N°02 carne

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n°02

CARNE


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interstizi@yahoo.it

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:editoriale: :eva: :(no food topic): :suor C.: :la carne e il gesto: :ingiunzioni paradossali: :meat meets flesh: :l’equilibrio: :il fruscio della carne: :carne: :l’uomo, il suo dio e la carne: :il pugile: :f. kiesler e la endless house :soniche emozioni: :kitchen: :next exit:

Carne! Una parola così perentoria, ma paradossalmente anche evocativa. Evocativa perché nel numero che vi apprestate a leggere di :interstizi:, tale lemma ha dato spunti diversissimi agli autori dei pezzi. Pensandoci la carne è l’unica sostanza che certamente di noi si percepisce, è il nostro veicolo per viaggiare nei rapporti umani ed è indissolubilmente legata alla nostra essenza, ammesso che la nostra essenza sia qualcosa di diverso dalla materia. Guardare il corpo di qualcuno, la maniera nella quale lo usa nei diversi frangenti, non è altro che carpirne il pensiero, nei gesti si chiarifica la natura e l’intento di ognuno. Le parole possono essere ingannatrici, ampollose, ma la carne, il corpo, parla chiaro, senza fraintendimenti o ambiguità possibili. Chi ha contribuito a questo

I cialtroni della redazione Gino Marzi Paolo Mastrandrea Rossella Di Remigio Davide Scarpulla Alessandro Mirabilio Stefano De Fazi Andrea Pergolesi Germano Tasselli DoKC design M1st1c0 Marco Kraif Lucignani Massimiliano Ercolani E. M. Caporossi / M. Lucignani Marco Kraif Lucignani INTERSTIZI

numero ha scritto come se stesse affettando un lombo di se stesso, ha scoperto una parte di se che normalmente non viene mostrata per i motivi più vari, superando dubbi, vergogna, paura. Alcuni lo hanno fatto parlando delle proprie esperienze in maniera diretta, pensando a torto o a ragione, che il resoconto di un proprio momento di vita, possa essere significativo per il lettore, altri hanno raccontato storie o interpretazioni fantasiose di accadimenti per parlare della propria idea di carne, altri ancora hanno messo sul piatto l’etica, riguardo alcuni temi importanti legati alla carnalità. Ognuno però, ha lavorato per servirvi una pietanza di carne fresca. Alla prossima....


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Gino.Marzi@kyoceramita.it

Eva Henger, dopo il suo spettacolo, ci riceve all'interno del suo camerino con un inaspettato sorriso. L'ambiente è austero, niente fronzoli, niente fotografie, semplice ed essenziale. Troviamo un grande specchio illuminato posto davanti ad un ampio tavolo, due sedie ed un divanetto. Le pareti sono di un rosa pastello, Eva ha indosso dei fuseaux neri ed una magliettina arancio, il suo sguardo è come al solito dolce ed accomodante, anche se un po' stanco. Appena arrivo Eva mi mette subito a mio agio con un sorriso benevolo e mi fa accomodare scusandosi per la situazione non proprio agevole. Dopo averle dato il presente della rivista, (magliettina nera attillata con vistoso logo interstizi sul petto), regalo che Eva dimostra di gradire, iniziamo l'intervista.

10/11/2003 Intrevista ad Eva Henger Blue Moon Roma

E V A

Gino Marzi Gino: Innanzitutto grazie per avermi ricevuto, sei stata gentilissima. Passiamo alla prima domanda: è vero che dopo avermi visto mi inserirai nel casting del tuo prossimo film? Eva: Non faccio più film porno, immagino che tu alluda a quello, da sei anni….. (sorride) Gino: Eva, nella sua vita normale di donna, è più carne oppure più spirito? Eva: Dipende da che cosa si tratta, intendi nel rapporto sessuale? Gino: Non necessariamente… Eva: No immagino che le donne sono, generalmente tutte, più spirituali. La parte carnale appartiene più agli uomini. Gino: Ed invece quando ti esibisci sul palco? Eva: Anche quando mi esibisco ci vuole un grande spirito, ci vuole una grande concentrazione, anche perché esibire un bel corpo non basta. Ci vuole anche la capacità di eccitare con lo sguardo. Gino: Ti darebbe fastidio sapere che gli uomini pensino a te solo come sogno erotico? E non come donna? Eva: Da parte di certi uomini non me ne importa niente, possono pensarla come vogliono. Possono vedermi come oggetto sessuale o come meglio credono. Invece dai miei amici, ai quali tengo, mi offenderebbe tantissimo e non li considererei più amici. Gino: Sei d'accordo con l'allevamento intensivo degli animali? Eva: No assolutamente no! Sono stata per protesta due anni e mezzo vegetariana. Gli animali, sono esseri viventi, chiamarli animali è dispregiativo…..pensandoci bene anche noi siamo animali. Gli esseri viventi non dovrebbero nascere in laboratori, fuori dal contesto naturale con metodi forzati di allevamento, soltanto per avere carne migliore oppure, uova più grandi. Dovrebbero poter vedere la luce del sole ed avere un'esistenza nella natura, una vita sociale migliore con i loro simili, perché anche gli animali fanno delle amicizie. Fra di loro hanno amicizie ed antipatie, io ho quattro cani, due gatti, tre pappagalli ed i pesci quindi lo vedo. Nascere senza poter avere emozioni, è uno schiaffo alla natura ed è frutto di un egoismo bruttissimo. Gino: Con questa risposta hai soddisfatto anche alle due successive domande che erano: cosa faresti in merito? E mi hai detto che sei stata vegetariana….. Eva: Si in effetti sono stata due anni e mezzo vegetariana poi ho dovuto lasciare per altri motivi. Gino: E l'altra era se avevi un animale domestico; mi hai detto che ne hai più d'uno…praticamente hai uno Zoo… Eva: Si più di uno, io adoro gli animali…….(qualche lungo attimo di pausa)…..ci fu un episodio bruttissimo nella mia vita, che ancora ricordo benissimo e per il quale ancora mi commuovo. Quando ero ancora in Ungheria, avevo 17 anni, ero in macchina e davanti a me c'era un camion che trasportava degli animali, penso al macello. Uno di questi animali aveva una zampa incastrata tra le sbarre del cassone. Ho visto che soffriva e piangeva, così quando il camion si è fermato al semaforo, sono scesa per andare a parlare con l'autista e gli ho detto la situazione. Gli ho detto di fare qualcosa in quanto l'animale soffriva, gli ho anche detto che lo avrei aiutato io. Lui mi ha risposto

irritato "tanto devono andare a morire che cazzo me ne frega"….(si scusa per la parolaccia)…io sono rimasta malissimo. Ho pensato che magari quell'animale era la prima volta che vedeva la luce del sole, che vedeva un ambiente diverso da quello in cui è nato e cresciuto, anche se per andare a morire. Non è giusto che anche in quest'ultimo viaggio debba soffrire. Gino: Poniamo il caso che stasera io ti inviti a cena….Ostriche e spumante, oppure affettati e vino rosso? Eva: (ridendo)…Guarda io preferisco comunque le verdure…..poi dopo questi discorsi. Io ho ricominciato a mangiare carne, anche se non ne sono un amante, in quanto ho avuto un incidente dove ho perso del sangue. Dopo l'incidente i medici mi hanno consigliato di mangiare un po' di carne rossa, essendo anemica dalla nascita, avrei potuto avere dei problemi. Per le ostriche, ti debbo dire che neanche quelle mi piacciono molto. Gino: Io avevo prenotato, allora vado a disdire…(sorridendo) Eva: (ride….mettendosi una mano davanti alla bocca come a mascherare una gaffe..) Gino: Quante volte hai dovuto respingere Lillo, visto che avete lavorato insieme. Eva: Non ho dovuto respingerlo, è un grandissimo amico è una persona molto sensibile ed è delicato. Non ci ha provato. Gino: C'è stato un uomo che hai desiderato e che non sei riuscita a conquistare? Eva: Si c'è stato, quando ero ragazza ed ero a scuola. C'erano dei ragazzi che mi piacevano ed ai quali io non interessavo, ma ero talmente timida allora che non avevo neanche modo di farglielo capire tranne che con qualche sguardo, diventando rossa, comunque non si può piacere a tutti. Naturalmente non sempre piaci a chi ti piace. C'è stato poi chi voleva stare con me soltanto per dire in giro che è stato per un periodo insieme ad Eva Henger. Gino: Mi mandi un saluto a tutti gli amici di Interstizi? Eva: Interzzizzi? Gino: I n t e r s t i z i . . . . . . Eva: Intersztizi… Allora…. un grossissimo bacio dalla vostra Eva Henger a tutti gli amici di Interstrizzi…smack Gino: Grazie… Al termine della chiacchierata, domando ad Eva se può indossare la magliettina per una foto di rito. Naturalmente mi giro come farebbe un qualsiasi gentiluomo, dicendo che non avrei sbirciato. Lei ridendo mi ha fatto notare che indossava il reggiseno, ma che comunque apprezzava il gesto. Indossata la t-shirt mi sono girato, lei era semplice e naturalissima indicibilmente bella. Ci siamo fatti un paio di foto e ci siamo salutati con la promessa che le avrei fatto pervenire il nuovo numero di Interstizi. Che dire, non mi aspettavo di trovare una ragazza semplice ed accomodante, niente boria, protagonismi inutili, una ragazza come tante altre. Ricordiamo di lei oltre la bellezza sconvolgente, soprattutto la sensibilità e la gentilezza d'animo che purtroppo non emerge dalla sua icona pubblica.


di sangue ed esposizione di legamenti ed ossa ci impressiona perché l'idea della carne ci associa inesorabilmente al corso vitale ed alla sua corruzione. Ci raccapriccia quindi la vista di un esame autoptico per la visione di ciò che portiamo quotidianamente con noi. E' l'umano terrore della fine, condizionato da secoli di dottrina, dove carne è sinonimo di caducità e corruzione. William Burroughs diceva che il paranoico è colui che ha solo una vaga idea di come vanno le cose realmente. Potete interpretare la frase come volete, ma ricordate che non l'ha detta Manzoni. La carne è quindi solo uno dei mille aspetti che noi, nella nostra esistenza di carriera, moglie, figli, station wagon, tennis, mutuo ed affitto, ci imponiamo di non considerare, nonostante l'importanza. Fortunato chi vive un sano rapporto con la propria ed altrui carne: se ne conoscete qualcuno, sapete che è persona disponibile, beve dove qualcun altro si è attaccato e mangia con l'altrui forchetta, e la moglie dell'amico è prima di tutto una donna. Fortunato chi nasce con tale predilezione: i vecchi non hanno questi problemi, per lo più, dimostrando che la maturità è fatto anagrafico per la maggior parte di noi, allorché ci si spoglia di ogni conformistica inibizione, infischiandosene finalmente ma tardi. Considerate di invertire la frase “carne per cibo”, e cercate di alimentare la vostra, di carne. Ma con il dovuto rispetto per essa e per voi.Indulgete ai piaceri della carne, ma solo nel modo che, domani, non proviate fastidio per quello che avete fatto. La moralità è fatta solo in parte di religione, dopotutto, e non dovrebbe crearvi problemi maggiori di fregare il resto al supermercato. Ci nascondiamo quello di cui siamo fatti, ci nascondiamo cosa di cui siamo fatti, ci nascondiamo quello per cui siamo stati fatti, ci nascondiamo il fatto che quello che resterà di noi ancora per qualche giorno dopo sarà carne avariata. Sveglia.

FOO D TO

Ciò che giace alla nostra quotidiana conoscenza, visiva, olfattiva, tattile ed uditiva, è insuscettibile di vero interesse nella maggior parte dei casi; talvolta viene invece sottoposto ad un esame puramente scientifico e didattico, con l'analisi delle componenti chimiche, delle proprietà biologiche, delle funzionalità immediate che l'oggetto dello studio offre. La nostra attenzione, altrimenti tiepida per argomenti tanto ovvi, viene invece attratta da particolari attitudini di ciò che l'ovvio nasconde: l'emozione di conoscere le ultime suggestive teorie sulla formazione dell'universo svanisce di fronte alla rivelazione di quante e quali (e quanto orride) micro particelle ed organismi è composta la polvere della poltrona su cui siamo seduti, facendoci restare con la patatina fritta in mano dopo averla raccolta dalla moquette. Ciò è dovuto al semplice motivo che l'uomo, di per sè, a prescindere dalla propria cultura, al di là del comune sentire (l'insopportabile termine di immaginario collettivo), oltre ogni differenza sessuale, è irresistibilmente attratto dall'orrido. L'orrido, in quanto sinonimo di burrone, ovvero vuoto, è l'incognito e per questo motivo tanto più l'incognito è ovvio, (la moquette, nell'esempio della polvere di prima, o la tavoletta sul buco del wc su cui posiamo la parte meno nobile ma più indifesa di noi), tanto più ci spaventa. La carne, la nostra, è l'ovvio quotidiano, è il motivo per cui noi non siamo scheletri e tendini ed impianti idraulici che camminano. E' la nostra identità immediata, ciò che ci aspettiamo di trovare allo specchio ogni mattina.Con la carne riempiamo ogni interstizio interno del nostro corpo e al contempo la poltrona dove sediamo. La familiarità del concetto ha il seme di una potenzialità ignota, l'orrore a portata di mano. Assistere ad una scena splatter in cui il bruto accetta il braccio della vittima con spargimento

Paolo Mastrandrea

C) I P

(NO

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LA

CARNE:

CONNET

TIVITA'

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STIZIALE

O AUTONOMA

FUNZIO NALITA'


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dirossella@hotmail.com

Non sono una grande esperta di carne. Per quasi 7 anni sono stata vegetariana. Non sono neanche un'intellettuale della carne: diciamo che ho fatto pratica da autodidatta. Sono andata a scuola dalle suore dai 14 a i 18 anni. E' lì che per la prima volta ho sentito l'espressione "mortificazione della carne". Mi ricordo che ogni anno, il mattino dopo il martedì grasso, noi alunne venivamo convocate nel salone dell'istituto religioso per la celebrazione del mercoledì delle ceneri con cui iniziava la Quaresima. Molto assonnate, quasi tutte di ritorno dai festeggiamenti del carnevale, venivamo catturate dal vescovo e dalle suore che ci cospargevano il capo di cenere:-" polvere sono e polvere ritornerò"-dovevamo ripetere in coro. Nell'ora di ginnastica ci era vietato indossare magliette bianche perche troppo trasparenti,eravamo esonerate dalla lezione di ginnastica solo se avevamo le mestruazioni, ma volte suor C. la preside si riservava il diritto di 'verificare' di persona chiudendosi in bagno con la mestruata di turno. L' istituto ospitava spesso le riunioni del Movimento per la vita, l'associazione antiabortista ed eravamo obbligate a parteci parvi. Si trattava di col

Rossella Di Remigio

loqui e filmati che dovevano essere convincenti: scene di feti insanguinati su tavoli operatori, anatomie esposte, ferri chirurgici che perforavano e tagliavano. Mi risparmiavo sempre il finale perché dovevo scappare in bagno a vomitare. La carne prendeva il sopravvento mio malgrado. La carne era dappertutto: il Cristo che si faceva carne, le tentazioni della carne, l'odore di brodo di carne che veniva dal refettorio si mischiavano con l'odore di 36 adolescenti rinchiuse in una stanza per 6 ore al giorno. Le mie pratiche carnivore continuavano di pomeriggio. Studiavo danza con la mia amica N.(a cui la quinta di reggiseno purtroppo avrebbe precluso la carriera di ballerina). Il mondo della danza è un mondo dove la carne è assente: una ballerina non è mai troppo leggera o troppo magra. Così decidemmo che: 1) due yogurt al giorno erano sufficienti per nutrirci 2) che, dal momento che i nostri piedi non erano abbastanza arcuati per la danza, dovevamo renderli più flessibili. Così per 40 minuti al giorno sedevamo a terra con i piedi infilati sotto un mobile e li spingevamo il più possibile giù, fino a quando il dolore lo permetteva. Li tiravamo fuori dal mobile insanguinati e lividi, sembravano ali di pollo maciullate. P o i l i avvolgevamo in fettine di carne di vitella perché avevamo letto da qualch e parte che perm ettevano d i

ballare con le punte di gesso senza farsi male. La carne mi inseguiva. Provavo ad allontanarla con pratiche ascetiche e meditative, digiunavo, colloquiavo con cristalli, contattavo angeli e sfere celesti. Ma lei era sempre lì. Volgare, avida, piena di desideri, niente affatto contemplativa e spirituale come volevo. Ancora oggi non sono riuscita a mandarla via. Così ne ho fatto un mestiere. Ogni giorno ho a che fare con acrobazie, pugilati, lotte corpo a corpo, duelli col bastone, mortori, giaculatorie, tanghi. Riconosco ogni singolo odore di sudore dei miei compagni attori, la forma dei loro piedi, il loro peso. Non riuscendo a vincere nessuna tentazione della carne abbiamo messo le nostri carni insieme per addomesticarle. E' carne che non si domanda più se è buona o cattiva, ma solo se funziona o non funziona. E' carne che reagisce e vive. La nostra sala prove è un carnaio di individui troppo carnali per essere intellettuali, troppo legati alla terra per elevarsi all'arte. Arriviamo a pensare fino a dove arriva a pensare il nostro corpo, se cadiamo prima sentiamo il dolore e poi ragioniamo sulla cognizione del dolore. Siamo macellai del teatro, ci curiamo così del fatto di essere carne ed ossa. Non sono del tutto guarita. Ogni tanto mi piacerebbe ancora essere pura, trasparente e divina come una medusa nell'oceano di me stessa...Quando mi prende così mi faccio una fiorentina al sangue.

SUOR

C.


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davidescarpulla@virgilio.it

Carne! Carne è il nostro corpo, il corpo, ciò che gli altri vedono di noi. Il corpo possiamo baciarlo, morderlo, carezzarlo, annusarlo. E’ il tramite più potente ed entusiasmante tra il mondo e la nostra anima, è l’oggetto più vitale in nostro possesso, è forse la vita stessa. Ma ha un limite: va mosso. Senza il movimento il corpo risulta inutile, un grosso sacco inanimato, uno sciocco ingombro. Quindi il nostro corpo abbandonato all’inerzia, può trasformarsi nel più tremendo dei fardelli, nella "bara dell’anima". Per muoverlo serve energia, una forza che deve scaturire non da fonti esterne, ma da noi stessi, ed è difficile a volte trovare la sorgente di tale vitalità. Ma il movimento non deve essere casuale, caotico, perché ciò

Davide Scarpulla

corrisponderebbe ad un dissipare le proprie risorse, come fa il criceto sulla ruota. Il movimento deve direzionarsi, o ancor meglio, espandersi ragionatamente in ogni ambiente circostante. Pensava questo Michelangelo, sedici anni compiuti da poco, in quel giorno della torrida estate 1490, nel clima arroventato di Firenze. Fu allora che immaginò per la prima volta il gesto, che lo visualizzò nella sua mente. Subito volle "cavar dal marmo" quell’immagine, come se fosse un meccanismo necessario a dare vigore e smuovere il proprio corpo dall’inerzia degli studi, compiuti nel giardino di Villa Medici. I centauri agitano vorticosamente le braccia nell’aria, nuotando in un mare di corpi, sono uniti gli uni agli altri in uno spazio angusto e artificiosamente delimitato, senza prospettiva, il loro vigore si annienta nel vuoto perché i movimenti compiuti hanno radice nella bestialità. Ma uno di loro compie un gesto misurato: pacatamente alza un poderoso braccio e lo libra lui volontariamente, nel vuoto attorno a se; questo è l’unico atto riflessivo raffigurato nel bassorilievo, ma risulta paradossalmente il gesto più forte, in grado di mettere in moto la realtà circostante e uscirne perfino, irradiandosi come un’onda. Lo dovette vedere anche Lorenzo, il pensiero di quel ragazzino, e per questo decise di portarlo con se a Careggi, dove avrebbe conosciuto Marsilio Ficino, oramai vecchio, ma che parlando con quello spirito avrebbe ricevuto un lampo di vigore. Michelangelo ebbe una carriera straordinaria da allora in poi. I suoi successi furono travolgenti sorgenti di ammirazione incondizionata e terribile invidia, tutto l’intrapreso dall’artista sarebbe apparso agli occhi dei contemporanei, una reiterazione della affermazione di grandezza del genio, una celebrazione che si rinnovava di volta in volta. Ma colui che avrebbe potuto bearsi di tutto ciò, non mostrava segno alcuno di appagamento, eterno insoddisfatto mulinava colpi di scalpello come se dovesse crearsi un varco per uscire dalla sua grotta platonica, dava pennellate come a cancellare il mondo sensibile che vi restava sotto, coperto,

per vedere nel vuoto generato dalla stesura del colore, l’essenza che da una vita andava cercando. Fu questo il tragico destino di Michelangelo, resosi conto della via da seguire a sedici anni, ma ancora al punto di partenza nel 1536, avendo in mente ossessivo il centauro che lo canzona roteando il braccio per agitargli l’umore celebrale come un cucchiaino dentro il caffè. Cristo nel "Giudizio universale" altri non è che quel centauro invecchiato quaranta anni ma eterno, perché entrambi sono la personificazione del "gesto" che sa muovere i corpi e le anime, un gesto che solo allora, arrendendosi all’evidenza dell’impossibilità di compierlo proprio a causa della condizione umana, Michelangelo confessò di non aver mai dimenticato e superato. Solo allora il dramma potè dirsi esaurito, con la resa dell’artista alla propria condizione di uomo.

LA CARNE E IL GESTO


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assuntama@libero.it

Superata ormai da alcuni anni la rivoluzione a tutto campo avvenuta nel corso degli anni sessanta, siamo giunti a quanto pare al momento di massima liberalizzazione per quello che riguarda gli usi e costumi sessuali. Se si pensa al fatto di non poter mostrare la caviglia durante la fine dell'ottocento perché considerato indecente, il solo vedere quotidianamente alla TV, in “rete”, sfogliando una qualsiasi rivista donnine in mutande o che sfoggiano vestiti veramente ridotti al minimo dovrebbe farci esultare ed in un momento di sub-euforia ringraziare quei “mitici” anni e tenerci stretta l'eredità lasciataci godendo al presente i suoi preziosi frutti. Tutto vero, se non fosse per un piccolo particolare... come mai si leggono sempre più articoli che denunciano la diffusione sempre maggiore di club per scambisti, locali porno e pornoshop, per non parlare poi delle così dette parafilie o come si dice in gergo perversioni sessuali (battuage, bondage, cuckold, exib, gang bang, spanking, etc.), crema della crema del liberalismo sessuale? Oppure espressione del contrario e segnale di inversione di rotta, sintomo del malessere e dipendenza...? Sì ma dipendenza da cosa e, di quale malessere si parla? Beh, a ben vedere, e apparentemente senza spiegazioni, sembrano aumentare in questi ultimi tempi anche i disturbi sessuali come i disturbi legati all'erezione e al desiderio, anorgasmia, ejaculazione precoce o ritardata e problematiche legate all'identità di genere. Un tentativo di spiegazione di questo “fenomeno socio-culturale” è che forse ci stiamo immunizzando nei confronti del sesso grazie ai mass-media ed alla “liberalizzazione sessuale” generale e che questo stato di cose abbia in realtà creato un effetto paradosso. Il risultato è che se continueremo di questo passo forse ci ritroveremo immersi in un mare di sesso ma al contempo avremo perso il piacere dell'intimità, della scoperta dell'atro. Non ci sarà più un momento speciale ma, una attività alla quale dovremmo aggiungere qualcosa perché la percepiremo eccessivamente blanda, incompleta.

Alessandro Mirabilio

La fantasia ha un ruolo di primissimo piano nell'ambito di una così gradevole attività ma, speriamo di non smarrirci nel fitto della boscaglia dell'erotismo senza confini creando un circolo vizioso in grado di autoalimentarsi finendo poi col perderci.

INGIUNZIONI E' come se ci stessimo dirigendo verso un sesso senza sesso e senza senso, impersonale, massificato, paradossalmente dannoso anche se estremamente libero. In cima a tutta questa piramide ci chiediamo se i così detti «piaceri della carne» siano del tutto tali. Siamo sicuri che non ci stiamo allontanando dalla meta originaria della ricerca del piacere puro semplice e soprattutto indipendente. Con queste parole si è esagerato volutamente e non si vuole certo passare una visione decadente ed eccessivamente negativa.

PARA

DOSS

ALI


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stefano.defazi@tiscalinet.it

Stefano De Fazi

MEAT MEETS FLESH

"MEAT MEET FLESH" oil on cardboard, 125 x 125 mm


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bedollo@tiscali.it

Eccomi qui, anche questa volta ho pensato che non ci sarei riuscito ed invece anche se fortemente indolenzito sono arrivato in cima, ora riesco a gustare il rumore del silenzio che rimbomba nelle mie orecchie, la forza del vento che fino a pochi minuti prima tentava di spingermi indietro e mi soffiava contro come a difendere questa montagna in modo da rendere tutto quello che mi sta intorno un tesoro per pochi. Ora però è tutto più limpido e la voglia di buttarmi giù per i sentieri scoscesi accresce in me quel formicolio dietro le mandibole che prelude all'esplosione di adrenalina in tutto il mio corpo, ci si guarda per un attimo con chi è salito insieme a te come per salutarci e rivederci lì, giù in fondo alla vallata. E' a quel punto che la bici diventa tutt'uno con le mie braccia ed il suo metallo diventa la mia carne come fosse il proseguimento biomeccanico del mio corpo. In quel momento non c'è nulla che mi passi per la mente che non sia la scelta della traiettoria più giusta e veloce. Ed è solo uno stare bene con me stesso, con chi condivide quei momenti con me e la natura incontaminata che mi circonda. Come la maggior parte della gente che mi orbita intorno nell'ambiente lavorativo anch'io faccio parte di una percentuale di persone che rientra spesso e volentieri in quelle che sono le statistiche e le indagini di mercato sottoforma di “standard medio”. Sono parte, inconsapevole, di quello che sulla carta viene definito “dato sicuro”, pertanto anche se non classificato per codice a barre e provenienza del soggetto sono un numero, un elemento statistico. Mi limito alla mia presenza ed al mio alienato ed alienante contributo lavorativo che ciononostante è il mio unico mezzo di sostentamento per sopravvivere economicamente. Come posso svesto la maschera di formalità, cordialità ed educazione, non proponendomi più agli altri in maniera equilibratamente riservata ma non indisponente, disponibile e perché no seriosa, per ricercare la mia vera essenza e fare in modo

Andrea Pergolesi

che la mia carne lasci scorrere il sangue nel modo che preferisco, per far si, che attraverso la pelle fuoriescano e si perdano per sempre, sottoforma liquida, lo stress e la rabbia accumulati, anche se la seconda, per quanto sia un istinto primordiale, innato ed animalesco, non riesce a scomparire, un problema, ammesso che lo sia, al quale per il momento non cerco soluzione.Il punto non è tanto se ti lanci da 3500 mt con un paracadute o se a cavallo di una mountain bike ti butti a 60 all'ora giù per un sentiero sconnesso oppure se cavalchi un'onda di due metri o se con la tavola da snow scivoli sulla neve facendo un fuoripista da fuori di testa, il fulcro non è tanto cosa fai piuttosto quello che cerchi, comunque vada, che tu finisca sbattuto per terra o inghiottito da una montagna d'acqua, la vera cosa, forse per me l'unica che conta, è la sensazione reale di sentire il mio corpo vibrare di paura e di gioia di scosse adrenaliniche ed a volte di dolore,

elementi necessari per far si che la molteplicità dei pensieri che sfociano nella rabbia e nello stress mi aiutino a sentirmi vivo e non un dato statistico buono solo per campagne pubblicitarie e lanci promozionali. Per sentire ancora una volta che la mia carne appartiene a me e a nessun altro, solo a quel punto riacquisto l'equilibrio vitale necessario a far si che io possa scongiurare il pericolo, troppe volte tangibile, di impazzire implodendo in me stesso.

L'EQUILIBRIO


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j_t@libero.it

Dolce e Delicato il fruscio della CARNE mentre viene tagliata con un fendente ben affilato....quasi che per non perder il gusto di tanta estasi convenga che lo si affili a dovere prima per non incappare in spiacevoli incidenti....le fibre che si interrompono a tratti ...rosse come il fuoco appena colpite e sezionate, noti con immenso piacere e gratitudine lo sgorgare di una rara quantità di sangue che esce quasi invidioso a curiosare il perchè di tanta gioia e compiacimento... La CARNE appena recisa ha un odore salato e ti viene voglia di leccarne ogni più piccolo particolare...per renderti forse consapevole di quanto differente può essere una realtà a seconda del punto di vista in cui viene affrontata....Il taglio della CARNE, per gli amatori intendo,non è un banale rituale da messa nera nè tantomeno da macellaio.E' piuttosto un osservare come in qualche modo le forme possono cambiare...è piuttosto un modo per scoprire nuove sottoforme nascoste, nuovi profumi, nuovi suoni, nuove linee e traiettorie geometriche, nello smembramento, per esempio, devi essere capace di una certa dose di lucida abilità e precisione nel tagiare i punti precisi di un disegno o rischi di rovinare un opera d'arte...se sai già invece dove e come arrivare al tuo soddisfacimento personale ti rimane solo tutto da godere. Per quanto mi riguarda io non posso più farne a meno: ho bisogno sempre più di viscere, budella, interni da fendere per modificare il loro corso, avere un rapporto fisico con loro ed abbandonarle a loro stesse. Magari non avete afferrato bene quello di cui vi stavo parlando, magari non ne avrete neanche il tempo per rendervene conto ma io so di essere nel giusto e Dio mi ha ordinato una punizione per voi. Preparatevi.......sto venendo a prendervi. P.S: Avete mai reciso con una lama tipo taglierino un corpo la cui pelle è ben tesa? Si ode un suono leggero e fine come di pelle strappata

Germano Tasselli

IL FRUSCIO

DELLA CARNE


dokc.design@virgilio.it

DoKC design

"CARNE" stampa digitale, 280 x 280 mm

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CARNE


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temedario@tiscali.it

M1st1c0

L'UOMO, IL SUO DIO E LA CARNE

Attraversando i viali di Torino, sia di giorno che di notte, mi rendo conto di quanto lavoro offra la prostituzione. Soprattutto mi chiedo quanti uomini hanno bisogno di pagare una donna per fare sesso, o meglio, quanto il sesso sia un istinto forte ed impetuoso,soprattutto per l'essere maschile. Tanto impetuoso che nelle sue degenerazioni l'uomo cede a se stesso e alla razionalità, sfociando in violenze e perversioni. La donna no.

La sessualità femminile segue andamenti più morbidi, grafici meno spezzati. Lo si vede nel rapporto a due, con diversi crescendi di eccitazione e diversi andamenti dei bisogni. L'uomo si autoalimenta, arriva all'approccio già al suo picco da cui a fatica torna indietro. Dopo, il crollo ed il riazzeramento degli istinti. La donna è spettatrice di queste repentine impennate e ricadute, lei, che ha una sinusoide eccitativa, dolce ed allungata. E l'uomo percepisce la propria debolezza. Mi chiedo se probabilmente è da qui che nasce la paura di questa debolezza. Si, perché non si può negare che l'uomo ha paura della sua carne, altrimenti non si spiegherebbe perché ogni religione (storicamente dettata dagli esseri maschili) dedichi così tanto interesse al tema sessuale. Più che interesse si cerca, in ogni cultura, di fare in modo che questa debolezza maschile non sfoci nell'invasione degli affetti altrui. Si cerca di evitare lo squilibrio di rapporti sociali per colpa della carne. Quindi alla mia donna metto un burka, così da evitarti di desiderarla, oppure ti impongo un Comandamento che vieta il desiderio della donna altrui (non dell'uomo),equiparandola agli schiavi, al bue o all'asino ("Bibbia" - Esodo, 20) fino alle moderne discussioni sull'accoppiamento per soli fini riproduttivi (allora perché allora non mangiare solo per sfamarsi? O bere solo per dissetarsi?...

Comprensibile a fatica il non importunare chi già è amata da un altro (anche se dotata di propria libertà di scelta e di capacità nel decidere al chi donarsi), ma l'imporre quando e come fare l'amore ad una coppia, beh lo trovo duramente accettabile. Al di là della religione, resta il fatto che la carne svolge un ruolo sociale oltre la normale percezione. Ogni scelta quotidiana prescinde dal proprio stato carnale. Mettere un abito anziché un altro deriva dalla volontà del rendersi piacevoli agli altri, così come lo scegliere di truccarsi, pettinarsi in un certo modo, comprarsi la macchina di un modello o di un colore, al di là delle prestazioni, cambiare scarpe anche quando non sono consumate, usare shampoo, sapone, profumo, deodorante ecc...Alla base di tutto c'è il raffronto tra i sessi, dettato dall'istinto carnale. Infatti, queste cose con l'età perdono di importanza ed il vestito viene scelto in base al calore che dà, come la scarpa in base a quanto è comoda, ed il dopobarba in base a quanto costa (ammesso che non bruci!). Se la carne non fosse onnipresente la tv sarebbe tutta diversa, così come la letteratura, e saremmo vestiti tutti uguali, con comode tute incolori, barboni e capelloni....C'è però chi, dall'oriente, ci avverte dal sopravvalutare tali sensi, prendendone coscienza e...controllarli...perché una debolezza prima o poi trova il suo sfruttatore.


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lucignani@libero.it

L' ho voluto io, a 14 anni sono entrato in palestra, in televisione c'era Ray Sugar Leonard, io non ero nero ma in lui vedevo la mia carne bramare per salire sul ring, menare e alla fine alzare il guantone sinistro in aria. Gli anni passano, non ne ho più 14 e il mio corpo adulto ricorda ogni incontro fatto, subito e non sempre vinto. I miei muscoli sono in continuo movimento, non riesco più a fermarli, la mia pelle è piena di cicatrici e la carne mi fa male. La mia vita? Preparazione, peso forma, preparazione, dieta, preparazione, studio dell'avversario e poi bam!!! Di nuovo ematomi, tagli, piccole contusioni, cartilagini ormai inesistenti, è il mio lavoro. Il

Marco Lucignani

mio corpo si prepara costantemente ad essere traumatizzato, lo alleno a farsi male, a cacciare il dolore e a fiutare quello del nemico, sul ring si sta in due e uno sai che deve andare giù. Quando il mio braccio sinistro entra nella difesa dell'avversario e lo centra il rumore è assordante, il corpo che stramazza a terra e viene contato mi inebria, a volte ho nausea, ma quando l'arbitro arriva al dieci non ho più ferite: le labbra, un attimo prima gonfie e spaccate, le sento secche ed intatte, le ciglia irrorate di sangue si rigenerano e il rossore delle abrasioni dei pugni svaniscono, così pure la stanchezza che ormai è un ricordo: ho vinto! Come un

neonato mi sento nuovo. Quest'illusione dura il tempo di alzare il braccio in aria, dopo lo scroscio degli applausi… crollo. Ci metto sempre più tempo a ricaricare il mio corpo, a convincerlo che per lui il massimo è farsi picchiare, tra poco lascerò questo lavoro.

PUGILE


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dokc.design@virgilio.it

FREDERICK

KIESLER e

l a

Massimiliano Ercolani

E' un organismo con un sistema nervoso molto sensibile...". Possiamo pensare che un edificio siffatto sarebbe poco pratico, forse non riusciremmo a far stare in piano un mobilio imitazione Luigi XV, forse non potremmo neanche mettere quel cotto che ci piace tanto, ne dividere cucina e tinello tramite un bel archetto, probabilmente però la poesia di vivere ne sarebbe gratificata, e magari non ci sentiremmo come estranei considerando finalmente la nostra casa come l'espansione della nostra carne.

ENDLESS

HOUSE In principio ho trovato difficoltà nel proporre un architetto, una costruzione o una corrente architettonica che si potesse avvicinare al tema di questo numero di Interstizi. Poi, all'improvviso, le forme informi della endless house hanno riempito la mia testa. La più logica conseguenza dell'espansione del corpo umano; non angoli retti, pavimenti orizzontali, bucature rettangolari o quadrate, ma la semplice estensione della materia. Nella Endless House è evidente come la costruzione derivi da un pensiero in espansione, senza limiti fisici, lo stesso Kiesler (il Progettista) commenta: "La casa non è una macchina per vivere.

PER APPROFONDIMENTI: “FREDERICK KIESLER ARTE ARCHITETTURA AMBIENTE” DI MARIA BOTTERO E L E C T A E D I Z I O N I


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interstizi@yahoo.it soniche emozioni

Enrico Maria Caporossi Marco Lucignani

Piccoli affari sporchi « Siamo quelli che non vedete. Quelli che guidano i vostri taxi, che puliscono le vostre camere e che ve lo prendono in bocca ».

lui, clandestino in attesa: merce di alta qualità a prezzo stracciato, sottovalutato e bloccato da leggi che gli impediscono di esistere. lei, una rifugiata in attesa dell'asilo politico, giovane, vergine di anima, merce rara che sopravvive perché immagina. gli altri ne buoni ne cattivi, gente che riesce a soddisfare la necessità di vivere non ha importanza come.

I go to bed with anybody else, but you. Noi già ne eravamo certi, ma saperlo per vero è un'altra cosa. But let the party start! Elettronica danzereccia, inutile e strana. Du du du du. All I wanna do is have some fun. Come on get up and move your body. Niente di raffinato o epocalmente bello. You were made for saving me. I was made for using you. Topi (tipi) da discoteca. Should I kill, should I not. That's the question. I've not any money to buy that CD. Un sogno sfiorito (sfiorato) direi. There is no innocence at all. E via (e vai!). Spezzoni frammenti di viaggi, chitarre "Evol / Love". A pop song, aha. Notte buio "Diggin' a Hole". Sfacciato.. an electric pop song e mi pare un po' monotono e noioso. Suoni elettronici da giochino da un'orecchio all'altro, voce cattiva e dura. Prova a variare, suona incalzante simile al rock. Tutto in primo piano nessun coretto o sfondo. Echi. Corposo, sonico, non melodico, ben orchestrato eccessivo ma non innovativo, forse. Colpisce molto, sopratutto la copertina. Los Fancy Free - Menonita Rock (Pop Lane / Bungalow Records) 2003

Una scoperta macabra e ripugnante cambia il punto di vista dal quale i due osservano la propria vita. Un pezzo di carne che sarebbe dovuto rimanere invisibile, nascosto, dimenticato, proprio come un clandestino viene rinvenuto. Così dal nulla un organo in via di putrefazione diviene un inestimabile nodo di molteplici legami emotivi che s'intrecciano e che bramano per i più disparati bisogni. Ma di chi è questo cuore? come mai è stato nascosto ? in questo thriller, girato in una Londra multietnica ed irriconoscibile, la carne è ovunque. Stephen Fears con leggera maestria ci racconta di carne malata, di carne bramata, venduta, tradita, morta, sognata ed amata. tutti i personaggi principali hanno a che fare con la carne e sarà un altro pezzo di carne che deciderà le sorti di entrambi i protagonisti. Titolo originale: Dirty Pretty Things Genere: drammatico Durata: min. 107 Nazione di produzione: Gran Bretagna Anno di produzione: 2002 Regia: Stephen Frears Attori principali : Sergi Lopez, Audrey Tautou, Chjwetel Ejiofor


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interstizi@yahoo.it kitchen

Marco Lucignani

S A L S A SALSA DI MELE D ' A P I Adatta alle carni di maiale

Per lessi di ogni tipo di carne

Ingredienti: mele 300 g, cipolle 100 g

Ingredienti: 150 g di miele, senape forte, 50 g di gherigli di noci tritate finemente. Preparazione: scaldate il miele fino a farlo sciogliere, unite le noci, aggiungete pian piano la senape, assaggiando di tanto in tanto e fermandovi quando incontra il vostro gusto.

• Sbucciate le mele e tagliatele a fette sottili. Unite la cipolla tritata e mettete il tutto in una casseruola. • Coprite con acqua, fate bollire e cuocete su fiamma vivace, mescolando finché le mele e le cipolle saranno sfatte e il liquido quasi completamente asciugato. Cimichurri Questa salsa di origine argentina (si pronuncia cimiciurri) è ottima da mettere sulle carni alla griglia o arrosti. ingredienti: 4 cucchiai di olio di oliva,4 cucchiai di aceto,1 spicchio di aglio finemente tritato, 4 cucchiai di prezzemolo tritato, 1 cucchiaino di origano, 1 cucchiaino di pepe macinato, 1 cucchiaino e mezzo di sale Preparazione: :frullate bene tutti gli ingredienti per 30 secondi. Versate questa salsa in una ciotola e lasciatela riposare per almeno 3 ore in modo che possa sviluppare tutto il suo aroma. Al momento di servirla datele una mescolata con una forchetta in modo da amalgamare di nuovo bene tutti i suoi ingredienti. Si conserva per qualche giorno in frigo.

SALSETTA RAPIDA AL S A L S A C U R R Y BARBECUE E' indicata per il riso cotto al forno secondo l'uso indiano e può anche servire da accompagnamento per carni di pollo lesse.

La salsa più usata per le grligliate di carne Ingredienti: 1 bicchiere di birra, mezzo bicchiere d'aceto, 2 spicchi d'aglio tritati, 1 bicchierino whisky, 1 cucchiaio di zucchero, 1 cucchiaio paprica dolce, mezzo cucchiaio di peperoncino. Preparazione: in un pentolino portate tutti gli ingredienti a bollore, fate cuocere finché l'alcol è evaporato. Spennellate con questa salsa spiedini o carne non appena cotti.

ingredienti : Cipolla grande, 1 - Burro, g. 50 Latte, 1 bicchiere - Curry, un pizzico - Sale. Preparazione:Tritate finemente la cipolla e fatela rosolare con il burro in un tegame. Appena la cipolla avrà preso un po' di colore aggiungete il latte salato e lasciate cuocere per 10 minuti. Poco alla volta aggiungete la polvere di curry, tenendo presente che il sapore della salsetta dipenderà dalla quantità di curry che vi avete aggiunto, perciò è bene assaggiarla. Tenete la salsetta al fuoco ancora per qualche minuto e servitela calda.


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Ai fruitori di INTERSTIZI

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REDAZIONE Ercolani Massimiliano Lucignani Marco Scarpulla Davide COORDINAMENTO Di Remigio Rossella

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Interstizi è una rivista digitale di cultura varia. Ogni numero, monotematico, rappresenta un tentativo di comunicare idee, impressioni ed emozioni in modo sintetico, e speriamo chiaro ed incisivo. L'intento è quello di costruire occasioni di riflessione, stimolare la curiosità e creatività, offrire immagini parole e suoni che aiutino l'osservazione di ciò che accade intorno a noi. I temi, di ampio respiro, sono trattati attingendo dalle esperienze soggettive di chiunque voglia partecipare a questo nostro esperimento editoriale, l'unica censura sarà fatta sulla base della lunghezza dei vostri contributi, questo perché il mezzo che usiamo ci impone una certa sintesi. I numeri della rivista non potevano che vedere la luce attraverso un supporto che ormai ha qualcosa di epico; il floppy disk, anello interstiziale tra il passato ed il futuro della comunicazione di massa digitale. Il floppy, caduto in disuso, rappresenta ancora uno strumento economico ed efficace per trasportare informazioni e per di più di per sé è oggetto: si può impilare, toccare, numerare e collezionare alla stregua delle riviste di carta molto più costose ed impegnative. A noi, pensando al floppy, è venuto in mente il paragone con la fantascienza verniana, proiettili che sbarcano sulla luna accecando il romantico satellite, il ventre di una balena d'acciaio che porta in se un equipaggio fino a 20.000 leghe sotto il mare ecc. ecc. . Beh …questo è l'idea romantica che volevamo per la prima uscita della rivista, si ancora nel 21 ° secolo c'è chi si preoccupa di epica di patos e di…. etica!?

il prossimo numero:

SEGRETO


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