Progetto Professionalità “Ivano Becchi” bando XV – edizione 2014/2015 Fondazione Banca del Monte di Lombardia Candidato: Mariella Gentile Tutor: Elisabetta Bianchessi
Titolo del Progetto: MARGINI. Esperienze di periferia
RELAZIONE FINALE
Periodo di riferimento: dal 07/09/2015 al 07/03/2016 Sede di svolgimento Progetto: Ateliermob, Lisbona, Portogallo, Europa Settore progetto: Architettura
INDICE Descrizione degli obiettivi generali della ricerca: oggetto e metodologia............. pag 4 Perchè Lisbona e perchè Ateliermob: l’architettura partecipata............................ pag 6 Note sulla metodologia adottata: l’analisi fenomenologica.................................... pag 7 Sviluppi della ricerca: lavorare con l’informale....................................................... pag 8 In sintesi: descrizione delle attività svolte, dei luoghi visitati e delle persone incontrate.............................................................................................................. pag 10 In dettaglio: i due casi studio e il caso site specific .............................................. pag 13 # PRODAC NORD E SUD_Comune di Lisbona
Localizzazione del quartiere....................................................................... pag 14
Presentazione del processo di legalizzazione............................................ pag 16
Inquadramento storico del quartiere................................................ pag 16
La metodologia operativa................................................................. pag 18
Rilievo sul campo.................................................................. pag 18
Restituzione digitale.............................................................. pag 24
Documentazione................................................................... pag 24
APPROFONDIMENTO 1
Per una conoscenza locale.............................................................. pag 28
Investig-azione nel PRODAC........................................................... pag 31
Interviste nel PRODAC sud............................................................. pag 32
Per una conoscenza locale ............................................................ pag 32
La storia che si ripete ..................................................................... pag 35
APPROFONDIMENTO 2
Il BIP ZIP come strumento di intervento........................................... pag 38
Intervista a Paula Marques.............................................................. pag 38
I 3 momenti dell’architettura partecipata.......................................... pag 42
APPROFONDIMENTO 3
Dentro il PRODAC............................................................................ pag 44
APPROFONDIMENTO 4
Fuori dal PRODAC........................................................................... pag 46
Intervista a Mariana Mesquita (Underdogs)..................................... pag 54
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# TERRAS DA COSTA_Comune di Almada
Localizzazione del quartiere........................................................................ pag 58
Il primo incontro fuori da Terras................................................................... pag 62
La festa della comunità............................................................................... pag 63
Intervista a Ana Catarino............................................................................. pag 64
Intervista a Tiago Saraiva........................................................................... pag 66
La medializzazione e il successo............................................................... pag 68
# LARGO DO INTENDENTE_il modello site specific............................................ pag 72
Contributo di Marta Silva............................................................................. pag 72
Gli obiettivi raggiunti, quelli mancati e quelli futuri................................................. pag 76 Conclusioni............................................................................................................ pag 77 Bibliografia............................................................................................................. pag 78
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
DESCRIZIONE DEGLI OBIETTIVI GENERALI DELLA RICERCA OGGETTO E METODOLOGIA Oggetto della ricerca “Margini.Esperienze di periferia” sono stati i processi della progettazione architettonica che hanno determinato possibili rigenerazioni urbane di zone caratterizzate da degrado ed abbandono e le azioni, anche spontanee, che hanno favorito a questa rigenerazione. La metodologia investigativa che ho adottato per la mia ricerca è stat quella dell’analisi scientifica attraverso l’esperienza diretta con i luoghi e con le persone oggetto del mio studio, reali protagonisti e spettatori dei processi di trasformazione urbana. Incontri e circostanze hanno stimolato e sollecitato l’osservazione e l’analisi, suggerendo percorsi e materiali sempre nuovi per arricchire la ricerca. La documentazione fotografica, le interviste e le ricerche sul campo sono stati utili strumenti investigativi per sviluppare il progetto con un carattere multidisciplinare, arrivando a uno studio finale che ha toccato argomenti non solo prettamente architettonici ma anche paesaggistici, sociali, antropologici e artistici. La ricerca era partita con delle domande che si interrogavano sul ruolo dell’architetto in contesti non abituali, dove marginalità e povertà sono le caratteristiche principali. La domanda principale che mi sono posta prima di partire era: Può un architetto migliorare le condizioni di vita delle persone? In che modo? Volevo capire come si innescano questi processi di riqualificazione, quali sono i passi da compiere prima di arrivare a definire un progetto esecutivo e che tipo di analisi deve essere condotta per conoscere le comunità insediate e le loro dinamiche. Per effettuare la mia ricerca ho deciso di spostarmi a Lisbona, in Portogallo e lavorare a stretto contatto con lo studio di architettura e urbanistica Ateliermob, per fare esperienza diretta del processo di architettura partecipata con le comunità locali. In particolare ho seguito gli sviluppi di due progetti: “Working with 99%” per il quartiere di Marvila (Comune di Lisbona) e “Terras da Costa” per lo slum di Costa de Caparica (Comune di Almada).
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Localizzazione e inquadramento territoriale dei siti di progettazione
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Belem
Costa da Caparica
Trafaria
TC
Torre de Belem
A5
A37
Caparica
Sobreda
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Ajuda
Parque Forestal Norte
CE NT R Almada
Alcantara
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Cacilhas
Bairro Alto
M.dePombal
Alfama
CENTR O
Baixa
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P Marvila
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O
# slum # comunità
TERRAS da Costa
# riqualificazione # collettività
LARGO do Intendente
# autocostruzione # legalizzazione
PRODAC
viabilità secondaria
viabilità principale
aree verdi e parchi
quartieri principali
aree della città
AREE DI INTERVENTO
PERCHE’ LISBONA E PERCHE’ ATELIERMOB L’ACHITETTURA PARTECIPATA Un aspetto che mi ha portata a scegliere Lisbona come città di destinazione della mia ricerca, sta nel fatto che è una città in continua trasformazione e cambiamento e che, in generale, è stata ed è un laboratorio di sperimentazione e di rilancio per la sua stessa rinascita urbana. Attraverso scelte politiche strategiche, si sta puntando a favorire una rigenerazione più lenta che lavori su scala locale facendo leva su progetti comunitari. Questo approccio altamente strategico, sta generando una massa critica di cittadini responsabile di attività di rigenerazioni a partire dal basso. Ci troviamo quindi in una realtà in cui la progettazione top-down (dall’alto verso il basso) si combina con quella bottom-up (dal basso verso l’alto), stimolando interventi innovativi a scala locale dove i processi di progettazione rivedono il classico sistema di programmazione e abbracciono una metodologia più incline all’architettura partecipata. E da qui mi allaccio alla mia seconda scelta, lo studio Ateliermob. Lo Studio Ateliermob si occupa in particolare dell’architettura sociale, o come amano definirla loro, di “urbanismo partecipato”, una metodologia che affonda le sue radici nella partecipazione e nell’azione collettiva. A questo punto è doveroso fare un appunto riguardo l’architettura partecipata e le dinamiche ad essa legate, per quanto concerne il processo lavorativo, per comprendere a pieno il lavoro che ho svolto affiancandomi a loro. Nell’approccio partecipativo, infatti, la figura dell’architetto rivede il proprio rapporto con gli utenti, miscelando insieme preparazione tecnica, predisposizione al dialogo e attenzione rivolta al territorio con tutte le sue specificità e le condizioni del caso. Ci troviamo nella situazione in cui l’architetto diventa un facilitatore, vestendo i panni di un mediatore che si pone al centro tra le realtà territoriali e i soggetti responsabili delle strategie progettuali, arrivando a canalizzare i reali bisogni e le reali necessità nella fase applicativa del progetto. Questo presuppone portare avanti un grande lavoro di comunicazione con le comunità con cui ci si trova a lavorare che, inevitabilmente, parlano un linguaggio diverso da quello tecnico dell’architettura. Ma questo non è un punto a sfavore, anzi, si rivela uno stimolo ad analizzare le problematicità da risolvere con scelte architettoniche adottando un punto di vista più “laico”. Questa maniera di relazionarsi con le comunità nella fase preliminare del progetto, ha conseguenze enormi anche sul senso di appartenenza delle stesse allo spazio che si sta progettando, facendole sentire come i reali responsabili del processo architettonico e non come destinatari ultimi, avulsi dallo sviluppo progettuale. Molto interessante diventa il metodo con cui riuscire ad entrare in contatto con queste comunità, programmando ed organizzando workshop ad hoc per creare un’atmosfera di partecipazione e di scambio, durante la quale si cerca di arrivare a condividere un linguaggio comune tra gli utenti e l’architetto e a costruire così fiducia e apertura reciproca. I codici di comunicazione vengono rivisitati e i disegni tecnici, poco comprensibili da chi non mastica questa materia, vengono affiancati anche da rappresentazioni informali che utilizzano immagini, modelli, video per narrare la realtà con un linguaggio più diretto che non presuppone una preparazione tecnica di fondo.
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NOTE SULLA METODOLOGIA ADOTTATA L’ANALISI FENOMENOLOGICA Una condizione indispensabile per la comprensione del contesto di ricerca è stata la conoscenza diretta dei luoghi, presi in esame attraverso diversi sopralluoghi, durante i quali sono stati usati vari strumenti di investigazione, che fanno capo tutti all’analisi fenomenologica. Nella analisi fenomenologica si considera il fenomeno in analisi come la base fondamentale per comprendere ciò che si sta sperimentando. In altre parole, per rendere realmente rigorosa una ricerca, occorre iniziare uno studio rigoroso su quegli aspetti della realtà che sono realmente certi ed evidenti, ovvero che giungono all’uomo nella loro immediatezza.
La mia ricerca si è concentrata molto sull’osservazione del reale così come mi appariva e, prima di giungere a delle conclusioni o di approfondire lo studio con delle ricerche, ho descrittivo e riportato le esperienze nel modo in cui le ho vissute per restituire al meglio quanto stavo conoscendo. Tutti i dati, le informazioni e i risultati si sono indirizzati poi verso un unico punto, per dare un senso di unità e continuità al tutto, mettendo in relazione le varie esperienze vissute e collegando i vari esiti ottenuti l’uno con l’altro al fine di dare le risposte a quelle domande che mi ero posta in partenza. In questo tipo di indagine sono stati fondamentali gli incontri che ho fatto con le più disparate persone che hanno contribuito a creare un elenco di interviste indispensabili per venire a conoscenza dei vari aspetti che man mano analizzavo. E parlando di incontri cito Gabriele Pasqui che in “Città, Popolazioni, Politiche” scrive: “... questi incontri costituiscono un indice, un segnale vistoso dell’articolazione tra territorio, spazio e società nella città contemporanea, del modo in cui questa articolazione appare in costante mutamento, contribuendo a ridisegnare le forme e gli orizzonti di quei fatti sociali formati nello spazio (considerati) terreno cruciale per la ricerca sociale.”
In molti casi la conoscenza è scaturita anche “dall’incontro con i luoghi”. Quella conoscenza che deriva dal semplice atto di camminare osservando, quella conoscenza di cui parlava Francesco Careri, architetto romano e Dottore di Ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana presso l’Università degli Studi Roma Tre, quando esorta ad uscire di casa e a “perdere tempo per guadagnare spazio” lasciandosi guidare dal desiderio e dalla curiosità. L’indagine ha preso corpo a partire dai report, dagli incontri, dai dialoghi e dalle interviste avvenute durante i 6 mesi di permanenza a Lisbona, ai quali sono sempre succeduti riflessioni finalizzate ad elaborare un’astrazione dei dati analizzati dando a questi un significato più teorico. Inoltre, in alcuni casi, all’analisi dei contesti di studio sono corrisposte delle mappe urbane e delle mappe esperienziali a graficizzare l’esperienza vissuta e le conoscenze apprese.
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SVILUPPI DELLA RICERCA LAVORARE CON L’INFORMALE La mia ricerca si è concentrata su due casi studio che si sono sviluppati in maniera indipendente l’uno rispetto all’altro, seguendo le tempistiche del lavoro e le circostanze che si sono venute a creare durante i mesi. Un ruolo importante ha avuto anche lo studio del caso site-specific del “Largo do Intendente”, che ha preso piede in maniera non prevista, ma come conseguenza dell’esperienza diretta dei luoghi che ho vissuto. Lo considero, infatti, come modello di riferimento di un’azione di rigenerazione urbana generata dalle buone pratiche e dalla progettazione ben riuscita a scala locale, e grazie al contributo di Marta Silva, attuale direttrice artistica del LARGO. Durante i 6 mesi di permanenza a Lisbona presso lo studio Ateliermob, ho avuto modo di seguire gli sviluppi dei due casi studio oggetto della ricerca: Prodac Sud e Nord in Marvila (Comune di Lisbona), e Terras da Costa (Comune di Almada) in Costa de Caparica. PRODAC SUD E NORD Nello specifico, il lavoro che ho svolto nel quartiere PRODAC è stato un lavoro di investigazione che ha analizzato il tessuto urbano e sociale del quartiere per conoscerne gli sviluppi con uno sguardo al passato e uno teso al futuro. Collocandomi in parallelo al lavoro di legalizzazione che lo studio di architettura Ateliermob ha portando avanti e concluso, ho approfondito le tematiche della periferia come luogo che si genera ai margini della città, legata ai concetti di emarginazione e disagio sociale, studiandola sia da un punto di vista architettonico che sociale. contesto: periferia di Lisbona sviluppo: già in un contesto urbanizzato edilizia: autocostruita TERRAS DA COSTA Lo studio su Terras da Costa ha approfondito invece altre tematiche specifiche dello slum. Ho conosciuto un agglomerato informale tipico del sud del mondo, caratterizzato da povertà, abbandono e assenza di una struttura urbanamente riconoscibile. Qui le canoniche chiavi di lettura dei contesti urbani sono risultate inadeguate, e l’analisi dell’aspetto sociale, con tutte le sue dinamiche, si è dimostrato un punto fondamentale per la ricerca, perchè elemento che forma l’identità delle persone all’interno della comunità dove le tradizioni culturali rappresentano l’unico bagaglio intrinseco e radicato degli abitanti. Da qui quindi la conoscenza della musica, della danza, delle espressioni artistiche in genere e delle tradizioni culinarie, sono state un elemento fondamentale per riuscire a conoscere e ad analizzare profondamente questa comunità e le sue pratiche sociali di vita e di vissuto dello spazio pubblico e privato, per giungere poi ad avere una lettura più autentica della realtà e un approccio progettuale più aderente ai reali bisogni dei suoi fruitori. contesto: campi agricoli Costa de Caparica sviluppo: fuori da un contesto urbanizzato edilizia: informale, autocostruita
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In entrambi i casi mi sono trovata a lavorare con un contesto che si è sviluppato in maniera radicalmente informale, come nel caso di Terras da Costa, o al limite tra il sistema formale e quello informale, come nel caso del quartiere PRODAC. Ma cos’è l’informale? Da una definizione di Tiago Saraiva di Ateliermob “l’informale è tutto quello che non è formale, ossia tutto quello che non rientra nella sfera giuridica dello Stato, sia di iniziativa privata che pubblica”. (Da News form Portugal “homeland”_Note Archivio 2014 p.67) E chiariamo anche che gli insediamenti informali nascono come risposta alla necessità di alloggiamento in seguito alle immigrazioni che vedono, da un lato, arrivare in un paese migliaia di persone in cerca di lavoro e di migliori condizioni di vita e dall’altro un sistema che non riesce a rispondere pienamente alla domanda di abitazioni. Da questa situazione di fatto e per una necessità contingente, nascono quindi i quartieri di genere informale, autocostruiti da chi ci abiterà per un tempo non definito. Sul piano descrittivo è tutto molto logico, ma i problemi sorgono nel momento in cui questa realtà informale deve trovare il consenso nella realtà formale che è nata e cresciuta secondo delle regole prestabilite. Facendo diverse ricerche e conoscendo vari casi, sono arrivata alla conclusione che, in sintesi, due possono essere le risposte che giungono dagli organi di gestione del territorio: la demolizione o l’integrazione. La prima adotta un atteggiamento più drastico e diretto, eliminando tutto ciò che si trova fuori dal controllo territoriale, considerando quindi questi tipi di agglomerati solo da un punto di vista di occupazione spaziale e non tenendo presente affatto la componente sociale che invece è estremamente radicata in questi insediamenti autocostruiti. Il secondo atteggiamento, d’altro lato, cerca di trovare una soluzione al problema con un nuovo sguardo su questa realtà, che conduce a concepire il quartiere come insieme di case con i suoi vincoli spaziali, ma soprattutto come un insieme di persone, abitanti e costruttori, che l’hanno fatta nascere. L’immediata conseguenza di questo nuovo atteggiamento svela che la formazione dei quartieri abitativi informali possono contenere delle informazioni che nella città convenzionale non esistono, per il semplice fatto che la sua origine si è basata su una iniziativa individuale. In un quartiere autocostruito, infatti, non si ritrovano quegli indici attraverso cui garantire gli standard urbanistici nella pianificazione di una città e del suo sviluppo, ma è tutto dettato da un bisogno contingente che si manifesta nello spazio autocostruito. Risulta chiaro che avendo dovuto lavorare in un contesto che non ha seguito le solite regole del sistema formale, anche le modalità di lavoro si sono dovute adattare alle nuove condizioni di fondo. E, come già avevo annunciato nella premessa parlando della metodologia operativa,ho vestito i panni del mediatore che si è posto al centro tra le realtà territoriali e i soggetti responsabili delle strategie progettuali, intervenendo nel quartiere e lavorando col quartiere.
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IN SINTESI DESCRIZIONE DELLE ATTIVITA’ SVOLTE, DELLE PERSONE INCONTRATE E DEI LUOGHI VISITATI I primi due mesi di ricerca (Settembre-Ottobre) mi hanno vista collaborare attivamente al processo di rilievo delle case del quartiere PRODAC Sud e Nord di Marvila, periferia orientale di Lisbona, affiancandomi allo studio di architettura Ateliermob con sede a Lisbona. Questa è stata la prima fase del processo di legalizzazione del quartiere PRODAC autocostruito negli anni ‘70 a seguito del fallimento dell’impresa che stava seguendo i lavori di costruzioni del nuovo agglomerato urbano, atto ad ospitare la comunità del “Bairro Chinês” rialloggiata dalle baraccopoli costruite in emergenza durante l’ondata migratoria degli anni ‘50. Il gap tra l’autocostruzione e il riconscimento della legalità di queste case non è mai avvenuto sino al 2012, anno in cui lo studio Ateliermob, in accordo con il Comune di Lisbona e grazie ai fondi stanziati dal programma BIP/ZIP, ha colmato effettuando il rilievo delle case e la restituzione su carta di ciascuna di esse con le dovute modifiche al modello base là dove le famiglie le avevano apportate. Durante questi mesi, l’occasione di rilevare le case del quartiere mi ha permesso di conoscere una realtà sociale molto complessa che, a mio avviso, si manifestava proprio nella “personalizzazione” degli interni delle case costruite a partire dall’ unico modello abitativo. Notavo, man mano che rilevavo le differenti abitazioni, che la condizione sociale in cui riversavano le famiglie che abitavano quella casa si rendeva manifesta nella qualità e nelle condizioni in cui mantevano l’abitato. Da qui è nata l’idea di iniziare un lavoro fotografico su un campione di famiglie scelte proprio per le loro peculiarità, affiancato a interviste dirette alle stesse dove si raccontavano e raccontavano il loro rapporto con il quartiere. Qui mi sono scontrata con una realtà dei fatti che avevo sottovalutato, e cioè la “confidenza” come base per l’apertura di chi ti sta di fronte. Due su tre famiglie, infatti, mi hanno lasciato fotografare la casa con i suoi interni, la terza si è mostrata riluttante non permettendomi di farlo. Intervistando alcune famiglie e parlando informalmente con gli abitanti del quaritere durante le fasi di rilievo, mi sono resa conto di come un sistema di attività commerciali possa rivitalizzare un luogo: il solo “quartiere dormitorio” resterà tale se non si pianifica un’attività commerciale alle spalle. E’ stata anche questa un’illuminazione perchè credevo che la dimensione umana del quartiere, la vicinanza a un parco e le realtà di vicinato instaurate potessero bastare a far vivere il quartiere di vita proprio. Ma non è così. Parallelamente ho seguito anche gli sviluppi dell’altro caso studio, lo slum di Terras da Costa, che ha subito un drastico rallentamento per la mancanza di fondi da parte della Fondazione Gulbenkian che avrebbero permesso la continuazione dei lavori. In questi mesi mi è stato sconsigliato di avvicinarmi alla comunità in maniera indipendente perchè sarei stata vista come una entità esterna non collocabile all’interno del quadro tecnico riconosciuto dalla comunità stessa. Questo non avrebbe garantito un’apertura della comunità al mio studio, proprio perchè non se ne comprendevano i motivi e non si inquadravano le finalità, non essendo legate direttamente con lo slum.
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I mesi successivi (Novembre-Dicembre), oltre l’attività di restituzione dei rilievi effettuati e la compilazione di tutta la documentazione necessaria a portare avanti il processo di legalizzazione, il mio interesse si è spostato sull’intero quartiere Chelas, uscendo dai confini del PRODAC. Una realtà completamente differente, dove le case basse a due piani, lasciano il posto ad enormi edifici di edilizia popolare alti 10 - 15 piani. A dispetto delle voci, non ho trovato questa realtà pericolosa nè così tanto degradata, anzi, sono rimasta colpita dalla quantità di spazio pubblico presente tra gli edifici e dall’attenzione all’eliminazione delle barriere architettoniche: l’intero quartiere infatti può essere percorso agilmente da un uomo in sedia a rotelle perchè sono state previste rampe ad hoc per sorpassare le differenze di quota. La curiosità è stata tale che mi ha spinto a studiarlo dal punto di vista urbanistico per capirne gli sviluppi, recandomi al Comune, nel Gabinetto Tecnico, per richiedere tutte le planimetrie dei piani generali che si sono succedute dal 1948 al 1962, che non hanno fatto altro che avvalorare le intuizioni che avevo avuto solo camminando nel quartiere: di base, ogni piano prevedeva che la maglia infrastrutturale facesse da guida alla zonizzazione: le infrastrutture e i collegamenti viari, infatti, si sovrappongono al tessuto urbano in maniera prepotente e senza mezze misure, frazionando e sezionando il paesaggio al suo passaggio. Percorrendo le antiche strade di Marvila Velha (Mavila Vecchia), un’altra realtà che rende ancora più complessa e variegata questa zona caleidoscopica di Lisbona, sono venuta a conoscenza della Galleria d’arte contemporanea UnderDogs, galleria che qualche mese dopo intervisterò per conoscere meglio. E’ stato molto interessante vedere con i miei occhi l’evoluzione di tutta quest’area: da zona industriale costellata da baraccopoli, a banco di sperimentazione per la crescia e lo sviluppo urbanistico di Lisbona, sviluppo che si rende evidente nelle infrastrutture e negli insediamenti edilizi come detto poc’anzi. Questi sono stati anche i mesi in cui sono riuscita ad entrare in contatto con la comunità di Terras da Costa a partire da alcune feste comunitarie organizzate all’interno della baraccopoli e in città a Lisbona. Sono stati questi momenti informali che mi hanno permesso di conoscere una parte della comunità e iniziare a costruire una immagine di me nelle loro teste, funzionale al mio avvicinamento. In questo lasso di tempo, ho potuto intervistare l’antropologa Ana Caterino che sta seguendo da vicino la comunità, per conoscere un punto di vista differente rispetto ai temi prettamente di natura architettonica. A smorzare il mio entusiasmo la notizia, resa nota dopo qualche giorno, che il Comune di Almada aveva preso la decisione di abbattere lo slum ed effettuare il rialloggiamento delle famiglie in differenti punti del paese (processo ancora in atto). In questa occasione mi sono resa conto di come gli strumenti di lavoro e le modalità operative dovevano cambiare radicalmente rispetto al caso PRODAC. L’informalità dell’agglomerato abitativo non ci permetteva di intermediare col Comune a partire dalle normative riconosciute, proprio perchè “fuori dalle regole”. E’ stata di fondamentale importanza l’aver costituito l’Associazione dei Residenti come entità giuridica responsabile dello slum e unica entità che poteva instaurare un colloquio col Comune.
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E, è a partire da questo, che si sono succedute le differenti riunioni interne per dare corpo a un documento firmato da tutti con cui si chiedeva al Comune di operare il rialloggiamento con altre tempistiche e modalità. Anche in questo caso, noi come studio, abbiamo potuto intervenire solo furtivamente perchè avrebbe avuto un peso diverso se la la richiesta fosse prevenuta da uno studio di architettura e non dalla comunità stessa. Dopo l’investigazione sul campo con la conoscenza del territorio e di parte delle persone che lo abitano, negli ultimi due mesi (Gennaio-Febbraio) mi sono concentrata sulle interviste da muovere alla parte amministrativa e ai progettisti che hanno portato avanti i processi di rigenerazione, sia per i due casi studio che per il caso site specific di Intendente. Sono stai questi i mesi duranti i quali ho intervistato Paula Marques, assessore del Dipartimento Abitazione, approfondendo il tema del BIP/ZIP come strumento urbanistico di intevento locale nelle zone prioritarie. Ho conosciuto meglio Marta Silva, direttrice artistica di LARGO Residencia, la residenza che mi ha vista ospite per tutto il periodo di ricerca. Grazie al suo incontro sono venuta a conoscenza di tutto quello che c’è stato alle spalle del progetto di rigenerazione della zona Intendente, approfondendo nello specifico tutte le dinamiche che hanno portato alla nascita e al compimento di questo intervento, a partire dalle semplice interviste sul campo per capire i reali bisogni locali (interviste mosse a tutti i ceti della popolazione: dalle normali famiglie ai tossicodipendenti e alle prostitute che frequentavano quella zona), fino alla organizzazione e stesura di un programma di eventi artistico-culturali a sostegno della rigenerazione stessa, il tutto per sdradicare il preconcetto che si aveva di questa parte di città ritenuta pericolosa e malfamata. Ho intervistato anche Tiago Mota Saraiva, architetto dello studio Ateliermob, per confrontarmi su tematiche delicate dell’architettura partecipata e dell’urbanismo sociale e per capire se realmente si può fare “l’architettura senza soldi” a partire dalla sua esperienza. Uscendo dal contesto del PRODAC sono venuta a conoscenza della Galleria d’arte contemporanea UnderDogs che, da un pò di anni, sta portando avanti il programma di arte urbana, facendo dipingere i muri di Lisbona da artisti di fama internazionale e attirando così un enorme pubblico di appassionati nella capitale portoghese. A tal proposito, ho intervistato Mariana Mesquita, communication manager della galleria, per sapere i reali motivi che ci sono dietro la decisione di aprire una galleria nella periferia lisboneta e di avere uno store nel centro di Lisbona e se è vero che si possono migliorare angoli di città a partire dall’arte urbana. Sono invece risultati vani i miei tentativi di intervistare l’amministrazione comunale di Almada per interrogarli sul processi di rialloggiamento dello slum di Terras da Costa, così come la mia volontà di intervistare alcuni abitanti dello slum per conoscere il loro punto di vista a riguardo. Era, ed è ancora, un periodo molto delicato per la comunità dove un minimo passo può essere frainteso nel bene e nel male.
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IN DETTAGLIO I DUE CASI STUDIO E IL CASO SITE SPECIFIC Di seguito verrà presentato il materiale prodotto durante i 6 mesi di ricerca, rivisitandolo e restituendolo non in forma integrale ma snellendolo di quelle parti che mi sono servite per arrivare a delle conclusioni. In particolare, i report scritti durante il periodo di ricerca confluiranno solo nelle riflessioni post esperienza, delle interviste verranno riportate solo le frasi salienti e dei vari sopralluoghi conoscitivi, si manterrà solo il succo per creare un’immagine dei posti conosciuto nel lettore senza troppe divagazioni. Le ricerca e gli approfondimenti subiranno una sintesi per giungere in maniera più rapida alle conclusioni. - del PRODAC si presenterà il PROCESSO e la METODOLOGIA acquisita - di TERRAS DA COSTA verranno riportare le varie RIFLESSIONI seguite ai diversi incontri fatti con la comunità e con chi ci sta lavorando da anni - il caso di LARGO DO INTENDENTE verrà presentato come riferimento di un progetto di riqualificazione di una parte di città ben riuscito raccontandone la DINAMICA che si è sviluppata alle spalle.
Sketch dei siti di analisi e progettazione Largo Residencias, Prodac Nord e sud, Terras da Costa
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PRODAC SUD E NORD Comune di Lisbona
LOCALIZZAIZONE DEL QUARTIERE Marvila, un Comune di Lisbona, situata nella zona Orientale della Capitale, di 7,12 km² e circa 37 800 abitanti (dati del 2011) e una densità abitativa di circa 5 300 ab/ km².
Parque de Bela Vista
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Metro Linea Rossa Bela Vista Stazione ferroviaria Braço De Prata
Marvila
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Museo Calouste Gulbenkin
Museu Nacional do Azulejo
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I CH AC M di in 0m
20 m
Stazione ferroviaria Santa Apolonia
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Mappa esperenziale per il raggiungimento del quartiere PRODAC a Mervila
Vista satellitare del quartiere PRODAC
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Vista satellitare del quartiere PRODAC
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PRESENTAZIONE DEL PROCESSO DI LEGALIZZAZIONE SOSTENUTO DAI FONDI COMUNALI PROVENIENTI DAL PROGRAMMA ANNUALE BIP/ZIP* Con il progetto “Working with 99%”, ha avuto inizio il procedimento di legalizzazione delle case autocostruite a partire dagli anni 70, dopo il fallimento dell’impresa di costruzioni che stava portando avanti i lavori di costruzione del nuovo quartiere residenziale che avrebbe ospitato le famigle rialloggiare dalla baraccopoli del “Bairro Chinês”. Quando sono giunta a Lisbona e ho iniziato a collaborare con lo studio Ateliermob, mancavano ancora dei blocchi abitativi da rilevare, verificare e legalizzare prima di arrivare alla conclusione di tutto il processo che avrebbe, una volta e per tutte, dato il diritto di proprietà delle case ai proprio inquilini rendendole riconosciute a livello legislativo e normativo anche dal Comune. Inquadramento storico del quartiere Il quartier PRODAC sorse per iniziativa dell’ Associação de Produtividade na AutoConstrução (PROD.A.C.) (tr. Associazione per la Produzione nell’Autocostruzione) che, alla fine degli anni 60, cercò una soluzione al riallogiamento degli abitanti del Bairro Chinês, all’epoca uno dei maggiori quartieri di genesi illegale di Lisbona, insieme alla Quinta do Marquês de Abrantes e alla Quinta das Claras. Nel 1971, il Comune di Lisbona cede un terreno nella Vale Fundão all’associazione PRODAC, in cambio di un pagamento per l’occupazione annuale dello stesso, nell’ambito del programma cooperativo di autocostruzione del quartiere. Quello che non fu mai portato a termine fu la legalizzazione delle case autocostruite o, per meglio dire, tutta quella documentazione necessaria a registrare le case per garantirne il diritto di proprietà. I residenti lottarono per molto tempo affinchè gli venisse riconosciuto questo diritto e, dopo un lungo processo, il 7 Novembre del 2012 riuscirono a trovare una soluzione per l’assegnazione dei permessi – “Loteamento Municipal n.º 2012/01”. “Há 40 anos atrás, pagamos 300$00 para termos uma casa com condições dignas neste bairro. Deram-nos as casas, apenas com a sua estrutura e as telhas e, todos tivemos que terminar as suas obras à nossa maneira. Quem entendia de construção fez tudo o que podia e quem não tinha esses conhecimentos pedia ajuda.” tr. “40 anni fa, abbiamo pagato 300 $ 00 perchè avessimo una casa con condizioni decenti in questo quartiere. Ci hanno dato le case, con solo la sua struttura e il tetto, e tutti dovevano finire il loro lavoro a modo proprio. Chi ci capiva di costruzione, ha fatto tutto quello che potevo e, chi non non sapeva come fare, ha chiesto aiuto.” Dopo il fallimento della PRODAC, la società di costruzioni coinvolta nel processo, è stato più difficile ottenere gli assegni di alloggio, ma ora, 40 anni dopo, la città di Lisbona, ha riaperto la questione in sospeso per chiuderla definitivamente, come dichiarato da Manuel, un residente del quartiere, “Solo ora, con questo consiglio comunale esecutivo, c’è qualche speranza di avere le nostre case per noi, come sarebbe dovuto accadere da tempo.”
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Il Bairro Chinês, il quartiere cinese, il più grande quartiere di baracche nella zona orientale di Lisbona, sorgeva un pò più a sud rispetto all’attuale collocazione del quartiere PRODAC, vicino la stazione di Marvila. Essendo famiglie che non disponevano di una buona condizione economica, iniziarono un processo di occupazione del territorio costruendo diversi baracche di legno e lamiera, azione che divenne il miglior esempio di occupazione anacronistica del tessuto rurale della città. Tuttavia, nonostante era una delle più grandi aree di baracche di Lisbona, il quartiere Cinese era differente da molti quartieri con le stesse caratteristiche, dal momento che la sua era una popolazione di lavoratori con origini contadine, socialmente collegato e integrato nel mercato del lavoro.
Quartiere Cinese anni ‘50 Archivio Fotografico di Lisbona
Articoli di giornale dall’Archivio Storico del Municipio di Lisbona
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
LA METODOLOGIA Di seguito verrà raccontanto tutto il processo di produzione della documentazione necessaria per la regolarizzazione delle case autocostruite nel queartiere PRODAC. 1. RILIEVO SUL CAMPO I primi mesi entro da subito nel vivo della materia finora solo raccontata e inizio a collaborare al processo di legalizzazione che ha visto già 7 fasi precedenti e un grande coinvolgimento della comunità locale. Nel 2012 Atelirmob si è candidato al programma di finanziamento BIP/ZIP con il progetto di legalizzazione delle case costruite negli anni 60 dagli attuali residenti del Bairro Vale Fundão a cui, ad oggi, ancora non è stata riconosciuta la proprietà. Scopo del lavoro è rilevare lo stato attuale delle case autocostruite a partire da un modello tipo di strutture in cemento armato con travi e pilastri. Essendo state soggette ad un’autocostruzione, le case presentano delle differenze rispetto al modello base, e richiedono quindi una registrazione prima e una revisione poi per confermarne la loro adeguatezza in termini di sicurezza e agibilità. Il procedimento consta di tre fasi di lavoro: 1. Rilievo sul posto delle case soggette al processo di legalizzazione 2. Restituzione planimetrica del rilievo (piante, prospetti e sezioni) con raccolta della documentazione tecnica finalizzata alla richiesta dell’autorizzazione (relazione descrittiva, documentazione personale dei proprietari della casa) 3. Consegna del materiale alla Camera Municipale di Lisbona In media tutto il procedimento richiederà circa tre mesi per 21 blocchi, corrispondenti a 84 case di differenti tipologie distributive. La metodologia operativa ci ha visti organizzati in un gruppo di 3 persone responsabili ognuno di un blocco da rilevare, per un totale di 3 blocchi al giorno e 12 case. Una persona rileva le dimensioni degli spazi comuni e degli spazi privati, un’altra riporta le misure rilevate sulle planimetrie base a disposizione e la terza persona opera un accurato rilievo fotografico che sarà poi di aiuto nella fase di restituzione del disegno.
Planimetrie di riferimento in cantiere e strumenti di lavoro
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A. Rilievo fotografico Fondamentale per la restituzione a cad una volta in studio, è stato il rilievo fotografico. Sono stati fotografati tutti i dettagli e possibili punti difficili da ridisegnare. B. Rilievo metrico A partire da una pianta base, vengono rilevate le effettive misure della case con eventuali cambiamenti apportati durante la fase di autocostruzione. Le principali modifiche erano costituite dagli “annessi”, spazi adiacenti alla casa, stretti e lunghi, che occupano quasi sempre tutta la lunghezza della casa e che di solito rappresentano il soggiorno o uno spazio di lavoro aggiuntivo.
Primo sopralluogo nel quartiere PRODAC Sud
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Il rilievo metrico inizia dallo “Spazio Comune” costituito dall’ingresso e dalla scala di distribuzione che collega il piano terra e il primo piano.
Vengono misurati nell’ordine: - i muri perimetrali esterni - eventuali gradini per il raggiungimeto del piano in quota - le porte d’ingresso - i piccoli magazzini ricavati al di sotto delle scale - la scala di collegamento tra il piano terra e il primo piano - le dispense al primo piano la dove presenti - eventuali spazi esterni permeabili e non - garage la dove sono stati costruiti
i muri perimetrali esterni
gradini per il raggiungimeto del piano in quota
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le porte d’ingresso e i gradini (2 per ogni piano)
i piccoli magazzini ricavati al di sotto delle scale
la scala di collegamento tra il piano terra e il primo piano
le dispense al primo piano e i garage la dove presenti Progetto di ricerca “MARGINI� Esperienze di periferia di Mariella Gentile
Si prosegue poi a misurare ciascuna casa del blocco, due per ogni piano. E’ singolare che la denominazione delle case (“R/C direita, R/C esquerda, 1A direita, 1A esquerda” tr. piano terra destra, piano terra sinistra; primo piano destra, primo piano sinistra) corrisponde al numero civico per il recapito della posta. Si inizia dal corridoio, misurando le pareti, le porte e l’interpiano. Il piano terra ha un soffitto piano, mentre il primo piano segue l’inclinazione del tetto. Due sono le possibili strutture del tetto spiovente: - con struttura semplice - con struttura doppia Le case del primo piano possono avere o meno delle piccole sale magazzino che si collocano in continuità con lo spazio comune. A seconda della tipologia, T1 - T2 -T3 -T4, si conteranno rispettivamente da una a quattro camere da letto.
le coperture (nell’ordine: semplice, doppia)
gli “anessi” Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
Tipologie tipo e una combinazione T3+T4
Prospetto tipo di un blocco del PRODAC sud
Spazio comune di distribuzione e locali annessi
Modifica tipo al modello base con annesso in aggiunta
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2. RESTITUZIONE DIGITALE
Una volta in studio, il lavoro è stato quello di ridisegnare tutte le case a partire dal rilievo metrico effettuato i mesi precedenti. 3. DOCUMENTAZIONE Per innescare il processo di legalizzazione, tutti i residenti hanno preventivamente compilato una richiesta per la legalizzazione delle case indirizzata al Comune di Lisbona. Hanno poi firmato una dichiarazione con la quale accettavano il lavoro di rilievo e restituzione digitale dello studio Ateliermob e dell’equipe di lavoro a essa legata, mettendosi a disposizione con la loro presenza in casa il giorno del rilievo. Inoltre hanno dovuto consegnare all’Associazione dei Residenti, la documentazione necessaria per il processo di regolarizzazione della proprietà e legalizzazione dell’immobile, costituito da: - una fotocopia della Carta d’Identità - numero del Conto Corrente - una fotocopia della fattura dell’EPAL (acqua) - una fotocopia della fattura dell’EDP (elettricità) dichiarazione dei residenti
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Per ciascuna casa, oltre alle planimetrie, la nostra equipe di lavoro ha prodotto: - la relazione descrittiva dell’immobile con informazioni riguardanti: - la localizzazione - il rapporto di vicinato - le caratteristiche esterne del blocco - la descrizione degli interni - eventuali difformità compilato: - il modello “INE” con elencate dati numerici riguardanti le aree e le superfici del lotto, dell’edificio, di eventuali superfici permeabili, l’altezza e il volume dell’edificio, la tipologia, il numero di vani con relativa misurazione delle superfici, presenza o meno di posti di parcheggio. - il “quadro d’aria”, un file exel in cui vengono riportarte le aree specifiche per ogni locale, indentificandole con la destinazione funzionale. A ciscuna funzione corrisponde un codice numerico identificativo riportato poi in pianta per facilitarne la lettura.
modello “INE”
“quadro d’aria”
Nelle planimetrie sono state disegnate: - le piante per ciascu piano, con indicazione dei vani e della loro superficie e delle aree permabili e impermeabili - le sezioni, con indicazione delle quote altimetriche - i prospetti, con indicazione dei materiali che costituiscono la facciata e la copertura *si veda nella pagina seguente, il caso tipo
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una tavola tipo del rilievo e ridisegno della casa
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APPROFONDIMENTO 1 PER UNA COSCENZA LOCALE: CONOSCENZA DELL’ARCHITETTURA E DELLE PERSONE L’aver trascorso molti giorni nel quartiere per rilevare le varie case mi ha sicuramente dato la possibilità di conoscere e capire le dinamiche e le caratteristiche del quartiere stesso, a partire dalle “pratiche quotidiane” dei suoi abitanti. In questa prima fase, volutamente, mi limitai solo all’osservazione per riuscire a cogliere determinate informazioni. Seguì poi un momento investigativo diretto funzionale alla conferma o alla smentita di certe conclusioni, attraverso interviste mosse ad alcuni residenti del quartiere. Molto interessante è stato notare come, pur trovandoci di fronte a case costruite a partire da un modello base uguale per tutti (nelle variazione T1-2-3-4), ogni famiglia abbiamo modificato lo spazio con piccoli interventi edilizi per rispondere alle necessità di crescita familiare.
Trovandomi a rilevare intere case durante questa esperienza, ho avuto l’occasione di entrare in contatto con le famiglie che abitano questo posti. Quello che mi ha affascinato è stato soprattutto percepire le loro vite a partire dagli oggetti e dall’organizzazione degli spazi che esse stesse facevano in maniera del tutto naturale. Spazi cristallizzati negli anni ‘70, spazi disagiati, spazi che richiedono riscatto e quelli che collassano sotto un’idea esistenza disillusa, spazi che parlano di gente e del loro modo di vivere.
soggiorni Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
cucine
spazi di lavoro Progetto di ricerca “MARGINI� Esperienze di periferia di Mariella Gentile
camere da letto
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*Investig-azione nel PRODAC Sud
Contemporaneamente al lavoro di rilievo e restituzione dei progetti delle case del PRODAC per il processo di legalizzazione, mi posi l’obiettivo indipendente di entrare in contatto con i protagonisti di questo processo in maniera diretta, attraverso ulteriori ricerche, interviste sul campo e un lavoro fotografico. Ma chi erano i protagonisti di questo processo? - i progettisti --> punto di vista tecnico reattivo - gli studiosi e i ricercatori --> condivisione di una metodologia di ricerca sul campo - l’amministrazione --> punto di vista tecnico-gestionale - gli abitanti --> punto di vista dei fruitori In particolare, le intervista risultarono funzionali a stimolare un’osservazione del sè e del proprio agire nelle diverse sfere d’interesse, e ebbero l’obiettivo di accedere in modo diretto alla prospettiva del soggetto studiato, senza una reale mediazione data da ulteriori materiali di reportage. Iniziarono a sorgere delle domande che si interrogavano, da un lato, su questioni puramente tecniche, che riguardavano la sfera dell’operare di noi architetti e di chi detiene il potere decisionale ai piani alti, e dall’alto questioni più “umane” che si interrogavano cioè sulla percezione dei luoghi ponendosi dalla parte di chi li viveva in prima persona. Come viene visto questo luogo dagli occhi di chi lo abita? Qual è la considerazione del proprio spazio di vita? Qual è la rappresentazione mentale che queste persone hanno del contesto urbano in cui vivono? Questo si presentava ai miei occhi come un caso particolare, perchè qui le persone erano state anche la mano che ha generato questi luoghi. Il processo di autocostruzione ha delle conseguenze sul sentire questi luoghi ancora più prossimi a chi li abita?
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*Interviste nel PRODAC Sud Dopo la conoscenza del contesto da un punto di vista architettonico, l’analisi sul campo proseguì con la conoscenza delle persone che abitano il quartiere PRODAC. Questo fu il momento in cui mi misi all’ascolto delle persone per cogliere il loro punto di vista e comprender meglio come vedono il contesto in cui abitano. Fu per me un’occasione che mi permise di conoscere ancora meglio il tessuto sociale e lo spazio architettonico che scelsi di studiare.Spinta dalla curiosità mi affacciai a un mondo per me sconosciuto. “ La curiosità è caratteristica necessaria per mettere in pratica tutto ciò che è utile per gestire situazioni in cui la diversità rende la relazione una sfida complessa” (cit. Marinella Sclavi) Le interviste effettuate furono di tipo qualititavo,con domande il cui obiettivo era quello di rendere esplicita la percezione che l’intervistato aveva della realtà di appartenenza. Il tipo di intervista si articolava con un questioanrio di 24 domande suddivise in tre blocchi: informazioni base, relazione con la casa, relazione col contesto. Nonostante una traccia fissa, le interviste si svilupparono in maniera libera e flessibile seguendo il discorso con l’intervistato e sviluppando anche nuovi argomenti là dove se ne presentava l’occasione. La scelta delle famiglie non fu casuale, ma una conseguenza del primo contatto avuto durante la fase di rilievo: furono gli spazi della casa e gli oggetti che li animavano che suscitarono in me quella curiosità che mi ha spinto poi a cercare un contatto diretto con le famiglie. Le tre famiglie furono scelte perchè una diversa dall’altra per età, condizione economica e lavorativa e conseguente stile di vita. Il primo intervistato fu un pastore evangelico con seconda moglie brasiliana e 5 figli. Lui fu l’unico dei tre soggetti intervistati che è nato e vissuto a Lisbona e provincia. Attualmente è disoccupato. La seconda famiglia era una coppia di anziani, provenienti dal nord del Portogallo e attualmente in pensione. L’ultimo intervistato fu il soggetto che ha mostrato di più il senso dell’ ascesa sociale. Di famiglia povera, infatti, oggi si ritiene appartenere a un ceto medio. Lavoratore, marito e padre di due figli, di cui uno attualmente studente universitario e l’altro già laureato. Come si può capire, l’aspettativa era quella di avere un quadro della situazione quanto più vario possibile, adottando differenti punti di vista in base all’intervistato.
OBIETTIVO 1. conoscere il tessuto sociale (ghetto/non ghetto) e la sua evoluzione (da insediamento di lavoratori a area residenziale) 2. percezione dei luoghi 3. uso dei luoghi 4. c’è esclusione o inclusione (relazioni col contesto)
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Info Base Nome Hector Santos Eta’ 56 Origine Lisbona Lavoro disoccupato Figli 5
Citazioni
All’epoca, quando ci trasferimmo, la casa ancora non aveva il pavimento, non aveva acqua né luce. Si concluse tutto mentre noi vivevamo li. ...da li ci trasferimmo nel quartiere cinese, e incredibilmente sembrava che le case di legno del quartiere erano mille volte migliori di quelle di Alfama ...ma siccome il pagamento del terreno venne considerato un po’ come una “miniera di oro” per il Comune...perchè è vero che è poco il prezzo da pagare, ma il poco tutto i mesi fa molto. C’è un Parco infantile che è una vergogna! Non abbiamo un mercato nel quartiere, non c’è una caffetteria, non abbiamo niente...non ci sono buone condizioni in questo quartiere. Non c’è da legalizzare niente! Il terreno sì è del Comune. Facciano un prezzo giusto, tenendo presente di tutti gli anni che noi stiamo qui, un prezzo simbolico... E’ una vergogna quando si sente dire che le case si devono legalizzare. Questo non è un quartiere clandestino!! Non fu fatto clandestinamente. Fu fatto alla luce del giorno, dentro la legalità, con un ordine del Comune... ...il quartiere in sè non ha condizioni, non ha un caffè, non ha un minimercato, non ha niente...personalmente non ho nessuna speranza.
C’era collettivismo. Ma ora no! Si è perduto. Questo è un quartiere tranquillo, “sussurrato”, non c’è confusione..le persone dicono che non ci sono né zingari né neri.
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Info Base Nome Juachina / Antonio Eta’ 79 / 77 Origine Braga Lavoro Pensionati Figli 2 (vivono altrove)
Citazioni ci trasferimmo per tentare di incontrare una vita migliore...lui...e anche io. Una vita migliore, ma la vita sta andando..così si chiamava “Bairro Chines”, e li arrivavano persone da tutte le parti del Portogallo...c’erano solo baracche di legno. E da li, poi, fummo trasferiti qui Fu un’impresa che venne qui e iniziò a costruire ...un’impresa senza soldi! e per costruire, andarono a chiedere ai lavoratori delle fabbriche di farsi prestare i soldi per i lavori... Oggi solo il terreno è del Comune, la casa non è del Comune... la casa è a nome nostro, e fummo noi a pagarla Questa impresa collocò solo lo “scheletro” delle case...poi furono gli abitanti a completare il resto... fecero quello che riuscivano a fare a secondo delle loro capacità ..non c’è una drogheria, non c’è una taverna, non c’è un bar, una caffetteria..non c’è niente. Questo quartiere non ha niente!! diverse persone fecero domanda per aprire qualche attività...ma non si è riusciti mai a fare niente.
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Interni
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Info Base Nome Duarte Francisco Eta’ 60 Origine Cinfaés Lavoro impiegato azienda Figli 2
Citazioni L’unica cosa che posso dire, è che manca spazio, non abbiamo un ripostiglio...si manca di spazio Cambierei solo la pulizia che c’è nel quartiere. Lì in cima c’è un club (uno spazio di incontro)... io ero un socio, ma poi non continuai più ad esserlo perché cominciò a essere un poco mal frequentato ma si poteva fare qualcosa di più interessante che quello. Per esempio i parcheggi. Si poteva sopperire a questa mancanza, perché le persone già sono un poco afflitte per parcheggiare Per esempio con la signora che abita qui di fronte io lascio la mia chiave di casa quando vengono a fare la lettura di acqua e luce. ma penso che si manterrà così, non cambierà molto in futuro. Il quartiere non ha le condizioni per evolversi in altro modo! Io non mi considero un “disgraziato” (risata), ma ...di una classe media, non alta perché se appartenessi a una classe alta non starei qui, come è logico.
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Interni
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APPROFONDIMENTO 2 Dopo aver intervistato gli abitanti del PRODAC, la mia attenzione si rivolse agli amministratori comunali, considerati come altra figura importantissima nel corollario degli attori responsabili dei processi di riqualificazione urbana.
IL BIP/ZIP COME STRUMENTO DI INTERVENTO LOCALE Il BIP/ZIP è uno strumento di pianificazione urbanistica territoriale che sostiene interventi di riqualificazione locale, con un programma di finanziamento comunale. Il comune, dal 2011, apre ogni anno un bando ricevendo moltissime candidature e proposte per diversi progetti che puntano a migliorare le condizioni di vita della popolazione. L’iniziativa rientra nell’ambito del Programma Locale per lo Spazio Abitativo (PLH) ed è lo strumento con il quale la politica comunale mira alla creazione di partenariati e piccole azioni sul territorio atte a migliorare l’habitat urbano. I progetti sostenuti contribuiscono a rafforzare la coesione sociale e territoriale del vicinato anche attraverso l’arte e la cultura. L’obiettivo è quello di promuovere una cittadinanza attiva e la capacità di auto-organizzarsi ricercando collettivamente soluzioni atte a migliorare le loro condizioni di vita. Questo strumento mi ha così tanto affascinata che ho colto l’occasione di approfondirlo intervistando l’assessore del Dipartimento Abitazione, Paula Marques. *Intervista a Paula Marques_Gennaio 2016 Assessore del Comune di Lisbona - Dipartimento Abitazione e Sviluppo Locale
“..sì, questa è la “Carta” del Bip Zip che è inserita nel PDM (Plano Director Municipal) e rappresenta l’identificazione di tutti gli intervento di Bip Zip distinti in quelli che sono in esecuzione e quelli che ancora non lo sono.”
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Carta del BIP ZIP 2011-2014
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Citazioni Facemmo un’analisi socio-economica, il “diagnostico socio-economico della città”, analisi/diagnostico della mancanza di interventi urbanistici, mancanza di interventi a livello ambientale e una fragilità socio-economica. E nella sovrapposizione di questi tre indicatori, trovammo la “frattura socio-urbanistica della città”. Questa frattura si traduce nella identificazione e nella cartografia di queste zone denominate “Bairros e Zonas de Intevençoes Prioritaria”.
Questo programma basicamente è un finanziamento. Prendendo come esempio il PRODAC, Nord o Sud è indifferente: questo è un quartiere autocostruito, non è un quartiere municipale, che mostra delle problematiche particolari. La comunità locale, attraverso un’associazione dei residenti e in unione con le associazioni locali - perché in genere stimoliamo le associazioni e le partnership locali a lavorare in sinergia - in codecisione con la popolazione, presenta la sua richiesta al Comune.
Uno degli elementi valutativi della giuria, che non è un elemento facile da misurare, è: quanta più importanza ha la decisione popolare nella candidatura, tanto più punteggio prendo quando viene valutata, perché questo è il principio del programma. Il programma ha questo obiettivo: uno. stimolare le persone a pensare e a discutere, anche se genera conflitto, e due. dare la possibilità alle associazioni locale di lavorare sul territorio in collaborazione con la popolazione.
..sopra il programma Biz Zip, c’è il GABIP (“Gabinetto d’appaio ao Bairro de intervensioes prioritaria”). In un determinato territorio, dove c’è un intervento pubblico molto grande, invece di essere gestito top down, segue molto più il modello bottom up. Questo è un modello di co-governamento del territorio dove ognuno ha il suo ruolo e le sue competenze, ma ci sono delle questioni da trattare dove la decisione è comune. Per esempio la questione del riallogiamento del caso del quartiere Padre Cruz. L’analisi di ciascuna famiglia e la proposta di che casa attribuire a ciascuna famiglia che va via da li, invece di essere una decisione unica del Comune, è presa in “co-discussione” con la giunta di freguesia e l’associazione dei residenti.
Ritornando alla demolizione: noi non buttiamo giù una casa perché è in cattive condizioni o perché è illegale, ma perché per es. deve passare li una strada, il Piano Urbano implica una demolizione in quella determinata zona per scelte urbanistiche a monte. E in tutto ciò le persone non hanno colpa, ed è solo responsabilità del municipio fare quel riallogiamento.
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...utilizziamo il “patrimonio disperso” per riabilitare le case e rialloggiare le persone. Utilizziamo questo patrimonio disperso con “l’affitto convenzionato”, che è un programma d’abitazione pubblica, per cui il costo è 30/40% più basso del valore di mercato. Questo perché, noi crediamo che c’è una fascia sociale che ha ancora un reddito, ma non sufficiente per accedere all’edilizia privata, ma siccome hanno un reddito, nell’attribuzione delle abitazioni sociali, hanno un punteggio molto basso perché ci sono persone in condizioni di carenza molto più estreme. Quindi se non avessimo questo programma che risponde a una classe media-bassa, questa si riverserebbe nelle file di quella parte di società molto fragile. I: quindi si intervieni in città solo con il Bip Zip? PM: ci sono zone dette “in attesa” che non hanno nessun progetto di intervento già pianificato e che non hanno nemmeno nessun progetto Bip Zip da sviluppare, in queste zone il Comune può promuove una occupazione temporanea. Per esempio nel “Bairro da Libertate” di Campolide, una zona in attesa è stata destinata a orti con l’appoggio della Giunta di freguesia e del Comune. Il fatto di classificare le zone come Bip Zip determina che l’intervento che si farà sia guidato da un occhio specifico per quella zona.
...normalmente a iniziare il processo sono le Associazioni locali, o la Giunta de Freguesia che richiede il supporto all’equipe tecnica. Il GABIP è l’occasione in cui l’Associazione dei Residenti incontra i Tecnici per parlare dei progetti locali. Per esempio, c’è da fare un intervento progettuale: le opere sono finanziate dalla Comune. Come si informa i residenti, come si parla dei loro dubbi, chiarire di che ora si tratta, tutto questo deve essere discusso in congiunto.
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I TRE MOMENTI DELL’ARCHITETTURA PARTECIPATA
Incontro con la Giunta Comunale del Comune di Lisbona
Esperienza GABIP
Un giorno nell’ Assemblea dei Residenti del quartiere PRODAC
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Questi tre momenti sono stati fondamentali per avere una esperienza dietta della metodologia operativa che il Comune di Lisbona sta attuando, adottando il Bip Zip come strumento urbanistico di appoggio agli interventi di scala locale. Ancora una volta parliamo di architettura e partecipazione e ancora una volta è manifesta la necessità dell’ascolto come base per la conoscenza e la consecutiva azione. Come scrive Sara Marini nell’introduzione al libro “L’architettura della partecipazione” di Giancarlo de Carlo, l’architettura partecipata ci permette di “...nutrire un’idea di progetto non statica ma interpretativa e riflettere su nuove possibili traiettorie di un’architettura fondata sull’ascolto”. La cosa più affascinante è la possibilità di non limitare il progetto ad un disegno ma di sviluppare un processo che prende forma a partire dall’ascalto, dalla captazione delle tensioni della città e dei suoi cittadini, per generare un quadro di azioni che attivano diverse discipline chiamate in atto. L’sperienza diretta viene utilizzata per “ribadire concetti e per cercare definizioni”, è un maniera di guardare il mondo seguendo diversi punti di vista, “scomponendo e ricomponendo la realtà, ascoltando la vita che definisce la città”. Non mi stancherò mai di ribadire che la città è tale perchè ci sono dei cittadini e non l’inverso, e come tale dobbiamo partire da questi per auspicare ad un eventuale cambiamento. A questo proposito uso nuovamente le parole di Sara Marini che scrive: Perchè l’architettura sia partecipata occorre non tanto che la gente sia conivolta nella sua realizzazione, ma che sia partecipe alla sua costruzione, non in senso tettonico, ma in senso culturale L’architettura in questo senso viene vista quasi come “educatrice”, perchè non soddisfa solo i bisogni delle persone ma ne migliora anche i comportamenti, chiamandoli all’azione e dando inizio ad una cittadinanza attiva e critica nei confronti della realtà. E ne sono stati un esempio calzante questi tre momenti di incontro che ho vissuto qui a Lisbona.
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APPROFONDIMENTO 3
DENTRO IL PRODAC DA LISBONA A MARVILA: SCENARI IN MUTAMENTO Per conoscere meglio il quartiere PRODAC e il suo rapporto con la città di Lisbona, decisi di effettuare una investigazione fotografica a partire proprio dal percorso che si doveva fare per raggiungere Marvila prendendo l’autobus 728 da Piazza del Commercio e percorrendo la strada che costeggia il fiume passando per il porto, ai piedi dell’Alfama e vicini la stazione Santa Apollonia. Già da questo viaggio si poteva immaginare il passato di quest’area tra industrie e fabbriche, attualmente dismesse o con altra funzione.
FINE il PRODAC 5 Marvila 4
Il porto 3
Il porto
3
Santa Apollonia Alfama 2
Piazza del Commercio INIZIO 1
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25’
25’ 8’
+
Durante l’investigazione volutamente non sono state create occasione di contatto con la popolazione locale per influenzare il meno possibile le loro attitudini con la nostra presenza. Il tutto fu basato sull’ascolot e la registrazione dell’esistente. 1
4
5
suono 1
suono 2
suono 3
suono 4
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APPROFONDIMENTO 4 FUORI DAL PRODAC I LAYERS DEL PAESAGGIO: UNO SGUARDO AL CONTESTO Di seguito verrà raccontato in sintesi il lavoro di analisi fatto sul contesto che circonda il quartiere PRODAC, molto diverso da questo per tipologie edilizie e spazi abitativi. E’ un passaggio che ritenni fondamentale nella comprensione e contestualizzazione del quartiere, in bilico tra la vecchia realtà di Marvila e i nuovi agglomerati urbani di Chelas.
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Il quartiere PRODAC, a causa della sua topografia e delle tipologie architettoniche dei suoi edifici, si mostra come un’isola, rompendo ogni rapporto con il quartiere circostante. Questo è un quartiere costituito prevalentemente da edifici residenziali, dal momento che sono davvero poche le attività commerciali. Non mancano, però, alcune attrezzature sportive, sociali, la scuola e un centro di salute. Riuscire a descrivere Chelas fu un’operazione complessa, data dalle tante contraddizioni e dai tanti volti che, come in un mosaico, si distinguono e si moltiplicano. Per facilitarne la comprensione, o per lo meno per aiutare ad avere un’idea di cosa sia oggi Chelas, effettuai una microchirurgia sul territrio sfettando man mano questo nelle sue componenti principali la cui somma genera il tutto. LAYER 1 CONNESSIONI E LIMITI SPAZIALI morfologia del territorio, infrastrutture, ostacoli spaziai, collegamenti e cesure Quello che più mi colpì di quest’aerea fu la quantità e il peso dell’infrastruttura che caratterizza questa parte di città: autostrade e sentieri, grandi allacciamenti urbani e minute ricuciture erano le contraddizioni più forti che caratterizzavano questi luoghi al loro passaggio. Presente e futuro si stagliano in maniera netta, appropriandosi della natura o venendo conquistati dalla natura stessa. Quello che scoprirò in seguito fu che questa connotazione gli venne data a partire da scelte urbanistiche ben precise e decise a tavolino. Dal 1942 al 1968, infatti, si susseguirono diversi piani urbanistici di sviluppo tutti aventi come base comune l’infrastruttura a guida dello sviluppo residenziale. Identificazione dell’infrastruttura e gerarchizzazione della stessa INFRASTRUTTURE Limite della frazione di Marvila
Olivais
Strade principali Strade secondarie
Loios
Strade interne Ferrovia
Alvalade Amendoeiras
Avenida Santo Condestàvel Corsie: 3+3
Flamenga
Rua Cintura do Porto Corsie: 2+2
Olivai
Vale Fundão
Avenida Marechal António de Spínola Corsie: 4+4
Braço de Prata
Avenida Infante Dom Henrique Corsie: 2+2 Stazione Braço De Prata
Azinhaga de Vale Fundao Corsie: 1
PRODAC
Armador
Avenida Paulo VI Corsie: 1+1 +p Azinhaga Baptista Corsie: 1+1 +p
Marques de Abrantes Olaias
Metro_ Bela Vista Alfinetes Paço do Bispo
Rua Marvila Corsie: 1 Avenida Infante Dom Henrique Corsie: 2+2
Madredeus
Beato
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PRODAC
PRODAC
PRODAC
Segnalazione delle connessioni su mappa satellitare: la relazione col territorio
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LO SVILUPPO URBANISTICO_ approfondimento i piani urbanistici per Chelas
La progettazione e realizzazione di Chelas ha attraversato un lungo periodo che va dal 1938 fino al 1964 per quanto riguarda il progetto urbano, e si estende fino al 2001 per quanto riguarda il progetto architettonico delle opere previste. In questo ampio arco di tempo, il Portogallo ha vissuto grandi cambiamenti di carattere politico, economico e sociale che hanno segnato con forza questa parte di città. Fra il 1948 e il 1962 si sono susseguiti diversi piani urbanistici che hanno mutato il carattere di questa ampia area di Lisbona. Di seguito riperterò in maniera sintetica la mia ricerca d’archivio fatta a Lisbona per la comprensione dei fatti storici. 1948 _ PIANO DI GRÖER E’ con questo piano che la città di Lisbona inizia ad espandersi verso Oriente, nell’area di Marvilla caratterizzata, all’epoca, da territori agricoli, complessi dell’industria portuale e le dimore ottocentesche dei grandi proprietari terrieri. Il piano prevedeva inanzitutto un nuovo sistema di grandi infrastrutture: due assi, tra loro perpendicolari, collegano da un lato il nuscente quertiere Olivais con Lisbona, e dall’altro la costa con l’entroterra. Dalla conseguente divisione del suolo, deriva la ripartizione del territorio con le diverse funzioni. Il Piano di Gröer subì diverse revisioni durante questi anni che videro una forte espansione dovuta ai flussi migratori provenienti dalle regioni interne o settentrionali del Portogallo. 1959 _ PLANO DIRECTOR DE URBANIZAÇÃO DE LISBOA Questo piano prevede per Chelas una popolazione totale di 65.000 abitanti, 60.000 dei quali da insediare nelle nuove residente, e i restanti 5.000 nelle aree fra il fiume e la ferrovia. C’è la volontà di voler strutturare l’intero territorio con una maglia infrastrutturale che abbraccia il quartiere residenziale polarizzato adesso verso il centro. Anche questa volta l’infrastrutta fa da guida alla zonizzazione che vede lo svilupparsi gli spazi della produzione a sud est, a ridosso di Marvila Antica, e a nor est. Non c’è più un filtro a separare la zona residenziale da quella produttiva, ma nasce un grande parco urbano per tutta la zona orientale. Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
1962 _ PLANO BASE DO GABINETE TECNICO DE HABITAÇÃO Il compito di redigere il piano per Chelas passò al Gabinete Técnico de Habitação. I tecnici presentarono un elenco di azioni da fare che mirano alla “programmazione di una struttura urbana che non è soggetta ad alcuno schema rigidamente stabilito a priori, ma che è semplicemente la risultante dei fattori in precedenza enunciati, i quali sono stati contestualizzati e adattati alle condizioni territoriali esistenti”. Uno dei punti della programmazione era ancora una volta l’integrazione della nuova zona con la città storica attraverso l’utilizzo di grandi arterie stradali che permettano una penetrazione più profonda possibile nel tessuto urbano esistente. 1964 _ PLANO DE URBANIZAÇÃO DE CHELAS “ Dall’inizio dei lavori sono stati riconosciuti i problemi di frammentarità delle aree abitative, fattore che deriva dalle condizioni topografiche. La conseguente divisione , che una struttura cellulare evidenzierebbe, viene evitata grazie alla struttura lineare proposta, dove le diverse zone abitative sono legate fra loro attraverso fasce di vita urbana intensa che le attraversano completamente. La struttura della zona residenziale ripropone quindi il tradizionale concetto di strada come elemento di unione” (GTH-CML agosto 1965). La revisione del piano fu condotta dall’equipe di progettazione guidata dall’architetto Josè Rafael Botelho. A differenza dei piani precedenti, adesso si puntava a considerare lo spazio dell’infrastruttura, lo spazio dell’edificato e lo spazio pubblico “come un unicum estremamente identificabile, che avrebbe restituito un’immagine di area-residenza e non di insieme di singoli edifici”. Un unicum che avrebbe dovuto “intrecciare servizi e residenze, prolungandoli in un sistema capillare che fonde spazi ad uso collettivo, con diverse tipologie abitative”. In questa ottica, gli spazi della circolazione esterna avrebbero strutturato lo sviluppo interno agli edifici, i quali, a loro volta, si sarebbero sviluppati per dare forma agli spazi di circolazione interna. In conclusione si delineò una immagine di città lineare moderna ad alta densità abitativa, con un nucleo centrale di servizi per le due grandi nuove aree edilizie, al fine di “evitare che Chelas sia una zona della città occupata esclusivamente da abitazioni e dai loro rispettivi servizi” (GTH-CML agosto 1965) Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
LAYER 2 I QUARTIERI DI PERIFERIA Nell’analisi del contesto segnalai i complessi abitativi che più si resero manifesti durante le prime visite al quartiere, per l’impatto visivo che hanno nel paesaggio, le dimensioni e le tipologie. Identificazione dell’edilizia di stampo sociale Chelas - Bela Vista PRODAC Nord PRODAC Sud
Bairro do Condado Bairro Armador
La scala cambia completamente e dalle residenze a due piani si passa ai complessi residenziali di stampo sociale di dieci e più piani. Tutto ciò cambiava radicalmente la percezione del quartiere dove ti sentivi disorientato e spaesato.
Bairro do Condado
Bairro Armador
Chelas - Bela Vista
Nuove “scale verticali”
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
LAYER 3 SERVIZI E ATTREZZATURE spazi commerciali, spazi dell’educazione, spazi della cultura, spazi dello sport Ai piedi del Parque das Nações nella Zona Oriente di Lisbona, Chelas e Marvila presentano diversi spazi e attrezzature a servizio degli abitanti. In particolare, approfondii la presenza dei servizi culturali che stanno nascendo in Marvila Velha e che credo saranno, per il futuro, fautori di un cambio radicale dell’ immagine della stessa. Identificazione dei servizi primari e secondari SERVIZI
Parque Vale Fundão 1,7 km | 4min 1,2 km | 16 min Biblioteca Central Instituto Superior Engenharia Lisboa (ISEL) 3 km | 6min
Ipermercati
Luoghi di culto
Scuole
Parchi pubblici
Ospedali
Servizi per lo sport
Teatri
Biblioteche
2 km | 27 min
n 759 | 19 min
Feira do Relógio 3,4 km | 6min 2,3 km | 31 min
Escola Básica Lisboa nº 195 2,3 km | 5min 750 m | 12 min
Escola Básica Luíza Neto Jorge 2,8 km | 6min
n 755 | 20 min
2,2 km | 32 min n 755 | 23 min
Escola Básica Manuel Teixeira Gomes 2,5 km | 5min 1,6 km | 20 min n 759 | 21 min
1,8 km | 28 min
1,3 km | 4min 750 m | 12 min
Piscina Vale Fundão 1,4 km | 4min
1,3 km | 17 min
Parque Bela vista 2,3 km | 4min
APEDV - Associação Promotora de Emprego a Deficientes Visuais
n 208 | 24 min
PRODAC
Escola Básica João dos Santos 1,3 km | 4min
1,8 km | 27 min n 793 | 15 min
1,2 km | 17 min
Mercado da Zona J de Chelas 1,3 km | 4min 750 m | 12 min
750 m | 12 min
Escola Básica do Condado 1,3 km | 3min Escola Básica Bairro do Armador 3 km | 7min
Centro Commerciale Bela Vista 2,4 km | 4min
700 m | 11 min
Igreja e Convento de Chelas 2,2 km | 4 min 1,6 Km | 22 min n 793 | 22 min
Teatro Meridional 1,9 km | 4min 1,7 km | 21 min n 210 | 18 min
Teatro da Garagem 1,9 km | 4min 1,7 km | 21 min n 210 | 18 min
Convento de N. S. da Conceição de Marvila 1,8 km | 4 min 900 m | 10 min
Esiste, ad Ovest della città di Lisbona, oltre la stazione di Santa Apolonia, vicino al fiume, un luogo, un sito la cui storia è iniziata con la riconquista della città da Mori, fu residenza vescovile e luogo di passeggio per la nobiltà, ha accolto i poveri di Lisbona e le baraccopoli degli operai che lavoravano nelle fabbriche entrate in declino negli anni ‘70 con la fine delle industrie. Queste poche righe raccontano bene quanti cambiamenti ha subito quest’area di Lisbona, che ha visto prima un passato radioso e poi una lenta decandenza in tempi moderni. Dopo il primo periodo, che vide quest’aria ospitare industrie e operai trasferitisi qui per il lavoro costretti a vivere in baracche per una mancanza di alloggi (come la baraccopoli del Bairro Cines), il declino dell’industria, la fine dell’attività portuale e la costruzione di un’edilizia di carattere sociale in Chelas, contribuirono, in un secondo momento, a un processo di marginalizzazione sociale dell’area. Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
L’Expo’98 si presentò come grande opportunità di riqualificazione urbana di tutta la zona orientale, e sviluppò questo processo in maniera esemplare costruendo una nuova parte di città conosciuta a livello internazionale.
Cafe Velho
Armazém Josè Domigo Barreiro Clube Oriental de Lisboa
o Por
Rua C intura d
Galeria Underdogs
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Oggi questo è il luogo con il maggior potenziale di sviluppo di una nuova attività nei prossimi anni, sviluppo che si sta già mostrando a partire dalla riabilitazione degli spazi industriali esistenti per le attività relative ad ambiti creativi. Nella mappa qui sono sono segnalate tutte le attività culturali a partire dalla giovane imprenditoria.
Fabrica Braço da Prata A Doca A Concha
Cafè com Calma
Lisbon WorkHub Academia de Parkour
Armazém Abel Pereira da Fonseca
Asian
Vertigo
Palacio da Mitra Teatro Meridional
Rua d o Gr i Avenid llo a Infan te D om H
Cerveceria Dois Corvos
enri qu e
Cantinho da Mafalda
Dinastia Tang
Beatus Entra
Casa Museu - Convento do Beato
GIOVANE IMPRENDITORIA Lisbon WorkHub, coworking, workhub, eventi Fábrica Braço de Prata, esposizioni, concerti, libreria, bar, ristorante Galeria Underdogs, galleria di arte pubblica Dinastia Tang, sala da te e ristorante cantonese Beatus, bar, concerti, scuola di musica, drogheria, vineria Teatro meridional, compagnia di teatro indipendente Entra, ristorante con sala workshop Todos, hub creativo per grafici pubblicitari, makers, fotografi e produttori Café com Calma, ristorante Academia de Parkour, la prima del paese . Radio TSF
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
Come nel caso della Galleria Underdogs che ha trovato sede in un ex magazzino industriale diventato ora galleria espositiva di opere d’arte contemporanea. Essendo testimone di questo cambiamento in atto, decisi di intervistarli per conoscere meglio il loro programma e l’influenza che avevano a Marvila. *Intervista UNDERDOGS_Febbraio 2016 Mariana Mesquita Communication Manager presso la Galleria Underdogs e lo Store omonimo
“Criar mudança através da A r t e U r b a n a”
Citazioni Alexandro Farto (aka Vhils e Pauline Foessel che sono i direttori di Underdogs, scelsero Marvila sta diventando un polo artistico, ci sono altre gallerie alla fine della strada, nella Rua Capitan Leitão, e altre verso la zona Expo. In principio questa area sarà un “place to be” in futuro, e quindi è stata anche una scelta strategica. ...chi viene a vedere la Galleria non viene in Marvila, viene a vedere l’esposizione, non sono persone che vanno a vedere Marvila e per curiosità entrano anche nella Galleria. No! Loro vengono perché noi facciamo questo tipo di comunicazione.
...sicuramente quando organizziamo un pezzo su una parete, si avvicinano molte persone per vedere che sta succedendo e si ha una visione differente di quello che è l’arte pubblica: fare i graffiti non è una specie di “conversazione silenziosa con la parete”, e iniziano a percepire che quello non ha niente a che vedere con le tag e le scritte che si vedono sui muri. Il nostro obiettivo è offrire alla città un percorso artistico di una selezione fatta da noi di opere, in questo caso solo pittura muraria, ma è un po’ la scoperta dell’arte per la città. L’arte che coinvolge la comunità, e la propio città muda perché hai una parete con un’intervento (con un tema) politico o no, critico o no e tutto cambia
Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
dal sito UNDERDOGS | www.under-dogs.net “Underdogs è una piattaforma culturale con sede a Lisbona, in Portogallo, che mira a creare uno spazio all’interno della scena dell’arte contemporanea per artisti legati con i nuovi linguaggi della cultura urbana di ispirazione grafica e visiva , favorendo la creazione di partenariati e collaborazioni tra i creatori, gli operatori culturali, le sedi espositive e la città, contribuendo a stabilire una stretta relazione tra questi e il pubblico. Creato nel 2010 e consolidato nella sua forma attuale dal 2013, il progetto Underdogs poggia su tre aree complementari: una galleria d’arte; un programma di arte pubblica; e la produzione di edizioni originali d’artista.”
“Quello che è diventato comunemente noto come arte urbana preferiamo designare come nuova arte pubblica, perché, promuovendo lo sviluppo di interventi di arte nel contesto urbano che riteniamo fornire essenzialmente un servizio pubblico. Con l’obiettivo di stabilire un rapporto privilegiato tra gli artisti con cui lavoriamo - molti dei quali hanno avuto inizio nello spazio urbano - e la città di Lisbona con i suoi abitanti, il programma di Public Art Underdogs è stato in grado , dal momento che il 2013, di trasformare in modo decisivo il paesaggio di questa città in cui viviamo e amiamo tanto per il beneficio di tutti , contribuendo a trasformare l’arte in un’esperienza quotidiana.” Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
OKUDA
Programma Public Art Underdogs
Rua de Marvila
Molte pareti di Lisbona, centro città e periferia, sono state dipinte da diversi artisti appoggiati dal programma di Arte Pubblica di Underdogs. Qui in foto, si possono vedere tre opere che occupano i muri di Marvila dando un’identità completamente nuova a questi spazi e caratterizzando pareti altrimenti grigie.
NUNCA
PIXELPANCHO
Rua do Vale Formoso de Cima
Rua Conselheiro Mariano de Carvalho
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Graffiti nella Fabrica do Braço de Prata
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
TERRAS DA COSTA Comune di Almada
LOCALIZZAIZONE DEL QUARTIERE Costa de Caparica è una città portoghese del comune di Almada, con 10.88 km quadrati di estensione ed 13.418 abitanti (2011). Per lungo tempo Costa de Caparica non fu altro se non un insieme di pantani, di piccoli orti ed una manciata di capanne, essendo conosciuta la zona con i nomi di “Terra de Pescado” e “Costa do Mar”. La più antica iscrizione esistente è datata 1780, quindi si tratta di un nucleo urbano relativamente recente.
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Il primo inconto con la comunità avvenne in maniera abbastanza informale: approfittai dell’occasione di una intervista televisiva che Tiago Saraiva avrebbe dovuto sostenere per la tv locale, per recarmi sul posto.
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Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
La prima cosa che mi colpì fu la vicinanza al centro urbanizzato e contemporaneamente la precarietà in cui riversa il posto e capii perché lo definiscono “invisibile”. Sembrava che non ci abitava nessuno, incontrammo solo due tre donne della comunità, i bambini erano a scuola e gli uomini a lavoro.
Dopo diverse riflessioni, arrivai alla conclusione che il potenziale socio-spaziale di queste strutture complesse è l’aspetto fondamentale che le rende alternative rispetto ai contesti nati e sviluppati secondo gli strumenti tradizionali e con le normali procedure di costruzione della città. Questo aspetto non fu sottovalutato ma anzi costituì un oggetto di investig-azione attraverso cui individuare strategie di intervento tese a migliorare le condizioni di vita delle classi disagiate, non sostituendosi alle dinamiche naturali di crescita ma guidandole queste verso uno sviluppo controllato: all’aggettivo di “caotici ed irrazionali” si sostituì quello di “dinamici e fluidi”, insediamenti capaci cioè di adattarsi alle varie condizioni reali seguendo un processo pianificatori dal basso per il basso, talmente intrinseco con le dinamiche evolutive degli stessi che non si determinano in modo aprioristico ma contemporaneo. E’ un organismo urbano assolutamente flessibile e reattivo con le sue proprie regole e i suoi codici culturali tutti da codificare. Questo sarà un punto su cui lavoreranno i tecnici dopo il rialloggiamento della comunità per la pianificazione del nuovo nucleo baitativo. Uno degli obiettivi della proposta tecnica del lavoro di Terras da Costa sarà quello di creare una mediazione sociale mossa a promuovere l’ empowerment, cioè un processo di crescita dell’individuo e del gruppo, basato sull’incremento della stima di sè, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione per far emergere risorse latenti e portare l’individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale. La comunità infatti lavorerà al fianco dell’equipe tecnica in un sinergico scambio di informazioni e saperi. E’ chiaro, quindi, che prima di parlare di case si dovrà parlare di persone, intrecciando la disciplina dell’antropologia con quella dell’architettura, in una riflessione profonda di cosa sia il luogo di appartenenza e qual è il suo modello abitativo specifico. Un lavoro che è stato fatto dall’antropologa che sta lavorando sul campo è stato quello di studiare le caratteristiche tipologiche e morfologiche degli insediamenti, come contributo per promuovere una differente percezione degli spazi oggi al centro del programma di riqualificazione urbana.
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fonte: www.fernandoguerra.com/terrasdacosta
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Progetto di ricerca “MARGINI� Esperienze di periferia di Mariella Gentile
IL PRIMO INCONTRO CON LA COMUNITA’ FUORI DA TERRAS Due furono i momenti di incontro con la comunità, a Lisbona e in Costa de Caparica. Anche se le persone erano state le stesse, le musiche eil cibo era fondamentalmente lo stesso, sono stati due momenti molto diversi tra loro. La prima volta che ebbi il piacere di mangiare e ascoltare la musica tipica dei capoverdiani che vivono nella comunità di Terras da Costa fu in occasione di una festa fatta nel cosidetto Hangar, un’associazione molto attiva nel sostenere l’integrazione e l’arte. Guardandoli dall’esterno non avresti mai immaginato dove e come vivevano. E’ stato un bel momento di riflessione e conoscenza. Quello che ho notato però è che, in realtà, non c’era stata una vera apertura del gruppo al “suo pubblico”, ma si vedeva che suonavano per sè senza cercare il coinvolgimento di chi li ascoltava.
UNA ECONOMIA DA SLUM Vivendo queste esperienze dettate dai sopralluoghi alle aree di analisi e ricerca, ho iniziato a riflettere sulla connessione che esiste tra il luogo dell’abitare e il luogo del produrre. In un contesto come quello dello Slum di Terras da Costa non sono riconoscibili i luoghi della produzione, a meno del piccolo bar di Durval, ma solo quelli dell’abitare. Mi sono chiesta se la produzione e vendita di beni materiali, ma anche di beni immateriali come la trasmissione delle tradizioni, poteva essere un primo passo per l’integrazione e l’autosostentamento della comunità. Le comunità immigrate si portano un bagaglio culturale di tradizioni che li terrà per sempre legati al loro mondo originario. Un bagaglio culturale che può essere considerato un “bene in vendita”? Possono essere considerati poi fattori di integrazione, “forme di esposizione della propria identità al pubblico più generale” per dirlo alla Franco La Cecla. Da qui mi chiesi se uno slum poteva essere visto, in senso lato, come “Incubatore di sè stesso” e innescare una micro economia locale che garantisse l’autosostentamento. L’idea da sviluppare è proprio lo slum stesso. I servizi forniti dall’incubatore potranno essere consulenza strategica e specialistica, supporto alle attività di fundraising, reclutamento del personale e “sviluppo commerciale”. Già si è parlato di empowerment, e letto in questa logica, non è altro che la conseguenza dell’attività dell’incubatore. In questo modo si garantirebbe il nascere di un’economia interna che potrebbe supportare l’autosostentamento della comunità senza dover gravare o dipendere necessariamente da aiuti esterni.Ma scattò poi un’altra domanda a cui fino ad oggi ancora non ho saputo dare risposta: queste persone vogliono emergere ed imporsi con una loro autonomia, rientrando nel sistema societario, o preferiscono rimanere nei margini? Visibilità o invisibilità, apertura o chiusura, connessione o distacco? Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
LA FESTA DELLA COMUNITA’ IN TERRAS DA COSTA Nella seconda occasione, invece, il loro atteggiamento fu completamente diverso: eravamo noi a essere ospiti nella loro casa e questo non fece altro che dimostrare il grandissiomo senso si ospitalità che c’è nella comunità. Dopo averci offerto da magiare, abbiamo trascorso insieme una grande festa fatta di musica e danze tradizionali a conferma che le radici sono tutto e che l’identità è un aspetto fondamentale nell’affermazione dell’individuo.
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Anche dopo questa esperienza molte furono le domande che si affollarono nella testa. Tutte si chiedevano chi doveva decidere della vita altrui, chi aveva il diritto di considerare questo giusto e quello sbagliato: Chi ha il diritto di cambiare lo stile di vita di una comunità solo perchè diversa dalla maggioranza? Tutto questo perchè quella notte di festa ho potuto vedere quei valori sociali, identitari, di comunità talmente evidenti da farti mettere in discussione tutto il sistema “formale”: anziani, bambini, adulti tutti insieme, in uno scambio continuo di umanità che ormai si sta perdendo nella società in cui viviamo. Accoglienza, condivisione, ospitalità hanno preso il posto di chiusura, individualismo, inospitalità. Perchè non si può invertire il punto di vista e considerare queste come realtà da emulare? Riporto nuovamente le parole che lessi qualche tempo fa in un articolo di Lotus numero 143 “Da Favelas, Learning from” perchè molto calzanti: “Una baraccopoli possiede una identità? Ha una storia? Di solito le baraccopoli sono rappresentate come zone di miseria pura senza nessuna distinzione nè carattere. (...) Viene raccontata una storia di miseria, scientificamente basata su numeri e calcoli. (...) In tali rappresentazioni le baraccopoli non mostrano complessità nè diversità urbana (...): sono soltanto una zona vasta e omogenea di privazione, senza alcuna eterogeneità. I suoi abitanti sono ridotti alla nozione di sofferenza, senza individualità, identità nè cultura. (...) il non tenere conto delle differenze, priva gli abitanti della propria individualità e quindi del solo modo che hanno di rivendicare una vita più umana.” Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
*Intervista a Ana Catarino_Dicembre 2015 antropologa
Citazioni Quando iniziai gli studi di atropologia, capii che l’area che più mi interessava era quella legata allo spazio, era lavorare a partire dal concetto di spazio, e quindi capii che non mi bastava quello che l’antropologia mi dava, che è una riflessione sopra lo spazio che già è costruito e le dinamiche sociali che li si verificano, volevo capire cosa relamente l’architettura faceva. E capii che avevo un punto di vista a due scale: uno era la storia del luogo, delle case, dell’agricoltura, e l’altro era la Cozinha come oggetto architettonico. E quindi la costruzione di quel luogo a partire da quell’oggetto architettonico che crea il luogo stesso. Quindi hai due luoghi: uno che è quello del quartiere stesso, e l’altro è quello generato dalla Cozinha.
E in mezzo a queste due scale, ce n’è una terza che è la scala dell’immaginario. Ed è solo se inizi un dialogo e fai delle domande, che arrivi a conoscere certe realtà. E anche metodologicamente, ti adatti man mano che porti avanti il lavoro che inizia a prendere corpo.
...non so se “spazio pubblico” è la migliore definizione che possiamo usare li. Forse è più adeguato parlare di spazio collettivo... è chiaro che queste persone hanno bisongo di uno spazio che non sia “lo spazio di questo e di quell’altro”, perchè se tu non hai uno spazio che è suppostamente di tutti, tu stai in uno spazio di qualcuno, anche se stai per strada. Con l’istituizione di uno spazio di tutti cambiano anche le dinamiche sociali e c’è una uguaglianza nei fruitori.
Direi che ci sono varie cose che possiamo apprendere da loro. Una cosa che ho imparato nel lavoro di campo con PERU, è che c’è sempre qualcosa da imparare anche se le condizioni di vita ti sembrano pessime!
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Quello che questi tipi di agglomerati ci danno è la concezione del diverso, nel senso ci mostrano le diverse forme dell’abitare, e che la città sarà tanto più democratica quanto meno sarà chiusa. E’ questa, penso, la grande ricchezza che possiamo ricevere da questi posti e non è solo “loro hanno bisogno di una casa uguale alla nostra”, perchè questo è un egocentrismo della nostra parte. E’ un’apertura per capire che la città deve riuscire ad accettare forme diverse di abitare, perchè così potremmo convivere tutti anche se non facciamo la stessa cosa. E’ questa, penso, la grande ricchezza che possiamo ricevere da questi posti e non è solo “loro hanno bisogno di una casa uguale alla nostra”, perchè questo è un egocentrismo della nostra parte. E’ un’apertura per capire che la città deve riuscire ad accettare forme diverse di abitare, perchè così potremmo convivere tutti anche se non facciamo la stessa cosa. Li ci sono persone che vorrebbero solo una casa con conforto, con il riscaldamento, che non va via la luce, che ci sia acqua nel rubinetto, che si possa avere acqua calda,..tutte queste cose. Per me il differente è “fare qualcosa CON quelle persone” tenendo in conto tutte le dinamiche sociali e familiari che si sono instaurate: come si relazionano con la strada, che significa vivere al piano terra...ed è quindi costruire con loro un processo dove il disegno, non traduce..., ma fa incontrare il formale e l’informale che andrà a sparire. Nel momento in cui disegni, l’informale sparisce. L’informale si mantiene per il rispetto delle dinamiche sociali e non per la forma costruttiva. ... in genere le dinamiche che ci sono qui sono le dinamiche che puoi trovare in qualsiasi altro quartiere: ci sono i bambini che giocano per la strada, cucinano per la strada, ma poi ha tutto come se fosse un piccolo paese, diciamo così. Ci sono persone che vanno a lavoro e ritornano la sera, ragazzi che vanno a scuola durante il giorno e, come in un paese, il fine settimana è più animato perchè le persone non lavorano. io sono un pò scettica sull’idea che l’architettura crea comunità o distrugge comunità. Penso che non è così semplice. Ci sono molti strati oltre l’architettura che determinano o meno la comunità. Tipo il sito dove il quartiere è stato costruito, o come è disegnata la casa, può essere l’edificio migliore del mondo ma se si trova in un posto nascosto le persone si sentono escluse. ...quando fui li per la prima volta, notai quella casa blu. E rimasi affascinata, perchè è una situazione di vita precaria ma che mostra un orgoglio immenso.
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*Intervista a Tiago Mota Saraiva_Febbraio 2016 Architetto | Ateliermob
Citazioni In realtà a guardarsi intono c’erano tante cose che richiedevano un lavoro di un architetto. Perchè il problema non è la mancanza di lavoro, ma quanto è la mancanza di soldi per pagare il lavoro. Quindi era più che altro capire come finanziare questo lavoro da fare. E Working with 99% comincia così. Il primo contatto fu molto difficile, perché i residenti del Prodac aveva l’immagine dell’architetto come quella persona del Comune che arriva nel quartiere e dice “questo è da demolire”. Quindi l’immagine che avevano degli architetti era orribile, rappresentava un nemico. ... prima di tutto io credo che si debba definire l’obiettivo del progetto che si vuole fare, e poi da lì si vedrà come conseguire ad avere un finanziamento. Quindi in termini di strategia generale, io direi sempre che è buono tener presente, anche se non si hanno ancora i finanziamenti, il “che cosa” si vuole fare in un determinato quartiere. Io non ha grandi proposte per il finanziamento in sé, penso che per noi è relativamente chiara la metodologia che dovremmo usare, che è: non ci preoccupiamo di come sarà finanziato il progetto, non condizioniamo mai l’obiettivo dell’intervento perché se no inganniamo le persone, ma delineare un percorso e poi seguire questo percorso a partire dal finanziamento, essendo leggermente flessibili per eventuali cambiamenti, ma sapendo quel è il cammino. no a me non piace partire con una idea.... a volte mi dicono così: “a voi architetti già state immaginando qualcosa, già ha non so....”.Ma di fatto quello che mi capita è che quando sto ad ascoltare, ascolto e basta e non immagino niente né penso a niente, sto solo ad ascoltare, ascoltare le persone, capire i loro problemi, ossia è quella fase diagnostica dove non importa molto pensare “guarda sarebbe bello se qui mettiamo questo...”. Solo dopo si comincerà a risolvere il problema.
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Il fatto che li “succedono” delle cose, come nel caso della costruzione dell’auditorio nel Prodac sud, può creare dinamica, le persone possono cominciare a pensare che hanno....che possono avere anche relazioni al di fuori, piuttosto che stare li con il proprio vicino che magari non ti è simpatico. Penso che in generale la cultura è sempre “integrazione”. In tempo di crisi sembra che la cultura venga messa da parte, perché la cultura fa pensare, ti fa avere un raziocino e una visione critica su quello che ti dice la televisione... Penso che il riflesso del movimento trendy che sta succedendo il Marvila, non arriverà mai nel Prodac, o meglio è molto lontano prima di giungere nel Prodac. E’ anche una questione topografica, la morfologia del terreno impedisce che questo contatto sia molto fluido e che possa arrivare facilmente li.
La nostra strategia è “mediatizzare per l prossima fase”…non è molto una strategia classica di una atelier di architettura
Penso anche che non potevamo mediatizzare di più di quello che abbiamo fatto. Penso che siamo arrivati a un limite di mediatizzazione della cosa e ora non so...noi non abbiamo molto più da poter fare, abbiamo giocato tutte le carte li. O ci sarà una soluzione certa che ci permetterà di seguire un buon cammino o incontreremo un problema...Che si rivolgerà contro di noi, perché nel momento in cui il riallogiamento andrà male, immediatamente tutti i giornalisti che furono qui ci chiederanno “e voi ora che dite?”, “perché voi non fate niente?” .... La mediatizzazione quindi è uno strumento sì, è strumentale io vedo il rialloggiamento come una cosa positiva, e per di più ti dico che nelle condizioni in cui loro vivono, anche se fosse un rialloggiamento che va distruggere la comunità, ossia che li collocano in quartieri tutti diversi in case sociali, anche se fosse così, il fatto di poter aprire il rubinetto ed avere acqua calda...varrebbe la pena!
Ci furono delle istituzioni che lavorarono li, che cominciavano a fare candidature e a trovare finanziamenti per migliorare le case con l’idea “quanto sono belle queste case!”.....ma questo è coltivare la povertà. Questo è un atteggiamento delle persone che hanno soldi, che appartengono ad una certa borghesia, che non capiscono la realtà sociale che sta li. Penso che una cosa che deve essere chiara in tutta la società democratica è il diritto alla casa, questo sia persone che guadagnano poco, sia per le persone che guadagnano molto, devono avere diritto a una abitazione basica e umana.
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
LA MEDIALIZZAZIONE E IL SUCCESSO
Sicuramente la vittoria della Cozinha Comunitaria del premio “Building of the Year 2016” indetto dalla piattafomra Archdaily, ha avuto diverse coseguenze. Una tra le tante è la maggiore visibilità che ha acquistato lo slum a partire dalla Cuzinha. Una visibilità che, a sua volta, significa avere una sorta di “protezione dagli agenti esterni”. Il fatto che ora il progetto della Cozinha stia diventando così popolare, non fa altro che dare un valore internazionalemte riconosciuto al processo, portando di fronte agli occhi di tutti la realtà che si nasconde alle spalle del progetto architettonico in sè. Il valore determina una maggiore attenzione a trattare le questioni legate allo slum e alla sua comunità, senza il pericolo di soccombere a delle decisioni drastiche. E’ il caso del rialloggiamento pianificato per i primi giorni di Gennaio e, al momento, non ancora attuato. Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
CONTRIBUTO DI AMELIA PARDAL_ Intervista in programmazione assessore comunale_ Comune di Almada non è stata possibile
INTERVISTA AGLI ABITANTI DI TERRAS DA COSTA
non è stata possibile
*Riflessione_Febbraio 2016 impossibilità di avvicinarsi Era mia intenzione portare avanti il lavoro con la comunità in maniera indipendente rispetto allo studio Atelirmob, bloccato per l’assenza di fondi. Purtroppo non è stato possibile! Avvicinarsi alla comunità è sempre una questione molto delicata e la mia presenza, non collocabile all’interno di nessuna entità riconosciuta, veniva vista come sospetta. Inoltre, con il nuovo anno, il Comune di Almada ha indetto l’ordine di demolire lo slum ed effetturare il riallogiamento della comunità. Questo non ha fatto altro che mettere in tensione ancora di più gli animi delle persone coinvolte e rendere il confronto più problematico. Sono realtà fragili dove la componente della fiducia ne fa da padrona: se non c’è fiducia, non c’è apertura e di conseguenza non ci può essere scambio. Penso che questo sia stato l’obiettivo che più mi è dispiaciuto mancare proprio perchè, al di la delle problematiche che si nascono o che sono molto evidenti dentro lo slum, io ci vedevo molto potenziale e una grande occasione di scambio umano. Seguirò a distanza gli sviluppi per conoscere le scelte e le conseguenze che il Comune, i residenti e lo studio Atelirmob prenderanno e innescheranno.
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
LARGO DO INTENDENTE il modello site specific Per sei mesi ho vissuto nel LARGO Residência, un albergo fuori dal comune. Il progetto LARGO Residências nasce nel 2011 per la volontà dell’Associação SOU, un’associazione culturale che propone la rigenerazione socio-urbanistica dell’area AnjosIntendente-Mouraria a partire da attività artistiche fatte con e per la popolazione locale, inquadrando gli interventi nel BIP/ZIP 2011. Così un antico edificio appartenente alla tenuta di famiglia della leggendaria fabbrica di Azulejios, Viùva Lamego, è diventato dimora per artisti e turisti che passano per Lisbona. La filosofia di base è che, per non dipendere esclusivamente da fondi statali, LARGO Residência si autosostiene con le due attività commerciali: la residenza e il bar, che durante l’anno si trasformano in spazi dove sviluppare laboratori creativi a disposizione degli artisti e per i turisti che si trovano lì a soggiornare per qualche giorno. Visitatori e artisti coabitano negli stessi luoghi, permettendo questo ciclo di auto-sostenibilità, per cui chi esce - il turista - supporta chi è dentro - l’artista - e viceversa. Viverlo dall’interno mi ha dato la possibilità di constatare che effettivamente funziona e che il processo di riqualificazione dell’intera area ha avuto successo, riuscendo a trasformare completamente la faccia dell’antico quartiere malfamato. E’ per questo che ho deciso di riportarlo come modello site specific di un programma di rigenerazione urbana di una porzione di città che ha funzionato e che sta funzionando.
LARGO do Intendente
localizzazione
Progetto Professionalità Ivano Becchi | Fondazione Banca del Monte di Lombardia
Largo do Intendente fino al 2011
Largo do Intendentef fino ad oggi
Questo quindi è un chiaro esempio di come, abbracciando la missione di promuovere la cultura, la creatività e la conoscenza come fattori chiave per il successo e la sostenibilità dei processi di rigenerazione sociale e urbano, si possa arrivare davvero a cambiare gli spazi e la percezione di essi Ho inquadrato questo processo di riqualificazione socio-urbanistico nell’Ecologia Urbana e Sociale per l’interazione, costante e imprescindibile, che c’è tra il comportamento umano e gli ambienti urbani che, in un processo circolare, si trasformano vicendevolmente, modificandosi gli uni con gli altri: luoghi e stimoli fisici determinano certi comportamenti sociali, quali abitudini e costumi, che a loro volta cambiano tali luoghi generando nuovi stimoli, all’interno di una continua e reciproca variazione. Sono proprio questi comportamenti che determinano le pratiche d’uso dello spazio rafforzando l’appropriazione dei luoghi e promuovendo la formazione di una propria identità all’interno dello spazio cittadino. L’ osservazione di queste dinamiche mi restituì già delle risposta ad alcune domande che mi ero posta prima di partire: la riqualificazione urbana è possibile a partire anche da azioni con carattere artistico-culturale. La riqualificazione dell’area di Largo do Intendente rende già manifesta l’idea di un nuovo modo agire all’interno dei processi tradizionali, proponendo l’azione collettiva e l’agire pubblico come metodologia di rigenerazione e sviluppo di un’area precedentemente bandita. Azioni auto-organizzate che rompono le dinamiche standard di scelte politiche calate dall’alto e distanti dalla vita di tutti i giorni, e invece promuovono azioni che sono specchio delle necessità di uomini e donne che vivono questi posti.
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E a confermarmi questa intuizione fu l’incontro che ebbi con Marta Silva, Direttrice di LARGO Residência che, con il suo contributo, mi spiegò tutti i retroscena del processo di riqualificazione dal basso *CONTRIBUTO DI MARTA SILVA_Febbraio 2016
E’ nel Settembre del 2010 che il Presidente del Comune di Lisbona propose la realizzazione di un piano di sviluppo sociale per il quartiere Mouraria. Si parla di “patrimonio immateriale”, spostando l’attenzione non più solo sull’edificato, ma anche e sopratutto sugli abitanti, sulla comunità e sui suoi visitatori. L’obiettivo principale era diminuire il fenomeno di esclusione e di povertà e migliorare, di conseguenza, la qualità di vita dei suoi abitanti con una maggiore apertura del territorio alla città. L’analisi partì da uno schema molto semplice: CONTESTO -- PROBLEMI -- SOLUZIONI Conoscenza del contesto e delle sue problematiche e conseguenti soluzioni per risolverli. Uno dei primi passi fu la realizzazione di un “quadro diagnostico sociale”. E’ stato molto interessante apprendere come questa investigazione fu condotta con una strategica azione sul campo.
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In sintesi, il quadro diagnostico evidenziò diverse difficoltà a livello sociale e molte mancanze a livello urbanistico. Durante le fasi del Focus group, furono avvallate anche altre proposte che non rientravano nel Piano, ma che rappresentavano oggetto di discussione nel GABIP* che fu istituito all’occorrenza per il quartiere Mouraria. Queste riguardavano la possibilità di riqualificare gli edifici municipali, con una formula low cost per le associazioni locali e i residenti che si proponevano fautori del recupero, l’organizzazione in genere dello spazio pubblico (dal parcheggio, alla raccolta dei rifiuti, alla pulizia dei muri imbrattati da scritte vandaliche, al mobilio urbano, alla sicurezza), il supporto di attività commerciali, avanzando di volta in volta le possibili relazione che si potevano instituire con le figure responsabili. Dopo aver delineato un dettagliato quadro della situazione di fatto e immaginato le possibili soluzioni, si iniziarono ad identificare i vari possibili responsabili locali di questo processo di riqualificazione con le varie attività che potevano sviluppare e in cui erano coinvolti e i rispettivi investimenti.
La cosa interessante di tutto questo lavoro è stato il processo che si è seguito: la creazione di gruppi di dialogo come strumento per reperire materiale sull’area; il continuo confronto con la popolazione locale identificata in giovani e anziani con differenti necessità e bisogni; l’instaurarsi di relazioni di appoggio con i commercianti per supportare lo sviluppo economico dell’aria; l’identificazione di un quadro di soluzione con i relativi specialisti per concretizzarle. Alla base di tutto è evidente la volontà congiunta del Comune con la comunità di migliorare le condizioni di vivibilità di un’area della città che, da tutti, era conosciuta come malfamata.
Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
MAPPATURA ESPERIENZALE la percezione dello spazio LI
spazi verdi piazze spazi pubblici attività culturali lotti Avenida Almirant e Reis
esercizi commerciali
Campo Martires da Patria LARGO Residencias
spazio MOB Fundação Mais+ casa Independente Sport Club Intendente
LARGO Cafè + Bike Pop
Piazza Rossio
aM
Piazza Martin Moniz
Piazza Restauradores
Praça dos amigos
Rua d
Archivio fotografico di Lisbona
casa do Minho Miradouro da Senhora do Monte
ou r aria
Rua do Benformoso
Cafè Josephine
Piazza Figueira
Mappatura esperenziale dei luoghi: attività culturali nella Freguesia Anjos - Mouraria
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Flaneaur by Lisboa
Capodanno Cinese
Pranzo di Natale comunitario
una notte come tante
Critical Mass
alcuni eventi che trasformano la piazza di volta in volta
Flaneaur by Lisboa
nuovi scenari, nuovo pubblico, nuovi fruitori
RUA DO BEMFORMOSO
LARGO DO INTENDENTE
Considerazione: 1. La vicinanza al centro non lo rendeva di conseguenza un luogo attrattivo e sicuro, al contrario! 2. Una riqualificazione è possibile se alle spalle c’è un piano condiviso dall’amministrazione pubblica 3. La riqualificazione a partire da eventi culturali che attraggono nuovo pubblico è possibile! 4. Il nuovo pubblico viene attratto se si scardina la visione precostituita di un’area 5. Sembra che non esista concorrenza, ma solo la volontà di far parte di uno stesso piano di riscatto
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GLI OBIETTIVI RAGGIUNTI, QUELLI MANCATI E QUELLI FUTURI OBIETIVI RAGGIUNTI Sono partita conoscendo ben poco di Lisbona e non avendo alcuna esperienza come ricercatrice. Quello che avevo era la forte volontà di conoscere e apprendere un metodo operativo. Cosa che sono riuscita felicemente ad ottenere. Perchè se vogliamo proprio tirare all’osso tutta questa esperienza, quello che mi resterà e quello che mi sono portata come bagaglio, è proprio questa conoscenza: il metodo. Un metodo che ha trovato un risconto operativo con l’ottenimento di risultati concreti che hanno avuto conseguenze sulle comunità con cui ho lavorato affiancandomi allo studio Ateliermob. Un metodo che si basa, da un lato, sugli strumenti tecnici che la disciplina mette a disposizione e, dall’altro, su un atteggiamento che bisogna adottare. Un atteggiamento che stimola l’occhio critico ad indagare, a guardare oltre quello che immediatamente ci appare, riuscendo a vedere delle potenzialità là dove tutti vedono problemi. E’ stato emblematico per me il caso del BIP/ZIP nato proprio dall’intuizione di una donna, l’amministratrice Helena Roseta, che ha visto nei quartieri “critici e problematici”, zone di intervento prioritario, dove per priorità si intende la “priorità della partecipazione, della mobilità, dell’integrazione, della creazione”. Un atteggiamento che stimola anche all’ascolto, perchè è a partire dall’ascolto che inizia la vera conoscenza, lavorando con l’invisibile. Prima di partire avevo un’idea molto più semplicistica di certi processi partecipativi, direi quasi ingenua, senza rendermi conto che in realtà alle spalle di questi bisogna affrontare un lungo lavoro di preparazione. Per la mia esperienza, infatti, ho capito che ci vuole tempo prima di riuscire a conlcudere un processo partecipativo: tempo per incontrare fondi, tempo per entrare in confidenza con la comunità con cui lavorerai, tempo per instaurare relazioni e innescare certe dinamiche. Tempo per conoscere i luoghi di intervento che non si limitano allo spazio di progettazione ma che in maniera capillare si espandono anche più lontano per arrivare ad abbracciare intere aree di città. E’ stato il caso di Chelas, che mi ha incuriosito e che ho scandagliato proprio a partire dal quartiere PRODAC. L’ho osservato anche in differenti ore del giorno e in differenti giorni della settimana, dandomi ogni volta una immagine diversa del quartiere. Sono tutti processi che necessitano di tempo per svilupparsi e soprattutto di tanta forza di buona volontà e disponibilità, perchè molte delle cose che fai non ti vengono ripagate monetariamente. Come nel caso dell’avvicinamento alla comunità di Terras da Costa, dove più che di lavoro, si parlava di iniziare una relazione umana con ciascuno di loro. OBIETTIVI MANCATI Con grande dispiacere non sono riuscita a seguire tutti gli sviluppi del progetto partecipativo con la comunità di Terras da Costa perchè, prima per la mancanza di fondi sostenuti dalla Fondazione Gulbenkian, poi per le scelte politiche prese dal Comune di Almada, gli sviluppi del progetto sono cambiati nel periodo della mia permanenza a Lisbona. Anche se poco materiale, ho deciso comunque di mantenerlo nella mia ricerca perchè è il frutto di quegli incontri che ho avuto con la comunità e che rappresenta un primo step di conoscenze che avrebbe avuto poi un suo seguito.
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Alla fine sono riuscita ad avvicinarmi solo tangenzialmente alla comunità, approfittando di conoscere meglio anche chi ci sta lavorando interrogandolo sul metodo di intervento. A queste sono seguite riflessioni riguardanti certe realtà ai margini dell’urbanità, quelle realtà acerbe che ancora devono conoscere le regole formali e gli sviluppi urbanistici legati al sistema città. OBIETTIVI FUTURI Una delle tante cose che mi ha lasciato più entusiasta dopo tutto, è stata la possibilità di avvicinarmi e conoscere meglio uno degli strumenti urbanistici che il Comune di Lisbona ha ideato da circa 5 anni. Il BIP/ZIP mi ha talmente affascinata che ho intenzione di approfondire questo aspetto anche qui in Italia per capire come si interviene a livello locale, portando la mia esperienza come materiale di confronto e perchè no di crescita per il mio paese. Oggi che si parla tanto di periferie e di riqualificazione delle periferie, sono proprio curiosa di capire come si interviene e quali sono gli strumenti che le regioni, le province o i comuni mettono a disposizione per appoggiare gli interventi che mirano alla rigenerazione, a quale scala e con quali attori. CONCLUSIONI 6 mesi sono stati tanti e nello stesso tempo molto pochi per sviluppare completamente la mia ricerca. Uno studio che in realtà giorno dopo giorno si arricchiva sempre di nuovi stimoli e si apriva anche a nuove discipline non immediatamente legate all’architettura. Tirando ore le somma della mia esperienza mi vengono in mente molte immagini che probabilmente non sono riuscita a descrivere e restituire integralmente. Posso dire con sicurezza che questa esperienza ha rafforzato la consapevolezza che un altro modo per fare il lavoro dell’architetto esiste, esiste e prende sempre più forza. Ero partita ponendomi molte domande proprio sul “come fare architettura in certe condizioni”, sulle potenzialità che questa disciplina porta con sè aprendosi anche ad altri aspetti della vita. Erano domande che si interrogavano soprattutto sulle questioni di metodo, sull’aspetto operativo e pratico di come intervenire in certi contesti urbani con gli strumenti tecnici dell’architettura e non solo. Sono stati mesi di conoscenza e esperienza dal vivo di quello che avevo solo studiato e immaginato. L’idea di ciò che può essere fatto con l’architettura - risolvere i problemi stimolando nuove relazioni - attualmente va di pari passo con l’idea che la professione dell’architetto ha bisogno di essere reinventata, di sfociare anche in altre discipline augurandosi una contaminazione che può portare a risultati sconosciuti.(Capability Lotus 152). Sono stati mesi in cui ho sperimentato in prima persona quello che noi definiamo “architettura partecipata”, mettendomi alla prova e portando avanti un programma di interviste e un lavoro fotografico, oltre che di progettazione e analisi. Da qui ho avuto la conferma che l’indagine e la raccolta di materiale utile per delle scelte architettoniche, va ben oltre il disegno tecnico, o meglio, a monte del disegno ci deve essere questa conoscenza diretta e profonda del luogo dove interverremo. Conoscenza che può essere fatta solo scendendo in campo e “ascoltando il territorio”, perchè molte soluzioni sono già li, gli si deve solo dare voce. Progetto di ricerca “MARGINI” Esperienze di periferia di Mariella Gentile
BIBLIOGRAFIA
Città, Popolazioni, Politiche, Gabriele Pasqui, Saggi di Architettura, Jaca Book, 2008 Learning from Favelas, Anna Foppiano, Articolo di Abitare, 2012 Slumming it, documentario video a cura di Kevin McCloud, 2012 Favelas, Learning from Lotus 143, 2010 Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Francesco Careri, Editore Einaudi, 2006 Paesaggi in mutamento. L’approccio paesaggistico alla trasformazione della città europea Favelas, Learning from Lotus International 143, 2010 Homeland – News from Portugal Arquivo 2014, a cura di Pedro Campos Costa e Alessia Allegri, NOTE, Lisbona, 2014 Il progetto locale verso la coscienza di luogo, Alberto Magnaghi, Bollati Boringhieri, 2010 La città dei ricchi e la città dei poveri, Bernardo Secchi, Ed Laterza, 2013 Antropologia del paesaggio, Eugenio Turri, Marsilio Editore, 2008 Commons, Lotus 153, 2014 Montespertoli. Le mappe di comunità per lo statuto del territorio, a cura di Alberto Magnaghi Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, Isabella Inti, Giulia Cantaluppi, Matteo Persichino, Altreconomia Edizioni, 2014 L’immagine della città, Kevin Lynch, a cura di Palo Ceccarelli, Biblioteca Marsilio L’architettura della partecipazione, Giacarlo de Carlo, Quodlibet Habitat, 2013 Capability in architecture, Lotus 152, 2013
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grazie!
Il Tutor
Il Candidato
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