve convincere a rinunziare a tutto, pur di avere Dio. È Lui il Creatore di tutto; perciò, possedere Lui è possedere tutto!

Capitolo nono DOBBIAMO OFFRIRE NOI STESSI A DIO CON TUTTE LE NOSTRE COSE E PREGARE PER TUTTI PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, tutto appartiene a Te: quello che è in Cielo e quello che è in terra. 2A Te desidero offrire me stesso in oblazione spontanea e rimanere per sempre tuo. 3O Signore, nella semplicità del mio cuore, oggi Ti offro me stesso come servo in eterno, in ossequio e in sacrificio di eterna lode. 4Accettami, insieme con questa santa offerta del tuo Corpo prezioso, che oggi io Ti presento al cospetto degli Angeli, che vi assistono invisibili, perché questa offerta porti salvezza a me e a tutto il tuo popolo. 5O Signore, sull'altare della tua espiazione Ti offro tutti i miei peccati e le colpe che ho commesso al cospetto tuo e dei tuoi santi Angeli, dal giorno in cui ho avuto per la prima volta la capacità di peccare fino ad oggi, 6Perché Tu egualmente tutti li accenda e li arda con il fuoco del tuo amore, cancelli tutte quante le macchie dei miei peccati e purifichi la mia coscienza da ogni colpa; 7E mi ridoni la tua Grazia, che ho perduta con il peccato, concedendomi totale perdono ed accogliendomi misericordiosamente al bacio della pace. 8Che cosa posso fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente, piangerli e incessantemente implorare il tuo perdono? 9Ti supplico, esaudiscimi propizio, mentre sono prostrato davanti a Te, o Dio mio! 10Provo vivissimo dolore per tutti i miei peccati; non voglio mai più commetterli; anzi, me ne dolgo ora e me ne dorrò per tutta la vita, pronto a farne penitenza e, per quanto posso, a farne riparazione. 11Rimetti, o Dio, rimetti i miei peccati per il tuo santo nome; salva l'anima mia, che Tu hai redento con il tuo Sangue prezioso. 12Ecco, io m'affido alla tua misericordia, mi metto nelle tue mani. 13Trattami secondo la tua bontà, non secondo la mia malizia e la mia iniquità. 14Offro a Te anche tutto il bene che ho fatto, per quanto sia molto poco ed imperfetto, perché Tu lo migliori e lo santifichi; 15Perché riesca a Te gradito, perché Tu lo renda a Te accetto e lo perfezioni sempre più, e perché conduca me, pigro, inutile e povero omiciattolo, ad un termine beato e glorioso. 16Offro ancora a Te tutti i pii desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro, i quali, per amor tuo, hanno fatto del bene a me e ad altri. 17Ed infine Ti offro quelli di coloro che hanno desiderato e chiesto a me preghiere e celebrazioni di sante Messe per loro e per tutti i loro cari, siano essi ancora in vita o siano scomparsi da questo mondo; 18Perché tutti sentano l'aiuto della tua Grazia, il sollievo della tua consolazione, la difesa dai pericoli, la liberazione dalle pene e, scampati da tutti i loro mali, Ti rendano, pieni di gioia, grazie solenni. 19Ancora, ed in modo speciale, offro a Te preghiere e sacrifici di propiziazione per coloro che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno addolorato o calunniato o mi hanno cagionato qualche danno o molestia; 20 Ed anche per tutti quelli che io talvolta ho contristato, turbato, addolorato e scandalizzato con parole o con azioni, scientemente o inconsapevolmente; 21Perché Tu perdoni a tutti noi egualmente i nostri peccati e le reciproche offese. 22Togli via, o


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Signore, dai nostri cuori ogni sospetto, ogni risentimento, ogni collera, ogni dissidio e tutto ciò che può offendere la carità ed intiepidire l'amore fraterno. 23Abbi pietà, abbi pietà, o Signore, di noi che imploriamo la tua pietà; dona la tua Grazia a noi che ne abbiamo bisogno. 24E fa' che siamo fatti degni di meritare la gioia della tua Grazia e che progrediamo verso la vita eterna. Amen. Note al capitolo 9° 5"O Signore, sull 'altare della tua espiazione Ti offro tutti i miei peccati". Nella S. Messa, particolarmente nella S. Comunione, dovremmo offrire tutta la nostra vita, con i nostri peccati e le nostre buone azioni; dovremmo pregare per tutte le persone care ed anche per le persone con le quali abbiamo avuto in qualche modo contrasti, perché tutto il male venga cancellato, il bene purificato, i sentimenti rettificati, e si stabiliscano con tutti l'amore e l'amicizia in unione piena con Dio e con i fratelli.

Capitolo decimo LA SANTA COMUNIONE NON VA TRASCURATA CON LEGGEREZZA PAROLE DELL'AMATO 1Devi tornare di frequente alla fonte della Grazia e della divina misericordia, alla fonte della bontà e d'ogni purezza, finché tu non riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; finché tu non ottenga di diventare più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gl'inganni del diavolo. 2Costui, il Nemico, conoscendo il frutto e l'efficacissimo rimedio insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo ed in ogni occasione di allontanare da essa, per quanto può, fedeli e devoti, creando loro degli ostacoli. 3Così alcuni, quando si dispongono a prepararsi alla santa Comunione, sentono più forti assalti da parte di Satana. 4Quello spirito del male, com'è scritto in Giobbe, viene, egli stesso, tra i figli di Dio per turbarli con l'abituale sua perfidia o per renderli troppo timorosi ed incerti, fino a che non abbia diminuito il loro fervore o non abbia strappato, combattendola, la loro fede, nell'intento ch'essi, per avventura, abbandonino del tutto la Comunione o vi s'accostino con tiepidezza. 5Non bisogna, però, dare alcun peso alle sue astuzie e suggestioni, turpi ed orrende quanto si voglia; anzi, occorre ritorcere contro il suo capo tutte le immaginazioni che vengono da lui. 6Quel miserabile dev'essere disprezzato e deriso, e non si deve tralasciare la santa Comunione, a motivo degli assalti che egli compie e delle agitazioni che suscita. 7 Spesso, anche, possono essere d'ostacolo alla Comunione un'esagerata preoccupazione di sentire la devozione e una certa inquietudine sull'obbligo di confessarsi. 8Tu regolati secondo il consiglio di persone assennate, mettendo da parte ansie e scrupoli, perché ostacolano la grazia di Dio e distruggono la devozione dell'anima. 9Non lasciare la santa Comunione per qualche piccolo turbamento o pena di coscienza; ma va' presto a confessarti e perdona di cuore agli altri tutte le offese che hai ricevute. 10Se poi hai offeso tu qualcuno, chiedi umilmente scusa, e Dio volentieri perdonerà a te. 11Che giova ritardare a lungo la Confessione o rimandare la Comunione? 12Purificati al più presto, sputa fuori il veleno, affrettati a prendere il rimedio, e ti sentirai meglio che se avessi differito a lungo tutto ciò. 13Se oggi, per un futile motivo, rinunci, domani forse ce ne sarà un altro più grande, e così potresti sentirti ostacolato per lungo tempo a ricevere la Comunione, diventando più indegno di prima. 14Quanto più presto puoi, sbarazzati del peso di stanchezza e d'inerzia che gravano oggi sulla tua anima, 15Poiché a nulla serve rimanere a lungo in ansia, tirare avanti con l'animo turbato e stare lontano dai divini misteri, per ostacoli che si rinnovano ogni giorno. 16Anzi, nuoce moltissimo il procrastinare la Comunione, perché ciò porta, di solito, ad un grave stato di tiepidezza. 17Alcuni, tiepidi e leggeri come sono, colgono volentie pretesti - cosa, ahimè, ben dolorosa! - per ritardare la Confessione e desiderano, perciò, differire la santa Comunione, per non sentirsi obbligati ad una sorveglianza più severa di sé. 18Oh! quanto poco amore e quanto fiacca devozione hanno quelli che rimandano così facilmente la santa Comunione. 19 Quanto, invece, è felice e caro a Dio colui che vive in tal modo e custodisce la sua coscienza in tale limpidezza, da essere pronto e santamente disposto a comunicarsi anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se lo potesse fare senza incorrere nella


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critica di singolarità! Se qualcuno se ne astiene, qualche volta, per umiltà o per un legittimo impedimento, merita lode per questo suo senso di rispettoso timore. 21Se, però, se ne astiene perché s'è insinuata in lui la tiepidezza, deve scuotersi e fare quanto gli è possibile: il Signore asseconderà il suo desiderio, in proporzione della buona volontà, alla quale Egli guarda in modo speciale. 22Se, invece, uno è impedito da valide ragioni, avrà sempre la buona volontà e la devota intenzione di comunicarsi; e così, non rimarrà privo del frutto del Sacramento. 23lnfatti, qualsiasi persona devota può, ogni giorno ed ogni ora, fare con profitto la Comunione spirituale con Cristo, senza che alcuno glielo impedisca. 24Del resto, in dati giorni e in tempi determinati, il fedele deve ricevere sacramentalmente, con affettuosa riverenza, il Corpo del suo Redentore, mirando a dare lode ed onore a Dio, più che chiedendo la sua consolazione. 25 Quante volte, infatti, uno medita con devozione il mistero dell'Incarnazione di Cristo e la sua Passione e s'accende d'amore per Lui, altrettante misticamente si comunica ed invisibilmente si ristora. 26Ma chi si prepara alla Comunione soltanto nell'occasione di qualche solennità o perché spinto dalla consuetudine, molto spesso sarà mal preparato. 27 Beato chi, ogni volta che celebra o si comunica, offre se stesso a Dio in olocausto! 28 Nel celebrare la santa Messa, non essere troppo lento o troppo frettoloso, ma attieniti al retto costume, comune a quelli con i quali vivi. 29Non devi cagionare fastidio e noia agli altri; devi, invece, seguire la via che t'hanno insegnata i Superiori, ed avere di mira più il servizio agli altri che non la tua personale devozione o il tuo sentimento. Note al capitolo 10° 2”Il nemico, conoscendo il frutto e l'efficacissimo rimedio insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo ed in ogni occasione di allontanare da essa.. fedeli e devoti...". Gesù ci ha insegnato a pregare il Padre a "non indurci in tentazione". A molti non piace questa traduzione. A pensarci bene, però, tutta la vita sulla terra è una prova, una tentazione, un collaudo. Dio ci vuole "responsabilizzare", perché, solo se superiamo la prova, ci può premiare. Per questo motivo, ci deve mettere alla prova. Ma se noi lo preveniamo, dicendo: "non indurmi in tentazione", significa che abbiamo già superato la prova. Dio si serve del demonio per provarci. Questi non può agire sulla nostra intelligenza e sulla nostra volontà. Ma può operare sui sensi esterni e interni, sulla fantasia e sulla memoria, sulle passioni che risiedono nell'appetito sensitivo. Non dobbiamo pensare che tutte le tentazioni vengano dal demonio. Quando, però, la tentazione è improvvisa, violenta, di una certa durata, possiamo pensare che il demonio vi ha la sua parte, specialmente in certe tentazioni che vengono nel momento di fare la santa Comunione. Che fare, allora? Mantenere la calma, pregare con umiltà e fiducia, non lasciar di fare il bene che ci si è proposto, come andare in chiesa, fare la santa Comunione; invocare la Madonna, l'Angelo Custode, S. Michele; fare uso dei sacramentali, come il segno di croce e l'acqua santa; ed anche disprezzare il demonio. Santa Teresa di Avila dice: "Tutte le volte che dispnezziamo i demoni, essi perdono le lom forze, e l'anima acquista su di lom un sempre maggiore impero. .. Essi sono forti contro le anime codarde...

Capitolo undicesimo IL CORPO DI CRISTO E LA SACRA SCRITTURA SOMMAMENTE NECESSARI ALL'ANIMA FEDELE PAROLE DEL DISCEPOLO 1O soavissimo Signore Gesù, quant'è grande la dolcezza dell'anima devota che siede al tuo banchetto, nel quale le viene imbandito nessun altro cibo all'infuori di Te stesso, unico suo Amato, desiderabile sopra tutti i desideri del suo cuore! 2Ed anche a me sarebbe dolce, alla tua presenza, versare lacrime per l'intima tenerezza del cuore e, con la pia Maddalena, bagnare di pianto i tuoi piedi. 3 Ma dov'è questa devozione? Dove, una tale profusione di lacrime sante? 4Certo, al cospetto tuo e dei tuoi santi Angeli, io dovrei avvampare tutto quanto nell'intimo e piangere di gioia. 5Ho, infatti, nel Sacramento, Te realmente presente, benché nascosto sotto specie non tue. 6I miei occhi non potrebbero sostenere di vederTi nel tuo proprio e divino splendore; anzi, neppure l'universo intero potrebbe sussistere davanti al glorioso splendore della tua Maestà. 7Per questo, dunque, Tu vieni incontro alla mia insufficienza, nascondendoTi sotto le specie del Sacramento. 8Io possiedo realmente ed adoro Colui che gli Angeli adorano in Cielo; finora, però, Lo adoro soltanto nella


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Fede, mentre gli Angeli Lo adorano faccia a faccia e senza veli. 9Io devo accontentarmi della luce della vera Fede e camminare in essa, finché sorga il giorno dello splendore eterno e tramontino, dileguandosi, le ombre delle figure. 10"Ma quando verrà ciò che è perfetto" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei Sacramenti, perché i Beati nella gloria celeste non hanno bisogno di medicina sacramentale. 11Essi, infatti, godono senza fine la presenza di Dio, contemplando faccia a faccia la sua gloria. Passano di luce in luce fino all'abisso della Divinità ed assaporano il Verbo di Dio fatto carne, quale era in principio e quale permane ineterno. 12Quando il pensiero mi riporta a codeste meraviglie, qualsiasi consolazione, anche spirituale, mi si trasforma in noia gravosa, perché, fino a quando io non veda manifestamente il mio Signore nella sua gloria, stimo un nulla tutto ciò che vedo e sento quaggiù. 13Tu mi sei testimonio, o Dio, che nessuna cosa mi può dare conforto, che nessuna creatura può darmi pace, se non Tu, mio Dio, che desidero contemplare in eterno. 14Ma ciò non è possibile, mentre vivo in questa vita mortale. 15Quindi, occorre ch'io mi disponga a grande pazienza e mi sottometta a Te in ogni mio desiderio. 16Anche i tuoi Santi, o Signore, che ormai esultano con Te nel Regno dei Cieli, mentre erano in questa vita attendevano con grande fede e pazienza l'avvento della tua gloria. 17Ciò che essi hanno creduto, lo credo anch'io; ciò che essi hanno sperato, lo spero anch'io; dove essi sono giunti, confido di giungere anch'io, con la grazia tua. 18lntanto, camminerò nella Fede, attingendo forza dagli esempi dei Santi. 19Terrò pure, come mia consolazione e come mio specchio di vita, i Sacri Libri e, soprattutto, come speciale mio rimedio e come rifugio, il tuo sacratissimo Corpo. 20Due cose, infatti, sento che mi sono sommamente necessarie in questa vita; senza di esse, mi riuscirebbe insopportabile codesta vita di miserie. 21Imprigionato nel carcere di questo mio corpo, confesso d'avere bisogno di due cose: di nutrimento e di luce. 22Per questo, a me che sono così debole, Tu hai dato il tuo sacro Corpo quale ristoro dell'anima e del corpo, e hai posto "davanti ai miei piedi come lucerna la tua Parola" (Sal 118,105). 23senza questi due doni non potrei vivere bene, perché la Parola di Dio è la luce dell'anima mia e il tuo Sacramento è pane di vita. 24Questi due doni si possono anche chiamare due mense, poste di qua e di là nel gazofilacio, cioè nel tesoro della Santa Chiesa. 25L’una è la mensa del Sacro Altare, sulla quale è il Pane Santo, cioè il prezioso Corpo di Cristo. 26L’altra è la mensa della Legge di Dio, che contiene la Santa dottrina, che insegna la retta fede, che guida con sicurezza fin oltre il velo più interno, dove sta il Santo dei Santi. 27Siano rese grazie a Te, o Signore Gesù, luce della luce eterna, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai imbandito per mezzo dei tuoi servi, i Profeti, gli Apostoli e gli altri dottori. 28Siano rese grazie a Te, Creatore e Redentore degli uomini, che, per manifestare al mondo intero il tuo amore, hai preparato quella grande cena nella quale ci hai offerto da mangiare non l'agnello simbolico, ma il tuo Corpo santissimo ed il tuo Sangue, 29Riempiendo di letizia tutti i tuoi fedeli con il tuo sacro convito ed inebriandoli con il calice della salvezza, nel quale sono contenute tutte le delizie del Paradiso; convito, nel quale banchettano insieme con noi, sebbene con più felice soavità, gli Angeli Santi. 30Oh, quanto grande e venerando il ministero dei Sacerdoti! Ad essi è stato comandato di consacrare con la santa formula il Signore Altissimo, di benedirLo con le labbra, di tenerLo tra le mani, di nutrirsene con la propria bocca e di dispensarLo agli altri. 31Oh, quanto pure devono essere quelle mani, quanto pure le labbra, quanto santo il corpo e quanto immacolato il cuore del Sacerdote, nel quale tante volte entra l'Autore della purezza! 32Dalla bocca del Sacerdote, che tante volte riceve il Sacramento di Cristo, nessuna parola deve uscire, che non sia santa, onesta e fruttuosa. 33I suoi occhi, che abitualmente si posano sul Corpo di Cristo, devono essere modesti e pudichi; 34Pure ed elevate al cielo devono essere le sue mani, che sono solite stringere il Creatore del cielo e della terra. 35Ai Sacerdoti, in modo speciale, è detto nella Legge: "Siate santi, perché Io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). 36 Dio onnipotente, ci aiuti la tua grazia, perché noi, che abbiamo assunto il ministero


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sacerdotale, sappiamo essere a tuo servizio degnamente e devotamente, con ogni purezza e con buona coscienza. 37E, se non possiamo conservarci in tanta innocenza di vita come dovremmo, concedici almeno di piangere come si conviene il male che abbiamo fatto, e di servirTi per il futuro con più fervore, in ispirito d'umiltà e nel fermo proponimento d'una volontà sincera. Note al capitolo 11° 1"...quant 'é grande la dolcezza dell'anima devota che siede al tuo banchetto, nel quale le viene imbandito nessun altro cibo all'infuori di Te stesso, unico suo Amato....!". Quando un'anima corrisponde alle ispirazioni della grazia e s'impegna a vivere sempre più distaccata dalle cose di questo mondo, esperimenta sempre più la presenza di Dio, sia nella contemplazione dei Divini Misteri, come nella lettura della Sacra Scrittura. Nel nostro caso, l'anima umile e semplice del credente resta incantata, presa da un sentimento affettuoso per il verbo di Dio nascosto sotto i veli eucaristici. È lo Spirito Santo che, attraverso i suoi doni, dà l'intuizione di questo grande Mistero e glielo fa gustare, nell'attesa che il velo si dissolva nella visione beatifica. Chi è schiavo della materia, prigioniero di una concezione immanentistica del mondo e della vita, non può capire, perché si è tagliato fuori. Ma l'anima che è chiamata alla contemplazione ed è guidata dallo Spirito alla perfezione, non ha dubbi. 24"Questi due doni si possono anche chiamare due mense, poste di qua e di la' nel gazofilacio". Il gazofilacio era il luogo, 'nel Tempio di Gerusalemme, dove si conservavano il tesoro e le offerte fatte a Dio. 26 "...il Santo dei Santi". Il Tempio si ergeva su una grande spianata, alla quale si accedeva per mezzo di scalinate sotterranee. Sui quattro lati vi erano grandi porticati. Al centro della spianata, una grande balaustra rettangolare limitava ai pagani l'accesso. Oltre la balaustra c'erano tre recinti o cortili: delle donne, degli uomini e dei sacerdoti. Al centro, il Tempio vero e proprio, diviso in due stanzoni: il Santo, con l'altare d'oro per l'incenso, la mensa dei pani dell'Offerta, il candelabro d'oro dalle sette braccia e, separato dal Santo da un "velo" o grande sipario, il Santo dei Santi, che al tempo di Salomone conteneva l'Arca dell 'Alleanza e le Tavole della Legge (ma ora era vuoto), dove il Sommo Sacerdote entrava una volta all'anno.

Capitolo dodicesimo CHI SI APPRESTA A COMUNICARSI DEVE PREPARARSI CON GRANDE DILIGENZA 1 PAROLE DELL'AMATO Io sono Colui che ama la purezza, sono Colui che dona ogni santità. 2Io cerco il cuore puro, ed ivi è il luogo del mio riposo. 3Preparami "una grande sala con i tappeti" (Mc 14,15), e farò la Pasqua in casa tua con i miei discepoli. 4Se vuoi ch'Io venga a te e rimanga in te, togli via il lievito vecchio e rendi monda la dimora del tuo cuore. 5Caccia fuori di te tutto quello che è mondano ed ogni tumulto di passioni; poi "sta' come uccello solitario sopra un tetto" (Sal 100,8) e ripensa, nell'amarezza dell'anima tua, ai tuoi falli. 6Infatti, ogni amante prepara al suo diletto, dal quale è riamato, la stanza migliore e più bella, perché da questo si conosce l'affetto di chi riceve la persona cara. 7Sappi, però, che non potrai prepararti a sufficienza solo con i tuoi mezzi, anche se vi attendessi per un intero anno e non avessi in mente nient'altro. 8Ma soltanto per la mia pietà e per la mia grazia ti è concesso d'accostarti alla mia mensa: come se un mendico fosse chiamato al pranzo d'un ricco e non avesse altra possibilità di corrispondere a quel beneficio, tranne quella d'umiliarsi profondamente e di ringraziare. 9Fa' quanto sta in te e fallo diligentemente, non per abitudine, non per costrizione; ma con timore, con riverenza, con amore ricevi il Corpo del diletto Signore Dio, che si degna di venire a te. 10Sono Io che t'ho chiamato, sono Io che ho comandato che così fosse fatto; Io supplirò a quello che ti manca; vieni e riceviMi. 11Quando Io ti concedo la grazia della devozione, rendi grazie al tuo Dio; t'ho concesso il dono non perché tu ne sia degno, ma perché ho avuto compassione di te. 12Se poi non hai questa devozione e ti senti piuttosto arido, insisti nella preghiera, piangi e bussa alla mia porta e non smettere fino a quando non meriterai di ricevere almeno una briciola od una goccia della grazia salutare. 13Tu hai bisogno di Me, non Io di te. 14Né tu vieni a santificare Me, ma Io vengo a santificare te e a farti migliore. 15Tu vieni per essere da Me santificato e per essere unito a Me; tu vieni per ricevere nuova grazia e per maggiormente infervorarti all'emendazione della tua vita. 16Non


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disprezzare questa grazia, ma disponi con ogni diligenza il tuo cuore e fa' entrare in te il tuo Amato. 17Bisogna, poi, che non solo tu ecciti il fervore prima della Comunione, ma anche che tu ponga ogni cura a mantenerlo dopo aver ricevuto il Sacramento. 18 Come occorre, prima, una devota preparazione, così è necessario, dopo, un non minore raccoglimento. 19lnfatti, questo buon raccoglimento che segue è, a sua volta, un'ottima preparazione per ottenere grazie maggiori. 20Perciò, perde molto delle sue buone disposizioni chi, dopo la Comunione, si sia subito abbandonato troppo a svaghi esteriori. 21Guardati dal molto parlare; rimani appartato in raccoglimento e goditi il tuo Dio. 22Tu possiedi Colui che tutto il mondo non ti potrà togliere. 23Sono Io, Colui al quale devi darti tutto, cosicché tu non viva più, per l'avvenire, in te, ma in Me senza alcun' altra preoccupazione. Note al capitolo 12° 3"Il Maestro dice: Dov'é la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà una grande sala con tappet…” Abbiamo detto nell'introduzione al Quarto Libro che il Sacrificio Eucarististo è il "memoriale" della morte e risurrezione di Gesù. Nel contesto della Bibbia, "memoriale" non significa solo rievocazione storica di un avvenimento, ma sua riattualizzazione nel tempo e nello spazio. Ècome se i secoli venissero riarrotolati indietro e tornassimo a quel tempo per rivivere l'avvenimento accaduto molti secoli fa. Questo avviene, perché Gesù ha operato non solo come uomo che è vissuto in un determinato contesto storico, ma, essendo anche Dio, ha agito fuori del tempo e dello spazio, nell'eternità. La "grande sala con tappeti" è figura dell'anima che si prepara ad accogliere Gesù per mangiare la Pasqua. Ogni S. Comunione è una nuova Pasqua, finché l'anima non sarà trasformata in Cristo. 14Nè tu vieni a santificare Me, ma Io vengo a santjfìcare te e a farti migliore". Quando si mangia, noi assimiliamo il cibo che mangiamo, e quando operiamo un innesto, è il ramo innestato che migliora il frutto della pianta. Nel caso della S. Comunione avviene il contrario: siamo noi che veniamo assimilati a Cristo e produciamo frutti di vita eterna. Questo, però, avverrà in proporzione della nostra disponibilità e della nostra preparazione.

Capitolo tredicesimo NEL SACRAMENTO L'ANIMA DEVOTA DEVE TENDERE CON TUTTA SE STESSA ALL’UNIONE CON CRISTO PAROLE DEL DISCEPOLO 1Chi mi darà, o Signore, ch'io possa trovare Te Solo, aprirTi tutto il mio cuore e godere di Te, come desidera l'anima mia, sicché, ormai, nessuno mi disprezzi né alcuna creatura mi possa scuotere o sfiorare con il suo sguardo, ma Tu solo parli a me ed io a Te, come chi ama suole discorrere con l'amato, e l'amico suole sedere a banchetto con l'amico? 2Questo io chiedo, questo io desidero: unirmi tutto a Te, distaccare il mio cuore da tutte le cose create ed irnparare a gustare di più le cose celesti ed eterne per mezzo della Santa Comunione e della frequente celebrazione della Messa. 3Ah! Signore Dio, quando sarò tutto unito ed assorbito in Te, totalmente dimentico di me? 4Tu in me ed io in Te! Così, concedi che possiamo rimanere uniti in un solo Spirito! 5Veramente Tu sei "il mio Amato, riconoscibile fra mille e mille" (Ct 5,10), con il quale all'anima mia piacque abitare tutti i giorni della sua vita. 6Veramente Tu sei Colui che mi porta la pace; Colui, nel quale è la pace suprema, il riposo vero; Colui, fuori del quale non ci sono che fatica, dolore e miseria infinita. 7" Veramente Tu sei un Dio misterioso" (Is 45,15) e non tratti con gli empi; ma la tua conversazione è con gli umili e con i semplici. 8"Oh, quant 'è soave il tuo Spirito, o Signore!" (Sap 12,1). Per dare una dimostrazione della tua dolcezza verso i tuoi figli, Ti degni di ristorarli con il soavissimo Pane che scende dal Cielo. 9"Non c'è davvero altra nazione così grande, che abbia la Divinità tanto vicina a sé quanto Tu, o Dio nostro" (Dt 4,7), che sei presente a tutti i tuoi fedeli, ai quali Tu doni Te stesso in cibo e salutare possesso, come quotidiano conforto e come mezzo d'elevazione del cuore al Cielo. 10Quale altra gente, infatti, è tanto gloriosa, quanto il popolo cristiano? 11 O quale creatura sotto il cielo può dirsi da Te amata così, come l'anima devota, nella quale entra Dio per nutrirla con il suo Corpo glorioso? 12O grazia ineffabile, degnazione ammirabile, amore incommensurabile prodigato all'uomo in modo così


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singolare! Ma che cosa renderò al Signore in cambio di codesta grazia, d'un amore tanto eccelso? 14Non c'è altra offerta ch'io possa fare più gradita di quella di donare tutto il mio cuore al mio Dio e d'unirmi intimamente con Lui. 15Allora, trasalirò di giubilo nel profondo, quando l'anima mia sarà compiutamente unita a Dio. 16Allora, Egli mi dirà: Se tu vuoi essere con Me, anch'Io voglio essere con te. Ed io Gli risponderò: Degnati, Signore, di rimanere con me, perché io desidero ardentemente essere con Te.17Questo è tutto il mio desiderio, che il cuore mio resti unito a Te. Note al capitolo 13° 3"Signore Dio, quando sarò tutto unito ed assorbito in Te e totalmente dimentico di me? " Forse l'uomo moderno ha paura di pregare in questo modo; ha paura di scomparire in Dio, perché ha paura di perdere la propria identità... Forse che il più piccolo fiorellino del campo ha paura di scomparire quando sorge il sole? Non è proprio il sole che fa risaltare la bellezza dei colori? La molecola di carbonio che rifiuta di aderire al diamante, resta nerofumo, fuliggine. Se aderisce al diamante, diventa diamante. Cristo è il nucleo centrale del diamante: la nuova Umanità che è unita a Lui. Rifiutare di aderire a Cristo significa rimanere una molecola di nerofumo che il vento delle passioni disperde! Accogliere Cristo degnamente nella S. Comunione significa unirsi a Lui e dare uno scopo alla propria esistenza.

Capitolo quattordicesimo L'ARDENTE ASPIRAZ[ONE AL CORPO DI CRISTO IN ALCUNE ANIME DEVOTE PAROLE DEL DISCEPOLO 1" Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi a coloro che Ti temono" (Sal 30, 20). 2Quando ripenso, o Signore, a certe anime devote che s'accostano al tuo Sacramento con la più grande devozione e con affetto, 3Piuttosto spesso mi sento pieno di colpa e di vergogna, perché m'accosto al tuo Altare e alla Mensa della santa Comunione così tiepido, così freddo, 4Perché rimango così arido e senza un palpito del cuore, perché non sono del tutto acceso alla tua presenza, o mio Dio, 5E perché non sono così fortemente rapito e commosso, come lo furono molti devoti che, per l'intensissimo desiderio della Comunione e per la sensibile tenerezza del cuore, non riuscirono a frenare le lacrime. 6Essi, anzi, aprendo ad un tempo la bocca del cuore e quella del corpo, dal loro intimo anelavano a Te, Dio, fonte viva, e non potevano calmare o saziare il loro vivo desiderio in altro modo, se non ricevendo il tuo Corpo con pieno giubilo e con avida esultanza della loro anima. 7Oh, che fede sincera ed ardente, la loro! Essa costituisce un argomento a prova della tua reale presenza! 8Codeste anime devote davvero conoscono il loro Signore nella “frazione del pane” (Lc 24, 35); il loro cuore tanto ardentemente divampa per Gesù, che cammina con loro. 9Spesso, un siffatto sentimento, una siffatta devozione, un amore ed un ardore così veementi sono lontani da me. 10Siimi propizio, Gesù buono, dolce e benigno, e concedi a questo tuo povero mendico che, qualche volta almeno, risenta nella santa Comunione un po' dell'intimo amore del tuo cuore, 11Perché s'irrobustisca la mia Fede, rinvigorisca la Speranza nella tua bontà; e la Carità, una buona volta perfettamente accesa e dopo avere gustato la Manna celeste, non mi venga mai meno. 12 La tua misericordia, poi, è così potente, da concedermi anche codesta desiderata grazia e da visitarmi con somma clemenza in ispirito d'ardore, fino a che non sarà giunto il giorno che a Te piacerà. 13lnfatti, sebbene io non arda d'un desiderio così intenso come quello che ebbero per Te questi devoti così singolari, tuttavia sento, per grazia tua, che desidero avere quel desiderio grande e bruciante; prego e sospiro d'essere ammesso a far parte di tutti i tuoi fervidi devoti e d'essere annoverato nella loro santa compagnia. Note al capitolo 14° 11'Perché s'irrobustisca la mia Fede, rinvigorisca la Speranza nella tua bontà; e la Carità, una buona volta perfettamente accesa e dopo avere gustato la Manna celeste, non mi venga mai meno". Fede, Speranza e Carità sono le Virtù teologali, che hanno lo scopo di unirci a Dio per mezzo dello Spirito di Gesù Cristo. La Fede ci unisce a Dio come Verità Infinita; la Speranza, come Beatitudine Suprema; la Carità, come Bontà Infinita. La Carità è la più importante, perché è come l'anima delle altre due. La Fede non viene dai sensi nè dalla ragione, ma è un dono di Dio, che,


107 però, esige da noi la disponibilità ad accoglierla. La Speranza ci fa desiderare Dio come nostro Bene supremo. Per conseguirlo, bisogna, se necessario, rinunciare a tutto il resto. La Carità, cioè l'amore di Dio e del prossimo per amore di Dio, è lo scopo stesso della nostra esistenza, il compendio della Legge e dei Profeti, cioè dell'intera Scrittura. L"'ardente aspirazione", di cui parla il capitolo, non viene dal sentimento, ma dalla volontà illuminata dalla ragione. Quel che conta non è il "sentire", ma il "volere".

Capitolo quindicesimo LA GRAZIA DELLA DEVOZIONE SI ACQUISTA CON L'UMILTÀ E CON LA RINUNCIA A SE STESSO PAROLE DELL'AMATO 1Tu devi cercare la grazia della devozione con insistenza, chiederla con vivo desiderio, aspettarla con pazienza e con fiducia, riceverla con gratitudine, conservarla con umiltà, cooperare con essa con zelo, e rimetterti a Dio per il tempo e per il modo della celeste visita, fino a che essa venga. 2Tu devi, soprattutto, umiliarti, quando dentro di te senti poca o nessuna devozione, senza però abbatterti troppo e rattristarti eccessivamente. 3Spesso Dio dà in un istante ciò che, per lungo tempo, ha negato; talvolta, dà alla fine ciò che al principio della preghiera ha differito. 4 Se questa grazia fosse accordata sempre subito e fosse li pronta, conformemente al nostro desiderio, l'uomo, che è fragile, non saprebbe sostenerla. 5Perciò, la grazia della devozione bisogna attenderla con salda speranza e con umile pazienza. Tuttavia, devi dare la colpa a te e ai tuoi peccati, quando non ti è data o ti viene tolta senza che tu ne comprenda il motivo. 6Qualche volta, è una piccola cosa quella che impedisce o nasconde la grazia, seppure piccolo, e non piuttosto grande, si possa chiamare ciò che ostacola un bene così eccelso. 7E se, piccolo o grande che sia, questo inciampo sarai riuscito ad allontanarlo e a superarlo del tutto, tu otterrai ciò che hai chiesto. 8lnfatti, appena ti sarai dato a Dio con tutto il cuore, senza cercare questo o quello secondo il tuo capriccio o il tuo volere, ma ti sarai rimesso interamente a Lui, ti troverai unito a Lui e tranquillo, perché nulla avrà per te gusto e piacere tanto, quanto ciò che piace al volere divino. 9Chiunque, pertanto, con cuore semplice avrà innalzato la sua intenzione a Dio e si sarà spogliato d'ogni affetto disordinato o dell'avversione per qualsiasi creatura, sarà nelle migliori condizioni di ricevere la grazia e sarà degno del dono della devozione. 10lnfatti, il Signore versa la sua benedizione là, dove avrà trovato vasi vuoti. 11E quanto più perfettamente uno rinuncia alle cose di quaggiù e più muore a se stesso con il disprezzo di sé, tanto più presto viene in lui la grazia, tanto più abbondantemente affluisce in lui e tanto più in alto ne solleva il cuore liberato da ogni cosa. 12Allora, egli vedrà e sarà nell'abbondanza "e sarò raggiante ed il suo cuore s'allargherà in Dio" (Is 60, 5), perché la mano di Dio è con lui, che si è rimesso totalmente e per sempre alla sua Volontà. 13"Ecco, così sarò benedetto l'uomo" (Sal 127, 4) che cerca Dio con tutto il suo cuore e non invano ha ricevuto la sua vita. 14Ricevendo la Santa Eucaristia, egli merita la grande grazia d'essere unito a Dio, perché non mira alla propria devozione ed alla propria consolazione, ed invece, di là d'ogni devozione e consolazione, mira alla gloria e all'onore di Dio. Note al capitolo 15° 5"La grazia della devozione bisogna attenderla con salda speranza e con umile pazienza. Tuttavia, devi dare la colpa a te e ai tuoi peccati, quando non ti é data o ti viene tolta senza che tu ne comprenda il motivo". Per rassodarci nella virtù, Dio di tanto in tanto ci manda delle aridità, cioè ci toglie consolazioni sensibili e spirituali. In quel caso bisogna andare avanti con la volontà soltanto. Dio ci manda queste aridità per distaccarci dalle creature, per umiliarci, per purificarci. Talvolta, le aridità vengono dalle nostre colpe o imperfezioni: da vana compiacenza od orgoglio; da pigrizia spirituale o inopportuna tensione; da ricerca di consolazioni umane, amicizie sensibili, soddisfazioni mondane; da mancanza di sincerità col proprio direttore spirituale. Trovata la causa, bisogna toglierla con grande umiltà. Se non siamo noi la causa, dobbiamo convincerci che servire Dio senza consolazione è più meritorio che avere grandi consolazioni. Pensiamo a Gesù nell'Orto degli Olivi, che, per amor nostro, ha sopportato tutto senza nessun conforto. Diceva S.


108 Francesco di Sales: "Bisogna cercare il Dio di ogni consolazione, non le consolazioni di Dio". 10"...il Signore versa la sua benedizione là, dove avrà trovato vasi vuoti". Quando Dio trova un'anima "vuota", cioè umile, la riempie di Sè. Maria, umilissima, ha meritato di diventare Madre di Dio.

Capitolo sedicesimo DOBBIAMO MANIFESTARE A CRISTO LE NOSTRE NECESSITÀ E CHIEDERE LA SUA GRAZIA PAROLE DEL DISCEPOLO 1O dolcissimo e amorosissimo Signore, che io ora desidero devotamente ricevere, Tu conosci la mia debolezza e le necessità che m'assillano, in quanto grandi colpe e vizi io giaccio, come spesso sono oppresso, provato, sconvolto e pieno di fango. 2Vengo a Te per avere rimedio e Ti prego di concedermi conforto e sostegno. 3Parlo a Colui che tutto sa e conosce tutto il mio intimo; parlo a Te, che, solo, mi puoi pienamente confortare ed aiutare. 4Tu sai di quali beni, sopra tutti, io ho bisogno e quanto sono povero di virtù. 5Ecco, io sto povero e nudo davanti a Te, chiedendo grazia e implorando misericordia. 6Ristora il tuo mendico affamato, accendi la mia freddezza con il fuoco dell'amore tuo, illumina la mia cecità con il fulgore della tua presenza. 7Muta per me in amarezza tutte le cose terrene, in esercizio di pazienza tutte le cose che mi sono di peso e mi ostacolano, in motivo di disprezzo e di oblio tutte le cose abiette di quaggiù. 8Solleva il mio cuore a Te, in Cielo, e non lasciarmi vagare su questa terra. 9D'ora in poi siimi, Tu solo, dolce per sempre, perché Tu solo sei il mio cibo e la mia bevanda, l'amore mio e la gioia mia, la mia dolcezza e tutto il mio Bene. 10Oh, se con la tua presenza Tu m'accendessi tutto, mi bruciassi e mi tramutassi in Te, così ch'io potessi diventare un solo spirito con Te per grazia d'intima unione, per struggimento di fuoco d'amore! 11Non permettere ch'io, digiuno e freddo, m'allontani da Te, ma opera con misericordia in me, come spesso hai mirabilmente operato con i tuoi Santi. 12Qual meraviglia, se io prendessi, tutto, fuoco da Te e mi annullassi in me stesso, dal momento che Tu sei fuoco sempre vivo che mai si consuma, amore che purifica i cuori ed illumina le menti? Note al capitolo 16° 7"Muta per me in amarezza tuue le cose ter'ene, in esercizio di pazienza tutte le cose che mi sono dipeso e mi ostacolano, in motivo di disprezzo e di oblio tutte le cose abiette di quaggiù". Gesù ha detto: "È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli". Come per "poveri in ispirito "dobbiamo intendere coloro che sono staccati dai beni di questo mondo, così per "ricchi "dobbiamo intendere coloro che fanno affidamento sui beni terreni. Uno può essere ricco di beni, ma col cuore distaccato, e un altro, povero di beni, ma desideroso di possederli ad ogni costo. "Nessuno può servire a due padroni..." (Mt 6,24). Per servire Dio è necessario liberarci dai beni effimeri, illusori di questo mondo.

Capitolo diciassettesimo L’AMORE ARDENTE E IL FERVIDO DESIDERIO DI RICEVERE CRISTO PAROLE DEL DISCEPOLO 1Desidero riceverTi, Signore, con grandissima devozione e con ardente amore, con tutto l'affetto ed il fervore del cuore, come Ti desiderarono nella Comunione tanti Santi e tanti devoti, che Ti furono sommamente cari per la santità della vita e per l'ardentissima pietà. 2O Dio mio, amore eterno, che sei tutto il mio Bene, la mia felicità senza fine, io bramo riceverTi con il più intenso desiderio e con il più profondo rispetto, quale poté mai avere e sentire alcuno dei Santi.3E per quanto io sia indegno d'avere tutti quei sentimenti di devozione, tuttavia offro a Te tutto l'affetto del mio cuore, come se io solo avessi tutti quegli ardenti desideri che Ti sono tanto graditi. 4Anzi, Ti porgo e Ti offro con somma venerazione e con intimo fervore tutto quello che un'anima devota può concepire e desiderare. 5Nulla voglio riservare per me, ma voglio immolare a Te me stesso ed ogni mia cosa, di mia libera e sommamente gioiosa volontà. 6O Signore Dio mio, Creatore e Redentore mio, io desidero riceverTi oggi con quell'affetto, con quella venerazione, con quell'omaggio di lode e d'onore, con quei sentimenti di riconoscenza, di nobiltà e d'amore, con quella fede, speranza e purezza, 7Con cui Ti desiderò e T'accolse la tua santissima Madre, la


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gloriosa Vergine Maria, quando, all'Angelo che le annunziava il mistero dell'Incarnazione, rispose con umiltà e devozione: "Ecco l'ancella del Signore; sia fatto a me secondo la tua parola" (Lc 1,38). 8E come il beato tuo precursore Giovanni Battista, il più grande dei Santi, ancora chiuso nel seno materno, alla tua presenza sobbalzò di gioia nel gaudio dello Spirito Santo; 9E come, più tardi, vedendo Gesù camminare tra la gente, disse con grande umiltà e con slancio devoto: "l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo" (Gv 3,29), 10 Così, anch'io desidero essere acceso di quei nobili e santi desideri e darmi a Te con tutto il cuore. 11Perciò, Ti presento e Ti offro i gaudi, gli ardenti affetti, le estasi, le illuminazioni soprannaturali e le visioni celestiali di tutti i cuori devoti; e Te li offro, per me e per tutti coloro che si raccomandano a me nelle preghiere, in unione con tutte le opere buone e le lodi che Ti furono e saranno tributate da ogni creatura in Cielo e in terra, perché Tu sia da tutti degnamente lodato e glorificato in eterno. 12Accetta, o Signore Dio mio, i miei voti ed il mio desiderio di tributarTi lodi senza fine e benedizioni senza misura, che di diritto Ti sono dovute per l'immensità della tua ineffabile grandezza. 13Te le rendo ora e desidero renderTele ogni giorno ed ogni momento, e con calorosa preghiera invito e supplico tutti gli spiriti celesti e tutti i tuoi fedeli ad unirsi a me, per ringraziarTi e lodarTi. 14Ti diano lode tutti quanti i popoli, le tribù e le lingue e, con sommo giubilo e ardente devozione, esaltino il tuo nome santo e dolcissimo. 15E tutti i Sacerdoti che celebrano con riverenza e pietà il tuo divino Sacramento e con piena fede lo ricevono, possano meritare di trovare grazia e misericordia presso di Te, e Ti preghino, supplichevoli, per me peccatore. 16E quando avranno raggiunto la sospirata devozione e la gioiosa unione con Te, e quando, ricolmi delle tue consolazioni e meravigliosamente ristorati, saranno partiti dalla sacra Mensa celeste, si degnino di ricordarsi di me poveretto. Note al capitolo 17° 1…Signore Dio mio, Creatore e Redentore mio, io desidero riceverTi oggi con quell'affetto.", 7"Con cui Ti desiderò e T'accolse la tua santissima Madre...". Se "tutta la vita di Cristo e quello che ha openato e detto, dalla nascita alla morte e resurrezione", come abbiamo detto all'inizio del 1V Libro, "sono il fondamento dei Sacramenti", ben a ragione possiamo citare l'esempio di Maria, che accolse nel suo grembo il verbo di Dio. 'All'Angelo che le annunciava il mistero dell'Incarnazione, Ella rispose con umiltà e devozione: Ecco l'ancella del Signore; sia fatto a me secondo la tua parola". Anche il fedele che riceve lo stesso verbo fatto carne nel grembo di Maria, deve ripetere: "Sia fatto a me secondo la tua parola". Non dobbiamo dimenticare che il Gesù che riceviamo è lo stesso che si è incarnato in Maria, e che il nostro incontro con Lui non può avvenire senza di Lei. Ella, con grande umiltà, ha chiesto all'Angelo: "Come e' possibile? Non conosco uomo". Ella ha accettato la spiegazione dell'Angelo nella Fede, non in una spiegazione scientifica; e questo deve guidare anche noi ad accogliere Cristo nella S. Comunione non con inutili disquisizioni, ma nella Fede.

Capitolo diciottesimo L'UOMO NON INDAGHI CON ANIMO CURIOSO SUL MISTERO DEL SACRAMENTO, MA SI FACCIA IMITATORE DI CRISTO NELL’UMILTÀ, SOTTOMETTENDO I SUOI SENSI ALLA SANTA FEDE PAROLE DELL'AMATO 1Se non vuoi essere sommerso nell'abisso del dubbio, devi guardarti dal desideno curioso ed inutile d'indagare intorno a questo profondissimo Sacramento. 2"Chi scruta la Maestà di Dio rimarrò schiacciato dalla sua gloria" (Prv 25,27). 3Più potente è Dio nell'operare, di quanto l'uomo possa capire. 4È, però, consentita la pia ed umile ricerca della verità, che è sempre pronta a lasciarsi ammaestrare e desiderosa di camminare dietro la salutare dottrina dei Padri. 5Beata la semplicità, che lascia le ardue strade delle questioni e prosegue il sentiero piano e sicuro dei Comandamenti di Dio! 6Molti, volendo investigare su cose troppo alte, hanno perduto la Fede. 7Da te si esigono Fede e vita innocente, non acume d'intelligenza né cognizione profonda dei misteri di Dio. 8Se non riesci a conoscere e a comprendere cose che stanno più in basso di te, come potrai comprendere cose che


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stanno sopra di te? Assoggettati a Dio, umilia i tuoi sensi alla Fede, e ti sarà data luce di conoscenza nella misura che ti sarà utile e necessana. 10Certuni sono gravemente tentati circa la Fede e il Sacramento dell'Eucaristia; ma questo fatto non è da imputare tanto a loro, quanto piuttosto al Nemico. 11Tu, non darti pena di codeste cose, non discutere con i tuoi pensieri e non rispondere ai dubbi che il demonio ti suggerisce. 12 Credi, invece, alle parole di Dio, credi ai suoi Santi e Profeti; e il perfido Nemico fuggirà da te. 13Spesso è molto utile che il servo di Dio sostenga prove di tal genere. 14 Già! Il demonio non tenta quelli che non hanno Fede ed i peccatori, che già tiene in sicuro possesso; tenta, invece, e tormenta in vari modi le anime fedeli e pie. 15Va', dunque, avanti con schietta ed incrollabile Fede, ed accostati al Sacramento con umile riverenza. 16E ciò che non riesci a comprendere, affidalo tranquillamente a Dio, che tutto può. 17Dio non ti inganna; s'inganna, invece, chi crede troppo a se stesso. 18Dio cammina con i semplici, si rivela agli umili; dà intelligenza ai piccoli, apre la mente alle anime pure e nasconde la grazia ai curiosi e ai superbi. 19La ragione umana è debole e può cadere in errore, mentre la Fede vera non può ingannarsi. 20Ogni ragionamento ed ogni ricerca naturale devono seguire la Fede, non precederla né indebolirla. 21Infatti, in questo Sacramento, più degli altri santo e sublime, predominano l'amore e la Fede misteriosamente operanti. 22Dio eterno, immenso e d'infinita potenza, fa cose grandiose ed insondabili in Cielo ed in terra, ed a noi non è dato d'investigare le sue mirabili opere. 23Se le opere di Dio fossero tali, che facilmente potessero essere comprese dalla ragione umana, non si potrebbero dire mirabili ed ineffabili. Note al capitolo 18° 2"Chi scruta la Maestà di Dio rimarrà schiacciato dalla sua gloria". Dio è il "Trascendente". Che cosa significa? Come la mente umana, creata a immagine e sonnglianza di Dio, "trascende" il suo pensiero, così il Creatore "trascende", è "di la" della sua creatura, cioè non si confonde con essa. La creatura è frutto dell'Intelligenza e dell'Amore di Dio, ma è in altro ordine di cose; dipende in tutto dal suo Creatore, e non potrà mai essere alla pari. Gesù, il Verbo di Dio, l'Intelligenza divina per mezzo della quale Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, ha promesso all'uomo la vita divina. Il Cristianesimo, infatti - l'abbiamo detto e ripetuto - è una Vita, la Vita di Dio in noi. Ogni vita ha bisogno di un cibo adeguato. Quale sarà il cibo adeguato per questa Vita? È Gesù stesso, che oltre ad essere la nostra Vita, nell'Eucaristia si è fatto nostro cibo e bevanda. Prefigurato nell'Agnello Pasquale, nella Manna e nell'Acqua sgorgata dalla roccia più di mille anni prima, dopo la moltiplicazione del pane (cf Gv 6,1-14), nella sinagoga di Cafarnao promette se stesso come cibo: "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6,51). Per riabilitarsi e dimostrare fedeltà a Dio, era necessario all'uomo un "antidoto" che annullasse l'inganno di Satana. Era necessario che l'uomo si mettesse con piena fiducia nelle mani del suo Creatore. Questo "antidoto" è l'Eucaristia, nella quale il suo Creatore si presenta a lui sotto le apparenze non di un serpente, come nel deserto, ma di pane e di vlno, elementi necessari per il sostentamento della sua vita fisica. Con un atto di fede nella parola di Gesù, che ha detto: "Questo è il mio Corpo... Questo è il calice del mio Sangue", l'uomo viene riabilitato.


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