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Sistemazione idraulica e riconversione dell’Invaso del Conca come opportunità di sviluppo del retrocosta riminese




second chance Sistemazione idraulica e riconversione dell’Invaso del Conca come opportunità di sviluppo del retrocosta riminese

Università degli studi di Ferrara Corso di Laurea Magistrale in Architettura Tesi di Laurea in Architettura del Paesaggio e delle Infrastrutture A.A. 2016/2017 Laureande | Marzia Mignani | Manuela Oriti Suriano Relatori | Arch. Luca Emanueli | Arch. Gianni Lobosco Correlatori | Ing. Massimo Tondello | Ing. Leonardo Schippa



Indice Abstract

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Introduzione

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L’urbanizzazione della Riviera e il ruolo di Romagna Acque

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1.1. L’irrigidimento del litorale romagnolo 1.1.1. La cementificazione della costa 1.1.2. L’emergere di una coscienza ecologica 1.1.3. I tre paesaggi dominanti della Riviera

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1.2. La perdita di adattabilità e di resilienza della costa 1.2.1. L’erosione costiera 1.2.2. La subsidenza e l’innalzamento del livello del mare 1.2.3. La diminuzione del trasporto solido

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1.3. GIZC: un piano di azione ambientale per un futuro sostenibile 1.3.1. La Gestione Integrata delle Zone Costiere in UE 1.3.2. La GIZC nella Regione Emilia-Romagna

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1.4. Gli anni del boom turistico in Riviera 1.4.1. Gli anni del turismo di massa 1.4.2. Il turismo della Riviera cambia prospettiva

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1.5. La sete della Riviera e il ruolo di Romagna Acque 1.5.1. L’Acquedotto di Romagna dalle origini ad oggi 1.5.2. La storia tormentata con il territorio riminese 1.5.3. Le fonti di approvvigionamento delle tre Province

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L’invaso del Conca come residuo del ‘boom turistico’

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2.1. Dal progetto della diga alla sua realizzazione 2.1.1. Le caratteristiche costruttive della diga e del suo invaso 2.1.2. I primi problemi a pochi anni dalla costruzione

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2.2. Gli studi e gli interventi effettuati sull’invaso 2.2.1. La proposta di ripristino della capacità utile - Zanetti-Forlani (1982) 2.2.2. La Relazione Peritale - Elmi-Rabbi (1982) 2.2.3. Il Progetto di Piano - IDROSER (1996) 2.2.4. I lavori di dragaggio e di ampliamento eseguiti

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2.3. Il rilievo sistematico dell’Invaso (1999) 2.3.1. Le caratteristiche morfologiche del bacino nel periodo 1969-99 2.3.2. Le opere trasversali di regimazione fluviale a monte dell’invaso 2.3.3. Il bilancio sedimentario e il trasporto solido annuo

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2.4. Le condizioni in cui riversa attualmente 2.4.1. Il rilievo topografico dell’invaso (2012) 2.4.2. Il contributo idrico odierno

L’analisi territoriale e le potenzialità turistiche

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3.1. L’evoluzione nel tempo delle aree limitrofe l’invaso 3.1.1. La costa da città lineare a città ramificata 3.1.2. Le infrastrutture e la mobilità

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3.2. La diversificazione dell’offerta turistica 3.2.1. Il riequilibrio attrattivo tra la costa e l’entroterra 3.2.2. Il sistema economico-turistico 3.2.3. La valorizzazione turistica dell’entroterra 3.2.4. La Wellness Valley

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La salvaguardia dell’ambiente fluviale

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4.1. Il bacino idrografico del Torrente Conca 4.1.1. L’Autorità di Bacino Marecchia-Conca 4.1.2. Indagini sulla qualità dell’acqua 4.1.3. La pendenza dell’asta fluviale 4.1.4. Le fasce ad alta vulnerabilità 4.1.5. La storia geologica della valle del Conca

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4.2. Il paesaggio protetto del Conca 4.2.1. Il Paesaggio Naturale e Seminaturale Protetto del Torrente Conca 4.2.2. L’Oasi Faunistica del Torrente Conca 4.2.3. Il “Progetto Conca”: valorizzazione paesaggistica entroterra-costa

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La sistemazione idraulica dell’asta fluviale

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5.1. Il problema del trasporto solido 5.1.1. Le criticità del corso d’acqua 5.1.2. L’eliminazione delle briglie 5.1.3. Le criticità dell’invaso 5.1.4. La realizzazione di un canale di by-pass interno all’invaso

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5.2. Il problema dell’erosione costiera 5.2.1. Il mancato apporto solido alla foce 5.2.2. La ricostruzione dei cordoni dunosi

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La valutazione dei possibili scenari di intervento

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6.1. L’attuale gestione delle acque 6.1.1. La penalizzazione del profilo faunistico 6.1.2. Una possibile intermediazione

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6.2. Gli scenari limite 6.2.1. Il mantenimento della situazione odierna 6.2.2. Il ripristino dell’asta fluviale pre-costruzione diga 6.2.3. Il recupero totale della superficie di invaso

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v

6.3. Gli scenari attuabili 6.3.1. Il ripristino dell’asta fluviale con espansione della zona umida 6.3.2. La suddivisione della zona umida in due ambiti 6.3.3. La suddivisione della zona umida in tre ambiti

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6.4. L’individuazione delle linee guida

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Una seconda opportunità per l’Invaso del Conca 7.1. La strategia 7.1.1. La gestione delle acque 7.1.2. La salvaguardia degli ambienti umidi 7.1.3. La fruibilità dell’area 7.1.4. L’esigenza di coordinamento delle pianificazioni di settore

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7.2. La proposta progettuale 174 7.2.1. Il dragaggio dei sedimenti e il loro reimpiego 7.2.2. La superficie invasabile 7.2.3. Le opere di presa e i canali di by-pass 7.2.4. La fitodepurazione 7.2.5. Le attività sportive outdoor (cable park, arrampicata sportiva e scivoli, pump track) 7.2.5.1. La pesca sportiva 7.2.5.2. Il canottaggio e la spiaggia 7.2.5.3. La vasca per il surf 7.2.5.4. Il cable park 7.2.5.5. La vasca per l’arrampicata sull’acqua 7.2.5.6. Il Pump Track

Conclusioni 8.1. Prospettive ed effetti di una nuova politica di gestione dell’invaso 8.1.1. Il ritorno d’immagine per Romagna Acque e per la Provincia di Rimini 8.1.2. L’importanza dell’istituzione del PNSP del Torrente Conca 8.1.3. L’equilibrio finanziario atteso dalle attività sportive proposte

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Bibliografia

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Ringraziamenti

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Elaborati grafici

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Abstract


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Le aree costiere sono ambienti dinamici e il loro equilibrio dipende dall’interazione tra fattori naturali e fattori antropici. Talvolta questo equilibrio ne risulta compromesso ed è ciò che accade nel retrocosta riminese all’Invaso del Conca.

generato sin da subito una serie di problemi di carattere idraulico e ambientale, che ad oggi rendono difficoltoso l’utilizzo dell’invaso come fonte di approvvigionamento idrico. Infatti, se da un lato il fenomeno del turismo di massa è stato un importante motore per il progresso economico e sociale della Riviera Romagnola, dall’altro ha richiesto una consistente dotazione di infrastrutture, che oggi costituiscono elementi di forte criticità in termini di vulnerabilità e resilienza.

La tesi si pone l’obiettivo della sistemazione idraulica del bacino e dell’intera asta fluviale del Torrente Conca come presupposto per una riconversione funzionale dell’invaso, che offre grandi potenzialità sia a livello naturalistico che strategico.

In questo senso la riconversione della superficie del bacino diviene un’occasione per intraprendere un’operazione di riqualificazione ambientale e, allo stesso tempo, strumento catalizzatore per la fruizione del sistema paesaggistico e la diversificazione dell’offerta turistica, accogliendo al suo interno attività di tipo sportivo e ricreativo, divenendo il tramite nella riconnessione tra la costa e l’entroterra.

Il bacino viene realizzato agli inizi degli anni ‘70, allo scopo di creare un serbatoio artificiale che assicuri l’approvvigionamento idrico dei comuni della costa sud riminese, e al contempo permetta la ricarica della falda, fortemente utilizzata durante il picco della domanda estiva. A causa della sua realizzazione a soli 3 Km dalla costa, questo sistema ha però 11



Introduzione


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In anni caratterizzati da sempre più evidenti ed eclatanti cambiamenti climatici su scala globale e, in particolare in Italia, da frequenti dissesti idrogeologici, la gestione della risorsa idropotabile comporta la necessità di porre attenzione alla tutela del territorio e dell’ambiente. E’ fondamentale legare la politica per la disponibilità di acqua al mantenimento delle condizioni ambientali idonee dei territori che concorrono all’approvvigionamento idrico, in particolar modo laddove si faccia uso di acque superficiali. In questo senso, il lavoro svolto nell’ambito di questa tesi parte dall’analisi delle problematiche che oggi insistono sull’ambito territoriale dell’Invaso del Conca. Si tratta di un bacino artificiale realizzato nel tratto terminale del Torrente Conca nei primi anni ‘70, con lo scopo di ricaricare la falda fortemente utilizzata durante il picco della domanda estiva. A partire dagli anni ‘50 infatti si assiste al fenomeno del turismo di massa stagionale, per

cui il territorio romagnolo inizia a soffrire la carenza di risorse idriche che siano adeguate alle nuove esigenze. L’istituzione del Consorzio Acque nel 1966 porta alla realizzazione tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80 della maestosa Diga di Ridracoli, risorsa in grado di rispondere, allora, alla sete romagnola e di soddisfare, ancora oggi, gran parte della domanda idrica delle tre Province. La concomitante realizzazione della Diga del Conca avviene invece per volontà dei comuni riminesi, decisi a mantenere una certa indipendenza sul piano dell’approvvigionamento idrico. Il fatto di non aver tenuto conto delle implicazioni derivanti dalla mancata realizzazione di alcune opere idrauliche, che avrebbero permesso di assicurare il trasporto solido del torrente fino al raggiungimento della foce, ha generato sin da subito seri problemi di interrimento dell’invaso, ancora oggi in continuo peggioramento.

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Questa tesi si pone l’obiettivo di risolvere le problematiche riscontrate lungo l’intera asta del Torrente Conca, attraverso la messa a punto di una strategia in grado di mettere a sistema le diverse soluzioni proposte per ognuno dei tre tratti fluviali salienti: il tratto di torrente a monte dell’invaso, l’invaso stesso e il tratto compreso tra questo e la foce. In seguito a questa operazione, essendo evidenti le grandi potenzialità dell’area afferente il bacino, dovute principalmente alla sua posizione strategica (si trova infatti a soli 3 km dai principali stabilimenti balneari della riviera riminese) e alla presenza di particolari peculiarità ambientali, paesaggistiche e faunistiche, si è ritenuta opportuna l’elaborazione di una

strategia di riqualificazione in grado di riattivare l’area dell’invaso da un punto di vista turistico e ricreativo. L’invaso del Conca sarebbe così in grado di porsi come un’importante occasione di riqualificazione paesaggistico-ambientale e allo stesso tempo di divenire il tramite per la riconnessione del sistema costiero con quello dell’entroterra, tema che negli ultimi decenni ha assunto una sempre più crescente importanza, data l’attenzione rivolta alle iniziative a favore di un turismo sostenibile, destagionalizzante e capace di eliminare le criticità connesse al turismo prettamente balneare e costiero, che continua, sebbene qualcosa stia negli ultimi tempi cambiando, a caratterizzare questo territorio. 17



1 L’urbanizzazione della Riviera e il ruolo di Romagna Acque




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tassi di subsidenza dall’altro, hanno fortemente accentuato la vulnerabilità della costa emiliano-romagnola, che è attualmente soggetta ad estesi processi erosivi. La spiaggia infatti è il risultato dell’interazione tra il trasporto di sabbia da parte dei fiumi e l’azione del moto ondoso e delle correnti marine che ridistribuiscono il sedimento lungo il litorale. A questo già delicato equilibrio naturale si è sovrapposto l’intervento dell’uomo che ha irrigidito l’evoluzione dei litorali costruendo insediamenti e strutture turistico-balneari, porti, moli e opere di difesa (scogliere e pennelli) tutti insistenti sulla sottile fascia costiera o subito a ridosso di questa.

1.1. L’irrigidimento del litorale romagnolo Nel suo complesso la costa si presenta come un ambiente dinamico il cui equilibrio, oggi compromesso dall’uso intensivo del territorio, dipende dall’interazione tra fattori naturali, quali la variazione del livello del mare, le condizioni meteo-marine, gli apporti sedimentari fluviali, la subsidenza e fattori antropici. L’estesa urbanizzazione, la presenza di opere costiere (moli, barriere e pennelli), lo sviluppo intensivo dell’agricoltura da un lato e la diminuzione dell’apporto solido da parte dei corsi d’acqua, l’aumento dei 23


1980, il tratto di spiaggia da Cattolica a Volano è caratterizzata da una trasformazione radicale: nella prima fascia di 500-1.000 m di territorio al retro della spiaggia, laddove prima vi erano estesi cordoni dunosi, boschi elicei, stagni retro-dunali e aree coltivate, alla fine degli anni ‘70 sorgono strutture turistiche balneari e insediamenti urbani. Lunghi tratti di spiaggia vengono cementificati, vi sorgono infatti migliaia di abitazioni e alberghi, andando a realizzare un’unica città lineare costiera. Questo processo di irrigidimento della costa, in larga parte dovuto allo sviluppo dell’industria turistico-balneare, interessa complessivamente 80 km di fronte mare, di cui 55, da Cattolica a Lido di Classe, costituiscono un unicum senza soluzione di continuità.

1.1.1. La cementificazione della costa Alla fine dell’Ottocento il litorale emiliano-romagnolo è costituito da una striscia di costa bassa e sabbiosa, lunga circa 100 km e larga in alcuni tratti oltre 100 m, orlata da dune verso terra ed interrotta, ogni 10-15 km, unicamente dalle foci di fiumi e canali. I centri abitati sono pochi e scarsamente popolati. L’insediamento più importante è Rimini, mentre Cattolica, Bellaria, Cesenatico, Porto Corsini e Porto Garibaldi sono poco più che semplici villaggi di pescatori. Cento anni dopo il quadro risulta drasticamente cambiato, infatti nel corso del Novecento il sistema costiero subisce profonde modificazioni, prima

1.1.2. L’emergere di una coscienza ecologica Negli ultimi anni, la tendenza allo sviluppo urbano costiero si è ridotta o comunque procede con ritmi decisamente meno repentini, infatti è venuta diffondendosi una concezione ecologica e sostenibile del turismo, tradotta in azioni per la gestione integrata dei litorali e in progetti tesi alla protezione del paesaggio, al miglioramento della qualità dell’ambiente e al recupero del patrimonio esistente. Da un lato, fra Milano Marittima e la costa marchigiana, l’esistenza della città lineare ormai consolidata suggerisce di integrare il sistema insediato con le presenze naturali retrostanti (la cosiddetta “alternativa turistica alla spiaggia”); dall’altro, fra Milano Marittima e il delta del Po, ovvero le sole zone dove permangono ad oggi ampi intervalli fra gli insediamenti, caratterizzati da presenze naturali di vegetazione,

da parte dell’agricoltura poi dallo sviluppo del turismo e dall’espansione urbanistica, portando alla scomparsa di gran parte dei caratteri paesaggistico-ambientali originari. Dal 1950 al 24


dune ed aree bagnate, l’indirizzo per il futuro assetto territoriale suggerisce di opporsi con ogni mezzo alla realizzazione della città lineare costiera.

Il tratto centrale costituisce un paesaggio intermedio tra la costa nord e la costa sud e corrisponde essenzialmente al tratto di provincia ravennate, ove permangono alcuni elementi naturali storici, come le pinete, e dove ha inizio la conurbazione di insediamenti turistici che vanno via via consolidandosi in direzione sud. In questo tratto sono preponderanti i paesaggi generati dall’alternanza tra pinete e aree agricole. Il tratto a sud, dal ravennate sino al riminese (al confine con la Regione Marche), è fortemente antropizzato, caratterizzato da una sequenza di paesaggi prettamente urbani. La città turistica è il risultato di un’urbanizzazione avvenuta per epoche e fasi successive che ha indotto lo sviluppo dei nuclei costieri verso un’unica città lineare. La presenza della ferrovia, della strada statale e dell’autostrada ha favorito lo sviluppo urbano e turistico dei lidi tra Cervia e Cattolica, consolidando in 150 anni una città costiera con rare soluzioni di continuità.

1.1.3. I tre paesaggi dominanti della Riviera Il litorale regionale si può distinguere in tre tipi di paesaggio dominante, corrispondenti ai tratti della costa nord, di quella centrale e della costa sud, quindi nello specifico: Il tratto nord, sostanzialmente corrispondente alla provincia ferrarese, è caratterizzato da una forte presenza di elementi naturali costituiti dal paesaggio del delta del fiume Po, dove, tra gli insediamenti turistici e alle spalle di essi, si trovano vasti territori bonificati - perlopiù sotto il livello del mare - occupati in parte da aree umide, boschi, pinete litoranee, oasi e saline. Si tratta di un territorio formato prevalentemente da paesaggi d’acqua, ove mare, bacini lacustri, fiume e canali artificiali si integrano alle terre emerse.

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zona costiera, riducendone l’elasticità e l’adattabilità, caratteristiche fondamentali, nella Regione Emilia-Romagna, zona di transizione tra terra e mare, per sua definizione in perenne evoluzione. La caratteristica di adattamento e la capacità di assorbire gli spostamenti e le deformazioni del litorale è chiamata, con termine mutuato dalla fisica, “resilienza” della costa.

1.2. La perdita di adattabilità e di resilienza della costa Le trasformazioni del passato, anche recente, l’abbassamento del livello del suolo, la drastica riduzione degli apporti solidi a mare, la continua sottrazione di nuovi spazi liberi dovuta ad insediamenti e strutture antropiche, hanno provocato l’irrigidimento della 28


Mentre si sono progressivamente ridotti i margini di adattabilità della zona costiera, già per sua natura intrinseca zona di contrasti, le diverse attività umane insediatevi entrano sovente in forte concorrenza. Esse sono, infatti, guidate da logiche ed interessi non sempre relazionati tra loro e volti più allo sfruttamento immediato che non alla lungimiranza necessaria in tema di risorse ambientali non facilmente rinnovabili. Queste risorse, per quanto riguarda il sistema fisico, sono: lo spazio costiero libero, l’estensione dell’arenile e la disponibilità di sabbia, la prevalenza di quota libera del terreno rispetto al mare, lo spazio e la possibilità per il naturale deflusso fluviale a mare, la disponibilità di acque dolci sotterranee.

evoluzione ed in possibile regressione. Quando questi contrasti diventano eclatanti, si supera la soglia di accettabilità del rischio, di erosione della fascia di spiaggia, con sottrazione di spazio all’attività balneare, distruzione di infrastrutture, manufatti ed insediamenti, ingressione marina dovuta all’abbassamento delle quote con inondazione e allagamento di grandi estensioni depresse nell’entroterra. 1.2.1. L’erosione costiera I primi fenomeni di erosione si sono manifestati all’inizio del ‘900 in corrispondenza di alcune cuspidi fluviali e nelle spiagge a nord dei moli portuali di Rimini e Porto Garibaldi, in seguito al prolungamento degli stessi. Ma è nel secondo dopoguerra che il degrado ambientale (erosione delle spiagge ed eutrofizzazione delle acque costiere) ha assunto dimensioni eclatanti, fino ad arrivare, negli anni ’70, a compromettere lo sviluppo dell’industria turisticobalneare, nel frattempo

Sulla costa, a causa del bisogno di sicurezza necessario allo sviluppo, si acuisce il contrasto tra la necessità di considerare stabili zone che, per loro natura, stabili non sono e la fragilità del sistema fisico, perennemente in

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diventata leader in Europa. La difesa dall’erosione era stata avviata dallo Stato fin dagli anni ’30, con la costruzione delle prime scogliere parallele emerse a Porto Garibaldi. Con un massiccio sforzo tecnico ed economico la difesa delle spiagge è ripresa nel 1947 ed è proseguita nei decenni successivi. Nel periodo 19501980 sono stati protetti con opere rigide circa 54 km di litorale, mentre tra il 1980 e il 2006 ne sono stati difesi solo altri 12 km. Questo cambiamento di tendenza nella strategia di difesa, è avvenuto a seguito dalle indicazioni emerse dal Piano Costa Regionale del 1981 che, dopo aver evidenziato il forte impatto paesaggistico-ambientale prodotto dalle opere ha per la prima volta in Italia indicato come alternativa il ripascimento delle spiagge. Così, nel 1983 la Regione ha dato il via al primo grande intervento di ripascimento realizzato in Italia utilizzando prevalentemente sabbie di cava a terra e litoranee. Pur con difficoltà e discontinuità, questa tecnica è stata portata avanti nei decenni successivi utilizzando fonti a terra e litoranee, fino al 2002 e al 2007, quando sono stati realizzati due grandi interventi con sabbia prelevata da accumuli sabbiosi sottomarini individuati al largo della costa nel 1984 e successivamente studiati nel dettaglio con ulteriori campagne di ricerche in mare (1990, 2001, 2009). Secondo i calcoli effettuati nell’ambito della redazione dell’ultimo studio di ARPA (2008), il volume totale di materiale sabbioso portato a ripascimento (da diverse fonti di provenienza) sulle spiagge emiliano-romagnole dal 1984 al 2007 è stato di circa 8,1 milioni di mc.

1.2.2. La subsidenza e l’innalzamento del livello del mare Dal Piano Costa 1981 e dagli studi successivi (1996, 2000, 2007) sono inoltre derivate anche le prime importanti iniziative volte a inquadrare ed affrontare l’altra causa principale dell’erosione costiera: la subsidenza. Si tratta di un fenomeno di abbassamento del suolo che può essere determinato sia da cause naturali (tettonica, isostasia, compattazione dei sedimenti) che antropiche (come ad esempio i prelievi di fluidi dal sottosuolo, bonifiche, ecc). In corrispondenza dell’area costiera emiliano-romagnola, l’entità degli abbassamenti dovuti a cause naturali è dell’ordine di pochi millimetri l’anno, mentre la subsidenza antropica ha raggiunto negli anni 1940-1980 velocità massime di 50 mm/anno. Le cause accertate risultano essere l’opera di bonifica di vaste aree paludose nell’area ravennate e ferrarese, l’estrazione di acqua di falda tramite i migliaia di pozzi dislocati nel territorio e, nell’area compresa tra Cesenatico e Porto Garibaldi, la coltivazione di decine di giacimenti di metano a terra e in mare. Queste attività hanno decuplicato la velocità di abbassamento del suolo. Per avere un’idea dell’impatto di questo fenomeno si pensi che tra il 1950 e il 2000 Rimini ha perso circa 63 cm di quota, mentre l’intero territorio costiero a nord di Cesenatico si è abbassato di 1 m rispetto al medio mare. A questo fenomeno si affianca in maniera parallela quello dell’innalzamento del livello del mare, diretta conseguenza dei cambiamenti climatici in atto, che fa sì che gran parte delle piane costiere italiane risultino oggi soggette al rischio di inondazione per ingressione marina. Tra le più probabili conseguenze di questo fenome32


no sulla costa emiliano-romagnola si possono prevedere, con effetti a breve e lungo termine, l’incremento dell’impatto delle onde sulle spiagge e sulle opere portuali, il peggioramento dei problemi di erosione, l’allagamento di porzioni depresse della piana per innalzamento della falda superficiale, e l’incremento dei fenomeni di intrusione d’acqua marina negli acquiferi.

granuli, ridistribuendoli lungo il profilo trasversale di ogni spiaggia. La sabbia è la componente più importante ai fini del mantenimento dell’equilibrio del litorale: se gli apporti di sabbia sono superiori alla capacità ridistributiva del mare la spiaggia avanza, diversamente viene erosa e arretra. Pur con stasi e arretramenti locali, negli ultimi 6.000 anni la linea di costa è sempre avanzata. Nel corso del Novecento si assiste ad un’inversione di tendenza per cui l’erosione, dapprima limitata ad alcune zone specifiche, finisce per interessare tutto il litorale regionale. Tra le cause principali di questo fenomeno vi è la riduzione degli apporti di sabbia al mare da parte dei corsi d’acqua, diretta conseguenza di una serie di fattori: le escavazioni di inerti lungo gli alvei dei fiumi, la realizzazione di migliaia di opere di regimazione lungo gli alvei, la difesa dei versanti montani dalle frane, la mancata pu-

1.2.3. La diminuzione del trasporto solido I corsi d’acqua sono la principale fonte di alimentazione del litorale emiliano-romagnolo. La sabbia e la ghiaia, ma anche i limi, portati a mare dai fiumi vengono infatti trasportati per decine di chilometri dalla corrente litoranea e vanno a formare la spiaggia emersa, quella sommersa e le dune. L’energia del mare e quella del vento (limitatamente alla spiaggia emersa) operano la selezione dei

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lizia degli alvei in pianura e l’abbandono delle aree montane da parte della popolazione rurale; quest’ultimo fattore determina una riduzione del seminativo, più erodibile, a favore della diffusione di boschi e prati, meno erodibili. Nel corso degli anni ‘90 il fenomeno si accentua ulteriormente, complice anche la riduzione della piovosità dovuta ai cambiamenti climatici. Un incremento degli apporti di sabbia al mare da parte dei fiumi si può ottenere, occorre intervenire oculatamente sui fattori descritti. In sostanza, solo attraverso una stima quantitativa dell’apporto di sedimenti è possibile pianificare interventi volti alla gestione e alo sfruttamento sostenibile dei sistemi costieri. Sulla base di tali considerazioni, peraltro espressamente evidenziate nel testo della Legge 183/89, le Autorità di Bacino presenti sul territorio regionale hanno recentemente predisposto specifiche attività di studio sul trasporto solido fluviale e progetti finalizzati a realizzare reti di monitoraggio del trasporto solido, in sospensione e al fondo, lungo i principali orsi d’acqua di propria competenza.

1.3. GIZC: un piano di azione ambientale per un futuro sostenibile Le attività umane nelle zone costiere (industria, turismo, agricoltura, pesca, acquicoltura, produzione energetica), sviluppandosi simultaneamente sulla stretta fascia litoranea, entrano in conflitto tra loro e con le esigenze di tutela degli ambienti naturali e paesaggistici. Le forti variazioni stagionali dell’attività turistica e delle pressioni ambientali ad essa associate costituiscono una complicazione supplementare per uno sviluppo sostenibile delle zone costiere. La consapevolezza della loro criticità e della necessità di una migliore gestione sfocia nei diversi Paesi in normative specifiche, strategie nazionali, piani di assetto regionali, studi e ricerche, misure legislative e strumenti la cui applicazione dovrebbe contribuire alla protezione dell’ambiente litoraneo. Il tema della Gestione Integrata delle Zone Costiere è stato sviluppato concretamente dalla UE da oltre un decennio. Una buona gestione delle zone costiere si basa sulla comprensione delle dinamiche e dei processi naturali dei sistemi litoranei, per assecondarli, non contrastandoli, ampliando le opzioni a lungo termine e rendendole attività più sostenibili dal punto di vista ambientale, più remunerative nel lungo periodo, riconoscendo l’incertezza del futuro e promuovendo un approccio sistemico e flessibile, integrando i processi di pianificazione e programmazione di tutti i soggetti interessati mediante un coinvolgimento che crei impegno e responsabilità condivise, secondo logiche di concertazione e partecipazione. 34


Regioni soltanto nel 2001. Il piano costiero del 1981 indicava la difesa “morbida”, come il ripascimento, quale strumento migliore per contrastare i fenomeni di erosione e di rischio di sommersione, evitando così la realizzazione di nuove opere di difesa rigide. Sempre in quegli anni, la Regione Emilia-Romagna ha imposto il blocco alle escavazioni di sabbia e ghiaia dai letti dei fiumi (Deliberazione della Giunta Regionale n.1300 del 1982), al fine di permettere l’incremento del trasporto solido fluviale, utile per il ripascimento naturale dei litorali. In questo percorso si inserisce anche la Deliberazione del Consiglio Regionale n. 72 nell’anno 1983, in cui si regolamenta e limita il prelievo di fluidi sotterranei nelle aree costiere, al fine di ridurre il tasso di subsidenza (abbassamento del terreno) e quindi la vulnerabilità, delle zone costiere e dell’entroterra, all’ingressione marina.

1.3.1. La Gestione Integrata delle Zone Costiere in UE Dal 1996 al 1999 la Commissione Europea realizza un Programma Dimostrativo sulla Gestione Integrata delle Zone Costiere, organizzato intorno ad una serie di progetti dimostrativi e studi tematici, finalizzato ad identificare e promuovere misure volte al rimedio delle situazioni di degrado e al miglioramento delle condizioni generali delle zone costiere europee. Nel 2000 la Commissione adotta due documenti che costituiscono ad oggi i principali riferimenti dell’azione comunitaria in materia: la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo “Gestione Integrata delle Zone Costiere: una strategia per l’Europa” (COM/00/547 del 17 settembre 2000), e la Proposta per una Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all’attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa (adottata il 30 maggio 2002). 1.3.2. La GIZC nella Regione Emilia-Romagna La Regione Emilia-Romagna ha ormai più di 30 anni di esperienza nella protezione delle zone costiere, da quando cioè il livello amministrativo regionale viene creato, in Italia, negli anni ‘70. La prima legge regionale in materia di protezione della costa è stata infatti la Legge Regionale 7/1979. Da questo atto è disceso il primo Piano Costa 1981 (approvato nel 1983) seguito da un secondo progetto di Piano nel 1996, e da relazioni sullo stato del litorale negli anni 2000 e 2007. È opportuno sottolineare che le competenze in materia di difesa della costa sono stati trasferite dal Governo alle 35


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si mantiene meno intensivo solamente a nord di Ravenna, basato più sulle seconde case che sugli alberghi, come accade per esempio a Marina Romea, Marina di Ravenna e in particolar modo ai lidi ferraresi.

1.4. Gli anni del boom turistico in Riviera 1.4.1. Gli anni del turismo di massa La storia turistica di questa zona litoranea ha inizio già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, ma le radici di tale affermazione vanno ricercate nelle scelte maturate tra gli anni ‘20 e gli anni ‘60 del Novecento, ovvero nell’epoca del turismo di massa spontaneo, quando questa destinazione giunge a conquistare il ceto medio italiano e la classe operaia europea. Tutte le località, anche quelle minori, trovano un proprio bacino d’utenza e la costa diviene presto una fila ininterrotta di ombrelloni, da Cattolica fino a Cervia. Sulla spinta del profitto, sorgono conurbazioni turistiche di decine di km, secondo una logica insediativa di massima densificazione ed occupazione del fronte mare. Lo sviluppo

Le località della Costa romagnola si attivano fin da subito per dotarsi di organismi di promozione (nel 1926 nascono le Aziende autonome comunali di cura, soggiorno e turismo e nel 1936 gli Enti provinciali del turismo) ma anche nella creazione del prodotto turistico, anche e soprattutto sui mercati internazionali. Sul finire degli anni ‘60 però il prodotto turistico inizia a dare segni di stanchezza, infatti si fa sempre più intensa la concorrenza degli altri Paesi del Mediterraneo, in primo luogo la Spagna. Difatti, l’emergere di un modello incentrato sulla presenza di grandi società di intermediazione (tour operator, catene di agenzie di viaggio,

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società di voli charter) indebolisce la posizione della Riviera Romagnola sul mercato internazionale. Tuttavia non si assiste ad una vera e propria crisi, poiché proprio in quegli anni il turismo interno assume una connotazione di massa e quote crescenti di italiani la scelgono come destinazione. L’esito complessivo è quindi quello di un cambiamento nella composizione della clientela ed un posizionamento più debole sui mercati internazionali. L’epoca del turismo organizzato coincide quindi con un ripiegamento verso la clientela italiana, all’insegna di un prodotto che sposta l’attenzione dalla spiaggia alla città, dal giorno alla notte. Le località della costa, soprattutto quelle dell’area riminese, elaborano un nuovo prodotto turistico che intercetta la domanda di servizi ricreativi della generazione dei baby-boomers: il cosiddetto “divertimentificio”. Per tutti gli anni ‘80 si propone al pubblico, ormai quasi esclusivamente italiano, una diversa concezione del mare, ovvero il “turismo della costa”, incentrato sui divertimenti nella loro accezione più ampia, dai parchi tematici alle discoteche alle sale giochi. In realtà i primi parchi tematici sorgevano già nel corso degli anni ‘60, come anche le sale da ballo e i nightclub. Ciò che cambia, negli anni ‘80, è la dimensione del fenomeno, infatti i maggiori investimenti si dirigono verso la realizzazione di discoteche e sale da gioco, in particolar modo a Rimini e a Riccione. Sempre in questi anni conosce profonde trasformazioni anche il comparto dei parchi tematici (nel 1987 Acquafan a Riccione, nel 1992 Mirabilandia a Ravenna e nel 1997 Le Navi a Cattolica).

Con il sopraggiungere degli anni ‘90, però, il mondo delle discoteche entra in una fase di stagnazione: si conclude in un certo senso il ciclo del turismo di massa. A segnare questo cambiamento è anche nel 1989 l’arrivo delle mucillagini che, rendendo il mare non balneabile, produce un crollo verticale delle presenze turistiche. Gli effetti di questo evento si protraggono per molti anni, motivo per il quale ad un certo punto si rende necessaria la ricostruzione di una nuova offerta turistica.

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strumento importante per affermare questa politica e attualmente i progetti in corso di implementazione sono numerosi. Alcuni di questi hanno come oggetto la sostenibilità ambientale e, proprio in relazione a questo tema, si è ritenuto di coinvolgere ARPA, in quanto importante interlocutore per le tematiche ambientali. L’obiettivo è quello di incrementare i flussi turistici e favorire le presenze fuori stagione nelle principali destinazioni della Riviera. Si intende garantire un approccio integrato nella pianificazione dello sviluppo turistico, assicurando sinergie con le politiche regionali e promuovendo non solo le destinazioni turistiche più note ma anche le zone più periferiche e rurali.

1.4.2. Il turismo della Riviera cambia prospettiva Superata la fase del turismo di massa, a partire dal nuovo millennio la Riviera Romagnola intraprende così la strada della diversificazione turistica. Affermandosi il modello della vacanza culturale, grazie alla valorizzazione delle località dell’entroterra e la promozione di un ampio ventaglio di itinerari naturalistici e storici, la Riviera, nell’immaginario collettivo, non risulta più associata esclusivamente al concetto di turismo balneare, sebbene ne sia tuttora considerata una delle mete privilegiate a livello nazionale ed internazionale. Infatti, se attualmente la Regione Emilia-Romagna si posiziona all’undicesimo posto nell’elenco delle principali destinazioni turistiche europee e al terzo posto fra le regioni italiane, la ragione è da ricercarsi quasi esclusivamente nella capacità di attrazione delle località costiere. Secondo i dati del 2016, dedotti dall’Osservatorio sul turismo dell’Emilia-Romagna, il peso della Riviera Romagnola rispetto al movimento complessivo regionale risulta essere pari al 63,1%.

La Riviera da oltre mezzo secolo è uno dei principali bacini turistici d’Europa, ogni anno ospita milioni di turisti provenienti da tante nazioni diverse. La dimensione internazionale del suo territorio ha portato alla creazione di una cornice di relazioni istituzionali capace di collocarlo saldamente all’interno del territorio europeo. I programmi comunitari rappresentano uno 40


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Consorzio Acque per le Province di Forlì e Ravenna, vi aderiscono una ventina di comuni, tra cui inizialmente anche quello di Rimini. Il Ministero dei Lavori Pubblici approva con decreto la nascita del Consorzio per la costruzione di una diga. Il progetto dell’Acquedotto della Romagna è praticamente pronto ma l’avvio dei lavori viene ritardato dagli oppositori, che ritengono sufficiente l’approvvigionamento di acqua potabile dalle falde. Nel 1974, dopo gli anni perduti per superare l’opposizione dei contrari, la progettazione dell’imponente diga nell’entroterra è conclusa: viene scelto

1.5. La sete della Riviera e il ruolo di Romagna Acque L’acqua è un bene prezioso e lo è soprattutto in Romagna all’inizio degli anni ‘60. Il boom turistico che si verifica in questi anni, se da un lato è un importante motore per il progresso economico e sociale della Riviera, dall’altro mette in ginocchio le amministrazioni, che non possono garantire la fornitura d’acqua ai propri cittadini. Si assiste anche all’incremento della popolazione urbana, in buona parte legato alla grande immigrazione che si verifica dalle campagne e dalle zone appenniniche, fenomeno epocale che cambia il volto di tutta l’Italia negli anni del cosiddetto “miracolo economico”. La principale fonte di approvvigionamento sono le falde sotterranee ma è chiaro che non vi si possa continuare ad emungere acqua di qualità in quantità sufficiente alle crescenti esigenze degli insediamenti. 1.5.1. L’Acquedotto di Romagna dalle origini ad oggi La popolazione della costa soffre la carenza di acqua potabile già dalla metà del XX secolo. Negli anni ‘60, contestualmente allo sviluppo dell’industria ma soprattutto del settore turistico, il fabbisogno di acqua rende improcrastinabile una risposta da parte degli amministratori. Viene ripreso un Piano, elaborato negli anni ‘30 dal Consorzio di bonifica Forlì-Predappio, che prevede la costruzione di una grande diga ad uso idroelettrico e ne viene corretta la destinazione d’uso alla potabilità. Nel 1966, con una scelta saggia e lungimirante, gli amministratori locali dell’epoca decidono di dare vita al 42


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il sito di Ridracoli, nella valle del Bidente, a 476 m di altitudine e a circa 50 km dal capoluogo Forlì. L’anno seguente è avviata la sua costruzione, che è tenacemente perseguita nonostante le enormi difficoltà di ordine finanziario e politico incontrate. Si tratta della prima grande opera del Consorzio e il passo decisivo per la realizzazione dell’intero Acquedotto di Romagna. I lavori procedono speditamente, in soli sei anni, tra il 1982 e il 1988, vengono progettate, finanziate, appaltate e realizzate infrastrutture imponenti: due gallerie in roccia della lunghezza di 13 km, la centrale idroelettrica di Isola, l’impianto di pota-

bilizzazione di Capaccio, la condotta principale lunga 33 km e di diametro 1400 mm, i serbatoi di carico a Monte Casale di Bertinoro da 60.000 mc e quello di Forlì da 10.000 mc. “Ridracoli è indispensabile, partendo dal presupposto che la Romagna è in grave deficit idrico. Buona parte dell’approvvigionamento viene dai pozzi artesiani, che per motivi di inquinamento, salinizzazione e abbassamento delle falde, devono andare incontro ad una progressiva chiusura. La situazione è drammatica e non più sopportabile” (Giorgio Ceredi, Consiglio Regionale, 9 febbraio 1977).

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L’Acquedotto della Romagna viene inaugurato il 9 aprile 1988: ben presto il rifornimento idrico viene assicurato dalla Diga di Ridracoli, la più costosa opera pubblica realizzata in Romagna nel XX secolo (570 miliardi delle allora lire). La rete dell’Acquedotto raggiunge cinquanta comuni tra Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini e la Repubblica di San Marino. In tutto fornisce acqua a circa un milione di persone.

1.5.2. La storia tormentata con il territorio riminese I rapporti tra il Consorzio Acque e il Comune di Rimini hanno una storia piuttosto tormentata. Negli anni ‘70 Rimini si sottrae al Consorzio e intende costruire una diga tra i comuni di Misano Adriatico e Cattolica, per mantenere un certo grado di indipen-

Nel 1994 il Consorzio Acque diviene Romagna Acque S.p.A. e nel 2004 diviene Società delle Fonti, assumendo il ruolo di unico proprietario e, dal 2008, anche unico gestore di tutte le fonti locali di acqua potabile per uso civile sull’area di pertinenza. Ancora oggi la Diga di Ridracoli assicura l’approvvigionamento d’acqua potabile ai Comuni romagnoli, con un funzionamento ininterrotto da quasi trent’anni. La rete idrica della Romagna, i cui principali fornitori sono rappresentati dalla Diga di Ridracoli, quella sotterranea del Marecchia e il potabilizzatore di Ravenna (ed in parte la Diga del Conca e i vari pozzi superficiali distribuiti sul territorio romagnolo), le permette di essere autosufficiente anche durante il periodo estivo, nonostante il maggior consumo dovuto al turismo costiero. La situazione di equilibrio che si è instaurata permette di limitare, oltre alla carenza idrica, anche il fenomeno della subsidenza e la conseguente avanzata del mare ed erosione del litorale. denza per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico del proprio territorio. Così, tra il 1972 e il 1974, viene realizzata una diga sul fiume Conca con relativo invaso artificiale, con lo 47


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scopo di rifornire e mantenere a livello le falde acquifere e al contempo contrastare il fenomeno della subsidenza. Il livello minimo per lo sfruttamento della risorsa viene fissato a 2,20 m.

Intendendo dimostrarsi autosufficiente dal punto di vista idrico, giunge persino al paradosso di chiudere le saracinesche delle condotte provenienti dalla Diga di Ridracoli. Zanniboni tenta di nuovo di intercedere e di convincere il Comune di Rimini a riprendere i contatti con il Consorzio, proponendogli di acquistare acqua a prezzi e quantità diverse nei diversi mesi dell’anno. Infine si giunge ad un accordo, 12 milioni di mc di acqua proverranno da Ridracoli. Riprendono anche gli investimenti nel territorio riminese, prima bloccati, con il dispiegamento della rete idrica da Cattolica a Bellaria, con la costruzione del mega-serbatoio a Covignano e il collegamento con la Diga del Conca.

“Se Rimini sembrava potesse dormire - per il momento - sonni tutto sommato tranquilli grazie al Marecchia, non poteva dirsi lo stesso per i Comuni vicini, specie per quelli che la frapponevano al confine con le Marche e per i piccoli centri sulle prime colline, che dovevano fare i conti con una cronica carenza di risorse idriche” (A. Malfitano, Il Governo dell’Acqua, 2016). Le previsioni sull’autosufficienza idrica riminese già allora non sono delle più ottimistiche e inoltre la Diga del Conca, ubicata a soli 3 km dalla foce, genera sin da subito non pochi problemi di interrimento. Tuttavia l’invaso viene utilizzato per lungo tempo per l’approvvigionamento idrico della provincia.

Nel 2004 Sis cede la proprietà dell’impianto e dei pozzi a Romagna Acque - Società delle Fonti. Sis, che rappresenta 14 comuni, detiene metà della proprietà degli immobili esistenti. L’altra metà appartiene a Romagna Acque.

Nei primi anni ‘80, Zanniboni (ex sindaco di Forlì e Presidente di Romagna Acque) riprendere le fila dei ragionamenti sul territorio riminese e arriva ad annunciare nell’Assemblea dei Soci che Rimini rientra a pieno titolo nel Consorzio. Ben presto seguono anche tutti gli altri comuni della provincia e la Repubblica di San Marino. Come si diceva, nel 1988 viene inaugurato l’Acquedotto della Romagna quindi rifornimento idrico è assicurato dalla Diga di Ridracoli. Inoltre dal 1988 al 1990 si verifica una crisi idrica, anche questa aiuta in qualche a superare diffidenze ed ostacoli.

Per limitare i prelievi dalla Diga di Ridracoli e dalle falde superficiali della Valconca, il potabilizzatore del Conca fornisce nei mesi estivi quasi 400.000 mc d’acqua, rispetto ai 248.000 del 2006 e ai 151.000 del 2005. Questo utilizzo intenso, nel contesto di un apporto idrico praticamente nullo, determina un abbassamento notevole del livello dell’invaso, che raggiunge valori di circa 1,85 m (il livello minimo per lo sfruttamento della risorsa - a garanzia dell’acqua prodotta - era stato fissato a 2,20 m), misurati sulla soglia delle paratoie di sbarramento. In questa fase vengono quindi intensificati i controlli sulla qualità dell’acqua, pertanto, data anche l’oggettiva mancanza di acqua nell’invaso, Hera

Le divergenze riemergono però dieci anni dopo: Rimini si trova nuovamente in contrasto con Ridracoli, con Romagna Acque e con i comuni romagnoli. 50


decide di interrompere l’approvvigionamento idrico dal bacino del Conca e di servirsi unicamente dell’acqua di Ridracoli e delle falde superficiali. Il bacino del Conca viene oggi impiegato prevalentemente per usi agricoli, mentre viene utilizzato durante il periodo estivo per far fronte alla maggior richiesta idrica, tant’è che le paratie della diga vengono chiuse limitatamente al periodo giugno-settembre.

sinergico con i sistemi acquedottistici delle Fonti Locali delle tre Province (che la Società ha in gestione dal 1 gennaio 2009). Tale complesso acquedottistico trae origine dalla derivazione di acque pubbliche presenti nel territorio ed è costituito da opere, infrastrutture, impianti di rilievo intercomprensoriale, interprovinciale e interregionale. Gli impianti sono utilizzati per la raccolta dell’acqua (captazione), il passaggio al successivo trattamento (potabilizzazione o altro processo intermedio) e quindi la consegna, in alcuni casi anche attraverso il transito in serbatoi di accumulo (adduzione), al gestore del servizio idrico, il Gruppo HERA, che provvede alla successiva distribuzione all’utente finale. L’attività di produzione di acqua potabile da parte di Romagna Acque si sviluppa attraverso fonti di vario genere (di superficie e di falda) e di differente dimensione, dislocate in tutte le province del territorio. Sia dal punto di vista storico che in termini di apporto,

1.5.3. Le fonti di approvvigionamento delle tre Province Romagna Acque è la Società per Azioni, a capitale totalmente pubblico, proprietaria di tutte le fonti idropotabili per usi civili della Romagna, che effettua la produzione e la fornitura all’ingrosso della risorsa per le Province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, al gestore del Servizio Idrico Integrato (SII) per mezzo di un sistema acquedottistico, rappresentato principalmente dall’Acquedotto della Romagna,

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la fonte di gran lunga più importante è la Diga di Ridracoli. A questa fonte, che tuttora produce in media la metà del fabbisogno idropotabile del territorio, se ne aggiungono numerose altre, tutte di proprietà e nella gestione di Romagna Acque. Nello specifico si tratta di diverse tipologie di fonti: prevalentemente acque di falda nel riminese, prevalentemente acqua di superficie nel ravennate, entrambe nel territorio forlivese e cesenate. Ogni tipologia di acqua presenta differenti caratteristiche organolettiche e viene trattata negli impianti dislocati in vari punti del territorio romagnolo.

Con l’entrata a regime dell’impianto di potabilizzazione Standiana di Ravenna (avvenuta nell’ultimo trimestre del 2015) si potrà produrre il 25% del volume idrico richiesto dal sistema, che andrà a ridurre del 50% il volume prelevato dalle falde utilizzate. Si tratta di una grande opera che rafforza la dotazione infrastrutturale fornendo al tempo stesso garanzie di continuità del servizio e di approvvigionamento non solo al territorio ravennate. Nel Comune di Lugo si evidenzia la presenza di un impianto di trattamento di acque provenienti da pozzi situati in zone limitrofe, in funzione solo in determinati periodi dell’anno e in caso di siccità.

Le fonti idriche della Provincia di Ravenna Il territorio ravennate concorre alla produzione di un volume idrico mediamente pari al 17% del fabbisogno totale, prevalentemente attraverso acque di superficie derivanti dal fiume Lamone, dal fiume Reno e dal Canale Emiliano Romagnolo (CER). Tali acque vengono poi trattate nell’impianto di potabilizzazione Bassette di Ravenna.

Le fonti idriche della Provincia di Forlì-Cesena Il territorio concorre alla produzione di un volume idrico mediamente pari al 61% del fabbisogno totale. La principale fonte di approvvigionamento è rappresentata dall’invaso artificiale di Ridracoli, che soddisfa circa il 50% del fabbisogno totale, e viene deri-

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vata dagli alti corsi dei fiumi Bidente (bacino imbrifero diretto e bacini laterali dei torrenti Rio Bacine, Bidente di Campigna, Bidente di Celle), Rabbi (fiume minore) e da bacini idrografici ricadenti all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Oltre a Ridracoli, nel territorio della provincia di Forlì-Cesena sono presenti altre fonti, prevalentemente di falda.

lieri, concorre alla produzione di un volume idrico pari al 2% sul totale delle fonti idriche riminesi, mentre sul fabbisogno totale concorre solo per lo 0,44%.

Le fonti idriche della Provincia di Rimini Il territorio riminese concorre alla produzione idrica del restante 22% del totale. E’ caratterizzato storicamente dalla fruizione di acqua di falda, estratta attraverso numerosi pozzi dislocati in varie zone del territorio provinciale. Le due principali fonti di alimentazione delle falde sono rappresentate dalla conoide del Marecchia e da quella del Conca, nella quale è inoltre presente l’omonima diga. L’acqua intercettata dall’invaso del Conca, limitatamente al periodo estivo, con valori di 8.000 mc giorna-

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2 L’invaso del Conca come residuo del ‘boom turistico’


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In Riviera, a cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70, la costruzione delle città balneari modifica il panorama dei litorali, mostrando la capacità del turismo di innescare processi di cambiamento nelle dinamiche di trasformazione urbana. Questa tendenza si traduce nella costruzione di nuove infrastrutture capaci di soddisfare i bisogni della collettività e le esigenze del turismo. L’oggetto di questa tesi rientra nel tema delle infrastrutture prodotte dal fenomeno del turismo di massa, che oggi risultano obsolete, veri e propri residui del boom. L’invaso artificiale del Conca viene realizzato, come si è detto al capitolo precedente, tra il 1972 e il 1974 con lo scopo di ravvenare le falde in seguito ai consistenti emungimenti effettuati dai pozzi dislo-

cati lungo il bacino dell’omonimo torrente. Il picco della domanda estiva, dovuta alla forte stagionalità con la quale il turismo investe questi luoghi, fa sì che gli emungimenti arrivino ad essere indiscriminati, pertanto si rende necessaria la costruzione di un’opera che in qualche modo trovi una soluzione a questo problema. Il grande gap di questo progetto ambizioso portato avanti dalle Amministrazioni è quello di non aver considerato che la realizzazione di un invaso, a soli 3 km di distanza dalla costa, avrebbe generato una serie di problemi, in particolare quello dell’accumulo di un’ingente quantità di sedimenti portati a valle dal torrente, problema con il quale oggi l’intero sistema si trova a dover fare i conti. 59


Grazie alla collaborazione con il Dr. Ing. Leonardo Schippa, è stato possibile reperire una serie di informazioni utili ai fini di questa tesi e alla comprensione delle dinamiche che hanno interessato l’Invaso del Conca dalla sua progettazione alla sua realizzazione, ma soprattutto gli studi sul regime del trasporto solido del torrente e gli interventi che vi si sono susseguiti dalla realizzazione al 1999, anno in cui la Regione Emilia-Romagna commissiona al suddetto Dr. Ing. Leonardo Schippa e al Prof. Ing. Alberto Lamberti l’incarico di consulenza per Studi atti a giungere alla progettazione di un by-pass all’invaso sul fiume Conca. Di seguito son riportati i dati dedotti dal loro Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dell’Invaso del Conca. Quanto segue è tratto dalla Relazione e dai relativi elaborati che corredano l’intero studio citato.

2.1. Dal progetto della diga alla sua realizzazione Le ragioni della sua costruzione sono molteplici e molte di queste derivano da problematiche dovute a fenomeni

Il progetto di costruzione dell’Invaso artificiale del Conca risale al 1969, per merito dei progettisti Zanetti-Forlani. 60


in atto ad una più ampia scala. In primis, il picco della domanda idrica estiva, dovuta alla forte stagionalità del turismo balneare rivierasco, e l’aumento demografico della popolazione locale esigono al più presto una risposta e, come si è detto al capitolo precedente, dal momento che i rapporti tra Rimini e l’Acquedotto di Romagna hanno un andamento piuttosto altale-

nante, si decide di mantenere un certo grado di indipendenza e realizzare uno sbarramento, con relativo invaso artificiale, lungo il corso del torrente Conca. Il fine è quello di creare un serbatoio artificiale che, contenendo parte delle portate primaverili, integri

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per far sì che parte dello sfruttamento della risorsa sotterranea possa essere sostituito dalla risorsa superficiale,

le portate di magra estive e consenta la ricarica naturale delle falde del Conca, da cui attingono i pozzi dei comuni interessati. Il bacino idrografico del Torrente Conca, infatti, insieme a quello del Fiume Marecchia, è un importante fonte di approvvigionamento idrico grazie alla presenza di migliaia di pozzi dislocati in tutto il territorio. La realizzazione dell’invaso consentirebbe quindi, da un lato di ricaricare le falde, facendo così fronte al loro abbassamento, dall’altro, essendo la superficie dell’invaso pari a quasi 50 ettari, permetterebbe di contenere una buona quantità d’acqua 62


nell’ottica di diminuire l’incidenza della velocità di abbassamento del suolo e la conseguente infiltrazione nelle falde del cuneo salino.

in Marignano e Misano Adriatico, a monte dell’Autostrada A14, tra il colle di Montalbano e la piana di Santamonica. La capacità utile di invaso prevista è di 1.748.760 mc (alla quota +16,50 m s.l.m.). Lo sbarramento viene realizzato con una struttura mista: la parte centrale, tracimabile, è composta da una parte fissa in calcestruzzo avente soglia a quota 12,00, su questa sono disposte quattro paratoie a settore lunghe 10 m ciascuna e sormontate da ventole abbattibili, che determinano una quota di massimo invaso di 16,50 m. Tramite le ventole l’invaso può essere svuotato fino alla quota 15,30 m e sollevando anche le paratoie a settore, il pelo libero si stabilizza a quota 12,00. Tramite lo scarico di fondo invece si può raggiungere la quota di massimo svaso, pari a 10,50 m. Le parti laterali, non tracimabili, sono realizzate in materiale disciolto (terra) con un diaframma interno che si alza fino alla quota di 16,50 m s.l.m., mentre l’argine raggiunge la quota di 18,50 m s.l.m. La gestione dell’invaso è affidata al Concessionario Consorzio Potenziamento Acquedotti ora SIS e regolata dal disciplinare del marzo

2.1.1. Le caratteristiche costruttive della diga e del suo invaso La realizzazione della diga e dell’invaso, che servirà quattro Comuni (Riccione, Misano Adriatico, Cattolica e Gabicce) quindi, avviene tra il 1972 e il 1974 e l’inaugurazione quasi dieci anni più tardi, nel 1983. L’ubicazione della diga è tra i comuni di San Giovanni

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1981, che stabilisce il periodo di chiusura delle paratoie a quattro mesi, da giugno a settembre, con lo scopo di non intercettare le portate autunnali, invernali e primaverili, cariche di materiali fini e grossolani utili al ripascimento del litorale.

compromette quindi la capacità utile di invaso e il suo utilizzo appieno come fonte di approvvigionamento idrico.

2.2. Gli studi e gli interventi effettuati sull’invaso

2.1.2. I primi problemi a pochi anni dalla costruzione

Con la realizzazione dello sbarramento del Conca, si riduce, fino quasi ad annullarsi, il trasporto a mare del materiale solido proveniente dal torrente, determinando una sensibile regressione della spiaggia sottoflutto alla foce. Già nel 1982, dalla perizia Elmi-Rabbi, l’arretramento della costa, alla foce del torrente, è stimata di 25 m. Al fine di ripristinare l’equilibrio della linea di costa, nel Progetto di Piano per la difesa dal mare e la riqualificazione del litorale della Regione Emilia-Romagna (IDROSER - Aprile 1996) viene indicato un intervento che ha l’obiettivo di ripristinare in toto l’apporto solido a mare dal Torrente Conca, mediante la realizzazione di una via preferenziale ai deflussi liquidi e solidi all’interno dell’invaso, in alternativa alla soluzione progettuale inizialmente prevista, ovvero la realizzazione di una canaletta di by-pass fuori alveo. L’intervento proposto in quella sede da un lato avrebbe garantito il ripascimento naturale della spiaggia senza oneri di materiale apportato, dall’altra avrebbe assicurato una capacità utile di invaso costante nel tempo.

Nonostante quanto stabilito dal disciplinare del marzo 1981, già a distanza di circa dieci anni dalla costruzione dello sbarramento, la riduzione dell’apporto a mare evidenzia effetti negativi vistosi sulla spiaggia, infatti, per far fronte alle richieste di approvvigionamento idrico, vengono concesse chiusure anticipate delle paratoie anche di due mesi (rispetto a quelle prefissate dal disciplinare dell’81). Per limitare l’apporto al bacino viene prevista in fase di progetto la costruzione di una traversa fissa, circa 1.200 m a monte dello sbarramento, di altezza 2,0 m e con capacità di trattenuta pari a 280.000 mc (corrispondente al trasporto solido al fondo di circa tre anni). Quest’opera però non viene mai realizzata, con conseguente rapido interrimento del bacino già dai primi anni di esercizio. Parallelamente al mancato apporto

solido a mare si verifica la trattenuta di un’ingente quantità di materiale solido all’interno del bacino, che ne 66


capacità utile dell’invaso, viene proposto un intervento di ripristino della stessa mediante rimozione del materiale depositato. Nel Progetto dei lavori per il rifluimento, trasporto e sistemazione a valle della diga del materiale depositatosi nell’invaso a quote superiori a quella della soglia sfiorante, vengono così confrontati due rilievi dell’invaso: il primo del 197576, poco dopo l’ultimazione dei lavori di costruzione della diga, ed il secondo del 1979-80, pochi anni prima della messa in funzione. I progettisti, Zanetti-Forlani, evidenziano che dall’esame comparativo dei due rilievi si evince

2.2.1. La proposta di ripristino della capacità utile - Zanetti-Forlani (1982) Nel 1982, valutata la riduzione della 67


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un deposito all’interno dell’invaso dell’ordine di 520.000 mc di materiale, riferito al periodo 1975-80, al quale si sommano ulteriori 120.000 mc circa di apporto dovuto al trasporto solido del periodo 1981-82, per un totale di circa 640.000 mc di materiale complessivamente depositato all’interno dell’invaso nel periodo 1975-82. Considerando come quota massima interessata dagli interrimenti quella compresa tra +14,00 e +14,50 m s.l.m. si ha una riduzione della capacità utile compresa rispettivamente tra i 502.000 e i 526.000 mc.

sabbia e ghiaia, pari a circa 23.800 mc/anno. 2.2.3. Il Progetto di Piano - IDROSER (1996) Nel 1996, nell’ambito del Progetto di Piano per la difesa dal mare e la riqualificazione del litorale della Regione Emilia-Romagna - IDROSER, viene condotto uno studio teso alla determinazione degli apporti solidi a mare per gli affluenti adriatici dal Reno al Conca. Tale studio, in assenza di misure sistematiche e protratte nel tempo, sia di contributi di torbida che di trasporti al fondo, si basa su un metodo di regionalizzazione fondato sul presupposto che la variabilità spaziale di un fenomeno associato al ciclo idrologico, nell’ambito di un contesto territoriale definito, sia modesta rispetto alla variabilità temporale dello stesso. Quindi si considera la non stazionarietà del fenomeno, principalmente dovuta al diverso uso e destinazione dei suoli, individuando dei periodi caratterizzati da trend significativamente costanti: il periodo antecedente il 1950, caratterizzato da assetto di equilibrio nel bilancio sedimentario, il periodo 1950-80, in cui è evidente una marcata riduzione degli apporti solidi a mare, ed infine il periodo successivo al 1980, cui rimane associata una ripresa dei contributi solidi trasportati a mare. I risultati ottenuti relativamente al Conca, con la specifica che si debbano ritenere notevolmente sottostimati data l’incertezza dei dati di origine, stimano un apporto di materiale solido utile a mare di 24.000 mc/anno al 1970 (quindi in assenza dell’invaso) e tra i 2.000 e i 4.000 mc/anno dal 1980 al 1995. Sebbene si tratti di valori sottostimati rende bene l’idea di quanto materiale si sia depositato all’interno dell’invaso

2.2.2. La Relazione Peritale - Elmi-Rabbi (1982) Nel 1982 la Perizia Elmi-Rabbi sostanzialmente corregge le stime precedentemente fornite dai progettisti Zanetti-Forlani, infatti per il periodo 1975-80 è stimato un apporto in volume di circa 640.000 mc e per gli anni 1980-82 di circa 150.000 mc, per un totale di circa 790.000 mc. A questo contributo va sommato il materiale sedimentato nella coda dell’invaso, non considerato nel precedente progetto Zanetti-Forlani, che ammonta a 25.000 mc. Infine gli estensori della perizia evidenziano anche che nel periodo 1980-81 venga rimosso dal bacino un volume di circa 236.000 mc di materiale. Sono inoltre eseguiti sondaggi all’interno dell’invaso, al fine di caratterizzare i sedimenti depositati sia dal punto di vista qualitativo che di componenti granulometriche, dalle quali risulta che la percentuale di ghiaia si attesta intorno allo 0,7%, quella di sabbia attorno al 19,6%, mentre la restante parte è composta da limo e argilla, non utili ai fini del ripascimento. Il trasporto totale è stimato di 116.400 mc/anno, mentre il contributo utile al ripascimento, quindi la componente di 70


diga, iniziano i lavori di dragaggio del materiale sedimentato e i lavori di ampliamento, in tempi differenti. Nel periodo 1981-92, le operazioni di dragaggio eseguite all’interno del bacino escludono la sua porzione sud occidentale, quelle del periodo 1981-90 interessano prevalentemente la porzione centrale dell’invaso e quella antistante le paratoie, mentre i lavori di ampliamento riguardano solo la porzione nord-orientale, includendo così ulteriori 125.000 mc di volume utile. Le operazioni riferite al periodo 1990-92 si concentrano invece sulla coda dell’invaso. Dalle informazioni sommarie riferite dai tecnici, si può assumere alla data del 1992, al termine degli ultimi interventi di rimozione dei sedimenti dell’invaso, uno spessore medio di deposito residuo di circa 1,4 m al di sopra del fondo originale, cioè quello alla data di costruzione dell’invaso. Considerando i rilievi aerofotogrammetrici del 1983 e del 1992 (di cui si parlerà al paragrafo 2.3.), la superficie del bacino interessata da tale interrimento residuo è stimata di 30 ettari circa, pertanto il corrispondente volume di deposito residuo al 1992 risulta di circa 420.000 mc.

e conseguentemente di quanto non ne sia giunto a mare, contribuendo anch’esso all’erosione del litorale, già in atto per un’altra serie di fenomeni. 2.2.4. I lavori di dragaggio e di ampliamento eseguiti

Nei primi 17 anni di esercizio dello sbarramento, tra il 1975 e il 1992, il volume complessivamente trattenuto

A partire dal 1981, quindi già due anni prima dell’inaugurazione della

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è di 1.263.000 mc, che corrisponderebbe ad un trasporto solido di 74.300 mc/anno. Di tale volume è stimata una frazione utile (ghiaia e sabbia) pari a 298.490 mc, ovvero 17.600 mc/ annui. Inoltre è stimato sommariamente dai tecnici del Consorzio S.I.S. un volume di materiale solido defluito a valle dello sbarramento, in occasione delle piene e a seguito dell’apertura degli scarichi di fondo, pari a circa 35.000 mc/anno. Dall’esame delle analisi granulometriche nell’invaso, si riscontra una progressiva riduzione della frazione di utile da monte verso valle. Nella zona a ridosso dello sbarramento, questa risulta mediamente pari al 20%, quindi si attribuisce, al volume di materiale solido defluito a valle, un volume utile pari a 7.000 mc/ anno. Pertanto, complessivamente, risulterebbe un trasporto totale potenziale di 109.300 mc/anno a fronte di un trasporto potenziale utile pari a 24.000 mc/anno.

Nel 1999, in occasione dello Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dell’Invaso del Conca, è stato eseguito un ulteriore rilievo aerofotogrammetrico dell’area del bacino e per un significativo tratto del torrente a monte dello stesso. Dall’esame comparativo di questo rilievo con quello datato 1983, è stato possibile perimetrare le aree che nel periodo sono state oggetto di sovralluvionamento e quelle che risulterebbero in deficit di materiale, ottenendo quindi utili informazioni a conforto delle stime dei volumi dragati nel ventennio, vengono così determinate le caratteristiche del bacino. Dal confronto con i risultati del 1983, emerge che tra la quota +14,00 e +15,00 m s.l.m. vi è un aumento della superficie di invaso associato ai lavori di ampliamento del lobo nordest e della coda del bacino, con conseguente riflesso positivo in termini di volume utile di invaso.

2.3. Il rilievo sistematico dell’Invaso (1999)

Dall’esame delle curve delle superfici di invaso del periodo 1969-99, come mostra lo Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dell’Invaso del Conca (A. Lamberti, L. Schippa), si evince che nei primi anni di esercizio della diga si verifica un forte e rapido interrimento, che interessa l’invaso fino ed oltre la quota della soglia sfiorante (12,00 m s.l.m.). Successivamente sono evidenti gli effetti di operazioni di dragaggio, rimozione di sedimenti ed ampliamento dell’invaso che, confrontando i rilievi del 1983 e del 1999, hanno prodotto un sensibile recupero di superficie utile (di circa 10 ettari) già intorno alla quota di 13,00 m s.l.m., mentre alle quote superiori ai +14,00 m s.l.m. l’incremento di superficie utile,

2.3.1. Le caratteristiche morfologiche del bacino nel periodo 1969-99

Nel 1983 viene eseguito un rilievo aerofotogrammetrico del bacino, commissionato dal Consorzio Potenziamento Acquedotti (oggi S.I.S.). Dall’esame del rilievo emergono elementi importanti per la valutazione del trasporto solido, è possibile infatti evidenziare le aree in sovralluvionamento e quelle invece interessate dai lavori di dragaggio ed ampliamento, quindi ricavare per differenza il difetto di bilancio sedimentario per puro confronto morfologico.

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tra il 1983 e il 1999 si riduce a circa 5 ettari, per poi sostanzialmente annullarsi in corrispondenza della quota di massima regolazione. Le operazioni di dragaggio ed ampliamento hanno interessato porzioni di invaso a quote non superiori a circa +15,00 m s.l.m.

le briglie ormai colme, la loro futura azione di trattenimento del deposito si riduce praticamente a zero. 2.3.3. Il bilancio sedimentario e il trasporto solido annuo Al fine di valutare l’apporto di sedimenti utili al ripascimento del litorale, lo Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dell’Invaso del Conca considera sia l’evoluzione morfologica dell’invaso, sia la prima porzione d’alveo (circa 2,8 km) interessata dall’esercizio delle briglie. I contributi che intervengono nel bilancio sedimentario sono di diversa origine: il trattenimento esercitato dalle briglie, l’interrimento del bacino e l’asportazione di materiale dell’invaso per dragaggio del depositato. Di seguito si considerano separatamente la zona dell’invaso e delle briglie. Nella prima si mettono in conto

2.3.2. Le opere trasversali di regimazione fluviale a monte dell’invaso

A partire dal 1983 vengono costruite 5 briglie a monte dell’invaso, per un tratto d’alveo di circa 2,8 km, per regolarizzare l’alveo e limitare l’apporto solido all’interno dell’invaso. Oltre a queste opere, in corrispondenza del ponte di Morciano, viene costruita una briglia, a protezione delle fondazioni del ponte, che produce un forte deposito di ghiaia a monte per un tratto di circa 4-5 km ed una erosione a valle per circa 1 km. Si rileva il completo interrimento delle opere con riprofilatura del fondo che si attesta intorno alla pendenza di equilibrio di 2,6 m/km nel tratto subito a monte dell’invaso. Il volume utile stimato trattenuto dalle briglie, nel periodo di esercizio delle 1983-99, risulta 134.800 mc, corrispondente a circa 8.500 mc/anno. Essendo 73


sia i volumi morfologici che i volumi dragati, nonché i flussi in uscita.

nella zona 3, parte centrale antistante le paratoie). Si ottiene una frazione utile media di 8.000 mc/anno. La forte discrepanza tra i valori ottenuti nei tre periodi va interpretata considerando il volume utile trattenuto dalle briglie, in esercizio a partire dal 1983, pari a circa 8.500 mc/anno.

Nella zona dell’invaso, si osserva un rapido interrimento nel periodo 1975-80, un apparente aumento della capacità utile di invaso nei periodi 1980-99 e 1983-99, pari rispettivamente a circa 187.000 mc e 133.000 mc. Tale contraddizione pare superata se si considera il bilancio complessivo dell’invaso, infatti alla differenza morfologica si devono sommare i contributi dei dragaggi. Si distinguono tre periodi significativi in considerazione dei rilievi disponibili: 1980-83, 1983-99, 1980-99. Si evidenziano distribuzioni granulometriche differenziate all’interno del bacino, con frazioni grossolane via via decrescenti verso valle e nelle aree laterali. Pertanto sono state individuate sinteticamente 5 zone a distribuzione granulometrica uniforme (come mostrato in figura). Le operazioni di dragaggio hanno interessato sostanzialmente le zone 3, 4 e 5, mentre i lavori di ampliamento sono stati limitati alle zone 1 e 5. Dalla valutazione dell’entità del materiale depositato nei tre sottoperiodi significativi (1980-83, 1983-99 e 19801999), sono stati considerati i diversi contributi di bilancio sedimentario. I flussi in uscita dall’invaso sono associati al transito delle piene, che vengono sfiorate a valle della diga, nonché al trasporto prodotto dall’apertura degli scarichi di fondo, che vengono attivati al termine del periodo di concessione per l’invaso. Una indicazione fornita dai concessionari dell’invaso fornisce una stima di trasporto in uscita mediamente variabile di 30.000-40.000 mc/anno, al quale si applica una frazione utile del 23% (valore paragonabile a quello che si ha

I bilanci sedimentari condotti nello Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dell’Invaso del Conca evidenziano una sostanziale corrispondenza di risultati per i due sottoperiodi 1983-99 e 1980-99. La differenza più sensibile, tra le stime relative al lungo periodo e quella relativa ai primi anni ‘80, è anche conseguenza del mutato uso dei suoli e dei versanti, delle attività antropiche, con particolare riferimento alle opere di regimazione e protezione idraulica che hanno avuto diretto riscontro sul regime del trasporto.

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2.4. Le condizioni in cui riversa attualmente Oggi l’Invaso del Conca riversa in una condizione di semiabbandono, il materiale sedimentato all’interno dell’invaso in corrispondenza della diga ne supera la soglia sfiorante e, sebbene sia periodicamente oggetto di costose opere di dragaggio, la situazione non è destinata che a peggiorare. Stanti le dichiarazioni di Romagna Acque - Società delle Fonti nel Bilancio di Sostenibilità 2016, negli ultimi anni il deposito di materiale all’interno del 75


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bacino risulterebbe pari a 15.000 mc/ anno, una quantità che, se confrontata con quella riscontrata nell’ambito del rilievo del 1999 (attestata attorno ai 51.000 mc annui), può sembrare irrisoria, ma se sommata al deposito di circa 1,4 m, che ormai sembra essersi consolidato sul fondo del bacino, evidenzia quanto si renda necessario un intervento di ripristino della capacità di invaso e una soluzione al problema del mancato apporto solido a mare, tema che verrà trattato nei capitoli a seguire. 2.4.1. Il rilievo topografico dell’invaso (2012)

(1999-2012) di 195.000 mc di materiale sedimentato nell’invaso. Considerato inoltre che al 1999 le briglie a monte dell’invaso avessero quasi raggiunto il loro profilo di equilibrio e considerata la loro realizzazione in differita (nell’ordine 1983, 1986, 1987, 1988, 1990), si è ritenuto di poter stimare, seppur in maniera sommaria (mancando dati certi al riguardo), una loro ulteriore capacità di trattenuta pari a quella di circa 3 anni, per un totale di altri 24.000 mc. Infine, considerata la dichiarazione del gestore della diga in merito alla fuoriuscita di materiale in occasione dell’apertura degli scarichi di fondo (che avviene normalmente al termine dell’utilizzo stagionale dello sbarramento), che sembrerebbe attestarsi intorno ai 30.000-40.000 mc/ anno, si è ritenuto di poter assumerne un valore medio di 35.000 mc/anno. La somma di quest’ultimo dato (circa 455.000 mc totali di trasporto in uscita dagli scarichi di fondo in 13 anni) con quello della quantità di materiale depositatosi nel bacino e nelle briglie, darebbe come esito finale della stima sedimentologica un totale di 674.000 mc di materiale inerte di vario genere presente all’interno dell’invaso. Si sot-

Per il controllo dei volumi netti dell’Invaso del Conca, in considerazione dell’utilizzo stagionale del bacino (normalmente da Aprile a Settembre), a cadenza triennale, nel periodo invernale, ad invaso vuoto, viene eseguito un rilievo topografico di dettaglio, in grado di garantire risultati piuttosto precisi. Dal raffronto diretto fra gli ultimi due rilievi effettuati nel 2009 e nel 2012, come si diceva, risulta un interrimento medio annuo di circa 15.000 mc, per un totale, in 13 anni 78


tolinea che non si sia tenuto conto della quantità di questo eventualmente dragato nel tempo, in quanto non è stato possibile reperire informazioni al riguardo. Ad ogni modo, dalle quote riportate nel rilievo del 2012 si evince un probabile recente dragaggio nella zona antistante la soglia della diga, che infatti risulta essere ad una quota di 12 m s.l.m, mentre, osservando la zona Nord e Sud dell’invaso e quella in prossimità della coda dello stesso, si può notare che le quote riportate arrivino gradualmente a toccare quote di 15 m s.l.m. Questo dato quindi testimonierebbe la sedimentazione all’interno del bacino di una quantità di materiale che in certi punti raggiunge addirittura i 4-5 m di spessore. Infine, è stato possibile stimare una riduzione della capacità utile di invaso tra il 1999 e il 2012 pari al 21%, mentre tra il 1975 e il 2012 pari al 33%, quindi una consistente riduzione, con-

siderati numerosi dragaggi effettuati nel tempo e l’ampliamento realizzato nel 1984. 2.4.2. Il contributo idrico odierno Il contributo che il bacino offre oggi al servizio di approvvigionamento idrico Romagna Acque S.p.A. è davvero minimo. Dal Bilancio di Sostenibilità 2016 di Romagna Acque, si evince che la quantità d’acqua captata dalla diga del Conca, nello stesso anno, sia stata pari a soli 69.415 mc, mentre quella di origine sotterranea captata dalle falde della sua conoide di 3.289.440 mc, a fronte di 21.791.598 mc di acqua captata in tutta la Provincia di Rimini. Si parla quindi di percentuali dello 0,32% sul totale complessivo dell’acqua captata dalla Provincia di Rimini e dello 0,44% sul totale complessivo dell’acqua di origine superficiale e subalveo distribuita dal Gruppo HERA S.p.A.

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La maggior parte dell’acqua captata all’interno del territorio provinciale è, infatti, costituita dai numerosi pozzi subalveo della conoide del Fiume Marecchia e dagli altrettanti pozzi sotterranei attingenti acqua di falda, mentre il soddisfacimento della richiesta idrica delle tre province romagnole è affidato alla Diga di Ridracoli, avente una capacità idrica di circa 33 milioni di mc. Inoltre l’inaugurazione nel 2015 del Potabilizzatore della Standiana, in territorio ravennate, fa si che la domanda idrica, anche nelle annate siccitose, sia comunque soddisfatta, il che rende la produzione dell’impianto del Conca non strettamente indispensabile, anche se permane comunque come fonte di approvvigionamento per il territorio sud della Provincia di Rimini. Nel 2004 Sis, che rappresenta 14 comuni, ha ceduto la proprietà dell’impianto e dei pozzi a Romagna Acque, mantenendo metà della proprietà degli immobili, un patrimonio immobiliare consistente ad oggi inutilizzato. L’Assemblea dei soci Sis ha però dato il via libera affinché si elaborino progetti per riutilizzare al meglio questi

locali. L’idea è quella di trasferire la caserma dei vigili del fuoco del Comune di Cattolica, la Protezione Civile del Comune di Riccione e la Cri di Cattolica, che gestisce il servizio in Valconca.

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3 L’analisi territoriale e le potenzialità turistiche




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occasioni di connessione ambientale e fruitiva tra il paesaggio costiero balneare e quello collinare retrostante. Il paesaggio della Valconca presenta caratteri ambivalenti: verso mare una costa densamente abitata ed urbanizzata, mentre in collina boschi e centri storici di grande valore testimoniale, ma poveri di servizi e in declino demografico. Poiché il litorale si trova ormai completamente saturo di edificazioni (per esempio nel caso di Cattolica) lo sviluppo urbano attualmente si espande verso il retrocosta, al contrario in collina si verifica l’abbandono progressivo delle attività agricole, che determina l’avanzamento delle aree boscate.

3.1. L’evoluzione nel tempo delle aree limitrofe l’invaso Il tema di tesi interessa l’ambito territoriale afferente il tratto medio-basso del Torrente Conca, ricompreso nei Comuni di Cattolica, Misano Adriatico, San Giovanni in Marignano, San Clemente e Morciano di Romagna. Si tratta di uno dei corsi d’acqua più importanti del territorio riminese e rappresenta per gli abitanti della Valconca un elemento di forte identità. L’invaso del Conca è situato in un punto strategico per le relazioni fra la vicinissima costa e l’entroterra e costituisce una delle più significative 89


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3.1.1. La costa da città lineare a città ramificata

La Foto Aerea del Volo IGM-G.A.I. del 1955 mostra il corso del Torrente Conca prima della realizzazione dell’invaso e della diga che, come si diceva, vengono costruiti tra il 1972 e il 1974. Il Conca ha un territorio definito, esteso, privo di vegetazione ripariale: le colture lambiscono il fiume. Le aree oggi urbanizzate, fino agli anni ‘60 sono completamente dedite all’agricoltura, ogni superficie disponibile è regolata e gestita dalla tessitura dei campi, che segue l’orografia, adattandosi al tracciato delle infrastrutture. Le

La Provincia di Rimini, da tempo caratterizzata da una struttura socio-economica particolarmente dinamica, si colloca ai vertici regionali per tasso di crescita della popolazione che, fin dagli anni ‘80 si estende progressivamente all’intero territorio provinciale, arrivando a interessare tutti i centri della fascia territoriale intermedia e successivamente anche i centri minori della fascia collinare e montana. 91


siepi divisorie creano un sistema di reti ecologiche, che contemporaneamente risulta funzionale all’agricoltura. Il corso d’acqua ha carattere tipicamente torrenziale ed un sistema di fossati permette l’irrigazione e gestisce i fenomeni di esondazione del Conca. Come si vede nella Foto Aerea del Volo IGM-G.A.I. è ancora stata realizzata l’autostrada e la Strada Statale si ferma alla riva destra del Torrente Conca. Un decennio più tardi, l’urbanizzazione è concentrata lungo la costa, nei Comuni di Cattolica e Misano Adriatico e nei borghi storici, Morciano di Romagna, San Clemente e San Giovanni in Marignano. Il territorio è profondamente segnato dal disegno dei campi, le cui dimensioni testimoniano un’agricoltura tradizionale praticata su tutto il territorio non urbanizzato in maniera indifferenziata. Comincia l’edificazione lungo le arterie principali tra Cattolica e San Giovanni in Marignano e a Sant’Andrea in Casale e iniziano a sorgere i alcuni importanti poli turistici di interesse sovralocale: Portoverde, vicinissimo alla foce del Torrente Conca, e il Circuito Inter-

nazionale Santa Monica (divenuto in seguito “Misano World Circuit Marco Simoncelli”), due realtà ispirare ai modelli insediativi oltreoceano. La Diga del Conca viene realizzata proprio in questi anni. Pochi anni prima, nel 1966 viene ultimato il tratto Bologna-Rimini della A14, l’Autostrada Adriatica, che collega l’Emilia-Romagna allo stivale. Nella Foto Aerea del Volo RER del 1985 si nota come l’urbanizzazione abbia occupato superfici importanti, soprattutto sulla costa, ma in parte anche nei comuni dell’entroterra. Inizia la costruzione lungo le infrastrutture perpendicolari alla costa, appaiono le aree produttive, che consumano territorio con edifici sovradimensionati (come nel caso di San Giovanni in Marignano). Il disegno dei campi denota la presenza di agricoltura di tipo intensivo: si accorpano le particelle coltivate per rendere il passaggio dei mezzi più agevole e permettere ampie aree di monocoltura e la tessitura agricola delle siepi divisorie e dei fossati sparisce progressivamente. I corsi d’acqua hanno portate inferiori e sono accompagnati da fasce di vegetazione ripariale. 92


Il fenomeno in atto oggi è quello della ramificazione della città lineare, storicamente e tipicamente rappresentativa dell’urbanizzazione della Riviera Romagnola, che tende ad insinuarsi sempre di più verso l’entroterra, nel territorio dei comuni del retrocosta. Si legge chiaramente la presenza di un “pulviscolo” disseminato sul territorio, costituito da costruzioni di varia natura (baracche, fienili, torri, ciminiere, silos, capanni, ecc) ed edifici residenziali, ormai del tutto estranei all’originaria funzione agricola, particolarmente caratterizzante questo territorio, che si rarefà dalla costa verso la direzione opposta.

dalla costa penetra nell’entroterra lungo alcune arterie principali. Le infrastrutture parallele alla costa, ovvero, in successione a partire dal litorale, la linea ferroviaria Bologna-Ancona, la Strada Statale 16 e l’Autostrada A14 Bologna-Taranto (Autostrada Adriatica), sono collegate all’entroterra attraverso un sistema di Strade Provinciali (come la Strada Provinciale 17 da Riccione e la Strada Provinciale 35 da Cattolica) e un reticolo di distribuzione locale, ordito secondo la maglia agricola. Di recente viene intrapresa una strategia di potenziamento e ampliamento della viabilità locale esistente, con lo scopo di migliorare i collegamenti e decongestionare il traffico veicolare proveniente dalla costa, diretto verso l’entroterra e viceversa. Nel 2014 viene realizzato un nuovo ponte sul Torrente Conca, tramite un tratto stradale che collega la Strada Provinciale 17 con la Strada Provinciale 35, in corrispondenza del polo produttivo di Sant’Andrea in Casale, permettendo l’attraversamento del corso d’acqua e quindi la riconnessione delle due parti. Inoltre viene realizzato il collegamento tra la Strada Provinciale 58 e la Strada Provinciale per Tavullia, che permette di alleggerire il traffico veicolare nel tratto che attraversa il centro abitato di San Giovanni in Marignano e quello di Santa Maria in Pietrafitta. Infine, nel 2016 viene completato il tratto di Autostrada A14, tra Rimini e Porto Sant’Elpidio, interessato da lavori di ampliamento da due a tre corsie, per uno sviluppo complessivo di 155 km. Il tratto interessato dai lavori, che svolge, come l’intera dorsale adriatica, una funzione di collegamento tra un territorio fortemente industrializzato

La riqualificazione urbana e territoriale rappresenta il nuovo asse strategico del sistema della pianificazione provinciale. Essa dovrà tenere conto dei caratteri dominanti del paesaggio naturale e antropico della vallata, al fine di migliorare le caratteristiche di inserimento dei manufatti edilizi e infrastrutturali nel paesaggio stesso. In accordo con i principi enunciati nel P.T.C.P. della Provincia di Rimini, adottato nel luglio 2007, si ritiene che “l’espansione del sistema insediativo abbia raggiunto una soglia di forte criticità rispetto alla consistenza e alla struttura del territorio stesso e che l’arresto dell’ulteriore consumo di territorio per l’espansione insediativa emerga come necessario obiettivo di fondo per una nuova stagione di pianificazione del territorio provinciale” e per il futuro della vallata del Conca. 3.1.2. Le infrastrutture e la mobilità La bassa e media valle del Conca appare, come si diceva, come una sorta di continuum urbanizzato che 93


superiori alla media nazionale. Allo stato attuale la domanda di mobilità si presenta molto critica, soprattutto nel periodo estivo, per la valenza turistica dell’intera costa emiliano romagnola e marchigiana. Nella tratta più trafficata, tra Rimini Sud e Riccione, si raggiungono infatti picchi di circa 110.000 veicoli giorno, con punte di circa 25.000 mezzi pesanti. Per quanto riguarda la mobilità pubblica, nel 2005 viene approvato il Trasporto Rapido Costiero per la tratta Rimini-Riccione, noto anche come “metro di costa”, che è in fase di costruzione dal 2012. L’opera collegherà la stazione di Rimini a quella di Riccione, in un secondo momento sarà realizzato il tratto di collegamento con la città di Cattolica. La linea attualmente in costruzione dovrebbe disporre di 17 stazioni e correre parallelamente alla linea ferroviaria (lato monte) per un lunghezza di 9,8 km.

con i mercati del centro e del nord Europa, è caratterizzato da tassi di crescita annuali del traffico, mediamente pari a circa il 4%, di gran lunga

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La rete ciclo-pedonale è composta di piste ciclabili realizzate affianco alle Strade Provinciali 17 e 35, da percorsi lungo le strade di importanza locale e dai percorsi sugli argini del Torrente Conca. Questi ultimi rivestono una particolare importanza strategica ai fini della fruizione dell’area dell’Invaso del Conca, di cui si parlerà nei capitoli a seguire. della prima cintura, quelli attraversati e serviti dall’autostrada. Infatti negli ultimi dieci anni, in Valnconca, sono cresciuti meno i comuni costieri, Cattolica e Misano, e molto di più quelli del retroterra, San Clemente, Morciano e San Giovanni in Marignano. La crescita della popolazione residente nei centri alle spalle della costa è legata all’espansione delle attività produttive e di servizio che si sono sviluppate in un territorio più vasto e ben connesso alle infrastrutture (SS16, A14, SSPP). Questa nuova configurazione turistica del territorio sta controbilanciando gli effetti stranianti della città balneare. Basta infatti attraversare la valle e osservarne il paesaggio per percepire che il turismo interessa un territorio più ampio: ricettivo sulla costa, intrattenimento e parchi tematici nel primo retroterra costiero, agrituristico, eno-gastronomico e culturale nei borghi malatestiani dell’entroterra.

3.2. La diversificazione dell’offerta turistica Con oltre 16 milioni di presenze turistiche l’anno e con una tradizione balneare di oltre due secoli, la riviera riminese è una delle principali destinazioni di turisti italiani ed europei. Recenti dinamiche hanno caratterizzato lo sviluppo di questo territorio, tanto che in tutta la provincia riminese è in atto un riequilibrio demografico tra entroterra e costa. Ciò, insieme alla diversificazione del turismo, sta orientando il passaggio dalla monocultura balneare verso nuovi potenziali forme di accoglienza, ospitalità e cura della persona. Oggi il turismo non è più un fenomeno squisitamente costiero, localizzato esclusivamente nelle città marittime: tutto il territorio tende a funzionare come un’unica città, come un organismo urbano dinamico in continua trasformazione.

3.2.2. Il sistema economico-turistico

3.2.1. Il riequilibrio attrattivo tra la costa e l’entroterra

La struttura produttiva della bassa e media valle del Conca è rappresentata essenzialmente dagli insediamenti turistici, concentrati prevalentemente nelle aree della costa, da servizi di attrattività sovralocale legati al turismo, ubicati nella fascia del retro-costa, dalle aree industriali ed artigiana-

L’esodo della popolazione verso la costa oggi si è interrotto ed è ripresa la crescita demografica dell’entroterra, a ritmi più alti di quelli costieri. La distribuzione delle nuove sedi produttive si è realizzata a favore dei comuni 95


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li e dalle produzioni agricole. Le aree artigianali e industriali hanno invece prediletto aree lungo le infrastrutture principali e vicine ai corsi d’acqua. Le due aree di maggiore entità, quelle di San Giovanni in Marignano e di S. Andrea in Casale a San Clemente, sono state individuate come Aree Produttive Ecologicamente Atrezzate (A.P.E.A.). Infine, le produzioni agricole occupano la quasi totalità del territorio non urbanizzato. Le strutture turistiche, tradizionalmente collocate lungo la costa, si insediano anche nell’entroterra, in particolare sotto forma di agriturismi, campeggi e bed & breakfast, che affiancano i ristoranti tradizionali. Sono presenti alcuni servizi di attrattività sovralocale legati al settore turistico, come l’Autodromo di Santa Monica a Misano Adriatico, Il Riviera Golf e il maneggio Riviera Horses di San Giovanni in Marignano, situati nella fascia retrostante l’autostrada A14, nelle immediate vicinanze dell’Invaso del Conca, e il Par-

co tematico Le Navi di Cattolica. 3.2.3. La valorizzazione dell’entroterra

turistica

La crisi del sistema turistico tradizionale romagnolo, legato all’attrattività della costa e alla stagionalità dell’impresa, ha condotto verso nuove forme di offerta turistica. Negli ultimi anni la Provincia di Rimini si sta dedicando alla promozione di nuove forme di turismo sostenibile e di qualità, basate sulla valorizzazione delle risorse ambientali del territorio, per uno sviluppo socio-economico compatibile con la salvaguardia dei valori del paesaggio. Intende perseguire l’obiettivo attraverso interventi di recupero, trasformazione e gestione, che mettano in rete i beni naturalistici e storico-culturali esistenti nell’entroterra riminese, per renderli fruibili ad un numero maggiore di utenti, sia residenti sia turisti. Per fare ciò le azioni messe in atto sono la realizzazione di infrastrutture per lo

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sviluppo del collegamento tra costa ed entroterra, la messa in rete dei beni e dei poli di eccellenza esistenti, il recupero e la valorizzazione paesaggistica di aree degradate a forte valenza ambientale e paesaggistica, la realizzazione di una segnaletica coordinata e specifica per il cicloturismo e la vacanza sportiva in genere. Gli obiettivi, oltre quello della diversificazione dell’offerta turistica, sono la destagionalizzazione e la ridistribuzione dei flussi turistici su una porzione di territorio più ampia e non più esclusivamente costiera.

nari. Nel territorio della valle, esistono una serie di percorsi enogastronomici (come ad esempio la “Strada dei vini e dei sapori dei colli di Rimini”), naturalistici ed escursionistici e numerosi itinerari legati al trekking, alla mountain-bike e al cicloturismo, che promuovono il territorio valorizzando il ricco patrimonio naturale e ambientale attraverso forme di turismo itinerante. Inoltre, fisicamente legate al Conca, vi sono le cosiddette “fosse dei mulini”, canali utilizzati per alimentare i mulini deviando l’acqua del torrente, e il frantoio Asmara, che ne testimonia le passate attività estrattive. Il paesaggio diviene il motore per lo sviluppo sostenibile della Valconca, che rappresenta un’alternativa importante al turismo balneare, da sostenere attraverso il rispetto delle peculiarità del paesaggio e alla valorizzazione dei caratteri esistenti.

L’entroterra della Valconca è caratterizzato dalla presenza di numerose testimonianze storico-culturali, come gli antichi presidi malatestiani, a partire dalla bassa valle e ad arrivare fino agli insediamenti della media e alta valle, sui crinali delle quinte colli-

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nazione turistica: la Wellness Valley. La Wellness Foundation è un’organizzazione non profit, nata nel 2003 da un’idea del fondatore e presidente di Technogym, Nerio Alessandri. L’obiettivo è quello di fare della Romagna il primo distretto internazionale di competenze nel benessere e nella qualità della vita delle persone, partendo dalla valorizzazione del patrimonio umano, sociale, storico, artistico, naturale ed enogastronomico del territorio romagnolo. Oggi la Wellness Valley è un brand forte, incisivo e attraente che sta crescendo grazie al supporto di istituzioni pubbliche, stakeholder locali e operatori privati, altamente motivati a far crescere, anche turisticamente, questo territorio sull’onda del benessere, dell’attività fisica e della buona cucina. Quello che si sta facendo ha caratteristiche positive, ottime per espandere e differenziare l’offerta turistica di una regione da decenni leader sul mercato nazionale ed internazionale delle vacanze. Ciò che viene proposto sostanzialmente è la pratica sportiva outdoor: eventi escursionistici, ciclistici, su percorsi stradali e tracciati sterrati. Viene inoltre organizzata ogni anno la Wellness Week, una settimana ricca di eventi sportivi di ogni genere, capace di attrarre una moltitudine di turisti.

3.2.4. La Wellness Valley Da quando i territori hanno assunto un maggior peso sui mercati turistici ed è cresciuto l’appeal delle singole destinazioni, l’Emilia-Romagna ha voluto rispondere dando un importante segnale al mercato delle vacanze mettendo a punto una nuova desti-

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4 La salvaguardia dell’ambiente fluviale


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Il territorio della valle, è stato a lungo trascurato e sfruttato dalla maggior parte dei centri e degli insediamenti sviluppatisi al suo intorno. Oggi necessita di una strategia orientata al risarcimento ambientale, alla fruibilità e alla valorizzazione ecologica e turistica. Si tratta di un territorio ricchissimo dal punto di vista della biodiversità faunistica e ambientale. I piani urbanistici, traducendo in norma gli storici desideri del territorio, attribuiscono al torrente Conca le accezioni di “parco fluviale”, “parco urbano” o “area natu-

rale e seminaturale protetta”: a partire da questi presupposti, in una visione a lungo termine, occorrerebbe cogliere la molteplicità delle progettualità, in corso e future, come occasione per ripensare lo sviluppo sostenibile e coerente della valle, ripartendo dal fiume: invertendo la tendenza dei centri urbani che l’hanno utilizzato come retro, riconoscendo al paesaggio fluviale e vallivo l’alto valore identitario, storico-culturale, ambientale ed economico.

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la maggior parte dei corsi d’acqua appenninici, è caratterizzato da una elevata variabilità della portata, in

4.1. Il bacino idrografico del Torrente Conca

Il fiume Conca nasce in provincia di Pesaro-Urbino, dalle pendici del monte Carpegna a 1415 metri sul livello medio del mare, e sfocia nei pressi di Cattolica dopo un percorso di circa 45 km. La superficie del bacino imbrifero, ovvero il territorio dal quale le acque pluviali si raccolgono superficialmente nel corso d’acqua, è pari a 162 kmq. Il bacino idrografico del Conca ha una forma stretta ed allungata ed è delimitato in sinistra idraulica dal Marecchia, dal Marano e dal Melo e in destra idraulica dal Foglia e dal Ventena. Il tratto superiore presenta diversi piccoli affluenti, nessuno dei quali caratterizzato da apporti idrici particolarmente significativi, mentre l’unica confluenza di rilievo, il Rio Ventena di Gemmano, è presente nel tratto inferiore. In prossimità della chiusura del’areale tributario montano, immediatamente a monte del’attraversamento dell’Autostrada A14, è presente l’invaso con la relativa diga, alta 14 metri in corrispondenza del fondo dell’alveo verso valle, quindi di modesta altezza. Il Conca presenta un regime spiccatamente torrentizio infatti, così come

stretto rapporto con la piovosità e la scarsissima permeabilità delle rocce che ne costituiscono il bacino imbrifero. Da tutto ciò derivano piene dannose in primavera e autunno e magre spinte in estate. 4.1.1. L’Autorità di Bacino Marecchia-Conca L’Autorità di Bacino Interregionale Marecchia-Conca è un Ente costituito di intesa fra le Regioni confinanti nel territorio dei bacini idrografici del Fiume Marecchia e del Torrente Conca. Fanno parte dell’Autorità di Bacino: il bacino dell’Uso, del Marecchia-Ausa, 108


del Marano, del Melo, del Conca, del Ventena e del Tavollo. Dopo il Marecchia-Ausa, il Conca è fra i corpi idri-

del quadro conoscitivo di riferimento per la pianificazione, vengono periodicamente operati aggiornamenti, integrazioni e varianti alla struttura originaria. Venerdì 17 febbraio 2017, con la pubblicazione nella G.U.R.I. n. 27 del 2 febbraio 2017, entra in vigore il D.M. 25 ottobre 2016 che sopprime le Autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali e disciplina l’attribuzione e il trasferimento del personale e delle risorse strumentali e finanziarie alle Autorità di bacino distrettuali. L’Autorità di Bacino Marecchia-Conca confluisce pertanto nell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po. Per il bacino del Po questo trasferimento delle competenze comporta l’unificazione con i bacini interregionali del Reno, Fissero-Tartaro-Canalbianco e Conca-Marecchia, e regionali del Lamone, Fiumi Uniti, Savio, Rubicone, Uso e bacini minori afferenti alla costa romagnola. 4.1.2. Indagini sulla qualità dell’acqua

ci quello di maggior importanza, per l’estensione dell’areale imbrifero e per l’entità delle portate idrologiche. Nel territorio dell’Autorità di Bacino, la pianificazione di bacino è attuata attraverso il Piano Straordinario e il Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.), che disciplina gli ambiti territoriali dei versanti in frana e dei corsi d’acqua, caratterizzandone il rischio idrogeologico, sulla base di studi scientifici per la definizione del quadro conoscitivo territoriale di riferimento per la pianificazione. Il P.A.I. è sviluppato per ambiti fisiografici e tematici, è composto da: relazione, allegati, elaborati cartografici, norme tecniche di attuazione e direttive. A seguito di studi di approfondimento

Lungo il percorso del torrente non sono abbondanti grandi centri abitati ed industrie, pertanto la qualità delle acque è di sostanziale discreta qualità, in quanto preservata da aggressioni chimiche, se non di modesta entità. Tuttavia sostanze inquinanti potrebbero giungere dall’agricoltura e dagli allevamenti. Il bacino idrografico del Torrente Conca è infatti prevalentemente agricolo, la quantità di su-

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perfici urbanizzate è pari al solo 5,1%. Si è ritenuto quindi di indagare la qualità idrica del Torrente Conca, facendo riferimento ai Rapporti annuali ARPA sullo stato di qualità dei corpi idrici fluviali, che prendono in considerazione diversi parametri, tra cui la quantificazione della pressione antropica, le misure di portata ma soprattutto la misura della qualità chimica, microbiologica e biologica del corso d’acqua. Una volta stabilito il Livello di Inquinamento da Macrodescrittori (LIM) e l’Indice Biotico Esteso (IBE), si è proceduto con l’incrocio dei dati ottenuti, dal quale consegue la classificazione dello Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua (SECA), con l’attribuzione del risultato peggiore. In merito al Torrente Conca esistono punti di campionamento di due diverse tipologie: quelli della rete di I° grado e quelli della rete di II° grado. Per una questione di incompletezza di dati in merito al punto di campionamento di II° grado, si è deciso di tenere conto esclusivamente di quelli della prima tipologia. I punti di campionamento, identificati dalla rete di I° grado lungo il bacino idrografico del Conca, sono tre e tengono conto delle criticità note, al fine di mettere in evidenza i punti di sofferenza del

corso d’acqua. Il primo denominato “Ponte Strada per Marezzano”, in località Gemmano, è indagato poiché si tratta del punto di confine tra la Regione Marche e l’Emilia-Romagna, quindi per valutare lo stato della qualità delle acque del torrente al momento del superamento del confine regionale. Il secondo punto di campionamento, denominato “Ponte Via Ponte”, si trova in località Morciano di Romagna, poiché a monte del suddetto punto sono presenti sia scaricatori di acque miste che scarichi diretti di acque reflue urbane. Infine, l’ultimo punto di campionamento è localizzato a 200 metri a monte dell’invaso artificiale, per il monitoraggio della qualità dell’acqua che si immette nel bacino, che costituisce un’importante fonte di ricarica per la falda acquifera. Nel complesso ne risulta un quadro in via di miglioramento per quanto riguarda i primi due punti di campionamento, mentre per quanto riguarda quello a monte dell’invaso, come ci si può aspettare, risulta evidente che l’attuale condizione del bacino costituisca un problema per il miglioramento della qualità idrica atteso. Infatti, in corrispondenza di questo punto si verifica il rallentamento della velocità idrica del torrente, poiché diminuisce fortemente la pendenza (che in questo tratto terminale è mediamente dello 0,6%) e l’acqua va incontro alla risospensione del materiale argilloso depositato in prossimità e all’interno dell’invaso. 4.1.3. La pendenza dell’asta fluviale Nel suo percorso dalla sorgente alla foce, la pendenza dell’asta fluviale del 110


Conca muta e può essere schematizzata secondo tre tratti omogenei. Il primo tratto è quello in zona montana, è un tratto di tipo torrentizio compreso tra la sorgente, sul Monte Carpegna (1415 m s.l.m.), e Monte Cerignone (472 m s.l.m.) e si estende per una lunghezza di circa 11 km con una pendenza media dell’8%. Il secondo tratto è quello della zona pedemontana, comprendente un tratto di alveo sovralluvionato della lunghezza di circa 22 km, da Monte Cerignone a Santa Maria del Piano, in cui la pendenza si attesta attorno all’1,8%. Infine, l’ultimo tratto è quello compreso tra Santa Maria del Piano e la foce, facente parte della fascia della pianura alluvionale. Questo tratto, per una lunghezza di circa 11 km, è caratterizzato da una pendenza dello 0,6% e si adagia in un ampio letto, in equilibrio fino al mare.

manufatti trasversali vengono realizzati con lo scopo di reintegrare la mancanza di materiale lapideo, problema derivante dalla pratica, comune fino agli inizi degli anni ‘80, dell’escavazione di inerti all’interno dell’alveo fluviale per ricavarne materiale da costruzione. Per quanto riguarda invece le 5 briglie a monte dell’invaso (come si diceva al Capitolo 2) la loro realizzazione è dovuta alla volontà di contrastare l’interrimento del bacino. Oggi, poiché sovralluvionate, hanno perso la loro funzione.

4.1.4. Le fasce ad alta vulnerabilità

Inoltre, lungo l’asta fluviale nel corso del tempo sono state realizzate ben 13 briglie, per un’altezza totale di 28,3 m, quindi un’altezza media per manufatto che si aggira intorno ai 2,2 m. Questi

Le fasce ad alta vulnerabilità sono distinguibili per tratti significativi, un tratto da Montegrimano a Morciano di Romagna, l’altro da Morciano alla foce. Per quando riguarda il primo tratto, i depositi terrazzati connessi all’alveo ricoprono entrambe le fasce in destra e sinistra idrografica del torrente, con un’ampiezza complessiva di circa 300 metri, mentre in corrispondenza di Morciano di Romagna raggiungono circa 600 m di larghezza, con un’estensione significativa in destra idrografica in corrispondenza dell’abitato stesso. L’alveo presenta un andamento prevalentemente orientato SW-NE da Montegrimano sino alla località Taverna e da qui a Morciano di Romagna piega verso est. La larghezza dell’alveo si mantiene circa tra i 100 e i 200 m. Le 111


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fasce inondabili coprono porzioni di territorio limitate tra Montegrimano e Fratte, mentre risultano più ampie, con profondità tra i 100 e i 200 m subito a valle di Fratte, presso la località Taverna, e nel tratto tra Osteria Nuova e Morciano di Romagna. Nel secondo tratto invece, subito a valle di Morciano di Romagna, i depositivi alluvionali grossolani terrazzati connessi all’alveo risultano distribuiti sia in destra che in sinistra idrografica, con un’ampiezza complessiva pari a 600 m sino ad assottigliarsi nel tratto posto subito a monte dell’invaso. A valle dell’invaso i depositi presentano una distribuzione più irregolare, con un’espansione più ampia in sinistra idrografica. L’alveo è caratterizzato da un andamento orientato SW verso NE, con una larghezza in media di circa 100 m tra Morciano di Romagna e l’invaso e di circa 150-20 m a valle di esso. Le fasce inondabili di maggior entità coprono un tratto di circa 3 km dell’asta fluviale a valle di Morciano di Romagna, mentre interessano aree più limitate sia a monte dell’invaso, in destra e sinistra idrografica, sia localmente in destra idrografica a valle dell’invaso stesso.

modo “disordinato” in terreni prettamente argillosi. La formazione di questi depositi calcarei avviene per sedimentazione in bacini posti molto più ad occidente (Toscana) rispetto alla posizione attuale e l’odierno assetto è dovuto proprio ai movimenti legati all’orogenesi dei rilievi appenninici: in particolare alla fine del Miocene, circa 11-7 milioni di anni fa, i movimenti tettonici sprigionatisi all’interno della costa terrestre verso nord-est, provocano una immensa colata di argille sulle quali giacciono questi bacini che, per l’energia prodotta, vengono smembrati e ridotti a “zolle” galleggianti (la cosiddetta “Colata Gravitativa della Valmarecchia”). Questi terreni caratterizzano Monte Carpegna, Monte Faggiola, Montegrimano e i versanti nord-occidentali di Mercatino Conca. Successivamente, un secondo evento, con spinte orogenetiche analoghe avvenute durante il Pliocene inferiore, circa 5-6 milioni di anni fa, determina un ulteriore movimento della prima colata e provoca il sollevamento e piegamento di altre formazioni geologiche nel frattempo depositatesi. Si tratta delle formazioni Gessososolfifera e a Colombacci del Messiniano (7 milioni di anni fa), rispettivamente costituite da rocce gessose e argilloso-marmose, che caratterizzano i territori di Montescudo, Montecolombo, Gemmano, Montefiore e la zona di Sassofeltrio e di Onferno. Nello stesso periodo la bassa valle del Conca si trova sommersa da acque profonde che portano alla deposizione di sedimenti prettamente argillosi.

4.1.5. La storia geologica della valle del Conca Il Torrente Conca scorre tra formazioni geologiche di origine marina emerse per spinte di natura tettonica, secondo direzione Nord-Est. Il tratto di corso superiore, dalla sorgente fino a poco più a valle di Mercatino Conca, incide terreni definiti “Complesso Caotico”, costituiti da masse calcaree e calarenitiche della formazione dell’Alberese (età Eocene inferiore a 50-60 milioni di anni fa), giacenti come immersi in

Nel Pliocene medio, circa 2 milioni di anni fa, ulteriori movimenti di sollevamento riducono la profondità delle 113


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acque, permettendo la deposizione di sedimenti a granulometria maggiore come le sabbie. Giacciono su questi terreni parte dei territori di San Clemente, Morciano di Romagna, San Giovanni in Marignano e la collina di Montalbano. Ulteriori sollevamenti decretano il definitivo ritiro del mare, con la conseguente emersione dei territori fino all’aspetto attuale. Si precisa, però, che tale ritiro (regressione marina) non avviene in modo continuo, si verifica infatti anche lungo tutto il Quaternario, periodo di parziale avanzamento e ritiro delle acque durante i quali si vanno formando i quattro ordini di terrazzi fluviali e la paleofalesia, gradino morfologico parallelo alla linea di costa corrispondente alla paIeoriva di circa 6.000 anni fa. In vicinanza del fiume, in località Casacce è visibile la scarpata testimonianza di questa paIeoriva. lnfine, recenti studi sui terrazzi fluviali del fiume Conca hanno evidenziato come la distribuzione asimmetrica di questi e alcune caratteristiche di altri elementi morfostrutturali facciano ipotizzare la presenza di una linea tettonica lungo la valle del Conca, detta appunto “linea del Conca” che, attiva dal Pliocene inferiore, ha sviluppato nord-ovest una marcata subsidenza, testimoniata dal forte spessore delle alluvioni del fiume Marecchia rispetto a quello del fiume Conca.

si ergono, a volte con pareti ripide, le alture di Montefiore, Montescudo, Montegrimano e Carpegna. Come tutti i corsi d’acqua della regione, il Conca è un torrente con portate variabili a seconda delle piogge che cadono sul suo bacino: minime fino ad annullarsi per alcune settimane nel periodo estivo e massime in autunno e in primavera. Per più di metà del suo corso il torrente presenta un carattere tipicamente erosivo, incidendo le formazioni rocciose del tratto collinare e montano fino all’altezza dell’abitato di Monte Colombo, a valle del quale cominciano a prevalere le azioni di trasporto e deposito dei sedimenti precedentemente erosi. Data la limitata estensione del bacino idrografico, nonché le caratteristiche dei sedimenti trasportati prevalentemente a granulometria fine, lo spessore dei depositi alluvionali nella piana a valle di Morciano risulta decisamente modesto. Le alluvioni poggiano su rocce argillose per spessori di pochi metri. Le acque sotterranee in esse contenute non presentano quindi grandi potenzialità di approvvigionamento idrico. Il flusso idrico sotterraneo presenta direzione verso mare e verso l’asse fluviale, essendo questo l’unione dei punti a quota più bassa della valle e quindi fattore drenante del flusso idrico. L’alveo si trova incassato nei depositi argillosi per gran parte del suo corso e quindi è impossibilitato ad alimentare le acque sotterranee tranne nei periodi di piena del fiume in autunno e primavera.

Dalla predisposizione delle diverse rocce all’alterazione ed erosione da parte degli agenti atmosferici, deriva l’odierno paesaggio che caratterizza la vallata del Torrente Conca. Le rocce calcaree, calcarenitiche, sabbiose e gessose risultano più resistenti all’erosione rispetto alle rocce argillose, per cui il paesaggio dell’alta e media Valle che appare ai nostri occhi è dato da dolci colline argillose sulle quali 116


simità delle foci fluviali, in particolar modo con il restringersi progressivo delle aree concesse alla naturalità dei delta fluviali maggiori della regione, il bacino idrico venutosi a creare con la realizzazione dell’invaso ha assunto a pieno titolo le caratteristiche di un’area umida di grande preziosità per il contesto provinciale e regionale.

4.2. Il paesaggio protetto del Conca Tra le tante ricchezze naturalistiche e paesaggistiche che ospita la Provincia di Rimini, dal mare all’alta collina, vi è l’importante corridoio ecologico costituito dalla vallata del Torrente Conca. Questa rappresenta ricchezze naturalistiche di inestimabile valore per le tante ed insostituibili funzioni ecostistemiche, economiche, sociali e culturali che assolve. La realizzazione della Diga del Conca ha profondamente cambiato i connotati geomorfologici del Torrente Conca, ha generato una trasformazione profonda nel paesaggio. Contrariamente a quanto accade solitamente a seguito degli stravolgimenti artificiali degli assetti naturali, però, tale trasformazione ha assunto un valore ecologico enorme, poiché in un contesto regionale di diradamento generalizzato e preoccupante delle aree umide, fra le quali, paludi e bacini lacustri con acque basse e aree umide di pros-

4.2.1. Il Paesaggio Naturale e Seminaturale Protetto del Torrente Conca I Paesaggi Naturali e Seminaturali Protetti (PNSP) sono “aree con presenza di valori paesaggistici diffusi, d’estensione anche rilevante e caratterizzate dall’equilibrata interazione di elementi naturali e attività umane tradizionali in cui la presenza di habitat in buono stato di conservazione e di specie, risulti comunque predominante o di preminente interesse ai fini della tutela della natura e della biodiversità”. L’istituzione dei PNSP rientra all’interno delle azioni della cosiddetta Rete eco-

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no rimediare allo stato di frammentazione in cui riversano gli ambienti naturali e seminaturali del territorio europeo, sottoposti alla pressione dell’urbanizzazione, delle infrastrutture, dell’agricoltura intensiva e dell’attività industriale. Proteggere le specie a rischio e gli habitat che le ospitano vuol dire garantire il mantenimento a lungo termine della biodiversità. L’individuazione dei Siti in Italia è stata affidata, ciascuna per il proprio territorio, alle singole Regioni, con il coordinamento del Ministero dell’Ambiente. Per questo motivo la Regione Emilia-Romagna, fin dalla fine degli anni ‘90, si è impegnata a contribuire alla politica europea, individuando oltre ad una vasta rete di Parchi naturali, un ampio numero di SIC e ZPS di cui il circa 50% è situato al di fuori dei Parchi. Il Paesaggio Naturale e Seminaturale Protetto del Torrente Conca, è stato istituito nel 2011 dalla Provincia di Rimini ed è regolato dall’Ente di gestione per i parchi e la biodiversità della Provincia di Rimini. Promuove la riqualificazione ambientale dell’ambito fluviale attraverso interventi di rinaturalizzazione, di ripristino degli ambienti umidi, la tutela della biodiversità, la connessione paesaggistica tra le città della costa e l’entroterra, l’incentivazione di attività culturali, educative e legate al tempo libero attraverso una fruizione ambientale sostenibile. Questo è reso possibile grazie al programma che incentiva la realizzazione di una rete integrata di percorsi, aree di sosta, punti informativi e didattici.

logica Natura 2000, un sistema organizzato di aree destinato a preservare la biodiversità presente sul territorio dell’Unione Europea e in particolare a tutelare una serie di habitat e specie animali e vegetali particolarmente rari e minacciati. L’aspetto innovativo di Rete Natura 2000 risiede nel fatto che oggetto della tutela non è un semplice insieme di territori isolati tra loro, ma un vero e proprio sistema di aree pensato per ridurre l’isolamento degli habitat e fornire alle specie adeguati collegamenti ecologici. Questa rete trae origine da due direttive comunitarie: la n. 92/43/CEE (“Habitat”) e la n. 79/409/CEE (“Uccelli”), che chiamano gli Stati dell’Unione Europea ad individuare sul territorio tali Siti, denominati SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale). Le due Direttive intendo-

Nell’ambito del Paesaggio Naturale e Seminaturale Protetto insistono attualmente alcune aree attrezzate a parco, tra cui il Parco Naturale ed Urbano 120


del Conca a Morciano, dove si svolgono, in maniera integrata, attività con finalità ecologiche, ricreative, culturali urbane e produttive, a garanzia della fruizione del Parco e dell’osmosi completa con il sistema urbano storico. Il parco offre ampia e gradevole accoglienza con percorsi e soste attrezzate. Seguendo invece il corso del Ro Agina, che ad un certo punto è incanalato e coperto, si giunge al il Parco Mare Nord di Misano Adriatico, situato sulla litoranea. Il torrente si presta insomma ad essere goduto per molti tratti grazie anche alle piste ciclabili che lo costeggiano, sebbene siano frammentate e necessitino di riqualificazione.

4.2.2. L’Oasi Faunistica del Torrente Conca L’Oasi Faunistica del Conca, formalizzata dalla Provincia di Rimini nel 1991, è un’area umida di 702 ettari di estensione che comprende l’ambiente dell’invaso artificiale e il tratto del torrente tra Morciano di Romagna e la foce. Interessa l’alveo e gli ambienti golenali inclusi all’interno dei Comuni di Cattolica, San Giovanni in Marignano e Morciano in riva destra, Misano Adriatico e San Clemente in riva sinistra. L’Oasi è interamente visitabile percorrendo le piste ciclabili che si sviluppano lungo le due rive fluviali. Lungo la pista ciclopedonale sulla sinistra del bacino artificiale, presso via Sant’Ilario, nel Comune di Misano Adriatico, è situato un Osservatorio ornitologico, segnalato lungo la viabilità principale. Si tratta di un prefabbricato in legno provvisto di bucature e di una schermatura esterna anch’essa provvista di feritoie, per permettere la pratica del bird-watching. All’esterno sono collocati pannelli per l’identificazione dell’avifauna e una mostra sulle zone umide. In rapporto al livello delle acque presenti nel bacino, sono avvistabili numerose specie di uccelli acquatici. Il bacino è sede di riproduzione di varie specie di rallidi, anatidi, trampolieri e passeracei. Tra gli uccelli acquatici rari possono essere avvistate la Cicogna bianca, la Cicogna nera,

Il Paesaggio protetto del Conca vanta un’estensione di 2.497 ettari e interessa complessivamente il territorio di 11 comuni della bassa e media Valconca, cinque appartenenti alla zona pianeggiante, gli altri della zona collinare, la cui altitudine massima registrata, all’interno del Paesaggio Protetto, è di 416 m s.l.m. L’invaso del Conca si inserisce al suo interno e ne costituisce il cuore grazie alla presenza di numerose specie floristiche e la ricchezza della fauna acquatica. Si registrano 28 specie floristiche e ben 192 differenti specie faunistiche.

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la Spatola, il Pellicano, l’Airone bianco maggiore. Tra le principali specie ornitologiche dell’Oasi faunistica vi sono il Cormorano, l’Airone cenerino, la Nitticora, il Succiacapre, l’Averla Piccola, il Martin pescatore. Il bacino artificiale del Conca riveste un importante ruolo sotto il profilo ornitologico. Nel tempo infatti è divenuto un importante sito di riproduzione, nidificazione e svernamento per le più svariate specie avifaunistiche di importanza comunitaria, nonché punto di confluenza di linee di migrazione del litorale e lungo la valle del Conca. I corridoi ecologici di questo territorio rappresentano il canale preferenziale delle rotte migratorie che dapprima transitano presso il delta del Po per poi valicare la catena appenninica in direzione dell’Africa o in direzione contraria verso il Nord-Est europeo.

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4.2.3. Il “Progetto Conca”: valorizzazione paesaggistica entroterra-costa

Nell’anno 2009 il Torrente Conca è interessato dal progetto provinciale denominato “Progetto Conca”, un lungo iter che porta alla stesura del Contratto di Fiume, strumento di pianificazione ispirato dalla Convenzione Europea del Paesaggio del 2000 e siglato Provincia di Rimini, Regione Emilia-Romagna, Comuni della Valconca e Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Tutto ciò, porta nel 2012 alla nascita in Valconca dell’associazione di promozione sociale “A Passo d’Uomo”. L’associazone persegue i seguenti scopi generali: la tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, lo sviluppo sostenibile e la gestione del paesaggio e delle sue trasformazioni attraverso azioni/progetti integrati di cura e manutenzione, la partecipazione delle comunità locali, la promozione e il sostegno di attività sostenibili sul piano economico, ambientale e sociale, la promozione del camminare come strumento di conoscenza di persone, luoghi e cultura, promuovendone i diversi aspetti, dal contatto con la natura e la cultura dei luoghi alle forme di turismo organizzato, dallo sport alle visite, dal viaggio al pelle-

grinaggio. Per fare ciò l’associazione si propone di tutelare, conservare e valorizzare il patrimonio naturale e culturale con azioni e progetti concreti, con particolare attenzione alle infrastrutture verdi, al lungofiume, alla rete sentieristica della Valconca che, insieme, costituiscono il Grande Anello Verde del Conca (G.A.V.), un complesso sistema di circuiti ad anello che connette e attraversa i borghi malatestiani tra Romagna e Montefeltro, le aree naturali e protette, i punti notevoli di valenza storico-testimoniale e le strade panoramiche. Viene incentivata la creazione del “prodotto Valconca” attraverso un sistema di azioni e progetti coordinati di promozione e marketing territoriale della Valconca e delle sue eccellenze, vengono promosse forme di turismo indirizzate ad utenti interessati alla cultura, alla natura e al cammino, in grado di sviluppare economie per imprese di qualità in campo turistico, ricettivo, artistico, culturale, gastronomico ed agricolo-produttivo.

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5 La sistemazione idraulica dell’asta fluviale


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L’afflusso di sedimenti alle foci dei fiumi è il processo primario di alimentazione dei litorali. Le opere di sbarramento e di regimazione idraulica dei corsi d’acqua, la stabilizzazione dei versanti montani e il prelievo di inerti dagli alvei hanno ridotto notevolmente l’apporto di sedimenti alla foce destinato alla naturale distribuzione lungo i litorali, con conseguente innesco di fenomeni erosivi e regressione delle spiagge lungo tutta la penisola. La diminuzione degli apporti solidi fluviali costituisce una delle concause storiche di impoverimento degli accumuli lungo le coste e dei processi regressivi ad essi connessi. Gli stessi sedimenti sono causa delle problematiche di in-

terrimento dei bacini idrici artificiali e, allo stesso tempo, rappresentano un interessante fonte disponibile di alimentazione che potrebbe essere possibile gestire per il ripascimento dei tratti litoranei in regressione. Per poter intraprendere una strategia di riconversione e riqualificazione dell’Invaso del Conca, si è resa necessaria innanzitutto un’analisi in merito alle caratteristiche e alle criticità dell’intera asta fluviale, nell’ottica di non intervenire a tampone sulla singola problematica, ma con l’obiettivo di ripristinare, tramite la considerazione di tutti i fattori in gioco, l’equilibrio tipico di un sistema dinamico come quello fluviale. 127


suoli, escavazioni in alveo, ecc.). A seguito di tale evidenza, la Regione Emilia-Romagna emana una normativa finalizzata al blocco dell’estrazione di sabbia e ghiaia dagli alvei fluviali (delibera del Consiglio Regionale n°1300 del 1982), che viene gradualmente applicata, negli anni successivi, ai fiumi regionali, al fine di migliorare il trasporto solido fluviale utile per il ripascimento naturale dei litorali.

5.1. Il problema del trasporto solido 5.1.1. Le criticità del corso d’acqua La riduzione progressiva del trasporto solido fluviale ha rappresentato e rappresenta tuttora la principale causa di erosione delle spiagge della Regione Emilia-Romagna. Questo problema viene approfonditamente studiato e quantificato per la prima volta in occasione della redazione del Piano Costa 1981. Lo studio evidenzia che, alla fine degli anni ’70, si viene a registrare una diminuzione del trasporto solido di 3-4 volte rispetto alle condizioni degli anni ’40, anni in cui i bacini fluviali non hanno ancora subito la pesante antropizzazione dei decenni successivi (azione di regimazione dei corsi d’acqua, controllo dell’erodibilità dei versanti, mutamenti nell’uso dei

Anche il Torrente Conca negli anni ‘50 e ‘60 è oggetto di prelievo indiscriminato di inerti, con la conseguenza dell’impoverimento, se non addirittura la totale scomparsa, dello strato ciottoloso alluvionale di cui è costituito l’alveo e l’innescamento di fenomeni di canalizzazione. L’assenza di rilevanti apporti solidi di fondo da monte, in occasione delle piene, fa sì che la capacità erosiva delle acque asporti il materiale preesistente, fino ad arrivare in certi casi ad un sottofondo non alluvionale, mettendo a nudo con massicci approfondimenti il substrato argilloso-limoso. Tutto ciò provoca la risospensione di questo materiale argilloso costituente l’alveo, quindi l’aumento della torbidità dell’acque, con conseguente diminuzione della qualità idrica. Nella seconda metà del Novecento, inoltre, nel tratto basso montano-col-

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linare viene avviata la costruzione di grandi manufatti trasversali di irrigidimento (briglie, talvolta traverse) per esigenze connesse alla difesa dei versanti, di ponti, di strade perimetrali, di zone abitate, per derivazioni irrigue, ecc. I tratti interessati da queste opere di irrigidimento richiedono tempi lunghi per ricolmarsi di materiale quindi, fino al raggiungimento del nuovo profilo di equilibrio (a pendenza più bassa di quello originario, infatti parte del dislivello si concentra nei salti), ciò che accade sostanzialmente è la diminuzione del trasporto solido, con conseguenti problemi di arretramento della foce. Se verso monte le barre di materiale lapideo appaiono comunque consistenti, tra Morciano e l’invaso occorre la ricolmatura dell’incisione prodottasi per effetto delle forti estrazioni, che hanno luogo lungo tutto il corso d’acqua fino agli inizi degli anni ‘80. Da questo momento in poi, nel tratto a monte del’invaso, per una lunghezza di circa 2,8 km, vengono realizzate 5 briglie, con il duplice scopo di ridurre la capacità erosiva delle acque, favorendo il deposito del materiale e quindi l’innalzamento del profilo, e di limitare l’apporto solido all’invaso per ostacolare il fenomeno dell’interrimento. Lo Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dell’Invaso del Conca del 1999, di cui si è parlato al Capitolo 2, evidenzia che nel periodo di esercizio delle briglie, quindi a partire dal 1983, il volume utile stimato trattenuto risulta essere di circa 135.000 mc (circa 8.400 mc/anno). Pertanto parte del mancato apporto solido alla foce è imputabile alla presenza di queste opere.

studio sottolinei che, già nel 1999, le briglie risultino colme di sedimenti e che quindi la loro azione di trattenimento del materiale solido sia ormai superata. La creazione del bacino e delle briglie ha dato luogo ad una situazione di compartimentazione del torrente in porzioni, impedendo i naturali fenomeni di risalita dell’ittiofauna. Si sono create così zone omogenee, per cui si registra la presenza: al di sotto del bacino, di Cavedano, Rovella, Anguilla, Pseudorasbora, Barbo comune, Alborella, Carpa, Carassio, Persico sole e Cefalo; al di sopra del bacino, di Cavedano, Barbo, Carpa, Carassio, Persico sole, Gambero rosso della Louisiana; nella zona di Morciano, di Barbo comune, Cavedano e Rovella. Il prelievo di inerti, l’erosione dell’alveo e la successiva costruzione di briglie hanno profondamente modificato l’assetto ambientale originario, con l’esposizione del substrato geologico e di ampie sezioni di terrazzo alluvionale. Da torrente con greto ampio e ghiaioso, il basso Conca è divenuto un corso canalizzato con folta vegetazione di riva. Lungo i terrazzamenti un tempo occupati dal greto si estende un mosaico di ambienti formato da prati aridi, depressioni umide, cespuglieti, stagni, tratti di bosco. Concludendo, dal momento che la presenza delle briglie ha generato all’asta fluviale non pochi problemi di carattere ambientale, si ritiene necessario intervenire con azioni ad ampia scala.

Ciò che risulta importante evidenziare, ai fini degli interventi proposti nell’ambito di questa tesi, è che il suddetto 129


zioni ittiche lungo il torrente, inibendo l’espressione della diversità biologica

5.1.2. L’eliminazione delle briglie

e ambientale. Inoltre con la rimozione delle briglie e il conseguente aumento della pendenza dell’asta fluviale, è possibile riattivare il trasporto solido per il ripascimento naturale della foce. Considerato che la quantità di materiale utile trattenuto dalla briglie negli anni 1983-99 è pari a circa 135.000 mc, con una media di 8.400 mc/anno, e che il deflusso solido potenziale e naturale stimato nell’ambito del Bacino del Conca - Studio del regime di trasporto solido e degli interventi atti a consentire il transito dei sedimenti a valle dello sbarramento fornisce un valore dell’ordine dei 23.000-25.000 mc/anno, si può prevedere un incremento della quantità di materiale solido a mare, tramite l’eliminazione delle briglie, del 33%.

La proposta di intervento per la risoluzione del problema del trasporto solido consiste nella rimozione progressiva di tutte le briglie lungo il tratto di torrente compreso dalla coda dell’invaso a monte. Posto che il rischio idraulico sull’asta fluviale appaia generalmente contenuto e che il profilo di equilibrio delle briglie sia stato raggiunto ormai da tempo, non permane più alcuna funzione idraulica che giustifichi la presenza di questi manufatti trasversali che, anzi, risultano essere barriere invalicabili per la risalita delle popola-

5.1.3. Le criticità dell’invaso Un altra causa di forte squilibrio per la morfologia della costa, in particolare nel tratto tra Cattolica e Misano 130


Adriatico, è la presenza dello sbarramento sul Torrente Conca e del relativo invaso artificiale, realizzati negli anni ‘70 a soli 3 km dalla foce. Proprio questa vicinanza al litorale, combinata con il fatto che si tratti di una zona pianeggiante (peraltro caratterizzata attualmente dall’abbassamento progressivo rispetto al livello del mare, di cui si è già discusso nei capitoli precedenti), fa sì che la maggior parte dei flussi di materiale in arrivo da monte si fermi all’interno dell’invaso e non riesca a transitare oltre la soglia della diga, contribuendo quindi ad accentuare il fenomeno dell’erosione costiera. Non a caso la soluzione progettuale inizialmente prevista prospettava la realizzazione di una canaletta di bypass fuori alveo, che però non è mai stata realizzata, trascurando evidenti conseguenze che ciò avrebbe com-

portato. Il Progetto di Piano per la difesa dal mare e la riqualificazione ambientale del litorale della Regione Emilia-Romagna indica un deflusso solido potenziale e naturale di circa 40.000-50.000 mc/anno, mentre una valutazione più recente, condotta nell’ambito del Bacino del Conca - Studio del regime di trasporto solido e degli interventi atti a consentire il transito dei sedimenti a valle dello sbarramento fornisce, come si diceva, un valore dell’ordine dei 23.000-25.000 mc/anno, dei quali solo circa 8.000 mc/anno superano lo sbarramento dell’invaso, limitatamente ai periodi di apertura delle paratoie dello stesso e in seguito alle operazioni di apertura degli scarichi di fondo. Una quantità davvero irrisoria se si considera il volume di materiale solido necessario a contrastare il fenomeno dell’erosione costiera. Nella relazione del Progetto dei lavori per il riflumento, trasporto e sistemazione a valle della diga del materiale depositatosi nell’invaso a quota superiore a quella della soglia sfiorante (Zanetti-Forlani) del 1982, viene indicata come causa prima dell’interrimento del bacino la canalizzazione del Conca nel tratto tra Morciano e la diga, diretta conseguenza dell’escavazione in alveo praticata negli anni

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‘50-’80. Il torrente, correndo incassato nelle tenere argille plioceniche, incide il fondo dell’alveo e riversa il materiale direttamente all’interno dell’invaso. Per questo motivo, come si diceva in precedenza, viene avviata la ricostruzione del profilo di equilibrio precedente, con la realizzazione delle 5 briglie nel tratto di monte fino a Morciano. Nel corso degli anni le briglie hanno bloccato una parte dei sedimenti che altrimenti la corrente avrebbe trasportato fino all’interno dell’invaso, ma essendo ormai colme da tempo, si presuppone che la quasi totalità del materiale solido vi giunga e vi si arresti. L’ultimo rilievo disponibile, risalente al 2012 evidenzia la sedimentazione all’interno dell’invaso, tra il 1999 e il 2012, di ulteriori 195.000 mc di materiale solido, calcolati sulla base dei dati forniti da Romagna Acque, che dichiara un deposito nel bacino di 15.000 mc/anno. Il deposito totale all’interno dell’invaso, sommato alla quantità di materiale che fuoriesce in occasione dell’apertura degli scarichi di fondo della diga, pari a circa 35.000 mc/anno, risulta nel periodo 1999-2012 complessivamente pari a circa 650.000 mc. Occorre considerare che al di sotto di questo materiale depositato vi è comunque uno spessore medio di 1,4 m di materiale pregresso, il che rende il bilancio sedimentario allarmante, in quanto la quantità di inerti che si ferma all’interno del bacino è pari alla quantità di inerti che non giunge a mare, provocando la progressiva regressione della foce e comportando la necessità di costosissimi ripascimenti con materiale prelevato altrove. Il costo delle operazioni di dragaggio, necessarie alla rimozione di questa ingente quantità di materiale sedimentato nel bacino rendono, oggi, il

mantenimento della funzione di riserva idrica dell’invaso poco praticabile. Il contributo sul bilancio idrico provinciale offerto dal bacino è, stante le condizioni attuali, molto limitato: come emerge dal Bilancio di Sostenibilità 2016 di Romagna Acque, si attesta pari al solo 0,3%. Le istituzioni preposte stanno valutando, tra le varie ipotesi, la possibilità di smantellare il manufatto idraulico costituito dalla diga al fine di agevolare il trasporto naturale a mare degli inerti. Si tratta di una soluzione non percorribile, infatti se da un lato risolve il problema del mancato apporto solido alla foce, dall’altro comporta la compromissione della biodiversità: venendo meno la superficie dell’invaso, verrebbe di conseguenza meno anche la funzione di rifugio e riproduzione della fauna. Occorre considerare una soluzione che permetta di coniugare la funzione di approvvigionamento idrico con quella di ripascimento naturale della foce. 5.1.4. La realizzazione di un canale di by-pass interno all’invaso Dati i problemi di interrimento dell’invaso e di mancato apporto solido alla foce da parte del Torrente Conca, in continuo e progressivo peggioramento, in linea con l’ipotesi di intervento valutata nell’ambito dello Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dello sbarramento del Conca (elaborata in riferimento all’incarico di consulenza per Studi atti a giungere alla progettazione di un by-pass all’invaso sul fiume Conca commissionato dalla Regione Emilia-Romagna al Prof. Ing. Alberto Lamberti e al Dr. Ing. Leonardo Schippa), si è deciso di prevedere la realizzazione di un canale di by134


zare internamente all’invaso e per la modellazione del terreno circostante. L’esame della cartografia (Rilievo aerofotogrammetrico eseguito nel 1999, in occasione del suddetto studio) evidenzia la presenza all’interno dell’invaso di una savenella naturale, incisa sul materasso di depositi alluvionali, di pendenza 2,6 m/km, pari quindi a quella dell’alveo del torrente a monte del tratto regimato dalle briglie. A lato della savenella si evidenzia la presenza di due dossi di contenimento, formatisi naturalmente a seguito del transito delle piene all’interno dell’invaso. Dal Rilievo topografico dell’invaso sul Fiume Conca del 2012 si evince che la presenza di questa savenella permane anche attualmente. L’intervento proposto prevede la realizzazione di un canale in asse con il tracciato della savenella mediante la costruzione di due rilevati di modesta altezza (non superiore ai 2,5 m) rispetto al piano delle alluvioni presenti. L’efficacia dell’opera di by-pass sarebbe limitata al periodo di apertura delle paratoie, quindi tra ottobre e maggio, mentre nel restante periodo si

pass interno al bacino, in modo da garantire il superamento della diga da parte dell’ingente quantità di materiale solido che attualmente vi si deposita. In linea generale, l’intervento prevede la realizzazione di un canale stabile all’interno dell’invaso, che raccolga le portate in ingresso al bacino e le convogli verso la soglia tracimabile dello sbarramento. La prima operazione da mettere in atto è il dragaggio dell’invaso per rimuovere l’accumulo di materiale depositatosi nel tempo, reimpiegabile per la sagomatura dei rilevati da realiz135


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considera che le paratoie della diga rimangano chiuse, per consentire l’utilizzo del bacino come serbatoio per l’approvvigionamento idrico estivo, in accordo con il gestore della fonte. Il canale artificiale ha geometria trapezia con larghezza di base pari a 24 m, altezza 3,0 m e pendenza delle sponde 1:2. Le velocità medie della corrente nel canale artificiale risulterebbero di circa 2,0 m/s. A valle i rilevati di contenimento del canale artificiale sarebbero opportunamente indirizzati verso le paratoie della diga: la sezione estrema di valle sarà impostata ad una distanza da queste compatibile con la necessità di svuotamento dell’invaso al termine della stagione estiva. In considerazione della modesta altezza dei rilevati arginali del canale artificiale e della quota di massima regolazione dell’invaso, questi verranno periodicamente

sommersi durante il periodo di chiusura dello sbarramento. Procedendo da valle verso monte, la sommergenza degli argini tenderebbe a diminuire progressivamente, cosicché nel tratto più a monte del canale, il piano di coronamento degli argini potrebbe essere sempre emergente. Quindi la differente condizione di sommergenza, le diverse caratteristiche dei depositi alluvionali (spessore, consistenza, resistenza meccanica) suggeriscono di prevedere tre diverse tipologie di rilevati arginali, in relazione a ragionevoli condizioni di operatività in fase di realizzazione dell’opera. La sezione dell’argine verrebbe realizzata costituendo il corpo centrale del rilevato con un sacco in geotessuto. Come materiale di riempimento si è pensato di poter utilizzare il materiale fine dragato dal materasso di depositi esistente nel bacino. Il rilevato è completato con terreno di riporto di adeguate caratteristiche (eventualmente proveniente da movimentazioni di materiale dalla coda dell’invaso) e le sponde del manufatto sono protette da pietrame proveniente da cava. Considerando le caratteristiche della superficie di fondazione del costruendo rilevato, si è prevista la posa in opera su tale superficie di geotessuto per limitare l’affondamento della sovrastruttura.

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5.2. Il problema dell’erosione costiera 5.2.1. Il mancato apporto solido alla foce Il litorale della Regione Emilia-Romagna è alimentato in massima parte da sabbie portate a mare dai numerosi fiumi e torrenti che vi sfociano. La sua disposizione ad arco, compreso tra il monte di Gabicce a Sud e la cuspide deltizia del Po a Nord, insieme all’azione delle correnti litoranee provenienti sia da Sud che da Nord, pone il sistema costiero regionale nelle condizioni di ricevere contributi sedimentari, talvolta limitati, sia dalla costa marchigiana (falesia di Gabicce) che dalla costa veneta (rami meridionali del delta del Po). In passato, infatti, un modesto quantitativo di sabbia, prodotto dall’erosione al piede della falesia che va da Pesaro a Gabicce, ha alimentato le spiagge più a sud del litorale regionale, ma da alcuni anni questa fonte si è praticamente esaurita in quanto la falesia è stata protetta in più tratti con scogliere. L’erosione del litorale è un problema sia di carattere ambientale che economico. La spiaggia di Misano Adriatico richiede alti costi di gestione perché è soggetta ad una forte erosione sia della spiaggia emersa che di quella sommersa. Il contributo del Torrente Conca, stante la situazione attuale, è ininfluente per il trasporto di sedimenti grossolani a mare, quelle utili ai fini del ripascimento naturale del litorale sono infatti la frazione ghiaiosa e quella sabbiosa. La spiaggia originariamente ciottolosa, nel primo tratto a sud, attualmente è sabbiosa anche per esigenza degli operatori turistici. Negli anni questo tratto è stato difeso

con pennelli e con ripascimenti, ma la sabbia apportata tende a migrare nel giro di breve tempo sui fondali, tra le batimetriche dei 3 e 4 m, e verso nord. E’ risaputo che, pur essendo il litorale di Misano Adriatico protetto da opere rigide per 3,2 km, è penalizzato da una pendenza del fondale relativamente elevata, da una forte capacità di trasporto della corrente litoranea avente direzione Sud-Nord e dall’assenza di alimentazione naturale imputabile allo sbarramento realizzato negli anni ‘70 sul Torrente Conca. E’ un tratto in erosione dal 1943 (anno di inizio rilevamento dinamiche co139


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stiere). Dal confronto tra le batimetrie 2006 e 2012, per quanto riguarda l’abbassamento della spiaggia e del fondale, si evince che la situazione non è uniforme, forti approfondimenti si registrano soprattutto esternamente alle opere di difesa. Analizzando il profilo della rete di monitoraggio GPS 2015 si osserva che la spiaggia dal 2008 ad oggi ha persona una quota variabile da 30 ad 80 cm (in particolare dal 2008 al 2010). Ciò che viene regolarmente fatto con le opere di ripascimento consiste nel portare sabbia in notevole quantità in corrispondenza degli 1,5 km di litorale protetti da 25 pennelli trasversali. In questo tratto, infatti, ha origine il nastro trasportatore litoraneo, che alimenta i 16 km di costa ad alta valenza turistica che, oltre Misano, comprendono Riccione e Rimini Sud. Sul fronte dell’erosione costiera, il Piano di Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC), tra le tante, mira a contrastare la realizzazione di nuove opere di difesa rigide, scogliere emerse e sommerse, che risolvono il problema limitatamente a dove esso si manifesta ma lo accentuano altrove, favorendo altresì interventi di ripascimento con sabbie sottomarine. Il GIZC mira inoltre all’avanzamento della linea di costa anche mediante progetti di riqualificazione che permettano di affiancare al ripascimento, ove possibile, la ricostruzione delle dune a tergo delle spiagge. Ripascimento e sistema dunoso efficiente dovrebbero agire in sinergia per ristabilire l’equilibrio del bilancio sedimentazione-erosione.

5.2.2. La ricostruzione dei cordoni dunosi Sul litorale emiliano-romagnolo la riduzione dei sistemi dunosi costieri e delle comunità ad essi collegate inizia a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, a seguito delle opere di rimboschimento tese a salvaguardare il valore agricolo del territorio costiero, ma a partire dagli anni ‘50, l’uso intensivo degli arenili e delle zone retrostanti a scopo turistico-balneare ne è la maggior causa di contrazione. Attualmente le aree dunose regionali si estendono su una superficie di 19 kmq, ma solo il 3% di tale superficie è occupata da dune attive, di cui circa un quarto è a rischio di erosione marina, visto il ridotto sviluppo della spiaggia antistante (minore di 20 m). La vegetazione gioca un ruolo fondamentale nella genesi dei sistemi dunosi costieri, contribuendo alla sedimentazione della sabbia trasportata dal vento e alla sua fissazione. In un sistema dunoso naturale, le sabbie vengono colonizzate da comunità di specie vegetali in grado di tollerare 142


condizioni ambientali più o meno difficili e selettive in funzione della distanza dal mare e quindi dei fattori limitanti che agiscono sul sistema. Fermo restando che, data la gravità del fenomeno dell’erosione costiera, soprattutto sul litorale di Misano Adriatico, quindi in corrispondenza della foce del Conca, si ritengano indispensabili le operazioni di ripascimento dell’arenile, la proposta è quella di favorire la ricostruzione degli apparati dunosi in corrispondenza delle aree limitrofe la foce del Torrente Conca, tramite la piantumazione di Ammophila littoralis. Questa specie determina, più di tutte, fissazione e significativi accumuli di sabbia e raggiunge dimensioni davvero significative grazie alla spiccata capacità di produrre nuovi e vigorosi getti vegetativi dall’ampio sistema di rizomi, che si sviluppa sotto la sabbia. I cespi sono particolarmente densi e la parte aerea mantiene la capacità di intercettare la sabbia per tutto il corso dell’anno, non essendo soggetti a decrementi della massa fogliare legati alla stagionalità. La ricostruzione del sistema dunoso sarebbe favorita dal sopraggiungere della sabbia in seguito alla riattivazione del trasporto solido da parte del Torrente Conca, come illustrata nelle azioni proposte ai paragrafi precedenti. In conclusione, la volontà di ripristino di un equilibrio ambientale viene perseguita nell’ambito di questa tesi tramite l’individuazione di tre strategie chiave: la necessità di rimuovere le briglie presenti lungo il corso del torrente per riattivarne il trasporto solido, la necessità di realizzare un canale di by-pass interno al bacino per permettere al materiale solido di superare lo sbarramento, la necessità di ricostruire

l’ambiente dunoso adatto al trattenimento del materiale che si prospetta giungere a mare.

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6 La valutazione dei possibili scenari di intervento


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6.1. L’attuale gestione delle acque

carica della falda fortemente sfruttata durante la stagione estiva, quando la domanda idrica a causa del turismo balneare raggiunge il picco annuale. La gestione attuale delle acque, per cui si verifica a fasi alterne la presenza e l’assenza di acqua, da un punto di vista faunistico, non appare coerente con l’incentivazione della sosta e della nidificazione della fauna ornitica.

L’invaso del Conca è soggetto a una regimentazione che ne prevede ciclicamente lo svuotamento. Durante tutto il periodo invernale e primaverile, l’acqua nel bacino risulta assente poiché la chiusura delle paratoie della diga è limitata ai mesi giugno-settembre, essendo la funzione originaria della diga quella di serbatoio idrico e di ri147


di interventi di grande impatto, opere finalizzate alla gestione idraulica poste in opera senza i necessari accorgimenti per la salvaguardia biologica del fiume, fra le quali possiamo citare briglie, ostacoli e altre opere estremamente impattanti sulla biologia del fiume che hanno letteralmente annullato le possibilità di insediamento e permanenza di popolazioni stabili e ben strutturate di ittio-fauna, devastando la catena alimentare trofica che assicura direttamente all’avifauna presente un luogo idoneo per sostentamento alimentare della popolazione nidificante.

6.1.1. La penalizzazione del profilo faunistico Il fatto che l’invaso sia attivo nella sola stagione estiva, segue una logica inopinabile dal punto di vista della gestione delle acque e delle falde, ma rappresenta un fattore di forte penalizzazione dell’area sotto il profilo faunistico. Se infatti l’invaso è diventato una risorsa preziosa e un polo di attrazione importante per la fauna e soprattutto per gli uccelli acquatici e ripariali fra i quali limicoli, ardeidi, rallidi, scolopacidi e falacrocoracidi, svernanti ma soprattutto migratori, il fatto che in primavera e in autunno l’invaso sia prosciugato totalmente è fonte di “desertificazione faunistica” costante dell’area, che perde ogni funzione ecologica ed ecosistemica per la biodiversità. Durante questi due periodi dell’anno strategici per la migrazione di partenza e di arrivo, la presenza o l’assenza dell’acqua diviene un fattore decisivo per la qualità degli habitat. Prosciugando l’area per un tempo così prolungato e mal sincronizzato con le esigenze della fauna, le garzaie stentano ad insediarsi, le popolazioni tendono a disperdersi e a dover prediligere altri ambiti di alimentazione e/o di nidificazione, la vegetazione stessa tende a rallentare e perdere le caratteristiche ottimali degli habitat umidi limitando enormemente l’espressione della potenzialità ecologica dell’invaso. Il medesimo discorso si può fare in estate, quando l’invaso viene riempito e la diga utilizzata a pieno regime. In questo periodo dell’anno, la criticità riguarda la comunità ittica a mare del bacino idrico. La mancanza di garanzie del deflusso minimo vitale del Conca, unitamente ad una serie

6.1.2. Una possibile intermediazione Nonostante l’assenza di acqua nell’invaso consenta la sosta autunnale e invernale di numerose specie, apparirebbe decisamente più indicata la presenza costante delle acque, oggi evidentemente non perseguita per non giungere ad un interrimento dell’invaso che superi le paratie. Affiancare alla vocazione legata alla gestione idrica e idrogeologica dell’invaso, la vocazione ecosistemica non può che rappresentare un valore aggiunto. Occorrerebbe concordare una pianificazione della gestione delle acque, i tempi di allagamento dell’invaso e le modalità di manutenzione dello stesso. Tale mutamento di scelta politico-strategica di gestione, più volte sollecitata dalla Provincia di Rimini e in particolare dall’Assessorato all’agricoltura e tutela faunistica, si è storicamente arenata sulla scarsa sensibilità al problema dell’ente statale proprietario della diga che, di fatto lontano e non radicato al territorio, non ha mai compreso realmente il valore e il potenziale sociale, turistico ed ecologico 148


dell’invaso, vedendone unicamente la funzione idraulica. Romagna Acque, ente gestore e soggetto dell’espressione del territorio, può invece giocare un ruolo fondamentale di intermediazione e, in questo senso, dimostrarsi attore principale nella valorizzazione delle proprie fonti, sfruttandone le innumerevoli ricchezze, non solo sotto il profilo idrico, finalmente in collaborazione con i comuni, la Provincia, il Servizio tecnico di bacino e gli altri soggetti interessati.

Valorizzazione dei carattteri ambientali e naturalistici

Nel paragrafo che segue, si sono indagate diverse possibilità di intervento: le prime tre sono, per così dire, scenari limite, ovvero rispettivamente di mantenimento della situazione attuale, di ripristino dell’asta fluviale tramite la rimozione della diga e il recupero totale della superficie di invaso. Un quarto scenario ipotizza la riduzione della superficie di invasabile. Gli ultimi due scenari ipotizzano la realizzazione di un sub-invaso di minima conservazione perenne delle acque. Riconnettere la costa e l’entroterra

Promozione turistica compatibile

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6.2. Gli scenari limite 6.2.1. Il mantenimento della situazione odierna

della stagione estiva viene man mano captata fino allo svuotamento totale dell’invaso. Questa continua alternanza di presenza e mancanza d’acqua fa sì che le specie faunistiche siano periodicamente private del proprio habitat naturale, aspetto molto importante anche per quanto riguarda il turismo naturalistico che investe l’area. E’ evidente che si renda necessario un intervento per risolvere una serie di problematiche.

In questo primo scenario, al fine di valutarne le conseguenze sotto diversi punti di vista, si presuppone di non intervenire nell’area. La situazione attuale è quella di un invaso che ha perso quasi totalmente la propria funzione di approvvigionamento idrico, poiché la sua superficie utile risulta in gran parte interrita dai sedimenti depositatisi nel tempo. La qualità ambientale del bacino risente profondamente della quantità di acqua in esso presente: durante tutto l’arco dell’anno le paratoie della diga vengono chiuse cosicchè l’acqua possa essere intercettata, ma con il sopraggiungere 150


6.2.2. Il ripristino dell’asta fluviale pre-costruzione diga

ove instaurare attività ricreativo-sportive. Dal punto di vista della qualità ambientale questa operazione da un lato risolve il problema del mancato apporto solido a mare, dall’altro non permette la preservazione di quello che nel tempo è divenuto un importante habitat per diverse specie faunistiche. Venendo meno un determinato tipo di ambiente umido, la biodiversità ne risente.

In un secondo scenario si presuppone di eliminare la diga e la superficie allagabile, con l’obiettivo di ripristinare l’originario ambiente fluviale. Si opera per la riconfigurazione dell’intero tratto terminale dell’asta fluviale, la ricostruzione degli argini e delle sponde, la reintegrazione della vegetazione golenale e spondale con specie autoctone. La superficie attualmente occupata dall’invaso artificiale diviene oggetto di rimodellazione, tramite movimenti di terra in situ ed eventualmente integrazione di materiale alloctono. Si viene così a costituire un’ampia area verde da destinare a parco, 151


6.2.3. Il recupero totale della superficie di invaso

una pista ciclabile in sinistra idraulica, che permetta di collegare la foce con l’entroterra. Si tratta di una soluzione che se da un lato risolve il problema dell’apporto solido alla foce, dall’altro non risolve quello dell’alternarsi di condizioni favorevoli e sfavorevoli per la sopravvivenza delle specie faunistiche e vegetali. Infatti risente della stagionalità con cui l’invaso viene utilizzato per la captazione idrica da parte delle città della costa.

In un terzo scenario si ipotizza di intervenire su tutta la superficie del bacino, dragando la totalità del materiale depositatosi, ripristinando così la capacità massima di invaso. Il problema del mancato apporto solido alla foce è risolto con la realizzazione di un canale di by-pass che assicuri il superamento della soglia da parte dei sedimenti. Il materiale dragato dall’invaso viene reimpiegato in parte per la realizzazione dei due argini del canale di by-pass all’interno di esso ed in parte per la modellazione del terreno circostante, destinato a parco urbano. E’ prevista anche la realizzazione di 152


6.3. Gli scenari attuabili 6.3.1. Il ripristino dell’asta fluviale con espansione della zona umida

In un quarto scenario si ipotizza di intervenire parzialmente sul bacino, dragando metà del materiale depositatosi e ripristinando in parte la capacità di invaso. Il problema del mancato apporto solido alla foce è risolto con la realizzazione di un canale di bypass che assicuri il superamento della soglia da parte dei sedimenti. Il materiale dragato dall’invaso viene reimpiegato in parte per la realizzazione dei due argini del canale di by-pass all’interno di esso ed in parte per la modellazione del terreno circostante. Si tratta di una soluzione che permette di avere un’ampia area verde, dove

poter svolgere una più ampia gamma di attività di tipo ricreativo-sportivo. Sebbene questa soluzione si dimostri più interessante dal punto di vista della progettazione degli spazi verdi, non risolvendo il problema della permanenza dell’acqua durante l’intero arco dell’anno, risulta inadeguata poichè la qualità degli ambienti umidi, quindi la sopravvivenza delle specie faunistiche, ne risentirebbe inevitabilmente.

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6.3.2. La suddivisione della zona umida in due ambiti

In un quinto scenario si presuppone di suddividere l’invaso in due zone: una destinata alla captazione idrica, quindi allagabile, provvista di un canale di by-pass che assicuri il trasporto solido a mare; l’altra alimentata dalla briglia a monte dell’invaso tramite un canale di by-pass atto a convogliare le acque al fine di mantenerle a livello costante. L’intera superficie dell’invaso viene interessata dalle operazioni di dragaggio dei sedimenti, in parte reimpiegati per la realizzazione dell’argine mediano e di quelli del canale di by-pass e in parte per la modellazione del terreno circostante. Si tratta di una soluzione che amplia l’offerta ricreativa a quella degli sport

acquatici. Trattandosi di una soluzione che assicura la permanenza dell’acqua in una porzione del bacino per l’intero arco dell’anno, apre una serie di ulteriori possibilità per il turismo ricreativo-sportivo. Inoltre garantisce la sopravvivenza delle specie faunistiche e vegetali, non più condizionate dalla presenza o meno dell’ambiente umido adatto.

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6.3.3. La suddivisione della zona umida in tre ambiti

L’ultimo scenario ipotizza la suddivisione della superficie del bacino in tre diverse zone: quella intermedia destinata al servizio di approvvigionamento idrico (con canale di by-pass per il trasporto solido a mare), le restanti due a livello idrico costante, alimentate dalla briglia a monte dell’invaso da due canali di by-pass. L’intera superficie dell’invaso viene interessata dalle operazioni di dragaggio dei sedimenti, in parte reimpiegati per la realizzazione degli argini di suddivisione e di quelli del canale di by-pass e in parte per la modellazione del terreno circostante. Si tratta di una soluzione che amplia ulteriormente l’offerta ricreativo-sportiva. La perma-

nenza di acqua è assicurata in ben due porzioni del bacino per l’intero arco dell’anno. In tal modo è garantito il permanere dell’habitat necessario alla sopravvivenza delle specie e al contempo risulta possibile l’utilizzo di gran parte della superficie del bacino per lo svolgimento delle più svariate attività ricreativo-sportive.

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caso realizzate con essenze autoctone e planiziarie, in grado di consentire il rifugio e la riproduzione della fauna anche non strettamente acquatica. Il relativo isolamento dell’argine può garantire tale funzione. L’ingegneria naturalistica offre in proposito ampie e sperimentate possibilità operative.

6.4. L’individuazione delle linee guida Si è deciso di intraprendere le linee guida individuate nel sesto scenario, quello di suddivisione della zona umida in tre ambiti. E’ una soluzione che permette di apportare benefici all’area su un duplice piano: quello faunistico-ambientale e quello tecnico-idraulico.

Nel secondo caso, mirando alla realizzazione di un canale di by-pass interno all’invaso, che permetta di risolvere il problema dell’interrimento del bacino e del conseguente mancato apporto solido alla foce, è possibile al contempo mantenere l’importante funzione di approvvigionamento idrico, resa possibile dalla mutata organizzazione funzionale della superficie dell’invaso.

Nel primo caso, permette di garantire la presenza costante di un ambiente lacustre-palustre e la relativa fauna ornitica, osservabile lungo l’intero percorso dell’Osservatorio ornitologico, il quale troverebbe così pieno significato e attuazione. L’ipotesi progettuale, se realizzata con reali intenti di ricostruzione e diversificazione ambientale può quindi effettivamente sortire l’effetto di qualificare l’area, favorendo la formazione di nuove cenosi vegetali e l’incentivazione della fauna. Gran parte dell’effetto di ricostruzione dell’ambiente gravita attorno alle soluzioni tecniche adottate nella realizzazione dell’argine. Il problema può essere validamente affrontato se il profilo dell’argine viene opportunamente studiato evitando pareti ripide dal lato del bacino permanente, dove la modulazione delle pendenze e della profondità delle superfici allagate adiacenti l’argine consentirebbe l’assestamento spontaneo di cenosi a elofite e igrofite in grado di evitare non solo la linearità dell’argine ma di diversificare l’ambiente e il paesaggio. Devono essere congiuntamente poste in opera interventi di naturalizzazione delle superfici emerse dell’argine, incluso la parete rivolta al Conca, con la realizzazione di siepi, alberature di consolidamento, strutture verdi in ogni 156


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7 Una seconda opportunità per l’Invaso del Conca




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La strategia progettuale, proposta nell’ambito di questa tesi, verte su due macro-obiettivi: prima di tutto la definizione di una metodologia in grado di risolvere le criticità riscontrate a livello ambientale, dove l’esito atteso è quello di un ripristino della dinamicità del sistema fluviale e costiero, in un secondo momento la valorizzazione di quello che si configura come un importante nodo per la riconnessione tra la costa e l’entroterra. Il bacino del Conca si estende per 49 ettari e, sebbene abbia perso la sua indispensabilità come fonte di approvvigionamento idrico ad uso potabile, si è ritenuta vantaggiosa la sua permanenza sia per scopi irrigui sia per integrare l’eventuale (e sempre più

7.1. La strategia Negli ultimi decenni il turismo della Riviera, soprattutto quello riminese, è cambiato ed interessa l’intero territorio provinciale. E’ in atto il passaggio dalla monocultura balneare verso nuove forme di turismo, più organicamente ridistribuite durante l’intero arco dell’anno e in un ambito più ampio di quello strettamente costiero. La riqualificazione dell’area afferente l’Invaso del Conca rappresenta una grande occasione di rigenerazione e ridefinizione del paesaggio costiero e al contempo un’opportunità per l’ampliamento dell’offerta turistica dell’immediato entroterra riminese.

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effettiva) scarsità idrica stagionale. Si è valutata tuttavia la necessità di attuare la compresenza all’interno del bacino di diverse funzioni, per dare spazio all’espressione delle grandi potenzialità paesaggistico-ambientali e fruitive che offre. La presenza di un’estesa superficie d’acqua e il progressivo instaurarsi delle peculiarità ambientali del bacino, dal punto di vista naturalistico e faunistico, rappresentano un’importante risorsa per l’affermazione di una nuova identità per l’intero ambito territoriale e per l’ampliamento dell’offerta turistica della Riviera. La realizzazione di questo intento deve necessariamente passare attraverso la creazione dei presupposti tecnici adeguati, motivo per il quale si è resa indispensabile la determinazione di alcune linee guida di intervento, quali la riorganizzazione della gestione della risorsa idrica, la salvaguardia degli ambienti umidi, la valorizzazione dei collegamenti di fruizione dell’invaso e dell’afferente ambito fluviale, la predisposizione di una serie di attività sportive outdoor, compatibili con la preservazione e la valorizzazione del paesaggio lacustre, destagionalizzanti e allo stesso tempo in grado di rivitalizzare quello che oggi appare come uno scarto dell’urbanizzazione massiccia avvenuta nel corso degli anni ‘70.

habitat, per il sostentamento dell’ittiofauna e di tutta la catena trofica che in esso può trovare rifugio. Come si diceva, l’idea è quella di tripartire la superficie dell’invaso, tramite la predisposizione di due argini di delimitazione dell’area allagabile centrale, quella cioè direttamente connessa all’azionamento della diga, per questo soggetta all’alternarsi della condizione di magra e di piena (quest’ultima limitatamente al periodo estivo, quando le paratoie dello sbarramento vengono chiuse). Le restanti due aree sono pensate per essere mantenute a livello idrico costante, grazie alla realizzazione di un canale di by-pass, attingente acqua direttamente dalla briglia a monte dell’invaso. In precedenza, quando si è trattato il tema della necessità della ripresa del trasporto solido lungo il corso d’acqua, nell’ottica di fornire materiale per il ripascimento naturale della foce, si è evidenziata la necessità di rimuovere le briglie a monte dell’invaso ma, nell’ottica di voler mantenere due superfici costantemente allagate, si renderebbe necessaria la realizzazione di un manufatto trasversale capace di intercettare parte delle portate. Pertanto si specifica che la briglia immediatamente a monte dell’invaso (ovvero quella distante 800 m dalla coda dello stesso), a differenza delle altre, verrebbe preservata e implementata da due opere di presa, di cui si parlerà in maniera più approfondita nei paragrafi a seguire.

7.1.1. La gestione delle acque A partire dalla valutazione dei diversi scenari illustrati al capitolo precedente, emerge la necessità di rivolgersi ad interventi di ingegneria naturalistica nell’ottica di realizzare un sub-invaso di minima conservazione delle acque ad allagamento perenne, che assicuri, in tempo di prosciugamento dell’invaso maggiore, la conservazione degli

Ciò che occorre sottolineare è che la soluzione portata avanti nell’ambito di questa tesi si pone come scopo l’imprescindibile compresenza di due aspetti: quello della necessità di ricarica della falda e di approvvigionamento idrico, attuabile per mezzo 164


della diga, e quello della preservazione della biodiversità faunistica, grazie alla garanzia del mantenimento di un ambiente lacustre-palustre durante l’intero arco dell’anno. La strategia progettuale infatti, non si limita alla volontà di mantenere alcune zone allagabili, ma entrando nel merito delle esigenze delle diverse specie faunistiche, prevede che le zone allagate siano ulteriormente suddivise in ambiti di natura differente, dove la limitata

profondità del fondo di alcuni di essi ha lo specifico obiettivo di favorire la realizzazione di un habitat idoneo alla loro sopravvivenza. In merito al tema della valorizzazione dei caratteri ambientali e naturalistici, valgono le considerazioni fatte, nei capitoli precedenti, sull’esigenza di contrastare il fenomeno dell’interrimento del bacino tramite la realizzazione di un canale di by-pass interno 165


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all’invaso, che permetta la tracimazione del materiale solido oltre la soglia della diga.

costituisce anch’essa un’importante risorsa naturale per la conservazione dell’habitat umido. Se è vero che briglie, ostacoli e opere ingegneristiche, a monte o a valle dell’invaso, hanno devastato in più punti l’habitat di riproduzione dell’ittiofauna nella misura già illustrata nei capitoli precedenti, non sono solamente questi gli interventi in alveo da rendere sostenibili e armonici con l’ambiente che si intende tutelare. La Provincia di Rimini è impegnata in opere di implementazione ecologica degli ambienti umidi riccamente vegetati, come stagni, saliceti e boschi ripariali, fondamentali alla rinaturalizzazione dell’area e all’insediamento di garzaie e habitat stabili. Taluni interventi di manutenzione idraulica in alveo, soprattutto sul tratto di torrente a monte dell’invaso, però, rischiano di essere decisamente impattanti sull’integrità degli habitat. Sfalci a raso di canneti e vegetazione ripariali, soprat-

7.1.2. La salvaguardia degli ambienti umidi Tra gli scenari indagati al capitolo precedente, si è vagliata, tra le tante, l’ipotesi di demolire la diga e intraprendere un intervento di ricostruzione dell’ambiente fluviale, soluzione che certamente permetterebbe di risolvere il problema dell’interrimento dell’invaso ma che difficilmente permetterebbe di garantire la creazione di aree palustri, elementi essenziali per la preservazione della biodiversità delle aree fluviali, motivo per cui la soluzione adottata appare decisamente più sostenibile. In merito al tema della biodiversità, si segnala la presenza, nel territorio comprendente il corso d’acqua, di una realtà minuta di chiari di caccia o di ex cava o di piccoli bacini irrigui, che

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tutto se operati in momenti dell’anno totalmente errati, possono rivelarsi fatali sulla capacità del torrente di ospitare la catena trofica adeguata alla presenza della vita. Al fine di evitare danni agli ambienti e alla biodiversità dell’area, tali interventi andrebbero resi compatibili e adeguati ai ritmi biologici del torrente. Occorrerebbe una più efficiente regia politica della gestione dell’area, una regia che possa fungere da coordinamento fra Servizio tecnico di bacino, Romagna Acque e Ufficio tutela faunistica provinciale.

a quello dell’entroterra. Con la consapevolezza che il Conca riveste un ruolo di forte identità sociale per chi abita lungo le sue sponde, il progetto intende connotarlo non solo come risorsa naturalistica e ambientale, ma anche come occasione di identificazione sociale, attraverso un percorso di recupero e valorizzazione del torrente stesso nei suoi rapporti con le città della costa, mirando al principio della sostenibilità nelle scelte di pianificazione e progettazione. Il primo obiettivo perseguito è quello della ricucitura e valorizzazione dei tracciati ciclopedonali sul lungofiume, che ad oggi risultano frammentati, tramite l’allestimento di punti di sosta attrezzati e la predisposizione di segnaletica didattica ed informativa e di sistemi di illuminazione pubblica. Viene proposta la messa a sistema dei luoghi di interesse naturalistico presenti lungo il torrente, riconnettendo i percorsi che dalla foce permet-

7.1.3. La fruibilità dell’area L’invaso del Conca è situato in un punto strategico per le relazioni fra la vicinissima costa e l’entroterra, motivo per il quale costituisce, oltre che un’importante opportunità di riqualificazione paesaggistico-ambientale, anche una significativa occasione per la riconnessione dell’ambito costiero

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tono la risalita verso l’entroterra e al contempo il raccordo con il sistema del verde, dei parchi e dei centri urbani vicini. Tra le polarità di interesse naturalistico, si evidenzia l’Osservatorio ornitologico presente sulla riva sinistra del bacino che, oltre che costituire un importante risorsa scientifica in campo faunistico, assume importanza anche ai fini didattici. La realizzazione degli argini all’interno del bacino permetterebbe l’incremento dei percorsi di fruizione dell’area e il collegamento diretto tra le sponde dell’invaso artificiale, come anche l’attraversamento predisposto appena a valle della diga, che permetterebbe di valicare il corso d’acqua prima di giungere alla diga. Per quanto riguarda l’accessibilità carrabile all’area si prevede di destinare a parcheggio due aree, una in prossimità dei locali del complesso della diga, l’altra nelle immediate vicinanze dell’edificato residenziale di S.Monica-Cella. La presenza dell’Autostrada Adriatica a valle della diga,

permetterebbe di donare visibilità all’intervento ma allo stesso tempo si configura come una potenziale fonte di disturbo sonoro, in particolar modo per la fauna ornitica. Si prevede quindi la realizzazione di una barriera di vegetazione lungo il tratto che attualmente ne risulta sprovvisto, tramite la piantumazione di specie autoctone. 7.1.4. L’esigenza di coordinamento delle pianificazioni di settore Il complesso delle disposizioni e degli obiettivi contenuti nel Piano Territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR), nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Rimini, nel Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico (PAI) dell’Autorità di Bacino del Marecchia-Conca e nelle Linee Guida regionali per la Gestione Integrata delle Zone Costiere (GIZC), impongono un rilevante processo di riorganizzazione degli usi e delle funzioni per la valorizzazione paesaggistica e ambientale dell’ambi-

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to territoriale del fiume Conca. Per mettere a sistema le diverse esigenze derivanti dai diversi attori in gioco, si ritiene necessaria la stesura di un protocollo di intesa tra Romagna Acque - Società delle Fonti, la Provincia di Rimini e il Servizio tecnico di bacino, al fine di concordare una pianificazione della gestione delle acque che sappia coniugare le vocazioni produttive e gestionali della diga, la sicurezza idraulica del torrente e la vocazione naturalistica, supportata dall’Oasi Faunistica, concordando i tempi di allagamento dell’invaso, per far sì che, per lo meno nei periodi migratori (primavera e autunno), sia garantita la permanenza di acqua in una porzione del bacino. Così facendo, sarebbe possibile valutare la compatibilità ambientale di tali progettualità e metterle a sistema con un approccio che costituisca esempio di “buona pratica” di collaborazione fra Enti, capace di travalicare i singoli confini amministrativi per il raggiungimento di un fine comune.

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di intervento in merito al tema dello sport, determinando le condizioni atte a favorire la realizzazione di nuovi impianti, nell’ottica di valorizzare l’ambito territoriale su cui l’impianto sportivo insisterebbe. Tra i diversi fattori cui tener conto si evidenzia anche il rapporto favorevole che una corretta pratica sportiva nell’ambiente naturale può avere con la salute dei cittadini e di tutti coloro che sono disposti ad arrivare da località piuttosto lontane per godere dei benefici indotti da questa. La predisposizione di una serie di attività sportive può concorrere, grazie alla capacità aggregativa e socializzante che queste possiedono, al recupero e alla riqualificazione di quest’area, che presenta potenzialità non indifferenti, dovute soprattutto alla sua posizione strategica (si trova a soli 3 km dai principali stabilimenti balneari della zona) e alla presenza di altri poli turistici di interesse sovralocale, come l’Autodromo di Misano, il Riviera Golf Resort e il Riviera Horses Resort. La riqualificazione ambientale e l’aumento dell’attrattività dell’area afferente l’Invaso del Conca consentirebbe maggiori opportunità di marketing territoriale, nonché una maggiore coesione sociale per i residenti che oggi non dimostrano avere un rapporto attivo con il bacino. La maggior accessibilità delle aree verdi, la riconnessione con la costa e l’aumento della capacità attrattiva che si attendono come conseguenza derivante dalla proposta progettuale, possono infatti incidere anche sul rafforzamento dell’identità collettiva.

7.2. La proposta progettuale Il progetto si pone come obiettivo la rifunzionalizzazione dell’invaso in chiave naturalistica, sportiva e ricreativa e la riorganizzazione spaziale e gestionale dell’intero ambito del Conca, tenendo conto della eterogeneità e della complessità delle situazioni paesaggistiche esistenti. Come si diceva, l’ambito territoriale dell’Invaso del Conca rientra a pieno titolo tra le migliori occasioni di sviluppo del retrocosta romagnolo e la presenza di una superficie bagnata piuttosto estesa costituisce un’opportunità non indifferente per insediarvi attività sportive di tipo acquatico. Tra tutte le attività umane, infatti, lo sport è una di quelle che presenta la più significativa correlazione con l’ambiente naturale. Il ruolo degli spazi sportivi nella pianificazione e programmazione territoriale fornisce un importantissimo contributo per quanto riguarda la riqualificazione ambientale. Il turismo sportivo romagnolo, a partire dal 2003, è promosso dalla Wellness Foundation, che si pone come obiettivo primario l’affermazione della Romagna come primo distretto internazionale di competenze nel campo del benessere e della qualità della vita delle persone, portata avanti attraverso la valorizzazione delle peculiarità locali e l’organizzazione di numerosi eventi legati allo sport e alla salute. Il progetto di riqualificazione dell’Invaso del Conca potrebbe rientrare a pieno titolo in questo programma, ponendosi come un’importante occasione di riattivazione territoriale attraverso l’incremento dell’offerta sportiva e ricreativa. Inoltre, la Legge n. 147 del 27.12.2013 introduce nuove possibilità

Il bacino del Conca in quest’ottica si configura come un’importante risorsa per la valorizzazione del patrimonio ambientale e naturalistico esistente. 174


La prima operazione eseguita è stata la riorganizzazione della superficie dell’invaso, tramite la ripartizione di questo in diverse vasche. Come si deduce dal Masterplan, la zona Nord è suddivisa in quattro vasche: due dedicate alla depurazione delle acque, una alla pesca sportiva e un’altra al canottaggio e alla balneazione. La zona Sud invece è quella prettamente sportiva, con una vasca dedicata al surf, una dedicata al cable park e una dove è possibile praticare arrampicata sull’acqua. Anche per questa zona è prevista una vasca di fitodepurazione. Nell’ottica di realizzare un sistema a basso impatto ambientale e quanto più possibile economico, si è ritenuto consono l’utilizzo di tecnologie tali da poter sfruttare le risorse disponibili e abbattere il più possibile i costi di manutenzione. In questo senso, data la necessità di mantenere le suddette vasche a livello idrico costante, si è optato per la realizzazione di canali di by-pass che, come si è detto in precedenza, permetterebbero di convogliare dalla briglia fin qui le acque fluviali, in seguito ad un processo di trattamento e depurazione, di cui si parlerà più approfonditamente nei capitoli a seguire.

Dall’ultimo rilievo disponibile, effettuato nel 2012, e da ciò che dichiara la società nel Bilancio di sostenibilità 2016, la quantità di materiale che negli ultimi anni si deposita nel bacino è pari a 15.000 mc/anno, una quantità che per certi versi può sembrare irrisoria (se confrontata con quella riscontrata nell’ambito del rilievo del 1999, attestata attorno ai 50.000 mc annui) ma se sommata al deposito, pari a circa 1,4 m, che ormai sembra essersi consolidato sul fondo del bacino, è evidente quanto l’intervento sia indispensabile. La riduzione della capacità utile di invaso tra 1999 al 2012 è stata stimata pari al 21%, mentre tra il 1975 e il 2012 pari al 33%, quindi una consistente riduzione, considerati i numerosi dragaggi effettuati nel tempo e l’ampliamento realizzato nel 1984. Nell’ambito di questa tesi si è considerato di poter reimpiegare gli inerti dragati dall’invaso per la modellazione dei rilevati arginali interni al bacino e per la modellazione del terreno nell’area Sud di progetto, in linea con quanto concesso dal DM 161/2012, che disciplina l’utilizzo delle terre e rocce da scavo. Questo nasce dal D.Lgs. 152/2006, che stabilisce i criteri qualitativi e quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. Ai sensi dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 Aprile 2006 n. 152 e successive modificazioni, “sono da considerare sottoprodotti [...] le terre e rocce da scavo [...] prodotte, nell’esecuzione di opere pubbliche [...], da materiali, sostanze o residui di varia natura [...] impiegati, senza alcuna trasformazione diversa dalla normale pratica industriale, intendendosi per tale anche selezione granulometrica, riduzione volumetrica [...], nell’ambito di un ciclo produttivo che preveda la

7.2.1. Il dragaggio dei sedimenti e il loro reimpiego La prima operazione da eseguire per poter intervenire sull’invaso, come si diceva, è il dragaggio del materiale depositatosi negli anni, pratica che il gestore della diga (Romagna Acque Società delle Fonti) effettua periodicamente per far sì che la risorsa possa contribuire, sebbene in minima parte, all’approvvigionamento idrico del territorio riminese. 175


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loro ricollocazione secondo le modalità stabilite nel progetto di utilizzo approvato dalle autorità competenti, [...] nel rispetto delle caratteristiche ambientali del sito di destinazione, con riferimento alle concentrazioni di Tabella 1, Allegato 5, Titolo V, Parte IV del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, fatta salva la possibilità, in caso di fenomeni naturali che determinano superamenti delle stesse, di adottare i valori del conto come concentrazioni soglia di contaminazione”. Per materiale da scavo si intende l’orizzonte stratigrafico costituito da una miscela eterogenea di materiali inerti di origine antropica e dal suolo/sottosuolo, quindi litoidi e frazioni granulometriche proveniente da escavazioni in alvei di corpi idrici superficiali e del reticolo idrico scolante e in zone golenali dei corsi d’acqua e fondali lacustri. In altre parole, per poter utilizzare i materiali da scavo, affinché questi non comportino pregiudizio per la salute dell’uomo e per l’ambiente, è necessario rispettare le condizioni di cui all’art. 4 comma 1 del regolamento citato e dimostrare il rispetto di tali condizioni tracciando la movimentazione dei materiali (dalla fase di produzione alla fase di utilizzo) con appositi documenti. Nel rispetto dei requisiti ambientali, si ritiene di poter considerare i materiali da scavo come sottoprodotti a condizione che il materiale sia: • generato durante la realizzazione di un’opera (di cui è parte integrante) il cui scopo primario non sia la produzione di tale materiale • utilizzato per reinterri, riempimenti, modellazioni, rilevati, ripascimenti, nterventi a mare, ripristini e miglioramenti ambientali (nella stessa o in altre opere) • idoneo ad essere utilizzato diretta-

mente senza trattamenti diversi dalla normale pratica industriale. Quindi per dimostrare il rispetto dei requisiti di qualità ambientale dei materiali si renderà necessaria la caratterizzazione ambientale del materiale da scavo e riporto sia in fase progettuale (prima dello scavo vero e proprio) che in fase esecutiva, prevedendo il campionamento e la caratterizzazione chimico-fisica dello stesso. I parametri da analizzare dovranno tener conto della storia del terreno, delle attività antropiche in grado di condizionarne la qualità, quindi dell’eventuale inquinamento pregresso, e delle anomalie del fondo. Il rispetto di questi requisiti si intenderà garantito con l’accertamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazone (CSC) di cui alle Colonne A e B della Tabella 1, Allegato 5, Titolo V, Parte IV del D.Lgs. 152/2006, con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica o ai valori di fondo naturali. I requisiti di qualità ambientale (ovvero i parametri da considerare) sono individuati e determinati dall’ente ARPA. In seguito alla consultazione del Catasto Siti Contaminati (2015) elaborato da ARPA ER, si è potuto constatare che l’ambito territoriale del Torrente Conca non risulti in alcun modo contaminato, pertanto il materiale che si intende dragare dall’invaso risulterebbe idoneo ai fini previsti dal progetto di riqualificazione portato avanti nell’ambito di questa tesi. 7.2.2. La superficie invasabile La zona centrale dell’invaso, individuata in fase progettuale dai due rilevati arginali maggiori, viene riservata alla funzione di serbatoio idrico per rispondere all’esigenza di approv178


vigionamento attribuibile a Romagna Acque - Società delle Fonti. L’esigenza, riscontrata in fase analitica, di mantenere alcune zone dell’invaso a livello costante per la preservazione delle specie faunistiche, e l’intento di riqualificazione dell’ambito afferente l’invaso da un punto di vista ricreativo-sportivo, ha fatto sì che in fase progettuale si optasse per la necessaria limitazione della superficie allagabile alla sola fascia centrale del bacino, direttamente connessa con la diga e opportunamente prevista di un canale di by-pass di cui si è, in precedenza, largamente illustrata l’indispensabilità. Infatti, per limitare l’apporto solido al bacino in fase di progetto, nel 1969 viene indicata fondamentale la costruzione di una traversa fissa a circa 1.200 m a monte dello sbarramento, di altezza 2,0 m e con capacità di trattenuta pari a 280.000 mc (corrispondente al trasporto solido al fondo di circa 3 anni, stanti i calcoli effettuati nello Studio per il ripristino del trasporto solido a valle dell’Invaso del Conca del 1999), traversa che però non viene realizzata, con conseguente rapido interrimento del bacino già dai primi anni di esercizio.

Diga del Conca di una quantità così irrisoria, pari al solo 6% della totalità del volume utile disponibile, a fronte di una disponibilità potenziale di 1.167.800 mc (dato ricavato dal Rilievo del 2012) non sono chiare. Probabilmente si tratta di una scelta portata avanti, dalle Amministrazioni e da Romagna Acque, nell’ottica di favorire la ricarica della falda della conoide del Conca piuttosto che quella del prelievo effettivo di acque superficiali contenute nell’invaso. Considerata la superficie della zona allagabile individuata dagli argini maggiori e la profondità stabilita per questa porzione di bacino, si è calcolato un volume di invaso indicativamente pari a 600.000 mc. Si sottolinea che nella valutazione, sebbene sommaria, del volume invasabile si sia opportunamente tenuto conto dell’ingombro degli argini del canale di bypass (avente ognuno una sezione di 32 mq per una lunghezza complessiva del canale, dalla coda del bacino alla soglia della diga, di 600 m) e di quello degli argini maggiori (considerato in questo caso il solo versante riguardante la suddetta area allagabile).

In seguito al dragaggio del materiale sedimentato nel bacino, indicato dal presente lavoro di tesi, e la conseguente ricostituzione del fondo dello stesso, si è stimato che, prevedendone una profondità pari a circa 6 m e una superficie allagabile di circa 16 ettari, la quantità di acqua che complessivamente risulterebbe invasata sarebbe di quasi dieci volte superiore a quella che nel 2016 viene indicata come effettivamente captata dal servizio idrico, pari questa a soli 69.415 mc. Le motivazioni che stanno dietro all’attuale captazione da parte della

Concludendo, il progetto portato avanti nell’ambito di questa tesi permetterebbe di garantire una capacità utile di invaso pari a poco meno della metà di quella attestata ad oggi. Come si diceva però, dal momento che l’approvvigionamento idrico della Riviera è garantito dalla società Romagna Acque, che nel 2008 è divenuta proprietaria di tutte le fonti idriche presenti sul territorio romagnolo, il ruolo di serbatoio idrico attribuito all’Invaso del Conca risulta in una certa maniera non più indispensabile. Si è scelto di garantirlo nell’ottica di 179


provvedere all’eventuale siccità stagionale che sempre più spesso affligge l’ambiente. Inoltre si è ritenuto uno strumento utile ad assicurare la ricarica della falda (il che motiva anche la scelta di ripristinare una profondità di 6 m), per la quale si auspica una progressiva diminuzione degli emungimenti. In questo senso, la captazione delle acque superficiali invasate dalla Diga del Conca costituirebbero un’importante risorsa da gestire in maniera consapevole.

rispetto alla zona allagabile associata all’utilizzo della diga, avendo individuato la necessità del mantenimento del loro livello idrico costante, si è studiato un sistema di derivazione delle acque del torrente che prevede la realizzazione di due opere di presa che, tramite due canali di bypass (superficiale per l’area Nord ed sotterraneo per l’area Sud, in quanto vi è presente il Riviera Golf Resort) sarebbero in grado di convogliare le acque all’interno delle relative vasche di fitodepurazione, di cui si parlerà più specificatamente nel paragrafo che segue. Come si è detto in precedenza, a 800 m di distanza dalla coda dell’invaso è presente una briglia, realizzata nel 1983 per regolarizzare l’alveo e far sì che questo ripristinasse il suo profilo di equilibrio, compromesso dalla massiccia escavazione di inerti avvenuta nei decenni precedenti. Mentre le restanti quattro briglie, presenti nel tratto di torrente compreso tra l’invaso e Morciano di Romagna, verrebbero eliminate, questa briglia assume un ruolo importante ai fini della proposta progettuale portata avanti da questa tesi. Si intende infatti mantenerla e implementarla con la realizzazione di due opere di presa.

7.2.3. Le opere di presa e i canali di by-pass Per quanto riguarda le vasche di suddivisione interna del bacino, quelle della zona Nord e quelle della zona Sud, quindi al di sopra e al di sotto

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Le opere di presa sono composte da una o più luci di ingresso dell’acqua, da opere di filtraggio (griglie), da bacini di calma (canali sghiaiatori e dissabbiatori) e da dispositivi di regolazione delle portate derivabili (paratoie, sfioratori, aste idrometriche). Le luci di ingresso delle due opere di presa a pelo libero sono poste sulle due sponde a monte dello sbarramento. La dimensione delle opere di presa è valutata in funzione delle peculiarità del corso d’acqua, del trasporto solido, del tipo di sbarramento, dell’uso cui è destinata la risorsa e dalla necessità di consentire la regolazione delle portate derivabili. A protezione dell’opere di presa dal trasporto solido che accompagna il deflusso si adottano appositi dispositivi di filtraggio e di sedimentazione. Le griglie all’imbocco delle luci di presa trattengono le foglie e i corpi galleggianti. Le vasche sghiaiatrici intercettano il trasporto grossolano che viene scaricato in alveo a valle della traversa. Le vasche dissabbiatrici, poste a valle di quelle sghiaiatrici, fanno defluire l’acqua a velocità ridotta in modo da consentire, lungo il percorso, la sedimentazione del materiale solido in sospensione. La regolazione dei livelli idrici, e quindi della portata da derivare, è praticata attraverso specifici dispositivi collocati in prossimità delle luci di ingresso (paratoie limitatrici con annessi sensori di livello e aste idrometriche).

nella quale la presenza di specifici dispositivi consente la regolazione delle portate derivate. L’opera di presa in sinistra idraulica invece è connessa a due vasche di fitodepurazione (una nelle vicinanze del campo da rugby, l’altra in prossimità dell’Autodromo di Misano) tramite un canale di by-pass a pelo libero, rivestito internamente in muratura e massi, che all’altezza della coda dell’invaso si dirama e, correndo perimetralmente alla superficie del bacino, con due differenti canali raggiunge i relativi bacini.

L’acqua derivata viene quindi immessa nei canali di by-pass, che hanno il compito di portare l’acqua dalla briglia alle vasche di fitodepurazione. L’opera di presa prevista in destra idraulica è connessa al bacino di depurazione tramite un canale adduttore costituito da una tubazione metallica interrata,

La necessità di avere acqua a livello costante all’interno delle vasche ha portato alla predisposizione di tecnologie atte a renderla balneabile, tecnologie che allo stesso tempo permetterebbero la preservazione degli ambienti umidi e la salvaguardia degli habitat naturali instauratisi nel bacino.

Queste opere di derivazione sono progettate in modo da captare una determinata quantità d’acqua: la risorsa non derivata rimane in alveo e viene fatta defluire verso valle direttamente dalla traversa, per semplice sfioro superficiale. Secondo la normativa vigente è reso obbligatorio rilasciare a valle delle captazioni idriche una portata di Deflusso Minimo Vitale (DMV), pertanto la quota di DMV deve essere prioritaria rispetto alla quantità di acqua da captare e deve essere garantita immediatamente a valle del prelievo. Ciò comporta che, se le portate naturali in alveo sono prossime ai valori di DMV, il concessionario debba interrompere il prelievo, al fine di mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità degli ecosistemi interessati. 7.2.4. La fitodepurazione

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compreso tra 0,3 e 0,6 m. Il flusso è indirizzato all’interno delle vasche attraverso un percorso che comprende la zona di inlet e tutte le aree del sistema fino a una struttura di outlet. In questi bacini di fitodepurazione è prevista la presenza di specie vegetali tipiche delle zone umide (macrofite igrofile), sia radicate ad un substrato di crescita che flottanti sullo specchio d’acqua. Vi sono coinvolti, oltre alle specie vegetali, anche i microrganismi associati: in questo modo gli eventuali inquinanti contenuti nelle acque, provenienti dal torrente, vengono degradati, rendendole adatte alla balneazione. Le specie vegetali che vi vengono inserite appartengono ai gruppi delle idrofite e delle elofite, tipiche specie paludose, quindi Scirpus, Eleocharis, Cyperus, Juncus, Phragmites australis, Phalaris arundinacea, Glyceria maxima e Typha. Queste aree umide artificiali offrono un maggior grado di controllo rispetto agli ambienti umidi naturali, consentendo una precisa valutazione dell’efficacia depurativa sulla base della conoscenza della natura del substra-

Si è quindi scelto di ricorrere ai sistemi di fitodepurazione, ovvero la riproduzione all’interno di bacini impermeabilizzati, quindi in ambiente controllato, dei processi di autodepurazione che avvengono naturalmente. Il potere depurativo di questi trattamenti deriva dalla combinazione di processi fisici, chimici e biologici, quali l’attività microbica, l’assunzione diretta da parte delle piante, la sedimentazione, la filtrazione e l’assorbimento. Questi sistemi si distinguono in relazione al percorso idraulico compiuto dal refluo che li attraversa con diversi regimi di flusso, in seguito all’opportuno collettamento, che in questo caso avviene tramite i canali di by-pass attingenti acqua dalla briglia a monte dell’invaso. Si è optato per un sistema a flusso libero (Free Water Surface, FWS), poiché riproduce nella maniera più fedele le zone palustri naturali. Si tratta di tre bacini molto bassi, intorno agli 0,6 m, dove il livello dell’acqua è mantenuto costantemente sopra la superficie del medium, con un battente idrico

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to (naturale), delle tipologie vegetali ma soprattutto dei flussi idraulici e dei tempi di ritenzione delle acque. 7.2.5. Le attività sportive outdoor (cable park, arrampicata sportiva e scivoli, pump track) L’acqua, una volta condotta nelle relative vasche di fitodepurazione, dove processi fisici, chimici e biologici hanno il compito di renderla balneabile, verrebbe convogliata all’interno delle varie vasche in cui sono previste diverse attività ricreativo-sportive. Come si evince dal Masterplan, nell’area Nord, in successione a partire dall’alto, ci sarebbe una vasca di fitodepurazione preposta all’immissione dell’acqua nella vasca adiacente, dedicata, questa, alla pesca sportiva. Nella zona limitrofa alla coda dell’invaso invece un’altra vasca di fitodepurazione avrebbe il compito di alimentare la vasca maggiore, dedicata invece alla balneazione e al canottaggio. Infine, per quanto riguarda l’area Sud, la vasca di fitodepurazione verrebbe realizzata nella porzione di invaso adiacente al Riviera Golf Resort e alimenterebbe le tre vasche vicine, una dedicata al surf, una al wakeboard e l’ultima all’arrampicata sull’acqua e agli scivoli acrobatici.

una pratica che non prevede alcun fine di lucro e può essere esercitata unicamente a scopo agonistico (pesca agonistica) o per puro “diletto” (pesca dilettantistica). Oggi questo sport annovera un numero altissimo di praticanti e appassionati, tanto da essere menzionato nei regolamenti comunitari, con la raccomandazione per gli Stati membri di garantire che venga praticato compatibilmente con lo sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche vive e nel rispetto degli obblighi imposti. La pesca sportiva è divenuta oggi un’attività che assume nuovi e molteplici significati: agonismo, attività di svago e occasione per il cittadino per mettere in atto un rapporto diretto con l’ambiente naturale. Inoltre, in termini sociali, può costituire un’occasione di socializzazione e di interscambio con l’ambiente lacustre. Per quanto riguarda le specie da immettere nel bacino, si evidenza che verrebbe eseguito un ripopolamento prediligendo la fauna ittica autoctona, infatti l’introduzione accidentale di altre specie potrebbe avere un decisivo impatto su di essa, alterando la comunità biologica e influendo negativamente sulla biodiversità. In linea

7.2.5.1. La pesca sportiva Una delle vasche di suddivisione interna del bacino verrebbe dedicata alla pesca sportiva e attrezzata con pontili, che permetterebbero lo svolgimento dell’attività di pesca e allo stesso tempo costituirebbero punti di ritrovo per le eventuali attività didattiche. Per pesca sportiva si intende l’attività di pesca diversa da quella professionale e da quella scientifica. E’ 183


con l’esigenza di conservazione delle specie ittiche, si sottolinea la necessità che i pesci catturati vengano in seguito rilasciati, secondo la pratica del catch & release. I responsabili della gestione della pesca sportiva avrebbero il compito di monitorare e controllare che le indicazioni vengano rispettate, al fine di garantire una gestione eco-compatibile dell’ambiente acquatico. La pesca sportiva oltre a rivestire una notevole importanza per quanto riguarda il tempo libero, assumerebbe anche una significativa valenza dal punto di vista economico, derivante sia dal commercio delle attrezzature che dalla fruizione turistica attesa.

agonistica e dilettantistica può fungere da volano per il rilancio del turismo outdoor ed ecosostenibile della zona. Infatti si tratta di uno sport in grado di proporre eventi di un certo interesse turistico, donando visibilità ai luoghi in cui si svolgono. Sul percorso che corre perimetralmente lungo l’invaso, è prevista la realizzazione di un edificio, dotato di rimessa per le canoe/kayak, di una zona ristoro con bar e servizi e, sulla copertura praticabile, di punti di osservazione dell’ambiente lacustre. Dal-

7.2.5.2. Il canottaggio e la spiaggia L’altra vasca che caratterizza l’area Nord dell’invaso, nonché in assoluto la maggiore per dimensioni, presenterebbe lungo la sponda Ovest una zona per la balneazione, con apposita spiaggia libera, e una zona dedicata al canottaggio. La presenza del canottaggio come attività sportiva

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lo spazio centrale sarebbe possibile raggiungere in canoa o kayak le corsie predisposte all’interno della vasca: percorsi tracciati da una successione di boe, per una lunghezza complessiva di 400 m. Nella progettazione dell’impianto di canottaggio si è tenuto conto, tra le altre cose, della direzione del calare del sole, pertanto la scansione delle corsie è stata predisposta in direzione Sud-Ovest Nord-Est. Così facendo sarebbe possibile evitare lo spiacevole inconveniente della luce frontale del sole che, in combinazione con il riflesso sull’acqua e sulle boe, impedirebbe di disporre di una buona visuale. Esistono diverse manifestazioni in Ita-

lia che, anno dopo anno, riscuotono sempre più adesioni da parte dei canoisti e la presenza di questo impianto potrebbe veicolare alcune di esse (quelle per le distanze di 200 m) all’interno dell’Invaso del Conca. Le spese organizzative per la gestione di eventi di questo tipo sarebbero supportate dalle quote di partecipazione, dalle sponsorizzazioni locali e dai contributi degli Enti preposti. In ogni caso, l’impianto prevedrebbe principalmente la creazione di occasioni per il tempo libero, l’eventuale allestimento per gli eventi ufficiali sarebbe di natura provvisoria.

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7.2.5.3. La vasca per il surf Nella zona Sud dell’invaso il progetto prevede una serie di attività sportive acquatiche. Una di queste è il surf, per il quale viene predisposta una wavepool, una piscina (di appena 1 m di profondità) provvista di una tecnologia in grado di generare onde artificiali, che simulano per grandezza quelle oceaniche. Questo sistema funzionerebbe grazie ad un generatore, posto all’interno di un lungo corpo posizionato al centro della piscina e retto da una struttura metallica, che, scorrendo linearmente al di sotto del livello dell’acqua, genererebbe onde non-stop ambo i lati. Tutto ciò è messo in atto da un sofisticato software che permette di gestire l’altezza, la forma e la potenza delle onde, allo scopo di adattarle al livello di esperienza di tutti i surfisti. Si tratta di un sistema che è frutto di anni di ricerca nella dinamica computazionale dei fluidi e nella batimetria,

brevettata da Wavegarden, azienda leader nella tecnologia dell’onda artificiale, che ha già realizzato un impianto di questo tipo in Galles (“Surf Snowdonia”). Le recenti ricerche in questo campo hanno portato a notevoli progressi tecnologici, per cui oggi è possibile ridurre al minimo i costi di esercizio di questa tecnologia, resa assolutamente efficiente dal punto di

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vista energetico. In totale tre strutture Wavegarden sono già aperte al pubblico (quella in Galles, “NLand” in Texas e “Wavegarden Cove” nei Paesi Baschi) e la realizzazione di nuovi progetti presto avrà luogo anche a Barcellona, Madrid, Costa del Sol, Edimburgo, Bristol, Londra, Melbourne, Sydney, Perth, New York, Santiago, Marrakech e Tel Aviv. Il concetto di wavepool nasce dal tentativo di trovare una soluzione alla principale limitazione che si riscontra nella pratica di questo sport, ovvero il fatto che sia necessaria la presenza delle onde. Questo fattore dipende in natura dalle condizioni marine, maggiormente favorevoli lungo le coste lambite dagli oceani, motivo per cui le nazioni in cui si pratica maggiormente questo sport sono ad oggi gli Stati Uniti e l’Australia. Nonostante il Mediterraneo non offra le medesime condizioni marine riscontrabili negli oceani, anche in Italia si è formato un discreto movimento dedicato a questo sport.

Secondo la Federazione Italiana Surf, sarebbe praticato con costanza lungo tutto il corso dell’anno da oltre 30.000 sportivi, numero che cresce abbondantemente durante il periodo primaverile ed estivo. A queste latitudini infatti la Primavera e l’Estate sono le stagioni più favorevoli per cavalcare le onde, grazie al consistente sferzare dei venti. L’Adriatico, pur essendo intensamente frequentato da surfisti, offre condizioni e temperature peggiori rispetto alle coste tirreniche, potendo contare annualmente soltanto su 60100 giorni utili alla pratica di questo sport. Inoltre in Italia, le onde migliori si presentano quando le condizioni meteo sono più avverse e le temperature più basse. Secondo l’Econstat, il surf è il primo motivo per cui si verifica il turismo sportivo estero mondiale degli italiani. Inoltre esistono professionisti disposti a trascorrere mesi all’estero per affinare la propria tecnica. Si tratta di un dato molto importante che sup-

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porta e giustifica la realizzazione di questo sistema all’interno del bacino del Conca: si tratterebbe di un investimento in grado di attirare turisti da tutto il mondo, mettendo in atto l’auspicata destagionalizzazione turistica di questi luoghi, dal momento che ad oggi gli arrivi e le presenze in Riviera risultano ancora fortemente stagionali (sebbene qualcosa negli ultimi tempi stia cambiando), poiché associati al turismo balneare estivo. 7.2.5.4. Il cable park Un’altra delle vasche previste all’interno della zona Sud dell’invaso sarebbe adibita a Cable Park, rendendo possibile la pratica del Wakeboard, uno sport di recente diffusione che nasce dalla fusione dello sci nautico e dello snowboard. Il sistema prodotto dalla Sesistec e denominato Full Size Cable, consente di fare a meno del tipico motoscafo trainante, rendendo possibile la pratica di questo sport all’interno di un bacino di modesta profondità (solamente 1 m). La tecnologia sarebbe composta di sei tralicci perimetrali di 12 m di altezza, posizionati su piloni che affondati dentro l’acqua, lungo i quali la presenza di due pulegge permetterebbe lo scorrimento di un cavo di acciaio. Fissato il “carrier” (ovvero il triangolo al quale è assicurata la corda) a questo cavo, il rider può libera-

mente surfare sull’acqua, percorrendo un tracciato prestabilito, costituito da elementi che permettono l’esecuzione di salti e acrobazie. Essendo le pulegge azionate da un motore elettrico, questa tecnologia risulterebbe silenziosa e non inquinante e garantirebbe consumi ridotti. Inoltre l’installazione di questo sistema all’interno di un bacino già esistente permetterebbe di abbattere i costi, rispetto ad una soluzione che imponga invece di effettuare uno scavo su misura. Il fondo della vasca verrebbe opportunamente impermeabilizzato. Si precisa inoltre che i tralicci verrebbero schermati da alberature, in modo tale da non renderli visibili dall’esterno.

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7.2.5.5. La vasca per l’arrampicata sull’acqua Tra il Wavegarden e il Cable Park, è stata predisposta una piscina di più modeste dimensioni dedicata alla disciplina del Deep Water Soloing (DWS), anche conosciuto come Psicobloc. Il sistema consiste sostanzialmente in una parete di arrampicata alta 15 m e a strapiombo sull’acqua, in modo tale che i climbers che tentano di raggiungere la vetta, senza l’uso di corde né rinvii, siano protetti dalla caduta in acqua. Vi è inoltre una serie di scivoli, adagiati sulla collina principale (realizzata grazie al reimpiego del materiale dragato dall’invaso e alta 15 m) che permettono di compiere sessioni di freestyle prima di giungere in acqua. Lungo l’intero perimetro della piscina, che nel punto di maggior profondità toccherebbe i 5 m, sono state predisposte delle gradonate per permettere agli spettatori di assistere alle com-

petizioni di arrampicata e di freestyle. Queste competizioni sarebbero in grado di attrarre sportivi e appassionati da ogni parte del mondo, infatti quello dell’arrampicata è uno sport che riscuote man mano sempre più successo. Questo tipo di impianto sull’acqua potrebbe rientrare all’interno del ciclo di competizioni denominato Psicobloc Master Series, che ha luogo ogni anno in località dislocate in tutto il mondo.

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7.2.5.6. Il Pump Track Infine, nella zona più prossima ai locali della diga è stato predisposto un circuito pump track, ovvero una pista modulare composta da curve e gobbe percorribile in mountain bike. I raggi delle curve sono studiati per mantenere o acquistare velocità e raccordarsi con le gobbe, garantendo una percorrenza fluida lungo la pista. Lo scopo del pump track è infatti quello di percorrerlo senza pedalare ma sfruttando solo la spinta. Si tratta di un sistema misto, con tracciati sterrati intervallati da elementi modulari in legno di varie tipologie e dimensioni. I circuiti pump track riscuotono successo per la loro versatilità, infatti, nonostante siano uno strumento utile agli appassionati di mountain bike per potersi allenare e migliore le proprie capacità di guida, sono allo stesso tempo percorribili con qualsiasi tipo di bici. Il fatto che questa attività si possa potenzialmente rivolgere ad un ampio pubblico si configura come un’importante occasione di investimento, oltre che come un’ulteriore opportunità per aumentare la fruizione dell’area dell’Invaso del Conca.

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Conclusioni


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presenza che opera sul profilo tecnico-gestionale della diga, ma anche dimostrare, in massima coerenza con la mission aziendale, l’effettivo impegno in campo di sostenibilità ambientale, dimostrando come sia attuabile la convivenza fra attività antropiche e aree naturali in condizioni di perfetta armonia con il paesaggio. L’impegno di Romagna Acque, al di là della mera gestione sostenibile delle fonti idriche, è fondamentale per garantire uno sguardo a tutto tondo sulla valorizzazione ambientale del territorio e ciò non può che apportare un sicuro ritorno d’immagine, sia per la Società delle Fonti che per la Provincia di Rimini, sugli organi di stampa e di informazione, nonché sulla popolazione residente.

8.1. Prospettive ed effetti di una nuova politica di gestione dell’invaso 8.1.1. Il ritorno d’immagine per Romagna Acque e per la Provincia di Rimini La rinascita ecologica e turistica dell’area afferente l’Invaso del Conca non può che giovare al territorio per tutte le ragioni elencate, ma un impegno concreto dell’Ente gestore Romagna Acque in tal senso non potrà che offrire benefici alla Valconca e all’intera Provincia di Rimini. Un coinvolgimento visibile di questi organi sulle opere realizzate, può mettere in risalto il ruolo di Romagna Acque come 195


ambientale dell’ambito territoriale del Conca nel suo complesso che per la fruizione sportiva, ricreativa e didattica attesa in seguito alla realizzazione degli impianti caratterizzanti le diverse vasche, di cui si è ampiamente discusso in precedenza. Si tratterebbe di un’operazione sicuramente dispendiosa ma capace di generare consistenti benefici a lungo termine e di ottenere a distanza di qualche anno un certo equilibrio finanziario tra i costi di realizzazione e quelli di gestione, grazie soprattutto ai proventi attesi, derivanti dal pagamento dei ticket per disporre delle diverse attività e dalla vendita dei titoli di accesso agli spettacoli sportivi.

8.1.2. L’importanza dell’istituzione del PNSP del Torrente Conca L’istituzione del Paesaggio Naturale e Seminaturale del Torrente Conca, di cui si è parlato in precedenza, ha permesso l’intercettazione di diversi finanziamenti, stanziati dalla Regione Emilia-Romagna, per la tutela e la conservazione della biodiversità, che hanno permesso e permetteranno di realizzare opere concrete, visibili e fruibili. E’ uno strumento che consentirà alle amministrazioni locali di mantenere un presidio costante sul territorio e soprattutto di pensare ad esso in maniera integrata, valicando i propri confini amministrativi di competenza. E’ proprio questo il valore aggiunto che permetterà di avere territori maggiormente competitivi e di intercettare ulteriori finanziamenti, dal momento che sempre più spesso la compartecipazione è individuata quale requisito di ammissibilità. 8.1.3. L’equilibrio finanziario atteso dalle attività sportive proposte L’intero intervento proposto nell’ambito di questa tesi, considerate tutte le azioni da mettere in campo sia dal punto di vista tecnico-idraulico, che dal punto di vista delle attività sportivo-ricreative che vi sarebbero previste, avrebbe il contro di dover affrontare, per la sua eventuale realizzazione, dei costi certamente elevati, considerati anche quelli previsti per la gestione dei relativi interventi. Si evidenzia però che le attività sportivo-ricreative proposte, prevedendo un bacino d’utenza piuttosto ampio, sarebbero in grado di generare consistenti introiti, capaci quindi di ammortizzare i costi di realizzazione delle opere previste sia per il risanamento 196


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SITI WEB Acque superficiali fluviali e lacustri https://www.arpae.it/dettaglio_generale.asp?id=678&idlivello=245 Acquedotto gestito da HERA http://www.gruppohera.it/gruppo/attivita_servizi/business_acqua/canale_acqua/report_buone_acque/ciclo_servizio_gestione/acquedotto/ Associazione della Valconca A Passo D’Uomo http://www.apassoduomo.org/ ARPAE Emilia-Romagna https://www.arpae.it/dettaglio_documento.asp?id=6483&idlivello=1528 Autorità di Bacino Distrettuale http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/suolo-bacino/notizie/in-evidenza/soppressione-autorita-di-bacino-nazionali-interreg-subentro-autorita-bacino-distrettuale Autorità di Bacino Interregionale Marecchia-Conca http://ambiente.regione. emilia-romagna.it/suolo-bacino/sezioni/pianificazione/autorita-bacino-marecchia-conca/Piano-Stralcio-Assetto-Idrogeologico-PAI-Assetto-Uso Comitato Nazionale Italiano delle Grandi Dighe http://www.itcold.it/data/RAPPFIN-GdLInterrimento-Fase1-20091.pdf Convenzione Europea del Paesaggio http://www.convenzioneeuropeapaesaggio. beniculturali.it/ Diga di Ridracoli http://www.ecomuseoridracoli.it/ Cable Park http://www.sesitec.com/englisch/full-size-cable/fullsizecable.html Federazione Italiana Canottaggio http://www.canottaggio.org/index1.shtml Gestione del territorio http://www.provincia.rimini.it/sites/default/files/progetti/territorio/sito/mn_fc.htm Gestione Integrata delle Zone Costiere http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/ suolo-bacino/argomenti/progetti-interventi/difesa-della-costa/gizc Info e news territorio riminese http://www.lapiazzarimini.it/ Infrastrutture ferroviarie in Emilia-Romagna http://www.rfi.it/rfi/LINEE-STAZIONI-TERRITORIO/Nelle-regioni/Emilia-Romagna/La-rete-oggi-in:-Emilia-Romagna Interrimento degli invasi artificiali http://astrolabio.amicidellaterra.it/node/688 Itinerari della Wellness Valley http://trek-bike.it/ 208


Oasi Faunistica del Conca http://www.riviera.rimini.it/situr/scopri-il-territorio/ambiente-e-natura/parchi-riserve-naturali/oasi-faunistica-e-osservatorio-ornitologico-del-conca.html Paesaggio Naturale e Seminaturale Protetto del Torrente Conca http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/parchi-natura2000/aree-protette/paesaggi-protetti/ pnatrn01 Paesaggio Naturale e Seminaturale Protetto del Torrente Conca http://www.cattolica.info/tradizioni/gli-speciali-di-cattolica/aree-protette-della-valconca/ Portale della Regione Emilia-Romagna http://www.emiliaromagnaturismo.it/it Portale di informazione di Rimini e Provincia https://www.altarimini.it/ Psicobloc http://psicocomp.com/ Pump Track http://www.pumptrack.eu/it/ Rete Natura 2000 in Emilia-Romagna http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/ parchi-natura2000/rete-natura-2000/siti Romagna Acque - SocietĂ delle Fonti S.p.A. http://www.romagnacque.it/ Servizio Tecnico di Bacino - Invaso del Conca http://ambiente.regione.emilia-romagna.it/suolo-bacino/notizie/2013/servizio-tecnico-bacino-romagna-progetto-invaso-diga-del-conca Surf http://nlandsurfpark.com/ Surf https://surfsnowdonia.com/ Surf http://wavegarden.com/ Portale del Surf http://www.surfparkcentral.com/ Trekking in Romagna http://www.trekkingromagna.it/ UrbiStat https://ugeo.urbistat.com/AdminStat/it/it/classifiche/densita-demografica/ comuni/rimini/99/3 Uso del suolo Emilia-Romagna http://geoportale.regione.emilia-romagna.it/it/catalogo/dati-cartografici/pianificazione-e-catasto/uso-del-suolo Wellness Valley http://www.wellnessvalley.it/index.php WWF Rimini http://www.wwfrimini.altervista.org/ 209


RIVISTE Spazio Sport, Trimestrale di CONI Servizi per l’architettura dello sport, luglio/ settembre 2012, numero 23, anno VI. Impianti per Canoa Kayak e Canottaggio, CONI Servizi S.p.A. Spazio Sport, Trimestrale di CONI Servizi per l’architettura dello sport, gennaio/ marzo 2013, numero 25, anno VII. Normative per gli impianti sportivi, CONI Servizi S.p.A. Spazio Sport, Trimestrale di CONI Servizi per l’architettura dello sport, marzo/ aprile 2014, numero 29, anno VIII. Sport e ambiente, CONI Servizi S.p.A. Spazio Sport, Trimestrale di CONI Servizi per l’architettura dello sport, ottobre/ dicembre 2015, numero 35, anno IX. Sostenibilità degli eventi e degli impianti sportivi, CONI Servizi S.p.A.

BROCHURE Flow Form Bike Ramps (2017) Enhancing progression. Surf Loch Wave System (2015) Mastering the design, development, and operation of surf attractions worldwide. Surf Loch LLC Surf Park Magazine, Vol. 1, March 2017. Surfing + Innovation.

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Ringraziamenti


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Il primo ringraziamento va a tutti i professori, relatori e correlatori che ci hanno seguite in questo lungo percorso. Grazie a Luca Emanueli e Gianni Lobosco, per la disponibilità, la costanza e la dedizione con cui ci hanno guidate ogni volta, all’immancabile appuntamento settimanale. A Massimo Tondello, per averci indicato come abbracciare la tecnica per mettere in atto le nostre idee. A Leonardo Schippa, per l’infinita disponibilità dimostrata e per la competenza e la passione con cui ci ha guidate, passo passo, alla comprensione di importanti aspetti utili a questo lavoro di tesi. Marzia e Manuela

Con queste poche parole volevo ringraziare tutti coloro che mi hanno accompagnato lungo questo percorso (forse durato un po’ troppo?! XD ). Un grazie ai miei genitori che mi hanno sempre sostenuto e mi hanno permesso tutto questo senza farmi mai mancare nulla. E come non ringraziare tutti gli amici conosciuti durante questi meravigliosi anni. A Matteo e Mattia con cui ho condiviso fin da subito le gioie e le fatiche di questa facoltà e soprattutto i numerosi viaggi in treno. Alla Linda e alla Giuls fantastiche compagne di laboratorio. Non ci siamo fatte mancare niente: tante risate, momenti di disperazione, balli e video che forse è meglio non ricordare, bicchieri di vino rosso non bevuti e caffè bevuti fin troppo. Alla Cate sempre gioiosa e solare. Mi hai trasmesso serenità ed è stato bello passare gli ultimi anni in tua compagnia. A FRAM, ormai un po’ frammentato, ma pur sempre FRAM. Alle colazioni golose, al caffè pomeridiano, alle cene improvvisate, allo spritz del bar Anna e a quelle serate in cui ti diverti da morire. A tutti i coinquilini che ho incontrato in questi anni con cui ho condiviso la quotidianità e che mi hanno insegnato tanto. Un grazie anche a 101 che in questi ultimi mesi mi ha accolto a braccia aperte in una grande famiglia e mi ha fatto sentire sempre a casa. Alle mie cugine, quelle pazze e scatenate. Al trio delle meraviglie Alice, Laura e Alessia, con voi non ci si annoia neanche per un momento: se non esisteste bisognerebbe inventarvi. Alla gemella Kessler più bella che ci sia. Alle nostre sciate e alle tante bevute insieme, forse troppe. E alla amica di sempre, da sempre, cugina di sangue e compagna di viaggio, di avventure e sventure. Ce ne sarebbero troppe da raccontare. 215


Alle Ele che ha fatto sì che il nostro duo diventasse un trio. Alle nottate e ai ritmi serrati che ti sei accollata, alla compagnia che ci hai offerto, e alla tua bella persona. Alla mia compagna di tesi, che ormai è diventata molto più di questo. Insieme ce l’abbiamo fatta. Siamo riuscite a raggiungere questo traguardo che sembrava irraggiungibile. In questi ultimi mesi siamo diventate una cosa sola, siamo diventate l’una l’ombra dell’altra e senza di te non ce l’avrei mai fatta. Un grazie quindi per questi duri mesi passati insieme rinchiuse tra facoltà e casa e che nonostante tutto sono passati in modo piacevole. Alla playlist che ci ha fatto superare tante nottate, alle piccole gioie che ci siamo concesse e alle non serate passate davanti a un computer. Questi mesi ci hanno messo alla dura prova ma siamo qua, ce l’abbiamo fatta. Daje Manu. Un grazie speciale va alla mia amica Vale che mi ha fatto da compagna in questi lunghissimi anni. Insieme ne abbiamo combinate di tutti i colori ma forse in questa sede è meglio limitarsi a dire che ce la siamo spassata. Sono contentissima di avere incominciato con te questo lungo percorso ma ancora più contenta che lo stiamo anche finendo insieme. E infine ringrazio Guido per tutto. Per essere entrato nella mia vita come una catapulta, per aver stravolto la mia quotidianità e per avermi trasmesso tutto il suo amore. Questi mesi sono stati difficili per entrambi ma siamo riusciti a superarli, forti più che mai. Spero che questo traguardo, punto d’arrivo di un lungo percorso possa diventare il nostro nuovo punto di partenza per viverci a pieno una vita insieme. Ferrara grazie per avermi fatto vivere tutto questo e tanto altro. Marzia

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A Marzia, la mia compagna di avventura-tesi, nonché metà complementare. Dove la pazienza non arriva, arriva lei. E’ stato un percorso “lungo infinito” ma l’unione fa la forza...e la forza, si sa, la fanno solo i cocktails di integratori la mattina. E’ stato bello condividere tutto questo con te, rimarrai sempre la mia tedesca preferita. Ti voglio bene. Ora va e insegna al mondo ad usare QGIS! Ai miei genitori, la mia terraferma. Grazie per l’amore incondizionato, per aver sempre creduto in me, concedendomi di sbagliare ed imparare dai miei errori, per esserci sempre stati. Le parole non bastano per dire quanto vi ami e quanto vi sia grata. A mio fratello Marco, anagraficamente più piccolo ma nei fatti molto più grande di me. Il mio orgoglio. A quell’isola lontana e a quei monti occidentali, perché le cose più preziose sono sempre troppo distanti. Alle Bubine, perché non avrei potuto chiedere di meglio. A Francesca, perché non siamo mai abbastanza grandi per tornare adolescenti insieme, Wall Street può ancora aspettare. A Caterina, per la complicità che abbiamo da sempre senza nemmeno fiatare. Non ringrazio la Cina per separarmi ogni volta da te. A Margherita, perché senza di lei non sarebbe lo stesso ma soprattutto perché sotto la sua corazza da amazzone nasconde un cuoricino tenero. A Ilaria, per la sua dolcezza, il suo affetto e perché anche nelle difficoltà è, ed è sempre stata, fondamentale. Ad Alice, perché è ora che torni tra noi, senza un pokedex non si va proprio da nessuna parte. A Elisa, perché è come se ci fosse da sempre e perché quando sorride è meravigliosa. A Valentina, per il bello di questi anni insieme, perché Ferrara mi ha donato una sorella “gemella”. A Giulio, perché è speciale, nonché “un disegnatore virtuoso e di buona costituzione, mica pizza e fichi”. A Giambattista, un coinquilino a tutti gli effetti, confidente e vero amico. A Mirko, per la sua vivacità e i suoi jingle divenuti storici. Ai sei anni in via del Campo, quel verde imperante significava Casa. Alla tribù di Saraceno 101 e a quello che rappresenta. A Maria Vittoria, perché la sua presenza è rassicurante e perché insieme al suo swag mi stupisce sempre. A Marta, per il suo calore, il suo affetto, la sua immensa sensibilità ma soprattutto i suoi abbracci. A Giulia, per il supporto nei momenti difficili e perché quando inciampiamo in cucina tempus fugit. Carlotta, la mia “minorenne” preferita, perché la vorrei sempre con me. Perché 217


avrei voluto incontrarla prima. A Nicolò, perché è un buon ascoltatore e non giudica mai. Il vero saggio è lui, non io. A Marco, perché ha capito cose di me che nemmeno io in vent’anni, non mi è chiaro come. Ad Alberto, perché non esiste persona più bella e genuina e perché mi dona ogni giorno fiducia nell’umanità. A Giovanni, per la sua spontaneità e il suo personalissimo modo di volerci bene. Ad Andrea, ultimo ma non ultimo, per la sua carica, la sua positività, la sua capacità di rapirci fin dal primo giorno. A tutti i nuovi arrivati della casa, che mi hanno supportata e sopportata negli ultimi tempi. A Michael, perché non si stanca mai di farmi da medico di base e perché mi ha incoraggiata quando pensavo di non farcela proprio. A Sofia, per la sua spontaneità, il suo essere allegra e solare e per le chiacchiere infinite. A Donato, perché con la sua ironia riesce sempre a sdrammatizzare, grazie alle sue perle. A Babken, per la dolcezza, la premura, lo sguardo sincero. Ringrazio tutte le persone che hanno reso splendidi questi anni a Ferrara. A Elena, per avermi permesso di scoprire poco a poco la sua grande bellezza, un punto di riferimento indispensabile, una grande amica scoperta tardi, anche se non è mai troppo tardi. A Valentina, per la sua energia contagiosa e perché si dimostra speciale ogni giorno di più. A Silvia, per le risate a crepapelle, per la serenità che mi infonde, perché dice sempre la cosa giusta. A Ludovica, per la sua dolcezza e la sua infinita sensibilità, perché c’è da sempre. A Linda, per il suo esserci sempre, per il suo sapermi ascoltare e capirmi al volo. A Elena, perché il tempo che passiamo insieme è sempre troppo poco ma quando accade è bellissimo. A Teresa, perché la sua dolcezza e il suo sorriso rassicurante. A Cristina, perché non smètte mai di stupirci con le sue avventure incredibili. A Biljana, perché vale tanto e lo dimostra tutti i giorni, le auguro il meglio. A Greta, magnetica come i suoi occhioni azzurri. A Ferrara, che prende e che da. A Ferrara che stanca ma riesce sempre a mancare. Alla FAF, mia seconda casa, per tutto ciò che mi ha dato e negato. Ora so cosa vuol dire perdere il sonno...ma pur sempre in allegra compagnia. A questi anni meravigliosi e alle persone che li hanno resi tali. Manuela

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Elaborati grafici



























UniversitĂ degli studi di Ferrara Corso di Laurea Magistrale in Architettura Tesi di Laurea in Architettura del Paesaggio e delle Infrastrutture A.A. 2016/2017 Laureande | Marzia Mignani | Manuela Oriti Suriano Relatori | Arch. Luca Emanueli | Arch. Gianni Lobosco Correlatori | Ing. Massimo Tondello | Ing. Leonardo Schippa


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