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Primo Piano: orso “Strumenti per intervenire in modo immediato, controllo dei numeri e monitoraggio”
La questione della presenza dell’orso è diventata il principale argomento a livello locale, quale è l’opinione tra i suoi cittadini?
Dai miei concittadini, ma anche da buona parte della popolazione residente nelle Giudicarie che è uno dei territori maggiormente interessati dalla presenza dell’orso, percepisco apprensione.
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Dopo il drammatico episodio dell’aggressione mortale di Caldes è apparsa con chiarezza la pericolosità di questi animali. Se prima la preoccupazione c’era ma era tutto sommato velata, oggi è sorta una reale paura nel frequentare certi ambienti di montagna. Non colgo un sentimento semplicemente collegato all’emotività dell’accaduto bensì la consapevolezza che si sia avverato quello che tanti già temevano.
“Prima o poi ci scappa il morto” era il pensiero di molti e purtroppo, con la morte del povero Andrea Papi, abbiamo compreso tutti che questa eventualità si può verificare.
Le popolazioni locali, diversamente da quanto qualcuno sostiene, non hanno mai visto di buon occhio l’introduzione dell’orso e, ora che purtroppo il rischio si è drammaticamente palesato, la paura si è trasformata in rifiuto e rabbia.
È molta la gente che chiede con determinazione di rimuovere tutti gli orsi per risolvere definitivamente il problema e tornare a vivere liberamente il territorio.
In che modo sarà possibile gestire in sicurezza la convivenza tra le attività umane e la presenza dell’orso?
Vista l’impossibilità, sia tecnica che normativa, di rimuovere tutti gli orsi dal territorio trentino, ritengo sia opportuno da parte delle istituzioni trentine chiedere in modo compatto al governo nazionale e alla Comunità Europea di poter intraprendere tre azioni principali:
• la dotazione di strumenti urgenti e agili per intervenire in modo immediato ed incondizionato nelle situazioni pericolose (come ordini di captivazione o abbattimento)
•il contenimento della popolazione degli orsi attraverso un percorso tecnico che preveda, da una parte, la riduzione e, dall’altra, un attento controllo numerico •il monitoraggio costante
Michele Cereghini, sindaco di Pinzolo, si fa portavoce dei primi cittadini giudicariesi.
degli esemplari presenti, in modo particolare quelli che manifestano comportamenti problematici e confidenti.
Credo che l’aspetto importante per poter raggiungere una strategia che metta al primo posto la sicurezza dei nostri cittadini sia la compattezza degli attori. Per avanzare una richiesta efficace di questi strumenti, la visione della politica trentina deve essere univoca e condivisa da tutte le istituzioni, compresi i sindaci e gli interi consigli comunali.
La presenza di grandi carnivori, oltre all’orso ci mettiamo anche il lupo, non rischia di costringere gli allevatori all’abbandono delle moltissime malghe che rappresentano un tassello importante della nostra storia?
L’esposizione degli animali d’allevamento alla presenza dei predatori è probabilmente una delle prime problematiche che si sono presentate nella gestione della convivenza uomoorso. Quanto successo a Caldes ha messo in evidenza difficoltà già note. Troppe volte in passato i disagi degli allevatori di montagna sono rimasti inascoltati o risolti con indennizzi irrispettosi nei confronti dei capi persi.
Negli allevatori quindi la paura è oggi ancora più marcata. La paura, unita alla fatica del lavoro, smorza l’entusiasmo di chi ha fatto questa scelta e le malghe si svuotano, con tutte le conseguenze negative legate alla cura del territorio di montagna.
Anche per dare risposte a loro è quindi opportuna la compattezza della politica. I suggerimenti proposti prima devono essere volti a garantire sicurezza, a ridare libertà ma anche a restituire fiducia agli allevatori.
Che strumenti ha un sindaco su questi temi?
Per la verità i sindaci ad oggi non hanno molti strumenti in mano per intervenire in queste situazioni né tantomeno per modificare l’attuale quadro normativo. Quello che possono fare è una buona comunicazione per mettere il cittadino nelle condizioni di sapere cosa può incontrare nel bosco e come deve comportarsi con gli animali pericolosi. Si tratta comunque di azioni informative e non coercitive.
Certo, il primo cittadino è sempre legittimato a fare ordinanze contingibili ed urgenti per la sicurezza e la sanità pubblica sul territorio comunale, ma sarebbe un’iniziativa poco percorribile e non sarebbe certo la soluzione.
Come detto prima, forse oggi l’unica vera forza e responsabilità in mano al sindaco è quella di fare sistema con tutti gli altri sindaci e con le amministrazioni trentine per addivenire ad una strategia d’insieme che sia risolutiva.
La gente del Trentino occidentale, da molti anni, temeva che prima o poi dovesse accadere qualcosa di grave. Ovviamente si riferiva alla presenza e agli avvistamenti sempre più frequenti dell’orso a seguito dell’immissione di esemplari prelevati dalla regione slovena del Monte Nevoso al confine con la Croazia. Nelle valli attorno all’Adamello e alle Dolomiti di Brenta la presenza dell’orso bruno faceva ancora parte della memoria recente in quanto l’area in questione costituiva l’ultimo territorio del versante italiano delle Alpi abitato dal grande predatore. Figure di valligiani del passato diventate mitiche - Luigi Fantoma da Strembo, «il re di Genova» - erano un simbolo riconosciuto e rispettato. A quei tempi l’autorità statale - l’Imperial-regio governo tirolese - metteva a disposizione cospicue taglie allo scopo di incentivare gli abbattimenti dei predatori ritenuti nocivi. Oltre alla Val di Genova, incuneata fra Adamello e Presanella, e alla valle di Nambrone, gli spazi frequentati dagli ultimi orsi si estendevano alle valli d’Algone, alla val di Tovel, a quella dello Sporeggio. Tali presenze sporadiche, a detta degli anziani del luogo, non costituivano più un grosso problema a causa del numero esiguo di esemplari. Quindi il fattore densità era determinante per una convivenza possibile. I vecchi esemplari, tuttavia, non erano più in grado di riprodursi essendo sopravvissuti soltanto pochissimi maschi. Da qui la decisione del Parco Adamello-Brenta di sperimentare la reintrodu-
Caro direttore, Leggendo i commenti di ricercatori e “divulgatori” sul progetto Life Ursus appare evidente che molti di costoro non hanno letto (od hanno dimenticato) gli stessi documenti sui cui il progetto si basa.
Riguardando adesso il tomo di oltre 200 pagine dell’ente Parco del 2010 `e palese, anche se sgradevole, osservare che l’attacco mortale degli orsi sar`a solo il primo per una serie di errori che mi permetto di illustrare. L’intero modello di Life Ursus `e stato basato sull’idea di ricreare in Trentino il modello dei parchi americani e delle riserve di caccia slovene senza tener conto delle differenze sostanziali.
Cominciamo dai numeri. Affermare che si tratta di un evento unico degli ultimi 150 anni è fuorviante. Il tomo ci ricorda che gli orsi erano di fatto estinti in tutte le Alpi italiane, a partire dal 1800 nelle Alpi orientali e più tardi nelle Alpi centro-occidentali. Ed è quindi “difficile” che un animale praticamente estinto possa uccidere l’uomo, non più di quanto ci possa essere un attacco mortale di dinosauri. Sempre sui numeri, il piano di fattibilità del 1997, confermato nel 2010 dal tomo prevedeva di raggiungere una Minima Popolazione Vitale di 40-60 orsi in un periodo tra i 19 e