PUNTI DI VISTA Rifunzionalizzazione delle torri appartenenti al sistema di difesa costiera del Regno di Napoli
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I. CONOSCERE
DIPARTIMENTO INGEGNERIA CIVILE, DEL TERRITORIO, DELL’AMBIENTE E ARCHITETTURA Corso di Laurea Magistrale in Architettura a.a. 2015/2016
PUNTI DI VISTA Rifunzionalizzazione delle torri appartenenti al sistema di difesa costiera del Regno di Napoli
RELATORE Andrea Zerbi
LAUREANDI
CORRELATORE Marco Cillis
Luigi Maggiore
Marta Klaric Markos Tsokanos
INDICE
INTRODUZIONE I.
CONOSCERE
10 10 12 14 16
I. I.1 I.1.2 I.1.3 I.1.4
Contesto storico- geografico La Puglia: ponte sul Mediterraneo Prime necessità di difesa L’edificazione delle torri: esigenze e vicissitudini Ordinanze viceregnali
18 18 20 24 26
I.2 I.2.1 I.2.2 I.2.3 I.2.4
Il sistema difensivo costiero La figura di Giovanni Tommaso Scala L’attuazione del piano “Conclusione” dell’opera Vicende successive all’edificazione
28 28 30
I.3 I.3.1 I.3.2
La costruzione delle torri Gli studi di Faglia Divisione tipologica
1
2 III.
PROGETTARE
162 162 163
III.1 III.1.1 III.1.2
Il progetto Introduzione al progetto Linee di intervento
164 164 166 168 170 172 174 176 178
III.2 III.2.1 III III III III III III III.2.2
Prima linea di intervento Interventi sugli edifici Belvedere Parco Info point Albergo diffuso Ecomuseo Punto di ristoro Interventi sulle murature
184 184 188 190 196
III.3 III.3.1 III.3.2 III.3.3 III.3.4
Seconda linea di intervento Interventi sul percorso Sezioni del percorso Attrezzatura percorso Conclusioni progettuali
CONCLUSIONI Bibliografia Allegati Finali
36 36 38
II.
INTERPRETARE
II.1 II.1.1 II.1.2
Area di intervento Individuazione dell’area Conoscenza dello stato dei luoghi
40 40 42 48 54 60 66 72 78 84 90 96 102 108 114 120 126 132
II.2 Analisi delle torri II.2.1 Schedatura torri II. Alto Lido II. Torre Fiume II. Torre S.Caterina II. Torre dell’Alto II. Torre Uluzzo II. Torre Inserraglio II. Torre Squillace II. Torre S. Isidoro II. Torre di Porto Cesareo II. Torre Chianca II. Torre Lapillo II. Torre Castiglione II. Torre Colimena II. Torre Saline II. Torre S. Pietro in Bevagna II.2.2. Conclusione
134 134 138 142 146 150 156 156
II.3 II.3.1 II.3.2 II.3.3 II.3.4 II.3.5 II.3.6 II.3.7
Analisi del territorio Inquadramento territoriale Struttura Idrogeomorfologica Viabilità Uso del suolo Aree di valenza paesaggistica-territoriale Pressione turistica Conslusione
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INTRODUZIONE
Le torri costiere, edificate sotto il Viceregno di Napoli, furono costruite per scoraggiare e prevenire i tentativi di incursioni dal mare da parte di pirati e barbareschi. Queste costituivano una vera e propria infrastruttura che si ramificava dalla costa fino ai centri abitati dell’entroterra; erano messe in connessione da un sistema di comunicazione visivo che prevedeva l’utilizzo di segnali luminosi di notte e di fumo per il giorno. L’antica infrastruttura di difesa costiera è stata spesso oggetto di studi dal momento della sua edificazione ad oggi. Negli anni, molti sono stati gli interventi di ristrutturazione e consolidamento sempre e solo focalizzati sul singolo edificio ma senza uno scopo scientifico, senza un contenuto forte e capace di generare interesse. Questo tipo di approccio ha contribuito a frammentare ulteriormente un sistema già di per sé lacerato, lasciando molte delle torri in uno stato di abbandono e degrado. Alla base di ciò vi sono spesso una molteplicità di competenze, istituzioni, associazioni e privati talvolta incapaci di comunicare tra loro al fine di raggiungere un obiettivo comune. Finora è stato tralasciato il fatto che questi edifici facciano parte di un unico grande piano, di un’unica rete e, pertanto, non possono essere snaturati considerandoli singolarmente. L’intervento proposto in questo lavoro di tesi punta, invece, alla rifunzionalizzazione dell’intera infrastruttura così com’era stata voluta dal Regno di Napoli, trasformandola da capillare sistema di avvistamento e difesa, a sistema diffuso d’incontro e di condivisione di informazioni, motore d’innovazione e chiave di rilettura dell’intero territorio. Nello specifico si riferisce ad una porzione costiera che si estende dal comune di Galatone (LE) al comune Manduria (TA); tale scelta è stata guidata dal fatto che in questo tratto è stata rilevata, sia una diversità a livello tipologico di questi edifici, ma anche una notevole varietà morfologica del territorio costiero.
Coastal towers, built under the Viceroyalty of Naples, were built to discourage and prevent attempts by pirates and barbarians to invade the inland from the sea. They constituted a real infrastructure that branched from the coast to the built centers of the inland; They were connected by a visual communication system that included the use of light signals during the night and smoke signals during the day. The ancient coastal defense infrastructure has often been studied since its construction to date. Over the years, most of the refurbishment and consolidation interventions have been focused on the single building but without a scientific purpose, without a strong case that can generate interest. This kind of approach has contributed to the further fragmentation of a system that has already been torn apart, leaving many towers in a state of abandonment and degradation. The root of the problem is that, quite often, there can be found a multitude of competences, institutions, associations and individuals sometimes unable to communicate with each other in order to achieve a common goal. So far, the fact that these buildings are part of a unique large plan has been overlooked. They are part of a single network and therefore can not be distorted by considering them individually. The intervention proposed in the work of this thesis aims, on the other hand, to re-functionalize the entire infrastructure as it was initally intended by the Kingdom of Naples, transforming it from a capillary system of sighting and defense, to a diffused system of social encounters and information sharing place, an innovation engine and tool of re-evaluation of the entire territory. Specifically, it refers to a coastal portion extending from the municipality of Galatone (LE) to the municipality of Manduria (TA); This choice was guided by the fact that in this section, a typological diversity of the towers but also a remarkable morphological variety of thecoastal territory was encoutered.
Alla base di questo progetto vi è un’approfondita fase conoscitiva, sia per quanto riguarda il territorio, che per quanto riguarda le torri stesse. Ciò è avvenuto in un primo momento attraverso un’esperienza diretta sul territorio, tramite sopralluoghi e rilievi diretti in loco, poi in remoto mediante la consultazione di materiale sia cartaceo che digitale. La conoscenza dello stato dei luoghi è stata fondamentale per poter definire delle appropriate strategie di intervento, consone con le problematiche affrontate. La proposta per la riqualificazione del sistema di difesa costiero consta di due momenti d’azione. Una prima fase riguarda una scala architettonica, ovvero interventi puntuali sui fabbricati, sia di natura funzionale, con l’assegnazione di nuove destinazioni d’uso, che strutturale e materica, ove necessario. La seconda fase invece riguarda una su scala territoriale e prevede la definizione di un itinerario costiero attrezzato che, sfruttando le reti dei tratturi e le vecchie vie del sale, rimetta in connessione le torri, sia tra di esse che con il territorio circostante. In sintesi, la programmazione degli interventi di riqualificazione si compone di proposte riguardanti diverse tematiche con lo scopo di una rivalorizzazione, tanto dell’intera infrastruttura difensiva, quanto del territorio in cui essa si inserisce. Questo lavoro può essere considerato uno strumento che fornisce una metodologia di lettura e di intervento, una sorta di “progetto pilota” che potrà essere applicato anche sul resto del territorio costiero in cui persistano le medesime problematiche e peculiarità. Un vademecum contenente tutti gli scenari possibili per ricucire l’antica infrastruttura difensiva, ad oggi profondamente lacerata e dimenticata.
The core key of this project is an in-depth study of both the territory and the towers themselves. This knowledge was developed, at first, on a direct experience in the area through on-site inspections and surveys, then remotely, by consulting both paper and digital material. The awareness of the current state of the elements and their environment was crucial to defining appropriate intervention strategies, consistent with the issues faced. The proposal for the redevelopment of the coastal defense system consists of two moments of action. A first fase concerns an architectural scale, ie punctual interventions of a functional nature on buildings, with the assignment of new uses, but of a structural and material nature, where deemed necessary. The second fase, on the other hand, regards a territorial scale and involves the definition of a well-equipped coastal route that, utilizing the netting networks and the old ways of the salt, brings together the towers, both amongst them and with the surrounding area. In summary, the programming of the interventions is made up of proposals covering various issues with the aim of revaluing both the entire defense infrastructure and the territory in which said infrastructure is found. This work can be considered as a tool that provides a method of reading and intervention, a kind of “pilot project” which can also be applied to the rest of the coastal territory where the same problems and peculiarities persist. A vademecum containing all the possible scenarios to re-establish the ancient defensive infrastructure, today deeply torn and forgotten.
 ... se a cavallo di aliante sorvolassimo la regione salentina, facendoci trasportare dalle correnti del cielo lungo i bizzarri confini tra la terra ferma - a volte brulla, arida e rocciosa, a volte pianeggiante e sabbiosa - e la massa delle acque straordinariamente limpide dal colore verde-azzurro, sembrerebbe di trovarci di fronte ad un enorme fiore esotico adagiato misteriosamente sul mare. Non so se vi sia capitato di osservare un fico d’India quando, nell’incipiente autunno, i fiori o meglio i frutti maturi, circondano il perimetro delle verdi superfici creando una ghirlanda incantevole. Per molti aspetti la nostra regione, col suo antico sistema di torri lungo il litorale, autentica cornice di coralli luccicanti al sole, assomiglia ad un gigantesco fico d’India ricoperto da prelibato frutto, ma in possesso pure di un folto sistema di pungiglioni atti alla difesa contro ipotetici nemici ...  Tommaso Leopizzi
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TORRE LAPILLO 40° 16’51.47’’ N 17° 50’25.85’’ E
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I.1 CONTESTO STORICO-GEOGRAFICO I.1.1 La Puglia: ponte sul Mediterraneo La Puglia, estremo confine orientale della penisola, da sempre, per la sua posizione geografica, rappresenta nell’ambito del Mediterraneo centrale un campione significativo della stratificazione plurimillenaria di documentazioni archeologiche. Queste attestano l’intensità della frequentazione dei suoi territori interni e, soprattutto, costieri. Contaminazioni tuttora evidenti nelle tradizioni, nei dialetti quanto nell’architettura, testimonianza di un passato tanto ricco quanto burrascoso. Un territorio da molti ambito, sia per le sue fertili terre, sia per la sua posizione strategica, considerato un avamposto d’eccezione per il controllo del canale di Otranto e quindi dei traffici marittimi verso l’oriente.
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I.1.2 Prime necessità di difesa Sin dal Paleolitico, il territorio pugliese, grazie alla presenza di numerose grotte e doline dovute alla conformazione carsica, ha da sempre costituito un luogo favorevole agli insediamenti umani. Di ciò, ne sono testimonianza le numerose pitture rupestri, i resti umani e i monili rinvenuti nelle grotte carsiche dislocate su tutto il territorio e, in particolare, lungo la costa. I segni e le testimonianze degli albori dell’antichissima civiltà mediterranea permangono, oltre che nel sottosuolo, anche al disopra del piano di campagna. Quivi avviene spesso di incontrare (oltre a trulli e “furnieddhri“ che, pur essendo di più recente costruzione, sono testimonianza di un’architettura primordiale perpetuatasi nella regione) tre tipi di monumenti lapidei: dolmen, menhir e specchie. Poniamo la nostra attenzione su queste ultime, probabilmente risalenti al periodo messapico (VII secolo a.C.). Le specchie (dal latino speculă, osservatorio, vedetta) si presentano come grandi cumuli di pietrame di forma tronco conica, di 30-40 metri di diametro e 7-12 metri di altezza. Queste, a differenza di dolmen e menhir eretti per scopi votivi o commemorativi, si pensa possano costituire una forma primordiale di sistema di avvistamento diffuso su tutto il territorio pugliese, in particolare lungo la costa del Salento. A proposito di ciò lo storico Primaldo Coco1 scrive: ”…di queste, due file sono lungo le due coste, ionica e adriatica, distanti circa 20 km tra loro, a guardia del mare, altre due file sono a 20 km, dalle precedenti sulle colline, in comunicazione visuale con esse…” La connessione tra questa primitiva infrastruttura e il complesso sistema difensivo voluto dal Regno di In Porti castelli e torri salentine, pp.9-10, 1930.
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Napoli finora non è stata in alcun modo documentata, ma evidenzia la necessità dei popoli che abitarono la Puglia in epoche differenti di difendersi da possibili invasioni corsare e piratesche.
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Specchia a Puledri al confine tra i comuni di Villa Castelli e Ceglie Messapica (BR) https://it.wikipedia.org/wiki/Specchia_(megalite)
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I.1.3 L’edificazione delle torri: esigenze e vicissitudini Per più di settecento anni, dal 1130 al 1861, da Ruggiero II di Altavilla a Francesco di Borbone, tutte le terre del Mezzogiorno d’Italia vissero unificate nel vincolo della stessa entità statale: il Regno di Napoli. Per gran parte di questo lungo lasso temporale anche la Sicilia fu ad esse annessa, quando come regione dello stesso stato e quando per semplice unione dinastica. Il regno, così costituito, aveva una notevole estensione occupando, con la Sicilia, un terzo dell’attuale superficie dello stato italiano. L’esigenza di proteggere il fronte marittimo era stata avvertita da tutte le dominazioni che si succedettero nell’Italia meridionale. In particolare Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi e poi gli Asburgo si trovarono ad affrontare il medesimo problema, senza tuttavia risolverlo. Cercarono di fronteggiarlo
mediante la costruzione di castelli, torri e cinte murarie in difesa dei centri abitati. Altri interventi furono, invece, di iniziativa locale, da parte della popolazione ormai martoriata dalle razzie sempre più frequenti. In tutti i casi si trattava, però, di interventi sporadici e discontinui. Come già detto, la Puglia, confine orientale di questo regno, non era nuova a tentativi di invasione da parte di popoli d’oltre mare. Essa costituiva, di fatto, un fronte marittimo vastissimo, proteso verso l’oriente, ricco di insenature, grotte e alte scogliere, che di certo non ne favorivano il controllo, costantemente esposto ad attacchi da parte di pirati e corsari. Questi, mossi da interessi differenti, costituivano sia un ostacolo agli interessi economici dello stato sia, ovviamente, un pericolo per l’integrità e la
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stabilità dell’Impero. Nello specifico, si definiscono pirati coloro che correvano il mare e depredavano i vascelli e le coste solo per proprio tornaconto; i corsari, invece, erano mercenari del mare al servizio dei governi. Due eventi in particolare segnarono tragicamente la storia di questa regione: il primo fu l’assedio di Otranto, il 28 luglio del 1480, il secondo e più grave episodio avvenne nel luglio del 1554 a Vieste. L’assedio di Otranto è avvenuto per mano di Gedik Ahmet Pascià, al servizio di Maometto II che, dopo aver espugnato la città e sterminato la popolazione, decapitò 800 cristiani con la sola colpa di non essersi convertiti all’islam. L’assalto a Vieste fu condotto dal comandante ottomano Dragut, che assediò la città per una settimana circa, incendiandola e
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devastandola. In questo tragico assedio persero la vita circa 6000 persone, decapitate sulla roccia ai piedi della Cattedrale. Giovani e donne furono deportati e destinati al mercato degli schiavi. Questi tragici avvenimenti si radicarono profondamente nella tradizione popolare, tanto che la figura del Turco era divenuta, nell’immaginario comune, l’incarnazione del male e del diavolo. Per molto tempo “l’incubo che veniva dal mare” contribuì a creare un costante clima di terrore; testimonianza ne sono le cosiddette “mutate di cielo”, ossia inquietanti miraggi e illusioni ottiche per cui gli abitanti della costa vedevano riflettersi nelle nuvole l’avvicinarsi della temibile flotta turca.
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I.1.4 Ordinanze viceregnali Il problema delle invasioni dal mare si ripresentò anche per i primi viceré del Regno di Napoli che, oltre a dover consolidare la presenza spagnola, si trovarono di fronte ai circa 1500 km di costa da difendere, che davano non poche preoccupazioni ai responsabili della difesa del regno. Con l’arrivo a Napoli del Viceré Don Pedro de Toledo, si cercò di attuare interventi finalizzati alla messa in sicurezza della linea di costa. In primo luogo fu avviata un’indagine conoscitiva su tutto il territorio del regno, per valutare l’effettivo stato dell’apparato difensivo. In questo modo sarebbe stato possibile pianificare degli interventi finalizzati al miglioramento delle torri esistenti e, ove fosse stato necessario, all’edificazione di altre. Non si può ancora parlare di un riuscito piano di edificazione delle torri, infatti, solo una minima parte di esse risulta eretta sotto il regno del Viceré Don Pedro de Toledo. Nonostante ciò molti scrittori locali attribuiscono erroneamente a lui l’edificazione delle torri. A riguardo Primaldo Coco2 scrive:
Parafan di Ribera, detto anche Pietro Afan di Ribera, duca di Alcalà (1559-1571) il vero promotore e attuatore di quest’opera. Secondo quanto riportato da Onofrio Pasanisi3, uno dei più autorevoli esperti in questo ambito, gli ordini di costruzione generale delle torri costiere avvennero dopo il 1560 e, precisamente, nel 1563. A quest’anno risalgono le indicazioni ai governi provinciali da parte della Reale Camera e, in particolare, del succitato Viceré Don Parafan. Secondo quanto voluto dallo stesso, non doveva essere edificata alcuna opera che non fosse voluta dalla Reale Corte, mentre per quanto riguarda le opere già esistenti, se riconosciute di pubblica utilità, dovevano essere espropriate riconoscendo ai proprietari un giusto indennizzo. Per la prima volta si operava per conseguire un unico scopo: chiudere e controllare i confini del regno da ogni lato. Il progetto era quello di costruire su tutti i punti della costa un cordone continuo di torri che fossero in vista l’una dall’altra. Si sarebbe venuto a creare un sistema capillare di avvistamento e segnalazione.
“ Torri come mezzo di difesa e di vedetta contro i continui assalti dei Saraceni, dei corsari e dei Turchi furono erette in ogni tempo lungo le coste, nelle città marittime e nei centri popolati interni. Anche sotto il governo del Viceré D. Pietro da Toledo si costruirono alcune torri. […] Erroneamente, perciò, gli scrittori locali e regionali e gli storici del regno attribuiscono la costruzione delle torri costiere al sullodato Viceré e all’imperatore CarloV, succeduto nel Reame nel 1519.” Con maggior probabilità, infatti, fu il Viceré Don In Porti castelli e torri salentine, pp.9-10, 1930.
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In La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla Reale Corte di Napoli, 1926.
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DON PARAFAN DI RIBERA Francisco Ribalta, XVII Sec. Olio su tela, 75 x 54 cm Royal College Seminary del Corpus Domini Valencia
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Una volta avvistato il nemico, veniva trasmessa la notizia alle torri limitrofe; di giorno la segnalazione avveniva attraverso un segnale di fumo, mentre di notte, poiché il fumo non sarebbe stato visibile, il segnale andava fatto con un lume acceso, alzandolo ed abbassandolo tante volte quanti erano i vascelli avvistati. Se questi erano dodici o più, ciò che evidentemente rappresentava un gran pericolo, il lume andava fatto ruotare continuamente. Secondo gli studi di Pasanisi, gli ingenti costi di costruzione di quest’opera faraonica furono fatti gravare in capo alle stesse università4 cointeressate (comuni che ne avrebbero beneficiato) a seconda del proprio numero dei fuochi (nuclei familiari intesi come unità tassabili). Questo metodo di spartizione dei costi non fu gradito da molte università, risultava oltremodo ingiusto far gravare su quei centri, già martoriati dai ricorrenti attacchi, non solo i costi per la costruzione delle torri ma anche le spese del servizio di guardia. In merito a ciò Giovanni Cosi5 fa una precisazione: l’onere era solo nell’anticipazione dei salari, che veniva poi conseguentemente rimborsato dallo Stato. Questo valeva anche per i costi di costruzione e ristrutturazione. Tuttavia anche la sola anticipazione di tali somme risultava essere troppo gravosa per quelle che erano le casse dei comuni di quel tempo. Questo clima di malcontento, diffuso su tutto il territorio del regno, fu la prima causa della mancata edificazione, infatti nonostante le direttive trasmesse alle province, agli ingegneri e ai diversi ufficiali della Le universitates (dal latino universitas, -tis) erano i comuni dell’Italia meridionale.
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In Torri Marittime di Terra d’Otranto, 1992
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Reale Camera dallo stesso viceré, poche furono le torri effettivamente edificate. Per far fronte a questo problema, nel 1567, la Reale Camera impose la tassa di grana6 22 per tutti i fuochi 7 del regno, eccetto che per le terre lontane 12 miglia dalla costa. L’imposizione di questa tassa, che ridistribuiva in modo più equo l’onere di quest’opera, fu il primo passo per dare un nuovo impulso ai lavori di costruzione e servì anche a porre fine a tutti i contenziosi tra le università e il regno. Per dar supporto a questa nuova fase di edificazione fu nominato un commissario, l’allora presidente della Reale Camera Alfonso Salazar, incaricato di portare rapidamente a termine tutte le operazioni. Qui di seguito è riportato un documento relativo alla succitata iniziativa di quel Governo, pubblicato da Primaldo Coco8:
“Ad Alfonso Salazar: Negli anni et mesi passati per servizio di S. Maestà defensione et guardia de li popoli di questo Regno, et per virtù di detti nostri ordini si sono fabbricate alcune torri et altre restano a farsi: et quelle che sono fatte intendemo che bisognano visitarse a fine di si stiano bene complite et ben fatte. Febbraio 1568. Don Parafan” Grano, al plurale grana, nome della moneta coniata durante il Regno di Napoli 7 Il termine fuoco indicava, dal Medioevo fino ai primi dell’800, la singola unità familiare soggetta a fiscalità. 8 Lettera del Viceré D. Parafan diretta ad Alfonso Salazar, per la costruzione delle torri costiere del 1568. (Archiv. di Stato di Napoli. Collat. Curiae, vol. XX, fol. 10 t.). 6
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I.2 IL SISTEMA DIFENSIVO COSTIERO I.2.1 La figura di Giovanni Tommaso Scala Come detto nel precedente paragrafo, ad Alfonso Salazar fu assegnato il compito di rivedere, in compagnia di un ingegnere, tutte le marine del regno e condurre rapidamente a termine le operazioni. L’ingegnere incaricato fu Giovanni Tommaso Scala. Giacomo Ruscelli nel suo trattato scrive a suo proposito: 9
“M. Gio. Tomasso da Venetia, ingegniero eccellentissimo, già di Carlo Imperatore et ora dell’Illustrissimo Dominio in materia di fortezza, difese et offese et altri avvertimenti appartenenti a cose della militia.” Fino a questo momento i lavori di fortificazione da attuare nel regno erano pianificati e seguiti da uomini d’armi, ovvero coloro che, praticando l’arte della guerra, padroneggiavano le tecniche d’assalto e di difesa. Lo stesso Scala, all’interno dell’opera di Ruscelli
sopra riportata, affronta l’argomento criticando duramente tutte le opere difensive costruite dagli architetti senza la necessaria consultazione con chi era pratico dell’arte della guerra. “Con lo studio di Vitruvino, di Leon Battista, o di altro Architetto, Geometra, o Cosmografo con le lor dottrine non s’impara il modo di combattere, difese, che s’ufa oggidì con la scientia, che si ha a trova nel soldato, grande esperienza, esser astuto, animoso, conoscer tutti quello che lo nemico possa antiundere per offenderti, in ogni fortuna esse ricco de partiti, tener sempre il nemico lontano, et quando t’è appresso non aver paura.[…] questa discipilina non s’impara né in Bologna, né in Padua, né in Perugia, né sopra i libri, ma si bene dove si combatte.[…] Per esempio vedi la città di Fiorenza, ordinata, ridotta al suo fine da Antonio San Gallo, famosissimo Architetto; mirate quanti difetti patisce: quella Piasenza, ordinata dal Genga, dal Capitano Alessandro da Terni, sta assai meglio senza voler dirne d’altre molte.”
In Precetti della militia moderna, tanto per mare quanto per terra, 1568, pp. 39-47.
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DELLE FORTIFICAZIONI DI GIOVANNI SCALA MATEMATICO. NUOVAMENTE RISTAMPATE CON AGGIUNTA DI DIVERSE PIANTE E FORTEZZE Testo a stampa, 1627 Biblioteca Nazionale Centrale Firenze
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Tommaso Scala aveva grande esperienza in fatto di guerre, come riporta lui stesso. Sin da giovane aveva viaggiato in tutta Europa, visitando tutti quei luoghi dove “s’unissero due eserciti”, per acquisire quelle conoscenze che solo la pratica poteva trasmettergli. Egli però, pur riconoscendo con fermezza un ruolo guida all’esperienza pratica, non si astiene dall’attribuire alla geometria una qualche utilità: segno di nuovi tempi e dell’esigenza di creare un ruolo professionale specializzato che potesse far fronte a queste contingenze. Andava così via via delineandosi la figura dell’ingegnere militare che si contrapponeva, in tutta probabilità, alla figura dell’architetto, che pur padroneggiando la geometria e il disegno, risultava carente di conoscenze pratiche nell’ambito della
guerra; iniziava ad assumere un ruolo più definito e soprattutto una precisa collocazione all’interno dell’amministrazione pubblica del governo viceregnale. All’interno della prammatica10 del 27 agosto del 156411, Scala viene citato come persona preposta a presiedere una commissione di esperti addetti al giudizio dei candidati mastri fabbricatori che richiedevano l’ammissione alla corporazione. Da questo si evince che Giovanni Tommaso Scala dovesse rivestire un ruolo superiore rispetto agli altri ingegneri regi del regno. Probabilmente proprio questo ruolo di spicco che egli ricopriva, portò il Viceré Don Parafan a sceglierlo come accompagnatore di Salazar nella visita al regno. Leggi (o editti o decreti) di emanazione regia su determinati oggetti. 10
11 La Prammatica del 27 agosto 1564 riguardava la regolamentazione della corporazione dei mastri fabbricatori napoletani
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I.2.2 L’attuazione del piano Come riporta il Pasanisi, in esecuzione di tali ordini, il Salazar si accordò con lo Scala e, partendo dagli Abruzzi, visitarono Capitanata, il Molise, discesero poi in Terra di Bari e nella Provincia di Terra D’Otranto. In questo viaggio, i due delegati del viceré ebbero l’opportunità di verificare lo stato di fatto dell’apparato difensivo del regno, constatando di volta in volta eventuali lacune e contingenze. A seguito dei sopralluoghi necessari per individuare il punto più idoneo per l’innalzamento delle torri, lo Scala produceva una gran quantità di disegni relativi ai progetti di quest’ultime ma, per ovvie ragioni, era impossibilitato a seguirne l’esecuzione, dovendo muoversi fra le varie piazzeforti del viceregno; quindi di volta in volta i lavori venivano affidati a maestranze locali. Solitamente l’assegnazione dei lavori avveniva mediante una gara d’appalto a cui partecipavano i mastri locali abilitati. Vi è memoria di un’asta, presieduta da Salazar, svoltasi a Taranto nel marzo 1568 nel testo di Giovanni Cosi. Alla fine dell’estate del 1569, la costruzione di quasi tutte le torri del versante Adriatico era terminata, come annunziava il Viceré alla Reale Camera, ordinando che queste venissero rifornite con le necessarie artiglierie. Quest’affermazione trova fondamento nelle dichiarazioni del Pasanisi, e viene poi confermata da Cosi. Questo lungo periodo di edificazioni fu seguito da una nuova fase di stallo dovuta a un esaurimento prematuro delle risorse. Il denaro ricavato dall’imposizione del 1567 da parte della Reale Camera era stato impiegato non solo per sostenere le spese di fabbrica, ma anche per gli ingenti rimborsi alle università e per le spese di armamento;
conseguentemente i partitari non furono più pagati ed i lavori iniziarono a esser via via abbandonati. Questa nuova fase di arresto portò a conseguenze gravissime: le torri, non ancora tutte collegate ed opportunamente armate, minacciavano di andare distrutte per mano dei turchi che smantellavano già quelle iniziate durante i loro attacchi. Gli ingenti capitali e gli sforzi di dieci anni di lavoro rischiavano di andare così perduti. L’imposizione della tassa di grana 22 del 1567 cessò nel 1570 e, per far fronte alle esigenze del regno, la Reale Camera impose nuove tasse: dapprima quella di grana 21 a fuoco, ripartita in tre rate annuali12 e, in seguito, nel 1573, quella di grana 14 a fuoco, ripartita in due rate annuali. Queste nuove imposizioni, limitate, non diedero però i risultati sperati. Alcune fabbriche erano già passate in altre mani e non furono portate avanti malgrado gli ordini e le sollecitazioni della Reale Camera. Conseguentemente a ciò, dopo il 1573, vi fu un nuovo arresto nei lavori. Questa volta senza nuove imposizioni da parte del regno. Nel frattempo le incursioni saracene continuavano a sferzare il litorale. Quest’alternanza tra fasi di costruzione e di stallo continuò fino al 1590. In tale periodo il numero complessivo delle torri del regno ammontava a 339, ma si era ancora lontani da quell’assetto definitivo, da quella serie continua di fortificazioni che si era immaginato di dare rapidamente al regno quando fu concepita quest’opera. Di queste 339 torri, molte erano già dirute poco dopo la costruzione, sia per mancanza di manutenzione, L’imposizione di grana 21 era calcolata in tre terzi, quindi dovevano essere pagate tre rate da grana 7, una ogni 4 mesi. 12
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I. CONOSCERE
sia per frodi commesse dai costruttori. Non di rado, infatti, succedeva che le torri appena costruite, o addirittura ancora in costruzione, crollassero per la “mala fabbrica” o “per cattivo magistero dell’arte”, come riporta Pasanisi nella sua opera. Sovente infatti i mastri costruttori ricorrevano ad espedienti fraudolenti per risparmiare sui costi di fabbrica: la costruzione di muri vuoti, il cattivo impasto della calce, l’impiego dell’acqua di mare nella malta erano alcuni dei più frequenti. Per contrastare questo fenomeno venne addirittura istituita una commissione contro le frodi composta da ingegneri e funzionari del regno; questi avevano il compito di vigilare che i lavori venissero svolti a regola d’arte, attenendosi ai disegni di progetto. Ciò nonostante queste tristi pratiche continuarono.
In altre circostanze i crolli erano dovuti alla stessa furia degli elementi, come nel caso delle torri edificate lungo il corso dei fiumi che sono state travolte dalla violenza delle acque durante le piene. Queste torri fatiscenti, per i motivi succitati, venivano così abbandonate dai guardiani che occupavano quelle vicine o si ritiravano nei vicini borghi, disertando spesso il servizio di guardia e mettendo così a rischio la navigazione e la sicurezza dei paesi limitrofi. Inoltre, vi era un generale malcontento anche da parte degli stessi torrieri13 che risultavano in numero nettamente inferiore rispetto a quello delle torri; non erano certo migliori le condizioni dei cavallari14, spesso mal retribuiti e, talvolta, non pagati. Soldati posti a guardia delle torri.
13
Sentinelle che perlustravano a cavallo la costa che intercorreva tra le torri, anche nei punti più impervi, tenendosi in continuo contatto con la Torre vicina. 14
TORRE DELL’ALTO 40° 08’30.69’’ N 17° 58’39.31’’ E
26
I.2.3 “Conclusione” dell’opera Alla fine del XVI secolo e agli inizi del successivo, la costruzione generale delle torri marittime ordinata nel 1563 non era ancora terminata e, anche se ad oggi non abbiamo nessun documento che attesti l’effettiva fine dei lavori, probabilmente questi terminarono attorno all’anno 1748, sotto il regno di Carlo III di Borbone. In quell’anno tutto il regno contava 379 torri, così suddivise in base alla provincia di appartenenza (come riportato in figura): • 13 in Abruzzo Ultra e Abruzzo Citra; • 25 in Capitanata; • 16 in Terra di Bari; • 80 in Terra d’Otranto; • 13 in Basilicata; • 36 in Calabria Citra; • 60 in Calabria Ultra; • 93 nel Principato Citra; • 43 in Terra di Lavoro. Circa duecento anni trascorsero tra l’ideazione di questa infrastruttura e la sua conclusione. Nel 1827, dopo appena 80 anni dalla presunta fine dei lavori, il numero delle torri era sceso a 359, altre ancora erano in rovina o occupate da privati. Molti sono stati gli errori commessi a monte della pianificazione di quest’opera grandiosa, uno dei quali, forse il più grave, è stato l’errata ripartizione degli oneri di costruzione fatti gravare unicamente in capo alle università cointeressate. Ad ogni modo, il sistema non raggiunse mai quei requisiti di efficienza auspicati dai suoi ideatori, anche perché ad opera conclusa le incursioni dal mare, motivo per cui era stata fortemente voluta, erano cessate quasi del tutto.
27
I. CONOSCERE
REGNO DI NAPOLI Joan & Cornelius Blaeu, 1640 Incisione su rame, 38 x 50 cm Koninklijke Bibliotheek (Biblioteca reale dei Paesi Bassi) Den Haag (NL)
Questa mappa della parte meridionale d’Italia è stata pubblicata nel 1640 dai fratelli Joan Blaeu (1598-1673) e Cornelius Blaeu (1610-1642). Il regno di Napoli, all’epoca, faceva parte del territorio spagnolo dell’Impero asburgico. Nell’angolo in alto a destra può essere distinto lo stemma della Spagna. La mappa viene ulteriormente decorata con dei stemmi delle provincie appartenenti. Come fonte per questa mappa, i fratelli Blaeu hanno fatto uso dell’atlante del cartografo italiano Giovanni Antonio Magini (15551617). Il suo libro-mappa “Italia” fu pubblicato a Bologna nel 1620, dopo la sua morte.
28
I.2.4 Vicende successive all’edificazione Come detto precedentemente la costruzione delle torri terminò quando non v’era quasi più necessità d’esse, dato che in quel periodo le incursioni dei barbari diminuirono notevolmente. Alla luce di ciò, si cercò di dare a questi edifici una nuova destinazione d’uso. Nel XVIII secolo le torri furono utilizzate soprattutto come posti di blocco per il controllo dei contrabbandieri; in seguito furono utilizzati come luogo di ricovero e quarantena per “turchi e schiavi” appestati o affetti da malattie infettive (come nel caso di Torre di S. Caterina e S. M. dell’Alto adibite a lazzaretto nel 1706 come riporta il Pasanisi). Nel XIX secolo ci fu una ripresa degli attacchi pirateschi alle navi in transito e alle popolazioni salentine; in seguito a ciò le Autorità del Regno di Napoli si preoccuparono di ripristinare gli edifici diroccati per far fronte a questa nuova incombente minaccia. Il 14 novembre 1814 il Ministero delle Finanze emanava il primo ordine di ricostruzione. Conseguentemente, il 29 giugno 1815, il Re di Napoli istituì una commissione di indagine per verificare lo stato del sistema difensivo costiero. Ancora una volta l’esito dell’indagine conoscitiva fu disastroso: infatti, così come in passato, l’infrastruttura di difesa risultava in pessimo stato, tranne che per alcuni casi isolati. Fortunatamente le insurrezioni dell’impero Ottomano andarono via via scemando, fino a subire un drastico arresto nel 1830 con la presa di Algeri per mano dell’armata francese guidata dall’ammiraglio Guy-Victor Duperré. Nel 1827 Francesco I di Borbone, tramite un Regio Rescritto, definì nuovamente destinazione ed uso delle torri costiere, cedendo parte di esse ad alcune amministrazioni (dei Telegrafi, della guerra, etc…)
assieme al terreno di pertinenza. In seguito, nel 1864 venne costituita a Torino una Società Anonima per la vendita dei beni demaniali dell’ormai tramontato Regno di Napoli, tra cui anche quella delle torri. Forse, proprio per questo motivo, alcune delle torri furono acquisite da privati anche se, tuttavia, gran parte di esse risulta ancora oggi appartenere al demanio marittimo. Secoli di utilizzi inappropriati di questi edifici, lontani dalla funzione originaria per cui erano stati costruiti, e di fallimentari tentativi di ripristino non hanno fatto altro che aggravare la situazione dell’antica infrastruttura difensiva, già profondamente lacerata da secoli di incuria.
I. CONOSCERE
29
TERRA DI OTRANTO OLIM SALENTINA E IAPIGIA. Carta geografica incisa su rame nel 1637. Misura della parte incisa cm 38 x 49. Mostra il Salento e parte della Basilicata. La stampa è in buone condizioni, consueta piega centrale, testo al verso in latino e un restauro sul margine inferiore, stampata su carta vergata priva di filigrana. Incisa da Hendrik Hondius il Giovane (Amsterdam, 1597 – Amsterdam, 16 agosto 1651), è stato un incisore, cartografo ed editore olandese. Figlio del famoso cartografo Jodocus Hondius.
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I.3 STUDI TIPOLOGICI I.3.1 Gli studi di Faglia Dall’edificazione delle torri ad oggi, molti sono stati gli autori che si sono interessati al tema dell’architettura difensiva del Regno di Napoli e che hanno scritto a riguardo di essa. Alcuni dei più autorevoli sono: Primaldo Coco, Riccardo Cisternino e Onofrio Pasanisi. Le testimonianze di quest’ultimo risultano enormemente importanti in quanto alcuni dei documenti da lui consultati sono andati distrutti a seguito della seconda guerra mondiale. Trattando il tema del recupero dell’infrastruttura difensiva, risulta oltremodo doveroso analizzare gli studi compiuti alla metà degli anni ‘70 dall’architetto monzese Vittorio Faglia. Questi, ad oggi, sono da considerare un punto di riferimento assoluto per chiunque voglia avvicinarsi a questa tematica. Come racconta il figlio Michele in un’intervista al “Corriere del Mezzogiorno”: “È innanzitutto importante capire lo spirito col quale mio padre ha compiuto questi studi: lui non era uno storico ma architetto, ingegnere e restauratore…”.
“…con Torre Incina crebbe la sua passione per gli edifici fortificati e in particolare per le torri. Nel 1978 il suo lavoro più consistente: un rilevamento scientifico fatto a tappeto su tutte le torri della Terra d’Otranto.” Si tratta di un lavoro che non fu in nessun modo finanziato da enti pubblici o privati, ma che il Faglia intraprese autofinanziandosi, spinto solo dalla passione e dalla curiosità verso questi monumenti anonimi e dimenticati. Redasse un vero e proprio censimento che non aveva solo il fine di fotografare lo stato di salute delle torri; nelle sue schedature infatti, assieme a tipologia, piante e stato di conservazione, proponeva delle ipotesi per un futuro riutilizzo, anche a costo di privatizzarle. Incessante fu il lavoro sul territorio per cercare di ridare vita a torri e castelli abbandonati. Questa dedizione sfociò nella fondazione dell’Istituto Italiano dei Castelli, a cui contribuì anche Piero Gazzola.
Probabilmente è proprio il differente approccio l’aspetto fondamentale che contraddistingue Faglia da chi, prima di lui, ha affrontato questo tema. Il suo sguardo verso questi edifici era rivolto al futuro piuttosto che al passato e, persino i ruderi, secondo lui, necessitavano di una nuova vita, di un nuovo utilizzo. Dapprima i suoi studi riguardarono tutte le torri e le fortificazioni del Regno delle due Sicilie ma, in seguito, rivolse la propria attenzione alle torri di avvistamento che scandiscono la costa pugliese. Tale interesse nacque dopo che, nel 1964, gli venne data l’opportunità di restaurare Torre Incina, tra Polignano a Mare e Monopoli, come spiega Michele Faglia:
Riproduzione di una classica torre e tre troniere, con cannone e petriero sulla terazza, da F.Russo, Le torri costiere del regno di Napoli cit.,p. 181.
I. CONOSCERE
Gli studi svolti da Faglia, come già ribadito, avevano lo scopo preciso di riutilizzare e salvaguardare le torri e, per far ciò, lui cercò di fornire una modalità di approccio standardizzata, per chiunque avesse avuto la necessità di raffrontarsi con esse. A fronte di ciò, definì delle categorie di appartenenza, in base al periodo di edificazione e alle caratteristiche costruttive di ogni torre. Come da lui illustrato, le torri presenti nella prima metà del XVI secolo erano di varie forme, per lo più cilindriche, come quelle situate lungo la costa salentina meridionale, tra Otranto e Gallipoli; in numero inferiore sono invece le torri a base quadrata o a base poligonale, fabbricate dalle università o dai privati e caratterizzate da notevoli dimensioni, in quanto erette non solo per difesa, ma anche
31
come luogo di rifugio in caso d’improvvisi assalti. Le torri risalenti a questo periodo sono facilmente riconoscibili da elementi caratterizzanti: base a scarpa, toro marcapiano, due o più livelli, beccatelli o mensoloni, cordolo di coronamento, merloni e parapetti di protezione del piano alto. Per le torri edificate dopo la metà del XVI secolo, esattamente dopo il 1563, dalla Reale Corte, fu preferito, invece, un impianto a base quadrangolare. Tale scelta progettuale fu maturata, probabilmente, per una maggior comodità nella disposizione degli armamenti, in tal modo, infatti, le artiglierie potevano essere disposte su quasi tutti i fronti. Altri vantaggi di questa scelta sono da individuare in una maggiore facilità di esecuzione, sia per velocizzarne la fabbrica ma anche per agevolare le maestranze locali molto spesso poco qualificate.
ELEMENTI DI UNA TORRE DELLA SERIE DI NARDÒ coronamento
merlone archibugiera
cannoniera caditoia guardiola mensole cordolo beccatelli ingresso principale a monte
scala monumentale
toro marcapiano basamento
32
I.3.2 Divisione tipologica Partendo dagli studi di Vittorio Faglia e dalla sua divisione tipologica è stata operata, qui di seguito, una classificazione incentrata principalmente sulle caratteristiche architettoniche di questi edifici, tralasciando gli aspetti legati invece alle vicende storiche.
Questo differente approccio consentirĂ una lettura semplificata delle torri, anche a fronte della successiva fase di schedatura.
IV II
VI
I
III
V
V
III VI
I
II
IV
33
I. CONOSCERE
I. Torri quadrate piccole
II. Torri quadrate grandi
Le torri quadrate piccole sono state progettate e costruite dopo gli editti viceregnali del 1563 per dare continuità al cordone difensivo costiero.
A questa categoria sono ascrivibili tutte quelle torri a base quadrata, non commissionate dal viceregno, edificate per volontà di università e privati e acquisite dal viceregno solo seguentemente alle ordinanze.
L’altezza della struttura si aggira attorno ai 12 metri, fino ad un massimo di 20, mentre la misura del lato è di circa 12 metri. Possono avere fino a cinque caditoie per lato. La presenza o l’assenza di tali strutture è testimonianza di una rivoluzione tecnologica in corso, che portò i genieri militari a ripensare le strutture difensive in base ai nuovi armamenti disponibili. A ciò è dovuta anche la base quadrangolare e l’inclinazione dei paramenti perimetrali del 5% circa; in questo modo la muratura poteva assorbire meglio le sollecitazioni dovute ai colpi dell’artiglieria posta sulla piazza soprastante. L’ingresso era posizionato al primo piano, sempre verso terra. Ad esso si accedeva per mezzo di una scala in legno che poi, per ovvi motivi di sicurezza, veniva ritirata all’interno della torre.
Le torri di questa tipologia erano collegate, sia tipologicamente che visivamente, alle torri posizionate nell’entroterra e alle masserie fortificate a cui, in casi di incursioni barbariche, fornivano supporto. Di dimensioni quasi doppie rispetto alla precedente categoria, queste torri si contraddistinguono per il basamento troncopiramidale, per il toro marcapiano e per la scala monumentale, aggiunta in periodi successivi all’edificazione, una volta cessata la funzione difensiva. Ne troviamo un numero consistente lungo il litorale neretino, precisamente 8, con caratteristiche analoghe, tanto da essere state rinominate come “serie di Nardò”. Anche in questo caso, l’ingresso è posizionato al primo piano rivolto verso monte, mentre al piano terra era locato un magazzino e una cisterna con accesso dal piano nobile.
34
III. Torri rotonde piccole
II. Torri rotonde grandi
Le uniche differenze rilevanti che contraddistinguono questa tipologia di torri dalle precedenti sono l’assenza di un coronamento e le dimensioni, infatti queste non superano mai i 9 metri di diametro. Gran parte di queste torri si trovano lungo la costa meridionale del Salento, da Otranto a Galatone.
Come desumibile dal nome, questa tipologia di torri ha un impianto circolare e può essere di dimensioni grandi e medie; le torri più grandi raggiungono un diametro di 16 metri, mentre le medie solitamente non superano gli 11. Queste hanno caratteristiche abbastanza differenti tra loro in quanto l’edificazione è avvenuta in tempi diversi. Il piano terra ha una forma troncoconica, separato dal primo piano da un toro marcapiano. Uno dei pochi elementi comuni tra tutte è il cordolo di coronamento. Anche in questa categoria, come nelle precedenti, originariamente non era presente una scala in muratura, aggiunta poi in seguito.
35
I. CONOSCERE
V. Torri ottagonali
VI. Torri atipiche
Le torri a base ottagonale o stellare che appartengono a questa tipologia sono decisamente meno frequenti rispetto alle altre. Questo tipo di torre, anche se in scala ridotta, ricorda l’architettura cinquecentesca tipica dei castelli.
Questa categoria include tutte le restanti torri, non qualificabili in nessuna delle categorie succitate. In tutto se ne contano ben 35 di cui 22 solo in terra d’Otranto. Queste furono presumibilmente edificate per ragioni differenti dal mero avvistamento. Ad esempio, Torre Fiume, anche conosciuta con il nome di Torre Quattro Colonne, fu costruita per la necessità di difendere un corso d’acqua dolce che sgorgava nelle immediate vicinanze della fortezza, appetibile fonte di approvvigionamento per corsari e predoni.
II. INTERPRETARE
TORRE FIUME 40° 07’30.93’’ N 17° 59’51.67’’ E
38
II.1 AREA DI INTERVENTO II.1.1 Individuazione dell’area Come preannunciato nella parte introduttiva, l’intervento proposto punta ad essere una sorta di progetto pilota e, in quanto tale, interessa una limitata porzione dell’ampio territorio (una volta conosciuto come Regno di Napoli) su cui potrebbe essere reiterato. Nello specifico la proposta si riferisce ad una porzione costiera di circa 50 km del basso Salento, regione geografica coincidente con la parte meridionale della Regione Puglia, e interessa i comuni di Galatone (LE), Nardò(LE), Porto Cesareo (LE) e una piccola porzione del comune di Manduria (TA). Tale scelta è stata guidata dal fatto che, in questo tratto di costa, è presente sia una diversità a livello tipologico delle torri, che una notevole varietà morfologica del territorio costiero; quest`ultimo, dalle alte falesie rocciose della costa galatonese, muta fino a perdersi nelle bianche spiagge di Porto Cesareo e Manduria.
II. INTERPRETARE
39
40
II.1.2 Conoscenza dello stato dei luoghi Alla base di questo progetto vi è un’approfondita fase conoscitiva, sia per quanto riguarda il territorio, sia per quanto riguarda le torri stesse. Ciò è avvenuto incrociando i dati raccolti tramite un’esperienza diretta in loco (mediante sopralluoghi, rilievi fotografici e strumentali) con le informazioni ottenute attraverso la consultazione di documentazione cartacea e digitale.
• metodi indiretti o fotogrammetrici, tramite l’acquisizione di un elevato numero di immagini da diversi punti di vista intorno all’edificio. Seguentemente le immagini sono state elaborate in un software apposito, da cui poi è stata ottenuta una nuvola di punti e seguentemente un modello 3D texturizzato dell’esterno dell’edificio (come riportato nella figura sottostante).
Le operazioni di rilievo architettonico sono state svolte mediante:
L’utilizzo combinato di questi due metodi di rilievo (longimetrico e fotogrammetrico) ha permesso, non solo di comprendere le caratteristiche architettoniche degli edifici rilevati, ma anche di avere un quadro completo dei loro degradi strutturali e materici.
• metodi diretti o longimetrici, tramite l’utilizzo di metro a nastro, asta metrica, filo a piombo e distanziometro laser;
I
III
II
1
RICOSTRUZIONE TRIDIMENSIONALE DI UNA TORRE Per rendere tale procedimento efficace, occore effettuare numerosi scatti attorno l’edificio in questione, mantenendo, ove questo sia possibile, una distanza costante tra la torre e il punto di presa(1), in modo tale da ottenere un modello di qualità omogenea. Dopo aver effettuato gli scatti, occore una elaborazione per fasi all’interno dell’apposito software. Durante la fase I, vengono allineate automaticamente le foto e viene creata la nuvola di punti. Conseguentemente, passando nella fase II, viene creata la mesh poligonale e, infine, nella fase III, vengono applicate le texture, generando cosi un modello completo.
41
II. INTERPRETARE
Per quanto riguarda, invece, le operazioni di rilevamento su scala urbanistica, uno strumento che è stato di fondamentale importanza per la lettura del territorio e che ha semplificato la fase conoscitiva è il PPTR, ovvero, il Piano Paesaggistico Territoriale Regionale. È uno strumento urbanistico, approvato dalla regione Puglia in data 16 febbraio 2015 e sottoscritto sulla base degli adempimenti previsti dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio del 2004 (D.lgs. 42/2004) che sostituisce di fatto il precedente Piano Urbanistico Territoriale Tematico, PUTT. Il Piano è stato concepito come uno strumento finalizzato, non solo al mantenimento dei valori paesistici esistenti, ma anche alla valorizzazione dei paesaggi, al recupero e alla riqualificazione dei quelli compromessi e alla generazione di nuovi valori paesistici. Il PPTR individua in totale 11 ambiti territoriali;
ognuno di essi presenta, al suo interno, aspetti morfologici e litologici comuni. Tali caratteristiche sono quelle che meglio descrivono, su scala regionale, l’assetto generale dei paesaggi. La zona presa in esame in questo lavoro ricade a cavallo di due ambiti territoriali, identificati dal PPTR come ambiti 10 e 11, rispettivamente Tavoliere Salentino e Salento delle Serre (come evidenziato nella figura). Sebbene queste zone facciano parte di due differenti ambiti territoriali, essi risultano confinanti e consecutivi e, pertanto, dal punto di vista territoriale non vi sono delle differenze sostanziali; è questo il motivo per cui si è deciso di analizzare queste zone tralasciando i differenti ambiti d’appartenenza. Questo strumento è stato di estrema importanza soprattutto nell’individuazione dei beni paesaggistici, archeologici da tutelare e di tutti quegli elementi da mettere a sistema per la comprensione dei luoghi.
1
2
3
4 5
GLI AMBITI TERRITORIALI 1. Gargano 2. Monti Dauni 3. Tavoliere 4. Ofanto 5. Puglia Centrale 6. Alta Murgia 7. Murgia dei trulli 8. Arco Jonico tarantino 9. La campagna brindisina 10. Tavoliere salentino 11. Salento delle Serre
6
7 8
9 10
11
42
II.2 ANALISI DELLE TORRI II.2.1 Schedatura torri
II. INTERPRETARE
43
1
TORRE ALTO LIDO
T. ALTO LIDO Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Arteligo_Arto Lito_Arteglio Artellotto_Artelotto Comune di appartenenza
Galatone (LE)_NO D863 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Montagna Spaccata Coordinate
40° 06’56.78’’ N 18° 00’23.14’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1565-1569
Distanza dal mare 275m Altezza sul livello del mare 69m Distanza da strada carrabile 17m Utilizzo attuale
Struttura ricettiva 100m
PRG
40m
DATI CATASTALI
Dimensioni della base 16,0m di diametro Torri confinanti
Nord_Torre Fiume Sud_Torre Sabea Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2 Proprietà
Privata
Elementi Caratteristici
1:5000
cave
bosco
costa rocciosa
valore storico-ambientale- archeologico
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
36
-
744
458
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO La Torre Alto Lido è conosciuta anche come Torre dell’Arteligo, denominazione derivante dal toponimo Ortholithos, cioè luogo elevato. Tale nome è da attribuire alla sua posizione prominente; essa, infatti, è collocata a circa 70 metri sul livello del mare. La Torre, edificata dall’Università di Galatone, sorge a cavallo del confine con il Comune di Sannicola. Difatti, l’edificio in sé risulta catastalmente appartenete al Comune di Sannicola, mentre il lotto di pertinenza ricade nel territorio di Galatone. Nonostante originariamente l’accesso all’edificio fosse dal primo piano, ad oggi è possibile accedervi esclusivamente attraverso un varco al piano terra, praticato seguentemente all’edificazione in quella che era originariamente una cisterna. Attualmente infatti il fabbricato non presenta una scala di accesso esterna. Il limitato spazio interno è suddiviso in due ambienti sovrapposti: una stanza più piccola al piano terra ed una al piano superiore con volta ad ombrello a cui si accede tramite una scaletta ricavata all’interno del paramento murario. Date le sue ridotte dimensioni, è presumibile che questa sia stata utilizzata unicamente come vedetta. PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
a
a’
P. PRIMO
a
a’
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
OVEST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
EST
2
TORRE FIUME
T. FIUME Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Quattro Colonne
Comune di appartenenza
Nardò (LE)_NO F842 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
S.Maria al Bagno Coordinate
40° 07’30.93’’ N 17° 59’51.67’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1595-1605
Distanza dal mare 80m Altezza sul livello del mare 4m Distanza da strada carrabile 25m Utilizzo attuale
Ristorante 100m
PRG
40m
DATI CATASTALI
Dimensioni della base 21,5 x 21,5m Torri confinanti
Nord_Torre S. Caterina Sud_Torre Alto Lido
Vincolo
-
Proprietà
Ente Urbano Elementi Caratteristici
1:5000
1:5000
parco costiero
verde attrezzato
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
zone residentiali
zone agricole
129
E
23
2744
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Dell’originaria imponente fortezza oggi rimane ben poco; di fatti il corpo centrale di forma tronco piramidale risulta totalmente crollato, mentre sono ancora visibili i quattro bastioni angolari, motivo per cui è più comunemente conosciuta con il nome di Torre “Quattro colonne”.
Anticamente la torre era anche conosciuta come “Torre del fiume di Galatena” in quanto nelle immediate vicinanze sgorgava un corso d’acqua dolce proveniente dalla collina interna, oggi ridotto ad un rigagnolo. Fu, infatti, costruita con l’intento di impedire ai corsari l’approvvigionamento d’acqua potabile.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
SUD-OVEST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
NORD-EST
NORD-OVEST
SUD-EST
3
TORRE S. CATERINA
T. S. CATERINA Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Scorzone_Scanzana
Comune di appartenenza
Nardò (LE)_NO F842 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
S. Caterina Coordinate
40° 08’27.55’’ N 17° 59’19.25’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1582-1594
Distanza dal mare 125m Altezza sul livello del mare 26m Distanza da strada carrabile 100m Utilizzo attuale
Museo_Abitazione Privata 100m
40m
Dimensioni della base
13,5 x 13,5m
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre dell’alto Sud_Torre Fiume Proprietà
Privata Vincolo
L. 1089/1939 art. 2, 3 Elementi Caratteristici
1:5000
1:5000
sviluppo turistico
parco attrezzato
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
zone residentiali
zone agricole
120
C
66
646
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Santa Caterina prende il nome dall’omonima località in cui si trova; è anche detta Torre Scorzone, denominazione da attribuire probabilmente alla presenza, in zona, di numerosi serpenti, in dialetto locale scorzoni. Il fabbricato sorge all’interno di una fitta pineta ed è raggiungibile attraverso una scalinata in pietra. È parte delle torri della serie di Nardò, possedendo caratteristiche ben riconoscibili e proprie di questa tipologia di torri. Presenta un basamento troncopiramidale a pianta quadrata separato dal corpo superiore da una cornice marcapiano. È realizzata in blocchi squadrati di pietra locale. Solo il piano nobile presenta delle piccole finestre in asse con le caditoie del coronamento. L’interno ospita due ambienti sovrapposti: il piano terra e il primo piano. Il piano terra presenta un vano con volta a botte adibito a ricovero per gli animali e a deposito di attrezzi e un vano cisterna per la raccolta dell’acqua piovana; il primo piano, diviso in tre stanze comunicanti di diverse dimensioni, tutte voltate a botte. Le due più piccole includono un camino.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
P. PRIMO
a
a
a’
a’
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
SUD
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
EST
NORD
OVEST
4
TORRE DELL’ALTO
T. DELL’ALTO Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Santa Maria dell’Alto Comune di appartenenza
Nardò (LE)_NO F842 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Masseria dell’Alto Coordinate
40° 08’30.69’’ N 17° 58’39.31’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
XVI Secolo
Distanza dal mare 30m Altezza sul livello del mare 35m Distanza da strada carrabile 190m Utilizzo attuale
Nessuno 100m
40m
Dimensioni della base
19,4 x 19,2m
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Uluzzo Sud_Torre S. Caterina Proprietà
Regione della Puglia Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
1:5000
zone residentiali
parco attrezzato
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
parco naturale porto selvaggio
costa a scogliera
110
J
30
196
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Santa Maria dell’Alto, o semplicemente Torre dell’Alto, è situata all’interno del Parco naturale regionale Porto Selvaggio e Palude del Capitano istituito con la Legge Regionale del 15 marzo 2006. La torre, e l’area circostante di pertinenza, è stata da poco acquisita dalla Regione Puglia per farne un uso consono al contesto in cui si trova. Realizzata come gemella di Torre Santa Caterina, appartiene anch’essa alle torri della “Serie di Nardò”. La fortificazione ha un basamento tronco-piramidale a pianta quadrata, leggermente scarpato, separato dal corpo superiore da una cornice marcapiano; presenta una cornice di coronamento a beccatelli provvista di merli e di dieci caditoie distribuite su tutte e quattro le facciate. Una ampia scalinata a tre arcate consente l’accesso all’edificio dal piano primo. L’interno è costituito da due ambienti sovrapposti: il piano terra, adibito al deposito delle scorte e nel quale trova posto anche una cisterna per l’approvvigionamento dell’acqua, e il primo piano diviso, invece, in quattro ambienti.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
SUD-EST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
NORD-EST
NORD-OVEST
5
TORRE ULUZZO
T. ULUZZO Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Capo delle vedove_Crustimi Crostomo_Costromo_Cristomo Comune di appartenenza
Nardò (LE)_NO F842 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Uluzzo Coordinate
40° 09’31.13’’ N 17° 57’24.51’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1568-1569
Distanza dal mare 130m Altezza sul livello del mare 31m Distanza da strada carrabile 17m Utilizzo attuale
Nessuno 40m 40m
100m 100m
PRG
DATI CATASTALI
Dimensioni della base 9,6 x 9,6m Torri confinanti
Nord_Torre Inserraglio Sud_Torre dell’alto Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
zone di salvaguardia ambientale costa a scogliera
1:5000 1:2000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
94
J
-
315
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Il nome di questa torre deriva dal termine “Uluzzu” con cui localmente s’indica “l’asfodelo” (asphodelus microcarpus), una pianta molto diffusa in quest’area. È anche conosciuta come “Torre del Crustano”. La torre si trova all’interno del Parco naturale Porto Selvaggio e Palude del Capitano. Eretta su un alto sperone roccioso, domina un’insenatura di straordinario interesse archeologico e paesaggistico, nelle cui grotte è stata rivenuta una cultura autoctona del paleolitico superiore denominata “uluzziana”. La struttura presenta una forma tronco piramidale, caratteristica propria di tutte le torri “Tipiche del regno” e, a differenza di quelle tipiche della “Serie di Nardò”, è costruita con conci irregolari. A oggi la torre è ridotta a un rudere; la copertura è totalmente crollata e restano in piedi solo alcune pareti, in particolare il lato nord e il lato rivolto verso il mare sono i meglio conservati.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
P. PRIMO
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
SUD-OVEST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
NORD-EST
SUD-EST
NORD-OVEST
6
TORRE INSERRAGLIO
T. INSERRAGLIO Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Crito_Creto
Comune di appartenenza
Nardò (LE)_NO F842 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Inserraglio Coordinate
40° 11’06.05’’ N 17° 55’32.97’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1568-1588
Distanza dal mare 40m Altezza sul livello del mare 4m Distanza da strada carrabile 1m Utilizzo attuale
Nessuno 100m
PRG
40m
DATI CATASTALI
Dimensioni della base 10,2 x 17,2m Torri confinanti
Nord_Torre S. Isidoro Sud_Torre Uluzzo Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
parco costiero zone perimetrate ex legge 47/’85 soggette a piano di recupero urbanistico
1:5000 1:2000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
68
M
12
1063
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Inserraglio era originariamente conosciuta come Torre della Cala al Cretò o Crito (vocaboli dialettali salentini che derivano da Critmo, anche nota con il nome di “erba di San Pietro”, “frangisassi” o “finocchio marino”).
La torre sorge all’interno del Parco naturale di Porto selvaggio e Palude del Capitano, quasi a livello del mare. La costa è ricca di insenature a scoglio basso e frastagliato alternate a brevi tratti sabbiosi. L’edificio, come tutte le torri “Tipiche del regno”, presenta una forma tronco-piramidale. Al corpo originario nel XVII secolo fu aggiunto un nuovo volume chiaramente individuabile. L’accesso alla torre è posto nel lato sud (munito un tempo di porta levatoia). La torre è costituita da due stanze voltate a botte al piano terra e da un ampio vano unico al piano superiore. Sul lato nord, e in asse con la sottostante apertura, si trova l’unica caditoia “sopravvissuta”. Lo stato di conservazione risulta mediocre.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
NON RILEVATO
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
PROSPETTI Scala 1:200
SUD
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
EST
NORD
OVEST
7
TORRE S. ISIDORO
T. S. ISIDORO Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
S. Sidero_S. Sidaro_S. Idro Comune di appartenenza
Nardò (LE)_NO F842 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
S. Isidoro Coordinate
40° 13’01.56’’ N 17° 55’19.33’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1565
Distanza dal mare 25m Altezza sul livello del mare 1m Distanza da strada carrabile 3m Utilizzo attuale
Nessuno 100m
40m
Dimensioni
16,5 x 16,5m
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Squillace Sud_Torre Inserraglio Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
verde attrezzato zone agricole
parco costiero
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
45
B
7
947
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO La torre Sant’Isidoro sorge nell’omonima località al margine di un centro abitato sviluppatosi a seguito dell’edificazione della stessa. La torre sviluppata su tre livelli è costruita con blocchi regolari. Come tutte le torri della “Serie di Nardò”, presenta un basamento scarpato di forma tronco-piramidale, che culmina in un primo cordolo dal quale si sviluppa il resto della struttura secondo una forma di parallelepipedo. Il coronamento presenta una serie di beccatelli, con quattro caditoie per lato. Un’ampia scalinata a due arcate, aggiunta in tempi successivi all’edificazione, consente l’accesso all’edificio dal piano primo, dove troviamo un ampio locale; da qui, mediante una botola, è possibile accedere al piano terra, adibito a deposito delle scorte e nel quale trova posto anche una cisterna per l’approvvigionamento dell’acqua. Al corpo originario della torre sono state aggiunte delle superfetazioni risalenti agli anni ’50.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
PROSPETTI Scala 1:200
SUD
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
EST
NORD
8
TORRE SQUILLACE
T. SQUILLACE Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Scianuri_Scollaci_Squillaci Chianuri Comune di appartenenza
Nardò (LE)_NO F842 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Torre Squillace Coordinate
40° 14’06.60’’ N 17° 54’36.09’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1655
Distanza dal mare 75m Altezza sul livello del mare 1m Distanza da strada carrabile 230m Utilizzo attuale
Nessuno 100m
40m
Dimensioni
16,5 x 16,5m
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Cesarea Sud_Torre S. Isidoro Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
parco costiero
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
32
D
1
1877
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Squillace, conosciuta localmente anche come “Li Scianuri” o “Li Scianuli”, prende il nome probabilmente dalla scilla mediterranea (pianta delle Liliaceae tipica delle coste mediterranee). È sita lungo la litoranea neretina, al confine con l’area marina protetta di Porto Cesareo, e dista poche decine di metri dal mare, lungo un tratto di costa in cui alle rocce si alternano a brevi tratti sabbiosi.
La torre, facente parte delle torri della “Serie di Nardò”, ha un basamento tronco-piramidale scarpato, diviso dal piano sovrastante da un toro marcapiano. La facciata dell’edificio è coronata da una cornice a beccatelli e da una caditoia per lato, in corrispondenza delle aperture. Come per le precedenti torri, anch’essa fu dotata, in seguito all’edificazione, di una grande scala esterna in pietra, poggiata su due archi, che permette l’accesso al piano primo. Su questo livello si trova un ampio locale voltato a botte, con un camino sul lato sinistro della porta e sul lato destro la bocca dell’ampia cisterna situata a piano terra.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
P. PRIMO
a
a
a’
a’
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
SUD-EST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
SUD-EST
NORD-EST
SUD-OVEST
9
TORRE CESAREA
T. CESAREA Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Del Porto Cesareo_Cesarea di Cesario_Del Porto di Leverano Comune di appartenenza
Porto Cesareo (LE)_NO M263 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Porto Cesareo Coordinate
40° 15’25.02’’ N 17° 53’40.71’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1568-1569
Distanza dal mare 32m Altezza sul livello del mare 1m Distanza da strada carrabile 5m Utilizzo attuale
Sede della Guardia di Finanza 100m
40m
Dimensioni
21,5 x 21,5m
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Chianca Sud_Torre Squillace Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Artistico Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
zona residenziale di antico impianto zone di salvaguardia e di interesse ambientale
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
26
B
53
-
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Cesarea è sita nel centro abitato di Porto Cesareo. Un tempo era conosciuta come “Torre Capitana” in quanto, sin dalla sua edificazione, costituiva un ruolo centrale nel sistema di difesa, sia per la sua posizione sia per le sue notevoli dimensioni, decisamente anomale rispetto alle altre torri della medesima tipologia. La torre costituisce il nucleo storico dell’odierna Porto Cesareo. Al giorno d’oggi tale centralità non si percepisce in quanto la torre è attualmente adibita a caserma della Guardia di Finanza. Pur avendo differenti dimensioni rientra comunque tra le torri della “Serie di Nardò”. La torre ha una pianta quadrata con basamento tronco-piramidale lievemente scarpato; il corpo verticale è interrotto da due cordonature che separano i due piani superiori. I quattro prospetti sono coronati da beccatelli e sei caditoie pensili in corrispondenza delle aperture. La scala esterna a doppia rampa, con un’arcata sottostante, porta al primo piano, esso è composto da quattro vani e si accede al secondo tramite una scala ricavata nello spessore delle mura. Entrambi i piani hanno delle volte a botte.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
NON RILEVATO
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
PROSPETTI Scala 1:200
SUD-EST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
SUD-OVEST
NORD-OVEST
10
TORRE CHIANCA
T. CHIANCA Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Scala di Furnu
Comune di appartenenza
Porto Cesareo (LE)_NO M263 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
I Bacini Coordinate
40° 16’18.26’’ N 17° 52’14.68’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1567-1568
Distanza dal mare 40m Altezza sul livello del mare 2m Distanza da strada carrabile 85m Utilizzo attuale
Ecomuseo 100m
40m
Dimensioni
15,7 x 15,7m PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Lapillo Sud_Torre Cesarea Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
zone di salvaguardia e di interesse ambientale
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
21
H
15
-
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Chianca, denominata anche Torre di Santo Stefano, nasce in una zona di alto valore archeologico, chiamata “Scala di Furno”. Probabilmente il nome della Torre deriva dalla parola “chianca” che nel dialetto locale indica una lastra in pietra calcarea. La torre, facente parte delle torri della “Serie di Nardò”, presenta una pianta quadrata con un basamento troncopiramidale scarpato, diviso dal piano sovrastante da un toro marcapiano. Il coronamento presenta una serie di beccatelli e tre caditoie per lato. L’accesso all’edificio è situato al piano terra in quanto non è attualmente presente alcuna scala monumentale, anche se son ben visibili tracce di essa. Al piano terra si trovano una cisterna e due vani e, grazie a una scala ricavata all’interno del paramento murario, è possibile raggiungere il piano superiore, che invece presenta tre vani.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
a
P. PRIMO
a’
a
a’
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
NORD
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
OVEST
SUD
OVEST
11
TORRE LAPILLO
T. LAPILLO Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
S. Tommaso, Lo Fuina Comune di appartenenza
Porto Cesareo (LE)_NO M263 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Contrada Uomo Morto Coordinate
40° 16’51.47’’ N 17° 50’25.85’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1567-1568
Distanza dal mare 45m Altezza sul livello del mare 2m Distanza da strada carrabile 25m Utilizzo attuale
Ecomuseo 100m
40m
Dimensioni
16,0 x 16,0m PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Castiglione Sud_Torre Chianca Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
zone di salvaguardia e di interesse ambientale
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
21
H
15
-
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Lapillo, originariamente chiamata “Torre di San Tommaso”, attualmente prende il nome dalla località in cui sorge. Essa si eleva su un lembo di roccia proteso tra due baie. L’edificio, appartenente alle torri della “Serie di Nardò”, ha una pianta quadrata e un basamento troncopiramidale lievemente scarpato. Una ripida scala esterna a tre arcate posta sul lato rivolto a monte conduce direttamente al primo piano. Sono presenti dodici caditoie (tre per lato) ornate con beccatelli. All’interno al primo piano si trova una grande sala voltata a botte e due vani minori, mentre al piano terra, accessibile mediante una scala interna ricavata all’interno della muratura, troviamo un vano ad “L” e una cisterna la cui bocca è situata al primo piano.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
P. PRIMO
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
PROSPETTI Scala 1:200
OVEST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
NORD
EST
SUD
12
TORRE CASTIGLIONE
T. CASTIGLIONE Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
della Punta di Castiglione Comune di appartenenza
Porto Cesareo (LE)_NO M263 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Castiglione Coordinate
40° 17’13.34’’ N 17° 49’10.50’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1568-1569
Distanza dal mare 36m Altezza sul livello del mare 4m Distanza da strada carrabile 215m Utilizzo attuale
Nessuno 100m
40m
Dimensioni
10,3x10,3m
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Colimena Sud_Torre Lapillo Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
riserva naturale regionale “Palude del Conte e Duna costiera” istituita con L.R. no 5/06
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
14
N
-
23
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Castiglione sorge nei pressi dell’omonima località. Della torre oggi rimane ormai ben poco, sono infatti visibili soltanto alcuni resti che ne rendono difficile l’inquadramento tipologico, sebbene dalla dimensione ridotta della pianta e dalla tipologia della muratura residua si deduce la sua appartenenza alle torri “Tipiche del regno”. Il suo crollo prematuro avvenne, probabilmente, a causa di cedimenti del sottosuolo dovuti a fenomeni carsici, molto frequenti in questa zona. Di fatti, in prossimità di questa torre e lungo i direttivi nord-ovest e sud-est, si aprono delle cavità nel terreno (doline) definite localmente “Spunnulate”, ovvero sprofondate; depressioni generate dal cedimento delle volte di grotte sotterranee, per opera di corsi d’acqua che s’insinuano nel sottosuolo.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
NON RILEVATO.
13
TORRE COLIMENA
T. COLIMENA Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Columèna_La Culimèna La Culumèna Comune di appartenenza
Manduria (TA)_NO E882 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Paludi del Conte Coordinate
40° 17’44.26’’ N 17° 44’36.65’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1568
Distanza dal mare 36m Altezza sul livello del mare 2m Distanza da strada carrabile 5m Utilizzo attuale
Nessuno 100m
40m
Dimensioni
10,3x10,3m
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Nord_Torre Saline Sud_Torre Castiglione Proprietà
Demanio Pubblico Dello Stato Ramo Marina Mercantile Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
zona di rispetto
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
14
N
-
23
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO Torre Colimena (o Torre Columèna) sorge all’interno della Riserva Naturale Orientata Regionale “Palude del Conte e Duna Costiera” su un piano roccioso a pochi metri della costa. Presenta i caratteri tipici delle torri della “Serie di Nardò”. Ha una base quadrata con un basamento troncopiramidale lievemente scarpato, una cornice marcapiano divide la parete a scarpa da quella verticale. Le facciate terminano con un coronamento basso con beccatelli e caditoie pensili. L’interno della torre è raggiungibile con una scala situata frontalmente alla parete nord e collegata a essa da tre archi. La scala, in pianta, ha una caratteristica forma a “T”, posta su tre arcate. S’ipotizza che l’accesso in origine avvenisse tramite un ponte levatoio, come confermerebbe il riquadro attorno alla porta. L’interno della torre si sviluppa su due piani, entrambi voltati a botte. Attraverso una scala interna si scende al pianterreno, dove si trovano due locali e un caminetto con una cisterna.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
P. PRIMO
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
PROSPETTI Scala 1:200
EST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
NORD
OVEST
SUD
14
TORRE SALINE
T. SALINE Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Comune di appartenenza
Manduria (TA)_NO E882 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
Salina dei Monaci Coordinate
40° 18’12.81’’ N 17° 43’58.70’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1569
Distanza dal mare 390m Altezza sul livello del mare 1m Distanza da strada carrabile 150m Utilizzo attuale
Nessuno 100m
40m
Dimensioni
-
PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Ovest_Torre San Pietro in Bevagna Sud_Torre Colimena Proprietà
Ente Urbano Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
verde pubblico attrezzato
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
142
A
-
1199
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO La torre, ormai ridotta allo stato di rudere, era destinata alla guardia di un complesso di tre locali voltati a botte che servivano per lo smaltimento dell’umidità e allo stoccaggio del sale. Proprio per la sua specifica funzione, presenta caratteristiche differenti dalle torri di difesa; presenta base quadrata, con pareti verticali dal basamento fino al piano di copertura. Non abbiamo sufficienti informazioni per quanto riguarda i locali interni.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
NON RILEVATO.
15
TORRE S. PIETRO IN BEVAGNA
T. SAN PIETRO IN BEVAGNA Denominazioni alternative
STATO DI CONSERVAZIONE
Comune di appartenenza
Manduria (TA)_NO E882 Località
TIPOLOGIA DELLA TORRE
San Pietro in Bevagna Coordinate
40° 18’23.01’’ N 17° 40’20.75’’ E Periodo di costruzione
INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1575 Distanza dal mare 195m Altezza sul livello del mare 3m Distanza da strada carrabile 35m Utilizzo attuale
Chiesa 100m
40m
Dimensioni
15,0x17,0m PRG
DATI CATASTALI
Torri confinanti
Ovest_Torre Borraco Est_Torre Saline Proprietà
Azienda Uintà Santaria Locale TA.1 Vincolo
L. 1089/1939 art. 1, 2, 31 Elementi Caratteristici
1:5000
zona di rispetto
1:5000
Foglio
Allegato
No Fab
No terreno
142
A
-
554
Scala monumentale Ingresso a monte Guardiola Beccatelli Coronamento Merlone Archibugiera
Toro marcapiano Caditoia Cannoniera Cordolo Mensole Basamento
RILIEVO FOTOGRAFICO La Torre San Pietro in Bevagna sorge su un ampio piazzale (Piazza delle Perdonanze), a circa 200 metri dalla costa, nel pieno centro dell’omonima località in cui è sita e da cui prende il nome. La torre è caratterizzata da un impianto di forma ottagonale a stella, anche detta a “cappello di prete”. Essa fu fatta costruire dai monaci benedettini di San Lorenzo d’Aversa a protezione della piccola cappella di San Pietro, per onorare il luogo in cui secondo la leggenda sbarcò l’apostolo Pietro. La torre è testimone di una trasformazione funzionale che l’ha tramutata da edificio di difesa a chiesa con l’aggiunta di un corpo di fabbrica annesso alla torre, ancora oggi molto riconoscibile.
PARAMENTO MURARIO_1m2
0
1
PIANTE Scala 1:200
0 1 2
5m
P. TERRA
a’
a
P. PRIMO
a
a’
SEZIONI Scala 1:200
0 1 2
5m
SEZIONE A-A’
PROSPETTI Scala 1:200
EST
PROSPETTI Scala 1:200
0 1 2
5m
SUD
OVEST
NORD
130
II.2.2 Conclusione Analizzando i dati emersi da questa fase di rilievo e schedatura delle torri possiamo notare una situazione diversificata per quanto riguarda diversi punti di vista: tipologia, stato conservativo, destinazione d’uso e proprietà.
Prendendo in esame tutte le torri presenti nella nostra area d’interesse, ognuno di questi aspetti sarà sintetizzato ed esemplificato, qui di seguito, tramite una rappresentazione grafica con diagrammi a torta.
Divisione tipologica
Stato di conservazione
Quadrate grandi
7
Ottagonali
1
Quadrate piccole
4
Atipiche
2
Rotonde piccole
1
Buono
7
Mediocre
3
Discreto
4
Pessimo
1
131
II. INTERPRETARE
Questi grafici, nell’insieme, ci rimandano un’immagine complessiva di quella che è l’attuale situazione delle torri all’interno del territorio considerato. Proprio partendo dalla conoscenza di questi aspetti, è stato
possibile pianificare degli interventi commisurati e adeguati alle caratteristiche proprie di ciascuna torre, che non è mai stata considerata singolarmente, ma sempre come parte integrante di un sistema.
Utilizzo attuale
Tipo di proprietà
Non utilizzate
8
Religiose
1
Abitazioni
2,5
Enti pubblici
1
Attività culturali
2,5
Pubbliche
12
Private
3
132
II.3 ANALISI DEL TERRITORIO II.3.1 Inquadramento territoriale
II. INTERPRETARE
133
COMUNI INTERESSATI Manduria
Nardo Porto Cesareo
T. S. PIETRO IN BEVAGNA Galatone LOCALIZZAZIONE TORRI
ELEMENTI DI INTERESSE
FASCIA RISPETTO DEL DEMANIO MARITTIMO
1000m
ELEMENTI DI STUDIO
T. SALINE
T. COLIMENA
Scelta dell’area d’intervento
T. LAPILLO T. CASTIGLIONE T. CHIANCA
T. CESAREA
T. SQUILLACE
T. S. ISIDORO
T. INSERRAGLIO
T. ULUZZO
T. DELL’ALTO T. S. CATERINA T. FIUME T. ALTO LIDO
0
1
2,5
5
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II.3.2 Struttura Idrogeomorfologica Dal punto di vista litologico, la fascia costiera in analisi è costituita da depositi marini plioceniciquaternari sovrapposti a depositi calcarei di età mesozoica; questo si traduce in una vasta superficie pianeggiante lievemente digradante verso il mare con sporadiche emergenze rocciose che interrompono la monotonia. La prevalente composizione calcarea del suolo ha dato vita a numerosi fenomeni carsici, che hanno fortemente condizionato l’idrografia di questo territorio; doline e inghiottitoi costituiscono un punto di convergenza del reticolo idrico superficiale. Tale fenomeno è particolarmente evidente e tangibile nella fascia costiera compresa tra il comune di Porto Cesareo e Manduria, generando quelle che nel gergo locale prendono il nome di Spunnulate, letteralmente “sprofondate”; una conformazione carsica talmente rara da non trovare una corrispettiva traduzione in italiano. La maggior di esse si presenta come delle cavità sotterranee molto larghe e basse, visibili in superficie sotto forma di “laghetti” di acqua salmastra, come nel caso dell’area della “Palude del Capitano” (in località Santo Isidoro). Proprio la fragilità di questi terreni ha contribuito ad inibire ogni forma di antropizzazione al di sopra di essi, consentendo la formazione di vere e proprie oasi di biodiversità. Altro aspetto caratteristico è da individuare nelle sconfinate distese di terra rossa, elemento tipico del paesaggio rurale salentino. In queste aree il terreno si tinge di questo colore intenso e caldo, dovuto alla sua particolare composizione chimica, nella quale troviamo principalmente ossidi di ferro e alluminio, assieme ad altri minerali argillosi.
SCOGLIERA ROCCIOSA Montagna Spaccata, Galatone (LE)
II. INTERPRETARE
137
SPUNNULATA Torre Castiglione, Porto Cesareo (LE)
COSTA DI TORRE ULUZZO
T. S. PIETRO IN BEVAGNA T. SALINE
SPUNNULATE DEL SALENTO
Guida Area Marina Protetta
COSTA ROCCIOSA
COMPONENTI Ricavati dal PPTR
Geomorfologiche Doline Cordoni dunari Grotte Versanti
Idrologiche Fiumi, Torrenti, Corsi d’acqua Reticolo idrografico di connessione della R.E.R. Aree soggette a vincolo idrogeologico Versanti
T. COLIMENA
Struttura Idrogeomorfologica
T. LAPILLO T. CASTIGLIONE T. CHIANCA
T. CESAREA
T. SQUILLACE
T. S. ISIDORO
T. INSERRAGLIO
T. ULUZZO
T. DELL’ALTO T. S. CATERINA T. FIUME T. ALTO LIDO
0
1
2,5
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km
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II.3.3 Viabilità Un altro elemento che segna la morfologia di questo territorio è costituito dalla rete viaria che, dalle prime fasi della romanizzazione fino ad età tardoantica, divenne un’infrastruttura progressivamente sempre più complessa e articolata, composta da grandi arterie e da una fitta rete di collegamenti locali. Com’è noto, i principali assi erano costituiti dalla Via Appia e dalla Via Traiana che, mettendo in comunicazione Roma con Taranto e Brindisi, rappresentavano la spina dorsale dei collegamenti terrestri. A dare continuità a queste grosse arterie viarie vi era la cosiddetta Via Sallentina che congiungeva i principali centri del Salento, partendo da Otranto fino a giungere a Taranto; ulteriori biforcazioni minori si ramificavano verso l’entroterra e verso la costa mettendo in comunicazione i comuni minori. Di queste vie maestre, servite a veicolare ogni tipo di risorsa di questo fertile territorio verso mercati più importanti, rimane oggi ben poco, in quanto le vecchie vie selciate sono andate via via scomparendo e non sono più visibili, se non per qualche breve tratto. Quello che tuttora permane è, invece, la gerarchizzazione e suddivisione territoriale operata dai romani, matrice su cui poggia l’attuale rete viaria. Tale matrice è scaturita dalla centuriazione, ovvero il sistema con cui i romani organizzavano il territorio agricolo. Questa divisione è ancora percepibile nelle zone rurali e costiere dalle quali parte una fitta rete di percorsi che si addentra fino ai centri abitati. Queste strade, o talvolta semplici sentieri di campagna, spesso confinati tra due muri a secco, prendono il nome di tratturi; tali vie erano percorse non solo da contadini e pastori che conducevano il bestiame al pascolo, ma anche dai contrabbandieri del sale, motivo per cui questa rete di sentieri è conosciuta
anche come “Via del Sale”. Per molto tempo i tratturi costituirono l’unico collegamento dei centri urbani con le corrispettive marine. Per quanto riguarda, invece, l’attuale infrastruttura viaria, essa risulta inefficiente e inadeguata a smaltire
II. INTERPRETARE
gli imponenti flussi di vetture che, nei mesi estivi, si riversano dai paesi dell’entroterra verso le località balneari e viceversa. Ciò comporta, in particolar modo nelle ore di punta, la formazione di code chilometriche, specie in prossimità di incroci e svincoli.
141
Esaminando la mobilità lenta, la situazione non è di certo migliore. Tracciati ciclabili e pedonali risultano praticamente inesistenti e non vi è infatti la possibilità di giungere in sicurezza dai centri urbani al mare attraverso percorsi dedicati a questo tipo di mobilità. STRADA DI CAMPAGNA Rudi di San Mauro, Galatone (LE)
PERCORSO PORTO SELVAGGIO
T. S. PIETRO IN BEVAGNA T. SALINE STRADA DI CAMPAGNA
TRATTURI
VIE DEL SALE
COMPONENTI Ricavati dal PPTR
Valori Percettivi Strade a valenza paesaggistica Strade panoramiche Viabilità primaria Viabilità secondaria Tratturi
T. COLIMENA
Viabilità
T. LAPILLO T. CASTIGLIONE T. CHIANCA
T. CESAREA
T. SQUILLACE
T. S. ISIDORO
T. INSERRAGLIO
T. ULUZZO
T. DELL’ALTO T. S. CATERINA T. FIUME T. ALTO LIDO
0
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2,5
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km
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II.3.4 Uso del suolo Tra gli anni ’60, ’70 e ’80, in quest’area, come nel resto d’Italia, si è assistito ad un vero e proprio boom edilizio, conseguentemente alla fase di crescita economica, iniziata già nel dopoguerra. Oltre al miglioramento delle condizioni economiche e al crollo dei tassi di interesse che consentì a molti l’accesso al credito e ai mutui fondiari ed edilizi, un altro fattore determinante, che ha favorito il processo di antropizzazione lungo costa, è da individuare nelle vaste operazioni di bonifica delle aree palustri, che hanno interessato l’intera area del tavoliere salentino. Se dal punto di vista agricolo, l’imponente progetto ha avuto esiti modesti, enorme è stato invece l’impatto sul sistema insediativo. Queste operazioni di bonifica hanno contribuito sia a una notevole espansione dei centri urbani esistenti che alla nascita di nuovi centri abitativi lungo la costa, di carattere lineare, diffuso e scarsamente gerarchizzato. Alcuni di queste località marittime, specialmente quelle di più antica fondazione, come nel caso di Porto Cesareo, hanno come nucleo centrale proprio le torri di difesa costiera. Queste, nella maggior parte dei casi, oltre ad essere dei centri di nucleazione rappresentano anche gli unici elementi di pregio delle marine. In queste aree, gran parte delle abitazioni, spesso abusive, sono state costruite nottetempo, nella completa inosservanza delle norme e dei piani regolatori, ove presenti, e senza alcun titolo abilitativo, magari in vista di futuri condoni edilizi. A fronte di tale fenomeno non vi è stata una giusta risposta da parte delle amministrazioni locali nel predisporre adeguati strumenti urbanistici a salvaguardia del territorio. Ancora oggi un numero consistente dei comuni della provincia di Lecce, e non solo, risultano privi di Piani regolatori,
ed operano ancora con i vecchi Programmi di Fabbricazione ricorrendo, talvolta, all’adozione di varianti urbanistiche. Tutto ciò ha determinato in provincia di Lecce, nell’arco di appena mezzo secolo, un consumo di suolo paragonabile a quello utilizzato nel corso di millenni, con evidenti e notevoli danni idrogeologici e al patrimonio naturale, paesaggistico e storicoarcheologico.
145
II. INTERPRETARE
Nel corso degli ultimi anni questa fase di edificazioni senza regola, fortunatamente, è andata via via scemando, forse seguentemente alla crisi economica ma anche ad una presa di coscienza da parte delle istituzioni che hanno operato scelte proiettate verso un uso del suolo più contenuto e consapevole. Una risposta forte è stata data dalla regione Puglia con l’emanazione del succitato PPTR, il piano, infatti, coniuga misure di conservazione a misure di
valorizzazione e riqualificazione. Nonostante l’esponenziale crescita delle aree urbanizzate, un’importante componente di questo territorio rimane il paesaggio rurale, caratterizzato da una forte antropizzazione agricola; questo si presenta come un variopinto mosaico di vigneti, oliveti, seminativi, orti e pascoli a cui si alternano aree incolte ricoperte da macchia mediterranea. INSEDIAMENTO URBANO S. Maria al Bagno, Nardò (LE)
MACCHIA MEDITERRANEA
T. S. PIETRO IN BEVAGNA T. SALINE CENTRO URBANO
PPTR Puglia
MAGLIA AGRARIA
PPTR Puglia
COMPONENTI Ricavati dal PPTR Tessuto residenziale Costa rocciosa Costa sabbiosa Macchia mediterannea Pineta Saline Frutteti Seminativi Vigneti
T. COLIMENA
Uso del suolo
T. LAPILLO T. CASTIGLIONE T. CHIANCA
T. CESAREA
T. SQUILLACE
T. S. ISIDORO
T. INSERRAGLIO
T. ULUZZO
T. DELL’ALTO T. S. CATERINA T. FIUME T. ALTO LIDO
0
1
2,5
5
km
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II.3.5 Aree di valenza paesaggistica-territoriale Le peculiarità della zona, per quanto riguarda l’aspetto paesaggistico e territoriale, sono principalmente dovute, come detto poc’anzi, ai caratteri idrografici e orografici. Le tipologie idrogeomorfologiche del territorio sono divise in 3 macrocategorie, di seguito descritte in ordine di importanza e rilevanza: • Elementi che aumentano il valore percettivo (come le valli fluvio-carsiche) che contribuiscono, se pur lievemente, a rompere la monotonia nella parte di territorio roccioso prevalentemente pianeggiante. • Forme derivate da fenomeni di modellamento dei versanti, caratterizzati da significativi dislivelli con le aree basali, tali da costituire più o meno evidenti “affacci” sulle aree soggiacenti che danno vita a suggestive percezioni della morfologia dei luoghi. • Depressioni nate in seguito a fenomeni carsici di dissoluzione delle rocce calcaree, come nel caso delle doline. Spesso questi fenomeni favoriscono la formazione, al loro interno e nelle immediate vicinanze, di singolarità naturali, ecosistemiche e paesaggistiche e, talvolta, è anche possibile trovare tracce di primordiali insediamenti umani. Spesso il valore percettivo e ambientale di questi elementi viene messo a repentaglio e, talvolta, compromesso dall’eccessiva e smodata occupazione antropica; tutto questo a scapito della continuità morfologica naturale di questi luoghi. L’apertura di nuove cave, l’occupazione delle aree adiacenti agli orli morfologici, le infrastrutture stradali e le trasformazioni urbane della fascia costiera, operate senza un’adeguata pianificazione e progettazione e spesso inappropriate alla fruizione turistica di massa che ha interessato questo territorio nell’ultimo decennio, sono purtroppo solo una parte
dei tanti fattori che mettono a rischio queste aree. Nonostante questi fattori di rischio, la combinazione degli elementi presenti nel territorio dà vita a numerosi habitat d’interesse comunitario. La frammentazione del paesaggio ha, purtroppo, un impatto anche su questi elementi e comporta la limitazione dell’estensione di queste aree di interesse comunitario, principalmente lungo la costa. Nell’area presa in esame troviamo alcune delle principali aree protette regionali: il parco naturale di Porto Selvaggio (L.R. n. 6/2006), la Palude del Capitano (L.R. n. 6/2006), la Palude del Conte e la Duna Costiera (L.R. n. 5/2006), la Riserva Naturale Salina dei Monaci (L.R. n. 24/2002), l’area Marina
II. INTERPRETARE
Protetta di “Porto Cesareo” di interesse nazionale e 7 SIC (Siti d’Interesse Comunitario) istituiti ai sensi della Direttiva 92/43, tra quali: • Torre Colimena IT9130001 • Torre Uluzzo IT9150007 • Palude del Capitano IT9150013 • Torre Inserraglio IT9150024 • Porto Cesareo IT9150028 • Palude del Conte, Dune Punta Prosciutto IT9150027 • Masseria Zanzara IT9150031 Il parco regionale di Porto Selvaggio e la Palude del Capitano fanno parte di una zona costiera
149
caratterizzata dalla presenza di numerose sorgenti e da un denso rimboschimento. Il tutto è arricchito da un habitat sottomarino unico e dalla presenza delle torri costiere, elementi che, insieme, danno vita a una baia di straordinaria bellezza. Nella zona della Palude del Capitano si trovano, invece, le cosiddette spunnulate, elementi già incontrati precedentemente nell’analisi idrogeomorfologica del territorio. Sono state molte le ricerche condotte su questo fenomeno, non solo da un punto di vista geologico, ma anche rispetto alla flora e alla fauna che questo particolare ambiente è in grado di ospitare; si contano ben 252 specie differenti di vegetazione. RISERVA NATURALE PALUDE DEL CAPITANO Nardò (LE)
150
Il valore biogeografico della zona è molto alto e deriva dalla presenza di specie rare, sia di flora (Quercus calliprinos Periploca graeca, Helianthemum jonium, Ophrys candida) che di fauna (con la nidificazione lungo la costa della tartaruga marina Caretta Caretta, il Colubro leopradino Elaphe Situla e il Geco di Kotschy Cyrtopodion kotschyi). Considerando la biodiversità il territorio è caratterizzato dalla presenza di ben 15 habitat di interesse comunitario che sono inclusi nella Direttiva 92/43, codificati per priorità di conservazione e in relazione alle specie che ospitano: • Lagune costiere • Pascoli inondati maritimi)
mediterranei
(Juncetalia
• Dune con vegetazione di sclerofille dei CistoLavenduletalia • Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria (“dune bianche”) • Praterie umide mediterranee con piante erbacee alte del Molinio-Holoschoenion • Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae) • Vegetazione annua delle linee di deposito marine • Foreste di Quercus ilex • Dune costiere con Juniperus spp. • Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero Brachypodietea • Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster • Stagni temporanei mediterranei • Phrygane endemiche dell’Euphorbio-Verbascion • Steppe salate mediterranee (Limonietalia) • Laghi eutrofici naturali con vegetazione del Magnopotamion o Hydrocharition
PARCO NATURALE DEL PORTO SELVAGGIO Nardà (LE)
II. INTERPRETARE
151
RISERVA NATURALE SALINE DEI MONACI Torre Colimena, Manduria (TA)
AREA NATURALE MARINA PROTETTA PORTO CESAREO
T. S. PIETRO IN BEVAGNA T. SALINE
RISERVA NATURALE SALINA DEI MONACI
PINETA DI PORTO SELVAGGIO
COMPONENTI Ricavati dal PPTR
Aree protette e siti naturalistici Sito Importanza Comunitaria Sic Mare Parchi naturali regionali Area Naturale Marina protetta
Botanico - vegetazionali Aree Umide Boschi Prati e pascoli naturali
Culturali e Insediative Zone di interesse archeologico
T. COLIMENA
Aree di valenza paesaggistica-territoriale
T. LAPILLO T. CASTIGLIONE T. CHIANCA
T. CESAREA
T. SQUILLACE
T. S. ISIDORO
T. INSERRAGLIO
T. ULUZZO
T. DELL’ALTO T. S. CATERINA T. FIUME T. ALTO LIDO
0
1
2,5
5
km
154
II.3.6 Pressione turistica Secondo dati diffusi dall’ UNWTO (World Tourism Organization) nell’ultimo biennio sono stati circa 50 milioni i turisti in viaggio in più rispetto agli anni passati. Conseguentemente a ciò, anche il turismo internazionale in Puglia prosegue la sua crescita costante. Nel 2016, infatti, sono stati registrati risultati al di sopra delle aspettative. Questo è dovuto, probabilmente, oltre che alla straordinaria crescita del turismo internazionale, all’incremento dei consumi turistici nazionali, nonché agli allert sulla sicurezza che hanno interessato altre destinazioni turistiche d’Europa e del Mediterraneo.
pubbliche, alle associazioni di settore pubbliche e private correlate al turismo e ai turisti stessi. Enuncia e sancisce in 14 punti, l’indiscutibile necessità di trasformare il turismo in un’occasione di sviluppo equo per le località e per le popolazioni residenti, di qualità per i visitatori e di salvaguardia per le risorse naturali. Per il conseguimento di tale obiettivo, fondamentale diventa un’attenta pianificazione, lo scambio di informazioni ed esperienze e la diffusione di nuovi modelli comportamentali. 2009
Conseguentemente all’incremento del turismo, anche la pressione antropica lungo le coste è andata via via crescendo determinando l’edificazione di nuovi resort, villaggi turistici, strutture ricettive, porti turistici, senza il benché minimo riguardo per l’ambiente. Non di rado infatti le amministrazioni locali si trovano a gestire questi flussi massivi di persone senza un’adeguata pianificazione a lungo termine. Tale tendenza potrebbe portare al deterioramento e alla scomparsa proprio di quei valori capaci di suscitare l’interesse dei turisti, e alla perdita dell’identità locale.
2016
Tuttavia se questo fenomeno venisse opportunamente pianificato e gestito, comporterebbe notevoli benefici economici e migliorerebbe di gran lunga la qualità della vita della popolazione locale. Proprio questo aspetto ambivalente del turismo è stato il tema trattato durante la Conferenza Mondiale sul Turismo Sostenibile, tenutasi a Lanzarote, nelle isole Canarie, il 27-28 aprile 1995. La Carta di Lanzarote, frutto di questa conferenza, risulta essere una sorta di monito ai governi, alle autorità
I FLUSSI TURISTICI COMUNALI A livello territoriale, i comuni più visitati sono Lecce, Otranto, Gallipoli e Ugento, che insieme accolgono il 64,2 per cento degli arrivi e il 59,1 per cento delle presenze turistiche. Il capoluogo di provincia è la principale area di approdo con oltre 234 mila arrivi (25,6 per cento del totale), mentre il comune di Ugento registra la percentuale più alta di presenze turistiche (18,7 per cento)
155
II. INTERPRETARE
II.3.7 Conclusione Da questa fase di analisi territoriale è emersa una situazione disomogenea e contrastante, in quanto, insieme a numerose problematiche sono stati anche rilevati numerosi punti di interesse, di carattere paesaggistico ma anche naturalistico e culturale, che meritano di essere valorizzati e tutelati. In particolare, sono state individuate quattro tipologie di paesaggio predominanti: • Campagna • Aree Boschive
Questa fase costituisce un punto di partenza fondamentale per la redazione di un progetto che vada ad integrarsi con il paesaggio, migliorandone la fruizione e la lettura da parte dei visitatori. La conoscenza dello stato dei luoghi è stata fondamentale al fine di individuare delle appropriate strategie progettuali, consone alle problematiche riscontrate.
• Centri urbani • Macchia mediterranea
Campagna Area_3,92 km2
Area boschiva Area_0,57 km2
Macchia mediterranea Area_1,09 km2
Centri urbani Area_1,28 km2
TORRE SUL MARE Torre a picco su 'I mar, da l'alta rupe cui sorvola solenne il nero corvo, svelta ti spingi a l'infinito cielo e scruti ognor lontano a l'orizzonte. Ne le tue crepe ove s'infila il vento, ne l'erba parietaria che riveste i fianchi ancor possenti è il tuo mistero, il fascinoso aspetto tuo severo. Al murmure de 'l mar che t'accarezza le forme tue vetuste ormai in rovina, al batter d'ali nere tu racconti le millenarie istorie al forestiero. che in rimirarti estatico rapito vive nel cor nostalgico il passato racchiuso in fatti e leggendari e veri. Torre a picco su 'l mar viva e morente ancor guardi i millenni e fai sognare tramonti d'altri tempi ne le aurore che ancora in te ritornano co' dÏ  Autore Anonimo
TORRE ULUZZO 40° 09’31.13’’ N 17° 57’24.51’’ E
III. PROGETTARE
TORRE SALINE 40° 18’12.81’’ N 17° 43’58.70’’ E
160
III.1 IL PROGETTO III.1.1 Introduzione al progetto Il progetto di tesi “Punti di vista” nasce dalla necessità di rifunzionalizzare le torri appartenenti al sistema di difesa costiero, edificate durante il Viceregno di Napoli. Le torri rappresentano un pretesto, un punto di partenza, un sito di nucleazione da cui far scaturire una mutazione dell’intero territorio, volta alla valorizzazione dello stesso.
altri e la ripartizione di essi nelle rispettive torri sarà valutata caso per caso, a seconda delle necessità della zona su cui insiste ogni edificio. In ogni caso dovranno essere funzioni compatibili con il territorio circostante e consone alla morfologia della torre. Un altro aspetto imprescindibile da cui deriverà questa scelta sarà la distanza che intercorre tra le torri.
Le torri verranno a far parte di un itinerario che, seguendo la linea di costa, darà continuità ad un territorio frammentato e discontinuo.
Le torri sono poste ad intervalli più o meno regolari, ad una distanza media di 5 km l’una dall’altra, ovvero la distanza che una persona percorre a piedi in un’ora circa.
L’obiettivo ultimo è quello di creare un sistema diffuso di accoglienza e di attrattive da installare nei presidi costieri. Questo intervento contribuirà a potenziare l’offerta turistica della regione rendendo possibile un tipo di vacanza itinerante. La scelta di offrire determinati servizi piuttosto che
Mediamente un uomo può percorrere circa 50 km al giorno, camminando 10 ore, riposandone 8 e fermandosi per delle piccole pause ogni ora, per mangiare e ristorarsi; i tempi si dimezzano se invece si viaggia in biciletta.
161
III. PROGETTARE
III.1.2 Linee di intervento Partendo da queste semplici considerazioni, le torri costituiranno una sorta di hot-spot della rete che si verrà a creare e le funzioni localizzate all’interno di esse saranno ausiliarie all’intero percorso e quindi allo stesso territorio.
L’individuazione di una strategia d’intervento non può che derivare da una sintesi della precedente fase di analisi in cui sono state evidenziate peculiarità, fragilità e potenzialità delle torri e del territorio d’intervento.
Lo scopo sarà quello di garantire ai fruitori di questo percorso una serie di servizi e di attrattive che supporteranno e motiveranno questo cammino.
Trattandosi di due scale d’intervento differenti, una architettonica e una territoriale, il progetto è stato sviluppato in due linee d’azione: in una prima fase saranno descritti gli interventi destinati alle torri, mentre nella seconda fase sarà tracciato l’itinerario di collegamento tra le stesse.
I visitatori potranno quindi viaggiare di torre in torre attraverso il sistema di percorsi lenti, godendo di un punto di vista privilegiato per poter leggere, comprendere e vivere il paesaggio. L’intervento preposto è pensato come un “progetto pilota”: in questa maniera, potrebbe essere reiterato sul resto del territorio nazionale ove persistano le medesime peculiarità.
Queste due linee di intervento risultano, in ogni modo, strettamente correlate tra loro, e hanno lo scopo ultimo di creare di innescare una serie meccanismi.
162
III.2 PRIMA LINEA DI INTERVENTO III.2.1 Interventi sugli edifici In questa fase, verrà chiarito il tipo di intervento proposto per le torri. Questo è il risultato di una sintesi delle informazioni ottenute tramite l’analisi effettuata sul territorio e tramite la fase di rilievo delle torri. Dal rilievo effettuato è stato possibile classificare le torri in relazione al loro stato di conservazione: • stato pessimo: torri del tutto crollate, ormai scomparse, di cui rimane soltanto una traccia storica; • stato mediocre: torri parzialmente crollate e con gravi danni strutturali, ma di cui è possibile percepirne ancora le caratteristiche morfologiche; • stato discreto: torri con danni materici patologici e lievi lesioni strutturali che non ne pregiudicano l’utilizzo; • stato buono: torri restaurate. Lo stato di conservazione è stata una variabile imprescindibile per la scelta dell’intervento da effettuare su ciascuna torre. È da questo punto che sono, poi, scaturite le successive considerazioni rispetto all’attribuzione, per ciascuna torre, di determinate funzioni. Nel caso degli edifici gravemente ammalorati o diruti (in stato pessimo e mediocre), si interverrà, ove possibile, apponendo delle passerelle metalliche che consentiranno al visitatore di poter fruire in sicurezza l’edificio beneficiando della vista panoramica da esso fornita. Nel caso, invece, di situazioni più critiche vengono proposti interventi volti alla preservazione del luogo, con azioni di consolidamento e risanamento materico finalizzate a bloccare l’avanzamento dei degradi, senza reintegrare in alcun modo lacune o parti mancanti. Dovranno In P. GAZZOLA, La difesa del rudere, in Castellum 5/196 7 /5-4.
1
essere in ogni caso interventi riconoscibili, reversibili e poco invasivi. In entrambi i casi, lo scopo finale degli interventi non sarà quello di ripristinare lo stato originale della torre ma, piuttosto, quello di preservarla come landmark di questo territorio, esimendosi dal ripristinare un’integrità di cui non si ha più traccia. “Tra i sintomi della avarizia spirituale del nostro tempo, possiamo indicare come significativa l’assenza di interesse peril «rudere». Rudere, cioè rovina, anzi, men che rovina, avanzo d’edificio: «termine usato per lo più in senso metaforico, per indicare cosa decrepita e ormai senza risorse”. Piero Gazzola1 Necessitano invece un altro tipo di approccio quelle torri abbandonate ma in buono stato di conservazione o quelle che siano già restaurate ma adibite ad una funzione che non ne valorizza la morfologia e la localizzazione (stato discreto e buono). In tali casi sono previsti interventi di rifunzionalizzazione degli spazi sia interni che esterni, puntando anche su attività monetizzabili, che attivino nuovi tipi di socialità e che rimettano questi spazi a disposizione del territorio. La localizzazione delle diverse destinazioni d’uso, dovrà essere valutata caso per caso, a seconda delle necessità della zona su cui insiste la torre. In ogni caso dovranno essere funzioni compatibili con il territorio circostante e consone con la morfologia dell’edificio. “Una cosa capace di «USO» nelle mani di alcune persone, nelle mani di altre può riuscire all’opposto, a quello che si dice comunemente l’«abuso».” John Ruskin2 In J. RUSKIN, The Poetry of Architecture, London’s Architectural Magazine, Londra 1837
2
163
III. PROGETTARE
LA TORRE
ANALISI
determinare lo stato di degrado
PESSIMO
MEDIOCRE
PROGETTO
attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
DISCRETO
BUONO
attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
164
linea di intervento
BELVEDERE / RESTAURO DEL PANORAMA Questo tipo di intervento ha, non solo una finalità architettonica, ma anche una valenza paesaggistica. Infatti, attraverso l’inserimento di una struttura metallica in acciaio cor-ten, (reso antiscivolo mediante una lavorazione meccanica) opportunamente ancorata alla muratura esistente, si consentirà al visitatore di giungere ad una quota più elevata, dandogli modo di percepire il panorama a 360°. Originariamente, le torri costituivano un capillare sistema di avvistamento e di comunicazione visiva. Da ogni torre era possibile scrutare il mare e vedere, solitamente, le due torri adiacenti (precedente e successiva), con la possibilità di comunicare tramite segnali luminosi durante la notte, e di fumo durante il giorno, per poter trasmettere immediatamente un messaggio o richiedere soccorso. Persa la funzione militare, si recupera, attraverso la costruzione di un belvedere, l’aspetto panoramico dell’edificio. Il belvedere potrà offrire al visitatore la stessa esperienza visiva di cui il torriero poteva beneficiare mentre svolgeva le sue mansioni di sorveglianza.
T. Castiglione
T. Uluzzo
III. PROGETTARE
165
166
linea di intervento
PARCO
In questo tipo di intervento, l’edificio, se ancora presente, verrà restaurato a rudere, tramite interventi che impediscano l’avanzamento dei degradi, permettendo una fruizione sicura delle aree limitrofe. Ad ogni modo, sia in casi in cui ci troviamo di fronte ad un rudere che nei casi in cui l’edificio sia del tutto crollato, le aree circostanti verranno attrezzate con ciclo-parcheggi, pannelli informativi, sistemi di illuminazione e orientamento, necessarie a garantire la continuità tra le torri e la rete di percorsi lenti. Gli interventi, quindi, saranno rivolti principalmente alle pertinenze piuttosto che alla torre stessa, puntando alla possibilità di valorizzare un’area che, in molti casi, risulta completamente priva di funzionalità. Quest’intervento sul sito consentirà anche una migliore lettura dell’edificio stesso, ove ancora presente.
T.Saline
T.Fiume
III. PROGETTARE
167
168
linea di intervento
iNFO POINT Le torri destinate a questo utilizzo avranno un ruolo centrale all’interno dell’itinerario. La posizione è un aspetto fondamentale per la scelta degli edifici a cui sarà attribuita questa funzione. Da qui, infatti, dovrà essere possibile connettere efficacemente la torre alle principali infrastrutture di mobilità tradizionale (porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, rete stradale e autostradale). Le torri fungeranno da punto di connessione tra la rete di percorsi lenti (percorsi ciclopedonali lungo-costa e tratturi entroterra) e l’infrastruttura stradale. All’esterno di queste torri saranno presenti, inoltre, stazioni per il bike-sharing. Esse costituiranno un punto nevralgico di accoglienza per i visitatori o i cittadini che troveranno, al suo interno, uffici appositi per avere informazioni relative al territorio, alla mobilità lenta e, in particolare, al percorso nella rete. Per quanto riguarda quest’ultimo punto sarà presente un servizio reception dedicato all’albergo diffuso (che tratteremo di seguito).
T. Cesarea
T. S. Isidoro
III. PROGETTARE
169
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linea di intervento
ALBERGO DIFFUSO In questo tipo di intervento la torre e l’area circostante assumono funzioni ricettive. Le distanze ridotte tra le torri e la loro collocazione strategica consentono di dar vita ad una ricettività diffusa e uniformemente distribuita sul territorio. La distanza tra gli edifici diventa un elemento imprescindibile per la collocazione di tale servizio; quest’ultimo sarà assegnato a ciascuna torre rispettando una cadenza regolare all’interno dell’itinerario, considerando le distanze giornaliere percorribili a piedi da un viandante. Date le caratteristiche distributive delle torri sarà necessario attuare soluzioni di ricettività non convenzionali, adattando la struttura interna della torre alla funzione di albergo diffuso ad essa attribuita. Anche l’area limitrofa assolverà tale funzione ricettiva: all’esterno saranno presenti, infatti, aree destinate al campeggio.
T. Colimena
T. Squillace
T.S. Caterina
T.Alto Lido
III. PROGETTARE
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172
linea di intervento
ECOMUSEO Questo tipo di intervento rappresenta la soluzione ideale per torri che sorgono all’interno di parchi naturali o di riserve. La torre e le sue pertinenze saranno attrezzate come centro espositivo e informativo capace di interagire con il contesto più immediato. La torre in questo modo diviene un luogo pubblico in grado di accogliere visitatori, turisti o anche semplici cittadini. L’ecomuseo si occuperà anche della promozione del territorio tramite attività didattiche e di ricerca grazie al coinvolgimento diretto della popolazione, delle istituzioni locali e delle scuole. Sarà un luogo funzionale alla comprensione delle vicine aree di interesse naturalistico (parchi naturali e area marina protetta) o storico-culturale. Ospiterà mostre temporanee o permanenti sia rispetto ai reperti archeologici rinvenuti nelle zone circostanti, sia rispetto ai differenti habitat naturali. L’ ecomuseo, così strutturato, sarà parte integrante di un sistema che avrà come obiettivo quello di realizzare un network di siti di interesse storico-naturalistico. Questa soluzione funzionale rappresenta una soluzione molto diffusa tra le torri attualmente recuperate. T. Lapillo
T. Chianca
T. Inserraglio
T. dell’Alto
T.S. Caterina
III. PROGETTARE
173
174
linea di intervento
PUNTO DI RISTORO Queste torri saranno adibite a punto di sosta e ristoro per soddisfare le molteplici esigenze dei viaggiatori; ospiteranno, di conseguenza, attività legate alla ristorazione e alla conoscenza della tradizione enogastronomica locale. Le aree circostanti saranno attrezzate con panche e tavoli che consentiranno la consumazione dei cibi all’aperto. Anche in questa attività come nel caso dell’albergo diffuso la distanza tra le torri sarà un criterio fondamentale per la collocazione di tale servizio.
T. Cesarea
T. S. Isidoro
T.Fiume
III. PROGETTARE
175
176
III.2.2 Interventi sulle murature Un elemento che accomuna la struttura di tutte le torri costiere, come del resto tutti gli edifici dell’Italia meridionale, è l’utilizzo di murature in pietra di tufo. Grazie alla sua grande lavorabilità, questo materiale è sempre stato nel corso dei secoli cavato facilmente e ridotto in blocchi da costruzione, assumendo anche per tali motivi un ruolo assolutamente primario nell’architettura militare, civile e sacra come materiale strutturale e decorativo. Il tufo presenta buone caratteristiche dal punto di vista statico e dell’isolamento termico, ma è alquanto deteriorabile se esposto agli agenti atmosferici. Per tale motivo si è spesso ricorso all’impiego generalizzato di intonaco a difesa della muratura e, solo in rarissimi casi, è stato utilizzato il “tufo faccia vista”.
collegamento tra i paramenti in quanto affidato a pochi elementi passanti, dall’altro la presenza di malta di scarsissima qualità. Questa tipologia di muratura era utilizzata prevalentemente per costruzioni con un numero limitato di piani (due o tre). La sua realizzazione prevedeva la sbozzatura dei conci di tufo disposti con le facce regolari verso l’esterno ed in maniera da formare due paramenti murari fra i quali veniva posta la malta e le scaglie di tufo residui della sbozzatura.
Schematicamente, in ragione delle particolari condizioni geo-litologiche e storico-culturali dell’area in esame, le tessiture murarie in tufo possono essere classificate in: • Murature di tufo in conci squadrati con tessiture irregolari o isodome; • Murature di tufo a sacco, sorte spesso utilizzando come riempimento materiali di demolizioni o sfruttando i residui dei conci frantumati o ricavati dal taglio delle pietre dal blocco estratto dalle cave.
Muratura in tufo per spessori fino a 70 cm.
• Murature miste, listate, con tufo e filari di mattoni. Questi ultimi con il compito di ottenere una maggiore uniformità nella ripartizione dei carichi e conferire maggiore resistenza nelle parti più sollecitate dell’edificio. In passato la maggior parte delle murature era realizzata con la tecnica “a sacco” per i vantaggi economici che derivavano dall’uso di tali materiali e anche per la rapidità di messa in opera. Tuttavia tale sistema ha spesso evidenziato da un lato il debole
Muratura in tufo per spessori maggiori di 100 cm.
III. PROGETTARE
177
ESEMPIO DI UN RILIEVO MATERICO-PATOLOGICO APPLICATO SU TORRE SQUILLACE
I11
I08 I04
P05 P03 P09 P07 I04
I11
I08 I04
P05 P03 P09 P07 I04
ALTERAZIONE CROMATICA PATOLOGIA DI DEGRADO
S01
I04
Alterazione che si manifesta attraverso la variazione di uno o più parametri che definiscono il colore: tinta (hue), chiarezza (value), saturazione (chroma). (Normal 1/88) CAUSA • Biodeteriogeni • Inquinanti atmosferici • Radiazioni solari • Affioramento di macchie • Assorbimento differenziato del supporto
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO PU Pulitura con acqua deionizzata CO Consolidamento a pennello o a siringa con silicato d'etile PR Applicazione a velatura di intonaco a base di calce naturale
EROSIONE PATOLOGIA DI DEGRADO
S02
P03
Asportazione di materiale dalla superficie dovuta a processi di natura diversa. (Normal 1/88) CAUSA
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO
• Erosione meccanica da pioggia battente • Erosione per abrasione degli strati corticali provocata da vento • Aggressione chimica da inquinanti
PU Applicazione di cloruro di benzalconio CO Preconsolidamento con silicato di etile PU Pulitura a secco AG Stilatura dei giunti dei mattoni con malta CO Consolidamento a pennello o a siringa con silicato d'etile PU Pulitura del paramento con acqua nebulizzata PR Applicazione a spruzzo del prodotto idrorepellente
DEPOSITO SUPERFICIALE PATOLOGIA DI DEGRADO
S04
I11
Accumulo di materiali estranei di varia natura, quali, ad esempio, polvere, terriccio, guano, ecc. Ha spessore variabile e, generalmente, scarsa coerenza e aderenza al materiale sottostante (Normal 1/88)
CAUSA
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO
• Esposizione, scabrosità e deformazione della superficie • Impiego di prodotti vernicianti • Inquinanti atmosferici
PU Pulitura a secco CO Preconsolidamento con silicato di etile CO Pulitura con acqua deionizzata CO Consolidamento a pennello o a siringa con silicato d'etile PR Applicazione a velatura di intonaco a base di calce naturale
PATINA BIOLOGICA PATOLOGIA DI DEGRADO
S03
P05
Presenza di organismi vegetali, riconoscibili microscopicamente (alghe, funghi, licheni, muschi) (Normal 1/88) CAUSA
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO
• Azione di microrganismi autotrofi • Presenza di umidità o acqua • Caratteristiche morfologiche del substrato (scabrosità, asperità, rientranze)
PU Applicazione di cloruro di benzalconio PU Pulitura con acqua deionizzata CO Consolidamento a pennello o a siringa con silicato d'etile PR Applicazione a spruzzo del prodotto idrorepellente
DISGREGAZIONE PATOLOGIA DI DEGRADO Decoesione caratterizzata da distacco di granuli o cristalli sottominime sollecitazioni meccaniche. (Normal 1/88) CAUSA
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO
• Biodeteriogeni • Radici di piante superiori • Reazione tra i materiali edilizi e atmosfera • Infiltrazioni di acqua, risalita capillare • Degrado di interfaccia tra laterizi e malte
PU CO PU CO
S05
P07
Pulitura a secco Preconsolidamento con silicato di etile Pulitura con acqua deionizzata Consolidamento a pennello o a siringa con silicato d'etile PR Applicazione a spruzzo fino ad assorbimento del profotto idrorepellente
DISTACCO PATOLOGIA DI DEGRADO Alterazione che si manifesta attraverso la variazione di uno o più parametri che definiscono il colore: tinta (hue), chiarezza (value), saturazione (chroma). (Normal 1/88) CAUSA
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO
• Fenomeni di umidità ascendente • Dilatazioni differenziali tra materiali di supporto e finitura • Perdite localiuate degli impianti
PU Pulitura a secco CO Sigillatura salvabordo con silicati di etile CO Riadesione dell’intonaco distaccato mediante iniezioni con boiacca di calce CO Consolidamento a pennello o a siringa con silicato d'etile PR Applicazione a spruzzo fino ad assorbimento del prodotto idrorepellente
S06
I08
ALVEOLIZZAZIONE PATOLOGIA DI DEGRADO Degradazione che si manifesta con la formazione di cavità di forme e dimensioni variabili. Gli alveoli sono spesso interconnessi e hanno distribuzione uniforme. (Normal 1/88) CAUSA
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO
• Presenza di materiali porosi • Rapida evaporazione della parete per effetto di forti turbolenze dell’aria • Elevato contenuto di sali solubili
PU CO PU PU CO
S07
P09
Pulitura a secco Preconsolidamento con silicato di etile Pulitura con acqua nebulizzata Applicazione di carta giapponese per l’impacco Consolidamento a pennello o a siringa con silicato d’etile PR Sostituzione dei conci in avanzato stato di degrado e successiva stesura di protettivo PR Applicazione del prodotto idrorepellente
VEGETAZIONE AL PIEDE PATOLOGIA DI DEGRADO “Locuzione impiegata quando vi sono piante, le cui radici non compromettono la struttura dell’edificio(Normal 1/88) CAUSA
INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO
• Accumuli di umidità • Attacco di organismi autotrofi (batteri unicellulari, alghe, licheni,)
R PI
Rimozione vegetazione al piede Applicazione biocida con tecnica a spruzzo o a pennello
S08
I04
CROLLI DI PARTI MURARIE
METODO ‘‘SCUCI - CUCI’’ Prima
PATOLOGIA DI DEGRADO Dissesto della tessitura muraria con rottura e perdite localizzate degli element, fesurazioni e crolli delle murature sottostanti dovuto anche ad un fenomeno avanzato di alveolizzazione.
METODOLOGIA DI INTERVENTO 1. Eliminazione della vegetazione e delle macerie al piede della costruzione.
Dopo
2. Pulizia generale a secco con spazzole di saggina o nylon, bisturi piccole spatole ecc. per rimuovere depositi incrostazioni più o meno aderenti alla superficie facendo particolare attenzione a non arrecare danni irreversibili al materiale. 3. Rimozione degli elementi particolarmente degradati e preparazione del piano di appoggio.
4. Ricostruzione dei paramenti con l’utilizzo degli elementi di recupero e integrazione delle parti mancanti con materiale lapideo simile per cromia e dimensione a quello originale. L’integrazione mediante intonacatura verrà realizzata sottosquadro. 5. Ammorsatura della muratura resistente.
nuova
alla
vechia
6. Chiusura delle fessurazioni con malta di grassello di calce priva di sali e stilatura sottolivello delle fughe con malta priva di sali. 7. Applicazione del protettivo.
FESSURAZIONI
FASI DI EVOLUZIONE DI UNA FESSURA
PATOLOGIA DI DEGRADO Dissesto e dislocazioni della tessitura muraria con fessurazioni dovute anche a lieve cedimento strutturale. Accunolo di depositi incoerenti, presenza difusa di microrganismi vegetali
METODOLOGIA DI INTERVENTO 1. Eliminazione della vegetazione e delle macerie al piede della costruzione 2. Accurato controllo delle stilature e rimozione delle malte decoese 3. Pulizia generale a secco con spazzole di saggina o nylon, bistruri piccole spatole ecc. per rimuovere depositi incrostazioni più o meno aderenti alla superficie facendo particolare attenzione a non arrecare danni irreversibili al materiale.
4. Ripristino delle porzioni di paramento particolarmente degradate con malta idraulica 5. Chiusura delle fessurazioni con malta priva di sali adeguata al tono originario 6. Stilatura sottolivello delle fughe con malta costituita da calce priva di sali
EROSIONE
PATOLOGIA DI DEGRADO
GIUNTO DA RISARCIRE
Sfaldamento e degradazione dei letti di malta per invecchiamento naturale e degrado dovuto all’azione degli agenti atmosferici. Accumulo di depositi incoerenti, presenza diffusa di microrganismi vegetali.
Pulitura del giunto per rimuovere polveri e detriti.
METODOLOGIA DI INTERVENTO 1. Accurato controllo delle stilature e rimozione delle malte decoese.
4. Chiusura delle fessurazioni con malta priva di sali adeguata al tono originario.
2. Pulizia generale a secco con spazzole di saggina o nylon, bisturi piccole spatole ecc. per rimuovere depositi incrostazioni più o meno aderenti alla superficie facendo particolare attenzione a non arrecare danni irreversibili al materiale.
5. Stilatura sottolivello delle fughe con malta costituita da calce priva di sali.
Abbondante bagnatura con acqua, per evitare l’assorbimento del liquido da parte del nuovo impasto.
6. Consolidamento finale con estere etilico e protezione idrorepellente.
3. Ripristino delle porzioni di paramento particolarmente degradate con malta idraulica
Applicazione dell’impasto per stati successivi secondo la lunghezza e la profondità della lacuna da riempire utilizzando cazuola e spatola.
SCHIACCIAMENTO
PATOLOGIA DI DEGRADO
SISTEMA DEI TIRANTI
In presenza di pareti caratterizzate da parametri in parte o totalmente scollegate tra loro come murature a sacco o a paramenti accostati e non connesi a tessitura regolare che presentano spanciamenti o delle deformazioni si potrà ricorere all’uso dei tiranti antiespulsivi. METODOLOGIA DI INTERVENTO 1. Realizzazioni dei fori mediante l’utilizzo di trapano a sola rotazione e non a percussione poichè potrebbe agravare il dissesto della struttura, utilizzando una punta da 20-25 mm, i fori dovranno essere eseguiti in punti ottimali per l’ancoraggio dei tiranti; 2. Asportazione dal foro di eventuali detriti ed introduzione del tirante in acciaio inossidabile (ø 16-20mm) con le estremità filettate tanto da consentire il facile bloccagio
3. Inserimento delle piastre che bloccheranno i tiranti su entrambe le contraposte pareti, il serraggio avverrà mediante bullonatura in acciaio allo scopo di riuscire ad attribuire una modesta pre-sollecitazione alla barra.
182
III.3 SECONDA LINEA DI INTERVENTO III.3.1 Interventi sul percorso La seconda linea d’intervento riguarda una scala territoriale e prevede la creazione di un percorso a mobilità lenta lungo la fascia costiera che intercorre tra i comuni di Galatone e Manduria. Questo, oltre a mettere in comunicazione le torri, contribuirà anche all’innalzamento della qualità ambientale e urbana. Questo permetterà ai visitatori di ripercorrere quei tragitti una volta percorsi dai cavallari che sorvegliavano le porzioni di costa che intercorrevano tra le torri. Questo percorso andrà a integrarsi alla viabilità esistente, potenziandola e rendendola idonea a spostamenti più sostenibili attraverso la creazione di una serie di azioni volte alla microinfrastrutturazione del territorio. l’introduzione di questo percorso consentirà di valorizzare e ricucire un contesto paesaggistico, notevolmente frammentato, facilitandone la lettura da parte dei fruitori. Gli spostamenti verso l’entroterra saranno invece garantiti mediante il collegamento alla rete dei tratturi e dei percorsi interpoderali. Inoltre, tale network si andrà ad integrare a delle dorsali di mobilità transregionale e transnazionale già consolidate come CY.RO.N.MED (CYcle ROute Network of the MEDiterranean), Eurovelo (Rete Ciclabile Europea) e Bicitalia (Rete Ciclabile Nazionale). Questo tracciato ciclopedonale, come anticipato pocanzi, consta di parti che saranno realizzate ex-novo e di parti che, invece, costituiranno il completamento di preesistenze. Proprio per questo motivo gli interventi riportati di seguito, rappresentano un modus operandi, che tuttavia dovrà essere valutato, caso per caso, tenendo conto delle specifiche contingenze di ogni situazione. La corsia ciclopedonale, trattandosi di un percorso promiscuo, avrà una larghezza pari a 2,50m;
eccezionalmente, e per tratti limitati, la larghezza della corsia potrà essere ridotta fino a 1,50m per esigenze tecniche dovute a passaggi in ambiti particolarmente difficoltosi. Il percorso dovrà avere una pendenza trasversale tale da permettere lo scorrimento delle acque piovane, evitando compluvi che possano formare ristagni d’acqua. Particolare attenzione è stata posta alla sicurezza del tracciato, in particolar modo saranno previsti: • eventuali parapetti laddove siano presenti dislivelli e salti in quota; • un tipo di fondo che permetta un buon drenaggio delle acque piovane; • illuminazione di alcuni tratti particolarmente frequentati; • un livellamento efficace che permetta una buona scorrevolezza. Il tracciato dovrà possedere inoltre caratteristiche di: • riconoscibilità e continuità, evitando salti di quota repentini e cercando di realizzare fondi, finiture, arredi ed accessori omogenei; • chiarezza, con segnalazioni adeguate delle direzioni, dei percorsi di avvicinamento, dei punti di sosta, delle attrezzature e dei servizi presenti sulla pista o facilmente raggiungibili. Le caratteristiche dei percorsi sono state pensate e strutturate in relazione alle quattro tipologie di paesaggio predominanti presenti sul territorio. Esse sono: • Campagna; • Area Boschiva; • Macchia mediterranea; • Centro Urbano.
183
III. PROGETTARE
IL PERCORSO
analisi territoriale
identificazione punti di interesse e criticità
DETERMINAZIONE ITINERARIO
ANALISI
individuazione delle tipologie del paesaggio nell’itinerario
campagna
terra battuta
area boschiva
macchia mediteranea
terra battuta
legno
PROGETTO
SCELTA MATERIALE PERCORSO
ATTREZZATURA PERCORSO
centro urbano
pietra
CAMPAGNA
T. S. PIETRO IN BEVAGNA T. SALINE
AREA BOSCHIVA
MACCHIA MEDITERRANEA
CENTRO URBANO
T. COLIMENA
Definizione dell’itinerario
T. LAPILLO T. CASTIGLIONE T. CHIANCA
T. CESAREA
T. SQUILLACE
T. S. ISIDORO
T. INSERRAGLIO
T. ULUZZO
T. DELL’ALTO T. S. CATERINA T. FIUME T. ALTO LIDO
0
1
2,5
5
km
186
III.3.2 Sezioni di percorso I. Pavimentazione in materiale lapideo al fine di renderne sicura la percorrenza da parte di pedoni e ciclisti. A fronte di ciò è previsto l’inserimento di una aiuola spartitraffico, di larghezza non inferiore a 50 cm, la quale consentirà anche all’apposizione della segnaletica stradale verticale e dei lampioni per l’illuminazione del tracciato.
Questo tipo di intervento è stato studiato per l’attraversamento dei centri urbani. In questo caso è previsto l’inserimento di una corsia idonea per pedoni e ciclisti lateralmente alla carreggiata stradale. In caso di eventuali preesistenze, l’intervento andrà a integrare i camminamenti già esistenti migliorandoli, ringhiera
elemento illuminante
aiuola spartitraffico pavimentazione in materiale lapideo
II. Passerella in legno Per quanto riguarda l’attraversamento delle aree ricoperte da macchia mediterranea, sarà utilizzata una passerella costituita da un tavolato in legno sovrapposto ad un impalcato metallico ancorato al suolo; questa scelta è stata veicolata dal fatto
che queste aree molto spesso presentano una conformazione rocciosa e impervia, quindi lo spianamento per la stesura di qualsiasi manto risulterebbe oltremodo invasiva e onerosa.
ringhiera
tavolato in legno passerella metallica rialzata
187
III. PROGETTARE
III. Terreno stabilizzato Per i tratti del tracciato che attraverseranno aree boschive e rurali verrĂ utilizzata una pavimentazione in terra stabilizzata. Questa tipologia di pavimentazione presenta numerosi vantaggi, sia per le caratteristiche estetiche che per la flessibilitĂ esecutiva.
Tale tecnica si adatta perfettamente nel caso si vogliano trasformare vecchie strade vicinali in piste ciclabili e prevede il recupero del materiale misto terro-sassoso che, addizionato a leganti idraulici, assume una connotazione rigida e liscia che lo rende particolarmente idoneo per le piste ciclabili.
terreno stabilizzato strato di livellamento
188
III.3.3 Attrezzatura percorso Il tracciato ciclopedonale sarà dotato di una serie di attrezzature che ne rendano godibile ed agevole l’utilizzo e la percorrenza. Inoltre l’impiego di un’attrezzatura omogenea per caratteristiche e materiali renderà riconoscibile e uniforme il percorso, rispetto ai tracciati esistenti. Il percorso essendo, per sue caratteristiche, una struttura con molteplici finalità (viabilità ordinaria, cicloturismo, passeggio, ecc.) deve prevedere idonee attrezzature di riposo e ristoro da ubicarsi con cadenza regolare lungo il tracciato ove sia possibile ed utile. In particolare le aree di pertinenza delle torri saranno attrezzate con appositi accessori relazionati alla funzione della torre stessa. Il tracciato verrà corredato da un sistema di illuminazione per consentirne una fruizione serale e notturna. Questi micro-interventi consentiranno di riqualificare e integrare il sistema degli spazi pubblici esistenti, potenziando le attività già presenti (balneazione, passeggio, cicloturismo, trekking ecc…) e spesso svolte in ambienti non idonei, migliorando la lettura del paesaggio. L’idea è quella di far vivere 365 giorni all’anno la costa, creando un percorso dinamico e interattivo che risponda alle esigenze dei fruitori, incoraggiando diverse modalità d’utilizzo.
III. PROGETTARE
189
PANCA IN PIETRA LECCESE
Nome
Panca in pietra leccese Dimensioni
Lunghezza_160cm Larghezza_50cm Altezza_40cm Materiali
Pietra leccese
DESCRIZIONE ELEMENTO La panca, realizzata in pietra leccese, è un elemento componibile. Per poter ottenere una varia gamma di opzioni di utilizzo è stata sviluppata una forma semplice che si addatta alle composizioni più varie e a tutte tipologie di contesto. Ogni elemento è dotato di boccole per il sollevamento e il semplice appoggio alla pavimentazione.
PANCA CON PANNELLO INFORMATIVO
Nome
Panca con pannello informativo Dimensioni
Lunghezza_170cm Larghezza_50cm Altezza_170cm Materiali
DESCRIZIONE ELEMENTO
Pietra Leccese Acciao Cor-ten
La panchina con il pannello informativo, oltre come elemento di sosta, serve anche a fornire informazioni ai fruitori rispetto agli elementi paesaggistici che incontrano lungo il percorso. Il pannello informativo, realizzato in cor-ten, si innesta nella seduta tramite un incastro semplice.
TAVOLO CON PANCHE
Nome
Panca in pietra leccese Dimensioni
Lunghezza_160cm Larghezza_180cm Altezza_70cm Materiali
Pietra Leccese
DESCRIZIONE ELEMENTO
Acciao Cor-ten
Il tavolo pic-nic è costituito da tre elementi: due panchine in pietra leccese e un tavolo in cor-ten con una copertura in legno teak.
Legno Teak
CORNICE PAESAGGISTICA
Nome
Cornice Paesaggistica Dimensioni
Lunghezza_250cm Larghezza_50cm Altezza_220cm DESCRIZIONE ELEMENTO La cornice paesaggistica è composta da due elementi principali: una seduta in pietra leccese e una cornice in cor-ten . Al di là del suo essere supporto alla sosta, può rivelarsi occasione per molteplici funzioni; per ricaricare i dispositivi mobili, come smartphone o tablet e per collegarsi a wi-fi (internet). La cornice realizzata in cor-ten, oltre a inquadrare il paesaggio, è dotata da pannelli fotovoltaici che, collegati alla panchina, ne garantiscono l'autonomia energetica. Questa soluzione, coerente con i criteri di sostenibilità e autonomia, permette di integrare la panchina in ambienti aperti con la stessa semplicità di una panchina tradizionale. Prevede anche la realizzazione della rastrelliera nella cornice con delle semplici tagli per il parcheggio delle biciclette.
Materiali
Pietra Leccese Acciao Cor-ten
FITNESS E ATTREZZATURE SPORTIVE
Nome
Fitness e Attrezzature sport Dimensioni
Varie
Materiali
Legno Teak
DESCRIZIONE ELEMENTO L’attrezzatura per la ginnastica all’aperto è indicata alla ricreazione di tutte le generazioni. Gli esercizi sono efficaci e sicuri, in quanto l’assenza dei pesi non implica lo sforzo del corpo. Ad ogni attrezzo sono abbinate le istruzioni d’uso.
CORPI ILLUMINANTI
Nome
Corpi illuminanti Dimensioni
Lunghezza_20/30cm Larghezza_7.5/20cm Altezza_300/85cm Materiali
Acciao Cor-ten
DESCRIZIONE ELEMENTO La soluzione per l’illuminazione del percorso a ricarica solare propone due tipologie di lampioni. Adottando soluzioni per l’illuminazione a ricarica solare, si risparmia il costo d’installazione dell’impianto elettrico e inoltre, una volta montati, non è più un costo, oltre ad essere naturalmente una soluzione ecologica che utilizza energia non inquinante. La soluzione è inoltre flessibile, in quanto i lampioni sono facilmente spostabili senza necessità d’intervenire su canaline elettriche, scavi e cablaggi.
194
III.3.4 Conclusioni progettuali ristorarsi) e la distanza media tra le torri (circa 5 km l’una dall’altra).
Riassumendo, sfruttando la posizione privilegiata delle torri, poste ad intervalli più o meno regolari e mettendo a sistema gli interventi sulle torri e gli interventi sul percorso, si verrebbe a creare un’offerta culturale e turistica varia e delocalizzata.
Da queste considerazioni è scaturita la distribuzione delle funzioni all’interno di ciascuna torre. In tal modo le torri costituiranno una sorta di hot-spot della rete che si verrà a creare e le funzioni localizzate all’interno di esse saranno ausiliarie all’intero percorso e quindi allo stesso territorio.
Uno degli aspetti principali è che questa sia rispondente alle esigenze dei fruitori e che si adatti con flessibilità alle loro differenti necessità.
Questo porterebbe notevoli benefici ad un territorio che vive prevalentemente tre mesi l’anno, innescando una serie di meccanismi che favorirebbero la destagionalizzazione dei flussi turistici.
Per tale motivo è stato basilare considerare simultaneamente due aspetti: la distanza media che un uomo può percorrere al giorno (circa 50 km, camminando 10 ore, riposandone 8 e fermandosi per delle piccole pause ogni ora, per mangiare e
Torre San Pietro in Bevagna
Torre Saline
Torre Colimena
Torre Castiglione
Torre Lapillo
Torre Chianca
75m
50m
25m
0m 0km
5km
10km
15km
20km
25
1h 03’
1h 17’
2h 51’
3h 17’
4h 01’
0h 21’
0h 27’
0h 51’
1h 01’
1h 11’
5km
195
III. PROGETTARE
Torre Alto Lido
Torre Uluzzo
Torre Cesarea
Torre Squillace
30km
Torre S.Isidoro
Torre dell’Alto
Torre S. Caterina
Torre Fiume
Torre Inserraglio
35km
40km
45km
50km
4h 34’
5h 15’
5h 50’
6h 35’
7h 28’
8h 07’
8h 20’
8h 48’
8h 59’
1h 21’
1h 37’
1h 46’
2h 02’
2h 12’
2h 28’
2h 34’
2h 47’
2h 52’
CONCLUSIONI Ad oggi, la maggior parte degli interventi eseguiti sulle torri sono stati esclusivamente rivolti ad azioni di ristrutturazione e consolidamento e sempre focalizzati sul singolo edificio, senza mai considerare la totalità del sistema difensivo e senza un contenuto capace di generare interesse. Questo differente tipo di approccio darebbe non solo nuova vita a questi edifici dimenticati ma porterebbe a nostro avviso notevoli benefici all’intero territorio. Il progetto ha trovato le sue basi, prima di tutto, nella conoscenza del luogo, della sua storia e, soprattutto, delle sue caratteristiche identitarie territoriali. Questo passaggio è stato fondamentale per pianificare delle apposite strategie di riqualificazione che tenessero conto, sia degli aspetti fisico-materiali che di quelli culturali-immateriali, entrambi essenziali per il mantenimento e la valorizzazione dell’identità del luogo. Il nostro intervento non ha lo scopo di essere un progetto definitivo, ma piuttosto può essere considerato una metodologia di lettura e di intervento, una sorta di modus operandi che fornisce un criterio per rifunzionalizzare l’antica infrastruttura difensiva e, allo stesso tempo, sviluppare le potenzialità del territorio costiero. Ci auguriamo che questo lavoro sia un punto di partenza per chiunque voglia approfondire questo tema, con la speranza di risvegliare un interesse verso questi edifici e per questo territorio così ricco di storia e potenzialità. Luigi Maggiore, Marta Klaric, Markos Tsokanos
TORRE CHIANCA 40° 16’18.26’’ N 17° 52’14.68’’ E
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Foto a cura di Marta Klaric, Luigi Maggiore, Markos Tsokanos
ALLEGATO FINALE 1 CONCORSO “INSPIRATION HOTEL 2016” . Partecipazione alla sesta edizione di questo concorso d’idee aperte alla ricerca di proposte innovative, all’avanguardia, contemporanee, impegnate in una strategia d’implementazione dell’architettura in un ambiente naturale. Gli approcci degli partecipanti dovevano puntare a trovare sinergie tra la natura e l’edificio stesso. Il concorso era aperto a tutti gli architetti, designer, studenti di architettura e alle persone di tutto il mondo interessate all’argomento. La tesi “ Punti di vista” è stata riassunta in due tavole con quali abbiamo partecipato al concorso insieme ad altre 400 persone dal tutto il mondo. Il progetto è arrivato 6. in classifica ed è stato pubblicato sul sito:: ww.opengap.com
Opengap through this document certifies that Marta Klaric Markos Tsokanos Luigi Maggiore Participated on “INSPIRATION HOTEL 2016 International Architectural Competition� with the proposal:
IH5683
Which has been valued by the jury as one of the 6 best proposals of the competition. With all the rights and privileges that entails.
Approved and signed on March 3, 2017.
Javier Olivar OPENGAP
ALLEGATO FINALE 2 SETTIMO SIMPOSIO “IL MONITORAGGIO COSTIERO MEDITERRANEO PROBLEMATICHE E TECNICE DI MISURA” Livorno 19-21.06.2018 Partecipazione al settimo simposio organizzato da: Consiglio Nazionale delle Richerce - Instituto di Biometerologia (CNR - IBIMET) Fondazione Livorno Euro Mediterranea (LEM) Fondazione Clima e Sostenibilità (FCS) Sessioni: • Flora e Fauna del sistema litorale: dinamiche e protezione • Morfologia ed evoluzione delle coste e dei fondali • Il paesaggio costiero: forme di antropizzazione di ieri e di oggi • Misure per l’ambiente e produzione energetica in zone costiere • Conversione dell’energia. Rigassificatori. Effetti delle condizioni ambientali sulla strumentazione, affidabilità e manutenibilità. • Geografia della fascia costiera: dinamiche del territorio e tutela integrata - In questa sessioni abbiamo partecipato con il nostro lavoro facendo una presentazione. L’anno sucessivo il lavoro è stato pubblicato nel libro pubblicato dalla stessa ente che ha organizzato il simposio.
PUNTI DI VISTA
Settimo Simposio Internazionale
IL MONITORAGGIO COSTIERO MEDITERRANEO: PROBLEMATICHE E TECNICHE DI MISURA
III. PROGETTARE
Luigi Maggiore +39 329 9478 347 Markos Tsokanos +44 784 93 43496 Marta Klaric +39 327 548 7390
Rifunzionalizzazione delle toRRi appaRtenenti al sistema di difesa del Regno di napoli.
Livorno, 19-20-21 GIUGNO 2018
INTRODUZIONE
Università degli Studi di Parma Dipartimento di Ingegneria e Architettura
S. Pietro in bevagna
LEGGENDA
T. S. PIETRO IN BEVAGNA
Oggetto di questo lavoro di tesi sono le torri costiere edificate sotto il Regno di Napoli. Queste sono state costruite per scoraggiare e prevenire i tentativi di incursioni dal mare da parte di pirati e barbareschi. Esse costituivano una vera e propria infrastruttura che si ramificava dalla costa fino ai centri abitati dell’entroterra; erano messe in connessione da un sistema di comunicazione visivo che prevedeva l’utilizzo di segnali luminosi di notte e di fumo per il giorno.
Batimetria
209
Isobata con equidistanza 5m Isobata con equidistanza 25m Componente idrologica Fiumi, torrenti, corsi d’acqua Tipologia di costa
T. SALINE
Costa rocciosa Costa rocciosa con spiaggia ciottolosa al piede
Nel corso dei secoli questi edifici hanno costituito dei veri e propri siti di nucleazione attorno a cui hanno avuto origine i centri abitati costieri. La nascita di questi insediamenti urbani lungo la costa era inizialmente dettata da circostanze legate prevalentemente ad attività ittiche; tuttavia, la ripresa economica del secondo dopoguerra innescò, lungo le fasce costiere, un vero e proprio boom edilizio che trasformò irrimediabilmente questi territori.
Costa rocciosa con spiaggia sabiosa al piede
Torre Colimena
Falesia
T. COLIMENA
Opera di difesa costiera Componenti botanico-vegetazionali Boschi
Punta proscuitto
Prati e pascoli naturali Componente insediativa
Oltre al miglioramento delle condizioni economiche e al crollo dei tassi di interesse (che consentì a molti l’accesso al credito e ai mutui fondiari ed edilizi), un altro fattore determinante che ha favorito il processo di antropizzazione lungo la costa è da individuare nelle vaste operazioni di bonifica delle aree palustri costiere. Se dal punto di vista agricolo (principale finalità di tali opere di bonifica) l’imponente progetto ha avuto esiti modesti, enorme è stato, invece, l’impatto sul sistema insediativo.
Città consolidata Componenti delle aree protette
Riserve naturali Componenti dei valori percettivi Luoghi panoramici
Queste operazioni di bonifica hanno contribuito, infatti, sia a una notevole espansione dei centri urbani esistenti che alla nascita di nuovi centri abitativi lungo la costa, aventi carattere lineare, diffuso e, spesso, scarsamente gerarchizzato.
T. LAPILLO
Per poter meglio analizzare questo fenomeno, nel lavoro di tesi, è stata presa in esame una ristretta fascia di territorio, prendendo come caso studio la porzione costiera che si estende dal comune di Galatone (LE) al comune di Manduria (TA).
Strade panoramiche
Torre Lapillo
Strade a valenza paesaggistica
T. CHIANCA
Scala di Furno
Alcune delle località marittime presenti in questo tratto di costa, specialmente quelle di più antica fondazione, come ad esempio Porto Cesareo, hanno come nucleo centrale proprio le suddette torri di difesa costiera. Queste, nella maggior parte dei casi, oltre ad essere dei siti di nucleazione, rappresentano molto spesso gli unici elementi di pregio delle marine. In queste aree, gran parte delle abitazioni, spesso abusive, sono state costruite nottetempo, nella completa inosservanza delle norme e dei piani regolatori (ove presenti) e senza alcun titolo abilitativo, magari in vista di futuri condoni edilizi.
Porto Cesareo T. CESAREA
A fronte di tale fenomeno non vi è stata una giusta risposta da parte delle amministrazioni locali nel predisporre adeguati strumenti urbanistici a salvaguardia del territorio (tuttora un numero consistente dei comuni della provincia di Lecce, e non solo, risultano privi di Piani regolatori, ed operano ancora con i vecchi Programmi di Fabbricazione ricorrendo, talvolta, all’adozione di varianti urbanistiche).
La Strea
Tutto ciò ha determinato solo nella provincia di Lecce, nell’arco di appena mezzo secolo, un consumo di suolo paragonabile a quello utilizzato nel corso di millenni, con evidenti e notevoli danni idrogeologici e al patrimonio naturale, paesaggistico e storico-archeologico.
T. SQUILLACE
Nell’ultimo decennio l’incremento dei flussi turistici ha contribuito ad aumentare ulteriormente la pressione antropica lungo le coste; questo ha portato all’edificazione di nuovi resort, villaggi turistici, strutture ricettive, porti turistici, talvolta, senza il benché minimo riguardo per l’ambiente. Non di rado, infatti, le amministrazioni locali si trovano a gestire questi flussi massivi di persone senza un’adeguata pianificazione a lungo termine. Tuttavia, se questo fenomeno venisse opportunamente pianificato e gestito, comporterebbe notevoli benefici economici e migliorerebbe di gran lunga la qualità della vita della popolazione locale.
S. Isidoro
T. S. ISIDORO
Proprio da queste problematiche nasce il progetto di tesi “Punti di vista” che, attraverso la rifunzionalizzazione dell’intera infrastruttura di difesa costiera, punta a inserire le torri all’interno di un itinerario che, seguendo la linea di costa, contribuirà a dare continuità a un territorio ad oggi frammentato e discontinuo. Le torri ritornerebbero quindi ad essere dei punti nevralgici da cui far scaturire una mutazione dell’intero territorio, volta alla lettura e alla valorizzazione dello stesso. “Il traguardo della salvezza delle torri costiere voglia significare per tutti la salvezza delle coste”.
T. INSERRAGLIO
Vittorio Faglia
Campagna Area_3,92 km2
Area boschiva Area_0,57 km2
Macchia mediterranea Area_1,09 km2
Centri urbani Area_1,28 km2
Nardò
T. ULUZZO
7 Buono
3
3
Mediocre
4
T. DELL’ALTO
LA TORRE
LA TORRE
determinare lo stato di degrado
determinare lo stato di degrado
Discreto
S. Caterina
1
T. S. CATERINA
Pessimo
PROGETTO
S. Maria al bagno
ANALISI
La scelta del tipo di intervento proposto per le torri è il risultato di una sintesi delle informazioni ottenute tramite l’analisi effettuata sul territorio e tramite la fase di rilievo delle torri. Dal rilievo effettuato è stato possibile classificare le torri in relazione al loro stato di conservazione:
PESSIMO
MEDIOCRE
DISCRETO
ANALISI
PRIMA LINEA D’INTERVENTO: interventi sugli edifici BUONO
PESSIMO
MEDIOCRE
DISCRETO
T. FIUME
BUONO
•stato pessimo: torri del tutto crollate, ormai scomparse, di cui rimane soltanto una traccia; •stato mediocre: torri parzialmente crollate e con gravi danni strutturali, ma di cui è possibile percepirne ancora le caratteristiche morfologiche;
T. ALTO LIDO
•stato discreto: torri con danni materici patologici e lievi lesioni strutturali che non ne pregiudicano l’utilizzo; •stato buono: torri restaurate. 2.5
attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
PROGETTO
0
Nel caso degli edifici gravemente ammalorati o diruti (in stato pessimo e mediocre), si interverrà, ove possibile, apponendo delle passerelle metalliche che consentiranno al visitatore di poter fruire in sicurezza l’edificio, beneficiando della vista panoramica da esso fornita. Nel caso delle situazioni più critiche vengono invece proposti interventi volti alla preservazione del luogo, con azioni di consolidamento e risanamento materico finalizzate a bloccare l’avanzamento dei degradi, senza reintegrare in alcun modo lacune o parti mancanti. Dovranno essere in ogni caso interventi riconoscibili, reversibili e poco invasivi. In entrambi i casi, lo scopo finale degli interventi non sarà quello di ripristinare lo stato originale della torre ma, piuttosto, quello di preservarla come landmark di questo territorio, esimendosi dal ripristinare un’integrità di cui non si ha più traccia.
5
attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
7.5
attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
10 km
PROGETTO
Lo stato di conservazione è stata una variabile imprescindibile per la scelta dell’intervento da effettuare su ciascuna torre ed è da questo punto che sono scaturite le successive considerazioni rispetto all’attribuzione di determinate funzioni.
passerella in legno IL PERCORSO
LA TORRE TORRE DELL’ALTO
TORRE INSERRAGLIO
analisi territoriale
identificazione punti di interesse e criticità
determinare lo stato di degrado
Tra i sintomi della avarizia spirituale del nostro tempo, possiamo indicare come significativa l’assenza di interesse per il «rudere». Rudere, cioè rovina, anzi, men che rovina, avanzo d’edificio: «termine usato per lo più in senso metaforico, per indicare cosa decrepita e ormai senza risorse».
DETERMINAZIONE ITINERARIO
Piero Gazzola PESSIMO
MEDIOCRE
DISCRETO
BUONO
ANALISI
individuazione delle tipologie del paesaggio nell’itinerario
ANALISI
Necessitano, invece, un altro tipo di approccio quelle torri abbandonate ma in buono stato di conservazione o quelle che siano già restaurate ma adibite ad una funzione che non ne valorizza la morfologia e la localizzazione (stato discreto e buono). In tali casi sono previsti interventi di rifunzionalizzazione degli spazi sia interni che esterni, puntando anche su attività monetizzabili che attivino nuovi tipi di socialità e che rimettano questi spazi a disposizione del territorio.
campagna
area boschiva
macchia mediteranea
terra battuta
legno
pavimentazione in materiale lapideo centro urbano
“Una cosa capace di «USO» nelle mani di alcune persone, nelle mani di altre può riuscire all’opposto, a quello che si dice comunemente l’«abuso».” John Ruskin SECONDA LINEA D’INTERVENTO: interventi sul percorso .
CONSIDERAZIONI FINALI Riassumendo, sfruttando la posizione privilegiata delle torri, poste ad intervalli più o meno regolari e mettendo a sistema gli interventi sulle torri e gli interventi sul percorso, si verrebbe a creare un’offerta culturale e turistica varia e delocalizzata. Uno degli aspetti principali è che questa sia rispondente alle esigenze dei fruitori e che si adatti con flessibilità alle loro differenti necessità. Per tale motivo è stato basilare considerare simultaneamente due aspetti: la distanza media che un uomo può percorrere al giorno (circa 50 km, camminando 10 ore, riposandone 8 e fermandosi per delle piccole pause ogni ora, per mangiare e ristorarsi) e la distanza media tra le torri (circa 5 km l’una dall’altra). Da queste considerazioni è scaturita la distribuzione delle funzioni all’interno di ciascuna torre. In tal modo le torri costituiranno una sorta di hotspot della rete che si verrà a creare e le funzioni localizzate all’interno di esse saranno ausiliarie all’intero percorso e quindi allo stesso territorio. Questo porterebbe notevoli benefici ad un territorio che vive prevalentemente tre mesi l’anno, innescando una serie di meccanismi che favorirebbero la destagionalizzazione dei flussi turistici.
terra battuta attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
SCELTA MATERIALE PERCORSO
PROGETTO
attribuzione di una funzione in base al contesto della torre
PROGETTO
La seconda linea d’intervento riguarda una scala territoriale e prevede la creazione di un percorso a mobilità lenta lungo la fascia costiera che intercorre tra i comuni di Galatone e Manduria. Questo, oltre a mettere in comunicazione le torri, contribuirà anche all’innalzamento della qualità ambientale e urbana. Questo permetterà ai visitatori di ripercorrere quei tragitti una volta percorsi dai cavallari che sorvegliavano le porzioni di costa che intercorrevano tra le torri. Questo percorso andrà a integrarsi alla viabilità esistente, potenziandola e rendendola idonea a spostamenti più sostenibili attraverso la creazione di una serie di azioni volte alla microinfrastrutturazione del territorio. l’introduzione di questo percorso consentirà di valorizzare e ricucire un contesto paesaggistico, notevolmente frammentato, facilitandone la lettura da parte dei fruitori. Gli spostamenti verso l’entroterra saranno invece garantiti mediante il collegamento alla rete dei tratturi e dei percorsi interpoderali. Inoltre, tale network si andrà ad integrare a delle dorsali di mobilità transregionale e transnazionale già consolidate come CY.RO.N.MED, Eurovelo e Bicitalia.
Veglie
Area naturale marina protetta Parchi naturali T. CASTIGLIONE
ATTREZZATURA PERCORSO
pietra
terreno stabilizzato
210
ALLEGATO FINALE 2 ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI onlus CASTEL SANT’ANGELO - ROMA ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE SOTTO GLI AUSPICI DELL’UNESCO E DEL CONSIGLIO D’EUROPA ASSOCIATO ALL’INTERNATIONALES BURGEN INSTITUT / EUROPA NOSTRA
L’Istituto Italiano dei Castelli Onlus (IIC) nell’ambito delle iniziative promosse per incoraggiare le nuove generazioni allo studio storico, archeologico ed artistico del patrimonio fortificato italiano nonché la sua valorizzazione, ha organizzato il XX PREMIO - TESI DI LAUREA SULL’ARCHITETTURA FORTIFICATA con il Patrocinio culturale e scientifico del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (MiBACT) Il bando si è rivolto esclusivamente ai laureati delle Facoltà di Architettura, di Ingegneria e di Lettere e Filosofia italiane che abbiano svolto tesi di laurea magistrale o quinquennale su tematiche castellane nell’ambito della ricerca scientifica storico-critica, del rilievo manuale e strumentale (a grande scala) dei monumenti, del restauro architettonico, del riuso e riqualificazione di un complesso fortificato italiano (torre, castello, forte o borgo murato).
I. CONOSCERE
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212
RINGRAZIAMENTI Desideriamo ringraziare al correlatore Professore Marco Cillis, per il contributo riservatoci nella stesura del lavoro, fornendoci punti di vista differenti e nuovi stimoli di approfondimento. Ringraziamo i nostri amici e compagni universitari per aver condiviso con noi “gioie e dolori” di questo percorso universitario. Il ringraziamento più importante va alle nostre famiglie. Grazie per l’appoggio , la continua presenza e il sostegno che non ci avete mai fatto mancare, seppur lontani. Questo lavoro di tesi , in fondo, è anche un po’ vostro.
“Il traguardo della salvezza delle torri costiere voglia significare per tutti la salvezza delle coste�. Vittorio Faglia