Il Filo d’Oro
Il significato Magico del Solstizio d’ Inverno E DEL NATALE
Il significato magico del Solstizio d’Inverno
T
ra qualche settimana avrà inizio il periodo delle celebrazioni e dei festeggiamenti per il
Natale e, come ogni anno, la moltitudine globalizzata, con giustificazioni astrattamente
religiose, si immergerà repentinamente e totalmente nella demonia del consumismo sfre-
nato, senza comprendere minimamente o implicitamente che in quei giorni specifici del ciclo annuale qualcosa di straordinario e di magico accade, un evento cosmico che assumeva un alto valore simbolico in tutte le forme assunte dalla Tradizione Primordiale. Questo nostro scritto è mirato proprio a precisare il suddetto aspetto tradizionale, compenetrandolo in una visione organica, che liberi il campo da integralismi e settarismi d’ogni tipo, esplicitando il senso universale di quello che è comunemente conosciuto come il Solstizio d’Inverno, appartenente, in forme giustamente diverse, alla spiritualità di tutte le religioni del mondo. “Non dimentichiamo, infatti, che quell’avvenimento iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati, ad esempio presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Esso, inoltre, ispirò il “frammento 66” dell’opera di Eraclito di Efeso (560/480 a.C) e fu allegoricamente cantato da Omero (Odissea 133, 137) e da Virgilio (VI° libro dell’Eneide). Quello stesso fenomeno, fu invariabilmente atteso e magnificato dall’insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan” (“rinascita del dio Sole”); i Germani, “Yulè” (la “ruota dell’anno”); gli Scandinavi “Jul” (“ruota solare”); i Finnici “July” (“tempesta di neve”); i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” (il “giorno più corto”)”. Pochi sanno, infatti, che, intorno alla data del 25 Dicembre, quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horo e il padre, Osiride, si credeva fosse nato nello stesso periodo; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; il dio Bacco in Grecia, nonché Ercole e Adone o Adonis; il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord; Zaratustra in Azerbaigian; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore ed a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Istar, rappresentata col figlio divino fra le braccia e con, intorno al capo, un’aureola di dodici stelle. “Nel giorno del Natale il Sole, che, nel suo moto annuo lungo l’eclittica - il cerchio massimo sulla sfera celeste che corrisponde al percorso apparente del Sole durante l’anno -, viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell’ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce (all’incirca, 8 ore e 50/55 minuti)”; raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell’anno, riprende, da questo momento, il 2
suo cammino ascendente. “Nella Romanità, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto, dopo l’introduzione, sotto l’Imperatore Aureliano, del culto del dio indo-iraniano Mithra nelle tradizioni religiose romane e l’edificazione del suo tempio nel campus Agrippae, l’attuale piazza San Silvestro a Roma, che era praticamente incluso all’interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano Saturnalia, festività dedicate a Saturno, Re dell’Età dell’Oro, che, a partire dal 217 a .C. e dopo le successive riforme introdotte da Cesare e da Caligola, si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere i raccolti, le strade, le città, la famiglia.” Il mito romano narra che il misterioso Giano, il dio italico, regnava sul Lazio quando dal mare vi giunse Saturno, che potrebbe essere inteso come la manifestazione divina che crea e ricrea il cosmo a ogni ciclo, colui che attraversa le acque, ovvero la notte e la confusione-caos successiva alla dissoluzione del vecchio cosmo, per approdare alla nuova sponda, ovvero alla luce del nuovo cosmo, del nuovo creato; come sostiene René Guénon, vi è una qualche analogia, fra il dio romano e il vedico Satyavrata, testimoniata dalla comune radice sat, che in sanscrito significa l’Uno. “Nel Lazio, inoltre, nel corso del mese di Dicembre, il dio Conso era festeggiato il 15 Dicembre, nel corso delle Consualia, le feste dedicate alla “conclusione sacrale del vecchio anno” : segnaliamo come dal latino, “condere”, indica l’azione del “nascondere” e/o del “concludere”. Il già citato Giano, associato a Conso, poi, era l’antica divinità latina dalle “due facce”, “dio del tempo” e, specificamente, “dell’anno” ed il cui tempietto, a Roma, consisteva in un corridoio con due porte, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra che, sulla base della sua ancestrale accezione, designa “l’andare” e , più particolarmente, la “fase iniziale del camminare” e del “mettersi in marcia”: regolava e coordinava l’inizio del nuovo anno, da cui Ianuarius, il mese di Gennaio”. Come ci conferma Franz Altheim “Ianus e Consus, nella realtà religiosa romana, si riferivano all’inizio ed alla fine di un’azione” e facevano ugualmente riferimento (… ) “ad eventi fissati nel tempo, ma che si ripetevano periodicamente”, quelli dell’eterno ritorno della luce a discapito delle tenebre. Non dimentichiamo, quindi, come la tradizione romana della festa del dies solis novi affondava le sue radici, sia nel passato preistorico delle genti indoeuropee, a cui i Romani e la maggior parte delle genti Italiche appartenevano, che in quello delle sue stesse basi cultuali: Julius Evola ci ricorda come “Sol, la divinità solare, appare già fra i dii indigetes, cioè fra le divinità delle origini romane, ricevute da ancor più lontani cicli di civiltà”. E’ fondamentale a questo punto comprendere come tale rinascita solare rappresenti “solo” il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere al deva-yana o “via degli dei” della tradizione indù, alla contrada ascendente e divina in cui l’uomo, restaurando in sé l’Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovraindividuale. Questo è il momento in cui, quando la notte diviene padrona e il buio totale, è necessario mantenere accesa la fiamma della Fede, che al mattino, con l’alba, diverrà trionfante. 3
Nei tarocchi ciò che meglio identifica tale rinascita di Luce è la lama del Bagatto, che simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui missione è conseguire l'unione fra spirito e materia. Il Bagatto ha già davanti a sé tutti i simboli del potere materiale ed è il personaggio che intraprende l'Opera alchemica, lavorando con i tre principi e i quattro elementi (i tre piedi e i quattro angoli del tavolo), grazie alla quale ogni uomo è un metallo, che portato alla sua perfezione, viene chiamato Oro. Il senso più alto della carta è dato dal suo numero, che è l’uno e che indica il motore immobile, il Principio di tutte le cose, anche se il suo cappello a forma di otto allungato simboleggia il movimento d’elevazione spirituale che conduce alla quadratura del cerchio. Uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d'Inverno, perciò, si passa dal nulla all'unità, geometricamente cioè, dal divenire sensibile, rappresentato dal simbolo della circonferenza, si passa all’eterno presente, che nell’uno e nel centro si esplicita perfettamente. Significativo è, inoltre, il passo evangelico in cui Giovanni Battista, nato nel giorno del Solstizio d’estate, rivolgendosi a Gesù, nato nel Solstizio d’Inverno, si pronunci in tal modo: “Bisogna che egli cresca e che io diminuisca”. Parimenti è la rappresentazione classica del dio iranico Mithra, raffigurato mentre uccide un toro, con due dadofori ai suoi fianchi, che simboleggiano il corso del Sole: Cautes con la torcia verso l’alto (21 Giugno) e Cautopates con la torcia verso il basso (21 Dicembre). Ecco il simbolismo tradizionale delle porte solstiziali, che corrispondono rispettivamente all’entrata e all’uscita dalla Caverna Cosmica: la prima porta, quella "degli uomini", corrisponde al Solstizio d'Estate, cioè all'entrata del Sole nel segno zodiacale del Cancro, la seconda, quella "degli dei", al Solstizio d'Inverno, cioè all'entrata del Sole nel segno zodiacale del Capricorno. Dal punto di vista iniziatico la caverna, per via del suo carattere di luogo nascosto e chiuso, rappresenta un momento di totale interiorizzazione dell'essere, vale a dire il luogo dove avviene, accedendovi, la seconda nascita dell’iniziato. La seconda nascita, corrispondente nel significato ai Piccoli Misteri, si differenzia dalla terza nascita, in uscita dalla porta solstiziale d'inverno, corrispondente, invece, ai Grandi Misteri. La seconda nascita si realizza sul piano psichico, definendosi come rigenerazione psichica; la terza nascita, invece, opera direttamente nell'ordine spirituale e non più psichico, in quanto l’iniziato deve a quel punto aver risolto la sua individualità, trovando così libero accesso alla sfera di possibilità della comprensione sovraindividuale. Qui l’iniziato rivive le tre tappe del processo alchemico: le tenebre s’infittiscono, l'alba s'imbianca, la fiamma risplende. In prospettiva macrocosmica, tutto ciò è simboleggiato dall'ingresso del Sole nel segno zodiacale del Cancro, con il Solstizio d'Estate. Il Solstizio d'Inverno corrisponde, invece, in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita nella luce. Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un'illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna: un fascio di luce che penetra da un'apertura nel tetto della caverna e che genera quell'illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il "Sole Intelleggibile". Nell'ordine microcosmico, per quanto concerne l'organismo sottile individuale, tale apertura corrisponde al centro energetico che si trova sulla sommità del capo: il chakra della corona, il kether della Sefiroth. Esso rappresenta il settimo livello del sistema dei chakra e corrisponde a ciò che 4
nella Cristianità viene indicato come il settimo cielo. E' lo stato di consapevolezza della libertà assoluta, la sede del Creatore. Secondo gli indù al chakra della corona si fondono la Prakriti , la sostanza primordiale, e il Purusha, lo spirito, l’essenza. Nel percorso rettilineo tra la seconda e la terza nascita, all'interno della Caverna Cosmica, tra le due porte solstiziali, l'illuminazione, dunque, penetra in noi dalla sommità del cranio, come, secondo i rituali operativi massonici, sulla sommità del cranio di ogni uomo è sospeso il filo a piombo del Grande Architetto, quello che segna la direzione dell'Asse del Mondo. Concludiamo questo nostro scritto col ricordare che la rigenerazione cosmica, di cui si è scritto, è sempre concepita con la discesa e con l’aiuto di un avatara, di cui il Cristo Redentore è l’ultimo e più splendente esempio:”Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà”.
LA CELEBRAZIONE Il giorno del Solstizio d’inverno, 22 dicembre 2012, ti invitiamo a celebrare questa magica notte, la più lunga dell’anno, quando la Dea Terra partorisce come ogni anno un Sole bambino, dando inizio ad un nuovo ciclo di vita. Sentiamo che questa celebrazione di cuori uniti in ogni posto della Terra renderà il nostro cerchio di approfondimento olistico ancora più coeso e collaborativo. Questo 2012 ha segnato profondamente tutti noi che siamo impegnati in un cammino spirituale o olistico se preferite… Omaggiamo dunque questo nuovo Sole che si avvia a nascere… Attendiamo con lui, il bambino solare… per mano, fiduciosamente il 2013. Celebriamo in ogni luogo uniti nel cerchio sacro, con un fuoco sacro al centro (anche una candela andrà benissimo). Un rituale ispirato, ciascuno come sente più appropriato, simboleggerà la rinascita del sole, Horus, Cristos o come volete chiamarlo… Il nome cambia ma l’energia del Simbolo è sempre la stessa… Vi consigliamo di vestire di bianco o con colori chiari, e di portare una stola o un drappo sopra i 5
vestiti, che servirà per rappresentare la fase dell’oscurità e che verrà tolto durante il rito aprendo la nostra vita al nuovo sole. A fine celebrazione vi consigliamo di celebrare e addobbare
un
ALBERO
dei
desideri…
Attaccando ad esso con amore e cura di non far male a questa potente creatura vegetale, tutti i desideri per il nuovo Sole… E per il nuovo ciclo e nuovo tempo che ci aspettano. …Tutto il Cosmo vive, pulsa, si espande, si trasforma. Questi movimenti possono essere riconosciuti in modo semplificato come appartenenti a due tipologie fondamentali, i movimenti che allontanano, dilatano, espandono, ascendono; i movimenti che attirano, concentrano, ritirano, discendono. In tal senso possiamo pensare tutti questi movimenti come respiri, espirazioni ed inspirazioni. Il pianeta Terra è parte di questo Cosmo, e come tale partecipa direttamente dei respiri del cosmo e in particolare ci è facile riconoscere tre fondamentali respiri, uno di ventiquattro ore di ritmo notte e dì, dovuto alla rotazione della stessa Terra su se stessa, uno di ventotto-ventinove giorni posto in relazione con l’orbita della Luna intorno alla Terra, uno di durata annuale, derivato dal percorso della Terra intorno al Sole. Un giorno terrestre, un mese lunare, un anno solare, quindi, ciascuno con un suo respiro. Questi tre respiri si combinano e tutti insieme in ogni momento coinvolgono ed influenzano il nostro mondo. La luce o energia del Sole quindi abbiamo visto che trasporta energia pranica (potremmo anche dire informazione) e di calore, ed è questa energia che riscalda e da energia alla Terra e costituisce la forza che causa i fenomeni climatici e meteorologici. Possiamo dedurre che la Terra trae dal disco solare energia ed elementi attivi, definibili come maschili, necessari alla vita in ogni sua manifestazione. Da sempre infatti e soprattutto nelle antiche civiltà, il Sole è stato considerato il principio maschile, 6
governatore del giorno e della luce, Dio, il Padre, l’autorità assoluta che emana dalla sua forza ingovernabile. L’ideogramma che lo raffigura meglio è un cerchio con un punto centrale: centro e circonferenza sono unite in una relazione dinamica. È quella pulsazione vitalistica che dal centro si propaga verso l’esterno che dà vita al nostro sistema solare e che, indubbiamente, è la principale fonte di vita del nostro pianeta. Il Sole è il Fuoco iniziale: esplosione primigenia che è l’impulso espansivo, il calore animatore che unendosi alla forza attrattiva della Natura genera la Materia. Archetipo universale, sorgente di luce e di calore, il Sole è il principio ordinatore dell’universo. Da lui deriva l’energia che tutto muove. È il centro, il cuore del mondo, l’eterno padre che governa e dà la vita. Fin dall’antichità è stato considerato una potenza divina che porta benessere e rinascita, ma anche distruzione e siccità. I culti solari ne hanno celebrato l’importanza, la regalità, e sono fioriti in tutte le maggiori tradizioni religiose: Ra in Egitto, Utu o Babbar fra i Sumeri, Ravi o Surja in India, Apollo ed Helios in Grecia, Mitra a Roma per arrivare a Gesù Cristo e molti altri ancora.
IL SOLE Il Sole nelle diverse stagioni è necessario al ciclo della rinascita, antichissimo e sempre nuovo, di tenere gemme e forze embrionali della ripresa vegetativa, culminanti con l’emissione di fiori e la maturazione dei frutti. Questa è la fase produttiva ed espansiva del respiro annuale della Terra. Con il nome “Ruota dell’Anno” viene designata un’antichissima forma di calendario, d’origine pagana, che segna il ciclo delle stagioni durante l’anno. Per gli antichi, ogni cosa era inserita all’interno di un ciclo, con il proprio ritmo e la propria energia particolare: dal ciclo lunare mensile, a quello delle stagioni, ai cicli più grandi delle varie Ere. Il serpente che si morde la coda simboleggia proprio questa concezione ciclica che si applica a tutte le forme del creato, così come la Ruota che percorre il suo cammino lungo sentieri sempre diversi e tuttavia sempre uguali. Ogni momento di passaggio, determinato dai movimenti celesti e dal volgere delle stagioni, era considerato un momento sacro, cui partecipavano tutti gli esseri del mondo vegetale e animale. Ma la Ruota dell’Anno ci conduce anche attraverso le stagioni, nel viaggio della Vita, dalla nascita alla giovinezza, fino alla maturità e alla vecchiaia, con infine, la morte e la nuova rinascita. Ogni momento dell’anno viene così a corrispondere ad un momento della Vita. I cicli della Vita, del Cielo e 7
dell’intero creato sono interconnessi intimamente. L’uomo antico si sentiva parte costitutiva dell’universo, visto come un tutt’uno, una trama dove ogni filo era collegato agli altri per mezzo di legami sottili eppure indistruttibili: nell’antica concezione anche il Divino non era visto come un’entità separata dal mondo, ma ne era allo stesso tempo creatore e parte essenziale, non trascendente ma immanente: anche il più piccolo granello di sabbia, come il più minuscolo degli animali veniva sentito come intimamente connesso al Tutto, Uomo compreso e, l’essere umano, considerava se stesso solo un filo della “ragnatela” universale. Il calendario della Ruota dell’Anno fonde due cicli separati eppur connessi: il primo è quello del mistico viaggio del Sole nel cielo che, passando tra equinozi e solstizi, ci presenta la nascita, la maturità, la vecchiaia dell’astro e la sua nuova rinascita.
LA DEA DELLA TERRA INVERNALE Il secondo ciclo è quello stagionale che ci mostra le vicende delle divinità legate ai culti agrari e pastorali, attraverso i tempi della semina, della fioritura e conseguente maturazione e raccolta. Le festività della Ruota dell’Anno sono per lo più denominate con termini d’origine celtica poiché, questo popolo, ci ha lasciato un notevole corpus mitologico e folkloristico a riguardo. Gli Antichi popoli mediterranei, comunque, celebrarono l’evento secondo concezioni simili a quelle celtiche, se non proprio identiche, anche se, purtroppo, le loro testimonianze, quanto meno quelle dirette, sono andate perlopiù perdute o modificate dalla sovrapposizione di significati cristiani. Per gli antichi, ogni fine era un inizio ed ogni inizio una fine ed ogni cosa esistente vi era coinvolta non solo a livello spirituale, ma anche a livello materiale.
I solstizi Potremmo dire che i solstizi e gli equinozi sono dei fari di orientamento temporale della nostra biosfera. Tutte le civiltà del mondo antico davano grande importanza al fenomeno del “mezzogiorno senza ombre”, elaborando una vera e propria Mitologia Astrale, cui si affiancò anche una sostanziale Biologia 8
Astrale, che vedeva nei solstizi ed equinozi pietre miliari nel nostro cielo e nella nostra vita biologica. La parola solstizio deriva dal latino sol stetit che significa letteralmente il sole si ferma. Dal nostro punto di vista di osservatori dell’emisfero Boreale il sole sorge e tramonta sempre più a Sud sull’orizzonte a mano a mano che si avvicina il Solstizio d’Inverno, mentre sorge e tramonta sempre più verso Nord quando si avvicina il Solstizio d’Estate (dal punto di vista Australe ovviamente è l’inverso) In concomitanza dei solstizi, cioè il 21 giugno ed il 23 dicembre, per alcuni giorni, il sole pare sorgere e tramontare quasi esattamente negli stessi punti: i suoi punti di levata e tramonto sembrano fermi per sei\sette giorni, da cui il nome di solstizio. A metà fra un solstizio e l’altro, ossia il 21 marzo ed il 22 settembre si verifica un punto di equilibrio in cui gli emisferi Nord e Sud ricevono la stessa quantità di luce solare, ed il giorno e la notte hanno identica durata. Questi sono gli equinozi (dal latino equinox che significa notte uguale).In queste giornate di equinozio sulla linea dell’equatore, con il sole allo zenith non coesistono le ombre, in quanto la perfetta perpendicolarità dei raggi solari sui corpi non può creare alcuna ombra visibile. Lo stesso fenomeno si verifica sulla linea dei tropici in concomitanza con i Solstizi.
le celebrazioni pagane Nel corso dell’anno la posizione della Terra rispetto al Sole attraversa una continua modificazione, che la vede più e meno vicina e in grado di ricevere i suoi raggi secondo diverse angolazioni. Quando il Sole è all’altezza massima sull’orizzonte del luogo, cade il solstizio d’Estate, che è un formidabile momento cosmico per la raccolta di erbe e per la loro preparazione. È il momento in cui le streghe raccoglievano l’iperico, erba di molte virtù magiche e protettive contro i demoni, o più scientificamente portatrice di ipericina ed altri principi di effetto ottimizzante dell’umore. Ha preso in tempi cristiani il nome di erba di S. Giovanni a seguito del riconoscimento di questo giorno come consacrato al santo cattolico, secondo una prassi diffusa di inserimento di festività cristiane in date ritualizzate in precedenza. Ovviamente è un momento propizio per tutte le erbe, perché il Sole irraggia la massima portata della sua forza, è nella sua massima altezza e perpendicolarità. Il momento del solstizio d’Inverno coincide con la minima altezza dell’astro sull’orizzonte del luogo, il momento in cui la sua forza si percepisce al minimo e l’uomo riconosce la sua vulnerabilità. Appunto come quella di un bambino appena nato… Va protetto; per questo le tradizioni celtiche prevedevano di mantenere acceso un fuoco dal tramonto al successivo ritorno della luce, per rappresentare simbolicamente e celebrare la continuità del rapporto tra gli uomini e il Sole. 9
le pratiche della tradizione Si accendevano falò nei campi e i raccolti e gli alberi venivano bagnati in un brindisi augurale con del cedro speziato I bambini venivano condotti di casa in casa con in dono mele e arance aromatizzate con chiodi di garofano, dentro cesti di fronde sempreverdi e spighe di grano spolverate con farina. Le arance e le mele rappresentavano il sole, le fronde sempreverdi l’immortalità, le spighe il raccolto e la farina era il simbolo del trionfo, della luce e della vita. L’agrifoglio, il vischio e l’edera decoravano le case all’esterno e all’interno. Era un invito agli Spiriti della Natura di unirsi alla celebrazione. Un ramoscello di agrifoglio era tenuto vicino alla porta per tutto l’anno a simboleggiare l’invito perpetuo rivolto alla buona sorte. Il ceppo natalizio cerimoniale costituiva il culmine delle celebrazioni. Secondo la tradizione, il ceppo doveva essere stato raccolto dai terreni appartenenti al padrone di casa, oppure portato come dono, ma non doveva essere mai acquistato. Una volta portato dentro e sistemato nel camino, veniva decorato con fronde ed erbe, bagnato con cedro o birra e cosparso di farina, prima di essere acceso con un pezzo del ceppo dell’anno precedente (conservato a questo scopo). Il ceppo bruciava per tutta la notte, poi rimaneva sotto la cenere per 12 giorni dopo essere stato spento in una cerimonia rituale. Il frassino è l’albero tradizionale da cui si ricava il ceppo della festività nella tradizione nordica. È l’albero sacro dei Teutoni, noto come Yggdrasil, che si credeva sorgesse al centro del mondo come suo sostegno. Si usava accendere sul ceppo tre candele: rossa, verde e bianca (i colori della stagione), o verde, oro e nera (i colori del Dio del Sole), o bianca, rossa e nera (i colori della Grande Dea). Veniva poi decorato con fronde, nastri rossi e dorati, boccioli di rosa, chiodi di garofano e spolverato di farina. Le pratiche ancora diffuse in tutta Europa sono cantare inni, bagnare gli alberi con liquore, bruciare il ceppo natalizio, decorare l’albero, scambiarsi i regali, baciarsi sotto il vischio. Le deità, della tradizione chiamata Natale di cui si parlerà meglio più avanti, sono tutti Dei Rinati, Dei Solari, Dee Materne e Triplici Dee. Come il Dio Dagda con il calderone come simbolo e Brigida, la figlia di Dagda. Brigida è la divinità che tradizione vuole abbia insegnato ai fabbri le arti del fuoco ed i segreti della lavorazione dei metalli. La fiamma di Brigida, come la fiamma di una nuova luce, penetra attraverso l’oscurità dello spirito e della mente, mentre il calderone di Dagda indica che la Natura provvederà sempre ai propri figli. Non dimentichiamo che quest’avvenimento, come è dimostrato storicamente, iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati proprio perché era importantissimo determinare i cicli delle stagioni e del sole per poter sopravvivere. Troviamo esempio di questa necessità presso le co10
struzioni megalitiche di Stonehenge in Gran Bretagna, sito allineato appunto costruttivamente sul solstizio d’inverno. Altri siti archeologici di epoca preistorica e protostorica che venivano utilizzati, sia per calcolare che per celebrare la Ruota dell’Anno, sono quelli di Newgrange, Knowth e Dowth in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e della Val Camonica in Italia. Il solstizio d’Inverno ispirò il “frammento 66” dell’opera di Eraclito di Efeso nel 560/480 a. C. Fu allegoricamente cantato da Omero nell’Odissea (v.133, 137) e da Virgilio nel VI° libro dell’Eneide. Quello stesso fenomeno fu invariabilmente atteso e magnificato dall’insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono “Alban Arthuan”, rinascita del dio Sole; i Germani, “Yulè”, la ruota dell’anno; gli Scandinavi “Jul”, la ruota solare; i Finnici “July”, tempesta di neve; i Lapponi “Juvla”; i Russi “Karatciun” il “giorno più corto.
MORTE E RINASCITA DEL SOLE L’importanza di questo periodo è riassunta nella necessità della “Luce” che le popolazioni arcaiche avevano più di ogni altro elemento. Non in molti sanno che, intorno alla data del 25 Dicembre, quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horo ed il padre, Osiride che si credeva nato nello stesso periodo e assimilato anch’egli, prima della sua morte, all’astro solare; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoath e l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; il dio Bacco in Grecia, nonché Ercole e Adone o Adonis; il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord; Zaratustra o Zoroastro, la divinità adorata dai Re Magi, in Azerbaigian; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore ed a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Ishtar rappresentata col figlio divino fra le braccia e con, intorno al capo, un’aureola di dodici stelle. Nel giorno del Natale il Sole, nel suo moto annuo lungo l’eclittica – il cerchio massimo sulla sfera celeste che corrisponde al percorso apparente del Sole durante l’anno – viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima: a quell’ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno, e manifesta la sua durata minima di luce, all’incirca, 8 ore e 11
50/55 minuti; raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell’anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente. Nella Romanità, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto, dopo l’introduzione, sotto l’Imperatore Aureliano, del culto del dio indo-iraniano Mithra nelle tradizioni religiose romane e l’edificazione del suo tempio nel campus Agrippae l’attuale piazza San Silvestro a Roma, che era praticamente incluso all’interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano Saturnalia festività dedicate a Saturno. Saturno è il pianeta tradizionale del segno del Capricorno, Re dell’Età dell’Oro. A partire dal 217 a .C. e dopo le successive riforme introdotte da Cesare e da Caligola, I Saturnali si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere i raccolti, le strade, le città, la famiglia.” Il mito romano narra che il misterioso Giano, il dio italico, regnava sul Lazio quando dal mare vi giunse Saturno, che potrebbe essere inteso come la manifestazione divina che crea e ricrea il cosmo a ogni ciclo, colui che attraversa le acque, ovvero la notte e la confusione-caos successiva alla dissoluzione del vecchio cosmo, per approdare alla nuova sponda, ovvero alla luce del nuovo cosmo, del nuovo creato; come sostiene René Guénon (4), vi è una qualche analogia, fra il dio romano e il vedico Satyavrata, testimoniata dalla comune radice sat che, in sanscrito significa l’Uno. Nel Lazio, inoltre, nel corso del mese di Dicembre, il dio Conso era festeggiato il 15 Dicembre, nel corso delle Consualia, le feste dedicate alla “conclusione sacrale del vecchio anno”: dal latino, “condere”, indica l’azione del “nascondere” e/o del “concludere”. Il già citato Giano, associato a 12
Conso, poi, era l’antica divinità latina dalle “due facce”, “dio del tempo” e, specificamente, “dell’anno” ed il cui tempietto, a Roma, consisteva in un corridoio con due porte, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra che, sulla base della sua ancestrale accezione, designa “l’andare” e, precisamente, la “fase iniziale del camminare” e del “mettersi in marcia”: regolava e coordinava l’inizio del nuovo anno, Ianuarius, il mese di Gennaio” Come ci conferma Franz Altheim “Ianus e Consus, nella realtà religiosa romana, si riferivano all’inizio ed alla fine di un’azione” e facevano ugualmente riferimento (… ) “ad eventi fissati nel tempo, ma che si ripetevano periodicamente”, quelli dell’eterno ritorno della luce a discapito delle tenebre. Non dimentichiamo, quindi, come la tradizione romana della festa del Dies Solis novi affondava le sue radici, sia nel passato preistorico delle genti indoeuropee, a cui i Romani e la maggior parte delle genti Italiche appartenevano, che in quello delle sue stesse basi cultuali: Julius Evola ci ricorda come “Sol, la divinità solare, appare già fra i dii indigetes, cioè fra le divinità delle origini romane, ricevute da ancor più lontani cicli di civiltà”(7). È fondamentale a questo punto comprendere come tale rinascita solare rappresenti “solo” il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere al deva-yana o “via degli dei” della tradizione indù, la contrada ascendente e divina in cui l’uomo, restaurando in sé l’Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovra-individuale. Questo è il momento in cui nell’agricoltura, che ha già messo nel cuore della Terra le proprie sementi, quando la notte diviene padrona ed il buio diviene totale è necessario mantenere accesa la fiammella della fede, della speme, che al mattino metaforico “la Primavera”, con l’alba, diverrà trionfante.
ILBAGATTO Nei tarocchi, ciò che meglio identifica tale rinascita di Luce è la lama del Bagatto, che simboleggia la vera essenza dell’uomo, la cui missione è conseguire l’unione fra spirito e materia. Il Bagatto ha già davanti a sé tutti i simboli del potere materiale ed è il personaggio che intraprende l’Opera alchemica, lavorando con i tre principi e i quattro elementi (i tre piedi e i quattro angoli del tavolo) e, grazie a tale opera, ogni uomo è un metallo, che portato alla sua perfezione, viene chiamato Oro. Il senso più alto della carta è dato dal suo numero, che è l’uno e che indica il motore immobile, il Principio di tutte le cose, anche se il suo cappello a forma di otto allungato simboleggia il movimento d’elevazione spirituale che conduce alla quadratura del cerchio. Uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d’Inverno, perciò, si passa dal nulla all’unità, geometricamente cioè, dal divenire sensibile, 13
rappresentato dal simbolo della circonferenza, si passa all’eterno presente, che nell’uno e nel centro si esplicita perfettamente. Significativo è inoltre, il passo evangelico in cui Giovanni Battista, nato nel giorno del Solstizio d’estate, rivolgendosi a Gesù, nato nel Solstizio d’Inverno, si pronuncia in tal modo: “Bisogna che egli cresca e che io diminuisca”. Parimenti è la rappresentazione classica del dio iranico Mithra, raffigurato mentre uccide un toro, con due dadofori ai suoi fianchi, che simboleggiano il corso del Sole: Cautes con la torcia verso l’alto (21 Giugno) e Cautopates con la torcia verso il basso (21 Dicembre).
LE PORTE TRA CIELO E TERRA Ecco il simbolismo tradizionale delle porte solstiziali, che corrispondono rispettivamente all’entrata e all’uscita dalla Caverna Cosmica: la prima porta, quella “degli uomini”, corrisponde al Solstizio d’Estate, cioè all’entrata del Sole nel segno zodiacale del Cancro, la seconda, quella “degli dei”, al Solstizio d’Inverno, cioè all’entrata del Sole nel segno zodiacale del Capricorno. Dal punto di vista iniziatico la caverna, per via del suo carattere di luogo nascosto e chiuso, rappresenta un momento di totale interiorizzazione dell’essere, vale a dire il luogo dove avviene, accedendovi, una nuova nascita dell’iniziato. Ricordiamo che, la rigenerazione cosmica di cui si è scritto, è sempre concepita nella tradizione indiana, con la discesa e con l’aiuto di un Avatar, di cui il Cristo è solo l’ultimo esempio fra i tanti citati. Il Sole ritorna sempre, e con lui la vita. Soffia sulla brace ed il fuoco rinascerà. Giano, antica divinità bifronte degli Italici, altro Avatar se vogliamo chiamarlo con il nome che darebbero quindi in India ad un uomo divino che si incarna sulla Terra, veniva identificato col Sole nel ciclo giornaliero e annuale e, quindi, con l’anno e con il cielo, con potere sul tempo e sul destino. L’allegoria della doppia faccia e della doppia fronte, ordinaria nelle erme di re Giano, è variamente interpretata. Per alcuni significa il dono della scienza del passato e del futuro, ottenuto da Saturno, perseguitato da Giove e regalmente ospitato da Giano. Altri affermano che poiché a Giano é dedicato il mese di gennaio (Januarius), viene espressa con la doppia fronte la considerazione dell’anno trascorso e di quello che sta per inaugurarsi. Giano era, in senso generale, il custode (Ianitor) delle porte (ianus, porta) ed esercitava la sua influenza su ogni passaggio e su ogni inizio o principio. A lui erano consacrati il primo mese dell’anno, l’inizio di ogni mese, di ogni giorno e di ogni attività. La radice del nome Giano indica il concetto di pas14
saggio, come la parola sanscrita yana (porta), il verbo latino ire (andare) e il gaelico ya-tu (guado). In quanto divinità solare, Giano aveva il controllo delle Porte del Cielo (Januae caelestis aulae) che il Sole apre all’alba e chiude al tramonto, così come all’inizio e alla fine dell’anno solare. Nel ciclo giornaliero, attraverso la Porta del Cielo di Oriente entra il Sole per dare inizio al giorno; attraverso quella di Occidente il Sole esce al tramonto. Nel ciclo annuale Giano apre e chiude le Porte Solstiziali, attraversando le quali il Sole dà inizio alle due metà, ascendente e discendente, del percorso annuale. Il volto maturo e barbuto, simbolo del passato, e quello giovane e gioioso, simbolo del futuro, guardando contemporaneamente indietro e avanti mostrano il potere del Dio sul tempo. A volte, Giano ha un volto virile, anziano e barbuto nonché un volto femmineo, giovane e bello in relazione al primitivo significato di simbolo del Sole e della Luna espresso dalla coppia Janus-Jana o Diano-Diana, con senso analogo a quello della coppia divina di Giove e Giunone. Nel Bifronte si rifletterebbe la concezione platonica dell’anima umana: il volto giovane e bello simboleggerebbe l’aspetto divino dell’anima, attratta verso Dio e splendente di immutabile bellezza; la faccia vecchia rappresenterebbe l’attenzione rivolta alle cose del mondo che, in quanto soggette al divenire, sono destinate ad invecchiare. Il dramma cosmico della morte e della rinascita del Sole che segna nel corso dell’anno l’avvicendarsi delle stagioni e del ciclo della vegetazione è simboleggiato dalle vicende di Dei come Osiride, Adone e Dioniso. Lo stesso avvicendarsi di vita e morte, di luce e tenebre, si svolge nel ciclo giornaliero. Osservando che ad ogni morte del Sole, della luce e della vegetazione segue la rinascita, l’uomo deduce che gli tocca la stessa sorte per il valore universale delle leggi cosmiche. In tal senso, i Solstizi acquistano anche per l’uomo significati riferiti al destino dell’anima oltre che al naturale perpetuarsi della vita sulla Terra. Uscendo dalla Caverna Cosmica, con il Solstizio d’Inverno, perciò, si passa dal nulla all’unità, geometricamente cioè, dal divenire sensibile, rappresentato dal simbolo della circonferenza, si passa all’eterno presente, che nell’uno e nel centro si esplicita perfettamente. Significativo è il passo evangelico in cui Giovanni Battista, nato nel giorno del Solstizio d’estate, rivolgendosi a Gesù, nato nel Solstizio d’Inverno, si pronunci in tal modo: “Bisogna che egli cresca e che io diminuisca”. Parimenti è la rappresentazione classica del dio iranico Mithra, raffigurato mentre uccide un toro, con due dadofori ai suoi fianchi, che simboleggiano il corso del Sole: Cautes con la torcia verso l’alto (21 Giugno) e Cautopates con la torcia verso il basso (21 Dicembre). 15
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