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a cura di edited by VINCENZO PAVAN
SOUL OF STONE
testi di texts by FRANCESCO DAL CO JUAN JOSÉ LAHUERTA WERNER OECHSLIN CINO ZUCCHI VINCENZO PAVAN
VERONAFIERE – 50a MARMOMACC International Trade Fair for Stone Design and Technology
Premio Internazionale Architetture di Pietra 2015 – Mostra Verona, 30 settembre-3 ottobre 2015 International Award Architecture in Stone 2015 - Exhibition Verona, September 30th- October 3rd 2015
Curatore Editor Vincenzo Pavan
Organizzato da Organized by
Redazione Editorial staff Laura De Stefano Angelo Bertolazzi Segreteria organizzativa Secretariat Laura De Stefano Maura Argentoni Traduzioni Translations Michael Lake Ginevra Quadrio Curzio
In collaborazione con In collaboration with
Grafica Graphic design Giulia Pellegrini_Micropress Media MD Stampa Print Cortella Poligrafica S.r.l. Ringraziamenti Acknowledgements Antonio Acocella, Francesco Garofalo, Claudio Nardulli Referenze fotografiche Photo credits Damien Aspe pp. 85, 92-93, 96-97, 98, 99 Cemal Emdem pp. 15, 22-23, 24-25, 26-27 Marie-Louise Halpenny pp. 74-75, 78-79, 80 Hufton+Crow pp. 71, 76-77 Thomas Mayer pp. 29, 30 Simon Menges pp. 33, 40-41, 42, 44, 45, 46 Stefan Müller pp. 49, 56, 57, 59, 62, 63 Vincenzo Pavan pp. 103, 117 Ingrid von Kruse pp. 47 Archivio Libera pp. 108, 110, 113, 114-115, 116 L’editore si scusa se, per cause del tutto indipendenti dalla sua volontà, avesse omesso o erroneamente citato qualche fonte. The publisher apologizes if, for reasons entirely beyond his will, he has omitted or wrongly quoted some source. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo catalogo potrà essere riprodotta in qualsiasi forma, sia meccanica che elettronica o altro, senza il permesso scritto degli autori, salvo per quanto necessario ad eventuali recensioni. All rights reserved. No part of this catalogue may be reproduced in any form, hardcopy or electronic or whatever, without the written permission of the authors, excepting what may be necessary for eventual reviews.
Finito di stampare nel mese di settembre 2015 Printed in September 2015
Con il patrocinio di Under the Patronage of
Ettore Riello
Presentazione
Presidente Veronafiere Veronafiere President
Foreword
L’International Award Architecture in Stone rappresenta un vero e proprio processo culturale con cui Marmomacc ha deciso di sensibilizzare gli architetti di tutto il mondo sull’utilizzo della pietra naturale applicata a soluzioni progettuali d’interni ed esterni. Giunto alla 14ª edizione, il premio biennale ha confermato la bontà di questa intuizione e oggi vede Veronafiere diventare vetrina per le più importanti realizzazioni delle archistar internazionali, in grado di interpretare con tecniche e linguaggi sempre nuovi il materiale lapideo.
The International Stone Architecture Award is a genuine cultural process whereby Marmomacc seeks to enhance the awareness of architects from all over the world as regards the use of natural stone in interior and exterior design solutions. Now at its 14th edition, the biennial Award once again confirms the validity of this insight and today sees Veronafiere become a showcase for the most important projects by international archistars and their skill in interpreting stone material through new techniques and languages.
Premio Internazionale Architetture di Pietra International Award Architecture in Stone
Promosso da Veronafiere nell’ambito delle manifestazioni scientifico-culturali della 50 a Marmomacc, il Premio Internazionale Architetture di Pietra è alla sua quattordicesima edizione. Istituito nel 1987, rappresenta oggi uno dei più prestigiosi riconoscimenti per quelle opere che, per significato architettonico e qualità tecnico-espressive nell’uso dei materiali lapidei, costituiscono gli esempi più rilevanti nel panorama internazionale. The International Award Architecture in Stone 2015, promoted by Veronafiere as part of the scientificcultural events of the 50 th Marmomacc Fair, has now come to its fourteenth edition. This Award, instituted in 1987, is now one of the world’s most prestigious recognitions for architectural works which are important international examples for significant and technical-expressive quality in their use of stone. Giuria Jury Francesco Dal Co Direttore di Casabella Juan José Lahuerta ETSAB, Barcelona Werner Oechslin ETH, Zürich Cino Zucchi Scuola di Architettura e Società di Milano Vincenzo Pavan Dipartimento di Architettura, Ferrara Vincitori Winners EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS Sancaklar Mosque Istanbul, Turkey, 2012 DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS Jumex Museum Mexico City, Mexico, 2013 MAX DUDLER+ATELIER WW High-rise ensemble Hagenholzstraße Zürich, Switzerland, 2013 HENEGHAN PENG ARCHITECTS Giant’s Causeway Center Antrim, North Ireland, 2014 PERRAUDIN ARCHITECTES Massive stone social housing Cornebarrieu, France, 2011 Premio ad memoriam Ad memoriam Award ADALBERTO LIBERA (1903-1963) Unità di abitazione orizzontale nel quartiere Tuscolano Roma, Italia, 1950-1954
Sommario Contents
8 10
Pietra: una parabola “moderna” Stone: a “modern” parable Werner Oechslin
EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS 16 17
20 21
35
36 37
69
70 71
Nascosta nel paesaggio Set into the lanscape Vincenzo Pavan Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS 34
HENEGHAN PENG ARCHITECTS 68
87
88 89
MAX DUDLER+ATELIER WW
51
52 53
Urbanizzazione/architettura urbana concentrata Urbanisation/ concentrated urban architecture Werner Oechslin Complesso di uffici a torre in Hagenholzstraße High-rise ensemble Hagenholzstraße
La casa di pietra The stone house Juan José Lahuerta Edilizia sociale in pietra massiva Massive stone social housing
ADALBERTO LIBERA 104 105
50
Giant’s Causeway Center Giant’s Causeway Center
PERRAUDIN ARCHITECTES 86
Un monumento gentile A delicate monument Cino Zucchi Museo Jumex Jumex Museum
Decisione e misura Distinctive measures Francesco Dal Co
106 112
Un quartiere modello per la ricostruzione nell’Italia postbellica A model district for reconstruction in post-war Italy Francesco Dal Co Unità di abitazione orizzontale nel quartiere Tuscolano Horizontal home units in the Tuscolano District
PREMIO 1987-2013 122
Le precedenti edizioni The previous editions
Werner Oechslin
PIETRA: UNA PARABOLA “MODERNA”
Nel 1932, gli autori di “International Style” si mostravano particolarmente fieri non soltanto di avere definito un nuovo stile, ma al tempo stesso di essersi messi in pari con la storia; l’“architettura moderna” poteva ora trovare posto nella sequenza ordinata degli stili e delle epoche e apparire in questo senso “storicamente assodata”. Si sottolineava, in particolare, come la fisionomia stilistica fosse, per la prima volta dopo il “gotico”, fondata nella costruzione. Questa prospettiva senza dubbio parziale, benché conforme al dibattito della storia dell’arte, implica che la costruzione, nell’architettura moderna, non solo – come altrove – giochi un ruolo, ma sia il principale, se non l’unico, principio formativo; e che quanto più questo trova espressione, tanto più ci si avvicini all’ideale di un’architettura moderna. Del resto, anche l’evoluzione dell’architettura gotica era stata descritta nel senso di una tale “rarefazione” – dell’abbandono dei pilastri massicci in favore degli aerei archi rampanti e della maggior trasparenza possibile nelle cattedrali inondate di luce. Questo modello ideale di evoluzione ha metodo! Quando Colin Rowe e Bob Slutzky – assieme ai “Texas Rangers” – proposero la trasparenza nel suo complesso come concezione della progettazione architettonica, era evidente che non si trattava semplicemente di un “vedere attraverso”, ma di una fondamentale idea di spazio (architettonica). La proposta era stata avanzata in precedenza da Theo van Doesburg nel suo “schema” delle diverse arti, che associava la superficie alla pittura, il corpo alla scultura e lo spazio all’architettura. Nella rappresentazione (simbolica) scelta a questo scopo l’architettura corrispondeva a un’ossatura pensata per dare un’immagine della dimensione spaziale senza corpo. Con conseguenze degne di nota! Queste rappresentazioni prive di corpo sarebbero infatti diventate la base reale dell’architettura. Si “credeva” nelle strutture cristalline, in cui tutto era trasparente e nessuna parte materiale “estranea” doveva farsi notare in alcun modo. Giedion parlava di spazi aerei, e le lodi della moderna architettura in vetro di Breysig sembrano voler dar prova dell’avvento di una nuova epoca.
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Già nel 1932, però, ci si vide costretti ad ammettere la necessità ineluttabile della parete come insostituibile elemento corporeo e dunque “voluminoso” dell’edificio. Farnsworth e New Canaan si prestano forse a riproduzioni fotografiche “ideali”, sempre che si sia disposti a sorvolare su qualche tubo di scarico. Quantomeno, nel 1932, fu riscoperto il “principio della superficie”. E appariva difficile prescindere dal fatto che un interno e un esterno, una dimensione pubblica e una privata, una parete dotata di aperture – l’apertio dell’Alberti – corrispondono più compiutamente al fine della convivenza umana. De Stijl aveva additato all’architetto le premesse (geometriche) di una progettazione fondata sulla disciplina matematica. Ma nel mondo esterno, contingente, tutto – anche la percezione sensibile – è legato alla coesione di materia e forma. L’architettura trova la sua “realizzazione” nella creazione e nella progettazione di un corpo materiale. Su questo poggiava già la definizione di compito e ambito di competenza dell’architetto dell’Alberti che risiedevano, a suo dire, nella composizione e nel collegamento tra corpi (e “pesi”). Questo era stato spesso ignorato, perché – anche qui, in modo assai moderno – si contrapponeva lo spirito/l’intelletto dell’architetto alle sue capacità artigianali. Si dimenticò a tratti quanto il fare architettonico fosse radicato nel mondo reale e corporeo. Restava però l’attribuzione dell’architettura all’ambito delle mathematicae mixtae, dato che la creazione architettonica avviene tramite l’applicazione di principi formali o costruttivi. L’“ossatura” di van Doesburg del resto è regredita a ideale teorico in forza dell’evoluzione della tecnologia. Da quando esiste l’isolamento termico e le costruzioni sono soggette a una molteplicità di norme e prescrizioni, le pareti sono tornate a essere “spesse” – ma non per questo l’architettura è tornata ad avere “corpo”. La pietra inizialmente non poteva apparire che come “pelle pietrificata, come “rivestimento”. Solo più di recente la massa, il carattere corporeo dell’architettura sembrano venire presi nuovamente sul serio e il “posare una pietra dopo l’altra” sembra non essere più solo una rappresentazione mitologica o simbolica, ma una realtà cui costantemente si tende. L’antica firmitas, a cui si associano tanto la resistenza quanto la durata, è nuovamente in auge. Del resto anche Le Corbusier, alla perennité e al suo obiettivo di una architecture au-delà du calcul associava l’architettura in pietra del Colosseo romano e di Villa La Rotonda del Palladio.
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Werner Oechslin
STONE: A “MODERN” PARABLE
in 1932 the Authors of the “International Style” were particularly proud to have defined not only a new style, but to have, at the same time, made their debut in history. “Modern Architecture”, from that time forward, because it was “historically defined”, could now be catalogued in an ordered succession of periods and styles. They stressed, in particular, that the physiognomy of style had been formed on the base of construction devices for the first time since the definition of “Gothic”. This simplistic view, which however conforms to formation of the concept of art history, assumes that construction, in modern architecture, not only be kept in mind - as was usual - but is above all or exclusively a formgiving element. The clearer it could be illustrated, the closer it would come to the ideal of modern architecture. The evolution of gothic architecture had been similarly described from the viewpoint of “dissolution”: massive pillars are abandoned to switch to slender supports and the maximum possible “transparency” of luminous cathedrals. This exemplary evolutionary process, however, is based on a system! When Colin Rowe, Bob Slutzky - together with the “Texas Rangers” - propose Transparency as an architectural design concept, it was clear that they were not limiting themselves to a simple “look through” but rather had an essential, spatial concept of architecture. Theo van Doesburg had already proposed this in his “scheme” relating to the various arts, associating surface to painting, body to sculpture and space to architecture. Choosing a (symbolic) representation van Doesburg proposed a structure made of lines, that was to express the spatial dimension, as if it were incorporeal. With all the consequences that would come from this! These incorporeal depictions were also to become the real foundation of architecture. There was “trust” in crystal structures, entirely transparent and to which no “disturbing” flashy body elements were to be added. Giedion spoke of aerial spaces and the praise given to the modern glass architecture of Breysig seemed to testify to the advent of a new era.
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But already in 1932 it became apparent that the wall was an almost indispensable fact, physical and therefore an apparently “massive” element, essential in a building. The Farnsworth House and the Glass House of New Canaan might lend themselves to taking “ideal” pictures, provided you are willing to ignore the drain pipe. In 1932, however this may be, the “surface principle” had been rediscovered. And the fact that a wall with openings, inside and outside, in public or private parts - according to the apertio of Alberti - could be more useful for the purposes of human cohabitation, was not a concept to be set aside so easily. De Stijl had shown architects the conditions (geometric) of a form that is based on mathematical discipline. But in the confining outside world everything - even perception - is tied to the cohesion between matter and form. Architecture finds its “achievement” in the creation of a body. Alberti’s definition of the task and responsibility of the architect, consisted of assembly and composition of bodies (and “weights”). This was often ignored since we like to make use - in a very modern way - of intellectual capacities by contrasting them to crafting skills. The connection between architectural creation and real corporeal world was often forgotten. However architecture had always been associated with mathematicae mixtae because it put into practice formal or construction principles and consequently created architecture. Van Doesburg’s “line structure” on the other hand, as a result of the technical developments themselves, resized itself to a mere theoretical concept. Ever since thermal insulation has existed, as well as a multitude of standards and regulations that condition buildings, there has been a return to “thick” walls. But not a return to “corporeal” architecture. Stone was able to come back to the fore - for the time being - only as “skin become stone”: “cladding”. Only in more recent times does mass, the body in architecture, seem to be taken seriously once again, and the laying of stone on stone no longer represents merely a myth or a symbol but rather a reality that, to be honest, has always been coveted. Ancient firmitas, which means both solidity and durability, has come back in fashion. In the end even Le Corbusier had connected the stone architecture of the Roman Coliseum and the Palladian Villa Rotonda with the concepts of perennité, and this is what he hoped for with his architecture au-delà du calcul.
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS MAX DUDLER+ATELIER WW HENEGHAN PENG ARCHITECTS PERRAUDIN ARCHITECTES ADALBERTO LIBERA
EAA – EMRE AROLAT ARCHITECTS Moschea Sancaklar Istanbul, Turchia, 2014
Sancaklar Mosque Istanbul, Turkey, 2014
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
Vincenzo Pavan
NASCOSTA NEL PAESAGGIO
Nascosta al margine del parco nella periferia ovest di Instabul, la Moschea Sancaklar dichiara fin da subito la sua decisa appartenenza all’architettura di paesaggio. Ciò grazie a una consapevole scelta dell’autore che ha inteso prendere le distanze dal dibattito sull’edificio religioso, diviso tra continuità formale con la tradizionale tipologiamonumento e la moderna identità autoreferenziale, a suo modo anch’essa monumentale, spesso imposta dall’ego del progettista. A evitare questa falsa alternativa è stata decisiva l’opzione di Emre Arolat di concentrare il progetto unicamente sull’essenza dello spazio religioso, nel senso più profondo. Nasce così l’idea di lasciar percepire dall’esterno solo la stele monolitica del minareto che si erge come landmark di pietra dalla sottile linea orizzontale del muro di cinta. Una scelta di rispetto del paesaggio ma anche una strategia di percorso dei fedeli, accompagnati in basso da una leggera gradonata verso lo spazio sacro, occultato sotterraneamente dal dislivello collinare. A segnare questo passaggio sono state erette delle alte pareti di ardesia stratificata, costruite alla rustica, che disegnano una frattura nel terreno – quasi una gola rocciosa – ove hanno sede le strutture funzionali. In una drammatizzazione crescente si entra infine, attraverso uno stretto varco, nel grande spazio ipogeo di preghiera: una grotta, o forse una cava, dalle nude pareti di cemento su cui si aprono alcune fratture che indicano la direzione rituale e lasciano filtrare dall’alto la luce del giorno. Qui il senso del sacro è reso ancora più potente dalla soluzione architettonica del soffitto: una serie di filari di lastre di cemento, di spessore analogo agli strati di Ardesia, salgono verso il centro dello spazio con lieve inclinazione generando una scalettatura rovesciata, evocativa della copertura a tholos. Questa forma, dal grandioso e arcaico effetto, ci porta all’idea della cupola e, nelle due ipotetiche e alternative genesi costruttive – per sovrapposizione di blocchi o per crollo di materiali lastriformi di una cavità rocciosa – stabilisce una relazione logica tra materiale, costruzione e forma. È ciò che la Moschea Sancaklar riesce a produrre in una costante tensione duale tra naturale e artificiale.
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
Vincenzo Pavan
SET INTO THE LANDSCAPE
Hidden on the edge of the park on the western outskirts of Istanbul, the Sancaklar Mosque immediately highlights its firm sense of belonging to landscape architecture. This is thanks to a conscious choice by the designer in taking a step back from the debate over places of worship, split between formal continuity with a traditional monumental style and a modern self-referential identity (in its own way also monumental) often imposed by the designer’s own ego. The false alternative was avoided thanks to Emre Arolat’s determined decision to concentrate solely on the essence of such a place of worship in its deepest sense. This in turn gave rise to the idea of leaving on view from the outside only the monolithic minaret standing out as a stone landmark from the thin horizontal line the surrounding wall. A choice ensuring respect for the landscape but also a strategic approach for worshippers who are accompanied from below by gently sloping steps towards the holy area, cleverly concealed by the differences in height of the hillside site. This transition is marked by high walls in layered slate with an as-split finish designing a fracture in the ground - almost a kind of rocky gorge - where functional facilities and utilities are located. The growing drama of the setting at last enters through a narrow passage into a large underground place of prayer: a cave, or even a quarry, with bare concrete walls with slits indicating the ritual direction that allow daylight to filter from above. Here, the architectural solution employed for the ceiling makes the sensation of sacredness even more powerful: row upon row of concrete slabs, having the same thickness as the sandstone layers, rise towards the middle of the space with a slight slant in turn creating an upsidedown staircase recalling the tholos roofing. This majestic and archaic design leads up to the idea of the dome and through the two hypothetical and alternative construction concepts (overlapping blocks or the collapse of sheet-like materials in a rocky cavity) defines a logical relationship between material, construction and outline. This is what Sancaklar Mosque is able to convey through constant, dual tension between natural and artificial.
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
Dati di progetto Project sheet
Titolo dell’opera Project Title Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque Indirizzo Project Address Karaac Mah. Sırtkoy Mevkii Büyükcekmece, Istanbul Data di progettazione Design period 2011 Data di costruzione Construction period 2014 Committente Client Sancaklar Foundation Architetti Architects EAA – Emre Arolat Architects Gruppo di progetto Project team Uygar Yuksel, Leyla Kori, Nil Aynalı, Fatih Tezman, Nurdan Gürlesin Strutture Structural engineers Balkar Engineering Appaltatore generale Building general contractor Sancaklar Foundation Materiali lapidei utilizzati Stone material employed Bodrum Slate Stone, Bodrum-Mugla, Turkey Fornitura pietre Stone supplier Boyut Yapı Mimarlık nsaat Taahhut Sanayi Ltd Sti Ornek Mermer ns. Nak. San. Tic. Ltd Sti Istallazione pietre Stone placement Avrasya Madencilik – Birler Madencilik
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
Planimetria Site plan
Pianta piano terra Ground floor plan
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
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20 m
20 m
Moschea Sancaklar
La moschea di Sancaklar è situata all’interno di un parco nel quartiere di Buyukcekmece, alla periferia di Istanbul. L’area definisce il limite tra il paesaggio costruito e quello naturale: questa situazione ha determinato l’impostazione del progetto stesso, concepito come un prolungamento topografico del paesaggio. L’edificio infatti è stato concepito come uno spazio ipogeo, dove gli unici elementi visibili sono il minareto, una stele verticale che segnala la presenza della moschea e il muro di cinta che separa il silenzio del parco dal rumore della strada che lambisce l’area di progetto. L’edificio vero e proprio invece, costituito dalla sala di preghiera e dagli ambienti accessori, è posto tra le pieghe del terreno, coperto da una grande tettoia da cui parte il percorso che accompagna i fedeli verso lo spazio interno. Anche la gradinata che scende verso la sala di preghiera segue la morfologia tellurica del progetto: gradini di pietra separati da fasce di erba diventano infatti le curve di livello di una topografia artificiale. L’interno della moschea ricorda una grotta, nella quale il silenzio dello spazio è interrotto solamente dalle fessure e dalle fratture della parete lungo la Qibla, che non distraggono il fedele, ma per contrasto luminoso gli ricordano la presenza divina. L’elemento che rende il progetto parte del paesaggio è la scelta del materiale e la sua posa in opera: la pietra locale infatti è stata utilizzata nella sua forma più rustica, in elementi semplici che ricordano le costruzioni rurali ma che disposti lungo le linee del progetto ne indicano chiaramente l’attualità.
Sezione longitudinale Longitudinal section
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
5
10 m
Sancaklar Mosque
The Sancaklar Mosque is located inside a park in the Buyukcekmece district on the outskirts of Istanbul. The area defines the boundary between built and natural landscapes: this situation helped define the setting of the project, which was conceived as a topographic extension of the landscape. The building is designed as an underground space where the only visible elements are the Minaret, a vertical stele marking the presence of the mosque and the wall separating the silence of the Park from the noise of the street that runs alongside the project area. The Mosque building as such comprises the prayer hall and service facilities and is set in the folds of the land covered by a large shed-like roof where the path accompanying the faithful towards the interior spaces begins. Even the steps down to the prayer hall follow the landscape morphology of the project: stone steps separated by bands of grass become the contours of an artificial topography. The interior of the Mosque recalls a cave, where the silence of space is only interrupted by the cracks and fractures of the wall along the Qibla, which do not distract the faithful but by luminous contrast recall the divine presence. The element that makes the project such an integral part of the landscape is the choice of material and installation: local stone was used in its most rustic, simple elements to recall rural buildings but, arranged along the lines of the project, it clearly indicate its actuality.
Sezione trasversale Cross section
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
5
10 m
Veduta generale con il minareto General view with the minaret A destra: lo specchio d’acqua On the right: the water glass Pagine seguenti: portico d’accesso in pietra locale Next pages: portico of access in local stone
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
L’Ardesia di Bodrum La pietra utilizzata è Ardesia di Bodrum, che viene cavata in strati o lastre. Queste lastre variano nello spessore da 25 a 150 cm o più. Le lastre di pietra utilizzate per la Moschea Sancaklar sono di 5-10 cm di spessore. Le murature di pietra sono state costruite in due modi diversi a seconda della loro altezza e della loro funzione strutturale: le murature fino a 150 cm di altezza sono state realizzate con tecniche tradizionali e con una fondazione in cemento armato; quelle di altezza superiore ai 150 cm hanno pilastri portanti di cemento che sono stati poi rivestiti L’interno della moschea The interior of the mosque
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
con Ardesia di 20 cm di spessore, ma come una muratura a sacco, non come un rivestimento. Le pietre non sono tagliate in forma particolare e i pezzi grossi sono stati spaccati in parti più piccole, mentre gli spigoli taglienti sono stati smussati con il martello. Una malta a base di cemento è stata utilizzata per tenere insieme le pietre. Usando lo spessore delle pietre a proprio vantaggio, la finitura è stata progettata in modo da non far vedere la malta dall’esterno. Nelle murature più alte sono stati inseriti tondini di ferro come elementi di ancoraggio tra la pietra e il cemento armato.
The Bodrum slate stone The stone used on the walls is Bodrum slate stone. The stone is removed from the quarry in layers or slabs. These slabs range in size from 10-60 inches or greater thicknesses. The slate stone we chose to use were 5-10 cm thick. The stone walls were manufactured in two different ways depending on their height and structural qualities. Walls up to 150 cm height were built using traditional stone masonry techniques with a reinforced concrete foundation. Walls higher than 150 cm have load bearing concrete columns
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
which are then clad with 20 cm thick slate stone, again like a masonry, not as a cladding hung or stuck to the surface. The stones are not cut to any particular shape, big pieces were broken into smaller components and rough and sharp edges were smoothed with the help of a hammer. A cement based mortar is used to keep the stones together. Using the thickness of the stone as an advantage the stone detailing is designed in such a way thatthe mortar cannot be seen from the outside. In high walls iron rods were introduced as anchoring elements binding together the stone and the reinforced concrete.
+ 4,80
60 + 3,30 water 10 mm natural stone cladding (Nero Absolute) adhesive screed protective concrete layer 4 cm protective geotextile membrane water insulation 1,70 reinforced concrete 1,38 320 330
reinforced concrete wall natural stone
Sezione della muratura e della pavimentazione Wall and floor section
0
1
2m
pebble protective geotextile membrane water insulation reinforced concrete
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slope 0,5%
exposed concrete
slope stone masonry wall
295
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stone masonry wall
Particolare della sezione trasversale Detail of the cross section
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
50 50 40
40
INTERIOR
EXTERIOR
± 0,00 - 0,40
+ 2,95
20
90
60
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stone masonry wall
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± 0,00 - 0,00
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2m
La sala di preghiera The prayer hall
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
La sala di preghiera The prayer hall
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EAA–EMRE AROLAT ARCHITECTS
EMRE AROLAT
Nato ad Ankara nel 1963, consegue il BArch degree in architettura nel 1986 e il March degree nel 1992 a Istanbul. Lavora presso Metcalf and Associates Architectural Office a Washington nel 1986/87; dal 1987 al 2004 lavora come associato presso Arolat Architects con Saziment & Neset Arolat. Continua l’attività in EAA–Emre Arolat Architects che ha fondato nel 2004 con Gonca Pasolar. Con il contributo dei partners, Neset Arolat, Saziment Arolat and Sezer Bahtiyar, EAA è ora uno studio con uno staff di oltre 50 persone tra Instanbul e Londra. Avendo ricevuto numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali, Emre Arolat nel maggio 2015 ha conseguito il titolo di Professore all’International Academy of Architecture, come riconoscimento degli importanti risultati nello sviluppo dell’architettura contemporanea.
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Moschea Sancaklar Sancaklar Mosque
He was born in Ankara in 1963. He received his BArch degree in Architecture in 1986 and MArch degree in 1992 at Istanbul Mimar Sinan University. He worked at Metcalf and Associates Architectural Office, Washington D.C. between 1986-1987. From 1987 to 2004, he worked at Arolat Architects as associate designer with Saziment & Neset Arolat. He continues his practice in EAA-Emre Arolat Architects that he founded in 2004 with Gonca Pasolar. With the contributions of other partners, Neset Arolat, Saziment Arolat and Sezer Bahtiyar, EAA is a practice with a Professional architectural staff with over 50 people in Istanbul and London. Having received numerous awards in national and international competitions, Emre Arolat has been granted the title of Professor by the International Academy of Architecture in recognition of his great achivements in the development of contemporary architecture in May 2015.
DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS Museo Jumex Città del Messico, Messico, 2013
Jumex Museum Mexico City, Mexico, 2013
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Museo Jumex Jumex Museum
Cino Zucchi
UN MONUMENTO GENTILE
Situato in un lotto di forma triangolare nel quartiere Polanco di Città del Messico, il nuovo edificio museale ospita una delle più vaste collezione di arte contemporanea in America Latina, la collezione Jumex. Nonostante esso faccia parte di una più grande operazione di rinnovo urbano, il forte carattere “individuale” degli edifici dell’intorno ha contribuito alla scelta progettuale di creare un edificio autonomo, dai caratteri tipologici e formali fortemente riconoscibili. La pianta del museo riprende la geometria trapezia del sito; un grande portico a piano terra, aperto su un podio che lo difende dal traffico della città, si offre come un nuovo spazio pubblico, insieme alla grande loggia al primo piano. La sala espositiva dell’ultimo piano è contraddistinta dai grandi lucernari a sezione triangolare che insieme ai leggeri aggetti di ogni piano sul piano sottostante danno forma a una silhouette dell’edificio fortemente riconoscibile nel panorama urbano. Le colonne del piano terra e in nuclei di distribuzione verticale sono caratterizzati dalla tessitura del cemento a vista, mentre le pareti esterne sono interamente rivestite in travertino chiaro proveniente dalle cave locali di Xalapa, Veracruz. Il carattere decisamente monomaterico del volume esterno, marcato dai corsi orizzontali della pietra ma privo di ogni dettaglio che possa facilmente rimandare alla dimensione del corpo umano, genera nella percezione dell’edificio una difficoltà momentanea di attribuzione della scala, creando un effetto di “piccolo monumento” anche in assenza degli elementi lessicali classici spesso associati a questo concetto. All’interno, il pavimento del bookshop è contraddistinto da strisce parallele realizzati in marmi e pietre di diverso colore: un “catalogo lapideo” già caro ad autori come Gio Ponti, che qui diventa una sottile metafora del carattere variegato della cultura artistica contemporanea. L’edificio del museo Jumex, attraverso una serie di scelte tipologiche, formali e materiche è capace di dare vita a una dimensione urbana e a un nuovo luogo collettivo all’interno di una struttura diversa da quella della città europea, interpretandone con acutezza i caratteri specifici.
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DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
Cino Zucchi
A DELICATE MONUMENT
Standing on a triangular lot in the Polanco district of Mexico City, the new Museum building is home to one of the most extensive collections of contemporary art in Latin America: the Jumex Collection. Although it is part of a broader urban redevelopment scheme, the strong “individualistic” character of the surrounding buildings contributed to the design choice in favour of a stand-alone building with immediately recognisable typological and formal characteristics. The ground plan of the Museum reflects the trapezoidal geometry of the site; the large portico on the ground floor opens on to a podium protecting it against city traffic, itself emerging as a new public space alongside with the large loggia on the first floor. The exhibition hall on the top floor is characterised by huge, triangular skylights which combine with the slight overhang of each floor in relation to the floor below to create an immediately recognisable silhouette of the building in the urban landscape. The columns on the ground floor and their grouped vertical distribution are characterized by an as-found finish of the concrete, while the outer walls are entirely clad with light-coloured travertine from local quarries in Xalapa, Veracruz. The distinctly mono-material character of the external volume, set off by horizontal courses in natural stone devoid of any detail readily recalling human dimensions, generates a momentary difficulty in the perception and attribution of scale of the building that in turns creates a “small monument” impact even in the absence of the classic lexical elements often associated with this concept. The flooring of the bookshop inside the museum itself is characterised by parallel stripes made of variously coloured marble and natural stones: a kind of “stone catalogue” approach also favoured by designers such as Gio Ponti, which here becomes a subtle metaphor of the varied character of contemporary artistic culture. The Jumex Museum building embraces a series of typological, formal and material design choices that help give life to an urban dimension and a new social venue within a structure that is quite unlike its counterparts in European cities, through a sharp interpretation of its specific nature.
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Museo Jumex Jumex Museum
Museo Jumex
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Voluto dalla Fundación Jumex Arte Contemporáneo (FJAC) quale contenitore versatile per le sue collezioni d’arte e per le molteplici attività culturali, il museo si trova in una parte della città delimitata da arterie di grande traffico, dalla stazione ferroviaria di Ferrocarril de Cuernavaca ed è circondato da edifici commerciali. La peculiarità dell’ambiente circostante fortemente urbanizzato, nel quale mancavano del tutto suggestioni naturalistiche, ha suggerito l’elemento caratterizzante l’edificio: la copertura a shed che ci ricorda come anche il mondo artificiale dell’industria possa diventare un significativo riferimento progettuale. L’edificio si sviluppa su cinque piani: al piano terra sono ospitati il bookshop, le biglietterie, i servizi e tutti gli ambienti accessori per lo svolgimento delle attività didattiche. I quattro piani superiori invece ospitano tutte le mostre temporanee e parte delle collezioni permanenti. Gli ambienti sono stati pensati in modo da garantire la maggiore flessibilità possibile in relazione alle diverse esigenze espositive e sono predisposti per ospitare indifferentemente mostre, seminari, convegni o performance artistiche, assecondando la volontà della Fondazione di realizzare un polo culturale aperto a tutti, dalla comunità locale ai turisti, dagli accademici internazionali ai cultori dell’arte. La necessità di sottolineare la funzione di monumento dell’edificio – anche se aperto ad una dimensione “sociale” – ha consigliato l’utilizzo di grandi lastre in Travertino di Xalapa che disegnano con rigorosa geometria le facciate e rivestono integralmente il volume incluso il tetto. Il Travertino è stato applicato alla parete retrostante in cemento armato utilizzando una struttura metallica su cui sono state ancorate le lastre rettangolari a giunto continuo. Il rivestimento litico non vuole essere solo una omogenea placcatura impermeabile all’esterno, ma si apre in corrispondenza della loggia belvedere del primo piano, sottolineando il contrasto netto tra il vuoto e la compattezza dei piani superiori destinati a galleria.
DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
Jumex Museum
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Commissioned by the Fundación Jumex Arte Contemporáneo (FJAC) as a versatile setting for its art collections and cultural activities, the Museum is located in a part of the city marked off by busy major roads and the Ferrocarril de Cuernavaca Railway Station; it is also surrounded by commercial buildings. These distinctly urbanised surroundings, totally lacking in naturalistic aspects, suggested the distinguishing feature of the building: the shed-like roofing that reminds us that even the artificial world of industry may well become a design landmark. The building develops over five storeys: the ground floor is home to the bookshop, ticket offices, services and all accessory facilities needed to conduct educational activities. The four upper floors, on the other hand, host all the temporary exhibitions and a part of the permanent collections. The facilities are designed to ensure maximum flexibility in relation to various exhibition requirements and are arranged to accommodate exhibitions, seminars, conferences or artistic performances easily and conveniently, thereby meeting the wishes of the Foundation to create a cultural centre open to everyone, from local communities to tourists, international academics and art lovers. The need to highlight the monumental function of the building - albeit one open to a “social” dimension - encouraged the use of large slabs of Xalapa Travertine to define the strict geometry of the facades and entirely clad the volume of the building, including the roof. Travertine was applied to the reinforced concrete rear wall using a metal structure ensuring seamless anchorage of the rectangular slabs. The stone cladding does not seek to be only a homogeneous “plating” impermeable to the outside but opens out at the belvedere lodge on the first floor to emphasise the distinct contrast between the voids and the compactness of the upper gallery floors.
Museo Jumex Jumex Museum
Dati di progetto Project sheet
Titolo dell’opera Project Title Museo Jumex Jumex Museum Indirizzo Project Address Miguel de Cervantes Saavedra 303, Ampliacion Granada, 11529 Ciudad de México, Mexico Data di progettazione Design period 2009 Data di costruzione Construction period 2013 Committente Client Eugenio Lopez Architetti Architects David Chipperfield Architects Gruppo di progetto Project team Director Andrew Phillips Project Architect Peter Jurschitzka Project Team Matt Ball, Jonathan Cohen, Robert Trent Davies, Johannes Feder, Peter Jurschitzka, Christian Felgendreher, Sara Hengsbach, Alessandro Milani, Diana Su Local architect TAAU/Oscar Rodríguez Collaborators Cocoy Arenas, Alejandro Castañeda, Rubén Ocampo, Alejandro Rojas, Rafael Sevilla Strutture Structural engineers Arup; Alonso y Associados Appaltatore generale Building general contractor PC Constructores Materiali lapidei utilizzati Stone material employed Travertino di Xalapa Istallazione pietre Stone placement Soluciones en Piedra Franco
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DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
Pianta secondo piano Second floor plan
Pianta primo piano First floor plan
Pianta piano terra Ground floor plan
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Museo Jumex Jumex Museum
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DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
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Museo Jumex Jumex Museum
L’atrio di ingresso The entrance lobby Pagine precedenti: veduta generale Previous pages: general view
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DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
Sezione longitudinale Longitudinal section
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Museo Jumex Jumex Museum
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Il bookshop al piano terreno The bookshop on the ground floor In alto: la sala al secondo piano Above: the room on the second floor
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DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
Loggiato panoramico al primo piano Panoraqmic loggia on the first floor Pagina seguente: galleria espositiva al terzo livello Next page: the exhibition gallery on the third floor
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Museo Jumex Jumex Museum
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DAVID CHIPPERFIELD ARCHITECTS
DAVID CHIPEPRFIELD
La sua esperienza parte dal tirocinio negli studi di Richard Rogers e Norman Foster, dopo la laurea presso l’Architectural Association School of Architecture di Londra. Dopo aver aperto il suo studio nel 1984 a Londra, egli acquisisce esperienza nella realizzazione di opere in ogni settore, dal residenziale al pubblico, dalla scala privata al grande complesso. David Chipperfield Architects, fondato a Londra nel 1984, ha sedi a Berlino, Milano e Shanghai. Tra i lavori realizzati da Chipperfield negli ultimi vent’anni si ricordano: il Wagama Restaurant di Londra, il River&Rowing Museum ad Henley-on-Thames, la riqualificaione dell’isola dei Musei a Berlino, gli studi televisivi della BBC a Glasgow, la Cittadella della Giustizia a Barcellona, il Museo delle Culture a Milano nell’area ex Ansaldo. David Chipperfield ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali; come docente tiene lezioni e conferenze in tutto il mondo. È stato curatore della Biennale di Architettura di Venezia del 2012.
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Museo Jumex Jumex Museum
His career began with work experience stages in the studios of Richard Rogers and Norman Foster after graduating from the Architectural Association School of Architecture in London. He opened his own studio in London in 1984 and thereafter gained experience through projects undertaken in every sector, from residential to public, from private individuals to major complexes. David Chipperfield Architects was founded in London in 1984 and now has offices in Berlin, Milan and Shanghai. Works completed over the last two decades include: Wagama Restaurant in London, River&Rowing Museum in Henley-onThames, the redevelopment of the Museum Island in Berlin, BBC TV Studios in Glasgow, the Citadel of Justice in Barcelona and the Culture Museum in Milan in the former Ansaldo area. David Chipperfield has received numerous international prizes and accolades; as a professor, he gives lectures and holds conferences all over the world. He was curator of the Venice Architecture Biennial in 2012.
MAX DUDLER+ATELIER WW Edifici a torre in Hagenholzstraße Zurigo, Svizzera, 2013
High-rise ensemble Hagenholzstraße Zürich, Switzerland, 2013
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Edifici a torre in HagenholzstraĂ&#x;e High-rise ensemble HagenholzstraĂ&#x;e
Werner Oechslin
URBANIZZAZIONE/ ARCHITETTURA URBANA CONCENTRATA
L’obiettivo di Zurigo è darsi una forma metropolitana che superi i confini esistenti ed includa gli agglomerati tipici delle grandi città; ovvio che questo suo intento cozzi contro delle barriere costituite in primo luogo dalle strutture di piccole dimensioni che sono alla base del sistema di comunità democratica. È quindi una coincidenza fortunata se, grazie ad una buona intesa e fattiva collaborazione tra investitore ed architetto, possa nascere più di un singolo edificio un intero insieme; e non è per nulla scontato che un insieme del genere appaia convincente anche urbanisticamente per la chiarezza della sua composizione e delle sue strutture. Zurigo ha previsto in particolare dei progetti nelle aree Zurigo Ovest e Zurigo Nord senza mai lasciar intravvedere, però, linee chiare di un ampio sviluppo urbanistico. L’opera di Max Dudler si distacca chiaramente da questo indirizzo. In questo lavoro emergono sue qualità che già erano note: forma decisa e chiara, compattezza anche nella composizione tra i vari corpi. Nella Hagenholtzstrasse è stato così creato un insieme urbanistico che si differenzia in modo netto dall’architettura casuale dell’area circostante e che stabilisce – letteralmente – parametri nuovi. Determinante resta, però, il fatto che la forma risulti urbana, ampia e di “gran respiro” e che sia compatta e priva di fronzoli. A tale scopo appare utile anche la sostanza materiale. Max Dudler ha qui usato la pietra a favore di una soluzione valida, che consolidi anche materialmente una chiara immagine geometrica. La composizione urbana e la singola forma si integrano. Il progetto di Max Dudler è esemplare nel caso di un addensamento edilizio spesso imposto affrettatamente, rivendicato in Svizzera come utilizzo ragionevole delle limitate superfici edificabili. Solo una buona architettura consente soluzioni soddisfacenti. Fa parte del “pragmatismo” di Max Dudler di non lasciarsi coinvolgere in contraddizioni in presenza di condizioni spesso vincolanti, bensì di dimostrare al contrario che si possono raggiungere, “nonostante” circostanze talvolta difficili, soluzioni urbanistiche convincenti di ampio respiro nel senso di una “vera architettura urbana”.
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MAX DUDLER+ATELIER WW
Werner Oechslin
URBANISATION/ CONCENTRATED URBAN ARCHITECTURE
Zürich has set itself the goal of achieving a metropolitan character going beyond existing boundaries to embrace the agglomerations typical of large cities; this intention evidently goes against the existing barriers, such as - first of all - by the small structures that form the basis of the democratic community system. Thanks to the excellent understanding and collaboration between investor and architect, it fortunately proved possible to develop not a single building but an entire series; it is no coincidence that such a set of buildings is so convincing even in urban terms, given the clarity of its composition and structures. In particular, projects are envisaged for the Zürich West and Zürich North areas without ever revealing the outlines of a far-reaching urban development plan. Max Dudler’s project stands out clearly from this direction. His already well-known qualities emerge clearly in this task: strong, clear forms and compactness even in the composition involving different bodies. The Hagenholtzstrasse project thereby creates an urban setting which stands out distinctly from the architecture of the surrounding area and literally defines new parameters for the site. The decisive feature, nonetheless, is the broad and far-reaching urban scope of the design and its compact, frills-free character. The chosen material has also contributed to this intention. Here, Max Dudler has used stone to achieve a viable solution to consolidate a clear geometric image even in material terms. The urban composition and the individual form thereby integrate with each other. Max Dudler’s project is exemplary in the case of the often hastily imposed building intensity, that is claimed in Switzerland to be reasonable use of limited building land. Only good architecture can achieve satisfactory solutions. Max Dudler’s “pragmatism” means that he avoids becoming involved in contradictions when faced by often binding conditions, preferring - on the contrary - to demonstrate that, “despite” sometimes difficult circumstances, one can achieve convincing and far-reaching urban solutions in a context of “genuine urban architecture”.
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Edifici a torre in Hagenholzstraße High-rise ensemble Hagenholzstraße
Edifici a torre in Hagenholzstraße
Schemi compositivi di studio in alzato e in pianta Compositional study schemes of the elevation and plan
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MAX DUDLER+ATELIER WW
Tra i vari progetti e realizzazioni della “Zurigo Metropolitana”, del Zürich-West e del Zürich-Nord, il gruppo di edifici della Hagenholzstraße di Max Dudler è tra i pochissimi interventi a manifestare una chiara espressione urbanistica, attraverso la forma e la tipologia urbana. La forma razionale del blocco urbano ricorda i concetti che avevano guidato il tentativo di creare una nuova idea di architettura della grande città, fondata sull’immagine di astrazione e rigore e dove il modello di riferimento sono le architettura per la Großstadt Architektur di Hilberseimer. L’utilizzo di una struttura logica denunciata dalla scelta di una pianta geometricamente chiara e da una rinuncia all’ornamento, rimanda ai progetti berlinesi elaborati dalla Nuova Oggettività e ripresi nella stagione americana di Mies van der Rohe. Tuttavia il progetto evita di cadere nella ripetitività ossessiva della griglia geometrica e nell’astrazione dei materiali industriali, che aveva reso inattuabili i progetti berlinesi degli anni ’20. In primo luogo viene abbandonato il volume parallelepipedo in favore di una composizione articolata di volumi stereometrici che disegnano un paesaggio urbano vario. In secondo luogo la composizione delle facciate è giocata sul modulo verticale più che sul quadrato e la variazione del passo della griglia viene utilizzata per segnalare il basamento dell’edificio. Un ruolo non affatto secondario è svolto dal materiale: il rivestimento in pietra infatti viene trattato come un materiale industriale la cui artificiosità è sottilmente messa in dubbio dalle venature della materia, mentre la forma archetipica della pietra, in quanto blocco tagliato e cubo geometrico, sembra determinare in modo lineare e diretto la composizione architettonica, dal dettaglio alla figura completa.
High-rise ensemble Hagenholzstraße
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The various projects and installations in the “Metropolitan Zürich”, Zürich-West and Zürich-Nord programs include the group of Hagenholzstraße buildings by Max Dudler - one of the very few to express distinct town-planning through form and urban typology. The rational form of the urban block recalls the concepts that once guided the effort to create a new architectural idea for the great city, founded on the image of abstraction and rigour where are the reference model was the Großstadt Architektur of Hilberseimer. The use of a logical structure evident in the choice of a geometrically clear ground plan and the elimination of decoration recalls projects in Berlin developed during the New Objectivity taken up by Mies van der Rohe in his American season. Nonetheless, the project avoids the trap of falling into obsessive repetition of the geometric grid and the abstraction of industrial materials, which rendered the Berlin projects of the 1920s unworkable. First of all, the block volume is abandoned in favour of a composition articulated by stereometric volumes that define a very varied cityscape. Secondly, the composition of the façades plays with vertical rather than four-sided forms and the change in pitch of the grid is used to mark the building's basement. A by no means secondary role is played by the material itself: the stone cladding is handled as an industrial material whose artificiality is subtly called into doubt by the veining of the material, while the archetypal form of the stone, as a cut block and geometric cube, seems to give rise to the architectural composition in a linear and direct fashion, from the detail through to the full figure.
Edifici a torre in Hagenholzstraße High-rise ensemble Hagenholzstraße
Dati di progetto Project sheet
Titolo dell’opera Project Title Edifici a torre in Hagenholzstraße High-rise ensemble Hagenholzstraße Indirizzo Project Address Hagenholzsstrasse/Thurgauerstrasse, 8050 Zürich Data di progettazione Design period Twin tower high-rise: 1999-2002 Ensemble extension: 2004-2007 Data di costruzione Construction period Twin tower high-rise: 2002-2004 Ensemble extension: 2007-2013 Committente Client BVK and City of Zürich Building Department AXA Leben AG Architetti Architects Joint venture of atelier ww/Max Dudler Architekten AG Gruppo di progetto Project team Architetti Architects Max Dudler (MD)/Urs Wüst (aww) Supervisione generale Overall Management Christian Moeller Deplazes (MD) architecture Danilo Morellini (aww) operations Responsabile del procedimento Project management Mäder Labhard (aww) AXA and BVK buildings Andreas Brunner (aww) AXA building Responsabile realizzazione/Appaltatore generale Construction management/Building general contractor Implenia Generalunternehmung AG, Switzerland Strutture Structural engineers Joint venture of Henauer& Gugler and Eichenberger AG, Switzerland Materiali lapidei utilizzati Stone material employed Esterni Exteriors Syenit, Cape Green, Bitter Fontein, South Africa, sanded, corn C220 and aquapower high pressure water jet Interni Interiors Syenit, Cape Green, Bitter Fontein, South Africa, sanded, corn C220 Fornitura pietre Stone supplier Hofmann Naturstein GmbH & Co. KG, Gamburg, Germany Istallazione pietre Stone placement Eckardt & Hofmann Naturstein Bau AG, Hegnau. Volketswil
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MAX DUDLER+ATELIER WW
Piante ai vari livelli Various levels plans
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Edifici a torre in HagenholzstraĂ&#x;e High-rise ensemble HagenholzstraĂ&#x;e
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Veduta da sud-ovest oltre la ferrovia View from south-west beyond the railroad
Green Granite South African Cape Il rivestimento in granito della facciata e degli interni degli Edifici a torre in Hagenholzstraße proviene dalla South African Cape Green Granite. Per l’architetto è stato importante avere la pietra da una sola cava per garantire la conformità della facciata in pietra dal 2003 fino al 2013, quindi per una fornitura durata oltre 10 anni. Negli impianti del costruttore Hofmann dai blocchi grezzi sono stati ricavati gli elementi di facciata costituiti da una superficie levigata di C.120. Nella prima fase nel 2003 l’ancoraggio degli elementi lapidei è stato montato
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MAX DUDLER+ATELIER WW
con impalcature in loco su elementi di vetro/metallo prefabbricati. Nella seconda fase 2011/14 gli elementi sono stati assemblati presso lo stabilimento e installati come prefabbricati senza impalcature. La soluzione più precisa di planarità e di giunti (a tenuta di 2 mm) che si è rivelata più precisa è stata la versione montata a mano. La sostenibilità delle facciate di pietra così concepite risulta superiore a quella ottenuta con altri materiali da costruzione: per il ciclo di vita, senza manutenzione, e a basso consumo energetico per la produzione.
La corte interna vista da est The inner courtyard seen from east
The South African Cape Green Granite The stone cladding of the façade is manufactured out of the South African Cape Green Granite. It was important for the architect to have the stone only from one source and only from the identical quarry position and layer to guarantee conformity of the façade stone from 2003 till 2013 over 10 years. In the manufacturer Hofmann/Germany plants the rough blocs were transformed to façade elements consisting of a honed C.120 surface. According to the architects design anchoring and fixing of the stone elements
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were developed in the first step 2003 as an assembled setting on prefabricated glass/metal elements by scaffolding on site. In the second step 2011-2014 the stone elements were assembled at the plant of glassaluminium contractors and installed as complete prefabricated elements without scaffolding. The more precise solution in tolerance of planarity and of joints was the hand-set version. The sustainability of stone façades is not only by the life time cycle, maintenance free cycle, and low energy consumption in production highly superior to other building materials.
Edifici a torre in Hagenholzstraße High-rise ensemble Hagenholzstraße
Sezione longitudinale Longitudinal section
Sezione trasversale Cross section
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MAX DUDLER+ATELIER WW
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20 m
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La corte interna The inner courtyard
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Edifici a torre in HagenholzstraĂ&#x;e High-rise ensemble HagenholzstraĂ&#x;e
Veduta prospettica dalla ferrovia Perspective view from the railway
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MAX DUDLER+ATELIER WW
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Edifici a torre in HagenholzstraĂ&#x;e High-rise ensemble HagenholzstraĂ&#x;e
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MAX DUDLER+ATELIER WW
Veduta prospettica del complesso Perspective view of the complex A sinistra: veduta della corte On the left: inner view
Sala riunioni Meeting room
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Edifici a torre in HagenholzstraĂ&#x;e High-rise ensemble HagenholzstraĂ&#x;e
MAX DUDLER
Nasce ad Altenrhein in Svizzera e si forma presso la Städel Schule di Francoforte con Günter Bock e all’Accademia di Belle Arti di Berlino con Ludwig Leo. Dal 1981 al 1986 ha lavorato come architetto nello studio professionale di Oswald Mathias Ungers, partecipando a progetti come la Galleria e la Torre della Fiera di Francoforte e il Kulturforum di Berlino. Nel 1986 avvia l'attività di uno studio professionale a Francoforte, insieme a Karl Dudler e Pete Welbergen; nel 1992 apre lo studio di Berlino (la sede principale con 60 persone impegnate), a Zurigo e a Francoforte sul Meno. In vent’anni l’attività dello studio si è estesa in contesti diversificati, dalla progettazione urbanistica alle riconversioni, dagli interventi di tutela dei monumenti ai progetti di arredamento.
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MAX DUDLER+ATELIER WW
Born in Altenrhein, Switzerland; attended the Städel Schule in Frankfurt with Günter Bock and the Berlin Academy of Fine Arts with Ludwig Leo. 1981-1986: worked as an architect in Oswald Mathias Ungers’ professional studio, taking part in projects such as the Gallery and Tower of Frankfurt Exhibition Centre and the Kulturforum in Berlin. In 1986, he launched his own professional studio in Frankfurt, together with Karl Dudler and Pete Welbergen; and in 1992, he opened studios in Berlin (the head office with 60 employees), Zürich and Frankfurt. In twenty years of activities, the studio has expanded into diversified contexts, from urban design to reconversions, conservation of the monumental heritage and décor projects.
ATELIER WW ARCHITEKTEN
Walter Wäschle, con Urs Wüst, è comproprietario dell’Atelier WW, fondato a Zurigo nel 1970. Walter Waschle si è laureato all’Academy of Fine Arts a Vienna, Urs Wüst all’Academy of Fine Arts di Dusseldorf. Il lavoro dell’Atelier WW Architekten comprende tutti i settori dello sviluppo urbano e dell’architettura. Molti loro progetti sono risultati vincitori di concorsi. Il loro portfolio comprende un ampio spettro di edifici realizzati con varietà di uso e dimensione, tipo padiglioni fieristici, centri commerciali, hotels, uffici, stabilimenti industriali e complessi residenziali.
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Walter Wäschle, togheter with Urs Wüst, is co-owner of atelier ww, founded in Zürich in 1970. Walter Waschle graduated from the Academy of Fine Arts in Vienna, Urs Wüst from the Academy of Fine Arts in Dusseldorf. The work of atelier WW comprises all areas of urban development and architecture. Many projects result from winning competition. The portfolio encompasses a wide spectrum of buildings with a variety of uses and dimensions, such as trade fair buildings, shopping centres, hotels, office, commercial, industrial and residential buildings.
Edifici a torre in Hagenholzstraße High-rise ensemble Hagenholzstraße
HENEGHAN PENG ARCHITECTS Giant’s Causeway Center Antrim, Irlanda del Nord, 2014
Giant’s Causeway Center Antrim, Northern Ireland, 2014
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Giant’s Causeway Center Giant’s Causeway Center
Francesco Dal Co
DECISIONE E MISURA
Lo studio Heneghan Peng Architects è stato fondato da Róisin Heneghan e Shih-Fu Peng nel 1999. I due architetti si sono meritati ampia notorietà soprattutto da quando, nel 2003, hanno vinto il concorso internazionale bandito dal Ministero della Cultura egiziano per la costruzione del Grande Museo del Cairo. Il Giant’s Causeway Visitors Centre a Bushmills nell’Irlanda del Nord è l’opera più rappresentativa dello studio e si è meritata il RIBA National Award e nel 2013 è stata considerata per il RIBA Stirling Prize e il Premio Mies van der Rohe. Giant’s Causeway è una spettacolare conformazione rocciosa sulla costa nord est dell’Irlanda, ritenuta dall’UNESCO un “patrimonio dell’Umanità”. Ogni anno questa località è meta da circa 500.000 visitatori. Il centro che li accoglie sorge accanto a un vecchio albergo; è nascosto sotto coperture verdi e sfrutta i dislivelli del terreno offrendosi alla vista con un prospetto principale squadrato e, sul lato, con un fronte triangolare, al di sopra del quale una lunga rampa a prato scende verso il mare. La semplice geometria dei prospetti si riproduce negli interni, dove il linguaggio adottato dai progettisti fa sua la secchezza della copertura in cemento armato. Riprendendo la suggestione offerta dalle stupefacenti geometrie delle conformazioni rocciose della costa, Heneghan e Peng hanno avvolto l’intera costruzione con setti trilitici formati da blocchi di basalto e con pilastri a tutta altezza, di diverso spessore e separati da intervalli di luci differenti. Osservandola dal mare e dalle aree di parcheggio, la costruzione ha l’aspetto di un cuneo nero affondato nel verde del terreno. La ripetizione dei pilastri e soprattutto il ritmo derivato dall’alternanza dei vuoti e dei pieni rendono evidente come realizzando quest’opera, anche dispetto da quanto suggerito dal disegno della sezione, Heneghan e Peng siano riusciti ad evitare le tentazioni del mimetismo in una situazione ambientale che non favoriva l’adozione di decisioni ad esse indifferenti.
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HENHEGAN PENG ARCHITECTS
Francesco Dal Co
DISTINCTIVE MEASURES
Heneghan Peng Architects Studio was founded by Roisín Heneghan and Shih-Fu Peng in 1999. The two architects especially made their names in 2003, when they won the international competition launched by the Egyptian Ministry of Culture for the construction of the Great Cairo Museum. The Giant's Causeway Visitors Centre in Bushmills, Northern Ireland, is the studio's most representative work and earned it the RIBA National Award; in 2013, it was included in the list for the RIBA Stirling Prize and the Mies van der Rohe Prize. The Giant’s Causeway is a spectacular rock formation on the north-east coast of Ireland. It has been an UNESCO “World Heritage Site” for some time. This site attracts about 500,000 visitors every year. The Visitor Centre stands next to an old hotel; it is hidden under green roofs and exploits the unevenness ground to emerge with a square main façade and, on one side, a triangular face, above which a long, grassy ramp leads down to the sea. The simple geometry of these exteriors is reflected inside, where the styling chosen by the designers makes the most of the dry reinforced concrete coverage. Echoing the impact of the astonishing geometries of the rock formations along the coast, Heneghan and Peng enclosed the entire building with tri-lithic walls comprising basalt blocks and full height pillars of various thicknesses separated by windows are irregular intervals. When observed from the sea and the parking areas, the building resembles a black wedge sunk into the green landscape. The repetition of the pillars and especially the rhythm achieved by alternating voids and solids highlight how Heneghan and Peng - in developing this project and despite the impression given by the cross-section drawing - managed to avoid the temptations of camouflage in an environmental setting that left little scope for decisions unable to take the context into consideration.
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Giant’s Causeway Center Giant’s Causeway Center
Giant’s Causeway Center
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HENHEGAN PENG ARCHITECTS
Il Giant's Causeway si trova ad un paio di chilometri da Bushmills ed è parte della concrezione basaltica esagonale che caratterizza la costa dell’Irlanda del Nord. Il sito è un’importante meta turistica che nel corso degli ultimi decenni ha visto crescere rapidamente il numero di visitatori. Il grande afflusso ha richiesto il progetto di un nuovo centro per visitatori che non turbasse il paesaggio della scogliera e delle distese verdi che la circondano. Per questo motivo l’intervento è accuratamente scolpito in questo paesaggio ed è visibile dall’entroterra, ma, man mano che ci si avvicina alla costa, tende a scomparire. Il complesso è stato realizzato come due pieghe nel paesaggio: una in direzione nord rivela l’artificialità della costruzione, mentre la seconda sottrae dalla vista il parcheggio. Le due parti del progetto sono attraversate da una rampa che conduce al crinale sulla costa. Internamente l’edificio può essere inteso come una serie di gradini collegati da rampe, chiaro riferimento alla scogliera. Questi elementi permettono l’articolazione delle differenti attività che si svolgono all’interno degli edifici, seguendo un percorso fluido che contrasta volutamente con la regolarità dell’edificio. Questo percorso che attraversa l’edificio conduce in ultimo alla scogliera. La forma dell’edificio è definita attraverso un’efficace reinterpretazione della natura litica del luogo: i prospetti – che sono i bordi delle pieghe – sono disegnati da elementi verticali di pietra che richiamano il paesaggio basaltico del sito. L’espressività architettonica e la qualità dello spazio interno è definita dall’intreccio delle colonne di pietra di basalto e le vetrate, dove i cambiamenti di trasparenza e opacità arricchiscono il percorso del visitatore.
Giant's Causeway Centre
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The Giant's Causeway is located a few miles from Bushmills and is part of the hexagonal basalt concretion characterising the coast of Northern Ireland. The site is an important tourist destination and in recent decades has seen rapidly growing visitor numbers. This large influx prompted the need for a new visitor centre that does not interfere with the landscape of cliffs and the green expanses surrounding it. For this reason, the project was carefully carved into this landscape and is visible from the hinterland but, as one moves closer to the coast, seems to disappear. The complex was implemented as two folds in the landscape: the north fold highlights the artificiality of the building, while the second hides the parking area from view. The two parts of the project are crossed by a ramp leading to the ridge on the coast. The interior of the building can be interpreted as a series of steps connected by ramps - a clear reference to the cliff itself. These elements reinforce the articulation of the various activities taking place inside these buildings, following a fluid path that contrasts deliberately with the regularity of the building. This path through the building finally leads to the cliff. The shape of the building is defined through an impressive reinterpretation of the stone nature of the site: the perspectives - the edges of the folds - are defined by vertical stone elements that recall the basaltic landscape of the site. Architectural expressiveness and the quality of the interior facilities are space defined by the combination of the basalt columns and windows, where changes in transparency and opacity enhance the route taken by visitors.
Giant’s Causeway Center Giant’s Causeway Center
Dati di progetto Project sheet
Titolo dell’opera Project Title Centro visitatori Giant’s Causeway Giant’s Causeway Visitor Centre Indirizzo Project Address 44 Causeway road, Bushmills BT57 8SU, Northern Ireland Data di progettazione Design period 2006-2010 Data di costruzione Construction period 2010-2012 Committente Client National Trust Architetti Architects Heneghan Peng Architects Gruppo di progetto concorso Project team competition Shih-Fu Peng, Róisín Heneghan (project directors) Chris Hillyard, Aideen Lowery, Marcel Piethan Progettazione e fasi esecutive Project design and construction stages Shih-Fu Peng, Róisín Heneghan (project directors) Julia Loughnane (project architect) Catherine Opdebeeck, Monika Arczynska, Padhraic Moneley, Jorge Taravillo Canete, Chris Hillyard, Kathrin Klaus, Carmel Murray, Helena del Rio, Marcel Spicak Direzione lavori Construction management Edmond Shipway, Northern Ireland Strutture Structural engineers Arup, UK Appaltatore generale Building general contractor Gilbert-ASH, UK Materiali lapidei utilizzati Stone material employed Basalto North Antrim Coast Fornitura pietre Stone supplier S McConnell & Sons Ltd, Northern Ireland Istallazione pietre Stone placement S McConnell & Sons Ltd, Northern Ireland
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HENHEGAN PENG ARCHITECTS
Planimetria Site plan
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Giant’s Causeway Center Giant’s Causeway Center
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Prospetto est East elevation
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5 10 m
Prospetto sud South elevation
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5 10 m
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HENHEGAN PENG ARCHITECTS
Sezione longitudinale Longitudinal section
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5 10 m
Sezione trasversale Cross section
0
5 10 m
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Giant’s Causeway Center Giant’s Causeway Center
Veduta del complesso da est East view of the complex
Ri.Uso del Basalto Assecondando la preferenza del cliente di utilizzare Basalto nord-irlandese, il progetto è stata determinato dalla proprietà del materiale. I test infatti hanno dimostrato un’elevata resistenza alla compressione del Basalto locale, la quale ha influenzato le soluzioni costruttive. Questa pietra non può essere tagliata in lastre sottili, così non poteva essere utilizzato nessun metodo di rivestimento standard. La geometria dei pilastri è stata definita sulla base di dimensioni minime accettabili: 150 mm come il più piccolo spessore possibile, diventato modulo base dell'intera facciata.
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Sono stati sviluppate tre diverse soluzioni di accatastamento della pietra: i pilastri più piccoli (150 e 300 mm di spessore) con cavi pre o post compressi che assicurano stabilità, quelli di medie dimensioni con piastre metalliche orizzontali e pilastri strutturali con blocchi di pietra sovrapposti e fissati. Le lastre di vetro interposte migliorano la loro stabilità e quindi nel progetto non ci sono pilastri liberi di piccolo formato. Ulteriori indicazioni riguardo il fissaggio, le tolleranze e il trattamento sono stati suggeriti dall’esperienza degli installatori della S McConnell & Sons Ltd.
Re.use of Basalt According to the Client’s preference to use Northern Irish basalt, the design was determined by the material’s properties. Tests proved local basalt’s high compressive strength which influenced the construction solutions. The stone cannot be cut into thin slabs, so no standard cladding methods could be used. Mullions geometry was defined based on minimum acceptable dimensions. 150 mm as the smallest possible thickness became a basic module for the entire facade. Three different stone stacking solutions have
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been developed: the smallest mullions (150 and 300 mm thick) with pre- or poststressed cables providing stability, medium size mullions with horizontal metal plates and structural columns with stacked stone blocks fixed around. Glazing between the mullions improves their stability and therefore no free standing mullions of the smallest size occur in the project. Additional advice on fixing, tolerances and joint treatment which required experience with this particular stone came from stone contractors S McConnell & Sons Ltd.
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L'interno Interior Pagine precedenti: l’atrio d’ingresso Previous pages: the foyer
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Assonometria della facciata Façade axonometry
GL space for insulation stone cover block steel fixing to roof upstand beam stainless steel pressure plate stainless steel pre-/post-stressed cable
basalt bolcks slot for glazing
stainless steel pressure plate
Assonometria delle colonne di Basalto Axonometry of Basalt columns
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RÓISÍN HENEGHAN
Róisín ha lavorato dal 1987 al 2001 a New York, in vari studi. Il più significativo quello di Michael Graves Architect come Senior Associate. Nel 2001, dopo aver vinto il concorso internazionale di progettazione per i nuovi uffici civici ad Aras Chill Dara, in Irlanda, Róisín e Shih-Fu Peng creano lo studio Heneghan Peng Architects, che ha ottenuto un ulteriore successo con la vincita del concorso di architettura per il Grande Museo Egizio nel 2003. Con Shih-Fu Peng, Róisín sovrintende a tutto il lavoro di progettazione dello studio, con una particolare attenzione per l'integrazione del progetto nel paesaggio e la sua organizzazione spaziale. Róisín svolge attività come docente, tutor, visiting professor in varie università e ha partecipato come membro di giuria in diversi concorsi internazionali di architettura.
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Róisín worked from 1987 to 2001 in New York, most significantly for Michael Graves Architect as a Senior Associate. In 2001 after winning the international design competition for the new Civic offices, Aras Chill Dara, in Ireland, Róisín and Shih-Fu Peng established the practice of Heneghan Peng Architects, and had further success with competition wins, including the architectural competition for the Grand Egyptian Museum in 2003. With Shih-Fu Peng, Róisín oversees all of the design work in the office with a focus on the integration of the project into the overall land or cityscape and the spatial organisation of the project. Róisín has retained an academic discourse as a lecturer, tutor, visiting critic and reviewer at several universities. She has served as a jury member on several international architectural competitions.
SHIH-FU PENG
Shih-Fu ha lavorato a New York per Michael Graves Architect e come Associato con Skidmore, Owings and Merrill: la sua esperienza negli USA include i fabbricati per uffici e commerciali in ampliamento della Emory University. Shih-Fu nutre un particolare interesse per l’ingegneria e ha collaborato a stretto contatto con i progettisti di Arup per diverse strutture a ponte. Questo interesse si traduce anche alla scala degli edifici e si può notare in numerosi progetti dello studio, oggi attivo a Dublino e Berlino. Ha insegnato come visiting professor in numerose università.
Shih-Fu worked in New York for Michael Graves Architect and as an Associate with Skidmore Owings and Merrill. Experience includes office and commercial building in addition to University building for Emory University. Shih-Fu has a particular interest in the engineering element and has collaborated closely on the engineering of several long span bridges with Arup. This interest translates into a building scale and is visible in many projects. He has been invited to teach as a guest critic several universities.
Principali progetti di Heneghan Peng Architects: Casa dello studente per National University of Ireland Maynooth; Biblioteca, Università di Greenwich, Londra; Academic Building, Università di Greenwich, Londra; Galleria Nazionale d’Irlanda; Centro Nazionale per l’Arte Contemporanea, Mosca.
Heneghan Peng Architects projects: Student Housing for the National University of Ireland, Maynooth; Library, University of Greenwich, London; Academic Building, University of Greenwich, London; National Gallery of Ireland; National Centre for Contemporary Arts’, Moscow.
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PERRAUDIN ARCHITECTES Edilizia sociale in pietra massiva Cornebarrieu, Francia, 2011
Massive stone social housing Cornebarrieu, France, 2011
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Edilizia sociale in pietra massiva Massive stone social housing
Juan José Lahuerta
LA CASA DI PIETRA
Il progetto di Perraudin Architectes è interessante per l’uso che fa della pietra come materiale da costruzione, nel senso più letterale e tradizionale del termine. In questo caso la pietra non è, come in molte altre occasioni, un semplice materiale di rivestimento o ornamentale, ma determina direttamente tanto la struttura quanto la forma, così come la relazione fra entrambe. L’edificio è infatti costruito con muri di pietra e in questo modo, come spiegano gli stessi architetti, riesce ad assicurare di per sé sia le problematiche strutturali che dell’inerzia termica. Ma è pure evidente che il muro, in qualità di elemento primario della costruzione, è già di per sé sinonimo di casa fin dai tempi più remoti. Il muro è articolato in modo da formare scatole costruttive, che è appunto ciò che vediamo nelle piante di questo progetto: muri di pietra nelle facciate, un muro longitudinale che attraversa il rettangolo della pianta, e muri trasversali che chiudono i vani scale e le altre stanze, creando una maglia di sostegno essenziale, la quale permette al suo interno le forme logiche e necessarie dell’abitare. L’edificio presenta una organizzazione di pianta che si potrebbe definire evidente, precisamente perché non solo “contiene” pietra, ma perché “è” di pietra. Inoltre, trattandosi di un caso di social housing, generalmente associato a un uso di materiali più modesti, l’evidenza della pietra apporta alla struttura una maggiore dignità. La questione è interessante. Molte volte, l’idea di “nobilitare” l’edilizia sociale si è prodotta attraverso la radicalizzazione funzionale – nei lontani tempi dell’avanguardia – o tramite l’invenzione formale. In questo caso, invece, la proposta parte dalla qualità del materiale, dalla sua propria presenza, e dalla essenzialità della costruzione, nello stesso modo in cui la distribuzione delle piante interviene nella composizione delle facciate. La composizione dei blocchi nasce dal taglio della pietra e dalla decisione di collocare il muro portante in facciata: la casa, identificata con il muro, si mostra laconicamente come casa, niente di più. Difficilmente si potrebbe incontrare maggiore omogeneità sintetica fra costruzione, utilità e composizione – vale a dire firmitas, utilitas e venustas – che in questo “semplice” progetto.
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PERRAUDIN ARCHITECTES
Juan José Lahuerta
THE STONE HOUSE
This project by Perraudin Architectes is interesting in view of the use of stone as a building material in the most literal and traditional sense of the term. In this case, stone is not - as on many other occasions - merely a cladding or decorative material but directly defines structure and form alike, as well as the relationship between them. The building has stone walls and in this way, how the architects themselves explain, responds ideally to structural questions and thermal inertia. Yet it is also clear that the wall, as a primary element in the building, has itself been synonymous with “home” for time immemorial. The wall in turn creates constructional boxes, which is precisely what we see in the ground plans of this project: stone walls in the façades, a longitudinal wall crossing the rectangular ground plan, and crossways walls enclosing the stairwells and other rooms all combine to create a mesh of essential support that in turn allows the logical and necessary interiors forms of living spaces. The building has a ground plan organisation that one could well define as self-evident, precisely because it not only contains “stone” but because “it is” stone. All the more, since this is an example of social housing generally associated with the use of more modest materials, the impact of stone ensures mush more dignity for the building. This stimulates interesting debate. On many occasions, the idea of “dignifying” social housing was achieved through functional radicalisation - in long gone avantgarde times - or through formal invention. In this case, the proposal starts from the quality of the material, its emphatic presence and constructional simplicity, in much the same way as the distribution of the ground plans interacts with the composition of the façades. The blocklike composition arises from how the stone is cut and the decision to insert the load-bearing wall in the facade: the house, as identified by this wall, emerges laconically as a home and nothing more. One is unlikely to come across greater synthetic homogeneity between construction, utility and composition - namely benefit, utility and charm - than in this “simple” project.
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Edilizia sociale in pietra massiva Massive stone social housing
Edilizia sociale in pietra massiva
Fasi di lavorazione in cantiere Processing stages in construction site
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PERRAUDIN ARCHITECTES
L’utilizzo della pietra nell’architettura residenziale da sempre è associato alle classi più agiate: il palazzo del principe, come la chiesa e il municipio, emergevano dal tessuto di povere case realizzate con materiali più modesti. Il quartiere di edilizia sociale a Cornebarrieu (Tolosa) sembra contrastare questa secolare tradizione. La scelta di impiegare la pietra per questo tipo di residenza, associata a materiali industriali o comunque più modesti, è coerente con la filosofia progettuale di Perraudin. L’edificio per lui infatti non deve contenere la pietra, ma deve essere di pietra: non costosi rivestimenti decorativi ma sobrie ed economiche murature piene. Il complesso è poi stato realizzato con un’attenzione all’economia e all’efficienza energetica. La scelta della pietra massiva, in questo caso blocchi di Calcare di Beaulieu di spessore 0,4 metri, consente un risparmio del materiale: spessori sottili infatti avrebbero determinato lo scarto di gran parte del materiale a causa dei difetti della pietra. Allo stesso tempo l’utilizzo di blocchi massivi contribuisce a garantire una forte inerzia termica che, combinata con la ventilazione naturale e il raffrescamento portato dalle logge, consente di ottenere un grande comfort degli alloggi. Questo tipo di progetto ci ricorda, come afferma Perraudin, la contemporaneità della costruzione in pietra, anche in relazione ad alcuni temi che sembrano essere il campo privilegiato dei materiali industriali. La pietra massiva consente infatti una costruzione a secco, rapida e con un cantiere relativamente semplice, mentre le sue proprietà fisiche permettono di affrontare questioni come il controllo climatico e l’efficienza energetica. Un altro aspetto assolutamente innovativo è la possibilità di riciclare i blocchi una volta che l’edificio ha esaurito la sua funzione, facendo vedere con occhi diversi la perennità della pietra.
Massive stone social housing
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The use of stone in residential architecture has always been associated with the upper classes: princely palaces, churches and town halls emerged from fabric of poor houses built using more modest materials. The social housing district in Cornebarrieu (Toulouse) seems to go against this century-old tradition. The decision to use stone for this type of residence, more usually associated with industrial or more modest materials, is consistent with Perraudin's design philosophy. For him, buildings must not contain stone but must be of stone: no expensive decorative claddings but sober and economic solid masonry. The complex was ultimately built with close attention to economy and energy efficiency. The choice of solid stone, in this case, blocks of Beaulieu Limestone 0.4 m thick, helps save material: thinner slabs would have caused wastage of a great deal of the material because of the defects found in this stone. At the same time, the use of solid blocks helps ensure significant thermal inertia which, combined with the natural ventilation and cooling achieved by the lodges, ensures excellent comfort in these homes. This type of project reminds us, as Perraudin himself says, of the contemporary nature of stone buildings, even in relation to certain topics that seem to be the preferential field for industrial materials. Solid stone allows dry, fast construction with a relatively simple site, while its physical properties make it possible to tackle questions such as air conditioning and energy efficiency. Another absolutely innovative aspect is the ability to recycle the blocks once the building has terminated its purpose, thereby interpreting the durability of stone in yet another way.
Edilizia sociale in pietra massiva Massive stone social housing
Dati di progetto Project sheet
Titolo dell’opera Project Title Edilizia sociale in pietra massiva Massive stone social housing Indirizzo Project Address Zac Monges Croix du Sud, Cornebarrieu, France Data di progettazione Design period 2007-2009 Data di costruzione Construction period 2009-2011 Committente Client Promologis Architetti Architects Gilles Perraudin Architecte Elisabeth Polzella Associate Architect Gruppo di progetto Project team Nobouko Nansenet Norbert Etilé Direzione lavori Construction management GEC Rhône-Alpes, France Strutture Structural engineers BE Martin, France Appaltatore generale Building general contractor Independant firms Materiali lapidei utilizzati Stone material employed Limestone from Beaulieu (Hérault 34) Fornitura pietre Stone supplier Proroch, France Istallazione pietre Stone placement Miquel, France
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Pianta piano tipo Standard plan 0
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Veduta assonometrica dalla corte Axonometric view from the courtyard 0
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Veduta assonometrica dall’esterno Axonometric view from outside 0
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Edilizia sociale in pietra massiva Massive stone social housing
La Pietra di Beaulieu Il progetto dei venti alloggi sociali a Cornebarrieu è stato realizzato impiegando blocchi di una pietra calcarea di colore beige chiaro, la Pietra di Beaulieu, estratta nei pressi di Montpellier. I blocchi hanno una dimensione determinata dai mezzi utilizzati nelle cave di estrazione, in modo da ottimizzarne il costo. Tutte le strutture hanno uno spessore di 40 cm, a eccezione dei garages che hanno muri di 30 cm. Le altezze dei blocchi sono di 90 cm, e 60 cm per ogni piano, permettendo di ottenere un’altezza tra solai di 250 cm con solo 3 blocchi (90+90+60 più legante). Le pareti in blocchi costituiscono la scatola muraria, ma anche i muri divisori tra le unità immobiliari. Essi non sono isolati termicamente, ma le loro caratteristiche tecniche (porosità di quasi 30%) permettono una buona inerzia. Anche se la pietra costituisce la gran parte dell’edificio (il basamento, i muri, le cornici marcapiano, i garages) la loro incidenza finanziaria rispetto al totale del progetto è solo del 11%. La semplice tecnica di montaggio infatti ha permesso di risparmiare tempo nella messa in opera in cantiere e soprattutto ha garantito il rispetto della «charte chantier vert» imposta dal piano urbanistico: le pietre arrivavano già a dimensione in cantiere, bastava solo montarle con una gru, limitando considerevolmente gli sprechi.
Dettagli costruttivi Executive details
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Beaulieu Stone The social housing project involving 20 homes in Cornebarrieu was implemented by using blocks of light beige limestone (Beaulieu Stone, quarried near Montpellier). The blocks have dimensions defined by the quarry equipment in order to optimise costs. All structures are 40 cm thick, with the exception of the garages that have walls 30 cm thick. The blocks are 90 cm and 60 cm high for each storey, thereby allowing a height between floors of 250 cm using only 3 blocks (90+90+60 plus bonding agent). These block walls form the masonry box, as well as the partition walls between the home units. They are not thermally insulated but their technical features (almost 30% porosity) allow good inertia. Although stone is used for much of the building (basement, walls, cornices, garages), it total financial impact on the project only comes to 11%. The simple assembly technique has made it possible to save time during onsite installation and especially ensured compliance with «charte chantier vert» imposed by town planning regulations: the blocks were delivered on site already cut to size and only required positioning using a crane, thereby considerably reducing waste.
Costruzione in pietra massiva Massive stone construction
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Veduta della loggia View of the lodge A destra: particolare del vano scale On the right: detail of stairwell
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Assonometrie di parti dell’edificio Axonometries of some parts of the building
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GILLES PERRAUDIN
Gilles Perraudin è nato a Bourgoin-Jallieu il 31 gennaio 1949. Laureato alla Scuola di Architettura di Lione, dal 1980 approfondisce e sviluppa la riflessione sull’ambiente, la durabilità, il risparmio energetico, il clima, i materiali, in particolare il legno e la pietra massiccia, utilizzata in numerose realizzazioni senza cemento o acciaio: Cantine di Vauvert, Nizas e Solan, Museo del Vino a Patrimonio (Corsica). Dal 1974 al 1997 ha insegnato in numerose Scuole di Architettura (Lione, Oslo, Houston, Copenhagen), dal 1996 è professore ordinario alla Scuola di Architettura di Languedoc Roussilon. È membro dell’Accademia Francese di Architettura. Nel 2001 ha ricevuto l’International Award Architecture in Stone; il complesso di Cornebarrieu è stato nominato al Mies van der Rohe Award 2013. Dal 2004 al 2012 è stato titolare della società Perraudin Architectes con Elisabeth Polzella, che ha collaborato come Architetto Associato al progetto.
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Gilles Perraudin was born in Bourgoin-Jallieu on 31 January 1949. He graduates from the School of Architecture in Lyon and since 1980 has deepened and developed his approach to the environment, durability, energy efficiency, climate and materials, especially the wood and solid stone used in many completed projects without involving cement or steel: Wine Cellars in Vauvert, Nizas and Solan, the Wine Museum in Patrimonio (Corsica). Between 1974 and 1997, he taught in many Schools of Architecture (Lyon, Oslo, Houston, Copenhagen) and in 1996 was appointed Professor at the Languedoc Roussillon School of Architecture. He is a member of the French Academy of Architecture. He received the International Award Stone Architecture in 2001; Cornebarrieu's complex was also nominated for the Mies van der Rohe Award in 2013. Between 2004 and 2012, he was the owner of the Perraudin Architectes company with Elisabeth Polzella, who worked as an Associate Architect on this project.
Edilizia sociale in pietra massiva Massive stone social housing
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
ADALBERTO LIBERA (1903-1963) Unità di abitazione orizzontale nel quartiere Tuscolano Roma, Italia, 1950-1954
Horizontal home units in the Tuscolano district Rome, Italy, 1950-1954
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UnitĂ di abitazione orizzontale Horizontal home units
Francesco Dal Co
UN QUARTIERE MODELLO PER LA RICOSTRUZIONE NELL’ITALIA POSTBELLICA
Il 28 febbraio 1949 il Parlamento della Repubblica Italiana approvò il progetto di legge “Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori”, noto come il Piano INA-Casa. L’elaborazione dei progetti promossi dal Piano era direttamente controllata da un ufficio costituito all’uopo che si atteneva a linee guida definite da appositi “Manuali”. Dal 1949 al 1954 Adalberto Libera (1903-63) ricoprì la carica di dirigente dell’Ufficio progettazione dell’INA-Casa. Nel 1950, contribuendo al secondo fascicolo pubblicato dall’INA-Casa, Piano Incremento occupazione operaia. Case per lavoratori, Libera chiarì le premesse di quanto nel frattempo andava progettando nel quartiere Tuscolano a Roma. In questo complesso residenziale le cellule abitative vennero accorpate da Libera in unità residenziali a un piano, aggregate a formare unità che includevano giardini interni e erano servite da una rete viaria secondaria. Al centro della trama costituita dalle unità d’abitazione orizzontali sorgeva un edificio di tre piani con residenze a ballatoio. Mentre le unità d’abitazione vennero costruite nella maniera più tradizionale e ancora oggi dichiarano con franchezza le proprie ascendenze mediterranee, l’edificio alto mostra con decisione sia la struttura in cemento armato che lo caratterizza sia la natura dell’involucro, chiaramente allusivo a una tecnica costruttiva industrializzata. Nel quartiere Tuscolano venne così messa in mostra la non conflittualità delle scelte di fronte alle quali si trovò l’INA-Casa, l’organismo che maggiormente contribuì alla ricostruzione e, soprattutto, al rinnovamento delle periferie delle città italiane nel secondo dopoguerra. Questa alternativa consisteva nel puntare sulla costruzione di abitazioni realizzate adottando tecniche tradizionali e artigianali, impiegando abbondantemente mano d’opera non qualificata, ma anche sulle sperimentazioni tecnicamente più avanzate. Merito della concezione maturata da Libera circa la natura dei nuovi quartieri che avrebbero dovuto indirizzare razionalmente lo sviluppo urbano, fu di dimostrare che quella alternativa era soltanto apparente, come prova il quartiere Tuscolano a Roma, uno dei più brillanti lasciti della cultura architettonica italiana del secondo Novecento.
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ADALBERTO LIBERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
Francesco Dal Co
A MODEL DISTRICT FOR RECONSTRUCTION IN POST-WAR ITALY
On 28 February 1949, the Italian Parliament approved the draft law “Measures to increase worker employment and facilitate the construction of homes for workers”, known as the INA-Casa Plan. The development of projects promoted by this Plan was directly controlled by an Office set up for the specific purpose which adhered to guidelines defined in special “Manuals”. Adalberto Libera (1903-63) was the Director of the INA-Casa Planning Office between 1949 and 1954. In 1950, in his contribution to the second dossier published by INA-Casa - Plan to Increase Workers Employment, Homes for Workers - Libera clarified the premises underlying the design project for the Tuscolano district in Rome. In this residential complex, Libera incorporated housing cells into single-storey residential units, linked with each other to form units that included courtyard gardens, that were served by a secondary road system. A threestorey building with terraced homes stood in the middle of these horizontal housing units. While the housing units were built in a very traditional manner and still today reflect their Mediterranean background, this highrise building clearly demonstrates its characteristic concrete structure and the nature of the shell, that evidently alludes to industrialised construction techniques. The Tuscolano district consequently highlights the non-conflictual character of the choices facing INA-Casa, the body that most contributed to reconstruction and, above all, the renovation of suburbs in Italian cities after the second world war. This choice focused on building homes using traditional techniques and crafts, employing a great many unskilled workforce, as well as carrying out technically more advanced experiments. Libera’s concept of the nature of the new neighbourhoods intended to address urban development in a rational manner had the merit of demonstrating that the alternative choice was only apparent, as proven by the Tuscolano district in Rome, one of the finest legacies of Italian architectural culture in the second half of the twentieth century.
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Unità di abitazione orizzontale Horizontal home units
Unità di abitazione orizzontale nel quartiere Tuscolano
Nel complesso di edilizia sociale INA Casa del Tuscolano il paradigma mediterraneo viene declinato in maniera da esprimere il dialogo tra modernità e tradizione. Da un lato infatti le coperture delle case e degli spazi comuni sono in cemento armato e seguono forme, strutture e spessori che concorrono a dichiararne la modernità come avviene nel corpo centrale multipiani con struttura in cemento armato. Dall’altro invece il recinto comune delle case monopiano con patio è un arcaico muro “alla romana”, realizzato in grossi blocchi poligonali sbozzati che ricorda invece una dimensione tattile da mantenere anche nella nuova architettura. Il materiale è un tufo litoide, noto anche come Tufo Lionato, un’ignimbrite del Vulcano dei Colli Albani che ricopre a Roma un’area di oltre 1200 kmq, con spessori che arrivano oltre 40 m. e si presenta con la tipica tinta rosso fulvo, da cui deriva il termine “lionato”. Costituito da piccole scorie, pomici e frammenti litici cementati da una matrice vulcanica è un materiale abbastanza compatto, poco pesante, con discreta resistenza a compressione. Assai diffuso in area romana è stato impiegato in varie epoche nella costruzione di insigni monumenti. In età augustea fu impiegato in rocchi per colonne scanalate nei templi dell’area sacra di Largo Argentina, in blocchi per i setti radiali del Colosseo, il Tempio di Vesta, la Basilica Giulia. La facilità di estrazione e lavorazione ha esteso il suo impiego con le tradizionali tecniche murarie nell’edilizia locale romana fino al secondo dopoguerra del Novecento. Per questo la sua presenza nelle case di Libera del Tuscolano rappresenta una “naturale” saldatura tra modernità e tradizione. Utilizzato nei muri di facciata e di recinzione dei bassi edifici monopiano il Tufo Lionato è stato artigianalmente montato in conci con apparecchiatura a opus poligonale, simile a quella del muro perimetrale del Mausoleo delle Fosse Ardeatine, che ha preceduto questo intervento solo di pochi anni.
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Premio ad memoriam Ad memoriam Award
ADALBERTO LIBERA
Planimetria generale General plan UnitĂ di abitazione orizzontale Horizontal home units 107
Veduta generale General view
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ADALBERTO LIBERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
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UnitĂ di abitazione orizzontale Horizontal home units
Ingresso alle unitĂ residenziali Entrance to the residential units A destra: schizzo e pianta tipo On the right: sketch and standard plan
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ADALBERTO LIBERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
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UnitĂ di abitazione orizzontale Horizontal home units
Horizontal home units in the Tuscolano District
The INA-CASA complex in the Tuscolano district interprets the Mediterranean paradigm in a way that ensures dialogue between modernity and tradition. On the one hand, the roofs of houses and the shared facilities are in reinforced concrete and follow forms, structures and thicknesses that combine in a statement of modernity, as is the case for the main multistorey building and its reinforced concrete structure. On the other hand, the common enclosure of the single-storey buildings is an archaic “Roman style” wall made up of large, polygonal roughed out blocks recalling a tactile dimension that deserves being retained even in new architecture. The material in question of Lionato Tuff, an ignimbrite from the Colli Albani volcano area near Rome measuring more than 1200 sq km, with thicknesses even in excess of 40 m; it has a typical tawny red colour which inspired the name “lionato”. Made up of small slag, pumice and stone fragments cemented by a volcanic matrix, it is a fairly compact and not very heavy material with fairly good compression strength. It is common in the Rome area and was used in various periods to building many of the city’s outstanding monuments. During the Augustan age, it was used in the form of drums for the fluted columns of temples in the holy area now known as Largo Argentina, in blocks for the radial walls of the Colosseum, the Temple of Vesta and the Giulia Basilica. The stone is easy to quarry and process and this extended its use with conventional masonry techniques in local buildings in Rome in the post-war years. Libera's choice of this stone for the in homes in the Tuscolano district ensured a “natural” link between modernity and tradition. The Lionato Tuff used in the facade walls and enclosures of these single-storey, low-rise buildings was installed by hand in the form of polygonal ashlars similar to the perimeter wall of the Fosse Ardeatine Mausoleum, completed a few years prior to the housing project.
Edificio a ballatoio Building with balcony
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ADALBERTO LIBERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
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UnitĂ di abitazione orizzontale Horizontal home units
Veduta generale e schizzi dell’autore General view and Libera’s sketches
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ADALBERTO LIBERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
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UnitĂ di abitazione orizzontale Horizontal home units
Veduta dal portico della palazzina View from the building portico
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ADALBERTO LIBERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
Ingresso alle unitĂ residenziali Entrance to the residential units
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UnitĂ di abitazione orizzontale Horizontal home units
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ADALBERTO LIBERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award
ADALBERTO LIBERA
Nato a Villa Lagarina nel 1903, si trasferisce a Roma dove si laurea alla Scuola superiore di Architettura nel 1928. Entrato a far parte del Gruppo 7, svolge nella capitale un’opera di diffusione dei principi razionalisti organizzando la I Esposizione italiana di architettura razionale. Degli anni Trenta sono le prime realizzazioni architettoniche: la colonia Gil a Portocivitanova, la scuola elementare «R. Sanzio» a Trento, il Palazzo delle Poste all’Aventino a Roma. Nel superamento dell’individualismo e nella riproposizione dei valori classici misurati anche sulle istanze sociali dell’architettura, fonda la sua idea di “stile”. Questi temi si intrecciano anche nel Palazzo dei Congressi all’E 42 (1937-1942). Dello stesso periodo è la villa Malaparte a Capri, una delle opere più riuscite del Razionalismo italiano. Dei quartieri realizzati a Roma tra gli anni Cinquanta e Sessanta i più emblematici sono, oltre al Tuscolano, il Villaggio Olimpico (1957-1960) e il complesso residenziale lncis a Decima (1960-1966).
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Born in Villa Lagarina, Trento, in 1903, Libera moved to Rome where he graduated from the School of Architecture in 1928. He joined Gruppo 7 and helped to promote in Rome the rationalist principles espoused by this group of architects by organising the first Italian Exhibition of Rational Architecture. The 1930s saw his first architectural projects: The Gil Children’s Holiday Centre in Portocivitanova, the «R. Sanzio» Elementary School in Trento, the Post Office building on the Aventine Hill in Rome. His idea of “style” was based on overcoming individualism and the revival of classical values even in social architecture applications. These themes are also interwoven into the E 42 Congress Centre (1937-1942). Villa Malaparte in Capri dates from the same period, one of the best-known works of Italian Rationalism. The most emblematic districts completed in Rome in the 1950s and 1960s over and above Tuscolano include the Olympic Village (1957-1960) and the Incis residential complex in Decima (1960-1966).
Unità di abitazione orizzontale Horizontal home units
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Premio Internazionale Architetture di Pietra International Award Architecture in Stone Le precedenti edizioni The previous editions
Dalla sua istituzione nel 1987 l’International Award Architecture in Stone registra i mutamenti che il mondo dell’architettura ha prodotto in termini di linguaggi e di tecniche nel progetto litico. Attraverso gli strumenti comunicativi, mostre, convegni, pubblicazioni, messi in atto nelle diverse edizioni di Marmomacc il Premio si è caratterizzato come fondamentale strumento per architetti, ingegneri, designer e mondo universitario impegnati nella ricerca di un uso dei materiali lapidei coerente con la disciplina costruttiva tradizionale e contemporaneamente aperto all’innovazione e alla sperimentazione. Nelle diverse edizioni il Premio si è avvalso di una Giuria internazionale di storici e critici di architettura di eccellenza con diverso orientamento culturale. Ciò che ha garantito – oltre alla qualità delle singole opere – la pluralità delle scelte permettendo di tracciare in una sequenza temporale sufficientemente ampia uno spaccato dell’architettura internazionale da un punto di vista particolare, quello della cultura litica, di costante attualità.
Since it was first held in 1987, the International Stone Architecture Award has reflected the changes that the world of architecture has generated in terms of styles and techniques when designing projects using stone materials. Communication tools, exhibitions, conferences and publications implemented during the various editions of Marmomacc have ensured that the Award is seen as a fundamental tool for all architects, engineers, designers and academics involved in research into the use of stone materials in keeping with traditional construction disciplines yet at the same time open to innovation and experimentation. All previous editions of the Award boasted International Juries comprising renowned historians and critics of architecture with far-reaching cultural expertise. This, over and above the quality of individual projects, has ensured a plurality of choices over a sufficiently broad timeline in turn making it possible to define a crosssection of international architecture from a special and constantly topical point of view - namely, the culture of stone.
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1987
Giuria Jury
I edizione edition
Mario Bellini Direttore di Domus Kenneth Frampton Columbia University di New York Vittorio Magnago Lampugnani Vice direttore di Domus Christian Norberg-Schulz Direttore della Architektøgskolen di Oslo Vincenzo Pavan Coordinatore
Opere premiate Awarded projects Can Lis Colonia del Silencio Porto Pedro, Mallorca, Spagna, 1975-1979 JØRN UTZON
Mecklenburg County Courthouse Charlotte, North Carolina, USA, 1975-1979 HARRY CHARLES WOLF
Sede centrale della Banca Popolare di Verona Verona, Italia, 1973-1981 CARLO SCARPA e ARRIGO RUDI
Cassa Rurale e Artigiana dell’Alta Brianza Alzate Brianza, Como, Italia, 1978-1983 ADOLFO NATALINI
AT&T Corporate Headquarters New York, N.Y., USA, 1979-1984 PHILIPH JOHNSON e JOHN BURGEE
Ministry of Foreign Affairs Riyadh, Saudi Arabia, 1979-1984 HENNING LARSEN
Die Neue Staatsgalerie Stuttgart Stuttgart, Germania, 1978-1984 JAMES STIRLING e MICHAEL WILFORD
Museum of Contemporary Art Los Angeles, California, USA, 1981-1986 ARATA ISOZAKI & ASSOCIATES
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1991
Giuria Jury
II edizione edition
Ignazio Gardella Architetto Alessandro Mendini Architetto Christian Norberg-Schulz Direttore della Architektøgskolen di Oslo Vincenzo Pavan Coordinatore Boris Podrecca Architetto
Opere premiate Awarded projects Uffici della Banca Commerciale Italiana New York, N.Y., USA, 1981-1987 GINO VALLE
Banco de España Jaén, Andalusia, Spagna, 1983-1988 JOSÉ RAFAEL MONEO
Monastero delle Carmelitane Quart, Aosta, Italia, 1985-1989 ROBERTO GABETTI, AIMARO ISOLA e GUIDO DROCCO
Hotel Il Palazzo Fukuoka, Giappone, 1987-1989 ALDO ROSSI
Place Stalingrad Parigi, Francia, 1985-1989 BERNARD HUET
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Percorsi pavimentati per l’Acropoli Atene, Grecia, 1951-1957 DIMITRIS PIKIONIS
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1993 III edizione edition
Giuria Jury Ignasi de Solá-Morales Escuela Tecnica Superior de Arquitectura de Barcelona Bernard Huet École d’Architecture di Paris Belleville Fulvio Irace Politecnico di Milano Christian Norberg-Schulz Direttore della Architektøgskolen di Oslo Vincenzo Pavan Coordinatore
Opere premiate Awarded projects Seattle Art Museum Seattle, USA, 1984-1991 ROBERT VENTURI e DENISE SCOTT BROWN & ASSOCIATES
Palazzo dei Congressi e delle Esposizioni di Castiglia e León Salamanca, Spagna, 1985-1992 JUAN NAVARRO BALDEWEG
Centro Culturale di Bélem Lisbona, Portogallo, 1988-1993 GREGOTTI ASSOCIATI e MANUEL SALGADO
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Quartiere di Climat de France Algeri, Algeria, 1955-1957 FERNAND POUILLON
Moschea di Diar el Mahçoul Algeri, Algeria, 1954-1955 FERNAND POUILLON
Abbazia di Saint-Joseph Cotignac, Francia, 1975-1983 FERNAND POUILLON
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1995 IV edizione edition
Giuria Jury Vittorio Magnago Lampugnani ETH di Zurigo Christian Norberg-Schulz Direttore della Architektøgskolen di Oslo Werner Oechslin ETH di Zurigo Vincenzo Pavan Université de Montréal Joseph Rykwert Pennsylvania University di Philadelphia
Opere premiate Awarded projects Centro Galiziano di Arte Contemporanea Santiago de Compostela, Spagna, 1988-1993 ÀLVARO SIZA
Casa di Riposo per anziani Coira, Masans, Svizzera, 1989-1993 PETER ZUMTHOR
Casa nel Bom Jesus Dadim, Braga, Portogallo, 1989-1994 EDUARDO SOUTO DE MOURA
Cappella del Monte Tamaro Rivera, Canton Ticino, Svizzera, 1990-1995 MARIO BOTTA
Pavimentazione del Royal Mile Edimburgo, Scozia, United Kingdom, 1992-1995 PAGE & PARK ARCHITECTS con IAN WHITE ASSOCIATES
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Dipoli, Centro studentesco Espoo, Finlandia, 1961-1966 REIMA PEITILÄ
Mica Moraine, Residenza Presidenziale Mäntyniemi, Helsinki, Finlandia, 1983-1993 REIMA PEITILÄ
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1997 V edizione edition
Giuria Jury François Burkhardt HBK di Saarbrüken Fulvio Irace Politecnico di Milano Christian Norberg-Schulz Direttore della Architektøgskolen, Oslo Vincenzo Pavan New Jersey Institute of Technology Gisela Podreka Architetto
Opere premiate Awarded projects Nuove infrastrutture comunali Iragna, Canton Ticino, Svizzera, 1990-1995 RAFFAELE CAVADINI
DOMUS, la Casa del Hombre La Coruña, Spagna, 1993-1995 ARATA ISOZAKI
Sede amministrativa della Banca regionale centrale di Sassonia e Turingia Lipsia, Germania, 1994-1996 HANS KOLLHOFF Polo universitario Giuridico ed Economico e Biblioteca universitaria Amiens, Francia, 1992-1997 FRANCESCO VENEZIA Facoltà di Agraria Reggio Calabria, Italia, 1987-1997 CLAUDIO D’AMATO
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Chiesa di San Giovanni Battista Autostrada del Sole, Firenze Nord, Campi Bisenzio, Firenze, Italia, 1960-1964 GIOVANNI MICHELUCCI
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1999 VI edizione edition
Giuria Jury Francesco Dal Co Università di Venezia Fulvio Irace Politecnico di Milano Werner Oechslin ETH di Zurigo Vincenzo Pavan Coordinatore Mirko Zardini Università di Ferrara
Opere premiate Awarded projects Edificio per appartamenti e uffici BEWAG Berlino, Germania, 1994-1997 MAX DUDLER
Azienda vinicola Dominus Yountville, California, USA, 1995-1998 JACQUES HERZOG & PIERRE DE MEURON
Ampliamento dell’edificio municipale Murcia, Spagna, 1991-1998 JOSÉ RAFAEL MONEO
Villa Loredan, Sede Gruppo Benetton Volpago del Montello, Treviso, Italia, 1991-1998 AFRA E TOBIA SCARPA
Bagni termali Vals, Svizzera, 1991-1996 PETER ZUMTHOR
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Negozio Olivetti a Piazza S. Marco Venezia, Italia, 1957-1958 CARLO SCARPA
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2001 VII edizione edition
Giuria Jury Francesco Dal Co Università di Venezia Bernard Huet École d’Architecture di Paris Belleville Werner Oechslin ETH di Zurigo Vincenzo Pavan USA Institute Italy Dietmar Steiner Direttore Architektur Zentrum Wien
Opere premiate Awarded projects Ampliamento del Parlamento portoghese Lisbona, Portogallo, 1994-1999 FERNANDO TÁVORA
Magazzino di un’azienda vinicola Vauvert, Francia, 1996-1999 GILLES PERRAUDIN
Stone Museum Tochigi, Giappone, 1996-2000 KENGO KUMA & ASSOCIATES
Ripristino di Piazza Grande Palmanova, Udine, Italia, 1997-1999 FRANCO MANCUSO
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Beinecke Rare Book and Manuscript Library Yale University, New Haven, USA, 1960-1963 GORDON BUNSHAFT
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2003 VIII edizione edition
Giuria Jury François Burkhardt Storico dell’Architettura Fulvio Irace Politecnico di Milano Juan José Lahuerta Facoltà di Architettura di Barcellona Werner Oechslin ETH di Zurigo Vincenzo Pavan USA Institute Italy
Opere premiate Awarded projects Passerella Suransuns Viamala, Cantone dei Grigioni, Svizzera, 1997-1999 CONZETT-BRONZINI-GARTMANN AG
Palazzo della Presidenza del Governo delle Isole Canarie Santa Cruz de Tenerife, Spagna, 1986-2000 AMP ARQUITECTOS
Leibniz Kolonnaden in Walter Benjamin Platz Berlino, Germania, 1994-2000 HANS KOLLHOFF & HELGA TIMMERMANN
Pariser Platz 3/DZ Bank Berlino, Germania, 1994-2001 FRANK O. GEHRY
Nuova corte interna all’isolato ai Bottari Siracusa, Italia, 1997-2001 VINCENZO LATINA
Vulcania. Parco Europeo di Vulcanesimo St. Ours-Les-Roches, Clermont-Ferrand, Francia, 1993-2002 HANS HOLLEIN
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Casa Lina Marmore, Terni, Italia, 1964-1967 MARIO RIDOLFI
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2005 IX edizione edition
Giuria Jury Alfonso Acocella Facoltà di Architettura, Università di Ferrara Vittorio Magnago Lampugnani ETH di Zurigo Werner Oechslin ETH di Zurigo Vincenzo Pavan co-director USA Institute Italy Antonio Pizza Escuela Tècnica Superior de Arquitectura de Barcelona
Opere premiate Awarded projects Boston Public Library – Allston Branch Boston, Massachussets, USA, 1998-2001 MACHADO & SILVETTI ARCHITECTS
Uffici per la Delegazione Provinciale della Salute Almería, Andalucía, Spagna, 1999-2002 ALBERTO CAMPO BAEZA
Cimitero, chiesa di Nostra Signora della Luce e museo della Luce Aldeia da Luz, Mourão, Portogallo, 1998-2003 PEDRO PACHECO + MARIE CLÉMENT Centro di studi musicali Finca Vista Alegre, Santiago de Compostela, Spagna, 1999-2003 ANTÓN GARCÍA ABRIL RUIZ / ENSAMBLE STUDIO
Giorgio Armani Stores completati completed Parigi, Milano, Düsseldorf, Firenze, Mosca, Napoli, Boston, Chicago, Costa Mesa, Tokio, Atlanta, Atene, Vienna, Zurigo, Jeddah, Beijing, Dubai, Busan, Barcellona, Roma e Londra CLAUDIO SILVESTRIN
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Museo del Tesoro di San Lorenzo Genova, Italia, 1952-1956 FRANCO ALBINI (1905-1977)
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2007 X edizione edition
Giuria Jury Marco Casamonti Facoltà Architettura Genova, Direttore rivista AREA, Italia Luis Fernandez Galiano Direttore rivista AV Arquitectura Viva, Spagna Werner Oechslin Università ETH di Zurigo, Svizzera Vincenzo Pavan Co-director USA Institute Italy, Verona, Italia Francesco Venezia Facoltà Architettura Venezia, Italia
Opere premiate Awarded projects Piscinas do Atlantico Madeira, Portogallo, 2005 PAULO DAVID
Mariakloster, Monastero Cistercense Isola di Tautra, Trondheimsfjord, Norvegia, 2003-2006 JENSEN & SKODVIN ARKITEKTKONTOR
Ampliación del Banco de España Madrid, Spagna, 2006 RAFAEL MONEO
Completamento della Muralla Nazarí Granada, Spagna, 2003-2006 ANTONIO JIMÉNEZ TORRECILLAS
Rimodellamento di casa bifamiliare Pozzovetere, Caserta, Italia, 2001-2006 BENIAMINO SERVINO
Premio ad memoriam Ad memoriam award Mausoleo delle Fosse Ardeatine Roma, Italia, 1944-1949 NELLO APRILE, CINO CALCAPRINA, ALDO CARDELLI, MARIO FIORENTINO, GIUSEPPE PERUGINI Premio “architettura vernacolare” “Vernacular architecure” Award Architettura di Pietra della Lessinia Zona montuosa settentrionale della Provincia di Verona
Stalla e ghiacciaia del Modesto Roverè Veronese, Verona, Italia Opera di MODESTO PAGGI (1843-1928) 131
2009 XI edizione edition
Giuria Jury Francesco Cellini Facoltà Architettura Roma 3, Italia Fulvio Irace Facoltà Architettura di Milano, Italia Juan José Lahuerta Facoltà di Architettura di Barcellona, Spagna Werner Oechslin ETH di Zurigo, Svizzera Vincenzo Pavan Facoltà Architettura di Ferrara, Italia
Opere premiate Awarded projects Complesso scolastico Philim, Nepal, 2001-2007 ASIAN ARCHITECTURE FRIENDSHIP (AAF)
Restauro e illuminazione di Plaza del Torico Teruel, Spagna, 2007 FERMÍN VÁZQUEZ - B720
Uffici nell’ex mensa Alfa Romeo al Portello Milano, Italia, 2007 CINO ZUCCHI ARCHITETTI
Ampliamento Università Bocconi Milano, Italia, 2008 GRAFTON ARCHITECTS
Opera House Oslo, Norvegia, 2008 SNØHETTA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Sede del Gobierno Civil Tarragona, Spagna, 1957-1964 ALEJANDRO DE LA SOTA (1913-1996)
Premio “architettura vernacolare” “Vernacular architecure” Award Granai in pietra della penisola iberica Portogallo, Spagna Espigueiros y Hórreos Lindoso, Portogallo Espigueiros raggruppati in spazi comunitari Carnota, Galizia, Spagna Hórreo e cella-colombaia
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2011 XII edizione edition
Giuria Jury Francesco Dal Co Direttore di Casabella, Italia Thomas Herzog Facoltà di Architettura, Monaco, Germania Juan José Lahuerta Facoltà di Architettura, Barcellona, Spagna Alessandro Mendini Architetto, designer, artista e teorico, Italia Vincenzo Pavan Facoltà di Architettura, Ferrara, Italia
Opere premiate Awarded projects Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum Berlino, Germania, 2006/2009 MAX DUDLER
Complesso residenziale a Puente Sarela Santiago de Compostela, Spagna, 2005/2009 VICTOR LÓPEZ COTELO
River Terminal and Visitor Centre Linzhi, Tibet, Cina, 2008-2009 STANDARDARCHITECTURE
Centro ricerche e monitoraggio di Laguna Furnas Isole Azzorre, Portogallo, 2008-2010 AIRES MATEUS & ASSOCIADOS
Tempio di Shiva Wadeshwar, Maharashtra, India, 2010 SAMEEP PADORA & ASSOCIATES
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Case di pietra Grecia, 1962-1978 ARIS KONSTANTINIDIS (1913-1993)
Premio “architettura vernacolare” “Vernacular architecure” Award Villaggi difensivi di pietra nel Caucaso Georgia Torri di Svaneti, Georgia
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2013 XIII edizione edition
Giuria Jury Klaus Theo Brenner Facoltà di Architettura Potsdam, Germania Alberto Ferlenga Dipartimento di Architettura, Università Iuav, Venezia, Italia Luis Fernández Galiano Direttore di Arquitectura Viva, Spagna Fulvio Irace Dipartimento di Architettura, Politecnico di Milano, Italia Vincenzo Pavan Dipartimento di Architettura, Ferrara, Italia
Opere premiate Awarded projects Druk White Lotus School Ladakh, India, 2001-2013 ARUP ASSOCIATES
Sede del Consiglio di Castiglia e Léon Zamora, Spagna, 2007-2012 ALBERTO CAMPO BAEZA
Centro visitatori del Castello Heidelberg, Germania, 2009-2011 MAX DUDLER
Riqualificazione degli spazi urbani Banyoles, Girona, Spagna, 1998-2012 JOSEP MIÀS ARCHITECTS
Stone House Lubéron, Francia, 2011 CARL FREDRIK SVENSTEDT
Menzione speciale Special mention Auditorium e Centro Culturale Casa Cava Matera, Italia, 2007-2011 UFFICIO SASSI MATERA
Premio ad memoriam Ad memoriam Award Cimitero di Parabita Italia, 1967-1977, con Paola Chiatante ALESSANDRO ANSELMI (1934-2013)
Premio “architettura vernacolare” “Vernacular architecure” Award Architettura in pietra a secco Puglia, Sicilia, Spagna, Baleari Taulas, Navetas, Barracas, Muragghi, Pagliari 134
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