Booklet informativo - Master in Comunicazione Sanitaria

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MASTER IN COMUNICAZIONE SANITARIA

Booklet informativo

L'IMPORTANZA DI COMUNICARE BENE NEL SETTORE SANITARIO - DOTT. ROBERTO MORANDI p. 2 SOCIAL MEDIA E COMUNICAZIONE DELLA SALUTE - DOTT.SSA ELISABETTA LOCATELLI p. 9 Coordinatori didattici del Master


L'IMPORTANZA DI COMUNICARE BENE NEL SETTORE SANITARIO A CURA DI ROBERTO MORANDI Coordinatore didattico del Master

1. PREMESSA L’elemento di maggiore criticità in ambito relazionale è stato individuato nella comunicazione fra staff clinico (medici, infermieri, OSS) e familiari dei pazienti. Il familiare può diventare un antagonista senza pietà o un grande alleato, l’importante è abbattere il livello di conflittualità ed attivare un processo comunicativo che porti entrambi gli attori in una posizione WIN – WIN : espressione inglese che indica la presenza di soli vincitori in una data situazione e per estensione permette di considerare WIN - WIN una qualsiasi cosa che non scontenti o danneggi alcuno dei soggetti coinvolti.In occasione del Congresso Nazionale FADOI-ANIMO tenutosi a Torino dal 9 al 12 Maggio 2015, in uno dei corsi in programma, si è parlato di una della quattro “clinical competences” che il medico dovrebbe possedere per fronteggiare la medicina “della complessità”, ossia la “capacità di comunicare”.


La Comunicazione efficace con i familiari porta numerosi vantaggi: a) riduce i contenziosi legali; b) aumenta l’aderenza alla terapia da parte del paziente in quanto il familiare diventa partner attivo dello staff medico; c) instaura un clima più sereno e favorisce la possibilità di praticare una Medicina più aderente ai veri bisogni del malato evitando il ricorso alla cosiddetta “medicina difensiva”. In sintesi comunicare bene con i malati ed i loro familiari conviene a tutti e può diventare un’occasione per riappropriarsi di ciò che si è perso negli ultimi anni: il rapporto di fiducia medico/paziente e il piacere di continuare ad esercitare l’ars medica. Dagli anni Settanta ad oggi viene sistematicamente ribadita la necessità di formulare un approccio incentrato sulla famiglia del paziente (Sohlberg et al., 2001). Molti sono i reiterati “buoni principi” che sottendono a quest’esigenza: · il trauma non colpisce soltanto il paziente ma l’intero nucleo familiare; · la prima necessità dei familiari è quella di avere informazioni chiare ed aggiornate; · i familiari vanno considerati esperti alla pari, in quanto detengono informazioni riguardanti lo stato del paziente prima del trauma; · il mancato coinvolgimento dei familiari nelle decisioni riguardanti il paziente può portare a cattive relazioni e processi comunicativi con il team terapeutico, le quali potrebbero a loro volta ripercuotersi sulla cura del paziente.


Il familiare antagonista o alleato? La comunicazione è una delle 4 “clinical competences” richieste al medico del terzo millennio. Il processo comunicativo deve essere orientato a portare tutti gli attori in una posizione “win-win”: Competenze clinico specialistiche dello staff +Capacità di comunicazione efficace. +Compliance del paziente = ———————————————————— OUTCOME DELL’ASSISTENZA N.B. La Compliance è essa stessa funzione della capacità di ascolto e comunicazione degli operatori sanitari. La capacità di comunicare in modo efficace e di stabilire una relazione positiva ed armonica con il paziente e con i famigliari è indispensabile per tutti i processi assistenziali e per il loro esito perchè “La relazione fa parte della cura”.


2.

LE TIPOLOGIE DEI FAMILIARI E DEI PAZIENTI

Molto spesso volte capita di confrontarsi con pazienti e familiari che, con i loro modi di fare, riuscirebbero a destabilizzare anche il professionista più equilibrato in circolazione. Tutti gli operatori sanitari, ogni giorno, prestano assistenza con impegno e scrupolo; spesso ricevendo confortanti ricompense dal punto di vista del riconoscimento della propria professionalità ma altrettanto spesso faticano a non perdere le staffe di fronte a pazienti e familiari che pazienti, in fondo, forse non lo sono. 1. il furbo: quello che per esempio in un Pronto Soccorso o in un qualsiasi ambulatorio vuole passare davanti a tutti inventando mille scuse: Ho il gatto a casa con la febbre, non posso aspettare troppo tempo oppure Ho da preparare la cena per stasera, perché ho ospiti a casa. Vien facile domandarsi quanto reale sia il suo malessere... 2. il sapientone occasionale, conosciuto anche come il Su internet c’è scritto che…: quello che si reca in ospedale o in ambulatorio praticamente solo per ricevere un consiglio e non è nemmeno detto le lo ascolti. Ormai ha già studiato tutta la sua sintomatologia su internet, conosce a memoria quali sono le patologie che potrebbe avere, i rischi, la terapia e i giorni di prognosi. Ovviamente se medici e infermieri dicono qualcosa che da quello si discosta anche di poco, rilancia il suo sapere e mette in discussione anni di studi universitari e non solo;


3. il timoroso: quello che non si fida dell’infermiere, ma solo del medico, perché l’infermiere non è abbastanza preparato per prenderlo in carico. Però poi le informazioni più importanti sulla sintomatologia e sulla storia clinica le comunica agli infermieri, perché durante la visita non ha il coraggio di parlare al medico, una sorta di “santone” da non disturbare mai; 4. l’ingannatore: quello a cui chiedi Lei soffre di qualche patologia? e ti risponde con fermezza assoluta di no. Poi - dubbio lecito - ti viene da chiedergli: Prende farmaci per qualche motivo? E lì, con fare da saccente, ti sciorina una lista infinita di farmaci che assume dalla mattina alla sera con relativa motivazione. Questo alle 8 del mattino per la pressione, quest’altro per il diabete a colazione, pranzo e cena. 5. il controllante: colui che, afflitto dai sensi di colpa, ogni volta che va in reparto a trovare il suo caro controlla, annusa, domanda ai vicini allo scopo di avere la scusa per poter mettere in dubbio l’operato dello staff clinico.


3. LA COMUNICAZIONE Ognuno di noi ha un proprio insieme di regole e filtri che amministrano il suo modo di agire e interagire con gli altri, comunicare con se stesso e prendere decisioni rispetto al su cosa concentrarsi. Questo tipo di attività viene chiamato “modello di comunicazione”.Siamo bombardati da oltre due milioni di informazioni al secondo. Se ne fossimo consapevoli, la loro comprensione sarebbe uno sforzo troppo grande, di conseguenza siamo obbligati a filtrarne alcune eliminandone delle altre. Il nostro insieme unico di filtri, tra i quali si trovano convinzioni, ricordi e valori, ci consente di dare un senso a ciò che ci arriva dal mondo esterno.I nostri filtri cambiano nel tempo e quindi si modifica anche la nostra mappa del mondo. L’informazione che arriva dal mondo esterno e che viene filtrata viene considerata una “rappresentazione interna” costituita da immagini, sentimenti, suoni, odori e sapori.Il nostro mondo interiore definisce:lo stato: la forma mentis e le emozioniil linguaggio del corpoil comportamentoTutti questi fattori interagiscono: lo stato in cui ci si trova influenza il comportamento, le rappresentazioni interne influenzano il nostro stato e la nostra fisiologia, mentre lo stato, il comportamento e la fisiologia determinano il modo in cui si vive la vita in ogni istante.Cambiando anche solo uno di questi elementi la nostra vita potrà esserne modificata.


4. CONCLUSIONI Al termine di questo breve viaggio nel mondo della Comunicazione in sanità possiamo avere conferma del fatto che LA RELAZIONE È PARTE FONDANTE DEL PROCESSO DI CURA. I pazienti ed i loro familiari salendo a bordo del PDTA (grazie alla relazione positiva impostata da tutto personale sanitario) diventeranno “acceleratori di processo” contribuendo a darne una svolta positiva in termini di efficienza ed efficacia.


SOCIAL MEDIA E COMUNICAZIONE DELLA SALUTE A CURA DI ELISABETTA LOCATELLI Coordinatore didattico del Master


1.

LO SCENARIO

Lo scenario mediale contemporaneo è caratterizzato da alcuni mutamenti significativi che hanno segnato la cesura con il passato. Possono essere individuati alcuni cambiamenti chiave attorno ad alcuni temi chiave: Disintermediazione: la centralità dei media broadcast (televisione, radio, stampa) nel gestire, veicolare, presentare le informazioni sta decrescendo in favore dell’accesso diretto alle informazioni attraverso il web. A quanti è capitato di usare Google per trovare informazioni su un farmaco? Oppure di inserire i propri sintomi per arrivare velocemente a una autodiagnosi? Crisi della fiducia nei media tradizionali in favore della fiducia fra pari: soprattutto per le nuove generazioni la fiducia nei media tradizionali (televisione, radio, stampa), sta lasciando il posto alla fiducia nelle persone, che possono essere genitori, famigliari o amici, ma anche persone conosciute online, come i cosiddetti influencer o opinion leader. Nascita di nuove forme di divulgazione: a seguito della diffusione dei social media e del cambiamento di fruizione dei media delle giovani generazioni, si trovano nuove forme di divulgazione anche scientifica e qualificata attraverso i social media tramite blog, canali YouTube, account Instagram gestiti da professionisti.


L’attuale pandemia ha rafforzato questa tendenza, aumentando la centralità del web nella diffusione e reperimento di informazioni non solo da parte degli utenti ma anche da parte delle istituzioni. Si pensi alle conferenze stampa in diretta Facebook di Conte oppure delle partnership siglate dal Ministero della Salute con le principali piattaforme per mettere in evidenza fonti qualificate per la tutela della salute pubblica. 2. ALCUNI DATI Una ricerca svolta da GFK nel 2015 dal titolo “Health Information Journey”[1], aveva già evidenziato come il 24,5% della popolazione italiana utilizzasse internet per cercare informazioni relative alla salute con una concentrazione maggiore nella fascia 25-34 anni. Una ricerca degli Osservatori Digital Innovation del 2019[2] ha mostrato come i cittadini, soprattutto delle fasce più giovani, cercano informazioni sulla salute come malattie, sintomi e cure (38%) e su corretti stili di vita e alimentazione (37%), il 15% si informa sui vaccini. I canali più utilizzati sono i siti web istituzionali (52%) seguiti da portali dedicati alla salute e alla medicina (30% in media). Appare invece, sempre dagli stessi dati, meno diffusa la prenotazione digitale dei servizi sanitari: solo il 23% del campione intervistato ha prenotato online le prestazioni (21% tramite sito web e 2% tramite App) e il 19% le ha pagate via web (15% tramite sito e 4% tramite App), con punte però del 45% e del 27% fra i 35-44enni.


Ancora i dati mostrano una crescita dell’utilizzo di app per la forma fisica, su smartphone o smartwatch, e per informazioni sui servizi (es. farmacia aperta). Anche l’utilizzo dei canali digitali da parte dei medici di base è in crescita, soprattutto dell’e-mail e di WhatsApp. 3. GLI USI DEI SOCIAL MEDIA PER LA SALUTE A proposito dei social media la systematic review svolta da Moorhead e altri nel 2013[3] a proposito degli usi, benefici e limiti dell’impiego dei social media per la comunicazione della salute, ha evidenziato alcune loro funzioni chiave: a. Reperimento di informazioni (ad esempio attraverso blog dedicati). b. La condivisione di esperienze la richiesta di supporto emotivo (ad esempio attraverso gruppi facebook o forum dedicati a patologie specifiche). c. La creazione di piattaforme finalizzate a facilitare il dialogo fra pazienti e professionisti. d. La raccolta di dati su pazienti e sulle loro opinioni (anche in ottica di valutazione del servizio). e. La diffusione di iniziative di promozione ed educazione alla salute, la riduzione dello stigma verso determinate malattie (es. cancro, diabete).


4. RISCHI E BENEFICI Ancora dalla systematic review di Moorhead et al. emergono benefici e rischi della comunicazione della salute sui social media. Fra i benefici vengono annoverati a. la facilitazione della diffusione di informazioni; b. il reperimento di supporto; c. il monitoraggio dei pazienti o delle loro opinioni; d. il coinvolgimento di pubblici difficilmente raggiungibili; e. l'aumento della partecipazione dei pubblici; f. l' economicità del flusso comunicativo; g. l'unione fra comunicazione interpersonale e di massa. Tra i rischi invece vengono annoverati a. la difficoltà di controllare la qualità dell’informazione, soprattutto quando viene erogata da soggetti; b. rischi relativi alla privacy e alla sicurezza dei dati; c. la difficoltà della gestione del overload informativo; d. la difficoltà di attivare la partecipazione; e. la creazione di filter bubble, bolle informative in cui non c’è la possibilità di vedere altro che informazioni; f. la diffusione non controllata di notizie non veritiere o non verificate, chiamate in abitualmente fake news; g. il digital divide e quindi l'impossibilità di raggiungere alcune zone territoriali o alcune aree della popolazione poiché non dotate di connessione a internet.


5. SOCIAL MEDIA E ISTITUZIONI DELLA SALUTE Fra le realtà che stanno crescendo tanto nell’uso dei social media vi sono le aziende territoriali locali (ATS, ASST, ASL, USL…in funzione della governance territoriale). Una ricerca di Alessandro Lovari[4] svolta nel 2016 attestava una forte crescita fra il 2013 e il 2016 delle Asl italiane presenti sui social media, passando dal 36% nel 2013 al 66,66% nel 2016. I canali maggiormente presidiati sono Facebook, Twitter e YouTube. Negli ultimi due anni, con la crescita di Instagram, si è registrata la loro presenza, più contenuta, anche su questa piattaforma. Proprio per dare conto di tutti questi cambiamenti, Eysenbach ha dato vita al paradigma “Medicine 2.0”[5] in cui vengono intesi tutti gli strumenti digital e web usati da pazienti, tecnici e professionisti per favorire la connessione sociale, la partecipazione, la collaborazione e l’apertura. Il passaggio alla cura non è più quindi diretto ma ci possono essere diversi intermediari nel processo che affiancano quelli tradizionali, come il medico di base o lo specialista, fra cui gli spazi online e le persone che li utilizzano e li gestiscono.


6. CONCLUSIONI A fronte di questa rapida disamina, emerge in modo evidente come oggi l’utilizzo dei social media per la salute in modo accurato e oculato sia indispensabile per favorire una corretta diffusione delle informazioni (anche per contrastare il fenomeno sempre più dilagante delle fake news), consentire un più rapido accesso alle cure e una migliore relazione fra pazienti e istituzioni. La formazione di professionisti in questo senso è un aspetto cruciale per portare la sensibilità delle aziende della salute a livello pubblico e privato a maturare le giuste competenze per poter ben comunicare anche attraverso i social media e i media digitali.

FONTI [1] GFK, Health Information Journey, disponibile al link http://www.panoramasanita.it/wp-content/uploads/2015/10/Sintesirisultati-indagine-GFK-Eurisko-Health-Information-Journey.pdf. [2] https://www.osservatori.net/it/ricerche/comunicati-stampa/cresce-laspesa-per-la-sanita-digitale-1-39-mld-di-euro-plus7. [3] Moorhead A.S. et al. (2013). “A New Dimension of Health Care: Systematic Review of the Uses, Benefits, and Limitations of Social Media for Health Communication”, Journal of Medical Internet Research, 15(4): e85, http://www.jmir.org/2013/4/e85/. [4] Lovari, A. (2017). Social media e comunicazione della salute. Profili istituzionali e pratiche digitali, Milano: Guerii e Associati. [5] Eysenbach, G. (2008). "Medicine 2.0: Social Networking, Collaboration, Participation, Apomediation, and Openness". Journal of Medical Internet Research, 10(3): e22, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2626430/.


Per maggiori informazioni sul Master in Comunicazione Sanitaria visita il sito ALTEMS


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