1999 Catalogo Emporium

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Trieste 22 dicembre 1999 - 29 febbraio 2000 Palazzo della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia Piazza dell’Unità d’Italia

con il contributo di:

GRAFICA: MASSIMO GOINA

PROVINCIA DI TRIESTE



Mostra di Abiti e Accessori d'Epoca

Mostra e Catalogo a cura di:

Marialieta Verchi Prefazioni a cura di:

Lazzero Ricciotti Doretta Davanzo Poli Piero Del Bello Raffaella Sgubin

Con il contributo della

PROVINCIA DI TRIESTE

REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA


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Trieste, 1896 Pieghevole della SocietĂ di Navigazione del Lloyd Austriaco, con il calendario dei movimenti principali delle navi, il numero dei posti letto di I e II classe e carta geografica dei percorsi. Misure: cm. 41 x 22 ca.


Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia

Rivedere una città e ripensare ai suoi sogni. Questa è l’immagine che balena negli occhi della mente di chi si accinge ad entrare fra le righe di “EMPORIUM”. E’ innegabile che pochi sostantivi possano meglio determinare una Trieste frenetica come quella che si mostra nelle strade di questa esposizione, è il ricordo, forse ripensamento, anche, chissà, un invito alla meditazione su un tempo, durato cinquant’anni e più, che la nostra città visse fra esaltazioni, decadenze e rinascite, tra il Settecento, l’Ottocento e una parte di questo secolo tanto veloce quanto sconcertante. “EMPORIUM” è un pretesto, non inutile, per riandare agli usi, ai colori, alle attività passate di una Trieste che deve tornare a “mettersi in posa”. Una Trieste svelata attraverso la paziente ricerca di due tenaci cultori dell’abito e della moda, dei tessuti e degli orpelli, Marialieta e Franco Verchi, che hanno messo a disposizione la loro ben nota collezione. Sarà l’abito e l’accessorio la chiave di lettura per indagare sul passato del capoluogo giuliano. Ma ripeto: tutto ciò sarà un pretesto che offrirà lo spunto per ragionare su una Trieste cosmopolita per volere o per forza: luogo di innovazione, culmine di slanci e spunti. E’ innegabile il fascino che percorre lo svilupparsi della mostra o solo il seguire le note e le illustrazioni di questo catalogo. Come sempre l’immergersi nella poetica grazia delle linee e delle forme antiche risveglia un innegabile senso di piacere. Il riuscire, poi, a racchiudere in una mostra e nel limite dei suoi spazi la Trieste emporiale non può che far plaudire all’impresa. Doveroso e giusto da parte dell’Amministrazione regionale e dell’assessorato che ho l’onore di guidare, essere vicini a questa iniziativa. Bisognerebbe dire: grazie Trieste. E guardare al futuro. Senza scordare il passato.

Franco Franzutti Assessore Regionale all’Istruzione, alla Cultura, al Volontariato e al Libro Fondiario

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Bozzetto Trieste, 1999 Bozzetto originale per la realizzazione dei fondali della Mostra (cm. 200 x 300) creati da Giulia Zuccheri. Misure: cm. 15 x 18


Provincia di Trieste

Nel momento in cui apriamo un libro ancora tutto da scrivere, quello relativo al nuovo secolo, risulta pressoché inevitabile fermarsi per un momento a riconsiderare il percorso seguito da queste nostre terre dell’Italia orientale nei secoli precedenti, in particolare dalla città di Trieste, da sempre insostituibile punto di riferimento culturale, economico e sociale. L’idea di realizzare “Emporium”, passeggiata ideale tra le vie del vecchio borgo triestino nel periodo compreso tra il Settecento e il Novecento, parentesi della storia europea contrassegnata da cambiamenti radicali, che determinarono i presupposti per un poderoso sviluppo, con conseguente miglioramento generale del tenore di vita, nasce proprio dalla volontà di salvaguardare e nel contempo valorizzare gli aspetti migliori del nostro passato in vista delle fondamentali sfide che dovremo affrontare nell’immediato futuro. Inoltre, attraverso la riscoperta dell’antico fascino che possedeva Trieste a quei tempi, appare indubitabile come il capoluogo giuliano abbia saputo trasformarsi mantenendo sostanzialmente intatte le sue connotazioni principali. A iniziare da quella multiculturalità e multireligiosità che la rende, oggi come allora, la più internazionale tra tutte le città italiane, per giungere all’ordine e all’eleganza con le quali i suoi cittadini erano e sono soliti organizzare il loro vivere quotidiano. Il tutto condito con un pizzico di nostalgia - per la ricchezza artistica e materiale che alimentava la nostra città, nonché per quegli uomini e quelle donne che riuscirono, attraverso il proprio lavoro, a portare il nome di Trieste in tutto il mondo - non certamente fine a se stessa, bensì preciso auspicio in vista di un domani nel quale risulti finalmente possibile riappropriarsi di quel ruolo di importante porto commerciale e di vivace centro culturale che orchestrò il dinamismo e la vitalità delle maggiori città del vecchio Continente. Infine, mi sia consentito di esprimere un sincero ringraziamento a tutti coloro che hanno reso possibile l’allestimento di “Emporium”, in particolare alla Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e alla MPO Group, certo inoltre che i criteri espositivi diversi da quelli usati per manifestazioni analoghe sapranno trovare il gradimento dei visitatori.

Renzo Codarin Presidente della Provincia di Trieste

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Bozzetto Trieste, 1999 Bozzetto originale per la realizzazione dei fondali della Mostra (cm. 200 x 300) creati da Giulia Zuccheri. Misure: cm. 15 x 18


Fra sogno e realtà

Emporium è stato un sogno fino a qualche attimo fa: “ora è una realtà“. Devo dire che è una grossa emozione assistere, quasi dalle nuvole, al materializzarsi di un sogno: si prova stupore, curiosità ed anche apprensione perché si vorrebbe essere certi che la trasposizione risulterà fedele a quell’impalpabile ideale tanto a lungo rincorso. Ma che importa: “nessuno lo saprà mai“ come è vero che non v’è emozione che possa venir fotografata e che, mostrata a tutti, a tutti risulti la stessa immagine e soprattutto a tutti dia la stessa emozione. Quello che conta sarà solo ottenere che tutti siano investiti da un vento di nostalgie. Un ringraziamento a tutti. Grazie alla Regione Friuli-Venezia Giulia per aver sostenuto la proposta della Provincia di Trieste, grazie alla Provincia di Trieste che ha creduto nell’impresa, grazie alla MPO Group s.r.l. che ha curato l’enorme mole di lavoro con grande capacità organizzativa e poi un grazie - ed è forse il più sentito - a Trieste e a quei triestini che hanno consegnato nelle mie mani un così importante patrimonio di ricordi, delegandomi, bontà loro, a chiudere il Secolo ed il Millennio, pro-

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ponendoli tutti insieme in una carrellata romantica.

Marialieta Verchi


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Trieste: il grande Emporio dell’Oriente

Quando in porto, in un anno entravano e salpavano oltre 17 mila navi

Emporio è parola d’altri tempi. Non appartiene al nostro secolo. E’ parola piena di misteriose sorprese, di dinamismo, di vitalità, di sogni, di ardimento, di coraggio. E’ parola di quella Trieste che fu e non c’è più, e più non tornerà. Un mondo che solo il cinema e la fantasia possono far risuscitare, con quegli uomini e quelle donne che riuscivano con il loro lavoro a portare il nome della città in ogni angolo della Terra. Emporio in tedesco - usiamo il tedesco perché allora era la lingua burocratica dei commercianti triestini - si traduce pressappoco in Handelsplatz e Stapelplatz cioè centro di commercio e di magazzinaggio. Magazzinaggio come nei bazar orientali, con i profumi delle spezie, le stoffe intessute d’oro, i cristalli azzurri ed iridescenti, i gioielli di ignoti artisti e artigiani, gli abiti delle grandi sartorie, le delicate ceramiche e le porcellane. Per essere un centro di commercio e di magazzinaggio non era necessario avere industrie, ma soltanto un porto, un’area di stoccaggio, e alle spalle, una rete di trasporti ferroviari efficiente per placare la fame di richieste di merce di un entroterra famelico. Trieste dalla fine del settecento alla prima Guerra mondiale ebbe tutto questo. Era in una posizione felice sull’Adriatico, e l’Adriatico non era un lago morto, ma un mare pieno di impulsi, con migliaia di navi che lo solcavano, e le navi cariche di merci destinate a tutte le città d’Europa, d’America e dell’Estremo Oriente. La nave - in genere piroscafi con la forza trainante prodotta dal carbone, ma anche grandi velieri a tre e quattro alberi - era l’unico mezzo di trasferimento da un continente all’altro, l’aereo viveva ancora nel mondo dei sogni, e la parola e gli ordini di acquisto e di vendita raggiungevano i punti più lontani del globo attraverso il telegrafo. Quel telegrafo che batteva gli ordini da Portorico e da Odessa, da Istanbul e da Giava, dal Marocco, dal Brasile, da Londra, da Praga, dal Cairo, da New York, da Berlino, da Yokohama, da Melbourne e Buenos Aires: un tumulto di ordini, di arrivi e di partenze, le voci di uomini che parlavano lingue diverse ma avevano interessi comuni, il soldo che lievitava in mano negli scambi ordinati e febbrili, la ricchezza palpabile, e con la ricchezza l’allegria e l’ottimismo dell’avvenire dinamico.

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Provate a pensare a quel tumulto: a tre quarti dell’Ottocento 17.500 navi che attraccano e salpano dal porto triestino nel corso dell’anno caricano e scaricano tre milioni e mezzo di tonnellate di merce. Fate un piccolo calcolo: sono in media una cinquantina di navi che entrano ed escono ogni giorno, le sirene che annunciano arrivi e partenze, le bandiere di segnalazione che si alzano sulla Lanterna, i carri lungo i moli San Carlo, Giuseppina,

Fotografia di G. Wulz. 1890 ca. Veduta del Molo S. Carlo. Misure: cm. 10,5 x 6,5 ca. Coll. privata

10 Fotografia “W Photobrom“ primo ‘900 Veduta del Molo Giuseppino-Giuseppina. Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata

Sartorio e Santa Teresa ed i quattro del Porto Nuovo, carri dalle grandi ruote trainate da cavalli e buoi, le gru che prelevano dalle stive dei vapori migliaia di sacchi ed involucri e li depositano sulle rive, i facchini che s’industriano a stivare tutto quel ben di Dio che s’accumula come un fiume in piena, i commercianti che si fregano le mani e attendono i clienti dietro i banconi: i commercianti triestino- levantini che hanno pacchi di ordini da soddisfare e che la vastità del mondo non sgomenta perché non sono creature di provincia, ma del mondo, con le sue varie culture e la bella intelligenza di chi, legato al denaro, non si nega mai il coraggio del rischio.

Fotografia di anonimo. Primo ‘900 Mezzo di trasporto per merci varie. Misure: cm. 14 x 8,5 ca. Coll. privata


Trieste - 45° 38’ latitudine Nord e 13° 46’ longitudine Est, i capitani di tutto il mondo conoscono queste coordinate - è il più importante porto commerciale e di traffici marittimi dell’Impero austro-ungarico. E’ il classico emporio moderno, come lo fu un tempo Atene e diventerà poi Amburgo per l’area atlantica. E’ l’emporio dell’Oriente, tutte le nazioni d’Europa vi hanno il proprio consolato, su quel golfo di quasi 95 chilometri quadrati fluttuano al vento le bandiere di dozzine di nazioni, la lingua greca s’incrocia con il russo e l’arabo, il turco, l’yiddish, l’inglese, il polacco, l’italiano, lo sloveno e il serbo - croato, gli ordini dal molo vengono dati nel bel dialetto triestino che ha l’impertinenza di certe espressioni toscane, El mondo, dicevano quei commercianti di stile levantino, xe mezo de vender e mezo de comprar ed i ragazzi che andavano mozzi sulle navi a formarsi un carattere duro si giustificavano con orgoglio a chi li vedeva andar via: se no se vedi un poco de mondo, no se se fa òmini. Arrivava di tutto a Trieste via mare e via terra, un trionfo di vitalità. Con le navi ed i velieri entravano in porto carbone, cotone (oltre la metà del raccolto egiziano), olio minerale, grano, vino, caffè crudo, frutta dei Paesi del sud, uva novella ed uva passita, riso, pellame, olio d’oliva, minerali di zolfo, juta, sale, pepe, droghe, il prezioso indaco azzurro, botti e le arachidi che gli specialisti triestini tostavano come il caffè. Sempre con nave o sui velieri uscivano da Trieste dirette a Paesi compratori farina, zucchero, frutta secca, carta, vino birra, cotone, legumi, riso, carbone, cristallerie, botti, oggetti di legno e di ferro, alcoolici. Ma l’emporio veniva alimentato anche via terra, dal suo hinterland smisurato. Per ferrovia giungevano ai magazzini di deposito carbone di legna e carbon fossile, zucchero, farina, frutta secca preparata, grano, oggetti in ferro e acciaio, carta, birra, cotone e lana pecorina, tessuti manufatti, legumi, cristallerie, articoli in legno, alcool, acquavite, farina di crusca, merceria, acqua minerale. E sempre per ferrovia, nel traffico commerciale turbinoso, uscivano verso clienti vicini e lontani olio minerale, olio d’oliva, pellami, juta, resine, legni colorati, riso, minerali di zolfo, stracci per le pulizie, spugne, caffè tostato.

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Cartolina postale. 24. 6. 1904. Veduta del Porto Franco. Mis. cm. 14 x 9 ca. Coll. privata


Trieste era grande per questo gigantesco movimento di mercanzie, provava l’ebbrezza di contare nel mondo. Carlo VI l’aveva dichiarata porto imperiale franco nel 1719 dando ricchezza un borgo che contava appena 5.700 abitanti. Quel privilegio venne poi tolto il 1° luglio 1891, e il punto franco restò limitato al porto, essendo la città (che contava adesso 156.000 anime) entrata a far parte della zona doganale austriaca.

Cartolina postale. 15. 5. 1902 Veduta dei Magazzini Generali del Punto Franco Stampa: Dr.Trenkler Co., Leipzig. Serie N° 6168. Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata

Ma il tumulto del trafficò continuò, l’apparato cittadino s’era fatto le ossa, reagiva come una grande metropoli, aveva linee ferroviarie con Vienna, con i Balcani e con l’Italia, e la città, con quel suo clima mite ed invitante, offriva a chi sbarcava lussi e svaghi. Aveva sette alberghi “raccomandabili ai signori viaggiatori“, oltre 600 osterie e trattorie, oltre 100 buffet e bar, oltre 50 “caffè pubblici“ (cioè importanti), nove birrerie con giardino e musica. D’estate, cinque teatri e sette da varietà, quattro bagni marini galleggianti (il Maria, il Boscaglia, l’Angeli e il Militar -Schwimmanstalt per la guarigione) ai quali si arrivava in barca pagando due soldi al battelliere; tre giardini pubblici.

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Fotografia a cartolina postale. 19. 3 1910 Veduta del Bagno Militare Prem. Studio Fotogr. A. Jerkic, Trieste.Serie N° 20920. Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata

Quello del Boschetto aveva un padiglione per concerti ed un caffè. Le signore eleganti passeggiavano nei suoi viali che sembravano un orto botanico seguite da sospiranti zerbinotti. D’autunno il padiglione si trasformava in una enorme esposizione di frutta: uve nere dell’Istria, grappoli biondi del Collio, pere fragranti e mele gigantesche del Goriziano, pesche vellutate e pannocchie della pianura friulana.

Cartolina postale. 1906 Camerieri del Grand Restaurant “Borsa Vecchia“ Trieste Palazzo Dreher Ristoratore: Karl Wieninger. Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata


Cartolina postale. 1906 Veduta dell’interno della Birreria “Anton Dreher” Serie N° 147 . Misure: cm.14,5 x 9 ca. Coll. privata

Cartolina postale. 1906 Veduta dell’interno della Birreria “Anton Dreher“ Serie N° 149. Misure: cm. 14,5 x 9 ca. Coll. privata

D’inverno, di sera, il padiglione diventava un grande caffè concerto folto di pubblico gaio ed entusiasta. Verso gli inizi del Novecento i concerti serali diventarono quasi quotidiani: orchestre, cori e talvolta due bande in gara l’una contro l’altra: cantori d’opera, valzer, marcette, composizioni di tamburo e batteria. Un giovanotto che sarebbe diventato famoso si esibiva volentieri - suoi cavalli di battaglia erano la “Cavalcata del fuoco“ e l’“Inno istriano“ di Smareglia - e partecipava a tutta quella gioia: si chiamava Franz Lehar; a Vienna l’avrebbero poi incoronato re dell’operetta. I produttori di birra più famosi erano Dreher e Adria: nei loro locali sparsi un po’ dovunque si cantava in coro dondolando come a Vienna: “Ach, Du lieber Augustin“ dopo aver vuotato pile di boccali. L’avviso n° 4824 del Magistrato Civico imponeva - un segno di incredibile civiltà - “a tutti i proprietari di negozi, botteghe e officine di tenere costantemente esposto il prescritto bacino d’acqua fresca affinché i cani vaganti possano dissetarsi“.

Cartolina di corrispondenza. 15. 10. 1901 Veduta della Trattoria “Al Boschetto“ Serie N° 8221 Verlag von G. Ruger & Co. Wien V/1. Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata

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La città era urbanisticamente ben ordinata ed elegante prima con i suoi lampioni a gas e poi con l’elettricità: Sul mare s’affacciava der grosse Platz (Piazza Grande), che aveva un proprio giardino con le statue in marmo di Carlo VI e la fontana di Maria Teresa, e intorno erano disposte der Börsenplatz (Piazza della Borsa) con il gruppo in marmo di Nettuno e la statua di Leopoldo I, der Josephsplatz (Piazza Giuseppina) con il monumento dello sfortunato Massimiliano, impe¨ ratore del Messico, la piazza della Sudbahnof con il giardino e il monumento del 1888 commemorante il 500° anniversario della dedizione all’Austria, der Holzplatz (Piazza della legna), der Leipziger Platz (Piazza Lipsia), Il Corso, via del Torrente, il grande viale dell’Acquedotto, le tre grandi chiese cattoliche di San Giusto, di Santa Maria Maggiore e di Sant’Antonio, la chiesa greca, la serba, l’evangelica, l’inglese, l’armena, due sinagoghe ed una seconda stazione ferroviaria, la Staatsbahn con linee per Salisburgo e Pola.

Cartolina postale Timbro dell’ Hotel Centrale, Restaurant Haberleitner Alla Borsa Trieste. 4. 10. 1903 Veduta della Chiesa greca. Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata

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In quel fiume di benessere erano sorti il bellissimo Rathaus (Municipio), lo Statthalterspalast (il palazzo del Luogotenente), il palazzo della Borsa in stile dorico con l’adiacente Tergesteo per i borsisti ed i commercianti che avviavano e concludevano trattative (con una ricchissima Lesesaal, sala di lettura, ed una notevole Casa Editrice), il palazzo Revoltella, l’Accademia Nautica, il castello di Miramare, che si aggiungevano al Teatro Comunale, all’Istituto idrografico della Marina da guerra e, naturalmente, dato il carattere emporiale della città, ad un’Accademia e ad una Scuola superiore di commercio.

Fotografia di G. Wulz. 1890 ca Veduta del Palazzo della Borsa, Tergesteo e monumento a Leopoldo I. Misure: cm. 10,5 x 9,5 ca. Coll. privata

Fotografia: Ed. Pietro Miani Fotografo Trieste 12. 2. 20 Serie N° 50059-186 Veduta interna della Galleria del Palazzo Tergesteo. Misure: cm. 13,5 x 8,5 ca. Coll. privata


Per favorire gli scambi commerciali e facilitare il movimento dei capitali la Trieste ottocentesca offriva una sfilata impressionante di banche (citiamone alcune: Triester Kommerzialbank, la Volkbank, la Städtische Sparkasse, il Kreditanstalt, la Unionbank, la Anglo-Österreichische Bank, la filiale della Banca austro-ungarica) e di società assicuratrici, tra cui primeggiavano la Riunione Adriatica di Sicurtà e le Assicurazioni Generali, che “lavoravano“ in tutto il territorio dell’Impero, fino ai confini della Russia. Una città piccola e felice, pur con i suoi problemi: appena 121.816 abitanti (di cui 27.725 sloveni e 7.107 tedeschi) nel 1890 e soltanto 1.483 militari, un bilancio in attivo di 6.437.693 Gulden (fiorini) undici giornali, due in tedesco, una linea tramviaria (a cavalli)

Cartolina postale. S. D. M. 3067. 27. 5. 1902 Veduta della Lanterna con il Bagno Fontana e tram a cavalli. Misure: cm. 13,5 x 8,5 ca. - Coll. privata

lunga 10 chilometri sostituita poi da quella elettrica con capolinea al Boschetto, l’Arsenale del Lloyd austriaco (1900 operai), lo Stabilimento tecnico triestino (705 operai) che metteva in mare grandi navi da guerra (dodici corazzate da 1900 al 1912: l’Habsburg, l’Arpad, la Babenberg, l’Erzherzog Karl, l’Erzherzog Friedrich, l’Erzherzog Ferdinand Max, la Radetzky, l’Erzherzog Franz Ferdinand, la Zrinyi, la Viribus, Unitis, la Tegethoff, la Prinx Eugen), stabilimenti per la tostatura del caffè e la fabbricazione di carta da sigarette, una raffineria di oli minerali, il ghetto con tutte le sue botteguzze, una piccola flotta di pescatori dalmati e istriani, il cinematografo in piazza della Caserma, ed una sfilata di negozi lungo il Corso. Il Corso divideva la città in due parti: da un lato il borgo teresiano squadrato e ordinato come certi quartieri di Torino (ed a sua volta diviso da Canal Grande lungo 372 metri e pieno di velieri), dall’altro la zona antica che trova il suo coronamento nel Castello e nella cattedrale di San Giusto. Sul Corso - “passerella di fasti provinciali e criteri d’eleganza “importati“, per così dire, da quella Mitteleuropa che aveva in Trieste il suo porto ed in un certo senso il suo confine“ ricorda Luciana Versi, ricercatrice di piccolissime cose antiche, i negozi di abbigliamento offrivano a chi ne aveva la possibilità (ed i ricchi non mancavano) i capi eleganti delle migliori boutiques di Vienna, Parigi, Praga e Karlsbad. Alcuni nomi sono arrivati fino a noi: La Merveilleuse (“Alla vera eleganza“ c’era scritto sul frontone), Carl Fieghele, la Maison Raffaele Thümmel con i suoi ricercati cappellini e le piume per preparare gli stessi, la Maison de Robe (il proprietario serviva i clienti in frak e la moglie in abito da sera), la sartoria per donna Aurely, le confezioni per uomini e bambini Gustav Weiger, M. Weiss e Ignazio Steiner, la sartoria Beltrame, le calzolerie Ranzini e Montanari, i negozi di cappelli per uomini Tevini e Prisco, i gioiellieri Janesich e Giuseppe Bucher, il negozio “Chapeaux pour dames“ di Tina Manna.

Cartolina pubblicitaria per la Ditta Ranzini Calzature Autore: Tytan Trieste Stampa: Off. Graf. Edit. Libr. Trieste 1925. Misure: cm. 13,5 x 9 ca. - Coll. privata

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Su quel Corso fervido di negozi e di oggetti accattivanti, con le grandi tende per difendersi d’estate dal sole, passerà anche la Storia saranno momenti tristi, invece del chiacchiericcio, si sentirà soltanto il rullare cupo dei tamburi. Saranno i giorni di due grandi funerali: quello di Massimiliano fucilato dagli insorti messicani a Queretaro e dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sophia uccisi a Sarajevo, i cui cadaveri venivano portati a Vienna con la ferrovia che partiva da Trieste. Chi percorre oggi distrattamente quel corso può - se non conosce il passato - paragonarlo ad una qualunque piccola via commerciale di una qualunque piccola città lombarda o veneta: allora, cent’anni fa, ogni giorno si rinnovava al passante lo stupore e la meraviglia che si prova, per esempio, guardando a Londra le vetrine di Old Bond Street. In certe sere di primavera sembrava d’essere a Parigi. La gente voleva divertirsi dopo le lunghe giornate di lavoro. La banda della Marina suonava ogni martedì davanti al Caffè Tommaseo, l’Acquedotto era tutto un concerto, in piazza della Borsa veniva allestita una tombola pubblica (200 fiorini la cinquina, 300 e 500 fiorini le tombole), quando il clima lo permetteva venivano organizzati balli campestri sotto i gelsi di Roiano, sotto i noci di San Bortolo, nel campo San Giacomo, sull’erba di San Giovanni. Arrivò in Piazza Grande e diede un memorabile concerto persino la banda della Marina giapponese con musiche esotiche e brani d’opera. Il soldo girava, e girava anche la gente, di carattere allegro e portata allo humour più frizzante. Era vita quella, e che vita! Ma tutta quella cuccagna non poteva durare a lungo. Sotto le apparenze del benessere più sfrenato covavano antiche aspirazioni etniche che avrebbero portato con la guerra alla dissoluzione dell’Impero. Quando i tamburi orlati di nero con il loro rullo lugubre accolsero sul molo Giuseppina la corazzata Tegethoff con le salme degli uccisi a Sarajevo si avvertì che la grande ruota del destino si era mossa, e non nel verso positivo. A Trieste sonante di traffici e di sirene marine nel 1913 le merci caricate e scaricate in porto raggiunsero le 6.200.000 tonnellate e l’anno dopo la flotta mercantile registrata in Capitaneria toccò le 720.000 tonn. - tutta quella struttura mondiale alle spalle che la riforniva di palpabile ebbrezza cominciò a mancare. E fu un amaro risveglio, con i giovani che andavano a morire fin nei Carpazi ed il Carso che rimbombava di cannonate.

Cartolina postale. Trieste, 1914. Corteo funebre dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della Moglie Sophia. Misure: cm. 15 x 10,5 ca. Coll. privata

L’emporio svaniva nel nulla per mancanza di ossigeno (le navi, le merci, i treni, i commercianti, i clienti) e nella città bellissima si affacciò lo spettro della fame. L’emporio diventò il fantasma di se stesso. Era l’Europa, non soltanto quella danubiana, che saltava in aria: il terremoto aveva connotati mondiali. Quando al molo Giuseppina arrivò il cacciatorpediniere Audace con i bersaglieri tutta la struttura che aveva dato vita ad una Trieste fantasmagorica mutò le coordinate. L’hinterland trainante fu sostituito dall’altra parte, quella occidentale, da un fronte povero di idee e di forze. L’Italia usciva prostrata da una guerra durissima e non possedeva, essendo ancora contadina e molto povera, quegli slanci e quell’inventiva che possono dare vita ad un emporio. La città s’afflosciò, con poche speranze. La parola “austriaco“ venne cancellata sul frontale del Lloyd e sostituita con l’aggettivo “Triestino“.


Il Lloyd poteva contare nel 1922 su una flotta di 52 navi a due e tre eliche, qualcuna di buon tonnellaggio: come la Aquileja già Innsbruck, la Cracovia, l’Helouan, il Tevere già Gablonz, la Nippon, la Persia, la Romolo già Austria.La Cosulich aveva 18 navi (e tra di esse alcuni transatlantici famosi per il trasporto degli emigranti: il Presidente Wilson e la Martha Washington), la Navigazione Libera Triestina 24, la Tripcovich 8 e una selva di vaporetti e rimorchiatori, la Gerolimich 10, la Oceania 16, la Giulia 9, la Premuda una, la Cossovich 4, la Giovanni Racich 5, la Martinolich 3. Le navi, l’eredità dell’emporio austro–ungarico, c’erano, ma non esistevano più gli obiettivi. Tutta l’impalcatura politico - geografica che aveva sostanziato la vita precedente era crollata lasciando soltanto rottami.

Cartolina postale. 19. 10. 1925 Cosulich Line Trieste T.S.S. Presidente Wilson. Misure: cm. 14 x 8,5 ca. Coll. privata

Fotografia. Mare, 5 12. 1924 I primi emigranti italiani per l’America Cosulich Line Trieste Piroscafo: Presidente Wilson. Misure: cm. 13,5 x 9 ca. Coll. privata

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L’Italia non riuscì a sostituirsi a quell’hinterland così prolifico, sebbene generosa di sussidi. Incrementò la costruzione di navi mercantili (il Conte Grande, la Victoria, il Conte di Savoia) e da guerra (gli incrociatori Fiume, Cadorna, Attendolo e Garibaldi e le corazzate Conte di Cavour, Andrea Doria, Vittorio Veneto e Roma), diede una mano allo sviluppo industriale e cercò nel contempo, per odio mal concepito, di smantellare ogni traccia del favoloso passato asburgico sventrando la città ed immettendo in essa, come nel Trentino e nel Sud Tirolo, gruppi di popolazioni d’altre regioni. Trieste,diventò, in parallelo con Genova, il capolinea dei traffici passeggeri e merci con le Americhe mandando sugli oceani navi dai nomi mitici, ma tutto quel traffico non raggiunse negli anni dal 1930 al 1934 che il misero totale di appena 2.200.000 tonn. di merce arrivata e partita: un terzo di quello registrato alla vigilia della Grande Guerra. Anche la crescita demografica si fermò: la città non rappresentava più un richiamo, molti emigrarono principalmente in Argentina ed in Brasile, gli altri si adattarono alla nuova vita di provincia. Nel 1913 Trieste aveva una popolazione stimata di 247.000 abitanti. Nel 1936 ne contava ancora di meno: 237.717. Da una città imperiale era diventata capoluogo di periferia con un mare tristemente vuoto ed un’atmosfera che sfiorava l’apatia. Ma non era ancora finita: l’aspettavano altre tragedie, sulla strada di un lento declino. Perché vi sono svolte nella vita di una città che diventano irreversibili e rimescolano nel cuore di chi l’ama rimpianti, odi, speranze e lunghe silenziose malinconie.

Lazzero Ricciotti

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Nato a Trieste il 01/09/1921. Laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Torino. Ha partecipato alla campagna di Russia comandando un caposaldo sul Don e poi alla lotta partigiana in Piemonte (Canavese). E' stato per venti anni a "La Stampa" di Torino (redattore agli Interni), poi dieci anni a "Epoca" come inviato; tre anni alla "Domenica del Corriere" sempre come inviato e quindi con le stesse mansioni a "Il Tempo". Ha diretto il mensile triestino "La Bora", preparato i giornali di crociera per i transatlantici della società "Italia", ha scritto vari libri per le case editrici "Rizzoli" e "Mondadori" sulla Seconda Guerra Mondiale. E' presidente dell'Istituto di Storia Contemporanea "Pier Amato Perretta" di Como. Da oltre un trentennio collabora all'attività di Simon Wiesenthal. E' stato direttore d'antenna della TV della Valle d'Aosta e consulente (a Courmayeur e Mosca) di Piero Savoretti, preparatore dell'accordo della Fiat per Togliattigrad.


La moda europea 1880 - 1940 nella collezione di Marialieta Verchi

Il periodo preso in considerazione nella mostra curata da Marialieta Verchi, nota collezionista - antiquaria e studiosa di costume, è sicuramente uno dei più ricchi e complessi della storia della moda. Infatti il rinato interesse, nell’ultimo quarto dell’Ottocento, per tutte le arti decorative (tessuti, merletti e ricami compresi), di cui il movimento delle Arts & Crafts, fondato nel 1886 da William Morris, è esempio eclatante il costituirsi di importanti settori museali ad esse dedicati, comporta nell’ambito vestimentario e d’arredo dell’epoca, molteplici e continui rinnovamenti. La possibilità di avvalersi di nuove invenzioni e di ingegnose meccanizzazioni, se permette applicazioni sperimentali, fa nel contempo tornare di moda alcuni stili artistici del passato, quali il medioevale, il gotico, il rinascimentale, che vengono ripresi e copiati singolarmente con precisione filologica, oppure mescolati tra loro in eclettiche combinazioni. In un mondo stimolato da un lato dai miglioramenti derivanti dal progresso, dall’altro dal fascino dell’antico o dell’esotico, tutto viene riproposto, accolto e approvato. Le grandi esposizioni universali organizzate in Europa e nel mondo oltre ad informare con una certa rapidità sulle scoperte e sugli ultimi ritrovati scientifici e tecnici, servono anche a mettere in contatto tra loro le varie realtà nazionali. Le riviste femminili, diffuse ormai anche tra i ceti sociali minori, fanno da cassa di risonanza, contribuendo a divulgare, sia pur lentamente, le diverse culture e le nuove idee.

Copertina di un’annata dei fascicoli rilegati del: “Der Bazar” Illustrirte Damen Zeitung n° 1 Berlino 1 gennaio 1883. Misure: cm. 29 x 39 ca.

Il movimento per l’emancipazione femminile, penetrato dall’America in Europa attraverso l’Inghilterra, nel 1878 vede a Parigi, organizzato dalle suffragette francesi, il primo Congresso Internazionale dei Diritti delle Donne: Amelia Bloomer, direttrice negli Stati Uniti di un giornale femminista, si prodiga (fin dal 1859) per lanciare un tipo di abbigliamento definito “razionale“, basato fondamentalmente sull’eliminazione delle costrizioni intime dei busti, crinoline, sellini, intuendo che la liberazione del corpo avrebbe favorito quella della mente.

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Parigi è capitale indiscussa della moda e presso gli ateliers di grandi sarti e sarte quali Worth, Doucet, Callot - Soeurs, vengono realizzati gli abiti delle grandi regine e delle grandi dame dell’aristocrazia mondiale. I modelli, fatti sfilare da mannequines vive (per la prima volta in assoluto da Charles Frederich Worth), sono oggetto di una vera e propria forma di spionaggio sartoriale da parte di disegnatori che, memorizzando ciascuno determinati particolari, li ridefiniscono in seguito in figurini, venduti a peso d’oro a laboratori e industrie di confezioni.

Etichette della Sartoria: Callot Soeurs Marque & Modèle Déposés. Paris, 1900 ca. Hiver 1913 Callot Saeeurs Paris Nouvelle Marque Déposée.

Nel 1883 a Londra la Rational Dress Society, sostenuta da personalità di spicco come Oscar Wilde (e più tardi da G. Bernard Shaw), premia un modello di gonna - pantalone per triciclo, molto simile a quello proposto anni prima dalla Bloomer, che sarà adottato in molte altre forme di sport.

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Copertina di un’annata dei fascicoli rilegati di: “Figaro Illustré” Disegno di: George Roux Decima serie N° 61 Aprile 1895 Misure: cm. 32 x 41 ca. Coll. privata


I nuovi principi igienico - sanitari, che predicano i benefici del movimento ginnico, dell’aria aperta, dell’acqua e della luce solare, vengono fatti propri anche dal movimento per la Riforma dell’abbigliamento, sorto in Germania nell’ultimo decennio dell’Ottocento.

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Foto di G. Riebicke, apparsa sulla rivista: “Die Ehe” Berlino 1930. Misure: cm. 20 x 28 ca.

Ripresi in seguito anche dal movimento artistico dello Jugendstil, avranno nel salone di moda delle sorelle Flöge, a Vienna, la maggiore applicazione: stilisti d’eccezione Henri van de Velde e Gustav Klimt. Creatore di figurini per la rivista Wiener Mode, Kolo Moser collaborerà con Josef Hoffmann al reparto moda della Wiener Werkstätte, anche disegnando geniali decori per tessuti stampati.

Stoffa da tapezzeria della WW. Misure: cm. 25 x 24 ca.


Accanto a modelli improntati ancora alla linea a “S“, ottenuta modificando la forma naturale del corpo con busti e cuscinetti, si vedranno vesti dalla linea sciolta, tuniche e camicioni ampi e comodi, ma non per questo meno femminili: il collo costantemente nascosto dall “guimpe“, l’alta fascia di velo ricamato o di merletto. La donna emancipata tuttavia preferisce il tailleur, composto da gonna e giacca di taglio maschile e, se meno abbiente, gonna e camicetta chiara, resa più attuale della presenza di una cravattina scura.

Depliant pubblicitario: The Ladies’ Report of Fashion per Autunno-Inverno 1919-20 della Ditta Minister & Co. Limited - 46, Great Marlborough St. Regent St. London W.1 Misure: cm. 29 x 11 ca.

L’abbigliamento maschile, che continua a prevedere pantaloni tubolari, camicia bianca con collo rialzato, panciotto talora colorato, accorcia le falde della finanziera che diventa una moderna giacca. E se si continua ad adoperare il cilindro per le occasioni mondane, durante il giorno si porta volentieri la più giovanile paglietta.

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Portacilindri: I° = A. Cassé Fournisseurs des 1.ères Marques Parisiennes Paris 2 Grands Prix Londres 1908 Bruxelles 1910 Misure: cm. 26,5 x 32,5 x 19 ca. All’interno cilindro: Giovanni Vidali Succ. L. Perini Trieste. II° = A. Cassé N. Radioncini & figlio Roma Corso Umberto I - 165a Via della Vite 9-10 Misure: cm. 27 x 34 x 20 ca. Sul coperchio il N° 58 riferito alla circonferenza del cilindro. All’ interno cilindro: A. Delion 24. Boul.d des Capucines Mémes Maison Passage Jouffroy 15 a 25 - 223 B.d St. Germain Paris Fabriqué Spécialment pour C. N. Tévini Trieste.

Paglietta: Made in Switzerland. Misure: cm. 28,5 x 32,5 x 9,5 ca. Coll. privata


I bambini aristocratici vestono completini di velluto alla “Piccolo Lord“, illuminati da pizzi di famiglia riesumati e riadattati, oppure, su pantaloni diritti, la casacca con il collare rettangolare “alla marinara“, bianco con profilature blu o viceversa.

Fotografia 25 marzo 1913 Gruppo di famiglia. Misure: cm. 9 x 14 ca. Coll. privata

Nonostante il nuovo secolo non sembri produrre grandi cambiamenti, tuttavia anche in Italia si assiste ad una certa ripresa economica e ad un notevole sviluppo industriale, (favoriti soprattutto dallo sfruttamento della manodopera), che consentono comunque un miglioramento del tenore generale di vita. In Europa si parla di “Belle Epoque“, caratterizzata appunto dal diffondersi a livello più ampio, di nuove forme di svago quali le vacanze, il teatro, lo sport.

Foto-cartolina: 19 agosto 1913 Vacanze a Cattolica per una famiglia triestina. Misure: cm.13,5 x 9 ca.

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Paul Poiret domina la scena della moda con i suoi modelli da odalisca o da Turandot disegnati da Iribe, Lepape, Barbier, che li pubblicizzano sulle pagine del Journal des dames et des modes o della Gazette du bon ton. La sua moda esotica coincide con il successo dello spettacolo dei Balletti Russi, per i quali Djaghilev incarica Lèon Bakst di disegnare gli splendidi costumi orientaleggianti.

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Copertina della raccolta di fascicoli del: “Giornale delle Donne” diretto da A. Vespucci ANNO XXIX - 1897. Misure: cm. 18,5 x 29 ca.

Mariano Fortuny brevetta a Parigi i suoi ellenistici delphos fittamente plissettati e le sue tuniche stampate a motivi copti o islamici, dalle ampie fogge ispirate ai bournous o alle abaya del nord Africa, oppure sotto l’influsso dei pittori preraffaelliti mantelli e cappe di ispirazione rinascimentale. La Grande Guerra fa scomparire la gonna “entrave“, cioè “impaccio“, stretta alle caviglie, a favore di una moda più semplice e pratica. Le gonne si accorciano e le giacche si svasano: le donne sono costrette a sostituire gli uomini alle armi, nel lavoro quotidiano, sia in campagna che in fabbrica, con conseguente irreversibile processo di emancipazione. Gabrielle Chanel, detta Coco, e Jean Patou creano abiti morbidi e comodi, ispirati all’abbigliamento sportivo o operaio, confezionati spesso in Jersey o in maglia, fino ad allora considerati materiali poveri. Il fiorentino Ernesto Michahelles, noto con lo pseudonimo di Thayaht, nel 1918 brevetta la “tuta“, così detta per la forma a “T“, che riunisce in un tutt’uno pantaloni e blusa. Sicuramente risente del Costruttivismo russo, che comunque trascende e supera disegnando poi, per riviste chic, raffinatissimi abiti da giorno, da sera e costumi da bagno. Depero, Balla, Marinetti sconvolgono l’abbigliamento maschile con una ventata di colori, proponendo completi di giacca - pantaloni - panciotti costituiti da un patchwork di inserti dalle vivacissime contrastanti tonalità, cravatte illuminate elettricamente, tessuti tattili, dinamici, sensoriali. L’eleganza degli Anni Venti è invece nel complesso segnata da un rigore geometrico nei decori, da un’essenzialità di forma nelle linee, cui non è estranea l’influenza dei laboratori tessili del Bauhaus, voluto da Walter Gropius (con cui collaborano personalità del calibro di Klee, Muche, Kandinski), ma anche dallo stile astratto e dei colori puri delle creazioni “ simultanee “ di Sonia Delaunay.


L’autarchia fascista abitua in Italia a economizzare sul tessuto, a recuperare antiche fibre tradizionali, con il risultato di determinare ingegnosi tagli sartoriali, ai quali il giuliano Tullio Crali infonde un tocco di estrosa follia. La donna moderna è resa con sintesi mirabile dal triestino Marcello Dudovich, che non disdegna di disegnare i suoi modelli di linea decisa, sicura, anche per i cataloghi dei grandi magazzini o di vendita per corrispondenza.

Copertine di cataloghi della Ditta Frette & C. Monza Datati 1930 - 1933 - 1935. Misure: cm. 14.5 x 23 ca.

Depliant pubblicitario: The Ladies’ Report of Fashion per Autunno-Inverno 1919-20 della Ditta Minister & Co. Limited 46, Great Marlborough St. Regent St. London W.1 Misure: cm. 29 x 11 ca.

Tutto questo e ancora molto di più, emerge attraverso la selezione di indumenti e accessori di moda, documenti, operata in occasione di questa mostra nella raccolta di Marialieta Verchi, l’amica - antiquaria, che non finisce di stupire per l’accortezza e la lungimiranza con cui si muove nel reperimento non facile dei pezzi “storici“ e per la competenza con cui li identifica, salvandoli in tal modo dall’oblio e restituendoli per tutti noi, a nuova vita.

Doretta Davanzo Poli Nata a Roncader (TV) nel 1945. Laureata in Storia dell’arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Padova e diplomata in Paleografia e Dottrina Archivistica presso l’Archivio di Stato di Venezia. Dal 1971 al 1975 collaboratrice come consulente costumista presso il teatro “A l’Avogaria“. Dal settembre 1974 all’ottobre 1980 direttrice della biblioteca/tessilteca del Centro Internazionale delle Arti e del Costume di Palazzo Grassi a Venezia. Creatrice e curatrice di una delle prime collezioni italiane di moda presso il Centro stesso ha collaborato attivamente a numerose mostre specialistiche, fra le quali: TESSUTI DI IERI E DI OGGI, Venezia Palazzo Grassi, 1974 ; TEATRO SCENA COSTUME, Feltre, Teatro della Sena,1978 ; OGGETTI SACRI del XVI sec. nella diocesi di Vicenza, Vicenza, Palazzo Vescovile, 1980; VARIEE DE LA MODE 1786-1986, Monaco, Studt Museum, 1986. Dal 1981 al 1990 consulente conservatrice presso il Museo del Consorzio dei Merletti di Bergamo. Dal 1994 ha ottenuto l’incarico dell’insegnamento di Storia dell’Abbigliamento del Corso di Conservazione dei Beni Storico Artistici della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Venezia. Consulente di molti musei italiani ha al suo attivo il coordinamento di una sessantina di mostre specialistiche sui tessuti, ricami, merletti e moda e la pubblicazione di saggi su oltre un centinaio di pubblicazioni. Collabora con regolarità dal 1994 con il “Giornale Economico”, bimestrale della Camera di Commercio di Venezia, con la redazione di articoli relativi al tessile.

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Arazzo

(Palampora) India 1725 - 30 Misure: cm. 350 x 210 ca. Arazzo in tela di chinz stampata, rappresentante l’albero della vita, alla base scenetta galante di personaggi che curiosamente hanno gli abiti di foggia europea ed i tratti somatici orientali; probabilmente eseguito per un mercato europeo. Condizioni: discrete, qualche buco laddove si appendeva al muro e in alcuni punti esterni della cornice. MV


Muri di carta

E ad un certo punto nacque la pubblicità. Quella moderna. Industrial-artistica. Enorme e bistrattata: arte applicata. Dio aveva baciato la fronte di mani felici e di cervelli ricchi di parti d’invenzione. Non fu facile né immediato: la quadrata e pur burrascosa Trieste dell’ultimo sprazzo di Ottocento contava sì un’intraprendenza artistica che con Scomparini e Lonza (1) aveva dato il via ad una svolta moderna nella pittura giuliana, ma … ma il manifesto, la nouvelle vogue dell’arte per vendere il prodotto non era ancor nata. Oddio, la nostra terra di confine aveva già partorito sia un maestro come Metlicovitz (1868) e un prossimo genio quale sarebbe stato Dudovich (1878). Ma, ancora ma, attorno agli anni ’90 del secolo scorso tutto ciò aveva da venire. Metlicovitz (anzi Metlicovich, ché questo era il nome originale) muoveva appena i primi passi, quasi sicuramente alla Passero di Udine (2), in Italia stavano appena sorgendo gli astri di artisti come Mataloni (1869), e l’affiche, quella moderna e sconvolgente, aveva trovato da non molto i suoi alfieri in Cheret, in Toulouse Lautrec, in un modo sfacciato di applicare l’arte a cartoni enormi da appendere ai muri, per far quella propaganda che, da allora in poi, categorizzata e codificata, sarebbe stata l’elemento ineludibile per convincere a comprare. Magari un biglietto del Moulin Rouge.

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Copertina del fascicolo “Trieste - Istria“ raccolta letteraria, artistica e musicale del 19 marzo 1880 Disegno di Eugenio Scomparini Stampato dallo Stabilimento Litografico Stranschi - Trieste. Misure: cm. 29 x 41 ca. Coll. privata

A Trieste, era pur sempre lo Scomparini che illustrava le copertine delle strenne del Circolo Artistico Triestino o di fascicoli d’occasione (3), i cui interni recavano, magari, le interpretazioni di Veruda, di Lechner, di Pogna, di Grimani, di Barison, di Garzolini e di tanti altri. Altri come Giuseppe Sigon. Quest’uomo magro, asciutto tanto da essere ossuto, che aveva nelle mani, lui nato nel 1864, tutta la vena che pur andava nascendo da quello straordinario simposio di artisti e intellettuali che era l’appena nominato Circolo Artistico (4). Il luogo appariva come una fucina di invenzioni che, tra scherzi e arguzie … e lungimiranze, usciva dall’800 antico di Gatteri e spediva, per decisione del direttorio, sotto la presidenza di Scomparini, proprio Giuseppe Sigon a Parigi, all’Esposizione Universale “onde potesse apprendervi tutte le novità di quella disciplina dell’arte in cui tanto riusciva” (5). Era il 1888.


Così, inatteso sino ad un certo punto, nasceva a Trieste il moderno manifesto pubblicitario ed aveva il nome e cognome di Giuseppe Sigon. Wostry, il suo amico Carlo Wostry (1865), in fondo stava già accanto al manifesto, e assieme a lui, si sarebbero a tratti schierati anche altri pittori da cavalletto coetanei o quasi, se non più anziani, come Alfredo Tominz (1854) (6) e financo, forse, il Veruda (7). Ma tutti, chi prima chi dopo, sino al caso più eclatante di Glauco Cambon (1875), si applicarono alla reclame con il sussiegoso disdegno dell’aulica presunzione del vate, che scende a far il sonetto d’occasione per dovere di circostanza, se non per vile mercede. Sigon non solo diede la giusta dignità all’arte applicata al cartellone ma riuscì anche a comprenderne le potenzialità sia espressive che economiche. Ogni tratto una scoperta: volete vendere? Io vi spiego “COME POTRETE VENDERE I VOSTRI PRODOTTI DI LUSSO” (8). Insomma: avevamo tagliato l’istmo di Suez con Revoltella, il Barone, ricco di sorprese, ricco comunque di quella ricchezza venale mai tanto ambita; mandavamo i vapori del LLOYD AUSTRIACO, e prima ancora i battelli a pale, a far sorte marinara di businnes che sapeva d’Oriente, eppure .... Quanto spreco e cianfrusaglie, e “chineserie”. E grandi povertà, ma con accanto grandi e facili fortune. Ma Trieste era il porto dell’Impero. Un porto franco sull’Adriatico che diventava sempre più frequentato, scali continui di merci che poi partivano con la robusta ferrovia per Vienna e per l’Est. Era primario “vendere” e, per farlo, l’EMPORIO non potè che scoprire la pubblicità. Aveva ragione Giuseppe Sigon.

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­­­Prova di stampa per il calendario del 1891 della ditta Bisleri – Milano Disegno di Giuseppe Sigon Stampato dallo Stabilimento Litografico Tensi - Milano. Misure: cm. 22 x 28 ca. Coll. privata

Timida, con brevi tratti di leziosità, compariva sui giornali, occhieggiava da sopra le porte dei negozi, si svelava dai biglietti da visita e di presentazione: “GIUSEPPE COSTA di GIAC.O – Trieste – Corso 704 – DEPOSITO E LAVORATORIO IN OGGETTI DI CORALLO, ed era reclame semplice, quasi solo scritta, talvolta alla ricerca di effetto unicamente con il nome del prodotto, sciocco e forte, come in “FRANCESCO VIEZZOLI – Trieste – via Giorgio Vasari n.14 – VENDITA ESCLUSIVA DELLA POLVERE INSETTICIDA MORTE E DEI PRODOTTI SUBLIME”. Ma non bastava. La comunicazione doveva essere penetrante ed inserirsi nel disegno: creare un tutt’uno di forte impressione. Vedendo, bisognava notare subito: leggere poco e ricevere il messaggio.

Biglietto da visita della Ditta Francesco Viezzoli, fine ‘800. Misure: cm. 12 x 9 ca. Coll. privata

Biglietto da visita della Ditta Giuseppe Costa di Giac., fine ‘800. Misure: cm. 11,5 x 7 ca. Coll. privata


Gli anni ’80 non erano ancora finiti, ed il giovane Giuseppe Sigon, garzone da Saul Modiano, che operava ancora legato all’importazione di the, l’INDRA TE (che verrà, più tardi, pubblicizzato con cartelli sia di Sigon che di Cambon) e alla commercializzazione di “carta fina” per “sigaretti”, gran merce da e per l’Oriente – dove veniva anche usata in sostituzione di danaro sonante –, Sigon concede a se stesso, socio e allievo al circolo Artistico, di avvicinarsi alla litografia, e, per questo, inizia il suo girovagare da Passero a Stranschi, passando per l’affinamento della Tensi a Milano, con qualche puntata (probabile) da Ricordi. E’ in amicizia, in collaborazione di lavoro con il “caro Poldo” Metlicovitz (9). Gli fa da litografo per i suoi cartelli? Probabilmente sì, ma accanto a lui comincia anche la sua opera di pittore di manifesti. Saranno forse le tette al vento della donna del “KEMMERICH estratto di carne”, una delle sue prime prove in manifesto, databile attorno alla fine degli anni ’80 e stampato proprio da Tensi. Ma a Milano il lavoro non manca: le sue cromolitografie per SPERLARI, …… sono già riconducibili al 1884 - 86 e sono state individuate in locandina, in astucci per la confezione del prodotto, in vetrofanie. Tutto questo bagaglio culturale arriva a Trieste e, ben prima della consueta data del 1895, con la quale si suole iniziare la storia del manifesto moderno in Italia, si apre una nuova stagione per l’economia giuliana.

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Manifesto dell’estratto di carne “Kemmerich“ Disegno di Giuseppe Sigon, 1885 ca. Stampato dallo Stabilimento Litografico Tensi, Milano. Misure: cm. 75 x 100 ca. Coll. privata

La Modiano impianta, perché Sigon convince Saul Modiano, la sezione di ARTI GRAFICHE ed inizia una produzione industriale di manifesti e simili che non può che attrarre le realtà economiche triestine attente nel loro vincolo di convincimento di acquisto al pubblico. La rivoluzione è in atto. Giuseppe Sigon si rivela una fucina di invenzioni: vuole anche costruire uno stabilimento per latta litografata, ne fa il progetto con tanto di spese e ricavi, motivandolo come necessario per completare l’azione pubblicitaria dell’azienda senza dover ricorrere a case straniere (10). Egli è l’uomo che fornisce le risposte alle esigenze pubblicitarie di tutte le imprese. Oggi possiamo indicare in più di un migliaio i suoi prodotti di reclame dall’ultimo scorcio dell’800 ai primi anni di questo nostro secolo. E siamo sicuri di averne individuato solo una minima parte. Impagabili e leziose, morbosamente seducenti, come nel BAYRUM, le sue donne entrano nel look triestino degli affissi murari. Si capovolgono le scene: e le schiene femminili, o nel gioco del riflesso “allo specchio” – “mi guardo perché tu mi guardi” – (ancora il BAYRUM), o nell’invito esplicito, adornano l’accattivante nota delle cartine CLUB Modiano, se non addirittura dello Stabilimento stesso.


Il clichet è noto e lo proporrà anche Wostry nel cartello per l’ESPOSIZIONE DI STUDI E BOZZETTI, organizzata dal Circolo Artistico Triestino nei locali del Civico Museo Rivoltella nel maggio del 1903, e Zaneto Zangrando nella “ ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE di acquarelli, pastelli, miniature, terrecotte e scolture policrome “ del maggio 1904, ma il trionfo della schiena ci sarà con FISSO L’IDEA manifesto che Dudovich presenterà all’Espo di Udine per la FEDERAZIONE ITALIANA CHIMICO INDUSTRIALE DI PADOVA. Come dire: “non devo guardarvi per convincervi, sarete voi a guardarmi”. Così, ancora, Sigon aveva costruito la donnina attenta alle vetrine di ANTONIO BARTOLI e FIGLIO – Trieste, là in Corso, anzi in Piazza della Borsa ai numeri 7 e 8, quando stava per nascere il 1900, e tutto il sapore ottocentesco, trovava moderazione in quel serto floreale di cornice, che voleva sposare un liberty tedesco-casalingo. Ma stava a dire: ci siamo!

Fotografia delle vetrine del negozio di Antonio Bartoli e Figlio Trieste, 1900 ca. Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata

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Dall’esperienza tedesca, quella viennese, da riviste come Simplicissimus, Jugend, Ver Sacrum ancora prima, e dalle italiane Ars Nova o Italia Ride, ma ancora, ancora prima dai francesi del dopo Cheret, dal Mucha più intenso, Steinlen, Gulbransson, T.T.Heine, dal meglio dell’arte applicata d’Europa, e d’oltre manica, là da quell’Inghilterra tanto tramite con l’oriente giapponese, insomma, insomma da tutto ciò nasce la nostra pubblicità. E se Sigon è il punto di partenza e informa di sé tutto il finir dell’800, a ruota sorge, pur non canonizzata, tutta una scuola di maestri triestini. Alcuni – pochisolo disegnatori di campagne pubblicitarie, e anche qui con l’apice in un Sigon, Pollione, figlio di Giuseppe, magnifico artefice, più che inventore, di gran parte della storia pubblicitaria triestina dagli anni ’20, quasi dal Charleston, a tutti gli anni ’50. Altri saranno ancora pittori prestati alla reclame (ma, in fondo, anche un mostro sacro della scultura come il Mayer, all’inizio del secolo non disdegnerà nell’applicarsi per un bozzetto plastico che pubblicizzerà il vino di china SERRAVALLO), e avranno gran nomi. Uno su tutti: l’esteta, raffinato, sinuoso, eccentrico, il dandy Argio Orell (1884), allievo diletto di von Stuck e tributario innamorato di Hokusai. Egli ricorrerà al vezzo, alla scimmia e al nero caro a Bearsdley, all’autoritratto in caricatura, al superomismo che lo farà come Atlante, a reggere, enorme, la nave – e le fortune – dell’AUSTRO AMERICANA, sopra un mondo di oceani percorsi da questa compagnia di navigazione: come dire “siamo i giganti del mare”. Inserirà, nelle sue affiches, da maestro, la scritta nel disegno, dimostrando di aver appreso la lezione del cartellonismo, e sarà moderno nei caratteri, disegni anch’essi nel tutt’uno del messaggio.

Porta carbone in ferro smaltato, omaggio della Ditta “Antonio Bartoli e Figlio, Trieste“ per il 60° anno di attività, 1900. Misure: cm. 27 x 41 ca. Coll. privata


Lì accanto ci sarà Timmel, l’amico di sempre per Orell, un amico anomalo, anch’egli a seguire la propria strada nell’arte applicata. Farà ceramiche, arrederà bar, e riverserà, prima che nella tavolozza, sui cartoni tutto l’onirismo consentito da uno stato alterato della coscienza che sarà caratterizzata da un’intensa produzione fantastica, tanta e tale da portarlo fuori dalla realtà. E saranno creature indefinibili, quasi antesignane di alieni zannuti, come in SOVRANA calzature. Via: l’elenco non finirebbe mai. E non potrebbe passare in silenzio la formazione, di quasi tutti i nostri, alla SEZIONE PER CAPI D’ARTE dell’Istituto diretto da Carlo Hesky, la STAATS GEWERBESCHULE di Trieste (unica città “italiana” ad avere una scuola di questo tipo, collegata con il Museo per l’arte e l’Industria di Vienna) (11), le successive esperienze estere, più austro-tedesche che francesi – anche se con qualche eccezione di non poco conto, se si pensa a Rietti e anche all’attività grafica di Giulio Toffoli-, con un occhio, già detto, sempre vigile all’Europa. E come dimenticare il “triestino” Rudolf Kalvach, il secessionista quasi espressionista, che disegnerà Trieste, il suo porto (in xilografie), produrrà e spedirà alla famiglia e agli amici cartoline “dipinte a mano” in copia unica e sarà grafico attivo alla Wiener Werkstatte con i suoi rivoluzionari “sogni-incubi illustrati”? (12) Manifesto della “Austro - Americana“ Compagnia di navigazione Autoritratto di Argio Orell Stampato da “Modiano Trieste“. Misure: cm. 41 x 57 ca. Coll. privata

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Scorcio di Roiano Rarissima cartolina dipinta da Rudolf Kalvach, spedita al fratello Anton a Vienna. Trieste, 1916. Misure: cm. 9 x 14 ca. Coll. privata

Ma saremo anche in grado di esportare: e non solo, e non tanto con il Metlicovitz, maestro e aristocratico, a “cartellonare” il Sud America. Ancora di più: un talento tanto eccezionale quanto misconosciuto come Sergio Hocevar (Sergio Sergi), caricaturista e xilografo, inseribile nel filone del rinnovamento (quello dei maestri italiani Cisari e de Karolis, ancora, forse, troppo leziosi per la criminale carica del nostro Sergi), andrà a creare una scuola di disegno in Argentina e le sue tracce ci riporteranno ai migliori artisti sudamericani dei fumetti moderni, prima della svolta attuale del nuovo giapponesismo.


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O il suo omologo Franco Cernivez, che, pur nato nel 1873, e dopo aver fatto quelle mirabili sculturette caricaturali per il Circolo Artistico del 1910, giungerà, però, solo nel 1921 - 22 alla fama – e alle commissioni – giusto in tempo per morire nel 1923. Abbiamo lasciato alle spalle del primo decennio del ‘900 i tanti Napoleone Cozzi, i Lannes, ci siamo volti all’anonimato, più presente alla Passero di Udine-Monfalcone che alla Modiano di Trieste (ma con stabilimenti a Romans, a Fiume e a Budapest) – ma anche alla Passero la storia suonava triestino con Antonio Bauzon e Pier Antonio Sencig (13) –, un anonimato che fa sì che non comprendiamo, se non attraverso congetture, chi stava alla base di tanta grafica in ottimi manifesti dello stabilimento, ed ora, ripensando all’ARRIGO dell’ARRIGONI, splendido esempio tutto nostrano di fumetto pubblicitario presente nel Corriere dei Piccoli, non si può non scivolare verso il sogno del fumetto per far campagna di vendita. Daris & Petronio, a Nino Ferenzi (l’arcigno cubo-fascista del giornale IL POPOLO DI TRIESTE), e all’inossidabile Omero Valenti, disegnatore del fumetto MASTRO REMO, tutto triestino, e creatore di quei cartoni animati che solo il caso, o il non saper esser imprenditori di sé stessi, fece sì che non si imponessero nel mondo del cinema, pur belli e pur precedenti all’eterno Walt Disney. Il protagonista di sfondo, il principe silenzioso della vita di pubblicità resta, però, insuperabile, Pollione Sigon. Come un dimesso Dudovich, che agisce in loco, che non disdegna le lezioni del miglior Mauzan, ne’ perde lo sguardo dal grande momento di MAGA (lo studio di Magagnoli, che un po’ disegnava e si firmava, un po’ faceva disegnare gli altri e continuava a firmare lui, oppure firmavano in due, quasi fosse simbiosi tra imprenditore-disegnatore e puro disegnatore: ma che disegnatori: Argo, Sironi, Bernardini, l’amico di Dudovich, e via…), Pollione, figlio d’arte, allievo ancora del Wostry, crea 5, 6, 7 mila bozzetti, quasi tutti per Modiano, accostandosi ai migliori momenti dell’arte pubblicitaria del suo periodo, e passa dalla tinte piatte, care a Laskoff, ma anche al nostro Cambon (del bimbo della fiaba Modiano, della SETTIMANA AEREA DI ZAULE DEL 1911), alle silhouettes per l’ACQUA S. PELLEGRINO, che nulla invidiano a Leonetto Cappiello, soffermandosi, qua e là, nel liberty (LEGIONE CARABINIERI REALI DI TRIESTE) come nel decò (25 SI-SI), e, quasi, quasi anche tentando qualche approccio tardo-futurista (TUBETTI FUMOSAN: 1/6 DI BIGLIETTO PER LA LOTTERIA DI TRIPOLI). In Pollione c’è quasi tutto ciò che si trova nell’affiche italiana del suo periodo, decorosamente rifatto, con le sue piccole invenzioni e le sue fresche ingenuità: sarebbe stato un uomo ottimo per MAGA, e lo si vede in BISCOTTI TERGESTE, in GIOACCHINO VENEZIANI VERNICI, nella FIERA DEL LIBRO DI PERUGIA, nell’ELIOL, nel CLUB CARTA GOMMATA, nelle CARTE DA GIOCO MODIANO, … sino all’infinito.

Cartolina pubblicitaria della Ditta “Gioachino Veneziani“ creata da Pollione Sigon Stampata dalla Modiano Trieste, 1925 ca. Misure: cm. 9 x 13 ca. Coll. privata

Etichetta creata da Pollione Sigon, per il Pastificio Triestino, 1925 ca. Misure: cm. 15,5 x 22,5 ca. Coll. privata


Trieste offriva le sue armi migliori al mercato anche se i suoi disegnatori non fecero mai grosse fortune con la pubblicità e i pochi che vi riuscirono furono emigranti, se non esuli. Sì con Dudovich, Metlicovitz, ma anche con Guido Marussig, un triestino-veneziano-milanese, gia fiumano dannunziano, germanicissimo nelle sue esecuzioni pubblicitarie (IL MONDO DI CARTA, CINGHIE PIRELLI, ecc.), la sorte fu benigna. Fuori Trieste. I tanti, pur illustri, Claris (tutte le campagne per CAVALLAR), Quaiatti (LLOYD TRIESTINO, SISA linee aeree), Silvestri (ancora LLOYD), Vidris (l’autodidatta di Pola, GUZZI ACQUE GAZOSE, DISTILLERIA AUSONIA, BRIONI GOLF), il buon Orfeo Toppi (fratello del Giove de L’AVVENTUROSO di Nerbini, sulla cui onda anch’egli fece fumetti come il MASCHERA NERA, e tanta onesta pubblicità) non ebbero riconosciuti i meriti che sarebbero loro spettati. Talvolta sopravvissero a quello scader degli anni ’50 che segnò la fine un po’ di tutto. Anche della pubblicità disegnata. Come lo straccio annodato per il PERSIL dell’ultimo Dudovich, così in questa nostra Trieste più matrigna, che madre, anche nella prosperosa fecondità cartellon-artistica, oggi non ci rimane che pensare al vecchio Valenti, che vive, novantatreenne, a Udine, riguardare le meraviglie del 1929 di Ugo Carabaich (sì: è proprio Ugo Carà, il nostro maggior scultore vivente), che in inviti cubisti, più che futuristi, ci riempiva di colori netti invitandoci a ballare, e non scordare quell’ultimo Battistella, rovignese esule, che si è adeguato ai tempi, ma che fece, giovanissimo, una bella campagna per l’ADRIATICA NAVIGAZIONE (14). Ma già, allora al LLOYD, tramite per l’ADRIATICA, c’era ancora Bruno Astori.

Piero Del Bello

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Note. (Piero Del Bello)

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(1) Sia Eugenio Scomparini (Trieste 1845-1913) che Antonio Lonza (Trieste 1846-1918) sono da considerarsi maestri e capiscuola della pittura triestina nel momento dell’uscita dal Positivismo ottocentesco. Entrambi furono presidenti del Circolo Artistico e, soprattutto lo Scomparini, si trova in perfetta coniugazione con la binomia Trieste – Emporio. Sue sono le allegorie del Commercio e dell’Industria (1897), che testimoniavano il “Progresso” della città.; cfr. “Arte nel Friuli-Venezia Giulia 1900-1950”, cat. di mostra, Trieste 1982, scheda di R. DA NOVA, pp. 14/15; v.anche “Il mito sottile. Pittura e scultura nella città di Svevo e Saba”, cat. di mostra, Trieste 1992, scheda di P. FASOLATO, pp. 37/38. (2) Enrico Passero fonda a Udine nel 1860 lo stabilimento grafico omonimo. Alla sua morte (1911) l’azienda viene rilevata da Giuseppe Chiesa; cfr. R.CURCI, “Pionieri” del manifesto: la ditta Chiesa di Udine, in “150 manifesti del FriuliVenezia Giulia: Vita e costume di una regione 1895-1940”, cat. di mostra, Padova 1982, pp. 81/85; v.anche G. SGUBBI (a c.di) “L’arte di latta”, cat.di mostra, Monfalcone 1986. (3) P.e. “Strenna del Circolo Artistico Triestino”, Trieste 1888, Stab. Art. Tip. G. Caprin; o “Trieste Istria”, raccolta letteraria, artistica e musicale “pubblicata a vantaggio dei poveri di queste provincie”, Trieste 19 marzo 1880, Stab. Stranschi Trieste. (4) Testimonianza straordinaria e fondamentale è la “Storia del Circolo Artistico di Trieste” di C. WOSTRY, edita da “La Panarie”, Udine 1934. (5) Archivio della famiglia Sigon, presso l’A. (6) Notevole il suo manifesto per la Società delle Corse al Trotto di Trieste, PREMIO CORONE 50.000, del 1907. (7) A mio modesto avviso, è attribuibile al Veruda il depliant per il CARNOVALE 1886 del Circolo Artistico Triestino. (8) E’ il fortunato titolo di un opuscolo illustrativo dei primi anni ’20 sui metodi e le modalità pratiche per far pubblicità curato dalla I.G.A.P., l’Impresa Generale Affissioni e Pubblicità che aveva come direttore artistico Marcello Dudovich. (9) Corrispondenza Sigon-Metlicovitz, arch. fam. Sigon, presso l’A. (10) “Progetto di uno stabilimento di stampa e verniciatura sulla latta”, G. SIGON, manoscritto in due quaderni databili al 1902; il primo presenta il progetto vero e proprio con l’elenco dei macchinari necessari, le spese, i costi e i ricavi presunti – annesso è pure il disegno dello stabilimento ipotizzato –, mentre il secondo fa la storia dell’argomento – facendo iniziare la stampa sui fogli di metallo nel 1870, con un rimando a Pelaz già nel 1863 – e ne descrive minuziosamente la tecnica; i manoscritti si trovano presso l’A. (11) V. A. CAROLI, “Arte e tecnica a Trieste 1850-1916, Monfalcone 1995. (12) Cfr. A. e G. UBONI, “La tormentata vita di Rudolf Kalvach tra la capitale austriaca e Trieste. La grande passione per il mondo portuale”, in “Nordio. I progetti per la Stazione Marittima 1926-1930. Kalvach. Le silografie “Il Porto di Trieste” 1907-1911”, cat. di mostra, Trieste 1988, pp. 23/29. (13) V. R. CURCI, “Pionieri”, cit.; anche, id., “Antonio Bauzon cartellonista e poeta”, Romans d’Isonzo 1983. (14) Vedi r.d. (Rinaldo DEROSSI), “I poster anni ’50 di Angelo Battistella”, in “La Voce della Famia Ruvignisa”, A. XIX, n. 89, Genn.-Febbr. 1998.

Disegno di Orfeo Toppi per la striscia “La Maschera Nera“ romanzo di Giove Toppi, fine anni ‘20. Misure: cm. 22 x 11 ca. Coll. privata


I luoghi della moda nella Trieste Belle Époque

“... quel magazzino nel quale s’imbatteva così a un tratto, quella casa enorme le gonfiava il cuore, la teneva lì ferma, commossa, curiosa, dimentica del resto [...] Due statuette allegoriche, due donne sorridenti, col petto nudo e prominente, svolgevano l’insegna: Al Paradiso delle Signore.” Era il 1883 e così Émile Zola (1) descriveva l’emozione della provinciale al cospetto di uno dei templi della borghesia affaristica e industriale, in cui si perdeva l’immaginario femminile: i grandi magazzini di mode.

Prova di stampa per la ditta “Antonio Bartoli & figlio” 5 fotografie in una pagina (Vendita al pubblico) Misure: cm. 27,5 x 21ca. – cm. 8 x 6 Trieste, ultimo quarto XIX secolo Coll. privata

Negli stessi anni Trieste non poteva competere con Parigi in fatto di moda, ma non era affatto un centro periferico: era il principale porto austriaco sul mare, una città vivace e cosmopolita, dove affluivano merci e genti dalle varie aree dell’Impero asburgico. Gli anni Ottanta dell’Ottocento segnarono infatti una ripresa della politica viennese del Drang nach Osten (2) e fecero di Trieste il perno di questa politica, tanto che alla vigilia della Grande guerra sarebbe stata, per ricchezza, la terza città dell’Impero. Alla base di questo benessere c’era una borghesia intelligente e cosmopolita, che, come tutte le borghesie del mondo, usava i segni esteriori dell’abbigliamento per comparire ed apparire e richiedeva una vasta gamma di articoli di moda per soddisfare le sue esigenze. A oltre un secolo di distanza, molte cose sono cambiate. Dell’imperial-regia monarchia non sopravvive che il ricordo e nelle cornici dei vecchi negozi triestini nuove insegne hanno sostituito le antiche. Per ripercorrere le attività dei vecchi proprietari non resta che avventurarsi lungo strade di carta, curiosando tra guide “scematiche”, fotografie e pubblicità d’epoca. Sfogliando questo materiale si osserva come nella seconda metà dell’Ottocento il settore dell’abbigliamento stesse andando incontro a grandi trasformazioni: la diffusione delle macchine da cucire faceva da sfondo all’avanzata dell’abito confezionato. A Trieste si moltiplicavano i depositi di macchine da cucire, con sistema americano o inglese (3). Per incrementarne le vendite, i negozianti più intraprendenti ne insegnavano l’uso gratuitamente.

Prova di stampa per la ditta “Antonio Bartoli & figlio” 5 Fotografie in una pagina (Sartoria) Misure: cm. 27,5 x 21 ca. – cm. 8 x 6 Trieste, ultimo quarto XIX secolo Coll. privata

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L’abito confezionato costava meno e rendeva accessibile a più larghi strati di popolazione un’apparenza decorosa. Ciò che colpisce è che gran parte dell’offerta di questi abiti fosse rivolta ad una clientela maschile. Questo si spiega con il fatto che in quegli anni vi era un consistente ceto impiegatizio (4), ovviamente maschile, che trovava lavoro nelle svariate società commerciali, finanziarie e assicurative che prosperavano allora a Trieste. Diversi erano i negozi che offrivano abiti confezionati: quello destinato alle fortune più durature era Beltrame, attivo fin dal 1866. La concorrenza era comunque agguerrita: Brill, ad esempio, vantava il proprio assortimento di vestiti da uomo “del più esatto lavoro, del taglio più moderno e di stoffe finissime”. Pressoché identica era l’offerta di Antonio Coppolecchio, che alla voce “stoffa finissima” aggiungeva la precisazione “di Francia e Inghilterra” (5). In via Ponterosso aveva sede un grande deposito di “vestiti fatti” della ditta M&I Mandl di Vienna, Prossnitz e Presburgo. In Corso ve ne era uno della ditta Keller&Alt (Graz - Vienna - Berlino) (6). Nella Guida del 1887 la ditta viennese Victor Tiring & Brüder pubblicizzava la propria succursale triestina e il suo assortimento di “vestiti fatti, da uomo e ragazzi, in qualunque qualità di stoffe, dalle più andanti alle più fine”. Seguiva la precisazione che commissioni su misura sarebbero state eseguite a Vienna nel giro di quattro o cinque giorni (7). Le sartorie da uomo rimanevano comunque numerose in città, ben più di quelle da donna, proprio per la necessità di vestire una cospicua clientela maschile, che andava dall’élite borghese al ceto impiegatizio nelle sue varie articolazioni. Militari e impiegati delle amministrazioni civili dello Stato vestivano uniformi, ordinate a proprie spese presso la sartoria di fiducia, come poteva essere quella di G. Kopulety, in Corso (8). Alcuni negozi, come quelli di Matteo Buich o Luigi Lordschneider, non mancavano di includere nella propria offerta anche “oggetti per uniformi civili e militari, bordure in oro, argento e seta” (9). Carlo Gasser, che si fregiava del titolo di “Fornitore del Lloyd austriaco” vendeva, tra le altre stoffe, “panni per uniformi” (10). Vasta era l’offerta di articoli di moda maschile, presso negozi, come quelli di chincaglierie o di telerie, che solitamente fornivano capi sia da uomo che da donna. E’ il caso, ad esempio, de La tempe-

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Cartolina pubblicitaria doppia della ditta “La Tempesta” Primo grande stabilimento di confezione biancheria e lingeria Camicie da uomo a modello francese di Percale tela cretton Oxford Fabbrica busti Colli Polsi e Cravatte Trieste Corso 15 Trieste, 23/9/1880 nota per la signora Baronessa Marenzi. Misure: cm. 12,5 x 16,5 ca. Coll. privata

sta, al tempo stesso camiceria maschile e fabbrica di busti. La camicia era un capo fondamentale del guardaroba maschile: doveva essere sempre linda e impeccabilmente stirata, motivo per cui era necessario possederne molte. Il negozio di Giuseppe Ganger, in piazza della Borsa, vantava un interminabile assortimento di “camicie bianche e colorate di Cotone, Tela, Percail francese, Zephir, Toil de Nord, Flanella e di Panno per la caccia” (11).


All’inizio del Novecento l’importanza di colletti e camicie impeccabili avrebbe trovato un testimone di eccezione in Italo Svevo, che in una lettera scritta alla moglie da Plymouth affermava: “Mi occorrono camicie e colli tanto più che in questo paese buona parte dei miei colli è inadoperabile. Si può qui portare benissimo una giubba consunta ma il collo deve essere senza un filo gualcito e perfettamente di bucato”. Soggiungeva poi: “In nessun caso compera colli a Trieste anche se fra i miei ne trovassi pochi di perfetti; qui ne hanno di magnifici” (12). Potenza della moda inglese! Eppure non si può certo dire che a Trieste la scelta mancasse, come dimostra, tra l’altro, un dettagliato pieghevole pubblicitario della ditta P. Romano & Figli.

Cartolina di corrispondenza – pieghevole della ditta “P. Romano e Figli” Trieste V. S. Nicolò, 14 All’interno campionario di colletti rigidi con prezzi di vendita al dettaglio Inizio Novecento Misure: cm. 15 x 31 ca. Coll. privata

Vari negozi offrivano cappelli di paglia e di feltro. Tra i più rinomati vi era quello dei Fratelli Tevini, fabbrica di cappelli e deposito sia all’ingrosso che al dettaglio. Assumeva commissioni per “Cappelli di seta a Cilindro, a fantasia, di velluto, di feltro” e altro ancora (13). Un’altra fabbrica era quella di Enrico Alessandrino, in via S. Giovanni, che nella Guida del 1896 pubblicizzava la propria offerta di “cappelli, cilindri e gibus, cappelli di feltro e a cencio per signori e ragazzi, berretti da scrittoio e da sport” (14). Se i berretti da scrittoio dovevano riscaldare le meningi di chi era costretto a molte ore di “freddo” lavoro intellettuale, di tutt’altra natura era il gibus, copricapo in voga per chi faceva vita di società. Si trattava di un particolare tipo di cilindro che, grazie ad un ingegnoso meccanismo brevettato, poteva richiudersi a soffietto, riducendo l’imponente altezza a non più di un paio di centimetri. Gibus e cilindri rientravano anche nell’offerta della ditta Sisti - con sedi nella galleria del Tergesteo e in via Massimiliana - che però offriva anche berrette per lo sport e da viaggio, in stoffa, seta e pelliccia (15). Questo in omaggio ai nuovi imperativi della vita moderna: lo sport e la villeggiatura, particolarmente apprezzati in una città, come Trieste, che fu tra le prime ad aprirsi allo sport, anche femminile, e che non a caso privilegiò sempre un’interpretazione più “sportiva” delle mode del momento. Tra i miti del tempo c’era anche il salutismo, con inevitabili ripercussioni sull’abbigliamento. Il settore più interessato a questo genere di sperimentazioni fu la biancheria. Grande successo ebbe

Biglietto da visita della ditta “Tyrichter & Cuccagna” Trieste Via Nuova 30 vis à vis edificio scolastico Deposito telerie, cotonerie, e biancheria confezionata, pizzi, ricami, calze, maglie, tappeti, cortinaggi, Corredi da Sposa MAGLIE ORIGINALI del Prof. Dr. G: JAEGER della ditta W: BENGER SOHNE di Bregenz Stampato da Lit. N. Zanardini – Trieste. Misure: cm. 13,5 x 9,5 ca. Coll. privata

quella in lana del dott. Jaeger, convinto assertore delle doti igieniche e termoregolatrici di questa fibra. Dalla biancheria passò ad una proposta globale di abbigliamento in lana, ma il successo fu circoscritto ai settori dello sport e del tempo libero. Non è dato invece sapere quale fortuna abbia incontrato la biancheria in lana vegetale - di pino, per la precisione - pubblicizzata entusiasticamente nella

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Guida del 1871 con gli slogan “Igiene-Comodità-Economia” (16). Colpiscono tuttavia la passione scientifica e quel gusto per la sperimentazione dei materiali che a torto si ritiene una prerogativa del Novecento. Che dire infatti della biancheria di carta inglese e americana offerta da un negozio triestino a prezzi “sì modici che i singoli oggetti vengono costar meno, di quanto costerebbe la lavatura” (17)? Evidentemente negli anni Settanta dell’Ottocento anche la formula “usa e getta” era già realtà, per quanto i tempi non fossero maturi. Se infatti nello stesso periodo anche il Fondaco Chincaglie di

Cartolina pubblicitaria della ditta “EDMONDO PALUTAN – TRIESTE” Via Ponterosso N. 3, angolo S. Nicolò N. 17 Telefono 2199 Deposito Telerie, Cotonerie e Biancheria confezionata Serie N. 148169 editore B. Padovan, fotografo, Trieste. Trieste, 1910 Misure: cm. 14 x 9 ca. Coll. privata

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Enrico Pfeiffer vendeva “Colli e Polsini di carta Americana e di tela Inglese” (18), questa offerta scomparve rapidamente dalla pubblicità. La fama di Trieste quale grande emporio commerciale era confermata dalla varietà di tessuti presenti sul mercato. Le vetrine traboccavano di merce e gli interminabili elenchi contenuti in pubblicità come quella del Negozio di Novità in Manifatture di Girolamo Scantimburgo, con sedi in Via del Corso e S. Antonio Nuovo, miravano a stordire la clientela con la vastità dell’offerta. Questa includeva “Lanerie d’ogni sorta, Scialli, Mantelli, Velluti, Dentelles, Foulards, [...] Percal, Jaconets, Tarlatanne [...]”; la specialità della casa era costituita poi da “Seterie di Lyon nere ed in colori lisci” (19). I nomi francesi o francesizzanti la dicevano lunga su quale nazionalità fosse considerata quella più prestigiosa per i tessuti, almeno per quelli d’abbigliamento femminile: “Surah Merveilleux, Faille, Brocati, Satin di Lione, Duchesse [...]” (20). Molto quotate erano anche le lane inglesi: queste, però, erano destinate all’abbigliamento maschile oppure, dalla fine dell’Ottocento, ai tailleurs femminili ed alle tenute sportive. Inglesi erano anche i tessuti per gli impermeabili, non a caso chiamati “waterproof”. Lanerie e cotonerie francesi e inglesi, nonché seterie di Lione,

Biglietto d’invito pieghevole della ditta “Paolo e F.co Tropeani” Deposito manifatture all’ingrosso e al dettaglio con sedi a Venezia e Trieste. Specialità corredi da sposa Trieste ¨ Piazza della Borsa N. 600. Con rappresentanza della ditta PH. HAAS & SOHNE di Vienna Tip. Lit. E. Sambo – Trieste, fine Ottocento Misure: cm. 19 x 16 ca. Coll. privata


venivano offerte anche da Paolo & Francesco Tropeani, ditta rinomata che, in passato, aveva annoverato tra la propria clientela anche Carlotta del Belgio. Tutta questa offerta tessile non deve stupire: l’abbigliamento femminile richiedeva grandissime quantità di tessuti e merletti. Tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, ad esempio, sapienti drappeggi si disponevano in fitti ranghi sovrapposti sulla parte anteriore degli abiti; sul retro, invece, vistosi posticci sollevavano le gonne per lasciarle poi ricadere in strascichi più o meno lunghi. Proprio l’ingente dispiego di tessuti, passamanerie, cordoni e frange aveva valso alla moda del periodo l’eloquente epiteto di style tapissier. Nel settore della moda femminile l’abito confezionato stentava a prendere piede: più restie a farsi omologare, le signore preferivano ordinare i propri abiti in sartoria. Chi poteva si serviva presso le grandi maison viennesi o parigine: Spitzer, Drecoll, Sorelle Callot, Paquin. Anche in città vi erano però artigiani di tutto rispetto. Carolina Luzzatto, negli anni Settanta, era particolarmente intraprendente nel pubblicizzare il proprio Salone di Mode e Lavoratorio di Sartoria per Dame, presso il quale, oltre a raccogliere commissioni per abiti da donna e da fanciulla, vendeva “cappelli di Parigi in svariate forme” (21). La sartoria della Luzzatto era ubicata in Corso; poco più in là, in piazza della Borsa, la Maison A. Eram & C. offriva mode e confezioni, cappelli e acconciature, “vestiti fatti e sopra misura per signore e fanciulli” (22). Nella seconda metà del decennio, nella conduzione subentrò Rachel Eram, che si specializzò in cappelli e cominciò a pubblicizzare il suo salone esclusivamente in francese, che era poi la lingua internazionale della moda. La sua offerta era così formulata: “Chapeaux pour Dames, Demoiselles et Enfants. Fleurs, Plumes, Rubans, Tulles, Blondes et Voilettes. Parures pour Bal & Coiffures de Mariage” (23). Il suo era un salone centralissimo e rinomato: l’esterno del negozio ci è noto, tra l’altro, da una celebre sequenza fotografica che ritrae Svevo, Veruda e un amico, intorno al 1892, in piazza della Borsa. Nel corso degli anni Novanta la moda femminile si semplificò nelle linee, ad eccezione delle stravaganti maniche “a prosciutto”, ma continuò a richiedere un grande numero di accessori: non solo cappelli, ma anche guanti, ventagli, ombrellini. Il guanto era accessorio indispensabile per la donna distinta, e variava a seconda delle occasioni. Il rivenditore triestino della viennese S. Öhler & Comp., alla fine del secolo, offriva guanti colorati per ballo, lunghi, a quattro bottoni, ed infine “guanti glacé di Praga” (24). Le novità di Parigi e di Vienna arrivavano in città tramite numerosi canali, tra cui i giornali. Gli esperimenti di editoria triestina nel campo della moda ebbero breve durata, in compenso si leggevano riviste quali “La Mode Illustrée”, “Il Monitore della Moda”, “Der Bazar”, oppure “Wiener Mode”, i cui cartamodelli diffondevano alla periferia dell’Impero i diktat delle capitali della moda. L’alternativa per essere à la page era costituita da negozi come quello di Antonio Bartoli, che disponeva dei “più recenti modelli (di) Confezioni di

Cartolina postale pubblicitaria della ditta “Antonio Bartoli & figlio” Carnovale 1905 – 1906 I e II premio per poggiuoli e finestre illuminate e addobbate in fiori Apertura dei NUOVI MAGAZZINI 24 maggio 1906 Serie S.D.M. 4465 Misure: cm. 14 x 19 ca. Coll. privata

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Parigi e Vienna, i quali possono essere copiati e variati nella propria sartoria a prezzi rispettivamente vantaggiosissimi” (25). Agli inizi del Novecento l’attenzione della moda si spostò dalle maniche all’intera silhouette femminile, il cui profilo fu improntato alla sinuosità dello stile Liberty, coniando così la famosa “linea

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Fattura di “Mad.me Elv. Minzi” – Trieste Premiato Salone Parigino di BUSTI Salone: Via Sanità N.16 – Telefono 242 R/II Negozio: Via S. Nicolò N.19 14/1/1915 - Fattura a nome Mad.me Bojanovich Sarich. Misure: cm. 14,5 x 23 ca. Coll. privata

a S”. Per raggiungere la linea del momento, il busto rivestiva particolare importanza: in città i “fabbricatori e negozianti di busti” erano sei, tra cui Fogl, Minzi e Carniel (26). Numerose erano le sartorie da donna attive in città, ma la loro storia resta tutta da scrivere. Quella di Sitich (Marco prima e Nicoletta poi) doveva essere decisamente rinomata, dato il pregio dei capi che se ne conservano, tra cui un abito commissionato per il varo della “Viribus Unitis”, nel 1911 (27). Se le parate d’eleganza erano la norma per simili occasioni, il 1911 fece da sfondo ad un avvenimento davvero epocale: la comparsa della donna in pantaloni! Certo non si trattava di moda locale: una sartoria viennese, ordinati a Parigi alcuni esemplari della rivoluzionaria jupe-culotte, aveva deciso di mandare in avanscoperta una modella in pantaloni a Trieste (28), prima di tentare il lancio nelle strade di Vienna... le vie della moda erano davvero complicate! L’esperimento comunque ebbe successo, anche se per il momento rimase un episodio isolato. Le sarte che si affacciavano sulla scena locale non erano molte: il loro numero era sempre di gran lunga inferiore a quello dei sarti da uomo. Elisa Petronio Slana, Ortensia Pardo Curiel, Carola Attenberger, Fanny Taucer, Nicoletta Sitich, Maria Rossi, Giuseppina Cossovel, Olga Voghera Zammatto sono alcuni dei nomi delle piccole-grandi donne che hanno firmato l’eleganza triestina di inizi Novecento, svolgendo la loro attività tra non pochi problemi, come si desume dai continui cambiamenti di sede rilevabili dalle guide commerciali. Chissà se fu qualcuna di loro a vestire quelle donne


distinte ed eleganti (29), nonché intelligenti e colte, che incantarono il giovane James Joyce, da poco giunto a Trieste... Le triestine erano donne eleganti, non v’è dubbio, ma la loro eleganza doveva più alla sobria Vienna che non alla stravagante Parigi. Non a caso lo sport contava in città delle seguaci appassionate: nuotatrici, alpiniste, pattinatrici, ginnaste, tenniste, amazzoni. Questa attitudine si traduceva da un lato in una generica propensione verso capi più funzionali che ornati, dall’altro nell’esigenza di disporre di tenute specifiche. Nel Grande deposito chincaglie di Luigi Lordschneider, ad

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Cartolina pubblicitaria disegnata da Codognato per la Spiaggia di Grado (presso Trieste) Il Paradiso dei Bambini Ist. It. d’arti grafiche – Bergamo. Misure: cm. 9 x 14 Coll. privata

Rara fotografia del “Bagno Pedocin” Storica divisione tra uomini e donne – unica in Europa Primo quarto del XX secolo Misure: cm. 14 x 8,5 ca.


esempio, si potevano acquistare “maglierie, articoli per lawn-tennis e sport”. Ma tenute sportive erano in vendita anche da Steiner e Beltrame (30). Vienna e Parigi erano i due poli principali intorno a cui ruotava la moda triestina, ma non gli unici. Sulla Guida generale di Trieste del 1914, la Maison Maria Hajdozy, Wiener Damenkleider-Salon, pubblicizzava come propria specialità “toelette francesi e costumi inglesi di perfetta confezione”. Sulla stessa pagina la Maison Kühle si presentava come “Prima sartoria per vestiti fini inglesi su misura, per dame” (31). Questa accentuazione sulla moda inglese non è casuale: già alle soglie della guerra la semplificazione dell’abito era un processo avviato ed il mascolino costume inglese, un sobrio tailleur, era tra i capi più in voga. Per reazione, il cappello divenne un accessorio decisamente importante, il fulcro dell’intero abito: si rendevano allora necessarie frequenti visite dalla modista. Giuseppina Moradei, ad esempio, vantava un “ricchissimo assortimento (di) modelli di Parigi e Vienna, specialità in cappelli Sport e Negligé” (32), mentre Regina Rieger pubblicizzava orgogliosamente la sua modisteria come “Unico grande negozio in fiori artificiali e piume. Cappelli da signora in grandissima scelta” (33). Proprio i cappelli rimanevano gli ultimi alfieri della moda Belle Epoque: ornati, ridondanti, splendidi, sembravano racchiudere in sé l’essenza di un’epoca irripetibile, destinata a chiudersi in modo repentino. La Grande guerra rappresentò un punto di non ritorno per l’abbigliamento femminile. La necessità di un impegno attivo nel periodo bellico, spesso con responsabilità di lavoro, portò le donne ad eliminare dal loro guardaroba tutto quanto di poco funzionale ancora vi era. Via dunque i busti, complicati da indossare e scomodi per lavorare. E via anche gli orli troppo lunghi: c’era bisogno di economizzare sui tessuti. Infine un’ultima sforbiciata, e questa volta ai capelli: la nuova moda li voleva alla “garçon”!

Raffaella Sgubin

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Abbigliamento da automobile in una fotografia del 1923

Nata a Gorizia nel 1965. Conseguito il Baccalaureato Internazionale presso il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico, Raffaella Sgubin si è laureata in Storia dell’Abbigliamento presso la facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Udine. Ha collaborato a numerose mostre, tra cui “Ori e tesori d’Europa”, “Il filo lucente”, “Le donne di Giacomo. Il mondo femminile nella Trieste di James Joyce”. Ha curato mostre come “Il fascino dello stile. Gli abiti storici delle Sorelle Fontana”, insieme allo stilista Fabio Feroce, ed inoltre “Fiori d’arancio” e “Renato Balestra”. Si deve a lei la cura scentifica della parte dedicata alla moda del Museo della moda e delle arti applicate di Gorizia.


Note: (Raffaella Sgubin) 1) E.´ Zola, Al Paradiso delle Signore (titolo originale: Au Bonheur des Dames), Parigi 1883; rist. Roma 1994, p. 17. 2) Letteralmente “spinta, impulso verso Oriente”. Cfr. E. Godoli, Trieste, Bari 1984, p. 147. 3) “Almanacco e guida scematica di Trieste per l’anno 1870”, p. XX, XXXIX; 1876, p. VIII. 4) L’abito era determinante per gli impiegati perché aveva davvero la capacità di fare il monaco, individuando sia il singolo sia la sua appartenenza ad una categoria, come era stato brillantemente messo in luce da Honoré de Balzac nel suo romanzo Les Employés, pubblicato nel 1844. 5) “Almanacco e guida...”, cit., 1870, p. XXVIII; 1871, p. XXXVIII. Spesso i negozi fanno riferimento a stoffe e tagli inglesi, perché dalla fine del Settecento l’abbigliamento maschile si ispira ad un modello inglese, che considera marchio della vera eleganza un taglio impeccabile e stoffe di altissima qualità. 6) “Almanacco e guida...”, cit., 1873, pp. XX, XLVIII. 7) “Almanacco e guida...”, cit., 1887, p. 209. 8) “Guida generale amministrativa, commerciale e corografica di Trieste, il Goriziano, l’Istria, Fiume, la Dalmazia”, 1896, p. 221. Tra le sartorie “per militari e civili” di inizi ‘900 si possono ricordare, tra le altre, quelle di Maria Nemeth e Käthe Parteder-Rupp. 9) “Almanacco e guida...”, cit., 1871, p. XXIX; 1872, p. VIII. 10) “Guida generale...”, cit., 1897, p. I. 11) “Almanacco e guida...”, cit., 1871, p. XXVIII. 12) I. Svevo, Lettere alla moglie, a cura di A. Pittoni, Trieste 1963, p. 176. 13) “Almanacco e guida...”, cit., 1872, p. XXXIII. 14) “Guida generale...”, cit., 1896, p. 168. 15) “Guida generale...”, cit., 1898, p. 77. 16) “Almanacco e guida...”, cit., 1871, p. XLI. 17) “Almanacco e guida...”, cit., 1873, p. VIII. 18) “Almanacco e guida...”, cit., 1870, p. XV. 19) “Almanacco e guida...”, cit., 1870, p. VIII. 20) “Almanacco e guida...”, cit., 1892, p. XXXIV. 21) “Almanacco e guida...”, cit., 1870, p. XXXIV; 1871, p. IX. 22) “Almanacco e guida...”, cit., 1872, p. XV. 23) “Almanacco e guida...”, cit., 1877, p. IX. 24) “Almanacco e guida...”, cit., 1892, p. XXXIV. 25) “Guida generale...”, cit., 1896. 26) “Guida generale...”, cit., 1912, p. 535. 27) La Galleria del Costume, catalogo della mostra, Firenze 1983, pp. 92-93. 28) “Il Piccolo”, 1.3.1911. 29) Cfr. R. Sgubin, Tra Parigi e Vienna: la moda a Trieste al tempo di Joyce, in R. Crivelli, J. Mc Court, Le donne di Giacomo. Il mondo femminile nella Trieste di James Joyce, catalogo della mostra, Trieste 1999. 30) “Guida generale...”, cit., 1908. 31) “Guida generale...”, cit., 1914, p. 679. 32) “Guida generale...”, cit., 1906, p. 488. 33) “Guida generale...”, cit., 1912, p. 635

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Vasto assortimento di colletti, polsini e sparati di camicia, in vendita presso la ditta triestina R. Romano & Figli agli inizi del Novecento (vedi riferimento pag. 37). Misure: cm. 15 x 31 ca.


CATALOGO Schede del Catalogo a cura di: Raffaella Sgubin Marialieta Verchi


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B i a n c hBiancheria eria Copribusto Trieste, inizi XX sec. Misure: lunghezza cm. 39, vita cm. 68 Copribusto in tela di cotone bianca, dotato di profonda scollatura e apertura anteriore con cinque bottoncini di madreperla. Scollo e girospalla sono ornati da una bordura festonata di esecuzione meccanica. Il capo presenta un vistoso ricamo ad intaglio stilizzato, con barrette ad ago (punto occhiello) in filato di cotone bianco (3 capi, 'S'). Lo stato di conservazione è ottimo. rs

a)

b)

a) Misure: cm. 49,5 x 11,5 x 6 Scatola di cartone bianco, stampa sul coperchio: stemma asburgico e la scritta: MIEDER - NIEDERLAGEN N. FOGL K.u.k. Hof. LIEFERANT Wien. VII, Mariahilferstrasse 22 (Stiftskaserne) IV, Wiedner Hauptstrasse 19 VI, Gumpendorferstrasse 63 b und 63 c (Nächst dem Apollotheater) GRAZ BRÜNN (BRNO) Sporgasse Nr. 21 Grosser Platz Nr. 17 sulla destra: Fabbrica busti N. FOGL IMP. C. Reg. Fornitore di Corte TRIESTE Piazza Grande, Palazzo Municipale. Condizioni: buone. MV

Busto e scatole Trieste, inizio XX sec. Misure: cm. 80 x 40 ca. Il busto, in spina di cotone color avorio, è formato da due parti aventi ognuna 4 stecche di balena larghe circa cm. 1,5 e da 10 stecche di cm. 0,5 inserite in coppia; la chiusura anteriore è formata da 5 ganci e altrettante asole in metallo e da due asole in tessuto con due bottoncini in materiale plastico madreperlaceo; nella parte posteriore sui due lati 16 occhielli con cordoncino passante. Il busto è ornato da un pizzo meccanico alto cm. 8 e nastrino passante con fiocco anteriore di raso. Condizioni: buone. MV b) Misure: cm. 50,5 x 13 x 8 ca. Scatola di cartone con etichetta sul coperchio. A sinistra stemma asburgico e la scritta: Siegmund Günsberger K.u.k Hof u. Kammerlieferant gerichtl. Beeideter Sachverständiger und Schätzmeister. TANZPAAR - MIEDER Wien III Landstrasse Hauptstr. 9. Gegenüber der Elisabethinerkircke Beachten Sie genau die Hausnummer 9. Sulla desta due figure danzanti con la scritta “Schutz Mark“ (marchio registrato) Condizioni: buone.  MV

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Copribusto e sottogonna Trieste, fine XIX sec. Misure copribusto: lunghezza cm. 49, vita cm. 71 Misure sottogonna: lunghezza cm. 90, vita cm. 87, ampiezza cm. 290 Copribusto e sottogonna in tela di cotone bianco. Il copribusto presenta uno scollo quadrato con incasso e bordura di merletto meccanico del tipo "torchon", realizzato con la macchina a fuselli, in cotone bianco (3 capi, 'S'). Bordura e incasso proseguono negli spallini e nello scollo posteriore, quadrato anch'esso ma meno profondo. Il capo, dotato di apertura anteriore con cinque bottoncini di madreperla, è tagliato in vita e presenta una baschina. Lo sprone è ornato da minute piegoline. Le cuciture sono di esecuzione meccanica. La sottogonna, in tela di cotone bianco, è realizzata in sei teli ed è dotata di panciale con fettuccia passante entro coulisse e balza arricciata ornata da piegoline nonché incasso e bordura di merletto meccanico del tipo "torchon", realizzato con la macchina a fuselli, in cotone bianco (2 capi, 'S'). Iniziali "EC" ricamate in bianco nei punti pieno e cordoncino, cuciture a macchina. Lo stato di conservazione dei due capi è eccellente. rs

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Matiné in pizzo Trieste, 1905 - 10 ca. Misure: lunghezza cm. 65, vita cm. 70, spalle cm. 40 Corto e attillato giacchino in merletto di cotone avorio a manica corta. Gli orli seguono un profilo stondato davanti e si allungano maggiormente sul retro. Il merletto, della tipologia nota come "Rinascimento", è formato da una fettuccia disposta a formare motivi floreali, volute e girali sinuosi. Questi motivi sono uniti da un fondo a barrette create ad ago mediante doppi fili ritorti (cotone, 3 capi, 'Z'), oppure maglie del tipo "fondo Alençon". Le campiture interne, sempre ad ago, sono formate invece da intrecci di fili e retine di vario tipo. Il merletto "Rinascimento", nel periodo indicato, era molto in voga per la confezione di giacchini, soprabiti, biancheria e fazzoletti. Riscontri su figurini di moda confermano la datazione proposta. rs

Matiné Trieste, 1900 - 1905 ca. Misure: lunghezza cm. 86, ampiezza cm. 265, spalle cm. 40; maniche cm. 52 Matiné in tela di cotone azzurra, con ampio colletto piatto e maniche lunghe. Il capo è ornato da delle ruche di merletto di cotone meccanico "Leavers" bianco che profilano il colletto, le maniche e l'abbottonatura, formata da bottoncini di madreperla. Il colletto è ulteriormente impreziosito da medaglioni di merletto ottenuti incorniciando con le cappe del citato merletto "Leavers" degli ovali di tulle bobbinet di cotone con ricamo meccanico "Schiffli". Numerosi esemplari di matiné affini a quello esaminato si trovano sulle annate 1904 e 1905 della rivista viennese "Illustrirte Wäsche-Zeitung". rs


Coppia di vestaglie ricamate Vestaglia celeste: Cina? XIX - XX sec. Vestaglia blu: Giappone? Europa? 1920 - 25 ca. Misure: lunghezza cm. 125, ampiezza cm. 193, spalle cm. 68, maniche cm. 42; lunghezza cm. 140, ampiezza cm. 155, cintura cm. 5 x 145 La vestaglia celeste, in crespo di seta imbottito e foderato in taffetas di seta in tinta, presenta una linea ampia e diritta, con spacchi laterali e abbottonatura anteriore mediante cinque bottoncini “a perolo” in metallo dorato e corrispondenti asole in tessuto. Di linea ampia e diritta sono anche le maniche. Il capo si caratterizza per un imponente ricamo con tralci di rose in sete (2 capi, 'S') dalle delicate tonalità pastello. I punti impiegati sono i seguenti: pieno, piatto, erba, nodini, posato. Il capo è profilato da bordure realizzate con cordoncini di cotone e seta, azzurri e rosa, che spesso si sovrappongono al ricamo. La vestaglia-kimono, in taffetas di seta blu, è caratterizzata dalla linea diritta e dalle maniche il cui taglio è detto appunto "a kimono". Il ricamo, particolarmente importante sul dorso, disegna tralci di glicine e di rose realizzati in filati policromi di seta artificiale (2 capi, 'S') di notevole spessore nei punti pieno, piatto, erba e posato. Tralci di rose e petali sparsi compaiono anche sulla parte anteriore della vestaglia e sulla cintura. Entrambe le vestaglie, la prima in particolare, sono prodotti di grande pregio. E' però difficile determinare se siano effettivamente orientali oppure capi di produzione europea in stile orientaleggiante, sull'onda di quella fascinazione per l'Oriente propria del periodo a cavallo tra Otto e Novecento e più ancora degli anni Venti. Nel caso del kimono, un ulteriore motivo per dubitare della sua provenienza orientale è dato dal ricamo in seta artificiale. rs

Combinato Trieste, 1925 - 27 ca. Misure: lunghezza cm. 95, vita cm. 88 Combinato in tela batista di lino bianca, dal taglio ampio e leggermente svasato. Provvisto di spallini in diagonale di seta, il capo presenta uno sprone ricamato a intaglio in cotone bianco (3 capi, 'S') con motivi di fiori e tralci vegetali stilizzati. Ampie asole ovali rifinite a punto cordoncino fungevano da passanastro. La parte superiore è ornata da due ranghi sovrapposti di merletto, l'uno in cotone bianco (2 capi, 'S') ad uncinetto del tipo "Irlanda", l'altro a fuselli a fili continui con motivi a punto tela in lino bianco (2 capi, 'S'). Al di sotto dello sprone vi sono gruppi di minute piegoline; al centro vi è ricamato il monogramma "RT", sovrastato da una corona a nove palle. La parte inferiore del combinato presenta calzoncini rifiniti da merletto meccanico "Leavers" di cotone a imitazione del "Valenciennes" a maglie tonde. Al centro vi è una abbottonatura con bottoncini di madreperla che prosegue sul retro per tutta l'altezza del capo. rs

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Camicia da notte e vestaglia Parigi? 1930 ca. Misure: lunghezza cm. 137, ampiezza cm. 300, vita cm. 84; lunghezza cm. 140, ampiezza cm. 525, spalle cm. 40; maniche cm. 61; cintura cm. 7 x 190 Completo formato da camicia da notte e vestaglia in crespo e raso di seta, con inserti e bordure in merletto meccanico "Leavers" di cotone con filo di contorno, ad imitazione "Malines". Completano la decorazione dei bouquet realizzati con applicazioni in raso o crespo, a volte inserite dal rovescio del capo per creare a diritto diversi effetti di trasparenza e opacitĂ , con tralci e pois ricamati in seta avorio (2 capi, 'S'). La camicia, scollata e senza maniche, ha un inserto triangolare sul ventre; si allarga poi in un'accentuata svasatura. Due nastri applicati ai lati della vita andavano annodati sul dorso. La vestaglia, coordinata, si caratterizza per la grande ampiezza, ottenuta mediante il taglio in sbieco. Cuciture manuali e meccaniche. Stato di conservazione ottimo. rs


B a m bBambini ini

Camicia da notte e mutandoni Trieste, fine XIX - inizi XX sec. Misure camicia: lunghezza cm. 69, ampiezza cm. 132, spalle cm. 27, maniche cm. 34 Misure mutandoni: lunghezza cm. 44, vita cm. 50 Camicia da notte e mutandoni infantili in tela di lino bianco molto fine. La camicia, aperta sino in vita, si chiude mediante tre bottoncini di madreperla. Scollo e polsini sono profilati da una bordura in "Sangallo" meccanico, con motivi di trifogli e trafori. Gli sproni sono ornati da piegoline, di cui quelle anteriori sono fitte come nervature. Monogramma "BM" ricamato in bianco a punto cordoncino. Cuciture meccaniche, stato di conservazione ottimo. Interamente cuciti a mano sono invece i mutandoni, chiusi anteriormente mediante tre bottoni, uno di madreperla e due in pasta vitrea bianca. I bordi sono ornati da un ricamo a intaglio di esecuzione manuale in cotone bianco (2 capi, 'S'), con motivi di rombi stondati entro rotelle traforate. I trafori sono eseguiti a intaglio o con il punteruolo da ricamo, i punti impiegati sono il cordoncino e il festone. Stato di conservazione ottimo. Se la camicia da notte si colloca agli inizi del Novecento, sicuramente ottocenteschi sono i mutandoni, probabilmente risalenti alla seconda metà del secolo. rs

Abitino infantile e sottoabito in miniatura Trieste, fine XIX - inizi XX sec. Misure abitino: lunghezza cm. 49, ampiezza cm. 130, spalle cm. 24 Misure sottoabito: lunghezza cm. 33, ampiezza cm. 62 Abitino in pékin di cotone a due armature: louisine e raso liseré. Chiuso sul dorso da un'abbottonatura con sei bottoni in madreperla che corre per tutta la lunghezza, il capo presenta uno sprone quadrato, con scollo a giro. Tale sprone è profilato da una fettuccia di cotone, ricamata in bianco a motivi floreali, con balzette con ricamo meccanico a intaglio del tipo "Sangallo". Questo orna anche le corte manichine dell'abito, originariamente a palloncino, con elastico passante entro coulisse. Cuciture di esecuzione meccanica, stato di conservazione ottimo. Il sottoabito in miniatura, realizzato presso l'I.R. Scuola industriale di Trieste, è realizzato in tela di cotone. Lo scollo, rotondo, gli spallini e i girospalla sono profilati da una bordura in merletto a fuselli (cotone, 2 capi, 'S') in tinta. Gli spallini si chiudono con bottoncini di madreperla entro asole di filo a punto occhiello. Cuciture di esecuzione meccanica, ottimo stato di conservazione. rs

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Cestino e stivaletti da bambino Trieste, fine XIX - Inizio XX sec. Misure cestino: cm. 25 x 10 x 10 Misure stivaletti: cm. 13,5 Cestino in midollino colorato e intrecciato con fondo ligneo. Manico in ferro rivestito di pelle marrone, chiusura in ferro. Condizioni: buone, macchie di ruggine. Stivaletti in pelle color beige tendente al grigio, nove occhielli d'ambo le parti per il cordoncino in tinta, rinforzo in pelle bianca di capretto per i bordi interni con fodera in diagonale di cotone (2 capi, torsione ‘Z’), con stampati i numeri: 75 - 33 - 26. Suola in cuoio con impresso il numero 20. Condizioni: buone. MV

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Tunichetta infantile Trieste, 1920 ca. Misure: lunghezza cm. 64, ampiezza cm. 132, spalle cm. 44 Abitino infantile in forma di tunichetta in tela di seta shantung di colore nocciola con scollo a feritoia chiuso da un cordoncino policromo, in filato di cotone (2 capi, 'S'), passante entro occhielli rifiniti a punto cordoncino. Il capo, di linea leggermente svasata, cinto in vita da una cinturina (cm 140), dotato di due taschine stondate e di due faldoncini laterali, è ornato da motivi di grosse api ricamate a punto croce in filato di cotone (2 capi, 'S') nelle tinte del bianco, del giallo, del marrone e del nero. Al vestitino sono abbinati dei modelli per ricamo a punto croce, non datati, ma presumibilmente di un periodo vicino a quello dell'abito. I motivi di animali, specie a punto croce, erano e sono molto utilizzati per il ricamo di indumenti per bambini. rs


A b iAbiti ti

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Abito da giorno Trieste, 1905 ca. Misure corpetto: lunghezza cm. 46, spalle cm. 30, maniche cm. 62, vita cm. 60 Misure gonna: lunghezza anteriore cm. 104, lunghezza posteriore cm. 120, ampiezza cm. 360, vita cm. 62 Abito composto da corpetto e gonna in derivato taffetas di seta verde scurissima, tendente al nero. Il corpetto, incrociato e rimborsato davanti mediante una fascia allacciata con quattro coppie di gancetti, ha maniche arricciate al girospalla e poi affusolate, con polsini risvoltati chiusi da tre bottoncini in madreperla su stelo metallico. Lo scollo, dotato di colletto, si apre su una guimpe con colletto montante in diagonale di seta avorio piegolinata, con applicazioni di merletto chimico di cotone. Il colletto è profilato anche da voile di seta avorio e si chiude dietro mediante quattro coppie di gancetti. Fodera interna in tela di cotone marrone, rinforzata da tredici stecche e chiusa da sedici coppie di gancetti metallici. La gonna, in cinque teli, è liscia davanti e concentra il volume sul retro, dove presenta alcune pieghe. La chiusura consta di gancetti metallici (due ulteriori ganci servivano ad agganciarsi ai loro corrispettivi, posti dentro il corpetto) e automatici di metallo. Al fondo c'è un abbassamento realizzato nello stesso tessuto e ornato da una ruche in gros di seta nero. La linea leggermente rimborsata del corpetto e la disposizione dei volumi della gonna collocano l’abito agli inizi del Novecento. L’arricciatura delle maniche è un’eredità del decennio precedente. rs


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Divisa da libera uscita Trieste 1900 - 1910 Misure pantaloni: lunghezza cm. 171 ca., vita cm. 94 (regolabile) Misure berretto: altezza cm. 13, circonferenza cm. 54 Misure stivaletti: cm. 28,5; tacco cm. 2,5 ca. Divisa da Tenente dell'I.e. R. Reggimento di Fanteria “Colonnello Generale GEORG, Barone VON WALDSTÄTTEN“ N. 97 Misure giacca: lunghezza cm. 70,5 - spalle cm. 43 - manica cm. 64 - collo cm. 41 x 7 La divisa da libera uscita è composta da: Giacca in faille blu scuro con polsi e collo alto in panno rosa, simile a quello che borda la giacca; è di linea diritta e tagliata in vita. Sei bottoni metallici (diam. cm. 2,5 con incisi sul retro un'aquila bicipite, la scritta K.u.K. HOF LIEFERANTEN e due trifogli con le sigle BSW) sono nella parte anteriore, mentre altri sei si trovano nella parte posteriore come completamento dello spacco sovrapposto; un ulteriore bottone sui polsi (diam. cm. 1,5 ca.) di cui solo quello della manica sinistra è l'originale, mentre l'altro è stato sostituito con uno simile e reca la scritta “Made in Vienna”. La giacca, mancante di tasche esterne, è invece fornita in modo inconsueto di due tasche posteriori interne allo spacco sovrapposto. Fodera in due parti: quella superiore: spina in seta color beige, con stampati in rosso - nero (vedi particolare) diversi timbri, la parte inferiore in raso nero. Sul collo alto, da ambo i lati due stellette formate da fili di seta beige con anelli di metallo argentato al centro, sei paillettes (alcune mancanti) e una pallina circondata da anelli quadrangolari di metallo; la fodera del collo è in tela di lino bianco (non originale). Medagliere composto da due medaglie in bronzo alla memoria con l'effigie dell’Imperatore Francesco Giuseppe. Condizioni: buone, qualche rammendo. Pantaloni, denominati “pantaloni da salone”, in panno blu-grigio, filettati in rosso-scarlatto; di linea diritta, allacciatura anteriore a patta con sei bottoni in materiale plastico recanti la scritta “For Gentlemen” e un gancio, tutti nascosti; una piccola cinturina con fibbia è posta sul dorso e regola l' ampiezza della vita. Tasche laterali: una tasca nella parte posteriore destra ed un taschino anteriore (porta orologio). Fodera di raso beige - nero. Timbri interni: “EIGENTUM” Der Kostüm Lafhanstadt RUDOLF BRONEDER Wien, VI, Hirschengasse 15” in un riquadro rettangolare; in uno circolare: “VEREINIGTE BOHNEN GRAZ”. (I timbri sono stati apposti dal proprietario precedente in questo caso una sartoria teatrale; non solo dalle famiglie, ma da molte di queste fonti è stato possibile ritrovare i reperti) Condizioni: buone. Berretto, spina di seta nera. Modello alto di forma circolare con piccolo frontino di pelle nera simile al cinturino apposto nella parte anteriore, fermato ai lati da un bottoncino di metallo: (cm. 1,5); sopra questa al centro un gallone di passamaneria in oro filato (uguale a quello che circonda il berretto) con bottone ligneo rivestito di tela beige e ricoperto da un filo di seta giallo con anelli dorati e le iniziali “FJ“ ricamati al centro, fodera in pelle e raso rosso con impresse un'aquila bicipite e la scritta “HUGO ANGER K.u.K. HOF. Lieferant PRAG“. Stivaletti: in pelle nera, alti alla caviglia con tessuto elasticizzato laterale. Condizioni: buone. Collezione: Associazione Amici delle Dolomiti Timbri interni della giacca Stampigliato in rosso: EIGENTUM - KROIS - SCHWARZ Stampigliato in nero: STADTTHEATER KLAGENFURT Direktion KARL KROIS e LEOPOLD SCHWARZ ed i numeri: 4070. MV

Tailleur Vienna, 1910 ca. Misure giacca: lunghezza cm. 79, spalle cm. 39, maniche cm. 60, vita cm. 100 Misure gonna: lunghezza cm. 108, ampiezza cm. 200, vita cm. 75 Tailleur in taffetas di seta cangiante, con verde oliva in trama e nero in ordito. La giacca, ampia e diritta, presenta un ampio collo risvoltato, profilato in raso nero e decorato con una applicazione in spighetta di seta artificiale nera, che prosegue anche nella porzione interna, a motivi floreali e volute. Chiusura effettiva mediante tre bottoncini fasciati e rispettive asole; chiusura decorativa esterna con due grandi alamari e bottoni in passamaneria nera e marrone. Bottoni in passamaneria, di un altro tipo, compaiono sui fianchi, sul dorso e sui polsi, dove si accompagnano ai ricami di cui sopra. Pesetti negli orli. Gonna con sopragonna, il cui apparato decorativo riprende quello della giacca. Chiusura a lato del pannello anteriore, mediante automatici di ottone. Appendini con il nome della sartoria "A. Skenderatz, Wien/I Weihburggasse 8". Orli profilati da fettuccia di seta artificiale; all'interno volant in raso nero plissettato. La linea diritta del tailleur colloca il capo intorno al 1910, il grande uso di passamaneria, bottoni e alamari neri è caratteristico della moda viennese dell’epoca. Collezione: Associazione Amici delle Dolomiti rs

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Abito da sposa Trieste, 1918 - 20 ca. Misure: lunghezza cm. 115, ampiezza cm. 145, spalle cm. 40, maniche cm. 30, vita cm. 75 Abito in voile di seta avorio su sottoabito in raso duchesse di seta in tinta, profilato allo scollo da un merlettino meccanico di cotone. Il capo si caratterizza per la linea morbida e rimborsata in vita da una fascia a pieghe: da qui si dipartono due pannelli a punta, sottolineati da un ricamo in perle vitree trasparenti e da una sorta di frangiatura formata da sferette di stoffa; tali pannelli proseguono sul retro. Lo scollo, quadrato, è ornato, sia davanti che dietro, da un ricamo in perline a motivi di spirali. Rade bordure di perline trasparenti ornano con discrezione anche le corte maniche e gli orli. Chiusura dorsale con automatici metallici, centrale per il sottoabito, sfalsata per l'abito. Cuciture a mano e a macchina. Stato di conservazione precario. La linea rimborsata e corta dell'abito collocano il capo in esame alla fine del primo conflitto mondiale. La Grande guerra segnò un punto di svolta nella storia della moda, semplificando l'abbigliamento in tutti i suoi settori. rs

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Abito da sera Trieste? 1920 - 30 ca. Misure: lunghezza anteriore cm. 86, lunghezza posteriore cm. 150, ampiezza cm. 275, spalle cm. 40, maniche cm. 65 Abito in tulle bobbinet di seta artificiale nera a manica lunga, con ampia scollatura anteriore e alto colletto montante sul retro. Tagliato in vita, presenta orli di lunghezza molto diversa nella parte anteriore, dove sono molto corti, e posteriore, dove giungono a terra. Il capo è ricamato a motivi floreali in paillettes e conterie. Sia il tulle che il ricamo presentano caratteri lievemente diversi nella parte superiore e inferiore dell'abito, pur non rilevabili a colpo d'occhio. Non si può pertanto escludere l'assemblaggio di parti di abiti diversi. La linea asimmetrica degli orli è una caratteristica peculiare degli anni Venti. Proprio del decennio è anche l’uso estensivo di conterie e paillettes per gli abiti da sera. rs


Abito da giorno Vienna? 1925 ca. Misure: lunghezza cm. 96, ampiezza cm. 190, spalle cm. 42, maniche cm. 57 Corto abitino da giorno in tela di lana marrone con scollo leggermente a "V", piccolo collettino a punte e maniche diritte chiuse al polso con due automatici di ottone. La linea ampia e diritta dell'abito è movimentata dall'inserimento di sei inserti a cuneo, tagliati in sbieco, vivacemente ricamati con motivi di spirali nelle tonalità del rosa, del viola, del verde, del marrone e del turchese. Il ricamo, in filati di seta artificiale poco ritorti (più capi, s.t.a.), è realizzato nei punti catenella ed erba. Le cuciture sono in prevalenza a macchina, con rifiniture manuali. Dentro gli orli vi sono dei piombini. Lo stato di conservazione è buono, malgrado qualche tarmatura. La linea semplice dell'abito lo avvicina alla moda viennese degli stessi anni, in particolare a quella dei circoli improntati dall'esperienza delle Wiener Werkstätte. rs

Coppia di abiti Trieste, 1925 - 30 ca. Misure (da sinistra a destra): lunghezza cm. 130, ampiezza cm. 560, spalle cm. 49, maniche cm. 60, fianchi cm. 126, fusciacca cm. 17 x 142; lunghezza minima cm. 137, massima cm. 152, ampiezza cm. 865, spalle cm. 40, maniche cm. 40, fianchi cm. 120 Coppia di abiti in crespo di seta nera e merletto meccanico "Leavers" di seta artificiale in tinta, dal punto-vita sceso sui fianchi e dagli orli asimmetrici. Il primo (da sinistra) ha un ampio scollo a "V" profilato in merletto e chiuso da un triangolo di crespo. Gli incassi di merletto seguono una disposizione diagonale nella parte superiore dell'abito, orizzontale in quella inferiore. Le maniche sono interamente in merletto, con polsini arricciati. Il capo è corredato da una fusciacca bordata di merletto alle estremità. L'altro abito ha un ampio scollo ovale, la cui linea è ripresa dall'inserto di merletto centrale, profilato dal crespo, che disegna sottili "bretelle". Ampi incassi di merletto ornano anche i fianchi e il dorso, oltre a formare la balza inferiore dell'abito. Le maniche, corte al gomito e provviste di incasso in merletto, sono tagliate in sbieco. Cuciture a mano e a macchina. Stato di conservazione buono. I due abiti presentano caratteristiche proprie della moda degli anni Venti del Novecento, quali la linea ampia e scesa, nonché gli orli asimmetrici. Tra loro sono molto simili per scelta di tessuti e merletti: si può pertanto ipotizzare la provenienza da uno stesso laboratorio. rs

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Vestito Carnevalesco Trieste, 1925 - 30 Abito intero, la parte superiore con corpetto a punta è in velluto tagliato unito in seta nera, con allacciatura anteriore formata da 8 bottoni automatici nascosti; all'esterno tre grandi pompon di seta bianca; la gonna, molto ampia e arricciata, è in raso di seta beige; 19 nastri, in diagonale di seta nera, distanziati tra loro e cuciti alla base del corpetto, scendono oltre la lunghezza della gonna e terminano con quattro cordonetti che trattengono un pompon di seta nera (qualcuno è mancante). Fodera: per il corpetto una tela di lino (2 capi, torsione ‘Z’), nella parte anteriore un'ulteriore allacciatura interna con 12 ganci metallici ed una stecca d'osso come rinforzo; per la gonna una tela rada di lino bianco apprettato (2 capi, torsione ‘Z’). Condizioni: buone, qualche rammendo nella fodera. MV

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Cotillon Trieste, fine XIX - inizio XX sec. Assortimento di cotillon con soggetti diversi per i balli in maschera della Cavalchina. Condizioni: buone. MV


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Abito da casa di tolleranza Trieste, 1920 - 25 ca. Misure: lunghezza cm. 130, ampiezza cm. 115, vita cm. 80 Tunichetta lilla trasparente dalla linea diritta e dal punto vita ribassato, munito di elastico per rimborsare il capo sui fianchi, dove si annodava un nastro di velluto tagliato unito viola in seta e cotone. Sprovvisto di maniche, il capo presenta un ampio scollo ovale, uguale davanti e dietro, ed uno spacco sul lato destro. Il capo è realizzato in cotone Êcru (3 capi, 'S') lavorato a filet e ricamato nei punti tela e rammendo. I motivi a punto rammendo sono ricamati in spesso filato di cotone perlato lilla (2 capi, 'S'). Il ricamo disegna sull'esile struttura dell'abito cinque ranghi sovrapposti di tralci di rose dalle grandi dimensioni. Secondo la testimonianza della precedente proprietaria, ex prostituta in un bordello triestino, l'abito in esame rappresentava la propria tenuta da lavoro, ed era corredato da biancheria di raso rosso. rs


Soprabiti Soprab iti Mantella in panno Trieste, 1890 - 1900 ca. Misure: lunghezza max cm. 102, ampiezza cm. 275, spalle cm. 40 Ampia mantella in panno di lana marrone, con colletto in velluto tagliato unito di seta e cotone di color ruggine. Sagomata alle spalle mediante pinces, la mantella si allarga poi in ampie pieghe ottenute con taglio sbieco. Il capo è impreziosito da un elegante gioco grafico creato con l'applicazione di un cordoncino di cotone avorio, le cui volute sono seguite da un ricamo a punto catenella, che spesso ritorna su se stesso creando anellini. Di effetto decorativo sono anche le cappe di panno e le doppie impunture in filo di cotone avorio. Chiusura mediante gancetti di acciaio celati da una piccola ruche in diagonale di seta e cotone avorio. In origine il capo era rinforzato da una tela di canapa, presente in tracce, e foderato. Lo stato di conservazione è comunque buono. Mantelle del tipo in esame erano molto in voga nell'ultimo decennio dell'Ottocento: sulle imponenti maniche "a prosciutto" degli abiti dell'epoca era infatti molto più pratico indossare una mantella rispetto ad un cappotto. rs

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Cappotto femminile Trieste? 1900 ca. Misure: lunghezza cm. 101, ampiezza cm. 200, spalle cm. 40, maniche cm. 69 Corto cappotto in panno di lana nero tagliato a princesse, dalla linea attillata in vita - specie sul dorso - e sfuggente sui fianchi. Le maniche, sagomate, sono riccamente arricciate all'altezza dei girospalla. Davanti la linea è diritta, con i bordi stondati, sottolineati da una lucida fettuccia in seta artificiale nera. Il collo è a revers, l'abbottonatura è formata da cinque bottoni, non originali: originali sono invece i piccoli bottoni, con funzione soltanto decorativa, fasciati con la stessa fettuccia che profila il cappotto. Il dorso, in otto pezzi, ha un faldone centrale. La fettuccia sottolinea le partizioni e crea un motivo decorativo, sottolineato da otto bottoncini fasciati. La fodera è in raso nero di seta e cotone; le cuciture sono in parte manuali e in parte di esecuzione meccanica. Lo stato di conservazione è buono, malgrado la sostituzione di parte dei bottoni. rs


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Cappotto femminile Torino, 1920 - 25 ca. Misure: lunghezza cm. 111, ampiezza cm. 154, spalle cm. 42, maniche cm. 55 Cappotto in tela di lana nera dalla linea diritta, ma asimmetrica, movimentata, nella parte anteriore, da una lieve arricciatura "scesa" all'altezza dei fianchi. Il punto vita si presenta infatti notevolmente ribassato e anche l'abbottonatura, mediante un grande bottone in resina marrone, è collocata all'altezza dei fianchi. Il colletto, a ciambella, è molto imbottito. Il capo si caratterizza per una fittissima applicazione di fettuccia di seta artificiale, cucita "in piedi", che lo riveste quasi completamente formando dei rosoni. Questa decorazione è in nero su tutto il capo, ad eccezione del colletto, dei polsi e dei margini inferiori, dove è di colore marrone. Sulla fodera interna, in damasco di seta e seta artificiale nei colori marrone e nocciola, spicca l'etichetta della sartoria "La Merveilleuse"/ Torino). Il capo, di originale concezione e raffinata esecuzione, è il prodotto di una sartoria prestigiosa, con sedi a Torino, Milano e Trieste. Considerazioni legate al taglio dell'abito inducono a datarlo agli anni Venti del XX secolo. rs


C a p p eCappelli lli

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Coppia di cappelli femminili Trieste, 1915 - 25 ca. Misure (da sinistra a destra): diametro cm. 38, altezza cm. 12; diametro cm. 34, altezza cm. 11 Il cappello a calotta arrotondata è confezionato in raso e taffetas di seta artificiale nera; la calotta è dotata di un'anima in rete di cotone rigida, mentre le tese, che sulla faccia superiore prendono la forma di petali sovrapposti, sono costruite su un'anima in paglia intrecciata e tela rada di cotone. L'altro cappello presenta un'alta cupola piatta e larghe tese, su cui il taffetas di seta nera si dispone a formare morbide pieghe. Entrambi gli esemplari esaminati appartengono al periodo tra la prima guerra mondiale e i primi anni Venti, quando i cappelli erano ancora molto ampi, prima di venire sostituiti dalle piccole, morbide cloche. RS

Cappelli a cloche Vienna, 1920 - 30 Su una base di panno color viola chiaro, sono ricamate a punto spina, sui colori del beige, fucsia, grigio chiaro e scuro, forme geometriche stilizzate; un bordo in gros de Tours viola delimita la base del cappello. Condizioni: buone. Su una base di panno beige, fiori e fogliame ricamati a punto spina nei colori del grigio chiaro e verde scuro. Il bordo è delimitato da un nastro in gros de Tours di color verde scuro. Condizioni: buone. MV


O m b r eOmbrelli lli

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Ombrellino da sole Vienna? Trieste? Inizi XX sec. Misure: lunghezza cm. 90, raggi cm. 52 Ombrellino da sole in tela di lino color avorio con stelo in legno, intelaiatura metallica a dieci raggi e puntale metallico. Il tessuto è bordato da un ricamo meccanico del tipo "Schiffli", con motivi circolari traforati in filato di cotone bianco (2 capi, 'S'). Attraverso il manico con impugnatura a pomello, in legno chiaro, passa un laccio di cuoio rifinito alle estremità da ghiandoline di legno dipinte di bianco ad imitazione avorio. Lo stato di conservazione è molto buono. L'esemplare in esame si caratterizza per le grandi dimensioni, proprie del periodo agli inizi del Novecento. RS


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Ombrellino "Piccolo" Londra, 1909 ca. Misure ombrello chiuso: lunghezza cm. 45 Misure ombrello montato: lunghezza cm. 83, raggi cm. 32 Elaborato ombrellino femminile che richiede più passaggi per essere montato. Chiuso si presenta come un astuccio con impugnatura. Quest'ultima, a forma di testa di civetta, è realizzata in legno intagliato, con l'inserimento di due occhi di vetro; alla base dell'impugnatura c'è inciso un numero di brevetto: "REG. 549864". L'astuccio è formato da un cilindro di legno trattato con vernice verde trasparente, provvisto di due anelli d'oro alle due estremità. Su uno di questi è impresso il marchio "18 CT GP REG. 346205", sull'altro il marchio "18 CT GP". Incise nel legno vi sono le scritte "J.C. VICKERY. REGENT ST.W." e "RD. NO. 553668". Intorno all'astuccio si avvolge un cordone di seta verde scuro con rosetta di taffetas di seta in tinta. In taffetas verde scuro è realizzato anche l'ombrello vero e proprio, con intelaiatura di metallo dorato a sette raggi e puntale di legno verde. Il procedimento per montare l'ombrello è il seguente: si svita l'impugnatura e si estrae l'ombrello. Impugnatura e ombrello vanno poi avvitati alle due estremità dell'astuccio cilindrico, che si trasforma così nel manico dell'ombrello stesso. Tale procedimento fu brevettato intorno al 24 settembre 1909, con il nome di ombrello "Piccolo", dal celebre ombrellaio londinese J.C. Vickery, autore di preziosissimi ombrelli gemmati, come quello donato alla regina Vittoria nel 1897 dal più anziano membro del parlamento di Sua Maestà. Il numero del brevetto del "Piccolo" era il 549864, lo stesso che compare alla base dell'impugnatura del pezzo in esame. Secondo Jeremy Farrell, gli altri numeri che compaiono su esemplari di questo tipo si riferiscono all'impugnatura. Cfr. J. Farrell, Umbrellas & Parasols, Londra 1985, p. 89. Su questo volume, a p. 74, è pubblicato un ombrello "Piccolo" molto simile a quello in esame. RS


Ombrellino di panno Italia, 1920 - 30 ca. Misure: lunghezza cm. 54,5, raggi cm. 37 Piccolo ombrello con manico in legno, puntale, puntalini dei raggi e impugnatura in resina di colore giallo ocra. Sull'impugnatura, ricurva, sono dipinti e incisi cinque piccoli aquiloni. Sull'intelaiatura, formata da sedici raggi metallici, si dispiega una tarsia di panno di lana nei colori avorio, beige, celeste, turchese, blu elettrico e nero. Il motivo decorativo è formato da triangoli che si compenetrano e da figure dai profili spezzati, che si susseguono in un ritmo serrato e dinamico. Dalla base del puntale si dipartono petali di panno celeste, beige e nero che formano una rosetta. Le cuciture sono di esecuzione meccanica, lo stato di conservazione è molto buono. L'ombrello in esame appartiene alla stessa serie di quello con motivi spiraliformi: entrambi si inseriscono nel filone della moda femminile futurista. Vari artisti futuristi si dedicarono alla sperimentazione nel campo della moda, tra cui Balla e Depero. Asimmetria, colore e dinamismo, tutte caratteristiche presenti in questo ombrello, rappresentavano altrettante parole d'ordine della moda futurista. Per quanto concerne poi l'uso del panno, questo materiale era molto apprezzato dagli artisti futuristi: sono celebri le tarsie e i capi di abbigliamento in panno creati da Depero. Notevoli affinità possono essere inoltre riscontrate tra l'ombrello in esame e le creazioni di Balla per l'abbigliamento. Cfr. P. Hulten, Futurismo & Futurismi, catalogo della mostra di Venezia, Milano 1986, pp. 325-326, 328. RS

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Ombrellino di panno Italia, 1920 - 30 ca. Misure: lunghezza cm. 53,5; raggi cm. 39,5 Piccolo ombrello in panno di lana beige, rossa e nera. Tagliate in sbieco, le strisce di panno formano delle spirali di grande effetto dinamico. Il manico è di legno, impugnatura e puntale sono realizzati in resina nei colori giallo ocra e bordeaux. In resina dalle delicate sfumature pastellate multicolori sono realizzati anche i puntalini dei sedici raggi. Alla base del puntale dell'ombrello si dispongono dei petali di panno colorato che formano una sorta di fiore; qui si innesta anche un lungo cinturino (cm. 30) che consentiva di portare l'ombrello appeso al braccio. Le cuciture sono di esecuzione meccanica e lo stato di conservazione è molto buono, malgrado lievi tarmature e la perdita del puntalino di un raggio. L'ombrello in esame si inserisce nel filone della moda futurista, che prevedeva linee dinamiche, colori vivaci, come esplicitamente dichiarato nei manifesti futuristi del 1914 e del 1920. Quest'ultimo, dedicato all'abbigliamento femminile, prescriveva l'uso di materiali alternativi rispetto alla seta, ed è proprio questo il caso della serie di ombrelli in panno. Particolarmente calzante, per quanto concerne il motivo decorativo spiraliforme dell'ombrello in esame, risulta l'affermazione "Glorificheremo la carne della donna in una frenesia di spirali e di triangoli" (Volt, Manifesto della moda femminilie futurista, in "Roma Futurista", 29.2.1920). RS

66 Ombrellino di panno Italia, 1920 - 30 ca. Misure: lunghezza cm. 49,5; raggi cm. 34,5 Ombrellino di tipo molto simile agli altri due della stessa serie, ma con alcune importanti differenze. Stelo e puntale sono in legno laccato in nero, così come l'impugnatura, intagliata a formare la testa di un cane, con occhi di vetro. Sull'intelaiatura metallica, formata da sedici raggi, si dispiega una tarsia bicolore, in panno di lana bianco e nero. I motivi, tuttavia, non sono astratti, bensì fiori stilizzati secondo i moduli dell'Art Déco. La rosetta intorno al puntale è sostituita da due petali e piccoli anellini di panno, così come di panno è il lungo cinturino (cm. 35) che consentiva di portare l'ombrellino appeso al braccio. All'interno, su di una campitura di panno bianco, è impressa la dicitura "Brevetto 257002". Le cuciture sono meccaniche, lo stato di conservazione è ottimo. Prodotto raffinato della raffinata moda degli anni Venti, il pezzo in esame si discosta dalla matrice futurista degli altri due esemplari. Diversa è la cultura che fa da sfondo a questo ombrello, malgrado le caratteristiche tecniche siano pressoché identiche. Tipica del decennio è la forma a "parasole giapponese", ritornata in voga già intorno al 1915, dopo che aveva già riscosso molto successo negli anni Settanta e Ottanta dell'Ottocento. RS


C o s t uCostumi mi

Costume da bagno femminile Trieste, 1914 - 20 ca. Misure: lunghezza tunica cm. 90; lunghezza calzoni cm. 52; vita calzoni cm. 76 Costume da bagno femminile in quattro pezzi: tunichetta, calzoni, cintura e berretto. I capi sono realizzati in raso azzurro e tela bianca di cotone. Di linea leggermente svasata, la tunichetta presenta scollo quadrato e spallini chiusi da cinque bottoni in madreperla. Sia lo scollo che i girospalla sono sottolineati da una bordura di tela bianca. In bianco sono rifiniti anche gli orli, smerlati, della tunichetta. I calzoni, di taglio diritto, sono muniti di elastico in vita e ornati, agli orli, da una bordura bianca. Una semplice cinturina in raso azzurro e tela bianca, chiusa da un automatico di ottone e un bottone di madreperla, rimborsava la tunichetta, provvista di due passanti sui fianchi. Il berretto, a spicchi bianchi e azzurri, è rifinito, sulla sommità, da un bottone rivestito in raso azzurro. Lo stato di conservazione è nel complesso molto buono, malgrado il rasatello azzurro sia stinto. Al completo è abbinata una borsa da spiaggia cilindrica in paglia e pelle. La datazione al periodo indicato è confermata da cartoline dell'epoca. RS

Costume da bagno femminile Italia, 1935 - 40 ca. Misure: lunghezza cm. 77, vita cm. 60 Costume da bagno femminile intero in maglina di lana rossa. La lavorazione, a costine fittissime nella parte inferiore, si dilata in alto a formare coste caratterizzate dall'impiego di diversi punti decorativi. Scollo anteriormente diritto e profondo sul dorso, dove è profilato da bordure in maglia rasata. Queste, attraversato un anello di metallo, proseguono a formare bretelline che si agganciano agli spallini anteriori, anch'essi in maglia rasata. Tali spallini, doppi, si agganciano in un anello metallico e si richiudono su se stessi mediante bottoncini rossi. Etichetta triangolare grigia con due rondini, una bianca ed una nera. Lo stato di conservazione è ottimo. Il capo in esame si colloca in una fase avanzata degli anni Trenta del XX secolo per la realizzazione in un pezzo unico, mentre la moda degli anni Venti e primi anni Trenta era caratterizzata da costumi in due pezzi. Riscontri su figurini del periodo giustificano la datazione proposta. RS

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S c a r Scarpe pe

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Scarpe maschili Italia, 1920 - 30 ca. Misure (da sinistra a destra): lunghezza cm. 31, tacco cm. 2; lunghezza cm. 29, tacco cm. 2,5 Il primo paio, da giorno, è realizzato in tela di cotone color avorio e in pelle di colore naturale. Chiusura mediante lacci di cotone. Rivestimento interno in tela di cotone bianca. Suola e tacchi sono stati risuolati in vibram. Stato di conservazione: mediocre. Il secondo paio, da sera, presenta una linea accollata ed è realizzato in pelle nera lucida e scamosciata. Chiusura mediante tre bottoncini fasciati. Rivestimento interno in pelle e diagonale di cotone avorio. Suola e tacchi in cuoio con impresso un marchio non bene leggibile, forse "Castiglion". Stato di conservazione: discreto. RS Serie di stivaletti femminili Trieste, inizi XX sec.

Misure: lunghezza cm. 24, tacco cm. 7,5, altezza (tacco escluso) cm. 19 lunghezza cm. 24, tacco cm. 4, altezza (tacco escluso) cm. 16 lunghezza cm. 26, tacco cm. 4, altezza (tacco escluso) cm. 21,5 lunghezza cm. 25, tacco cm. 5,5, altezza (tacco escluso) cm. 14

Serie di quattro paia di stivaletti femminili, realizzati in vari tipi di pellami, chiusi da lacci passanti entro coppie di occhielli con ribattini metallici. Un paio, in pelle di colore naturale foderata in diagonale di cotone bianco, è caratterizzato da alti tacchi a rocchetto. Un secondo paio, realizzato negli stessi materiali, è dotato di punta affusolata e bassi tacchi diritti. Un terzo paio, in pelle nera e velluto tagliato unito di cotone marrone, è foderato in pesante flanella di cotone che denota una destinazione d'uso invernale. I tacchi, di modesta altezza, presentano un accenno di linea a rocchetto. L'ultimo paio, in pelle nera foderata in diagonale di cotone e raso duchesse celeste, presentano una linea estremamente affusolata e tacchi a rocchetto. Come nei casi precedenti, non c'è alcun marchio che indichi il nome della calzoleria, ma sul raso azzurro che borda la fodera interna sono impressi dei marchi in rosso: sotto un'aquila bicipite c'è la scritta "Ière Qualité". Ai lati, due marchi circolari abbinati sono racchiusi dalla scritta "Medaille d'or/Paris 1900". RS


Scarpe da sposa in raso avorio Trieste, 1885 - 95 ca. Misure: lunghezza cm. 24, tacco cm. 5,5 Scarpe da sposa dalla linea affusolata e dal tacco a rocchetto. Tomaia e rivestimento del tacco sono in raso duchesse (ordito in seta e trama in cotone) di colore avorio; in raso sono anche i piatti fiocchi pieghettati che ornano sia lo scollo che il cinturino delle scarpe. La fodera interna è in tela di cotone e pelle di capretto, in capretto è anche il sottopiede. Tacco e suola di cuoio, con impresso il numero 37. Lo stato di conservazione è mediocre, a causa di diffuse lacerazioni del raso. RS Gruppo di portabouquet Parigi? Vienna? XIX sec. Misure (da sinistra a destra): cm. 13,5; 14 e 13,5 Si tratta di tre portabouquet con fusto in madreperla o pasta vitrea, cui si salda un'intelaiatura in ottone o metallo dorato stampato, destinata a rinserrare il manico del mazzolino. Tutti gli esemplari sono muniti di catenina con spillone, con il quale potevano essere assicurati alle vesti. Uno di essi, quello con il motivo di piume, è dotato anche di una catenella con anello finale, che consentiva di tenere il bouquet appeso al dito. I due altri esemplari erano invece originariamente entrambi provvisti di specchietto; soltanto uno di essi lo conserva tuttora. Il portabouquet era un oggetto molto usato nella moda ottocentesca, particolarmente come complemento delle tenute da sera: era infatti un vezzo romantico adornarsi con un mazzolino di fiori. RS Fiori d'arancio in cera Trieste? Gorizia? XIX sec. Misure: cm. 22 ca. Coroncina da sposa composta da due diversi tralci di fiori d'arancio in cera. Steli in sottile filo di ferro avvolto in filo di seta verde (2 capi, 'S') o in tela rada di cotone dello stesso colore, boccioli e fiori in cera, foglie in tela di cotone cerata. Caratteristici ornamenti della sposa, i fiori d'arancio o mirto in cera venivano spesso fabbricati entro le mura dei conventi.

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Pantofole femminili e maschili Vienna, inizi XX sec. Misure (da sinistra a destra): lunghezza cm. 30; lunghezza cm. 24,5 Le pantofole femminili sono confezionate in tessuto operato di seta avorio e argento laminato, forse un lampasso, non visibile a rovescio. L'opera disegna motivi di grandi farfalle stilizzate (modulo non rilevabile) nello stile della Secessione viennese. Le pantofole sono ornate da un pompon di seta artificiale lilla. Foderate in tela di cotone bianca, sono dotate di suola in pelle scamosciata. Le pantofole maschili, in pelle nera profilata in bordeaux, sono alte davanti e chiuse sul tallone. Lo stato di conservazione degli esemplari esaminati è ottimo. Entrambi sono prodotti di grande pregio, testimoni di una raffinata cultura del vestire. Particolare interesse rivestono le pantofole femminili, collocabili nell'ambito della Secessione viennese. RS Ghette Trieste, 1930 - 37

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Ghette nere Misure: cm. 23,5 x 14 ca. Ghette in panno nero bordate interamente in pelle nera, cinturino in pelle nera rivestito in panno. La chiusura, laterale, è formata da 5 asole e altrettanti bottoni, di cui uno solo nero è l'originale, mentre gli altri, in color marrone, sono stati aggiunti successivamente. Condizioni: buone. Ghette beige Misure: cm. 22,5 x 13 ca. Ghette in panno beige bordate da una tela di cotone plasticata simile al cinturino sottostante. Apertura laterale formata da asole con 4 bottoncini color marrone chiaro; all' interno un timbro rettangolare a inchiostro reca i numeri: “28 - 9 - 42“. Condizioni: qualche buco formato dalle tarme.

Libro Misure: cm. 13 x 18,5 Giovanotti con le ghette Romanzo umoristico inglese 1937 Autore: P.G. Wodehouse Casa Editrice Bietti Milano MV

Ghette grigie Misure: cm. 24 x 13 ca. Ghette in panno grigio con bordi impunturati e fascia elastica nera. Chiusura laterale con 4 bottoncini neri in materiale plastico. All'interno etichetta “Arbiter 28 - 9 - 42“. Condizioni: buone. MV


Gruppo di galosce Maribor, primo quarto XX sec. Italia, primo quarto XX sec. Misure (da sinistra a destra): lunghezza cm. 24, tacco cm. 3,5; lunghezza cm. 25, tacco cm. 4; lunghezza cm. 29, tacco cm. 1. Galosce in gomma rossa a imitazione di scaglie, profilate e suolate con gomma zigrinata nera. Si chiudono mediante cinturino con passante, chiuso da un bottoncino bianco. Sul sottopiede, rivestito in tela di cotone bianca, c'è impresso un marchietto in rosso con le scritte "Marburg/Phoenix/1856". Segue il numero 38. Galosce femminili in gomma nera stampata tipo “rettile”. Galosce maschili di gomma nera con alta linguetta e rivestimento interno in maglina di cotone marrone. Suola in gomma zigrinata con impressi un piccolo aeroplano ed il marchio "Marca Aeroplano". Manico di ombrello in ambra rossa, lungo cm. 12, databile agli anni Trenta del Novecento per la forma geometrica. RS

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Scarpe femminili ricamate Svizzera, 1920 - 25 ca. Misure: lunghezza cm. 22; tacco cm. 5,5 Paio di scarpe in pelle di vitello nera con cinturino e tacchi a rocchetto. I bordi della tomaia ed il cinturino sono ornati da un vivace ricamo a punto catenella nei colori viola, azzurro e rosso. Tale ricamo, che descrive un motivo di onde, è realizzato in seta (3 capi, ‘Z’). Il cinturino è ornato da una fibbia in perline di marcassite, che nasconde un inserto di elastico. Fodera e sottopiede in pelle di capretto nera con impressi in oro il marchio circolare della ditta Bally con la dicitura "Importé de Suisse"; compare inoltre la scritta: "Bally/Marque déposée". Suola e tacco in cuoio; sulla suola è impressa la scritta "Bally"/Importé de Suisse. Seguono i numeri 3-/3. Le scarpe in esame sono appartenute a Marion Wulz, della celebre famiglia di fotografi triestini. RS


Pizzi, fiori ed ed altro Pizzi, altro fiori Scialle di merletto Francia (Lione?), 1860 ca. Misure: lunghezza cm. 130, larghezza cm. 250 Scialle di merletto meccanico "Pusher" di lana nera (2 capi, 'S'), a imitazione "Chantilly". Su un fondo di tulle semplice, tipo bobbinet, si snodano i motivi, realizzati nei punti grillé e gelosia e profilati da un doppio filo di contorno (2 capi, 'S'), ricamato a punto filza in un secondo tempo. La decorazione sviluppa il tema floreale, che nella campitura centrale assume la forma di mazzi di rose e fiorellini stilizzati; in tali mazzi, alle corolle si alternano foglie lobate, lanceolate e palmate. Nei due ranghi inferiori, separati da bande longitudinali, il tema floreale prende la forma rispettivamente di tralci e medaglioni. I bordi sono smerlati e rifiniti da una bordura di picot preconfezionati. Lo stato di conservazione è ottimo. Gli scialli "Chantilly", sia quelli originali che le loro riproduzioni meccaniche, furono molto amati intorno alla metà dell'Ottocento, nel periodo del trionfo della crinolina. Questa ebbe il suo massimo splendore negli anni Sessanta, epoca a cui si ritiene databile il pezzo in esame, date le sue grandi dimensioni. Grazie all'introduzione del sistema Jacquard, la "Pusher" fu in grado di imitare gli "Chantilly" alla perfezione: caratteristici erano il fondo diagonale-trasversale, i motivi a grillé, il filo di contorno ricamato successivamente, così come in un secondo momento venivano applicati anche i picot. RS

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Collo con volant plissettato Trieste? Inizi XX sec. Misure: lunghezza anteriore cm. 70, posteriore cm. 33 Collo di fettuccia nera in seta artificiale, disposta a formare un merletto del tipo detto "Rinascimento", cui è applicato un volant in voile di seta in tinta, minutamente plissettato. La fettuccia, a treccine con incroci traforati centrali, potrebbe essere di produzione meccanica (macchina a fuselli). Le campiture delle volute formate dalla fettuccia sono riempite da radi motivi ad ago in filato di cotone nero (2 capi, 'S'). Lo stato di conservazione è buono, malgrado qualche lacerazione del voile. RS


Campionario di merletti meccanici Vienna? Inizi XX sec. Misure: cm. 29 x 18,5 Campionario di merletti meccanici "Leavers" di cotone (3 capi, 'S', nero o bianco). Copertine in carta stampata marrone a imitazione coccodrillo; trentasei fogli di carta lilla incollati a fisarmonica, con merletti applicati solo su un lato. Ad ogni pizzo è incollato un rettangolo di carta con il rispettivo codice. Alcuni pizzi bianchi hanno un ulteriore bollino con la dicitura "nur weiss" (solo bianco). Di ogni tipo di merletto sono offerte dalle cinque alle dieci versioni, che includono tramezzi e bordure smerlate di varie altezze e crescente complessità del motivo. I motivi, sempre floreali, sono trattati sia secondo schemi convenzionali che secondo stilemi rinnovati, che si avvantaggiavano dell'apporto creativo del design applicato alla produzione industriale. Macchina duttile, la "Leavers" ben si prestava a replicare tecniche manuali, come il filet ricamato ed il tombolo ("Valenciennes" a maglie tonde e a maglie quadre, "Malines"). RS

Bottoni Trieste, metà XIX - primo quarto XX sec. Campionario di bottoni eseguiti con diversi materiali: pasta di vetro, metallo stampato, porcellana con decalcomania, acciaio sfaccettato, metallo dorato e metallo a smalti. MV

Balza di merletto blu Vienna? Primo quarto XX sec. Misure: cm. 24,5 x 160 Balza di merletto meccanico "Leavers" in seta blu (più capi, s.t.a.). Fondo a maglie asimmetriche; verso il bordo festonato si addensano motivi vegetali stilizzati a grande modulo (cm 11,5 x 15), con tralci di fiori, bacche e foglie dal movimento sinuoso. Il bordo segue un profilo festonato, con finti "picot": entro una banda a maglie più fitte rispetto al resto del fondo si susseguono cerchietti traforati. RS

Bottoni Trieste, 1920 - 1940 Campionario di bottoni eseguiti con materiali diversi: resina, perline; alcuni a forma di maschera, altri con lettere dell'alfabeto, altri ancora con figure di bambini o con forme di sacchi (zucchero - caffè) ed alcuni a forma di cilindro. MV

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Scatola negozio Trieste, 1885 - 1940 Scatola originale della Modisteria Semo contenente: nastri, fiori, velette, pizzi, spilloni; materiali usati per il confezionamento di cappelli. Condizioni: scatola dipinta nel corso degli anni; contenuto in ottimo stato di conservazione. MV

Campionario fiori Trieste, 1885 - 1940 Campionario di fiori della Modisteria Semo, materiali diversi per l'esecuzione dei fiori: nastri di taffetas, velluti , tele rade cerate, tele con oro filato; alcuni recano ancora l'etichetta originale della Ditta fabbricante, aziende parigine, napoletane, alcuni fiori sono solamente con il marchio della ditta Semo. Condizioni: ottimo stato di conservazione. MV


Puntaspilli, copertine e taccuino ricamati Trieste, XIX sec. Misure: cm. 19 x 8; 14 x 9, 14 x 9; 13 x 10 Il puntaspilli, a forma di cornetto rosso imbottito, è realizzato in tela di cotone rossa ricamata a motivi floreali in conterie; perline di vetro profilano l'intero cornetto, fissato ad un cordone di cotone rosso e arancione. Le due copertine, presumibilmente destinate ad un libricino o ad un notes, sono interamente ricamate, sulla base di un canovaccio, a motivi floreali in conterie, con un limitato apporto di ciniglia di seta. I motivi variano leggermente da un esemplare all'altro. Il retro dei ricami non è visibile. Le cornici, in metallo dorato stampato, presentano tralci di rose e cartigli intrecciati sinuosamente. Il taccuino, in pelle bordeaux foderata in raso duchesse di colore avorio, presenta due tasche interne, ciascuna delle quali è ricoperta da un prezioso lavoro manuale. Su un fondo di taffetas di seta rosa si staglia una complessa figurazione in laminette di materiale corneo bianco, forse carta pecora, e oro laminato. Sullo sfondo di tre cipressi si stagliano un albero frondoso e una colonna spezzata avvolta da un rampicante. Semiricoperto da un cespuglio di rose, un cartiglio reca punzonata la data "1826". La tasca racchiude un quadernino foderato in raso. Sull'altra tasca vi è un ricamo a piccolo punto in filati di seta (2 capi, 'S') policromi. Entro una ghirlanda di fiori compaiono le iniziali "I.S.". Il taccuino si chiude facendo passare una piccola matita entro quattro cilindretti di pelle. Più che l'ingegnoso sistema di chiusura, interessano qui i due lavori che ornano il taccuino, ed in particolare il primo, in linea con il gusto sepolcrale romantico. La colonna spezzata allude infatti quasi certamente ad una persona estinta, indizio rafforzato dalla presenza dei cipressi sullo sfondo. RS

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Campionario di merletti a fuselli Trieste, 1912 Misure: cm. 31,5 x 24,5 Album con copertina marrone e interno formato da dieci fogli di cartoncino rivestito di carta lucida nera, uniti a fisarmonica. Sulla copertina, una etichetta riporta stampata la dicitura "I.R. Scuola Industriale - Trieste. Scuola di Ricamo e Merletti". Seguono ulteriori informazioni: "Corso: I", "Anno scolastico: 1912", "Allieva: Maria Pellarin". Sui fogli interni sono stati applicati dei campioni di merletto a fuselli, in filato di cotone (3 capi, ‘S’, avorio o verde oliva), a partire dalle lavorazioni più semplici, come treccine e fettucce, oppure vari tipi di fondi, per arrivare a elaborati merletti a nastrino continuo, oppure a fili continui a base di treccine, armellette e punto tela. I motivi decorativi devono di più al repertorio tradizionale che non ai disegnatori viennesi di punta di inizi Novecento. RS Imparaticcio Trieste, 1890 Misure: cm. 46 x 19 Imparaticcio in tela di lino e filato da ricamo (cotone, 4 capi, ‘S’, rosso). L'imparaticcio, profilato da cappe a punto festone, si suddivide in tre riquadri incorniciati a punto incrociato. Quello superiore racchiude prove di rammendo, quello centrale la scritta "Malabotich/Cornelia/1890" a punto croce, quello inferiore l'applicazione di un tassello in tessuto uguale al fondo. Nell'educazione femminile l'apprendimento delle tecniche di rammendo e sostituzione di lembi di tessuto usurati era altrettanto importante dell'apprendimento dei punti di ricamo: quella del rammendo invisibile era considerata un'arte. RS


Portafazzoletti Trieste, fine XIX - inizi XX sec. Misure (da sinistra a destra): cm. 25 x 24; 24,5 x 24 Il primo portafazzoletti, in raso duchesse, di colore bordeaux all'esterno e rosso all'interno, è profilato da un cordone di cotone, che in prossimità degli angoli forma tre anelli. Sulla tonalità brillante dello sfondo spicca un tralcio di margherite annodate da un fiocco, ricamato in sete policrome (2 capi, 'S') nei punti raso, erba e nodini. Interno imbottito in cotone. Il secondo portafazzoletti, in taffetas di seta rosa trapuntato, si apre a libro ed è rivestito da una "copertina" di batista di cotone color avorio. Sul lato visibile, questa è profilata da un basso merletto a fuselli a fili continui con motivi a punto tela e treccine. Tale bordura racchiude una ricca lavorazione in ricamo a intaglio e ago. Dalla tela sono stati ritagliati un quadrato centrale e otto triangoli esterni; sulle campiture così ricavate si snodano motivi di tralci di edera ad ago su fondo di barrette. Gli stessi motivi sono ripresi da un ricamo (cotone, 4 capi, 'S', avorio) nei punti pieno ed erba, tagliato e sfilato con retine ad ago. RS

Asciugamani Trieste, fine XIX - inizio XX sec. Assortimento di asciugamani in lino ricamati con filati di cotone rosso-blu-giallo-grigio; fiandre operate e frangiate. Condizioni: perfette Bibliografia: D. Davanzo Poli (a cura di), C’era una volta il corredo da sposa, catalogo della mostra, Burano 1987, p. 186 MV

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78 Cuscino Trieste, 1928 Misure: cm. 41 x 35 ca. Base ovale ricamata a punto croce in seta policroma, intorno un velluto di epoca successiva. La base, come descrive il giornale da cui è stato ricavato il modello, spiega che “l'ovale può andar bene per base di cuscino, per centro da tavolino da lavoro oblungo, per posapiedi, scaldapiedi, cuscino da terra, a completare un vuoto inestetico, in un punto qualsiasi del salottino, o ad illuminare, col sorriso delle tante vaghe tinte, un cantuccio appartato e buio, ove si lavora, si scrive, si riposa a proprio agio: senza contare che si avrebbe un oggetto non da rispettare soverchiamente e perciò pratico, veramente utile”. Condizioni: buone. MV Giornale “Mani di fata”, 1 gennaio 1928 Misure: cm. 43 x 32 Giornale di ricami in bianco, colori, pirografia, pittura, biancheria, con disegni di grandezza naturale. MV


B o r s e Borsette tte Due portareliquie e una chiusura Trieste, primo quarto del XIX sec. Misure: cm. 5,5 x 10 ca. Portareliquie in velluto tagliato unito rosso amaranto, 1° ordito in seta grigio, 2° ordito di pelo, seta rossa; trama seta verde ; chiusura a scatto in ottone con fregio decorativo su un lato; cordonetto annodato terminante con palline lignee (una mancante) rivestite con fili di seta rossa. Fodera sfilacciata, si intravedono solo i fili di ordito di cotone grigio (2 capi, torsione ‘Z’). Condizioni: discrete, velluto consunto. Misure: cm. 10 x 18 ca. Borsellino a forma di scudo in taffetas color avorio. Su un lato una coppa biansata ricamata con sete azzurre/blu e oro e argento lamellare su anima di seta avorio e gialla, fiore e boccioli e fogliame ricamati in sete policrome; al centro del fiore due paillette di metallo dorato contornate da spirali argentee; sul lato opposto un albero fiorito con uccellino ricamato in sete policrome; cornice esterna a volute in argento lamellare su anima di seta color avorio. Apertura a scatto, all'interno fodera di taffetas con ordito di seta beige/blu e trame di seta beige/rosa. Condizioni: buone. Misure: cm. 6 x 2 ca. Chiusura a scatto in metallo (ottone) Su entrambi i lati motivi di trifoglio a sbalzo e una piccola maniglia a forma di goccia. MV

Borsetta Francia? Fine XIX sec. Misure: cm. 16 x 12 Borsa in tessuto lavorato ad arazzo in sete policrome ed argento riant laminato. Recto e verso si presentano come "variazioni sul tema". Entrambe le facce presentano infatti volute e motivi vegetali stilizzati, con fiori quadrilobati e foglie lanceolate, su un fondo rispettivamente rosso o azzurro. In entrambi i casi i motivi sono sottolineati qua e là da ricami in filati di cotone e seta (anche ciniglia) nei punti piatto, erba, catenella. Manico formato da cordone in argento dorato filato su anima di seta gialla. Esemplari molto affini a quello in esame sono pubblicati in M. Cuoghi Costantini, Tessuti e costumi della Galleria Parmiggiani, Bologna 1994, pp. 106-107 e T. Campailla Felloni e Donata Hauser Irneri, Investire in... borsa tra lo chic e lo shock, Trieste 1998, p. 13. RS

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Borsetta Trieste, 1825 Misure: cm. 20 x 13 ca. Borsetta a sacchetto in maglina tubolare di cotone marrone con ricami di perline policrome. La borsetta è suddivisa in tre fasce di ricami. La parte superiore è composta da un'ara di perline bianche con la scritta “ANDENKEN“ in perline ocra/nere, contornata alla base da fiori policromi; una seconda ghirlanda floreale policroma con un prato; vaso con pianta e bacche rosse, sopra a questo in perline bianche la scritta “IOHANN. F M.L. 1825.“; infine una lira decorata con fiori policromi e nastro di perline azzurre/blu. La parte centrale è formata da fogliame e rose ricamate sui due lati. Nella parte inferiore un motivo di ricamo a raggiera con perline bianche/oro/azzurre, terminante con una nappa di cotone marrone (2 capi, torsione ‘S’). Un bordo fatto all'uncinetto con filo delimita la borsetta, mancante di manico e di fodera. Stato di conservazione: discreto, qualche rammendo. MV


Borsetta Trieste, primo quarto del XIX sec. Misure: cm. 16 x 19 Borsetta a sacca in taffetas viola, di forma cilindrica, costituita da due teli uniti da un cordoncino intrecciato di fili di seta gialla, che bordano anche la parte inferiore e la superiore, formando su queste dei piccoli picot. Un ricamo floreale in sete policrome a punto erba e punto raso su un lato; sull' altro lato un roseto con busto di dea alata recante in mano una tavola con la scritta “GRATITUDINE” con i medesimi punti. Nella parte circolare del fondo borsa, troviamo ricamate delle iniziali “LB“ formate da piccolissimi fiori e foglie e sopra alla barra della lettera B un ulteriore ricamo recante il cognome “BRUCHER“. Un cordonetto di seta gialla che funge da manico passa attraverso 12 asole vicine al bordo. Fodera: taffetas beige-verde. Condizione: buone. MV

Gruppo di portamonete Trieste, 1870 - 80 ca. (dall’alto in basso) Misure: cm. 49 x 6 ca. Portamonete rettangolare in seta bianca/rossa/verde lavorato all'uncinetto, al centro presenta un' apertura regolabile da due anelli di metallo sfaccettato, agli estremi su un lato nappa lignea rivestita di seta marrone/beige/verde e frange di fili di seta dello stesso colore; sul lato opposto frange doppie di perline rosse e perline in acciaio sfaccettato. Stato di conservazione: buono Misure: cm. 25 x 4 ca. Portamonete rettangolare in cotone (2 capi, torsione ‘Z’) rosa salmone/verde, lavorato all'uncinetto; apertura centrale con anelli di metallo che regolano la chiusura, alle estremità un bottone sferico di metallo. Stato di conservazione: buono Misure: cm. 31 x 5 ca. Portamonete rettangolare in seta verde scuro, apertura centrale, mancante di anelli regolabili, alle estremità frange di perline in acciaio sfaccettato. Stato di conservazione: buono (mancante di anelli). MV

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Borsellino con binocolo da teatro Trieste? XIX sec. (ultimo quarto) Misure: cm. 15 x 14; 5,5 x 10 Borsellino a sacca in velluto tagliato unito di seta e cotone di colore blu turchese. Chiusura mediante cordoncino di seta in tinta passante entro coulisse. La fodera, in diagonale di seta stampata, non è quella originale. La parte sottostante del borsellino, dotata di cerniere in ottone, si apre e rivela la custodia del binocolo, con interno in gros de Tours marezzato di seta avorio. Il fondo della parte superiore è ricamato con motivi di non-ti-scordardi-me e violette in sete policrome nei punti raso, piatto, erba. Al centro vi sono le iniziali "BC" ricamate in canutiglia dorata su anima di seta gialla. Il binocolo è realizzato in madreperla, metallo argentato e ottone. Lo stato di conservazione è buono. RS

Borsette da sposa Trieste, fine XIX - inizi XX sec. Misure: cm. 27,5 x 16 (nappine escluse); cm. 18 x 13 Coppia di borsette da sposa in raso duchesse (di seta e cotone) avorio, in forma di sacchetti rettangolari e piatti. Il primo sacchetto è profilato da un cordone di seta avorio su anima di cotone. Lo stesso cordone, ornato alle estremità da nappine in seta (2 capi, 'Z', avorio), forma la chiusura del sacchetto. Due nappine dello stesso tipo ornano la parte inferiore della borsa. La parte anteriore presenta un cestino di margherite e non-ti-scordar-di-me, ricamato in sete policrome (più capi, 'S') nei punti piatto, erba, nodini, cordoncino. Fodera in tela rada di cotone. Il secondo sacchetto, profilato da una ruche in organza di seta avorio, è ornato da un cespo di margheritine dipinte a tempera. In alcuni punti, sulla pellicola pittorica sono state incollate minuscole sferette di vetro colorato, che creano un effetto iridescente. Con la stessa tecnica sono state realizzate le iniziali "VD". In generale non è chiara la natura delle borsette da sposa, di cui né figurini di moda né galatei fanno espressa menzione. E' probabile però che i sacchetti di piccolo formato, come nel caso dei due esemplari in esame, venissero impiegati come bomboniere. RS


Borsette in perline Trieste, 1930 ca. Misure (da sinistra a destra): cm. 16,5 x 19; 16,5 x 20; 15 x 21 I due modelli (a telaio artigianale) con perline di base trasparenti e piccoli motivi stilizzati di perline rosse/oro - azzurre/nere sono due borse a sacca in fase di lavorazione, mancano di fodera, manici, frange e bordino superiore a passanti. La terza con uguale struttura di base, ma con stilizzazioni azzurre era in origine una borsetta finita, nel tempo la fodera è stata asportata, (resta una traccia di fili di seta sparsi sul bordo superiore interno); i manici sono andati perduti e le frange sono in parte mancanti. Si nota che tutti tre i modelli sono molto simili: probabilmente operava nell'area un laboratorio che creava questi articoli, o si può presumere che da disegni di lavori femminili su riviste specializzate si trovassero le istruzioni per poter eseguire il manufatto in casa. I due modelli da finire sono stati acquisiti circa venti anni fa presso una famiglia triestina, il terzo modello mi è stato gentilmente donato dalla Sig.ra Rita Marsi di Muggia. MV

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Gruppo di borsette in perline

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Borsetta con cornucopia Trieste, 1915 ca. Misure: cm. 18 x 23 Borsetta in perline a lavorazione meccanica; su una base di perline blu-cangianti, una cornucopia floreale contornata da otto trifogli spicca su tutta la superficie d' ambo le parti. La cerniera in metallo stampato ha una chiusura con due ghiandine e un manico a catena; frange vitree rifiniscono la borsetta. Fodera: taffetas, ordito di seta fucsia, trama di seta avorio, (qualche rottura); la fodera è cucita sulla cerniera interna e bordata da una passamaneria di oro filato. Condizioni: buone. Borsetta con rose Trieste, 1910 ca. Misure: 15,5 x 17 Borsetta in perline a lavorazione meccanica; su una base di perline blu, si nota un motivo stilizzato verticale con inserimento di rose e fogliame su ambo i lati. La cerniera in metallo stampato ha una chiusura con due palline e un manico a catena. Mancante di fodera. Condizioni: buone. Borsetta rigata Vienna - Trieste, 1920 ca. Misure: cm. 13,5 x 15,5 Borsetta con motivi verticali alternati di perline giallo/oro e floreali. Bordo frangiato e manici in cordonetto in oro filato. Fodera in gros de Tours, ordito di seta turchese, trama di seta color senape. Condizioni: buone. MV


Gruppo di borsette in perline Borsetta viola Trieste, 1910 ca. Misure: cm. 14,5 x 22,5 La borsetta a sacchetto in perline è costituita da una bordura di perline viola; la parte centrale su fondo di perline neutre un motivo floreale policromo, ed infine nella parte inferiore su fondo di perline viola un ulteriore motivo floreale diversificato, terminante con una frangia viola. Il bordino ad uncinetto, con filo di seta grigio, ha tra i passanti un doppio cordonetto intrecciato che funge da manico. Fodera: una tela di lino (ordito bianco - trama avorio - 2 capi, torsione “S”) costituisce un rinforzo per la borsetta che è foderata con un gros de Tours (ordito di cotone color avorio - 2 capi, torsione “S” - trama di seta azzurra ormai ingrigita). Condizioni: buone. Borsetta nera Trieste, 1905 ca. Misure: cm. 12,5 x 20 Borsa a sacca costituita da una base di perline nere e motivi floreali diversificati fra loro per colori e forme. Il bordo di pizzo ad uncinetto di cotone nero (2 capi, torsione “S”) reca tra i passanti un manico in cordonetto nero. La nappa terminale ha una pallina lignea rivestita e frangiata. Fodera in taffetas color fucsia. Condizioni: buone. Bibliografia: “Perle e Impiraperle” catalogo della mostra, Venezia 1990, pag. 100. “Moda a Trieste” catalogo della mostra, Trieste 1986. Borsetta con ghirlanda Trieste, 1910 ca. Misure: cm. 13,5 x 17 Borsetta a sacca eseguita ad uncinetto con cotone di color marrone (2 capi, torsione “S”), perline argentee e motivi floreali policromi; i doppi manici in perline sono eseguiti a telaio, la nappa è costituita da una pallina lignea rivestita prima con filo di cotone marrone (2 capi, torsione ‘S’), poi con perline verdi frangiate. Mancante di fodera. Condizioni: buone. MV

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86 Gruppo di borsette in perline Trieste, primo quarto del XX sec. Borsetta con greca Misure: cm. 16,5 x 25,5 Borsetta a sacca. Su una base di perline nere sono state inserite in orizzontale quattro strisce di due fili di perline blu, tra loro un motivo a greca formato da quattro fili di perline blu. Bordo ad uncinetto in filo di seta, tra i passanti una passamaneria di seta nera forma i doppi manici, nappa in perline blu/nere. Fodera: raso nero. Condizioni: buone. MV Borsetta a rose Misure: cm. 13 x 24,5 Borsetta a sacca in filato di cotone écru (2 capi, torsione ‘S’) ricamata con perline blu; all'interno di queste si trovano in modo simmetrico 12 rose policrome. Bordo ad uncinetto in filo di seta blu scuro, tra i passanti una passamaneria di seta blu forma i doppi manici, nappina mancante. Fodera: raso blu. Condizioni: buone. MV Borsetta con boccioli Misure: cm. 13 x 20 Fasce verticali blu (cm. 4 x 14,5), con motivi di boccioli e fogliame, legate fra loro con incroci di perline blu, formano la borsa a sacca. Bordo ad uncinetto in filo di seta, tra i passanti passamaneria di seta blu forma i doppi manici, nappa formata da due fili di perle. Fodera scucita di raso nero. Condizioni: discrete, qualche filo scucito del ricamo di fondo (cotone, 2 capi, torsione ‘S’). Tutte e tre le borsette hanno la stessa tipologia; anche queste probabilmente, come le precedenti a pag. 79, provengono da un laboratorio artigianale specializzato. MV


Gruppo di borsette in perline Trieste, seconda metà del XIX sec. Borsetta a sacca Misure: cm. 12 x 16 Borsetta a sacca in perline color senape su una base di pizzo ad uncinetto di cotone color senape (2 capi, torsione ‘S’). Manico in cordonetto di seta marrone passante attraverso sei anelli di metallo posti all'interno. Il bordo superiore è frangiato, mentre la parte terminale consta di una pallina fatta ad uncinetto rivestita in perle. Condizioni: buone. MV Borsetta piatta Misure: cm. 10/16 x 12,5 Borsa piatta formata da una base di tela rada di filato sintetico avorio. Ricami a volute di perline madreperlacee; nella parte anteriore una chiusura con piccolo risvolto (con bottone automatico) bordato, come il resto della borsa, con perle grigie; un decoro triangolare sul risvolto ed uno semicircolare sul fondo borsa, formati da perle sferiche madreperlacee, abbelliscono la borsetta. Un piccolo manico cucito in doppio, di cm. 15, unisce gli estremi della stessa. Fodera in taffetas di seta bianca. Condizioni: buone, qualche macchia. MV

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Borsetta triangolare Misure: cm. 10 x 10 Borsetta da sera di forma triangolare in perline grigie, con inserimenti orizzontali di piccoli fiori stilizzati di color giallo/ocra. Manico (cm. 38) a tortiglione, bordo in perline giallo/ocra e nappina frangiata. La fodera in crêpe color avorio ha due taschini arricciati e bordura increspata. Condizioni: buone, fodera con macchie varie tra cui rossetto. MV


Cerniere Trieste, ultimo quarto XIX - primo quarto XX sec. Assortimento di varie cerniere per borsette. Materiali diversi: metallo argentato, dorato, argento. Sulle stesse motivi stampati con scenette romantiche, draghi alati, putti con ghirlande floreali e pietre sintetiche incastonate. Condizioni: buone. MV

Gruppo di borsette a piccolo punto Trieste, 1860 - 1920 ca.

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Borsetta a piccolo punto Trieste, seconda metà del XIX sec. Misure: cm. 16/18 x 15 ca. Borsetta ricamata a piccolo punto, con scenetta romantica su entrambi i lati, incorniciati da volute. Cerniera in metallo (in origine dorata), una lamina di argento con piccoli fregi è incastonata nella cerniera stessa; una ghiandina di onice forma la chiusura, il manico è formato da una catena in metallo di cm. 27, è agganciata alla cerniera con due anelli recanti il punzone: “METALDORE'“. Condizioni: buone. MV


Gruppo di borsette ˆ Borsetta con chatelaine Trieste? 1880 ca. Borsetta nera in velluto tagliato unito di seta e cotone, con rivestimento interno in raso duchesse color bordeaux. Gancio, catenelle e cerniera in ottone, probabilmente in origine argentato. RS Borsetta con bracciale Vienna, 1910 ca. Misure (manico escluso): cm. 16,5 x 14,5 Borsetta in pelle stampata a bande diagonali con motivi di rami di quercia con ghiande disposti in bande diagonali. Chiusura, bracciale e catenelle in metallo argentato. Fodera in raso duchesse con impresso in oro il timbro con nome e indirizzo del negozio ("August Sirk/Wien/Kärtnerstr. 55"). Questo, noto anche con la denominazione "Zum Touristen", è documentato negli anni 1875 - 1929. Molto rinomato, era specializzato in articoli in pelle e bigiotteria. RS

Gruppo di pochette Vienna, 1920 - 30 ca. Misure: cm. 21 x 11,5 e 21,5 x 13 Due coppie di pochette rettangolari. Le prime due sono realizzate in raso operato di cotone e seta artificiale, con rovescio non visibile. L'interno è rivestito in taffetas di seta artificiale color avorio, in cui lo spessore della trama crea un effetto di gros marezzato. Sono provviste di specchietto rettangolare e taschino interno. Chiusura mediante automatico in ottone. Le altre due pochette sono confezionate in tessuto operato di cotone, seta artificiale e metallo dorato laminato, non visibile a rovescio, in cui il decoro è formato da trame che slegano da un raso di fondo. Lo stesso tessuto è presente in due versioni di colore: rosso e oro; turchese e oro. Le bustine sono foderate in cannellato irregolare di seta artificiale e cotone avorio. Una di esse è dotata di specchietto rettangolare interno, mentre l'altra, pur in origine provvistane, non lo ha più. Chiusura mediante automatico in ottone. Lo stato di conservazione di tutti i pezzi esaminati è buono, malgrado i colori delle porzioni esterne siano leggermente stinti. Le pochette in esame rientravano tra gli articoli in vendita sulle navi da crociera in partenza da Trieste. RS

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Gruppo di borsette Trieste? 1920 - 30 ca. Misure (manico escluso, da sinistra a destra): cm. 14 x 17; diametro cm. 15; cm. 12,5 x 20,5 La prima borsetta, nera, in raso di seta artificiale e gros di cotone e seta artificiale, si caratterizza per la fitta pieghettatura. La chiusura è ornata da un pomello tempestato di strass; una rosetta di strass orna anche una linguetta sulla parte anteriore della borsa. Manico in raso; fodera in taffetas di seta artificiale. La seconda borsetta, di forma cilindrica, è realizzata in gros o taffetas a trama doppia di seta. Sulla parte anteriore presenta un ricamo in perline di marcassite sfaccettate che descrivono un motivo floreale stilizzato. Lungo cinturino di stoffa; fodera in raso di cotone nero operato a motivi stilizzati per slegatura della trama di fondo in argento laminato. La terza borsetta, in taffetas di seta artificiale nera, presenta una forma semicircolare ed è ornata da un ricamo in conterie e cannette di vetro in tinta. La chiusura consta di un pomello rivestito da fili di conterie. Manico in tessuto e interno, con taschino e specchietto rettangolare, in taffetas di seta artificiale color avorio. Bibliografia: Moda a Trieste, catalogo della mostra, Trieste 1986. RS


Gruppo di borsette Vienna? 1920 - 30 ca. Misure (manico escluso, da sinistra a destra): cm. 20,5 x 27; 20 x 20; 20,5 x 22 La prima borsetta, in gros de Tours o taffetas a trama doppia in seta artificiale e cotone, ha una chiusura in resina che forma motivi di fiori e cardi. Manico in tessuto; interno, con taschino, in damasco bicolore di seta artificiale e cotone. La seconda borsetta, in tela di cotone stampata a motivi di uccelli su rami, è dotata di manico in tessuto e chiusura in celluloide con motivi di volute e cammeo con profilo femminile. La terza borsetta, in raso di cotone operato, con trame in seta artificiale che creano motivi astratti nelle tonalità del rosso e del grigio e un ordito supplementare che contribuisce a formare il decoro, ha una pregiata chiusura in legno intagliato policromo, con motivi tratti dal repertorio vegetale e animale: fiori, foglie, chiocciole, farfalle. Manico in tessuto; interno in tela di cotone e seta artificiale stampata a roselline, con taschino e specchietto ovale. Lo stato di conservazione dei pezzi esaminati è molto buono. RS

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Serie di trousse Trieste, 1930 - 35 Assortimento di varie trousse (piccole borsette contenenti: pettine, specchio, portacipria), eseguite con materiali diversi: bachelite ad imitazione dell'avorio, ferro smaltato nero, ferro smaltato a pelle di serpente, pelle naturale e colorata, legno. Di questo tipo di borse in voga in quegli anni, i modelli erano dei pi첫 diversi ed i materiali i pi첫 strani, troviamo quelli in pelle di coccodrillo, serpente, tartaruga (anche se alcuni di questi erano in bachelite venivano tutti classificati come tartaruga), e qualcuno era addirittura in argento massiccio. Condizioni: buone su tutti i modelli. MV


Borsetta da sera Trieste, 1930 ca. Misure: cm. 9 x 13 x 11,5 ca. manici cm. 28 x 1 ca. scatola con coperchio cm. 15 x 12 ca. Borsetta in pelle scamosciata nera, stampata in oro con motivo di pizzo. Di forma a sacchetto, ha una chiusura in metallo dorato e due manici in pelle scamosciata nera. Nella sua scatola originale di cartone, rivestita con carta a gigli rossi, su un lato si trova un'etichetta bianca con la scritta: “A.L.B.A. N 953 (scritto a matita) Art. PIZZO (scritto a matita) Colore FP (scritto a matita)�. Condizioni: buone. MV

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Trousse con "fasci" laterali Italia, 1935 ca. Misure: cm. 17 x 23,5 Trousse in pelle nera, delimitata ai lati da due "fasci" di legno rivestiti in pelle goffrata e rifiniti alle due estremità da cilindri di metallo argentato. Interno a due scomparti foderato in gros di seta artificiale grigia, con vari taschini interni, di cui uno chiuso da robusta cerniera-lampo. Piatto cinturino posteriore con fibbia metallica. Lo stato di conservazione è buono. La borsa in esame è verosimilmente un prodotto "autarchico" degli anni Trenta, come indicherebbero la semplicità del modello e l'impiego di un pellame piuttosto rigido e grossolano. Alla datazione concorrono anche i due elementi cilindrici laterali, che alludono velatamente a dei "fasci". RS

Gruppo di borsette Trieste, 1940 ca. Forme diverse per le borsette in pelle nera, marrone e verde, tipiche degli anni ‘40. Condizioni: buone. MV


La curatrice desidera ringraziare: Lazzero Ricciotti Doretta Davanzo Poli Piero Del Bello Raffaella Sgubin Per il progetto: Mirjana Dragovich Per i pannelli decorativi: Giulia Zuccheri Per il materiale cartellonistico: Piero Del Bello Bruna Pompei Per le divise: Associazione Amici delle Dolomiti Sergio Zerial Per alcuni pregevoli elementi espositivi: Dott. Giovanni Allotta (nipote di Gianni Stuparich) Famiglia Bandelli Marta e Franca Kobez Roberto Lenardon Per le decorazioni pittoriche: Giulia Zuccheri Maria Luisa Moro Samantha Verchi Per alcuni elementi scenici: la compagnia ex-allievi del Toti Per la collaborazione all’allestimento delle vetrine: Claudio Ugo Per le fotografie: Stefano Grasso Per lo studio fotografico: Foto Pozzar Per la realizzazione grafica: RHA Design Per gli addobbi floreali: negozio “Piazza di Spagna” (Trieste) Per i manichini: Diana e Sandro (Monfalcone) Sergio Godina Coin (Trieste)

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2000 Prima Edizione Stampato presso le Grafiche Manzanesi




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