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p15 Notizie “libere” Il mitico regno di “Prete Gianni” tra leggenda e realtà storica. Quali tesori? Anno II n.7 - Mensile di Cultura e Attualità. On line sul sito www.notiziecs.it - email: info@notiziecs.it
San Michele Arcangelo
a p10
Il Principe delle Milizie Celesti
∷ I VANGELI GNOSTICI e i papiri di Qumran a p2
∷ La Trasformazione
∷ L'Alchimia divina con il Kriya Yoga a p9
Maestro illuminato Yogiraj Satgurunath Siddhanath a p13
della mente del
∷ La legge del Karma a p8
Renè Guènon
La via iniziatica a p13
∷ LIBRI: I Templari a p13
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Ottobre 2010
Una verità scomoda e nascosta: i papiri di Qumran e di Nag Hammadi Cronologia dei vangeli canonici e apocrifi, I-III secolo
s Nel 1947, all’interno delle grotte situate nella zona di Qumran, nei pressi del Mar Morto, vennero ritrovati dei rotoli che contenevano documenti manoscritti. Buona parte di questi documenti è già stata pubblicata ed è entrata a far parte dei “Vangeli apocrifi” o “gnostici”. Nelle grotte di Qumran venne scoperta un’enorme quantità di Rotoli, ma buona parte di essi era stata danneggiata dagli agenti atmosferici e dai parassiti. Furono rinvenute, in meno di venti grotte, testimonianze indispensabili per lo studio e la comprensione della letteratura religiosa ebraica e cristiana. Una parte dei rotoli sono commentari a vari libri dell’Antico Testamento e ad altre opere ebraiche apocrife. I rotoli del Mar Morto furono occultati dalla comunità degli Esseni intorno al 70 d.C., quando, dopo l’insurrezione degli ebrei e la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte dell’esercito romano, quest’ultimo stava marciando attraverso il deserto verso la comunità di Qumran, che infatti rase al suolo poco prima di arrivare all’ultimo bastione della resistenza giudaica: la leggendaria fortezza di Masada. La comunità essena di Khirbet Qumran, sorgeva in un antico monastero fortezza, situato su un altopiano della costa rocciosa che domina da nord-ovest il Mar Morto, pareti
Queste antiche pergamene (circa ottocento), manoscritte in ebraico antico ed in aramaico (la lingua di Gesù), comprendevano apocrifi del nuovo e del vecchio testamento, quanto basta a reinterpretare la storia del cristianesimo e a poter distinguere la figura del Gesù storico dal Cristo della fede, con una ricchezza di testi, di argomentazioni, di miti e racconti che si spingono molto più indietro nel tempo rispetto all’epoca del primo cristianesimo, fino alla notte dell’uomo dei primi antichi maestri e profeti, tanto da poterne risalire la scia d’ombra dall’esoterismo protocristiano, su su fino a quello ebraico, ed ancor prima a quello egizio e mesopotamico, e forse fino a quello atlantideo o dell’epoca anteriore. Purtroppo i rotoli completi sono soltanto sette, altri ventuno sono stati ritrovati frammentati, mentre un’ingente parte è andata perduta per deterioramento, per incuria ed ignoranza dei beduini che scoprirono le grotte.
gialle e ocra che si stagliano fino a 400 metri, disseminate di grotte e caverne naturali, e giù in basso la distesa blu scuro del Mar Morto in contrasto con il giallore del deserto e la foschia della valle del Giordano, una depressione che giunge fino a 336 metri sotto il livello del mare e che conferisce a questo sito una particolare singolarità ed una certa aura di mistero e sospensione. I rotoli furono deposti con cura in delle giare di terracotta che vennero delicatamente nascoste e sigillate in alcune grotte adiacenti la comunità. In quella sorta di arca di Noé culturale e spirituale, in quella mastodontica biblioteca del sapere occulto, non venne solo preservata la più profonda cultura spirituale giudaica, ma uno dei più grandi e inestimabili patrimoni dell’umanità intera. Queste antiche pergamene (circa ottocento), manoscritte in ebraico antico ed in aramaico (la lingua di Gesù), comprendevano apocrifi del nuovo e del vecchio testamento, quanto basta a sconvolgere e reinterpretare la storia del cristianesimo e a poter distinguere la figura del Gesù storico dal Cristo della fede, con una ricchezza di testi, di argomentazioni, di miti e racconti che si spingono molto più indietro nel tempo rispetto all’epoca del primo cristianesimo, fino alla notte dell’uomo dei primi antichi maestri e profeti, tanto da poterne risalire la scia d’ombra dall’esoterismo protocristiano, su su fino a quello ebraico, ed ancor prima a quello egizio e mesopotamico, e forse fino a quello atlantideo o dell’epoca anteriore, come asseriscono alcuni ricercatori. Purtroppo i rotoli completi sono soltanto sette, altri ventuno sono stati ritrovati frammentati, mentre un’ingente parte è andata irrimediabilmente perduta per deterioramento,
per incuria ed ignoranza dei beduini che scoprirono le grotte. Si dice addirittura che prima dell’intervento delle autorità e dei ricercatori, sia passato molto tempo, in cui le pergamene vennero bruciate come combustibile, trafugate dai mercanti di antichità o distrutte per un ignorante divertimento. L’ultima mano distruttiva ce la mise purtroppo la commissione vaticana di studio sui rotoli, che avrebbe occultato i testi più scottanti e quelli più ambigui per la chiesa cattolica, prima che finalmente fossero costretti a pubblicarli ed a aprire la visione a ricercatori non della cerchia vaticana. Il “monopolio” Vaticano sui testi di Qumran è comunque perdurato per alcuni decenni e solo recentemente, quel che ne è rimasto è venuto alla luce, lasciando tutto il tempo possibile alla censura ecclesiastica per una traduzione di parte, per rimaneggiare, reinterpretare, tagliare e ricucire ... Invece i papiri di Nag Hammadi l’antico Chenoboskion, un sito sulla riva sinistra del Nilo, nell’Alto Egitto, circa 50 chilometri in linea d’aria a nord-ovest di Luxor - invece, furono occultati nel IV secolo d.C. - all’epoca della conversione dell’imperatore Costantino - da anonimi monaci del monastero di San Pacomio, sorto sulla rupe di Jabal al-Târif. Monaci evidentemente iniziati alla gnosi e depositari della Tradizione segreta, perché gli scritti e i vangeli gnostici erano stati dichiarati “eretici”, scomunicati e messi al rogo, insieme ai loro possessori, dal nascente potere della chiesa cattolica ufficializzata e istituzionalizzata, che salendo al potere temporale aveva dichiarato “canonici”, soltanto quattro degli innumerevoli vangeli che circolavano nelle comunità cristiane (Matteo, Marco, Luca, e Giovanni), anche se tra gli scomunicati, inaccettati e “pericolosi” apocrifi, si trovavano vangeli anteriori alla quartina canonica, addirittura risalenti al periodo di vita terrena di Gesù; e anche se, (o forse per questo) gli gnostici asserivano di possedere il “Vangelo Segreto di Gesù il Vivente”, che egli rivelava soltanto agli iniziati della dottrina mistica superiore. I 52 scritti
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Tutte le analisi fatte sui testi, come la datazione al radiocarbonio, confermano la datazione paleografica tra il III sec. a.C. e il I sec. d.C. Buona parte dei testi è collocabile tra l’ultimo terzo del II sec. a.C. e il I sec. d.C. Si dice, che nei primi secoli successivi alla morte di Gesù, fossero oltre una ventina i Vangeli che parlavano di Gesù, ma solo 4 sono stati scelti dalla Chiesa e sono divenuti i Vangeli Ufficiali. Tutti i Vangeli scartati dalla chiesa e ritenuti non autentici sono via via scomparsi, fatti scomparire o sono andati distrutti. Sono questi Vangeli scartati dalla chiesa che vengono definiti Vangeli apocrifi. I testi ritrovati a Nag Hammadi sono 13 di cui 12 depositati presso il museo copto del Cairo e il 13°mo a Zurigo dentro una cassaforte. di
A. Mangone
“La verità non è venuta nuda al mondo, ma è venuta in simboli ed immagini. Il mondo non la può ricevere altrimenti...” dal Vangelo gnostico di Filippo
La statua di Santa Maria Maddalena presso la Chiesa di Rennes les Chateaux nel sud della Francia. A dx. un rotolo di Qumran.
di Nag Hammadi, divisi in tredici libri di papiro rilegati in cuoio, contenevano vangeli segreti, poemi e descrizioni filosofiche ed esoteriche sull’origine dell’universo, raccolte di miti, trattati di magia e istruzioni per pratiche mistiche ed ascetiche. Vennero anche essi deposti in una giara di terracotta color ocra, come secoli prima fecero i loro fratelli Esseni, che venne sotterrata e nascosta sull’irto dirupo della roccia di Jabal al-Târif, una montagna crivellata come una groviera di oltre 150 grotte tra naturali e scavate dall’uomo, alcune dipinte e usate come luogo di sepoltura fin dalla sesta dinastia (4300 anni fa), dove sorgeva, alto e sinistro sul deserto, il proto-monastero di San Pacomio, il primo e più antico monastero della storia della cristianità. Da quel momento gli scritti e i vangeli non selezionati dagli alti prelati della chiesa romana divennero “apocrifi”, (dal greco “apókryfos”, nascosto, segreto; in antitesi con “canonico”, dal greco “canone”, regola, norma), e s’inabissarono per sempre dalla solare superficie dell’ipocrisia e dell’ignoranza generale, ai percorsi sotterranei ed iniziatici dell’esoterismo occidentale, sparirono dalla storia scritta, cronologica e lineare per entrare nel mito e nella leggenda. La collimazione nel tempo, nello spazio e nella verità di questi due eventi, diversi ma simili, ci porta alla deduzione della continuità storica di potere e prospettiva tra l’Impero Romano e il Cattolicesimo Romano (passando appunto per il “Sacro Romano Impero”). Ma la cosa peggiore che si evidenzia anche ad un’indagine superficiale, è che il cristianesimo “ufficiale”, perdendo la Gnosi ha perso la parte “femminile” e mistica del proprio essere, ha perso l’unità e l’intimità con la sua compagna spiri-
tuale, ha perso le proprie basi profonde in una scissione interiore che presagiva gli scismi materiali che il cristianesimo cattolico ha disseminato, ormai senza ritorno nella storia; mentre le altre religioni monoteiste occidentali, come d’altronde i fratelli orientali, hanno mantenuto un rapporto di unione, di scambio e di guida con le forme di gnosi che serbano nell’intimo del loro grembo, (la Cabala per gli Ebrei, il Sufismo per l’Islam, l’Esicamo per i Cristiani ortodossi, lo Yoga per gli Induisti, il Tantra per i Tibetani, il Zhen-yan ed il Qi Gong per i Taoisti asiatici, lo Shingon ed il Reiki per i buddisti giapponesi, e via dicendo...), che le rendono più fluide e creative, più vere e veraci, più dinamiche e aperte, ma soprattutto più “intere” e aperte al divenire, trascinate da quella passione, da quel fuoco mistico e profetico, che guida soggiacente l’evoluzione spirituale dell’umanità. Particolare attenzione va rivolta al Vangelo di Maria o Vangelo di Maria Maddalena è un vangelo gnostico, scritto in lingua copta verso la metà del II secolo a partire da un proto-testo greco. Esalta il ruolo della discepola Maria Maddalena. Perduto e noto solo attraverso citazioni patristiche, in epoca moderna ne sono stati ritrovati frammenti in greco e copto non contenenti il testo nella sua integrità. Il Vangelo di Maria, al pari di molti altri vangeli gnostici, è andato perduto con l'estinguersi dello Gnosticismo. Per secoli ne rimasero disponibili solo brevi citazioni indirette ad opera di alcuni Padri della Chiesa. Il testo si conserva attraverso tre testimoni: ▪ il papiro Rylands 463, un frammento in greco datato III secolo, pubblicato nel 1938; ▪ il papiro Oxyrhynchus 3525, un frammento in greco datato III secolo, pubblicato nel 1983; ▪ il papiro Berolinensis 8502, conservato dal 1896 presso il dipartimento di egittologia di Berlino. Fu acquistato al Cairo da Carl Reinhardt e sembra probabile la sua provenienza da Achmin, in Egitto. Tuttavia a causa di complesse vicende il manoscritto fu pubblicato soltanto nel 1955. Il papiro è datato al V secolo. Contiene anche altri testi apocrifi, come l'Apocrifo di Giovanni; Nessuno dei tre testimoni riporta il testo integrale; il Berolinensis, più recente, è più ampio degli altri due frammenti greci. Il personaggio cui il titolo si riferisce - Vangelo di Maria - è Maria Maddalena, cui
CARPENTERIA
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S E R R A M E N T I S TA
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il testo attribuisce molto rilievo, al punto da lasciare intendere che Gesù la anteponesse ai suoi stessi apostoli. Il frammento si compone di due parti: nella prima Gesù risorto risponde alle domande degli apostoli e affida loro la missione della predicazione del Vangelo, mentre la seconda si apre con l'intervento di Pietro affinché Maria Maddalena riveli le parole dette a lei da Gesù. Successivamente al racconto di Maria, Andrea e Pietro manifestano la loro incredulità riguardo al fatto che il Salvatore possa aver rivelato ad una donna ciò che non aveva rivelato ai suoi discepoli. Infine Levi, biasimando i due discepoli, li esorta a seguire gli insegnamenti che il Cristo ha loro impartito. Nel testo frammentato, i discepoli fanno domande al Signore risorto e ricevono risposta. « Ma essi rimasero tristi e piangevano forte. Dissero:"Come possiamo andare dai gentili e predicare loro il vangelo del regno del figlio dell'uomo? Là non è mai stato dispensato, dobbiamo dispensarlo (proprio) noi? » « E Maria Maddalena: "Non piangete, fratelli, non siate malinconici, e neppure indecisi. La sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà. Lodiamo piuttosto la sua grandezza, avendoci egli preparati e mandati agli uomini. » Allora racconta - alla richiesta di Pietro - di aver avuto una visione del Salvatore nella quale si descrive il viaggio dell'anima attraverso i cieli durante il quale apprende come fuggire alle potenze malvagie[1], e riporta il suo discorso con lui, che mostra influenze gnostiche. La sua visione non fu creduta: « Ma Andrea replicò e disse ai fratelli: - Che cosa pensate di quanto lei ha detto? Io, almeno, non credo che il Salvatore abbia detto questo. Queste dottrine, infatti, sono sicuramente delle opinioni diverse. » « Riguardo a queste stesse cose, anche Pietro replicò interrogandoli a proposito del Salvatore: - Ha forse egli parlato in segreto a una donna prima che a noi e non invece apertamente? Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei? Forse egli l'ha anteposta a noi? » Karen King ha osservato che «Il confronto di Maria con Pietro, uno scenario trovato anche nel Vangelo apocrifo di Tommaso, Pistis Sophia, e nel Vangelo apocrifo degli Egiziani, riflette alcune delle tensioni nella Cristianità del II secolo. Pietro e Andrea rappresentano ortodosse posizioni che negano la validità della rivelazione esoterica e rigettano l'autorità delle donne a insegnare.
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Nella seconda metà del secolo XII era pervenuta in Occidente una lettera che raccontava come nel lontano est, al di là delle regioni occupate dai musulmani, al di là di quelle terre che i crociati avevano cercato di sottrarre al dominio degli infedeli, ma che al loro dominio erano tornate, fioriva un regno cristiano, governato da un favoloso Prete Gianni, o Presbyter Johannes, re potentia et virtute dei et domini nostri Iesu Christi.
Prete Gianni... mito o figura storica?
di
Alfredo Mangone
s Già all'inizio del XII secolo circolavano, in Occidente, numerose leggende a proposito di un potente re indiano, chiamato "Presbyter Johannes", poi volgarizzato come Prete Gianni, ricchissimo e soprattutto cristiano. La prima notizia scritta ci proviene da Ottone di Frisinga che, nella sua Chronica (1147), ci dice: "Johannes quidam, qui ultra Persidem et Armeniam in extremo oriente habitans, rex et sacerdos, cum gente sua Christianus est, sed Nestorianus". Il regno del Prete Gianni sarebbe stato immenso e situato all'estremo dell'Asia, proprio in quell'Oriente che l'Europa immaginava misteriosamente popolato d'ogni genere di specie animali, di piante e di razze. Inoltre, questo sovrano, dopo aver sconfitto i re selgiuchidi dell'Asia Minore, si sarebbe diretto verso la Terra Santa per liberarla. L'autenticità del Prete Gianni venne rafforzata dalla diffusione, nella seconda metà del XII secolo di una sua presunta lettera indirizzata all'imperatore di Bisanzio Manuele I Comneno (l143-l180), rispedita da quest'ultimo al Barbarossa, lettera che dette inizio ad un capitolo importante dell'immaginario medievale. Lo stesso Marco Polo, più di un secolo dopo, narra di questo personaggio, come se ne avesse sentito parlare effettivamente durante la sua permanenza dal Gran Khan: DI CARACOM Caracom è una città che gira tre miglia, nella quale fue il primo signore ch'ebboro i tarteri, quando egli si partirono di loro contrada. E io vi conterò di tutti i fatti di tarteri, e com'egliono ebbero signoria, e com'egliono si sparsono per lo mondo. E' fu vero che gli tarteri dimoravano in tramontana intra Ciorcia. E in quelle contrade ha grande piagge, ove non ha abitazione, cioè di castella e di cittadi, ma havvi buone pasture e acque assai. Egli è vero ch'egliono non aveano signore, ma faceano rendita a un signore, che era apellato in soa lengua "Mencan", che è a dire in nostra lengua "prete Zane", che vale a dire in francesco "preste Giovanni"; e di sua grandezza favellava tutto il mondo. Gli tarteri gli davano d'ogni dieci bestie l'una. Il regno del Prete Gianni è dunque l'Asia, ovvero quel luogo dove si concretizzano i sogni d'Occidente, i sogni di pace e di giustizia, ma anche di ricchezza e potenza, d'ideale vita cristiana, ma anche di vago peccare. Insomma un mondo assolutamente fantastico, dove tutto è grande e terribile: dalle foreste del pepe popolate di serpenti, alle fiere ferocissime e singolari, all'incredibile e sterminato palazzo reale, dove tutto è oro e marmi e pietre preziose.La prima notizia su Prete Gianni giunse in Occidente nel 1165, quando l'imperatore bizantino Manuele I Comneno ricevette una strana lettera, da lui girata al papa Alessandro III e a Federico Barbarossa; il mittente della missiva si qualificava come «Giovanni, Presbitero, grazie all'Onnipotenza di Dio, Re dei Re e Sovrano dei sovrani». La lettera, con linguaggio ampolloso, descriveva il regno di questo prete e re dell'estremo oriente, titolare di domini immensi che, definendosi «signore delle tre Indie», diceva di vivere in un immenso palazzo fatto di gemme, cementate con l'oro, e aveva non meno di diecimila invitati alla propria mensa. Sette re, sessantadue duchi e
Il Santo Graal sarebbe stato trasportato proprio nel suo regno trecentosessantacinque conti gli facevano da camerieri. Tra i suoi sudditi non annoverava solo uomini, ma anche folletti, nani, giganti, ciclopi, centauri, minotauri, esseri cinocefali, blemmi (creature acefale con il viso sul petto), esseri con un unico e gigantesco piede, che si muovevano strisciando sulla schiena, facendosi ombra del loro stesso piede (abitudine, quest'ultima, da cui deriva il nome di sciapodi), e così via. I suoi domini racchiudevano tutto il campionario di esseri favolosi di cui hanno parlato le letterature e le leggende medioevali. I due imperatori non diedero peso più di tanto a quel fantasioso testo. Il papa, per puro scrupolo (se davvero in Oriente c'era un re cristiano, per giunta prete, rispondere era un dovere), mandò una lettera composta esattamente da mille parole, in cui lo informava che, una volta giunte notizie più precise, avrebbe inviato presso di lui il vescovo Filippo da Venezia, nella duplice veste di ambasciatore e missionario, per istruire il Prete Gianni nella dottrina cristiana. È da notare che il mitico personaggio si era definito seguace del Nestorianesimo, condannato come eresia dal concilio di Efeso, secondo la quale le due nature di Gesù erano rigidamente separate, e unite solo in modo morale, ma non sostanziale. La corrispondenza si concluse così.Circa venti anni dopo, alla fine del XII secolo, Ottone, abate dell'Abbazia di San Biagio nella Foresta Nera, continuando la Chronica di Ottone di Frisinga, partecipante alla Seconda Crociata, riferì di un suo colloquio in Siria con un vescovo monaco che gli aveva parlato di un sovrano cristiano, re e sacerdote, che regnava su un grande impero posto oltre l'Armenia e la Persia, ma prima dell'India e della Cina. Passò un altro mezzo secolo. Fra'
Giovanni da Pian del Carpine, che, in veste di ambasciatore del Papa in Estremo Oriente, aveva assistito nel 1245 all'incoronazione del terzo Gran Khan Kuyuk, nella cronaca dei suoi viaggi (Historia Mongalorum) narra di come Ogüdai, successore di Gengis Khan, era stato sconfitto dai sudditi di un re cristiano, il Prete Gianni, che erano conosciuti come «Quegli Indiani chiamati Saraceni neri, o anche Etiopi». Marco Polo, ne il Milione (1299), fornisce una versione molto più elaborata della storia. Il Prete Gianni è descritto come un grande imperatore, signore di un immenso dominio esteso dalle giungle indiane ai ghiacci dell'estremo nord. I Tartari erano suoi sudditi, gli pagavano tasse ed erano l'avanguardia delle sue truppe. Questo fino al giorno in cui non elessero Gengis Khan loro khan. Quest'ultimo, come riconoscimento della propria indipendenza, chiese in moglie una figlia del Prete Gianni. Avutone un rifiuto, gli mosse guerra. Una serie di eventi sensazionali accompagnarono la campagna militare che si chiuse con la vittoria tartara.er alcuni non si tratta unicamente di una figura mitologica. Nel 1926, ad esempio, il giornale cattolico americano The Catholic World pubblicò un articolo, firmato John Crowe, in cui si sosteneva che in Asia esiste un Re-sacerdote, il Dalai Lama. Ne sarebbe conseguito quindi che il regno del Prete Gianni sarebbe coinciso con il Tibet. Pur non potendolo escludere, c'è da ricordare che le ricerche più recenti[senza fonte] hanno appurato che il più vicino alla realtà era forse proprio Marco Polo. La Chiesa Cristiana Nestoriana (detta anche Chiesa assira), ancor oggi, ha la sua "testa" gerarchica in territori che, politicamente, fanno ora parte di Iraq, Iran e Afghanistan ma che, anticamente, erano in Persia. Inoltre il grosso dei fedeli, oggi concentrato in India, espletò, nel corso del VI e VII secolo, un'intensa attività di proselitismo in Asia Centro-Orientale, in particolare tra le popolazioni turco-mongole, ma anche in Tibet, Siam e nella stessa Cina. Fra tali missionari, si ricorda la figura del monaco siriano Alopen, che, nell'anno 635, ottenne dall'imperatore cinese T'ai-tsung il permesso di costruire chiese e monasteri e di importare 530 libri religiosi e tradurne in cinese 35. Anche alcuni sovrani Uiguri (attuale Xinjiang Huihe, Cina occidentale) e Manciù (Manciuria, Cina nord-orientale) si convertirono a questa fede. Una popolazione tartaro-uigura, l'etnia dei Kara Khitay (vocabolo turco che vuol dire cinesi neri, da cui forse i saraceni neri detti etiopi di Fra' Giovanni da Pian del Carpine), formò un immenso impero esteso, al momento della massima espansione, dalla Cina settentrionale e dall'Altai al Lago d'Aral, che durò tra X, XI e XII secolo. Si tratta degli immediati e diretti eredi della dinastia e del popolo che gli storici cinesi chiamano Liao. Il suo più grande condottiero fu il khan Yelü Dashi. Sconfisse Arabi, Tartari, Turchi, Cinesi e Russi, e regnò dal 1126 al 1144. Yeliutashi era cristiano nestoriano, come lo erano molti suoi sudditi. Alla sua morte l’impero si divise. L’ultimo della sua dinastia fu Toghrul, di cui Gengis era nominalmente vassallo e che tale rimase fin che non lo sconfisse. Ancora ai tempi di Marco Polo un esponente di questa dinastia regnava sugli Uiguri, vassallo di Kublai Khan. Nel 1292 Fra' Giovanni da Montecorvino sostenne di averne conosciuto il successore, di nome Giorgio, e di averlo convertito al cattolicesimo
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Il Regno di “Presbyter Johannes” forse in Africa Un altro religioso, sposta il punto di riferimento all’Africa associandolo ed all'altrettanto mitico (in questo caso biblico) regno di Gog la cui capitale sarebbe stata Magog, ovvero dei mitici regni di Gog e Magog . Dei regni di Gog ad ovest e Magog a sud di Tenduk parla anche Marco Polo che, però, li riporta in Asia e li considera ancora sottomessi a Prete Gianni. In realtà i due regni fanno parte della geografia Apocalittica e Biblica, per quanto Marco Polo dica si tratti di siti ben noti agli indigeni con i nomi di Ung e Mongul (in realtà tribù Turche). Su una mappa leggiamo: "Il paese verso mezzanotte è dominato dall'Imperatore Mangu (Mongul), il khan della Tartaria, che è un uomo facoltoso del grande Imperatore, il Padre Gianni di India. La moglie del grande Re è anch’ella cristiana." A complicare le cose va detto che è esistito anche un Mangukhan che ha regnato tra il 1251 ed il 1259 imparentato con Kubilai. Nel "Sinus magnus" di Tolomeo leggiamo: "Questo mare, terra e città tutte appartengono al grande Imperatore Prete Gianni di India", mentre nell'emisfero meridionale, sotto l'isola di Seilan (Ceilon), c'è la seguente iscrizione: "Tutta questa terra, mare ed isole, paesi e re sono stati dati dai Tre Re Magi all'Imperatore Prete Gianni, e nel passato erano tutti cristiani, ma attualmente non più di settantadue cristiani sono conosciuti essere fra essi.
Prete Gianni visse fino a 562 anni e si era immerso nella fonte dell’eterna giovinezza La Fonte della Giovinezza, è la fonte dove le acque ridonavano gioventù e vigore. Questa fonte era a disposizione di tutti, uno di questi che ne faceva uso era Prete Gianni, che si dice vi si sarebbe immerso più volte, raggiungendo la rispettabile età di 562 anni. Sir John Maundeville, scrittore e viaggiatore del XIV secolo, scrisse un resoconto dei suoi incredibili viaggi mai compiuti, dove disse di averla scoperta in Asia, dove vi si immerse svariate volte. La sorgente, citata anche in numerose leggende cinesi, si dovrebbe trovare in Cina, presso le montagne K’un Lun, nell’ isola di Ying Chou. In una storia popolare del posto, la sorgente venne scoperta da due contadini, che dopo aver bevuto un sorso della sua acqua, ritornarono giovani. Dopo aver saputo dell’accaduto, un signorotto costrinse i due contadini a rivelare l’ubicazione della sorgente, trovata, bevve tanta acqua che tornò bambino. Il primo esploratore che si occupò della Fonte fu Don Juan Ponce De Leon, che non l’andò a cercare in Asia, bensì nel Nuovo Mondo appena scoperto.
Si narra di un regno abitato da una serie di esseri mitologici favolosi Il regno di prete Gianni era abitato da uomini, ma anche da una serie di esseri mitologici quali folletti, nani, giganti, ciclopi, centauri, minotauri, esseri cinocefali, blemmi (creature acefale con il viso sul petto), esseri con un unico e gigantesco piede, che si muovevano strisciando sulla schiena, facendosi ombra del loro stesso piede (abitudine, quest'ultima, da cui deriva il nome di sciapodi - foto a dx).
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L’olio Biancolilla premiato a Sellia Marina alla manifestazione “Città sott’olio” La manifestazione ha rappresentato un momento di promozione di questo prodotto immancabile sulle tavole di tutto il mondo, una importante vetrina per le aziende presenti, ma anche un importante momento di crescita della cultura enogastronomica ed agroalimentare per tutto il territorio e la Calabria.
s Si è tenuta nello scorso mese di agosto a Sellia Marina (CZ) la seconda edizione del “Premio Interregionale Città sott’Olio”, con al precisa volontà di rendere tale manifestazione un appuntamento da riproporre ogni anno, spinta dalla forte vocazione del territorio alla produzioni olearia e dall’importante maturazione della cultura della qualità della materia prima raggiunta dai produttori locali. La manifestazione è stata organizzata nella piazza centrale della zona marina di Sellia (CZ), incastonata nella preziosissima pineta. All’interno della stessa manifestazione si sono alternati momenti di musica e spazi dedicati al “prodotto” protagonista della manifestazione. All’interno della piazza sono stati predisposti numerosissimi gazebi, per l’allestimento di stands espositivi e degustativi, da parte delle aziende che hanno voluto partecipare, liberamente e gratuitamente. La manifestazione si è conclusa con la premiazione delle aziende e dei prodotti. Per questa edizione i vincitori sono stati: per la categoria convenzionale fruttato leggero,
olio DON SANTO dell’azienda Santa Venere S.r.l dei F.lli Vaccaro di Cotronei (KR); Per la categoria convenzionale fruttato medio olio Biancolilla dell’azienda agricola Donato Parisi di Rossano Scalo (CS) (Vincitore assoluto della prima edizione col Donato Parisi Biologico); per la categoria convenzionale fruttato intenso in exquo olio Torchia dell’azienda oleificio F.lli Torchia di Tiriolo (CZ) e l’olio Balbino dell’azienda Balbino Giuseppe di Albi (CZ). La manifestazione ha riscosso un grande successo in termini di partecipazione di aziende del settore, anche di altre regioni rispetto alla Calabria. In tutto hanno partecipato ben 76 aziende di cui 30 sono arrivate in finale e, di queste, ben 10 sono state premiate. Nell’ambito della stessa manifestazione si è voluto creare anche uno spazio per conferire il premio al “Miglior Imprenditore Alimentare Calabrese per l’anno 2010” , che è stata conferito al noto imprenditore Nicodemo Librandi dell’omonima Azienda Vinicola ed Olivicola di Ciro’ Marina (KR),premiato dal Sindaco di Sellia Marina Giuseppe Ame-
lio. La Commissione Ufficiale di assaggio, costituita, appositamente per effettuare le operazioni inerenti l’attribuzione dei premi “Citta’ Sott’Olio”, da assaggiatori professionali di olio vergine di oliva e da un capo panel (panel leader) si è insediata presso l’Associazione Prim’OlioSaperi e Sapori di Calabria alla presenza del Presidente e Segretario panel dr. Domenico Fazari,con il Capo panel leader Carmelo Orlando , il Capo panel dr. Rosario Franco,il dr. Antonio Fazari,il dr. Michele Carere,il dr. Salvatore Caruso ed il dr. Vincenzo Melissari. Il pubblico ha dimostrato di apprezzare la manifestazione, non solo per la parte dedicata all’intrattenimento ma si è dimostrato interessato a sapere, conoscere, distinguere e capire la differenza tra gli oli, le diverse proprietà organolettiche degli stessi, le diverse tipologie di coltivazione - convenzionale e biologica. Il successo dell’olio Biancolilla rappresenta un successo per la produzione oleraria di Rossano ma anche per l’intera comunità rossanese che vede il nome della Città uscire dai confini comunali.
Donato Parisi, un’istituzione nel campo dell’olio extra vergine d’oliva italiano di alta qualità La qualità è frutto dell’esperienza L’azienda”Donato Parisi” produce olio di qualità da tre generazioni, lavorando con la stessa passione di un tempo, a Rossano dove viene prodotto uno dei migliori extravergini d’Italia, denominato “Dolce di Rossano”. Potrete assaggiare il nostro olio 100% italiano “frutto della tradizione”, direttamente in azienda circondati da piante di ulivi secolari. Inoltre è possibile effettuare una degustazione guidata da assaggiatori qualificati per apprezzare “i Profumi e i Sapori” dei diversi oli di oliva extravergini proposti da Donato Parisi. L’azienda si trova a 200 mt. dalla s.s.106 e, pertanto, la visita diventa
una tappa rilassante per acquistare prodotti tipici per sè e per gli amici. Quì i camper possono effettuare anche una breve sosta per rifornirsi di acqua potabile, ricevere informazioni sul territorio e connettersi a internet. Per info: www.olioparisi.it email: ufficio@olioparisi.it - C.da Scinetto, Rossano Calabro - telefono e fax: +39.0983.64956 - 64088
L’azienda effettua inoltre un comodissimo servizio di vendita a domicilio a Rossano Calabro e in tutta Italia.
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www.ilfilodoro.it è il sito web dedicato a esoterismo, Templari, spiritualità e massoneria E’ on line il nuovo sito dedicato al filo d’oro, quel simbolo del sapere che nasce dall'esperienza personale e che è libero dai condizionamenti istituzionali. E' un filo perchè rappresenta la continuità dell'esperienza sempre antica e sempre nuova ed è esile perchè in ogni generazione questa consapevolezza è mantenuta da una minoranza di individui. Varie sezioni dedicate a tematiche massoniche, templari, esoteriche, iniziatiche e spirituali. Secondo Dante (Convivio 11, 1) le «scritture si possono intendere e debbonsi sponere per quattro sensi»: il senso letterale, il senso allegorico, il quale, dice Dante, è «una verità ascosa sotto bella menzogna», il senso morale, e quello anagogico. Questo senso anagogico è «quando spiritualmente si pone una scrittura, la quale, ancora nel senso litterale, eziandio per le cose significate significa delle superne cose dell’eternale gloria »; ossia è il senso riposto di una scrittura la quale, anche nel suo senso letterale, tratta argomenti di ordine spirituale; e va nettamente distinto dal senso allegorico e da quello morale che, in suo paragone, hanno, almeno dal punto di vista spirituale, un’importanza di gran lunga secondaria. Sia detto di passata: l’interpretazione anagogica della «Commedia» è ancora da farsi. Dante chiama sovra senso questo senso anagogico. L’anagwghè infatti il condurre o portare in su, l’elevazione; e come termine tecnico marinaresco designa l’atto di levare l’ancora e di salpare.
I Versi d’oro di Pitagora, per colui che aspira ad essere un iniziato... Per primo sii devoto agli dei immortali e rispetta la loro legge. Osserva il giuramento, venera gli eroi sublimi, onora tuo padre, tua madre e i tuoi familiari. Scegli come amico l'uomo migliore e più virtuoso. Obbedisci ai suoi consigli e segui il suo spirito sano. Sforzati di non allontanarti da lui neppure per la più piccola offesa. Sii padrone di te stesso. Non dimenticare che devi dominare le tue passioni ed essere sobrio e puro. Non lasciarti sopraffare dalla collera. Sii irreprensibile verso gli altri e soprattutto verso te stesso. Abbi rispetto di te e di tutta la tua vita; le tue parole si ispirino alla giustizia più pura. Non rivoltarti contro la sorte che ti è stata destinata dalle leggi divine, per quanto essa possa essere dura affrontala con serenità, sforzandoti di migliorarla. Gli dei preservano il saggio da mali peggiori. La verità e l'errore si mescolano nelle opinioni umane. Per conservare il tuo equilibrio, evita di accettarli o ricacciarli, insieme. Se momentaneamente trionfa l'errore, allontanalo pazientemente. Cerca sempre di osservare ciò che hai deciso. Non lasciarti ingannare senza riflettere dalle parole e dalle azioni del tuo prossimo. Parla ed opera soltanto quando la tua ragione ha intrapreso il giusto cammino. Una scelta ragionata ti eviterà di com-
mettere sbagli. Il parlare e l'agire senza una regola rendono l'uomo infelice. Non avere la pretesa di fare ciò che ignori del tutto. Al contrario approfitta di ogni occasione per istruirti ed in tal modo avrai una vita molto gradevole. Tuttavia è indispensabile vegliare sulla buona salute del corpo. Prendi con moderazione gli alimenti e le bevande e fai il movimento fisico necessario. Segui un regime semplice e severo. Non comportarti come la gente senza senno che dissipa o si fa vincere dalla malizia. Impara a vivere nel giusto mezzo. Una volta accorto cerca di elevare il tuo spirito e rifletti sulla buona azione che devi compiere. Ogni notte, prima di abbandonarti al sonno, fai l'esame di coscienza, ripassando più volte le azioni realizzate durante il giorno e chiediti: "Che hai fatto? Hai compiuto il tuo dovere verso gli altri?". Esamina successivamente ognuna delle tue azioni. Se scopri che ti sei comportato male ammonisciti severamente e rallegrati se sei stato irreprensibile. Medita questi consigli, amali con tutta la tua anima e sforzati di seguirli perchè ti condurranno alla virtù divina. Rivolgiti senza sosta agli dei perchè ti aiutino a raggiungerla. Quando avrai imparato bene questi precetti apprenderai il legame intimo che unisce dei, uomini
e cose e ti renderai conto dell'unità che esiste nella natura intera. Conoscerai la legge universale che governa il mondo e apprenderai che la materia e lo spirito sono legati fra loro. Imparerai che gli uomini sono creatori dei propri mali. "Infelici!" Ignorano che i veri beni sono alla loro portata dentro se stessi. Pochi sono coloro che conoscono il modo di liberarsi dei propri tormenti. E questa la cecità degli uomini che turba la loro intelligenza. Somiglianti a cilindri che ruotano a caso e non saranno mai liberi dagli infiniti mali che li opprimono. Non sospettando la funesta oscurità che li accompagna, non sanno discernere ciò che è necessario e ciò che devono rifiutare senza ribellarsi. "O Dei! liberateli dalle sofferenze o mostrate loro di quale potenza soprannaturale possono disporre. Insegnate loro la propria natura divina e fate loro scoprire la verità sacra che la natura offre". Se riuscirai a possederle imparerai senza difficoltà le mie prescrizioni. Allontana tutto ciò che può impedire la tua purificazione e prosegui a liberare l'anima fino al trionfo del meglio che esiste in te, ossia lo spirito. Quando abbandonerai il tuo corpo mortale e ti solleverai nell'eden dimenticando di essere mortale sarai degno di accedere nel mondo degli dei.
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la legge del KARMA ...chi semina bene raccoglierà bene... Yogiraj Satgurunath Siddhanath:
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Raccogliere ciò che si semina è la Legge Matematica di Dio. Gli errori vanno riparati, invero, questa verità non ha difetti. Ogni retta azione verrà ricompensata in proporzione e non di più. Ad ognuno è assegnato il suo punDalai Lama:
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Karma significa azione e si compie fisicamente, verbalmente e mentalmente. Produce tre tipi di effetti: virtuosi, non virtuosi o neutri. Si svolge in due tempi: anzitutto si
s La legge del karma, principio tenuto in alta considerazione nella civiltà orientale, ma spesso frainteso da quella occidentale, è una legge naturale in grado di spiegare le infinite differenze fra la personalità e il destino degli esseri umani. Partiamo da una considerazione di carattere fisico: secondo la terza la terza legge di Newton, ogni evento fenomenico ha una sua causa e produce degli effetti. Le dottrine spirituali ed esoteriche, e in modo particolare i Veda, allargano questa concezione anche alla vita morale e spirituale dell'uomo. La parole sanscrita karman deriva dalla radice verbale kri , il "fare", e indica percio' le "azioni" e i loro effetti in questa o in altre vite. Nell'induismo e poi nel buddismo, dunque, il karma è la legge di causa-effetto che regola la vita di tutto cio' che è manifesto nell'universo, vincolando le anime al samsara ( dal sanscrito " pellegrinaggio", "percorso" ), ovvero il ciclo di morte e rinascita ( reincarnazione ) che viene spesso raffigurato visivamente come una ruota. I Monaci delle grandi religioni orientali basano la loro condotta sulla legge universale del karma. Non dobbiamo dimenticare i proverbi Cristiani: "colui che semina fulmini, raccoglie tem-
teggio esatto e giusto. Tale incorruttibile Giudice, noi mortali chiamiamo "Legge Karmica", supervisore dei Fati della nostra altalena terrena che rettamente bilancia le salite e le discese nelle vite dell'uomo incastrando il puzzle dei nostri destini come noi stessi abbiamo programmato.
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pensa a cio' che ci si appresta a fare, l'atto intenzionale, dopodichè le motivazioni mentali si attualizzano in un atto fisico o verbale, l'atto premeditato. Le azioni negative sono sempre causa di sofferenza, mentre a quelle positive consegue il bene. Le azioni karmiche ci seguono di vita in vita. Accumulare, convenientemente, un certo numero di azioni positive si rivelerà proficuo in avvenire ee nelle vite future, mentre, se non smetterete di commettere azioni nocive vi toccherà prima o poi affrontarne le conseguenze. La nostra felicità o infelicità attuale non è nè più nè meno che il risultato di azioni passate
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peste"; "con il bastone con cui misuri sarai misurato e con vantaggio", "occhio per occhio e dente per dente", "colui che di ferro uccide di ferro muore". La legge del Karma regge tutto il creato, ed è una legge immodificabile. Questa si conosce come "Giustizia celestiale". Colui che viola una legge crea dolore per se stesso. Nella gnosi, la rappresentiamo con una bilancia. Il piatto destro corrisponde alle buone opere e si chiama Darma. Il piatto sinistro corrisponde alle cattive opere e si chiama karma. Questa legge si conosce anche come la legge di azione e conseguenza o causa ed effetto. La legge del Karma ci controlla e vigila in ogni momento e per questo qualsiasi atto buono o cattivo delle nostre vite ha le sue conseguenze. Tutto il male che facciamo dobbiamo pagarlo e tutto il bene che facciamo ci sarà ricompensato. Dio ci diede il libero arbitrio e possiamo fare quello che vogliamo, però dobbiamo rendere conto di tutti i nostri atti di fronte alla Giustizia Divina. Quando uno viene a questo mondo porta il suo destino e per questo alcuni nascono tra cuscini di piume ed altri nella disgrazia... ma con il bastone con il quale noi misuriamo gli altri, adesso ci misurano.
Il Maestro Yogiraj Satgurunath Siddhanath
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ogiraj Satgurunath Siddhanath è un Maestro pienamente realizzato, manifestazione della compassione, dell'amore e della saggezza universali. Nato a Gwalior, in India, il 10 maggio 1944, trascorse la sua giovinezza in Himalaya con i grandi Nath Yogi, alla cui presenza realizzò l'armonia che unisce tutte le forme di Yoga e di religione. La sua trasformazione culminò con la profonda e personale esperienza di Shiva Goraksha Babaji, che lo invitò a diffondere il Kriya Yoga sulla Terra. Attraverso l'organizzazione non profit Hamsa Yoga Sangh da Lui fondata, Yogiraj diffonde all'umanità il Suo messaggio di Pace in Terra attraverso la Pace individuale. È l'unico Maestro noto in Occidente che dona trasmissioni Pranapat, Shivapat e Shaktipat. • Pranapat: Egli respira attraverso la colonna vertebrale dei ricercatori sinceri, purificando il karma e rimuovendo i blocchi emotivi. • Shaktipat: trasmette l'energia evolutiva Kundalini da centro a centro attraverso i chakra pranici. • Shivapat: permette all'aspirante ricettivo di sperimentare direttamente la Coscienza della Sua Anima. Tale stato di Consapevolezza di mente pura e quieta accelera la guarigione e l'evoluzione dell'uomo. Colui che è in grado di riversare queste tre benedizioni sul ricercatore spirituale sincero è un Vero Maestro: Yogiraj Satgurunath le conferisce tutte e tre. Attraverso l'insegnamento del Kriya Yoga, egli trasmette all'umanità l'ur-
gente messaggio di assumersi la responsabilità individuale per la realizzazione della Pace in Terra, piuttosto che aspettarsi che siano gli organi governativi a ripristinare uno stato di armonia. A coloro che sono ricettivi e sintonizzati, Satgurunath trasmette dimensioni della sua Coscienza Ampliata d'Illuminazione Naturale dove la Mente è Quieta, stato chiamato Sahaj Samadhi. Dona la propria Anima sotto forma di quiete profonda... di profondo si-
lenzio. Divertente, chiaro ed eloquente, tutto ciò che Satgurunath manifesta è attraverso la filosofia dell'Azione Illuminata. In termini più autentici ed elevati, il Maestro (Satgurunath) non fa nulla, poiché tutte le sue azioni di servizio all'umanità rese con lo yoga vengono promosse attraverso la Coscienza Divina. Attualmente egli risiede a Puna, in India, con la moglie Gurumata Shivangani, con la quale ha fondato un ashram fuori città, nella valle Sita Mai. Yogiraj inizia al Kriya Yoga Kundalini e insegna il Siddhanath Surya Yoga agli aspiranti spirituali di tutto il mondo, recandosi ogni anno in Inghilterra, Germania, Italia e Stati Uniti d'America.
La Discendenza Spirituale del Kriya Yoga
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a tradizione Nath (Sampradaya) è un lignaggio eterno di maestri spirituali collegati alla Coscienza Infinita tramite il più grande yogi di tutte le epoche, Babaji Gorakshanath. Questi antichi yogi scoprirono che il segreto della coscienza cosmica è intimamente collegato con la capacità di padroneggiare il respiro. La forza vitale, che viene normalmente usata per far funzionare il corpo, può essere canalizzata per svolgere attività più elevate, attraverso un metodo che permette di calmare e fermare l'incessante esigenza
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del respiro. Scrutando nelle memorie akashiche dell'indistinto passato, otteniamo una visione fugace del lignaggio dei Nath Yogi. Comincia con Adi Nath, il Signore Shiva stesso, il quale lo tramandò a Vishnu Santosh Nath, Ganesh e Nandi Nath. Successivamente il Signore Krishna, una forma di Vishnu, donò l'iniziazione al Signore Vivasat, lo Spirito del nostro Sole. Il lignaggio fu in seguito custodito dai Re della Dinastia Solare - Vaivasat Manu, Re Ikshavaku fino a Harishchandra, quindi a Raghu Nath (Rama), quarantasettesimo
discendente di Ikshavaku: è l'ottavo Rudra, esotericamente collegato a Shiva Goraksha Babaji, che è l'incarnazione del Signore Shiva stesso.È attraverso questo grande lignaggio di Nath Yogi che la Regale Scienza del Kriya Yoga è stata preservata e tramandata attraverso i corridoi del tempo da colui che è ‘Eternamente in Vita', Shiva Goraksha Babaji ed è a questa discendenza che Yogiraj Satgurunath appartiene - benedetto da Babaji per diffondere la Scienza Divina del Kriya Yoga in Oriente e in Occidente. di
A. Mangone
L'Alchimia divina attraverso il Kriya Yoga
Che cos'è il Kriya Yoga Kundalini? E’una meditazione spirituale che accelera l'evoluzione del ricercatore sincero verso la Realizzazione del Sé. Offre il respiro pranico inspirato in quello apanico espirato e viceversa. Attraverso questo processo lo yogi neutralizza le due correnti vitali del prana e dell'apana, arrestando il processo di decadimento e di invecchiamento del corpo. Le cellule ringiovanite con l'energia vitale (prana) s Mahavatar Shiva Gorakshanath Babaji, l'Adi-Buddha della compassione, ha donato all'era moderna l'Alchimia Divina del Kriya Yoga, una meditazione spirituale che accelera l'evoluzione del ricercatore sincero verso la Realizzazione del Sé. Il Kriya Yoga offre il respiro pranico inspirato in quello apanico espirato e viceversa. Attraverso questo processo lo yogi neutralizza le due correnti vitali del prana e dell'apana, arrestando il processo di decadimento e di invecchiamento del corpo. Questo accade perché il sangue e le cellule vengono ringiovanite con l'energia vitale (prana) che viene distillata dal respiro e inviata nella spina dorsale e nel cervello. Il Kriya yogi arresta il deperimento dell'organismo calmando il respiro e il cuore. Ciò rende superfluo il lavoro di purificazione di respiro e cuore, che rallentano gradualmente se si persevera nella pratica. Durante il Kriya, il movimento ascendente del prana espande la Coscienza dell'Anima, mentre l'azione discendente dell'apana brucia il karma precedente e quello che si accumula nel presente. Queste correnti di respiro pran-apanico dissolvono i semi del karma potenziale e contemporaneamente evolvono e trasformano la mente in Coscienza Divina. Yogavatar Krishna rivela nella Gita (V, 27-28): "Lo Yogi che medita diviene eternamente libero dal mondo di Maya dirigendo la concentrazione nel terzo occhio (Shiva Netra). Il prana (l'inspirazione) viene offerto nell'apana (l'espirazione); in questo modo le correnti irregolari del prana e dell'apana all'interno del corpo vengono neutralizzate. Lo yogi capace di padroneggiare questa pratica trasforma i cinque sensi, la mente e l'intelletto, distaccandosi dai desideri mondani e divenendo libero dal karma accumulato in precedenza".Il Kriya Yoga pranayama, chiamato dagli yogi rito del fuoco prana-apanico, insegna all'uomo a sciogliere la corda del respiro che lega la nostra anima alla gabbia del corpo. L'anima viene così liberata per volare ed espandersi nei cieli supercoscienti dello spirito onnipresente e può ritornare a piacere nella piccola gabbia corporea. Non si tratta di un viaggio di fantasia, ma di un'esperienza autentica di beatitudine divina. Il termine Pranayama deriva dalle radici sanscrite prana (vita) e ayama (controllo). Quindi il pranayama è il controllo della forza vitale e non del respiro. In senso più ampio, il mondo intero è colmo dell'energia della forza vitale universale chiamata prana. Ogni cosa è una differenziazione delle modalità di espressione di questa forza universale. Perciò il prana universale è Para-Prakriti (Pura Natura). Questa importantissima energia deriva dallo spirito infinito, permea e sostiene l'universo. Il prana individuale è una forza intelligente, ma non ha consapevolezza in senso empirico o trascendente. L'Anima è
l'unità cosciente e il prana è la sua base. La consapevolezza impone le condizioni attraverso la mente-ego e il prana esegue i comandi. Né grossolanamente materiale né puramente spirituale, il prana deriva dall'anima il suo potere di attivare il corpo. Nel corpo ci sono due correnti vitali principali. Una è quella del prana, che scorre dal coccige al punto tra le sopracciglia. La natura di questa corrente vitale è calmante. Introverte l'attenzione del devoto durante gli stati di sonno e di veglia e, in meditazione, unisce l'anima allo spirito nel terzo ventricolo del cervello, chiamato shivanetre o terzo occhio. L'altra corrente principale è quella dell'apana, che scorre dal terzo occhio al coccige. Questa corrente che fluisce verso il basso e volge verso il mondo esteriore, si distribuisce attraverso il centro del coccige ai nervi sensomotori. Mantiene la consapevolezza dell'uomo legata illusoriamente al corpo. La corrente apana è incessante e direziona l'attenzione dell'uomo sulle esperienze sensoriali. "Lo yogi è più grande degli asceti che disciplinano il corpo, più grande persino di coloro che seguono la via della saggezza, più grande del sentiero dell'azione. Sii tu, Arjuna, uno yogi!" (Bhagavad Gita, capitolo 6, verso 46). Il Kriya Yoga pranayama arresta il decadimento fisico collegato all'apana che si manifesta nell'espirazione, attraverso fresche inspirazioni di forza vitale (prana) distillata dal respiro inalato. Questo prana permette al devoto di sbarazzarsi dall'illusione del decadimento e del mutamento. Egli realizza allora che il suo corpo è composto da "vitatroni" di luce congelata. Il corpo del Kriya yogi è ricaricato con un'energia supplementare distillata dal respiro ed energizzato attraverso la potente dinamo di energia generata nella spina dorsale; il decadimento dei tessuti dell'organismo diminuisce. Questo, alla fine, rende superflue le funzioni di purificazione del sangue da parte del cuore. La pompa del cuore si calma, poiché non deve spingere il sangue
venoso, mentre espirazione ed inspirazione si equilibrano. L'energia vitale si congiunge nelle correnti della spina dorsale. La luce di puro prana sfavilla dai sei chakra a tutte le cellule del corpo, mantenendole in una condizione di magnetizzazione spirituale. Nei trattati di Yoga ci si riferisce indirettamente al Kriya Yoga come a kevali pranayama o kevali kumbhaka. Si tratta del vero pranayama che ha trasceso la necessità dell'inspirazione (puraka) e dell'espirazione (rechaka); il respiro viene trasformato nelle correnti di forza vitale interiori sotto il completo controllo della mente. Quando il respiro si arresta senza sforzo - senza rechaka e puraka quello è il kevali kumbaka (Hata Yoga Pradipika II 73). Dei diversi stadi di pranayama (come per esempio quello senza respiro), il kevali viene considerato dagli yogi esperti come lo stadio migliore o il più elevato (ricordate che il Kriya Yoga non è il controllo del respiro, ma il controllo della forza vitale). Quando si raggiunge uno stadio avanzato di Kriya Shiva Shakti il respiro cessa. A tempo debito, la fresca corrente pranica ascendente e la calda corrente apanica discendente si sentiranno scorrere nella sushumna nadi (spina dorsale). Questo è un avasta (stato) di kevali kumbaka. Il Kriya è un processo di conversione del respiro in forza vitale, attraverso cui si realizza che il corpo è luce. Eseguendo il Kriya in modo perfetto, 1.728 volte in una postura (cioè in una volta sola) e praticando un totale di 20.736 kriya, un praticante può raggiungere uno stato di samadhi (contatto con Dio). Ma il Kriya non può essere svolto così a lungo da un principiante. Quando il corpo e la mente dello yogi sono pronti per accogliere l'alto voltaggio di una quantità tanto elevata di Kriya Yoga, il suo Guru gli dirà che sarà pronto per l'esperienza del samadhi. Se i kriya vengono spezzati in varie sedute, non vi è alcun male. Occorrerà semplicemente più tempo. Il Kriya Yoga è l'Alchimia Divina che trasforma la mente e si fonde nella luce pura della Coscienza, evolvendo l'anima individuale nel Sé supremo. Affonda le sue radici nel terreno dell'Amore Divino, senza il quale non potrebbe fiorire. Le correnti ascendenti e discendenti del respiro magnetizzano spiritualmente la colonna vertebrale, trasformando il ricercatore in un ricettacolo perfetto di Luce e Amore Divini. Lo Yogi diviene il processo stesso dello Yoga. Lo Yogi diviene lo Yoga. Il pellegrino, la via e la meta diventano Uno....Amore.
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San Michele Arcangelo, il Principe delle Celesti Milizie
Tra gli angeli rifulge per la sua bellezza spirituale uno che la Sacra Scrittura chiama Michele. Il suo nome in ebraico suona Mi - ka - El e significa: Chi è come Dio? Era già considerato dagli Ebrei come il principe degli angeli, protettore del popolo eletto, simbolo della potente assistenza divina nei confronti di Israele. Nell'Antico Testamento appare per tre volte, in particolare nel libro di Daniele (Dn 10,13.21; 12,1), dove è stato indicato come il difensore del popolo ebraico e il capo supremo dell'esercito celeste che difende i deboli e i perseguitati. "Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro". (Dn 12,1). di A. Mangone
San Michele combatte contro il Diavolo nel capitolo 12 dell’Apocalisse “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli conbattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio, poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo" (Apocalisse 12/7-12)
s L’angelo di Jahve, che in Zaccaria 3, 1-2 si oppone a Satana, riceve il nome di Michele, ma diventa pure il protettore del popolo del Signore, come ben appare nella visione del profeta Daniele (Dn 10, 13). L’Apocalisse di Giovanni si rifà a questa concezione: Michele e gli angeli che stanno dalla sua parte cacciano Lucifero, nelle sembianze di drago, dal cielo. Michele ha in mano le chiavi dell’abisso (Ap 12, 7-9; 20, 1ss.). La lettera di Giuda cita uno scritto apocrifo, secondo il quale Michele, avrebbe lottato con il diavolo per impossessarsi del cadavere di Mosè (Gd 9). Su queste affermazioni della Sacra Scrittura germogliarono le tre tradizioni. TRADIZIONE EBRAICA: “Secondo l’ebraismo, Michele è mediatore tra Dio e gli uomini. In alcuni episodi del Primo Testamento il suo nome è stato inserito in un periodo successivo. Con Gabriele e un altro angelo, Michele ha visitato Abramo dopo la sua circoncisione, annunciandogli la nascita di Isacco; è intervenuto in seguito per impedire il sacrificio del figlio... Michele informa Abramo della prigionia di Lot, poi accompagna il servo Eliezer inviato da Abramo a cercare una moglie per Isacco. In questo angelo è visto più tardi anche l’avversario che lotta con Giacobbe, al quale sloga l’articolazione del femore. Inoltre, Michele appare a Mosè sul monte Oreb e, insieme a Gabriele, accompagna Dio sul Sinai. Quindi nel giorno del matrimonio di Salomone con la figlia del faraone Neco, scende dal cielo e pianta una canna nel mare di Galilea. Inoltre protegge i Giudei dall’oppressione in Babilonia organizzata da Aman: è lui a spingerlo contro Ester, in modo da far sembrare che Aman abbia voluto violentarla. A fianco del Messia combattono Michele e Gabriele, questi come fuoco, quello come neve. Per la cabala, Michele è l’angelo del diritto e il simbolo della grazia. È il protettore particolare d’Israele e, secondo la speculazione cabalistica più tarda, è proprio lui a condurre le anime dei giusti al cospetto dell’Onnipotente. TRADIZIONE CRISTIANA: Anche nella tradizione cristiana successiva al Nuovo Testamento la figura di Michele ricopre un ruolo importante. Secondo Origene (II se-
colo), Michele presenta a Dio le preghiere degli uomini. Più tardi vengono trasferiti su Michele tratti dell’antica guida delle anime, lo psicopompo. In veste di praepositus paradisi, sarà suo compito soppesare le anime nel giudizio finale. Il dotto Rabano Mauro (IX secolo) scrive omelie sull’arcangelo Michele, come farà più tardi il mistico Bernardo di Chiaravalle (1090-1153).Michele è considerato araldo di Cristo nell’esercito angelico, e quindi santo protettore della Chiesa, dell’esercito cristiano e anche di singoli popoli. Nella civiltà cristiana il culto di S. Michele fu utilizzato come sostituzione di quello di Odino. Questi motivi sono ulteriormente ampliati nella Legenda Aurea (XIII secolo): è Michele a colpire l’Egitto con le piaghe, al posto di Dio, a dividere il mar Rosso e a condurre il popolo d’Israele attraverso il deserto fino alla terra promessa. Inoltre, sempre secondo questa tradizione, il capo delle milizie celesti, sul monte degli Olivi, ucciderà l’Anticristo e risusciterà i morti con la sua tromba. Nel giorno del giudizio finale Michele porterà croce, chiodi, corona di spine e lancia. Il nome di Castel S. Angelo, propriamente il mausoleo dell’imperatore romano Adriano, risale alla leggendaria apparizione di Michele durante una processione per la peste, con Gregorio Magno, nell’anno 590 d.C.; nell’occasione l’angelo apparve in atto di riporre la spada nel fodero, significando così la fine della pestilenza. TRADIZIONE ISLAMICA: L’arcangelo Michele (Mikal) è menzionato nel Corano soltanto una volta (Sura 2, 98): “Se uno è nemico di Dio e dei suoi angeli e di Gabriele e di Michele, Dio (a sua volta) è nemico dell’infedele”. Ma una non chiara tradizione islamica affermerebbe che gli Ebrei considerano Gabriele l’angelo della distruzione e della carestia, mentre Michele è invece il protettore della fertilità e della salute. Entrambi gli angeli, che stanno uno a destra e l’altro a sinistra di Dio, sarebbero allora “nemici” tra di loro, il che però contrasta con il passo coranico summenzionato e con tutta la tradizione ebraica. Se nella tradizione ebraica numerosi sono i passi attestanti l’importanza di Michele, la tradizione islamica lo menziona di rado. Si narra infine che Michele è stato inviato sulla terra dopo Gabriele, per racco-
gliere il fango necessario a plasmare l’uomo, e che questi due angeli sono stati i primi a inginocchiarsi di fronte ad Adamo. NELL’ARTE: Nell’arte figurativa Michele è dipinto come un giovane, e dal X al XV secolo si preferisce il tipo femminile, mentre con il Rinascimento emerge una figura con fattezze più robuste e maschili. Nel periodo paleocristiano, Michele, soprattutto quando compare come messaggero divino o custode del Paradiso, è vestito con tunica e pallio; nell’arte orientale appare spesso con abiti da sovrano. A partire dal primo Medioevo Michele riveste per lo più paramenti liturgici o figura come guerriero con corazza e armatura. Le sue ali sono per lo più bianche, talvolta anche con i colori del pavone. I capelli sono tenuti insieme da una fascia o da un diadema. Dal 1400 si rinuncia talvolta all’aureola. Come messaggero di Dio e arcistratega, Michele ha gli attributi del bastone araldico, il globo o il segno della croce. Nella lotta contro Satana o il drago, Michele è armato di lancia, spada, scudo o bastone di Giacobbe; nella sua funzione di giudice delle anime ha la bilancia e la spada. Nell’arte paleocristiana e bizantina, Michele è raffigurato per lo più come custode del regno dei cieli o assistente al trono, insieme a Gabriele. Michele è visto come rappresentante del cielo anche nel Medioevo. Talvolta appare anche come assistente al trono di Maria. Soltanto a partire dal IX e X secolo Michele figura come uccisore del drago, in diretta analogia con Cristo e con richiami a concezioni escatologiche. Qui Michele, soprattutto nel basso e tardo Medioevo, è raffigurato o trionfante sul drago ucciso o ancora impegnato nella lotta. Entrambi i motivi sono spesso uniti e riprodotti preferibilmente su frontoni e timpani delle chiese medievali, nonché in manoscritti. Nel Rinascimento Michele, come uccisore del drago, appare di solito nelle vesti del combattente a cavallo, con armatura. Soltanto nel tardo Medioevo Michele è raffigurato come praepositus paradisi, in atto di soppesare le anime nei dipinti sul giudizio universale. Uno degli esempi più importanti è l’altare maggiore di R. van der Weyden con la raffigurazione del giudizio finale (1448-1451, Beaune), nel cui pannello centrale, sotto il Cristo giudice
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L’Arcangelo San Michele ha il grande privilegio di prestare l'ufficio dell'assistenza davanti al trono della Maestà Divina. Egli stesso si presentò così al vescovo Lorenzo: "Io sono Michele e sto sempre alla presenza di Dio..." E la liturgia del Concilio di Trento così pregava: "Per intercessione di S. Michele Arcangelo che sta alla destra dell'altare dell'incenso...". La tradizione gli attribuisce anche il compito della pesatura delle anime dopo la morte. Perciò in alcune sue rappresentazioni iconografiche, oltre alla spada, l'Arcangelo porta in mano una bilancia. Per i cristian S. Michele è considerato come il più potente difensore del popolo di Dio. Nell'iconografia classica S. Michele viene rappresentato come un combattente, con la spada o la lancia nella mano, sotto i suoi piedi satana, l’immagine del mostro, del male per eccellenza, sconfitto nella battaglia. troneggiante su un arcobaleno, un Michele esilissimo e leggiadro soppesa le anime in forma di minuscole figure. H. Leu invece propone un Michele in atto di pesare le anime, in un quadro molto mosso, con l’arcangelo che solleva la spada sul capo, pronto a colpire. Accanto alle riproduzioni dei principali tipi iconografici, l’arcangelo ricorre pure in una serie di raffigurazioni: la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso; Michele ferma il braccio di Abramo che sta per sacrificare Isacco; appare all’asina di Balaam; si mostra ad Abacuc” (Martin Bocian, I personaggi biblici – Dizionario di storia, letteratura, arte e musica, Mondadori editore, Milano 1997, pp. 355-358). Sfogliando la Bibbia ci si accorge che spesso le sue pagine levitano nel sogno di Gianfranco Ravasi “Lo scrittore francese Roger Caillois (1913-1978) nella sua ricerca sul sacro, sul mito, sulla magia ha coniato una suggestiva definizione del sogno: “I sogni hanno la forma delle nuvole e dei disegni delle ali delle farfalle. Sostanza aerea, polvere dai mille colori che resta sui polpastrelli e che si infrange se ci si attacca”. Se sfogliamo la Bibbia, ci accorgiamo che anche le sue pagine sono spesso cosparse di questa polvere dorata ed è facile che il pensiero del lettore sia catturato dalla rete dei sogni e delle visioni bibliche. Essi, però, non affondano solo nel subconscio dell’uomo ma soprattutto nel “buio luminoso” del mistero divino. Pensiamo alla visione della scala celeste che si apre davanti a Giacobbe addormentato e che è narrata nel capitolo 28 della Genesi e, nello stesso libro, pensiamo ai famosi sogni interpretati da Giuseppe in Egitto; pensiamo alle potenti Cinque visioni finali (cc. 7-9) di Amos, il profeta contadino, a quelle barocche di Ezechiele, alle otto visioni surreali di Zaccaria (cc. 1-6), a quelle complesse e apocalittiche di Daniele; pensiamo alla significativa definizione di “veggente” data ai primi profeti come Samuele, Elia ed Eliseo. D’altronde tutto l’Oriente antico era “incantato” dai sogni fino al punto d’aver creato innumerevoli sistemi interpretativi che avevano poco da invidiare alla psicanalisi per raffinatezza, anche se dotati di finalità molto diverse. L’oniromanzia, cioè la tecnica d’interpretazione dei sogni, era infatti una scienza teologica: il sogno restava il tramite decisivo della Rivelazione divina. In molte culture, infatti, si era configurata l’idea che l’anima abbandonasse il corpo durante il sonno e viaggiasse negli spazi celesti ed eterni: per questo, i sogni altro non sarebbero che messaggi dell’aldilà, veri e propri oracoli divini. La loro stessa ambiguità e la differente logica che li regge rendevano necessaria l’interpretazione profetica per coglierne il senso nascosto ed esoterico. Così, ad esempio, il faraone Tutmosi IV (1422-1413 a.C.) durante la siesta di un pomeriggio caldo ha la visione del suo dio che gli parla, come un padre a suo figlio: “Io sono tuo padre e darò a te il mio regno su questa terra come primo dei viventi”. Questo è anche il valore fondamentale dei sogni nella Bibbia: essi rappresentano un modo simbolico per indicare la Rivelazione divina. Nel sogno e nella visione si ha, infatti, un diverso ordine di cono-
scenza, tutto si trasforma, si aprono nuovi mondi. Così è anche per l’esperienza di fede, così è anche per l’incontro col mistero.A questo punto dovremmo documentare la presenza di questo simbolo all’interno di molte pagine bibliche. Noi ci fermeremo solo su un evento più noto, quello delle origini di Cristo, tutto costellato di sogni e di visioni. Si inizia già con l’apparizione dell’angelo Gabriele a Zaccaria, il padre del Battista, durante la solenne liturgia vespertina dell’incenso: Luca parla esplicitamente di “visione” (1, 22); e anche l’annunciazione a Maria sembra ricalcare lo stesso schema. Ma è soprattutto Matteo a popolare di sogni i giorni di Gesù bambino: per cinque volte in pochi versetti l’evangelista ripete l’espressione greca kat’onar: “in sogno”. Tutto era cominciato in quel momento tormentato, quando Giuseppe aveva deciso di rompere il fidanzamento con Maria già incinta di Gesù. “Mentre stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore che gli disse: Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria… Destatosi dal sonno Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore” (1, 20.24). I vangeli apocrifi coloreranno questo sogno di altri particolari, creando delle vere e proprie sceneggiature fantastiche. Un esempio per tutti potrebbe essere l’avvio del racconto della Storia di Giuseppe il falegname giunto a noi in lingua copta. È Gesù che parla: “Ed ecco, nel cuor della notte, farsi avanti Gabriele, l’arcangelo della gioia. Era stato il mio Padre buono a mandarlo; si presentò a Giuseppe in sogno e gli disse: “Giuseppe, Giuseppe!”. La trama dei sogni del Natale “canonico” prosegue anche negli eventi successivi alla nascita di Gesù e ha per protagonista sempre Giuseppe, tranne un paio di eccezioni. La prima è quella dei Magi “avvertiti in sogno di non tornare da Erode” (Matteo 2, 12) e la seconda è quella della visione celeste dei pastori descritta da Luca (2, 915). Ritorniamo a Giuseppe. È ancora Matteo che continua il racconto così: “Un angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto” (2, 13). E dopo il soggiorno egiziano, “morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele” (2, 19). Ma entrato in Palestina, seppe che regnava Archelao, figlio di Erode, e allora, “avvertito in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret” (2, 22-23). Come si vede, il filo d’oro dei sogni percorre tutta la narrazione natalizia e apparirà qua e là anche altrove nel Nuovo Testamento. Basterà ricordare la stupenda e intensa visione notturna del Macedone che supplica Paolo: “Passa in Macedonia e aiutaci” (Atti degli Apostoli 16, 9). Nello stesso libro è il Signore che appare ancora a Paolo in una visione notturna a Corinto per dirgli: “Non avere paura, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male” (18, 9-10). E ancora negli Atti degli Apostoli, durante la tempesta che colpisce l’imbarcazione che porta Paolo a Roma per essere processato, l’apostolo dichiara: “Mi è apparso questa notte un angelo di Dio
La Preghiera a San Michele Arcangelo O Principe gloriosissimo delle milizie celesti, San Michele Arcangelo, difendici nei combattimenti e nelle lotte terribili che dobbiamo sostenere in questo mondo, contro il nemico infernale. Vieni in aiuto agli uomini, combatti ora coll'esercito degli angeli Santi le battaglie del signore, come già pugnasti contro il capo degli orgogliosi, Lucifero, e gli angeli decaduti che lo seguirono. Tu Principe invincibile, soccorri il popolo di Dio e procurali la vittoria. Tu che la Santa Chiesa venera come custode e patrono e si gloria di avere a suo difensore contro le malvagie dell'inferno. Tu a cui l'Eterno ha confidato le anime per condurle nella celeste beatitudine, prega per noi il Dio della pace, affinchè il demonio sia umiliato e vinto e più non possa tenere gli uomini sotto la schiavitù, nè nuocere alla santa Chiesa. Offri al trono dell'Altissimo le nostre preghiere affinchè le sue misericordie scendano tosto su di noi e l'infernale nemico più non possa sedurre e perdere il popolo cristiano. Così sia.
dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione” (27, 23-24). A questo punto, dopo aver delineato un profilo descrittivo essenziale del tema, dovremmo formulare un’interpretazione teologica. Ebbene, nella maggior parte dei racconti biblici di sogno appare un personaggio fondamentale, l’angelo (nel racconto della nascita di Gesù secondo Matteo entra in scena quattro volte e ben quattordici in Luca). È proprio questa figura del messaggero divino a conferire al sogno biblico la sua fisionomia decisiva, quella di essere un simbolo dell’esperienza di fede che suppone un canale di conoscenza diverso rispetto a quello razionale, per poter cogliere il trascendente e il mistero divino. In questo senso potrebbe essere illuminante nella sua essenzialità un verso dei Poemi conviviali di Giovanni Pascoli: “il sogno è l’infinita ombra del Vero” (Avvenire, martedì, 3 maggio 2005)».
notizie
Chi era Renè Guènon? ...considerazioni sulla via iniziatica
s Renè Guènon nacque a Blois nel 1886. Nel 1930 lasciò la Francia per stabilirsi definitivamente in Egitto. Morì al Cairo nel 1951. Fu saggista in Francia. Nato da famiglia benestante conseguì a Blois il Baccellierato d'indirizzo Letterario e Filosofico nel 1903, all'età di 22 anni. Trasferito a Parigi con l'idea di seguire corsi di Matematica al Collegio Rollin (studi matematici dai quali acquisì un certo rigore metodologico nella ricerca filosofica), nel 1906 interruppe tali interessi accademici perché debilitato fisicamente e per un crescente interesse per discipline eterodosse (esoterismo soprattutto). Entrato a far parte della Libera Scuola di Scienze Ermetiche di Papus (Ordine Martinista; Rito di Memphis ed Misraim) ne uscirà dopo appena due anni in aperto dissenso con l'indirizzo reincarnazionista della Scuola Filosofica. Le fondamentali amicizie con gli amici spirituali (il saggista Albert Puyon, uno dei pochi occidentali entrato in contatto con i maestri orientali della misteriosofica taoista, ed il pittore svedese Ivan Gustav Agueli) ed il contatto con la Filosofia Taoista fecero l'esordio del filosofo ermetico come pubblicista (direttore della rivista "Lo Gnose"). Nel 1912 Guénon entra a far parte, segretamente, dell'Islam, e nella catena sufica del di lui maestro Abder-Rahman Elish el Kebir. Insegnante il Francia ed in Algeria dal 1915 al 1921 pubblicò nel 1921, a 35 anni, l'Introduzione generale allo studio delle dottrine Indù e iniziò a dare lezioni di filosofia al corso Saint Louis di Parigi. Dal 1925 collaborerà con la rivista cattolica Regnabit ; nel 1927 pubblica Il re del Mondo e la Crisi del Mondo Moderno. Nel 1928 collabora con 'il Velo di Iside' , rivista di studi esoterici tradizionali che dal 1933 cambierà il nome, su suo suggerimento, in 'Studi Tradizionali' (rivista tuttora esistente, mantenendosi ancora fedele alla caratterizzazione che le aveva dato il più illustre dei suoi collaboratori). Nel 1930 si trasferisce definitivamente al Cairo dove rimarrà sino alla morte, avvenuta nel 1951. Autore che esercitò molteplici influssi su saggisti e uomini di cultura ed indirizzò una moltitudine di filosofi esoterici e di discipline esoteriche, non tralasciando le discipline latomistiche, rappresentò indiscussa guida spirituale nel panorama degli studi Tradizionali europei...e non solo. Renè Guenon resta 'il più implacabile e coerente critico della civiltà moderna, e lo studioso che meglio a dimostrato l'universalità, nel tempo e nello spazio, della simbolistica iniziatica' -A. Ambesi- . Guenon è quell'attento studioso di Scienze Tradizionali che per primo ha dato la giusta dignità e attribuito il giusto valore a queste fondamentali discipline elevandole a traguardi impensati. E' stato e rimane un esempio di perenne ricerca e di tensione verso quell'Assoluto del
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quale sicuramente ne ha colto il significato e l'anelito ed al quale si è elevato e si è congiunto al culmine della sua irrefrenabile volontà di trascendere. Guenon è quel maestro che ti porta mano nella mano alla scoperta del noumeno dei significati iniziatici, un maestro spirituale, IL MAESTRO SPIRITUALE della filosofia esoterica occidentale. Considerazioni Sulla Via Iniziatica è l’ultimo libro di René Guénon, una raccolta organica di suoi articoli apparsi su diverse riviste in periodi diversi, curati personalmente da lui e riuniti in un tutto organico per arrivare a rappresentare il ‘saggio’ punto, una vera e propria Summa sulla problematica iniziatica alla luce di tutte le conoscenze maturate in anni di contatti con diverse culture e Tradizioni sia occidentali che orientali. Da profondo e critico conoscitore delle molteplici e spesso accidentate e non infrequentemente ‘contraddittorie’ ( ma secondo lui ricomponibili nei significati profondi ad un’unica origine) possibilità di accedere alla Via verso quell’Assoluto di cui lui ne fa testimonianza indirettamente con le sue opere e con la sua vita, Guenon ripercorre e condensa tutte le ricchezze ‘sparse’ nel bagaglio simbolico delle Tradizioni iniziatiche lasciando intravedere la possibilità, sottesa in ognuno di noi, nella propria individualità, se cercata con la dovuta saggezza e applicazione allo studio simbolico, di poter percorrere quel cammino che possa aprirci alla visione iniziatica del Supremo, alla Luce della Conoscenza, alla parola perduta nella Aghartha della nostra epoca. Il libro, prezioso strumento per la completa maturazione e intima comprensione dei ‘motori spirituali’ iniziatici rappresenta quindi un fondamentale testo di ricerca dei significati profondi sottesi ai Rituali Iniziatici Tradizionali, significati spesso misconosciuti anche da chi questi Rituali li compie e li esercita nelle società iniziatiche occidentali attuali, che secondo l’Autore, conservano ancora nell’antico simbolismo e nelle proprie tradizioni il messaggio iniziatico gnostico dei costruttori operativi medievali. Tale approfondita analisi del cammino iniziatico rivela spesso sorprendenti collegamenti con Riti Iniziatici molto lontani nel tempo, che Guénon ipotizza anteriori addirittura alla comparsa dell'Uomo sulla Terra (i cosiddetti elementi ''non-umani'' delle istituzioni iniziatiche). Quelle frasi , egli tiene a sottolineare, che spesso si dànno per scontate e si recitano leggendole sui manuali dei Rituali attuali celano inaspettate colleganze e corrispondenze con Culture e Esoterismi lontani, tutte figlie, a detta dell'Autore, di quello Stato Primordiale , di quell'Età Iperborea ed anti-Atlantidea dove l'uomo non aveva la necessità di acquisirle da depositari di una Scienza Misterica ma che facevano parte del suo bagaglio di esperienza innata: una sorta di ricchezza esoterica inconscia.
spunti di riflessione...
Trasformazione della tua mente...
del M°Yogiraj Satgurunath Siddhanath
Come un vaso che perde non si può mai colmare delle Acque di Vita tanto calme e pure Così la mente distratta fallisce nel trattenere il nettare della saggezza nel proprio cervello Per alleviare la malattia di una mente vagante Un rimedio efficace dobbiamo trovare Un respiro ritmico senza tensione Dove l'assorbimento è chiave suprema Saldo nel tuo intento tieni in equilibrio la freccia della determinazione E scagliala contro la mente effimera per calmare I pensieri cervi, cerve e cervi maschi Abbattuti dai tuoi dardi concentrati Mentre si spengono uno ad uno La mente si apre a un nuovo giorno I ruscelli scorrono quieti e i salici ondeggiano Qui cervi docili e miti giocano Domata e in armonia con il flusso della natura La mente si scioglie nello splendore dell'opale Che irradia dall'anima interiore Dove il fuoco mistico della Saggezza è Re!
LIbRI
TEMPLARI Ieri e oggi
L’Autore Caruso illustra tutta la storia dei Templari a partire dal processo all’ultimo maestro dell’ordine del Tempio, Jacques de Molay, torturato e messo al rogo nel 1314 a Parigi. Settecento anni or sono, all’alba del 13 ottobre 1307, mentre i Templari assistevano alle funzioni religiose, gli uomini di Filippo IV il Bello, irruppero nelle chiese, case e fattorie dell’Ordine del Tempio, arrestando tutti i presenti. In seguito a ciò vennero istituiti due processi: il primo, dal 19 ottobre al 24 novembre 1307, gestito dagli inquisitori del re, il secondo dall’8 agosto 1309 al 5 giugno 1311, voluto da papa Clemente V; processi che terminarono nel 1314 con il rogo del maestro Jacques de Molay sull’Ile aux Juifs, nel mezzo della Senna. Durante questo
lungo periodo vennero ascoltati più di 500 cavalieri templari, oltre a vari testimoni laici. Il volume affronta le problematiche della nascita, della regola, dell’accumulo di ricchezze, dell’alimentazione, delle condizioni di vita, dell’ideologia religiosa, del simbolismo esoterico e la storia dei sopravvissuti alla caduta dell’Ordine, la loro sopravvivenza in Francia, in Portogallo, in Scozia e nella Massoneria, fino ad analizzare cosa sopravvive oggi del Mito Templare. L’autore si pone l’obiettivo di sfatare le leggende fiorite nei secoli, di abbandonare i luoghi comuni storiografici e soprattutto di intraprendere nuove vie di ricerca basandosi sull’analisi sistematica dei testi fondatori dell’Ordine del Tempio.
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AnTIchE TRADIzIonI
Auto da collezione, gioielli unici e uomini
SToRIA DI RoSSAno
Un percorso storico attraverso l’artigianato rossanese
Il Maestro orafo Domenico Tordo ha realizzato il logo in oro della mitica casa automobilistica Gumpert produttrice di auto da corsa. Immagine e design in tutte le realizzazioni orafe del giovane Maestro calabrese
Luigi Minnicelli (1827-1903)
Antichi mestieri e vecchie memorie testimoni di una cultura che è storia di un popolo, della terra rossanese. Ritrovare la memoria storica della nostra gente, testimonianza preziosa di un'epoca che non ritornerà mai più. Riconoscere le nostre radici: è ciò che si intende offrire al pubblico, alla scuola e ai giovani con questo locale della memoria. Attraverso gli strumenti utilizzati dalle passate generazioni, sia in casa che in bottega, si farà un percorso tra arte, storia, cultura e tradizione. Si riscoprono i mestieri artigiani ormai scomparsi insieme a un mondo di competenze, di abilità manuali ricco e variegato; si dipanano pagine di storia della società rossanese, in un affascinante viaggio nel tempo tra nostalgia e ricerca storica. Oltre all’esposizione di antichi oggetti, ben presto si potranno vedere all'opera artigiani che dimostreranno la loro abilità e creatività, facendo così conoscere e promuovendo le peculiarità del territorio. Alessandro Le Fosse e Sandro Tinari sono i proprietari-ideatori di questo percorso storico che, con la loro gentilezza, offriranno ogni sabato ai visitatori “u’ biccherin frisch” cioè qualcosa di fresco, così come si faceva una volta come segno di cordialità e, sopratutto, di amabile accoglienza propria di tutti i rossanesi. Il locale si trova a Rossano scalo in Viale Margherita, vicino al passaggio a livello. Per informazioni telefonare al 338.6513571.
Gumpert: il mitico marchio ha scelto i gioielli del M° Tordo
Un pilota che sta emozionando il Cavallino
Cirò, sei un grande...
Giuseppe Cirò è stato ancora il grande protagonista del Campionato Italiano Gran Turismo GT2 su Ferrari. A Vallelunga, nel 6° appuntamento stagionale ha conquistato un’altra bellissima vittoria in gara. Tecnica di guida impeccabile e grande correttezza in pista.
Luigi Minnicelli nacque a Rossano il 13 Agosto del 1827 da Gennaro e Maria Pirillo. Il Ministro della Guerra, con proprio decreto, nominò questo illustre rossanese sottotenente di fanteria per essersi distinto nella spedizione dei Mille e nella lotta al brigantaggio. Il 5 Maggio del 1860 partecipò con Garibaldi alla spedizione dei Mille, celebre episodio del periodo risorgimentale italiano, partendo dalla spiaggia di Quarto (oggi Quarto dei Mille, a Genova) e sbarcando in Sicilia occidentale. Conquistandando l'intero Regno delle due Sicilie, patrimonio della casa reale dei Borbone, ricevette dal Senato di Palermo una medaglia commemorativa su cui è scritto "ai prodi cui fu duce Garibaldi". Infine, venne fornita dal Ministero della Guerra, la lista con le 1090 persone che parteciparono all’impresa e pubblicata nel 1864 dal Giornale Militare come risultato di un'inchiesta istituita dal Comitato Militare di Stato. Questo comitato fu creato per determinare quanti e quali furono i reali partecipanti a quella storica spedizione e come avvenne lo sbarco l'11 Maggio 1860 a Marsala.
Il brigante Palma (1831-1869) Domenico Strafaci, alias Palma, per molti anni egli fu ritenuto il “re della foresta” creando intorno a se una alone di leggenda. Domenico Strafaci apparteneva alla classe dei braccianti più poveri. Nel 1860 Domenico Strafaci, divenuto per tutti "Palma" si ribellò alla prepotenza di un ricco signorotto di Rossano prendendolo a schiaffi. Il 1865, 440 soldati armati, guidati da abili comandanti, cominciarono una caccia spietata al brigante. Il 1869 Palma venne ucciso dal guardiano Pietro Librandi che tirò un colpo ferendo gravemente il brigante che dopo morì. La testa del brigante fu portata a Rossano esposta sulla "Colonna infame" a Piazza Steri.
notizie
PASSIonE PER I SIgARI
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Sport, natura e salute a partire da 4 anni
Attualità « 15 SToRIA DI RoSSAno
L’ Equitazione e l’ippoterapia a Rossano
zIno PLATInUM Siete in cerca di un sigaro elegante, fatto a mano con il miglior tabacco e con una confezione di tutto rispetto? Zino Platinum offre una buona scelta tra varianti di sigari realizzati al meglio. Di gran classe il modo in cui vengono presentati, in scatole appositamente realizzate, in platino e con l’elegante stemma del marchio stampato su. Aspetto estetico perfetto, con capa setosa anche se non molto grassa e colorado claro, tiraggio superbo, buona paletta aromatica senza i tipici bias dei caraibici non cubani, forza abbastanza pronunciata e "rotonda", senza arrivare agli eccessi che sembra vadano tanto negli us con i cosiddetti sigari fuerte o con ligade dichiarate "doble ligero", dove incontri più forza a scapito del resto. . Zino Platinum Cavern Series, un collezionista non potrà certamente farne a meno. Un sigaro dall’ immagine aristocratica, per quelli che possono permettersi ottimi sigari di importazione.
Periodico di Cultura e Attualità www.notiziecs.it Registrazione periodici Tribunale Rossano Allegato R.Per.02/05 - N° Cron.3075 con successive modifiche Direttore Responsabile Vincenzo D’Atri Direttore Editoriale Alfredo Mangone - alfredomangone@libero.it Ideazione grafica Mangone - Rossano Stampa A.R.S.M.
s Forse non tutti sanno che l'ippoterapia, o equitazione a scopo terapeutico, ha origine antiche perché il cavallo, con le sue straordinarie doti di sensibilità, di adattamento, di intelligenza è ritenuto, da sempre, e non a torto, "straordinaria medicina". L’uso dell’equitazione a scopo terapeutico ha avuto inizio già nell’opera di Ippocrate di Coo (460-370 a.C.), che consigliava lunghe cavalcate per combattere l'ansia e l'insonnia. L' ippoterapia, detta Terapia con il Mezzo del Cavallo (TMC), è stata introdotta in Italia nel 1975 dalla dottoressa belga Danièle Nicolas Citterio che ha contribuito all’uso terapeutico del cavallo attraverso anche l’opera dell’Associazione Nazionale Italiana per la Riabilitazione E q u e s t r e (ANIRE). L’ippoterapia agisce grazie all’interazione uomo-cavallo a livello neuro-motorio e a livello neuro-psicologico. Esiste l’ippoterapia propriamente detta che costituisce l’approccio iniziale al cavallo e al suo ambiente, si svolge quindi prima a terra e successivamente sull’animale accompagnato da un istruttore.Tale sistema è valido per il raggiungimento di obiettivi tecnico-riabilitativi specifici secondo un programma terapeutico prestabilito. Ma la pratica di questo sport ha in ogni caso benefici effetti perché il cavallo è estremamente sensibile al linguaggio del corpo inteso come gestualità e, essendo un animale altamente sociale, è comunque molto recettivo verso tutti i tipi di comunicazione. Andando a cavallo, alle varie andature, si impegnano numerosi gruppi muscolari e si coinvolgono vari campi della psicofisiologia e della psicomotricità. Inoltre questa disciplina è in grado di generare sentimenti ed emozioni intense; è ormai riconosciuto il valore del coinvolgimento emotivo nel processo di apprendimento
perché le stimolazioni visuo-spaziali fornite dal particolare ambiente del maneggio con variazioni cromatiche e di luminosità in relazione anche con il movimento del cavallo sollecitano un’attenzione visiva finalizzata, facilitando così l’acquisizione della dimensione dello spazio. Si ottiene inoltre una stimolazione tattile intensa tramite il contatto con un animale di grandi dimensioni, che aiuta la presa di coscienza e la conoscenza di sé e del proprio corpo. Il cavallo è un essere che esprime emozioni proprie come la paura in cui ci si può riconoscere e dove si può assumere un ruolo rassicurante; allo stesso tempo, montare a cavallo, cioè su un animale grande e potente, offre sensazioni di protezione, di autostima e fiducia in se stessi. Il cavallo possiede infatti tutte le qualità - calore, morbidezza, odore, movimenti regolari, grandi occhi con sguardo intenso - necessarie a stimolare il processo di attaccamento fondamentale per lo sviluppo dell’essere umano. Infine andare a cavallo permette di stabilire contatti fisici e permette anche di essere gratificati, sia dall’offrire cure, carezze e massaggi, sia dal ricevere come risposta ai nostri comportamenti manifestazioni di gratificazione da parte dell’animale. A Rossano si può praticare questo sport presso il Centro Ippico in Contrada S.Caterina. Scuola Pony a partire da quattro anni, ippoterapia, pensione cavalli, club house, parco giochi e, naturalmente, un maneggio attrezzatissimo per tutte le esigenze. Presso la scuola pony, in collaborazione con il centro equestre rendese, sono presenti istruttori federali qualificati per poter imparare sotto la loro supervisione qualificata. Per maggiori informazioni ci si può rivolgere ai seguenti recapiti: tel.0983.515.834 - 335.5956419.
Urbano VII (1521 - 1590) Urbano VII, nato Giovanni Battista Castagna fu il 228° Papa della Chiesa cattolica per soli tredici giorni nel settembre 1590. Il suo è il pontificato più breve della storia. La sua elezione al papato venne ampiamente supportata dalla fazione spagnola. Venne scelto come successore di Sisto V, il 15 settembre 1590, ma morì di malaria il 27 settembre, prima di essere consacrato. Servì come governatore di Bologna e come arcivescovo di Rossano Calabro (1 marzo 1553); fu nominato governatore di Fano nel 1555 da Papa Giulio III e poi di Perugia ed Umbria sotto il pontificato di Papa Paolo IV; fu anche legato di Pio IV al Concilio di Trento (1562-1563); fu per sette anni nunzio in Spagna, ma anche di Venezia (ordinato da Papa Gregorio XIII nel 1573) e Polonia. È sepolto a Santa Maria sopra Minerva.
Isabella D’Aragona (1470 - 1524) Isabella d' Aragona fu duchessa di Rossano. Secondogenita di Alfonso II, eredita dal padre il carattere fiero, l’orgoglio per la propria dinastia, l’attitudine al comando; dalla madre apprese l’amore per l’arte e la cultura. All’età di soli due anni viene promessa in sposa a Gian Galeazzo Sforza (che aveva quattro anni), figlio del Duca di Milano, Galeazzo Sforza. Questo matrimonio rientrava nella politica che aveva intenzione di stringere i rapporti e consolidare l’amicizia tra i due stati.
I Sentieri divini Ges첫 Cristo, Logos, Confucio, Zoroastro, buddha, brahman, allah, jehovah
Ma voi chi dite che io sia?
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