TOPOGRAFIE URBANE PAULISTE

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TOPOGRAFIE URBANE PA U L I S T E P R O G E T T O P E R L’ A R E A D E L T E AT R O O F I C I N A A S Ã O PA U L O


"L’Oficina è ciò che sopravvive alla storia umana, teatrale, urbanistica e architettonica di questo luogo in Bixiga, non è nulla […] e questo nulla si riempie e si svuota come la naturale contrazione ed espansione. È la necessità, per un’architettura, di convertirsi in teatro, trasformandosi poi in disegno urbano, andando a costituire un’ Agorà, una piazza pubblica. Archeologia urbana, non è vero Lina?” Zé Celso Martinez Corrêa Direttore artistico del Teatro Oficina


Università Iuav di Venezia Corso di Laurea Magistrale in Architettura e Innovazione Anno Accademico 2016/2017

TOPOGRAFIE URBANE PA U L I S T E P R O G E T T O P E R L’ A R E A D E L T E AT R O O F I C I N A A S Ã O PA U L O

Relatore: prof.essa Antonella Gallo

Laureandi:

Marta Bazzotti Marco Busetti

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L’architettura è una convocazione intelligente di tutti i saperi che sono impiegati in una azione molto precisa: la costruzione di un’informazione che dà la possibilità, alla fine, di elaborare un artefatto, uno spazio dove essere. A arquitetura é uma convocação inteligente de todos os saberes que são empregados em uma ação muito precisa: a construção de uma informação que possibilita, ao final de tudo, a elaboração de um artefatto, um espaço onde voce fica. Paulo Mendes da Rocha

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INDICE

PREMESSA

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PRIMA SEZIONE: fondamenti storici e teorici

1. NUOVE SPERIMENTAZIONI TEATRALI: IL TEAT(R)O OFICINA 1.1 IL TEATRO COME ATTO CIVICO 1.2 IL TEATRO COME AZIONE POLITICA 1.3 IL TEATRO COME ATTO TOTALE

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2. SPAZIO DI LOTTA E RESISTENZA: IL PROGETTO DI LINA BO BARDI

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3. COSMOLOGIA DELL’ANHANGABAÚ DA FELIZ CIDADE

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4. DIALOGHI 4.1 PAULO MENDES DA ROCHA 4.2 ÁLVARO PUNTONI 4.3 FRANCISCO FANUCCI

97 99 113 127

5. ABSTRACT

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6. IL PROGETTO

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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RINGRAZIAMENTI

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SECONDA SEZIONE: il progetto

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Questo fascicolo è frutto di un lavoro di ricerca iniziato durante la nostra esperienza in Brasile, in cui abbiamo raccolto materiale storico e iconografico. La comprensione della storia e delle basi concettuali su cui si basa la compagnia teatrale del Teatro Oficina è il primo presupposto per l’elaborazione di qualsiasi progetto proposto per il gruppo negli anni, in modo tale da mantenere e non trascurare la propria specificità e singolarità. Anche se in linea generale, è un'occasione inoltre per conoscere la relazione di questo gruppo con alcuni dei momenti più importanti della storia del Brasile, la sua relazione con l’intorno urbano e le trasformazioni che vi si sono verificate di recente.

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1. NUOVE SPERIMENTAZIONI TEATRALI: IL TEAT(R)O OFICINA

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In Brasile, il primo aprile 1964, un golpe militare mise fine al governo di João Goulart, detto “Jango”, instaurando una dittatura che durò 21 anni, che fu forse meno conosciuta di quella cilena o argentina ma altrettanto traumatica per la storia del paese. (1)

Il Teatro Oficina nasce nel 1958 come un gruppo di attori amatori all’interno della Facoltà di Diritto situata nel centro di São Paulo, in largo São Francisco e, durante il suo sviluppo, assunse un ruolo chiave nella cultura brasiliana, soprattutto durante i decenni del ’60 e ’70, affermandosi come una delle principali espressioni del tropicalismo, movimento divisore all’interno del contesto artistico brasiliano. Nell’analisi di Amando Sérgio Silva, si evidenza la capacità del Teatro di modificarsi e reinventarsi durante la storia. Riuscì a rispondere alle questioni politiche generazionali, fino a raggiungere una sintesi che definì le linee guida del gruppo e permise la messa in scena della rivisitata O rei da Vela di Oswald de Andrade. Passando per approci diversi: inizialmente più esistenzialista, legato al tema morale e filosofico, in secondo momento usando un metodo più legato al realismo psicologico. Nel 1966, successivamente all’incendio che distrusse parzialmente il teatro, il gruppo aveva bisogno di trovare un testo che fosse capace di rifondare la propria attività e che sapeva inoltre affrontare criticamente la situazione politica del Brasile dopo il golpe di stato del 1964. (1) Questa rifondazione portò nuovi elementi e nuovi modi di rappresenProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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tazione teatrale all’interno della compagnia -alcuni che permangono ancora oggi- attraverso la rivisitazione, in maniera radicale, dell’opera di Oswald de Andrade, in particolare l’opera teatrale O Rei da Vela del 1937. Come affermò Zé Celso nel Manifesto do Oficina: “ L’Oficina era in cerca di un testo per l’inaugurazione del nuovo spazio teatrale, che allo stesso tempo inaugurare anche la comunicazione al pubblico di una nuova visione del teatro stesso e della realtà brasiliana. Il rimontaggio che l’Oficina si vide obbligata a realizzare a causa dell’incendio fu obsoleto in relazione alla visione del Brasile durante quegli anni, successivamente all’Aprile 1964. Il problema era aqui-agora. E aqui-agora fu trovato ne O rei da Vela di Oswald de Andrade.” (2) Così l’Oficina incontrò de Andrade, il più anti-culturale e marginale dei giovani che parteciparono alla Semana del 1922, sostenendo una critica acida e spudorata della stasi della società brasiliana, dove i politici apparivano come pastiche e finzione necessario per mantenere uno status quo. CORRÊA Zé Celso Martinez, Primeiro ato: cadernos, depoimentos, entrevistas (1958-1974), São Paulo, Ed. 34, 1998, p. 85 (2)

“L’umorismo grottesco, il senso della parodia, l’uso di forme teatrali nel teatro, la letteratura nella letteratura, rende il testo un collage che rappresenta il Brasile degli anni Trenta e questo collage 18

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risulta ancora più violento trent’anni dopo, al quale si aggiunge la denuncia della vecchiaia degli stessi ed eterni caratteri”.(3) Come afferma Zé Celso, questa critica violenta della società brasiliana non poteva essere fatta in forma teatrale leggera e tradizionale, come fecero altre compagnie teatrali della “esquerda festiva”.

CORRÊA Zé Celso Martinez, Primeiro ato: cadernos, depoimentos, entrevistas (1958-1974), São Paulo, Ed. 34, 1998, p. 85 (4) DA SILVA Armando Ségio, Oficina: do teatro ao te-ato, São Paulo, Ed. Perspectiva, 1981 (3)

Circa la rivisitazione O rei da Vela, Armando Sérgio Silva scrive -riferendosi alle relazioni interne del gruppo- : “ Promosse […] una vera e propria rivoluzione culturale per mezzo di una tecnica che si avvicina al psicodramma, o che, a mio parere, fu molto importante per comprendere il passo successivo che fece il gruppo. In questa rivoluzione, furono messi in discussione non solo le attitudini teatrali del gruppo avute dino ad allora, ma la propria ideologia, il comportamento personale dei membri della compagnia stessa”. (4) Così, il gruppo si stava dirigendo verso un approccio radicale e ri-fondatore, assorbendo il razionalismo anarchico di Artaud, avvicinando i limiti tra arte e vita, autore e scenografo, pubblico e platea. Iniziò a trainare sia il gruppo sia il pubblico in una condizione calda e anestetizzata. Questo fattore catartico e violento del teatro fu approfondito successivamente nella messa in scena di Roda Viva di Chico BarProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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que, Galileu Galileu di Brecht, e soprattutto ne Na Selva das cidades. Qui il gruppo iniziò ad incorporare elementi di Jerzy Grotowski durante la preparazione degli attori, portando al limite il tentativo di rottura con le forme tipiche della rappresentazione teatrale. In questo momento, l’Oficina cominciò a delineare un percorso che concatenasse vari elementi del teatro moderno, non facilmente associabili, come il teatro viscerale, ritualistico e catartico di Grotowski e il teatro politico e analitico di Brecht. Nacque una pratica teatrale che seguiva una linea sottile e contraddittoria, come spiegò lo stesso Zé Celso commentando il montaggio de Na Selva das Cidades: “Lasciai il toro furioso nel pascolo, il giovane Brecht, castrato e inferocito, e gli attori giocavano lanciandosi la sua testa.” La posizione antropofágica delimitata da Oswald de Andrade è il punto tangente di queste linee distinte del teatro moderno intraprese dell’Oficina. Nel testo Do teatro, Que é bom, scritto nel 1936, Oswald scrive delle riflessioni sugli itinerari del teatro di quell’epoca, indicando la necessità per il teatro stesso di rompere con le attuali forme di rappresentazione e riprendere il senso originario che possedeva nelle tragedie greche, che si identificava nel significato della “festa collettiva, festa di massa, festa del popolo”.(5) 20

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DE ANDRADE Oswald, Do Teatro, Que é Bom…, in: Ponta de Lança. Rio de Janeiro, Ed. Civilização Brasileira, 1972 (5)


DE ANDRADE Oswald, Do Teatro, Que é Bom…, in: Ponta de Lança. Rio de Janeiro, Ed. Civilização Brasileira, 1972 (6)

De Andrade segnala inoltre che questo ritorno la tragedia greca, in scala e relazione con la pólis, dovrebbe essere fatto a partire dall’esperienze moderne all’interno dell’arte: “Ciò indica prendere in considerazione tutto quello che l’era della macchina ha portato, come il populismo di Stravinski, le locomotive di Poulenc, le mitragliere di Shostakovich nella musica, l’architettura monumentale di Fernand Léger e l’allestimento di Meyerhold, proponendosi al nostro tempo e trasformandosi in una realtà che interpreta il teatro di domani, poiché questo è stato il teatro in Grecia, il teatro per la volontà del popolo e l’emozione del popolo…” (6) Oswald così, associò gli sforzi delle diverse avanguardie moderne in campi distinti di sperimentazione – musica, teatro, balla, arti plastiche, letteratura – all’elaborazione delle sue concezioni sul come dovrebbe essere il teatro all’interno della modernità. Prendendo in considerazione le riflessioni fatte da Oswald de Andrade in questo testo, è importante, oltre all’analisi della storia del gruppo Oficina, riflettere su altri tre elementi/aspetti concettuali fondamentali per l’elaborazione del progetto: l’ atto civico, l’azione politica l’atto totale.

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1.1 IL TEATRO COME ATTO CIVICO

VERNANT Jean-Pierre, NAQUET Pierre Vidal, Mito e Tragédia na Grécia Antiga, São Paulo, Brasiliense, 1988 (7)

Rivendicando il teatro greco, dove l’atto teatrale appariva come atto civico, associato alla vita e alle contraddizioni della pólis, andava a inserirsi nelle questioni politiche - giuridiche - culturali che si diffondevano nella città. Come scrisse l’antropologo francese, Jean Pierre Vernant, specialista dell’epoca ellennistica presso l’Université Paris-Sorbonne: “La vera materia della tragedia è il pensiero sociale proprio della città”, senza perdere la sua dimensione poetica ed artistica; “La tragedia, ben compresa, è qualcosa di molto differente da un dibattito giuridico. Essa ha come oggetto l’uomo in se stesso, il quale vive questo dibattito ed è costretto a prendere una scelta definitiva, per e orientare la sua azione non verso dei valori ambigui, ma sempre verso qualcosa di stabile e inequivocabile. (7) In questo contesto, la città stessa, in quanto coro, esprimeva i suoi conflitti e le sue contraddizioni e non cantava più le gesta degli eroi: “A questa duplicazione del coro e dell’eroe tragico, corrisponde, nel linguaggio stesso della tragedia, una dualità: da un lato il lirismo corale; dall’altro, tra i protagonisti del dramma, una forma di dialogo la cui metrica è più vicino alla prosa. […] Il coro, cantato in alcune parti, non esalta tanto le virtù esemplari del protagonista, Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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come nella tradizione lirica, ma piuttosto si inquieta e si interroga su se stesso. Nel nuovo quadro tragico, così, l’eroe non è più un modello; è diventato, per se stesso e per gli altri, un problema.” (8) Inoltre, nella sua disposizione fisica, il teatro oltre ad essere inserito nella città, era conformato in modo armonico con la natura, nella quale si adagiava la cavea, sostenuta dal terreno roccioso. In questo modo, assistendo a una rappresentazione, si notava in primo piano lo scenario e la città, e in secondo i rilievi montuosi e il mare. Il teatro era il punto di un percorso ben più ampio, di un rituale civico, di celebrazione della città.

VERNANT Jean-Pierre, NAQUET Pierre Vidal, Mito e Tragédia na Grécia Antiga, São Paulo, Brasiliense, 1988 (8)

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Erwin Friedrich Maximilian Piscator (1893-1966) fu un regista teatrale tedesco. Fu famoso per utilizzare nelle sue messe in scena macchinari teatrali e costruzioni sceniche complesse. In collaborazione con l’architetto Walter Gropius, progetta un ‘Teatro totale’ in cui lo spettatore si trova coinvolto all’interno di una macchina teatrale mobile e tecnologicamente avanzata. Di impostazione marxista, nel 1929 scrisse Il teatro politico (Das Politische Theater), un testo in cui espresse la sua idea di realizzazione teatrale. Il suo teatro, propagandistico ed “educativo”, aveva l’intenzione di risvegliare la coscienza politica dello spettatore. (9)

1.2 IL TEATRO COME AZIONE POLITICA Basandosi sull’idea che il teatro non debba creare illusioni o ammortizzare contraddizione del presente, ma che debba esplorare questi elementi, il teatro appare come strumento di trasformazione sociale legato alla massa. Grandi esempi di questa visione sono le opere di Brecht e Piscator (9). Questi autori non hanno fatto altro che avvicinarsi agli argomenti della vita politica e sociale del teatro, unendoli con dei concetti che, fino ad allora, mantenevano le forme di rappresentazione dissociate della realtà detta oggettiva: “Voi, artisti, che fate teatro / in grandi case, sotto la luce si falsi soli / davanti a una platea in silenzio, che osserva ogni tanto/quotidiano, molteplice, disonorevole. / ma così vivo e terrestre, fatto da una vita in comune / degli uomini – questo teatro che vede nella strada il suo placo.” (10)

BRECHT Bertolt, Teatro dialético, Rio de Janeriro, Ed. Civilizãção Brasileira, 1967. (10)

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“Vocês, artistas, que fazem teatro / em grandes casas, sob a luz de sóis postiços, / ante a platéia em silêncio, observem de vez em quando / cotidiano, multifário, inglório. / mas tão vivido e terrestre, feito da vida em comum / dos homens – esse teatro que tem na rua o seu palco” Il luogo dell’azione teatrale va incontro alla vita della città, nella strada, nella piazza, dove il linguaggio simbolico del teatro non deve essere pensato in opposizione alla realtà, ma in modo complementare ed associato ad essa. Come scrisse il gruppo di critica Rote Fahne dopo aver assistito a una rappresentazione basata sul concetto di teatro politico di Erwin Piscador: “La novità fondamentale di questo teatro è il fatto che spettacolo e realtà si fondono insieme in modo strano e inusitato. Spesso non sai più se ti trovi in un teatro o in una riunione, ti sembra di dovere intervenire anche tu, di dover dare una mano agli altri, di dover interloquire, interrompere. Il confine fra spettacolo e realtà è cancellato... Il pubblico sente di avere gettato veramente uno sguardo nella vita reale, di non essere lo spettatore di un’opera di teatro, ma di un brano di vita reale... a tal punto che lo spettatore viene trascinato entro lo spettacolo e tutto quello che succede sulla scena lo riguarda per26

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sonalmente”. (11) Questi concetti, senza dubbio, si ripercossero all’interno dell’opera di Oswald de Andrade e nella posizione di Zé Celso, nella ricerca con un teatro “luminoso” che non soltanto sia in grado di rendere chiara la realtà, ma che riesca ad amplificarla allo stesso tempo. Il teatro, in quanto arte, deve essere la scintilla del luogo, vicino alla città ed ai suoi abitanti. “Il poeta – Vivrò nella Ágora. Vivrò nel sociale. Liberato! […] Un giorno si aprirà alla piazza pubblica il mio accesso negato! Mi esporrò davanti alle grandi masse…” (12)

Rote Fahne, 12 aprile 1921, Critica dei Canachi di Franz Jung (11)

DE ANDRADE, Oswald, A morta, São Paulo, Ed. Globo, 2004 (12)

“O Poeta – Viverei na Ágora. Viverei no social. Libertado! […] Um dia se abrirá em praça pública o meu abscesso fechado! Exporme-ei perante as largas massas…”

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1.3 IL TEATRO COME ATTO TOTALE

ARTAUD Antonin, Il teatro e il suo doppio, Milano, Ed. Piccola Biblioteca Einaudi, 2000 (13)

Un altro approccio che fu di grande importanza per l’Oficina e per alcune concezioni di Oswald de Andrade, fu con Antonin Artaud (1896-1948), autore francese legato al movimento surrealista. Egli denunciò i principi negativi dell’arte, indicando in particolare i limiti dell’arte borghese, vista come una semplice ri-presentazione della realtà, nella quale il contenuto si dissociava dalla vita prodotta e partecipe del teatro. Introdusse perciò il concetto del teatro come atto totale, integrato la vita. Artaud riteneva che il testo avesse finito con l’esercitare una tirannia sullo spettacolo, ed in sua vece spingeva per un teatro integrale, che comprendesse e mettesse sullo stesso piano tutte le forme di linguaggio, fondendo gesto, movimento, luce e parola. “Bisogna insistere su questa idea di cultura in azione, che diventa in noi come un organo nuovo, una sorta di respiro secondo la civiltà, è cultura applicata, capace di guidare anche le nostre azioni più sottili, è spirito presente nelle cose; ed è puro artificio separare la civiltà dalla cultura, ed usare due parole diverse per indicare una sola e identica azione” (13) Mettendo insieme dogmi e vizi della cultura occidentale, come il culProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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to della parola scritta e razionale che non può essere sostenuta da gesti e azioni all’interno della vita umana, cercando di annullare la separazione tra le parole e le cose, tra forma e contenuto: “ […] Si può incominciare a delineare un’idea della cultura, idea che è anzitutto una protesta. […] Protesta contro la cultura come concetto a se stante, quasi che esistesse la cultura da un lato e la vita dall’altro; come se l’autentica cultura non fosse un mezzo raffinato per comprendere ed esercitare la vita”. (14) Nello svolgimento di questo compito, il teatro non deve essere chiuso, formattato in un linguaggio specifico, ma deve essere anti-teatrale; deve prendere l’unicità, la forza e la vita di ogni azione generata dall’uomo: “ […] Il vero teatro ha le sue ombre […] in quanto si muove e in quanto si avvale di strumenti vivi, continua ad agitare ombre in cui la vita non ha cessato di sussultare. L’attore, che non compie mai due volte lo stesso gesto ma compie gesti, si muove e innegabilmente violenta le forme, al di là di queste forme e attraverso la loro distruzione raggiunge ciò che sopravvive alle forme e provoca la loro continuazione. Il teatro, che non consiste in nulla, ma che si serve di tutti i linguaggi - gesti, suoni, parole, luci, grida - nasce proprio nel momento in cui lo spirito per manifestarsi ha bisogno di un linguaggio” (15) 30

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ARTAUD Antonin, Il teatro e il suo doppio, Milano, Ed. Piccola Biblioteca Einaudi, 2000 (14)

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IBIDEM


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2. SPAZIO DI LOTTA E RESISTENZA: IL PROGETTO DI LINA BO BARDI

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BARDI, Lina Bo, ELITO, Edson; CORRÊA, José Celso Martinez. Teatro Oficina. Lisboa: Ed. Blau, 1999, p.5 (1)

Prima di essere affittato all’attuale Teatro Oficina, fondato nel 1958 da Jé Celso Martinez Corrêa e Renato Borghi, al numero 520 di Rua Jaceguay allocava il vecchio Teatro Novos Comediantes. Per adattare lo spazio alla concezione teatrale del nuovo gruppo, fu elaborata una riforma spaziale dall’architetto Joaquim Guedes, il quale creò “un tipico teatro sanduíche, formato da due platee poste una di fronte all’altra e separate dal palco posto centralmente”. (1) Questo progetto durò fino all’incendio che distrusse totalmente il teatro nel 1966. Gli intellettuali e gli artisti cercarono i mezzi per la ricostruzione nel teatro. Nel 1967, gli architetti Flavio Império e Rodrigo Lefèvre progettarono una estesa gradinata di cemento con accessi laterali nel piano intermedio e un palco all’italiana, dove un cerchio centrale era messo in movimento per mezzo di un meccanismo giratorio, inspirato al Teatro Totale di Walter Gropius. Nel 1983, dichiarato protetto dalla CONDEPHAAT (Conselho de Defesa do Patrimônio Histórico, Arqueológico, Artístico e Turístico - Consiglio di Difesa del Patrimonio Storico, Archeologico, Artistico e Turistico) come bene culturale per il significativo uso dell’immobile nel processo di trasformazione nel teatro brasiliano, l’edificio fu espropriato dal governo statale e Lina Bo Bardi e Marcelo Susuki fecero una prima proposta Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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per una nuovo rinnovamento. Tuttavia, questo progetto progetto non fu portato avanti. Per l’effettiva concretizzazione dell’attuale forma dello spazio teatrale, Lina Bo Bardi ed Edson Elito lavorarono costantemente a partire dal 1982. “Quando iniziammo il progetto e durante tutta la sua concezione, Lina ed io cercavamo di concretizzare le proposte sceniche e spaziali di Zé Celso” scrisse Edson Elito. “Fu un processo sano e talvolta complesso, cercammo di integrare le differenze culturali ed estetiche: da un lato noi architetti e la nostra formazione modernista, i concetti di pulizia formale, la purezza degli elementi, less is more, il razionalismo costruttivo, l’ascetismo dell’altro, il teatro di Zé Celso, con il simbolismo, l’iconoclastica, il barocco, l’antropofagia, il senso, l’emozione e il disegno del contatto fisico tra gli attori e la platea, il te-ato”. (2) Lina progettò l’Oficina come una strada, che iniziava da Rua Jaceguay, attraversando il muro a nord (che fino ad allora faceva parte del Teatro, un vicolo senza uscita) in direzione di Rua Japurá. Il teatro può essere considerato come spazio ecológico. Una grande cassa scenica, dove gli attori, la platea e i tecnici sono in diretto contatto. Le murature stesse dell’edificio, spesse e pesanti, in mattoni pieni, vanno a definire il concetto di te-ato o “arte che abbraccia lo 42

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BARDI, Lina Bo, ELITO, Edson; CORRÊA, José Celso Martinez. Teatro Oficina. Lisboa: Ed. Blau, 1999, p.6 (2)


Durante l’idealizzazione del teatro del Grupo Oficina, José Celso coniò il concetto di te-ato, che stava a significare una integrazione totale dello spettatore con il teatro. (3)

TEIXEIRA COELHO, Netto, José. A construção do sentido na arquitetura. São Paulo: Perspectiva, 1984, p. 30. (4)

be·co (sostantivo maschile) Trad. Strada scura, stretta e corta, a volte senza uscita. (5)

(6) Dichiarazione di José Cleso Martinez Corrêa, O buraco mai embaixo do Oficina - acorde Silvio Santos!, Nov. 2007

spettatore”, cosi ben interpretato successivamente dall’architetta. (3) La ragione principale di questa strada centrale è data dall’ingresso dell’aria, la ventilazione, l’uso dell’energia eolica per lo spazio interno, interpretata da un punto di vista antropologico. Il confronto tra il passaggio da uno spazio interno a uno spazio esterno costituì realmente la nozione e l’operazione di manipolazione dello spazio, così importante per l’uomo “fin dall’età preistorica, in cui la società non esisteva nemmeno”. (4) Oltre al Beco (5), Lina progettò l’intera parete nord vetrata, aprendosi e andando a incorniciare la città, oltre il parcheggio Baù da Felicidade, del Grupo Silvio Santos. Secondo Zé Celso, nel 1989, esattamente nei giorni della caduta del muro di Berlino, “mentre la compagnia era in viaggio, il Grupo Silvio Santos elevò un enorme muro, andando a tamponare le pareti già esistenti, in corrispondenza delle finestre-porta e della piccola finestra già murata”. (6) Il rifacimento del teatro comprese la demolizione di tutte le pareti interne dell’edificio, essendo stata accostata una seconda struttura a pilastri in cemento per il sostentamento e per il controventamento dei muri originali in mattoni, nei quali rimasero leggibili gli archi tamponati risalenti al 1920. Una struttura metallica fu inserita poi per Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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sostenere la nuova copertura e i mezzanini presenti nel fondo del teatro. Metallica è anche la struttura che sorregge le gallerie laterali, costituita da tubi assemblabili e smontabili. Al di sopra della struttura metallica fu progettata una moderna cupola di acciaio scorrevole che, aprendosi, permette la comunicazione con un area verde. A terra, un percorso retto delimitato con assi di legno lamellare va a costituire il “palco-passerella”, marcando ancor più il concetto di strada e di passaggio. Posta a metà tra l’ingresso e il fondo del teatro, lateralmente, è presente una cachoeira (fontana) composta da sette tubi a vista; l’acqua è raccolta in uno specchio d’acqua ed è rinnovata tramite un sistema di circolazione. L’acqua era un elemento ricorrente nell’architettura di Lina Bo Bardi, elemento che faceva da riferimento agli orixás del candomblé. (7) La vegetazione brasiliana rigogliosa, l’aria, la luce, i suoni che rappresentano la natura, il mondo naturale che Lina tanto ammirava nell’opera dell’architetto catalano Antoni Gaudí; tutto questo traspare nell’architettura del Teatro Oficina. (8) Anche Lina nella sua architettura applica il concetto di Teixeira Coelho (9), secondo il quale, come nella cultura orientale, una manciata di ghiaia, due o tre rocce nel giardino e una pianta, non sono dei “campioni” di natura (o riduzioni della natura) ma bensì essi sono la 44

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Il candomblé è una religione afrobrasiliana tuttora praticata in Brasile. Essa consiste nel culto degli Orixa, che non sono divinità, ma spiriti, emanazioni del Dio unico, Olorun. Gli orixas rappresentano archetipi antropologici; ad essi sono associati determinati colori, attività umane, tipi di alimenti, erbe mediche, ecc. Essi trasmettono agli umani axé, cioè l’energia universale che è in tutte le cose e nei viventi. Questa religione è giunta in Brasile dall’Africa, portata da sacerdoti africani e fedeli che erano stati deportati come schiavi. Le divinità, i riti e le festività del candomblé sono ora parte integrante del folklore brasiliano. (8) La relazione dell’opera di Lina con l’opera di Gaudí, come spiegò lei stessa, è espressa con forme natura(7)


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natura stessa, poiché trasmettono tutte le sensazioni che fornisce uno spazio naturale. Secondo Lina “Dal un punto di vista architettonico, l’Oficina cercherà il vero significato del teatro - la sua struttura Fisica e Tattile, la sua Non-astrazione - che lo differenzia profondamente dal cinema e dalla televisione, permettendo allo stesso tempo un uso totale di questi mezzi di comunicazione.” (10) Elaborò un progetto brechtiano e non illusionista, rivelando al pubblico tutti i mezzi tecnici a disposizione per la messa in scena. Ubicò le apparecchiature dell’illuminazione, del suono e dei controlli elettronici sul fondo del teatro, su dei mezzanini, sulla base alle teorie surrealiste di Artaud. Parallelamente, fu prevista sia la ripresa sia la riproduzione di immagini e video in tutto il teatro, cercando di rendere possibili più azioni simultanee in vari punti dello spazio scenico, seguendo le teorie sia di Artaud che Brecht, i quali promuovevano un tetro nel quale il pubblico doveva partecipare alla vita rappresentata in scena. La proposta architettonica invita lo spettatore a percorrere lo spazio del teatro durante lo spettacolo, facendo in tal modo percepire una scena diversa da quella del teatro tradizionale, oltre a fornire diversi punti di vista dello stesso. 46

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li reinterpretate in maniera espressionista. TEIXEIRA COELHO, Netto, José. A construção do sentido na arquitetura. São Paulo: Perspectiva, 1984, p. 30. (9)

BARDI, Lina Bo, ELITO, Edson; CORRÊA, José Celso Martinez. Teatro Oficina. Lisboa: Ed. Blau, 1999, p.6 (10)


In questo spazio si concentrano alcune definizioni dell’arte secondo Lina - considerata essenzialmente tropicalista - che lascia allo spettatore la libertà di transitare nel teatro durante lo spettacolo. Inoltre, l’architetto disloca gli oggetti dal loro ordinario comune, andando a fare una rilettura di essi. Questa architettura assorbe gli aspetti del quotidiano e degli usi popolari, in modo da facilitare la decifrazione dello spazio e delle sensazioni che esso trasmette. Dando la priorità ai bisogni emotivi, Lina rompe i confini tra immaginazione e ragione, come fece l’artista Helio Oiticica e il regista José Celso, che stimolano non solo la partecipazione attiva dello spettatore nell’opera, ma anche il rapporto tra la mente e il corpo. Consentendo al pubblico una visione simultanea tra lo spettacolo e la città, la grande vetrata posta di fronte a una parte di platea rivela il Viaduto do Minhocão, facendo così percepire allo spettatore di essere fuori dallo spazio teatrale, pur rimanendo all’interno di esso. Pertanto, lo spazio del Teatro Oficina va ad opporsi allo spazio drammatico tradizionale, tipicamente metaforico che simbolizza un mondo isolato in se stesso, inducendo spettatore a interagire con la realtà urbana. Come afferma Lehman: “Già nel teatro post-drammatico lo Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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LEHMANN, Hans-Thies. Espaço dramático e espaço pós- dramático, In: Teatro pós-dramático, Trad. Süssekind P, São Paulo, Ed. Cosac Naify, 2007, p. 268 (11)

spazio diventa una parte del mondo, certamente enfatizzato, ma pensato come qualcosa che si lega alla realtà: una riduzione limitata nel tempo e nello spazio, ma allo stesso tempo una continuazione e dunque un frammento della realtà della vita.” (11) Nel Teatro Oficina, grazie a questa caratteristica metonimica, v’è un’estensione dello spazio e di conseguenza della scena. Ciò a cui lo spettatore assiste è un rapporto costante con la città. Il teatro e la realtà diventano elementi complementari, in modo che lo spettatore non necessita di essere ingannato a credere che ciò che vede è reale, perché la realtà non viene “travestita” dalla messa in scena. La finzione non è mai stata così realistico come è stato nel teatro post-drammatico. Secondo Zé Celso, il principio di costruzione del Teatro Oficina fu di “costruire tutto in vista, come Brecht.” Tutto nello spazio è in mostra, facendo sì che tutti gli elementi esposti siano parte dello spettacolo, così come lo è lo spettatore. Tutte queste caratteristiche dell’architettura Lina Bo Bardi rendono questo spazio, per il gruppo, favorevole alla produzione di scenari che sono sempre in relazione diretta con il mondo reale. La familiare piazza pubblica sembra assomigliare, in qualche modo, alla relazione spaziale stabilita negli spettacoli dell’Oficina, Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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soprattutto dovuto alla rottura della separazione tra palco e platea, tramite un corridoio simile a una passerella di un sambódromo, luogo dove la scena principalmente si svolge. Questo spazio si associa a una strada, un luogo pubblico e di passaggio. Questo accade in parte grazie alla prossimità che il pubblico ha con la scena teatrale, ma anche per il fatto che la configurazione spaziale ricorda situazioni di festa popolare, quali le sfilate carnevalesche, le processioni, le parate, i rituali che fin dai tempi coloniali permeano la vita urbana in Brasile. La permanenza della vecchia facciata grigia e inespressiva, è probabilmente dovuta all’intenzione di enfatizzare il passaggio dello spettatore, attraverso un vero e proprio “rito di passaggio”, dalla strada allo spazio interno magico. Una volta entrati, nella continuità visiva dello spazio scenico interno si distaccano le strutture tubolari che sostengono le gallerie, dipinte di azul arara su indicazione della stessa Lina. (12)

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L’azul arara (tradotto, l’ara giacinto) [Anodorhynchus hyacinthinus Latham, 1790] è un pappagallo della famiglia Psittacidae, originario del Sudamerica centrale e orientale (12)


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3. COSMOLOGIA DELL'ANHANGABAÚ DA FELIZ CIDADE

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Nel 1968 la compagnia Teat(r)o Oficina Uzyna Uzona, allora ancora solo Teatro Oficina, mette in scena Nas Selva das Cidades, di Brecht. L’architetto Lina Bo Bardi debuttò nel Teatro Oficina creando la scenografia dell’opera, conponendola con la materia prima e gli scarti delle demolizioni delle abitazioni del vicinato, demolite per fare spazio al Viadotto del Minhocão, durante la dittatura militare. Lina compì il gesto inaugurale, che fece aprire il teatro verso una visione sciamanica, portando Bixiga dentro il teatro e il teatro fuori nella strada, in Bixiga. Fu una parodia della “città che si umanizza”di São Paulo, slogan del processo di urbanizzazione coloniale e igenista; l’interno del teatro è in relazione con la materia concreta e disumanizzata della città di São Paulo. Lina anticipa tutto questo, intuendo la trasparenza e l’apertura radicale che darà successivamente al teatro inaugurato nel 1993. Nei primi disegni di Lina Bo Bardi per il teatro, già si delineava il Teatro de Estádio, immaginato da Oswald de Andrade, con l’intento di create un teatro che superasse lo spicologismo del teatro da camera, del palco all’Italina, un teatro per la gente, che facesse instaurare lo stesso rapporto che si può trovare in uno stadio tra i Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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tifosi. Lina Bardi e Edson Elito disegnarono e fecero un modello della proposta nel terreno al fondo del teatro. Il palco strada del teatro seguiva una sorta di lingua che usciva dal fondo ed entrava nel teatro a cielo aperto, e proseguiva per Rua Japura; da qui proseguiva per la Vale do Anahangabaú, per la quale Lina fece un progetto chiamato Anhangabaú Tobogã. Non vinse il concorso del 1981, ma era un progetto che portava a un cambiamento dei paradigmi per il processo di urbanizzazione di cui São Paulo era vittima. Lina e Tyaso dell’ Oficina avevano questa ambizione di connettere questi punti culturali al fine di creare un teatro aperto per la città, dando così un significato inedito al il teatro: creando una prospettiva urbana. Ma per raggiungere la prospettiva urbana di oggi, una polifonia di voci, un coro di attuatori, che si sono appassionati e sono stati attratti irresistibilmente da questa terra, lavorarono insieme nell’apertura graduale dell’interno di Rua Jaceguay 520 verso la strada, per il quartiere, per Sãmpa, per il Cosmo. E per il terreno intorno al Teatro Oficina, sempre lavorando per trasformare una terra privata in una terra pubblica, con il movimento 62

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già presente dai tempi immemorabili di questa terra di Bixiga, di Sãmpa, e aperto ad una piazza pubblica da Oswald de Andrade: l’Antropofagia!

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1969 Lina Bo Bardi raccoglie i resti delle abitazioni demolite per la costruzione del minhocao e crea la scenografia di Na Selva das Cidades, di Bertolt Brecht. Lina e l’artista plastico bahiano Ednysio creano la struttura scenica con peli di animali, ossa e scarti, presi delle macerie della costruzione del Minhocão: pietre preziose di cemento. Arrivano gli operai da tutto il Paese per la costruzione del viadotto, che ben presto si trasformarono in clienti della cantina Cabaré da Zuria, mensa comune popolare che funzionava in quegli anni all’interno del Teatro Officina. In questo periodo si innagura la comunicazione simbolica, materiale e concreta tra il quartiere e l’interno del teatro.

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1979 Il teatro inizia molte sperimentazioni sceniche, scoperte spaziali. La volontà di rompere i limiti e la relazione messianica tra platea e palco, lavorare in uno spazio scenico più anarchico, che aprisse il cammino per raggiungere un pubblico più popolare, oltre i teatri affollati dai piccoli borghesi, e conquistare una comunione con il pubblico. L'edificio del teatro non solo mette in scena le opere teatrali, ma presenta anche un altro programma: si trasforma mensa, cabaret, sala di proiezione film, agorà. La scatola chiusa dalla pesante gradinata di cemento, limita queste altre possibilità d’uso, e nasce così il disegno per una apertura,lasciando entrare la luce naturale, per vedere la luce del sole. La direzione dell’Oficina scrive alla CONDEProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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PHAAT, nel 1983, le direzioni per un nuovo spazio per la compagnia, nel testo ‘Comunicação de obras cenográficas’ . Bixiga riceve molti immigranti dal nord e dal nord/est del Paese, i quali iniziano a definire il ritmo di questa terra. La Terra è protagonista. Nel repertorio della lotta del Teatro Oficina si iniziano a fare canti sciamanici per la possessione della terra. Gli artisti nordestini insegnano al Teatro a lottare per la essa. Vivendola in prima persona. 1980 Il progetto di Lina Bo Bardi ed Edson Elito è concepito come un passaggio al potere creativo delle manifestazioni popolari, dalle menadi, delle entusiasmanti danze di strada, del carnevale, delle manifestazioni politiche, dei cortei e delle processioni religiose. 68

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Il vaccino antropofagico del 1967, con la messa in scena di O Rei da Vela e la conseguente scoperta scenica che Lina ha portato in questo teatro, non rientrava più nell’ideologia del palco all’italiana, nè di una architettura colonizzata. Ha portato dentro il teatro le relazioni spaziali tra i festaioli dei blocchi di carnevale e gli abitanti degli edifici che accompagnavano la baldoria dalle finestre, in una scala maggiore, in un sambodromo. E così che sono state progettate le gallerie tubolari verticali del Teatro Oficina. Come un pubblico in transito nello spazio che può assistere all’opera da diverse prospettive. Pubblico vivo, presente, attivo, come nelle manifestazioni popolari di strada. Lina Bardi e Edson Elito hanno mantenuto la facciata ovest aperta, che nel cantiere si è trasformata una grande finestra di 120mq di vetro, e che ha aperto radicalmente l’inProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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terno dell’edificio all’entrata della luce, della pioggia, della notte, della città, che mira costantemente alla relazione con il terreno circostante. La musa degli scenari ha rilevato la punta di diamante cesalpina, un albero totem sacro nato all’interno del teatro, e lanciata, proiettata come una freccia verso fuori, rompendo i limiti fisici dell’edificio, in direzione dell' Anahangabaù da Feliz Cidade. Questp progetto era nato già nei primi schizzi di Lina Bo Bardi ed Edson Elito per gli spazi vuoti che circodavano il Teatro Oficcina, ispirati nel teatro do estadio proposto da Oswald de Andrade nel Teatro que è Bom, contenuto nel libro Ponta de Lança. Un teatro che continua la strada del Teatro Oficina fatta di passerelle, creando una topografia di piani rampe e una copertura all’uscita dell’apertura nord del teatro, fino a terminare a livello di Rua Japurá, consentendo 70

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una varietà di relazioni tra il pubblico e gli attori. In una architettura dove tutto era inteso come area scenografica pubblica, erano presenti delle passerelle perimetrali, con un’area centrale di 600mq e tribune coperte da 500 posti. Il progetto prevedeva anche un capannone nella parte inferiore del viadotto e la riforestazione del terreno affacciato sulla parte ovest, di fronte alla grande finestra, ribattezzata come polmone verde del Bixiga, punta di diamante della Oficina de Florestas, una matrice verde di un programma di vitale importanza per il germogliare dell' Anahangabaù da Felice Cidade. Durante la presentazione de Na Selva das Cidades, nel 1969, Caetano Veloso assiste all’opera e si ispira al frutteto nel fondo del teatro dell’oficina de florestas, cantata nella canzone Sampa. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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L' oficina de florestas nasce come uno dei programmi dell' Anahangabaù da Feliz Cidade, per restituire la foresta a Bixiga, alla città di São Paulo. Attraverso la coltivazione, il collegamento e la diffusione nei vicoli di boschetti e di tutta la massa verde che ha resistito al processo di urbanizzazione della città, ci mostra la fertilità della terra che ci circonda e ci mostra che non sono terre improduttive, ma sono terre sacre di occupazioni nate dalla drammaturgia ispirata alla terra stessa, protagonista che ci sta guidando in tutti questi anni. Il progetto di Lina Bo Bardi e Edson Elito guarda al parco della Vale do Anahangabaú; Lina vedeva, con la sua visione da archilina, la chiara connessione tra l’Anahagabaù già in processo di vegetazione, il progetto Anahagabaù Toboga, e il teatro di Rua Jaceguai, attraverso il corso del fiume di Bixiga che serpeggia Rua Japurá. 72

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Anahagabaù Toboga è un progetto creato da Lina nel 1981, come alternativa alla aridità che spopolava il valore pubblico. Lina progetta una struttura alta e sottile per le macchine e i bus, appoggiata a pilastri gemelli, liberando così la valle fertile per i pedoni, per le piante, per gli animali, per i bambini. Sempre nel 1980 entra in scena il Grupo Silvio Santos, che comincia a comprare i terreni attorno al teatro per alimentare il suo capitale. Il 6 novembre 1980 il Grupo concede il termine di un mese alla compagnia teatrale per decidere se comprare o definitivamente perdere la sua sede. L’Oficina mobilita l’opinione pubblica e la stampa, e Silvio Santos annuncia pubblicamente il suo ritiro.

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1982 Il Teatro viene tutelato da parte della CONDEPHAAT, composta da Aziz Ab’Saber come presidente e Flávio Império come consigliere, sostenendo il movimento di espansione della linea di lavoro della società.

1983 Il teatro viene espropriato da parte dello Stato. Il suo edificio, fino ad all’ora affittato al gruppo, entra a far parte del dominio pubblico, diventando uno spazio interamente dedicato all’azione culturale diretta dall’Oficina.

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1991 Paulo Mendes da Rocha fa un nuovo progetto, che va oltre i limiti del terreno raggiungendo “le secche di confine” del teatro. Diventa così il primo progetto a proporre un punto di avvicinamento progettuale con Bixiga. Andando a complementare il progetto di Lina Bo Bardi in due direzioni, Paulo Mendes propone l’attraversamento del viadotto e la costruzione di due torri per l’amministrazione, l’informatica, il centro di memoria e il Baco’s bar. Mantiene il teatro de estadio nel fondo del lotto dell’Oficina e colloca il deposito e i camerini al di sotto del viadotto, ai quali si accede da un ampia scalinata.

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2000 Viene approvato dalla prefettura, su progetto di Giulio Neves, la costruzione dello shopping center Bela Vista, del Grupo Silvio Santos. La società di costruzioni si rifiuta di seguire i parametri costruttivi della prefettura e per motivi di cautela il cantiere viene interrotto. 2002 Canudos é o cosmos. Breve ponto de passagem, escala inicial da viagem. Decampamos da terra dos homens, jagunços errantes sob nuvens gigantes. Armamos tendas de Guerra pela vida desejada aqui, sob céus, Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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do que chamam, Terra. Laroiê! Durante il montaggio Os Sertões, la creazione del movimento Bixigão incorpora i bambini di strada e i “Corcisos” del quartiere per formare il coro “crianças sertanejas” (creando così un pre-programma di gestione dell’Universidade Antropófaga) che passa a far parte delle funzioni insieme al teatro de estadio e all’oficina das florestas. L’Anahangabaù da Feliz Cidade si afferma come progetto urbano che va al di la dei limiti della rivitalizzazione o qualificazione dello spazio, ma al contrario come portentosa oficina che può esistere soltanto con l’azione del potere umano, soprattutto per la vitalità dos Eres e per il delírio da verdade saída da boca das crianças, come scriveva Oswald De Andrade. 78

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La prima vittoria del Teatro Oficina sul “martirio laico della terra", con la tutela e l’esproprio del teatro, purtroppo non ha impedito la demolizione del suo intorno; tutte le case della parte occidentale sono state acquistate, distrutte e trasformate in parcheggio attraverso un processo crudele e ricorrente nella speculazione immobiliare. Il Paulistano distrugge l’area e dopo offre una rivitalizzazione dello spazio attraverso l’aridezza che è frutto della sua propria distruzione. Rua Abolixão oggi è un deserto, non esistono case, nè il bar all’incrocio di Rua Jacequai, nè la Sinagoga, tutti distrutti e incorporati al parcheggio. Dunque , dopo la “terra bruciata”, Sir Lobby Locteador Estripador offriva al quartiere, durante le prove dell’opera, all’inizio dell’anno 2000, una grande opportunità di rivitalizzazione; uno shopping center che avrebbe

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portato sicurezza, illuminazione, impiego e spazi per il tempo libero. Os Sertões nasce come mezzo di trasporto, metafora posta davanti alle minacce di un “Rheal Teatro de estadio”, ossia la costruzione di una scatola nera di un migliaia di posti proposta in quel occasione dal Grupo Silvio Santos. Os Sertões è diventata un campo di battaglia. Ha trasformato il terreyro eletrônico in una macchina da guerra, un nuovo spazio, come uno stretto corridoio, ma diviso in due aree: una sotterranea e una superiore. Tutto è diventato area di attuazione, la macchina della lotta crea la macchina del teatro. E il pubblico è tutto ciò che c’è tra i ferri di Ogum, il São Jorge Guerreiro, protettore del Brasile, che ci protegge da anni con l’incudine sul fronte della nostra facciata.

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2004 Il Grupo Silvio Santos invita lo studio Brasil Arquitetura, coordinato dagli architetti che hanno collaborato in alcuni lavori con Lina Bo Bardi, a sviluppare un progetto ibrido, che potesse soddisfare sia le esigenze di mercato del gruppo, con la costruzione dello shopping center, sia comprendendo il progetto del teatro da estadio. Ma il progetto risulta un mega investimento di quasi 60 mila mq, alienato dagli intorni, che risulta bloccare tutte le elazioni con le strade e addensando al massimo il terreno intorno al teatro. Infine, per ironia della sorte, il teatro da estadio, concepito come un teatro all’aperto della città e del cosmo, una scatola nera, monumentale, chiusa, tanto che il CONPRES chiede il cambiamento del disegno. Il Grupo abbandona dunque il progetto. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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In una visita di Silvio Santos al teatro, durante il montaggio di Os Sertões, è sorta per la prima volta la proposta di scambiare i terreni di proprietà del Grupo con un unico terreno. Come conseguenza della visita e della possibilità di scambio, la compagnia inizia un lavoro più profondo nell’elaborazione del programma dell’Anahangabaú da Feliz Cidade. L’architetto João Martinez Corrêa, fratello di Zé Celso, propone una proposta per il Teatro da Estádio, l'Universidade Antropófaga, e l’oficina de florestas nel terreno intorno. Il progetto, partendo dalla topografia esistente, crea una diversità di accessi alle aree di scena e suggerisce un’altra pianta del teatro da estadio, occupando il terreno della facciata ovest e simulando le curve di livello dei Canudos. L’università antropofaga viene ospitata in un edificio di cinque piani nella parte di terreno che si trova a est del teatro.

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2008 La proposta di progetto di un condominio residenziale di tre edifici di quasi 100 metri di altezza, 2 nella zona ad ovest del teatro e uno nella zona est. Il Grupo Sisan cerca di far approvare gli edifici dai tre organi di preservazione del patrimonio, CONPRESP, CONDEPHAAT e IPHAN. 2010 Dionisíacas em Viagem, un tour nazionale con il sostegno del Ministero della Cultura che portò quattro spettacoli del repertorio della compagnia - Taniko, Ciacilda!!!, Uma estrela brasileira a vagar, Bacantes e Banquete - in otto capitali brasiliane: Brasilia, Salvador, Recife, Belem, Manaus, Belo Horizonte, Rio de Janeiro e São Paulo. Rappresentati in spazi effimeri per almeno 2000 spettatori, il Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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teatro da estadio dove il pubblico abbraccia tutta la scena nelle sue dimensioni, fu costruito nello specifico per ogni città. A São Paulo, dal contratto stabilito con il Minc, lo spettacolo doveva essere fatto presso la sede del teatro, ma dopo 28 spettacoli per la folla l’Oficina aveva un pubblico assetato. Quindi Zé Celso chiama Silvio Santos e gli chiede il terreno nell’intorno in prestito per il montaggio della tenda-teatro da estadio. Silvio Santos accetta. Fu stabilito un contratto tra il gruppo Silvio Santos e il Teatro Oficina Uzyna Uzona. As Dionisíacas segna il primo passo sul terreno circostante, un rito teatrale di scoperta di quelle terra attraverso l’apertura degli archi del vicolo a nord del teatro e il raggiungimento di Rua Lina Bo Bardi che si trasforma nell’accesso al terreno e al Teatro de Estádio. Con l’apertura del vicolo, l'arrivare sul terre84

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no attraverso la concretezza dell’esperienza, corpo a corpo con il luogo: la scoperta del germe dell’oficina da florestas, il frutteto preservato dal Grupo Silvio Santos. I reperti archiologici di tutte le case, la Sinagoga, tutti gli edifici demoliti ora sono materia prima che forma il piano di calpestio del terreno, con i suoi 80 centimetri di macerie; il sambaqui è la montagna-totem di questo bottino. Il terreno intorno è un luogo per respirare il cosmo attraverso la grandezza del vuoto, il calpestare il terreno ha automaticamente reso necessario un nuovo progetto per l’Anahagabaù da Feliz Cidade, un progetto e un nuovo programma che attraverso l’esperienza concreta e reale con il luogo, stimola tutte queste scoperte e preserva il vuoto. In aggiunta a tutto questo, nel 2010, il teatro e l’associazione Uzyna Uzona sono state preservate per conto dell’IPHAN, con il comProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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pletamento del progetto dell’architetto Jurema Machdo, che lo trasforma nel manifesto del completamento del progetto di Lina Bo Bardi ed Edson Elito. 2011 L’apertura della prima edizione dell’Università Antropófaga incorpora Oswald De Andrade con il Manifesto Antropófago. L’opera Macumba Antropófaga si apriva per Rua Jaceguay: un enorme serpente composto da attori e pubblico, un corteo che abbracciava il terreno intorno al teatro le strade di Bixiga. Con il prologo della peça svolto nel terreno, naturalmente i suoi elementi, la topografia e le sue murature sono incorporate nella scena: il sambaqui, montagna di macerie, totem della speculazione edilizia, seminato insieme al pubblico in vari spettacoli, fiorendo 86

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con giarasoli e altro verde. Nella seconda parte della Macumba Antropófaga inscenammo l’opera davanti alla grande finestra, installando una tenda da circo e sperimentano un'area circolare attraversata da una pista logitudinale. Il progetto quando venne smontato laciò la Terra circostante tatuata con lo xamado báquico. Le successive costruzioni temporanee sperimentate - la tenda da 2000 posti a sedere, la tela-circo e le tende minori per i foyer - rivelarono l'importanza di mantenere e adorare il vuoto intorno al teatro. L'andare contro una soluzione di emergenza di un progetto monumentale, portò a creare un esperimeto del programma permanente dell’Anahagabaù da Feliz Cidade in tende nomadi, tra ttanti progetti nati tra la necessità di ogni scenario, senza una soluzione totalitaria, anteriore a un esperienza concreta di luogo. Per ogni opera un Teatro. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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2012 Siamo usciti dalla dimensione astratta per la realizzazione del programma e la gestione dell’Anahagabaù da Feliz Cidade, e abbiamo sperimentato con il “Covenio Exemplar irresistivel”questo progetto con un modello in scala 1:1 , in un cammino più verso la dimensione del corpo e meno nell’occupazione densa. Il progetto ha avuto il corpo dell’attore come protagonista di questa architettura, come alternativa e creazione astratta e mentale di uno spazio. Ispirati nella forza del movimento presente nella serie Metaesquemas di Hélio Oitica, abbiamo tracciato il programma del modello 1:1 dell’Anahangabaù da Feliz Cidade. Nella sua dimensione più piccola, un luogo per il lavoro del corpo per l’attore, per la cucina, l’amministrazione e per le apparecchiature del ”barbaro tecnicizato” (suono, luce, 88

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video), doccie aperte, biciclettario, tutto il programma è nato e percepito per la materia concreta delle diverse superfici. Il disegno della pianta nasce a partire dalle linee direttrici presenti nel terreno che, tradotto in una scala minore, non è altro che il movimento delle sue diagonali e la diversità della sua topografia. 2013 L’agopuntura urbana del corpo di São Paulo, una spedizione degli artisti dell’Oficina, percorre la città, con un autobus chiamato Archilina Bardi, realizzando un’agopuntura nel corpo della metropoli, passando per tutte le opere di Lina Bo Bardi. La scala urbana di questo teatro ha fatto sperimentare in atto la prospettiva urbana portata da Lina Bo Bardi e la chiara connessione tra il Teatro Oficina, sua ultima opera, Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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e la Vale do Anahagabaù. Nel 2013, Guilherme Wisnik diventa il curatore della X Bienal de Arquitetura de São Paulo, e invita il Teatro Oficina ad un incontro, insieme ad architetti di altri paesi, per elaborare un progetto per il terreno intorno al teatro e lavorare al programma dell’Anahangabaù da Feliz cidade. Il progetto creato è l’incorporazione multipla delle proposte schizzate da Lina Bo Bardi, Edson Elito e Paulo Mendes da Rocha. Seguendo la direzione conquistata durante la Macumba antropófaga - la scoperta del vuoto - il nuovo progetto esplode i limiti fisici del terreno circostante, diffondendo e moltiplicando il modello stabilito nel “covenio exeplar iresistivel” verso i molti altri vuoti di Bixiga, per liberare questa Terra dall’idea fissa di addesamento e lottizzazione, edificando il vuoto dei terreni sottostanti il viadotto e riconnettendo, attraverso un corridoio cultu90

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rale che lega il Teatro Oficina al TBC, e alla Casa da Dona Yayá finendo nell’apoteosi di piazza Roosvelt. L'esplosione del programma dell’Anahagabaù verso altri terreni, colloca l’oficina das florestas come primo strato di progetto, connettendo tutta la massa verde con il quartiere diBixiga. Inoltre, durante la X biennale è stato prodotto un modello in scala 1:10 del terreno circondante il teatro, riproducendolo con l’erba. Calpestandola, è stato creato un modello vodù per trasformare tutti i terreni circostanti in foresta. 2014 Arriva il Terreyro coreografico - crocevia aperto nel 2014 per far confluire coreografia, architettura, urbanismo, danza, musica, filosofia, poesia, in una direzione di pensiero Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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che mette in atto il pubblico nelle sue diverse dimensioni, aprendo al pubblico ciò che pubblico. Nel 2014 il Terreyro Coreografico ha lavorato alla trasmutazione del terreno sottostante il viadotto in Terreyro, in modo che le confluenze storiche e mitiche divenissero manifestazioni. 2015 Si forma la seconda struttura dell’Università antropófaga, che ha riunito ancora una volta giovani venuti dai “Sertões” di tutto il Brasile, e che aveva A Poesia Pãu Brasil di Oswald De Andrade come materiale per la creazione e la sperimentazione del teatro totale - recitazione, architettura scenica e urbana, danza, musica, cinema, teat(r)o, suono, comunicazione. Una uzynagem quasi quodidiana che ha avu92

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to la sua apoteosi con la creazione del Teat(r)o Bloco Pau-Brasil, con la messa in scena a scala urbana che percorre il queartiere di Bixiga, nel carnevale del 2016 e nelle altre date festive, scoprendo una qualità di attuazione che è possibile soltanto radicalizzando la connessione macrocosmica e l’apertura totale per il gioco e l’impprovisazione che sono prestazioni soggette alla strada. All'inizio di quest'anno la Sub Prefeitura da Sé e la Prefeitura de São Paulo lanciano un avviso, un'offerta pubblica per cedere il basso-viadotto Júlio de Mesquita Filho, di fronte al teatro, ad una sola società, in modo che il monopolio potrebbe capitalizzare su questo suolo pubblico di 11mil m², dando luogo a un processo di gentrificazione devastante nel quartiere. Di fronte alla minaccia, il Teatro Oficina, il Terreyro Coreografico, gli attuatori del quartiere Bixiga e moradores de rua lavorano Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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per cancellare l'avviso, e avviare una serie di pubblicazioni critiche e movimentazioni pubbliche, che finiscono per far cadere l’iniziativa di privatizzazione, vincendo un’altra battaglia contro la speculazione immobiliare. 2016 Gli attuatori di Uzyna Uzona e l’Università Antropófaga si uniscono agli attuatori del quartiere, alla scuola SP di Teatro e ai moradores del sotto-viadotto, per un Teat(r)o nella città, innagurando una nuova categoria politica al diritto originale della terra: demarcazione di terre urbane nella terra sacra - TEKOHA do Bixiga. È stato creato in un giorno un grande serpente con i corpi collegati da un filo, per azioni concrete, legami di teat(r)o, musica, comunicazione e scambio di doni tra la piazza perola di Pyington e piazza Roosevelt, seguendo 94

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i ponti del corridoio culturale dell’Anahangabaù da Feliz Cidade. Agli esordi della terza Università Antropófaga, è stato aperto un buco, con lo stesso gesto magico con cui gli antenati hanno dato un’apertura poetica concreta, atta a far uscire il potere dei riti Teat(r)ais al di là dell’edificio del teatro. Il foro appena nato nella facciata est cede il passo alla luce del sole, e ai cori “bacchici” delle terre dell’Asia, all'interno del terreyro elettronico. La terra che circonda il teatro è, a poco a poco, durante questi 60 anni, sempre più simile all'idea del teat(r)o do estadio disegnato da Lina Bo Bardi. Terra coltivata in una felice città guerriera, per essere punto di incontro nel corpo a corpo dell’umanità, e in tutti gli eventi.

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4. DIALOGHI

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PAULO MENDES DA ROCHA

Qual era il contesto socio-culturale di Sao Paulo che ha determinato la nascita del Teatro Oficina? Qual era o contexto social e cultural de São Paulo que determinou o nascimento do Teatro Oficina? La presenza del Teatro Oficina nella città di São Paulo e di Ze Celso Martin Correa è tanto importante quanto significativa. La mia presenza in tutto ciò è pertanto minuta. Dal punto di vista dell’architettura, invece, c’è la presenza del teatro di Lina Bo Bardi e del poter municipale, che costruì il viadotto sopra il quartiere, e per poco non passò sopra il teatro. Mi capitò di parlare con Ze Celso che mi chiamò. Quello che so di tutta questa storia è poco, e diciamo superficiale ma in una certa maniera come visione di architetto, posso parlarne dal punto di vista della spazialità della questione. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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Solo negli ultimi decenni ha assunto maggiore importanza nel contesto urbano di São Paulo la necessità della progettazione di spazi pubblici e culturali. Come si è evoluto il dibattito tra gli architetti che hanno operato nella città stessa? Nos últimos decênios se tornou importante no contexto urbano de São Paulo a necessidade da projetação dos espaços públicos e culturais. Como se envolveu o debate entre os arquitetos que operaram na cidade mesma?

Questa domanda contiene varie affermazioni. Di tutti dibattiti che si sono scatenati in questo ultimo periodo, credo ci sia poco di vero. C’è un’intenzione cronica, e pertanto critica. La vita dell’uomo è principalmente urbana, e questa questione non è una cosa attuale, è sempre stato così. Il confronto dentro quello che possiamo definire un’immagine di un universo privato, che è la mente dell’uomo, è lo spazio privato. Tutto il resto è spazio pubblico. Pertanto non faccio molta distinzione tra spazio pubblico e privato, nel senso che per me non si può parlare di spazio che non sia pubblico. Pertanto noi siamo condannati, nel nostro genere umano, a rende100

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re pubblico tutto quello che pensiamo. Effettivamente, c’è un unico spazio privato, che è la mente, il ragionamento, l’immaginazione; se tu non lo rendi pubblico non esiste. Ma non esiste per gli altri, non per te! Quando non esiste neanche per te stesso, ecco, è arrivato in momento della pazzia. In quel momento siamo condannati allo spizio. Pertanto confronto tra questa dimensione, di quello che uno pensa, e l’attitudine esibita dall’uomo, è tanto antica quanto la nostra esistenza. Perciò, non vedo come questa possa essere considerata una condizione moderna e attuale. Ora, noi possiamo interrogarci su questa vecchia e antica questione, come sta oggi. E quindi si può parlare di incentivo della comunicazione, facilità di comunicazione, che sono questioni talmente tanto nuove, queste, che ancora sappiamo cosa farci con tutta questa facilità di comunicazione. Probabilmente, se non abbiamo un piano di coscienza critica sopra questo, che forse ancora non abbiamo, voglio dire sopra questa facilità di comunicazione, non sarà frutto di alcun progetto, ma solamente una conseguenza. Nell’epoca perciò in cui noi stiamo vivendo, di assoluta trasformazioProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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ne con sentimento rivoluzionario e di rapida trasformazione, sono io che dovrei domandare a vuoi, che siete giovani, di quello che pensate. Non siete voi che dovete domandare a me, perché se voi non superate questo momento, siamo fritti. Siete voi che dovete sapere ora cosa fare con questo. Il Teatro Oficina nasce nel 1961, qual era il contesto socio-culturale della città e quali erano le premesse progettuali e strategiche che ne hanno influenzato nascita e localizzazione? Quais são as premissas projetuais e estratégicas que foram consideradas pela sua localização e realização preliminar do 1961?

Fate queste domande che sono interessantissime per un viaggiante. Ti ricordi il nostro preambolo di conversazione, io vi ho domandato se era la prima volta che voi visitate l’America. Voi avete cominciato questa conversazione dicendo che noi non siete brasiliani, ma noi non possiamo dire “io sono questo” o” io sono quello”. Vi ho chiesto se era la prima volta che visitavate l’America, perché? La navigazione che scoprì l’America, voi sapete tutto questo, che cos’è che non sapete. 102

Topografie urbane pauliste


Pertanto a volte ho da l’impressione che l’europeo sa molto di più sopra di noi che noi stessi. Dal punto di vista di una riconsiderazione critica sulla politica coloniale, che importa sapere di più sopra la relazione che la Spagna aveva col Marocco, o che importa sapere di più sul fatto che Sumatra era dell’Olanda ecc. La questione torna al colonialismo, torna allo scenario della propria Europa. Siamo una cosa sola, oggi non possiamo dire che siamo brasiliani o italiani, non ha senso. Se prendi São Paulo come esempio, che è la città dove state oggi. O conosci l’America intera vedendo questo, o passi tutta la vita viaggiando; questa è la dimensione di spazio di cui noi parlavamo. Lo spazio è pubblico. Pertanto, puoi conoscere l’America come qualsiasi altra persona, oggi non ha alcuna rilevanza. Voi considerate solo che un paese finisce in un punto e inizia l’altro. Perché la questione dell’America, per tutti noi, ancora una volta, è una questione di installazione umana nella geografia. La grande questione dell’America, per il mondo, non per noi americani, è rilevare al mondo cosa fare con la conoscenza acquisita qui, dove non si conosce bene la nostra natura. Ma principalmente, dal un punto di vista della visione critica sulla Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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politica coloniale e sopra anche alla civilizzazione, è fondamentale per stabilire la politica e il modo di agire. Oggi, del mondo intero; non è una questione solo americana. Qui c’è il caldo di cultura. Bisogna osservare questo con molta attenzione, c’è abbastanza energia ed è molto evidente. Voi guardate questo come se fosse facile. Tornando alla questione del Teatro Oficina. Ma il Teatro Oficina già ha questo nome dato dal fondatore Ze Celso, che è una figura straordinariamente creativa e inventiva. Una figura delle tante così, che erano qui - vedi il teatro in Brasile in quegli anni -, a São Paulo in particolare. Il movimento teatrale era un movimento dal carattere principalmente politico, che serviva a trasmettere quelle questioni che ci interessavano. È legato all’area della conoscenza che possiamo chiamare educazione. Aveva la consapevolezza che stava educando, facendo riflettere la popolazione su alcuni aspetti fondamentali della nostra esistenza. Da qui, la bellezza del Teatro Oficina. Nella pratica, nella sua esistenza, il Teatro Oficina p una dimensione di carattere urbanistico molto interessante perché Ze Celso necessitava di occupare uno spazio, non aveva soldi per comprare un terreno e costruirvi. 104

Topografie urbane pauliste


Occupò questo piccolo spazio per fare un teatro e successivamente chiamò l’architetto Lina Bardi, che aveva coscienza sopra quello che si intendeva fare e una capacità di ragionare che oggi permettono di far funzionare quello spazio. Tutta la storia del teatro è così, vedi Shakespeare in Inghilterra ecc. Ma così come? Come occupazione di spazio. Il teatro è un linguaggio, come l’architettura. Fare un teatro in un piccolo spazio - che si apre su una strada- e che ha un fondo che affaccia una una grande proprietà territoriale di una impresa miliardaria, già si immagina che quel palco si possa aprire in quel largo spazio esterno, creando un teatro libero. È un raziocinio di carattere occupazione di spazio. Non voglio pretendere di insegnarvi qualcosa, spero che tutto questo voi già lo conoscete e che questa conversazione sia per voi un modo di confermare questa conoscenza. Ze Celso è una figura creativa e incredibile. È li da quasi 30 anni. In questo periodo la città, dal punto di vista dell’oppressione, degenerò. Pertanto forse una delle caratteristiche del Teatro Oficina è di essere un registro per la questione dell’espulsione, della manifestazione culturale, dell’aria urbana, che fu una grande disastro. Dall’altro lato, la popolazione della città inventa un’altra forma. Il TeProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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atro Oficina oggi è per la strada, era questo quello che volevano rappresentare. São Paulo intera è un grande Teatro Oficina. São Paulo è una città basata su tutti gli aspetti accademici di architettura, di conoscenza storica sopra l’urbanesimo e l’architettura presente è posta in modo sconvolgente. In fondo la possibilità del mercato immobiliare è molto grande, vedere il terreno è una stupidità tanto grande come non è mai stato fatto prima. Sapendo che noi viviamo nel pianeta non puoi immaginare di vendere un pezzo di terra per l’altro. Lei sa che l’area attorno al Teatro Oficina presenta una serie di problematiche. Oggi la questione è se fare un progetto come il suo o fare un altro progetto come fece studio Brasil Architettura per il Gruppo Silvio Santos, che prevedeva la realizzazione di un grande centro commerciale. Vocè sabe que a área do entorno do Teatro Oficina tem uma serie de problemáticas Hoje a questão é se fazer um tipo di projecto como o sue ou um outro projecto como aquela que fez o Escritório Brasil Arquitetura pelo Grupo Silvio Santos, que propôs a realização de uma shopping centre.

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Il progetto che io feci in quel l’area, quando Ze Celso mi chiamò, fu un progetto eminentemente per l’Oficina. Perché già il nome lo caratterizza. Ze Celso nomina il teatro Teatro, che è una disciplina, Oficina perché è un teatro che pretende agire. Pertanto il progetto che io feci, è un progetto… Oficina! Un progetto che prevedeva l’espansione dello spazio attorno al teatro - come aveva già previsto il progetto di Lina Bo Bardi, di usare lo spazio dietro il teatro - ma pensai di aprirlo anche nello spazio frontale al teatro, sotto il viadotto che quando fu costruito sovrastò parte del quartiere tagliando lottizzazioni intere. Per il teatro è fondamentale il rapporto con la strada, con il bar posizionato dall’altro lato, e come esso con tante altre piccole attività commerciali presenti nella zona. Quindi lo spazio lì sotto crea come una sorta di piazza coperta. Ho previsto un’idea di occupazione di quello spazio - che tra l’altro sarebbe molto interessante, per voi, approfondire questo aspetto chiamato occupazione in questo percorso che state facendo -. Se immaginate che questa città dovrebbe essere ricomposta per viverla meglio, dovreste immaginare che non si possa demolire quello che è stato fatto, perché ci sarebbero troppe spese per gestire tutto il materiale prodotto dalle demolizioni. È più probabile che si cambi Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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l’uso di quel posto, che si faccia un’occupazione dello stesso edificio. Si parla di un’occupazione, un “nuovo destino della stessa cosa” Si può pensare, ad esempio, di prendere un edificio qualsiasi, eliminarne le finestre, le porte, i tramezzi, lasciare solamente la struttura e immaginarla piena di vegetazione, come quella che nasce negli interstizi del viadotto, andando a creare un grande bosco. Potrebbe essere molto interessante per il Teatro Oficina trasformare un edificio in un nuovo aspetto vegetale . La grande questione dell’America sta in questo confronto che sorge con la conoscenza occidentale; una grande trasformazione della natura, come essa possa essere abitabile. La grande questione è cercare un modo per trasformare la natura in quello che lei non è, non un paesaggio ma un congiunto di fenomeni: meccanica del fluido, meccanica del suolo, meccanica elettrica, parliamo della fenomenologia della natura. Cosi come sta la nostra natura non serve per la nostra sopravvivenza. Rio de Janeiro è una città dove tutto questo è molto evidente Come una caverna nella natura, che oggi è diventata magari visita108

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bile come museo. Era semplicemente casa di uomini. Sopra la questione dell’occupazione della città, del territorio, come stavamo parlando prima. Fecero quel viadotto che ha molte problematiche oggi, come i moradores da rua che stanno occupando quello spazio. Come si potrebbe fare un occupazione di quello spazio, nel basso del viadotto, che possa essere un’opportunità per tutta la città e al tempo stesso per i moradores da rua? Sobre a questão do ocupação da cidade, do territorio, como estavam falando antes. Eles fizeram aquele viaduto que tem muitas problemáticas agora como os moradores da rua, que estão ocupando aquele espaço em baixo do viaduto. Como se pode fazer uma ocupação daquele espaço que pode ser uma oportunidade pra todas cidade e também para os moradores da rua? Non sono molto d’accordo con questo discorso, perché di fondo c’è un certo conformismo. L’occupazione migliore di quello spazio, nella mia opinione ideale, può accadere solo dopo la demolizione del cavalcavia. Fu fu fatto in una maniera che non doveva essere fatto, è impossibile correggerlo. È stato fatto semplicemente per ricorrere all’eccessivo Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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traffico di automobile. Tornando al tema della visione critica della politica coloniale, che oggi è possibile includerla nella matrice colonizzatrice, essa coinvolge questo stesso problema. Il problema dell’automobile è mondiale. Se noi immaginiamo che una volta il sistema idrico americano, che è il secondo al mondo - e che ha fatto la storia del nostro continente, delle nostre scoperte e battaglie -, era navigabile, ci accorgiamo che stiamo degenerando in relazione alla conoscenza che avanza. L’America Latina è in realtà una cosa sola. Dobbiamo prenderci la responsabilità di gestirla in una maniera univoca per poter risolvere determinati problemi. Dividendo un continente con una linea astratta e dire “questo e mio e questo e tuo”, come si fa a trattare ad esempio un fiume, che percorre ambedue i continenti, come un fenomeno intero della natura, come paesaggio? Questa è la mia opinione per una vostra riflessione sopra questo vostro viaggio in America . Voi conoscete il Trattato di Tordesilla? Dovete semplicemente immaginare che tutta l’America Latina era della Spagna, e solo il Brasile era portoghese. Questo trattato è una linea retta che da nord a sud che divide l’America Latina tra, appunto, Portogallo e Spagna. È faci110

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le dire che è una stupidaggine. L’America umana sta in costruzione. Pertanto, se voi, come studenti di architettura, riducete tutto e trattate i fatti come isolati, potete farlo ma con una coscienza di questo tipo. Gli studenti di architettura qui in Brasile non studiarono niente di queste vicende, la scuola qui è un inganno. Se vi proiettate su questo tipo di conoscenza, sarà fondamentale per la vostra formazione. Se non sappiamo esattamente come fare, non possiamo sapere con certezza quello che non va fatto. Come la questione del trasporto individuale. Come la questione del capire che senza verticalizzazione non esisteva la città contemporanea, il trasporto pubblico ecc.. Ho fatto tutto questo preambolo per tornare alla conclusione della domanda. Ne discutiamo spesso alla Facoltà di Architettura FAU/ USP, dicendo che è impossibile insegnare l’architettura, ma è possibile educare un architetto. Non si può dire come fare un architettura, ma si può insegnare un ragionamento per arrivare a delle conclusioni. Fondamentalmente, la questione della città è politica.

Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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ÁLVARO PUNTONI Grupo SP Nel suo lavoro di architetto si è spesso riferito ai concetti di vuoto e possibile. Come hanno influenzato la sua visione della città? No seu trabalho de arquiteto, frequentemente você se referiu aos conceitos de vazio e possível. Como eles interessaram a sua visão da cidade? C’è una cosa interessante a cui pensare. Quando osserviamo una città e ci concentriamo su un artefatto, magari siamo tenuti a pensare esso che non serve lì in quel posto, è tutto pieno, ed non assume importanza significativa, essendo già colmo di atri artefatti dello stesso valore. Questo pensiero mi ha sempre intrigato. L’importate è che tutto quello che la gente conosce in una certa forma è stato immaginato prima la terra prima di essere forgiata esisteva ma non esisteva l’idea per concretizzare un progetto. L’architettura in una certa maniera si inserisce in questo contesto. L’architettura immagina un mondo che ancora non esiste, con elementi esistenti. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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In una certa maniera, questa forma trasforma il mondo per realizzarlo, chiaramente non in forma totale o integrale. Mi spiego. Mi è sembrato molto interessante il lavoro sul Teatro Oficina, perché, quando discutevamo, nei vari incontri che abbiamo fatto, abbiamo parlato spesso dell’architettura del teatro di Aldo Rossi. È molto bella l’immagine di un’ architettura insperata; quando un giorno apri la finestra della tua casa, e scopri che c’è un edificio realizzato da un giorno all’altro, che non esisteva, questo componente insperato credo sia un componente molto importante nell’architettura, nonostante sia forgiato a partire tutto quello che noi sappiamo. L’architettura, in fin dei conti, come definisce Paulo Mendes da Rocha, è una convocazione intelligente di tutti i saperi che sono impegnati in una azione molto precisa, ossia la costruzione di un’informazione che da la possibilità, alla fine, di elaborare di un artefatto, che è uno spazio dove stare. In questo senso inoltre, dato che si parla di un artefatto, l’architettura è anche un componente estetico. In questo senso è super valorizzata perché l’interesse per l’architettura, come materia prima, è il vuoto, cioè tutto quello che non è costruito effettivamente. È conformato per un riferimento fisico ma esso è un elemento, in una certa forma, astratto. 114

Topografie urbane pauliste


Lo spazio che interessa, in realtà, è quello che andiamo a progettare. Di che forma è questo spazio, come contiene un programma, se si relaziona con il contesto, non si relaziona, se è chiuso, se è aperto, se deve essere guardati, se deve permettere una relazione… Non dico che tutto questo sia disprezzato, ma non si da molta attenzione a questi aspetti. Gli architetti guardano più all’espressione architettonica del progetto, ma in verità l’aspetto più importate è lo spazio. La bellezza sta nell’immaginare un’architettura, ma l’architettura può essere molto semplice, molto essenziale e non piena di ornamenti. Spesso la gente impiega un sacco di tempo per fare i disegni dei dettagli particolari. Ma quello che importa, quello che stiamo vedendo, è come noi possiamo costruire, in maniera molto semplice, diretta, oggettiva, in uno spazio dove in fin dei conti è presente il divertimento, la vita. Pertanto, il cuore è nella vita, non nell’architettura. È nella musica, i quadri, nelle manifestazioni, e nell’intelligenza umana. L’architettura è un intelligenza umana? Si. Ma in fin dei conti si sta parlando della costruzione di uno spazio, di un vuoto dove noi viviamo. In una certa maniera, credo sia interessante immaginare l’architettura come un luogo neutro, ma allo stesso tempo, contrariamente, come una enorme potenza di trasformazione. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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Ricollegandoci alla definizione di vuoto, l’area del Teatro Oficina potrebbe essere occasione per la progettazione dello spazio pubblico? Reconectando-nos á definição de vazio, a area do Teatro oficina poderia ser oportunidade para a projetação do espaço publico?

Il Teatro Oficina è un ottimo esempio di questa potenza che l’architettura può avere; un progetto molto semplice fatto con poche risorse, che svolge un’attività molto intrigante come l’arte drammatica, il teatro. Mi sembrava molto buona l’idea dell’opportunità di questo progetto, su come operare lo spazio che è stato a poco a poco trasformato in un grande vuoto urbano, lasciando in un certo senso quel teatro come un’isola; isolato, esso non ha quella potenza che potrebbe avere se fosse sviluppato con la città. Tanto l’opportunità che stiamo discutendo ora è involverlo per una nuova città che ha affinità con lo spazio che ha affinità con la questione del teatro, università, museo, e anche lo spazio pubblico. La nostra città, la città di São Paulo, e una città che ha una enorme domanda di spazio libero e, solo in un secondo momento ,pubblico. La superficie occupata è molto estesa e, tristemente, occupata non 116

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solo con costruzioni ma anche con muri, che nascono da questioni territoriali delle proprietà private che costituisco la grande città. L’altro giorno, per esempio, stavo facendo un analisi. Solo il quartiere di Jardim di São Paulo ha 4800 case in cui vivono 11.000 persone, in un area di 5 km2. Analizzando in particolare le murature, esse arrivano a 400 km; vale a dire che se prendo tutti i muri e li colloco uno dietro l’altro, potrei arrivare a Rio de Janeiro. Non sono muri semplici, sono muri con rete elettriche, muri intimidatori, muri secchi, non sono muri che stabiliscono una conversazione. Un muro può essere bello: due muri formano uno spazio, si può vivere tra due muri, ci si può fare un teatro. Come il Teatro Oficina. Ma un muro può anche essere molto nocivo. In una città che ha poco spazio pubblico, che ha 1000 km2 di area urbanizzata e solo 30 km2 di parchi, è molto interessante immaginare l’opportunità che questo progetto per l’intorno del Teatro Oficina apre, per suggerire che li si instaura uno spazio pubblico e che è possibile un dialogo differenziato tra la città e il teatro. Il teatro ha una relazione con la strada che non deve essere persa, è molto importante. Come sappiamo, parlando della storia del teatro, il teatro viene dalla strada. Il teatro è un arte popolare. Chiaramente esiste anche il teatro svolto in un recinto, in uno spazio stabilito, Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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come quello greco. Ma in generale il teatro che è arrivato a noi è un teatro fondamentalmente urbano, che si svolgeva nella strada. È solamente a partire dal XVIII-XIX secolo che esso passa dalla strada a un recinto; è il teatro che conosciamo noi oggi, che, in verità, non fa altro che riprodurre lo scenario della strada. Riproduce i balconi, lo spazio della platea che era la strada. Credo che sia molto positivo il fatto che il Teatro Oficina cerchi di mantenere una relazione con la strada, perché non può essere diversamente. Allo stesso tempo, in diversa forma, è un teatro strada e credo che anche questo rinforzi molto l’idea di ricavare li, affianco al Teatro, uno spazio pubblico. Dato il carattere strettamente identitario di questo spazio intellettuale, ritiene sia possibile parlare, in questo caso, di una architettura paulistana?

Dado o caractere estreitamente de identidade desse espaço intelectual, acha que seja possível falar, nesse caso, duma arquitetura paulistana? Sì e no. Sì perché fu fatto da un architetto che ha vissuto paesaggio e la vita qui in Brasile. Credo che Lina sia molto più brasileira di tanti 118

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altri architetti, per la sensibilità che aveva nel riconoscere, tramite le manifestazioni popolari, l’arte popolare, e per la capacità di trasportare questo in un progetto di architettura, per il quale costruiva un discorso sulla vita e sul futuro. Allo stesso tempo fece un’architettura molto indipendente, in relazione con l’architettura che era fatta a quei tempi dai professori e dagli architetti della Facoltà di Architettura e Urbanismo FAU/USP, che viene appunto definita architettura paulista o paulistana. Ma noi stiamo riscrivendo la storia e mi sembra importante, nella formazione di un architetto brasiliano, lo studio dell’architettura di Lina, pur non essendo stata professoressa. Nessuno può essere architetto senza aver avuto una contaminazione dell’ idea e del discorso di Lina Bo Bardi. Allo stesso tempo, lei aveva una costante critica in relazione al movimento dell’architettura paulistana, di cui lei una figura centrale, tanto come Artigas o Paulo Mendes da Rocha. In particolare, nell’area è attraversata dal Viadotto Julio de Mesquita Filho, famoso per essere scenario di alcune problematiche, riguardanti soprattutto il degrado urbano e l’occupazione da parte dei moradores da rua nella parte sottostante. Come pensa che Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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sia possibile integrare le esigenze progettuali che vorrebbero attuare una ricucitura urbana con la realtà sociale lì presente?

Em particular, a área é atravessada pelo Viaduto Julio de Mesquita Filho, famoso para se cenário de algumas problemáticas, que afetam, sobre tudo, o degrado urbano e a ocupação pelos moradores da rua na sua parte baixa. Como acha que seja possível integrar as exigências projetuais, que quereriam atuar um remendo urbano, com a realidade social lá presente? La cosa che mi sembra positiva di questo progetto, del Teatro Oficina e di questo spazio, è la nozione che proprio questo spazio dà. L’importante per tutti noi, è che dobbiamo sempre imparare da quello che già è stato fatto. Per questo ho suggerito a Marta e Marco di utilizzare come riferimento non solo il teatro di Lina Bo Bardi, ma di porre attenzione anche al progetto fatto da Paulo Mendes da Rocha, che si appropria dello spazio vuoto dall’altro lato della strada, sotto il cavalcavia. Credo sia molto buono questo progetto, perché va a coinvolgere completamente la strada come se facesse parte del teatro stesso, come scenario, come realtà. La biglietteria si trova dall’altro lato della strada, si attraversa la strada per accedere anche ai cameri120

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ni, che sono posizionati sotto il viadotto. Gli attori/artisti escono dai camerini, attraversano la strada mentre magari una macchina deve passare, quindi lo spettacolo si sospende per poi riprendere dopo il passaggio di questa. Insomma, si creano situazioni urbane. Per il progetto di Marta e Marco mi sembra buono partire da questo. La loro area in realtà è molto più ampia rispetto alla proposta di Paulo Mendes da Rocha. In questo senso, tutte le realtà che circondano e che si disinvolgono nella città , devono far parte il progetto, che va naturalmente a filtrarle. Non bisogna immaginare una barriera, come noi siamo abituati a fare qui a São Paulo. Le persone possono entrare , pertanto la realtà sociale fa parte del progetto, deve esserne incorporata. Se noi ci attacchiamo alla realtà come presa definitiva, parliamo di 10, 20, 30 anni. Ma che cosa sono 30 anni in confronto a 10.000 anni di civilizzazione o a 5.000.000 di anni di terra? Non sono niente. Allo stesso modo, ci domandiamo se p importante aprire quello spazio. Si! Questo non deve diventare un problema, la gente si adatta. Ad esempio, il viadotto è un problema? Sono ormai 40 anni che esiste, se ora lo leviamo cosa succede? Un caos, perché con il tempo tutto si incastra, e ci si abitua. Se noi abbiamo paura di fare le cose non costruiamo il futuro. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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Affrontando un'altra problematica, la speculazione edilizia affligge il funzionamento del Teatro Officina; negli anni sono stati proposti diversi progetti che non possedevano alcuna qualità architettonica né tantomeno urbanistica. Ritiene che la situazione immobiliaria attuale del quartiere permetta la difesa da questa minaccia? Abordando uma outra problemática, existe uma especulação edil que afeta o funcionamento do Teatro oficina; nos anos foram propostos diversos projetos que não possuíam alguma qualidade arquitetônica nem urbanística. Acredita que a situação imobiliária atual do bairro permita a defesa por essa ameaça?

Sì, il progetto in verità è una risposta a tutto questo. Mi sembra molto interessante il testo di Tales Ab'Saber che critica l’approvazione di queste due torri abitative che volevano costruire nel terreno accanto al Teatro Oficina. Una delle affermazioni di questo testo è molto interessante: reclama la capacità che abbiamo di costruire delle città orribili, e ogni volta che che facciamo questi edifici (improntati sulla speculazione immobiliare) riproduciamo questa capacità di costruire città brutte, quasi a sembrare che noi brasiliani siamo condannati a questo. Il senso di questo progetto è dunque una risposta a questo. La città 122

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non può essere continuamente fatta da questa forma per la quale è stata realizzata. L’Uomo costruì Venezia e fece un capolavoro. São Paulo fu fatta dallo stesso Uomo. Lo stesso uomo fece dunque questo disastro di edifici. La domanda è: chi è che va a correggere tutto questo? É bello immaginare dunque che due italiani si stiano interrogando sulla nostra città. La presenza di logiche differenti permettono un dialogo, e questo dialogo permetterà la costruzione di un’intelligenza che magari, un giorno, potrà salvare Venezia, e rendere São Paulo più umana. Il movimento culturale del Teatro Oficina è riuscito ad appropriarsi e interpretare concetti esterni alla realtà brasiliana come il Teatro Del Mondo di Aldo Rossi del 1980 che diventa qui il teatro-rua che si distingue per non essere assimilabile a un luogo specifico ma aperto alla Città. In che modo l’architetto può tradurre questi concetti in disegno architettonico? O movimento cultural do Teatro Oficina conseguiu apropriar-se e interpretar conceitos exteriores á realidade brasileira como o Teatro do Mundo de Aldo Rossi de 1980 que aqui se torna o Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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“teatro-rua” que se caracteriza para não ser assimilável a um lugar especifico mas aberto á Cidade. Em qual modo o arquiteto pode traduzir esses conceitos em desenho arquitetonico? Il movimento culturale del Teatro Oficina è riuscito ad appropriarsi e interpretare concetti esterni alla realtà brasiliana come il Teatro Del Mondo di Aldo Rossi del 1980 che diventa qui il teatro-rua che si distingue per non essere assimilabile a un luogo specifico ma aperto alla Città. In che modo l’architetto può tradurre questi concetti in disegno architettonico? (teatro em movimento) L’idea del Teatro del Mondo di Aldo Rossi è stata una conversazione che abbiamo fatto qualche tempo fa per stabilire una conversazione. È molto bello pensare che un progetto fatto quasi ormai 30 anni fa, riaffiori. È uno dei progetti più poetici fatti nell’universo dell’architettura. Chiaramente è molto differente farlo a São Paulo, è impossibile realizzarlo qui. Era l’idea di incorporare il concetto del Teatro del Mondo a questa realtà che è il Teatro Oficina, per stabilire un vincolo tra le civilizzazioni, tra la storia, tra l’architettura, sul modo di pensare, la logica distinta di pensare l’architettura, di come sarebbe possibile, con tut124

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te le limitazioni, pensare che tutto questo avverrà. In realtà era un modo per cominciare un dialogo. Nel caso di São Paulo, il concetto di questo teatro del mondo ha molto più rapporto con la strada rispetto Venezia, perché a Venezia era per i canali logicamente. È stata un’idea simpatica per iniziare un dialogo, un rapporto. Non so se verrò progettato. Ma in fin dei conti, quello che importa, è che il Teatro Oficina è il Teatro del Mondo. Lui è li ancorato.

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FRANCISCO FANUCCI Brasil Arquitetura Lei fa parte dello Studio Brasil Arquitetura, fondato nel 1979, in quegli stessi anni in cui Lina Bo Bardi lavorava attivamente nel panorama architettonico brasiliano. Come questo ha influenzato l’attività del vostro lavoro? O escritório Brasil Arquitetura, foi criado em 1979 nos mesmos anos no que Lina Bo Bardi trabalhava ativamente na arquitetura brasileira. Isso influiu a atividade do seu escritório? In una certa maniera influì. Il mio socio Marcelo Ferraz fu invitato a lavorare con lina bo bardi all’inizio del progetto del Sesc Popeia , come stagista. Noi in quel momento già lavoravamo insieme, e sicuramente l’inizio della collaborazione tra Marcello e Lina influì sul lavoro del nostro studio. Il gruppo di studio del Sesc Popeia lavorava direttamente dentro il cantiere, instaurando così una relazione diretta tra l’architetto e gli esecutori dell’opera. Si istaurava una relazione diretta tra chi progetProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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tava l’architettura e chi la eseguiva. Da questa esperienza, Marcelo imparò molto e trasmise tutto questo sapere al nostro studio. Dopo il Sesc Popeia egli continuò per altri 15 anni a collaborare con Lina, anni in cui presero vita le sue opere migliori.vL’architettura in una certa maniera si inserisce in questo contesto. L’architettura immagina un mondo che ancora non esiste, con elementi esistenti. Il vostro studio si è ritrovato a confrontarsi con una delle opere della stessa Lina Bo Bardi, ovvero il Teatro Oficina. Come questo ha influenzato le sue scelte progettuali? O seu escritório se confrontou com uma das obras da mesma Lina Bo Bardi, o Teatro Oficina. Como você achou continuar as intenções projetais dela?

Lo studio Brasil Arquitetura non partecipò allora alla progettazione del teatro. Il progetto fu fatto da Lina Bo Bardi in collaborazione con Edson Elito e Marcelo Suzuki; Noi abbiamo avuto l’opportunità di progettare l’ampliamento del teatro nel terreno a lato, per conto di un gruppo che aveva la possibilità 128

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economica di costruire in quell’ area. Abbiamo cercato di unire l’esigenza del teatro con quella degli investitori, con la consapevolezza che il direttore del teatro stesso avrebbe posto resistenza a tutto ciò. Ci sono stati vari episodi ci avvicinamento tra il gruppo e il teatro, rappresentato dal direttore, ma nessuno con esito positivo. Il progetto dell’area vicina al Teatro Oficina prevede la realizzazione di un centro commerciale. Come il vostro progetto ha affrontato il tema dello spazio pubblico e della relazione con la città? O projeto da área entorno ao Teatro Oficina prevede a realização de um centro comercial. Como o seu projeto afrontou o tema do espaço público e da sua relação coma a cidade?

Il nostro studio di architettura non ha mai progettato uno shopping center in 40 anni di carriera. Pensiamo che il modello dello shopping center rappresenti uno spazio che, in qualche modo neghi la relazione umana e la convivenza. Sono spazi normalmente chiusi, sottomessi a uno standard, solitamente senza alcun valore architettonico. Gli spazi che seguono questo tipo di restrizione non possono essere chiamati spazi pubblici. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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Abbiamo lavorato cercando di rompere questi schemi dello shopping center cercando di legare il Teatro Oficina a questo progetto. Il nostro studio si è imbattuto per stabilire un dialogo con il teatro; avevamo questi due obiettivi da fondere, con interessi e principi quasi incompatibili. È stata la grande sfida di questo progetto. Considerando che il Teatro Oficina si sviluppa in modo lineare, riproducendo una strada dove gli spettatori si posizionano dietro questa grande finestra, siamo partiti da questo presupposto per la collocazione del nostro nuovo teatro. Un teatro molto più grande, concepito come teatro totale con un rapporto diretto tra gli attori e il pubblico, rendendolo una grande scatola scenica. Questo fu quello che presentammo nella nostra prima idea di progetto: uno shopping center nella cui parte centrale, nel cuore, si collocava il nuovo teatro, con i suoi 800 posti. Nel progetto risultava la regione più valorizzata, aprendola per la strada Jaceguai. Questo nuovo teatro e questo shopping center andavano a creare insieme una nuova potenzialità e dei nuovi spazi culturali. Inoltre , data la presenza del teatro, il piano regolatore della città ci permise di aumentare, andando oltre le volumetrie standard. Il giorno in cui presentammo il progetto all’interno del teatro fu acclamato sia dalla compagnia teatrale sia dal gruppo economico di 130

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Silvio Santos. Pensammo di essere riusciti a coniugare le due parti. Subito dopo però iniziarono le contestazioni da parte di Ze Celso, che affermava che il teatro nel progetto non rispecchiasse ne lui ne il Teatro Oficina. Tornando al progetto, avevamo scelto di aprire lo shoppign center verso tutte le strade, andando a formare una sorta di galleria, come quelle presenti nel centro città, andando ad annullare la divisione dello spazio pubblico e privato, redendo il tutto permeabile. Lo shopping center era un’estensione della strada. Il proprietario del terreno, Silvio Santos, decise di demolire un edificio, anche se protetto dal patrimonio storico municipale, per completare lo svuotamento del lotto. Questa fu una grave inflazione e lui dovette risarcire con la promessa che, assieme allo shopping center, avrebbe riqualificato tutta l’area sotto il cavalcavia che si trova di fronte al teatro. Allora facemmo un ulteriore sforzo per per integrare questi spazi con il progetto dello shopping center, da qui la rottura di questo limite del viadotto andandolo a riutilizzare come spazi di ritrovo urbano con biblioteca e centro culturale, simboli della cultura e del quartiere di Bixiga. Disegnammo tutti i particolari arrivando fino ai dettagli degli impianti

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elettrici e delle fognature; lavorammo tantissimo per questo progetto, ma con il passare del tempo la collaborazione di Ze Celso andò sciamando. Egli si innamorò di un progetto proposto da un architetto di Rio de Janeiro che propose una Università popolare (Università antropofaga) con un teatro che sembrava un teatro da calcio. È una cosa totalmente fuori dalla realtà per che il teatro non ha i mezzi economici per comprare il terreno ed appropriarsene. Il nostro progetto era buono perché cercava di coniugare tutti gli aspetti. Silvio Santos, che ha molto interesse economico in questa lottizzazione, da allora cambiò idea e propose un nuovo progetto di speculazione immobiliare che prevedeva la costruzioni di due alte torri residenziali. Oltre alle divergenze progettuali che si sono succedute negli anni riguardo al terreno a lato del Teatro Oficina, la stessa area è scenario di speculazione edilizia. Ritiene che la situazione immobiliare attuale del quartiere permetta la difesa da questa minaccia? Além as divergências projetuais que aconteceram nesses anos sobre o terreno ao lado do Teatro Oficina, a mesma área é cenário de especulação imobiliária. Acha que essa situação do 132

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bairro permita a defesa por essa ameaça? Penso sia difficile, non ci sono strumenti, regole o leggi a rispetto di questo. Doveva entrare in difesa la preservazione del patrimonio storico culturale del patrimonio materia o immateriale che rappresenta il Teatro Oficina. Tecnicamente penso sia molto difficile, data la grande forza dell’industria immobiliare. Il nuovo piano direttore, oggi vigente con nuove regole sull’uso del suolo, rappresenta un progresso molto grande rispetto a quello antecedente. Tutto quello che sta succendedo è un grande passo avanti , le forze che stanno a rappresentando questo scenario della speculazione immoliare è molto forte, i rappresentanti hanno molto interesse economico, grazie a questo oggi è possibile costruire molto di più rispetto a quello che era in molte aree della città . oggi il piano direttore incentiva lo svilutto della città, favorendo l’edilizia ad alta densità. Questa premessa incontra l’interesse del settore immobiliare definito dai rappresentanti della camera. Solo negli ultimi decenni ha assunto maggiore importanza nel contesto urbano di São Paulo la necessità della progettazione di Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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spazi pubblici e culturali. Come può l’architetto mediare tra la necessità di funzioni che possano essere motori economici e l’esigenza di spazi pubblici a disposizione della collettività? Nos últimos decênios se tornou importante no contexto urbano de São Paulo a necessidade da projetação dos espaços públicos e culturais. Como pode o arquiteto mediar entra a necessidade de atividades que possam ser motores econômicos e a exigência de espaços públicos para a coletividade? Voglio parlare di una cosa. Di questi shopping center che nascono negli Stati Uniti che creano uno spazio in-door che vuole riprodurre la realtà esterna della strada. Questo spazio finì per cambiare in breve tempo, assumendo delle proprie regole di funzionamento interno, che sono in qualche modo la negazione dello spazio della città. Se noi pensiamo alla città come fenomeno e allo svolgimento della città, è legata sostanzialmente al commercio, a quello che è la borghesia. La borghesia però pone un muro, e la città è al di fuori da questo muro. Questo commercio borghese crea la narrativa della storia della città, a cui tutti noi siamo legati. Questa città è nata con il settore terziario, con il commercio. I passaggi, le gallerie, tutto quello che incontriamo in città sono ele134

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menti di forte conoscenza delle persone. Lo shopping center di oggi è questo: una classe sociale che si sente protetta e legata al consumo. Questa cosa persiste nel tempo, e in una certa maniera noi volevamo riportare questo nel nostro progetto per il quartiere di Bixiga.

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5. ABSTRACT

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Il progetto si colloca nel centro di São Paulo, nel quartiere di Bixiga. Anche se denominato quartiere, esso in realtà identifica un ambito urbano culturale multietnico, compreso tra il distretto di Républica a nord, identificabile come uno dei primi nuclei insediativi della città, e il distretto di Bela Vista a sud. Questa divisione è marcata a livello fisico dal viadotto costruito negli anni ’60 durante la dittatura militare, che è andato a tagliare in due questa parte della città. Bixiga è un quartiere di origine italiana, che negli anni ha accolto immigranti da tutto il Paese e oltreoceano, e per questo oggi è conosciuto come un quartiere multietnico, ricco di cultura, arte, tradizione, conosciuto e rinomato per essere il “quartiere dei teatri”. È una parte del centro della città in cui risiede ancora molta storia, che si rispecchia soprattutto nell’edilizia residenziale di marca europea, caratteristica di quesa zona. Nonostante questo, però, la speculazione edilizia negli ultimi 50 anni, come per il resto della città, è stata molto alta. Per questo motivo, nel 2002, gran parte di Bixiga è stata dichiarata protetta. Il grande lotto su cui abbiamo lavorato è un vuoto urbano che si è andato a formare nel tempo, frutto proprio di questa speculazione. Tra il 2002 e il 2010, infatti, sono stati demoliti gran parte degli Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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edifici preesistenti tra cui una sinagoga, con la volontà di realizzare prima due torri residenziali di 40 piani l’una, poi un centro commerciale. La presenza del Teatro Oficina, stabilitosi qui negli anni ’60, e la lotta che porta avanti da anni contro la speculazione e per la vivibilità e vitalità del quartiere, ha fatto si che questo processo di trasformazione si bloccasse, facendo così di questo lotto l’ultimo spazio libero a vocazione collettiva nel centro di São Paulo. Nelle macerie e nell’accidentalità lasciate da questa trasformazione urbana, abbiamo cercato di individuare quei segni e quelle tracce che, interpretati, potevano fungere da elementi potenziali per formulare il nostro progetto. Tra di esse, le murature perimetrale che circondano il lotto. La loro particolarità è che per la gran parte sono formate dalle facciate rimaste in piedi degli edifici demoliti che erano presenti le lotto, tra cui la prima sinagoga di São Paulo risalente al 1919. In queste murature sono presenti due accessi al lotto, ribattezzati dal Teatro come “portali”. Uno è ad oggi utilizzato per quelle rappresentazioni teatrali che prevedono l’utilizzo non solo dello spazio del lotto ma anche del quartiere; l’altro è una portale murato, che si Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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Immagine satellitare, Google™ Earth

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collega direttamente con Vale do Anhangabaú, il cuore della città, e che la stessa Lina prevedeva di aprire. Un altro importante elemento presente è questa massa, che non è un semplice cumulo di macerie, ma è stato ribattezzato dal Teatro come “sambaqui”. Il sambaqui è un accumulo stratificato di materiale organico e calcareo che si trova lungo le coste del Brasile e che contiene resti e testimonianze degli abitanti preistorici della regione. Per il Teatro è importante preservare questo rilievo, a cui assegna un valore simbolico, cosa di cui abbiamo tenuto conto nel nostro progetto.

Evoluzione del vuoto urbano

Un’importante proprietà di questo luogo, su cui si è basato il nostro progetto e su cui abbiamo lavorato molto, è la topografia esistente che si è andata a formare negli anni a seguito degli accumuli e dalle stratificazioni delle macerie. Come la stessa Lina immaginava, il Teatro Oficina doveva letteralmente forare le pareti del fondo, aprendolo così a una piazza pubblica che lo andasse a collegare con l’altro lato della strada, verso il cuore della città. Partendo da questi presupposti, il nostro lavoro è stato quello di fare una rilettura personale della topografia, andando a rimodellare e Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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compattare le macerie presenti nel lotto. Cosi facendo siamo andati a creare uno spazio aperto alla città, il quale accoglie l’ambiente urbano che entra e, cambiando identità, si trasforma in paesaggio e in una sorta di spazio teatrale aperto, come era del resto anche nelle intenzioni del progetto formulato da Lina Bo Bardi. Il terreno di oggi si modifica dunque per andare a creare un paesaggio urbano caratterizzato dalla flessibilità di utilizzo (rappresentazioni, riti, cortei, manifestazioni popolari ecc), un luogo dove arte, cultura, architettura e la vita urbana quotidiana si fondono e prendono forma. Insieme, creano uno spazio educativo dove il Teatro può trasmettere i principi e i valori, ove le persone vengono chiamate a riscoprire la propria identità. La scelta è stata quella di creare un luogo semplice e spoglio, che diventasse un unico spazio per l’azione umana nel quale tutto è teatrale. Questa scelta, peraltro, consente di mantenere il carattere architettonico del Teatro sempre in primo piano, rendendolo protagonista e non andando a prevalere su di esso. Abbiamo scelto di mantenere le murature perimetrali restanti dalle demolizioni non solo perché per noi è importante recuperare la 144

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storia degli edifici che queste rovine rappresentano, ma anche per la memoria del luogo, della storia recente del Paese, un ricordo personale che si mescola, involontariamente, con la memoria collettiva. Questi frammenti sono l’elemento base che è andato a comporre una scena vissuta; l’ambiente riconoscibile come “urbano” in questo caso assume diverse identità, tra cui quella di spazio teatrale. Le murature vanno così a comporre un fondo scenico che richiama l’ordinario, non andando a negare la realtà, ma rendendola visibile. La scelta è stata quella di mantenerle per come sono oggi, andando solamente ad inserire degli elementi complementari in ferro, come il cancello che completa il portale di ingresso da Rua Abolição, e le grate che sono andate a sostituire le vecchie saracinesche rimaste. L’unico elemento presente nell’area che si sviluppa in alzato e si relaziona dunque con le murature e il Teatro è una sorta di pronao moderno dal carattere urbano, che funge da filtro simbolico, da soglia, tra il paesaggio teatrale e l’ambiente cittadino, andando a comporre, assieme alle rovine, un unico fondo scenico. Dalla rilettura e dall’interpretazione della topografia esistente sono emerse delle figure caratterizzanti, di cui siamo andati succesProgetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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sivamente a studiarne la composizione plastica attraverso la modellazione di un plastico di studio. Possiamo vedere il sambaqui, un elemento composto da strati, i quali ricordano la sedimentazione degli elementi archeologici. Al sambaqui si aggancia un elemento più regolare, il quale abbiamo immaginato essere il cuore di questo spazio e delle attività che si possono svolgere in esso. Quest’ultimo si relaziona al Teatro mediante una terza figura, una zona di filtro che media tra questi due elementi e accoglie il Pau Brasil, l’albero che piantò la stessa Lina che cresce dall’interno verso l’esterno, primo segno del Teatro di comunicazione con il paesaggio urbano esterno e celebrazione verso il mondo. Possiamo vedere, in pianta, come queste forme si incastrano armonizzandosi, andando così a creare un ambiente univoco, la cui priorità è stata quella di mantenere un dialogo costante con l’interno del teatro. Considerando che il teatro-strada si sviluppa in modo lineare, abbiamo pensato di espandere quest’asse sia nella parte retrostante, sia nella parte anteriore, collegando così il nuovo spazio urbano con il sotto-cavalcavia, andando a comporre in tal modo un unico ambien146

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te con una narrazione in contiguità. Questo spazio espanso risulta essere nettamente tagliato da una strada, elemento molto importante per il teatro in quanto il teatro stesso lo è. Proprio questa strada, vista come elemento positivo, assieme al teatro e allo spazio che siamo andati a creare, concorrono per creane un unica scena, nella quale attori, gente comune, vengono presi e inglobati. È l’urbano che si trasforma in teatro. Uno degli elementi caratterizzanti dell’opera di Lina Bo Bardi è questa grande vetrata, attraverso la quale si mantiene una costante relazione con l’ambiente urbano circostante. Il nostro progetto, manifestazione dello scenario urbano odierno, mantenendo le diverse altimetrie del terreno, va a comporre uno spazio in cui la percezione visiva è di 360 gradi e nel quale il Teatro Oficina, con il suo albero-totem, risulta sempre protagonista. La scelta di aprirlo, inoltre, lo ha reso uno spazio pubblico utilizzabile dalla comunità di Bixiga, una piazza, un luogo di ritrovo. Lo spazio è permeabile, accessibile dalla strada e dai portali, che abbiamo scelto di mantenere come simbolo. Nello spazio più regolare, cuore del paesaggio che siamo andati a comporre, abbiamo inserito un elemento che ricordasse la Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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presenza dell’acqua nel quartiere di Bixiga, ad oggi tutta incanalata in rii sotterranei. Un grande doccione in calcestruzzo, oggetto parte della scenografia urbana, utilizzabile tanto dal teatro durante le rappresentazioni, quanto dalla gente che vive questo luogo. Abbiamo scelto inoltre di mantenere i terrazzamenti più alti del lotto così come si presentano oggi. Un verde nato dalle macerie, un terzo paesaggio che si è fatto spazio in questo vuoto urbano, con la previsione che diventi sempre più folto, fino a rompere i limiti dettati dalle murature, andandosi a collegare con il verde presente lungo le strade. Siamo scesi successivamente di scala fino ad arrivare a un livello più di dettaglio, nel quale abbiamo studiato la maglia dei giunti di dilatazione e lo scolo delle acqua meteoriche, data la grande quantità di piogge annue in Brasile. Per quanto riguarda la pavimentazione, prevediamo di andare ad utilizzare le macerie presenti oggi nel lotto, andandole a ricompattare per creare un terreno di sottofondo sopra il quale costruire. Il progetto, caratterizzato dall’enfatizzazione delle curve di livello, presenta una pavimentazione in calcestruzzo grezzo e poroso. Il degra148

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do del materiale cerca di rispecchiare il carattere del luogo-rovina, andandolo ad enfatizzare e sembrando parte dell’insieme. Questa serie di terrazzamenti è realizzata con dei casseri casseri che, una volta tolti, andranno a caratterizzare tutto il progetto in alzato, enfatizzando il concetto di stratificazione. Vediamo in dettaglio come ci siamo rapportati con le murature esistenti, scostandoci con la pavimentazione in modo tale da lasciare una fascia “di rispetto”. Questo ci ha permesso di enfatizzare ulteriormente la muratura rovina e quello che essa rappresenta. Distaccandoci, inoltre, abbiamo ricavato una fessura in cui far convogliare l’acqua piovana. La soglia è caratterizzata da un monolite dall’aspetto apparentemente massiccio, il quale si sostiene su dei pilastri rivestiti in ferro dal diametro minimo. Siamo riusciti ad ottenere questo gioco di equilibro grazie a una composizione di blocchi prefabbricati precompressi a sezione vuota, posizionati con un gioco di incastri. Ciò ci ha permesso, inoltre, di utilizzare l’interno di queste travi sia come vaso, sia come raccolta dell’acqua piovana, per alimentare il doccione posto all’estremità del monolite, verso la parte interna del lotto. Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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6. IL PROGETTO

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SEGNI E TRACCE - STATO DI FATTO

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RILIEVO DELLE MURATURE - STATO DI FATTO

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PLANIMETRIA Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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PROSPETTI Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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PIANTA Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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GIUNTO DI DILATAZIONE GIUNTO DI COSTRUZIONE

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COMPLUVIO DISPLUVIO DRENAGGIO ACQUE METEORICHE

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POZZETTO DI SCOLO

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+5.50

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2% 2%

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INCLINAZIONE PAVIMENTAZIONE

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VISTA DALL'ALTO

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PLASTICO SCALA 1:200


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VISTA ASSONOMETRICA

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RAPPORTO CON IL CONTESTO

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PLASTICO SCALA 1:200


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RAPPORTO CON LA STRADA

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RAPPORTO CON IL CONTESTO

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PLASTICO SCALA 1:200


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PLASTICO SCALA 1:100


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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA AA.VV., Roberto Burle Marx : the modernity of landscape, Barcelona, Ed. Actar, 2011 CLÉMENT G., Manifesto del terzo paesaggio, Macerata, Quodlibet, 2005 BARDI L.B., Teatro Oficina (1980-1984) - Oficina theatre (1980-1984), Lisboa, Ed. Blau, 1999 BARDI L.B., FERRAZ M.C., Instituto Lina Bo e P. M. Bardi, Lina Bo Bardi, Milano, Edizioni Charta, 1994 DE MEDEIROS M.B., MONTEIRO M.F.M., Espaço-corpo-templo-cidade na performance do Teatro Oficina, in Espaço e performance, Programa de Pós-Graduação em Arte, Universidade de Brasilia, 2007 FINAZZI-AGRÒ E., PINCHERLE M. C., La cultura cannibale : Oswald de Andrade: da Pau-Brasil al Manifesto antropofago, Roma, Meltemi, 1999 GALLO A., Lina Bo Bardi architetto [9. Mostra Internazionale di Architettura : la Biennale di Venezia], Venezia, Marsilio, 2004 GARDIN C., O teatro antropofágico de Oswald de Andrade. Da ação Progetto per l'area del Teatro Oficina a São Paulo

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SILVA A.S., Oficina: do Teatro ao Te-ato, São Paulo, Editora Perspectiva, 1981 TAVAREZ R., Teatro Oficina de São Paulo: seus dez primeiros anos (1958-1968), University of Texas, Yendis, 2006 Da rua ao palco : notas sobre a formação do teatro na cidade de São Paulo, São Paulo : Secretaria Municipal de Cultura, 1982. ZANCAN R., La strada è un teatro, in “Domus Web”, maggio 2012

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http://teatroficina.com.br https://blogdozecelso.wordpress.com http://movimentobixigao.blogspot.it http://www.universidadeantropofaga.org https://www.youtube.com/user/uzonauzyna https://vimeo.com/tvuzyna

Tutte le immagini sono tratte dal blog del Teat(r)o Oficina e dall'archivio personale.

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RINGRAZIAMENTI Vorremmo ringraziare la professoressa Antonella Gallo per averci guidato durante il nostro percorso e averci stimolato a cambiare sempre il nostro punto di vista. Un ringraziamento speciale a Paulo Medes da Rocha, per averci ricordato l'amore e la passione verso l'architettura. Ringraziamo anche Álvaro Puntoni e Francisco Fanucci, due grandi architetti che hanno dedicato un po' del loro tempo al nostro lavoro, contribuendo con il loro sapere. Un grazie all'Escola da Cidade, per averci accolto. Un grazie a tutti gli amici conosciuti in Brasile, che ci hanno guidato alla scoperta di una cultura e una città vertiginosamente diversa dalla nostra, e ce ne hanno fatto innamorare. Grazie a Mario, Valentino, Giovanni e Serena, per averci aiutato e aver allietato le nostre giornate di studio. Grazie a Enrico, per averci sempre assecondato. Infine, il ringraziamento più grande va ai nostri genitori, che hanno permesso tutto ciò, con il loro continuo amore e sostegno. Venezia, 28 Luglio 2017

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