Mandala & doodles

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corso di

Mandala & Doodles

diretto da Mario la Fortezza


Mandala


La pittura dei Mandala è una tecnica che ci aiuta ad aprirci alla creatività, così appagante e vitale, spesso bloccata da pregiudizi e condizionamenti provenienti dall’infanzia. Ci permette di praticare presenza in uno spazio di rilassamento e centratura, attraverso l’uso di diverse tecniche: matite, tempere, acquarello, ecoline. Questo per-Corso è rivolto sia a chi sa dipingere e vuole uscire da schemi conosciuti, sia a chi vuole sperimentare nuovi approcci creativi, attraverso l’incontro di colori, luce e ombra, facendo emergere figure-simbolo che risvegliano ricordi e armonie interiori. Costruire un mandala comporta l’uso di strumenti e forme geometriche ripetute intorno al centro, che possono poi essere dei contenitori di qualsiasi elemento pittorico.

e sacro: il cerchio delimita uno spazio in cui si rappresenta il cosmo e l’esteriorizzazione della psiche umana. Nelle filosofie orientali di tipo buddhista o induista e nel lamaismo tibetano, il Mandala viene utilizzato come mezzo per la meditazione e tramite la sua costruzione o il suo utilizzo nella pratica meditativa l’uomo libera lo spirito, purifica l’anima ed entra in comunione con le forze del cosmo, elevandosi spiritualmente. Nella tradizione buddhista, specie quella tibetana, il mandala viene costruito meticolosamente dai monaci con sabbie colorate in molte settimane e poi distrutto di colpo in pochi secondi, a significare l’impermanenza della realtà terrena. Il rito crea il mondo ma ne mostra anche il lato effimero e fluente.

L’arte diventa via terapeutica, rito esterno che nello stesso tempo esprime e rigenera ciò che è interno.

I mandala dei nativi americani hanno molte similitudini con quelli tibetani e indiani, ma sono legati ai riti di guarigione ed alla medicina. La costruzione di un cerchio sacro di sabbia vuole rappresentare la dimensione della persona ammalata per riportare nel suo corpo, nella sua mente e nel suo spirito l’equilibrio che è venuto a mancare. L’uso del Mandala come ausilio visivo per ottenere stati mentali particolari non è sola prerogativa del mondo orientale ma è testimoniato anche in Europa. Splendidi esempi sono i rosoni delle cattedrali gotiche con le loro vetrate colorate. Altri mirabili esempi di mandala cristiani si trovano già nel primo Medioevo, mostrando perlopiù Cristo nel centro ed i quattro evangelisti o i loro simboli ai quattro punti cardinali.

Mandala, dal sanscrito, significa Cerchio: si riferisce ad un’immagine simbolica in cui convivono due forme geometriche fondamentali: il quadrato che indica l’armonia da raggiungere nel mondo materiale, al fine di poter poi conseguire la perfezione spirituale rappresentata dal cerchio; oltre queste due figure troviamo una schiera di altre forme geometriche, personaggi, simboli e motivi ornamentali, carichi di significati e valenze simboliche. E’ suddiviso generalmente in quattro o multipli di quattro, irradia dal centro e/o converge verso il centro, a seconda della prospettiva di chi lo guarda. In quanto manifestazione archetipica(1) il Mandala compare spontaneamente in differenti tempi e luoghi geografici e contesti culturali ed è sempre volto ad un uso rituale

Rientrano nella simbologia dei mandala anche gli antichi intrecci dei nodi celtici (suddivisione di poligoni regolari). Oggi la cultura celtica suscita molto fascino e spesso vediamo i loro nodi nei tatuaggi e nella lavorazione dei gioielli. Un’altra importante tipologia di mandala che deriva dalle raffigurazioni celtiche è il labirinto che troviamo molto spesso disegnato sul pavimento all’entrata delle chiese medioevali. Questo Mandala rappresenta il pellegrinaggio alla città santa: i visitatori pregano mentre procedono in ginocchio verso il centro del labirinto. Nel labirinto, come nel Mandala: percorrere un tragitto, anche solo visivo, trasforma e induce in uno stato di rilassamento e concentrazione, che porterà, chi lo pratica, al centro e dal centro all’esterno.

Colorare un mandala aiuta a disporsi all’ascolto di sé stessi e ad accogliere quello che siamo.

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In epoca moderna il maggior studioso dei mandala è stato lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung. Egli scoprì spontaneamente il mandala in una fase di profondo percorso di conoscenza di sé. Nei suoi studi e osservazioni Jung notò che i disegni cambiavano con il cambiare della situazione psichica che stava vivendo chi disegnava il mandala, notò inoltre che erano presenti figure comuni nelle diverse culture e personalità. Fu lui a considerare quei simboli come figure archetipi dell’inconscio collettivo. (L’inconscio individuale appartiene ad ogni individuo ed è formato dalle proprie esperienze personali; racchiuso in questo si trova anche l’inconscio collettivo, che invece, non è stato acquisito ed esperito. All’inconscio collettivo appartengono immagini pri-

© Ugdithi

Come mai il cerchio è un simbolo così carico di significato? Se partiamo dalla nostra storia biologica noi deriviamo da un piccolo uovo rotondo appeso nell’utero materno, anch’esso uno spazio sferico, da cui usciamo nel mondo attraverso un’apertura circolare. A livello di macrocosmo (pianeti, corpi celesti e loro orbite) e di microcosmo (atomi, particelle sub-atomiche e loro orbite) la circolarità si ripete come un engramma (traccia mnemonica che si organizza nel sistema nervoso attraverso un processo di apprendimento e di esperienza) proprio della nostra vita e del nostro universo. E’ possibile, quindi, che la memoria genetica del corpo, l’esempio evidente del sole e della luna abbiano fornito ai nostri progenitori (le riunioni in cerchio attorno al fuoco) l’idea della forma circolare come simbolo di coscienza, di vita, di morte e rinascita. Sviluppatosi probabilmente da questa idea originaria, il cerchio entrò a far parte dei miti della creazione di molte culture. Da qui la considerazione del cerchio come contenitore o evocatore di esperienza sacre: molti riti religiosi, infatti, iniziano tracciando un cerchio sacro, vi sono poi alcune cerimonie che ricorrono al movimento circolare per indurre uno stato di estasi ad esempio la danza dei dervisci. (discepoli di alcune confraternite islamiche (turuq) che, per il loro difficile cammino di ascesi e di salvazione, sono chiamati a distaccarsi nell’animo dalle passioni mondane). La figura del Mandala rappresenta il movimento costante tra esterno ed interno, fra il polo dell’espansione, dell’esplorazione e quello del ritorno a se stessi, della integrazione. A livello simbolico esso è la forza centrifuga che spinge alla scoperta del mondo esterno ed è la forza centripeta che riporta al centro, alla introspezione del mondo interno. Il Mandala conduce all’autocoscienza, al centro di Sé. Il quadrato rappresenta stabilità e solidità, equilibrio, rimanda alla terra e al corpo, può favorire la ricerca della calma e dell’equilibrio; Il triangolo rappresenta unione del corpo, mente, spirito.

mordiali comuni ereditate che racchiudono in sé la simbologia della nascita dell’uomo e del mondo e che riemergono attraverso un legame con le emozioni). Il mandala, come struttura radicata nell’inconscio, rappresenta il movimento tra interno ed esterno, le forze che portano all’esplorazione del mondo esterno ed alla nostra interiorità. Il centro del mandala, a cui tutto arriva e da cui tutto riparte è come il centro della propria anima, dove poter ritrovare energia ed armonia. Quando si tende a perdere il proprio orientamento e si vive in uno stato di confusione, il mandala è una via al ritrovamento dell’ordine e dell’energia. Colorare un mandala aiuta a disporsi all’ascolto di sé stessi e ad accogliere quello che siamo.


pulsione a diventare ciò che si è, a realizzare il Sé più profondo ed autentico, quale simbolo di Totalità, quale Centro del proprio essere (→Mandala).

“... è l’idea di un centro della personalità, di una sorta di punto centrale all’interno dell’anima, al quale tutto sia correlato, dal quale tutto sia ordinato e il quale sia al tempo stesso fonte di energia. L’energia del punto centrale si manifesta in un impulso a divenire ciò che si è: così come l’organismo è costretto, quali che siano le circostanze, ad assumere la forma caratteristica della propria natura....”. Lavorare sul mandala ha la sostanza di una meditazione e aiuta la psiche a ritrovare la sua armonia profonda. La nostra vita segue un progetto, il modello che il Sé aveva in serbo per noi, anche se difficilmente lo seguiamo. Quando non viviamo in armonia col Sé avviene una forzatura; il segno più diffuso di questa distorsione è l’inquietudine, che si manifesta come insoddisfazione, angoscia, solitudine, desiderio o mancanza, depressione o disperazione. Come fare a ricondurre quella pluralità in cui si è frantumata la nostra psiche, verso la sorgente Una, luminosa, indifferenziata? Lo strumento più efficace è il simbolo (2), che ci consente di muoverci in questo mondo immaginifico, attraversato da un tumultuoso groviglio di forze. Attraverso il simbolo possiamo dare forma alle infinite possibilità giacenti nel fondo del nostro inconscio, alle paure inespresse, ai primordiali impulsi, alle passioni antiche. Nasce così il Mandala, quale schema della complessa rappresentazione simbolica di questo dramma della disintegrazione e della successiva reintegrazione in cui questo duplice processo è espresso per simboli che, se saggiamente letti suscitano l’esperienza psicologica liberatrice.

© Ugdithi

Tecnica

Secondo Jung, durante i periodi di tensione psichica, figure mandaliche possono apparire spontaneamente nei sogni per portare o indicare la possibilità di un ordine interiore. Il simbolo del mandala, quindi, non è solo solco intorno al centro, un recinto sacro della personalità più intima, un cerchio protettivo che evita la “dispersione” e tiene lontane le preoccupazioni provocate dall’esterno. Ma c’è di più: oltre ad operare al fine di restaurare un ordinamento precedentemente in vigore, un mandala persegue anche la finalità creativa di dare espressione e forma a qualche cosa che tuttora non esiste, a qualcosa di nuovo e di unico. Jung ha formulato il concetto di “processo di individuazione” intendendolo come una vera e propria

Si possono usare colori pastello, acquerello, colori ad olio, ecoline, ma anche sabbia, terra colorata, polveri, elementi presenti in natura. Si può disegnarlo su carta o crearlo in un luogo speciale, si può conservare o distruggerlo una volta terminato e contemplato. All’inizio costruiamo forme geometriche che possono poi essere dei contenitori di qualsiasi elemento pittorico. (1) Archetipo deriva dal greco antico arché (“originale”), tipos (“modello”, “marchio”, “esemplare”). Per Jung ed altri autori indica le idee innate e predeterminate dell’inconscio umano. ovvero immagini mentali degli istinti. (2) Simbolo (sim bal, mettere insieme due parti distinte).


Doodle


Doodle deriva da un sostantivo inglese che significa scarabocchio. Quelli che si fanno quando siamo al telefono, quei disegnini e ghirigori senza senso su un pezzo di carta, o a lezione, quando il professore è particolarmente noioso e la nostra mente vaga e la mano sembra dotata di vita propria. Nel film del 1936 E’ arrivata la felicità di Frank Capra, Gary Cooper, nei panni del protagonista Longfellow Deeds, sosteneva che i doodle fossero degli scarabocchi che potevano aiutare le persone a concentrarsi meglio. Per Doodle si intende anche un logo di Google (qui alcuni esempi: http://www.google.com/doodles) o un sito web dove è possibile creare e far votare il momento migliore per tenere un certo evento. Il laboratorio fornirà le indicazioni di base per la costruzione di modelli grafici in cui “perdersi e ritrovarsi” piacevolmente, coccolati da delicati sottofondi musicali: una modalità per rilassarsi e centrarsi con leggerezza, creando meravigliosi labirinti di forme e colori.



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MARIO LA FORTEZZA Autodidatta di formazione, Mario vive e lavora a Milano. Si è affermato nel campo della fotografia pubblicitaria con uno stile unico e originale, al confine tra pittura e illustrazione, contribuendo al successo di importanti campagne pubblicitarie di respiro nazionale e internazionale. Da sempre cura e sperimenta nuove tecniche e mezzi espressivi. Ha esposto in Italia e all’estero: Galleria Agorà e Biennale Fotografia a Torino, Museo Ken Damy a Brescia, Triangle Galery a Bruxelles, Sicof, Palazzo Isimbardi, White Gallery, Shantisaburi, Spazio Tadini, Galleria QuintoCortile a Milano e altre sedi. Hanno presentato e/o recensito i suoi lavori: Lanfranco Colombo, Denis Curti, Ken Damy, Gabriella Galzio, Giuliano Luzzatto, Michele Mirabella, Roberto Mutti, Maurizio Rebuzzini, Videa Ricci, Ugo Ronfani, Giuliana Scimè, Pio Tarantini, Roberto Tomesani, Roberta Valtorta. Mario La Fortezza ha maturato una lunga esperienza come docente presso diverse scuole pubbliche e private. Attualmente propone corsi e workshop intensivi, percorsi formativi completi, sessioni, seminari e altre attività legate alla fotografia e allo sviluppo della consapevolezza. Prossimo a completare la formazione come Counselor in Arte Terapia, è Master Reiki e continua a esplorare le sinuosità della mente e il linguaggio delle emozioni attraverso la Bioenergetica, l’Ipnosi Eriksoniana, la PNL e varie tecniche di meditazione.


www.mariolafortezza.com • info@mariolafortezza.com • tel. 02 4077221 • mobile 348 2898740


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