Oltre lo scheletro. La bolla edilizia spagnola e un progetto di riuso per il non finito.

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O l tre l o schel etro.

tesi di la urea magi stral e i n A R C H I T E T T U R A , C O ST R U Z I O N E , C I T T À Po li tecni co di Tori no, a.a. 2 0 14-2015

candida ta:

MARTI NA Al teri ni

rela tore:

MARCO Tri sciuog lio Poli tecni co di Tori no

correla tori:

GUYA GRAZIA MARIA Bertelli

Poli tecni co di Mi lano

DAV IDE TOMMASO Ferrando Poli tecni co di Tori no



I ndi ce Introduzione Il paesaggio del lucro La Spagna dei record

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La politica della casa in Spagna La crisi della pianificazione La creazione della bolla La domanda I vantaggi sul credito L’offerta L’evoluzione dei prezzi L’esplosione della bolla Il debito degli spagnoli Il diritto alla casa Cambio nell’uso dei suoli Megaprogetti e parchi tematici

34 40 50 54 56 58 63 67 70 72 77 90

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La mappatura dell’abbandono

Mapa de España Mappare l’Italia

Strategie per l’abbandono

La demolizione come azione progettuale Il non fare Il riuso

Un progetto oltre lo scheletro

La loggia Il patio

Bibliografia, Sitografia e Filmografia Crediti Ringraziamenti

99 101 115

123 125 130 136

163 171 189

205 219 221



I ntroduz ione

L’ultima bolla edilizia spagnola, che si è sviluppata da fine anni Novanta e interrotta dalla crisi economica mondiale del 2007-2008, ha avuto gravi ripercussioni sulla società, sulla città e sul paesaggio. Non esiste territorio che sia sfuggito allo tsunami urbanizador, all’onda di cemento che ha ricoperto ogni angolo della Spagna, con una media di 75,8 nuovi ettari urbanizzati al giorno. Il risultato di questo processo è un totale di sei milioni di case, tra nuove e invendute, vuote e non finite, infrastrutture ridondanti e fuori scala, parchi tematici e campi da golf. Il risultato è un nuovo patrimonio per la maggior parte inutilizzato e abbandonato. Questo nuovo patrimonio, in parte composto da scheletri di cemento abbandonati, racchiude in sé grandi potenzialità e diventa materiale per il progetto. L’obiettivo è quello di recuperare questi spazi, instaurando al loro interno un nuovo ciclo di vita che potrebbe soddisfare le esigenze della comunità, risolvendo in questo caso l’emergenza abitativa spagnola dovuta alla stessa bolla immobiliare. Il capitolo 00 mostra da dove parte questa ricerca, con una serie di fotografie di scheletri di cemento abbandonati, non finiti, dispersi nella campagna di Zaragoza. Il capitolo 01 tenta di analizzare cause e conseguenze del fenomeno immobiliare spagnolo, dalle politiche sulla casa ai cambi nell’occupazione dei suoli. Il capitolo 02 sostiene l’importanza dei processi di mappatura partecipativa dei luoghi dell’abbandono, in quanto il loro riconoscimento costituisce il primo passo verso progetti di riuso. Nel capitolo 03 si descrivono le strategie attuabili nei confronti dei luoghi scartati, rafforzate da uno o più casi 5


studio. Nel progetto vengono allora prese in considerazione le ipotesi della demolizione, del non-intervento o del riuso, nelle sue molteplici forme. Il capitolo 04 rappresenta la conclusione della ricerca, dove tutte le precedenti analisi si concretizzano in un metaprogetto di riuso di uno scheletro edilizio abbandonato con funzione abitativa.

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00 Il paesaggio d el l ucro

Il capitolo zero mostra dove inizia questa ricerca. Inizia da una conferenza a Barcellona sul tema della creazione di una base di dati pubblica sui cadaveri immobiliari. Una conferenza saltata, per il mio volo aereo cancellato e rimandato al giorno dopo. Per restituire un senso a questo viaggio, che ormai l’aveva perso, la decisione di prendere una macchina e di guidare per ore tra le terre spagnole, brulle e gialle, in contrasto con un cielo azzurrissimo e senza nuvole. Guidavo alla ricerca di uno di quei paesaggi del lucro che avevo trovato in Ruinas Modernas: San Mateo Gallego, nei pressi di Zaragoza. Questa piccola raccolta di foto ha l’ambizione di trasmettere un po’ di quell’atmosfera che ho trovato tra le rovine abbandonate della speculazione edilizia spagnola.

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01 La S pagna d ei record

L’ultimo boom immobiliare spagnolo ha avuto un’intensità e una durata senza precedenti, originando una crisi economica anch’essa senza precedenti. Con la sua implosione è entrato in crisi il modello immobiliare che l’ha prodotto. Nei venti anni che hanno seguito l’ingresso della Spagna nell’Unione Europea (European Act, 1986) il paese ha portato avanti uno sviluppo che ha profondamente mutato la città e il paesaggio. La crescita nel settore delle costruzioni nel periodo che va dal 1997 al 2007 registra grandi record, arrivando a rappresentare il 20% del Prodotto Interno Lordo, ma al tempo stesso distrugge il paese, con la costruzione di nuove case, centri commerciali, villaggi vacanze, campi da golf e ancora autostrade, ferrovie, aeroporti e porti marittimi. I dati del progetto Corine Land Cover1 del 2000 lo testimoniano: la superficie di suolo urbanizzato in Spagna passa da 669.222 ettari nel 1987 a 1.017.356 ettari nel 2000, un incremento del 52%, che corrisponde a una crescita media di 19.340 ettari urbanizzati all’anno. A Madrid, Valencia, Murcia e in Navarra la nuova occupazione dei suoli corrisponde al 50% di quello che già era stato urbanizzato, mentre nel litorale mediterraneo l’ondata di cemento copre il primo chilometro di costa. Quella spagnola è stata una bolla immobiliare paragonabile a un processo cancerogeno urbano, che in maniera indifferenziata e incontrollata ha

1 Corine (Coordination of information on the Environment) Land Cover è un progetto europeo diretto dall’Agenzia Europea del Medio Ambiente (AEMA). In Spagna è l’Istituto Geografico Nazionale che si occupa dell’elaborazione e della diffusione dei dati raccolti con il progetto. Corine Land Cover ha come obiettivo fondamentale la raccolta di dati numerici e geografici per la creazione di un database europeo a scala 1:100.000, che racconti la copertura e l’uso del territorio attraverso le immagini raccolte dai satelliti Landsat e SPOT.

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invaso e distrutto i tessuti e gli ecosistemi urbani preesistenti. Hern2 individua quattro fasi nel processo cancerogeno: la crescita rapida e incontrollata, l’indifferenziazione delle cellule maligne, la metastasi in diversi luoghi, l’invasione e la distruzione di tutto ciò che esiste. Naredo3 riprende e verifica le quattro fasi di Hern applicandole al contesto urbano e comparandole al fenomeno immobiliare spagnolo. La crescita rapida e illimitata del patrimonio immobiliare è stata la conseguenza di un modello urbanistico che era anche economico4 , e del desiderio di lucro e possesso. L’indifferenziazione tra cellule è equiparabile al predominio di un unico modello costruttivo, quello che dota gli edifici di scheletri di cemento e tamponamenti in mattoni, diversamente dall’architettura vernacolare che si adatta al contesto dove nasce utilizzandone i materiali5 . Si sono creati luoghi che potevano essere riprodotti, clonati e venduti indipendentemente dal sito, senza tener conto delle peculiarità del paesaggio, come la topografia e il clima. La metastasi in diversi luoghi è comparabile invece al fenomeno dell’urban sprawl, possibile grazie alla nuova rete viaria costruita appositamente. Infine l’invasione e la distruzione dei tessuti esistenti ricorda la maniera spagnola di demolire i vecchi edifici per ricostruirli attraverso il nuovo modello urbano. I dati confermano questa tendenza mostrando che solo il 21% del patrimonio spagnolo è anteriore al 1949, una percentuale inferiore a Germania (29%), Francia (35%) e Inghilterra (42%), che sono i paesi che hanno subito più danni nella seconda guerra mondiale. Un modello immobiliare più devastante della guerra mondiale, che ha distrutto e sostituito l’antico patrimonio abbassandone la qualità, attraverso operazioni immobiliari prive della complessità della città tradizionale e che il più delle volte hanno violato le norme urbanistiche. Una Spagna che ha battuto tutti i record arrivando a detenere il titolo 2  W. M. Hern, ”Why Are There So Many of Us? Description and Diagnosis of a Planetary Ecopathological Process”, Population and Environment: A Journal of Interdisciplinary Studies 12 (1990): 9-39. 3  J. M. Naredo, “El modelo inmobiliario español y sus consecuencias” (atto de “Coloquio sobre Urbanismo, democracia y mercado: una experiencia española (1970-2010)”, Institut d’Urbanisme de Paris 12 Val-de-Marne, Escuela Técnica Superior de Madrid, Casa de Velásquez, Parigi, 15-16 Marzo, 2010). 4  Per una riflessione sulla natura politica delle pratiche di pianificazione si veda L. Mazza, “Ippodamo e il piano”, AA.VV, Territorio 47, Franco Angeli, Milano, 2008, p.88-103. 5

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Il modello costruttivo unico è detto Estilo Universal da Naredo, in J. M. Naredo, ivi, p. 14.


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di paese europeo con più case e chilometri di autostrade pro capite: le 800.000 case iniziate nel 2005 superavano i numeri di Francia, Germania e Inghilterra messe insieme e che insieme hanno una popolazione che è quattro volte quella spagnola. Una Spagna leader, oltre che nella distruzione del proprio patrimonio immobiliare, anche nella quantità di case inutilizzate/vuote/invendute, che ammontano a sei milioni a fine 20126 . Il risultato della febbre del mattone spagnolo è un paesaggio disseminato di complessi edilizi abbandonati, spesso non terminati, ma anche di migliaia di chilometri di strade inutilizzate, di aeroporti deserti dove né arrivano né partono aerei, di campi da golf e di complessi sciistici. Il risultato è una topografia de lucro 7 .

6  A. Colau, A. Alemany, Vidas Hipotecadas, de la burbuja inmobiliaria al derecho a la vivienda , Cuadrilátero de libros, Barcellona, 2012, p. 49. 7  J. Schulz-Dornburg, Ruinas Modernas. Una topografia de lucro , Ambit, Barcellona, 2012, p.11.

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Complesso turistico e dell’ozio Calatrava, Villamayor de Calatrava, Ciudad Real, 1993-2009.


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Due sono i modelli immobiliari che caratterizzano i vari paesi europei e che si differenziano per incidenze economiche, sociali ed ecologiche: il primo è quello che promuove la casa in proprietà, che diventa anche prodotto di investimento diretto, mentre il secondo favorisce l’affitto, sia libero che sociale. Il primo favorisce la riqualificazione dei suoli e la nuova costruzione per ottenerne una rendita, mentre il secondo si adatta alla demografia e alla disponibilità finanziaria delle famiglie e sfrutta il patrimonio edilizio esistente. La Spagna da Franco in poi ha promosso il primo di questi due modelli, riducendo progressivamente il peso del secondo, diventando uno dei paesi europei con il maggior numero di case in proprietà (81%) e con il minor numero di case in affitto e case sociali. Una politica che ha favorito anche l’estensione dell’ultima bolla edilizia, che ha fatto dell’affare immobiliare la vera industria nazionale8 . La Danimarca, l’Austria, l’Olanda, la Germania, la Svizzera e la Francia dagli anni Cinquanta e Sessanta, si fanno promotori invece del secondo modello, favorendo allo stesso tempo anche la casa sociale. Specificatamente Germania e Svizzera possiedono percentuali di case sociali ridotte, ma un grande stock di case private in regime affittuario. È infatti all’inizio del XX secolo che questi paesi iniziano a promuovere politiche per risolvere la questione abitativa scaturita dalla forte immigrazione, a sua volta conseguenza della rivoluzione industriale: già nel primo dopoguerra avranno costituito un patrimonio di case considerevole. Per quanto riguarda invece l’affitto sociale è l’Olanda il paese in testa, con il 75% dell’affitto totale, seguito dall’Inghilterra con il 65%. Dal regime di Franco alle democrazie degli anni Ottanta e Novanta le politiche spagnole hanno favorito il regime della casa di proprietà e fatto della costruzione il motore dell’economia del paese. Il Censo de Edificios y Viviendas9 del 1950 registra in realtà una percentuale più alta di case in regime di affitto, raggiungendo il 94% a Madrid, il 95% a Barcellona, il 90% a Siviglia e l’88% a Bilbao. Una situazione che era destinata a ribaltarsi totalmente, stabilendo il predominio della casa di 8

J. M. Naredo, op.cit. , p. 18.

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“Censimento di edifici e case”.

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Danimarca

Germania

Irlanda

73-27

67-33

53-47

78-22

Grecia

Belgio

Spagna

Francia

Italia

76-24

81-19

60-40

73-27

Ungheria

Olanda

Austria

Portogallo

88-12

67-33

59-41

74-26

Svezia

Inghilterra

Norvegia

Svizzera

73-27

84-16

44-56

69-30

Percentuali dei regimi di proprietĂ e affitto delle abitazioni in alcuni paesi europei nel 2007 (fonte: Eurostat)

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proprietà a scapito dell’affitto, che registrò il minimo storico nel 2001 con l’11,4%, per risollevarsi poi nel 2011 al 13,5%.1 0 Negli anni di Franco le prime misure rivolte a risolvere la questione abitativa facevano parte dei Planes de Desarrollo Económico y Social.1 1 Per fronteggiare il problema casa nel 1957 fu creato anche il Ministerio de la Vivienda e furono promosse misure quali sovvenzioni, esoneri dalle imposte sugli immobili e bassi interessi sui crediti, con la finalità di promuovere e incoraggiare le imprese alla costruzione. Il paese doveva crescere fondandosi sulla proprietà ed è anche per questo che i grandi complessi edilizi sociali non erano sostenuti dallo stato franchista, inoltre all’interno si potevano generare alleanze in opposizione al regime. L’indebitamento per l’acquisto dell’immobile rendeva invece la popolazione più docile, vista la paura di perdere il lavoro e di non poter pagare il mutuo. Non a caso il Ministro Franchista José Luis Arrese dichiarò nel 1957: Queremos un país de propietarios, no de proletarios. 1 2

Negli años de desarrollo1 3 , che vanno dalla seconda metà degli anni Sessanta alla seconda metà degli anni Settanta, il numero di case in Spagna aumentò di un 40%. In tutto il paese si demoliva e si ricostruiva con volumi maggiori rispetto a quelli esistenti: Madrid quadruplicò il proprio territorio urbanizzato mentre la popolazione raddoppiava. Fu in quegli anni che iniziarono a verificarsi una serie di processi sociali, come la migrazione dalla campagna alla città, la crescita demografica e le prime ondate di turisti sui litorali spagnoli, che incrementarono la domanda di abitazioni. La generazione del baby boom terminò nel 1977, dopodiché la natalità scese del 50% in meno di venti anni. La costruzione massiva di case in Spagna si sviluppò in questi dodici anni, tra il 1964 e il 1976, mentre nel resto d’Europa lo stesso processo si era svolto in tre decadi. Nonostante la predilezione per la casa di proprietà, che nel 1980 arrivò a rappresentare il 70% del totale, esistevano delle misure legali che 10  Fonte INE, Instituto Nacional de Estadística, Censos de Población y Viviendas 2001, Censos de Población y Vivienda 2011. 11

“Piani di Sviluppo Economico e Sociale”.

12

“Vogliamo un paese di proprietari, non di proletari”.

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“Anni di sviluppo”.

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proteggevano gli interessi della popolazione affittuaria, come la legge sui contratti di locazione promulgata nel 1964 che congelò il prezzo degli affitti per trenta anni. La politica favorì il modello immobiliare della casa di proprietà anche dopo la morte di Franco, screditando ulteriormente il regime dell’affitto: furono abbandonate le poche iniziative di promozione pubblica di case con affitti economici, rendendo la casa sociale in Spagna praticamente inesistente. Con il Plan de Vivienda1 4 1984-1987 si confermano le precedenti politiche sulla casa e inoltre, l’entrata nel Mercato Unico Europeo diventa una scusa per tornare a promuovere lo sviluppo economico del paese attraverso la costruzione. Naredo15 individua proprio nel 1986 la nascita della prima bolla immobiliare, scaturita dall’entrata di capitale e di imprese straniere in Spagna, che generarono condizioni favorevoli alla speculazione immobiliare. Una bolla che si caratterizza per essersi sviluppata in assenza di domanda di abitazioni, in un periodo di calo della crescita demografica e migratoria e per l’importante aumento dei prezzi immobiliari in contrapposizione con la crescita moderata dell’attività economica ordinaria e dei prezzi di consumo. Il 1985 è l’anno del Decreto Boyer1 6 , i cui obiettivi furono la promozione del consumo privato, la liberalizzazione del mercato degli affitti e l’aumento dell’occupazione attraverso lo sviluppo del settore delle costruzioni. La compravendita delle case fu alleggerita da una serie di misure fiscali come l’abolizione delle tasse sulla seconda casa, che ebbe come conseguenza il grande aumento di case vuote: tra il 1981 e il 1991 il numero di seconde case aumentò del 54%. Le politiche degli anni Novanta e Zero, nonostante la crisi e il grande indebitamento provocato dalla bolla edilizia del 1986-1992, confermano le strategie precedenti: El sector de la construcción impulsa el sistema económico, ya que un aumento de su volumen de producción repercute en el aumento de 14

“Piano Casa”.

15

J. M. Naredo, op. cit. , p. 22.

16  Il decreto Boyer prende il nome dal Ministro che lo promosse. Si tratta del decreto 2/1885 del 30 Aprile sulle misure di politica economica.

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producción de otros sectores, y produce el efecto multiplicador de empleo. Asimismo, es significativa la importancia de la edificación residencial en el sector de la construcción y en el sistema económico, si bien hay que destacar la complejidad del mercado de la vivienda. Este sector aportó el 8,39% al Producto Interior Bruto, en 1993 (precios corrientes). 1 7 Además de impulsar el crecimiento y renovación del parque de viviendas por toda la geografía española, el Plan actúa como elemento dinamizador de un área de la actividad económica fundamental: la construcción, que representa un alto porcentaje del Producto Interior Bruto y genera numerosos puestos de trabajo, tanto directos como indirectos.1 8

Venne così accentuato il carattere della casa come bene di investimento, dove le famiglie riversarono i propri risparmi mosse dalla convinzione che il mercato del mattone non corresse alcun rischio e che i prezzi delle case non sarebbero mai scesi. Molte delle misure politiche portate avanti avevano come destinatario la classe media e la capacità di questa di investire i propri risparmi, senza curarsi del problema di accesso all’abitazione dei più deboli. Viene istituita ad esempio la Cuenta Ahorro Vivienda1 9 , un prodotto finanziario per i minori di 35 anni, che consisteva in un piano di risparmio destinato alla costituzione di un capitale per la futura acquisizione o la riabilitazione della prima casa. Il conto di risparmio permetteva al cliente uno sgravio fiscale prima dell’acquisto della prima casa, che doveva realizzarsi entro quattro anni dalla data di apertura del conto. I diritti della popolazione affittuaria furono progressivamente eliminati: nel 1998 fu abrogata la legge franchista del 1964 sul congelamento 17  “Il settore della costruzione spinge il sistema economico, visto che l’aumento del suo volume di produzione influisce sull’aumento di produzione di altri settori, e produce l’effetto moltiplicatore dell’impiego. Nel settore delle costruzioni e nel sistema economico è significativa anche l’importanza dell’edificazione residenziale, mentre risalta la complessità del mercato della casa. Questo settore apportò l’8,39% del prodotto interno lordo nel 1993 (prezzi correnti).” Ministerio de Obras Pública, Transporte y Medio Ambiente, Informe Nacional de España Habitat II, Madrid, 2006 18  “Oltre che spingere per la crescita e il rinnovamento del patrimonio di abitazioni in tutta la geografia spagnola, il Piano agisce come un elemento dinamico di un’area fondamentale dell’attività economica: la costruzione, che rappresenta un’alta percentuale del Prodotto Interno Lordo e genera numerosi posti di lavoro, tanto diretti come indiretti.” Ministerio de Fomento, Plan de Vivienda 1998-2001, 2001. 19  “Conto risparmio casa”

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degli affitti e le modalità per accedere all’affitto divennero sempre più difficili. Ad esempio gli inquilini dovevano pagare le mensilità non solo al proprietario e all’agenzia corrispondente, ma dovevano anche depositare in banca una garanzia di minimo sei mesi. Non è un caso che nel 1997 la Spagna insieme al Portogallo e la Grecia saranno i paesi con il maggiore indice di case in proprietà. Le fonti di finanziamento si moltiplicarono e l’economia spagnola poté disporre di molta liquidità in un contesto istituzionale molto attraente per l’investimento immobiliare, sia per i compratori che per i costruttori. A tutto questo si aggiunse il ribasso degli interessi sui mutui, che aumentò la quantità di denaro pronta a essere investita in mattoni e cemento. Conseguentemente il numero di case e allo stesso tempo il prezzo di esse crebbe fino a produrre il boom immobiliare di maggiore intensità nella storia spagnola e forse europea. The Economist definirà la situazione spagnola, insieme a quella americana, cinese e australiana, come la più grande bolla speculativa della storia del capitalismo2 0 .

20  “In come the waves. The global housing boom. The worldwide rise in house prices is the biggest bubble in history. Prepare for the economic pain when it pop”, The Economist, 16 Giugno 2005.

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La pianificazione urbanistica già in epoca franchista aveva perso la sua autorità, venendosi a piegare agli interessi dei proprietari dei suoli e dei costruttori. Ne è un esempio la città di Madrid, che essendo stata molto colpita dalla guerra civile2 1 , costituiva un buon campo di prova per l’urbanistica, che poteva risolvere i problemi della città e allo stesso tempo organizzarne la crescita. Nel 1941 fu varato il Plan General de Ordenación Urbana2 2 , i cui criteri erano volti a fare di Madrid la capitale imperiale del nuovo regime franchista. Il piano cercava di eludere l’espansione a macchia d’olio, stabilendo una serie di anelli verdi e utilizzando gli spazi liberi per collocare parchi e servizi necessari alla città. I risultati del piano testimoniano il fallimento dell’azione pianificatrice: degli anelli verdi non esiste quasi traccia e gli spazi liberi subirono un processo di riclassificazione dei suoli da parte delle grandi imprese costruttrici e successivamente furono colmati da edifici dalla massima volumetria2 3 . Le previsioni del piano furono spesso modificate o eliminate in base alle pressioni e al potere dei proprietari dei suoli, che avevano un interesse economico nell’urbanizzazione di questi. Anche i successivi governi democratici svuotarono ulteriormente il significato dell’azione urbanistica, togliendo allo stato centrale ogni competenza in materia di pianificazione del territorio, delegandola alle amministrazioni regionali e municipali. Non è un caso che in Spagna siano nate tante legislazioni urbanistiche quante sono le comunità autonome. Fin dal franchismo, i governi che si sono susseguiti hanno scelto di fondare l’economia e la crescita del paese sul mattone, cosicché la promozione immobiliare ha dominato l’urbanistica, e il modello urbano e territoriale si è configurato su quello immobiliare24 . Con la firma dell’atto unico nel 1986 e l’entrata nel mercato unico 21  La guerra civile spagnola, Luglio 1936-Aprile 1939, fu combattuta tra Repubblicani e Nazionalisti. Quest’ultimi furono gli autori del colpo di stato che segnò l’inizio della dittatura del generale Francisco Franco. 22

“Piano generale di ordinamento urbano”.

23  Alle volte è stata proprio l’amministrazione a dare il cattivo es­­empio. Questo è il caso del Mininsterio de Sanidad y Consumo di Madrid, che sorge su una zona che il piano destinava a verde. La riclassificazione del suolo e lo sviluppo del progetto fu sostenuto dalla stessa amministrazione, che negò così le previs­­ioni del piano. 24

40

J. M. Naredo, op. cit. ,p. 13-26.


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europeo si assiste a un’ondata liberalizzatrice in cerca d’integrazione con le strutture economiche europee, che porterà a un’effettiva internazionalizzazione dell’economia spagnola. La volontà di togliere ogni freno all’attività economica si traduceva nel togliere ogni freno all’attività edificatoria. Tre erano le barriere da superare per liberalizzare l’azione urbanistica-edificatoria2 5 : quella di carattere pubblico, che interessa il piano urbanistico; quella di carattere privato, che riguarda la proprietà del suolo; e infine quella economica, che concerne la disponibilità finanziaria. Le misure liberalizzatrici del suolo hanno iniziato a essere promosse negli anni Novanta per poi intensificarsi sul finire del secolo. Tra le più rilevanti la Ley del Suelo del 19982 6 , detta anche ley del todo urbanizable, legge del tutto urbanizzabile, ha dato il via all’urbanizzazione sfrenata della campagna e del paesaggio, scavalcando le prescrizioni del piano urbanistico. Questa legge impone un nuovo schema metodologico per la classificazione dei suoli che si dividono in urbani, non urbanizzabili e urbanizzabili 2 7 , e offre a tutti i terreni non urbani e non specificatamente vincolati, la possibilità di essere urbanizzati. A differenza delle precedenti leggi che distinguevano e studiavano le parti urbanizzabili del territorio, con la legge del suolo del 1998 è necessario giustificare la decisione di classificare un suolo come non urbanizzabile. Entrano così sul mercato una gran quantità di terreni da urbanizzare perché tutto quello che non è suolo urbano oppure suolo protetto, è un suolo residuale che con questa legge diventa oggetto di urbanizzazione, anche se il piano urbanistico municipale non lo prevedeva. El suelo que, a los efectos de esta Ley, no tenga la condición de urbano o de no urbanizable, tendrá la consideración de suelo urbanizable, y podrá ser objeto de transformación en los términos establecidos en la

25  O. Rullan, A. A. Artigues, “Estrategias para combatir el encarecimiento de la vivienda en España. ¿construir más o intervenir en el parque existente?”, Scripta Nova 245 (28):2007. 26  La Ley 6/1998, de 13 de abril, sobre régimen del suelo y valoraciones, fu promossa dal governo Aznar e approvata il 13 Aprile 1998. 27

Articoli 7, 8, 9, 10 della Ley 6/1998, de 13 de abril sobre Régimen del Suelo y Valoraciones.

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legislación urbanística y el planeamiento aplicable. 2 8

Il pericolo che con la categoria residuale del suolo urbanizzabile potesse nascere una città anarchica, conseguenza della libertà di localizzazione nella campagna non protetta della nuova urbanizzazione2 9 , era fondato. Come vedremo in seguito, proprio questa è stata la conseguenza della norma, abrogata solo nel 2007. Per quanto riguarda il rapporto tra urbanizzazione e proprietà del suolo, la legislazione urbanistica statale antecedente alla legge del 1998, stabiliva tre procedimenti distinti per eseguire il processo di urbanizzazione, detti sistemi di attuazione: la compensazione, la cooperazione e l’esproprio. La compensazione prevede che siano i proprietari del terreno a prendere l’iniziativa e a gestire il processo di urbanizzazione, mentre il sistema della cooperazione vede la gestione congiunta dello stesso da parte di proprietari e amministrazione che cooperano per urbanizzare. Infine con l’esproprio è l’amministrazione che diventa responsabile dell’intera procedura3 0 . Secondo questa struttura due erano gli attori che gestivano il processo e che si appropriavano delle rendite che ne derivano: i proprietari dei terreni e l’amministrazione. La situazione cambiò nel 1994, quando fu approvata la Ley 6/1994, la cosiddetta LRAU3 1 , con la quale si intendeva dissociare la proprietà del suolo dal diritto di edificazione su di esso, rompendo il principio secolare dello Ius Aedificandi, vale a dire l’attribuzione esclusiva al proprietario del suolo del diritto di edificare su di esso. Questa nuova legge della Comunità Valenziana si presenta come strumento innovativo e sostituivo sulla precedente struttura fondiaria urbana, che fu detta feudale dai sostenitori della norma. La LRAU si basava sull’idea di scavalcare l’ostacolo alla modernizzazione del settore immobiliare costituito dai proprietari del suolo e favorire 28  “Il suolo che, agli effetti di questa legge, non abbia la condizione di urbano o di non urbanizzabile, otterrà la condizione di suolo urbanizzabile, e potrà essere oggetto di trasformazione nei termini stabiliti dalla legislazione urbanistica e nella pianificazione applicabile.” Articolo 10 della Ley 6/1998, de 13 de abril sobre Regimen del Suelo y Valoraciones. 29  O. Rullan, “Investigacion Geograficas”, Anales de la Universidad de Alicante, Instituto Universitario de Geografia, Alicante, 1999, p.14. 30

O. Rullan, A. A. Artigues, op. cit. , p.8.

31  LRAU, Ley 6/1994 Reguladora de la Actividad Urbanística, approvata il 15 Novembre dalla Comunità Valenziana.

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la realizzazione di suolo urbanizzato. Nel preambolo della legge si vuole dimostrare l’incapacità di questi a intraprendere il processo di urbanizzazione e la necessità di sostituirli con una nuova figura competente introdotta dalla legge stessa: l’Agente Urbanizador. Si tratta di una figura a metà tra il promotore e il costruttore, nominata dall’autorità pubblica che, pur non avendo la proprietà del terreno, si dedica alla promozione e allo sviluppo dell’azione urbanistica su di esso, patrimonializzando il guadagno derivante dal processo, che viene spartito tra la municipalità, il proprietario e lui stesso. Quindi senza rischiare nessun capitale e attuando uno statuto semipubblico, l’agente urbanizzatore stabilisce e fissa unilateralmente le condizioni giuridiche e finanziarie dell’operazione. Se la Municipalità approva il piano da lui proposto, detto Programa de Actuación Integrada (PAI) 3 2 , il progetto

non è soggetto alle classificazioni del terreno previste nei piani urbanistici vigenti. Questo sistema normativo sarà poi incorporato nei regolamenti urbanistici della maggior parte delle comunità autonome spagnole (Castilla La Mancha, Castilla y León, Canarias, Andalucía, Aragón) costituendo una via tra le tante all’urbanizzazione oppure, come nel caso della Comunità Valenziana e dal 1998 di Castilla la Mancha, rappresentando l’unica soluzione possibile. Le lottizzazioni proposte dagli agentes urbanizadores spesso sono state approvate dalle municipalità spagnole, stimolate dalla possibilità di riempire le casse comunali a spese dell’ambiente, dei problemi idrici e sacrificando i diritti dei proprietari. Indipendentemente dallo schieramento politico sono stati accettati dalle municipalità progetti inutili e dannosi per il paesaggio. Dopo dieci anni di applicazione, la LRAU è stata sostituita dalla

32  Il PAI (Programma di Attuazione Integrato) è uno strumento urbanistico nato con la LRAU e attraverso il quale si progetta lo sviluppo del processo di urbanizzazione del suolo. Nell’agile procedura del PAI intervengono: l’amministrazione pubblica, che controlla il processo e garantisce che siano rispettati i diritti delle parti; l’agente urbanizador, l’impresario che attraverso il concorso diventa responsabile dell’operazione; i proprietari del terreno, che a meno che non decidano di diventare agentes urbanizadores e portare avanti l’urbanizzazione, si limitano a ricevere un indennizzo oppure una parcella lottizzata. Il PAI può essere proposto dall’amministrazione o da un urbanizador.

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Ley Urbanistica Valenciana, LUV 3 3 , che riforma alcuni aspetti del procedimento, incrementando le garanzie e le esigenze delle imprese costruttrici e immobiliari. In sintesi la LRAU, e in seguito la LUV, hanno contribuito all’aumento di suolo urbanizzato e alla concentrazione della proprietà nelle mani delle grandi imprese costruttrici, scavalcando e svuotando di significato l’azione pianificatrice. La LRAU è stata un successo se si guardano gli obiettivi dei suoi promotori, che consideravano un problema le basse percentuali di urbanizzazione nella Comunità Valenziana. La quantità di suolo urbanizzato è cresciuta in tutta la Spagna e, nella Comunità Valenziana, che ha sperimentato la LRAU per la crescita della sua periferia, ha raggiunto i 5.300 ettari. Gli abusi urbanistici nella Comunità Valenziana hanno acquisito una notorietà tale che il Parlamento Europeo dedica loro un rapporto nel 2009, dove si denuncia l’impatto dell’urbanizzazione espansiva sul territorio spagnolo e si chiede la revisione della legislazione urbanistica e la rimozione di figure che favoriscono la speculazione, come l’agente urbanizador3 4 . Le garanzie assicurate dal piano urbanistico, il paesaggio e la società non rappresentano più un oggetto prezioso cui prestare cure e attenzione e vengono progressivamente tagliate fuori dalle norme, perché non rientrano nelle logiche del mercato. L’urbanistica diventa così un’attività imprenditoriale per impresari e promotori immobiliari3 5 : La actividad urbanística es una función publica cuya responsabilidad debe reclamarse a los poderes públicos y no a los propietarios de terrenos. Esta función publica requiere una inversión económica importante y una actividad gestora de dicha inversión. Por tanto, sin perjuicio de su carácter público es también una típica función

33  LUV, Ley Urbanistica Valenciana , approvata il 31 dicembre 2005 dalla Generalità Valenziana. 34  M. Auken, “INFORME sobre el impacto de la urbanización extensiva en España en los derechos individuales de los ciudadanos europeos, el medio ambiente y la aplicación del Derecho comunitario, con fundamento en determinadas peticiones recibidas”, (documento di sessione, 20 Febbraio 2009). 35  F. Gaja I Díaz, “La producción de suelo urbanizado come objetivo de la actuación urbanística”, Rev.Urban 5: (2000), p. 85.

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empresarial. 3 6

Rimane infine da superare l’intralcio costituito dal finanziamento economico per l’investimento nel settore urbanistico immobiliare. Con l’atto unico europeo del 1986 e l’adesione alla Comunità Europea, i paesi aderenti hanno portato avanti una serie di riforme dei mercati ipotecari e di credito. A partire da queste riforme i mercati ipotecari si aprono, crescono e si integrano. Nel 1990 si registra una caduta dei tipi d’interessi del mercato ipotecario e di credito e questo ha permesso ai promotori di disporre di abbondante denaro a basso costo d’interesse, da dedicare alla costruzione e alla promozione immobiliare. Con l’avvento dell’euro e la scomparsa della peseta scomparve anche la limitatezza della capacità di finanziamento. Questo perché il grande indebitamento interno ed esterno abbassava la quotazione della peseta, che quindi si svalutava. L’euro ha funzionato da rammendo, prolungando l’indebitamento dell’economia spagnola verso limiti impensabili. La solvibilità dell’euro aumentò poi anche l’investimento in immobili da parte degli stranieri. Così con la liberalizzazione del mercato del credito viene eluso anche l’ultimo intralcio all’urbanizzazione e all’edificazione. Nonostante la grande offerta abitativa che si è generata attraverso la creazione di questa struttura, i prezzi del suolo e delle case non si sono abbassati: infatti il prezzo non è definito solo dai costi di produzione e dal ricarico degli impresari, ma piuttosto dalle possibilità finanziarie dei compratori e dal massimo prestito che questi possono chiedere. Gli sgravi fiscali e l’abbassamento del costo del credito si sono tradotti in un aumento dei prezzi, e molte famiglie non hanno potuto soddisfare il proprio bisogno abitativo. Qualche passo a livello legislativo è stato fatto, cercando di ripristinare i vincoli urbanistici che erano stati indeboliti prima dalla legge del suolo del 1998 e in seguito dalla LRAU. Ad esempio la legge del suolo del 2007, che sostituisce l’allora vigente legge 6/1998, cerca di 36  “L’attività urbanistica è una funzione pubblica la cui responsabilità deve essere sostenuta dai poteri pubblici e non dai proprietari del terreno. Questa funzione pubblica richiede un investimento economico importante e un’attività di gestione di tale investimento. Quindi nonostante il suo carattere pubblico è anche una tipica funzione imprenditoriale.” Prologo della LRAU.

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ristabilire un nuovo sistema di valorizzazione del suolo. Una prima novità è che considera solo due categorie di suolo, urbano e rurale, classificabili secondo alcune caratteristiche oggettive. Eccezionalmente un suolo si può classificare come urbanizzabile solo se giustificato da alcune necessità e motivazioni da parte dell’amministrazione pubblica. La legge presenta inoltre delle garanzie verso proprietari dei suoli, per non vedere sacrificati i loro diritti nelle mani dei promotori dell’urbanizzazione. Altre misure agiscono invece sul patrimonio immobiliare esistente che si è venuto a creare: alcune vorrebbero tassare le case vuote (in Spagna sono circa tre milioni3 7), mentre altre vorrebbero espropriare l’usufrutto, concedendolo a terzi, a chi non usa o non affitta la casa. Queste sono strategie comuni in paesi come Francia e Inghilterra, dove le case vuote o inutilizzate sono tassate dal 2000. Questa iniziativa è stata operata dal Departamento de Vivienda dei Paesi Baschi, che con la Ley de Vivienda impone una tassa di 9 euro al giorno su tutte le abitazioni vacanti (circa 26.000) per un totale di 3.285 euro l’anno. In questa maniera ai proprietari risulterebbe più vantaggioso mettere gli appartamenti in affitto piuttosto che lasciarli vuoti3 8 . Anche il progetto di legge del 2006 elaborato dal dipartimento di Medio Ambiente e Vivienda del governo catalano cerca di scoraggiare il mantenimento di case vuote, attraverso l’esproprio dell’usufrutto per un massimo di sei anni.

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Fonte INE, Censo de población y vivienda 2011.

38  http://www.elcorreo.com/vizcaya/prensa/20070111/portada_viz/gobierno-vascopretende-gravar_20070111.html

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Residenze Alba Marina, Alba de Tormes, Salamanca, 2004-2009.

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Residenze Alba Marina, Alba de Tormes, Salamanca, 2004-2009.


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Trampolin Hills Golf Resort, Campos del RĂ­o, Murcia, 2009-2009.

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Si intuisce la presenza di una bolla immobiliare quando una grande quantità di transazioni immobiliari si concludono a un prezzo molto più alto rispetto al valore reale della casa. Spesso la si riconosce a posteriori, dopo l’improvviso collasso dei prezzi che ne identifica l’esplosione. L’anomalia del mercato immobiliare spagnolo fu in realtà segnalata da The Economist, che in un rapporto di Giugno 2003 quantificava una sopravvalutazione dei prezzi delle case tra il 30 e il 52%. In seguito anche il servizio di studi del Banco de España3 9 riconoscerà una sopravvalutazione del prezzo delle case, anche se più modesta, tra il 24% e il 35%. Per il caso spagnolo si parla invece che di burbuja4 0 addirittura di anti-mercato, che sarebbe la conseguenza estrema della bolla edilizia, dove tra il prezzo e la quantità degli immobili non esiste una relazione inversa, ma diretta. Diversamente dal modello della domanda e dell’offerta, dove a maggiore offerta corrisponde un prezzo più basso, in Spagna i prezzi aumentavano parallelamente alla quantità di immobili costruiti. La casa era diventata un bene di scambio e non rispondeva più alla necessità del viverci: la gente comprava, sicura del fatto che i prezzi degli immobili non sarebbero mai caduti e stimolata poi dalle condizioni di credito favorevoli. L’inesistenza di una bolla immobiliare e l’impossibilità per i prezzi delle case di scendere era confermata da politici di ogni fazione, ministri dell’economia, dell’industria, dei trasporti e della casa. Nel 2008, in piena recessione, il ministro alla casa del governo Zapatero, Beatriz Corredor, dichiarava: Este es un buen momento para alguien que quiera comprar una vivienda para vivir o para una familia que quiera cambiarse de casa41 .

L’aumento dei prezzi diventò più intenso proprio quando le attese per la crescita dei prezzi delle case influenzarono la domanda, che a sua volta aumentò, rigenerando il circolo della valorizzazione degli immobili e 39

Banco de España, Informe anual 2004 , p.40-41.

40  Burbuja in spagnolo significa bolla, ed è il sostantivo utilizzato per riferirsi alla speculazione edilizia. 41  “Questo è un buon momento per chi voglia comprare una casa per viverci o per una famiglia che voglia cambiare casa.” “Corredor afirma que es el momento adecuado para comprar una casa”, El País, 5 Giugno 2008,

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dell’acquisto. La possibilità di accedere con facilità ai prestiti bancari generava una sensazione di ricchezza sulla popolazione e questo di conseguenza aveva ripercussioni positive sull’aumento del consumo privato delle famiglie e quindi sulla crescita del prodotto interno lordo, si parlava infatti di effetto ricchezza. L’investimento nella costruzione generava nuovi posti di lavoro e favoriva anche l’arrivo di nuovi immigranti, che ovviarono alla scarsità della mano d’opera esistente nell’industria della costruzione. Nel 2007 il settore delle costruzioni concentrava il 24% della popolazione totale. Il forte investimento nel mattone ha avuto gravi conseguenze sugli altri settori dell’economia in cui non si è investito e che quindi hanno perso la loro competitività sul mercato. Questo fenomeno di iperproduzione immobiliare è stato battezzato tsunami urbanizador4 2 , un termine diventato comune, ma che come sottolinea Gaja i Díaz4 3 non è del tutto corretto. Quello spagnolo non è stato un fenomeno naturale e imprevedibile come uno tsunami, ma è stato la conseguenza di un modello economico e urbanistico non attento a questioni paesaggistiche, ecologiche, urbane e sociali. Le amministrazioni hanno responsabilità importanti su questa bolla immobiliare poiché non hanno saputo gestire ed evitare la sua formazione e crescita. Così come una parte importante dei partiti politici, i quali, viste le favorevoli ripercussioni della speculazione sul prodotto interno lordo, non si sono preoccupati di interromperla.

42  R. F. Durán, El tsunami urbanizador español y mundial, Causas, impactos globales y repercusión devastadora sobre la piel de toro y sus archipiélagos. La necesidad da prepararse para el previsible estallido del la burbuja inmobiliaria , Virus Editorial, Barcellona, 2006. 43  G. i Díaz, El tsunami urbanizador en el litoral mediterráneo. El ciclo de hiperproducción immobiliaria desde 1996-2006. Diez años de cambios en el Mundo, en la Geografía y en las Ciencias Sociales 1999-2008 , (dagli atti del X colloquio Internazionale di Geocritica, Università di Barcellona, 26-30 Maggio, 2008)

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Urbanizzazione Bella Rotja, Pego, Alicantea, 2001-2008.


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Golden Beach & Golf Resort, Pulpí, Almería,1990-2010.

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La bolla immobiliare è stata conseguenza anche di un forte incremento della domanda di abitazioni. Anche l’offerta fu rilevante, ma nella dimensione sbagliata e senza la rapidità necessaria per assorbire la domanda ed evitare l’aumento dei prezzi. Fu dal 2002 che la richiesta di abitazioni per l’investimento acquisì un peso speciale: il carattere dell’immobile come investimento sicuro e l’elevata liquidità disponibile comportarono un aumento della domanda nelle zone più rilevanti delle città, e data la scarsità degli edifici esistenti, queste subirono un forte aumento dei prezzi, superando anche i prezzi degli uffici nelle stesse aree4 4 . A rendere ampia la domanda furono soprattutto gli investitori spagnoli, stranieri e i compratori di seconde o terze case, ma in piccola parte contribuirono anche gli immigranti, che in un primo momento si concentrarono sul mercato dell’affitto e successivamente si rivolsero anch’essi al mercato della casa di proprietà4 5 . Riassumendo, la domanda per le abitazioni è stata stimolata da diversi fattori tra cui la grande espansione economica di quel periodo, in parte dovuta anche allo stesso boom edilizio, la forte immigrazione (circa 4.5 milioni nel periodo 1997-2007, che equivale al 9,93% della popolazione), l’acquisto delle case da parte della popolazione non residente e sicuramente gli interessi ridotti sui prestiti per l’acquisizione dell’abitazione, che raggiunsero i minimi storici (dal 9.6% nel 1997 al 3.3% nel 2007). Secondo Durán4 6 è stata proprio la domanda esterna uno dei fattori determinanti, cioè quella dei cittadini comunitari, che compravano una seconda o terza residenza in un paese ricco di sole e spiagge (la Spagna è la seconda meta turistica del mondo, dietro solo alla Francia, e la prima per il turismo di mare) oppure per pura speculazione4 7 . La crescita della domanda ha portato a un aumento nell’investimento 44  Dal punto di vista patrimoniale è contradditorio che un edificio residenziale abbia un prezzo maggiore di un edificio per uffici, visto il guadagno molto più basso che si può generare con l’affitto di appartamenti piuttosto che di uffici. 45  Questo è successo quando il posto di lavoro e quindi il salario diventò stabile, quando l’intera famiglia riuscì a ricongiungersi e grazie alle facilitazioni per il credito. 46

R. F. Durán, op. cit. , p.11-12.

47  Le seconde case nella Comunità Valenziana rappresentano più della metà del nuovo sviluppo avvenuto nel decennio 1997-2007.

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in case di cinque punti percentuali del prodotto interno lordo, dal 4.7% nel 1997 al 9,7% nel 2007. Inoltre dal 2007 è cresciuta la popolazione spagnola in età d’emancipazione, in cerca quindi della prima abitazione, fenomeno che coincideva con il boom di natalità che si censì nel 1977. Tra gli altri fattori demografici, anche la crescita del numero di famiglie, dovuta alla nascita delle famiglie monoparentali (tra il 1993 e il 2003 i divorzi aumentano del 79%) e alla stessa crescita dell’immigrazione e della popolazione in età di emancipazione. Mentre tra il 1991 e il 2000 si creavano una media di 130.000 famiglie l’anno, tra il 2001 e il 2008 questo numero saliva a 470.000, per scendere nel 2009 a 225.600. Tra i fattori che hanno influenzato la domanda troviamo anche la capacità acquisitiva dei compratori. Il salario medio in Spagna in questo decennio registrava un incremento, parallelo però a quello dei prezzi delle case: infatti, se nel 1996 per comprare una casa di 80 metri quadri erano necessari 5,34 anni di salario medio lordo, nel 2007 gli anni diventano 11,4, cioè il doppio, e scenderanno a 9,5 nel 2009. I fattori demografici hanno avuto una chiara influenza sull’aumento dei prezzi e quindi sulla creazione della bolla, ma da soli non bastano per spiegare il fenomeno speculativo spagnolo e devono essere supportati da altri elementi di altri campi disciplinari.

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Nel periodo 1998-2005 il sistema bancario ha avuto un importante ruolo nella generazione e nella durata del boom del mercato residenziale. Ad acquirenti e promotori di case fu offerto abbondante credito a condizioni vantaggiose, che come accennato, provocò l’aumento sia della domanda che dell’offerta di abitazioni. I fattori che hanno permesso questa grande disponibilità di liquidità sono tre: l’espansione delle Cajas de Ahorro4 8 , la grande concorrenza bancaria e gli interessi sui prestiti molto ridotti. Le Cajas de Ahorros, originariamente create per offrire un sistema di servizio bancario locale alla popolazione di classe media e operaia, solitamente ignorata dalle banche tradizionali, avevano una forte base territoriale. Due aspetti chiave della loro regolazione cambiarono con l’arrivo della democrazia4 9 , cioè nel 1985 il controllo delle casse di risparmio fu trasferito alle regioni e successivamente queste ricevettero l’autorizzazione a espandersi fuori dalla propria provincia originale di attività. Come risultato il numero di filiali delle casse di risparmio si amplificò: all’inizio del 2008 in Spagna si contano 25.000 succursali, una per ogni 1.800 abitanti. Per rendere competitive le nuove succursali, le casse di risparmio cercarono di attrarre nuovi clienti offrendo finanziamenti a promotori e mutui alle famiglie a condizioni rarissime sul mercato. Ad esempio ai promotori proponevano finanziamenti pari al 100% del costo del lotto e dei costi di costruzione. Tra il 1995 e il 2005 i prestiti per la costruzione e lo sviluppo immobiliare passarono dall’8% al 29% del Prodotto Interno Lordo e i prestiti alle famiglie per l’acquisto di case crebbero dal 17% al 49% del PIB5 0 . Per quanto riguarda la struttura direttiva delle casse di risparmio non ci furono trasformazioni e continuarono a essere gestite attraverso norme autonome definite da governi, impiegati e clienti locali. Questo portò a un’invasione degli organi direttivi delle casse di risparmio da parte del potere politico: furono nominati responsabili i personaggi più convenienti, nonostante la bassa formazione imprenditoriale e nel 48

“Casse di Risparmio”.

49  La transizione democratica avviene tra la morte del generale Francisco Franco il 20 Novembre 1975, che segna la fine del suo regime dittatoriale, e l’entrata in vigore della Costituzione del nuovo stato democratico il 29 Dicembre 1978. 50

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PIB, Producto Interior Bruto , corrisponde al nostro PIL, Prodotto Interno Lordo.


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campo della finanza e fu facilitato il finanziamento di molti progetti superflui5 1 . Questa canalizzazione dei prestiti a condizioni irripetibili per promotori e privati da parte delle casse di risparmio provocarono una replica da parte delle banche, che a quel punto dovevano scegliere se perdere quote sul mercato o se cambiare la propria politica commerciale. Questo fu quello che effettivamente fecero, migliorando notevolmente le condizioni per la concessione di credito. La guerra bancaria5 2 , la diminuzione degli interessi, l’allungamento dei tempi per estinguere il mutuo (fino a cinquanta anni) e la concessione di prestiti per importi alle volte anche superiori al prezzo dell’immobile (fino al 120%), permisero l’acceso a gran parte dei promotori e alle famiglie spagnole al credito ipotecario, che risultava praticamente gratuito. Nel solo 2008 le entità finanziarie fecero credito alle imprese di costruzione per 318 miliardi di euro, con un aumento dell’850% dall’inizio del 2000. Questo portò all’esplosione della domanda di case, che l’offerta in prima battuta non riuscì a sopperire. I gruppi di marketing all’interno di banche e casse di risparmio diffusero in rete, per posta elettronica, per posta tradizionale e per strada le vantaggiose offerte sui prestiti, cercando di attrarre nuovi clienti con slogan e pubblicità, come mutuo facile, mutuo giovane, mutuo libero, mutuo tranquillità e così via. Inoltre per concedere un prestito anche a coloro che in una situazione normale non lo avrebbero mai ottenuto, le entità finanziarie ricorrevano al trucco avales cruzados, delle garanzie incrociate: si aggruppavano cioè le persone con scarsi mezzi economici facendo in modo che ognuno garantiva sull’ipoteca dell’altro. Spesso erano familiari e amici, ma alle volte anche persone sconosciute. In questo modo la banca riusciva a coprire il rischio che stava correndo con il prestito. Un’altra soluzione era quella della figura del co-proprietario, che era co-titolare del prestito e quindi doveva garantire sull’intera somma. Alla fine del 2002 l’ottanta percento del patrimonio totale delle 51  Naredo ne El modelo inmobiliario español y sus consecuencias , parla di megaprogetti e parchi tematici di scarsa redditività che furono realizzati grazie ai finanziamenti delle casse di risparmio: è il caso di Port Aventura (La Caixa), La Isla Mágica (Caja el Monte y Caja San Fernando), Tierra Mítica (Bancacaixa e Caixa de Ahorros del Mediterráneo) oppure El reino de Don Quijote (Caja Castilla la Mancha). 52  G. B. Domínguez, “Creación y destrucción de la burbuja inmobiliaria en España”, ICE 850, (2009): 30.

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famiglie spagnole è investito in attivi non finanziari, che basicamente corrispondono a immobili. Questo valore negli USA, in Canada e in Francia si situava al 34%, in Italia al 62% e in Australia al 59%. La richiesta di credito per l’investimento in immobili aumentò il debito privato delle famiglie: si passa infatti dal 52,7% nel 1997 al 132,1% nel 2007.

Tra il 1997 e il 2007 si è assistito a un ciclo di espansione del patrimonio immobiliare di lunga durata e di grandi quantità nei volumi costruiti. In questo decennio si sono costruite in media 580.000 case l’anno, mentre in Italia con sessanta milioni di abitanti se ne costruiscono 170.000 e in Germania 300.000, ma con il doppio della popolazione rispetto a quella spagnola. In questo decennio furono terminati quasi 5,2 milioni di appartamenti, la cui costruzione si concentra nel periodo tra 2001 e 2008 (4,3 milioni, che rappresentano un aumento del 21%). Si costruiranno più case che in Francia e Germania messe insieme, le quali hanno un territorio e una popolazione grande il doppio rispetto alla Spagna. Nel 2006 la produzione immobiliare in Spagna superava le venti case per ogni mille abitanti (nella Comunità Valenziana si arrivava a 25), mentre Olanda e Francia stavano sotto le otto e la Germania sulle cinque. Tra i fattori che hanno favorito la grande crescita dell’offerta troviamo le vantaggiose condizioni di finanziamento offerte dal sistema bancario ai promotori immobiliari e alle famiglie, la partecipazione diretta di soggetti finanziari nelle grandi operazioni immobiliari e l’entrata di alcune banche e casse di risparmio nelle società di alcune imprese promotrici. L’elevato interesse da parte di entità finanziarie di crescere nel campo del credito ipotecario, permise ai promotori di ottenere condizioni di finanziamento così vantaggiose che riuscivano a comprare i suoli e costruirci gli immobili senza versare un euro. Questo fattore unito alla rapida commercializzazione immobiliare, generò un acquisto compulsivo dei terreni che portò alla speculazione nel mercato del suolo. Il prezzo del suolo non era considerato una variabile importante 58


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per i promotori e gli investitori, da una parte proprio perché il prezzo veniva coperto integralmente dalle istituzioni creditizie e dall’altra perché esisteva la credenza che il suolo non avrebbe mai perso valore, ma che anzi sarebbe sempre cresciuto. La conseguenza fu un grande aumento del prezzo del suolo e secondo fonti non ufficiali questo sarebbe aumentato di nove volte rispetto al suo valore reale5 3 . Fu proprio la speculazione del suolo una delle attività principali a cui si dedicarono le imprese, aiutate dalla pianificazione urbanistica e dalle amministrazioni, che permise a una gran quantità di suoli di entrare sul mercato e di essere urbanizzate. Nonostante le grandi quantità di abitazioni costruite, l’offerta non ha saputo rispondere completamente alla domanda nel periodo 19982002 e questo ha dato luogo alla forte salita dei prezzi. Dal 2005 in poi invece l’offerta inizierà ad essere via via sempre più abbondante, soprattutto dal 2007 a causa della forte riduzione della domanda a seguito dell’aumento degli interessi bancari: secondo i dati del Ministerio de Fomento nel 2009 le case costruite e invendute in quell’anno arriveranno a 650.000. Il patrimonio costituito dalle Viviendas de Protección Oficial (VPO) 5 4 non crebbe come l’offerta di case destinate al libero mercato. Inoltre è l’iniziativa privata che si sostituisce allo Stato nella produzione di questo tipo di case. Tra il 1999 e il 2002 si contano meno case protette che nel 1998. Se nel 1986 le VPO rappresentano il 44,8% dell’offerta complessiva, queste passano nel 2005 all’8,5%, e la causa fu la loro scarsa redditività economica rispetto a una casa sul libero mercato. Nella maggior parte dei casi l’importo pagato per acquistare il suolo era così alto che se i promotori avessero deciso di costruire case protette non avrebbero ottenuto nessuna rendita. Il beneficio delle Viviendas de Protección Oficial era molto inferiore rispetto a quello che si poteva ottenere attraverso immobili per il mercato libero e anche le amministrazioni preferivano vendere ai promotori suoli al prezzo di mercato piuttosto 53  http://www.idealista.com/news/inmobiliario/vivienda/2010/07/07/230779-quien-fueel-mayor-culpable-de-la-burbuja-los-duenos-de-suelo-los-albaniles-o-las 54  Vivienda de Protección Oficial (VPO), è un tipo di abitazione a prezzo limitato e per la maggior parte delle volte sovvenzionata dall’amministrazione pubblica spagnola.

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2001

2002

2003

2004

45.5% Almeria

37.4% Guadalajara

36% Toledo

31.1% Murcia

29.1% Castellón

93

.4 515

27.4% La Rioja 26.9% Alicante

2

.33

636 8

.66

535

83

.5 502

2

.18

524

1

.82

429 8

.72

337

26.4% Lleida 26.1% Cantabria 25.2% Araba 25.1% Ourense 24.9% Segovia 24.8% Malaga 23.8% Cadice 23.1% A Coruna

60

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

In alto: le persone occupate nel settore della costruzione 2001-2010. (da dati INE e Anuario Estadístico de España 2009-2010). In basso: Evoluzione nel numero delle case


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2005

2006

2007

2008

2009

2010

= 100.000 persone

1

.56

865

2

.65

1

.05

687

729

7

.42

651

5

.79

264

9

.84

110

2004

2005

2006

costruite. (fonte: Ministerio de Fomento).

2007

2008

2009

662

91.

2010

286

78.

162

44.

2011

2012

869

33.

2013

A sinistra: le 15 province con la maggiore crescita relativa del numero di case. (fonte: Censo de poblaci贸n y vivienda 2001-2011).

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La Spa g na d ei re c ord

2007

2008

2009

2010

2011

10 abitazioni sul libero mercato 10 abitazioni di protezione ufficiale

1000

Spagna

62

1000

Valencia

1000

Olanda

1000

Francia

1000

Germania

In alto: Numero di case iniziate in Spagna: libere sul mercato e di protezione ufficiale (VPO), (fonte: Inmocast Vivienda). In basso: Numero di case per ogni mille abitanti.


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che dedicarsi alla realizzazione di case protette. Questo ha ridotto al minimo il peso della casa sociale, facendo della Spagna l’ultimo paese in termini percentuali di affitto pubblico. Lo stock di case sociali rappresenta infatti l’1% del patrimonio edilizio totale.

Il fattore che ha un grande peso nella determinazione del prezzo di un immobile è il prezzo del suolo, ma anche i materiali da costruzione, specialmente la mano d’opera, il rame e i leganti, i quali hanno registrato un rincaro dei prezzi nel periodo del boom. Allo stesso tempo sono le aspettative sulla crescita del prezzo della casa che condizionano il prezzo del suolo: el suelo no cuesta menos donde más hay sino donde menor rentabilidad se le puede sacar5 5 . È questa stessa aspettativa di valorizzazione degli immobili che animava la gente a comprare e quindi a far salire i prezzi. La casa in Spagna è arrivata a costare il massimo che i compratori erano disposti a pagare. Così il prezzo della casa corrispondeva alla capacità di indebitamento media della popolazione e non era determinato dall’incontro della domanda con l’offerta. La maggiore capacità d’indebitamento si tradusse immediatamente in un aumento dei prezzi. Per questo motivo banche e casse di risparmio finanziavano il 100% del costo della casa e anche oltre, perché se non lo avessero fatto la domanda sarebbe calata, e conseguentemente il prezzo della casa5 6 . In Spagna l’indice officiale dei prezzi delle case è elaborato trimestralmente dal Ministerio de Vivienda5 7 , ma questo non raccoglie effettivamente i prezzi attraverso i quali si realizza la vendita della casa, ma quelli attribuitegli dalle imprese di tassazione degli immobili.

55  “Il suolo non costa meno dove ne è di più, ma dove se ne può ottenere meno profitto.” da R. Rodriguez Alonso, “La política de vivienda en España desde la perspectiva de otros modelos europeos”, Boletín 29 (2006). 56  A. Colau, A. Alemany, Vidas Hipotecadas, de la burbuja inmobiliaria al derecho a la vivienda , Cuadrilátero de libros, Barcellona, 2012. 57

Ministerio de Vivienda, Índice General de Precios de la Vivienda , Madrid.

63


La Spa g na d ei re c ord 713

83.

825

61.

5

47 37.

650

37.

874

44.

670

4 .36

39.

33

2007

2008

2009

2010

2011

2012

659

30.

2013

2014

05 2.9 2 / € m

3000 2500

85 2.0 2 €/m

Sociedad Tasación valore reale

5 1.17 2 €/m

INE MinisterioFomento

2000 1500 1000

Sociedad Tasación valore nominale

64

500

1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 In alto: Compravendita di case (fonte: INE). In basso: Evoluzione prezzo delle case.


Ol tre lo s ch el etro

Naredo5 8 dubita sull’indipendenza di questa fonte: infatti dopo il boom immobiliare i prezzi di tassazione hanno registrato una falsa crescita, spinta dal desiderio di sopravvalutare la tassazione per permettere la concessione di credito. Dal 2007 l’INE ha elaborato un nuovo indice dei prezzi delle case5 9 a partire dai prezzi registrati negli atti notarili. Anche questa fonte non racconta in maniera fedele l’evoluzione nei prezzi delle case, poiché esiste un ritardo di vari mesi tra il prezzo registrato e quello di mercato, dovuto al tempo che intercorre tra la transazione e la registrazione dell’atto. Infine Fotocasa6 0 elabora un indice mensile dal 2005 a partire dai prezzi degli annunci, ma anch’essi differiscono dai prezzi di mercato, perché spesso i venditori finiscono per vendere a prezzi più bassi spinti dalla necessità di liquidità. Le tre fonti utilizzano diverse metodologie e mostrano un’evoluzione dei prezzi delle case differenti e la tendenza di INE e del Ministerio de Vivienda è quella di falsificare la caduta, perché questa portava a delle conseguenze sulla salute di influenti entità immobiliari e finanziatrici6 1 . Secondo il Banco de España il prezzo delle case in Spagna tra il 1997 e il 2007 salì del 115% in termini reali. La fase più inflazionata fu quella tra il 2002 e il 2004 quando il prezzo della casa saliva in termini reali del 10% annuale. La rivalutazione degli immobili durò fino al 2007, anno in cui iniziò una forte decrescita. Secondo il Ministerio de Fomento la caduta dei prezzi tra il 2007 e l’inizio del 2011 è del 15% in termini nominali e del 20% in termini reali. Tinsa, la maggiore agenzia di tassazione spagnola, stima per lo stesso periodo un abbassamento del 22% in termini nominali6 2 . Il prezzo medio di una casa è passato da 245.313 euro nel 2007 a 150.787 euro nel 2013: la grande rivalutazione degli immobili seguita dalla rapida discesa rivela la presenza della bolla immobiliare spagnola. 58  J. M. Naredo, “Patrimonio inmobiliario y financiero de los hogares: tendencia y convergencia española con los estándares europeos”, in Sonia Lopez (a cura di), Ahorro Familiar en España , Fundación de Estudios Financieros , Madrid, 2010, p.101. 59

INE, Indice de Precios de la Vivienda.

60

Fotocase-IESE, Índice Inmobiliario , Madrid.

61

J. M. Naredo, op. cit.

62  F. Carballo Cruz, “Causes and Consequences of the Spanish Economic Crisis: Why the Recovery is Taken so Long?”, Panoeconomicus 3 (2011).

65


La Spa g na d ei re c ord

3.38%

3.18% 3.07%

vendesi

Las Girona Santa Palmas Alicante Cruz de Tenerife

583.45 3

vendesi

626.67 0

vendesi

Ciudad Real

Lleida

3.68%

4

195.18

vendesi

vendesi

273.36 3

413.64 2

vendesi

583.03 3

4.5%

642.79 3

Toledo

Almeria

vendesi

La Rioja

vendesi

Castell贸n

5.76%

6.04%

649.78 0

6.46%

4.86%

4.09%

2005

66

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

In alto: Province con la maggior percentuale di case invendute (fonte: INE). In basso: Numero di case invendute ( fonte: Ministerio de Fomento).


Ol tre lo s ch el etro

Secondo Bernardos6 3 il passaggio da espansione a recessione ebbe luogo nel 2006. In prima battuta i prezzi non subirono ripercussioni e continuarono infatti a salire in maniera significativa fino alla fine del 2007. Dal 2007 fino all’ultimo quarto del 2009 l’economia spagnola registrerà un periodo di crisi insolitamente lungo. Quello che segnò l’inizio della recessione fu la progressiva riduzione della domanda e l’elevato incremento dell’offerta, che generò un grande stock di case che aspettavano di essere vendute. I criteri per la concessione di prestiti si indurirono, vista la difficoltà per gli stessi istituti di credito spagnoli di trovare finanziamenti stranieri nel nuovo assetto finanziario creatosi con la crisi americana. Le grandi concessioni di denaro a interesse ridotto a cui la Spagna si era abituata non erano più disponibili: questo, insieme all’eccessivo prezzo delle case, ha portato alla riduzione della domanda e quindi delle vendite. Nella situazione economica che peggiorava all’interno della crisi globale non si trovavano più investitori disposti ad acquistare a un prezzo che nel frattempo era cresciuto e chi aveva già acquistato e voleva monetizzare il guadagno che era maturato, non riusciva a vendere. Per vendere si ricorre addirittura a una serie di stratagemmi che prima non erano necessari, come macchine in regalo, buoni sconto di seicento euro da spendere nei centri commerciali e fine settimana in hotel di lusso6 4 . Tra il 2007 e il 2010 il Banco de España registra una caduta delle transazioni degli immobili del 43%. Se nel 2007 gli immobili alienati erano 837.000, questi diventano 564.000 nel 2008 e 497.000 nel 2010. Durante la bolla si costruivano 580.000 case all’anno (nel 2006 le case iniziate erano più di 850.000), quando secondo la struttura demografica del paese 350.000 erano sufficienti. Incrociando i dati delle nuove case terminate e quelli sulla compravendita di case si può ottenere una cifra che mostra l’eccesso di costruzione rispetto alla domanda: a fine 2007 si accumulano 800.000 case finite e non vendute6 5 . Secondo altre fonti, 63  Gonzalo Bernardos Domínguez, analista, consulente economico e immobiliare e professore del Dipartimento di Economia dell’Università di Barcellona, dell’Universitat Oberta de Catalunya e direttore di vari master presso l’università di Barcellona. 64

R. F. Durán, op. cit. , p.33-34.

65  Per quanto riguarda l’Italia, un’analisi sulla speculazione edilizia e sulle sue conseguenze è quella di P. Berdini, Le città fallite, Donzelli Editore, Roma, 2014.

67


La Spa g na d ei re c ord

altro

6,4% tot. case case vuote

18,8%

%

1981

case vuote sul totale

proprietà

74,9% censo abi tazioni

altro

8,3% 13,9%

17.220.399

1991 proprietà

77,8%

2.475.639

14,4%

altro

6,5% 11,4%

20.946.554

2001

3. 106.422 proprietà

82,2%

14,8%

68

Dati del Censo de población y vivienda 1981-1991-2001-2011: case in proprietà e in affitto,numero e percentuale di case in totale, vuote e seconde case (fonte: INE).


Ol tre lo s ch el etro

18.6% Galizia

altro

7,6% 18%

13,5%

2011 proprietà

La Rioja

16.6% Regione di Murcia

78,9% 16.3% Casti lla la Mancha

16.2% Extremadura secondarie

14,6%

3.443.365

13,7%

3.681.565

tot. 25.208.623 principali

71,7%

16%

Comuni tà Valenziana

15%

Casti lla y León

14.6% Andalucia

8.083.692

13.5% Asturie 13.3% Isole Canarie 13.1% Cantabria

25.208.623

12.9% Aragona 12.1% Isole Baleari

3.443.365

11.6% Catalogna 11.5% Navarra

13,7%

A destra: le province con la maggior percentuale di case vuote (fonte: INE).

9.1% Comuni tà di Madrid 8% Paesi Baschi 5,2% Meli lla 5,% Ceuta

69


La Spa g na d ei re c ord

come l’Anuario Inmobiliario 2009 elaborato da R.R Acuña & Asociados, questa cifra era di 1,4 milioni. In alcuni comuni, di nessuna attrazione turistica e con una popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, si calcola che l’offerta di case costruita durante il boom edilizio continuerà a essere abbondante ancora nel 2024, anche se non si dovessero costruire nuove case. In altre località anche le Viviendas de Protección Oficial sono a oggi in eccesso. Alle case invendute si aggiungeranno poi nel 2010 le case non finite che stanno tra 670.000 e 1.100.000: secondo i dati della Sociedad de Tasación tra il 2001 e il 2007 il totale di case iniziate è di 4,5 milioni circa, mentre quelle terminate sono 3,62 milioni. Questo significa che il totale di case non finite è di 915.000 elementi. Per quanto riguarda il numero di case vuote in Spagna, l’unica fonte che ne racconta l’evoluzione è il Censo de Población y vivienda che l’INE elabora ogni dieci anni. Nell’ultimo censo, quello del 2011, si registra un totale di 25.208.623 case, che equivale a un incremento del 20,3% (4.262.069 case) rispetto al censo precedente del 2001. Di queste il 71,7% è costituito dalle prime case, il 14,6% sono le seconde case, che sono aumentate dello 0,8% e infine le case vuote corrispondono al 13,7% del totale, registrando un aumento del 10,8% rispetto al 2001 e diventando 3.443.365. Le regioni con il maggior numero di case vuote sono la Galicia, La Rioja e Murcia. Dall’inchiesta finanziaria del Banco de España risulta che meno del 20% della popolazione possiede un attivo finanziario diverso dalla casa principale e questo significa che la maggior parte degli appartamenti vuoti sono nelle mani di pochi grandi proprietari. Se a queste case vuote per motivi speculativi si sommano le case nuove invendute e quelle vuote a causa degli sfratti la cifra raggiunge circa le sei milioni di case6 6 . El crecimiento es, así, como una especie de droga que adormece los conflictos y las consciencias, creando adicción en todo el cuerpo social.

66

70

A. Colau, A. Alemany, op. cit. , p.49.


Ol tre lo s ch el etro

Pues cuando decae o se para, el malestar resurge con fuerza […]. 6 7

Le famiglie spagnole si sono ritrovate a spendere i loro risparmi e a pagare un debito oggi per qualcosa che ha meno valore di quello che stanno pagando. Dieci milioni di famiglie indebitate devono restituire circa 3,25 bilioni di euro per case che valgono meno del loro mutuo. Il debito delle famiglie spagnole si è triplicato in meno di dieci anni: se nel 1986 costituiva il 34% della rendita disponibile, e il 52% nel 1997, nel 2005 arriverà al 105%. L’indebitamento è cresciuto in questi anni con un ritmo di tre/ quattro volte superiore al prodotto interno lordo, ed è aumentato nel 2005 fino al 27%, che significava quasi otto volte più alto rispetto alla crescita economica6 8 . Migliaia di famiglie sono intrappolate in case ipotecate, che non possono vendere: un problema comune a 580.000 spagnoli, che si stima diventeranno 710.000 nel 2015. Il sogno della casa di proprietà è diventato un incubo per una grande fetta della popolazione. Il numero di ipoteche tra il 1998 e il 2007 raggiunge una media annuale di 822.000, per un totale di otto milioni e il valore medio delle ipoteche se nel 1997 era di 50.786 euro, nel 2003 raggiunge gli 88.547 euro6 9 . Inoltre la Spagna è il paese europeo con la maggior percentuale di credito contrattato a interesse variabile, visto che in quel periodo gli interessi sui mutui raggiunsero un minimo storico. La Catalunya e la Comunità di Madrid sono le regioni più influenzate dalle ipoteche nate durante la bolla edilizia. Delle 581.441 case che valgono meno del loro prestito, il 42,6% nel 2013 hanno sede in queste 67  “La crescita è, così, come una specie di droga che addormenta I conflitti e le coscienze, creando dipendenza in tutto il corpo sociale. Quando decade o si ferma, il malessere riemerge con forza…” da J. M. Naredo, El modelo inmobiliario español y sus consecuencias, Comunicación en Urbanismo, democracia y mercado: una experiencia española (1970-2010), Université París 12 Val-de-Marne. 68

R. F. Durán, op. cit. ,p.24.

69

A. Colau, A. Alemany, op. cit. , p.65.

71


La Spa g na d ei re c ord

regioni, specificatamente con il 24,4% in Catalunya e con il 18,1% a Madrid. Al terzo posto si classifica la Comunità Valenziana con l’11,6% del totale, che corrisponde a 67.181 ipoteche. A Seguire l’Andalucia con l’11,4% e Castilla y León con il 4,6%. La Catalunya è in testa anche per quel che riguarda la quantità di debito creatasi attraverso i prestiti, con 5.175 milioni di euro, seguita dalla comunità di Madrid con 3.680 milioni di euro e dalla comunità Valenziana con 767,4 milioni. Rispetto agli altri paesi europei il caso spagnolo insieme a quello inglese vincono per il livello di indebitamento delle famiglie rispetto alla loro rendita, superando nel 2005 anche Stati Uniti, Giappone, Francia e Germania.

Il rincaro della residenza ha privato e sta privando una grande fetta della popolazione spagnola del diritto a una casa degna, riconosciuto per la prima volta nel 1948 con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e nell’articolo 47 della Costituzione Spagnola: Todos los españoles tienen derecho a disfrutar de una vivienda digna y adecuada. Los poderes públicos promoverán las condiciones necesarias y establecerán las normas pertinentes para hacer efectivo este derecho, regulando la utilización del suelo de acuerdo con el interés general para impedir la especulación. La comunidad participará en las plusvalías que genere la acción urbanística de los entes públicos. 7 0

La costruzione di case era rivolta verso la popolazione che poteva accedere al credito ipotecario con più facilità. L’unica via per l’accesso alla casa da parte di questa grande fetta di popolazione era quella della proprietà privata, che la maggior parte delle volte si raggiungeva indebitandosi. L’aumento dei prezzi si è riflesso anche sulle case protette e in questo 70  “Tutti gli spagnoli hanno il diritto di godere di un alloggio decente e adeguato. I pubblici poteri promuoveranno le condizioni necessarie e stabiliranno le norme adeguate per rendere questo effettivo questo diritto, regolando l’uso del suolo in conformità con l’interesse generale, per evitare speculazioni. La comunità parteciperà ai vantaggi derivanti dalle politiche urbanistiche degli enti pubblici”. Articolo 47 Costituzione Spagnola approvata il 6 Dicembre 1977 ed entrata in vigore nel 1978.

72


Ol tre lo s ch el etro

modo la popolazione più debole, tra cui i giovani, è rimasta comunque esclusa dall’accesso alla casa, nonostante l’esistenza di un patrimonio immobiliare di venticinque milioni di case, che potrebbe soddisfare l’esigenza dell’intera popolazione spagnola. Il patrimonio immobiliare spagnolo è sovradimensionato, sottoutilizzato e mal ripartito: la costruzione di case e la crescita urbana negl’anni della bolla non hanno guardato alle reali necessità della popolazione, ma sono stati spinti dal mercato e dalla domanda, che si basavano solo sull’investimento anziché sull’uso. Sono il mercato e la domanda che hanno dettato il quanto, il come costruire e il tipo di cliente e non la legislazione urbanistica né i piani per la casa. Mentre una parte della popolazione ha grandi difficoltà ad accedere alla casa, il mercato e l’economia facilitano la promozione della casa di lusso o della seconda casa affiancata da campi da golf. Non c’è nessuna coerenza tra l’iperproduzione di case e l’accesso a esse. Questo paradosso si spiega anche con la possibilità che la legge spagnola offre ai proprietari di case di mantenerle vuote senza nessuna forma di tassazione. Allo stesso tempo il patrimonio degli immobili in affitto, che potrebbe essere l’unica possibilità per questa parte di popolazione al margine, è costoso e di scarsa qualità ed è disincentivato da una serie di misure politiche e fiscali. Gli inquilini possono affittare un immobile per tre anni senza avere nessuna garanzia sull’eventuale prolungamento del contratto. Inoltre se il proprietario decidesse di recuperare l’appartamento in affitto per i propri usi, deve solo avvertire l’inquilino con un preavviso di due mesi. L’affitto non costituisce un’alternativa reale stabile per il futuro, anche perché la presenza di un bene sostitutivo sicuro potrebbe ridurre la domanda e quindi il prezzo dell’immobile di proprietà7 1 . La casa in Spagna non era un bene di prima necessità, ma era diventato un bene speculativo. Diventava quasi bene di lusso e il diritto alla casa citato nella Costituzione semplicemente non esisteva. Le misure rivolte a combattere la speculazione edilizia e ad abbassare i prezzi per coloro che necessitavano della casa come bene di uso sono state molto timide e impaurite dallo scontro con gli interessi economici delle imprese 71  Misure descritte nella Ley Arrendamientos Urbanos (LAU) approvata dal Consiglio dei Ministri l’11 maggio 2012. Prima di questa legge il contratto di affitto aveva una durata di cinque anni, che il Partido Popular ridusse appunto a tre.

73


La Spa g na d ei re c ord

25.940

2007

58.706

2008

92.619

2009

93.636

2010

77.841

2011

67.537

2012

9%

26. 1%

24. % 0.7

1%

19.

2

9%

21.

6%

19.

5%

24.

8%

20. 7%

20.

2%

13. %

11.4

1995 74

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 In alto: numero di sfratti all’anno (fonte: PAH). In basso: evoluzione del credito ipotecario in Spagna (fonte: Asociación Hipotecaria Española).


FONTE ASOCIACION HIPOT

855.512

rci

a

lla y Mu

Comu Va le n zniaitnà a

tot. 416.279 2007-2012

ti lla Cas ia Galiz na A ra g o hi Pa e si B a s c Extremadura Asturie Ca nt ab ria Nava L a R i o r ra ja

2010

2011

2012

154.115

214.399

442.611

244.743

478.246

551.136

a

ia

gna

2009

nch

aluc

alo

2008

a la M

And

Ca t

2007

Casti

6.360/mese

uni tà C o md ri d Ma

di

Is ol e Ca na ri e

612/giorno

Leó n

Ol tre lo s ch el etro

2013

In alto: Sfratti per regione (fonte: PAH). In basso: numero di prestiti ipotecari per l’acquisizione di una casa (fonte: Ministerio de Fomento)

75

prestiti ipotecari per l’acquisizione di casa fonte mininsterio de fomento


La Spa g na d ei re c ord

immobiliari. Alle persone che non riescono ad accedere alla casa per questioni economiche vanno ad aggiungersi dopo la crisi le persone che la perdono perché non riescono a pagare il proprio debito. Situazione prevedibile visto che la disoccupazione salirà a fine 2007 dall’8,3% (1.834.000 persone) e al 20,1% (4.632.000 persone) a fine 2010 e si diffonde soprattutto tra la popolazione giovane (tra i 16 e i 25 anni) e tra gli stranieri. La disoccupazione spagnola caratterizza la crisi del paese, visto che tra il 2007 e il 2010 è cresciuta di 11,8 punti percentuali, mentre negli altri paesi europei la media era di 2,6 punti percentuali7 2 . Tra il 2007 e il 2011 si contano 349.438 esecuzioni ipotecarie. Secondo i dati del 2011 ogni giorno partono 212 processi di sfratto, 6.360 al mese. Come sottolineano Ada Colau e Adrià Alemany lo sfratto in genere non riguarda solo un individuo, ma l’intero nucleo familiare e alle volte può essere coinvolta un’altra casa, che solitamente corrisponde a quella dei genitori che hanno firmato a garanzia dei figli senza essere coscienti delle conseguenze. Inoltre in Spagna il debito riguarda la persona e non l’immobile, che è solo una garanzia che, in caso di mancato pagamento, non è sufficiente per saldare il debito. Nell’ipotesi di insolvenza la casa ipotecata va all’asta, ma nella situazione attuale di crisi in genere non viene comprata e l’entità finanziaria si aggiudica la proprietà per il 60% del suo valore. Il restante 40%, gli interessi e gli alti costi giudiziari del processo sono a carico dell’ex proprietario. Quest’ultimo nonostante abbia perso la propria casa, continuerà a essere in debito con l’entità finanziaria, che potrà esercitare questo diritto sulla persona confiscandogli altri beni o una parte del salario. La facilità di accesso al credito nel decennio 1997-2007, che ha portato l’indebitamento delle famiglie dal 55% al 130% del loro guadagno alla fine del ciclo, poteva sembrare una misura che poteva garantire alla popolazione l’accesso alla casa, ma in realtà contribuì in maniera decisiva ad alzare i prezzi, a moltiplicare lo sforzo delle famiglie per comprare un immobile e a sacrificarsi per pagare un debito che li perseguirà per lunga parte della propria vita.

72  Tra il 2008 e il 2010 la perdita di lavoro da parte di impiegati nel settore delle costruzioni era più alta del 36%.

76


Ol tre lo s ch el etro

Lo stato e le pubbliche autorità non solo sono obbligate ad assicurare l’accesso alla casa, ma anche a prevenire la speculazione. In realtà in Spagna non solo si è concessa la speculazione ma si è addirittura incoraggiata7 3 . Allo stesso tempo l’iperproduzione edilizia sta privando parte del popolo spagnolo di un altro diritto costituzionale che è quello a un ambiente degno, recitato dall’articolo 45 della Costituzione: Todos tienen el derecho a disfrutar de un medio ambiente adecuado para el desarrollo de la persona, así como el deber de conservarlo. Los poderes públicos velarán por la utilización racional de todos los recursos naturales, con el fin de proteger y mejorar la calidad de la vida y defender y restaurar el medio ambiente, apoyándose en la indispensable solidaridad colectiva. Para quienes violen lo dispuesto en el apartado anterior, en los términos que la ley fije se establecerán sanciones penales o, en su caso, administrativas, así como la obligación de reparar el daño causado.74

L’insostenibilità del modello di sviluppo economico e urbano spagnolo è dimostrato anche dai dati sull’occupazione dei suoli. Il progetto europeo Corine Land Cover7 5 documenta l’evoluzione dell’occupazione del suolo attraverso fotografie satellitari scattate nel 1987, nel 2000 e nel 2005. Come dichiarato dal Observatorio de la Sostenibilidad en España questa contabilità fisica sul cambio di occupazione del suolo costituisce un indicatore sulla sostenibilità. In solo venti anni le superfici 73  “Re-Righting Ownership, Ada Colau in conversation with Quaderns”, Volume: the shape of law 4 (2013). 74  “Tutti hanno il diritto di godere di un medio ambiente adeguato per lo sviluppo della persona, così come hanno il dovere di conservarlo. I poteri pubblici provvederanno all’uso razionale di tutti i mezzi naturali, con il fine di proteggere e migliorare la qualità della vita e difendere e restaurare il medio ambiente, affidandosi all’indispensabile solidarietà collettiva. Per coloro che violano le disposizioni del paragrafo precedente, nei termini fissati da questa legge si stabiliranno sanzioni penali, o in caso, amministrative, così come l’obbligo si riparare al danno causato.” Articolo 45 della Costituzione Spagnola approvata il 6 Dicembre 1977, ed entrata in vigore nel 1978. 75

Si veda la nota 1.

77


La Spa g na d ei re c ord

1%

4% spazi aperti con poca/nessuna vegetazione

22%

28%

32%

prati o terre coltivate

forestale disboscato

terre coltivate perennemente

forestale boschivo

158.867 km2

93.636 km2

88.817 km2

12.619 km2

-0.3%

+0.3%

-2.6%

-0.7%

1.123 km2

3.506 km2

10.543 km2

+1.4%

+10.4%

+29.5%

forestale

spazi aperti

terre coltivate

disboscato

con vegetazione

zone umide

superficie di acqua

superficie artificiale

159.402 km2

93.325 km2

91.209 km2

12.706 km2

1.107 km2

3.174 km2

8.141 km2

1987

60.000

urbanizzazioni

40.000

zone verdi urbane

30.000

zone portuarie

installazioni sportive e ricrerative

tessuto urbano continuo

zone di estrazione

zone in costruzione

50.000

struttura urbana

zone industriali o commerciali

prati

perennemente

autostrade e terreni associati

terre coltivate

2000

zone aeroportuali

superficie artificiale

12%

20.000 10.000 0

78

In alto: Superficie implicata nei processi di trasformazione 87-00. In basso: cambio netto delle superfici artificiali 87-00 (fonte: Ob. de la sostenibilidad en Espa単a)


661.299 ha

Ol tre lo s ch el etro

60.000

superfici artificiali

581.118 ha

50.000

814.149 ha nel 1987

40.000

1.054.315 ha nel 2000

30.000

29,5%

249.016 ha

20.000

143.350 ha

116.454 ha 75.849 ha

10.000 0

zone urbane 13.8 %

12.000.000

zone industriali/trasporto 73.7 %

27.545 ha 13.832 ha

zone estrazione/discariche 53.5 %

12.451.144 ha 12.300.567 ha

zone verdi artificiali 99.1 %

zone agricole

10.000.000 8.825.223 ha

8.000.000

25.272.791 ha nel 1987

8.862.043 ha

25.250.301 ha nel 2000

-0.1%

6.000.000 4.000.000

3.342.2964 ha

3.443.728 ha

2.000.000

0

654.1263 ha

terre di lavoro -1.2 %

zone agricole eterogenee 0.4 %

13.551.682 ha 13.333.944 ha

12.000.000 10.000.000

coltivazioni permanenti 3%

643.961 ha

prati -1.6%

zone forestali e spazi aperti 24.128.910 ha nel 1987

9.306.699 ha 9.282.312 ha

8.000.000

23.878.1271 ha nel 2000

6.000.000

-1%

4.000.000 1.270.559 ha 1.261.869 ha

2.000.000 0 boschi -0.3 %

spazi con vegetazione arbustiva -1.6 %

Consumo, formazione e occupazione del suolo in Spagna 1987-2000 (fonte: Observatorio de la sostenibilidad en Espa単a)

spazi aperti con poca vegetazione -0.7 % 79


La Spa g na d ei re c ord

artificiali sono cresciute per l’equivalente di un terzo della superficie artificiale che il paese aveva costruito fino a quel momento in tutta la sua storia. Il concetto di superfici artificiali include non solo suoli urbanizzati, ma anche quelli occupati da infrastrutture per i trasporti, miniere e discariche. In alcune regioni costiere si è arrivati a costruire l’equivalente del 50% di quello che già era costruito. Nella regione di Murcia le superfici artificiali sono cresciute del 60%, nella Comunità Valenziana del 50% e anche in Andalucia si è prodotto un importante incremento specialmente lungo la costa. La Spagna insieme ad Irlanda e Portogallo è stato uno dei paesi dove più è cresciuta la superficie artificiale tra il 1987-2000, con un ritmo medio annuale dell’1,9%, molto più alto rispetto al ritmo medio degli altri paesi europei che è dello 0,68%. Il totale del cambio nell’occupazione del suolo in artificiale tra il 1987 e il 2000 è stato del 29,5%, che corrisponde a 240.166 ettari, e si concentra nella zona del Levante, nel litorale mediterraneo, nell’area metropolitana di Madrid e nelle città medie. Si è passati da 814.149 ettari nel 1987 a 1.054.315 ettari nel 2000, con una crescita media annuale di 19.340 ettari. Le superfici urbanizzate in questi venti anni equivalgono a costruire trentacinque volte l’area metropolitana di Barcellona. Nel 2000-2005, cioè nel periodo centrale della cosiddetta década prodigiosa, si costruiscono in media 75,8 ettari al giorno, più di tre ettari ogni ora. La maggior parte delle volte le nuove urbanizzazioni si sono sviluppate senza alcuna connessione con le trame urbane preesistenti e in condizioni ambientali e di accessibilità per le quali era preferibile non urbanizzare7 6 . Inoltre quasi la metà della nuova superficie artificiale si è sviluppata su ex terreni agricoli a un ritmo di 12.435 ettari all’anno. Queste cifre sono legate oltre che allo sviluppo del settore della costruzione, anche a quelle del trasporto e del turismo, che sono attività a forte consumo di suolo. La quantità di strade e autostrade ha registrato una crescita del 149%, che si è concretizzata in una rete viaria di grande capacità che ha fatto della Spagna il paese europeo con più chilometri di autostrade in relazione alla sua popolazione. Il forte investimento nelle infrastrutture da parte dello stato e con l’aiuto di 76  O. Nel-lo, “Herencias territoriales, exploraciones geográficas y designios políticos”, in J. Schulz-Dornburg, op. cit. ,p. 23-29.

80


Ol tre lo s ch el etro

fondi comunitari, è stato anche la conseguenza dell’adozione del nuovo modello di città dispersa, perché si è dovuta compensare la distanza con i nuovi complessi urbanistici che hanno assunto nuove funzioni richiamando flussi di persone, merci e informazioni. Il nuovo modello di produzione dello spazio costruito si caratterizza per la proliferazione di tipologie abitative a bassa densità, come quella della casa a schiera. La Navarra è stata la comunità autonoma dove più è cresciuto il tessuto urbano discontinuo, registrando un aumento della superficie costruita del 160%. Seguono Castilla y León, le isole Baleari, Castilla la Mancha, Extremadura, Comunità Valenziana, Madrid e Murcia. L’urbanizzazione diffusa implica oltre alla necessità di trasporto privato, maggiori spese di acqua, riscaldamento, maggiori emissioni di gas serra, ma soprattutto occupa più suolo. La rete viaria e le nuove centralità suburbane, come installazioni sportive, terziarie, ricreative, commerciali crescono del 60% passando dagli 817 chilometri quadrati del 1987 ai 1.298 del 2000. Fanno parte di questo processo di espansione a macchia d’olio e di occupazione del territorio anche i grandi parchi tematici e dell’ozio nell’hinterland delle grandi città. Inoltre Corine Land Cover mostra un aumento considerevole di superfici costruite ai margini delle nuove infrastrutture viarie di accesso all’area urbana e che corrispondono a zone di servizio e zone logistiche come centri commerciali e industriali. Il totale delle superfici occupate da autostrade e terreni di servizio aggregati è passato da 36.749 ettari nel 1987 a 91.427 ettari nel 2000. Anche il turismo ha rivestito un’importanza crescente nell’economia spagnola in quanto motore di sviluppo. La forte urbanizzazione che è scaturita a partire da metà anni sessanta e che si è consolidata negli anni ottanta, era associata allo sviluppo massivo di seconde case e alla proliferazione di nuovi complessi turistici, che hanno trasformato soprattutto il paesaggio litorale nell’area più vicina al mare. La Costa Blanca, la Costa del Sol, il litorale barcellonese sono tutti casi che registrano percentuali di urbanizzazione superiori al 30% nel primo chilometro di costa. Nelle ultime decadi la costa spagnola ha perso l’equivalente di otto campi da calcio al giorno. La maggiore pressione costruttiva si è manifestata inoltre nelle zone con meno presenza di acqua, cioè Almeria e Murcia. Seguono la provincia di Malaga, 81


La Spa g na d ei re c ord

Pamplona, 1957

Pamplona, 2004 82


Ol tre lo s ch el etro

Vitoria, 1957

Vitoria, 2001 83


La Spa g na d ei re c ord

Maiorca, 1989

Maiorca, 2004 84


Ol tre lo s ch el etro

Benidorm, 1957

Benidorm, 2003 85


La Spa g na d ei re c ord

Asturie

7%

Lugo8%

ComunitĂ Valenziana

43%

Baleari

37%

Isole Baleari

36%

Isole Canarie Andalucia

25%

23% sup. artificiale

22%

Paesi Baschi

19%

+37%

Cantabria

19%

1987-2005

Regione di Murcia 14%

Ceuta 11%

Canarie

Catalogna 7%

Asturie 1% Melilla

18% sup. artificiale

+36%

1987-2005

38%

Santa Cruz de Tenerife 38% Las Palmas de Gran Canaria 35%

86

Granada

Huelva 32%

Cadice 28%

Malaga

15%

Aumento percentuale della superficie costiera occupata tra il 1987 e il 2005.


Ol tre lo s ch el etro

media 19%

26% sup. artificiale

36%

Cantabria

+23%

Bizkaia

1987-2005

Girona

2%

Barcellona Tarragona

19%

11%

Castellón

Isole Baleari

74%

37%

Valencia 71%

Alicante Murcia

26%

17%

Costa Medi terranea Atlantico Sud

43% sup. artificiale

32% sup. artificiale

Almeria 39%

Atlantico Cantabrico 16% sup. artificiale

+1%

+28%

1987-2005

+23%

1987-2005

1987-2005

Ceuta

13%

Al centro: aumento percentuale dell’occupazione della fascia dei primi 500 metri di costa, 1987-2005 (fonte: Destrucción a toda costa, 2013).

87


La Spa g na d ei re c ord

enfatizzata da Marbella, Cadice e Huelva. Sono le province del litorale mediterraneo quelle che registrano la più alta percentuale di urbanizzazione sia nel primo chilometro di costa che nei dieci che si estendono verso l’interno. La differenza che esiste tra queste province e l’urbanizzazione di quelle della costa cantabrica e gallega, dove il primo chilometro sta sotto il 15%, si spiega con le migliori condizioni climatiche dell’area mediterranea. Questi processi di urbanizzazione sono oltreché insostenibili, per le grandi quantità di energia e materiali che richiedono, anche irreversibili e producono una serie di conseguenze sul territorio: in primo luogo la perdita della qualità ambientale e il valore degli ecosistemi, poi la perdita della capacità produttiva dei suoli, lo stress idrico e la modificazione del ciclo delle acque, la perdita della connettività tra sistemi diversi e l’eliminazione dei processi ecologici a causa della frammentazione del territorio. 7 7 Un altro indicatore che racconta l’importanza assunta dal settore delle costruzioni e il conseguente deterioramento del paesaggio è il consumo di cemento, di cui si dispone di una serie sufficientemente lunga fornita dall’INE e che permette di valutare l’impatto sul paesaggio. La Spagna arrivò a consumare nel 2006 sessanta milioni di tonnellate di cemento. Questo ha fatto della Spagna il quinto paese del mondo nella classifica del consumo di cemento, dietro alla Cina, che conta però oltre un miliardo di abitanti, e davanti a Francia e Germania, che hanno una popolazione e un territorio molto più ampi di quello spagnolo. Se dividiamo questa cifra per la popolazione il risultato è una media di 1,3 tonnellate di cemento annuali per abitante. In effetti lo tsunami, non è una semplice metafora, ma piuttosto una vera onda di cemento e mattoni che è venuto ricoprendo la geografia peninsulare7 8 . Lo stesso indicatore riflette anche la crisi immobiliare del 2008, registrando nel 2009 la riduzione della cifra del 2006 a meno della metà. Considerando il fatto che per la costruzione di una casa nuova si 77  Observatorio de la Sostenibilidad en España, Cambios de ocupación del suelo en España. Implicaciones para la sostenibilidad. Estudio realizado a partir del proyecto CORINE LAND COVER , Mundi-Prensa, Madrid, 2006. 78

88

R. F. Durán, op. cit. , p. 26.


Ol tre lo s ch el etro

80.000 70.000 60.000 50.000 40.000 30.000 20.000 10.000 0

55,8 55,9

44,1

46,2

Murcia

41% 46%

51,5

42,1

Comunità Valenziana

33%

Madrid

31%

Navarra

30%

estrazione mineraria, discariche

Isole Baleari

Castilla y León

28%

Castilla La Mancha

24%

rete di trasporti, porti e areoporti

Extremadura

21%

Andalucia

21%

20%

Asturie

13%

Cantabria

13%

zone industriali e commerciali

Aragona

La Rioja

12%

Galizia

P.Baschi

8%

Catalogna

Canarie

zone urbane (case, servizi e zone ricreative)

48%

53%

48,0 62%

42,6

38,4 30,9 31,3 25,4

28,9 24,4

22,9 22,8

20,4 13,5

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

10,8 2013

In alto: destinazione delle nuove superfici artificiali 1987-2000. Al centro: cambiamento della superficie artificiale in ogni comunità. (fonte: Ob. de la sostenibilidad en España). In basso: Dati sul consumo di cemento (fonte: INE). 89


La Spa g na d ei re c ord

necessita in media di mezza tonnellata di materiali per metro quadrato (senza contare i movimenti di terra e i rifiuti derivanti dal processo che superano abbondantemente questa cifra) e il numero di case nuove costruite nel decennio 1997-2007, si intuisce il grande impatto che la speculazione edilizia ha avuto sul paesaggio spagnolo.

I megaprogetti infrastrutturali sono legati ai finanziamenti pubblici, la maggior parte delle volte europei: in questo caso i costruttori gonfiano al massimo il prezzo dell’opera e allo stesso tempo tagliano le proprie spese per aumentare i profitti. Nel 2005 viene approvato il piano strategico di infrastrutture e trasporti (PEIT) 7 9 che contempla la pianificazione fino al 2020. Il PEIT prevede la costruzione di 6.000 nuovi chilometri di autostrade, da aggiungere agli 11.000 esistenti e 9.000 nuovi chilometri di alta velocità ferroviaria, oltre ai 1000 presenti. Si propone poi l’ampliazione dei porti esistenti in super-porti8 0 e il potenziamento o la costruzione di nuovi aeroporti8 1 . Per convincere l’opinione pubblica ad accettare questi megaprogetti cercando di venderli come interesse della comunità, se ne sottostimano i costi, che raddoppiano sistematicamente durante il processo di esecuzione. Il ritmo dell’investimento spagnolo di questi anni ha portato il paese a classificarsi ai primi posti per quello che riguarda il numero di infrastrutture viarie, mentre le dichiarazioni ufficiali continuano a giustificare il fatto esponendo la necessità di superare il deficit secolare delle infrastrutture spagnole. Non a caso sette delle undici maggiori imprese costruttrici del mondo sono spagnole (ACS, FCC, Ferrovial, Acciona, OHL…). Lo stesso si può dire delle grandi imprese immobiliari (Sacyr-Vallehermoso, Metrovacesa, Urbis, Colonial…). Mentre la Spagna vinceva il record per il consumo di cemento, Madrid vinceva il record mondiale per la perforazione del 79  PEIT, Plan Estratégico de Infraestructuras y Transporte, approvato dal Consiglio dei Ministri e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il 15 Luglio 2005. 80  Algeciras, Barcelona, Valencia, Bilbao, Tarragona, Cartagena, Las Palmas, Gijón, Huelva e S.ta Cruz de Tenerife. 81  Si propone la costruzione di un nuovo aeroporto a Burgos, Castellón, Huesca, Murcia e Ciudad Real.

90


Ol tre lo s ch el etro

sottosuolo contando dodici tunnel di grande sezione8 2 . Tra i megaprogetti infrastrutturali emerge il caso ciudad Valdeluz, in un terreno di proprietà della famiglia della presidente di Madrid, Esperanza Aguirre. Il caso riguarda da 8.400 case, 490 ettari e una fermata del treno ad alta velocità, che evita con una curva la città di Guadalajara per fermarsi appunto nella piccola zona di Valdeluz. Per facilitare l’accesso alla città si costruiscono inoltre, con fondi pubblici, anche un nuovo tratto di strada, alcuni viadotti e si parlava anche della necessità di un collegamento autostradale. Il risultato dell’operazione, oltre alle grandi quantità di appartamenti invenduti, è il grande profitto da parte dei proprietari dei suoli. Dall’altra parte esistono i megaprogetti di promozione immobiliare che si risolvono nel comprare o nel disporre di suolo rustico, riqualificandolo come urbano e moltiplicandone il valore. Una caratteristica del nuovo modello immobiliare costruttivo è l’invenzione di pretesti e slogan, che cercano di giustificare e rendere attrattive le mosse di riclassificazione dei suoli che ricoprono di cemento il paesaggio spagnolo. Si cercano nomi convincenti, come ciudades de vacaciones, de la imagen oppure ciudades del golf. Slogan e pubblicità che cercano di sedurre la domanda straniera e rendere attrattivi i quartieri dormitorio8 3 . Il governo di Murcia concesse ai grandi promotori immobiliari anche un canale televisivo per promuovere urbanizzazioni e campi da golf8 4 . La ricerca di giustificazioni ai megaprogetti immobiliari raggiunge il suo apice nei cosiddetti parchi tematici che si sono disseminati per la Spagna e che si contraddistinguono per una serie di caratteristiche comuni. Tutti rappresentano una fonte di progresso per la zona in cui si sviluppano e questo giustifica l’urbanizzazione dei terreni adiacenti a quelli necessari per il parco, generalmente già acquistati dai promotori. La maggior parte dei parchi tematici è sostenuta dallo stato, che non solo finanzia l’operazione, ma che fornisce anche le infrastrutture necessarie. Generalmente sono finanziati oltre che da denaro pubblico anche dalle cajas de ahorro8 5 . Una volta che i proprietari hanno 82  F. Aguilera, J. M. Naredo, (a cura di), Megaproyectos, recalificaciones y contratas in Economía y poder, Fundación Cesar Manrique, Lanzarote, 2009, p.21. 83

ivi, p. 22.

84

http://www.elconfidencial.com/enexclusiva/indice_6847.html

85

F. Aguilera, J. M. Naredo, op. cit, p. 23.

91


La Spa g na d ei re c ord

2003

2013

92

Alhama Signature Golf, Murcia


Ol tre lo s ch el etro

2005

2013

Ciudad Valdeluz, Guadalajara

93


La Spa g na d ei re c ord

realizzato grandi profitti dalla riclassificazione dei suoli, accade che l’attività prevista per il parco e usata come pretesto per l’urbanizzazione, non soddisfi le aspettative: per compensare con nuovi profitti il fiasco finanziario dell’operazione (che al principio la giustificava) la società responsabile reclama più denaro pubblico e maggiore edificabilità. Queste caratteristiche sono quelle osservate in quattro dei più grandi parchi tematici spagnoli: Port Aventura a Tarragona (1995), Isla Mágica a Siviglia (1997), Terra Mítica a Alicante (1998) e Parque Warner, a Madrid (2002), ma anche recentemente il resort Reino de don Quijote8 6 a Ciudad Real, oppure il casino di Aranjuez. Fa parte di questi grandi progetti anche il Parque Acuático di Jaén, il parco avventura con piscine, zone per l’ozio, ristoranti e bar, frenato dal Partido Popular nel 2011, quando già era costruito per l’80% e dopo che il governo Rodríguez Zapatero ci aveva investito quasi nove milioni di euro. A oggi è incompleto e abbandonato, come il Museo de Arte Ibérico, nella stessa città di Jaén. Si aggiungono alla lista urbanizzazioni da un milione e mezzo di metri quadrati fornite di piste di atterraggio per aerei, ma sfruttate solo da poche famiglie per lo più straniere che vivono nei dintorni e che vogliono guardare il proprio aereo dal proprio giardino8 7 . E ancora, piste da sci per chi vuole sciare tutto l’anno: il Complejo de Aventuras Meseta Ski sorge in Valladolid vicino a Tordesillas, un paese di 9.000 abitanti. Il complesso sciistico da 14.000 metri quadrati e con 240 metri di pista, è progettato per accogliere 70.000 visitatori giornalieri. Per il progetto era prevista una spesa di cinque milioni di euro, ma come per la maggior parte dei parchi tematici spagnoli 86  Il resort comprende l’hotel casino Caesar’s Espana, un hotel balneario, tre hotel tematici, una zona commerciale di lusso, un’area di convenzioni di 22.000 metri quadrati, un auditorium per 3.000 persone, tre campi da golf (due dei quali con 18 buche), circa 9.000 case, una cittadella dello sport e un centro educativo e medico. È prevista una superficie di 6.834.590 metri quadrati da urbanizzare, ma verrà terminato solo uno dei tre campi da golf previsti e il sistema viario è sviluppato per un 30%. Le parti residenziali e terziarie non sono edificate. Il totale dell’edificato rispetto alle previsioni del progetto è del 5%. J. Schulz-Dornburg, op. cit. , p. 178-183. 87  Si tratta del paese di Alhama de Murcia, con 20.725 abitanti, per il quale si prevede un progetto residenziale basato su un nuovo concetto di godere dell’aeronautica, si parla infatti di Il campo de vuelo residencial. Da J. Schulz-Dornburg, op. cit. , p. 192-199. Il campo de vuelo residencial di Alhama de Murcia è stato segnalato anche dal programma Comando Actualidad in data 5 Novembre 2014. http://www.rtve.es/alacarta/videos/comando-actualidad/comando-actualidad-ruinasestrenar/2849326/

94


Ol tre lo s ch el etro

la cifra raddoppierà durante la costruzione fino a raggiungere i 12 milioni di euro. Il complesso sorge su un terreno forestale che era stato oggetto di incendio nel 1999, nonostante che una legge statale, la ley del Montes, stabilisca che questi terreni non possono cambiare destinazione d’uso ed essere quindi oggetto di urbanizzazione per almeno trenta anni dall’incendio. Sarà una norma regionale nel 2010 a legalizzare il complesso Meseta Ski, dichiarato infine incostituzionale dall’Alto Tribunale nell’Ottobre del 2014. Simile al Meseta Ski il complesso di Vallfosca Mountain y Golf Resort, 365 días con experiencias para cada temporada8 8 , che sorge nel municipio di La Torre Cabdella, un paese da 769 abitanti e attrezzato per accogliere 3.500 sciatori al giorno e 5.000 nuovi residenti. Il progetto Marina d’Or Golf nella Comunità Valenziana, costituisce un modello di città vacanze: il progetto nasce nel 2003 con l’intento di stimolare un’affluenza turistica equilibrata durante tutto l’anno. In questa nuova città del turismo, dell’ozio, del lusso e del golf, si prevede di edificare otto milioni di metri quadrati e circa 33.500 case plurifamiliari, per una popolazione prevista di 141.576 abitanti. Tutto questo per un costo di circa 18 milioni di euro.

Marina d’Or golf dispondrá, entre otra instalaciones, del mayor Balneario Científico de Agua Marina del mundo, con capacidad de tratamiento para 7.000 personas día, seis grandes hoteles de lujo tematizados, con 7.500 plazas, dotados ellos de extensas galerías comerciales, tres campos de golf firmado por Greg Norman y Sergio García, lagos con más de un kilómetro de playa, pistas artificiales de esquí de un kilómetro, un espectacular acuario, instalaciones al aire libre para la práctica de deportes de aventura, un parque acuático y varias zonas con restaurante especializados, pubs, discotecas y comercio, todo ello distribuido por el conjunto de la ciudad de vacaciones.8 9

88

J. Schulz-Dornburg, op. cit. , p. 200-205

89  “Marina d’Or golf disporrà, tra le altre istallazioni, del maggiore balneario scientifico di acqua marina del mondo, con capacità di trattamento per 7.000 persone al giorno, sei grandi hotel di lusso tematizzati, con 7.500 posti, dotati di estese gallerie commerciali, tre campi da golf firmati da Greg Norman e Sergio García, laghi con più di un chilometro di spiaggia, piste artificiali da sci di un chilometro, uno spettacolare acquario, installazioni all’area aperta per la pratica di sport d’avventura, un parco acquatico e varie zone con ristoranti specializzati, pub, discoteche e commercio, tutto questo distribuito per tutta la località turistica.”

95


La Spa g na d ei re c ord

Il progetto viene abbandonato nel 2010 senza alcuna opera costruita. Ciudad de vacaciones: curiosa expresión. La ciudad es un organismo perenne. Las ciudades se fundan para durar. […] (la ciudad de vacaciones) quiere ser recorrida como si existiera “de verdad”, sin ser una ciudad verdadera, sin poseer los elementos […]. La ciudad de vacaciones, entonces, no existe: solo es un sueño, o una ficción. […] En la ciudad de vacaciones, los individuos son indistinguibles. Se confunden entre sí. Forman una masa indiferenciada. […] La ciudad de vacaciones idiotiza, o embrutece: reduce la persona, y anula la personalidad.9 0

90  P. Azara, “Ciudad de vacaciones”, in J. Schulz-Dornburg, op. cit. , p. 165-169. “Città turistica: curiosa espressione. La città è un organismo perenne. Le città si fondano per durare. […] (la città turistica) vuole essere percorsa come se esistesse “veramente”, senza essere una città vera, senza gli elementi propri […]. La città turistica, allora, non esiste: è solo un sogno, o una finzione. […] Nella città turistica, gli individui sono indistinguibili. Si confondono tra loro. Formano una massa indifferenziata. […]. La città turistica vanifica, o abbruttisce: riduce la persona, e annulla la personalità.”

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Ol tre lo s ch el etro

2002

2012

Marina D’or, Castellón

97


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Ol tre lo s ch el etro

02 L a m a p pa tura d el l ’a bbandono

Il fenomeno del mattone spagnolo, dagli anni della crescita senza limite fino al suo collasso, ha generato un nuovo patrimonio, costituito da edifici vuoti e scheletri di cemento. Un patrimonio che ha creato un nuovo paesaggio non finito, una topografia de lucro1 . Anche in Italia sta nascendo con la crisi un nuovo paesaggio culturale, quello delle saracinesche al piano terra abbassate, degli edifici sfitti, delle sagome di scheletri incompiuti e dei capannoni vuoti2 . Da più parti si sostiene che il primo passo fondamentale per innescare il processo di riuso di questi luoghi è renderli visibili alla collettività, prima attraverso la fotografia e poi attraverso la loro mappatura e catalogazione. Negli ultimi anni molti collettivi, gruppi di ricerca, studi di architettura e associazioni, consapevoli dell’impossibilità di un ulteriore consumo di suolo, hanno elaborato delle piattaforme comuni a questa tipologia di spazi con il fine di promuoverne la rigenerazione urbana. Una strategia che ingloba tutti gli edifici e i luoghi accumunati dal fatto di essere abbandonati e non utilizzati; una strategia che non propone progetti per i singoli elementi, ma che fornisce un servizio a chi se ne occuperà in seguito. Lo strumento comune dei cosiddetti enabler3 del riuso del paesaggio urbano abbandonato, è la mappatura digitale e online. Il web offre la possibilità di raccogliere e visualizzare un’infinita quantità di dati e allo stesso tempo riesce a raggiungere un vasto pubblico, perché opera su scala mondiale. Quest’ultimo aspetto è di fondamentale importanza visto che i progetti di cartografia digitale sono per la maggior parte processi bottom-up, cioè aperti a qualsiasi utente anche non 1

J. Schulz-Dornburg, Ruinas Modernas. Una topografia de lucro , Ambit, Barcellona, 2012.

2

R. Ferorelli, A. Cariello, “Riuso del paesaggio in abbandono”, Domusweb, Gennaio, 2014.

3

E. Poli, “[im]possible living: mappature dell’abbandono”, Domusweb, Dicembre, 2011.

99


La m a p pa tu ra

specializzato che voglia contribuire ad arricchire la mappa attraverso un sito internet o un’applicazione smartphone. Mappare spazi in abbandono e risorse locali di un territorio non può essere affidato solamente a tecnici ed esperti, ma rimane una pratica di lettura delle trasformazioni della propria città, un esercizio di cittadinanza4 .

Inoltre la rete costituisce lo spazio virtuale in cui la domanda di spazi, da parte di cittadini e associazioni, incontra facilmente l’offerta di risorse registrate nella mappa, che diventa così un database di informazioni. La mappatura crowdsourcing costruisce così un archivio dei luoghi abbandonati che è aperto, flessibile, dinamico e in crescita: un archivio animato5 .

4  I. Inti, G. Cantaluppi, M. Persichino, TEMPORIUSO. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono, in Italia , Altraeconomia Edizioni, Milano, 2014, p. 108. 5  A. Burdick, J. Drucker, P. Lunenfeld, T. Presner, J. Schnapp, “The animated Archive”, in Digital Humanities, A. Burdick et al., MIT Press, Cambridge, 2012, p. 47.

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Tra i primi ad avvicinarsi al tema dell’abbandono dell’edilizia spagnola troviamo i fotografi, tra cui la stessa Julia Schulz-Dornburg con Ruinas Modernas. Una topografía de lucro6 , un libro che vuole mostrare le caratteristiche e le conseguenze della speculazione edilizia fornendo un inventario di casi che riassumono il fenomeno. Simona Rota, con il progetto Instant Village7 , si interroga invece sul senso della pianificazione territoriale e sulle false necessità del costruire, dettate da strategie economiche e politiche. Il Colectivo CadelasVerdes attraverso il progetto fotografico Spanish Dream8 , propone un approccio critico alle conseguenze della crisi economica, accentuata in Spagna dall’esplosione della burbuja inmobiliaria: le fotografie riportano scene familiari che avvengono all’interno degli edifici non finiti, criticando una società che per inseguire l’idea della casa di proprietà ha dimenticato l’importanza del vivere in un luogo degno e la tutela dell’ambiente. Luca Girardini racconta nel 2011 l’impatto e il fallimento della speculazione edilizia nelle aree suburbane di Madrid con The Scars of the crisis: Spanish Landscapes after the housing bubble9 . Anche il progetto di Óscar Carrasco, Madrid Off1 0 , si occupa della capitale spagnola, fotografandone gli edifici abbandonati, in disuso, gli angoli inesplorati e i paesaggi periferici, producendo un catalogo di rovine contemporanee. Infine Sheila Hernández e Kevin Zammit, con Neoruinas1 1 , si concentrano su Tenerife e fotografano sull’isola circa duemila edifici abbandonati.

6

J. Schulz-Dornburg, op.cit.

7

http://www.simonarota.es/index.php?id=69&L=1

8

http://anaamado.eu/blog/portfolio/spanish-dream/

9

https://luca-girardini.squarespace.com/paintings/pk1gxysi82j8bvlru9str7qpnbqkcf

10

http://www.oscarcarrasco.com/madrid-off/

11  S. Hernández, K. Sammit, Neo-ruinas.com, FUNDACIÓN Canaria MAPFRE Guanarteme, Santa Cruz de Tenerife, 2012

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Julia Schulz -Dornburg, Ruinas Modernas. Una topografia de lucro


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Simona Rota, Instant Village

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Colectivo Cadelasverdes, Spanish Dream


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Luca Girardini, The scars of the crisis: Spanish Landscapes after the housing bubble

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Ă“scar Carrasco, Madrid Off


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Sheila Hernandez & Kevin Zammit, Neoruinas

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Naciónrotonda1 2 è un catalogo visuale online, che racconta solo attraverso la fotografia gli effetti della febbre del mattone sul paesaggio spagnolo. Un inventario che si struttura attraverso la comparazione di fotografie del prima e del dopo il disastro urbanistico, che mostrano come i verdi campi rurali dopo quindici anni siano ricoperti di strade e di cemento. Nel sito è data all’utente anche la possibilità di suggerire un luogo con queste caratteristiche nella mappa. Inoltre, sulla destra della pagina web sono elencate le province oggetto delle schede comparate che strutturano il catalogo: la dimensione del loro testo, corrisponde alla quantità di inserzioni su quel municipio all’interno della piattaforma online e testimonia quindi l’estensione dell’attività speculativa in quel luogo. INCREASIS di Todo por la Praxis1 3 è una piattaforma web aperta che cerca di proporre un’alternativa per il patrimonio edilizio in disuso. Lo fa partendo da una mappa, sulla quale qualsiasi persona può aggiungere informazioni su scheletri o edifici vuoti, che ha individuato sul territorio, fornendo indirizzo, foto e dati tecnici che riguardano il promotore, il proprietario e la superficie. La mappa è lo spazio virtuale dove i collaboratori del progetto (che corrispondono potenzialmente a tutta la rete) e gli utilizzatori si incontrano. Quest’azione è necessaria per quantificare le risorse disponibili ed è il primo passo verso la riattivazione e il riutilizzo di questi luoghi. La mappa e le sue informazioni costituiscono una base materiale attraverso la quale si possono studiare ed elaborare le opportunità che questi spazi offrono. Allo stesso tempo si facilita la conoscenza di questi spazi ai collettivi e alle associazioni che potrebbero essere interessati per lo svolgimento delle proprie attività. Esiste nel sito anche una sezione Referencias, che raccoglie dei casi di rioccupazione 12  http://www.nacionrotonda.com La rotonda è stata scelta dai fondatori del progetto in quanto simbolo perfetto del tipo di crescita che si è sviluppata in Spagna negli anni della bolla: quella basata sull’automobile che rappresenta il mezzo di trasporto quasi esclusivo. 13  http://www.todoporlapraxis.es Todo por la Praxis è un collettivo multidisciplinare con sede a Madrid che si occupa della costruzione collaborativa di strumenti micro-architettonici e micro-urbanistici, che permettano la riconquista dello spazio pubblico e del suo uso collettivo. La principale metodologia di lavoro sono i talleres de construcción colectiva (workshop di costruzione collettiva), che sono laboratori di sperimentazione che si basano sulla cooperazione tra comunità locali, movimenti sociali, iniziative cittadine, movimenti vicinali e hanno l’obiettivo di produrre strumenti e prototipi replicabili per riattivare, recuperare e implementare spazi urbani in disuso.

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e riutilizzo di risorse urbane abbandonate, che possono essere presi come modello e le cui strategie possono dimostrarsi utili anche per il nuovo sviluppo di altri edifici e territori in disuso. Esqueletos, solares y edificios vacíos que se encuentran inutilizados, representan una oportunidad para el desarrollo de nuevos centros de producción de pequeña escala en los que se experimentan nuevos modelos económicos que suponen una respuesta más acertada a las necesidades y demandas de la población. 1 4

Lo stesso collettivo Todo por la Praxis sta realizzando nella città di Madrid un registro di lotti vuoti sia pubblici che privati, chiamato Vacíos Urbanos Autogestionados (VUA) 15 , con l’intento di stimolare i cittadini a riappropriarsi di questi spazi residuali, sperimentando una nuova autogestione urbana. I motivi dell’abbandono di un lotto in città possono essere molteplici, dalla delocalizzazione dei luoghi della produzione, alle difficoltà economiche da parte del proprietario per lo sviluppo del lotto, ai conflitti tra gli eredi, fino alla presenza di processi speculativi da parte dei proprietari di questi lotti. Il registro è corredato anche di una guida, Guía Vacíos Urbanos Autogestionados, che vuole essere uno strumento pratico per i diversi collettivi, associazioni o persone che vogliono riattivare un lotto vuoto attraverso un servizio utile alla collettività cittadina. La guida tratta infatti una serie di aspetti giuridici imprescindibili per proporre un nuovo uso temporaneo del lotto. La temporalità di queste nuove attività si adatta alle condizioni del lotto, che invece possono variare per la volontà del proprietario: possono ospitare ad esempio orti comunitari, come quello di Esta es una Plaza1 6 , che prende il nome dall’associazione che lo gestisce e che costituisce uno spazio pubblico verde dove parallelamente al giardino si svolgono attività ludiche, culturali ed educative. Oppure altre attività temporali come cinema all’aperto, concerti e workshop, come accadde 14  “Scheletri, lotti e edifici vuoti che risultano inutilizzati, rappresentano un’opportunità per lo sviluppo di nuovi centri di produzione di piccola scala, nei quali sperimentare nuovi modelli economici che rappresentano una risposta più accurata alle necessità e alle domande della popolazione”. http://increasis.org 15

‘Vuoti Urbani Autogestiti’

16  Il lotto si trova nel quartiere di Lavapies ed è di proprietà del comune di Madrid che ha concesso la gestione all’associazione Esta es una Plaza per cinque anni, dopo che era stato chiuso per più di trenta anni.

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Esta es una plaza, Madrid

Campo de la Cebada, Madrid 110


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nel 2011 nel Campo de la Cebada1 7 , altro lotto pubblico nel centro di Madrid riattivato dalla cittadinanza, specificatamente da associazioni di vicinato.

Ecologistas en Acción1 8 portano avanti dal 2007 un processo di mappatura partecipativa per segnalare casi di minacce ambientali, tramite la Mapa de Especulación1 9 . La Mappa della Speculazione, spiegano gli organizzatori, è uno strumento aperto a chiunque voglia collaborare a un progetto che documenti gli eccessi urbanistici e gli sforzi dei cittadini per fermarli. I casi segnalati permettono di ottenere una visione generale del fenomeno, di studiarne l’evoluzione e gli attori implicati e fornisce anche altra documentazione rilevante, come sentenze e resoconti di differenti organizzazioni. Simile è il progetto Su ultima voluntad2 0 di Zoohaus2 1 , che esplora e propone meccanismi che permettano ai cittadini di decidere sugli usi temporali degli spazi vuoti della città: lotti vuoti e costruzioni incomplete, oppure abbandonate o in attesa di essere demolite. La mappa accoglie edifici o luoghi, ancora una volta segnalabili da chiunque, che rientrino in quattro categorie: in attesa di demolizione, semplicemente abbandonati, opera non finita e lotto vuoto. 2 2 17  Nel lotto davanti al Mercado de la Cebada, nel quartiere madrileno di La Latina, era prevista la costruzione di alcune piscine municipali, ma con l’arrivo della crisi il progetto si fermò, lasciando 5.400 metri quadrati vuoti. 18  Ecologistas en Acción è una confederazione di oltre 300 gruppi di ecologisti che fanno parte del cosiddetto ecologismo sociale, che vede nei modelli di produzione e consumo sempre più globalizzati, la causa dei problemi medio-ambientali e sociali. L’organizzazione si struttura territorialmente attraverso federazioni e gruppi, che organizzano campagne di sensibilizzazione, denuncia pubblica e legale contro le situazioni che danneggiano l’ambiente ed elaborano alternative concrete. 19  https://www.google.com/maps/d/viewer?ll=39.67337,-4.570312&t=h&source=embed&ie= UTF8&msa=0&spn=18.404438,53.569336&hl=es&mid=zYT9iqeYKBoA.kE6ybxivyXLQ 20  https://www.google.com/maps/d/viewer?ll=39.67337,-4.570312&t=h&source=embed&ie= UTF8&msa=0&spn=18.404438,53.569336&hl=es&mid=zYT9iqeYKBoA.kE6ybxivyXLQ 21  Zoohaus pianifica uno spazio dove le metodologie e le risorse per il lavoro in rete (come Wikipedia e Linux) rendono possibili nuovi progetti di collettivi formati in rete da diversi usuari di diversi luoghi e formazioni. 22  Sia la Mapa de Especulación che Su ultima voluntad utilizzano meipi.org (http://meipi. org), uno spazio collaborativo dove gli utenti possono aggiungere informazioni e contenuti in un punto qualsiasi sul globo terrestre. Un meipi permette a gruppi di utenti di condividere informazioni su di un luogo o su di un argomento. Può essere molto utile per attività collaborative, associazioni, aziende, gruppi di amici, idee artistiche.

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Stessi strumenti e fini quelli di Casastristes2 3 , una mappa collaborativa implementata da Derivart24 , per la visualizzazione e la documentazione delle case vuote in Spagna. La mappatura degli immobili in disuso è il punto di partenza per la proposta di strategie tese a risolvere il problema dell’abitazione, in quanto offre una visione ampia e generale della situazione. Le diverse visualizzazioni grafiche dei dati permettono l’analisi di diversi aspetti economici e sociali; inoltre, costituiscono strumenti utilizzabili da associazioni, collettivi e cittadini per informarsi liberamente e comunicare.

Pueblos Abandonados2 5 documenta invece su una mappa online i paesi che sono stati abbandonati, quelli che sono stati ripopolati oppure che stanno per rimanere disabitati. n’UNDO2 6 , come si legge nel sito, vuole essere un’attitudine, un modo di fare ri-architettura, intervenendo sulla città e il territorio attraverso la Non Costruzione di interventi non necessari e impertinenti, la Minimalizzazione degli elementi esistenti di grande impatto, il Riutilizzo delle strutture abbondanti-sottoutilizzate e lo Smontaggio delle costruzioni insostenibili-inutili. Anche n’UNDO è supportato da una mappa collaborativa2 7 , nella quale sono localizzate costruzioni insostenibili, costruzioni contro l’umanità, attentati contro il medio ambiente, rifiuti, urbanismo dannoso. Il colectivo Basurama2 8 porta avanti dal 2006 il progetto di documentazione 6.0000km, che documenta i paesaggi e territori relazionati con la produzione, il consumo e lo spreco di materiali 23

http://www.casastristes.org

24  Derivart nasce nel 2004 a Barcellona e utilizza l’arte e le nuove tecnologie come strumento di ricerca sociale. 25

http://www.pueblosabandonados.com

26

http://www.nundo.org

27  https://www.google.com/maps/dviewer?oe=UTF8&ie=UTF8&msa=0&mid=zaUfGdccghHs. kPRKau8ESE24 28  Basurama è un collettivo che dal 2001 si dedica alla ricerca e alla produzione culturale sul tema dei processi produttivi e la generazione di sprechi. http://basurama.org

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ed energia. Il nome del progetto, 6.000 km2 9 , è dato dal numero di chilometri di autostrada che il PEIT (Plan Estratégico de Infraestructuras de Transporte) prevede di costruire entro il 2020. Attraverso fotografie, testi e documenti, si mostrano i luoghi dove si creano, si gestiscono e si negoziano i rifiuti, intesi nel senso più ampio del termine. Oltre ai più ovvi come le discariche, se ne esplorano altri, come le infrastrutture del traporto o gli sviluppi residenziali.3 0 Anche il progetto 6.000km utilizza lo strumento della mappa online aperta a collaboratori esterni, che diventa un archivio del consumo di territorio strutturato in quattro categorie: infrastrutture, urbanizzazioni, sprechi e abbandoni.

Basurama sta promuovendo anche l’iniziativa Hacia una base de datos pública de cadáveres inmobiliarios, che intende creare una base di dati collaborativa, pubblica e aperta dei diversi cadaveri e rovine che la burbuja ha disseminato sul territorio. Un vero e proprio obituario urbano della speculazione finanziaria, un catalogo delle situazioni post burbuja. La proposta è quella di far collaborare tutte le esperienze precedentemente citate per unire tutti i dati posseduti, che riguardano quindi edifici vuoti o non finiti, lotti urbani, urbanizzazioni non edificate o con edifici vuoti, infrastrutture non terminate, chiuse o non utilizzate. I vari gruppi stanno studiando quali siano i dati necessari per la creazione della base pubblica, quali siano i software e gli strumenti da utilizzare che facilitino la localizzazione sulla mappa anche da parte di esterni che vogliono collaborare al progetto e quale sia la migliore visualizzazione per i dati. Rientra tra questi progetti anche la Mapa de Desahucios3 1 di 15M3 2 , che contiene le informazioni sugli sfratti avvenuti in Spagna da Gennaio 2011, visualizzabili anche per mese, per entità che esegue lo sfratto e per lo stato dello sfratto (sospeso, paralizzato, eseguito).

29

http://www.6000km.org/#1

30

http://www.6000km.org/que-es-6000km/#return-note-2-1

31

http://wiki.15m.cc/wiki/Lista_de_desahucios

32  Il Movimiento 15-M noto anche come movimento degli Indignados è un movimento sociale di cittadini che ha dato vita a una larga mobilitazione di protesta pacifica dal basso contro il governo spagnolo di fronte alla grave situazione economica in cui versa il Paese. Le proteste sono iniziate il 15 maggio 2011 in occasione delle elezioni amministrative.

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Basurama, 6.000 km, paisajes despuĂŠs de la batalla


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Anche in Italia sono molte le esperienze di mappatura crowdsourcing che si diffondono quasi contemporaneamente sul territorio, con lo scopo ultimo di riqualificare il patrimonio edilizio esistente, liberarlo dal deterioramento e contenere il consumo di suolo. Secondo le stime del CNAPPC- Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori- sono circa sei milioni gli immobili in fin di vita in Italia. Ma nonostante i molti processi di conoscenza e mappatura, ad oggi non esistono ancora dati ufficiali su quante abitazioni sono state costruite e quante sono invendute, quante aree industriali sono dismesse, quante aree urbane sono prive delle più elementari opere di urbanizzazione3 3 .

Il collettivo Temporiuso mappa gli spazi in abbandono a Milano, città che offre un milione di metri quadri di scali ferroviari abbandonati, cinquanta cascine e capannoni agricoli in disuso, settanta edifici vuoti in città e 885.000 metri quadri sfitti. Il collettivo porta avanti la pratica della mappatura anche attraverso visite guidate nelle aree dismesse a piedi e in bicicletta, stimolando cittadini e partecipanti ad arricchire con le giuste informazioni i database dedicati. Per incrociare le risorse offerte con la domanda di spazi è redatta anche una mappatura delle popolazioni e dei gruppi di interesse, con l’obiettivo di riattivare un nuovo ciclo di vita dell’edificio3 4 . Temporiuso propone per questi spazi che ancora non trovano un nuovo utilizzo, il riuso temporaneo fino al momento in cui non si sarà decisa una nuova destinazione d’uso. Gli spazi vengono estrapolati dalle funzioni e dai significati per cui sono stati pensati: nel tempo di mezzo s’inserisce un nuovo ciclo di vita, che potrebbe arrivare fino a dieci giorni per un’artista che usa uno spazio come una galleria con una concessione d’uso, oppure fino ai tre anni per uno studente con un contratto d’uso temporaneo in un edificio trasformato in uno studentato. Il ciclo più lungo previsto per il riuso temporaneo dura dai tre ai cinque anni, e riguarda start-up e incubazioni di artigiani, associazioni 33

P. Berdini, Le città fallite, Donzelli, Roma, 2014.

34  Segnalo anche l’iniziativa torinese Homers, che si pone l’obiettivo di riutilizzare immobili pubblici o privati portandoli sul mercato in gruppi di acquisto.

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Temporiuso, Mappatura degli spazi in abbandono a Milano


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e giovani studi; il ciclo più corto è di 1-3 giorni per turisti in caseostello temporanee3 5 , come è successo nel 2005 per l’iniziativa casa dei designers durante il Salone del Mobile a Milano o la casa dei registi durante il Milano Film Festival. Secondo il tipo di spazio, dell’utente che ne usufruisce e del programma, Temporiuso definisce quali siano i livelli di infrastrutture e architetture temporanee adeguate: il livello zero riguarda il periodo breve, il livello uno quello medio e il livello due quello lungo3 6 . Temporiuso offre un vero e proprio manuale per attivare in sette mosse possibili progetti di riuso e ne definisce i tempi e le modalità, proponendo un comodato d’uso gratuito provvisorio tra proprietario e affittuario. Il riuso temporaneo si dimostra, nei progetti realizzati con Temporiuso, un’alternativa agile alle politiche pubbliche per trasformare gli spazi in tempi veloci e con interventi minimi.

[im]possible living3 7 è un censimento online di luoghi abbandonati in tutto il mondo, una wikipedia del degrado3 8 che cresce grazie alle segnalazioni degli utenti, con lo scopo di avviare dei progetti di recupero, che allo stesso tempo possano soddisfare le necessità dei cittadini. Qualsiasi utente non specializzato, attraverso il sito web o l’applicazione [im]possible living per smartphone, potrà aggiungere un luogo sulla mappa, fornendo l’indirizzo preciso, una descrizione e una foto. Anche L’Incompiuto Siciliano: osservatorio partecipato sul fenomeno delle opere incompiute in Italia3 9 di Alterazioni Video, si dota nel suo sito web di una mappa aperta agli utenti che vogliono segnalare la presenza di un’architettura incompiuta sul territorio italiano. La ricerca di questo gruppo con sede a Giarre, in Sicilia, è rivolta allo studio delle relazioni multi-disciplinari tra le opere pubbliche incompiute in Italia e il contesto nel quale sono inserite. Le opere pubbliche non finite sono viste come un patrimonio artistico culturale, luoghi di una memoria 35

I. Inti, G. Cantaluppi, M. Persichino, op. cit. , p. 58.

36

ibidem, p. 60.

37  http://www.impossibleliving.com La piattaforma è stata fondata nel 2011 dall’architetto Daniela Galvani e dall’ingegnere Andrea Sesta . 38

Michele Sasso, “Luoghi abbandonati, cresce la mappa”, L’Espresso , Gennaio, 2013.

39

http://www.incompiutosiciliano.org/incompiuto-siciliano

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Alterazioni Video, L’incompiuto siciliano


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collettiva che rappresentano un fenomeno della storia italiana e siciliana degli anni Settanta e Ottanta. La dimensione del fenomeno, l’estensione territoriale e le incredibili peculiarità architettoniche fanno dell’Incompiuto Siciliano un pilastro portante per la comprensione della storia moderna del nostro paese

scrivono gli ideatori sul sito. Un altro scopo dell’iniziativa è quello di creare a Giarre, capitale dell’incompiuto, un Parco Archeologico dell’Incompiuto: un progetto che riutilizza il patrimonio esistente, riconoscendo le opere non finite come risorse, per promuovere lo sviluppo turistico e quindi l’economia locale.

Spazi Indecisi nasce a Forlì nel 2009 per reagire al consumo di territorio e valorizzare gli spazi in abbandono attraverso processi di rigenerazione urbana: Sono spazi indecisi i luoghi abbandonati, disabitati o dismessi, deantropizzati. [...] Dimenticati dall’uomo e dalla società per incuranza, in-cultura o perché in attesa di un utilizzo migliore, si avviano inevitabilmente al progressivo deterioramento fisico dello spazio e all’oblio urbano. [...] Per estensione sono indecisi tutti i luoghi, le aree, gli spazi su cui manca una visione e un progetto. Questi frammenti di paesaggio sono elementi peculiari, da valorizzare come sistema. 4 0

La mappa partecipativa di Spazi Indecisi è una delle più ricche, soprattutto per la zona dell’Emilia Romagna ed è filtrabile inoltre per categoria, per anno di costruzione e per stato di conservazione del luogo. Anche :esibisco41 rappresenta un tentativo di censimento dei luoghi abbandonati presenti nel territorio toscano dal 2011: un altro progetto cartografico aperto, ampliabile, senza scadenza. La volontà è sempre la stessa, quella di far prender maggior consapevolezza ai cittadini dell’enorme mole di edifici abbandonati e delle possibilità che questi 40

http://www.spaziindecisi.it/contesto/

41

http://www.esibisco.com

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offrono per progetti sociali, culturali e artistici. La mappa di Ri-Fabbrica4 2 si concentra invece sulla creazione collettiva di un database critico per l’archeologia industriale ligure, mentre Primule e Caserme4 3 si occupa della dismissione militare in Friuli Venezia Giulia. Infine, anche senza la presenza di una mappa in crowdsourcing, fanno parte di questo network di associazioni che dal basso lavorano sull’abbandono e sulla rigenerazione urbana, anche Manifetso20204 4 per la città di Trieste e Rigenerazione Urbana4 5 per quella di Ferrara.

42

http://ri-fabbrica-genova.tumblr.com/mappa

43

http://www.primulecaserme.it

44

http://www.manifetso2020.com/M2020/Home_-_M2020.html

45

http://www.rigenerazioneurbana.org

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03 S tra tegi e per l ’a bbandono

Prendiamo come punto di partenza il risultato del modello urbanistico ed economico adottato in Spagna negli ultimi trenta anni e le conseguenze del suo fallimento: un territorio pieno di edifici vuoti1 , incompleti, abbandonati; infrastrutture ridondanti e fuori scala, parchi tematici e campi da golf. Il lavoro di fotografi e collettivi che si sono occupati della mappatura e catalogazione di questo patrimonio abbandonato (cap. II), costituisce il primo passo essenziale per promuoverne la riattivazione. A questo punto architetti, pianificatori e ingegneri dovrebbero inserirsi all’interno di questo processo avviato e mettere a disposizione le proprie competenze per lo sviluppo di strategie per il riuso per questi luoghi. Marcinkoski2 parte dall’idea che l’urbanizzazione costituisca lo strumento guida della produzione economica. Per questo è convinto che assisteremo ancora al fenomeno dell’urbanizzazione speculativa in paesi sviluppati e in via di sviluppo, fondata su una serie di politiche e strategie urbanistiche generiche, a loro volta basate sulla continua costruzione di nuovi edifici e infrastrutture non curanti dell’ambiente, ma solo necessarie ad attrarre investimenti. Un fenomeno ricorrente e in alcuni casi fallimentare che, osservando la recente proliferazione di città e infrastrutture fantasma in Spagna, Irlanda, nella regione del Sunbelt (USA), Panama e Cina, Marcinkoski ha soprannominato The city that never was, La città che non è mai stata. I progettisti, allora, dovrebbero essere pronti e capaci di fare i conti con le interruzioni, le pause, gli adattamenti e i fallimenti dell’urbanizzazione 1

E. Baraona Pohl, “The full and the empty”, Uncube magazine 09 (2013): 54-56.

2  Christopher Marcinkoski è assistant professor per il corso Landscape Architecture and Urban Design alla University of Pennsylvania. È il fondatore di PORT Architecture + Urbanism, un premiato studio di progettazione e ricerca urbana con sede a Chicago.

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speculativa, generalmente causati da cambiamenti sociali, di mercato e politici: dovrebbero cioè studiare soluzioni adeguate per dare un senso agli scarti derivanti dalla produzione economica. Tuttavia, secondo Marcinkoski, si dovrebbe andare addirittura oltre, anticipating the city that never was, cioè immaginando modelli di sviluppo urbano che possano anticipare i fallimenti e le interruzioni colpevoli della nascita di città fantasma3 . Il fenomeno spagnolo potrebbe costituire il caso studio sul quale elaborare delle strategie elastiche, che inglobino diverse modalità di trasformazione dello spazio e che indaghino le potenzialità e le possibilità del nuovo patrimonio del XXI secolo: nuovo, perché prodotto recentemente; nuovo, perché abbandonato prima di essere utilizzato e vissuto. Strategie alternabili e flessibili secondo le caratteristiche del luogo e le necessità della società in quel momento, che hanno come esito progetti multipli: non esiste il modello unico, che se funziona in un contesto funziona in tutti gli altri, altrimenti si ripeterebbe l’errore del modello di urbanizzazione trasportabile e riproducibile ovunque. L’attuale periodo di crisi, nel quale ci si chiede quali siano queste strategie per dare una risposta agli esiti di processi speculativi fallimentari, può rivelarsi un terreno fertile, capace di offrire nuove opportunità e stimolare proposte che sfruttino al meglio le risorse esistenti, senza ulteriori sprechi, in qualsiasi campo.

3  C. Marcinkoski, “Anticipating the City That Never Was”, 101_1: Waste(lands)+Material Economies, ACSA 101: NEW CONSTELLATIONS / NEW ECOLOGIES (2013): 49-60.

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Proprio perché bisogna guardare al contesto in cui questi edifici abbandonati e vuoti si inseriscono, non è detto che il riuso sia a prescindere la soluzione migliore. Infatti, esistono dei casi in cui questi complessi residenziali sono isolati e separati rispetto a qualsiasi altra forma urbana per centinaia di chilometri. Difficilmente esiste un motivo per il quale delle persone possano decidere di trasferirsi in delle aree emarginate e che non hanno mai avuto necessità di esistere. In Irlanda il governo ha deciso di demolire entro la fine del 2014 quaranta di questi ghost estates4 , il cui completamento avrebbe un costo troppo elevato5 ; inoltre il non finito ha delle conseguenze psicologiche sulla popolazione, poiché rievoca lo spreco economico e ambientale6 . La demolizione costituisce un approccio da adottare in queste situazioni irrecuperabili, dove il manufatto sconvolge sia la società che un paesaggio, naturale o urbano, sia per la presenza di elementi formali inadeguati che per questioni proporzionalità della scala. Abbattere un edificio è il più delle volte rimuovere un simbolo negativo: che sia il quartiere emarginato che sintetizza il rifiuto di un modello di città; che sia l’abuso che segnala la riaffermazione della giustizia; che sia l’edificio che ha offeso il paesaggio e che incarna una possibilità di riscatto delle identità perdute7 .

È il tentativo di riportare il paesaggio alla situazione preesistente, anche se una demolizione non cancella la storia e le esperienze di una configurazione spaziale che è esistita per del tempo. Allo stesso tempo potrebbe risanarsi la situazione economica, poiché potrebbe riequilibrare il rapporto tra domanda e offerta, precedente destabilizzato dalla sovrapproduzione negli anni della bolla. Non è un’operazione semplice, il più delle volte vista dalla collettività come atto violento 4  L’espressione ghost estates è stata coniata dall’economista David McWilliams nel Settembre del 2006. http://www.davidmcwilliams.ie/2006/10/01/a-warning-from-deserted-ghost-estates 5

http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/8653238.stm

6

G. Wessner, C. Marcinkoski, J.Arpa, op. cit.

7  C. Merlini, “La demolizione tra retoriche e tecniche del progetto urbano”, in AA.VV, Territorio 45 , Franco Angeli, Milano, 2008, p.49-55.

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e negativo e presuppone un’analisi delicata e di responsabilità, che porta al riconoscimento di un fallimento.8 Ai fattori di natura simbolica si aggiungono alcuni fattori tecnico-economici, tra cui la bonifica, i rifiuti e in generale il costo elevato dell’operazione, che la maggior parte delle volte deve essere sostenuto dallo stato e aggravato dalle compensazioni associate ai diritti di proprietà9 . Rientrano tra le azioni di demolizione anche le sottrazioni di alcune parti di un complesso più ampio o di un quartiere: eliminando la parte inutile o dannosa si arricchisce l’altra parte, che può rimodellarsi secondo i bisogni e il comfort di chi abita l’edificio. Questo è il caso delle Banlieau francesi e delle cittadine tipiche della Germania Est1 0 , dove l’azione di progetto è stata quella di demolire delle parti per lavorare all’interno su nuove distribuzioni più abitabili e all’esterno sull’apertura di nuovi percorsi e prospettive. Tutte le culture e le società si sono costituite e sviluppate demolendo. La demolizione è una necessità storica. […] Distruzioni dovute all’inutilità, alla vetustà, al cattivo funzionamento, all’inadeguatezza, al disturbo arrecato, alla mancanza di comfort, e, in termini positivi, alla modernizzazione1 1 .

È ancora Françoise Choay che nel suo saggio Sulla demolizione/ conservazione1 2 , riporta il significato della demolizione per la tradizione giapponese. I templi scintoisti sono demoliti ogni venti anni per fare spazio a nuovi templi, purificati e innovativi, capaci di assicurare l’identità e la trasmissione dei miti ai fedeli: la demolizione diventa così la conservazione di un’opera. In questo caso la demolizione è, non solo giustificata, ma anche necessaria, poiché permette una ricostruzione che migliora la funzionalità dello spazio. 8  F. Infussi, G. Orsenigo, “Progetto di demolizione. Viaggio al confine del moderno, in AA.VV, Territorio 45, Franco Angeli, Milano, 2008, p.9. 9  L. Janssen-Jansen, G. Lloyd, “Property booms and bubbles. A demolition strategy - towards a tabula rasa”, Journal of Surveying, Construction & Property Vol.3(2), 2012. 10  Ad esempio La Caravelle a Villeneuve la Garenne (Parigi), 1995-2009 oppure Leinefelde in Germania, 1995-2010. 11  F. Choay, “Sulla demolizione/conservazione”, in A. Criconia (a cura di), Figure della demolizione. Il carattere instabile della città contemporanea , Costa&Nolan, Genova-Milano, 1998, p. 33-49. 12

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Ivi, p.38.


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La demolizione dei quartieri abbandonati, costruiti all’insegna dell’indifferenza al paesaggio e alle pratiche urbane quando esistenti, aprirebbe nuove possibilità alla città e al territorio: lo spazio verrebbe recuperato, rinnovato e potrebbe tornare a essere utile, produttivo e ad avere un significato per la comunità, proprio come succede attraverso la costruzione o la conservazione. La pratica della demolizione cambia significato: non più un’anomalia tra i processi di modificazione urbana1 3 , ma una normale azione progettuale, uno strumento di riconfigurazione della città, utilizzabile grazie alla presenza di adeguati strumenti urbanistici1 4 . Architects and urbanists are connoisseurs of object form expressed with shape, outline, and geometry, and the design of object form usually results in the addition of building. But a subtraction economy that removes building must also deploy active forms. Subtraction is not simply absence, but a moment in a set of exchanges and advances, aggressions and attritions that are part of most active organizations15 .

13

C. Merlini, op.cit.

14  A proposito della demolizione come strumento di progettazione urbana si veda il manifesto Genova -1% , dove lo studio baukuh si inserisce all’interno di un gruppo di ricerca più ampio che propone la demolizione dell’1% dell’edificato della città (che corrisponde a 2,43 chilometri quadrati), con lo scopo di liberare spazio per piantare alberi, circolare meglio, ricostruire meglio, difendere il territorio e valorizzare il paesaggio. ­­Interventi piccoli, chirurgici, per innescare un processo di trasformazione più ampio e riattivare la città. In “Gruppo A12/baukuh”, Domusweb, Febbraio, 2013. Come si dichiara sulla pagina facebook del progetto, la ricerca si è conclusa con scarsi risultati, cioè non si è raggiunto l’obiettivo di un piano delle demolizioni. (https://www.facebook.com/ pages/Genova-meno-uno-per-cento/165374030177186?fref=ts) 15

K. Easterling, Subtraction, Sternberg Press, Berlino, 2014.

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Questo è l’approccio che è stato seguito per le rovine del Club Med, sulla costa del Cabo de Creus, nel nord della Spagna mediterranea: una ciudad de vacaciones per accogliere circa 1.200 persone, costruita tra il 1960 e il 1962 e abbandonata dal 2003. Il villaggio che sorgeva su una penisola per un’estensione di 4,5 ettari, si ispirava ai paesi dei pescatori della zona ed era composto da 430 piccole costruzioni bianche disperse nel paesaggio, che si adattavano alla topografia, insieme a due ristoranti, un bar, una piscina, una discoteca, impianti sportivi e un anfiteatro. Nel 2005 il governo spagnolo compra per 4,5 milioni di euro la proprietà del terreno con l’idea di riportarlo integralmente al suo stato originale, attraverso la demolizione di tutte le costruzioni e le infrastrutture dell’area. Tra il 2007 e il 2011 si demoliscono 443 costruzioni, vengono rimossi circa 21.000 metri cubi di strade e pavimenti, per un totale di 32.720 metri cubi di macerie e 3.000 circa di terra organica contaminata. Infine sono stati eliminati 50 ettari di flora esotica e sostituiti da specie autoctone. Il progetto demolizione e la risistemazione a parco naturale promosso dal Ministero dell’Ambiente, è stato ideato e seguito dallo studio Martì Franch Landscape Architects, in collaborazione con lo studio Ardèvol, che insieme hanno utilizzato una serie di scrupolose tecniche di restauro ambientale, di riciclo e di smaltimento dei rifiuti. Per esempio i muri sono stati cosparsi da fissativi per minimizzare la formazione di polvere al momento della demolizione, che avrebbe potuto depositarsi nelle cavità delle rocce. Il progetto è stato portato avanti in cinque fasi, che vanno dalla rimozione della flora esotica (specificatamente il Carpobrotus edulis, la specie piantata dal Club Med e che ha soppiantato la flora autoctona); la decostruzione dei 430 edifici; la gestione e il riciclo dei materiali derivanti dalla demolizione; il restauro della topografia dell’area e del sistema di drenaggio; infine il tracciamento dei percorsi, riciclando quelli esistenti. Alla somma spesa per comprare la proprietà si aggiungono tre milioni per le demolizioni e altri quattro per la gestione dei rifiuti e la ricostruzione del paesaggio naturale, per un totale di 11,5 milioni in sette anni. 128


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Club Med Cabo de Creus, prima e dopo l’intervento dello studio MartÏ Franch Landscape Architects

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It’s a project involving a conscious decision to do nothing1 6 .

Decidere di non agire, oppure intervenire al minimo e solo dove necessario: la mancanza d’interventi fisici riconoscibili è progetto di architettura1 7 . Un progetto che mantiene lo stato delle cose, scaturito da un’attenta analisi delle caratteristiche del luogo. Sostenitori di questa concezione i francesi Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal, che la sostengono con i progetti per Place Léon Aucoc a Bordeaux e con l’intervento minimo per il Palais de Tokyo a Parigi.

Nel 1996 lo studio francese fu incaricato dalla municipalità di Bordeaux di un progetto all’interno di un programma pubblico per l’abbellimento di circa quaranta piazze all’interno della città. Lacaton & Vassal si occuparono di Place Léon Aucoc, una piccola piazza triangolare, delimitata da alberi, tipicamente francese, nei pressi della stazione ferroviaria. When we came to see it, we were puzzled. For us, it was already beautiful the way it was1 8 .

Nonostante che i due architetti non capissero come e perché dovessero abbellire quella piazza, iniziarono a studiarla: analizzarono l’architettura degli edifici che si affacciavano sulla piazza, i materiali delle facciate, l’arredo urbano, l’organizzazione del traffico e fecero 16  A. Lacaton, J.P. Vassal in conversation with Mathieu Wellner, “Surplus”, in M. Petzet, F.Heilmeyer (a cura di), Reduce Reuse Recycle Architecture as Resource/German Pavilion 13th International Architecture Exhibition, La Biennale di Venezia 2012 , Hatje Cantz, Ostfildern, 2012. 17  Si veda anche l’abbandono strategico come strumento progettuale, attraverso il quale si sceglie di non imporre a quel luogo nessun nuovo uso e forma, in S. Marini, Nuove terre. Architetture e paesaggi dello scarto , Quodlibet Studio, Macerata, 2011. 18  J.P. Vassal, “Tabula non Rasa. Toward a Performative Contextualism. Ilka & Andreas Ruby in Conversation with Jean Philippe Vassal”, in I. & A. Ruby (a cura di), Urban Transformation, Ruby Press, Berlino, 2008, p. 253.

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interviste agli abitanti. Alla fine emersero pochi disagi, nessuno dei quali aveva a che fare con un progetto di architettura. Più che imbellire, proposero di mantenere, evitando qualsiasi forma di progettazione e stilarono un catalogo di alcune ovvie misure di manutenzione da fornire regolarmente, come un piano per la pulizia, la riattivazione del campo di bocce, la pulizia delle panchine, la potatura degli alberi, la risistemazione degli spazi per il parcheggio e la riorganizzazione del traffico con l’obiettivo di ridurlo. When we finally presented this catalogue of measures to the city governments, the politicians said: Well that’s fine, but what will you actually build on the square? Our answer was: nothing. […] Not building can be as vital an act of architecture as building. Building is not always the answer19 .

Esistono dei luoghi la cui forza ed energia non sono dati dall’architettura, ma dalle attività che vi si svolgono. La piazza Djemaa El-Fnaa a Marrakech ne è l’esempio ed è un riferimento costante nei progetti urbani di Lacaton & Vassal. La piazza è essenzialmente un grande spazio aperto vuoto, vagamente definito da un perimetro di edifici. La qualità urbana di Djemaa El-Fnaa deriva dalla sequenza di eventi che ospita durante il giorno, dal traffico della mattina, agli artisti di strada che si esibiscono tra le macchine, agli spettatori che si fermano a guardare, alla trasformazione della piazza in un enorme mercato, fino alla sera quando viene ricoperta da decine di stand di cibo di strada e attraversata da flussi di turisti. Niente è progettato nella piazza, né l’architettura né gli eventi che si succedono. ­­­ The place is whatever takes place on it2 0 .

19

ivi, p.254.

20

ivi, p. 252.

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La piazza di Djemaa El-Fnaa è stato il modello concettuale per il progetto del Palais de Tokyo a Parigi, che cerca di imitarne il carattere di spazio sociale di incontro e condivisione.­­ L’edificio, in tardo stile Art Déco, fu costruito nel 1937 su progetto di Jean-Claude Dondel, per ospitare parte dell’esposizione internazionale Arts et Techniques dans la Vie Moderne. Dopo la kermesse, il Palais chiude. Nel 1947 si trasforma in Musée d’Art de la Ville de Paris e nel 1989 diventa il nuovo Palais de Cinéma. Rimane abbandonato fino a quando, nel 1999, il Ministero della Cultura decide di trasformarlo in uno spazio di esposizione e creazione per artisti contemporanei, offrendo allo stesso tempo uno spazio di dibattito e di condivisione anche ai visitatori e agli esperti di arte. I curatori incaricati del progetto di curatela del nuovo centro per l’arte contemporanea, Nicolas Bourriaud e Jérôme Sans, pensano a un nuovo tipo di concept espositivo, capace di adattarsi alle tendenze artistiche contemporanee, sempre più interattive e dinamiche. Un concept che si adatta perfettamente al progetto dei francesi Anne Lacaton e Jean-Philippe Vassal, che quando vincono il concorso nel Dicembre 1999, traslocano il loro studio da Bordeaux all’interno del palazzo, insieme ai due curatori. Questo gli permette di avere l’oggetto di studio costantemente sotto gli occhi, catturando il valore di ogni aspetto formale e sensoriale dell’edificio: i volumi, le colonne, le travi, ma anche le luci, i rumori, l’atmosfera. Gli architetti si trovano davanti, secondo la loro definizione, una conchiglia fragile, dove la facciata resiste, contenendo al suo interno uno spazio deteriorato e nudo ma contemporaneo. Probabilmente è grazie alla precisa osservazione dell’oggetto e allo studio delle sue potenzialità che gli architetti capiscono che il progetto esisteva già: per questo decidono di non demolire niente, di non danneggiare niente e di intervenire nella maniera più efficiente e leggera possibile, minimizzando il lavoro e massimizzando l’economia. Il budget a disposizione per il recupero del Palais de Tokyo è scarno rispetto a questi tipi di interventi, tre milioni di euro per prima fase e tredici per la seconda, ma è l’occasione per esaltare le caratteristiche spaziali e volumetriche già presenti, la presenza della luce naturale, scoprire la struttura portante, mostrare il segno del tempo sui muri senza spendere soldi per pitturarli. La protezione antincendio delle 132


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strutture non è stata necessaria, poiché l’altezza delle sale e l’assenza di pareti divisorie impedisce alle fiamme di propagarsi; la ventilazione è anch’essa già garantita naturalmente attraverso le aperture e i lucernari, che sono stati rinnovati. Gli architetti sono intervenuti solo per mettere in sicurezza alcune parti, per permettere l’accessibilità all’edificio, per connettere tutti gli spazi all’interno e assicurare illuminazione e confort termico. Perhaps it was actually a stroke of good luck that the state didn’t have enough money for a complete refurbishment2 1 .

­ La prima fase, che comprende un programma di 8.000 metri quadrati, viene inaugurata nel 2002 e completata nel 2012 con la seconda fase, che prevede un ampliamento di 14.000 metri quadrati, organizzati in aree specifiche, come una sala per proiezioni cinematografiche, una sala concerti, una libreria, un bar e locali per l’amministrazione. È un progetto che si pone in continuità con l’edificio esistente, valorizzandone le sue parti. Il risultato è quello di uno spazio indefinito, per la sosta o il movimento, flessibile, riprogrammabile dagli artisti a seconda delle proprie esigenze. Il continuo mutamento si ritrova anche nella scelta di cambiare la direzione artistica e quindi progetto espositivo ogni tre anni: uno spazio che si adatta a quello che accade al suo interno, proprio come la piazza di Marrakech. Riportando queste strategie al caso spagnolo, lo scegliere di non agire in alcuni casi si traduce nella volontà di mantenere la forma della rovina2 2 , senza imporle nessun nuovo uso, se non quello di ricordare un periodo storico che il paese ha vissuto, diventando una specie di dispositivo per la memoria. Le rovine del contemporaneo come opere

21

M. Petzet, F.Heilmeyer, op. cit.

22  Tra i fondatori di questa posizione troviamo John Ruskin, che sostiene l’intoccabilità del monumento in rovina e la condanna verso ogni sorta di restauro. La rovina è centrale anche nel lavoro di D. Pikionis e diventa, insieme alla vegetazione e al paesaggio, un elemento della ricomposizione svolta dal progettista. Sul lavoro di Pikionis si veda A. Ferlenga, 1887- 1968, Pikionis, Electa, Milano, 1999. Le rovine contemporanee (quelle della città di Forst o Galway) sono al centro dei progetti di riuso degli studenti di Tom Emerson all’EHT a Zurigo.

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d’arte in un museo della memoria2 3 , dove la natura si reimpossessa dello spazio che le era stato rubato24 .

23  Si veda il progetto Parque da Juventude realizzato a San Paolo nel 2005 dal team composto da R. G. Kliass, Arquitectura Paisagistica e Projectos: nel parco centrale Il telaio in cemento per un carcere mai completato è mantenuto allo stato di rovina ed è attraversato da una passerella di legno, da scale attraverso le quali si accede a un percorso in quota e altri elementi ludici in corten. Progetto pubblicato anche in M. De Poli, G. Incerti, Atlante dei paesaggi riciclati, Skira, Milano, 2014, p. 108-113. 24  Le rovine restano quel che sono, se necessario vengono messe in sicurezza, la natura può agire su di esse, diventando protagonista. Una serie di tendenze applicabili al paesaggio in abbandono irrecuperabile sono riportate da M. Cerruti But, “Irretrievable as Apocalypse. Contemporary reuse-less projects ahort phenomenology”, in www.territoridellacondivisione. wordpress.com, Dicembre, 2014. Si veda anche A. Lanzani, C. Merlini, C. Mattioli, F. Zanfi, “La questione è come convivere con manufatti abbandonati-antichi o recenti che siano-in un territorio saturo” in Re-cycle Oppositions II, Aracne, Roma, p. 102-103.

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Palais de Tokyo, Lacaton&Vassal

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Recuperare gli spazi che la città e il territorio hanno scartato o abbandonato sta alla base di uno sviluppo urbano sostenibile, in termini ecologici, economici e sociali. Edifici o infrastrutture oggi non più utilizzati hanno un grande potenziale, poiché generalmente racchiudono le qualità spaziali in grado di soddisfare i bisogni mutevoli della società. Il riuso restituisce a questi spazi un significato. Il nuovo ciclo di vita che s’inserisce all’interno ne crea anche un nuovo valore. Quella del riuso è una azione che attraversa diversi percorsi a diverse scale, da quello artistico, a quello dell’architettura, del paesaggio e dei materiali. Grazie al riuso, una gran quantità di luoghi sono sopravvissuti fino ad oggi. Non è, infatti, una pratica inedita: la città da sempre ricicla i propri spazi e i propri materiali, dai monumenti di Roma, al Palazzo di Diocleziano a Spalato, fino ai loft newyorkesi degli anni ’60, al grande riuso urbano della Ruhr dal 1989, per arrivare ai giorni nostri, dove il riuso è diventata un’esigenza. Le città sono costrette oggi a rispondere a una crisi ambientale ed economica che le obbliga a confrontarsi con i temi dell’energia, del consumo di risorse, dell’ecologia, della sostenibilità economica e ambientale, della sensibilità verso i valori del paesaggio. Città che si ritirano, industrie che chiudono o migrano altrove, processi speculativi falliti, comunità che si spostano: questi processi lasciano enormi quantità di spazi abbandonati sul territorio e costituiscono l’opportunità per applicare strategie di riuso. A questi si aggiungono i residui del grande sviluppo urbano del Novecento, cioè oggetti velocemente consumati, dismessi o sostituiti per qualcosa di più innovativo e al passo con i tempi. Lo scarto diventa allora materiale per il progetto. Allo stesso tempo permette di limitare il consumo di suolo, peraltro già fortemente colpito dal ritmo serrato dell’espansione urbanistica recente, di diminuire il consumo energetico ed di evitare l’utilizzo dei materiali non rinnovabili. Dal punto di vista energetico riutilizzare un edificio piuttosto che costruirne uno nuovo, costituisce un risparmio (che è anche economico), poiché si risparmia l’energia incorporata, cioè quella impiegata nel ciclo di produzione di manufatti, strutture e nel trasporto di materie prime. 136


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Il progetto di riuso ha anche delle potenzialità estetiche, che si fondano sulla relazione che si instaura tra gli spazi del passato, il linguaggio e gli usi della contemporaneità. In sintesi, quelli abbandonati sono spazi che hanno e avranno sempre più un ruolo chiave nei processi di trasformazione della città: costituiscono una sfida per architetti e urbanisti, poiché questi devono possedere gli strumenti adeguati per correggere ciò che già ha avuto una prima vita, con un intervento finalizzato a creare a un nuovo ciclo attivo, ma preservando la memoria del luogo; un sistema connesso agli altri spazi della città, ma allo stesso tempo autonomo e con le proprie dinamiche2 5 .

Il riuso è stato prima di tutto un atto di natura artistica, in principio fissato da Marcel Duchamp quando riutilizzò un oggetto comune facendone arte, sviluppato poi da molti altri artisti. La scena artistica newyorkese degli anni 50/60, si svolgeva nei magazzini abbandonati di SoHo, che venivano occupati dagli artisti per ospitare studi, abitazioni, gallerie, eventi e cafè artistici. Tra questi è nota la Factory di Andy Wahrol, aperta nel 1963 e frequentata dagli artisti e dalle celebrità del tempo. Nel paesaggio industriale in abbandono di New York nasce anche il lavoro di Gordon Matta-Clark, che con i suoi tagli interviene sugli edifici in disuso o in attesa di demolizione. Il riuso di un quartiere in degrado da parte della comunità artistica non è un fenomeno raro2 6 : quello che avvenne a SoHo, è avvenuto in molte altre città, tra gli esempi più recenti troviamo Pechino 798, un cimitero industriale di tecnologie belliche trasformato dall’avanguardia artistica cinese nel principale distretto artistico della città e forse di 25  A. Ferlenga, “Ricicli e correzioni”, in P. Ciorra, S. Marini (a cura di), Re-cycle. Strategie per l’architettura, la città e il pianeta , Electa, Milano, 2011. 26  L’industria immobiliare è rapida nell’accorgersi del potenziale di queste aree rigenerate e ne capitalizza il valore. Questo conduce a processi di gentrification, che porta gli artisti a spostarsi a causa dell’aumento dei prezzi.

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tutta l’Asia. A Londra avvenne negli anni 80 a Hoxton Square, un’area di case popolari e magazzini, che è diventata il quartier generale dei Young British Artists (YBA), di cui fa parte Rachel Whiteread. Sul paesaggio italiano in abbandono lavorano invece gli architetti Beniamino Servino e Karen Lohrmann con Stefano de Martino: il primo, con i suoi collage, propone utopici interventi monumentali su scheletri di cemento; i secondi, con una serie progetti di fotografia, di architettura e di pittura, studiano e danno visibilità alle strutture non finite presenti sul territorio.

Mi preoccupo di creare profonde, metamorfiche incisioni nello spazio/ luogo, non voglio creare un campo visivo o cognitivo completamente nuovo. Voglio riusare quello vecchio, la struttura esistente del pensiero e della visione, della cognizione2 7 .

Gordon Matta-Clark (New York, 1943-1978) inizia la propria attività artistica quando è ancora uno studente di architettura presso la Cornell University of Ithaca. Polemico verso la formazione impartitegli dall’università, elabora una maniera particolare di fare architettura sul paesaggio urbano e suburbano. La sua architettura interviene con tagli, squarci e vuoti sugli edifici abbandonati e destinati alla demolizione. Da un punto di vista materiale Matta Clark agisce attraverso l’effettiva distruzione e sottrazione di elementi strutturali, come porzioni di soffitti, solai, pareti e pavimenti. Un semplice taglio o una serie di tagli, agiscono come un potente strumento di disegno capace di ridefinire situazioni spaziali ed elementi strutturali. Ciò che dietro un muro o un solaio gioca un ruolo invisibile, una volta esposto, partecipa attivamente al disegno spaziale della vita interiore dell’edificio. L’atto di aprire una sezione tra uno spazio produce una certa complessità che implica una profondità di percezione. Gli aspetti della stratificazione probabilmente mi interessano di più delle viste inaspettate che vengono generate dalle rimozioni – 27  Intervista a Gordon Matta-Clark pubblicata in Gordon Matta-Clark, International Cultureel Centrum, Antwerp, 1977, citazione in Lotus 133 (2008): 4.

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non la superficie ma il margine sottile, la superficie staccata che rivela il processo autobiografico della sua costruzione. C’è un tipo di complessità che deriva dal prendere una situazione altrimenti del tutto normale, convenzionale, anche anonima, e ridefinirla, ritradurla in letture molteplici e sovrapposte di condizioni passate e presenti. Ogni edificio genera una propria e unica situazione2 8 .

I primi building cuts appaiono nel 1973, quando Matta-Clark inizia a tagliare sezioni di pavimenti in condomini abbandonati del Bronx. I Bronx Floors saranno la prova generale della sua opera più conosciuta Splitting, del 1973, nella quale taglia in due una tipica casa unifamiliare in periferia che, grazie alla rimozione di alcune pietre dopo il taglio, dà l’impressione di inclinarsi su un lato. Tra le altre opere che emergono nel lavoro di Matta-Clark troviamo Days Passing [Day’s End], realizzato nel 1975 al molo Pier 52 a Manhattan, dove l’artista apre un rosone sulla facciata dell’edificio che si affaccia sul fiume, permettendo ai riflessi dell’acqua di brillare all’interno, creando un sun and water temple, un tempio dell’acqua e del sole. È l’unico lavoro di Matta-Clark che è sopravvissuto per più di due anni. Siccome è una delle aree storiche di New York più drammaticamente abbandonate al degrado, il molo si era trasformato in una zona malfamata frequentata dalla comunità sessuale clandestina. Semplicemente lo ho occupato fino al termine del progetto. Pier 52 è un’intatta reliquia industriale del Diciannovesimo secolo in acciaio e lamiera ondulata che assomiglia a un’enorme basilica cristiana, il cui indistinto spazio interno era appena illuminato da lucernari verticali alti cinquanta piedi. Un’apertura a forma di vela dà accesso al fiume. Una forma simile attraverso la copertura proprio sopra il canale permette a un occhio di luce di entrare e di tracciare un arco sul pavimento finché a mezzogiorno non viene catturato dalla fessura d’acqua. Nel pomeriggio il sole risplende attraverso un “rosone” come l’occhio di un gatto nel muro occidentale. Dapprima una scheggia e poi una forma fortemente definita di luce continua a vagare sulla banchina finché al tramonto l’intero molo è completamente illuminato2 9 .

In Conical Intersect, realizzato nel 1975, Matta Clark interviene con una 28

ivi, p.7.

29

ivi. p.10.

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serie di vuoti conici che penetrano una casa seicentesca destinata alla demolizione per far posto al Centre Pompidou. ­­ Il progetto per il Beaubourg, Conical Intersect, è stato un miracolo di forma e tempismo. Era stato concepito più di un anno prima, quando avevo sentito per la prima volta del programma di costruire il Centre Pompidou come un centro di cultura contemporanea. Il sito in Rue Beaubourg nn. 27-29 erano due modeste case a schiera unifamiliari, costruite nel 1699 per Mr. e Mrs. Leiseville come, così sembra, le residenze “per lui e per lei”. Gli edifici erano tra gli ultimi rimasti in piedi in seguito al piano di modernizzazione del distretto Les HallesPlateau Beaubourg. Il lavoro era interessante come contraltare non monumentale al gigantesco scheletro strutturale a forma di ponte del Centre proprio dietro. Per due settimane piene di malta e di polvere la gente ci ha osservato misurare, tagliare e rimuovere le macerie dal vuoto tronco-conico. La base del cono era un cerchio di quattro metri di diametro attraverso il muro settentrionale. L’asse centrale formava un angolo di circa quarantacinque gradi con la strada sottostante. Man mano che la circonferenza del cono diminuiva, si torceva verso l’alto attraverso i muri e i solai per poi uscire sul tetto a mansarda della casa adiacente. Questa forma scavata diventò un “son et lumiere” per i passanti o uno stravagante nuovo standard di sole e aria per gli inquilini3 0 .

La sottrazione, la frammentazione e la disarticolazione di materia nelle opere di Matta-Clark sono qualcosa di funzionale, che danno una nuova configurazione, un nuovo valore e significato allo spazio. Allo stesso tempo fa una critica alle problematiche sociali, culturali, politiche ed economiche di quel tempo, operando in aree degradate e rivelando i processi della speculazione edilizia.

30

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Ibidem.


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Gordon Matta-Clark, Splitting e Conical Intersect

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Negli ultimi venti anni Rachel Whiteread (1963), artista britannica ed esponente di spicco degli Young British Artists, ha trasformato oggetti e spazi del quotidiano in sculture, esplorando il rapporto tra memoria, architettura, corpo e assenza. Whiteread cola cemento e resine attorno allo spazio oppure dentro all’oggetto, facendo in modo che la forma dell’originale venga ricalcata in dettaglio, ma non la sua presenza fisica, invocando così sentimenti di assenza e perdita. L’attenzione dell’artista si concentra su spazi domestici e ne esalta l’aspetto più privato, attraverso il calco dell’oggetto stesso, che ne rivela l’interno.

House (1993) è la prima scultura pubblica di Whiteread e riguardava una casa operaia vittoriana, già destinata alla demolizione a causa di processi di rinnovamento urbano nella zona dell’East London: House è infatti un’opera temporanea che sarebbe durata undici settimane. Una casa senza porte, senza finestre, senza muri e senza tetto: solo una grande massa di cemento che aveva invaso ogni volume libero, dal basamento al primo piano. Una casa al negativo.

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Abbandonare. Lasciare senza aiuto e protezione, lasciare in balìa di se stessi o di altri. Smettere di occuparsi di una cosa. Smettere di averne cura. Ma il paesaggio vuole [vuole!] essere abbandonato [mai più campi da golf, mai più!]. È quella la sua vocazione, il suo destino. [Col tempo forse l’abbandono assorbe il bisogno, assorbe l’oggetto con cui il bisogno si è manifestato] 3 1 .

I progetti di Servino sono collage di fotografie reali miste a disegni a china, scritte e rendering: sovrapposizioni che trasformano paesaggi quotidiani in visioni metafisiche. La rappresentazione nel lavoro dell’architetto casertano ha un ruolo importante nel processo progettuale, poiché è ricerca, elaborazione, memoria e non solo strumento di immediata applicazione. Uno dei temi sui quali Servino riflette è quello dell’abbandono del paesaggio e la relazione di questo con l’abuso. Una riflessione che tende a un intervento, monumentale, sul paesaggio abbandonato, sul quale si sovrascrivono così nuove storie. Monumentale, perché il monumento è la rappresentazione fisica della memoria della gente. Un intervento che non ha la pretesa di sanare o ricostruire l’unicità e l’integrità del paesaggio, ma che mostra la possibilità di una rinascita e che si pone come l’ennesimo livello della densa stratigrafia esistente, fondendosi con essa. Gli innesti monumentali di Servino sono le pennate, archetipi riconoscibili che rappresentano il linguaggio del paesaggio dell’abbandono. L’abbandono è la piattaforma di partenza per il riscatto dal degrado delle città, affrontato con lo strumento dell’architettura monumentale: questo per Servino è il modo per coinvolgere le persone e le loro memorie al riconoscimento dell’architettura. Memorie con le quali si recuperano le immagini, che vengono rielaborate e trasfigurate divenendo strumento di espressione e confronto. La memoria [la mia memoria] restituisce [mi restituisce] le sue tracce sincronicamente. È [mi appare] bidimensionale. La città [il paesaggio] si rappresenta sincronicamente. È [la città/il

31  B. Servino, “Necessità monumentale nel paesaggio dell’abbandono”, Domusweb, Giugno, 2013.

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Beniamino Servino, Pennata complex su monticello e Velo Pietoso


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paesaggio] bidimensionale3 2 .

L’abbandono diventa percezione di sopravvivenza, una via di fuga. Bellezza, monumento, memoria sono tre parti della stessa figura, sono collegate, e sono l’una in funzione dell’altra per la costruzione del monumento. Monumento come dimensione, ma anche come memoria, come luogo di elaborazione e non di archivio. Tutto questo rende gli oggetti in una dinamica attiva e la memoria è motore di trasformazione. La bellezza per essere riconosciuta si deve muovere tra familiarità e meraviglia, diventa un bene comune e prezioso per tutti. La contemporaneità tiene insieme memoria e quello che osservo senza la profondità del tempo. Ogni parte è percepita come contemporanea3 3 .

Waiting Land è una riflessione sull’uso e sulla profonda trasformazione del territorio italiano contemporaneo attraverso uno studio tipologico sul non finito. Un progetto a cavallo tra arte, architettura e paesaggio che descrive un territorio in stato di attesa, un’ossatura da completare, un interno da abitare, un sogno da realizzare, cemento da trasformare in oro3 4 . Karen Lohrmann e Stefano de Martino lavorano su una serie di casi studio esistenti e da tempo dimenticati. Attraverso il loro processo di pensiero, che si avvale di modelli, fotografie e diversi metodi di rappresentazione, permettono un avvicinamento e un riconoscimento di queste strutture, altrimenti inaccessibili, anonime e invisibili alla popolazione. Ideal Homes sono sei progetti su strutture esistenti lungo la Strada Statale 18 in Calabria:

32  B. Servino, Obvious. Diario [con poco scritto e molte figure]. Una teoria dell’architettura sotto forma di diario , LetteraVentidue, Siracusa, 2014. 33  Amor Vacui intervista Beniamino Servino, 14 Ottobre 2014. https://www.youtube.com/watch?v=AgEVRXcM2Wg 34  ­­ K. Lohrmann, S. de Martino, “Waiting Land”, Domus 975 (2013): 31.

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Sono strutture aperte, non specifiche, in perenne divenire, sempre incomplete. Sono insieme collaterali ed esentasse. Nessun programma, nessun permesso, nessun budget. Persino gli abitanti sono fittizi. Eppure queste strutture non sono un’illusione: esistono. E sfidano ogni congettura sull’architettura3 5 .

Fa parte della serie Waiting Land anche il progetto Basic Alchemy (Concrete to Gold), un’installazione che riprende la forma del non finito per eccellenza, il pilastro in cemento armato dal quale fuoriescono i ferri di chiamata, che si trasforma in un elemento di pensiero e riflessione. Basic Alchemy refers to the emblematic element through which radical transformations of the environment-culturally, physically, politicallytake place. Mostly under the radar, the universal concrete column produces cubic meters and collateral, shelter and luxury, slum and real estate. It is a passport to realizing dreams and fantasies on a global scale. It is the essence of bubbles and crashes3 6 .

Casa Calciatore è un progetto fotografico che ha come oggetto una costruzione abbandonata ad Amantea, in Calabria. Si tratta di una casa isolata situata su un terreno protetto e che doveva essere la tenuta di un calciatore italiano. La costruzione s’interruppe quando il proprietario fu arrestato.

35

Ibidem.

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http://lormamarti.com/Basic-Alchemy

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Karen Lohrmann&Stefano de Martino, Basic Alchemy e Ideal Homes

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La torre David rappresenta un esempio di riuso e riciclo, nato in maniera spontanea dai cittadini, le cui esigenze abitative non erano soddisfatte dall’offerta da parte dello stato. Gli antecedenti della torre David si trovano nell’informalità del barrio, infatti, molti sono gli aspetti in comune, come l’assenza di servizi municipali, l’uso dei mattoni rossi o di materiali di scarto e la mancanza di sicurezza. L’appropriazione e la trasformazione dal basso di un edificio3 7 non finito e destinato ad altro uso nel centro della città, in qualcosa di utile, aperto e flessibile per una popolazione di circa 3.000 persone, può essere un esempio positivo, forse un modello per il futuro sviluppo urbano delle metropoli di grande popolazione che vivono in situazioni marginali3 8 , se si escludono gli aspetti legati alla legalità e alla sicurezza di questa azione. Come sperano i­­fondatori di Urban Think Tank3 9 , che si sono occupati a lungo dello studio delle dinamiche sociali informali dei barrios di Caracas e della Torre David, il ruolo di questi processi nella città sarà legittimato e si potrà quindi investire su nuove forme di abitare sostenibile. La figura dell’architetto sarà necessaria, ma dovrà cambiare aprendosi a nuovi modi di progettare, prendendosi responsabilità sociali, economiche e politiche4 0 . È una sorta di straordinario testamento di fallimento e successo. Nel 37  Anche il complesso residenziale del Corviale a Roma è stato oggetto di processi di appropriazione da parte della comunità. Il quarto piano, che era destinato ad alloggiare i servizi, è stato edificato abusivamente ricavando appartamenti in uno spazio che era destinato alla comunità dei residenti. Anche i ballatoi di distribuzione sono stati trasformati dagli abitanti stessi in base alle proprie necessità pratiche: alcuni sono stati recintati, in altri vengono lasciate sedie e poltrone per estendere la superficie del proprio appartamento verso l’esterno. 38  Urban Think Tank, Una respuesta polémica de “Torre David/Gran Horizonte”, comunicato stampa, 1 Ottobre 2012. 39  Urban Think Tank è uno studio di architettura sociale fondato a Caracas nel 1993 da Alfredo Brillembourg e co-presieduto da Hubert Klumpner dal 1998. Lo studio ha anche proposto alla comunità della torre un’idea progettuale per migliorare l’estetica, la sicurezza e la sostenibilità dell’edificio, quest’ultima intesa non solo in termini energetici ma anche sociali, come attenzione alla salute e al benessere degli abitanti. Nel 2012 alla X Biennale di Architettura di Venezia Common Ground, diretta da David Chipperfield, lo studio ha cercato di riprodurre l’atmosfera della torre David, attraverso la costruzione di un ristorante venezuelano, allestito con le foto di Iwan Baan. Il progetto Torre David/Gran Horizonte è stato premiato con il Leone d’oro come migliore installazione negli spazi dell’Arsenale. 40  Urban-Think Tank, Chair of Architecture and Urban Design. EHT Zürich, (a cura di), Torre David. Informal vertical communities, Lars Müller Publisher, Zurigo, 2013, p.374.

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senso, che da un lato c’è stato il fallimento dell’edificio originale o della società che avrebbe dovuto portarlo a compimento e dall’altro il successo dell’umanità nell’essere riusciti a dargli comunque un senso occupandolo41 .

Nei primi anni ‘90 il banchiere David Brillembourg, presidente del gruppo Confinanzas, decide di costruire il terzo edificio più alto del Venezuela, l’ottavo in tutto il Sud America: quarantacinque piani con un eliporto in copertura e l’ambizione di trasformare questa area di Caracas nel financial district venezuelano. Tuttavia il destino della Torre progettata dall’architetto venezuelano Enrique Gómez è un altro: poco dopo la morte di BrIllembourg e nella cornice della crisi bancaria del 1994, la compagnia Confinanzas fallisce. La costruzione dell’edificio s’interrompe e la proprietà passa all’ente statale FOGADE (Fondo de Garantía de Depósitos y Protección Bancaria), che lo metterà all’asta per 60 milioni di dollari, senza ricevere offerte rilevanti. Nel frattempo nella torre vengono saccheggiate le parti di ferro e vetro, rendendo l’edificio una rovina. Nella crisi di alloggio e povertà venezuelana, è iniziato nel 2007 l’insediamento nella torre da parte di una cooperativa di 200 persone, Casiques de Venezuela, che tutt’oggi organizza e consente l’autogestione all’interno dell’edificio. La torre abbandonata diventa così la residenza di una comunità informale che ha reagito, appropriandosi di uno spazio urbano dismesso a causa di un’economia fallita. Un grattacielo mancato che funge da contenitore, automodellandosi e assimilando quello che sta all’esterno per una causa comune, la sopravvivenza4 2 .

La torre è un edificio a uso misto in quanto ospita al suo interno oltre alle abitazioni anche una chiesa, panetterie, bar, alimentari, saloni di bellezza, un parrucchiere, un dentista, internet cafè, una palestra, una cartoleria, un asilo e un campo da basket. Molti abitanti hanno anche una macchina, che parcheggiano nel garage della torre. 41  Osservazioni di David Chipperfield sulla Torre David, in http://www.labiennale.org/it/ mediacenter/video/torre-david.html 42

J. Fuenmayor, “La torre di David”, Domus 946 (2011):132-139.

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Potrebbe essere descritta come una parte del tessuto urbano che è stata ruotata in verticale, creando certo qualche problema aggiuntivo ma ciò nonostante fondamentalmente analoga a qualsiasi altra parte del tessuto urbano4 3 . L’edificio è composto da cinque blocchi distinti: il primo è l’atrio, che ha un’altezza di 30 metri e una superficie di 1500 metri quadrati, che era stato concepito per essere il cuore dell’edificio, coperto da una volta di vetro e numerosi ascensori che avrebbero consentito l’accesso ai piani superiori. L’edificio A della torre principale, alta quarantacinque piani, che secondo il progetto originale avrebbe dovuto ospitare un hotel e vari uffici, oggi è la parte più occupata con 200 famiglie. L’edificio B, diciannove piani originariamente destinati a suites, ora ospita la chiesa evangelica e alcune residenze. L’edificio K, diciannove piani, serve da connessione tra le strutture A e B. Il quarto blocco è il garage da dieci piani, che funziona anche da rampa di accesso alla torre. L’auto organizzazione dello slum verticale4 4 costituisce un nuovo fenomeno urbano, scaturito da circostanze economiche e politiche, in cui il ruolo delle persone occupanti è una parte importante del processo architettonico. È la società che si è riappropriata della torre, sono gli abitanti che hanno riutilizzato l’edificio abbandonato completandolo e trasformandolo secondo le esigenze delle 750 famiglie che vivono al suo interno. Inizialmente i primi occupanti si stabilirono con le tende nell’atrio e ai piani più bassi; in seguito l’occupazione si è estesa ai piani più alti e molte famiglie hanno costruito muri di mattoni rossi per separare il proprio spazio da quello degli altri e sono stati aperti varchi per far circolare l’aria e per collegare i vari blocchi dell’edificio. Con il colore vengono differenziate le aree private, gli appartamenti, le aree comuni e l’atrio è diventato il luogo per le assemblee della comunità. Non tutti potevano prendere residenza nella torre. Nei primi giorni di occupazione agli aspiranti residenti era permesso proporsi per uno spazio solo di lunedì, dalle 5 alle 8. In caso di accettazione dovevano vivere in una tenda, in attesa di uno spazio da occupare. Quando 43

C. Schmid, “L’urbanizzazione come un processo aperto”, Lotus 152 (2013): 58-69.

44  A. Lepik dubita sull’applicazione del termine slum per la Torre David e lo fa confrontando i criteri convenzionali di uno slum (definiti da UN-HABITAT) con le caratteristiche della torre venezuelana. Si veda A. Lepik, “Introduction: an urban experiment with three thousand participants”, in Urban-Think Tank et al., op. cit.

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l’organizzazione della torre diventò più precisa e quando la maggior parte dello spazio fu preso dalle famiglie, non furono più ammessi nuovi residenti. Inoltre se gli occupanti ricevono più di tre richiami per violazione del codice generale di comportamento, sono tenuti a lasciare la torre. In una bacheca pubblica nella lobby della torre sono riportate queste notizie, insieme a spazi liberi per nuovi residenti, nuove regole ed eventi in programmazione. Servizi come elettricità, acqua e rifiuti sono gestiti in maniera collettiva dagli abitanti stessi attraverso una rigida struttura decisionale, che è organizzata come una sequenza di cerchi concentrici d’influenza e autorità. Il cerchio interno, noto come la Directiva, è composto dal presidente della cooperativa, da alcuni suoi associati e dal pastore della chiesa: insieme decidono sui problemi quotidiani, sulla sicurezza e sulla crescita futura. Nella seconda cerchia stanno gli intermediari tra la Directiva e i residenti, i coordinatori della distribuzione di acqua, elettricità e servizi di pulizia. Esistono anche gruppi di vigilanza per assicurare la sicurezza interna, attivi ai tre ingressi della torre 24 ore su 24. Tutti questi servizi rientrano nella quota di 15 dollari mensili che ogni famiglia paga alla cooperativa. La torre David è inusuale rispetto agli squat comuni, poiché per le sue dimensioni e per le particolari caratteristiche dell’edificio è necessario un grado ancora maggiore di auto-organizzazione, che è garantito dalla gerarchizzazione della leadership e della gestione. La torre David con il tempo è diventata più di uno squat – si sta evolvendo in una casa, una comunità, uno stile di vita4 5 . Nella notte del 22 Luglio del 2014 il governo venezuelano ha iniziato l’evacuazione degli abitanti della torre. L’operazione è cominciata cinque giorni dopo che il governo ha dichiarato delle trattative con un gruppo di banche cinesi, interessato all’acquisto della torre. Ernesto Villegas, Ministro per la Trasformazione della Grande Caracas, ha affermato che si tratta di un’operazione coordinata, in sintonia con la comunità della torre, e che le famiglie evacuate finora si sono ‘volontariamente’ reinsediate nelle abitazioni pubbliche di Ciudad Zamora, nella periferia di Caracas. La cosiddetta Operación Zamora, si sarebbe resa necessaria dopo aver constatato la situazione di pericolo in cui vivono le famiglie della torre e per assicurargli migliori condizioni di vita e sicurezza. 45

Urban-Think Tank et al., op. cit., p.100.

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Il modo nel quale la proposta dello Studio Albori è presentata al padiglione italiano dell’XI Biennale di Architettura, rispecchia la volontà di un progetto che diventa dinamico attraverso la partecipazione attiva degli abitanti, che s’incrementa e che si modifica nel tempo. La geometria solida del rudere di Aldo Rossi fa da sfondo a un sistema geometrico diverso, nuovo, che cresce con volumi di molteplici forme e colori, che rappresentano tutto quello che di personale gli abitanti inseriscono nei complessi residenziali. Un progetto che dà un peso alle competenze, conoscenze e informazioni che provengono dalla comunità abitante. L’abbandono in questo caso è uno scheletro d’autore: quello della stazione San Cristoforo a Milano, lungo il Naviglio Grande, progettato da Aldo Rossi e Gianni Braghieri nel 1983 e abbandonato da oltre venti anni. Il progetto dello studio Albori evita ogni demolizione e sfrutta la struttura definita dello scheletro di cemento, utilizzandolo come palinsesto all’interno del quale progettare forme che conferiscano una nuova vita all’edificio4 6 . Il nuovo complesso si troverebbe in una posizione di vicinanza rispetto ad alcune zone densamente abitate, ben collegate grazie al trasporto pubblico ed è arricchito dalla presenza di orti e giardini nell’immediato perimetro. Lo scarto dello scheletro viene utilizzato in ogni sua parte e valorizzato grazie all’inserimento di nuovi volumi, diversi ma complementari, che ospitano abitazioni di varia natura (dall’edilizia convenzionata alla residenza libera sul mercato), un asilo, dei laboratori, un bar-trattoria, un ostello, un teatro e alcuni negozi. La griglia strutturale a vista dell’architetto e filosofo Aldo Rossi diventa supporto non casuale ma utile a ospitare il vitale disordine di unità abitative che sembrano citazione di tutto quello che di personale 46  Segnalo anche il progetto del collettivo milanese Parasite 2.0, che ha lavorato sulla stazione abbandonata S. Cristoforo realizzando un’installazione attraverso una rete strutturale di polietilene stirato. L’opera fa parte di un progetto più ampio che traccia un percorso tra Milano e Venezia, rianimando attraverso installazioni una serie di edifici abbandonati. Si veda T. Shafrir, “Parasite Trip”, Domusweb, Gennaio, 2013.

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Studio Albori, Ecomostro Addomesticato

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e sgrammaticato gli abitanti inseriscono negli anonimi alveari contemporanei4 7 .

Il progetto è accompagnato da uno studio di fattibilità economica, che riflette anche su alcuni temi sociali. La proposta è quella della rottura tra la tradizionale edilizia speculativa ed edilizia sociale, che porta a produrre quartieri ghetto o per ricchi o per poveri e a ridurre la complessità urbana. Si stima che una soluzione mista non solo eviterebbe questo, ma permetterebbe anche l’autofinanziamento dell’intera operazione grazie alla vendita sul mercato di sei-dieci unità su un totale di quarantasei. La sostenibilità realizzata attraverso il riuso dello scarto a grande scala si estende anche alle scelte materiche e al funzionamento energetico dell’edificio, dove si combinano diverse forme di energia rinnovabile (solare termico, fotovoltaico e pompe geotermiche). Il piano interrato esistente diventa un serbatoio, che viene coibentato per l’accumulo di acqua riscaldata dai pannelli durante la stagione estiva e da riutilizzare in quella invernale. Tra i materiali di scarto sperimentati si ipotizzano pannelli isolanti di tamponamento realizzati mediante l’assemblaggio a secco di moduli esausti di poliaccoppiato (più noto come tetrapak), che raggiungono ottime capacità isolanti (valore di trasmittanza U=0,18). Per quanto riguarda le chiusure vetrate, viene studiata una soluzione che prevede il riutilizzo di serramenti scartati posati in coppia su una stessa finestra, a una distanza tra loro che crea una camera d’aria, per un’efficienza pari a quella di un serramento prestante con doppi vetri4 8 . Sostenibilità, dunque, non solamente in termini di salvaguardia dell’equilibrio ambientale, ma anche quale strategia di affettuosa cura della “dimensione corporea e sensibile” del costruire e dell’abitare, la cui pratica comune trova forse proprio nella pratica del bricolage il suo linguaggio poetico4 9 . 47  Gianni Pettena, “…l’ingegnere interroga l’universo, mentre il bricoleur si rivolge a una raccolta di residui di opere umane…”, Domus 945 (2011): IXX-XXIII. 48  Le detrazioni fiscali in vigore nei paesi europei e mirate alla riduzione del consumo di energia porta allo scarto di una grande quantità di serramenti funzionanti poiché sostituiti con nuovi serramenti più efficienti. 49  A. Nulli, “Osservare, riflettere, bighellonare: tre progetti dello studio Albori”, Domusweb, Marzo, 2011.

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Il lavoro di Santiago Cirugeda nasce dalla volontà di contrastare il degrado urbano e dal desiderio di far intervenire i cittadini all’interno del processo di costruzione e trasformazione della città. I progetti dell’architetto sivigliano sono strategie di riappropriazione a uso pubblico, che costituiscono un’alternativa percorribile al modello di città che non tiene in considerazione gli abitanti5 0 : un manuale di ricette urbane open source, direttamente distribuite dal suo sito, attraverso le quali i cittadini stessi possono agire, costruire e modificare spazi urbani. Con open source in questo caso ci si riferisce sia all’accessibilità pubblica dei progetti, che alla partecipazione di diversi utenti nella creazione del progetto. La ricetta è la strategia ripetibile, applicabile in spazi diversi, flessibile e adattabile alle problematiche e alle diverse risorse esistenti in un luogo. Le ricette non mirano a un risultato prestabilito, ma offrono gli strumenti per avviare un processo dagli esiti inaspettati. Le proposte sono elaborate da Cirugeda stesso e Cia, un collettivo sivigliano in cui l’architetto è il solo componente fisso che instaura di volta in volta e a seconda del tema, nuove collaborazioni con sociologi, architetti, avvocati e artisti. Le ricette si rivolgono a realtà urbane complesse, vuoti, luoghi abbandonati e talvolta cercano di contrapporsi ai grandi interessi della speculazione immobiliare nei centri storici5 1 . Il progetto Planimetrías Fotosensibles pone la società al centro della trasformazione urbana di Siviglia e fa del cittadino un utente attivo all’interno del dibattito. Il progetto si rivolge al quartiere San Bernardo, oggetto di un piano urbanistico speciale da parte della municipalità a causa del degrado del patrimonio costruito, che prevedeva di demolire alcune parti del quartiere con lo scopo di aumentarne il valore fondiario e avviare un processo di gentrification. Per negoziare e discutere il futuro del quartiere con gli architetti e i politici responsabili del piano, sono state organizzate le “giornate urbanistiche di San Bernardo”: i cittadini sono stati invitati a partecipare attivamente alla decisione e a segnalare le proprie proposte progettuali per il quartiere attraverso 50

S. Cirugeda, Situaciones urbanas, Editorial Tenov S.L, Barcellona, 2007, p.7.

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A. Nufrio, “Strategie di appropriazione urbana”, Abitare 423 (2002):130-135.

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semplici configurazioni spaziali luminose disegnate con quattordici zaini-lampade dai cittadini stessi. Un gesto con attrattiva visiva che aveva l’obiettivo di convocare i vicini per informarli, coinvolgerli e portare per le strade la discussione urbanistica. L’azione dal carattere collaborativo ha prodotto quattro proposte di miglioramento per il quartiere, che riguardavano il potenziamento delle connessioni pedonali, il riuso di un’antica fabbrica di armamenti per la costruzione di case sociali (VPO), la realizzazione di un parco per valorizzare dei resti archeologici che erano stati rinvenuti dall’amministrazione e infine la costruzione di dieci unità abitative, affiancate da spazio pubblico.

Construir refugios urbanos è un progetto del 1998, che Cirugeda ha sperimentato sulla propria casa nel centro storico di Siviglia e che permette ai cittadini di intervenire sulla trasformazione del patrimonio esistente, attraverso un’aggiunta volumetrica temporanea. Gli edifici del centro di Siviglia sono per la maggior parte vincolati, in quanto patrimonio storico e questo rende difficile e costoso agli abitanti il restauro e la trasformazione delle proprie abitazioni. Per questo gran parte della popolazione dei quartieri storici vive in condizioni precarie e preferisce vendere gli appartamenti piuttosto che ristrutturarli. Nel 1997 Cirugeda, ancora studente di architettura, elabora una strategia giuridica, approfittando delle incertezze della normativa edilizia esistente, per aumentare temporaneamente le superfici abitabili della propria casa. Quest’ultima risulta un immobile di tipo B, per la quale la regolamentazione spagnola prevede modificazioni minime: né si può demolire, né si possono alterare le caratteristiche originali del fabbricato. Il grado A è riservato a costruzioni specifiche, come la cattedrale o il castello. Per sfruttare una licenza trimestrale di occupazione del suolo pubblico, concessa dall’amministrazione a coloro che decidono di ridipingere la facciata, Cirugeda imbratta volontariamente la facciata con le proprie iniziali e monta il ponteggio sul quale costruisce il proprio rifugio urbano. Dopodiché convoca la stampa per diffondere la strategia, facendo in modo che i cittadini interessati possano ripeterla, per ampliare le proprie abitazioni in maniera legale, reversibile ed economica. La città potrebbe così crescere su leggere strutture effimere che rafforzano l’idea di temporalità, ridisegnando un paesaggio sempre diverso, nel rispetto del patrimonio storico e delle leggi di conservazione che lo tutelano. Il fatto che sorga in uno 158


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spazio pubblico (sovrastandolo ma senza intralciare il passaggio) dà la sicurezza che il volume non si consolidi nel tempo. Passati i tre mesi concessi dall’amministrazione, il rifugio che aumentava di quattro metri quadrati la superficie dell’appartamento, viene smontato e il muro ridipinto di bianco. Nel sito sono indicati tutti e cinque i passaggi tecnico-giuridici per l’esecuzione di questa ricetta, (corredati anche da informazioni di tipo economico), che ogni cittadino potrà personalizzare secondo i propri gusti. La estrategia del armario5 2 è la ricetta per riciclare lotti in disuso attraverso occupazioni temporanee al limite della legalità. La ricetta nasce dall’esperienza abitativa della casa-rompecabezas, casa-rompiteste, costruita nel 2002 in occasione di una mostra organizzata dall’ordine degli architetti di Cadice, che ne hanno sostenuto la realizzazione. La casa-rompecabezas è un’abitazione smontabile e diversamente configurabile, che si muove all’interno della trama dei lotti abbandonati o vuoti della città storica. Secondo il codice civile spagnolo non è considerata come un alloggio, in quanto struttura mobile priva di fondazioni e separabile dal lotto, non demolibile e quindi non soggetta a leggi e ordinanze sui beni immobili. Per non occupare un sito in modo illegale e per non incorrere in sanzioni, la ricetta consiglia un accordo tra privati in termini di prezzo con i proprietari del lotto dove si vuole installare l’oggetto mobile. Il prototipo della casa portatile costruita a Cadice occupò un lotto per un anno e mezzo con un contratto di affitto di 150 euro al mese e fu costruito con l’aiuto di amici e conoscenti. La corrente elettrica fu subaffittata da un vicino e il sistema sanitario si risolse attraverso l’installazione di una capsula sanitaria portatile che sfruttava l’acqua piovana raccolta in copertura. La casa non fu abitata permanentemente, ma ha accolto visitatori e passanti, confermando la sua potenziale abitabilità. È stata anche luogo d’incontro e di festa per vicini e amici e sala prove per band locali. Questa molteplicità di usi dimostrò che per la città è più interessante avere un centro di riunione sociale e ludico piuttosto che un lotto vuoto5 3 . I pezzi della casa furono smontati 52

“Strategia dell’armadio”.

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S. Cirugeda, op.cit., p.58.

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e rimontati in maniera diversa da Cadice a Siviglia, dimostrando la versatilità e la capacità adattativa della struttura. Questa esperienza vuole funzionare da prova pilota, creando un precedente che possa aiutare i cittadini a convincersi e a utilizzare questa strategia per occupare e rendere attivi i vari siti inutilizzati del centro storico, fino a una durata di massimo due anni, rompendo la staticità di un patrimonio storico imbalsamato. Chicken anti-mediático è un progetto del 2005, elaborato in occasione della mostra internazionale di costruzione Construmat, a Barcellona. Cirugeda ha progettato e costruito un prototipo economico di casa minima (30 metri quadri) dal montaggio rapido, moltiplicabile fino a generare nuclei residenziali. Il modello mira a essere un’offerta alternativa di abitazione per quella parte di popolazione con limitate risorse economiche e che non ha la pretesa della casa di proprietà. Per abbattere i costi Cirugeda prevede anche che i futuri inquilini possano partecipare al processo di montaggio dell’unità abitativa, che è costituita da una struttura smontabile di legno, carpenteria di alluminio, pannelli sandwich, lamina plastificata di PVC e policarbonato. L’autocostruzione e l’uso temporaneo attuabile in lotti in disuso, vuole evitare il pagamento del costo del suolo, che costituisce il fattore più influente nella determinazione del prezzo di un immobile.

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Santiago Cirugeda, Construir Refugios Urbanos e Casa Rompecabezas

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Il progetto di riuso per una stecca residenziale, abbandonata allo stato di scheletro, si basa sul sopralluogo e rilievo di un complesso abitativo non-finito e dimenticato nella provincia spagnola di Zaragoza, specificatamente nella campagna di San Mateo Gallego, come illustrato nel capitolo 00. Lo scheletro e di conseguenza il suo progetto, potrebbero però localizzarsi in qualsiasi luogo della Spagna, grazie alle caratteristiche costruttive standard della tipologia edilizia a stecca. Lo spazio delimitato da questo tipo di struttura si adatta a svariati usi, essendo ampio e libero: in questo caso si è scelta la funzione abitativa. Due sono le strategie studiate, la loggia e il patio, necessarie per adattarsi alla diversa disposizione che più oggetti possono avere nello spazio. Alcune soluzioni adottate sono comuni a entrambe le strategie, come quelle per il piano terra, la copertura e i materiali. La loggia e il patio sono due esempi che mostrano come si può agire, non sono normativi, ma il loro principio può essere applicato a dimensioni, scale e caratteri diversi in relazione al contesto. Sono due azioni possibili all’interno di un abaco che ne potrebbe contenere molte altre. They can accept both programmatic and semantic changes, and this openness allows them to remain living, dynamic and also unique components in the city structure. With their generous size and open grounds plans, the building can be used extremely flexibily and it can be adapted to whatever needs arise1 .

1  M. Baum, K. Christiaanse, City as loft: Adaptive Reuse as a Resource for Sustainable Urban Development, Gta Verlag, Zurigo, 2014.

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Una possibile configurazione del piano terra, con alcune campate tamponate con del vetro e adibite ad attivitĂ collettive.


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Il piano terra, caratterizzato dalla presenza puntuale dei pilastri, diventa una piattaforma pubblica destinata all’uso comunitario. Qualsiasi disposizione di una serie di stecche, fa in modo che questa piattaforma comune si allarghi, in una direzione o nell’altra, ospitando un ventaglio di potenziali attività che copra tutte le esigenze degli abitanti. Il piano terra è infatti configurabile dagli abitanti stessi: le dimensioni e il tipo di spazi dipenderanno dal numero di residenti nel complesso e dalle loro necessità: un bar, una cucina, una lavanderia, un asilo, un’aula studio, un deposito bici, negozi e così via. Per aumentare la qualità di questa piazza, si è pensato di demolire il solaio di terra, creando così un grande spazio a tutta altezza. In corrispondenza dei vani scala il solaio in cemento armato è sostituito con un solaio trasparente, composto da griglie metalliche che consentono alla luce di filtrare e di illuminare questi spazi.

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La copertura come piattaforma dalla quale osservare il paesaggio


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La grande copertura è il luogo migliore per godersi l’affascinante paesaggio all’interno del quale gli scheletri si dispongono. Per questo si è pensato di proseguire i tre corpi scala esistenti per raggiungere il livello più alto. Le scale sono costituite dallo stesso materiale che risolve altri parti del progetto, come il solaio di piano terra e i parapetti, cioè la griglia metallica, che allo stesso tempo dialoga con il rivestimento di alluminio delle facciate. I vani scala che sbarcano sul tetto sono coperti da una struttura di alluminio, che prosegue verso il cielo il ritmo del telaio in cemento armato, alleggerendosi. Una volta superata la soglia costituita da questo piccolo riparo, si apre la grande piattaforma libera e aperta sull’orizzonte.

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Una possibile configurazione della facciata con tutti i pannelli chiusi


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Una struttura secondaria di alluminio si inserisce all’interno del telaio in cemento armato, ancorandosi ad esso, per supportare il tamponamento in pannelli metallici. Il rivestimento, posizionandosi al filo interno del telaio di cemento, ne esalta la presenza e il carattere. Esiste una gerarchia per la quale lo scheletro esistente comanda su tutte le altre aggiunte, dominandole e al tempo stesso testimononiando la propria natura di scarto. I pannelli sono di tipo sandwich con finitura esterna in alluminio grezzo non trattato: quelli in corrispondenza delle aperture vetrate a tutta altezza sono apribili, mentre tutti gli altri sono fissi. Gli abitanti, aprendo e chiudendo i pannelli, cambiano continuamente il disegno della facciata. Gli altri materiali utilizzati sono i grigliati metallici del solaio di piano terra, dei parapetti e dei tre vani scala superiori. Le tecnologie e i materiali scelti sono tutti di tipo prefabbricato e assemblabili a secco: questo permette un risparmio di tempo, di costi e offre la possibilità di poter smontare la struttura in futuro. Inoltre sono tutti materiali riutilizzabili e riciclabili.

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La forma dei balconi è caratterizzata dai tagli ellittici dei solai.


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Gli scheletri della speculazione edilizia sono spesso disseminati tra i territori naturali delle campagne spagnole. La strategia della loggia nasce infatti dalla volontà di esaltare le inquadrature sul paesaggio offerte dall’intreccio di cemento delle travi coi pilastri: per questo, delle tre campate che costituiscono la sezione trasversale dello scheletro, quella esterna viene lasciata libera e destinata a loggia. La loggia diventa uno spazio extra per l’abitazione, un allargamento del soggiorno, dal quale godersi il paesaggio, ma che ha le dimensioni per ospitare delle attività. Dalla loggia avviene anche l’accesso ai sei appartamenti presenti su ogni piano, attraverso un corpo scale esistente che serve due unità abitative. Per portare luce ai soggiorni affacciati sulle profonde terrazze, viene forata la soletta con delle ellissi, che generano una geometria di luci e ombre in continuo movimento, rimodellando il corpo dell’edificio. Le ellissi caratterizzano la forma delle terrazze, ma allo stesso tempo modificano la percezione dall’interno, dalle grandi vetrate del salone, poiché la loro presenza sembra aumentare la distanza tra l’edificio e il contesto. Questa serie di vuoti impilati verticalmente (coronati in copertura da un grande e unico taglio rettangolare) aumenta anche la quantità di luce che arriva al piano terra, destinato a usi comunitari. La zona notte si trova invece dalla parte opposta della loggia e strette aperture a tutta altezza illuminano questi spazi più privati. Quando le stecche sono posizionate parallelamente tra loro, questa strategia è applicabile solo agli elementi esterni, che hanno una facciata libera sul paesaggio; è sempre applicabile invece nel caso di una disposizione in linea verticale degli elementi, poiché tutti avrebbero la facciata libera dalla quale osservare il paesaggio dalla propria loggia.

In Alto: in giallo la posizione dell’elemento per la quale è utilizzabile la strategia. In Basso: schema pieni/vuoti

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Uno dei tre patii, visto dal basso.


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Le stecche centrali nel caso di disposizione parallela degli elementi, non hanno la facciata libera dalla quale ottenere viste, luce e aria, vista anche la piccola distanza esistente tra loro. L’idea in questo caso è di ottenere qualità aprendosi all’interno e lo si fa con tre patii (5,5m x 5m), attorno ai quali ruotano sei appartamenti per piano. Guardando la sezione trasversale dello scheletro, è la campata centrale che viene lasciata vuota, diversamente dalla strategia della loggia che liberava la campata esterna: l’intreccio di travi e pilastri in questo caso inquadra il cielo. L’accesso avviene attraverso i tre corpi scala esistenti, ognuno dei quali serve due appartamenti. Ogni singolo patio è comune a due unità abitative ed è attorno a questo spazio che ruota tutta la disposizione della casa. Una volta aperte le grandi vetrate che delimitano questo vuoto centrale si ottiene una specie di terrazza, che offre luce e aria agli ambienti della casa.

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C redi ti

Stampato nel mese di Febbraio 2015, su carta patinata. I font utilizzati sono Gatafa Std e Simplifica. Tutti i grafici e i disegni presenti nel testo sono dell’autrice. Importante per il disegno delle infografiche, la partecipazione al il corso online Infografía antibostezos di Domestika, nonchè lo studio del lavoro di Francesco Franchi, direttore artistico di IL/Il sole 24 ore. Le fotografie, fatta eccezione per il capitolo zero, sono state recuperate dal web, da libri e da riviste. Mi scuso se talvolta non è stato possibile inserire il credito: © Julia Schulz-Dornburg 30, 31, 45, 46, 47, 50, 51, 102 © Centro Cartográfico del Ejercito del aire 80, 81, 83 © Dep. de Urbanismo y Medio Ambiente de la Diputación Foral de Álava 81 © Ministerio de Agricoltura, Pesca y Alimentacion 83 © Dep. de Obras Publicas, Transporte y Comunicación del Gob. de Navarra 80 © Govern de les Illes Baleares 82 © Simona Rota 101 © Colectivo Cadelasverdes 102 © Luca Girardini 103 © Óscar Carrasco 104 © Sheila Hernandez, Kevin Zammit 105 © Basurama 112 © Temporiuso 114 © Alterazioni Video 116 © Daniel Ciprian 127 © Philippe Ruault 133 © David Zwirner 139 © Beniamino Servino 142 © Karen Lohrmann&Stefano de Martino 145 © Iwan Baan 150, 151

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Ri ngraz iamenti

Il primo grazie va a Davide, che in un incontro al museo Thyssen-Bornemisza di Madrid la scorsa estate, mi suggerì questo bellissimo tema su cui lavorare. Senza la sua competenza, disponibilità e passione verso la mia ricerca, questa sarebbe uscita sicuramente peggiore. Ringrazio il prof. Trisciuoglio, per la fiducia incontrastata nei miei confronti e nel mio lavoro. Grazie a babbo e mamma, per la loro pazienza e per aver sempre appoggiato ogni mia scelta. A Giulia e Iacopo, per i preziosi consigli e il supporto. A Nora, per il disordine creato tra i miei appunti. A Claudia, Laura, Michele, Irene, Camilla, Chiara per il loro interesse e la loro disponibilità nel momento del bisogno. A Airbnb, per avermi permesso di comprare tutti i libri di questi mesi. A Trap, per avermi seguito ovunque, aiutato in qualsiasi occasione, spronato nei momenti di crisi mostrandomi sempre il lato positivo, per le merende e per aver trasformato casa sua in un’aula studio.

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Oltre lo scheletro. La bolla edilizia spagnola e un progetto di riuso per il non finito.


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