Annali MD, 2011 [II ]
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Annali MD Post-it 2011, vol. II Speciale XfafX marzo 2014 Seriale collana ISSN 2533-0918 ISBN 9788890847592 Editore Alfonso Acocella, Media MD Curatore Annali MD Veronica Dal Buono Impaginazione Stefania Orlandi Contatti redazione materialdesign@unife.it Lab MD Material Design Dipartimento di Architettura UniversitĂ di Ferrara www.materialdesign.it
Annali MD Material Design Post-it Journal MD Material Design Post-it Journal – specifica sezione di Materialdesign.it, canale comunicativo istituzionale del Laboratorio Material Design – è rivista digitale dotata di specifico codice ISSN, riconosciuta a livello nazionale come periodico scientifico in UGOV, Catalogo dei prodotti della ricerca. MD Post-it Journal nasce per diffondere tempestivamene in rete i risultati in progress delle ricerche effettuate da docenti e giovani ricercatori afferenti al team di Lab MD del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara e risponde, attraverso l’organizzazione della sua struttura in categorie tematiche specifiche tra loro correlate, allo sviluppo delle attività di ricerca in architettura e design e delle competenze progettuali trandisciplinari che caratterizzano il Laboratorio. Attraverso la stratificazione di contenuti testuali e iconografici (statici e video-dinamici), la rivista digitale ha come obiettivo la trasformazione in comunicazione e narrazione dei vari percorsi di ricerca e dei progetti innovativi che Lab MD sviluppa entro l’Istituzione Universitaria e sul territorio dell’economia reale, assicurando la disseminazione e divulgazione dei contenuti attraverso la rete. Si pone, inoltre, come piattaforma tecnologica relazionale e di interazione tra i membri del team di Lab MD, il settore nazionale formativo del Design, le Istituzioni, le Associazioni, il Sistema produttivo che ne sostiene economicamente – di anno in anno – i programmi di ricerca. MD Post-it Journal, con puntualità di pubblicazione attraverso un flusso costante di articoli, rende disponibili al pubblico della rete – in forma del tutto gratuiti – contenuti originali inerenti variegati temi nonché tende ad affermarsi, progressivamente, come punto di riferimento culturale nel settore del design inteso nell’accezione generale e vasta di progetto contemporaneo (per la cultura, per l’architettura, per il prodotto industriale, per la comunicazione aziendale e per quella istituzionale). A distanza di quattro anni dalla fondazione di Materialdesign.it, la redazione avvia la pubblicazione degli Annali MD Post-it Journal che intendono porsi come collana di volumi digitali indirizzati a proporre, annualmente, una selezione dei contributi più significativi editati dalla rivista digitale. Gli Annali MD Post-it Journal, in forma di e-book, consentono la riunificazione e la fruizione dei contenuti pubblicati – con l’indicizzazione di ogni singolo articolo per autore, numeri di pagina, data di editazione – facilitata dallo sfoglio sequenziale o dal download del volume complessivo in formato pdf. In un racconto a più voci, negli Annali, si troveranno così raccolti i contenuti più interessanti pubblicati all’interno di MD Material Design Post-it Journal nel succedersi degli anni, conferendo ad essi una seconda vita e un valore di diffusività e fruibilità aggiuntiva.
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Annali MD, 2011 [ II ] Speciale XfafX, 2011-2013
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Annali MD, 2011 [ II]
indice
CCCloud produzione e costruzione dell’opera. Il video Veronica Dal Buono
1
Nanotecnologie e materiali per l’edilizia Valeria Zacchei
3
L’innovazione tecnologica dell’automobile non si ferma alla meccanica: contano (anche) forme e materiali Andreas Sicklinger
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Il cemento autopulente Valeria Zacchei
15
Sinuose metamorfosi litiche Alfonso Acocella
19
Intervista a Daniel Libeskind Veronica Dal Buono
23
Travertino di Siena Chiara Testoni
26
Intervista a Raffaello Galiotto Veronica Dal Buono
29
Alberto Campo Baeza. Pietra, Luce, Tempo Chiara Testoni
34
Il cibo e i sensi Andreas Sicklinger
36
Le nuove collezioni Lithos Design: rivestimento, spazio, parete Alberto Ferraresi
42
I trattamenti autopulenti: materiali fotocatalitici e “effetto loto” Valeria Zacchei
45
Giuseppe Rivadossi: strutture poetiche Elisa Poli
48
SPECIALE XFAFX Festival To Design Today, 2011-2013 XfafX: un progetto culturale istituzionale Alfonso Acocella
54
Il Ventennale di fondazione: XfafX come sfida istituzionale Alfonso Acocella
58
I “nuovi” spazi di Palazzo Tassoni Estense Alfonso Acocella
61
L’XfafX e il suo antecedente (Xfaf) Alfonso Acocella
63
Festival To design today Alfonso Acocella
72
V
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Il tempo del festival “To design today” Alfonso Acocella
75
Fund raising universitario Alfonso Acocella
78
Piano di comunicazione XfafX Alfonso Acocella
80
Evento reale / evento virtuale Alfonso Acocella
82
To Design Today: la nuova strada del progetto contemporaneo Elisa Poli
87
XfafX: l’Università italiana del futuro oggi c’è! Elisa Poli
95
L’esposizione inaugurale per il festival XfafX “To design today” Veronica Dal Buono
103
Massimiliano Fuksas in XfafX. Biografia e opere Chiara Testoni
108
Massimiliano Fuksas:Orient Express n°1 Elisa Poli
111
Intervista a Massimiliano Fuksas e Doriana Mandrelli Elisa Poli
117
Architetture al plurale. Costruire in legno oggi: esperienze europee Paola Boarin
118
Kaufmann visita XfafX Valentina Modugno, Pietro Piella
123
Intervista a Hermann Kaufmann Theo Zaffagnini
127
Francisco Mangado. Biografia e opere Chiara Testoni
130
Francisco Mangado. Architettura con la mano sinistra Elisa Poli
135
Intervista a Francisco Mangado Gabriele Lelli
141
Max Dudler. Biografia e opere Chiara Testoni
142
Max Dudler. Il potere del vuoto Elisa Poli
144
Intervista a Max Dudler Andrea Rinaldi
148
VI
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149 Snohetta Architect. Biografia e opere. Davide Turrini
151
Lectio magistralis. Bagliori nordici Elisa Poli
156
Intervista a Kjetil Thorsen di Snohetta Architects Davide Turrini
157
Massimo Iosa Ghini. Biografia e opere Chiara Testoni
159
Massimo Iosa Ghini. The design mover Elisa Poli
163
Intervista a Massimo Iosa Ghini Giuseppe Mincolelli
164
Guillermo Vazquez Consuegra. Biografia e opere Redazione
167
Intervista a Guillermo Vazquez Consuegra Alessandro Gaiani
170
Comunicare il design italiano. Giornata ferrarese del Design Redazione
172
La lezione di Luisa Bocchietto e le riflessioni di “Comunicare il design italiano” Veronica Dal Buono
179
Le interviste ai protagonisti di “Comunicare il design italiano” Veronica Dal Buono, Davide Turrini
181
Mario Zaffagnini. Biografia e opere Theo Zaffagnini
185
Messaggi in bottiglia. Theo Zaffagnini
187
Mario Zaffagnini. Regesto selezionato di opere e progetti Theo Zaffagnini
192
Laurea Honoris Causa in Architettura a Paolo Fassa Marcello Balzani
202
Andrea Branzi. Biografia e opere Chiara Testoni
205
Raccontare Andrea Branzi in formato video. Oggetti e territorio Veronica Dal Buono
213
Intervista a Andrea Branzi Alessandro Deserti
215
Matteo Thun. Biografia e opere Chiara Testoni
VII
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Il legno, materiale del nuovo millenio? La lezione di Matteo Thun Veronica Dal Buono
218
Intervista a Matteo Thun Veronica Dal Buono
225
Diébédo Francis Kéré. Bibliografie e opere Redazione
227
Lectio magistralis di Diébédo Francis Kéré Chiara Testoni
232
Lectio magistralis di Diébédo Francis Kéré Gabriele Lelli
238
Edra. Design Factory Elisa Poli
239
Intervista ai protagonisti di Edra Elisa Poli
245
Il Rinascimento del design: due opere del maestro Giuseppe Rivadossi Elisa Poli
247
Poesie di Legno. Madie e credenze di Giuseppe Rivadossi Elisa Poli
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VIII
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 1-2 - Veronica Dal Buono edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
CCCloud produzione e costruzione dell'opera. Il video
La tecnologia, per chi la indirizza con abilità e la sa applicare con sensibilità, è sempre intimamente legata all'umanizzazione e espressività. Dell'opera Casalgrande Ceramic Cloud, il land-mark territoriale a firma di Kengo Kuma che apre al distretto ceramico emiliano, già si è ampliamente mostrata la qualità intrinseca dell'architettura costruita, l'intensa e insieme leggera materialità, valorizzandone la forma architettonica narrata attraverso foto e video che ne mostrano i giochi luministici, gli effetti dinamico-chiaroscurali in relazione al paesaggio e alle ore del giorno, al fruitore finale. Con il nuovo racconto di immagini in movimento che qui editiamo, si svela il processo avvenuto a priori dell'opera, la tecnica altamente specializzata che ha reso possibile la produzione delle lastre in ceramica, l'azione del team di progettisti e strutturisti, le fasi operative successive che, con attenzione e precisione, hanno consentito al cantiere di crescere e trasformasi in opera. Il pensiero costruttivo di Kengo Kuma, la maestria artigiana degli uomini, i processi produttivi innovativi, trovano così una completa narrazione e CCCloud si mostra in tutta la sua complessa espressività architettonica. Il rapporto dell'Azienda committente, Casalgrande Padana, con il maestro Kengo Kuma e con le Facoltà di Architettura di Ferrara e Siracusa quali consulenti, non si ferma alla conclusione della CCCloud. Prosegue la collaborazione con la realizzazione, sempre ad opera di Kengo Kuma, del Centro di Documentazione aziendale di Casalgrande
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Padana. L'edificio, in fase di ultimazione, sorge prossimo alla CCCloud e ad essa stessa conduce, trasformando il fruitore della magica rotonda in visitatore di un ampio e complesso spazio architettonico atto a documentare più di cinquant'anni di attività dell'azienda nel settore della ceramica per l'architettura. Casalgrande Padana si afferma così, ancora una volta, quale realtà illuminata, tesa alla continua innovazione, flessibile e veloce nella metamorfosi contemporanea. Sostenitrice illuminata di XfafX Festival “To design today”, il Ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara, il dialogo con l'Azienda proseguirà proprio vedendo la partecipazione di Kengo Kuma quale protagonista di un a Lectio Magistralis nel corso del 2011 e di un percorso espositivo dedicato alla sua opera e allestito negli spazi di Palazzo Tassoni Estense. Veronica Dal Buono
Il Centro di Documentazione aziendale di Casalgrande Padana. Interior design Kengo Kuma.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 3-6 - Valeria Zacchei edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Nanotecnologie e materiali per l'edilizia
Le Nanotecnologie sono tecniche che consentono di determinare le proprietà dei materiali alla piccolissima scala, misurabile in nanometri (1 Nanometro= 1 milionesimo di millimetro, ed è cinque-dieci volte superiore alle dimensioni di un atomo). A tale scala i materiali comuni come metallo, vetro o ceramica, modificati manipolandone la struttura molecolare o a volte atomica, presentano caratteristiche e proprietà completamente diverse da quelle consuete nel loro stato solido. Secondo la definizione data nel 2004 dal Royal Society & The Royal Academy of Engineering (UK), “La nanoscienza è lo studio dei fenomeni e la manipolazione della material alla scala atomica, molecolare e macromolecolare, scale in cui le proprietà differiscono in modo significativo dalle proprietà presenti a scala maggiore” e “la nanotecnologia è la progettazione, caratterizzazione, produzione e applicazione di strutture, servizi e sistemi attraverso il controllo di forma e dimensione alla scala nanometrica”1. Le nanoscienze costituiscono il punto di incontro di discipline diverse che vanno dalla fisica quantistica alla chimica supramolecolare, dalla scienza dei materiali alla biologia molecolare e rappresentano una realtà ormai affermata nel mondo della ricerca. Le nanotecnologie, che, dopo una fase iniziale, sono nel loro pieno sviluppo, puntano a sfruttare e ad applicare i metodi e le conoscenze derivanti dalle nanoscienze. Esse fanno riferimento ad un insieme di tecnologie, tecniche e processi che richiedono un approccio multidisciplinare e consentono la creazione e utilizzazione di materiali, dispositivi e sistemi con dimensioni a livello nanometrico. In sintesi, con nanotecnologie si intende la capacità di osservare, misurare e manipolare la materia su scala atomica e molecolare. 1 nanometro (nm) è infatti un miliardesimo di metro e corrisponde all’incirca a 10 volte la grandezza dell’atomo dell’idrogeno mentre le dimensioni di una proteina semplice sono intorno a 10 nm. Il mondo delle nanotecnologie è quello compreso tra 1 e 100 nanometri e sono “nanoprodotti” quei materiali o dispositivi nei quali vi è almeno un componente funzionale con dimensioni inferiori a 100 nm.
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Le prospettive rivoluzionarie associate alla nanotecnologie derivano dal fatto che, come detto, a questi livelli di dimensioni comportamenti e caratteristiche della materia cambiano drasticamente; per questo, le nanotecnologie rappresentano un modo radicalmente nuovo di produrre per ottenere materiali, strutture e dispositivi con proprietà e funzionalità notevolmente migliorate o del tutto nuove. Il grande potenziale delle nanotecnologie risiede nella capacità di interessare trasversalmente la maggior parte dei settori industriali oggi esistenti, sia sotto aspetti di processo che di prodotto. La loro ricaduta è talmente ampia da essere ormai considerate una tecnologia di base, che può contare su un grande numero di centri di ricerca e sviluppo, diffusi su tutto il territorio europeo. L’impiego di prodotti nano strutturati, infatti, coinvolge a tutt’oggi un ampio numero di settori produttivi, da quelli bio-medicali alla confezione dei cibi, dall’elettronica all’edilizia. In particolare, nel settore dell’architettura, includendo in questo settore sia le nuove costruzioni, sia i Beni Culturali e la loro conservazione, sembra che le nanotecnologie stiano fornendo un notevole impulso all’innovazione nei processi e nei prodotti tradizionali. A ben vedere, molti dei prodotti già attualmente impiegati in Architettura derivano da queste tecnologie, soprattutto per quanto riguarda coating, vernici, film: gli impieghi dei materiali e delle proprietà delle superfici che si sono rese possibili attraverso le nanotecnologie offrono agli architetti molte possibili soluzioni ai requisiti tecnici del progetto, e soprattutto aprono la strada ad un nuovo processo di innovazione nella tematica del materiale per il progetto. VETRO
Grazie a rivestimenti nanostrutturati trasparenti per vetro e ceramica, il material acquisisce proprietà permanenti di autopulibilità. Le nano particelle aderiscono direttamente alle molecole del materiale,
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consentendo alla superficie di respingere acqua e sporco. Principali benefici: Idrorepellenza AutopulibilitĂ Protezione dagli agenti atmosferici Resistente ai raggi UV Rende impossibile la crescita di funghi
CALCESTRUZZO
Vi sono trattamenti nanostrutturati a base acquosa in grado di penetrare nei materiali cementizi formando un film superficiale dalle caratteristiche innovative: il materiale diventa idrofobico e resistente agli inquinanti Principali benefici: Idrorepellenza AutopulibilitĂ Resistenza al degrado (smog, inquinanti) Resistenza agli agenti atmosferici
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LEGNO
Anche il legno può essere trattato allo stesso modo, creando un film nanostrutturato simile alla superficie della foglia del loto. Il legno diventa idrorepellente e resistente agli inquinanti. Principali benefici: Idrorepellenza Autopulibilità Resistenza al degrado (smog, inquinanti) Resistenza agli agenti atmosferici L’incontro-scontro tra materiali tradizionali e materiali ingegnerizzati, da sempre uno dei capisaldi della dialettica architettonica, si accinge a vivere una nuova stagione: “Mentre i materiali costruttivi standard sono statici perché intesi per resistere alle forze dell’edificio, i materiali intelligenti sono dinamici nel loro comportamento in risposta ai campi di energia. Questa è un’importante differenza rispetto al nostro normale significato di rappresentazione progettuale (attraverso le proiezioni ortogonali) che privilegia il materiale statico” (Michelle Addingtons e Daniel L. Schodek). Valeria Zacchei Note 1“Nanoscience is the study of phenomena and manipulation of materials at atomic, molecular and macromolecular scales, where properties differ significantly from those at a larger scale” e “Nanotechnology is the design, characterisation, production and application of structures, devices and systems by controlling shape and size at nanometre scale”.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 7-14 - Andreas Sicklinger edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
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L’innovazione tecnologica dell’automobile non si ferma alla meccanica: contano (anche) forme e materiali
Gli ultimi saloni dell’automobile (Qatar, Los Angeles, Ginevra) hanno rilevato una moltitudine di proposte e approcci per affrontare il futuro del veicolo, con un particolare occhi all’evoluzione “green”, cosa che non stupisce in quanto questa industria viene particolarmente accusata di inquinare l’ambiente. Le grandi case automobilistiche si fanno la gara per la più convincente e innovativa tecnologia, che si divide tra lavori realizzabili e applicabili anche domani mattina, ai più pionieristici e avveniristici pensato per il 2020 e oltre. Senza alcuna pretesa di completezza, è pur interessante osservare, anche attraverso materiale “promozionale” coinvolgente, su che fronti si concentrano le energie di innovazioni e R&S. A partire da un’ottimizzazione dei consumi attraverso il miglioramento di rendimento, allo migliore sfruttamento dei motori elettrici costruendo auto sempre più leggeri fino alla costruzione di veicoli con materiali organici e biodegradabili per creare un vero approccio “green” in tutti i sensi. Audi e l’auto che consuma meno di 1 L a 100 km
Avveniristica. Futuristico. Tecnologico. Qualche parola che evoca un immagine che un automobile del futuro senz’altro presenta, e l’immagine della appena presentata XL 1, prototipo della casa Volkswagen certamente lo rappresenta. Il sito inglese della Volkswagen da qualche suggerimento sulla tecnologia utilizzata per rendere questa macchina piuttosto interessante dal punto di vista ecologico, potendo percorrere ca. 111 km con un solo litro, oppure visto dall’altro punto di vista, consuma 0,9 L per 100 km percorsi:
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“The new Volkswagen XL1 Super Efficient Vehicle (SEV) has been unveiled at the Qatar Motor Show. Pioneering construction techniques, an advanced plug-in hybrid drivetrain and innovative packaging all play a part in allowing the XL1 to return 313 mpg on the combined cycle while emitting 24 g/km of CO2 to set a new benchmark for vehicle efficiency. Powering the XL1 is a compact 800 cc TDI two-cylinder common rail diesel engine developing 48 PS. It’s linked to an electric motor producing 27 PS, resulting in a total of 75 PS – a modest output yet more than enough when the low kerb weight (795 kg) of the vehicle is taken into account.” Pochi cavalli, un’integrazione tra motore diesel ed elettrico con un peso ultraleggero della scocca. Solo il 23% è fatto di ferro e acciaio, i restanti componenti di altro. “Further savings are made through the extensive use of lightweight materials including magnesium (wheels), ceramics (brake discs) and aluminium (dampers, steering system, brake calipers).”1 Fino a qui la questione si “riduce” alla ingegnerizzazione dei componenti rendendoli sufficientemente robusti per creare la necessaria stabilità e sicurezza, volendo banalizzare molto.
Si potrebbe anche dire che già ora esistono macchine con consumi ridotti, nell’elenco spicca proprio la A2 1.2 Tdi e la Lupo 1.2 Tdi, entrambi della stessa casa VW. Oppure ancora lo sviluppo del motore Wankel, rimasto sostanzialmente fermo dopo i primi prototipi come per esempio
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la famosa C111 della Mercedes, che in fondo non è tanto dissimile alla versione di Wolfsburg. Prodotti una serie di prototipi a partire dal 1969 proprio nel cuore della crisi del petrolio, fu poi abbandonato, nonostante i sorprendenti consumi ridotti per l’epoca in cui fu sviluppato (1957).
Ma la vera storia della XL1 nasce alcuni anni fa con un importante progetto che si chiamava “la macchina da un 1L” che riusciva a percorrere 100 km con 1,49 L. Il progetto risale al 2002. Nel 2009 ha visto una evoluzione con la L1, condividendo la caratteristica particolare di un biposto in fila, cioè due persone sedute uno dietro l’altro come in un aereo senza ali. Di fatto, aprendo le porta alate, l’immagine non era del tutto dissimile. Ora la XL1 si è allargata e ospita due persone affiancate raggiungendo così dimensioni esterne molto simili ad una auto compatta. Tuttavia, è stato ottenuto un coefficiente di resistenza aerodinamica Cx da record (è di 0,186) al quale si abbina un peso ben bilanciato, contenuto in appena 795 kg, sul quale si riflette l'esteso impiego di carbonio rinforzato – il Cfk - per realizzare la monoscocca. La forma quindi non è solamente una questione di estetica, senz’altro elemento vitale per il mondo automobilistico, ma frutto di una innovazione tecnologica verificato nel canale del vento. Un forte contrasto con una visione più romantica con l’ecologia, più green. Ma più efficace e guidato dal Design Innovation. Il concetto BMW i e Mini Rocketman diventa realtà in fibbre di carbone Per anni la casa automobilistica bavarese ha puntato molto in alto, o per dire meglio, nel futuro lontano: sembrava (e per alcuni senz’altro, sembra ancora) una vera rivoluzione nella propulsione l’usa di idrogeno. La BMW ha investito tanto in questo tecnologia riuscendo anche di ottenere ottimi risultati prestazionali. Peccato che il mercato non segue, e l’applicazione fallisce nel momento manca semplicemente il “benzinaio” che offra questo nuovo “carburante”. Ma il futuro non è solo quello tra 50 anni, ma lo stesso “domani” è valido per essere esplorato. In questo contesto, la direzione della BMW ha annunciato che “non si può fare a meno a studiare a fondo le potenzialità dell’auto elettrico.”
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Punto saliente è certamente la totale riduzione delle emissioni di CO2, a patto che si riesca controllare anche la produzione dell’energia elettrica alla fonte. Inoltre, “l’elettromobilità migliora notevolmente l’esperienza di guida: ad esempio, nel caso della BMW i3, tutta la coppia del motore elettrico è disponibile dall’avvio e si può accelerare fino alla massima velocità senza alcuno strappo. La sensazione che dà un motore elettrico è di estrema agilità e piacere di guida. Non sorprende quindi che BMW sia rimasta affascinata dall’elettromobilità fin dall’inizio e che sviluppi e costruisca autonomamente i propri motori elettrici,” come scrive la stessa BMW. Fin qui, niente di nuovo. E a guardare la stessa storia della BMW il tema dell’elettrico accompagna la casa automobilistica da molti anni.
Tuttavia, una piccola “rivoluzione” potrebbe arrivare con l’uso più “spinto” di carrozziere ultraresistenti realizzate con fibre di carbone. Come scrive la BMW a proposito di questo materiale: CFRP: super leggera, super resistente Quando si tratta di utilizzare materiali estremamente leggeri per la realizzazione di autoveicoli, la CFRP è ovviamente la prima scelta. Questo materiale è estremamente resistente e leggero: a parità di resistenza, risulta quindi circa il 50% più leggero dell’acciaio. (Viceversa l’alluminio rispetto all’acciaio consentirebbe di risparmiare solo un 30% del peso). Il modulo Life dei veicoli BMW i viene costruito impiegando esclusivamente CFRP. Pertanto le auto presentano una maggiore autonomia, le tipiche prestazioni di guida di BMW e la massima sicurezza. Inoltre il materiale CFRP è estremamente resistente alla ruggine e alla corrosione, il che lo rende molto più longevo rispetto, ad esempio, alle tradizionali strutture in acciaio.
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Il segreto di questo materiale ad alta resistenza è rappresentato dalle fibre di carbonio, che sono altamente resistenti allo strappo nel senso della lunghezza. Le fibre vengono intessute in strutture di lattice e integrate in una matrice plastica per creare il materiale composito fibra di carbonio/plastica CFRP. In stato asciutto, esente da resina, è possibile lavorare la CFRP praticamente come fosse un tessile, rendendo molto flessibili le possibilità di modellazione. Solo dopo l’indurimento della resina iniettata nel lattice, il composto riceve la propria forma finale rigida. Contemporaneamente allo studio dell’impiego efficace del nuovo materiale, è stato anche messo a punto la struttura di tutto il veicolo: telaio resistente in alluminio con motore elettrico vicino alle ruote motrici, il tutto rivestito dal CFRP per dare forma all’auto. Queste forme potrebbero poi aggiornarsi rapidamente per dare anche un risalto estetico nuovo. I concetti di BMW i3 e i8 mostrano linee molto futuristiche anche se il “touch” di BMW rimane leggibile. Ma anche concept come la Mini Rocketman, efficacemente mostrato nel breve filmato, mostrano l’applicabilità immediata di questa tecnologia. Tant’è vero, che il concorrente Volkswagen ha comprato una importante quota parte del produttore di queste fibbre, di cui ad oggi è il più importante azionario la BMW: il CEO di BWM Norbert Reithofer guarda a questa mossa di Piech, suo rivale di Wolfsburg con un occhio di approvazione per la condivisione di una strategia e uno diffidente per la mossa da concorrente. La risposta di Renault Questo non vuol dire che solamente BMW o Volkswagen lavorano in questa direzione, e concept car come la Capture o la Zoè .Z.E. della Renault testimoniano che anche altri sfruttano la leggerezza della fibre di carbonio.
La Zoè Z.E. probabilmente rappresenta una soluzione di auto elettrica più commerciale, nonostante le sue forme avveniristiche le proposte soprattutto per l’interno parlano chiaramente della filosofia francese di mettere il confort al più alto posto per l’utente. Il tutto sfruttando nuove
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tecnologie come pannello solare, RFID, Biotherm con filtri che isolano l’abitacolo dallo smog cittadino.
Auto organiche BIOME Concept di Mercedes e Nissan iV Un tempo sarebbe stato di moda green l’auto di Fred Flintstone: assolutamente ecologico, tenendo conto che i materiali utilizzati non potevano non essere altro che materiali naturali e conseguentemente 100% riciclabili e per la propulsione un motor a due gambe.
Da allora, il mondo si è evoluto e ha creato tanti piccoli mostri ecologici, che stento riescono a vincere una gara per l’emissione zero. Pur riuscendo con motori ibridi a eliminare quasi del tutto una emissione diretto sulle strade (il che sarebbe già un enorme vantaggio per la vita urbana) i materiali usati sono inquinanti e solamente in parte riciclabile, sempre che vengano riciclati. Nel 2010, questo tema non è antiquato, e una gita di fine gennaio per le strade di Milano (malauguratamente prolungato per una certa perdità di orientamento e lunghe code davanti ai semafori) ha evidenziato la piena necessità di lavorare sulla riduzione delle emissioni: la mia macchina grigio argentata, che verso la barriera
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sud San Zenone era ancora in uno stato guardabile, si è trasformato in uno anatroccolo grigio scuro-nero, viscido e oleoso. Impressionante.
A fronte di una tale inorganicità del mondo del trasporto, meccanizzato e legato ad uno di questi terrificanti immagini dell’era della piena rivoluzione industriale, una stella (nel vero senso della parola) sembra apparire sul firmamento. Durante l’ultimo Salone dell’Automobile di Los Angeles, i designer della Mercedes hanno presentato una visione: un auto completamente organico, alimentato da energia solare. Detta così, potrebbe essere paragonabile con uno di quegli alberi che camminano nel romanzo di Tolkien, ma il design futuristica di quest’ automobile invece riporta nel lontano futuro, nel viaggio tra le stelle. Quanto sia strabiliante questa futuristica vettura lo si capisce semplicemente ammirandone le forme; ma è l'essenza la vera sorpresa: la Mercedes BIOME infatti è quanto di più vicino al biologico si possa immaginare pensando ad una vettura, con struttura interamente costruita in BioFibre 100% naturale. Questo particolare materiale è più leggero del metallo e della plastica, pur essendo allo stesso tempo resistente più dell'acciaio e, caratteristica ancor più stupefacente, derivato dai semi di alcune selezionate piante. Il BioFibre è in grado di assorbire l'energia solare e di accumularla in un composto chimico liquido denominato BioNectar4534, ed è prodotto salla base di un DNA brevettato da Mercedes e composto esclusivamente da semi di diverse piante. La BIOME, così, utilizza per muoversi il BioNectar4534, accumulato nel materiale BioFibre del telaio, dell'abitacolo e delle ruote. Come le piante, anche Mercedes BIOME produce ossigeno e contribuisce quindi al miglioramento della qualità dell'aria. Al termine del suo ciclo vitale, la vettura può essere completamente 'compostata' o utilizzata come materiale da costruzione. Avvalendosi esclusivamente di tecnologie verdi, BIOME si integra completamente nell'ecosistema naturale.
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Anche la Nissan ha sviluppato un concept car Nissan iV con strutture di biofibre e capota con panello solare per la propulsione, e il risultato estetico non è tanto differente. A sottolineare la “naturalezza” del veicolo, la struttura può essere rivestito in materiali diversi, derivati da elementi naturali. Cuore della tecnologia si concentra in gran parte nelle 4 ruote: con “wheel motors”, cioè 4 motori direttamente collocati sulle (o nelle) ruote che sfruttano l’alternanza di forze di calamite per creare il movimento, che garantiscono contemporaneamente anche la sospensione.
La ricerca del naturale ha inizio, e Il futuro dell’uomo può avere tante facce. Questa fa parte di una di queste. Inoltre è importante costatare che la ricerca è aperta, e che non si limita ad un solo “ramo” dei tanti rami di possibilità che l’albero dell’innovazione offre Andreas Sicklinger Note
1 Fonte: Volkswagen
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 15-18 - Valeria Zacchei edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Il cemento autopulente
Chiesa delle Vele, Tor Tre Teste, Roma
I materiali autopulenti derivano la loro proprietà dal comportamento fotocatalitico che ne caratterizza la superficie. La capacità di aggredire gli inquinanti atmosferici, descritta nel post I trattamenti autopulenti: materiali fotocatalitici e “effetto loto”, 10 Gennaio 2011 è una innovazione che investe sia nuovi materiali che materiali ormai tradizionalmente impiegati in Architettura. Il processo della fotocatalisi, lo ricordiamo, è basato sull’uso di catalizzatori (semiconduttori solidi) in grado di ossidare sostanze nocive e inquinanti fino alla loro completa mineralizzazione; applicato ai materiali di Architettura conferisce diverse proprietà interessanti ai fini di varie modalità di impiego: - La purificazione dell’aria si ottiene infatti una concreta riduzione delle sostanze organiche e inorganiche causa dell’inquinamento atmosferico, soprattutto biossido di azoto, le polveri sottili (particelle PM10) e i composti organici volatili
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- Un’azione deodorante si decompongono gas tossici organici che sono fonte di malesseri domestici (tioli/mercaptani, aldeide formica e odori da crescite fungine); - Un’azione antimicrobica i batteri e i funghi che attaccano le superfici sono eliminati grazie al forte potere ossidante del fotocatalizzatore (Escherichia coli, Staphylococcus, ecc.). La fotocatalisi in realtà non uccide le cellule dei batteri, ma le decompone. Si è scoperto che l’effetto antibatterico della titania risulta essere più efficace di qualsiasi altro agente antimicrobico, perché la reazione fotocatalitica lavora anche quando ci sono cellule che coprono la superficie e quando i batteri si stanno attivamente propagando; - Un’azione anti-nebbia, di auto pulizia dei materiali una superficie rivestita con titania mostra una totale mancanza di repellenza all’acqua. Con questa proprietà, ad esempio, uno specchio in un bagno non si annebbierà con il vapore dell’acqua, per la superidrofilicità del TiO2. L’acqua prende la forma di uno strato sottile altamente uniforme, che impedisce l’annebbiamento.La maggior parte delle mura esterne dei palazzi viene sporcata dai gas di scarico dei veicoli e da microrganismi, la cui crescita è favorita dall’accumuli di grassi e polveri. Se queste superfici sono rivestite di materiale fotocatalitico, lo sporco sarà lavato via con la pioggia e saranno, così, preservate le caratteristiche estetiche dei manufatti. In ambito edilizio uno dei primi materiali su cui si è sperimentato con successo il processo fotocatalitico è il cemento, che rappresenta un supporto ideale per la sua diffusione.
Combinando il biossido di titanio con il cemento è stato possibile ottenere un legante che, oltre alle caratteristiche tradizionali di resistenza meccanica e durabilità associa proprietà fotocatalitiche, che lo rendono
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in grado di ossidare gli inquinanti organici e inorganici che si depositano sulla sua superficie. Le molecole del biossido di titanio, infatti, aderiscono alla superficie delle particelle a grana grossa del cemento e si insediano nelle intercapedini più basse del substrato. Uno dei primi utilizzi del cemento fotocatalitico è stato nella chiesa romana Dives Misericordia, progettata da Richard Meier per il giubileo del 2000. La struttura, composta da tre vele bianche, enfatizza la capacità del legante cementizio foto catalitico di mantenersi pulita, e di decomporre lo sporco organico e gli inquinanti: la superficie di cemento sotto l'effetto della luce del sole si autopulisce. Questa proprietà favorisce il mantenimento dell’aspetto estetico originario e aumenta la durata del manufatto. E' stato sviluppato dalla Italcementi un cemento bianco fotocatalitico, il Millennium TX, ad elevata brillanza specificatamente formulato per la realizzazione dei conci della chiesa “Dives in Misericordia” progettata dall’architetto americano Richard Meier a Roma. L’Italcementi in qualità di sponsor tecnico per la progettazione strutturale e la fornitura dei materiali a base cemento avviò presso i laboratori CTG la ricerca di un cemento che sapesse coniugare la purezza e la brillanza di un bianco quasi totale – 98% del bianco assoluto- e la capacità di mantenere inalterato questo bianco. Le prove sperimentali hanno dimostrato che, dopo circa 60 ore di esposizione a lampada riproducente lo spettro della luce solare, campioni di Millennium TX, sporcati con composti aromatici policondensati da estratto di cenere di tabacco di sigaretta, hanno riacquistato il grado di bianco iniziale del campione di riferimento.
Chiesa delle Vele, Tor Tre Teste, Roma
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Una tipica applicazione di materiali fotocatalitici è quella per purificare l’aria usando lampade UV. Sono stati concepiti depuratori d’aria di diverse dimensioni da quelli per uso domestico(100 m3/h) a sistemi di ventilazione per trafori (1 500 000 m3/h). Molti di questi sistemi sono combinati con filtri o precipitatori elettrostatici che rimuovono parte dei gas pericolosi e delle particelle trasportate nell’aria. Un’altra applicazione è quella di rivestire i materiali da costruzione con fotocatalizzatori per rimuovere gli inquinanti intorno alle costruzioni e alle strutture. Questo metodo che può essere chiamato “passive air purification”, può pulire l’aria dell’ambiente sotto la luce solare, con energia minima e, quindi, con un risparmio di lavoro. Le prime applicazioni in questo senso sono state fatte nel settembre del 2002 a Milano, dove 7000 metri quadrati di superficie stradale sono stati coperti con un materiale fotocatalitico simile al cemento e si è registrata una riduzione fino al 60% nella concentrazione di ossidi di azoto al livello della strada. Stessi risultati sono stati raggiunti in Giappone. Il cemento fotocatalitico è stato utilizzato per diversi prodotti: pavimentazioni autobloccanti, pensiline, rivestimenti a base cementizia, calcestruzzo, e in questi ultimi anni la sua diffusione è stata rapida ed estesa: la metamorfosi del cemento verso un comportamento attivo e sostenibile sta concretamente portando un contributo al conseguimento dell’obbiettivo dell’UE di ridurre i livelli di NOx in ambiente urbano. Valeria Zacchei
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 19-22 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Sinuose metamorfosi litiche
“Il design è uno dei metodi per confereire forma alla materia e farla apparire così e non in altro modo. Il design, come tutte le espressioni culturali, mostra che la materia non appare (non è appariscente), se non nella misura in cui la si in-forma, e che una volta in-formata, inizia ad apparire (diventa un fenomeno). Così la materia nel design, come in qualsiasi ambito della cultura, è il modo in cui appaiono le forme. Ciò nondimeno, affermare che il design si colloca fra il materiale e l’immateriale non è del tutto fuori luogo. Vi sono infatti due modi diversi di vedere e pensare: quello materiale e quello formale.” Vilém Flusser, Filosofia del design, Mondadori 2003 (ed. or. 1993), p. 12.
Sinuose metamorfosi litiche Della materia ci si accorge, nella materia ci si imbatte, prima o poi. Di essa, alla fine, si rimane “schiavi” nell’azione di trasformazione del nostro ambiente di vita assumendola come immagine al positivo del pensiero creativo formalizzante che si articola attraverso idee e visoni di figure, contorni, corpi, spazi.
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La forma, come sappiamo, non ha mai una assoluta libertà. Essa (la “forma”) esiste come idea latente e immatriale, venendo poi pensata, manipolata, costretta ad esprimersi a partire dalle caratteristiche della natura della materia che la sostanzia, divenendo nel suo farsi “forma materiale” - disponibile per l’ideazione, per il progetto. Le forme dei materiali si legano, inevitabilmente, alle loro recenti e antiche modalità d’uso. È lecito ritenere che l’artefice tragga sempre insegnamento - coscientemente o inconsciamente - dalla “stabilizzata” esperienza e dall’immenso orizzonte di soluzioni accumulate nel tempo che definiscono, in ultima istanza, la cultura figurativa del materiale. Forme, immagini, visioni immateriali - sia pur sempre specchiature di “cose materiche” - inavvertitamente passano, filtrano, si insediano nella mente. Prima o poi riaffiorano. Se il repertorio storico viene ri-avvicinato, ri-considerato e ri-assimilato nella teoria e nella pratica contemporanea del progetto, attraverso un personale contributo interpretativo, allora il materiale può risplendere in modo nuovo all’interno dell’opera d’architettura, di design, d’arte. È quanto sembra avvenire nella felice esperienza di Raffaello Galiotto, designer quarantenne, testimoniata dalla prolifica reinterpretazione della ancestrale materia litica - nell’ambito architettonico, di interior design e design di prodotto - attraverso la oramai pluriennale sperimentazione condotta con entusiasmo fra esuberante creatività e apporto delle nuove tecnologie e macchine di lavorazione informatizzate, per conto della LIthos Design, giovane azienda della Valle del Chiampo diretta da Alberto e Claudio Bevilacqua aperti al dialogo e al confronto con la ricerca universitaria, la cultura del design, i mercati oramai fortemente competitivi e globalizzati. La sperimentazione di Galiotto è apparsa chiara, inedita e per molti versi innovativa, sin da quando, circa cinque anni fa, ne abbiamo potuto apprezzare i primi prototipi e prodotti industralizzabili di serie legati alla collezione “Pietre incise” intorno alla quale si sviluppò un intenso dibattito ed interesse. Si tratta di una ricerca, evolutasi attraverso fasi successive - legate sia all’azienda Lithos Design che a progetti multiaziendali quali quelli di “Palladio e il design litico” (2008) e di “Marmi del Doge” (2009) promossi dal Consorzio Marmisti Chiampo - incentrata su una evidente resa plastica tridimensionale delle superfici litiche pur quando (ed è il caso della prima collezione “Pietre incise”) la loro destinazione d’uso viene finalizzata a rivestimenti parietali in forma di elementi-lastra di ridotto spessore materico. Abbandonando il “riduzionismo bidimensionale” del linguaggio moderno, riproposto in vesti aggiornate dalle tendenze internazionali del minimalismo contemporaneo, Raffaello Galiotto ritorna coscientemente al valore plastico-tridimensionale della materia e si muove verso la sua
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continua saggiatura delle possibili interpretazioni e varianti configurative, connettive, “modellative” della risorsa rocciosa - monolitica ed estesa, variegata e policromatica - delle pietre, dei marmi, dei graniti, dei travertini.
Conseguentemente la visione convenzionale di superficie litica per l’architettura e l’interior design - contrassegnata dai soli elementi geometrici di lunghezzza, larghezza ed estensione planare - passa nella ricerca di Galiotto da entità figurale bidimensionale (che delimita il volume o riveste internamente gli spazi come una omogenea “pelle” complanare) a superficie solidificata dalla forte ed esuberante resa plastica e spesso dagli andamenti sinuosi e flessuosi. Accennavamo al rapporto sinergico fra creatività del designer e know how tecnologico aziendale, oramai dotato di avanzate e sofisticate macchine di lavorazione senza le quali, indubbiamente, non sarebbero possibili i risultati di alta e raffinata precisione raggiunti. Nel caso specifico, macchine appositamente realizzate e specializzate per la ricerca di Lithos Design e per i suoi avanzati obiettivi di produzione. Nel mezzo, fra mente creativa del designer Raffaello Galiotto e le macchine di lavorazione, la nuova frontiera strumentale di visualizzazione e modellazione tridimensionale. La progettazione assistita da avanzati software ci mostra come, oramai, il computer non sta più a rappresentare un semplice strumento di lavoro ex post rispetto alla fase di ideazione vera e propria. Attraverso i suoi programmi, le capacità enormi di calcolo e di rappresentazione si pone, oramai, come elemento contestuale e co-generatore rispetto allo
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sviluppo di ogni idea, di ogni abbozzo iniziale di forme anche complesse come quelle inseguite dalla creatività di Raffaello Galiotto che “traduce” sulla pietra l’esperienza e le ricerche parallele maturate sui materiali plasmabili quali le plastiche o i metalli necessari per la realizzazione dei complessi stampi. Il nuovo mondo della prefigurazione ad interfaccia informatizzata ha, oggi, liberato energie nuove per una sperimentazione non convenzionale sulle famiglie di figure geometriche (e loro articolazioni) dove è possibile saggiare una forma (o più forme) all’interno di azioni, retroazioni, visualizzazioni, varianti in tempo reale. Di questo nuovo scenario Raffaello Galiotto è stato uno dei primi interpreti indirizzando le energie creative verso un inedito design litico delle superfici che, progressivamente, vanno evolvendo verso strutture monomateriche a forte spessore dalle configurazioni complesse, fluenti ed innovative come nel caso della Collezione “Muri di pietra”, pervenendo - a breve, auspico - a cimentarsi anche con il tema delle strutture stereotomiche capaci di esportare la sua ricerca dal tema del design degli interni (o degli spazi esterni) a quello dell’architettura contemporanea in pietra in forte rivalutazione e aggiornamento linguistico da almeno due decenni. Alfonso Acocella
1 PIETRE INCISE CURVE LUCE - favo pierre bleue 2 PIETRE INCISE CURVE LUCE - fondo grigio tundra 3 PIETRE INCISE CURVE LUCE - giza pierre bleue 4 PIETRE INCISE CURVE LUCE - quadro bianco cotone 5 PIETRE INCISE CURVE LUCE - seta bianco cotone 6 PIETRE INCISE CURVE LUCE - tratto grigio tundra
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 23-25 - Veronica Dal Buono edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Daniel Libeskind
Daniel Libeskind. (ph. enrico geminiani)
La Facoltà di Architettura di Ferrara, nell’ambito delle attività promosse dall'Uffico di Relazioni esterne e Comunicazione, ha ospitato lo scorso giugno la conferenza di Daniel Libeskind "Counterpoint". In tale occasione il celebre architetto ha rilasciato la seguente intervista.
Veronica Dal Buono: La sua architettura così espressiva, unica e penetrante sembra provenire da uno stile ben preciso nel panorama dell’architettura contemporanea. Come definirebbe il suo lavoro, la sua carriera? Come si inserisce il suo modo di lavorare nell’architettura contemporanea? Come definirebbe la sua architettura? Daniel Libekind: è una buona domanda, io non vedo quello come uno stile, certamente ci sono dei caratteri tipici della mia architettura, ma non possiamo parlare di stile, piuttosto di sviluppo di un linguaggio di comunicazione, perché credo che l’architettura sia un linguaggio di comunicazione e attraverso la sua grammatica l’architettura sia un’avventura per raggiungere qualcun altro, per andare oltre, un
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percorso, un percorso di navigazione spesso attraverso acque sconosciute ed è importante non avere solo un obbiettivo ma soprattutto un percorso che ti porti dove non avresti mai creduto di arrivare. V.D.B.: Molti progetti sui quali ha lavorato, come il Museo Ebraico di Berlino o Ground Zero a New York sono legati al ricordo di eventi passati. Come esprime tradizione, memoria, culture differenti e altre delicati temi (come l’olocausto) attraverso l’architettura? D.L.: Prima di tutto vorrei dire che l’architettura è sempre riguardante la memoria non esiste architettura senza memoria, l’architettura non è un esercizio formale di scultura, particolarmente in progetti che hanno a che fare con tragedie, con eventi che plasmeranno il nostro futuro, bisogna saper comunicare attraverso il linguaggio dell’architettura, che è il linguaggio della luce dei materiali, delle proporzioni, il linguaggio dell’acustica. Per questo la storia deve essere presa in considerazione seriamente, la storia ci insegna ma emozionalmente e la memoria per un’opera di architettura, specialmente in edifici che hanno a che fare con essa, non è solo un questione secondaria ma un aspetto fondamentale perché senza memoria noi saremo completamente perduti. V.D.B.: Nel suo lavoro un ruolo importante è giocato dallo spazio. Ci può descrivere la sua idea o concetto di spazio sia nel design di esterni che di interni e in relazione con gli utenti finali dei suoi progetti? D.L.: Prima di tutto lo spazio non è solo una questione di cos’è dentro e cos’è fuori; lo spazio non è solo una percezione fisica, è qualcosa di sociale e culturale, è lo spazio dell’immaginazione, lo spazio del non conosciuto, lo spazio dell’invisibile, insomma lo spazio è qualcosa di più di quello che percepiamo attorno a noi e questo è certamente il mio fondamentale modo di vedere tale concetto, in particolare quando avvicinandomi ad ambienti o progetti che devono creare emozioni.
Studio Daniel Libeskind, Spirit House Chair (con Nienkämper), Royal Ontario Museum's Michael LeeChin Crystal. ©brian boyle
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V.D.B.: Molti dei suoi edifici sono disegnati per la comunità. Oggi, nell’era della globalizzazione, Lei crede nel valore simbolico ed educativo dell’architettura come arte sociale collettiva? Qual è secondo Lei il ruolo di un architetto? D.L.: Ci sono architetture sociali che non hanno a che fare con la sfera privata ma portano invece responsabilità pubbliche e cercano di dialogare e dare forma e libertà ad aspirazioni sociali ovunque nel mondo. Gli aspetti culturali dell’architettura sono davvero il centro per quel sentimento di comunità, del sentirsi connessi con gli altri, e non bisognerebbe parlare solo di affermazione, di terreno comune, quanto di spazi pensati per dare libertà, per dare voce ad ognuno. Certamente l’architettura in una città è il palco ideale per quella voce. L’architettura nasce da un pensiero simbolico, perché è il linguaggio stesso ad essere simbolico; è attraverso simboli che comprendiamo l’ambiente che ci circonda, dalle metafore, ed in questo senso ritorniamo alla definizione di comunità perché l’architettura non può prescindere dalla comunità, è la creazione e la percezione di cosa è comune e non comune, l’architettura non conferma solo nostri desideri, l’architettura ci sfida attraverso le differenti forme di comportamento, io credo che questa è la connessione con la tradizione dell’architettura, la quale proprio perché è così tradizionale porta sempre qualcosa di nuovo in se stessa. V.D.B.: Nel suo processo creativo quali sono i metodi di ispirazione? Ci sono, a suo modo di vedere, momenti più o meno divertenti nella fase progettuale? quali? D.L.: Prima di tutto l'architettura, in ogni sua forma, è sempre celebrazione; se l’architettura fosse solo frutto dell’utilizzo di attrezzature o della manipolazione di diversi strumenti sarebbe solo lavoro fisico, ma l’architettura è un’arte, un’arte civile e deve essere ispirata dal tempo, dalle tradizioni e proprio perché è ispirata dalle tradizione può aprire infinite nuove viste e nuovi orizzonti. Penso che quello che sia davvero importante per l’architettura è che ci sono infiniti mondi di possibilità, mondi dove si offrono nuove finestre e nuove porte per accedere alla realtà. Veronica Dal Buono
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 26-28 - Chiara Testoni edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it2
post-it journal Travertino di Siena
“Travertino di Siena” Alfonso Acocella e Davide Turrini (a cura di), contributi di Alfonso Acocella, Alessandra Acocella, Luig Alini, Sara Benzi, Alberto Ferraresi, Anna Maria Ferrari, Emanuela Ferretti, Davide Turrini, Raffaella Zizzari Alinea, Firenze 2010 303 pagine illustrazioni a colori, testo in italiano con traduzione in inglese Davvero un’opera ciclopica quella che il Professor Alfonso Acocella dell’Università di Architettura di Ferrara e Davide Turrini hanno ideato e
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realizzato - con i contributi di brillanti docenti, ricercatori, architetti e tecnici specialisti nel settore litico - con la pubblicazione di questo intenso volume di notevole spessore scientifico e culturale. La sfida intellettuale nasce dalla volontà di divulgare la ricchezza del panorama litologico italiano ai fini di consolidarne una più diffusa conoscenza, attraverso una meticolosa investigazione delle qualità tecnico costruttive del materiale, dei processi lavorativi e produttivi ad esso sottesi, delle sue possibilità estetico-figurative applicabili al design e all’architettura. La pietra costituisce una straordinaria ricchezza in termini di caratterizzazione identitaria della cultura progettuale e costruttiva italiane. Al travertino, dal termine latino “lapis tiburtinus” ovvero “pietra di Tibur” - la Tivoli odierna, dove si trova uno dei più antichi giacimenti - è associata quasi automaticamente l’immagine di pietra rappresentativa dell’architettura romana imperiale e quindi, per estensione, di simbolo dell’”italianità” nel mondo. Il territorio senese, e in particolare quello di Rapolano Terme, è uno dei principali bacini estrattivi nazionali, insieme ad Ascoli Piceno in Abruzzo e all’ambito di Guidonia-Montecelio e Tivoli in Lazio.
Fronti estrattivi di cava a Serre di rapolano. (ph. Vaselli marmi s.n.c.)
A questa straordinaria pietra si associano, come conferma la sua presenza plurisecolare nelle costruzioni, elevate caratteristiche di lavorabilità, resistenza meccanica e soprattutto durevolezza. La struttura macroporosa, che differenzia profondamente questo da altri litotipi quali marmi e arenarie, consente ai cristalli di neoformazione per precipitazione dei sali solubili di dilatarsi sufficientemente nei vuoti naturali del materiale, evitando così di esercitare pressioni interne e dare vita a consequenziali processi degenerativi. Alle considerevoli prestazioni tecniche, legate alla massività e alla resistenza del materiale, si associa una notevole versatilità figurativa: a seconda dell’esposizione alla luce, agli agenti atmosferici e del conseguente processo di ossidazione dei sali ferrosi contenuti nella
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struttura vacuolare del materiale, il travertino si distingue come materiale “vivo” e polimorfico, in cui l’”epidermide” acquisisce vibranti e sempre mutevoli caratteri espressivi. Attraverso un percorso rigoroso ed esaustivo, il testo esplora l’universo materico del travertino, ed in particolare modo - nell’ambito delle ventitré varietà tipologiche diffuse in ambito nazionale - di quello senese. Il volume affronta, attraverso un chiaro e accurato apparato graficoiconografico, diverse tematiche di ordine sia propriamente tecnicospecialistico sia descrittivo, dall’evoluzione nell’uso del materiale nel tempo, all’analisi delle specifiche fisico-chimiche ad esso ascrivibili, alla storia produttiva del comprensorio estrattivo e lavorativo rapolanese, all’esame delle possibilità applicative in ambito tettonico (in qualità di muro, rivestimento, pavimentazione).
Stratigrafie di travertino nel Parco dell'Acqua Borra a Castelnuovo Berardenga. (ph. Enrico Geminiani)
Dall’ambito termale, a quello “monumentale”, a quello dell’arredo urbano e del design, all’architettura, vengono infine illustrati diffusi esempi di opere contemporanee in cui si coglie come la pietra per sua natura esplichi un profondo dualismo tra aspetti a volte opposti: duttile ma resistente, tradizionale ma profondamente contemporanea, il travertino è un anello di “congiunzione” - come afferma Luigi Alini - tra la “materia”, con la sua gravità, e il “mondo delle idee”; tra mondo terreno, costruito, “immanente”, da un lato, e Iperuranio concettuale, impalpabile e “trascendente”, come avrebbe detto Platone, dall’altro. Chiara Testoni
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 29-33- Veronica Dal Buono edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it2
post-it journal Intervista a Raffaello Galiotto
Già da qualche anno seguiamo l’attività di Raffaello Galiotto nel settore del design industriale, ne studiamo le evoluzioni, ci divertiamo nel lasciarci ammaliare dalle sue rinnovate idee per un design di qualità e insieme capace di rispondere alle esigenze del mercato contemporaneo e alla quotidianità dell’utente finale.Incontriamo nuovamente Raffaello in occasione della presentazione della nuova collezione LE PIETRE INCISE CURVE per LITHOS DESIGN per rivolgergli con piacere alcuni quesiti. V.D.B.: Una produzione molto varia, per forme e per materiali di realizzazione, caratterizza i progetti da te firmati. Qual è il metodo che ti consente di affrontare tipologie così diverse? R.G.: Personalmente cerco di affrontare ogni richiesta con curiosità e interesse sempre rinnovato e ciò mi porta a studiare, approfondire e capire di volta in volta i diversi problemi. Per me l’eterogeneità non è un disagio bensì un aspetto affascinante. A volte mi trovo a progettare articoli in plastica dove gli utenti finali che sono gli animali domestici e nello stesso periodo vasche in marmo per il mercato del lusso. Non mi sento di appartenere ad una categoria, forse la cosa che mi contraddistingue è la capacità di immedesimazione, in ciò mi sento un
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po’ attore. Perché no. L’importante è che ciò che si fa catturi l’interesse, l’emozione delle persone. V.D.B.: Come descriveresti sinteticamente il tuo lavoro e la tua personale attitudine al mestiere di designer? R.G.: Mi ha sempre affascinato il mondo creativo, soprattutto quello “artistico”, dove si producono le cose con le mani. Mi piace la matericità, il colore, la luce. Ho scoperto che proprio questi elementi hanno anche a che fare con l’industria che ne trae profitto e così cerco di trarne anch’io. Mi piace il mio lavoro e, come si dice, “mantengo la famiglia”. Fatico molto ma sono felice. V.D.B.: Tra le tue qualificazioni aggiungi la qualità di “industrial” alla definizione di “designer”, ciò sottende un atteggiamento particolare, quale? R.G.: La parola design ha molti significati diversi, io intendo connotare il mio lavoro di designer a quell’aspetto che ha a che fare con l’industria, alla produzione seriale di prodotti che vanno venduti nel mercato. V.D.B.: Oltre alla vicinanza logistica, che cosa, quali interessi, ti hanno avvicinato alle industrie del comparto lapideo? R.G.: Mi ha sempre affascinato il marmo perché ha a che fare con la scultura e l’architettura. È una materia straordinaria, irrepetibile, matrice di capolavori assoluti. Per progettarla e lavorarla bisogna avere un atteggiamento diverso, rispettoso, direi propriamente “di ossequio”. Rispetto ai materiali sintetici ha una nobiltà incomparabile. Non avrei potuto non tentare ripetutamente di propormi alle aziende di questo settore. V.D.B.: Come descriveresti tale settore; quali le principali differenze rispetto agli altri campi produttivi nei quali ti muovi? R.G.: Rispetto ad altri è un settore che trae profitto più dal commercio della materia che dalla lavorazione. Questo ha sempre spostato l’attenzione delle aziende alla quantità, ai metri quadrati. Oggi il mercato in Italia e in Europa è cambiato, non ci sono più le quantità di materia prima e i margini di profitto di qualche tempo fa. Ecco che comincia a diventare interessante anche un approccio trasformativo, dove la tecnologia e la creatività possono fare la differenza. V.D.B.: Negli ultimi anni, dal tuo primo approccio al design litico a oggi, che cosa ritieni possa dirsi cambiato – se cambiato – in tale specifico settore di produzione? R.G.: Come in tutte le cose sono i fatti che contano. Se prima era una mia convinzione che le cose potessero funzionare ora sono i fatti che lo dimostrano. Il ritorno economico dei progetti passati rende possibili investimenti che prima non lo erano. In sostanza c’è un atteggiamento di maggior fiducia nel design. V.D.B.: L’esperienza di collaborazione condotta con continuità con l’azienda Lithos Design ti ha visto approdare alla realizzazione di
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molteplici, originali e suggestive collezioni. In che modo tale relazione ha segnato e incide tuttora sul tuo percorso? R.G.: Il design non è fatto solo da chi lo pensa ma anche da chi lo fa. La Lithos Design è una realtà che ha creduto subito nel design e che investe in continui nuovi progetti. Questa avventura che prosegue ormai da diversi anni, ovviamente fa crescere anche me quale progettista: di volta in volta posso trarre esperienza dalle realizzazioni e dalle risposte del mercato. V.D.B.: Come si è costituito e come si articola nello specifico il dialogo tra Lithos Design committente-imprenditore e la figura di Raffaello Galiotto progettista-designer? R.G.: Le aziende sono fatte dalle persone e sono il rispetto e la fiducia reciproca a far funzionare i rapporti nonché a determinare il successo stesso dell’azienda. Con i fratelli Bevilacqua, Alberto e Claudio, ci si confronta abitualmente e passo a passo si individuano le strategie per il futuro. Non dimentichiamo che quasi sempre ogni prodotto comporta un investimento in macchinari specifici, possibilmente progettati ad hoc, condividendo i progetti fin dall’origine. V.D.B.: Com’é nato il progetto “Le Pietre Incise” e in particolare come si è evoluto, quali i passaggi fondamentali e gli obiettivi futuri? R.G.: Già da qualche anno stavo sviluppando elaborazioni sul tema delle superfici, immaginando di realizzarle su pietra, quando Claudio Bevilacqua mi chiese di sviluppare una ricerca proprio in quella direzione. Non mi sembrava vero, è stata una coincidenza eccezionale. Poi, dai primi prototipi si è passati ad un progetto vero e proprio, con investimenti in macchinari ed a una ricerca approfondita che è ancora in evoluzione. V.D.B.: Quanta ricerca, dedizione e attenzione, richiede lo studio di una nuova linea di prodotti? R.G.: È un impegno notevole che coinvolge tutti gli aspetti del processo creativo, produttivo commerciale... ogni nuova linea è frutto di un attento esame sugli investimenti e sulle sue reali potenzialità commerciali. Alla fine comunque a decidere è la convinzione dell’imprenditore, è una questione di fiuto. Non credo nei calcoli e nelle strategie estremamente pianificate. Ogni vera novità rompe gli schemi e fortunatamente sfugge alle previsioni del marketing. V.D.B.: Come sei giunto a “Le Pietre Incise Curve”? Ritieni che tale importante passaggio dalla superficie alla forma tridimensionale e quindi alla relazione con l’elemento luce, possa essere oggetto di ulteriori evoluzioni? R.G.: È sicuramente un aspetto nuovo, una sorta di quarta dimensione che può essere sviluppata ulteriormente.
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V.D.B.: Tensione verso configurazioni formali che guardano alla “natura” oppure “classiche” e al contempo uso di tecnologia d’avanguardia: come si coniugano questi aspetti progettuali nella tua attività? R.G.: Ben sappiamo quanto la bellezza classica ciò che mi affascina maggiormente è il legame sottinteso a tali relazioni. È una sorta di fondamentale. Forse è in questo che risiede indagine possibile.
sia ispirata alla natura, geometrico-matematico ordine nascosto ma il maggior margine di
V.D.B.: Quando e come entrano le tematiche di sostenibilità ambientale nella tua ricerca? R.G.: Il tema dell’ambiente è certo di grande attualità; purtroppo mi sembra che in alcuni casi sia tradotto solo in un’etichetta di facciata anche se attraverso di esso ma si giocherà comunque il nostro futuro. È un aspetto che va affrontato al di là dei temporanei incentivi o slogan propagandistici. V.D.B.: All’interno dell’ADI svolgi un ruolo ufficiale. Tale posizione quali riflessioni ti conduce a realizzare rispetto alla situazione attuale del design in Italia e in particolare nel comparto del Nord-Est? R.G.: Ritengo che la situazione attuale abbia fatto emergere in modo evidente che la nostra competitività si gioca sulla capacità di far emergere il lato positivo del Paese, ciò che in Italia si sa fare con più competenza. Il passato recente, soprattutto nel mio nord est si è investito sulla produzione di quantità, perché era più redditizia e facile. Ora lo scenario è cambiato e la qualità, il design, sono aspetti notevolmente più considerati. Credo che la cosa necessaria oggi sia far dialogare maggiormente l’industria con il mondo del progetto e della ricerca. Da una parte non va considerato il design come un costo ma come un valore, dall’altro i designer devono capire le necessità reali dell’industria o dell’artigianato, producendo progetti a misura e non calati dall’alto seguendo il falso mito del designer-star. Il nostro compito è quello di divulgare una cultura del design come sistema che coinvolge tutti gli aspetti, dal modo di pensare, al produrre al comunicare, al vendere, al riciclare. V.D.B.: Cosa pensi della promozione della cultura del design attuata nel nostro paese? R.G.: Penso che ci sia molta confusione, e che spesso si chiami “design” anche ciò che non lo è propriamente. Vedo molte mostre e sperimentazioni patrocinate o sponsorizzate anche da enti pubblici che, diciamo, non conducono a nulla. Vedo molti giovani cadere nella trappola illusoria del design come “arte” o mera espressione del proprio io. Manca invece la seria promozione di un design che risponda alle reali necessità dell’utente. Un design che renda i prodotti più sicuri, più comodi, più economici e rispettosi dell’ambiente.
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V.D.B.: Quale consiglio ti senti di lasciare alle aziende e ai produttori industriali italiani in questo particolare momento storico? R.G.: Abbiate fiducia dei giovani designer, adottateli, facendo loro capire il mondo produttivo e commerciale del quale poco hanno appreso durante il percorso di studio. Saranno loro la vera risorsa in un mondo in continua evoluzione. a cura di Veronica Dal Buono
1 - 6 Collezione Le Pietre Incise Curve di Lithos Design, progetto Raffaello Galiotto
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 34-35 - Chiara Testoni edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Alberto Campo Baeza Pietra, Luce, Tempo
Alberto Campo Baeza Pietra, Luce, Tempo Davide Turrini Librìa, Melfi 2010 93 pagine illustrazioni a colori 18,00 € testo in italiano/ inglese Alberto Campo Baeza è una delle figure più raffinate del panorama architettonico contemporaneo internazionale. Il suo è un linguaggio dichiaratamente contro corrente rispetto al trend delle mode attuali, spesso esasperate dalla fascinazione mediatica, dal culto della spettacolarizzazione, dall’innovazione più esteriore che sostanziale. Refrattario a qualsiasi formalismo o leziosità, Campo Baeza concepisce piuttosto un’architettura rigorosa che veicola nelle forme - compatte, primigenie - il valore fondativo della gravità come espressione dello spazio e in una suggestiva poetica della luce il tema della rivelazione del tempo. Il risultato è una tettonica che, nella sua dimensione a-temporale e spirituale, si pone come baluardo dell’opera d’ingegno umano contro l’irrefrenabile divenire della storia.
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La pietra è il materiale che più di ogni altro si presta ad estrinsecare il valore della permanenza e la nostalgia di un ideale di purezza e originarietà tanto cari a Campo Baeza. Piani orizzontali lapidei che costituiscono l’appoggio di composizioni massive, solidi stereotomici e geometrizzati che racchiudono spazi intimi e introversi, superfici tettoniche attraversate da drammatici fasci luminosi: questi i capisaldi di una cultura compositiva indubitabilmente ispirata al mondo classico ma profondamente radicata nella contemporaneità, a dimostrazione del fatto che la pietra è forse più di ogni altro un materiale eterno ed attuale. Il testo propone un efficace racconto della poetica dell’architetto spagnolo, dalle opere d’architettura alla recente concezione dello spazio espositivo per Pibamarmi, “La idea construìda”, presso la fiera Marmomacc 2009. Uno spazio, quest’ultimo, manifestamente dicotomico: internamente foderato da marmo di Carrara e inciso da vaghe luminescenze, intimo e umbratile; esternamente concepito come antiquarium, dove con evidente horror vacui le pareti costituiscono il supporto espositivo per gli oggetti di design litico affiancati a calchi storici di sculture classiche ed ellenistiche prestati per l’occasione dall’Accademia delle Belle Arti di Firenze. Il chiaro apparato iconografico e l’illuminante conversazione a due voci con l’architetto contribuiscono a rendere chiaramente intelligibile un messaggio culturale di altissimo profilo e sensibilità che restituisce al processo progettuale, nell’universo odierno della globalizzazione, una irrinunciabile tensione catartica. Chiara Testoni
1 Alberto Campo Baeza, Caja General de Ahorros a Granada 2 Alberto Campo Baeza, Casa Guerrero 3 Alberto Campo Baeza, Centro Tecnologico a Inca 4 Alberto Campo Baeza, Piazza a Cadice 5 Alberto Campo Baeza, Uffici del Servizio Sanitario ad Almeria
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 36-41 - Andreas Sicklinger edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Il cibo e i sensi
1. Sviluppo di un prodotto sensoriale: il cibo Nella rivista Ventiquattro di ottobre si poteva leggere un articolo sul futuro del cibo: “Per un nuovo snack, per esempio, l’idea iniziale può venire dai dipendenti dell’azienda che intende produrlo (spesso si fanno sondaggi in fabbrica) o anche dal pubblico. Esistono infatti agenzie specializzate che chiedono ai consumatori di cosa avrebbero voglia. (…) Come per un sugo o un wurstel, si parte dall’aspetto del packaging e del contenuto. Si modificano foto e snack già in commercio – l’Image Lab di Kraft, cuore pulsante del suo reparto di R&D, si spinge oltre e “photoshoppa” gli oggetti più vari trasformandoli in dolci digitali – poi se ne sottopongono le immagini al giudizio dei consumatori. Sarà una barretta particolarmente spessa? Da mordere sugli angoli o larga come un solo boccone? Con una striscia colorata in superficie? Per gli snack virtuali che passano questo primo esame studiano i costi di fabbricazione, stoccaggio e distribuzione, e si elaborano ricette con il supporto di psicologi della percezione, sound designer specializzati in cibo, artisti, nutrizionisti, economisti, chimici, pubblicitari e infine cuochi. Il campione viene quindi ritestato sul target: l’inedita nuance di marrone suggerita dai psicologi è risultata stimolante, e non sgradevole, al pubblico over 40 cui lo si vuole destinare? La sua forma è in grado di evocare emozioni adulte senza violare alcun tabù culturale? La sua farcitura alla fragola è troppo rossa per sembrare naturale?”1
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La creazione di un nuovo prodotto coinvolge sempre una serie si specialisti, e più complesso è un prodotto, più tempo ci si mette per svilupparlo e per metterlo sul mercato. Più sono anche i rischi di fallimento, mentre a quanto sembra, le vere innovazioni, o addirittura rivoluzioni tecnologiche o funzionali sono una rarità. Pertanto le grandi aziende producono in continuazione enorme quantità di proposte, persino prodotti immessi nel mercato per non farsi sfuggire nessuna occasione di mercato, pur consapevoli che la maggior parte di prodotti avrà una vita breve e sparirà presto dai reparti e scaffali. Questo non significa, in un processo globale, il fallimento (del prodotto, di un reparto) per l’azienda, che appunto produce soluzioni per testarli e per capire il comportamento dei suoi possibili clienti. Un numero gigante di idee e prototipi corrisponde ad una percentuale molto più piccola di soluzioni prodotti realmente e solamente un numero irrisorio porterà al successo sperato. Nel campo del prodotto costoso, tecnologico, dove un prodotto errato (per qualsiasi motivo, e se fosse “semplicemente” per il fatto che non piace) costituisce anche un pericolo di sopravvivenza per l’azienda come per esempio nel mercato automobilistico, è evidente che si “scherza” meno con verifiche di “piacevolezza” direttamente sul mercato. Invece, a quanto pare, sul mercato del cibo, è piuttosto pratica comune.
Forse anche comprensibile se si pensa quali sono i parametri da controllare per il successo del prodotto: gli aspetti sensoriali. Gli aspetti sensoriali, quindi quella parte del corpo umano che viene sollecitato da
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stimoli provenienti dall’esterno per essere elaborato al livello cognitivo, sfuggono tuttavia ad un controllo matematico, nonostante gli grandi sforzi della scienza, e rimangono un corpus soggettivo, al quale ognuno reagisce in modo differente. Possono infine creare emozioni, che per un verso o l’altro influiscono lo stato d’animo. Per un cibo, piuttosto facile se si pensa che oltre alla vista vengono coinvolti olfatto, gusto e tatto, ognuno per modalità e sollecitazione diversa. 2. Coinvolgimento emotivo
“Le emozioni sono una realtà molto complessa e, in gran parte, ancora misteriosa, nonostante nel corso dei millenni siano state esplorate da filosofi e letterati, e siano state studiate scientificamente in modo sistematico da oltre un secolo a vari livelli (biologico, soggettivo, relazionale, culturale). La complessità delle emozioni dipende essenzialmente dal fatto che esse, congiuntamente, hanno profonde radici neurobiologiche nel nostro organismo, sono un’esperienza soggettiva dotata di importanti significati in connessione con i propri interessi e scopi, hanno una valenza sociale nelle relazioni con gli altri e sono definite dalla cultura di appartenenza. Tutti questi aspetti interagiscono fra loro e s’influenzano a vicenda in modo profondo, con la conseguenza che le emozioni costituiscono esperienza multiforme che attraversano e pervadono tutto il nostro organismo in ogni sua aspetto. Una complessità talvolta così elevata che diventa difficile persino dare un nome alle proprie esperienze emotive.”2
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A fronte di tale complessità è significativo che anche per la creazione di un nuovo prodotto “cibo” si parta dagli aspetti visivi, come accennato sopra, in quanto si parte dal packaging e del contenuto. Il contenuto viene “esplorato” attraverso tecniche digitali per raggiungere un primo grado di estetica e aspetto gradevole per un eventuale target di utenti. Si può dedurre, che gli aspetti estetici visivi siano condivisibili, siano descrivibili (cosa piuttosto importante durante la valutazione del prodotto) e siano valutabili. Un aspetto piuttosto sorprendente è il tardo coinvolgimento del cuoco (per lo meno nell’elenco sopracitato), figura professionale per eccellenza della creazione di cibo e piatti prelibati. La produzione di massa, evidentemente, non cerca il palato fine di uno chef, ma le capacità del marketing a comunicare il carattere richiesto dal mercato per un nuovo prodotto: è esempio la Red Bull, bevanda che deve il suo successo soprattutto al marketing. “La percezione della qualità da parte dei consumatori dipende da molti fattori. Utilizzando specifici metodi di verifiche sensoriale si possono misurare la qualità della percezione sensoriale e il godimento. Mentre il consumatore può fare affermazioni sul fatto che il prodotto piace o non piace, esaminatori addestrati possono dare dichiarazioni differenziate su aspetto, odore, sapore del cibo e sulla sensazione in bocca che innesca. Per questo tipo di analisi si usa l’uomo come strumento di misurazione. A differenza di una bilancia o un gascromatografo, l'uomo non è molto selettivo - le singole percezioni non possono essere percepite in isolamento anche dopo molta formazione. Inoltre, l’uomo viene fortemente influenzato da fattori endogeni ed esogeni, per cui il giudizio sensoriale può essere distorta.”3
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Anche in un istituto rinomato come il TTZ di Bremerhaven, che è specializzato sulla valutazione del cibo, e infine sulla definizione quali saranno i trend di cibarsi in un prossimo futuro, la prova viene fatta dal e con l’uomo, misuratore della qualità sensoriale. E anche in questo caso, il coinvolgimento congiunto di più sensi riesce a stabilire il successo di un prodotto: vista, udito, olfatto, gusto e tatto. 3. Il ruolo dei sensi
“I colori influenzano moltissimi aspetti della nostra vita. Per cominciare, sono in grado di alterare nettamente il sapore di cibi e bevande: provate, usando coloranti alimentari, a tingere il latte di rosso o l’aranciata di blu. Il pane colorato, introdotto negli Stati Uniti qualche tempo fa, rimase sugli scaffali. Proviamo repulsione per cibi di colore sbagliato anche quando sappiamo che le loro proprietà nutritive restano invariate, e che nessuno sta tentando di avvelenarci. Ai partecipanti ad un esperimento venne offerto un pasto a base di bistecca, patatine fritte e piselli, colorati in modo abnorme ma serviti in condizioni di illuminazione tali che non fosse possibile rendersene conto. Il cibo riscosse grande successo finché non vennero accese le luci. La constatazione che in realtà la bistecca era azzurra, le patatine verdi e i piselli rossi ebbe effetti così dirompenti che quasi tutti i commensali furono presi da una violenta nausea.” E’ innegabile che la vista gioca anche per il consumo del cibo un ruolo
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fondamentale, e ricerche come quello sopracitato, o semplicemente l’aspetto di piatti particolarmente elaborati suscitano un forte coinvolgimento emotivo ancor prima del consumo. Il tutto nasce ovviamente nella capacità dell’uomo di distinguere cibo sano e fresco da quello vecchio e marcio, in modo da evitare intossicazioni. Questa caratteristica è talmente forte, che nonostante l’industria alimentare stia provando a rovesciare certi abitudini, almeno affinché si tratta di cibo naturale.
Chi ha vista “Ratatouille” di Walt Disney ha ben presente l’effetto suscitato dal piatto omonimo sul critico Albert Ego: un viaggio nel tempo, nella memoria della sua infanzia. Ecco come il profumo, quindi l’olfatto entra in gioco nel momento in cui la forchetta con la prima porzione tocca la lingua e la cavità orale. Ma a quanto gli esperti del TTZ, e del Centro Ricerche Nestlè, gli aspetti della croccantezza ricoprono un ulteriore aspetto fondamentale: sinonimo di freschezza, il suono di un cibo racconta della sua consistenza. Quindi vengono coinvolti udito e tatto, per quanto accompagnato dal rumore piacevole di un pane che scrocca: c’è la resistenza tra le dita della mano e la tessitura della sua superficie a creare un legame tra aspetto e fisicità del cibo stesso. Andreas Sicklinger Per qualche approfondimento ulteriore: http://it.wikipedia.org/wiki/Food_design http://www.fooda.org/ Note 1 Sasha Carnevali, Cosa mangerete, Ventiquattro, N°10 del 1° ottobre 2010 2 Luigi Anolli, Introduzione in Keith Oatley, Breve storia delle emozioni, Bologna 2010 3 Fonte: http://www.ttz-bremerhaven.de/de/dienstleistungen/sensorik/projekte-sensorik/489-kosadat.html, traduzione dell’autore 4 Paola Bressan, Il colore della luna, Bari 2008
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post-it journal
Le nuove collezioni Lithos Design: rivestimento, spazio, parete.
Un’ambientazione del modello Onda della nuova collezione Muri di Pietra.
Porsi al confronto con il tema dei rivestimenti parietali in ambito lapideo, o addirittura con quello delle pareti nella loro complessa interezza, è intento affatto banale per chi lo affronti con la consapevolezza del portato storico-tecnico sotteso ai due campi. Consci di questa premessa – ne è riprova l’eccellenza degli esiti – i progettisti di Lithos Design hanno recentemente aggiornato il ventaglio di possibilità già esperite sulla pietra nelle loro prime collezioni, ampliando ora la ricerca ed i risultati da essa conseguiti, dal mondo commerciale del puro rivestimento lapideo ad alcune sue importanti evoluzioni spaziali, sino a distaccare definitivamente la materia litica dal supporto murario per renderla finalmente autonoma, essa stessa parete, con applicazioni adatte ad esempio agli ambienti della casa o del commercio. Storicamente il muro naturale in opera isodoma s’è lasciato ibridare per i motivi dell’avanzamento tecnico, dello sviluppo di talune tecnologie, delle ragioni economiche e della reperibilità del materiale. Ora come allora le logiche di cantiere e di industrializzazione dell’edilizia fanno sì che ciò che definiamo muro nei suoi diversi spessori sia costruito in svariate maniere dettate sia dal requisito tecnico, sia e soprattutto da valutazioni di praticità e sveltezza realizzative. Ne consegue una necessità di rivestimento, non solo per migliore finitura, ma anche, nei casi migliori, per la volontà di suggerire continuità spaziale oltre che superficiale fra ambienti diversi. Da ciò la pietra non discende inevitabilmente quale soluzione unica ed esclusiva, ma al confronto con molti altri materiali quali l’intonaco, o più recentemente i metalli, essa può essere certamente preferita per le maggiori resistenze agli agenti ed all’usura,
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come pure per le doti inerziali di rilascio del calore anche artificialmente prodotto, o più in generale per i molteplici contenuti sensoriali ed espressivi afferenti il mondo naturale in essa evidenti. Nella storia del rivestimento lapideo il ruolo di protagonista interpretato dall’opus sectile ha determinato nel tempo commistioni varie con la pittura, dal primo alla seconda, ed anche di rimando dalla seconda al primo. L’affinamento della tecnica per la messa in opera dei decori lapidei alle pareti costruite ha guidato ai primi casi di applicazione mediante inserti metallici, con ammorsature quale migliore elemento di tenuta fra i conci e le lastre. Le nuove collezioni di Lithos Design presentate nelle occasioni dello scorso Marmomacc spaziano con curiosità critica e felicemente indagativa entro questi mondi, ad esempio offrendo supporto agli inserti pittorici nella collezione Luxury ovvero celando gli innesti metallici fra i conci della collezione Muri di Pietra. Con la disciplina ed il rigore a cui la produzione industriale ci richiama oggi, le singole lastre delle diverse collezioni parlano un comune linguaggio dimensionale ed applicativo, così da essere intercambiabili ed offrirsi ai molteplici desideri esteticofunzionali del fruitore degli spazi. In una fase storica, l’attuale, in cui al materiale lapideo è spesso richiesto d’assottigliarsi e contemporaneamente superarsi nelle prestazioni, il tema della profondità – lo spessore della lastra insieme alle sue possibilità espressive - assume rilevanza speciale. Ad esaltarla sono ad esempio particolari soluzioni d’angolo, o talune scelte di fuga fra gli elementi, l’opportunità di eseguire incisioni e rilievi superficiali, ovvero la privazione di un concio che conceda di traguardare oltre la barriera. A tutti questi modi si aggiunge ora quello di ricercare nello spessore del materiale non solo l’ispirazione espressiva, ma anche concretamente lo spazio per alloggiare componenti tecnici ed impiantistici, quali ad esempio quelli per corpi illuminanti, a loro volta capaci di esaltare il trattamento superficiale dei conci lapidei con fasci di luce radenti sul materiale; è quanto accade nella collezione Pietre Incise Curve Luce. A fronte della perfetta riuscita, risulta forse ovvio, ma doveroso, l’accento posto sulla molto maggiore difficoltà tecnica e realizzativa al raggiungimento dell’obiettivo con il materiale lapideo, rispetto a quanto recentemente compiuto anche con altri materiali frutto di varie miscele ed impasti plasmabili, con i quali si sia cercato analogo risultato. Ulteriori note d’encomio sono dovute alla sapiente integrazione di apporti artigianali tradizionali nazionali, come ad esempio per le integrazioni pittoriche di talune collezioni, al coerente impegno non solo scultoreo di Raffaello Galiotto, alla maestria nell’impiego delle strumentazioni di progetto e di realizzazione tridimensionale dei manufatti mediante sistemi a controllo numerico. Alla sostenibilità della proposta risulta inoltre fondamentale ed assai apprezzato l’importante lavoro di ricerca svolto a determinare la forma e la dimensione del prodotto, pure in funzione del contenimento e dell’ampio riutilizzo del materiale naturale di scarto. Alberto Ferraresi
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1 Il prezioso sfondo realizzato con elementi della collezione Luxury 2 - 5 Alcuni scorci di dettaglio e d’ambiente della collezione Luxury
1 La luce radente esalta la superfici della collezione Pietre Incise Curve Luce 2 - 10 Alcuni scorci di dettaglio e d’ambiente delle collezioni Pietre Incise Curve, Pietre Incise, Pietre Incise Palladio
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 45-47 - Valeria Zacchei edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
I trattamenti autopulenti: materiali fotocatalitici e “effetto loto”
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La fotocatalisi è il fenomeno naturale per cui una sostanza (catalizzatore), attraverso l’irraggiamento di luce, modifica la velocità di una reazione chimica. Il materiale con proprietà fotocatalitiche più importante e caratterizzato è il biossido di titanio (TiO2) che appartiene alla famiglia degli ossidi dei metalli di transizione. Lo studio delle sue proprietà ha avuto origine agli inizi degli anni ‘70 ed è tuttora di grande interesse per le sue applicazioni. È stato infatti dimostrato che l’uso di TiO2 irraggiato con luce ultravioletta (UV) non solo permette la totale degradazione dei composti organici volatili ma anche l’abbattimento degli ossidi di azoto e di zolfo. il TiO2 viene impiegato in vernici, nei laminati plastici, nelle idropitture, e negli smalti. Un’altra interessante applicazione riguarda l’utilizzo di polvere di biossido di titanio come additivo per particolari cementi dove, sfruttando la sua capacità fotocatalitica,funge da catalizzatore per inquinanti presenti nel mezzo a contatto. Le sostanze tossiche abbattute dal trattamento fotocatalitico vengono trasformate in calcare (CaCo3), nitrati di sodio(NaNo3) e carbonati di sodio(Ca(NO3)2) assolutamente innocui. Il TiO2 è un materiale stabile e sicuro, e attualmente viene già impiegato
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nel settore delle costruzioni per un gran numero di materiali: cementi, ceramiche, vetro, pitture. Le superfici autopulenti rappresentano un obiettivo di ricerca di crescente interesse per le loro molteplici applicazioni. Per il raggiungimento di tale obiettivo, la ricerca percorre al momento due strade diametralmente opposte basate rispettivamente sulla superidrofobicità e sulla superidrofilicità delle superfici. I due filoni hanno in comune l’obiettivo di cambiare, grazie a differenti tecniche a scala nanometrica, l’angolo di contatto tra la superficie e le gocce d’acqua che la colpiscono.
FILM SUPERIDROFILICO Grazie all’irraggiamento di UV la superficie del film di biossido di titanio, già di per sé idrofilica, modifica le proprie caratteristiche di bagnabilità: il risultato è che l’acqua depositata sulla superficie trattata tende a formare un film sottile anziché una goccia. L’effetto autopulente della superficie di TiO2 è conseguente al fatto che lo sporco, aderendo meno alla superficie, è lavato via più facilmente da essa. Inoltre, poiché le gocce d’acqua si spandono facilmente, la superficie si asciuga molto velocemente e non si appanna mai (l’appannamento è un fenomeno caratteristico di superfici con angolo di contatto maggiore di 20°). Per applicazioni di questo tipo, il biossido di titanio è impiegato sotto forma di film molto sottile depositato su un substrato vetroso. L’efficienza fotocatalitica del film è influenzata dallo spessore, dalla rugosità superficiale, dalla porosità, dalla cristallinità, dalla quantità di impurità e dalla concentrazione di ioni ossidrilici in superficie,
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FILM IDROFOBICO Il principio di funzionamento è legato all’interazione repulsiva tra l’acqua e la superficie: su tali superfici l’angolo di contatto dell’acqua è compreso tra 90° e 120°, e di conseguenza le gocce tendono a rotolare sulla superficie invece di scivolare. Durante il rotolamento, l’acqua raccoglie le particelle di sporco, permettendo l’autopulizia della superficie. Tale risultato è basato sullo studio e sull’imitazione del fiore di loto, che mostra capacità autopulenti, grazie alla nanorugosità della superficie delle foglie che fa rapidamente scivolare via l’acqua e con essa la sporcizia. Questo tipo di film è già utilizzato in molti prodotti, su cui viene fissato con diverse modalità a seconda del materiale di supporto. Valeria Zacchei
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II (2011), 48-52 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Giuseppe Rivadossi: strutture poetiche
Durante la settimana del design milanese si è svolta alle Cartiere Vannucci una mostra del tutto esclusiva, capace di mettere al centro della scena un artigianato quasi estinto, il mestiere meticoloso e fondamentale di un artista che ha dedicato la propria vita allo studio ed alla lavorazione del legno.
Ricostruire lo spazio dell’uomo attraverso un recupero costante e certosino di una dimensione pratica e poetica del vivere. Con questa filosofia l’artista Giuseppe Rivadossi dirige il proprio cantiere-studio elaborando progetti e realizzando strutture, mobili e ambienti di grande prestigio. Grazie alla collaborazione dei figli Emanuele e Clemente e di un’équipe specializzata, tutti i progetti elaborati dalla bottega si distinguono sia per la grande cura e maestria realizzative sia per la squisita sensibilità nell’utilizzo del legno, materiale privilegiato nelle diverse lavorazioni che viene valorizzato nella sua integrità materica. La qualità a tutto tondo delle creazioni di Giuseppe Rivadossi oltre ad avere ottenuto apprezzamenti da parte d’importanti voci della critica tra cui Giovanni Testori, Vittorio Sgarbi, Ermanno Olmi, Philippe Daverio e Mario Botta ha potuto contare nella sua lunga e prestigiosa vicenda di una clientela affezionata e attenta.
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Storia dell’opera L’assemblaggio a incastri costituisce una della prerogative della lavorazione messa a punto dalla Giuseppe Rivadossi a cui si affianca il trattamento a scavo da blocco, una tecnica inedita che consente di ottenere forme modellate come fossero sculture. Le strutture realizzate attraverso l’assemblaggio a incastri esaltano la bellezza della razionalità e della tecnica, quelle ottenute a scavo riportano invece alla poetica della terra, della grotta e ad una dimensione più primordiale. Il legno utilizzato per creare l’esclusiva serie che è stato possibile vedere a Milano è un noce nazionale di mezza montagna di provenienza italiana lavorato da massello. Questo pregiato legno ha una struttura ed un colore della fibra particolare e caratteristica ed è inoltre più forte e resistente del noce di pianura. Il noce italiano è un legno raro, proviene da un albero solitario molto sensibile, che non cresce nella selva, ma solo in zone dove può essere curato e protetto. Il legno con cui sono realizzate le “Custodie” di Rivadossi deriva da noci che hanno circa un centinaio di anni di età. Appartengono quindi ad una civiltà, quella contadina, che oggi è quasi integralmente scomparsa. Nell'economia degli abitanti della mezza montagna, nel secolo scorso, il noce era parte del ciclo economico produttivo come prezioso elemento di sostentamento: si trattava di alberi che i contadini apprezzavano per la loro bellezza, ma soprattutto per ciò che offrivano e pertanto tenuti in considerazione, curati e protetti.
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Le fasi di lavorazione di questo legno sono estremamente delicate e richiedono una conoscenza approfondita del noce di mezza montagna: 1- Il tronco utilizzato viene abbattuto seguendo le fasi lunari e solo in determinati periodi dell’anno. 2- Dopo alcuni mesi il tronco viene segato in assi e immediatamente ricomposto, lasciandolo con la sua corteccia a riposare per circa 6 mesi. Durante questo periodo il tronco "fermenta" uniformando il colore e tranquillizzando le tensioni interne alla fibra del legno. 3- Il legno viene in seguito scortecciato, sgrossato e trasportato ad essiccare in luogo asciutto e ventilato per circa 10 anni. 4- Dopo questo tempo il legno viene ricostituito in blocco con apposite colle per poter essere scavato e scolpito. Queste operazioni di taglio e ricompattamento sono necessarie per avere un prodotto che pur subendo delle variazioni dovute all'umidità degli ambienti, non si fessurerà. 5- Solo a questo punto lo scultore dà la forma voluta al blocco di legno scavandolo direttamente con sgorbia e scalpello. 6- Si procede poi alle fasi della finitura delle superfici come la sbiancatura delle parti emergenti, la levigatura con carta seppia delle superfici, la verniciatura con un impregnante per chiudere i pori del legno, la ri-levigatura delle superfici con carte seppie sempre più fini, la successiva sverniciatura ed infine il trattamento a cera naturale d'api. Ogni passaggio sopra descritto viene eseguito interamente a mano . Un altro importante elemento riguarda gli strumenti di lavorazione. Per il taglio dell'albero viene utilizzata una sega a nastro mentre per segare e scortecciare il tronco vengono usate una sega a nastro, una sega circolare, una pialla a filo e una pialla a spessore. Per lo scavo invece viene impiegata una sgorbia ed uno scalpello in acciaio da taglio appositamente realizzati.
Intervista al maestro Questo della struttura e della poesia è un tema a noi caro – racconta Giuseppe, capostipite di questa famiglia di creatori del legno – perché
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offre lo spunto per raccontare una storia di funzionalità e bellezza. Argomenti considerati ancora oggi separati – prosegue l’autore – la bellezza dell'opera, del manufatto, resta nell'ambito delle idee al massimo del progetto, che frustrato si fa ironico o provocatorio, l'opera concreta invece risponde ad una funzionalità spesso solo di calcolo economico.
Il nostro intento invece è quello di recuperare il fare come elemento integrante della bellezza. Noi siamo certi che sia possibile dare un servizio reale all'uomo (nel nostro caso attraverso la creazione di oggetti come il tavolo, la sedia , la madia, ecc.) senza bisogno di avvilirlo considerandolo esclusivamente nodo di interessi mercantili. Mi spiego meglio: pensare e costruire qualcosa significa considerare tutte le esigenze della persona e queste esigenze sono complesse, partono dal rispetto delle risorse che utilizziamo, dalla considerazione per chi realizza ed arrivano a valutare anche il bisogno profondo di ogni persona di ritrovare se stessa in ciò che fa, che realizza o anche solo che acquista. E chi è la persona a cui mi rivolgo, perchè possa ritrovarsi in ciò che io faccio? Il punto d’incontro con l'altro è la riconoscenza.
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La chiave di volta è questa: l'uomo deve riconoscere il suo essere in relazione con il tutto, con un tutto infinito che lo contiene e custodisce, con una totalità che non è possibile strumentalizzare ma solo, appunto, riconoscere. Così facendo l’individuo, l’artista, il designer andrà a progettare, costruire e relazionarsi in modo completamente nuovo con lo spazio, e con la materia ed infine anche con e per l'altro uomo. Ed il frutto di questa consapevolezza potrebbe proprio essere l'unitarietà, il ricongiungimento di aspetti da sempre pensati distanti appunto come la funzione (struttura) e la bellezza (poesia).
Principali opere esposte alle Cartiere Vannucci Scrivania Reims, Tavolo Arcangelo, Tavolo Vela, Madietta Teodora, Madietta Nova, Credenza Dell’acqua, Madia Lombarda, Credenza Moissac, Pozzetto del Vento
Elisa Poli
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SPECIALE
X faf X
Ventennale FacoltĂ Architettura Ferrara *
festival to design today
* La presente raccolta include tutti i contributi pubblicati su MD Material Design Post-it Journal tra il 2011 e il 2013, durante lo svolgimento del festival ventennale della FacoltĂ di Architettura di Ferrara svoltosi tra 2011 e 2012.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 54-57 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal XfafX: un progetto culturale istituzionale
La Facoltà di Architettura di Ferrara istituisce nell’Anno Accademico 1991-92 il suo primo Corso di laurea in “Architettura” e nell’Anno Accademico 2009-10 l’offerta didattica si arricchisce del Corso di laurea in “Design del Prodotto Industriale”. Seppur circoscritta all’arco di soli venti anni, la storia della Facoltà è densa di scelte qualificanti, risultati riconosciuti, reputazione acquisita sul piano nazionale e internazionale. Da anni l’istituzione ferrarese è ai vertici delle classifiche CENSIS che valutano la qualità degli atenei italiani, risultando prima - per ben nove volte consecutive - fra le Facoltà di architettura del Paese. I risultati positivi, ampiamente confermati nel tempo, sono sostenuti da una politica formativa e da una concezione organizzativa finalizzate a perseguire gli obiettivi prefissati (monitorati anno per anno) nella didattica, nella ricerca e nello svolgimento di progetti culturali. Con il 2011, in una fase critica per l’Università italiana, la Facoltà compie il suo ventesimo anno di attività e, attraverso la celebrazione di questo anniversario, vuole dare testimonianza di vitalità ed affermare un ruolo centrale e propositivo all'interno delle istituzioni accademiche del Paese, con un progetto culturale di respiro internazionale articolato in conferenze, convegni, workshop e mostre. L'acronimo scelto per tale manifestazione è XfafX, in evoluzione di Xfaf che siglò il fortunato Decennale di fondazione della Facoltà svolto nel 2003.
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Il format è quello di un festival che comprende una serie consistente e diversificata di eventi culturali organizzati, con cadenza mensile, da maggio 2011 a giugno 2012. To design today è il titolo del festival che si svolgerà negli spazi storici di Palazzo Tassoni Estense, sede di rappresentanza della Facoltà. Gli appuntamenti della rassegna saranno aperti al pubblico e saranno oggetto di un progetto comunicativo cross mediale dedicato. L’obiettivo sotteso al progetto culturale è quello di avvicinare e far dialogare le istituzioni accademiche con il mondo produttivo e con le componenti creative dell’architettura, del design, dell’arte e della comunicazione. Valorizzando i suoi punti di forza, la Facoltà di Architettura di Ferrara, attraverso il progetto XfafX, intende aprirsi all’esterno, ancor più di quanto abbia fatto fino ad ora, e vuole promuovere collaborazioni e progetti con altre istituzioni culturali, con committenze pubbliche e private, associazioni di categoria, organizzazioni di produzione. Il programma del festival XfafX - To design today sarà illustrato attraverso una Mostra e due Conferenze rivolte alla stampa e ai media digitali che si terranno a Ferrara (2.5.2011) in Palazzo Tassoni Estense e a Milano (4.5.2011) nel Palazzo della Triennale, alla presenza delle Istituzioni, dei Sostenitori, dei Patrocinanti. MOSTRA XfafX Palazzo Tassoni Estense - Ferrara 2-11 Maggio 2011 Inaugurazione ore 10 CONFERENZA STAMPA XfafX Palazzo Tassoni Estense - Ferrara 2 Maggio 2011, ore 10,30 Interventi di: Pasquale Nappi Magnifico Rettore dell'Università di Ferrara Graziano Trippa Preside Facoltà di Architettura di Ferrara Roberto Di Giulio Direttore del Dipartimento di Architettura Alfonso Acocella Responsabile scientifico XfafX "Festival To design today" CONFERENZA STAMPA XfafX Palazzo della Triennale - Milano 4 Maggio 2011, ore 11 Interventi di: Arturo Dell'Acqua Bellavitis Presidente "Fondazione Museo del Design", La Triennale di Milano Leopoldo Freyrie Presidente CNAPPC - Consiglio Nazionale Architetti P.P.C. Luisa Bocchietto Presidente ADI - Associazione per il Disegno Industriale Graziano Trippa Preside Facoltà di Architettura di Ferrara Alfonso Acocella Responsabile scientifico XfafX "Festival To design today"
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PROMOTORI XfafX Università di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara ISTITUZIONI PATROCINANTI Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna Provincia di Ferrara Comune di Ferrara CNA - Consiglio Nazionale degli Architetti Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona ADI - Associazione per il Disegno Industriale Collaborazioni scientifiche SITdA - Società Italiana della Tecnologia dell’Architettura SOSTENITORI GENERALI AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno SOSTENITORI SINGOLI EVENTI promo_legno PARTNER Fassa Bortolo Premio internazionale Architettura Sostenibile Premio internazionale di Restauro Architettonico Libria Nardi Sannini CONCEPT XfafX Relazioni esterne e Comunicazione FAF Laboratorio MD Material Design Alfonso Acocella | Concept e Fundraising istituzionale Veronica Dal Buono Gabriele Lelli Davide Turrini Theo Zaffagnini
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MOSTRA XfafX Alfonso Acocella - Concept Veronica Dal Buono - Progetto mostra e graphic design Gabriele Lelli - Allestimento Chiara Testoni - Biografie Elisa Poli - Traduzioni Luca Feletti - Collaborazione graphic design Silvia Imbesi - Collaborazione graphic design Giulia Pellegrini - Collaborazione graphic design UFFICIO STAMPA Veronica Dal Buono - Responsabile Web Giulia Pellegrini - Collaborazione Web Davide Turrini - Responsabile Stampa Giampaolo Landolfi - Collaborazione Stampa Contatti ufficiostampafaf@unife.it relazioniesternefaf@unife.it CANALI COMUNICATIVI ISTITUZIONALI www.unife.it/facolta/architettura www.materialdesign.it Scarica l'invito alla conferenza di Ferrara Scarica l'invito alla conferenza di Milano
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 58-60 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
Il Ventennale di fondazione: XfafX come sfida istituzionale
La Facoltà di Architettura di Ferrara compie nel 2011 vent'anni. Quattro lustri di vita istituzionale intensa lungo i quali si sono succedute, ma anche sovrapposte nel tempo, varie fasi: atto costitutivo e fondazione della Scuola, avvio delle attività formative e di ricerca, creazione di una comunità scientifica, sessioni di tesi con giovani laureati ferraresi che si sono progressivamente inseriti nel tessuto professionale del Paese, affermazione della Facoltà a livello nazionale (otto volte prima, negli ultimi dieci anni, nelle graduatorie di qualità CENSIS), celebrazione culturale del Decennale di fondazione, ampliamento degli spazi con il recupero di Palazzo Tassoni, varo del Corso di laurea in Disegno industriale. Con il 2011 - e qui siamo all’oggi - la Facoltà giunge al suo ventesimo anno di vita in un momento particolare per l’Università italiana con un progetto di trasformazione generale in atto e una forte riduzione delle risorse economiche statali disponibili per formazione, ricerca, progetti culturali. La riforma, insidiando le tradizionali componenti fondative e di governance dell’Università italiana, spinge il mondo accademico ad una ridefinizione del proprio ruolo, ad una riscrittura del concetto di autonomia, ad un ripensamento dei modi stessi di intendere formazione, ricerca, produzione e disseminazione di conoscenza. Tale processo rompe equilibri consolidati, spinge a discutere in via non pregiudiziale, sollecita ad accettare la sfida per superare le ristrettezze e
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le criticità indotte da una crisi economica più generale, indica l’opportunità di mettere in relazione dialogica e collaborativa l’interno con l’esterno dell’Università. Viene sottolineata la necessità di ricollegare l’Istituzione accademica a contesti, scopi, bisogni della società che si sono venuti modificando ed evolvendo recentemente a fronte di una Università sempre più statica ed autorefenziale. In questo nuovo quadro all’Università si chiede di offrire il proprio contributo mettendo a fattore comune ricerca, conoscenza, creatività, innovazione quali scenari di potenziale spinta alla crescita e allo sviluppo del Paese. La presunta inconciliabiltà fra cultura ed economia, fra università pubblica e imprese private - declinata stancamente fino ad oggi da parte di molte componenti del mondo accademico - appare sempre più risibile sul piano teorico ed insostenibile sul piano delle condizioni materiali in cui si trovano ad operare le strutture di formazione e di ricerca finanziate dallo Stato. Le Università, le Facoltà, i Dipartimenti le singole unità interne di ricerca sono poste di fronte alla necessità di delineare, in tempi brevi, strategie per diversificarsi, specializzarsi, sostenersi economicamente attraverso progetti istituzionali di fund raising legandosi in modo sinergico al mondo dell’economia e delle imprese, a quello delle Istituzioni e dei Centri di servizio. I poli universitari sono oramai spinti a ridefinirsi per diventare “attrattivi” rispetto all’economia reale e proporsi non più come comparti pubblici di sola spesa ma come asset immateriali di investimento in quanto fattori di sviluppo della conoscenza e dell'innovazione. Promuovere la ricerca e la cultura come leve competitive dell’economia significa operare una riconversione della visione interna dell’Università simile a quella compiuta dal settore manifatturiero uscito dalla logica della fabbrica chiusa in se stessa per attrezzarsi rispetto alle logiche dinamiche e fluide dell’economia globalizzata - portandola progressivamente ad aprirsi rispetto al mondo civile e produttivo. Le Università che sapranno innovare puntando su aggiornati modelli di ricerca e formazione, sulla disseminazione delle acquisizioni culturali e scientifiche, su conoscenze avanzate ed interscambio continuo con il mondo vivo e mutante dell’economia reale riusciranno ad avere un futuro sostenibile contribuendo, allo stesso tempo, a generare sviluppo per il Paese. Solo se inscritto in questa visione di apertura verso interlocutori e partner esterni l’ipotesi di un evento culturale per celebrare il Ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara può non apparire, ad una prima e subitanea valutazione, “fuori luogo” o quantomeno "velletario" visto il clima di crisi e di sfiducia che aleggia nel Paese e nel mondo universitario in particolare. Prof. Alfonso Acocella Responsabile scientifico XfafX
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PROMOTORI Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno SOSTENITORI SINGOLI EVENTI XFAFX promo_legno
Canali istituzionali www.xfafx.it www.unife.it/facolta/architettura www.materialdesign.it Contatti ufficiostampafaf@unife.it
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 61-62 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal I "nuovi" spazi di Palazzo Tassoni Estense
Gli spazi della Facoltà di Architettura di Ferrara si sono espansi significativamente nel 2009 con il complesso di Palazzo Tassoni Estense, completamente rifunzionalizzato attraverso un restauro scientifico della fabbrica storica, portando di fatto quasi a conclusione il processo di costituzione di un vero e proprio campus universitario incastonato nel tessuto della città storica estense. Le attività istituzionali acquisiscono, così, alla piena funzionalità l’articolato insieme di edifici, coincidente con il nucleo monumentale della residenza patrizia della famiglia Tassoni Estense, destinato all’ampliamento degli spazi per la didattica, per la ricerca e per eventi culturali di valenza nazionale ed internazionale. Costruito durante l’Addizione borsiana nella metà del XV secolo presso la contrada della Ghiara, il palazzo venne confiscato da Ercole I d’Este al fattore ducale Bonvicino dalle Carte per farne dono ai Conti Tassoni Estense nel 1476. Risale al 1491 la lettera indirizzata al duca in cui l’architetto Biagio Rossetti afferma di seguire i lavori per la ristrutturazione del palazzo. L’edificio rimase dimora della famiglia Tassoni Estense sino al 1858. Lungo il Novecento la struttura ha ospitato molteplici e variegate attività che hanno declassato la funzione e la fruizione originaria del complesso. Negli anni Ottanta la gestione del palazzo passa all’Università ed il suo recupero viene inserito nel “Progetto di Valorizzazione delle Mura e del Sistema Museale di Ferrara”. Dal 1997 Palazzo Tassoni Estense è stato oggetto di studi da parte della Facoltà di Architettura di Ferrara da cui è scaturito un progetto e un intervento di restauro scientifico redatto da Pietromaria Davoli, Claudio Alessandri, Sante Mazzacane con il coinvolgimento del Centro operativo di Ferrara della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici nella figura di Andrea Alberti. Oltre che per attività didattiche, di ricerca, di rappresentanza, una parte dei quartieri monumentali – soprattutto il Salone collegato alla corte con loggiato al piano terra e il grande Salone d’Onore al primo piano – ospita mostre ed eventi culturali. Altri ambienti del Palazzo sono resi disponibili per riunioni, tavole rotonde e seminari in base ad una programmazione temporalizzata in stretta collaborazione con Istituzioni, Committenze pubbliche e private, Organizzazioni di produzione, Associazioni culturali sia di ambito ferrarese che del più vasto orizzonte nazionale ed internazionale. Prof. Alfonso Acocella Responsabile scientifico XfafX
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1 Palazzo Tassoni Estense 2 Palazzo Tassoni Estense. La facciata principale 3 Salone passante piano terra di Palazzo Tassoni Estense 4 - 5 Palazzo Tassoni Estense. Spazi per la didattica 6 Scala d'accesso al primo piano di Palazzo Tassoni Estense 7 Il Salone d'Onore al primo piano 8 Palazzo Tassoni Estense. La Presidenza 9 Palazzo Tassoni Estense. La Sala del Consiglio 10 Palazzo Tassoni Estense. La Sala del Consiglio 11 Spazi di rappresentanza di Palazzo Tassoni Estense
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 63-71 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it6
post-it journal L'XfafX e il suo antecendente (Xfaf)
Il Decennale di fondazione Nel presentare ufficialmente l'avvio di XfafX, progetto culturale legato alle celebrazioni del Ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara, ci è sembrato in qualche modo logico e utile riconnetterlo – in uno spirito di continuità e, allo stesso tempo, di evoluzione – al suo fortunato antecedente rappresentato dal Decennale di fondazione Xfaf, iniziativa ideata e promossa da Graziano Trippa, Alfonso Acocella, Gabriele Lelli, Theo Zaffagnini. Restituire una sintesi dell’X concept, dei contenuti e degli eventi più significativi di Xfaf – svolti lungo tutto l’arco del 2003 – riteniamo possa essere utile a saldare il passato al presente, offrendoci anche l’occasione della ripresa, della rinascita del progetto culturale tenuto in vita in quest'ultimo decennio attraverso una serie continuata di eventi, lectio magistralis. lauree honoris causa, lectures internazionali fino alla presenza di Daniel Libeskind nel giugno 2010. Il Decennale di fondazione ha affidato al segno X il proprio messaggio comunicativo, strategico e riverberativo: una X campita di giallo, in omaggio al colore istituzionale della Facoltà di Architettura dell’Ateneo ferrarese. Ripercorrere le motivazioni e l’ambivalenza semantica assegnata alla X di Xfaf è di qualche interesse. In primis vi è il significato meramente numerico. Già presente negli alfabeti della Grecia e della Magna Grecia la lettera X viene accolta ed assorbita nella scrittura di Roma dove, declinata al maiuscolo, indica il numero dieci. Si tratta, verosimilmente, di una di saldatura, in corrispondenza dei vertici di due V, segni identificativi del numero cinque. X, quindi, innanzitutto come simbolo iconico temporalizzato del Decennale, dei primi due lustri di vita e di intensa attività della Facoltà di Architettura di Ferrara (1991-2001). Ma c’è stato anche un altro modo di rapportarsi al segno X,
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traguardandolo da un punto di vista programmatico e sinergico. Con riferimento alle specifiche caratteristiche morfologiche della lettera X – che intreccia due aste lineari posizionate obliquamente con evidente funzione di mutuo sostegno – è possibile notare come tali elementi geometrici, si sovrappongano, sorreggendosi reciprocamente. Ecco nascere, allora, l’idea di fondo che ha accompagnato il progetto culturale Xfaf, dove la X ha assunto progressivamente il significato esplicito ed espansivo di “cross”, di intersezione quale azione dinamica protesa a varcare, a superare i confini settoriali del mondo universitario, chiuso ed autoreferenziale. Si è “intrecciato” il progetto universitario dell’Xfaf con le Istituzioni cittadine, regionali, nazionali e soprattutto con le Aziende private di produzione detentrici di quelle risorse economiche indispensabili per l’esecuzione del progetto stesso attraverso un’azione di fund raising istituzionale. In sintesi un X concept di cross fertilisation che ha voluto, e vuole tuttora ripensare, il ruolo dell’Università e della Facoltà di Architettura di Ferrara in particolare indirizzandolo ad un interscambio, ad una condivisione di risorse intellettuali, progettuali, economiche rispetto al settore produttivo più dinamico del Paese, invitato ad una politica di investimento per la cultura e ad una visione di responsabilità sociale.
Il tema dell'Xfaf. Progetto e costruzione L’asset principale delle iniziative culturali dell’Xfaf svoltesi nel 2003 ha ruotato intorno al tema disciplinare di Progetto e Costruzione in architettura. Tale scelta è da collegare all’identità del percorso formativo promossso dalla Facoltà di Ferrara legato sin dalle origini alla figura dell’architetto progettista che, tradizionalmente, assomma a sé il talento artistico dell’ideazione, unitamente al ruolo di regista e responsabile della qualità della costruzione. Intorno a questa tesi di fondo - posta, tra l’altro, come radice della stessa crescita culturale della Facoltà di Architettura di Ferrara - è nata l’idea centrale di promuovere un ampio dibattito disciplinare invitando architetti di chiara fama dello scenario internazionale; figure di primo piano volutamente variegate quanto a sensibilità e modi di intendere il Progetto e la stessa Costruzione dell’opera architettonica. Interrogarsi sullo statuto contemporaneo della disciplina nel quadro delle tendenze internazionali è stato allora - e vuole esserlo ancora - un modo per testimoniare la volontà di non chiudersi in un ambito culturale ristretto, guardando all’Europa e al mondo intero da parte della Facoltà di Architettura di Ferrara.
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All’interno di questo orizzonte internazionale un interesse condiviso per la figura di Peter Zumthor e il suo lavoro di progettista-costruttore ha evidenziato - lungo l’iter fondativo del Decennale - la centralità di tale figura al punto da eleggerla come riferimento disciplinare. L’idea di una Laurea Honoris Causa per Peter Zumthor è apparsa, a conclusione di un dibattito interno alla comunità scientifica della Facoltà, come un’occasione solenne e maieutica per dare un valore emblematico e memorabile al Decennale. A questo riconoscimento onorifico è stato affidato un messaggio importante per additare alle giovani generazioni un Maestro severo ed esigente, poetico e costruttore. Un Maestro nell’interpretazione dei valori spaziali dell’architettura (la vera essenza della disciplina), nella produzione di suggestioni “scritte” con la fisicità della materia e con la regia della costruzione quale atto ineludibile di controllo dell’Opera. La Laurea Honoris Causa a Peter Zumthor è stata conferita a conclusione del Decennale della Facoltà di Architettura di Ferrara nel dicembre 2003. Amplissimo il panel delle personalità internazionali invitate; in occasione dell’Xfaf; ampia l’adesione ufficiale al progetto da parte degli architetti internazionali; numerose e qualificatissime le Lectio magistralis tenute in Facoltà con larghissima presenza di pubblico e di stampa. A seguire i portagonisti invitati; in sottolineato le adesioni (al febbraio 2003) Abalos - Herreros / Adjaye Associates / Aires Mateus & Associados / Stan Allen / Mariano Arana Sancez / Wiel Arets / Shigeru Ban / Baumschlager & Eberle / Jordi Bellmunt / Mario Botta / Paolo Burgi / Alberto Campo Baeza / Massimo Carmassi / Francesco Cellini / David Chipperfield / Claus en Kaan / Coop Himmelb(l)au / Dalnoky & Desvigne / Claudio D’Amato Guerrieri / Giancarlo De Carlo / Derrick De Kerckhove / Delugan Meissl Architects / Georges Descombes / Diller & Scofidio / Peter Eisemann / Carlos Ferrater / Foreign Offices Architects / Foster & Partners / Massimiliano Fuksas / Future System / Frank O. Gery / Gigon & Guyer / Cristophe Girot / Giorgio Grassi / Thomas Herzog / Herzog & De Meuron / Michael Hopkins / Steve Holl / Toyo Ito / Bernard Khoury / Waro Kishi / Mathias Klotz / Hans Kolloff / Kengo Kuma / Locaton & Vassal / Eusebio Leal Spenglel / Jaime Lerner / Daniel Libeskind / Greg Lynn / Angelo Mangiarotti / Mansilla & Tunon / Mecanoo / William J. Michell / Rafael Moneo / Glenn Murcutt / MVRDV / Adolfo Natalini / Pier Luigi Nicolin / Jean Nouvel / Nox Architects / OMA / Ortner & Ortner / Alfredo Payà / Jhon Pawson / Gilles Perraudin / Dominique Perrault / Renzo Piano Building Workshop / Boris Podrecca / Nino Portas / Paolo Portoghesi / Franco Purini / RCR Aranda Pigem Vilalta / Riegler Riewe Architects / Sancho-Madridejos / Sauerbruch Hutton Architects / Kazuyo Sejima & Ryue Nishizawa / Claudio Silvestrin / Alvaro Siza / E duardo Souto De Moura / Mauro Staccioli / Studio Azzurro / Stephan Tischer / Bernard Tschumi / Van Berkel & Bos / Guillermo Vázquez Consuegra / Francesco Venezia / Viaplana & Pinon / West 8 / Riken Yamamoto / Franco Zagari / Peter Zumthor.
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Lectio magistralis Xfaf (2003)
Contesto Baumschlager & Eberle 28 marzo 2003 presentazione: Andrea Rinaldi / contributo critico: Giovanni Leoni
Ordine Hans Kollhoff 28 marzo 2003 presentazione: Nicola Marzot / contributo critico: Alfonso Acocella
Blobs Greg Lynn 10 aprile 2003 presentazione: Gabriele Lelli / contributo critico: Antonino Saggio
ContinuitĂ Michael Hopkins 10 aprile 2003 presentazione critica: Theo Zaffagnini / contributo critico: Cristina Donati, Alfonso Acocella
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Materia Shigeru Ban 9 maggio 2003 presentazione: Gabriele Lelli / contributo critico: Alfredo Zappa
Trame Kengo Kuma 21 maggio 2003 presentazione: Giovanni Corbellini / contributo critico: Alessandro Rocca
Sostenibile Thomas Herzog 11 giugno 2003 presentazione: Michele Ghirardelli / contributo critico: Mario Cucinella
Prossimo Future Systems 13 giugno 2003 presentazione: Antonello Stella / contributo critico: Luigi Prestinenza Puglisi
Solido Eduardo Souto de Moura
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19 settembre 2003 presentazione: Theo Zaffagnini / contributo critico: Giovanni Leoni
Colore Sauerbruch & Hutton 31 ottobre 2003 presentazione: Gabriele Lelli / contributo critico: Luca Molinari
Superfici Aires Mateus & Associados 07 novembre 2003 presentazione: Alessandro Gaiani / contributo critico: Alfonso Acocella
Contrasti Mecanoo 18 novembre 2003 presentazione: Enzo Mularoni / contributi critici: Sebastiano Brandolini e Pietro Valle
Neutro Dominique Perrault 19 novembre 2003 presentazione: Theo Zaffagnini / contributo critico: Enrico Morteo
La magia della realtĂ Peter Zumthor 10 dicembre 2003 presentazione: Graziano Trippa / contributo critico: Gabriele Lelli
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Laurea Honoris causa Peter Zumthor 10 dicembre 2003 Peter Zumthor Lectio Doctoralis in Aula Magna Rettorato Conferimento: Francesco Conconi Rettore Istituzioni patrocinanti Xfaf Regione Emilia Romagna Provincia di Ferrara Comune di Ferrara Teatro Comunale di Ferrara Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara MusArc Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Ferrara Bologna Ravenna Parma Modena Piacenza Rimini Reggio Emilia ForlĂŹ-Cesena Associazione Architetti Ingegneri di Ferrara Ordine degli Ingegneri di Ferrara AIAPP ANCE Con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara Sostenitori generali IBL Viabizzuno Sostenitori singoli eventi IBL Viabizzuno Comieco Ente Sviluppo Porfido Fassa Bortolo Assopiastrelle Idea Architecture Books Brianza plastica
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Rassegna stampa Xfaf IL MATTINO DI PADOVA 31.01.2003 “Iuav, una nobildonna in disarmo” IL RESTO DEL CARLINO 31.01. 2003 “All’inizio coabitavamo coi matti” LA REPUBBLICA 01.02.2003 “Dieci anni di Architettura e Ferrara laurea Zumthor” LA NUOVA FERRARA 01.02.2003 “Architettura studia lo spazio a teatro e in biblioteca” IL RESTO DEL CARLINO 01.02.2003 “Compleanno in Vietnam” ARCHITECTURE.IT 24.02.2003 Home page e nella sezione Eventi LA NUOVA FERRARA 19.03. 2003 “Teatro & Architettura. Tre momenti con gli artisti” IL RESTO DEL CARLINO 09.03.2003 “L’architettura diventa spazio poetico” UFFICIO STAMPA UNIFE 26.03.2003 “Il Decennale della Facoltà di Architettura” UFFICIO STAMPA UNIFE 27.03. 2003 Incontro con il regista Denis Krief per la rassegna “Teatro & Architettura” LA NUOVA FERRARA 27.03.2003 “L’Architettura dalla grande X” LA NUOVA FERRARA 27.03.2003 “Intersezione ed azione oltre le quattro mura” IL RESTO DEL CARLINO 27.03.2003 “Via agli appuntamenti per il decennale” LA REPUBBLICA 27.03.2003 “I grandi maestri si raccontano a Cesena e Ferrara” IL RESTO DEL CARLINO 28.03.2003 “Fra carta e web: confronto fra i protagonisti dell’editoria specializzata” AREA n. 67, 2003 “Xfaf” ARCHIMAGAZINE 01.04.2003 Newsletter ITALIAOGGI 02.04.2003 “L’architettura fra la carta e il web” IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA 04.2003 Formazione IL RESTO DEL CARLINO 15.05.2003 “Così Forsythe costruisce il proprio spazio scenico” LA NUOVA FERRARA 15.05.2003 “Danza e Architettura” LA REPUBBLICA 16.05.2003 “William Forsythe” LA NUOVA FERRARA 21.05.2003 “Conferenza con Kengo Kuma” IL RESTO DEL CARLINO 21.05.2003 “Il tradizionalista Kengo Kuma ospite del Xfaf” CASABELLA n. 711, 2003 “Xfaf Premio Internazionale Architettura Sostenibile” MODULO 05, 2003 “Xfaf. Premio Internazionale Architettura Sostenibile” PAESAGGIO URBANO, n. 2, 2003 “Xfaf. Decennale della Facoltà di Architettura di Ferrara” ITALIA OGGI 21.05.2003 “Il Giappone di Kengo Kuma” AL (Architetti Lombardi) n. 5, 2003 Xfaf. Decennale della fondazione della Facoltà di Architettura di Ferrara” COSTRUIRE n. 240, 2003 “Europee e compatibili. Auguri Ferrara” MATERIA n. 41, 2003 “Xfaf, decennale della fondazione della Facoltà di Architettura di Ferrara” ABITARE n. 429, 2003 “Shigeru Ban a Milano” ARCHAEDILIA n. 5, 2003 “Premio Architettura Sostenibile Fassa Bortolo”
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ITALIA OGGI 11.06.2003 “Herzog al decennale dell’Ateneo di Ferrara” AREA n. 68, 2003 “Xfaf” EUROPACONCORSI 12 giugno 2003 Memo RECUPERO E CONSERVAZIONE n. 50, 2003 “Kengo Kuma, Thomas Herzog, Future Systems” LA REPUBBLICA 28. 06.2003 “Il futuro è tutto da costruire” LOTUS NAVIGATOR 2003 “Xfaf” SPAZIO ARCHITETTURA n. 62, 2003 “Xfaf. DecennaleFacoltà di Architettura di Ferrara” PAESAGGIO URBANO n. 3, 2003 “Il nuovo premio” AION n. 3, 2003 “Xfaf. Decennale Facoltà di Architettura di Ferrara” VILLEGIARDINI, luglio 2003 “Ferrara. Manifestazioni per l’architettura” CASABELLA n. 713, 2003 “L’architettura di cartone di Shigeru Ban” PAESAGGIO URBANO, n. 4, 2003 “L’architettura sostenibile di Thomas Herzog” COSTRUIRE IN LATERIZIO n. 94, 2003 “Xfaf. Il Decennale della Facoltà di Architettura” CASABELLA n. 714, 2003 “Progetto e costruzione sostenibile” D’A settembre 2003 “Coreografia del corpo. Architettura vivente” PARAMETRO n. 246, 247 “Xfaf. Decennale della fondazione” LA REPUBBLICA 09. 12.2003 “L’architetto che ha ideato l’eden in terra” IL RESTO DEL CARLINO 10.12.2003 “La laurea a Zumthor chiude il Decennale” LA NUOVA FERRARA 10.12.2003 “Zumthor, laurea ad honorem” Alfonso Acocella
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 72-74 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Festival To design today
L’idea di fondo per la celebrazione del Ventennale si lega all’organizzazione di una serie numerosa e significativa di eventi culturali di respiro internazionale distribuiti in un arco temporale di un anno: da maggio 2011 a giugno 2012. All’interno di tali manifestazioni si intende perseguire l’obiettivo di avvicinare e far dialogare le componenti creative dell’architettura, del design, della comunicazione, delle arti più in generale, con quelle accademiche, istituzionali, produttive. Il format di riferimento a cui si è guardato è quello dei festival culturali di approfondimento. È da almeno un decennio che in Italia si sono affermati festival organizzati in città di medie dimensioni caratterizzate dalla presenza di centri storici, di palazzi mirabili, di piazze e spazi in cui si respira l’aria d’Italia; luoghi capaci di accogliere piacevolmente un pubblico interessato alla fruizione di contenuti culturali eminentemente “live”, incentrati su focus tematici precisi e di attualità. Il pubblico affollato dei festival - figlio di quella cultura che l’istruzione di massa ha contribuito a “forgiare” - è indubbiamente interessato all’approfondimento di temi e, allo stesso tempo, attratto dalla possibilità di trascorrere piacevolmente il proprio tempo libero ascoltando dal vivo
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studiosi, scrittori, cineasti, filosofi, architetti ecc. capaci di parlare con competenza e in forma coinvolgente; figure a cui è possibile rapportarsi anche per rivolgere una interlocuzione, per confrontarsi in forma diretta. Questi festival contemporanei sono “fondati” generalmente su una unità di tema, di luogo, di tempo (quest’ultimo sempre più concentrato in pochi giorni a causa della crisi economica in atto) e i protagonisti assoluti di tali manifestazioni sono la parola e i concetti, legati chiaramente alla reputazione e all’opera dei relatori presenti. Per il Ventennale - indicato sinteticamente mediante l’acronimo XfafX, in sillogismo ed evoluzione rispetto all’Xfaf, Decennale di fondazione della Facoltà svolto nel 2003 - ci siamo ispirati a tali manifestazioni. Permane nell’XfafX l’unità di tema (To design today) mentre si reinterpretano e si adattano all’occasione specifica quelle di tempo (mediante una calendarizzazione degli eventi dilatata lungo un intero anno) e di luogo (Ferrara, Palazzo Tassoni Estense ma anche previsione di svolgimento di alcune singole iniziative del festival in altre città e spazi della geografia culturale, istituzionale o produttiva del Paese). Alla declinazione del tema centrale del festival (“Design”) abbiamo assegnato un orizzonte vasto di esplorazione legando le possibili occasioni di approfondimento al significato che il termine inglese porta implicitamente con sè a seconda che lo si riguardi come sostantivo (“intenzione”, “proposito”, “piano”, “intento”, “figura”, “struttura di base”) o come verbo (“architettare”, “simulare”, “ideare”, “abbozzare”, “organizzare”, “agire in modo strategico”).
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Design - quindi - come attività visionaria di ideazione, di creazione e di progetto calata all’interno delle tendenze della società fluida contemporanea. L’asse portante del festival è costituito da una serie numerosa di Conferenze tematiche, intese come rivisitazione attualizzata delle “Lectio magistralis”. Lezioni dotte ed eccezionali rispetto alla didattica universitaria ordinaria, riguardabili come momenti istituzionali rilevanti, occasioni di incontro e confronto della comunità accademica rispetto alle personalità di chiara fama interpreti del design discourse e al mondo esterno coinvolto nelle iniziative del Ventennale con ruoli di Patrocinanti, Sostenitori, Partner. L’idea di fondo è la rivalutazione della tradizione delle Lectio magistralis all’interno dell’istituzione universitaria visto che lungamente ne è stata unica depositaria - invitando numerosi protagonisti internazionali e impegnandosi nell’innovare i format di presentazione, di svolgimento, e comunicazione-condivisione degli eventi stessi rispetto ai vari pubblici di riferimento. La declinazione del tema del festival To design today - scandito dallo svolgimento discontinuo e puntuale delle Lectio magistralis - sarà tenuto vivo ed arricchito, negli intervalli temporali fra una conferenza e l’altra, attraverso una serie di iniziative culturali di diversificato format: mostre, installazioni, workshop, seminari, premi, presentazioni di libri. Prof. Alfonso Acocella
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 75-77 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Il tempo del festival "To design today"
Ogni progetto ci consegna normalmente una visione, una prefigurazione espressa a mezzo dei linguaggi della cultura, proiettata in una doppia dimensione di spazio e di tempo. Per sua natura il progetto indica l’attività propositiva del “gettare avanti”, dell’inscrivere l’azione nel futuro facendo leva sull’audacia visionaria, valorizzando le posizioni e le relazioni acquisite, attingendo alle risorse immateriali e alle energie disponibili o a quelle latenti e intercettabili. Tutti sappiamo per esperienza diretta come sia sempre rischiosa la condizione dell’apertura al futuro, al desiderabile, all’auspicabile soprattutto nel momento in cui il progetto, nel suo tentativo di farsi opera, inevitabilmente sarà costretto a confrontarsi con il tempo, l’imprevedibile, l’indefinibile. Consci di tali difficoltà nel concept del festival To design today si è assegnato un valore particolare al fattore tempo, eleggendolo a “risorsa” del progetto stesso in una duplice prospettiva strategica.
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La prima riguarda la declinazione temporale di svolgimento degli eventi proiettata in una dimensione di lunga durata che ci consentirà di assorbire e valorizzare l’imprevedibile all’oggi. Le manifestazioni si svolgeranno lungo un intero anno - da maggio 2011 a giugno 2012 - con l’auspicio di un proseguimento degli eventi culturali oltre la scadenza ufficiale del Ventennale mantenendo in vita e sviluppando i rapporti di collaborazione con l’esterno avviati in occasione del festival To design today. L'obiettivo è l'internazionalizzazione della Facoltà di Architettura di Ferrara da portare a termine, compiutamente, nel quinquennio 20112015. La seconda declinazione strategica del fattore tempo è strettamente collegata alla specifica natura “dialogica” del progetto del Ventennale. Abbiamo immaginato il progetto di XfafX come una prefigurazione “aperta” suscettibile nel tempo di precisarsi, articolarsi, arricchirsi, assimilando e strutturando in azioni ed eventi i suggerimenti, le ipotesi che potranno scaturire dall’incontro-confronto con i Partner, i Sostenitori, i pubblici di riferimento. Un palinsesto culturale quello di XffX che - in un progress temporale intende accettare “ridefinizioni, “cancellature”, “sovrascritture” di cose nuove e imprevedibili. Un’architettura, insomma, quella proposta per il festival, che di tanto in tanto potrà sussultare, vibrare per ricomporsi e riconfigurarsi attraverso gli apporti nuovi che ci saranno consegnati dal tempo che ci sta avanti. Prof. Alfonso Acocella Responsabile scientifico XfafX
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XfafX Festival To design today PROMOTORI Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 78-79 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Fund raising universitario
All’Università, storicamente intesa come luogo pubblico di ricerca e di formazione, spetta il compito di produrre innovazione culturale, scientifica, tecnologica e di essere - allo stesso tempo - serbatoio di conoscenza e testimonianza di memoria. Ma oggi si inizia a chiedere all’Università anche di essere presente ed attiva nel territorio della società civile e dell’economia reale, esternalizzando le proprie competenze e attrezzandosi - a fronte della drastica riduzione di finanziamenti dello Stato per le attività di ricerca, di formazione o culturali - nei processi di reperimento di risorse finanziarie attraverso processi di fund raising che inevitabilmente presuppongono il concetto della “buona causa” e le leve coinvolgitive delle relazioni e della comunicazione. Perseguire il modello pubblico-privato di supporto finanziario per la formazione, per la ricerca, per la produzione di cultura sembra essere diventata l'unica strategia praticabile nel medio termine. Università e industria, quindi, unite insieme, per programmare e sostenere i processi formativi e quelli dell'innovazione pre-competitiva. Il territorio in cui è insediata l'Università con la sua specificità, il suo intorno fisico, e quello immateriale e delocalizzato dei processi cognitivi in cui
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esercita la propria attività il mondo della ricerca sono i due poli oppositivi ma interagenti del processo di innovazione nell'era della economia della conoscenza. Si è consci, inoltre, che le attività della formazione e della ricerca universitaria non possono più essere legata esclusivamente ad una visione localistica ma debbano relazionarsi ad una geografia di orizzonte vasto: regionale, nazionale, globale. Il progetto XfafX si muove entro tale quadro critico della governance universitaria, caratterizzato dalla scarsità, se non addirittura dall’assenza di risorse pubbliche, facendo leva unicamente sui suoi contenuti culturali, sulle potenzialità di attrattività degli eventi, sull’innovazione di significati apportati dai protagonisti del design discourse, sulla visibilità e sullo sviluppo di relazioni intersettoriali per quanti - Istituzioni, Associazioni, Fondazioni, Aziende di produzione ecc. - hanno ritenuto di sostenerlo economicamente in funzione di una visione illuminata di responsabilità sociale verso la produzione di cultura e il mondo della formazione e della ricerca universitaria. Prof. Alfonso Acocella Responsabile scientifico XfafX
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 80-81 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Piano di comunicazione XfafX
Il valore dell’iniziativa culturale di XfafX si lega al prestigio della Facoltà di Architettura di Ferrara, alla presenza di figure rappresentative del mondo accademico, alla fama e reputazione dei relatori invitati a svolgere le Lectio magistralis, all’intrinseco carattere di unicità ed emozionalità degli eventi, all’innovazione del Piano di comunicazione che si intende attuare. La territorialità dei pubblici di riferimento di XfafX - in presenza fisica o “mediati” attraverso i canali di comunicazione assumerà, nel suo complesso, un'estensività che dal locale si proietterà verso quella regionale, nazionale, internazionale. La strategia di comunicazione degli eventi adotterà un’azione informativa e disseminativa molto capillare operando, attraverso un l'Ufficio stampa XfafX, con continuità nel tempo e con un coinvolgimento diretto dei vari tipi di media: stampa generalista e di settore, radio, tv, new media. Le azioni di comunicazione saranno sviluppate e indirizzate verso variegati pubblici: rappresentanti istituzionali, opinion leader, stakeholder, docenti e studenti delle Facoltà di Architettura e Ingegneria, architetti, ingegneri, designer. Oggigiorno è imperativo per ogni organizzazione - sia essa istituzionale, sociale o produttiva - attrarre e far crescere tutto ciò che è pensiero, visione, ricerca di innovazione e promuovere - allo stesso tempo - relazioni di condivisione con i più ampi e diversificati pubblici di riferimento. Conoscenza, ricerca, narrazione, rappresentano oramai risorse irrinunciabili - valore aggiunto immateriale - per beni, servizi, esperienze di vita nell’economia postfordista. Le organizzazioni maggiormente avvedute, fra cui molte Università dei paesi più avanzati, ne hanno già preso coscienza e stanno sviluppando nuove competenze valutate, nell’insieme, come leve competitive per l’affermazione di progetti e programmi nella società globalizzata.
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In questo quadro s'inscrive il progetto di XfafX specificatamente predisposto ed indirizzato a perseguire: - innovatività della strategia comunicativa istituzionale di Facoltà attraverso un accurato graphic design, inediti format narrativi crossmediali degli eventi. - un’intensa attività relazionale e di ufficio stampa per il coinvolgimento dei media. - diffusione e visualizzazione ampia verso i pubblici di riferimento degli eventi e dei contenuti culturali dell’iniziativa promossa dalla Facoltà di Architettura di Ferrara in occasione del suo Ventennale di fondazione. Prof. Alfonso Acocella Responsabile scientifico XfafX
1 Pubblico raggiungibile attraverso XfafX Festival To design today
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 82-86 - Alfonso Acocella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Evento reale / Evento virtuale
L'evento in presenza fisica L'evoluzione recente della comunicazione punta ad una visione di valorizzazione delle iniziative e dei format sempre piÚ centrata sullo sviluppo di relazioni e di interazioni per un coinvolgimento profondo dei destinatari dei messaggi. All'interno di questa tendenza l'evento live ha assunto un ruolo fondamentale in quanto "dispositivo" capace di spettacolarizzare, di rendere emozionale e memorabile l'esperienza e, allo stesso tempo, di instaurare un rapporto diretto e immediato con il pubblico dei fruitori. L'evento (da eventum, avvenimento straordinario posto a rompere l'ordinarietà e la routine della vita quotidiana) è normalmente contrassegnato da un luogo fisico e da una durata di svolgimento in cui agiscono una serie di elementi concorrenti alla creazione di una sequenzialità di atti, azioni, accadimenti dal valore culturale, rituale, festoso ecc.
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L'elezione di uno spazio (il luogo), la definizione dei contenuti (il tema), la precisazione temporale (la durata), la scelta dei protagonisti e delle loro performance, il richiamo del pubblico in presenza fisica concorrono interagendo dialetticamente nel loro insieme - a delineare l'atmosfera, la fisionomia singolare dell'iniziativa e le relazioni attese fra i protagonisti e i fruitori dell'evento, dove è messa in gioco la multi sensorialità degli individui legata al vedere, all'ascoltare, al parlare, all'agire e - spesso anche al gustare. Nel contesto spaziale e relazionale dell'evento - attraverso i dispositivi narrativi dei linguaggi culturali - sono in genere veicolati i messaggi chiave affinché, attraverso la partecipazione e il coinvolgimento del pubblico, tutto sfoci in una esperienza memorabile, impasto di sensazioni, emozioni, razionalità cognitiva. All'interno dell'atmosfera esperienziale che accompagna ogni manifestazione live dotata di attrattività e qualità contenutistica è possibile "aspirare" al coinvolgimento profondo e totale delle persone. Ma oltre all'essere scenari di spettacolarizzazione edi interazione diretta per il pubblico presente, gli eventi potenzialmente si pongono anche come medium per un pubblico indiretto più vasto e lontano raggiungibile nel momento in cui su di essi - o a partire da essi - viene attuato un piano di comunicazione indirizzato alla diffusione a distanza dei contenuti legati alle fasi di annuncio, di svolgimento dell'evento (ovvero in tempo reale), di commento o approfondimento ex post. A questa valenza bifronte degli eventi il progetto culturale XfafX ha guardato con profondità e determinazione sin dal suo avvio cercando di sviluppare un Piano comunicativo innovativo di natura cross mediale: svolgimento di eventi live e disseminazione di contenuti attraverso i vari media utilizzando, contestualmente, format tradizionali e innovativi. Il Piano comunicativo di XfafX è stato visto, da una parte, come strumentale al successo dell'iniziativa in termini di sollecitazione partecipativa alle iniziative del Festival "To design today" organizzate nella Facoltà di Architettura di Ferrara lungo un intero anno, dall'altra come strumento strategico di diffusione mediata verso un pubblico molto più vasto, lontano dalla sede degli eventi e impossibilitato alla presenza. Fra i vari format comunicativi del progetto istituzionale XfafX vi era quello della trasmissione in Rete in live streaming delle Lectio magistralis svolte, all’interno del Salone d'onore di Palazzo Tassoni Estense, dagli illustri ospiti invitati a partecipare al Festival. Grazie all'apporto dell'Ateneo ferrarese e al sostegno del Dipartimento di Architettura - sempre più indirizzati verso l'innovazione, la valorizzazione dei progetti culturali e di ricerca, l'intensificazione dell'internazionalizzazione - siamo ora pronti ad annunciare il raggiungimento dell’obiettivo che ci eravamo prefissati. Sul sito istituzionale unifetv/xfafx è possibile ora seguire in live streaming le Lectio Magistralis di XfafX a partire da “Wood Works” di Matteo Thun.
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L'evento virtuale Anche se, è inutile negarlo, il must della partecipazione ad un evento resta l'esperienza live in presenza fisica nel luogo del suo svolgimento, è indubbio che il valore della manifestazione stessa aumenta notevolmente se l'iniziativa viene riverberata attraverso i canali comunicativi, diffondendola e rendendola fruibile ad una comunità più vasta di individui potenzialmente interessati al tema. D'altronde il senso di un evento culturale ruota intorno all'immaterialità e alla forza dei messaggi, dei contenuti, delle narrazioni indirizzate verso il pubblico; il valore dell'evento non si "estingue", conseguentemente, se i sui contenuti sono proiettati anche nella dimensione virtuale della comunicazione a distanza: nel nostro caso specifico nella fruizione multimediale del live streaming. Riteniamo che, attraverso le modalità contemporanee innovative di diffusività e pervasività di rete, l'evento accresca il suo valore in quanto aggiunge all'esperienza reale - con i suoi caratteri specifici e peculiari una sorta di simmetrica seconda vita, una "rinascenza" all'interno di un nuovo palinsesto, di un nuovo racconto. L'evento virtuale in live streaming non è, alla fine, né un clone, né una "riduzione" dell'evento reale ma un "evento altro", una "ri-messa in scena" dei contenuti culturali della manifestazione d'origine attraverso una diversa e intelligente regia adeguata al mezzo tecnologico digitale che trasmette attraverso una restituzione dinamica a schermo. La diffusione dei contenuti multimediali del live streaming può, oramai, avvenire in modo ubiquo; questa sua particolare natura di propagazione e fruizione li "strappa" in qualche modo - senza, però, negarli - allo spazio fisico di produzione d'origine per consegnarli e renderli condivisibili a livello globale oltre i limiti fisici dell'evento reale. Il trascinamento dell'evento reale nell'immaterialità digitale significa - alla fine - slargare l'orizzonte fruitivo delle manifestazioni XfafX rispetto alla ristretta comunità universitaria ferrarese. Ricollegandoci alla teoria della "coda lunga" di Chris Anderson - direttore di Wired, rivista di punta dell'information communication technology - si può cosi affermare che il digitale favorisce, a costi sostenibili anche per l'Istituzione universitaria non certo dotata di grosse risorse qual è quella italiana, la diffusione lontana di contenuti culturali di nicchia privi di un interesse commerciale (o, comunque, di mercato) consentendo loro di raggiungere un pubblico di fruitori potenzialmente interessato al tema che altrimenti non riuscirebbe, diversamente, a superare i condizionamenti - geografici, economici, organizzativi - ai fini dell'accesso ai contenuti dell'evento reale (distante, unico e non replicabile).1 Inoltre la trasmissione in live streaming presuppone la registrazione della traccia video-audio dell'evento che se viene editata - ex post - all'interno della Rete potrà essere ricercata e fruita on demand, anche a distanza di tempo, oltre il momento della "diretta".
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L'esperienza di eventi trasmessi via rete - lezioni, conferenze, convegni, concerti, manifestazioni sportive ... - è già da vari anni consuetudine all'estero (per fare solo qualche esempio: le lezioni del MIT, le centinaia di conferenze di TED, le famose presentazioni di prodotto della Apple di Steve Jobs), mentre la sperimentazione e l'offerta culturale da parte delle Istituzioni del nostro Paese è ancora molto limitata, quasi ferma alla linea di partenza. Pochi sono i casi significativi segnalabili in Italia. La trasmissione in diretta di eventi culturali ha visto collaborare nel nostro Paese la Telecom Italia - gigante aziendale, detentore del know how tecnologico per le infrastrutture e l'erogazione di servizi digitali - con Istituzioni o manifestazioni che hanno scommesso e si sono impegnate nel raggiungere attraverso il live streaming e il web una più ampia fascia di fruitori rispetto a quella più limitata - inevitabilmente - della "platea fisica". È il caso delle conferenze di scienziati svolte nei numerosi eventi del Festival della Scienza di Genova, del progetto del MAXXI di Roma (maxxinweb) dove sono state diffuse in tempo reale dialoghi e presentazioni di opere di architetti, designer, artisti, curatori, infine dell'iniziativa promossa dall'Accademia Nazionale di S. Cecilia di Roma che ha permesso di far seguire in live streaming quattro concerti del maestro Antonio Pappano (pappanoinweb) ancora fruibili on demand.2 La società contemporanea è sempre più collegata e interconnessa alla Rete; non solo più le giovani generazioni - o, ancor di più, i nativi digitali che sembrano, oramai, vivere nel web - ma gli individui nel loro complesso che, al di là di differenze generazionali, trascorrono molto del loro tempo davanti agli schermi di computer, device, smatphone in quanto nel web si "sedimentano" sempre di più messaggi, contenuti, narrazioni. L'orizzonte della Rete è - oramai - un mondo ricco di informazioni, di scenari d'intrattenimento, di approfondimento e l'Istituzione universitaria nazionale non può più "snobbare" tale capitalizzazione e condivisione del sapere digitale; in esso, e attraverso di esso, si diffondono velocemente come la società globale oramai richiede - contenuti, idee, progetti, visioni; non è possibile più farne a meno per lo sviluppo di attività culturali e di ricerca innovative, ma anche per i progetti formativi destinati soprattutto alle nuove generazioni. Riteniamo che i costi infrastrutturali dei canali comunicativi digitali per la diffusività dei contenuti sono sostenibili anche dalle istituzioni universitarie, così come il nostro stesso progetto XfafX sta dimostrando, potendo rendere autonomo il mondo accademico dai gruppi editoriali privati e dalla comunicazione commerciale a favore di quella istituzionale, rivalutando il senso originario del web assegnato dal suo inventore Tim Berners Lee. È il caso di iniziare a pensare seriamente alla tecnologia digitale da porre a servizio dell'Università e della condivisione di cultura alta, non solo di quella divulgativa o commerciale che oggigiorno risultano notevolmente prevalenti in Rete.
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Le Istituzioni accademiche hanno l'occasione - valorizzando la condizione che le vede ancora fra i principali produttori di contenuti e di sapere - di far conoscere ad un pubblico più vasto di quello delle comunità universitarie la propria tradizione e reputazione, le ricerche, le attività e i progetti culturali promossi. Con questo spirito ci siamo mossi attraverso il festival "To design today" legato alle celebrazioni del ventennale di fondazione della Facoltà di Architettura di Ferrara, giungendo all'obiettivo del live streaming delle Lectio magistralis di XfafX, tappa ambita - ma non ultima - del nostro percorso culturale e comunicativo teso a ricercare l'innovazione dall'interno delle Istituzioni.
Alfonso Acocella Coordinatore scientifico XfafX Note 1 Chris Anderson, La coda lunga. Da un mercato di massa a una massa
di mercati, Torino, Codice Edizioni,2007 (ed. or. The Long Tale, 2006), pp.233 2 http://pappanoinweb.telecomitalia.com/racconti
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 87-94 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
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To Design Today: la nuova strada del progetto contemporaneo
Conferenza stampa al Palazzo della Triennale di Milano (4 maggio 2011, ore 12) Video realizzato da Studiovisuale
Molto più di una conferenza stampa, molto diversa da un convegno, certamente più dinamica della solita presentazione istituzionale. Questa seconda occasione che vede celebrato l'XfafX - il Ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara - presso la storica sede del Palazzo della Triennale rimarrà nel ricordo dei presenti come un importante momento di comunicazione e discussione sul rapporto tra architettura e design, tra università e impresa, tra formazione e professione. Un incontro per riflettere sui temi centrali del progetto contemporaneo. Il panel degli invitati esprime nomi di tutto rilievo e il dialogo tra i relatori è stato all’altezza delle aspettative sin dalle battute introduttive del Presidente della fondazione “Museo del design” della Triennale Prof. Arturo Dell'Acqua Bellavitis che si è detto “felice di poter ospitare la presentazione di questa iniziativa tanto vicina nei suoi intenti a un progetto che la Triennale sta tentando di perseguire e che riguarda la presenza di mostre significative organizzate dalla Triennale anche all’esterno della sede milanese”. Ad esempio gli eventi legati al Salone del mobile, che potrebbero non esaurire a Milano la loro forza propositiva e creativa viaggiando sul territorio nazionale, in sedi prescelte, condivise e fruite così da un più vasto pubblico. Con modalità analoghe la FAF ha deciso di entrare in contatto attraverso l’occasione delle celebrazioni del suo Ventennale con la Triennale, come una delle massime istituzioni italiane nel campo del design, per ribadire
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come non soltanto all’interno della Facoltà – dove coesistono in modo produttivo i due Corsi di laurea di Architettura e Design del prodotto industriale – sia possibile sviluppare una nuova sinergia intorno al tema del progetto contemporaneo interdisciplinare. “Mi pare – ha proseguito Bellavitis – che questo Ventennale sviluppi la ricerca e punti l’attenzione su di un ambito vitale per la nostra professione e cioè il legame tra design e architettura, ma in un modo peculiare e intelligente, si pensi per esempio a Mangiarotti che aveva sviluppato una ricerca importantissima sul design dei componenti come la pietra o il laterizio, ecco questo mi pare stia facendo anche la FAF”. “Noi – ha concluso il Presidente – lavoriamo ormai da molto tempo in sinergia con il Vitra e ci piacerebbe intensificare il rapporto con il mondo dell’architettura che è l’altra faccia del design; in questo Ferrara è un esempio positivo di Università e di buona correlazione tra questi due elementi ed il territorio in cui si iscrive. Speriamo davvero che questo rapporto tra Triennale e FAF grazie al Ventennale possa diventare più sinergico per immaginare progetti comuni e portare alcune delle nostre mostre attraverso il canale privilegiato della Facoltà alla cittadinanza emiliana”.
A queste parole di apertura ha immediatamente risposto il creatore del Ventennale Prof. Alfonso Acocella attraverso un augurio che è anche un suggerimento di azione positiva: “Spero di poter accogliere l'invito a far nascere un rapporto proficuo tra le facoltà milanese e ferrarese, tra Triennale e FAF, proprio in attuazione di ciò che è stato prefigurato sin ora e che non va disperso ma tesaurizzato e accresciuto per il bene degli studenti e dei nostri giovani ricercatori”. Leopoldo Freyrie, Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, ha ribadito che “il tema è assolutamente centrato ed io per primo posso testimoniare di questa relazione strettissima e tipica italiana tra architettura e design perché per tradizione familiare sono figlio di un architetto che fu Compasso d'oro e Medaglia d'oro alla Triennale così come è stato per grandi esempi, si pensi a Mangiarotti, Magistretti fino a Michele de Lucchi”.
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Freyrie pensa che “da un punto di vista sia culturale sia della promozione del progetto è importante legare architettura e design perché questo può dare risposte ai cittadini e può essere il perno su cui promuovere l'architettura ed il design italiano nel mondo. Questa riflessione mi riporta a Ferrara e al suo gioiellino che è la Facoltà di Architettura non solo per il rapporto numerico, potremmo dire americano, tra docenti e studenti ma anche perché la FAF riesce ad integrare il territorio con una serie d’interlocuzioni internazionali. Proprio dalla sinergia tra territorio, realtà locali in crescita e dalla capacità di fare rete attraverso relazioni internazionali si può rilanciare il nostro mestiere perché la difficoltà di esportare l'architettura italiana deriva da questo”. Secondo Freyrie sta alle istituzioni, alle scuole, agli ordini professionali creare le basi per permettere questa sinergia “ed io sono contento che un'eccellenza come quella ferrarese possa puntare su questo obiettivo”, conclude. Alfonso Acocella risponde con entusiasmo spiegando che lo stesso titolo del Ventennale vuole proprio fare riferimento ad un'idea più vasta e transdisciplinare del progetto: To design today. Luisa Bocchietto, Presidente dell'ADI (Associazione per il Disegno Industriale) spiega che anche l’istituzione da lei presieduta - non Ordine professionale ma libera associazione di "creativi" e di progettisti - al pari di come sta tentando di fare la FAF a Ferrara, cerca di aprirsi al territorio vasto del Paese e di tenere insieme professionisti, studenti, critici, cittadini e continua fare una politica culturale decentrata a favore del design italiano rispetto ai diversi contesti produttivi regionali. La delegazione dell'ADI presente sul territorio emiliano può collaborare attivamente con la FAF ad esempio con un programma di formazione che porti gli imprenditori locali a dialogare con gli studenti. “Sviluppare la riflessione intorno al design – rileva il Presidente Bocchietto – significa comprendere come si sono modificati i confini della disciplina per cui si è passati dal design come prodotto al design come processo fino ad arrivare oggi ad un’idea di design come servizio; tale estensione di campo è importante e per questo c'è grande, istintiva sinergia con la FAF che ci auguriamo diventi un osservatorio tramite cui poter selezionare i migliori designer della regione per poterli poi premiare". “Il design in Italia – conclude Bocchietto – è nato anche perché in questo paese è molto difficile farsi strada come architetti; non potendo costruire le città molti hanno fatto i designer, attività che permetteva anche di compiere sfide più facilmente realizzabili e al contempo di grande slancio intellettuale; dunque questa sfida della FAF è importante per poter portare ad alto livello questa sinergia”.
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Anche secondo l’opinione di Alfonso Acocella “la sfida del corso di Design del prodotto, inaugurato nel 2009 a Ferrara, è proprio volta a questo obiettivo: saper creare internamente alla facoltà questa sinergia operativa tra progetto di architettura e progetto di prodotto. Graziano Trippa, Preside della Facoltà di Architettura di Ferrara, sottolinea nel suo intervento che è “prezioso il fatto di avere componenti diverse che altrimenti non avrebbero modo di dialogare. Quello che aiuta a risolvere i problemi sono le sinergie mentre l’attitudine a creare vincoli e separatezze è un modo per non risolvere i problemi. Per noi la Triennale è un punto di riferimento per poter immaginare un percorso di crescita fra le diverse "anime" e componenti disciplinari del progetto”. Secondo Trippa la vera questione riguarda il fatto che la professione ha le proprie radici nella formazione e se la formazione è di livello scadente anche la professione avrà un basso profilo. “La vera missione dell’architettura, afferma il Preside, è legata alla qualità della vita che si ottiene applicandosi allo standard d'insegnamento. Insieme la battaglia per la formazione è possibile farla. Credo che il sistema universitario italiano, così come l'ordine professionale, debba smettere di credere che il numero sia il valore su cui decretare la riuscita di un sistema. Alla FAF pensiamo che l'obiettivo, il servizio vero, sia offrire lu’alta qualità ai nostri studenti”. La facoltà ferrarese ha un numero molto limitato di studenti iscritti annualmente: 135 ad Architettura e 50 al corso di Design industriale, quest'ultimo fortemente legato al product design e al progetto di prodotti per l'interior design e per quanto riguarda l'architettura alla componente dell’edilizia. L'università e il design devono muoversi oggi verso il mondo della produzione, verso le aziende, in modo da spingere l'artigianato e l'industria a proseguire sinergicamente nella ricerca. “Il prodotto – sostiene giustamente Trippa – se ha una concezione innovativa è un buon esempio di design che non si può copiare ma si deve esportare e fare conoscere e solo così il nostro design sarà in futuro, com'è stato nel passato, ai primi posti nel mondo. Alla FAF infatti c'è una squadra, una logica di gruppo, una collaborazione che credo sia una strada vincente per le componenti strategiche dell'architettura e del design”.
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Ed è proprio al Preside Graziano Trippa che l'ideatore e promotore del festival Alfonso Acocella ha dedicato, con toccanti parole, questo Ventennale della FAF “Per l'impegno che ha profuso in questi anni dedicandosi completamente con spirito di abnegazione e ferma direzionalità di percorso a questa istituzione, per aver dimostrato che solo con un costante lavoro è possibile ottenere i migliori risultati perché se gli uomini non credono e si identificano attivamente ed eticamente nelle istituzioni le istituzioni non esistono”. Acocella ha proseguito descrivendo genesi, obiettivi e ragioni del Ventennale affermando: “Anche all'interno di un progetto istituzionale l'aspetto autoriale può essere importante per disporre di uno slancio creativo iniziale, ricercando in progress un equilibrio capace di coinvolgere tutta la comunità della FAF. Lo sforzo principale è stato quello di individuare un focus tematico significativo e condiviso, spingendosi successivamente a prefigurare i modi di declinazione contenutistica e comunicativa, infine applicarsi nell'attività di fund raising per reperire le risorse necessario allo svolgimento del progetto culturale/istituzionale facendo si che XafX non fosse un'occasione indirizzata unicamente alla ricorrenza del Ventennale ma un modo per spingersi progettualmente oltre la celebrazione stessa che ha un valore di 'occasione istituzionale' ma non ne rappresenta il fine ultimo del progetto”. A questo scopo tutti gli sforzi che Acocella - coadiuvato da un numeroso e giovane team di ricerca a cui ha rivolto un sentito ringraziamento – ha intrapreso per giungere alla concretizzazione del Ventennale sono stati capitalizzati e consegnati alla stampa attraverso una memory card digitale (in forma di innovativa cartella stampa dell'era 2.0) che contiene il concept del progetto culturale nella sua forma più estesa e chiara. L'ideatore di XfafX evidenzia, al contempo, che XfafX - To design today – “si evolverà in progress nell'anno di svolgimento in quanto il progetto è pensato come un festival che rinuncia alla classica unicità di luogo, di tempo e di tema per proporsi come festival temporalizzato, diacronico, transdisciplinare da svolgersi prevalentemente negli spazi aulici di rappresentanza di Palazzo Tassoni Estense - sede della facoltà di Architettura di Ferrara - ma che non esclude ‘uscite’ ed ‘esternalizzazioni’ nella realtà territoriale dell'Emilia Romagna e nella geografia nazionale più in generale”. Inoltre afferma Acocella, il festival To design today guarda oltre il limite temporale dell'anno delle celebrazioni, “traguardando progettualmente e visionariamente il prossimo quinquennio per prefigurare una programmazione della politica culturale della FAF”.
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Per spiegare tale processo Alfonso Acocella afferma: “Ritengo si possa parlare oggi di un design delle idee. Anzi il design sono le idee. Dalle idee nascono i progetti, i contenuti, la comunicazione utile a diffondere e fare affermare le idee da cui discende il design quale processo di "conferimento di forme" rispetto alle cose del mondo. E al mondo intende guardare al Facoltà nei prossimi anni. Rispetto ad una visione innovativa di Facoltà che guarda, contestualmente, all'esterno e al suo interno - vista la fortuna di aver avuto in dono un edificio come Palazzo Tassoni Estense, restaurato con cura ed oggi immagine della FAF, sede espositiva e di dibattito - si tenterà sempre più di far convergere nei suoi spazi, in un luogo fisico istituzionale, università e produttori, ricerca e mondo esterno. Aver dato visibilità nella mostra di XfafX ai nostri illuminati sostenitori è importante per far comprendere il legame dell'interscambio, la contiguità tra ricerca e produzione, tra immaterialità della cultura e materialità di prodotto posta alla base dei processi industriali di produzione, per esprimere una cosciente volontà di indirizzo e rappresentare ciò in cui noi crediamo”. Ecco che la mostra inaugurata lunedì 2 maggio presso gli spazi di Palazzo Tassoni Estense in occasione della prima conferenza stampa del Ventennale ha permesso ad Acocella e al suo staff d’instaurare un dialogo tra università e azienda ma anche attivare collegamenti trasversali tra le diverse aziende presenti in una visione di futura sinergia. Chiaramente il progetto XFAFX nasce come evento di celebrazione della Facoltà di Architettura di Ferrara ma ha lo sguardo rivolto verso l’esterno per collegare l'istituzione alla città in un itinerario ideale in cui la forza identitaria della facoltà si raccordi al proprio territorio al fine di interpretarlo, di valorizzarlo. Acocella, con questo importante festival To design today che si svolgerà in un arco temporale dilatato lungo un anno, intende “alimentare l'idea che l’università possa svolgere un nuovo ruolo di mediazione all'interno del mondo del progetto e delle imprese, del territorio e dei protagonisti del design. Produrre contenuti per una comunicazione innovativa e istituzionale che sfrutti i nuovi strumenti della rete. La sopravvivenza delle Università nei prossimi anni è legata a una forte competitività, alla
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prefigurazione e attuazione di progetti di qualità e alto profilo culturale e scientifico”. Gli invitati di XfafX - i protagonisti internazionali del design discourse - sono tanti per avviare e dar vita ad un progetto che non duri solo un anno ma un intero quinquennio! I nomi selezionati, tutti di grande prestigio, sono frutto delle scelte di gruppo e sono tutti visti con l'attesa della verifica, dell'accettazione e temporalizzazione dell'invito istituzionale. Ci saranno – spiega Acocella – nuovi riconoscimenti accademici all'interno di XfafX individuando fra i personaggi più rilevanti la figura da proporre per la Laurea Honoris Causa che verrà conferita ad un personaggio significativo della cultura del XX secolo; una figura che abbia segnato il secondo Novecento o ad un innovatore del nuovo Millennio, un interprete che abbia inaugurato o stia "progettando" il XXI secolo nel campo architettonico o in quello del design più in generale”. Le parole che sembrano legare con un filo invisibile le moltissime attività presenti nel corso del Ventennale XfafX sembrano essere quelle di creatività, progetto, critica, ricerca, innovazione, cultura, comunicazione, impresa, competizione che sono poi gli elementi intorno a cui cresce l’università oggi. Ed è su queste basi che Acocella conclude il suo intervento con una preziosa considerazione. “Pensare che un’istituzione affidi all'esterno - a fronte della produzione di progetti, contenuti, ricerca un elemento importante come quello della comunicazione è sbagliato. Nell'era dell'economia della conoscenza è fondamentale che l'università sviluppi tali competenze collegando al proprio interno autori, programmatori e designer. La Facoltà di Architettura di Ferrara attraverso il banco di prova di XfafX si sta attrezzando a svolgere tale ruolo attraverso la messa a punto di una comunicazione istituzionale, istantanea, pervasiva, multicanale.
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Termina la conferenza il Preside Graziano Trippa ricordando che “questo Ventennale, non bisogna dimenticarlo, è pensato avendo come primi referenti gli studenti. XfafX come grande evento culturale istituzionale, ma anche occasione di dibattito interno per far conoscere le tendenze del progetto contemporaneo internazionale. Ci siamo resi conto - afferma Trippa - che quel 25% che va all'estero con programmi Erasmus o Socrates torna avendo compreso di potersi battere, ad armi pari, con i colleghi di altre nazionalità; e quindi quello di lavorare con gli studenti su questi aspetti è molto importante per noi”. Ecco un’occasione per toccare con mano le possibilità dei molteplici significati che oggi assume il termine Design e capire come, con strategie mirate, anche la nostra università italiana può essere all’avanguardia nel mondo!
Elisa Poli
SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno Canali comunicativi istituzionale www.unife/facolta/architettura www.materialdesign.it
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 95-102 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal XfafX: l’Università italiana del futuro oggi c’è!
Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
Per la seconda volta la Facoltà di Architettura di Ferrara (FAF) celebra la ricorrenza decennale della propria fondazione con una manifestazione organizzata in grande stile a cui hanno presenziato il Magnifico Rettore prof. Pasquale Nappi, il Preside di Facoltà prof. Graziano Trippa, il Direttore del Dipartimento di Architettura prof. Roberto Di Giulio e l'organizzatore dell'evento e Responsabile per le attività esterne della Facoltà prof. Alfonso Acocella. Il secondo giorno di maggio è stata la data prescelta per inaugurare un evento la cui durata è prevista secondo un arco cronologico dilatato “diacronico”, come ama definirlo il suo ideatore prof. Alfonso Acocella, che avrà una durata annuale per permettere la realizzazione di quelle molte attività tra conferenze, mostre, simposi, tavole rotonde, workshop, lecture che formano il cuore della manifestazione ma che non ne esauriscono pertanto gli intenti. Com’è stato sottolineato dal Rettore durante la conferenza stampa, la FAF è l’ultima nata all’interno del Polo universitario ferrarese ma si è comunque, sin dalla sua fondazione, immediatamente distinta per un’ammirevole chiarezza d'intenti che ha saputo perseguire negli anni. L’obiettivo primario, e sua specifica vocazione, è sempre stato infatti la ricerca del principio di eccellenza. La FAF – ha elogiato Pasquale Nappi – si è distinta per aver saputo collegare la qualità della didattica e la capacità di far rete con il territorio investendo inoltre in un corpus docenti coeso. E in anni recenti ha implementato tale fama con la lungimirante
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scelta di attivare un corso di design capace di aprirsi al mondo esterno, all'imprenditoria e al commercio, facendo conoscere l’eccellenza della FAF a tutto il territorio.
Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
Il Rettore ha inoltre voluto ricordare come questa Facoltà abbia saputo dimostrare una forte apertura verso il mondo internazionale grazie a decine di collegamenti sviluppati attraverso l’impegno di docenti – esemplare il lavoro di Alfonso Acocella – e l’alta qualità dei suoi studenti. Molti nomi importanti sono stati invitati a celebrare con tutto lo staff di ricerca, organizzativo e gestionale il Ventennale FAF denominato con l'acronimo XFAFX e inaugurato oggi nel salone a piano terra di Palazzo Tassoni, la prestigiosa sede della Facoltà ferrarese da poco completamente restaurata, attraverso una selezione dei prodotti e dei progetti che hanno reso possibile la realizzazione di questa manifestazione. La storica sede è diventata teatro di questo evento, e lo sarà durante tutto il corso del 2011 e parte del 2012, come dimostra il semplice ma efficace allestimento voluto per l’occasione: dinnanzi ad un lungo tavolo che indirizza lo sguardo dall'ingresso principale alla corte porticata – location del sontuoso rinfresco – sono stati collocati sia gli album in preziosa filigrana che raccolgono le biografie di tutte le personalità sinora intervenute in FAF sia i prodotti dei sostenitori della manifestazione.
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Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
Questi ultimi sono ormai nomi internazionalmente conosciuti nel mondo del design che da tempo permettono al laboratorio di M_D ed alla Facoltà tutta di proseguire la ricerca in ambiti diversi, dai nuovi materiali, alle tecnologie, alla teoria del progetto e comunicazione. È a loro principalmente che va rivolto un sentito ringraziamento per la lungimirante fiducia che hanno saputo porre nel campo della ricerca. AHEC American Hardwood Export Council la cui presenza attiva nell'ambito dell'utilizzo sostenibile dei prodotti lignei è all'avanguardia nel settore, Casalgrande Padana la storica produttrice di ceramica leader mondiale i cui prodotti sono sinonimo di alta qualità ed eleganza, Il Casone azienda internazionalmente conosciuta per quanto riguarda il prodotto litico, fautrice di molte importanti collaborazioni con il mondo del design, Lithos Design emergente realtà con una spiccata predisposizione al design litico e alla ricerca nel campo della lavorazione della pietra, Pibamarmi una delle aziende che più si è occupata della reinterpretazione in chiave contemporanea del prodotto litico e che vanta numerose collaborazioni con designer di fama internazionale, Giuseppe Rivadossi nome noto nel campo del design per la grande capacità interpretativa del legno, maestro della lavorazione e artista pluricelebrato qui presente con una scultura lirica e vibrante, Viabizzuno l'azienda fondata da Mario Nanni oggi massimo referente italiano in campo dell'illuminazione che promuove e sponsorizza l'arte contemporanea nel mondo attraverso una ricerca costante e sempre all'avanguardia.
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Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
A queste bisogna aggiungere promo_legno associazione composta da numerose aziende leader nel settore e rivolta alla promozione del legno nel mondo che ha appositamente sponsorizzato l'evento ferrarese a cui seguono poi i partner dell'iniziativa: Fassa Bortolo, un nome noto a tutti nel campo dell'edilizia e dell'architettura per la costruzione in calcestruzzo che da anni collabora attivamente con la FAF tanto d'aver istituito un premio internazionale per l'architettura sostenibile ed uno per il restauro architettonico, Libria piccolo editore di altissima qualità attento alla realtà contemporanea del mondo dell'architettura e del design, Nardi l'azienda produttrice di componenti d'arredo per il giardino che ha offerto alla Facoltà bellissime sedute da esterni e per chiudere Sannini produttore rinomato di schermi avanzati in laterizio. Queste aziende hanno voluto legare il proprio nome ad un evento istituzionale di largo respiro che dimostra un'ambizione da parte della FAF: volersi porre come modello all'interno di un circuito virtuoso che sappia coniugare ricerca, impresa e comunicazione attraverso il ruolo attivo dell'Università. E questa è infatti la strada che da molti anni la Facoltà di Architettura di Ferrara sta cercando di perseguire. Anche il
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Preside ha ricordato con humour la storia della FAF partendo da un aneddoto che riguarda la sua sede per ricordare che dal 1991 ad oggi gli sforzi e i risultati ottenuti sono stati altissimi come dimostrano i punteggi del CENSIS che la consacra ormai da molti anni come prima in Italia. La Facoltà – racconta Trippa – si era appena costituita e il Rettore di allora, Tonino Rossi, venne ad inaugurarla con queste parole che dicono molto del nostro ruolo all’interno dell’ateneo "qua una volta c'era un manicomio e ci potevamo dunque mettere solo gli architetti!".
Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
Con parole altrettanto sentite Roberto Di Giulio, ha ricordato che la storia del Dipartimento è omologa a quella della Facoltà: grande attenzione è stata data alla ricerca. Il dipartimento infatti non è cresciuto numericamente ma nelle sue attività di ricerca, didattiche, amministrative, grazie a un gruppo di giovani ricercatori che sono il vero contributo attivo dell’Università. Alfonso Acocella, ultimo a parlare, ed estremamente efficace nei contenuti, spiega come “rispetto ai tanti centri di ricerca che contraddistinguono l'evoluzione della cultura negli ultimi anni oggi che i paesi sono diventati soggetti ad un'internazionalizzazione e ad uno sguardo competitivo allargato le università devono cercare un nuovo percorso di vita tentando di uscire verso l'esterno e mantenendo in equilibrio le specificità di una offerta pubblica che nessuno vuole abbandonare”. Questo progetto del Ventennale, da lui fortemente voluto e interamente concepito, non è semplicemente un insieme di eventi ma un pensiero ambizioso che tenta di portare l'università ad agire secondo nuovi principi. “Il progetto – continua Acocella – mette insieme diversi elementi con un fine comune: vive di cose materiali ed immateriali, ricerca inevitabilmente le risorse e vive anche nel tempo e con il tempo. Lo spazio nella civiltà globale è diventato perdente mentre il tempo è un elemento prezioso. Questo progetto serve per dare un futuro alle giovani generazioni; offre uno spazio concreto per fare ricerca e un tempo consono per realizzarla”.
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Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
“Il progetto, racconta ancora Acocella, è scritto in 8 lettere: XX è il tempo ma anche il crossing, le diverse possibilità d'intersezione tra pubblico e privato, ricerca e impresa, FFFF, rappresentano quattro elementi cardine del Ventennale: Ferrara, FAF, Festival, Found raising. Mentre CC, stanno per Contenuti e Comunicazione perché per creare ricerca occorre anche saperla comunicare, renderla comprensibile e agibile come dimostra ad esempio il progetto di una collana del Ventennale che racconti i suoi protagonisti e le sue imprese fatta appunto di contenuti che sono di per sé comunicazione”. Per Acocella la comunicazione è indispensabile "perché i contenuti stanno nella comunicazione ed è per questo che ci dedichiamo a far diventare la comunicazione un elemento fondamentale della ricerca. La necessità di pensare che tutte queste cose devono trovare un tessuto che è la produzione del progetto, della narrazione. La Facoltà è l'elemento che origina il progetto, ne è il suo centro e motore, ma non motore unico perché oggi lavorare in rete è diventato indispensabile, com’è stato indispensabile estendere il progetto verso gli interlocutori cittadini per la valorizzazione di una interpretazione creativa dell'economia locale mentre i festival, elemento centrale della cultura contemporanea, sono format che si sono codificati nella triade di tempo, spazio e tema: tutto in tre giorni mentre il Festiva FAF è diacronico, lungo un anno!”. Questo elemento secondo il suo ideatore permetterà anche la stessa riscrittura del progetto. Nel tempo lungo, durante l'arco dell'anno, si svolgeranno attività nuove e libere che nasceranno dalla grande apertura di questo progetto, dal metamorfismo interno, eliminando così anche gli eventuali elementi di debolezza insiti in ogni produzione.
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Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
“Anche il chiedere risorse, ci illustra ancora Acocella, è stato un elemento importante. Il ruolo di avvicinamento al nostro progetto, quello che chiediamo alle grandi imprese che ci sostengono, non è quello di una visibilità effimera ma di un'Università che diventa filtro di mediazione in processi d'innovazione in vari ambiti d'interlocuzione. Produzione di quella cultura immateriale che oggi è dote indispensabile di ogni prodotto di design”. Il progetto di comunicazione è fatto, secondo Acocella, anche per sottrarsi dalle lobby imprenditoriali dell'editoria: una sfida in sostanza ai gruppi editoriali che sono diventati degli stampatori su commissione. Ecco perché XFAFX avrà la propria collana e il proprio staff di ricerca e produzione dei contenuti.
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Palazzo Tassoni Estense allestito per la Mostra XfafX Festival "To design today". (ph. enrico geminiani)
Il piano di comunicazione pensato da Acocella è fatto per svolgere eventi, produrre contenuti, delineare scritture di riflessione sui personaggi e sui temi del Ventennale e diffonderli attraverso un ufficio stampa adeguatamente formato per raggiungere un pubblico indiretto attraverso una banca dati che ora ha in archivio più di 35000 destinatari. Una comunicazione informativa e istituzionale ma anche produttiva. La comunicazione muove quindi dal cartaceo al multimediale anche attraverso i nuovi sistemi mobili. Ecco signori l'Università italiana del futuro, ecco il modello XFAFX! Elisa Poli SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno SOSTENITORI SINGOLI EVENTI XFAFX promo_legno
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post-it journal
L'esposizione inaugurale per il festival XfafX "To design today"
Il Festival XfafX, Ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara, inaugurato lo scorso 2 maggio con una prima conferenza stampa a Ferrara quindi reso noto ai più il 4 maggio a Milano in Triennale, è narrato attraverso un documento cartaceo e digitale - concept fondativo redatto a cura di Alfonso Acocella, responsabile scientifico dell’iniziativa che nei mesi precedenti all'avvio del Festival stesso ha consentito di tessere l'ordito principale della manifestazione. Trattasi di più di cento pagine di progetto culturale composte da contenuti testuali, illustrazioni originali dedicate, infografica dedicata, immagini fotografiche, messe in grafica con l'obiettivo di costruire il principio solido, la struttura fondativa, per l'avvio di una iniziativa culturale che, come si è detto, si svolgerà fino alla chiusura del 2012 con attività continuative presso gli spazi di Palazzo Tassoni Estense. In tale arco temporale XfafX dovrà essere capace di svolgere il proprio percorso ma anche assorbirne i cambiamenti, flettendosi alle esigenze
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degli utenti, dei protagonisti, dei supporter, e ciò potrà essere reso possibile grazie alla validità concettuale del progetto stesso. XfafX è nato sviluppando, aggiornando, costruendo in progress continuo tale documento. Alla forza della parola scritta, alla chiarezza espressiva delle immagini, è stato affidato il compito di divulgare le intenzioni, i propositi dell'iniziativa. Gli interlocutori privilegiati, nel tempo antefestival, sono stati i fondamentali Sostenitori - il documento stesso ne ha reso possibile la partecipazione fungendo da strumento di fund-raising istituzionale -, le molteplici Istituzioni patrocinanti, il panel dei protagonisti invitati. Alzato il sipario sul Festival, aperti al pubblico gli spazi di rappresentanza di Palazzo Tassoni Estense, sede istituzionale dell'iniziativa, per restituire agli interlocutori finali - l'ampio pubblico composto da studenti, docenti, professionisti, realtà aziendali - la complessità del progetto sotteso alla titolazione "XfafX Festival To design today", si è scelto di ideare e istallare un’esposizione che rendesse comprensibile e visualizzabile il progetto XfafX in modo chiaro e intelligibile. Sede dell'esposizione proprio il Salone passante del piano terra, collegato direttamente alla corte interna con loggiato e in relazione spaziale con il Salone d'Onore superiore, sede della Conferenza stampa del 2 maggio scorso. La mostra, allestita per una settimana a seguire l’inaugurazione, può dirsi un progetto di "comunicazione integrata e coordinata" per il progetto culturale XfafX. Al coordinamento visivo, facendo riferimento alla struttura dell'allestimento stesso, corrisponde eguale coordinamento metodologico. Il metodo si esplica tramite la trasversalità con cui il progetto culturale contenutistico, complesso, viene sviluppato passando dalle due dimensioni - la pagina grafica del documento cartaceo - alla terza dimensione dello spazio, integrandolo nel contesto architettonico del Palazzo, cuore pulsante dell'evento. Il gruppo di progettazione si è mosso come un "regista multimodale", superando gli steccati disciplinari di architettura, design, comunicazione visiva, verso la valorizzazione dei significati, per consentire al pubblico di fruire ampliamente dei contenuti. Obiettivo della mostra è di comunicare il Festival “To design today” nei suoi aspetti generali, presentare i primi eventi in calendario, quelli in programmazione e in fase di progetto, presentare i protagonisti del design discourse invitati, i Sostenitori e i Partner che hanno reso possibile lo stesso progetto.
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Creare il sistema grafico di identificazione di XfafX ha significato (e ancora "significa", in quanto il progetto è aperto, in progress), non solo definirne la riconoscibilità, non solo applicare a supporti e formati diversi un "logotipo" come elemento centrale del progetto, ma in particolare l'individuazione di un campo di riflessione e ricerca al di là di quello puramente visivo, proiettato verso l'integrazione in immagini, di idee e qualità concettuale. La comunicazione visiva si fa dunque punto di contatto e medium per progettare, acquisire e trasmettere, attraverso forme visive riconoscibili, i contenuti. Comunicare la cultura è del resto un preciso dovere delle Istituzioni - in questo caso l'Università - nei confronti del destinatario, per porlo in contatto con un patrimonio composto da beni materiali e immateriali che, dopotutto, gli appartiene. La prospettiva di apertura dell'Università verso l'esterno è il presupposto di avvio del Festival "to design today" stesso. Gli spazi di Palazzo Tassoni Estense, trasformati in struttura espositiva (questa la fortunata natura metamorfica dei quartieri monumentali del Palazzo), hanno accolto così il corpus del progetto XfafX, progetto dal carattere e colore inequivocabilmente prezioso dell'"oro", traducendone il concept bidimensionale, originariamente su carta, in temporaneo allestimento spaziale. Il graphic design del concept XfafX si è esteso dunque e trasfigurato dal foglio cartaceo alla volumetria materica dell'architettura, avvolgendo le superfici interne del Palazzo attraverso sottili pannelli sospesi: i pannelli più grandi tesi a trasferire il messaggio del progetto stesso di XfafX e riportanti l’infografica dei vari messaggi; quelli più piccoli e sottili, in un soffio leggero di vento, muovono le biografie dei protagonisti futuri del Festival; i colori e i grafismi dell'insieme sono in linea con il sistema di identità visiva del progetto. Il fruitore dell’esposizione è quindi impegnato nella doppia attività di guardare e leggere la narrazione impressa sulle superfici. Osserva le lettere, le grandi X (doppie X, per il ventennale FAF), le cardinali F (Ferrara, FAF, Festival, Fundraising) e le fondamentali C dei
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termini Contenuti e Comunicazione, e insieme legge il testo che le accompagna; in un attimo la percezione transita tra forma visiva, testo e mente; il testo della narrazione, reso visibile nell’impressione sui pannelli, “sparisce” mentre si rendono manifesti comprensione e significato. Nucleo del progetto l’esposizione dei Sostenitori. A centro dell'allestimento stesso, concretizzando una metafora spaziale, i sette Sostenitori generali ed i quattro Partner di XfafX, hanno esposto loro stessi sopra il lungo tavolo che attraversa il Salone passante: una selezione di oggetti, di rappresentazioni di realizzazioni, di pubblicazioni e campioni materici di qualità. Così ha preso avvio il processo virtuoso di cui si fa portatrice l’Università mediando con gli interlocutori esterni – Istituzioni, Associazioni, Fondazioni e Aziende di produzione -, conciliando "oggettivamente", cultura ed economia, pensiero e produzione. Veronica Dal Buono
MOSTRA XFAFX Festival “To design today” Palazzo Tassoni Estense 2-11 Maggio 2011 Un progetto di laboratorio MD Material Design Concept | Alfonso Acocella Progetto mostra | Veronica Dal Buono Allestimento | Gabriele Lelli Collaborazione graphic design | Silvia Imbesi, Luca Feletti
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1 - 3 Salone passante Palazzo Tassoni Estense. Allestimento XfafX 4 - 5 Il lungo tavolo dei Sostenitori 6 Esposizione Concept XfafX formati cartacei 7 Pannelli espositivi Concept XfafX 8 Esposizione XfafX 9 Pannelli espositivi XfafX. Protagonisti invitati 10 Pannelli espositivi XfafX
1 Concept XfafX versione cofanetto 2 AHEC American Hardwood Export Council 3 AHEC American Hardwood Export Council 4 Casalgrande Padana 5 Il Casone 6 Piba marmi 7 Giuseppe Rivadossi
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post-it journal Massimiliano Fuksas in XfafX. Biografia e opere
Massimiliano Fuksas © Maurizio Marcato
Massimiliano Fuksas (Roma, Italia, 1944) è sicuramente uno dei più noti architetti italiani a livello internazionale. Fermamente convinto della responsabilità “sociale” del fare architettura, da anni Fuksas è impegnato su un fronte di ricerca progettuale che lo porta ad affrontare le problematiche più differenziate, dalla scala architettonica a quella urbana, con la medesima sensibilità nei confronti delle specificità culturali del contesto di intervento. In particolare, nel suo lavoro Fuksas dedica notevole attenzione allo studio dei problemi urbani delle grandi aree metropolitane e specificamente alle periferie, incentrando la sua attività prevalentemente sulla realizzazione di opere pubbliche. Massimiliano Fuksas si laurea nel 1969 all’Università “La Sapienza” di Roma. Dopo avere fondato in quegli stessi anni lo studio professionale a Roma, successivamente crea il suo atelier parigino (1989) e poi quello viennese (1993). Da anni affianca a una solida attività professionale un intenso impegno accademico: è stato visiting professor presso l’École Spéciale
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d’Architecture di Parigi, l’Academy of Fine Arts di Vienna, la Staatliche Akademie der Bildenden Künste di Stoccarda e la Columbia University di New York. Ha ricevuto numerosi premi internazionali tra cui il Vitruvio Internacional a la Trayectoria di Buenos Aires (1998), il Grand Prix d’Architecture di Parigi (1999) e l’Honorary Fellowship dell’American Institute of Architects (2002). Nel 2010 è stato insignito della Legion d’onore. Tra le sue opere più recenti si ricordano il Centro Palatino (Torino, Italia, 1998-2011), il complesso residenziale Lyon Confluence (Lione, Francia, 2005-2010), l’edificio polifunzionale Admirant Entrance Building (Eindhoven, Olanda, 2003-2010), il centro culturale Peres Peace House (Jaffa, Tel Aviv, Israele, 1999-2009), la Chiesa di San Paolo (Foligno, Italia, 2001-2009), il Centro Commerciale MyZeil (Francoforte, Germania, 2002-2009), Armani Fifth Avenue (NYC, USA, 2007-2009), Zenith Music Hall (Strasburgo, Francia, 2003-2008), Shenzhen Bao’an International Airport, Terminal 3 (Shenzhen, Cina, in corso), il nuovo Centro Congressi Eur (Roma, Italia, in corso). Chiara Testoni
Regesto selezionato delle opere Progetti realizzati/Realizations 1986-1991_Mediateca e centro culturale, Rezé (F) 1987-1996_Ilot Candie Saint-Bernard, Parigi XI (F) 1989-1993_Musée des Graffiti, Niaux (F) 1992-1995_Maison des Arts, Bordeaux (F) 1998-2000_Scuderie Aldobrandini. Museo del Tuscolo, Frascati (I) 1995-2001_ Twin Towers, Vienna (A) 2001-2002_Armani Chater House, Hong Kong, Cina 1999-2004_Piazza Shopping Mall, Eindhoven (NL) 2001-2004_Ferrari Centro Direzionale e Ricerche, Maranello (MO) (I) 2002-2004_Nardini Centro Ricerche e Auditorium Bassano del Grappa (VI) (I) 1999-2005_Media Markt, Eindhoven (N) 2003-2005_Europark 2, Salisburgo (A) 1992-2005_Europark 1, Salisburgo (A) 2002-2005_Nuovo Polo Fiera, Rho-Pero (MI) (I) 2005-2007_Armani Ginza Tower, Tokyo (JP) 2001-2008_Centro Direzionale De Cecco, Pescara (I) 2003-2008_Zenith Music Hall, Strasburgo (F) 2003_2008_Zenith Music Hall, Amiens (F) 2003-2008_Mainz Markthäuser 11-13, Mainz (GE) 2007-2009_Armani Fifth Avenue, NYC (USA) 2002-2009_MyZeil, Francoforte (GE) 2001-2009_Chiesa San Paolo, Foligno (I) 2009_Scenografia per Medea e Edipo a Colono, Teatro Greco, Siracusa (I) 1999-2009_Peres Peace House_Jaffa, Tel Aviv (Israele) 2003-2010_18.Septemberplein, Eindhoven (NL)
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2003-2010_Admirant Entrance Building, Eindhoven (NL) 2005-2010_Lyon Confluence, Lione (F) 1998-2011_Centro Palatino, Torino, (I) Progetti in corso 2001_Torre per Nuovo Centro Direzionale Regione Piemonte, Torino (I) 2006_Is Molas Golf Resort, Pula-Cagliari (I) 2006_Euromed Center, Marsiglia (F) 2007_Bory Mall, Bratislava, Slovacchia 2007_ Riqualificazione ed Espansione del Complesso Termale di Montecatini, Montecatini (I) 2008_Flagship Benetton, Roma (I) 1998-2012_Nuovo Centro Congressi Eur, Roma (I) 2008-2012/2015 (prima fase)_Shenzhen Bao’an International Airport, Terminal 3, Shenzhen, Cina 2006-2012_Liceo Hôtelier Marianne, Montpellier (F) 2005-2012_Nuovi Archivi Nazionali à Pierrefitte sur Seine-Saint Denis, Parigi (F) 2010_Rhike Park, Tblisi, Georgia 2010_House of Justice, Tblisi, Georgia 2010_ Guosen Securities Tower, Shenzhen, Cina Bibliografia essenziale Massimiliano Fuksas, Occhi chiusi aperti, Alinea, Firenze 2001 Andrea Cavani, Massimiliano Fuksas, Motta Architettura, Milano 2006 Antonello Marotta, Massimiliano Fuksas. Sul cominciare e sul finire, CLEAN, Napoli 2006 Francesco Cirillo, Cinquantatre più sette domande a Massimiliano Fuksas, CLEAN, Napoli 2008 Massimiliano Fuksas (con Paolo Conti), Caos sublime. Note sulla città e taccuini di architettura, Rizzoli, Milano 2009 Massimiliano Fuksas (con Marco Alloni), Conversazione dialogo con Massimiliano Fuksas, ADV Advertising Company, 2009
1-3 Chiesa San Paolo a Foligno, Italia 2001-2009 © Moreno Maggi
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 111-116 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Massimiliano Fuksas: Orient Express n°1
La visita di Massimiliano Fuksas in una Facoltà di architettura produce un’energia simile a quella che si può captare in uno stadio poche ore prima dell’inizio di un concerto rock. Tre maxi schermi posizionati tra i due saloni di Palazzo Tassoni Estense e l’Aula magna di via Quartieri, studenti in attesa dell’arrivo dell’archistar accalcati davanti al portone, un certo grado di fibrillazione palpabile. Immagine degli studenti davanti ai maxi schermo Poi, mentre tutti ormai si erano seduti in religiosa attesa, la notizia che lo avrebbe accompagnato anche la moglie, Doriana Mandrelli, sua inseparabile compagna di vita e lavoro che ha deciso di seguirlo per vedere “questa Facoltà dell’eccellenza” che un po’ disassata rispetto alla direttrice Roma-Bologna-Milano ricorda molto a chi la visita i prestigiosi campus anglosassoni, dislocati in territori limitrofi alle grandi città, in centri culturalmente importanti, come appunto è il caso di Ferrara. La conferenza di Fuksas inaugura ufficialmente la serie di Lectio che Alfonso Acocella ha organizzato, durante l’arco del Ventennale di fondazione della Facoltà (XfafX), per promuovere la conoscenza e l’approfondimento dei temi legati all’architettura contemporanea e al design attraverso le voci dei loro protagonisti. Punti di vista importanti che sappiano descrivere i molteplici modi del progetto, voci provenienti da ogni latitudine, culture poliedriche e scenari innovativi. Insomma un panorama il più possibile esaustivo che permetta alla Facoltà ferrarese un affaccio sul mondo contemporaneo sempre più consapevole, sempre più intenso e partecipe. L’energia di Fuksas, la sua positività si palesa subito: “Chiunque – così esordisce nell’incipit della sua conferenza – può ottenere nella vita ciò che vuole. Chiunque può riuscire a concretizzare il progetto in cui ha creduto”. Queste parole nella loro sinteticità e chiarezza sono un messaggio importante per una generazione di studenti che sta crescendo nell’incertezza della precarietà, un messaggio forte per una scuola che ancora crede al valore della qualità rispetto ai numeri della quantità. E Fuksas di questo non fa mistero “Questa è la migliore Facoltà di architettura d’Europa” prosegue in un discorso introduttivo ai suoi progetti che tocca da vicino i temi a lui cari della politica e dell’etica ricordando agli studenti che è con l’impegno costante nel lavoro che si ottengono i più importanti risultati. Un impegno di cui la sua opera è un’efficace dimostrazione, soprattutto quando parla del cantiere, quando mostra i dettagli delle fantasmagoriche architetture che oggi progetta e realizza, quando descrive appassionatamente il modo intenso di vivere l’architettura “Stamattina sono stato in cantiere dunque oggi sono molto felice! Stare in cantiere è l’unico modo per fare davvero architettura”. E davvero su questo punto potremmo dire che ha costruito una vera e propria filosofia,
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ribaltando molti luoghi comuni che vogliono il grande architetto solo impegnato a lanciare idee, lontano dalla polvere delle scavatrici. Fuksas invece mostra con orgoglio dettagli costruttivi, parla con passione delle maestranze italiane, elogia le imprese del nostro paese “le migliori al mondo” e ci racconta di come per molti progetti sia stata impiegata una manodopera locale, un vero e proprio kilometro zero dell’architettura. E non ci si provi a parlare con lui di sostenibilità “è un discorso lunghissimo – afferma – lo affronteremo la prossima volta perché una questione così seria non si riduce a due formule da comizio. Volete davvero vedere la sostenibilità? Venite nei cantieri che sto portando avanti e ve la spiego da vicino, nella sua complessità. È un tassello imprescindibile dell’architettura del futuro”.
Bao’an International Airport, China, Shenzhen, 2007 Per fugare un dubbio sulle sue origini – molti critici affermano che la sua vera notorietà sia iniziata con i progetti francesi – evoca i primi lavori italiani, quelli degli anni Settanta come la Palestra di Paliano: simbolica, cruda, spiazzante nella facciata, lirica, raffinata, onirica all’interno. Un’architettura che non smette di stupire. Di mutare. Un luogo fatto di passione politica, simbolo del suo impegno per i progetti pubblici, civili. Si descrive attraverso la potenza espressiva delle sue tele “all’inizio, quando ero davvero molto giovane, vendevo i miei quadri, ne vendevo molti. Oggi tantissimi li ha acquistati il Pompidou”. Poi illustra uno dei progetti più importanti della sua carriera, non realizzato ma capace d’imprimersi nella memoria collettiva come e più di un’architettura realizzata; il progetto per la torre a Hérouville Saint-Claire immaginata tramite disegni via fax, un po’ come i cadavre esquisse dei Dadaisti, attraverso la collaborazione con tre amici, tre colleghi: Otto Steidle, Will Alsop e Jean Nouvel. Un esempio di come per Fuksas sperimentazione e confronto rappresentino ingredienti immancabili del processo creativo e artistico come dimostrano i suoi dipinti – quello per Hérouville misurava
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20 metri! – che non sono schizzi progettuali ma opere a se stanti, ricche di una grande carica visionaria. Poi la lectio si concentra sul rapporto strettissimo tra architettura e materia “non materiali – precisa Fuksas – perché le altre lingue, a parte la nostra, fanno confusione, non possiedono questa importante differenza tra i due termini. A me i materiali non interessano in quanto tali, m’importa della qualità con cui possono formare le cose; come un muro vecchissimo e polveroso che però rimanda ad una storia, a un vissuto”. Infatti il primo progetto che ci mostra è quello di Niaux per il Museo dei graffiti, risultato di un concorso del 1988. Il luogo in cui interviene si trova nei Pirenei orientali, in un sito dalle incredibili caratteristiche orografiche, un paesaggio lirico e molto evocativo. Fuksas pensa allo scheletro di un grande animale preistorico, una lingua di acciaio Corten che si affaccia sulla valle e schiude d’improvviso allo spettatore un panorama unico. Pochi gesti, grande semplicità per un risultato che non invecchia nel tempo: questo progetto è tuttora attualissimo. La stessa attualità che si ritrova in uno dei suoi capolavori francesi, un’architettura delle stagioni, come ama definirla Fuksas: la Maison des Arts a Bordeaux. Uno dei più significativi esempi della sua febbrile ricerca nei confronti della materia: cemento, legno, rame ossidato e una forma scultorea nata per sottrazione, per svuotamenti progressivi come progressivi sono stati i toni, i colori che, stagione dopo stagione, si sono succeduti sulle pareti di questo edificio.
Maison des Arts, France, Bordeaux, 1995 Un’architettura che per dimensioni può essere avvicinata a quella di Jaffa in Israele, denominata Centro della Pace, su richiesta del committente – il premio Nobel per la Pace Shimon Peres – e destinata a diventare principale sede di discussione delle iniziative arabo-israeliane. Un luogo d’incontro in cui approdano gli esuli provenienti da altre terre mentre chi si trova all’interno guarda il mare da uno schermo trasparente che è passaggio intellettuale tra due mondi, tra due materie: la terra e l’acqua. Un progetto di grande importanza perché di nuovo sottolinea l’impegno
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civile, la sua volontà di costruire luoghi per gli uomini. E quando parla del Centro per la Pace s’emoziona, ci descrive la complessità che sta dietro l’effetto di grande semplicità, perché quel luogo deve accogliere, semplificare l’arrivo di chi ha perduto tutto, di chi non ha più una casa: edificio-simbolo, faro dei pellegrini. Una prima incursione nel misticismo delle religioni che poi evolve nel lavoro di Foligno: finalmente una chiesa contemporanea. “All’inizio – afferma Fuksas – Doriana e io neppure sapevamo davvero se volevamo farlo quel concorso, perché si trattava di una chiesa, luogo davvero molto particolare”. Poi l’idea di quella scatola sacra, di una scultura che diventa spazio architettonico attraverso due svuotamenti, tagli netti, meridiane di luce. A Fuksas piace che progetti complessissimi appaiano nella loro totale leggerezza, semplicità, leggerezza e in questa sapiente edificio ha veramente superato gli ostacoli di una modernità che ideologicamente vorrebbe tutto fosse dichiarato. Lui no, lavora come uno scultore che sa togliere e comporre capendo sempre qual è la materia migliore per fare un’opera architettonica: lo spazio cavo. Dopo questa prima serie di progetti Fuksas sale di scala dimensionale e ci mostra le torri di Vienna, la grande riqualificazione per il centro di Eindhoven, la Fiera di Milano. Tutti esempi di come la scala urbana sia davvero per lui orizzonte indispensabile dell’architettura: vera ragione politica del suo lavoro. Nelle città Fuksas ama tuffarsi per percepirne e coglierne contraddizioni e squilibri vitali, paradossi e tensioni, autarchie come diceva una sua grande fonte d’ispirazione: Kazuo Shinohara.
New Trade Fair Milano, Italy, Milan, 2005 Il racconto prosegue con una terza serie di opere, quelle forse più ineffabili e uniche come le due sale per concerti, una ad Amiens e l’altra a Strasburgo nate da una riflessione totalmente artistica a partire dal concetto di diagonale, basate entrambe sullo studio di una forma paraboloide e costruite secondo un ossimoro di concretezza interna ed assoluta leggerezza esterna. Colore e forma: due quadri posati nel territorio francese e composti da forme curve, tela e lievità. Ma l’uso del colore e delle forme sinuose torna anche nei progetti per i negozi Armani
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di cui quello newyorkese è certamente il più sorprendente: una scala virtuosa costruita in Italia con manodopera nostrana e trasportata divisa in pezzi fino nella Fifth Avenue dove è diventata una piazza sospesa “tanto che la gente ora ha smesso di prendere l’ascensore”. Effettivamente il pubblico davanti alle architetture di Fuksas resta spesso incredulo, attirato dentro ad un montaggio filmico, a un racconto emozionante come avviene sia nel Centro espositivo Nardini sia nel Centro di ricerche Ferrari due opere commissionate da privati, rare e preziose.
Research Center Ferrari, Italy, Maranello, 2004 Chiude la conferenza descrivendo l’opera che ora lo coinvolge maggiormente, un cantiere “amatissimo e difficile”, realizzato nella sua Roma, nel quartiere dell’EUR, orientato secondo le direttrici del Palazzo delle esposizioni di Adalberto Libera “ma voi ragazzi, voi studenti dei primi anni Libera lo conoscete? Speriamo di sì…”. Per Fuksas, Libera è un riferimento imprescindibile soprattutto quando si parla del Centro Congressi che tutti ormai chiamano La Nuvola “ma io davvero così non l’ho mai chiamato, sarà stato forse per quel primo schizzo che ora è stampato in ogni mia pubblicazione e che a molti ricorda una nuvola”. E per questo progetto le foto di cantiere sembrano più appropriate che mai perché in questo brulichio di voci e materia si cela tutto l’estro dell’architetto.
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EUR New Congress Center, Italy, Rome, 1998 Fuksas ci lascia sorridente, con un consiglio, forse una chiave di lettura anche per capire l’architettura contemporanea “Ricordatevi che in architettura i bravi progettisti non copiano, rubano! Rubare significa impossessarsi delle idee, comprenderle, utilizzarle, deformandole e interpretandole, per fare opere importanti, per costruire il futuro”. E con la stessa energia e passione con cui è arrivato riparte, accompagnato dal lungo applauso del pubblico, a costruire qualche altro pezzo del mondo che verrà. Elisa Poli
Hérouville Canvas Oil
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 117 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
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Intervista a Massimiliano Fuksas e Doriana Mandrelli
Elisa Poli intervista Massimiliano Fuksas e Doriana Mandrelli presso Palazzo Tassoni Estense in occasione della Lectio Magistralis XfafX svoltasi il 6 giugno 2011. Massimiliano Fuksas (Roma, Italia, 1944) è sicuramente uno dei più noti architetti italiani a livello internazionale. Fermamente convinto della responsabilità “sociale” del fare architettura, da anni Fuksas è impegnato su un fronte di ricerca progettuale che lo porta ad affrontare le problematiche più differenziate, dalla scala architettonica a quella urbana, con la medesima sensibilità nei confronti delle specificità culturali del contesto di intervento. In particolare, nel suo lavoro Fuksas dedica notevole attenzione allo studio dei problemi urbani delle grandi aree metropolitane e specificamente alle periferie, incentrando la sua attività prevalentemente sulla realizzazione di opere pubbliche.
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Architetture al plurale. Costruire in legno oggi: esperienze europee
Organizzato all'interno di XfafX festival - To design today, il ricco programma di celebrazioni del Ventennale di fondazione della Facoltà di Architettura di Ferrara, curato da promo_legno (associazione per la promozione della cultura del legno), e realizzato grazie al sostegno dei Sostenitori generali di XfafX e con il patrocinio degli Ordini degli Architetti della Provincia di Ferrara e dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Ferrara, il convegno “Architetture al plurale” si è svolto lo scorso 13 maggio all’interno della prestigiosa cornice di Palazzo Tassoni Estense. Oltre al convegno, l’evento ha previsto, in parallelo, l’allestimento di una galleria tecnica in cui le più importanti aziende partner di promo_legno hanno reso possibile il confronto diretto tra i partecipanti ed il settore produttivo, per un momento di approfondimento tecnico dei sistemi costruttivi in legno e delle tecnologie ad esso collegate. Durante i saluti di benvenuto il prof. Graziano Trippa, Preside della Facoltà di Architettura di Ferrara, ha sottolineato l’importanza culturale e istituzionale del Ventennale che, a partire da questo primo evento, aprirà le porte della Facoltà di Architettura di Ferrara ad un vero e proprio “parterre des rois”. Il prof. Acocella, Responsabile scientifico XfafX, ha posato l’accento sull’importanza delle celebrazioni quale proiezione dell’oggi verso il futuro, per rappresentare in forma aggiornata l’immagine istituzionale dell’Università e per rinnovare la competitività della
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professione; riflessione approfondita anche dai Presidenti degli Ordini degli Architetti e degli Ingegneri della Provincia di Ferrara, rappresentati nell’occasione dall’arch. Gianni Pirani. È stato inoltre evidenziato dalla dott.ssa Francesca Carlet, segretario generale di promo_legno, il rapporto tra il tema del legno e le Università, relazione da rafforzare per l’attualità della tematica, ritornata protagonista del dibattito della cultura tecnologica soprattutto a seguito del terremoto che ha colpito L’Aquila. L’intervento “Architetture compatibili” di Alberto Alessi, direttore della rivista materialegno, ha fornito le chiavi di lettura per l’approfondimento del legame che unisce il legno e l’architettura: questo straordinario materiale è infatti in grado di mantenere una forte identità, sebbene già dai tempi antichi esso venga declinato per soddisfare le risposte architettoniche alle differenti istanze climatiche, ai diversi contesti, alle molteplici culture, presentandosi come un materiale senza tempo e che ha segnato profondamente il pensiero tecnologico. Una finestra di approfondimento dal titolo “Punto, linea o superficie? Dai sistemi a telaio alle pareti massicce in XLAM” è stata proposta del prof. Andrea Bernasconi della Scuola di Ingegneria di Yverdon (CH). L’evoluzione tecnologica dei sistemi lignei consente oggi particolare libertà costruttiva e molteplici espressioni architettoniche; le opportunità offerte dalle differenti configurazioni strutturali (il punto e la linea che descrivono i sistemi a telaio e la superficie che rappresenta le tecnologie a pannelli) si concretizzano in un’architettura affidabile, di qualità e profondamente controllabile nei tempi e nelle modalità di esecuzione, punti di forza che hanno consentito l’ampia diffusione delle costruzioni in legno. “Wood works” è il titolo del contributo di Hermann Kaufmann, architetto fondatore dello studio Hermann Kaufmann Architekten di Schwarzach (A) e professore presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Monaco. Negli esempi proposti il legno è profondamente legato al progetto, non solo perché costituisce l’anima degli edifici, ma perché esso diventa dettaglio e, al tempo stesso, immagine esterna, definendo le logiche dell’attuale e futura flessibilità. Il tema della sostenibilità entra nel cuore della progettazione: le realizzazioni in legno di Kaufmann sono in grado di soddisfare le più elevate istanze energetiche, trasformandole in risposte architettoniche che trasmettono una matura esperienza di questo materiale radicato nella tradizione costruttiva austriaca e che viene reso ora attraverso nuove valenze architettoniche. Il prof. Pietromaria Davoli della Facoltà di Architettura di Ferrara ha introdotto le “Esperienze formative nel campo dei sistemi costruttivi in legno” attualmente presenti nella filiera della didattica ferrarese. Da 15 anni infatti il tema dei sistemi costruttivi a matrice lignea viene approfondito all’interno del Laboratorio di Costruzione dell’Architettura 1 (Docenti: prof. Graziano Trippa, prof. Pietromaria Davoli, prof. Theo Zaffagnini) dove, durante primo semestre del secondo anno del corso di studi, gli studenti, affrontano un'esperienza di progettazione attinente una costruzione nella sua interezza e globalità e nelle sue singole parti costitutive. Il progetto, approfondito nell'insieme degli aspetti formali, funzionali e tecnologici fino al dettaglio esecutivo, riguarda un edificio ad elevata sostenibilità ambientale la cui destinazione d’uso varia di anno in anno: dall’edificio residenziale, al museo, al ciclo-ostello, al centro
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ricreativo, solo per citare alcuni esempi. La progettazione in aula si accompagna ad un’esperienza applicativo-costruttiva fuori sede (scuola edile) e a un concorso di architettura riservato agli studenti del corso, organizzato con il sostegno di aziende leader nel settore dei sistemi in legno. Il concorso è completato dall’allestimento all’interno dei locali della Facoltà di Architettura di una mostra con l’esposizione dei progetti degli studenti vincitori e segnalati dalla giuria (vedasi prossimo post-it). “All we find are conditions” afferma Matija Bevk di Bevk Perovic Arhitekti, Lubiana (SLO), nel suo contributo dal titolo “Some projects”, riferendosi al contesto progettuale con il quale deve confrontarsi l’architetto. I suoi edifici sorgono in Slovenia, paese ricco di vegetazione caratterizzato da una preponderante affermazione del verde e dei boschi rispetto al territorio antropizzato, aspetto che influenza profondamente il suo fare architettura; gli esempi proposti sono infatti il risultato della commistione tra condizioni, idea e materiali (“conditions/concept/material”) e sono proprio la forma e i materiali a rendere possibile il legame tra l’edificio e l’intorno, ovvero le condizioni. Al legno spetta il compito di definire il profilo degli elementi fondamentali, dal corpo principale di un fabbricato all’infisso, al quale è attribuito un ruolo particolare: esso evidenzia una cornice o un davanzale per rendere protagonista del prospetto la vetrata, non limitandola a “semplice” apertura verso il paesaggio. La cura del dettaglio, nell’uso dei colori e delle forme del legno conferisce al progetto un linguaggio originale. L’intervento di Walter Angonese di Caldaro si è articolato a partire dalle pluralità semantiche del legno quale materiale da costruzione: esso parla attraverso le proprie essenze, le complessità morfologiche che raggiunge e le strutture che da esso si possono ottenere. L’”ambiguità” del legno permette di esprimere una pluralità di emozioni, date dalle numerose essenze, che l’architetto utilizza nei i diversi livelli di comunicazione e che gli consentono di trasformarlo in un ricco materiale per i rivestimenti esterni e interni. Le architetture di Angonese non sono costruite esclusivamente attraverso strutture lignee, ma a questo materiale è lasciato il ruolo di espressione esterna e interfaccia con l’utente: in particolare, è negli interni che l’architetto gioca maggiormente con le essenze, alternando e mescolando i colori e le trame per realizzare arredi, elementi di protezione dal sole, rivestimenti di facciata. Attraverso lo studio dell’espressione materica del legno gli edifici si integrano nell’ambiente naturale, mantenendo al tempo stesso il linguaggio e le forme delle architetture contemporanee. Paola Boarin Sostenitore del convegno “Architetture al plurale”: promo_legno Aziende espositrici partner promo_legno: - Celenit SpA, Onara di Tombolo PD - Damiani - Holz & ko SpA, Bressanone BZ - Haas-Hoco Italia Srl, Ora BZ - Holzbau SpA, Bressanone BZ - Hundegger SE Srl, Egna BZ - Iavarone Industria Legnami SpA, Napoli NA - Rasom Wood Technology Srl, Pozza di Fassa TN - Riwega Srl, Egna BZ
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Service Legno Srl, Spresiano TV / Valfabbrica PG Sistem Costruzioni Srl, Solignano di Castelvetro MO Wood Beton SpA, Iseo BS
Altre aziende espositrici: - Arch Legno SpA, Ascoli Piceno AP - Bellotti SpA, Cermenate CO - Canducci Holzservice Srl, Pesaro PU - Habitat Legno SpA, Edolo BS - Holz Albertani SpA, Edolo BS - H2 Srl – Sudtirolhaus, Nova Ponente PZ - Martini Legnami Srl, Bagnocavallo RA - Moretti Interholz SpA, Erbusco BS - Rotho Blaas Srl, Cortaccia BZ
1 Intervento di Graziano Trippa, preside della FacoltĂ di Architettura di Ferrara. 2 Prof. Arch. Hermann Kaufmann. 3 Prof. Arch. Pietromaria Davoli. 4 Arch. Matija Bevk. 5 Arch. Walter Angonese. 6 - 7 Momenti di confronto tecnico con le aziende espositrici. (ph. enrico geminiani)
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1 Johannes and Hermann Kaufmann, complesso di edilizia residenziale sociale di 250 alloggi realizzato all’interno del “Programma per la Protezione Climatica della Città di Vienna”. Vienna, 2006. 2 Le facciate dei fabbricati presentano un rivestimento esterno in doghe non trattate, espressione della struttura in legno che caratterizza il concept progettuale. 3 Hermann Kaufmann, rifugio alpino a 2.400 s.l.m., Ginzling, 2007. Il progetto prevede un primo edificio ad uso estivo, parzialmente a sbalzo sulla vallata, e un secondo destinato a ospitare gli escursionisti in inverno. 4 L’edificio principale, caratterizzato da semplicità morfologica e tecnologie low-tech, è stato realizzato in 3 giorni attraverso 350 elementi prefabbricati in legno trasportati in loco con l’ausilio di un elicottero. 5 Hermann Kaufmann, sede amministrativa della Mayr Melnhof-Kaufmann, St. Georgen im Attergau, 2008. Si tratta di una costruzione economica e flessibile, realizzata con il legno di produzione aziendale. 6 Bevk Perovic Arhitekti, edifici di edilizia residenziale sociale, Lubiana, 2005. Gli alloggi si aprono al contesto protendendosi verso il paesaggio circostante attraverso profondi balconi. 7 Bevk Perovic Arhitekti, House SB, Lubiana, 2004. Il rapporto con la natura e con gli alberi adiacenti si traduce in un linguaggio materico dalla forte componente lignea superficiale. 8 Alla semplicità e linearità dell’infisso si unisce la scelta del legno come materiale per la realizzazione del telaio, usato per incorniciare il paesaggio e per enfatizzare il prospetto. 9 Bevk Perovic Arhitekti, House R, Bohinj, 2008. Il riferimento culturale del progetto è fortemente legato alla tradizione costruttiva locale, sia nella morfologia, sia nella scelta dei materiali. 10 Il è linguaggio architettonico che definisce le modalità di dialogo tra interno ed esterno, attraverso trame che costituiscono la rilettura in chiave contemporanea degli elementi appartenenti alla tradizione 11 Walter Angonese, sottopassaggio Carezza, Nova Levante, 2009. Il centro servizi prevede la costruzione di una rampa sotterranea di 42 m, per il raggiungimento di una piattaforma panoramica sul lago. 12 Laddove non sono stati utilizzati rivestimenti in legno, la presenza di questo materiale si manifesta sotto forma di tessitura materica superficiale sulle pareti in cemento. 13 Walter Angonese, punto vendita della Cantina Manincor, Calterno, 2004. Il piccolo fabbricato in cemento e legno si trova nelle immediate vicinanze della cantina ipogea, al limite del vigneto. 14 La scansione dei montanti esterni verticali della chiusura in legno richiama i filari delle vigne.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 123-126 - Valentina Modugno, Pietro Piella edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Kaufmann visita XfafX
Hermann Kaufmann visita Ferrara: davanti al Duomo (Ph. Pietro Piella)
Una delle occasioni più importanti nelle commemorazioni di questo primo ventennale della Facoltà di architettura di Ferrara - in linea con il formatconcept scientifico XfafX - è la possibilità di misurarsi in più dimensioni e a diverse scale con altre dinamiche di comunicazione e divulgazione. Il ruolo che la Facoltà di Architettura ha saputo trovare nella diffusione di questo Festival to design Today è appunto quello di gestione innovativa degli strumenti divulgativi interattivi, che sempre più spesso ci mettono in condizione di relazionarci con il contesto in tempo reale, facendone, per altro, un vero punto di forza come strumento di cambiamento per la condivisione dei contenuti in produzione. Ma per meglio capire e apprezzare queste dinamicità sovrapposte, a volte, è necessario, e spesso anche utile, fare un passo indietro e misurarsi con quelle realtà, sempre più rare, costituenti i rapporti personali. Rapporti personali che, la ridotta dimensione cittadina ed universitaria di Ferrara, ancora permettono di mantenere e di poterlo considerare come uno dei caratteri di riconoscibilità della Facoltà di Architettura, uno tra i punti di forza.Tra le varie opportunità, in occasione della lectio magistralis del Prof. Arch. Hermann Kaufmann, nell’ambito del convegno promosso da Promo_legno per il ventennale XfafX tenutosi il 13 maggio 2011 presso Palazzo Tassoni, si è avuta la
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possibilità di toccare con mano questo privilegio. L’occasione di permanenza a Ferrara dell’Arch. Hermann Kaufmann e dell’Arch. Matija Bevk, anch’egli ospite straniero del convegno Promo-legno “Architetture al plurale”– ha dato luogo alla possibilità di condivisione delle bellezze storico-artistiche e le specificità culturali della città di Ferrara. Per le modalità di presentazione la scelta è caduta su quella che è considerata la più classica tra le forme di fruizione della città, l’ecologicissima bicicletta, attributo di mobilità ormai indissolubilmente legato alla realtà estense. Gli incuriositi ospiti - accompagnati da Theo Zaffagnini - completamente a loro agio in una perfetta giornata di sole primaverile su percorsi illustrati da Valentina Modugno e Pietro Piella – due architetti ferraresi d.o.c. per origine e formazione – hanno goduto una serie di spazi e luoghi di rara bellezza urbana capaci di esprimere il carattere storico e artistico di Ferrara. Il tutto su due ruote istituzionali XfafX messe a disposizione dal partner storico Viabizzuno. Ad ogni pedalata un crescente interesse per l’itinerario, un vivo entusiasmo - talvolta senza fiato - per l’imprevedibile bellezza incontrata in un chiostro nascosto, piuttosto che in un gioco di luci sui rossi paramenti murari e sulle strutture lignee storiche della città medievale.Nel percorso cittadino sono stati visitati in successione il monastero di sant’Antonio in Polesine, la basilica di Santa Maria in Vado, Palazzo Schifanoia, proseguendo poi verso la chiesetta di san Girolamo e Casa di Stella dell’Assisino, via delle Scienze e via Terranova, sottolineando il passaggio del segno urbano dal castrum bizantino all’addizione rossettiana, proseguendo verso via Montebello. L’interesse progressivamente sempre più di dettaglio per l’architettura cittadina – unitamente a indicazioni talvolta informali sulla città – ha dato luogo ad approfondimenti e mediazioni linguistiche tra gli accompagnatori cittadini in lingua inglese e, per l’Arch. Kaufmann, in lingua tedesca, grazie anche alla preziosa collaborazione di Daniela Sonja Schroeder - studentessa di lingua madre tedesca della nostra facoltà. La visita su due ruote non ha tralasciato ovviamente le mura cittadine, passando attraverso via Vigne fino al cimitero ebraico. Mura di cui Kaufmann ha apprezzato gli orientamenti e le tecnologie costruttive, in particolare della Porta degli Angeli, detta Casa del boia, per poi rientrare attraverso corso Ercole I d’Este, quindi attraversando il Quadrivio rossettiano. La visita al Palazzo dei Diamanti ha rappresentato – grazie anche ad una apertura quasi esclusiva delle sale al gruppo istituzionale di accoglienza XfafX - l’evento forse più suggestivo. La visita alla pinacoteca, le tele e i polittici esposti degli artisti ferraresi e in genere rinascimentali, da Cosmè Tura ad Andrea Mantegna al Bastianino, ha stupito per ricchezza e fascino gli ospiti, che hanno poi apprezzato anche le vaste superfici lignee del soffitto del salone d’onore.Si è scoperto a questo punto che il termine “stanchezza” era temporaneamente intraducibile sia in tedesco che in inglese e sloveno: la richiesta infatti, sempre più discreta, ma indicativa del gradimento, corrispondeva al desiderio di vedere quanto
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più possibile prima della prevista ripartenza. Quindila Rotonda Foschinidel Teatro Comunale ed il Castello Estense, con una rapida degustazione delle tipicità gastronomiche dei panificatori ferraresi; infine il Duomo e la piazza delle Erbe con le antiche botteghe. Al termine una sosta di ristoro, dove gli argomenti di forte interesse e l’attualità sono stati affrontati superando le diversità linguistiche, riconoscendo nella matrice culturale comune un collante, che riesce sempre ad avvicinare, anche partendo da punti di vista diversi. Il ruolo sociale dell’architetto nella storia e nell’attualità, il concetto di qualità urbana e di modernità i temi affrontati.Una vera lezione open air, un proseguimento, non scontato, di contenuti d’interesse comune emersi il giorno prima nella videointervista all’Arch. Hermann Kaufmann realizzata negli spazi di palazzo Tassoni da Theo Zaffagnini per XfafX.
Hermann Kaufmann visita Ferrara: Davanti a Palazzo dei Diamanti con Theo Zaffagnini (Ph. Pietro Piella)
Una occasione unica ed ulteriore per farci conoscere ed apprezzare è stata compiuta. Un momento di memoria per i nostri ospiti? Un motivo per ritornare presto, magari per percorsi comuni di ricerca e per
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condividere conoscenze con la nostra scuola? Semplicemente la prima attuazione del concept XfafX , uno stretto legame tra scienza, ricerca e territorio, tra Facoltà e Città, un vero ed attuale Festival to design Today. Valentina Modugno, Pietro Piella
1 Davanti a Santa Maria in Vado (Ph. Pietro Piella) 2 Per la città (Ph. Pietro Piella) 3 Vicino alla Porta degli Angeli (Ph. Pietro Piella) 4 Suggestioni Bassaniane (Ph. Pietro Piella) 5 Hermann Kaufmann visita Ferrara: pedalando in città (Ph. Pietro Piella) 6 Nella Pinacoteca in Palazzo dei Diamanti (ph. Valentina Modugno) 7 Illustrazione dell'itinerario cittadino (Ph. Pietro Piella)
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 127-129 - Theo Zaffagnini edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Hermann Kaufmann
Dalla carpenteria di famiglia alla ribalta internazionale: le origini familiari, la "genetica" del legno, la formazione culturale a Vienna, i Maestri e l'attività professionale nel Voralrberg.
Sapiente interprete della poetica del legno in architettura, Hermann Kaufmann (1955), architetto austriaco, si fa conoscere in tutto il mondo grazie ad architetture sostenibili, essenziali e ad alta efficienza energetica. Sperimentatore curioso, fa sistematicamente emergere dalle sue opere due fondamenti mai elusi: purezza volumetrica e utilizzo della minima complessità necessaria al fine. Appassionatosi all’architettura grazie a Leopold Kaufmann - zio e uno dei maggiori e più illuminati imprenditori del legno del Vorarlberg - studia prima alla Technishen Universität di Innsbruck poi alla Technishen Universität di Vienna.
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Quando l'architettura è manifesto del pensiero progettuale etico, di un artigiano del legno che lavora per la collettività e il suo territorio: il Gemeindezentrum di Ludesch (AUT).
Qui l’incontro con il Prof. Ernst Hiesmayr, uno dei migliori interpreti del modernismo post-bellico austriaco, ne perfeziona metodologicamente l’approccio progettuale. Nel 1983 la scelta di associarsi con l’ing. Christian Lenz e di aprire con lui uno studio. Oggi, a distanza di quasi un trentennio, l’Architekturbüro a Schwarzach è ancora il centro dell’universo Kaufmann; il Vorarlberg prima, l’Europa poi, gli scenari d’azione. Già Visiting Professor alla T.U. di Graz e all’University of Ljubljana (SLO) , dal 2002 è docente di Costruzioni in legno e oggi vice-Preside, alla Technishen Universität München (GER). La sua ricca produzione architettonica spazia dall’edilizia residenziale monofamiliare al social housing, dall’edilizia scolastica e per la collettività a quella industriale.
Le motivazioni del premio "Spirit of Nature Wood Award 2010", il libro "Hermann Kaufmann WOOD WORKS", la verifica della qualità del progetto e dell'abitare secondo Hermann Kaufmann.
Tra le opere citiamo: l’industria Kaufmann Holz-AG complesso residenziale Wohnanlage Ölzbündt a ponte ciclabile Fahrradbrücke a Gaißau (1999), Schwarzach (1999) con Christian Lenz, Casa Fuchs
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a Reuthe (1992), Il Dornbirn (1997), il l’Architekturbüro a a Bregenz (2001), il
complesso residenziale Mühlweg a Vienna (2006) con Johannes Kaufmann Architects, Il Gemeindezentrum di Ludesh (2005), il rifugio Olpererhütte (2007) e la nuova sede dell’industria Sohm (2009). Vincitore di moltissimi concorsi e premi, nazionali ed internazionali, segnaliamo lo Spirit of Nature Wood Architecture Award (Helsinki, 2010), Staatpreis Architecture_Industrie und Gewerbe (2010), Global Award for Sustainable Architecture (2007), oltre ai numerosi Best Architects Award e Holzbaupreis Voralberg. Theo Zaffagnini
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 130-134 - Chiara Testoni edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it1
post-it journal Francisco Mangado. Biografia e opere
Padiglione Spagnolo, Expo Saragozza
«L’architettura più che mai esige un tempo di riflessione che si traduce in “densità”, in “intensità” del progetto. Contro un’approssimazione superficiale e “calligrafica”, la ricerca concreta e specifica relativamente D ogni elemento dell’architettura risulta essere l’unico antidoto» Francisco Mangado Francisco Mangado (Navarra, Spagna 1957), laureato in architettura presso l’Università della Navarra nel 1982, è una figura di intellettuale “a
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tutto tondo” che spazia con disinvoltura dall’intensa attività professionale svolta dallo studio di Pamplona a un appassionato lavoro di ricerca in ambito teorico e accademico. Tra le opere realizzate di maggiore rilievo si ricordano il Centro Equestre (Ultzama, Spagna), il Centro di Esposizioni e Congressi (Avila, Spagna), il Museo Archeologico (Vitoria, Spagna), il Padiglione Spagnolo per l’Expo di Saragozza del 2008, gli Uffici per Gamesa Eòlica (Sarriguren, Spagna), il Centro di Nuove Tecnologie (Santiago de Compostela, Spagna), il Baluarte Football Stadium (Palencia, Spagna), il Centro di Ricerche Tecnologiche CEIT (San Sebastiàn, Spagna), gli Uffici per l’Università della Navarra (Pamplona, Spagna), il Centro Congressi e Auditorium della Navarra (Pamplona, Spagna). Il suo lavoro ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il premio Saloni de Arquitectura 2007 per lo stadio di Palencia, il 7°ASCER Ceramic Architecture Awards per il padiglione spagnolo all’Expo di Saragozza, il Copper in Architecture Award of the European Copper Institute in London per il museo Archeologico di Vitoria, il Premio FAD 2004 per il Palazzo dei Congressi ed Esposizioni di Pamplona. È stato guest professor all’università di Harvard e visiting professor all’Università di Yale. Attualmente insegna stabilmente presso l’università della Navarra e, come visiting professor, presso la Scuola Politecnica Federale di Losanna. Nel 2008 ha dato vita alla Fundación Arquitectura y Sociedad che si occupa di diffondere la cultura architettonica attraverso reciproche interazioni con altri ambiti disciplinari. Chiara Testoni
Regesto selezionato delle opere Progetti realizzati 2008_Centro ippico Ultzama, Navarra (E) 2009_Centro Esposizioni e congressi di Ávila (E) 2009_Museo di Archeologia di Álava, Vitoria (E) 2010_Piscina Universitaria a Ourense (E) 2009_Negozio Idenor, Pamplona (E) 2008_Padiglione spagnolo all’Expo Saragozza (E) 2010_Uffici per Gamesa Eólica, Sarriguren (E) 2007_Centro di Nuove Tecnologie, Santiago (E) 2006_Caffeteria di Baluarte (E) 2006_Stadio di calcio, Palencia (E) 2002_Avenida Felipe II - Piazza Dalí, Madrid (E) 2003_Piazza Pey-Berland, Bourdeaux (F) 2006_Centro di Ricerche Tecnoogiche CEIT, San Sebastian (E) 2003_Uffici per l’Università di Navarra (E) 2003_Palazzo dei Congressi e Auditorium di Navarra (E) 2003_Ristorante “La Manduca de Azagra”, Madrid (E)
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2003_Casa “Mikaela” a Gorraiz, Pamplona (E) 1998-2006_113 Abitazioni a Mendillorri, Pamplona (E) 2001_Prototipo di Piscina, La Coruña (E) 1996_Centro di Salute di San Juan, Pamplona (E) 1995_Club sportivo a Zuasti, Navarra (E) 1999_Abitazioni VPO, Cizur Mayor, Navarra (E) 1997_Stabilimento Industriale per Gamesa Eólica, Pamplona (E) 1994_Piazza de los Fueros de Estella, Navarra (E) 1991_Bodegas Marco Real, Olite, Navarra (E) Progetti in corso Abitazioni VPO, Valdebebas (E) Torre aPuerto Madero. Buenos Aires (RA) Complesso abitativo. Ciba III (E) Torre di abitazioni “San Lázaro” (E) 67 Abitazioni VPO. Santa Coloma de Gramanet (E) Torre in Piazza Europa. L’Hospitalet de Llobregat (E) Centro Congressi e Esposizioni di Zamora (E) Museo di Belle Arti delle Asturie (E) Palazzo di COngressi e Hotel, Palma de Mallorca (E) Abitazioni a Lleida (E) 219 Abitazioni sociali Vitoria (E) Auditorio di Teulada, Teulada-Moraira, Alicante (E) Uffici per FCC a Las Tablas, Madrid (E) Auditorium e Centro Congressi, Palencia (E) Monastero e Centro Assitenziale, Goa (IND) Centro Turistico a Baronía de Escriche, Teruel (E) Bibliografia essenziale Francisco Mangado, Ultzama, Fotografía Juan Rodríguez, ed. Labirinto de Paixóns, La Coruña, 2010. Francisco Mangado, Centro Municipal de Exposiciones y Congresos de Ávila Ed. Jofebar, Matosinhos (Portogallo), 2009. Luis Fernández-Galiano, Francisco Mangado 1999-2009, Monografías 133, ed. Arquitectura Viva, 2009. Francisco Mangado 2+2, ed. Caleidoscopio, Lisbona, 2007. Francisco Mangado. Arquitectura 1998-2006. TC Cuadernos (Tribuna de la Construcción), Serie Dedalo. ed. Ediciones Generales de la Construcción, Valencia, 2006. Plaza Dalí, Madrid. Francisco Mangado, Francesc Torres, Editorial Gustavo Gili, Barcellona, 2005. Francisco Mangado. Obras y proyectos Editorial Gustavo Gili, Barcelona, 2005 (edizione spagnola di Opere e progetti. Francisco Mangado). Opere e progetti. Francisco Mangado, Mondadori Electa, Milano, 2005. Francisco Mangado: Baluarte, Palacio de Congresos y Auditorio de Navarra, Editorial Caleidoscopio, Casal de Cambra (Portogallo), 2004.
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Francisco Mangado: habitación y vivienda, Documentos de Arquitectura, n.º 39, Colegio de Arquitectos de Almería, settembre 1998. Francisco Mangado, Editorial Gustavo Gili, Barcellona, 1994. Indirizzo Francisco Mangado Vuelta del Castillo, 5 Ático E-31007 Pamplona (Navarra) www.fmangado.com
PROMOTORI Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara CONCEPT XFAFX Relazioni esterne e Comunicazione FAF Laboratorio MD Material Design SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno PATROCINI E COLLABORAZIONI Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna Provincia di Ferrara Comune di Ferrara ADI / SITdA / CNA Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona
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PARTNER Fassa Bortolo Libria Nardi Sannini CONTATTI ufficiostampafaf@unife.it www.materialdesign.it
1 - 2 Padiglione Spagnolo, Expo Saragozza 3 - 4 Centro congressi e spazio espositivo a Avila 5 - 6 Piscina universitaria a Ourense 7 Museo di archeologia di Alava
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 135-140 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
Francisco Mangado. Architettura con la mano sinistra
Francisco Mangado ti accoglie in un modo che ti fa sentire subito a casa. Anche se l'ospite è lui, anche se è il suo il nome sui poster che annunciano la seconda Lectio internazionale del ventennale di facoltà (XfafX). Anche se le sue architetture — oltre al mestiere di docente che lo ha portato ad insegnare sia ad Harvard sia a Yale — sono pubblicate sulle maggiori riviste internazionali, lui resta un uomo di una disponibilità squisita. Osserva e commenta le pitture murali della Sala della presidenza di Palazzo Tassoni mentre esibisce con orgoglio l’ultima applicazione per Ipad, realizzata con il supporto della Fundación Arquitectura y Sociedad da lui creata nel 2008: un percorso interattivo all’interno della sua ultima mostra antologica a Madrid. Francisco Mangado non è un ospite che si presenta ad un evento con superficialità: ama prepararsi per tempo e sapere chi ha intorno, cosa sta facendo e perché. Ama parlare della Fundación che in Spagna sta permettendo a professionisti provenienti da diverse discipline di trovare finalmente un punto d’incontro interdisciplinare che aiuti l’evoluzione dell’architettura posta a dialogare e a confrontarsi con i difficili temi urbani del nostro presente. Ma a Francisco Mangado piace anche parlare di cucina, di tradizioni, di università e di libri con l’energia positiva che lo contraddistingue, tutto con la stessa disponibilità all’ascolto e allo scambio.
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Lo s’intuisce subito ascoltando l’intervista che il professore Gabriele Lelli ha strutturato intorno a quattro temi fondamentali: contesto, tecnologia, materia, società. Quattro parole chiave che perfettamente sintetizzano il lavoro di Mangado e di cui l’architetto parla in modo preciso. Ancora prima dell’inizio della sua Lectio ci anticipa in questo intenso dialogo con Lelli alcuni pensieri sulla disciplina. La sua visione di “contesto culturale” ad esempio, uno degli elementi cardine dei progetti che fino ad oggi ha realizzato; in un contesto che “non è solo fisico e non si ottiene semplicemente copiando mimeticamente il paesaggio perché la continuità, come forma di comprensione delle necessità dell’uomo nella storia, richiede anche una rottura affinché il fare non sia solo una imitazione. Continuità non significa imitazione perché anche la storia non e un meccanismo d'imitazione ma cambia continuamente”. Francisco Mangado è un uomo che ama esprimersi con immagini semplici e poetiche, come quando Gabriele Lelli gli chiede del suo rapporto con la materia: “Come la usi tra continuità e sperimentazione?”. Su questo argomento ci offre alcune preziose considerazioni dicendo che “i materiali in architettura sono un grande archivio di idee e di possibilità. Usare i materiali significa capire come materializzare il progetto. Non solo nuovi materiali ma anche materiali tradizionali hanno tutti una cosa in comune: sono strade che permettono all’architetto di trovare soluzioni per il suo lavoro. Ricordiamoci sempre che non esistono cattivi materiali: ci sono solo cattivi architetti”. E questi sono i temi centrali anche nel suo magistero d’insegnamento che oggi si concentra nella sua terra natia, a Pamplona, e nell’elegante città di Losanna, dove insegna all’École Polytechnique Fédérale, uno degli istituti più prestigiosi d’Europa. Avvicinare la società civile all'architettura è per Mangado un obiettivo fondamentale da perseguire ma anche da trasmettere agli studenti perché “dopo trent'anni di docenza ho capito che l'aspetto più importante del nostro lavoro è servire la società e questo infatti è anche lo scopo della Fundaciòn di cui solo cinque membri sono architetti mentre gli altri vengono dal mondo della politica, dalla sociologia, dall'arte. Tutti devono capire che cosa significa architettura e il problema della comunicazione, della comprensione deve partire proprio dagli architetti. Sono loro, siamo noi, a doverci spiegare meglio a comunicare il senso del nostro lavoro perché tutti, ma proprio tutti possono capirlo”.
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Parole, queste, riprese anche in apertura di conferenza dopo che Gabriele Lelli, chiamato a introdurlo, ricorda come “la polifonia di elementi compositivi che Mangado ha messo in campo fin dai primi progetti è specchio di una personalità capace di trarre ispirazione da ogni situazione del reale come dimostrano alcune sue note biografiche: nato a Pamplona ha saputo trarre profitto e arricchirsi visivamente dalla provincia spagnola”. La provincia che per molti è un limite, ricorda Lelli, per Mangado è diventata un'opportunità, una via di comprensione del reale come si evince osservando i suoi più noti edifici spagnoli ma anche leggendo la conformazione degli spazi pubblici da lui progettati. Lo stesso processo si coglie nelle grandi infrastrutture urbane come lo stadio di Palencia o nel padiglione di Saragozza in cui la materia non è prodotto preconfezionato, chiuso e univoco, ma occasione di scoperta, d'innamoramento. La sua Lectio è dedicata agli studenti “perché fare architettura è strettamente connesso con il mestiere d'insegnante. La pratica architettura non è facile come ce la presentano riviste e media; ‘fare architettura con la mano sinistra’ significa capire le difficoltà di questo mestiere. Le nuove generazioni devono rendersi conto di un pericolo insito nella disciplina perché siamo noi architetti ad aver confuso l'architettura con l'oggetto architettonico dimenticando la funzione sociale del nostro mestiere”. E per chiarire meglio quest’affermazione descrive cinque “edifici simbolo” del suo percorso di ricerca. Il Centro per esposizioni di Àvila situato in un nucleo storico importante e compatto, caratterizzato dalla presenza delle mura ha portato Mangado a porsi la domanda: “come relazionarmi alla complessità dello spazio così altamente compatto? Ho dunque deciso di manipolare la topografia, di creare un nuovo brano di paesaggio”. Esperienza simile nel Museo Archeologico di Alava Vitoria che presentava dal punto di vista politico un caso molto delicato visto che “in questa zona ci sono i terroristi dell'ETA, immigrati dell'Africa e l’amministrazione pubblica mi ha proposto di costruire la più importante istituzione che sia in grado fisicamente e simbolicamente di testimoniare eguaglianza tra i diversi gruppi sociali o, per dirla più chiaramente, la non superiorità basca. Allora mi sono chiesto: che cos'è un museo archeologico? Per me è qualcosa di intimo che mostra piccoli pezzi che svelano e spiegano centinaia di migliaia di anni di storia. Ed è per questo che ho pensato di ricostruire i pezzi. Tutto è fatto di bronzo e legno e le facciate sono molto grosse perché questo è un luogo del tempo”.
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Del padiglione spagnolo all’Expo di Saragozza ci rivela che “all'inizio non volevo accettare l’incarico perché pensavo fosse uno spreco di tempo e di soldi fare cose effimere, strutture che poi non restano. Poi c’era un altro problema perché mi si chiedeva di pensare all'acqua e questo dal mio punto di vista è un tema estremamente rischioso in un paese come la Spagna! D’altro canto m'infastidiva partecipare alla creazione di uno “stile sostenibile”, una sorta di "Environmental Style" ma alla fine l'idea di dimostrare come gli spagnoli con poco riescono a negoziare qualunque situazione mi tentò. Così è nata una foresta fantastica. La mostra doveva svolgersi nelle teche in mezzo al bosco. Una foresta di alberi, metallo e copertura di terracotta”. Dell’Auditorium a Teulada ci rivela che è un progetto iniziato molti anni or sono in cui l’elemento più importante riguarda la condizione orografica. In questo edificio infatti viene perseguita una relazione non fisica ma concettuale tra costruito e territorio. La luce del mediterraneo è prepotentemente forte, preponderante, tanto che Mangado ha dovuto comprendere come garantire anche in estate l’utilizzo dell'edificio costruito in cemento. Un luogo compatto, denso e metafisico, che rivela magistralmente il riuscito rapporto tra tecnologia e tradizione.Mangado chiude la carrellata di progetti con un’opera a lui cara affettivamente – la figlia è campionessa di equitazione – che dimostra la sua grande versatilità d’architetto: il Centro ippico di Ultzama dal disegno rigoroso e semplicissimo che definisce, come il gesto simbolico di un bambino, la relazione culturale e sentimentale con questo territorio, con la sua terra. Uno spazio che evoca la lezione dei maestri del modernismo europeo e ricorda come anche gli spazi più complessi possano essere raccontati visivamente attraverso un’assoluta semplicità. Perché per Francisco Mangado anche la mano sinistra sa disegnare opere assolutamente poetiche. Elisa Poli
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1 - 7 Exhibition and congress center. Avila 8 - 11 Archeology museum of Avala. Vitoria
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1 - 2 Swimming pools for the university of Vigo. Orense 3 - 5 New technologies training center. Santiago de Compostela 6 - 9 La Balastera. Soccer stadium. Palencia 10 - 11 Gamesa eolica 12 - 13 Elite equstrian center. Ultzama 14 - 15 Spanish pavilion Zaragoza
1 - 5 Auditorium of Teulada 6 - 9 Baluarte. Auditorium and congress center of Navarre
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 141 - Gabriele Lelli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Francisco Mangado
Gabriele Lelli intervista Francisco Mangado presso Palazzo Tassoni Estense in occasione della Lectio Magistralis XfafX svoltasi il 7 giugno 2011.
«L’architettura più che mai esige un tempo di riflessione che si traduce in “densità”, in “intensità” del progetto. Contro un’approssimazione superficiale e “calligrafica”, la ricerca concreta e specifica relativamente a ogni elemento dell’architettura risulta essere l’unico antidoto». Francisco Mangado
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 142-143 - Chiara Testoni edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Max Dudler. Biografia e opere
Nasce ad Alterhein in Svizzera nel 1949 e si forma presso la Städel Schule di Francoforte con Günter Bock e all’Accademia di Belle Arti di Berlino con Ludwig Leo. Dal 1981 al 1986 ha lavorato come architetto nello studio professionale di Oswald Mathias Ungers, partecipando ai progetti Messehaus 9, la galleria e la torre sul Gleisdreieck per la fiera di Francoforte a Francoforte sul Meno. Nel 1986 avvia l’attività di uno studio professionale a Francoforte, insieme a Karl Dudler e Pete Welbergen; nel 1992 apre lo studio di Berlino (la sede principale con 60 persone impegnate), a Zurigo e a Francoforte sul Meno. In vent’anni l’attività dello studio si è estesa in contesti diversificati, dalla progettazione urbanistica alle riconversioni, dagli interventi di tutela dei monumenti ai progetti di arredamento. Il suo lavoro di progettazione architettonica si alterna con l’impegno nell’insegnamento in varie università europee. Si ricordano, in particolare le cattedre ad invito nella Facoltà di Architettura IUAV di Venezia (19981990) e nella Facoltà di Architettura “Aldo Rossi” di Cesena (2005-2006). Max Dudler è docente alla Sommerakademie für Architektur di Mantova nel 1990 e dal 1993 al 1995 a Napoli. Dal 2004 è professore alla Kunstakademie di Düsseldorf, presso il dipartimento di Baukunst.
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Tra i suoi progetti più rilevanti troviamo: lo Schwarzes Café a Francoforte sul Meno, la Sottostazione di trasformazione BEWAG, le Torri per uffici e spazi commerciali antistanti alla Stazione Nord a Mannheim, la Scuola elementare e istituto scolastico omnicomprensivo e il Ministero Federale dei Trasporti, delle Infrastrutture e dello Sviluppo Urbano a Berlino, l’Hotel 65 a Mainz, la Sede centrale europea IBM a Zurigo, la Biblioteca diocesana a Münster, il Complesso di edifici a torre in Ulmenstraße a Francoforte sul Meno. lo “Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum” a Berlino, il Castello di Hambach a Neustadt an der Weinstraße, il Sihlpost a Zurigo, il Nuovo centro visitatori del Castello di Heidelberg e il Nuovo Centro civico a Reutlingen. Molte sue opere sono state insignite da premi e menzioni. Lo Jacob-undWilhelm-Grimm-Zentrum a Berlino ha conseguito nel 2010 il BDA Preis Grosse Nike e inoltre il “Deutsch Natursteinpreis, Deutscher naturwerkstein-Verband E.V.
1 - 3 Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum, biblioteca universitaria centrale della Humboldt-Universität, Berlino, 2004-2009. Foto di Stefan Muller 4 - 5 Biblioteca diocesana ed edifici amministrativi 6 Hotel Quartier 65, Mainz (D), 1997-2001. Foto di Ivan Nemec 7 - 8 Castello di Hambach, Neustadt an der Weinstrae (D), 2004- 2011. Foto di Stefan Muller
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 144-147 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Max Dudler. Il potere del vuoto
Biblioteca "Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum", Berlino
È ricominciata la stagione delle grandi conferenze per il ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara con una lectio magistralis di Max Dudler confermando, come sottolinea il professor Daniele Pini chiamato a presentare l'ospite, la centralità in ambito ferrarese del tema architettonico perseguito non solo sul piano didattico ma anche come vero e proprio patrimonio sociale. Indice ne sono le Lauree Honoris Causa a protagonisti della scena internazionale come Peter Zumthor e Santiago Calatrava. Daniele Pini nel suo intervento punta l'attenzione sul tema del progetto che, visto a 360°, è l'unico strumento capace di portare le generazioni future fuori dalla crisi a cui il presente ci ha abituato. È in questo quadro che l'opera di Max Dudler si pone come elemento vitale del rinnovamento grazie ad un approccio che si basa sul lavoro spaziale inteso come costruzione del luogo - sia come forma sia come parte del sistema-cultura. La riconoscibilità di un'architettura è infatti segno di appartenenza a un contesto sociale e culturale e nell’opera di Dudler questo elemento riconduce alla questione della responsabilità dell'architetto “perché è nei confronti della società che il progettista opera e costruisce una vera e propria dimensione etica e politica”.
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Andrea Rinaldi prosegue con una importante presentazione critica affrontando i temi riguardanti il rapporto tra Dudler e Ferrara “accomunati dalla costante ricerca di un progetto che vada oltre le mode”. Il principio compositivo delle opere del noto architetto consiste infatti “nell'esaltare la qualità delle cose all'interno della città senza diventare segno invasivo ma puntando sul sistema della ripetizione come qualità percettiva”. A questo primo fattore si aggiunge il secondo principio caratteristico del progettista tedesco che è quello dell'esattezza unita ad una dimensione artistica dell'architettura “vista come insieme sapiente di materiali e proporzioni che conduce ad un sistema ordinato ed equilibrato”. Dudler ricorda nel suo brillante intervento che ogni giorno, qui in Italia, quando ciascuno di noi varca la soglia di uno dei tanti palazzi storici che popolano i centri delle principali città, compie esattamente quello che lui cerca di ottenere con l’architettura: tenere vivo nel presente il valore e la bellezza della storia. Il tema dello sviluppo della città europea “non è necessariamente legato all'estensione e alla decentralizzazione ma piuttosto al recupero dei valori storici attraverso lo spazio pubblico e tramite la riconquista identitaria di ambienti che già appartengono alla città”. Le opere che mostra sono in fase realizzativa o già realizzate come la Konzerthalle a Reutlingen, una città che per dimensioni somiglia a Ferrara, in cui lo sviluppo del progetto presenta chiari riferimenti ad altri auditorium come quello di Vienna o Monaco sia per la scelta dell'acustica sia per l’utilizzo del pregiato legno di ciliegio che implementa le qualità sonore dello spazio. Un esempio simile si trova a Zurigo: un quartiere adiacente alla stazione centrale in cui il tema progettuale è legato al modo di rapportarsi con gli elementi tipici delle città storiche del rinascimento fiorentino. In questo caso l’obiettivo era quello di non creare una rottura con il linguaggio della città esistente sviluppando le funzioni del luogo per ridefinirne l’urbanità. Per questo motivo ogni edificio entra in perfetta sintonia con il contesto e soprattutto con lo spazio pubblico. L’area centrale è infatti occupata dalla facoltà di Psicologia mentre sotto la piazza è stato creato uno dei più grandi centri commerciali della Svizzera. Sempre a Zurigo, nella periferia della città, Dudler ha immaginato un’architettura verticale ispirata al Rockfeller Center di Raymond Hood in cui diverse torri vengono messe in relazione per definire lo spazio pubblico centrale simile ad una piazza, grazie all’utilizzo di un unico materiale e di un unico formato per le finestre. Torri di diverse dimensioni che collegate riescono a produrre una famiglia semantica, costituendo una propria identità: “la ripetizione del modulo produce e definisce lo spazio che viene poi usato dai fruitori”. Il principio di durevolezza dell'architettura che per Dudler è elemento fondamentale della tettonica appartiene come fattore costituzionale alla storia della città europea. Così come nel Rinascimento “anche Schinkel ha formato un nuovo vocabolario e in questo modo la mia architettura cerca di riprendere i principi di continuità che sempre hanno ordinato le
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città tedesche”. Connessa alla durevolezza si legge anche la ricerca dell'esattezza, la volontà che Dudler esprime nel concepire opere semplici, razionali e cariche di equilibrio. Precisa infatti, in chiusura dell’incontro “preferirei parlare non tanto di esattezza, che è comunque un concetto per me basilare, quanto di riduzione. Perché è nello studio dei dettagli, nel loro principio di riduzione appunto che il progettista può scegliere gli elementi capaci di dare senso alla sua architettura creando nuovi spazi per la città. L'architettura oggi non è più sovrana e rumorosa ma costituisce un elemento indispensabile alla vita dalle persone e questa che io chiamo ‘riduzione’ è la misura che offre all'architettura la forza di modificarsi e rendersi vivibile per l’uomo”. Elisa Poli
1 - 4 Centro residenziale e commerciale Ro-sen-gar-ten a Arbon, Svizzera 5 - 9 Hochhausensemble Ulmenstrasse, Francoforte sul Meno, Germania 10 - 12 Sala concerti a Reutlingen, Germania
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1 - 3 Biblioteca "Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum", Berlino 4 - 9 Hochhausensemble HagenholzstraĂ&#x;e a Zurigo
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 148 - Andrea Rinaldi edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista Max Dudler
Andrea Rinaldi intervista Max Dudler presso Palazzo Tassoni Estense in occasione della Lectio Magistralis XfafX svoltasi il 22 settembre 2011. "Il fattore cruciale del progetto è a questo punto l'uso di elementi semplici e chiaramente riconoscibili: le parti individuali sono sviluppate tipologicamente con certezza e utilizzate in tale maniera che l'organizzazione interna e l'apparenza esterna siano mutuamente condizionate. Niente è ingiustificato, nulla nascosto. [...] La stessa cosa deve essere fatta per i materiali. Solo pochi di questi si combinano tra di loro e devono essere usati certamente in un solo modo. Il materiale del corpo architettonico rimane "puro", ciò significa che non è trattato artificiosamente per raggiungere un effetto decorativo. Anzi, si deve presentare senza false apparenze, abilmente lavorato alla perfezione quale parte del tutto. Pietra, vetro o facciate d'acciaio non sono espressione di un dogma architettonico, ma piuttosto materiali che derivano esclusivamente dalla loro collocazione. Dopo tutto i materiali usati possono caratterizzare non solo l'immagine di un edificio, ma anche la sua presenza sensuale nel luogo. [...] Essenzialità e serenità sono ciò che fondano l'identità dell'edificio e gli permettono di apparire concreto e presente nelle trasformazioni urbane". Max Dudler
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 149-150 - Davide Turrini edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Snøhetta Architect. Biografia e opere
Lo studio Snøhetta è stato fondato ad Oslo nel 1989 da Craig Dykers e Kjetil Thorsen; oggi conta uno staff di oltre cento persone, provenienti da diciassette paesi e distribuite in due sedi, nella capitale norvegese e a New York. L’attività di Snøhetta è basata su di un approccio interdisciplinare e sperimentale, e su di una filosofia democratica che anima interventi articolati e multiscalari, nei settori dell’architettura, del progetto paesaggistico e dell’interior design. Importanti architetture in pietra, quali la Biblioteca di Alessandria d’Egitto (2002) e la Oslo Opera House (2008), hanno valso allo studio il riconoscimento della critica internazionale. L’opera della firma norvegese si esplica in numerose tipologie d’intervento: edifici per la cultura e la formazione, architetture per uffici e istituzioni, spazi pubblici, strutture ricettive e commerciali, architetture temporanee. Particolarmente significativa è l’attività di progettazione museale che lo studio ha compiuto con continuità dai primi anni ’90 del secolo scorso; in proposito si ricordano l’Art Museum a Lillehammer (1994), il Museo della Pesca a Karmøy (1998), il Petter Dass Museum ad Alstahaug (2007). I principali progetti in corso di realizzazione sono il Memorial dell’11 Settembre e la Snøhetta Architects riqualificazione urbana attorno a Times Squarea New York;
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la Hunt Library a Raleigh; il King Abdulaziz Center for Knowledge and Culture a Dhahran; il Ras Al Khaimah Gateway Project; l’ampliamento del Museo di Arte Moderna a San Francisco. Snøhetta è l’unico studio ad aver vinto per due volte il World Architecture Award for the Best Cultural Building: nel 2002 per la Biblioteca di Alessandria e nel 2008 per la Oslo Opera House. Nel 2004, inoltre, lo studio ha ricevuto l’Aga Khan Award for Architecture e nel 2009 il premio Mies van der Rohe.
1 Oslo Opera House 2 - 3 Oslo Opera House 4 - 5 Bblioteca di Alessandria 6 Sedia per la biblioteca di Alessandria 7 Centro culturale di Sandvika 8 Museo della pesca a Karmøy
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 151-155 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it1
post-it journal Lectio magistralis. Bagliori nordici
Lectio magistralis di Kjetil Trædal Thorsen
Tutti abbiamo in mente quell’immagine: un prisma di vetro, pietra lunare e acciaio che come un grande veliero si riflette silenzioso e placido nelle fredde acque nordiche. La New Norwegian Opera and Ballet ha sicuramente portato agli onori della cronaca architettonica il raffinato studio norvegese Snøhetta facendolo balzare d’un colpo solo dalla condizione di solida realtà nazionale a quella ben più appariscente di venerata archistar. Certo Davide Turrini - che ha introdotto in occasione degli eventi XfafX Kjetil Trædal Thorsen - lo studio di Oslo lo conosce bene, da tempo, e in modo molto approfondito. La sua lettura di questa eccezionale realtà norvegese è lirica e puntuale e mette in evidenza alcuni nessi che tentiamo di ripercorrere. Ma partiamo dall’inizio. Kjetil Trædal Thorsen è invitato per raccontare alla Facoltà di architettura di Ferrara, in occasione del suo ventennale, il funzionamento di una macchina sofisticata e complessa come lo studio Snøhetta attraverso l’analisi di alcune opere emblematiche. Introdotto da Alfonso Acocella il quale ricorda come nell'ambito del festival To Design Today la funzione degli innovatori è centrale e ragiona intorno alla necessità di questi protagonisti grazie ai quali “si è costruito un progetto istituzionale che colga gli stimoli della contemporaneità non soltanto per gli studenti ma anche per tutti gli interlocutori di questa importante occasione che si dipana nel corso dell'anno”. Davide Turrini inizia invece la sua
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presentazione critica con una citazione ispirata dalla cultura nordica, La Montagna Incantata di Thomas Mann, descrivendo Snøhetta come "una delle più grandi montagne norvegesi". E il paragone non è azzardato visto che il nome dello studio, in norvegese, rimanda proprio ad una famosa montagna. Infatti quello descritto da Kjetil Trædal Thorsen è un viaggio attraverso gli elementi che lo studio Snøhetta “sembra dominare come un Novello Mosé” e che riguardano la riscrittura del paesaggio, il rapporto tra forma architettonica e qualità degli interni, utilizzo dei materiali e sostenibilità. Tematiche ampie su cui molti valenti progettisti sono scivolati più volte ma che questa radicata firm di Oslo sembra saper gestire con maestria. Più che studio, nel caso di Snøhetta, occorre parlare di uffici perché ormai, dopo la vittoria del concorso per il Memorial Museum Pavillion di New York, lo studio associato ha sdoppiato la propria attività tra la capitale norvegese e la grande mela. E questa qualità internazionale aperta a diversi campi d’interesse si percepisce fin da subito entrando in una delle due sedi. “Il nostro modo di lavorare – spiega Thorsen – richiede una nuova maniera di vivere e di gestire gli spazi comuni proprio per la nostra provenienza da diversi campi del sapere. La cosa importante infatti è la capacità di cambiare posizione e saper transitare da un campo all'altro in modo fluido e proficuo”. Lo studio di Oslo si divide in quattro parti: il tavolo per i pasti, la macchina del caffè, l'auditorio e la macchina a controllo numerico e tutto il lavoro è basato su di una comunicazione informale in cui il modo di trasmissione del sapere da una persona all'altra avviene in modo libero, alimentato da momenti di esperienza comune come escursioni, passeggiate e momenti di vita immersi nella natura che però è ormai interamente connessa ad un universo culturale molto complesso in cui tutto viene integrato in un sistema più ampio: "walking is preventing yourself to falling over". Thorsen racconta che “ogni lunedì abbiamo quello che viene definito TRAFFIC che è un processo di attribuzione delle funzioni specifiche per ciascun componente dello studio, un momento di discussione molto libero e aperto in cui ciascuno parla del proprio lavoro e mette a disposizione il proprio know how tanto che il motto è Singular in the Plural. Questi aspetti sono evidenti nella progettazione in cui la valorizzazione della cultura e la capacità di contestualizzare i lavori è legata alla possibilità di produrre dei team work affiatati ed efficienti al cui interno ciascun membro possa apportare valore attraverso la sua personale esperienza di vita. Un atteggiamento democratico e innovativo rispetto a quanto siamo abituati a vedere nella nostra penisola. Se si pensa che ogni oggetto ha una memoria allora anche il nostro modo d'intendere l'architettura si modifica: ciascun progetto è pensato come stratificazione di layer fisici ed emozionali e questo è chiaro nella resa di alcune opere magistrali. Ad esempio Thorsen sostiene che occorre “pensare al museo come un largo sistema al cui interno occorre far funzionare molti fattori come fosse un organismo “. Ma anche nei temporary projects questo atteggiamento riemerge “prendiamo i progetti
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temporanei per far ricerca sulle architetture così questi diventano occasione di analisi, palestre per il mondo che verrà”. Atteggiamento molto riuscito se si pensa ad alcuni lavori come la biblioteca di Alessandria, un progetto in cui la teoria deve essere combinata con la complessità della relazione con il futuro del luogo; in cui l'incontro tra la linea del passato e quella del futuro è il presente e la geometria diventa un modo per congelare l'attimo. I materiali infatti diventano segni fondamentali di questa volontà: la pietra utilizzata nella parte superiore rappresenta il futuro, la solidità di ciò che la cultura della Storia ha sedimentato nel tempo. Il memoriale per l’11 settembre invece dimostra che c'è una grande responsabilità in un progetto che rappresenta la continuazione emozionale con un evento tanto significativo della storia che deve però essere tradotto in design e richiede dunque una negoziazione tra il consenso per riuscire a portare a termine questo processo e l’idea originale dello studio Snøhetta. Inoltre il processo di digitalizzazione che annulla il passaggio dal disegno modifica nettamente il senso stesso dello spazio e promuove la progettazione di luoghi sino ad oggi inimmaginabili. I buoni progetti, secondo l’opinione di Thorsen, hanno dei soprannomi che li rendono vicini alla gente, accessibili, come nel caso del museo d'arte di Lillehammer, che vede un confronto tra la trasparenza del vetro e l'opacità densa della neve e che rimanda alla tradizione culturale nordica. Per lo studio Snøhetta, da quanto appare chiaro in questa lectio, l’architettura non si produce attraverso processi di sforzo e patimento ma grazie ad un’armonia e ad un’ironia che sembrano derivare dall’affascinante natura norvegese. Il vero insegnamento di questa conferenza non sono forse i progetti, seppur splendidi, ma un modo di prendere la vita che migliora la qualità dell’esistenza in maniera radicale. Non ci resta dunque che puntare verso nord!
Elisa Poli
PROMOTORI Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone
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Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno
SOSTENITORI SINGOLI EVENTI XFAFX promo_legno
Canali istituzionali www.xfafx.it www.unife.it/facolta/architettura www.materialdesign.it Contatti ufficiostampafaf@unife.it
1 - 4 Oslo Opera House 5 Biblioteca di Alessandria 6 Biblioteca di Alessandria 7 Museo d'arte di Lillehammer
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1 Lectio magistralis Snohetta, XfafX festival. 2 Intervista a Kjetil TrĂŚdal Thorsen. 3 La dedica di Kjetil TrĂŚdal Thorsena XfafX festival. 4 - 6 Lectio magistralis Snohetta, XfafX festival.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 156 - Davide Turrini edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Kjetil Thorsen di Snohetta Architects
Davide Turrini intervista Kjetil Thorsen, fondatore dello studio norvegese Snøhetta, in occasione della Lectio Magistralis XfafX tenuta a Palazzo Tassoni Estense il 23 settembre 2011.
«Quando lavoriamo su di un’architettura, o su di un prodotto di design, o ancora su di un brand, applichiamo sempre la stessa visione di un mondo quadri-dimensionale; tutto ciò che facciamo viene riportato alla creazione di qualcosa che accade e vive nel tempo. Ciò significa che un possibile prodotto, un’opera d’arte o un’architettura, innescano un rapporto intimo con la dimensione del futuro. L’architettura spesso prevede una vita molto lunga, stabile e duratura; noi ci serviamo di costruzioni temporanee per indagare su ciò che utilizziamo nell’architettura a lungo termine. Si tratta di esperimenti sociali, di vedere come reagiscono le persone… Quando voi pensate, quando io penso, quando noi pensiamo, lo facciamo con tutto il corpo, non soltanto con il cervello; pensiamo con lo stomaco, con le dita e tutto si fonde in un’esperienza immediata che solo la dimensione temporanea può esplorare con la giusta intensità». Kjetil Thorsen
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 157-158 - Chiara Testoni edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Massimo Iosa Ghini. Biografia e opere
ph. Enrico Basili_Dogma
Massimo Iosa Ghini (Bologna, Italia, 1959), di formazione designer e progettista, è una figura di intellettuale “a tutto tondo”. Considerato uno dei professionisti italiani di maggiore rilievo nel panorama internazionale, Iosa Ghini ha maturato nel tempo una visione di progetto “trasversale” concepito per una società in continua evoluzione, in cui design di prodotto e progetto architettonico si integrano e si arricchiscono a vicenda. Attraverso un visibile talento figurativo, Iosa Ghini persegue un linguaggio espressivo fortemente influenzato dalle sue radici culturali che affondano nel fumetto e nella grafica - a cui affianca poi un solido impegno in materia di eco-sostenibilità. Iosa Ghini ha studiato architettura a Firenze per poi laurearsi al Politecnico di Milano. Dal 1985 partecipa alle avanguardie dell’architettura e del design italiano: fonda il movimento culturale “Bolidismo” ed entra a far parte del gruppo “Memphis” con Ettore Sottsass. Alla fine degli anni Ottanta apre lo studio “Iosa Ghini Associati”, con sede a Milano e Bologna. Tiene conferenze in varie Università, tra le quali il Politecnico di Milano, la Domus Academy, l’Università La
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Sapienza di Roma, la Scuola Elisava di Barcellona, Design Fachhoschule di Colonia e la Hochschule fur Angewandte Kunst di Vienna. è docente dal 2007 all’MBA della Alma Graduate School di Bologna e dal 2008 è Adjunct Professor al Politecnico di Hong Kong. I suoi progetti hanno ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui il Roscoe Award negli USA (1988), il Good Design Award dal Chicago Athenaeum (2001, 2004 e 2010) e il Red Dot Award (2003). Tra le numerose opere si ricordano, in ambito architettonico, il nastro di energia “People mover” a Bologna (2009), l’intervento abitativo Cyprus Full Circe (2007), il New York Residence a Budapest, il Museo Galleria Ferrari (2004), il Busstop di Hannover (1994); in ambito di design, le numerose collaborazioni con Alessi, Cassina, Poltrona Frau, Natuzzi e molte altre realtà produttive e imprenditoriali prestigiose sia a scala nazionale che internazionale. Chiara Testoni
1-4 Exedra Nice Hotel, Boscolo Group, 2008. ph. Nicola Schiaffino 5 - 9 Ferrari Factory Store, Serravalle Designer Outlet (2009), Serravalle Scrivia (AL). ph. Gianluca Grassano
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 159-162 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Massimo Iosa Ghini. The design mover
Ospite d’onore durante le celebrazioni del ventennale di Facoltà, Massimo Iosa Ghini ha tenuto all’interno del progetto XfafX una approfondita lectio magistralis trattando i temi del design, delle tecnologie e dei trasporti attraverso l’attenta spiegazione dei suoi più noti progetti. Un’occasione d’arricchimento e riflessione che, per chi non fosse stato presente nel Salone d’onore di Palazzo Tassoni Estense, potrà essere ripresa attraverso le parole di questo report. Nel corso della bella intervista che il prof. Giuseppe Mincolelli registra insieme all’architetto e designer Massimo Iosa Ghini prima della sua conferenza, il creativo di origine bolognese descrive in maniera precisa le ragioni della sua attività “sono un architetto che non ha rifiutato l'artisticità: in ogni progetto offro le risposte che sento intuitivamente. L'esercizio faticoso, in questi anni, è stato aprirsi alle istanze altrui, perché la difficoltà del mio approccio, se devo essere un créateur, è pormi umilmente in ascolto. Dare una risposta che, anche se sai già, è una risposta che ha ascoltato. Vivo queste qualità, la capacità di sentire, come una necessità: il design e l'architettura sono due gambe dello stesso corpo che mi consentono di camminare”. Questa breve introduzione può far comprendere come Massimo Iosa Ghini appartenga ad una categoria difficilmente rappresentabile in ambito architettonico, sempre in bilico tra produzione, progetto e
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sperimentazione: lontano da una idea di stile e poco incline alle limitazioni ideologiche. Sembrano interessarlo maggiormente questioni molto precise e pratiche come il rapporto con le esigenze del cliente che “sono spesso quelle capaci di generare il progetto”. Nel suo lavoro l’influenza della ricerca artistica si ripercuote in modo diretto sulla produzione del design - a volte in maniera intuitiva - senza poter dare spiegazioni razionali di questo moto perpetuo “la mia più che schizofrenia potrebbe essere tradotta con la capacita di dare una risposta a prescindere dal metodo utilizzato, che rischia molte volte di essere un rifugio, una giustificazione”. I progetti che Massimo Iosa Ghini ha realizzato negli ultimi anni sono frutto di una consapevolezza rispetto al ruolo del design che la Crisi globale mette in discussione modificando anche il modo d'intendere il prodotto “che ora va ripensato. Noi designer italiani dobbiamo ripartire dal mondo domestico tradizionalmente legato alla materialità per capire come evolverlo in senso tecnologico” sottolinea Iosa Ghini, grande estimatore delle teorie di Negroponte che preconizzava un passaggio dal mondo materiale delle cose a quello immateriale dei rapporti tra le cose. Nuovi modi di definire il progetto come il design dei servizi che è faticoso da inquadrare “perché non c'è un modo efficace di rappresentarlo. Recentemente ho partecipato a un convegno sulla pulizia e manutenzione degli edifici e c'è uno spazio di progettazione enorme. Certo non è quello che io concepisco come design, lì la mia parte autoriale muore. Mentre credo che il bello, oggi, sia veramente una priorità, un diritto, perché dove c'è un'attenzione per il bello si è raggiunta una maturità politica per affrontare tematiche molto serie come la sanità o il conflitto sociale”. Una posizione radicale questa, che si esplicita attraverso una progettualità allargata, inclusiva di molte pratiche perché “ il bello va al di la del design stesso visto che il nostro mestiere come obiettivo primo ha quello di migliorare la qualità di vita delle persone”. Secondo il designer emiliano occorre infatti possedere informazioni sostanziali per riuscire a progettare in modo consapevole in un periodo in cui tutti parlano di sostenibilità ma pochi conoscono realmente le tecnologie, capendo quale sia il loro funzionamento e come si possano applicare “siamo a una infanzia tecnologica” – dice – “e penso che il progettista oggi debba studiare molto e questo lo si può fare sia progettando sia osservando e ascoltando”. A volte, continua Iosa Ghini “l'estetica sostenibile ha un ché di punitivo mentre sarebbe molto più interessante capire com’è possibile coniugarla con il concetto di bellezza e dl lusso”. I suoi progetti esplicitano infatti la capacità di gestire responsabilità importanti pur nella consapevolezza che sia oggi molto difficile controllare il sistema-progetto nella sua grande complessità. È pensabile, secondo l’opinione del designer, immaginare la nostra cultura gestendo la sostenibilità non solo attraverso gli elementi tecnologici ma tornando alla maestria edilizia. La capacità di tenere insieme nozioni d’impiantistica, conoscenze architettoniche, sensibilità estetica, potrebbe dare vita ad una qualità progettuale che oggi si smaterializza nelle micro funzioni di ogni singolo attore del progetto. Parlando della sua nota esperienza con il gruppo Memphis, Massimo Iosa Ghini riconosce al suo gruppo di provenienza “questa caratteristica
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di interruzione, di spartiacque rispetto al tema del design che aveva ancora le sue origini nelle idee funzionaliste e produttive della Bauhaus”. Questa capacità di rompere con gli schemi di un funzionalismo di matrice modernista che aveva ormai perduto la propria ragion d’essere ideologica è senz’altro l’humus creativo da cui il designer emiliano ha attinto le proprie suggestioni progettuali: una grande libertà che non si esprime nella ribellione ma in un ironico distacco rispetto alle richieste del mercato. “Facciamo un prodotto perché supponiamo che ci sia un pubblico a cui noi diamo la possibilità di ottenere un benessere tramite la produzione di un oggetto” – sostiene Iosa Ghini. che ama “sovvertire le regole attraverso l’utilizzo del design ma magari anche grazie ai social network perché in futuro avremo molta più rappresentazione delle cose e quello che oggi si realizza materialmente deve essere di grande valore. Deve esserci un minor numero di oggetti prodotti rispetto agli anni d'oro del design perché la capacità di assorbimento del mercato è cambiata”. Per questo motivo Massimo Iosa Ghini divide la sua presentazione attraverso la comunicazione di tre categorie: oggetti, macro-oggetti, architetture. Se le architetture – come il noto progetto per le stazioni del People mover, immaginate come una struttura metallica in cui cresce progressivamente il verde verticale che diventa il vero elemento di protezione delle pensiline – sono occasione per sostanziare un percorso di ricerca basato sulla continua evoluzione e modificazione dei modi progettuali, è nella serie degli oggetti che ci pare più esplicito il suo percorso, la sua evoluzione. Questi vengono descritti come provenienti da “un mondo di iconografie, di immagini fantastiche” tanto che le sue prime attività erano collegate al disegno a mano libera perché “il prodotto era disegno, non oggetto materiale. Se immaginate un progettista giovane, quale io ero all’epoca, che aveva in mente delle idee legate a dei movimenti artistici, dovete pensare anche che tradurle in oggetti era qualcosa di non immediato. Questo fatto di passare alla tridimensionalità è avvenuto con l'azienda Moroso con cui abbiamo fatto un percorso di lavoro che nasceva da un gruppo di prodotti i quali, già nel nome, avevano un'idea velocistica, dinamica ed era perciò molto importante partire dal disegno”. Memphis fu molto importante nella definizione delle caratteristiche di pensiero di Massimo Iosa Ghini, perché si trattava di un movimento artistico, multiforme, complesso, iperattivo che aveva come prerogativa la possibilità di uscire dalla produzione seriale - come derivata automatica del sistema produttivo - che era stato valido sin dalla Bauhaus. “Memphis voleva fare un prodotto che partisse dall'idea di racconto: un modo per far diventare l'oggetto qualcosa di personale. Questa attitudine evitava una legittimazione a monte, un atto di presunzione, il credere che, più o meno, il prodotto dovesse piacere al consumatore”. In seguito a questa fortunata e importante esperienza con Memphis Iosa Ghini fondò, con altri colleghi bolognesi, il Bolidismo, ispirato a un’estetica della velocità, con prodotti autoriali ma realizzati in edizioni limitate. Alla base del pensiero bolidista stavano i concetti di comunicazione, movimento, leggerezza, molteplicità, divenire, azione. Nel design questo portò ad una predilezione per le forme dinamiche intese non solo come “modellate dal vento” ma anche come forme organiche, industrializzabili nella loro complessità e varietà grazie all'evoluzione della tecnologia. Tutto strettamente correlato alle nuove
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esigenze formali e spirituali di un rivoluzionario modello di società dominato dalla presenza dei mezzi telematici (indicato come "città fluida") di cui il gruppo si propone come avanguardia postmoderna, testimone della fase finale "meccanica" della civiltà delle macchine in transizione verso la fase "elettronica", caratterizzata dalla simultaneità comunicativa e simbolica. I progetti mostrati in conferenza da Iosa Ghini sono il frutto di questa evoluzione legata ad una ricerca che pochi possono vantare nella nostra regione: divani come Leggero – esempio di produzione industriale in cui scompare la scocca sottostante – o tavoli come Genio che si basa su di una tecnologia del taglio del vetro a getto d'acqua. Ma anche H2O, un gioco sul tema modernista del tubo curvato che s'intreccia come fosse piegato a mano simulando il processo ideativo di una graffetta ma inventato per mostrare il limite tecnologico del prodotto. Iosa Ghini insiste molto sulla capacità che deve avere il designer di rispondere a una precisa domanda “che segnale deve dare un determinato prodotto per avere un mercato?”. A questo proposito porta esempi unici come il divano Big Mama in cui il rapporto tra soluzioni formali apparentemente già apprezzate dal pubblico, materiali di alta qualità e sottile gioco di riposizionamento delle icone producono un risultato innovativo e classico al contempo “qui ho usato forme che devono essere, al limite, scontate”. Chiudono la serie dei prodotti alcuni importanti esempi che, a detta del progettista non hanno avuto fortuna commerciale ma sono stati fondamentali per mostrare la qualità sperimentare delle cose, la materia, come nel caso di una serie di occhiali da sole che “ho progettato ma che sentivo, in fondo, lontani da me. Non posso progettare cose e ambienti in cui io non mi trovo bene e questi occhiali, lo dico in modo scherzoso e provocatorio insieme, non me li sarei messi, anche se sono molto interessanti come oggetto”. Un vero creativo si riconosce da questa libertà d’invenzione, di traduzione e anche dalla grande auto-ironia che è uno dei regali che ci lascia Massimo Iosa Ghini al termine di questa conferenza. Speriamo torni presto a vivacizzare con la sua sagacia il mondo della progettazione, anche qui a Ferrara. Elisa Poli
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 163 - Giuseppe Mincolelli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it1
post-it journal Intervista a Massimo Iosa Ghini
“Sono un architetto che non ha rifiutato l'artisticità: in ogni progetto offro le risposte che sento intuitivamente. L'esercizio faticoso, in questi anni, è stato aprirsi alle istanze altrui, perché la difficoltà del mio approccio, se devo essere un créateur, è pormi umilmente in ascolto. Dare una risposta che, anche se sai già, è una risposta che ha ascoltato. Vivo queste qualità, la capacità di sentire, come una necessità: il design e l'architettura sono due gambe dello stesso corpo che mi consentono di camminare”. Massimo Iosa Ghini
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 164-166 - Redazione edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
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Guillermo Vázquez Consuegra. Biografia e opere
Guillermo Vázquez Consuegra studia alla Facoltà di Architettura di Siviglia. A partire dal 1972 inizia un’intenso percorso professionale come architetto e designer che accompagna quella di ricercatore e professore. Vázquez Consuegra ha insegnato, tenuto conferenze e seminari di architettura in università, musei e altre istituzioni culturali europee, ma anche negli Stati Uniti e in America Latina. È stato professore di Elementi di Composizione e di Progetto all’Universitá di Siviglia (1972-1987), Professore invitato nella Facoltà di Architettura e Urbanismo di Buenos Aires (1993), École Polytechnique Fédérale di Lausanne (1995-97), Facoltá di Architettura di Navarra (1998), Syracuse University School of Architecture (N.Y., 2001), Facoltà di Architettura dell’Università di Bologna (2002-03), Facoltà di Architettura di Venezia (2005-07) e Visiting Scholar della Getty Center a Los Angeles (1994-95). Direttore dei Corsi Estivi di Architettura dell’Università Complutense dal 1993 al 2004. Dal 2007 è Professore invitato all’Accademia di Architettura dell’Università della Svizzera Italiana a Mendrisio e allo stesso tempo
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dirige il Taller Internazionale di Architettura Vázquez Consuegra dell’Università di Siviglia, dalla sua nomina come professore onorario nel 2005. Ha partecipato a numerose mostre nazionali e internazionali tra cui spiccano le Biennali di Architettura Spagnola, la Biennale di Venezia (1980 y 2004), la Triennale di Milano (1988), il Centro Georges Pompidou di Parigi (1990), The Art Institute of Chicago (1992), The Museum of Modern Art of New York (2006), dove si espose il Museo Nazionale di Archeologia Subacquática di Cartagena, e la Biennale Internazionale di Buenos Aires (2011). Tutti i progetti e i lavori di Vázquez Consuegra sono stati profusamente pubblicati nelle principali riviste e monografie di architettura. Tra le monografie si segnalano quella sulla sua opera edita dall’Ordine degli Architetti di Madrid (1983), dall’Ordine degli Architetti di Málaga (1986), dalla casa editrice Gustavo Gili (1992), dall’Ordine degli Architetti di Almería (1992), dall’Ordine degli Architetti di Valencia (2001), dalle Università di Bologna e Ravenna (2002), dalla casa editrice Electa di Milano (2005), da Clean Edizioni di Napoli (2007), dalla Junta de Andalucía (2008), dalla casa editrice Edilstampa di Roma (2008) e da TC Cuadernos di Valencia (2010). Si sono anche pubblicate monografie di progetti come quella del Ministero di Fomento (2000) e della casa editrice Gustavo Gili (2008) dedicate al Bordo Marittimo di Vigo, quella di TC Cuadernos sul Museo dell’Illustrazione (2001) e quelle della Junta di Andalucía dedicate al Comune di Tomares (2007) e al Palazzo di San Telmo (2010). È autore delle pubblicazioni Cien edificios de Siviglia (1986), Guía de arquitectura de Siviglia (1992) e Plazas de Toros (1993, con Díaz Recasens), tutti editi dalla Junta de Andalucía. Come direttore scientifico della casa editrice Tanais e in collaborazione con il Ministero di Fomento ha lanciato le collezioni sull’architettura contemporanea in Spagna e America Latina. La maggior parte degli edifici di Guillermo Vázquez Consuegra è stata oggetto di riconoscimenti internazionali da parte della critica specializzata, distinguendosi con numerosi premi nazionali e internazionali come le Case Popolari Ramón y Cajal a Siviglia, con il Premio del C.O.A.A.O. (1998) e il Premio Construmat (1989), le Case Popolari a Cádiz con il Premio del C.O.A.A.O. (1991), il Padiglione della Navigazione a Siviglia con il Premio Construmat (1989) e il Premio del C.O.A.A.O. (1992), e il molto conosciuto Bordo Marittimo di Vigo con il Premio Architecti-Centro Culturale di Belem (Lisboa, 1994), il Premio di Urbanismo e Architettura del Concello di Vigo (1998), il Premio al miglior intervento sui Spazi Pubblici del C.O.A.G. (2005) e il Premio Nazionale di Architettura Spagnola consegnato dal Consiglio Superiore dell’ Ordine degli Architetti di Spagna (2005), le Case Popolari a Rota con il Premio Europeo Ugo Rivolta (Milano, 2008), il Museo dell’Illustrazione di Valencia con il Premio Fundación C.E.O.E. (2001), il Museo del Mare di Genova con il Premio Il Principe e l’Architetto (Milano, 2005) e il Premio Museo Rivelazione dell’Anno (Museum Image 2004), l’Archivio di Castilla La Mancha a Toledo con il Premio Cerámica di Architettura Ascer (2006) e il Museo Nazionale di Archeologia Subacquática a Cartagena con il Premio Edificazione della Regione di Murcia (2009) e il Premio Internazionale Trophée Archizinc (Parigi, 2010). Il suo percorso professionale è stato riconosciuto anche con il Premio
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Arpafil (Feria Internacional del libro di Guadalajara, Messico. 2006), Premio IVE (Generalitat Valenciana, 2006), Premio Andalucía di Architettura nella sua prima edizione (2007), candidato al Premio Príncipe di Asturias delle Arti dal Consiglio Superiore dell’Ordine degli Architetti Spagnolo (2010) e il Gran Premio della Biennale Internazionale di Architettura di Buenos Aires (2011). Sono dell’inizio della sua carriera i progetti residenziali come la casastudio Rolando a Mairena del Aljarafe e la Case Popolari Ramón y Cajal a Siviglia, tra le sue realizzazioni si contano oggi musei come quello dell’Illustrazione di Valencia, il Nazionale di Acheologia Marittima o il Museo del Mare di Genova, cosí come il Centro per visitatori di BaeloClaudia a Bolonia. Sono ugualmente significativi nella sua biografia gli interventi sul patrimonio, di cui sono un esempio quello sulla zona industriale della Cartuja di Siviglia come sede dell’Istituto Andaluso del Patrimonio Storico, la ristrutturazione della fattoria di Santa Ana a Tomares (Siviglia) come edificio comunale o quella del Palazzo di San Telmo di Siviglia come sede della Presidenza della Junta de Andalucía. Autore di opere emblematiche come il Padiglione della Navigazione per l’Expó del ’92 di Siviglia o la torre delle telecomunicazioni di Cadice, ha progettato i Palazzi di Esposizioni e Congresso di Jerez e Siviglia, quest’ultimo in costruzione, così come il Palazzo di Giustizia di Ciudad Real, l’Archivio Generale di Castilla La Mancha a Toledo e la Fattoria delle Arti a Tomares. L’orientamento sociale della sua architettura è chiaro non solo nei progetti residenziali – Cádiz, Almendralejo, Rota o Madrid – che sono stati una constante della sua traiettoria, ma anche in lavori sugli spazi urbani come quello per il recupero degli spazi pubblici sul fronte marittimo di Vigo. Sta redigendo, tra gli altri progetti, il Centro Culturale CaixaForum di Siviglia, la Riabilitazione del Museo Archeologico di Siviglia e il Ministero degli Affari Esteri di Lussemburgo, tutti vinti attraverso concorsi pubblici.
1 - 4 ph. duccio malagamba
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 167-169 - Alessandro Gaiani edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Guillermo Vazquez Consuegra
“Dallo spazio abitativo a quello cittadino. L’evoluzione professionale di Vasquez Consuegra si è basata su un esercizio continuo di esigenza e di rigore progettuale e costruttivo che, partendo dal tema della casa, è andato intrecciando operazioni più complesse. (…) Case unifamiliari dalle dimensioni limitate sparse come sementi di un’idea rigorosa del progetto e della costruzione, sviluppata con tale efficacia da fornirgli successivamente le credenziali per far fronte a pieno titolo ad altre esigenze, di diversa natura. La lettura del luogo, le interpretazioni delle richieste e le disposizioni del cliente, la conoscenza del lavoro e delle sue implicazioni tecniche, a cominciare dalla familiarità con i materiali, si articolano all’interno di un sistema progettuale sviluppato a partire da questa tappa iniziale: la configurazione integrale dell’opera mediante un progetto ideografico fantastico, di eccezionale efficacia, in cui il disegno, strumento tradizionale dell’architetto e dell’artista, fiorisce pienamente nei tratti costitutivi della forma architettonica intesa come artefatto spaziale integralmente percettibile, riconoscibile come creazione. (…) L’opera di Vasquez Consuegra risponde pienamente a un’evoluzione professionale eccezionale, piena di coerenza nell’ambito della varietà dei suoi obiettivi. Ma, dagli anni novanta, si apre un nuovo territorio di architetture, costruite o solo progettate, pieno di sforzo, che dà ulteriore consistenza al suo lavoro. Sotto l’epigrafe di edifici pubblici, (…) appare un copioso complesso di edifici giudiziari, musei, archivi o palazzi di congressi, un parco delle scienze, uno stadio e una torre delle telecomunicazioni con servizi telefonici. (…)
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Il carattere e la grandezza di queste opere derivano da un principio stabile del suo modo di progettare, sempre fondato sull’analisi del luogo che le accoglie, dal quale scaturiscono proposte che trascendono la mera risposta alle esigenze funzionali di ogni programma. Nelle aree consolidate egli cerca di intensificare i valori urbani, rettificandone le malformazioni, degenerazioni o indeterminazioni, e nei terreni sterili e nei tessuti emergenti utilizza i vettori positivi della progettazione e si adopera per qualificare il contesto proponendo, quando è opportuno, tratti di speciale identità visiva.” Tratto da Victor Péerez Escolano, La “recherche patiente” di Vazquez Consuegra, pp. 6-35 in Guillermo Vazquez Consuegra, Milano, Mondadori, Electa, 2005.
PROMOTORI XFAFX Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara
SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno
PATROCINI E COLLABORAZIONI XFAFX Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna / Provincia di Ferrara Comune di Ferrara ADI / SITdA / CNA Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona
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PARTNER XFAFX Fassa Bortolo Libria Nardi Sannini
1 - 5 Museo nazionale di archeologia subacquea a Cartagena, 2000-2008 6 - 11 Centro visitatori del complesso archeologico di Baelo-Claudia, 2003-2007
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2011), 170-171 - Redazione edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
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Comunicare il design italiano. Giornata ferrarese del Design
Nell’ambito del festival XfafX - To Design Today - celebrazione del Ventennale della fondazione della Facoltà di Architettura di Ferrara, giunto a metà del suo percorso annuale di svolgimento - il 13 Dicembre 2011 si terrà una tavola rotonda dal titolo Comunicare il design italiano. Nel Salone d'Onore di Palazzo Tassoni Estense il dibattito affronterà le dinamiche e le problematiche della comunicazione nel campo del design, in particolar modo di quello italiano, dai più letto ancora attraverso la formula e il prestigio del "Made in Italy", ma oggi alla ricerca di nuove identità, di inediti linguaggi e di aggiornate narrazioni per una rinnovata affermazione nei mercati emergenti. Nella crescente complessità che investe il fare comunicazione, il fare design e la produzione stessa - dominata anche in Italia da logiche di delocalizzazione e di outsourcing sempre più diffuse - il tema "design italiano" potrebbe apparire riduttivo. La tavola rotonda sarà invece un’occasione per allargare la prospettiva del dibattito al contesto globale, a partire dall’analisi di alcune esperienze editoriali che narrano la complessità del design italiano nel contesto internazionale. L’evento prenderà le mosse infatti dalla presentazione della rivista DIID - disegno industriale/industrial design di "Sapienza Design Factory". Il magazine diretto da Tonino Paris, ha editato da poco - allo scadere del suo decimo anno di vita - un significativo numero cinquanta,
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presentandosi sempre più come strumento disciplinare di approfondimento dedicato alla formazione di studenti e ricercatori. A questa esperienza pubblicistica, concepita in ambito universitario, si affiancherà la presentazione della rivista Inventario, inconsueto e visionario format transdisciplinare concepito da Beppe Finessi per i tipi dell’editore Corraini. La presentazione di questi casi editoriali sarà accompagnata dalle proposizioni e dal dibattito promossi attraverso l'intervento e la voce di autorevoli rappresentanti istituzionali, della critica, del progetto di design. L’evento aperto al pubblico è dedicato in particolar modo agli studenti del Corso di laurea ferrarese in Design del prodotto industriale per aumentare in loro la consapevolezza del valore immateriale delle narrazioni e della comunicazione che sempre più, nell'epoca contemporanea, si somma al valore tangibile dei prodotti su cui il design si esplica attraverso i processi di formalizzazione della materia.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 172-178 - Veronica Dal Buono edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal La lezione di Luisa Bocchietto e le riflessioni di “Comunicare il design italiano”
La Scuola ferrarese di Architettura con l'Anno Accademico 2011-2012 ha compiuto vent'anni. Per celebrare tale ricorrenza, e al contempo richiamare l’attenzione sul Corso di laurea in Design del prodotto industriale che chiude il suo primo ciclo triennale, ha declinato l'ambizioso progetto culturale di valenza internazionale “To design today” all'interno delle manifestazioni del ventennale XfafX. È trascorso quasi un anno da quando, il 13 dicembre 2012, Luisa Bocchietto, Presidente dell'ADI, - già presente in occasione della conferenza stampa di XfafX svoltasi in Triennale a Milano - ha omaggiato della sua presenza la platea dell’Ateneo ferrarese per tenere a Palazzo Tassoni Estense la prolusione all'anno accademico e riportare al pubblico, composto da studenti, docenti e professionisti, alcune importanti riflessioni sul mestiere del designer e il ruolo che il design può svolgere nella società contemporanea. Successivamente, in una tavola rotonda interamente dedicata al Design italiano, Luisa Bocchietto, Alfonso Acocella, Presidente del Corso di laurea in Design, Stefano Casciani, Beppe Finessi, Tonino Paris e Marco Romanelli si sono riuniti e strettamente confrontati nelle loro esperienze.
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Luisa Bocchietto, rivolgendosi agli studenti del triennio di Design con l'intervento dal titolo "Il design come visione", ha distinto la sua comunicazione in due momenti - prima un excursus sulla sua personale formazione e carriera quale architetto e designer, poi una digressione sul “Made in Italy” e il ruolo dell'ADI - riconducendo entrambe le narrazioni alla necessità di riflettere, estendere il dibattito e allargare le prospettive sul senso e la complessità del Design. I progetti personali illustrati in conferenza sono frutto di un’evoluzione che, dall'attività professionale di progettazione "tradizionale" nel campo dell'architettura, continua attraverso un progressivo affiancamento d’imprese di produzione industriale cambiando la scala del progetto senza mai perdere di vista metodo e coerenza. Luisa Bocchietto focalizzerà poi l’attenzione sulla figura del designer definendolo come colui che conosce le logiche e i processi di produzione industriali, che interferisce con i processi stessi partecipando all'organizzazione, alla strategia di comunicazione e quindi alla definizione "formale" dei prodotti. Con limpidezza la Presidente dell'ADI esplicita come “design” non sia "stilismo" né attività di modellazione esteriore delle forme, quanto invece un mestiere complesso che esiste in quanto complemento costante dell'impresa non solo per il disegno di nuovi elementi, ma soprattutto come coordinamento del processo, come integrazione tra i settori e le competenze, come lavorio incessante alla scelta e definizione delle strategie complessive da sostenere integrando i trasferimenti tecnologici, le prospettive aperte dalla scelta di nuove forme, le figure di altri designer da coinvolgersi nel sistema, le scelte di comunicazione. Ciascun designer "inventa", in modo differente, il proprio percorso perché non esiste un’unica "ricetta per divenire creativi” e il design è comunque un mestiere ove ognuno, con fatica, ricerca e costruisce la propria identità. Il messaggio che Bocchietto indirizza ai futuri designer è un invito alla curiosità, all'osservazione, allo studio e ricerca delle proprie radici che si svolga con continuità nel tempo per conservare la cultura che finora ha contraddistinto il design italiano. Al pubblico di giovani entusiasti ma al contempo in dubbio rispetto al proprio domani, consegna l’invito a “far bene, innanzitutto, il lavoro di studenti”, giorno per giorno fino alla tesi di laurea, e quindi, tracciando passi con serietà e coerenza, esorta a intraprendere la ricerca della propria strada “cercando occasioni d’incontro che creino rapporti umani, ancor prima di inseguire astratte idee di successo”. Con estrema chiarezza e sintesi, tratteggia poi la storia di più di cinquant'anni di design italiano attraverso le immagini dei protagonisti, le invenzioni relative ai materiali, gli artefatti considerati come icone del design, analizzando in particolare quelli vincitori dell'emblematico premio mondiale che è il Compasso d'Oro. Attraverso una narrazione per immagini, descrive il contesto nel quale il "Made in Italy" è andato affermandosi fino al momento del suo massimo riconoscimento - e dunque della sua stessa messa in discussione - per svelare e delineare quali siano, a suo giudizio, i caratteri che hanno distinto il design italiano, termini di partenza per aggiornare l’identità presente e conservare la posizione nei confronti dei sempre più vigorosi mercati emergenti.
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Lo spirito profondo, il tratto distintivo, che Luisa Bocchietto individua nel sistema produttivo del nostro Paese, è la capacità - professata nello svolgersi dei decenni e non sempre forse del tutto conscia - di mettersi in discussione; la ricerca di rinnovamento e disponibilità ad aggiungere quel qualcosa di "fuori quadro" che valorizza il progetto e lo rende interessante perché sa occhieggiare, con indipendenza, ad altri ambiti e insieme nutrirsi di un ambiente e di una cultura territoriale radicata storicamente nei segni del paesaggio italiano. Conservare la conoscenza di queste radici, attraverso lo studio e la ricerca, è una componente della formazione da non perdersi, da integrarsi con il fondamentale lavoro tecnico nei laboratori di materiali e di produzione. Preciserà infatti, in chiusura della lectio, come solo attraverso tale continuo processo di rimando dallo studio di ciò che è stato fatto, al progetto di forme di innovazione, si possano conservare forza, sicurezza, e soprattutto indipendenza dalla merce.
Intervista a Luisa Bocchietto a cura di Davide Turrini
Sul palcoscenico del Salone d'Onore di Palazzo Tassoni s’incontrano gli ospiti del pomeriggio: Luisa Bocchietto, Stefano Casciani, Beppe Finessi, Tonino Paris, Marco Romanelli e Alfonso Acocella, invitati ad una discussione collettiva in forma di tavola rotonda, moderata da Davide Turrini, sul tema che ha dato titolo all'intera giornata. Come cornice d'occasione due esperienze editoriali periodiche, edite su carta stampata, contemporanee e specificatamente italiane – “DIID” e “Inventario” -, presentate attraverso la voce dei rispettivi Direttori editoriali - Tonino Paris e Beppe Finessi -, e la cui collezione completa è stata esposta attraverso le variopinte grafiche di copertina sul lungo tavolo del Salone al piano terra di Palazzo Tassoni Estense. “DIID Disegno industriale / Industrial design”, realizzata collegialmente in dieci anni di lavoro dalla comunità scientifica di ambito universitario "Sapienza Design Factory" è giunta al cinquantesimo numero. “Inventario”, innovativo "bookzine" o "libro-rivista" concepita per i tipi di Corraini e con il sostegno - ma non il vincolo - dell'azienda Foscarini di
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più recente concezione, ha raggiunto oggi i quattro numeri e ciascuno di essi è “un progetto a sé”. Tonino Paris ha colto l'occasione inoltre per presentare un secondo lavoro, di ampia ed eccezionale argomentazione, frutto di contributi collettivi di ricercatori da tutte le scuole del Design italiane. I saggi, raccolti con regola antologica nel volume a cura di Tonino Paris, Vincenzo Cristallo e Sabrina Lucibello, "Il design italiano. Antologia", sono organizzati per grandi temi quali "creatività", "icone", "ingegno del fare", "innovazione", "musei e conoscenza", "territori e valori", visioni e utopie", "designer e imprenditore", nonché la stessa "comunicazione"; il tutto per far emergere da giovani voci la specificità, quanto la problematicità, del design italiano contemporaneo. Il tema proposto per l'incontro ferrarese è scelto in un ambito di riflessione prossimo a tutti gli ospiti presenti che con modalità differenti lo hanno declinato ed espresso attraverso le relative professionalità. Trattasi della "comunicazione" nel campo del design; un argomento emergerà anche dal dibattito - imprescindibile in quanto nato con la stessa riproducibilità tecnica del prodotto industriale. Nell'intersezione di voci differenti ciascuna con la propria “storia” da raccontare, non si genera univocità ma senza dubbio dialettica. Questo è ciò che succede anche in una tavola rotonda. Prendendo così avvio chi da citazioni d'autore (per ricordare: Remo Bodei, La vita delle cose; Italo Calvino, Lezioni americane; George Perec, Pensare, classificare), chi narrando la propria esperienza personale, l'argomentazione è passata da un relatore all'altro come un flusso costante e continuo d’idee, riflessioni, stimoli e provocazioni sul tema. Sono emersi punti di vista simili e dissimili, ma soprattutto sono stati lanciati temi e concetti lasciati dunque aperti a interrogare, a generare pensiero nei relatori e uditori presenti.
Intervista a Stefano Casciani a cura di Veronica Dal Buono
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Intervista a Beppe Finessi a cura di Veronica Dal Buono
Ritenendo inefficace riesporre le singole argomentazioni voce per voce, si è pensato qui di valorizzare il formato dell'elencazione, della lista, - la cui efficacia è stata rimarcata proprio da Beppe Finessi - enunciando per punti le idee chiave emerse e in un certo qual modo invitando a cogliere fra essi quelli da cui ripartire per future, ulteriori, riflessioni. Così, quasi in ordine sparso perché la consequenzialità lineare della scrittura non rende giustizia alla complessità del pensiero, questi sono i nodi e le posizioni espresse nel pomeriggio di dissertazione sul design e sulla sua comunicazione: Il rapporto tra l'oggettualità materiale - gli artefatti - e l'investimento immateriale, intellettuale che si svolge sopra di essi - la narrazione. Le molteplici chiavi di lettura del design, i molteplici volti del “designer”, non solo industriale… Come i temi di riflessione critica sul “macromondo” del design siano caratterizzati da atemporalità. Il "cosa vi è prima delle cose" ovvero la necessità di analisi dei processi di creazione e generazione dell'idea. Come il progetto dei contenuti, la raccolta delle informazioni e riflessioni e infine il progetto della loro divulgazione, siano anch’essi “progetto”. Come sia assoluto e indipendente dai settori, il valore delle idee (quand' esse funzionano). Il significato e ruolo della pubblicazione editoriale come “volano” di notorietà ma anche di progettualità. Il valore del processo, del percorso creativo, dall’ideazione alla produzione, come prova di autenticità del progetto. Il rapporto tra progettisti/designer, critica del design, scelte editoriali. La posizione e il compito dell'industria, la formazione dell'industriale. Le scuole, la conoscenza e la trasmissione del metodo nella società presente.
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Il rapporto tra la carta e il digitale, il futuro della comunicazione della cultura. Il ruolo dei media e la pervasività dei messaggi nell'era del digitale. Un elenco di temi di riflessione non è una semplice lista ma già l’indicazione di un ambito, la contestualizzazione di un orizzonte; allo stesso tempo la redazione di una “lista” è, per definizione, la dichiarazione di un tentativo (impossibile) di esaurimento della galassia dei temi stessi… Veronica Dal Buono
PROMOTORI XFAFX Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara
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PARTNER XFAFX Fassa Bortolo
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Libria Nardi Sannini
1 Allestimento "Comunicare il design italiano" presso Palazzo Tassoni Estense 2 Luisa Bocchietto e Graziano Trippa 3 Alfonso Acocella, Luisa Bocchietto e Graziano Trippa 4 - 5 Luisa Bocchietto, "Il design come visione", presso Palazzo Tassoni Estense 6 - 10 Allestimento "Comunicare il design italiano" presso Palazzo Tassoni Estense 11 La tavola rotonda "Comunicare il design italiano"
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 179-180 - Veronica Dal Buono, Davide Turrini edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
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Le interviste ai protagonisti “Comunicare il design italiano�
Video racconto della giornata "Comunicare il design italiano"
Intervista a Luisa Bocchietto a cura di Davide Turrini
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Intervista a Stefano Casciani a cura di Veronica Dal Buono
Intervista a Beppe Finessi a cura di Veronica Dal Buono
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 181-184 - Theo Zaffagnini edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Mario Zaffagnini. Biografia e opere
Mario Zaffagnini - Immagine Clara Caliceti Zaffagnini
Nato a Bologna l’11 marzo 1936 Mario Zaffagnini, dopo aver compiuto gli studi classici, si laurea presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze nel marzo 1961 discutendo con il Prof. Adalberto Libera la tesi “Centro turistico alle isole Tremiti” approvata con voti 110/110 e lode poi pubblicata sulla rivista “Architetti d’oggi” n. 5 (ottobre 1961). È abilitato all’esercizio della professione di Architetto nel marzo 1961. Nell’A.A. 1961-62 è nominato assistente volontario presso l’Istituto di Composizione Architettonica della Facoltà di Architettura di Firenze, diretto dal Prof. Adalberto Libera. Dallo stesso anno e fino al 1969 svolge attività di assistente volontario presso la Cattedra di Composizione Architettonica della Facoltà di Architettura di Firenze. Dal 1963 in poi, pur svolgendo la normale attivita didattica sul tema in corso, cura seminari ed esercitazioni che hanno per oggetto l’industrializzazione edilizia, argomento di continuo approfondimento e ricerca.
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È nell’A.A. 1965-66 che conduce con l’architetto Piero Paoli, un seminario sulle “Problematiche dei mezzi e procedimenti industrializzati” al quale prendono parte il Prof. Ciro Cicconcelli, il Prof. Giuseppe Ciribini, l’Ing. Nico di Cagno e il Prof. Pierluigi Spadolini. Nel 1961 è co-fondatore del Gruppo Architetti Urbanisti Città Nuova a Bologna con cui svolge attività professionale per quasi un decennio. Nel 1970 infatti, al conseguimento dell’abilitazione alla libera docenza in Elementi costruttivi, sceglie di separarsi dal Gruppo per abbracciare pienamente la carriera universitaria. Dall’A.A. 1970-71 è incaricato dell’insegnamento di Unificazione edilizia e prefabbricazione, quindi dell’insegnamento di Tecnologia dell’Architettura 2 presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Nel febbraio 1972, in seguito a concorso, viene nominato assistente ordinario di Unificazione edilizia e prefabbricazione. Nel luglio 1976 vince il concorso a cattedra nel raggruppamento n. 235, e dal novembre 1976 è chiamato dalla Facoltà di Architettura di Firenze come professore straordinario di Tecnologia dell’Architettura 2. È professore ordinario di Tecnologia dell’Architettura 2 presso la Facoltà di Architettura a Firenze nel decennio 1979/1989. In questo periodo è nominato componente del Comitato Consultivo CUN per la ricerca scientifica n. 8 - Ingegneria e Architettura (1984), fa parte della Giunta del Dipartimento “Processi e metodi della produzione edilizia” dell’Università degli Studi di Firenze (1984-1992), è presidente della Commissione Didattica della Facoltà di Architettura di Firenze e quindi presidente del Consiglio dell’Indirizzo tecnologico della stessa Facoltà (1985-1988). Nel novembre 1987 viene eletto Direttore del Dipartimento “Processi e metodi della produzione edilizia” per il triennio 1988-90. Nel triennio accademico 1988/1991 fa parte del Consiglio di Presidenza della Facoltà di Architettura. Dal 1989 e per il triennio 1989/1992 è ordinario di Progettazione ambientale presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Parallelamente (dal 1971 al 1996) continua tuttavia a svolgere – compatibilmente con i ruoli accademici rivestiti – attività professionale a Bologna sia in forma singola che in collaborazione (è co-fondatore della Società Edinricerche in Bologna), partecipando e vincendo numerosi concorsi e concorsi appalto. Nel marzo 1990 viene eletto dai Docenti della Facoltà di Architettura di Firenze membro del Comitato Tecnico Ordinatore della nuova Facoltà di Architettura di Ferrara, ruolo che poi svolgerà insieme al Prof. Paolo Ceccarelli e al Prof. Carlo Melograni.
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Dal 1990 all’ottobre 1992 è stato Presidente del Comitato per la biblioteca della Facoltà di Architettura. Dal novembre 1990 è eletto Presidente del Consiglio dell’Indirizzo Tecnologico della Facoltà di Architettura dell’Università di Firenze per il triennio 1991-93. Dal novembre 1992 si trasferisce a Ferrara come ordinario di Composizione architettonica (seconda annualità) presso la Facoltà di Architettura. Qui nel novembre 1994 diviene Direttore dell’Istituto di Architettura della Facoltà di Architettura. Negli A.A. 1994-95 e 1995-96 gli vengono affidati il Laboratorio di Progettazione architettonica 1 (A) e il corso di Analisi della morfologia urbana e delle tipologie edilizie. L’attività editoriale di Mario Zaffagnini spazia dalla pubblicazione di una serie vastissima di volumi, saggi, articoli, alla co-fondazione di riviste scientifiche fino alla progettazione e realizzazione di audiovisivi didattici nei primi anni ‘90. Una ricchissima testimonianza di ricerche scientifiche - spesso applicate – prima nel campo dell’innovazione tecnologica e del processo edilizio, poi, nell’ultima parte del suo percorso di affinamento scientifico, di una cieca fiducia nella ricerca architettonica e nella sua capacità di poter cambiare le disfunzioni della nostra società, soprattutto per quanto attiene il disegno dell’ambiente urbano e per ultimo di quello rurale, per un miglioramento della qualità complessiva di vita dell’uomo. In estrema sintesi si vogliono ricordare Progettare nel processo edilizio (di cui è curatore e autore, Parma Ed., Bologna, 1981), Tecnologie per la residenza in Europa (BE-MA Ed., Milano, 1982), il capitolo Edilizia residenziale all’interno del Manuale di progettazione edilizia, Vol.1, Tipologie e criteri di dimensionamento (opera in sei volumi di cui è stato coordinatore generale e che rappresenta una fra le più importanti opere editoriali in campo architettonico degli ultimi cinquanta anni, U. Hoepli Ed., Milano 1992), Progettare nel tessuto urbano (Alinea, 1993), Architettura a Misura d’uomo (Pitagora Ed.,1994), Morfologia urbana e tipologia edilizia con N.Marzot e A. Gaiani (Pitagora Ed. 1995) e l’ultimo libro Le case della grande pianura (Alinea, 1997) di cui è curatore. Questa ultima fatica editoriale postuma testimonia gli esiti dell’ultima passione scientifica in cui si cimenta. Riprendendo un tema a lui molto caro già toccato nei primi anni ’70 nel testo curato dal Gruppo Urbanisti Città Nuova affiancati da Raffaello Scatasta, Paesaggio e struttura Urbana (Bologna,1970), affronta alle diverse scale possibili una puntuale analisi finalizzata al recupero e alla valorizzazione del patrimonio edilizio rurale della pianura emiliano-romagnola inteso come memoria storica delle nostre radici culturali. Ci ha lasciati a Bologna il 12 novembre 1996 a sessanta anni. Theo Zaffagnini
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1 -3 Edificio Industriale, Castel Maggiore (BO), 1973 4 -5 Edifici residenziali in linea e a torre a Casteldebole, Bologna, 1976 immagini Alberto Mio
1 Residenza privata a Piacenza, Scala a chiocciola lignea, Ebanisteria Gino Fabbri, 1975 2 -3 Banca del Monte di Bologna e Ravenna, via Donzelle, Bologna 1971-1972
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 185-186 edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it1
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Messaggi in bottiglia. Accezioni etiche e pratiche del significato di architettura secondo Mario Zaffagnini: un pensiero autobiografico ritrovato.
Tradurre agli altri il ricordo di un uomo è cosa difficile. Tralasci sempre qualcosa nel farlo. Se è poi un uomo (un padre) e un architetto, che ha vissuto costantemente nell’amore per la cultura e per gli altri, fondendo le due cose in un unico atto creativo e didattico, questa pratica è davvero rischiosa per le ovvie necessità di sintesi. Nel caso di Mario Zaffagnini è, per chi scrive, ancor più arduo per il tipo di educazione ricevuta in ambito familiare. Quello stile, oggi si direbbe di un tempo, improntato al leale pragmatismo e alla sobrietà. A seguire lo si racconta nel modo che maggiormente si ritiene coniughi tutte le esigenze di oggettività imposte dalla circostanza. … un piccolo cameo testuale compreso nella sua prefazione di un libro che parla di esperienze di housing in Danimarca negli anni ‘80. Un passo non di apertura del testo, ma incluso in una trattazione scientificamente più didascalica; un passaggio improvviso e datato solamente da un paio di citazioni ascrivibili al periodo di stesura. Parlando di qualità urbana, un tema caldo di quegli anni, Mario si descrive senza saperlo; nel suo essere architetto, uomo di cultura e padre.
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Un testo denso - forse non solo per addetti ai lavori, ma che ci riporta all’essenza di quello che egli pensava il più congeniale per sè tra i modi di servire gli altri attraverso la propria cultura: fare l’architetto. E’ inoltre la sua visione progettuale ed etica per le future generazioni di architetti, è ciò che lui ha testimoniato anche come docente.
Theo Zaffagnini
Ideazione: Theo Zaffagnini Concept grafico: Margherita Bissoni e Theo Zaffagnini Illustrazioni: Margherita Bissoni Musiche originali: Tiziano Tancini
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 187-191 - Theo Zaffagnini edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
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Mario Zaffagnini. Regesto selezionato di opere e progetti
Residenze monofamiliari Casa unifamiliare a Sasso Marconi (Bologna) 1970 Progetto di casa a schiera in ambiente collinare (1974) Edificio residenziale a Buccinasco (Milano) in collaborazione Sistema edilizio per la realizzazione di case unifamiliari a densità programmabile in collaborazione Casa unifamiliare a Finale Emilia in collaborazione Residenze collettive Sistema edilizio per la residenza presentato al Concorso per l’inserimento nel repertorio di progetti-tipo del Consorzio Regionale fra gli Istituti Autonomi per la Case Popolari della Lombardia con il motto “Era Ora!” e inserito nel repertorio; in collaborazione Edifici residenziali a Casteldebole (Bologna) in collaborazione Edifici residenziali che utilizzano energia solare in collaborazione Progetti guida per abitazioni dei dipendenti del Ministero delle PP.TT. in collaborazione Edifici amministrativi, per il commercio e l’industria Centro bowling a Bologna
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in collaborazione Laboratorio eliografico a Bologna in collaborazione; segnalato al premio regionale IN-ARCH per l’Emilia Romagna per il 1969 Sede della Renana Assicurazioni S.p.A. a Bologna in collaborazione Edificio industriale a Zola Predosa (Bologna) in collaborazione Edificio industriale a Castel Maggiore (Bologna) Interporto di Bologna in collaborazione Edificio commerciale a Bologna in collaborazione; 1° premio al Concorso “Idee per l’alluminio nell’ambiente costruito”, Targa ALCAN 1988 Edifici per l’istruzione e per lo sport Palestra della S.G. Fortitudo a Bologna in collaborazione Proposta presentata al Concorso Internazionale per la sistemazione dellíUniversità di Firenze in collaborazione; 3? premio Sistema edilizio per la scuola dell’obbligo in collaborazione Centro scolastico per 1500 alunni per la scuola secondaria superiore ad Abbiategrasso (Milano) in collaborazione Edifici per servizi e altre strutture di pubblico servizio Casa di cura a Jesi (Ancona) in collaborazione; segnalato al premio regionale IN-ARCH per le Marche per il 1969 Municipio di Casalecchio in collaborazione; vincitore del Concorso nazionale Proposta per il parco urbano del Porto Navile e della Manifattura tabacchi a Bologna in collaborazione; presentato al Concorso nazionale Proposta di intervento a scala urbana a Bagnacavallo in collaborazione; segnalato, con rimborso spese, al Concorso nazionale “Bagnacavallo: spazio e immagine urbana” Proposta di intervento a scala urbana a Milano in collaborazione Selezione delle partecipazioni a concorsi di architettura 1962 - Concorso "La casa dei novelli sposi" per la progettazione di mobili a basso costo, bandito dallíEnte Autonomo per le Fiere di Bologna (medaglia díOro dellíAmministrazione Provinciale di Bologna). - Concorso per la progettazione del “Centro direzionale della città di Torino”. 1963 - Concorso per la progettazione della nuova autostazione della città di Ancona.
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1964 - Concorso per il Museo-monumento al deportato politico e razziale a Carpi (3° premio). - Concorso per il Monumento alla Resistenza a Mantova. Segnalazione e rimborso spese. - Concorso di idee per la progettazione di una scuola media bandito dal Comune di Bologna. 1965 - Concorso per la progettazione della nuova sede dell’Istituto Tecnico Commerciale di Lugo (Ravenna), (2° premio). 1966 - Concorso per la progettazione della nuova sede dell’Ospedale Civile di Macerata. 1967 - Concorso per la progettazione di una forma plastica ad uso didattico da realizzarsi nel giardino della scuola Pavirani a Ravenna (2° premio). 1971 - Concorso Internazionale per la sistemazione dell’Università di Firenze (3° premio). - Concorso-appalto per la costruzione della nuova sede dell’Istituto Tecnico Industriale di Abbadia S. Salvatore (Siena). 1975-76 - IACP-Bologna. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di 5 edifici per complessivi n. 225 alloggi in località Casteldebole - Bologna per conto dell'Impresa di Costruzioni Ernesto Frabboni. Il progetto è risultato vincitore dell’appalto. 1976 - IACP-Milano. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di 3 edifici per complessivi n. 192 alloggi, a Milano in via Piemonte, per conto dell'Impresa di Costruzioni Ernesto Frabboni. - IACP-Milano. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di 4 edifici per complessivi n. 320 alloggi a Milano in località Cascina Anna, per conto della Prefabbricati SACIE S.p.a. - Comune di Ferrara. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di una scuola media a 12 aule nel Comune di Ferrara, località Barco, per conto della G.L., Grandi Lavori S.p.a. di Bologna. - Il progetto, pur non essendo risultato vincitore per ragioni economiche, è tuttavia stato giudicato dalla speciale Commissione Consultiva il più valido sotto il profilo tecnico, architettonico e di rispondenza alla norme e requisiti richiesti dal bando. 1977 - Comune di Legnano. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di una scuola elementare di 15 aule per conto della Prefabbricati SACIE S.p.a., da realizzarsi a Legnano in via Bissolati. Il progetto è risultato vincitore dell’appalto.
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1978 - Regione Lombardia. Concorso per l’inserimento del repertorio di progetti-tipo del Consorzio Regionale fra gli Istituti Autonomi per le Case Popolari. Il progetto, elaborato - per conto del CER (Consorzio Emiliano Romagnolo fra le cooperative di produzione e lavoro) e presentato con motto “Era Ora” è stato giudicato meritevole di inserimento nel repertorio. - IACP di Milano. Concorso- appalto per la progettazione e la realizzazione di 3 edifici per complessivi n. 54 alloggi a S. Colombano al Lambro, mediante l'applicazione, nel contesto specifico, del progetto-tipo già inserito nel repertorio del Consorzio Regionale fra gli IACP della Lombardia. Il concorso-appalto è stato svolto per conto del CER. - IACP-Milano. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di un intervento per complessivi n. 201 alloggi in località di MilanoRestocco mediante l'utilizzazione del progetto-tipo già inserito nel repertorio del CRIACPL. Il concorso-appalto è stato svolto per conto del CER. - IACP-Milano. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di un edificio per complessivi n. 52 alloggi in Comune di Buccinasco. Il progetto, redatto per conto del CER, è risultato vincitore dell’appalto. - IACP-Pavia. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di 3 edifici per complessivi n. 52 alloggi nel Comune di Vigevano. Il progetto, redatto per conto del CER, è risultato vincitore dell’appalto. 1979 - Comune di Quatto Castella (Reggio Emilia). Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di una scuola media a 12 aule con relativi spazi per attività integrative come dal D.M. 18 dicembre 1975.Il progetto Ë stato redatto per conto della Coop. Nuova Unità di Parma. - Ministero della Pubblica Istruzione. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di 2 scuole promosso dal Centro Studi per líedilizia scolastica. Scuola media di 12 aule in Comune di Brebbia e scuola media di 20 aule in Comune di Varese per conto della IPISYSTEM di Nerviano-Milano). - Ministero dell'Industria, Commercio e Artigianato - Istituto Nazionale di Architettura. Concorso Nazionale "Il sole e l'habitat" per l'impiego di collettori solari nellíedilizia scolastica e residenziale. Il progetto è stato classificato come meritevole di rimborso spese. 1980 - IACP-Bologna. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di un intervento per complessivi n. 51 alloggi a Corticella (Bologna). Il progetto è risultato vincitore dell’appalto. - IACP-Milano. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di un intervento per complessivi n. 78 alloggi a Corsico (Milano). Il progetto, redatto per conto del CER, è risultato vincitore dell’appalto. - Comune di Bologna. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione degli interventi in applicazione della legge n. 25/1980. Il progetto, presentato per conto di Ernesto Frabboni, Impresa di Costruzioni S.p.a., Bologna, è risultato vincitore per gli interventi di via
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Serena e di via della Dozza. - Provincia di Milano. Concorso-appalto per la progettazione e la realizzazione di un Centro scolastico secondario superiore ad Abbiategrasso (Milano) per 1500 alunni. Il progetto, redatto per conto della CMC di Ravenna, è risultato vincitore dellíappalto. 1982 - Comune di Casalecchio di Reno. Concorso di idee per la progettazione della nuova sede municipale. Il progetto (motto "UN'IDEA IN COMUNE") ha ottenuto il 1° premio. 1983 - Comune di Bologna. Concorso-appalto per la realizzazione di un intervento residenziale a schiera in localita “LA NOCE”. Il progetto, presentato per conto del Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna è risultato vincitore per la realizzazione di n. 24 alloggi. 1984 - Comune di Bologna. Concorso di idee per il Parco urbano del Porto Navile e della Manifattura tabacchi a Bologna. 1988 - Concorso "Idee per l'alluminio nell'ambiente costruito" promosso dall'ALCAN. 1° Premio (Targa ALCAN 1988) per un edificio commerciale a Bologna. 1989 - Comune di Bagnacavallo. Concorso di idee “Spazio e immagine urbana”. Il progetto è stato segnalato come meritevole di rimborso spese. 1991 - Royal Incorporation of Architects in Scotland e National Museum of Scotland, Edimburgo, Concorso "The Museum of Scotland Project", per l'ampliamento del museo nazionale di Edimburgo. - Comune di Milano. Associazione degli Interessi Metropolitani. Concorso di idee per la progettazione dell’area Garibaldi-Repubblica (ad invito).
Theo Zaffagnini
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 192-201 - Marcello Balzani edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
Laurea Honoris Causa in Architettura a Paolo Fassa
Tradizione, innovazione e ricerca Ci sono modi, regole e comportamenti del fare architettura che si legano a filo stretto con tradizioni costruttive, a volte con sapienze di antichi magisteri d’opera, altre volte ancora con processi di creazione e produzione di materiali per l’architettura che fanno parte della storia di un luogo come di un territorio o di una grande regione europea. Il progetto chiede la traduzione materiale, concreta della forma. Un equilibrio, quello tra forma (energia, spirito) e materia che gli architetti conoscono molto bene nel continuo tentativo di comprendere (o superare) la contaminazione (Hegel la definiva inadeguatezza) che l’esperienza creativa richiede all’architettura nell’atto costruttivo. Come se nei materiali dell’architettura non si potesse ritrovare una capacità espressiva degna di un’interiorità spirituale. La materia non è banale, non è passiva, non è un mero supporto di altre qualità sensibili. Creare materiali dalla materia (o dalle materie) è poi un passaggio anch’esso non minore e prevedere di comprendere e valorizzare tante
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fasi (dalla scelta alle lavorazioni) per mettere in luce proprietà, impieghi, requisiti e prestazioni che non sono e non saranno mai esaurienti e soddisfacenti, perché incessanti sono il consumo e la domanda di materie così come risultano in continuo mutamento l’ambito di applicazione, l’assortimento e la capacità di innovazione che si connette ai più svariati processi tecnologici. Il progetto chiede la traduzione materiale, concreta della forma. Traduzione, ovvero un’interpretazione, una lettura critica, una rappresentazione fisica che pone molte domande sulla destinazione della realizzazione nel tempo o in merito alla trasformabilità, durabilità, manutenibilità, reversibilità che un percorso costruttivo determina nel suo dipanarsi dall’atto progettuale fino al destino della demolizione o del riciclaggio. E molti di questi codici genetici sono già insiti nella qualità della materia e nella logica di produzione dei materiali da costruzione. Una concretezza che si dimostra non solo nell’intuizione di un processo produttivo ma anche nella capacità di comprendere l’evoluzione di un settore industriale con grande sensibilità di ascolto, di attenzione ai bisogni, alla risoluzione dei problemi e alla verifica dei processi (di stoccaggio, trasporto, messa in opera, collaudo, utilizzazione, gestione).
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L’architettura è sicuramente progetto ma è anche indiscutibilmente materia. Un binomio, quello di forma e materia, che parte dal potenziale aristotelico di causa efficiente per delinearsi oggi con una ricchezza di ibridazioni, metamorfismi, surrogazioni, nano_intelligenze che superano sicuramente quei confini ristretti che relegavano la materia in un girone malefico per assumere un ruolo di protagonista. E nei trecento anni che hanno stratificato l’esperienza e la tradizione della famiglia Fassa, i cui esponenti in ogni generazione cercavano la calce nei sassi dei grandi fiumi del Veneto, tutto ciò dove sembrare molto concreto. Già perché la materia prima della calce, che veniva intuita a occhio o a peso nella profondità litica del residuo dell’erosione, diviene poi materiale da costruzione e dopo tanti secoli luogo dell’innovazione tecnologica. Nella storia di una famiglia che sceglie di non cambiare idea, che crede nella permanenza della tradizione del fare, Paolo Fassa (nato a Spresiano in Provincia di Treviso nel 1941), assume un ruolo determinante. Paolo Fassa poco più che ventenne intuisce come la produzione di questo materiale poteva svilupparsi oltre i confini localistici del trevigiano aprendosi a una competitività nazionale in cui il controllo di processo e l’innovazione tecnologica diffusa dalla produzione alla distribuzione si dimostrano armi vincenti. Negli anni Settanta applica la ricerca per la prima iniziativa di innovazione tecnologica nella produzione industriale sviluppando e adottando sistemi di confezionamento e trasporto del grassello di calce fortemente più performanti. Il mercato delle costruzioni è in crescita in Italia e le innovazione applicate consentono di capitalizzare il successo di produzione (nel decennio 1965-1975 si passa da 45.000 a 155.000 quintali annui) nella creazione di nuovi forni per la calce. Paolo Fassa ha chiaro fin da questi primi anni al controllo dell’Azienda, come l’investimento sulla struttura e la rete degli impianti deve seguire di pari passo l’innovazione di prodotto. Sviluppa quindi l’immagine e la comunicazione del settore della calce anche fuori dal Veneto (Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna), dando credibilità e infondendo valore a un materiale povero. Un valore che non risiede solo nel prezzo ma soprattutto nelle prestazioni e nella verifica in messa in opera.
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Un’attenzione che deve trovare dei fondamenti scientifici non solo nelle prassi e nelle esperienze tradizionali. Negli anni Ottanta, quindi, Paolo Fassa introduce il marchio Fassa Bortolo e sviluppa un centro di ricerche che fa perno sui laboratori chimici e sul consolidarsi di un personale e attrezzature scientifiche e specializzate. L’innovazione che ne scaturisce, anche in chiave di controllo di qualità di produzione, permette di immettere nel settore delle costruzioni uno dei primi impianti di intonaci premiscelati. È una chiave di volta che modificherà il processo di lavorazione nel cantiere, offrendo un percorso di produzione sempre più automatizzato, sicuro nell’efficienza e rispettoso dell’ambiente. Comprende il ruolo del cantiere, il valore degli attori (a tutti i livelli) che concorrono al risultato dell’opera architettonica e cercare di mettere in atto tutti gli strumenti (tecnici, informativi e di assistenza) per dare continuità e successo a una scelta tecnologica non è cosa semplice. Paolo Fassa, in questi anni, punta a sviluppare un’organizzazione di assistenza tecnica e di formazione degli applicatori, delle imprese e dei tecnici, per l’utilizzo e la valorizzazione dei prodotti premiscelati, che costituisce la base fondamentale per iniziare nel 1984 in maniera diffusa e con grande sforzo di investimento un’innovativa modalità di distribuzione in cantiere degli intonaci mediante silos a pressione. Parole come sicurezza e praticità per gli operatori, qualità e controllo dei materiali, riutilizzazione (dei silos) e riduzione (di confezionamenti a perdere), entrano in uno dei segmenti più ostativi all’innovazione tecnologica: il cantiere da costruzioni. La materia, i materiali, le memorie che sono assorbite in esse devono permanere, devono offrire una continuità di saperi. Posseggono delle intelligenze che devono essere mantenute, non si devono disperdere. E il cantiere, che è un altro luogo dell’azione del fare dopo la fabbrica non può rimanere indenne a quest’azione attiva. Da qui in poi la strada è segnata. Paolo Fassa concepisce lo sviluppo come una strategia coerente di sistemi e prodotti. Nei dieci anni che seguono entrano in produzione nuovi impianti (a Brescia e a Roma) e si potenzia il ruolo del Centro Ricerche di Spresiano aprendo l’analisi e la sperimentazione di un quadro tecnologico integrato di materiali e
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componenti che rispondono alla complessità della realtà costruttiva dalle finiture (pitture, rivestimenti murali), agli aspetti di tenuta (adesivi), fino ai materiali per il risanamento e il ripristino. Il problema è risolvere le problematiche di coerenza di messa in opera in rapporto alle condizioni ambientali e al livello di interazione tra componenti stessi, strutturando un quadro conoscitivo (che fa capo al Centro Ricerche) fortemente fondato sulle verifiche e sul controllo in cantiere nelle applicazione dirette degli utilizzatori. Una memoria diffusa che si propone ai progettisti come selettiva e capillare. La prima decade del Duemila è segnata dai temi della sostenibilità. Un atteggiamento coerente che vede Paolo Fassa attento a sviluppare nei propri Laboratori e a certificare nuovi prodotti secondo qualità bio, ma anche a realizzare impianti come quello sul porto di Ravenna in cui le materie prime arrivano via nave, abbattendo l’impatto dei trasporti, e il prodotto finito può essere trasferito sempre via nave in mercati esteri quali il Portogallo dove l’azienda inizia prima a distribuire e poi a realizzare un nuovo impianto vicino a Fatima. La ricerca di soluzioni di impianti industriali a basso impatto ambientale e acustico per le lavorazioni, integrati nel contesto anche in rapporto alle cave di estrazione, costituisce una linea di coerenza per la realizzazione di una estesa rete di nuovi impianti, strategici per il controllo qualitativo delle fasi di produzione in rapporto al sistema di distribuzione. Paolo Fassa compisce questi anni come anni in cui la diversificazione selvaggia non deve contaminare il profilo tradizionale dell’azienda. Il saper fare bene ciò che si è fatto rimane la linea di indirizzo e gli investimenti riguardano sempre i temi della produzione e della ricerca nell’edilizia e nell’architettura, applicati anche sul recupero e sul restauro. Sono questi anche gli anni dei primi contatti con la Facoltà di Architettura di Ferrara e il suo Dipartimento. Gli anni in cui si comincia a coinvolgere Paolo Fassa in ricerche sperimentali sulla controllo di qualità durante le fasi di messa in opera e nel cantiere di via dell’Abbondanza a Pompei sul restauro delle pitture murali delle botteghe. Sperimentazioni difficili che portano la struttura di ricerca del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara a conoscere meglio i modelli di produzione e i centri e i laboratori della Fassa Bortolo. Una coniugazione che negli anni che seguono vede la creazione congiunta di importanti iniziative come il Premio Internazionale Architettura Sostenibile (nel 2003) e il Premio Internazionale Domus Restauro e Conservazione (nel 2010) che sono oggi straordinari strumenti di diffusione e confronto di saperi attraverso una rete di centinaia di professionisti e ricercatori in tutto il mondo. Premi, che sono iniziative culturali di grande spessore, che permettono di mettere la Facoltà di Architettura e l’Ateneo ferrarese al centro di un dibattito internazionale ogni anno sempre più coinvolgente e aperto a nuovi rapporti di scambio di innovazione (progettuale, didattica, tecnologica, comunicazionale). Uno sforzo congiunto che si fortifica sia con decine di iniziative convegnistiche e seminariali ogni anno in tutta Italia in cui i centri di ricerca del Dipartimento di Architettura hanno la possibilità di confrontarsi con altre realtà e contesti territoriali e sviluppare collaborazioni e servizi, sia con collane di prestigiose pubblicazioni tecnico-scientifiche che
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rappresentano un consolidato qualitativo del livello di collaborazione. Oggi l’azienda guidata da Paolo Fassa, che è passata dai 20 dipendenti del 1969 ai circa 1200 collaboratori esterni e interni, si sta confrontando con il mercato europeo attraverso una sfida che la vede impegnata a sviluppare un’integrazione di componenti edilizi con tecnologie di produzione fortemente innovative nel settore delle costruzioni a ciclo secco. Comprendere le problematiche di interazione tra la tradizione di processi costruttivi e di finitura bagnati e quelli secchi (come il cartongesso) sarà per la Fassa Bortolo il nuovo percorso di ricerca e di sviluppo dei prossimi anni. La materia non è banale, non è passiva, non è un mero supporto di altre qualità sensibili. La materia attiva le intelligenze e concretizza la traduzione del progetto. Pone molte domande al progettista in tutte le fasi dell’azione creativa e anche oltre il progetto stesso, nel tempo, durante l’invecchiamento, per avere altre vite da vivere. Marcello Balzani
Biografia di Paolo Fassa 1941 Nasce a Spresiano il 19/11/1941 da famiglia storicamente legata alla produzione della calce (attestati riportano riferimenti dall’inizio del 1700); 1961 Diplomato in Ragioneria a Treviso presso l’Istituto Tecnico Ricatti; 1961 Il 21 ottobre inizia a collaborare con il Consorzio Un.In.Ca. (Unione Industriali Calce), organizzazione tra produttori locali dell’area della provincia di Treviso, di cui l’azienda di famiglia faceva parte e si occupa dell’attività di vendita ai clienti del consorzio stesso; 1963 Entra nell’azienda di famiglia, nella quale cura la parte commerciale ed inizia a seguire l’organizzazione produttiva; 1965 Decide di far uscire l’azienda di famiglia dal Consorzio per rilanciarla e renderla più competitiva; 1967
Assume la titolarità dell’azienda, liquidando i fratelli;
1973 Prima iniziativa di innovazione nella produzione: adozione e miglioramento di sistemi di confezionamento e trasporto del grassello di calce. Inoltre, promuove questa novità tramite uno strumento di comunicazione cartaceo, ritenendo importante presentare questi vantaggi al cliente finale; inizia, in questi anni, una prima espansione commerciale; Nel decennio 1965-1975 la produzione passa da 45.000 a 155.000 quintali annui. 1976
Costruzione di un nuovo forno per la calce, che si affianca ai 3
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forni storici, e la produzione sale a 250.000 quintali, che consente di diventare leader nel settore della calce con un’evoluzione anche fuori dal Veneto: Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna; 1981 Dopo lo sviluppo del laboratorio chimico, decide la diversicazione dell’azienda e, con la costruzione del primo impianto per la produzione di intonaci premiscelati, entra in un nuovo mercato che oggi rappresenta il core-business dell’azienda; 1981 Viene introdotto il marchio Fassa Bortolo che, oggi con la stessa grafica, distingue la presenza dell’azienda sul mercato; Da piccola azienda monoprodotto, si comincia a sviluppare un nuovo modello di azienda che punta molto sull’automazione e sull’efficienza: con il massimo rispetto per l’ambiente. In questo periodo si punta a sviluppare un’organizzazione di assistenza tecnica e di formazione degli applicatori e delle imprese, per promuovere l’utilizzo dei prodotti premiscelati. 1984 Inizia la distribuzione degli intonaci mediante silos a pressione, strumento che consente oltre alla praticità d’uso anche una riduzione dei materiali di confezionamento (sacchi); 1988 Entra in produzione il secondo impianto di intonaci ad Artena (Roma); 1992 Entra in produzione il terzo impianto di intonaci a Mazzano (Brescia); 1994 Dopo un’attento e qualificato restauro delle strutture storiche del complesso Lazzaris, sito a Spresiano e datato 1883, specializzato nella lavorazione del legno, viene inaugurata la sede direzionale. 1995 Creazione del nuovo Centro ricerche a Spresiano. Si inizia la produzione di pitture e rivestimenti murali nel nuovo Colorificio situato all’interno dell’area produttiva dello Stabilimento di Spresiano. Lo sviluppo dell’azienda continua con la formulazione di nuove linee di prodotto specialistiche quali il Sistema Risanamento, Sistema Ripristino e la Linea Adesivi.
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Il Piave a Spresiano (Quadro di Mario De Tuoni)
Nel 2000 viene certificato da ANAB il primo intonaco certificato per la bioedilizia, sviluppato nei laboratori Fassa Bortolo, cui si aggiungeranno un anno dopo altri prodotti che costituiscono la Linea Bio-architettura. 2000 Apertura di un nuovo impianto sul porto di Ravenna, le materie prime arrivano via nave, abbattendo l’impatto dei trasporti, e il prodotto finito può essere trasferito sempre via nave in mercati esteri quali il Portogallo dove l’azienda inizierà prima a distribuire i propri prodotti. 2001 Si inizia a produrre in un nuovo stabilimento, specializzato nella produzione di intonaci a base gesso, a Moncalvo (AT), dove la materia prima viene estratto da una cava sotterranea; 2002 Conversione di una vecchia cartiera a Bagnasco (CN) per la produzione di prodotti premiscelati: i colori vengono definiti dalla Sovrintendenza per ottenere un’integrazione con l’ambiente circostante; 2002 Apertura nuovo stabilimento a Molazzana (LU) perfettamente integrato con l’ambiente, grazie ai colori definiti dalla Sovrintendenza: la cava è direttamente collegata con l’impianto; 2003
Nuovo stabilimento nell’area industriale di Popoli (PE);
2004 Apertura del primo impianto all’estero, in Portogallo a Batalha, vicino a Fatima. 2005 Dopo la ristrutturazione di una vecchia fornace da calce, viene costruito un impianto per prodotti premiscelati a Sala al Barro (LC), esempio di costruzione industriale rispettosa dell’ambiente sia dal punto di vista estetico, sia per le soluzioni adottate che riducono l’impatto acustico considerando la vicinanza con le abitazioni private. 2006 Viene rilevato un impianto di produzione di intonaci e lisciature a base gesso con relativa cava, a Moncucco Torinese (AT);
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2006 (BS)
Costruzione di un impianto di produzione di calce a Montichiari
2007 Restauro di un’antica filanda per realizzare un centro di formazione per incontri e convegni con operatori del settore; 2008
Nuovo stabilimento di intonaci a Bitonto (BA)
2010 Nuovo stabilimento per la produzione di cartongesso a Calliano (AT): struttura che utilizza tecnologie all’avanguardia. Con questo impianto l’azienda Fassa diversifica la propria produzione andando ad ampliare la propria offerta di prodotti per l’edilizia. Il cartongesso va ad integrarsi con le soluzioni tradizionali che hanno fatto la storia dell’azienda. 2011 L’azienda occupa oggi circa 1200 collaboratori interni ed esterni, nel 1969 erano circa 20 dipendenti. Questa è la storia dello sviluppo dell’azienda da un punto di vista produttivo e commerciale, ma l’azienda nell’ultimo decennio si è impegnata assiduamente anche in iniziative culturali e sportive. Dal 2000 al 2005 ha sponsorizzato una delle squadre di ciclismo più forti al mondo. L’azienda è coinvolta sul territorio dove opera a supporto delle iniziative locali: umanitarie, culturali e sportive. Inoltre, nel 2003, ha istituito, in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Ferrara, il premio architettura sostenibile Fassa Bortolo, oltre a collaborare negli interventi organizzati dalla Facoltà a Pompei per il restauro delle pitture murali in via dell’Abbondanza. Infine, ha contribuito al restauro degli affreschi del Palazzo dei Trecento a Treviso. Dal 2007 al 2010 è stata partner della città di Venezia ed ha sviluppato uan linea di prodotti per il restauro. Dal 2010 ha istituito, sempre con la Facoltà di Architettura di Ferrara, il premio Domus Restauro e Conservazione. Tutte queste iniziative sono state documentate attraverso importanti volumi che rappresentano importanti riferimenti anche per i professionisti. L’azienda è impegnata nella continua diffusione della cultura dell’edilizia attraverso convegni di alto livello sulle tematiche della sostenibilità e del restauro in tutta Italia.
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PROMOTORI XFAFX Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno PATROCINI E COLLABORAZIONI XFAFX Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna / Provincia di Ferrara Comune di Ferrara ADI / SITdA / CNA Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona PARTNER XFAFX Fassa Bortolo Libria Nardi Sannini
1 Raccolta di ciottoli sul greto del Piave 2 Le fornaci nel 1910 con il titolare Pietro Fassa 3 Le fornaci negli anni '70
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 202-204 - Chiara Testoni edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it22
post-it journal Andrea Branzi. Biografia e opere
Andrea Branzi, 2008 - immagine/image Kai Juenemann
“L’Architettura – afferma Andrea Branzi – non è l’arte del costruire. L’architettura è una disciplina molto complessa che interpreta la storia, le tecnologie e i cambiamenti della società”. Andrea Branzi, Architetto e Designer (Firenze, 1938), è una delle figure più carismatiche del panorama culturale internazionale. Fino dalla laurea (1966) ha fatto parte del movimento di avanguardia dell’“architettura radicale” e i suoi progetti sono oggi conservati presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, al Centro Georges Pompidou di Parigi e al FRAC di Orléans. Nel 1974 si trasferisce a Milano dove, tra il 1975 e il 1982, fa parte della CDM (Consulenti Design Milano), firmando nel 1975 il progetto dell’immagine coordinata per l’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma. Nel 1982 apre il proprio studio, occupandosi di architettura, urbanistica, interior design e industrial design.
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Si interessa di design industriale e sperimentale, architettura, progettazione urbana, didattica e promozione culturale. È autore di molti libri su storia e teoria del Design pubblicati in vari paesi; negli ultimi anni importanti monografie sono state dedicate al suo lavoro. Nell’ambito dell’industrial design, Branzi ha collaborato tra gli altri con Acerbis, Alessi, Artemide, Cassina, Interflex, Lapis, Pioneer, Twergi by Alessi, Unitalia, Up & Up, Zanotta; tra i brand esteri, annovera il produttore giapponese di occhiali Murai e le ditte tedesche Vorwerk e Dornbracht, attive rispettivamente nel campo dei rivestimenti in moquette e di accessori e decori per bagno. Andrea Branzi alterna l’intensa attività progettuale a quella teorica e didattica. È collaboratore e consulente di numerose riviste – è stato direttore della rivista “Modo” dal 1982 al 1984 – autore di libri, lecturer, curatore di mostre. Tra i fondatori di Domus Academy (prima scuola post-universitaria di design) nel 1982, Branzi è stato direttore culturale, vice-presidente e coordinatore dell’Istituto. Ha ricoperto fino al 2009 il ruolo di Professore Ordinario e Presidente del Corso di Studi in Design degli Interni nella Facoltà di Design del Politecnico di Milano. È membro del Consiglio Nazionale del Design del Ministero della Cultura. È stato Curatore Scientifico del nuovo Design Museum della Triennale di Milano organizzando le due prime esposizioni tematiche. Il suo lavoro è stato oggetto di numerosi premi e riconoscimenti. È stato consulente responsabile del primo Centro Design e Servizi per un’industria di materie prime (Montefibre) dal 1974 al 1979, vincendo con le ricerche di Design Primario il primo dei tre Compassi d’Oro, di cui uno alla carriera. Nel 2008 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa in Design conferita dall’Università della Sapienza di Roma e nello stesso anno è stato nominato Membro Onorario del Royal Design for Industry di Londra. Ha tenuto conferenze in Francia, Belgio, Olanda, Germania, Inghilterra, Svizzera, Spagna, Portogallo, Stati Uniti, Brasile, Argentina, Giappone, Corea, Hong Kong, Cina, Singapore, Thailandia. Chiara Testoni
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1 Cielo e Terra 2011 2 Andrea Branzi, Agronica – Urbanizzazione debole Centro Ricerche Domus Accademy. Centro Design Philips 1994-1995 3 - 4 Andrea Branzi, Toyo Ito, Concorso per il nuovo Forum per la Musica, Danza e Cultura Visuale di Gent (B), 2006 - immagini/images Studio Ueda
1 Grandi Legni, 2009, Design Gallery e Nilufar image Ruy Teixeira 2 -5 Andrea Branzi, Trees, 2010 Friedman Benda, New York images Curti-Parini
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2013), 205-212 - Veronica Dal Buono edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
Raccontare Andrea Branzi in formato video. Oggetti e territorio
Videointervista a Andrea Branzi, prima parte
L’“intervista” (da intervisere, visitare qualcuno, andare a vedere), prima ancora di una serie di domande, è un incontro, un momento di condivisione che si svolge “viso a viso” tra persone, suggellato in un secondo tempo dal colloquio e dalla conversazione. Intervistare è fare visita a qualcuno per il piacere del confronto, del dialogo, ancor prima del significato contemporaneo di “indagine” attraverso una sequenza di interrogativi che ruotino specificatamente intorno ad argomenti e direzionino verso specifici obiettivi. Alla forma dell’“intervista”, intesa come partecipata comunicazione, si è scelto di affidare il racconto sul design, e non solo, espresso da Andrea Branzi in occasione del Ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara, quando l’architetto Alessandro Deserti, docente del Politecnico di Milano, poco prima si procedesse con la lectio magistralis “Oggetti e territori”, ha indirizzato una riflessione dialogica sui temi importanti per il maestro. Non solo design ma anche cultura urbana, architettonica, ambientale, tecnologica e antropologica, sin anche spirituale, affiorano dalle parole di Andrea Branzi che qui si riportano attraverso il formato “video”. All’efficacia della comunicazione diretta, spontanea, del mezzo “intervista” – affidata alle parole – si è scelto di aggiungere l’immediatezza percettiva della riproduzione filmica di quei momenti – attraverso la riproduzione di voce e immagini dinamiche -, per consegnare il messaggio al sempre più esteso pubblico che fruisce dei canali di condivisione in rete.
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Videointervista a Andrea Branzi, seconda parte
Di Andrea Branzi esiste una sconfinata produzione scientifica, riflesso di intensa attività di riflessione teorica; un documento in formato video aggiunge ulteriore conoscenza. Perciò il presente racconto, girato, curato e montato nella sua interezza, risponde alla scelta di una comunicazione volutamente non sintetica e che, in un certo qual modo, contraddice i principi stessi di concisione e velocità che più di altri si sono in breve radicati nella divulgazione al pubblico contemporaneo per mezzo dei canali digitali. Riflessione, comprensione, esperienza, richiedono tempo. Si è scelto di presentare l’“intervista”, il succedersi della sequenza interlocutiva svoltasi tra Branzi e Deserti, come materiale di cultura documentaria, affinché possa trovare, grazie ai dispositivi digitali del presente, conservazione nel tempo e diffusione di grande respiro. Dalle sequenze di montaggio il protagonista emerge in toto con le sue peculiarità. Partendo dalle riflessioni-quesiti proposti da Alessandro Deserti, riprende in esame i tratti fondamentali del suo percorso lasciando cogliere attraverso la fisicità dei movimenti, i toni del parlato, il movimento degli occhi, la potenza d’avanguardia del suo pensiero criticoprogettuale e inequivocabilmente la sua personalità. La vicinanza che la visione di una video-intervista consente, rispetto alla lettura della stessa riproposta testualmente, annulla le distanze con lo spettatore e, riproducendo il movimento della figura umana con quanto più obiettivo realismo, scioglie l’“aurea” in cui le parole impresse su carta avvolgono il lettore. Affidare una conversazione così specialistica quanto “universale” come quella svoltasi tra Branzi e Deserti alla riproduzione in formato video, è un po’ generare, per la durata della sua sequenza, un effetto di fedeltà e tangibilità, consentendo la visione diretta dell’autore-protagonista e innestare così empatia nello spettatore, come potesse “entrare” anch’egli nello spazio della sala di registrazione.
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Videointervista a Andrea Branzi, terza parte
Lo svolgersi del ragionamento L’incontro muove dalla riflessione, propria di Branzi e già espressa più volte nei suoi scritti, della continuità/contiguità tra le discipline architettura e design. Design che non è più solo “progetto di oggetti” ma, a scala differente, si fa spazio e città. Eppure la specificità che il design aggiunge, secondo Branzi, è stato l’aver avvertito – in specifico con i movimenti radical degli anni ’70 – la frattura interna all’idea di “modernità”, secondo la quale progettualità territoriale, progettualità architettonica e universo oggettuale del design sono attività indirizzate e interconnesse dall’ordine raziocinante ed equilibrante del pensiero. La città contemporanea, contrariamente, si avvicina ad essere un “sistema molecolare complesso”, territoriale – ciò, nel XXI secolo, è ufficiale –, ove informazione, merceologia e servizi si mescolano e “bypassano” l’architettura (e il repertorio di forme codificate di cui sarebbe portatrice). Quest’ultima non è più la protagonista della scena urbana quanto piuttosto, con solitarie “eccezioni visive”, è trasformata essa stessa in “prodotto”. Tale rivoluzione è evidente dal Guggenheim di Bilbao in poi. Gli scenari architettonici che compongono la città sono solo “apparentemente” reali, fisici, quanto in larga parte più immateriali, tessuti intangibili di relazioni informatiche e umane. Il ragionamento di Branzi – assimilato per vicinanza di pensiero a quello di Zygmunt Bauman – pur sembrando massimalista rispetto agli aspetti conflittuali e avversi dell’epoca presente, lascia affiorare l’idea che la trasformazione, il raggiungimento di una qualità migliorativa, sia possibile partendo dal basso, attraverso l’attitudine riformista individuale diffusa e “debole”, non attraverso programmazioni complessive e globalizzanti.
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Videointervista a Andrea Branzi, quarta parte
Così, nella società del XXI secolo, è proprio il mondo degli “oggetti” ad acquisire una centralità strategica perché, sempre mutevole e adattabile, può insinuarsi negli interstizi di “vuoto” e dare risposta alle migliaia di esigenze e varianti espresse dagli uomini. Come in epoche precedenti la poesia, la musica, la pittura, hanno consentito alle generazioni giovani la “realizzazione del sé”, oggi è il design la “professione di massa” capace di avvicinare l’uomo alla comprensione del suo “mistero” nell’abitare l’universo. Il mondo dell’“oggetto”, delle piccole cose, è solo apparentemente secondario e “inutile”; proprio ciò che sembra superfluo, fine a se stesso, esprime le esigenze profonde del tempo, le caratteristiche intangibili, “soft”, che danno forma alla realtà e allo “spirito del tempo”. Affiora pertanto dalle parole di Branzi, il tema dell’intangibile, dell’immateriale, che può essere riconosciuto per esempio attraverso la “sensorialità”. Senza muovere, per ora, ideali e concetti evanescenti, per “Immaterialità” può intendersi anche la qualità dei microclimi interni all’architettura che ne definiscono “il perimetro d’identità”. Molto realisticamente il caso riportato è proprio quello della qualità ambientale consentita dai condizionatori che, incredibilmente, ora assumono per lo spazio una valenza culturale, espressiva, non riconosciuta in precedenza nella storia dell’ambiente costruito. La crisi dell’architettura e l’affermazione del design, la messa in discussione della produzione di massa delle grandi industrie e la relazione con l’artigianato - mai scomparso quanto invece divenuto territorio di ricerca –, l’autoproduzione, l’avanzamento tecnologico estremo del settore agroindustriale, sono cambiamenti congiunturali al contesto presente, non fasi permanenti nel tempo ma coniugate con le condizioni geo-economiche attuali. Le ricerche di Andrea Branzi come pensatore e progettista, hanno compreso ciò con grande anticipo e ora il maestro, a posteriori, visualizza e vive l’autenticità delle riflessioni svolte al tempo dell’utopia “radical” con l’affermazione della No-stop city.
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Oggetti e territori Andrea Branzi affronta il pubblico presente alla Lectio magistralis di Palazzo Tassoni Estense – studenti di architettura e design, ma non solo - con la freschezza e lucidità di uomo orientato per vocazione alla divulgazione del pensiero, palesando la forza del suo pensiero progettuale temprato dall’esperienza e dalla consapevolezza maturata attraverso il ragionamento teorico. Gli strumenti, i canali cui si affida nel corso della dissertazione sono molteplici. Accompagna il racconto in forma verbale con sequenze di immagini e filmati. Immagini in movimento, veloci, vorticose, sottolineate da impetuose colonne sonore che si librano dalla forma classica attraversano il rock per raggiungere le tendenze di ricerca musicale contemporanea più spinte. Proprio da territori come la musica, fuori dai confini canonizzati della disciplina, proviene la sua formazione, il suo pensiero sul design. Nel corso della trattazione Branzi si soffermerà ancora sul tema centrale dell’urbanizzazione veicolando un messaggio per le città del presente, defintite “favelas ad alta tecnologia”, attraverso una lista di indicazioni che riformano l’idea di Carta d’Atene del 1933, ultimo progetto formulato sulla città ma da superarsi osservando l’evoluzione del presente. Più che un modello architettonico, la nuova carta d’Atene di Branzi (manifesto presentato alla Biennale di Venezia del 2010) è un modello mentale, un’attitudine a riflettere su uno scenario in continua evoluzione con occhi aperti e mai stanchi. Con parole e immagini presenta la città come un “organismo vivente in continua trasformazione”, basata su economie virtuali di relazioni materiali e umane; un grande luogo di “ospitalità cosmica” per il quale studiare modelli di urbanizzazione “deboli”, con assetti ibridi, partendo dall’osservazione di realtà anche molto distanti dalla civiltà occidentalizzata. Lo spazio della civiltà è “un giacimento genetico”, luogo di vita e di morte, aggregato umano in continua evoluzione. Si lavori per essa sui “confini sfumati”, privi di separazioni rigide, ove possono controllarsi minimi “microclimi” per ciascuna attività e ove i “microinterventi” dei singoli e delle comunità “come uno sciame” possano diventare “trasformazioni” generali.( tutto il pezzo va virgolettato? Sono sue parole? Si lavori fa intendere ciò) Il viaggio prosegue raggiungendo un’idea, l’ultima del percorso, ovvero l'idea di “infinito”, di orizzonte illimitato, categoria - nel Rinascimento identificata con la prospettiva - scomparsa dai modi attuali di pensare l’architettura, composta da singoli, piccoli, episodi. Infinito è confrontarsi con qualcosa che è oltre, al di là dell’orizzonte. Il grande impegno personale, al presente, per Andrea Branzi è riflettere e operare per portare all’interno della cultura progettuale, del design, un “segno del turbamento”. Lo smascheramento dalla “bella forma”, per le altre discipline quali arte, musica e letteratura, è già avvenuto nel corso del secolo scorso quando, immergendosi nella realtà storica, si sono fortemente rinnovate. Proprio il design che riveste un nuovo importante ruolo nell’economia globalizzata di gestione e rifunzionalizzazione urbana, deve superare se stesso. Ciò può avvenire solo raccontando il vero: “il lieto fine non è più garantito”. Questa constatazione non per affermare una pessimistica
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resa, quanto proprio per affrontare presente e futuro con consapevolezza, realismo, acquistando profondità attraverso l’interpretazione dei grandi temi antropologici. “Al di là del mercato esistono delle piattaforme antropologiche sulle quali confrontarsi. Sono i temi della vita, della morte, del destino, del sacro. La cultura del progetto non li ha mai elaborati né come ricerca (e) né come sperimentazione. Bisogna cominciare a farlo perché ormai la responsabilità del design è nuova e diversa”. Il pensiero di Branzi è “elettroforo”, emette scosse, riattivazioni celebrali… Sostiene e difende, al di là della logica ancora comune nella cultura del progetto “ufficiale”, un pensiero che ancora può dirsi radicale. Guarda ad altri universi, più biologici che costruttivi; accetta il rischio dell’essere “incompreso” affermando che cultura di progetto non è solo attività destinata alla realizzazione e che “le cose pensate esistono quanto quelle realizzate”. Cosciente dunque delle difficoltà, dei vincoli, ancora una volta ha la forza di destabilizzare. E lancia a tutti un monito: “bisogna mettere la testa fuori, non lasciarla intrappolata”. Veronica Dal Buono
PROMOTORI XFAFX Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara
SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno
PATROCINI E COLLABORAZIONI XFAFX Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna / Provincia di Ferrara Comune di Ferrara ADI / SITdA / CNA
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Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Province di Bologna, Ferrara, ForlĂŹ-Cesena, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona
PARTNER XFAFX Fassa Bortolo Libria Nardi Sannini
1 -4 Andrea Branzi, Lectio magistralis "Oggetti e territori", Palazzo Tassoni Estense, marzo 2012 5 Andrea Branzi a Palazzo Tassoni Estense in occasione di XfafX Festival to design today 6 -8 Andrea Branzi, intervistato a Palazzo Tassoni Estense in occasione di XfafX Festival to design today
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1 -3 Andrea Branzi, Per una Nuova carta di Atene, Biennale dell’Architettura di Venezia, Padiglione Italia, 2010 4 - 7 Andrea Branzi, Still lifes, Galleria Clio Calvi & Rudi Volpi, 2011 8 - 9 Andrea Branzi, Diagrammi, Galleria Nilufar, Milano 2011 10 - 11 Andrea Branzi, Louis XXI, porcelaine humaine, 2010 ph © Gérard Jonca / Sèvres - Cité de la céramique 12 Andrea Branzi, Louis XXI, porcelaine humaine, 2010
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2013), 213-214 - Alessandro Deserti edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Andrea Branzi
Intervista a Andrea Branzi, prima parte
Intervista a Andrea Branzi, seconda parte
I
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Intervista a Andrea Branzi, terza parte
Intervista a Andrea Branzi, quarta parte
Alessandro Deserti
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 215-217 - Chiara Testoni edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Matteo Thun. Biografia e opere
Matteo Thun, 2008 - immagine/image Francesca Lotti
Secondo Matteo Thun (Bolzano, Italia, 1952), la memoria storica e i valori culturali connessi a un determinato luogo sono una straordinaria eredità nonché uno stimolo inesauribile per l’architettura. Coerentemente a tale assunto, nelle sue opere le suggestioni dettate dalla rilettura critica del contesto convivono armonicamente con un’inesauribile tensione innovativa, finalizzata a massimizzare la sostenibilità ambientale, il risparmio energetico, il controllo dei costi e dei tempi di produzione, senza tuttavia mai rinunciare a una raffinata ricerca estetica. Matteo Thun studia alla Salzburg Academy con Oskar Kokoschka e si laurea a Firenze nel 1975 con Adolfo Natalini. Nel 1978 si trasferisce a Milano dove comincia a collaborare con Ettore Sottsass. Nel 1981 è cofondatore del Gruppo Memphis, del quale è vivace protagonista per tutti
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gli anni Ottanta e partner di Sottsass Associati dal 1980 al 1984. è professore della cattedra di Design all’Università di Arti Applicate a Vienna (Hochschule für Angewandte Kunst, Wien) dal 1983 al 2000; nel 1984 fonda il proprio studio a Milano. Ricopre poi il ruolo di Art Director per Swatch dal 1990 al 1993. Matteo Thun & Partners sviluppa progetti nei campi dell’architettura e del design. Lo studio è composto da un team internazionale di professionisti: architetti, interior designer, product designer e graphic designer. Il continuo dialogo interdisciplinare determina il successo della “grande famiglia” di via Appiani a Milano. Sostenibilità – economica, ecologica, socioculturale – è una costante progettuale nell’architettura di Matteo Thun & Partners. Lo studio cerca di percorrere una via capace di coniugare la piena contemporaneità con un attento ascolto del contesto, una sensibilità capace di soddisfare esigenze estetiche ed economiche del presente e del futuro. ‘Ecotecture’ – l’insieme di ecologia e architettura – è la risposta alla sfida dello sviluppo sostenibile. Nel design Matteo Thun parte da un lavoro di sottrazione e semplificazione, dove il semplice non è impoverimento semantico ma raffinatezza, come esito di un progressivo avvicinamento all’essenza, alla forma iconica. La ricerca di questa semplicità ed essenza si chiama “ZERO” Design. Il design integra e completa i progetti di architettura e di interni di Matteo Thun & Partners: un edificio ha bisogno di interni, gli interni hanno bisogno di oggetti e gli oggetti hanno bisogno del designer. Matteo Thun ha vinto il prestigioso riconoscimento “Compasso d’Oro” per l’eccellenza nel design tre volte. Diverse sue opere architettoniche hanno, inoltre, ottenuto premi prestigiosi a livello internazionale: il suo Side Hotel ad Amburgo è stato scelto come “hotel dell’anno” nel 2001, il Vigilius Mountain Resort ha vinto il Wallpaper Design Award nel 2004, il Radisson SAS Frankfurt è stato scelto come migliore hotel nell’ambito del Worldwide Hospitality Awards nel 2005, la Hugo Boss Strategic Business Unit in Svizzera ha vintoil Prix Acier Construction nel 2007. Tra le significative opere architettoniche e di interior design, si ricordano: Hugo Boss Strategic Unit a Coldrerio, Svizzera (2006) e Hugo Boss New Concept Store di New York (2008), Missoni Hotel di Edinburgo (2009), Binderwoodcenter Kösching in Germania (2008), Edelweiss Residence, Katschberg (2005-2009); A.T.E.R Social Houses di Motta di Livenza, Treviso (2006-2010); il complesso Tortona 37, Milano (2003-2009); il Vigilius Mountain Resort, Merano (2001-2003), le Terme di Merano. Numerose poi le collaborazioni con le realtà produttive e imprenditoriali più prestigiose a livello internazionale nel campo del design, tra cui: Alessi, Artemide, Catalano, Dornbracht, Driade, Duravit, Flos, Lavazza, Rapsel, Riva 1920, Swarowski, Zucchetti, Zwilling e Illy, per cui disegna la celebre collezione di tazzine da caffè (1990). Chiara Testoni
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1 Hugo Boss Industries, Coldrerio, Svizzera (CH), 2006; immagine Frahm 2 Hugo Boss Industries, Coldrerio, Svizzera (CH), 2006; immagine Pietro Bagnara 3 Hugo Boss Industries, Coldrerio, Svizzera (CH), 2006; immagine Frahm 4 Vigilius Mountain Resort, Lana, Merano (I), 2003; immagine Vigilius 5 Vigilius Mountain Resort, Lana, Merano (I), 2003; immagine Thierrymalty 6 Vigilius Mountain Resort, Lana, Merano (I), 2003; immagine Vigilius 7 - 8 Tortona 37, Milano (I), 2009; immagine Domenicali
1 - 3 Tavolo Briccole Venezia per Riva R1920, 2010; immagine Riva1920 4 Vasca da bagno Ofurò per Rapsel, 2009 progetto di Matteo Thun e Antonio Rodriguez; immagine Tiziano Sartori 5 The Wooden Beacon, installazione al Fuori Salone, Milano, 2010; image Ruy Teixeira
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 218-224 - Veronica Dal Buono edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
Il legno, materiale del nuovo millennio? La lezione di Matteo Thun
Lectio magistralis di Matteo Thun
Matteo Thun è figura poliedrica, affermatasi nel panorama del progetto contemporaneo con fermezza e tenacia al contempo per distinguersi con carismi quali sobrietà, discrezione, eleganza e leggerezza coniugate ad un carattere di manifesta solidità. Pur appartenendo senza dubbio al vorticoso mondo delle archistar, caratterizzato da soggettività talora sovradimensionate, Thun ripudia tale sistema per il quale il grande pubblico ancora immagina che il "maestro" con la bacchetta magica alias matita, nel caso dei creativi – giunga con un forte segno a indirizzare e definire il progetto. In differente modo Thun interpreta ed esprime la figura del progettista contemporaneo. Alla guida di un team internazionale, si pone per esso un po’ come il “capo-famiglia”; è coordinatore di progetti complessi, frutto di azioni concertate e della valorizzazione delle competenze specifiche del gruppo, non del singolo; è capace di ascoltare e mediare, cogliendo lo spirito del committente, se si tratta di un brand, dell'ambiente-paesaggio abitato dall'uomo, se si tratta di architettura. Personalmente Matteo Thun ama definirsi "architetto" senz’altre accezioni, rifacendosi all'idea "mediterranea", classica, del progettista che sa "attraversare” tutte le scale del progetto. Lontano dalla specializzazione compartimentata di competenze di derivazione anglosassone, si accosta ai territori più diversi del progetto, sempre
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aperto a nuovi orizzonti tematici e geografici, lavorando in reciproca fertilizzazione con i suoi collaboratori eppur perseguendo una solida e ben definita linea progettuale. La sua opera non segue un ideale figurativo, non strilla un’espressione personale del progetto; piuttosto, silenziosamente, crea un linguaggio che - nell'armonizzare territori alquanto eterogenei - mette in primo piano il rispetto, l'attenzione e la consapevolezza della presenza dell'uomo nel contesto ambientale. La ricerca che con il suo team conduce è rivolta al Life Cycle Managment, contesto entro il quale ritiene che gli architetti e designer debbano divenire gestori del ciclo di vita del prodotto, sia esso "cucchiaio" o "città". La citazione che qui riportiamo fa riferimento esplicito all'affermazione di Ernesto Nathan Rogers nella relazione per la carta di Atene del '52, quando definì i caratteri "della scuola milanese", e tal modo può dirsi valere ancora al presente. La giornata del versatile progettista è divisa in due: la mattina il design del “cucchiaio”, il pomeriggio il progetto del “grattacielo”. Questa l'ampiezza del territorio del progetto: il “cucchiaio” a rappresentare il prodotto, lo spazio interno, la semplicità dei gesti quotidiani e privati; la “città” invece, esterna e collettiva, è il sistema di elementi complessi inserito nella sfera sociale e politica. Per inquadrare al meglio quale sia la linea guida del suo fare progettuale e soprattutto il tema della lectio magistralis svoltasi presso Palazzo Tassoni Estense in occasione di XfafX Festival – intitolata “Wood Works, opere lignee” – si propone un passo indietro. Thun è ospite del Ventennale della facoltà di Architettura di Ferrara dove già sono state accolte figure emblematiche della cultura progettuale italiana quali Michele De Lucchi, Andrea Branzi, Massimo Iosa Ghini. In comune questi "grandi" hanno avuto un maestro, il contatto stretto con una personalità che qui desideriamo ricordare: Ettore Sottsass. Nel 1981, con alcuni giovani del tempo fra i quali il giovane Thun - oggi divenuti anch’essi protagonisti del panorama del design -, Sottsass Jr. fondò il gruppo Memphis e con tale designazione diede avvio anche a un movimento, ultimo tra i cosiddetti "radicali", che ha rivoluzionato il modo di leggere, interpretare, utilizzare l’oggetto, legandosi ad esso anche per affezione emotiva, superandone il limite funzionale, conducendo ai limiti l'esperienza sui materiali. È spontaneo domandarsi cosa abbiano ancora in comune l'estro pop di Memphis e l'attuale linea di Matteo Thun. Al quesito si trova risposta osservando proprio di Thun l'atteggiamento verso il progetto e verso l’uso dei materiali. Sottsass jr ha senza dubbio trasmesso a Thun la poliedricità, la fluidità tra le discipline, il superamento dei confini, l'assidua caparbietà e costanza nel lavoro. Ineludibile un riferimento alle radici di entrambe le figure. Oltre alle nottate creative trascorse con il gruppo Memphis, Sottsass e Thun hanno un ulteriore elemento in comune. Matteo Thun, nasce a Bolzano da madre architetto, studia all'Accademia di Salisburgo ancora con Oskar Okoschka, si laurea presso l'Università di Firenze. Si stabilirà poi a Milano, dove ancor oggi conduce la sua attività professionale, inizialmente proprio per seguire Ettore conosciuto negli Stati Uniti. Ettore Sottsass Junior nasce, diversi anni prima, a Innsbruck. Il padre è un bravo professionista dell'architettura, un solido architetto razionalista nato sul finire del XIX secolo.
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Nell'opera testuale dal titolo "Scritto di notte", autobiografia scritta negli ultimi anni di vita dal figlio, pubblicata nel 2010, Ettore narra della figura paterna. Alcuni frammenti dal testo: «Per tutto il tempo che mio padre h lavorato in Trentino, progettava con l’idea che l’architettura fosse fatta di muri, di sassi o di mattoni, con buchi, con finestre e con porte. Un’idea non dettata dall’uso della ragione ma prefabbricata, perché accettava tout court la tradizione. (…) Mio padre continuava a progettare, disegnare, cancellare, spostare enormi fogli di carta, e continuava a sperare, a fare concorsi, continuava anche a domandarsi che cosa poteva essere l’architettura, che cosa era il funzionalismo, come lui, mio padre, potesse abbandonare senza traumi tutto quello che aveva imparato a Vienna e che aveva imparato dalle montagne e diventare un architetto funzionalista, aggiornarsi, stare con amici di città, non più con amici di montagna, non più con podestà di piccoli paesi appoggiati sui prati alti, non più con capimastri e muratori antichi, costruttori lenti di solide case, con tagliatori di pietre a martellate, tagliatori di tronchi con lunghe seghe a mano, costruttori di archi e di volte attenti ai percorsi dell’acqua, delle piogge, al peso delle nevi, alle spinte dei ghiacci. Venuto in città, a Torino, nel ’28, a trentasei anni, mio padre aveva capito che doveva cambiare. Le idee sull’architettura si stavano agitando e cominciava una generale rivoluzione. (…) Era da poco arrivato a Torino con la famiglia e nella nuova città non aveva lavoro; lui continuava a costruire architetture, architetture disegnate adagio, con attenzione e saggezza per non ferire le montagne. Nelle sue montagne, andava e tornava con il treno, ma per la famiglia, ero duro sopravvivere in città. Se ci penso adesso, eravamo come emigranti e per quanto riguarda lo stato dell’emigrante, dopo cinquant’anni che vivo e lavoro a Milano mi sento ancora straniero. (…)»1 La tradizione alla quale fa riferimento Sottssas è quella dei maestri costruttori alpini, cultura che per millenni ha consentito la civilizzazione nelle cosiddette “terre alte”. La tradizione dei capimastri che erano al contempo allevatori e contadini e conoscevano i microclimi e la microgeografia locale. Quando la struttura abitativa era una unità semplice, essenziale, sintesi di natura e cultura, dove il criterio guida, istintivamente e per "economia estetica", era il principio del "less is more". Quella memoria storica, quei valori culturali dai quali con fatica il padre di Sottssas, Ettore Senior, deve imparare a distaccarsi, a rendersi autonomo acquisendo le competenze dell'architettura "moderna e razionalista", nella figura di Thun riemergono, vengono recuperati, si ricongiungono per soddisfare le necessità attuali. Ed è proprio il pretesto della contemporanea "crisi" - di questa fase storica di cambiamenti accelerati, di riorganizzazioni e rifunzionalizzazioni di un sistema economico che ha dimostrato pienamente di non poter più funzionare -, a rendere così radicalmente attuali tali principi. Thun non si sente, a differenza del padre di Sottsass, "straniero" a Milano, ha ben superato il disagio, perchè i principi che ha appreso dalla tradizione costruttiva dell'arco alpino, delle montagne dalle quali la sua famiglia trae anticamente origine - la cui storia si intreccia per più di un millennio con quella del sud Tirolo - vengono concilitati, assorbiti,
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interpretati attraverso una pratica di lavoro rodata in tutta Europa, che riassume l'imprinting di culture diverse, talora opposte, attraverso il principio comune di un’architettura che ormai d'obbligo non può non guardare che alla massimizzazione della "sostenibilità". Sa tornare alle proprie origini e trasformarne il sapere tecnico in un modello culturale e costruttivo che può essere applicato in ogni contesto e ad ogni scala. Dal modello del padre di Sottsass riparte la rivoluzione che ci attende nel XXI secolo e che già da diversi anni Matteo Thun ha prefigurato, ha saputo immaginare, in particolare attraverso la formulazione del concetto di Ecotecture, la categoria del Zero Design - i tre zeri che da diversi anni attraverso le sue opere va predicando - ed il valore indiscusso della materia lignea che fra tutte predilige e che nell’evento ferrarese, in un certo qual modo, è protagonista. La filosofia dell'Ecotecture sottende il concetto di “eco” - dove etimologicamente oikos è la casa, l'interno, ma anche l'ambiente circostante -, e coniuga impegno sociale ed economico, ecologia ed economia, con l'estetica. Ciò perché la bellezza, raggiunta anche attraverso la naturalità e sensorialità multitattile dei materiali, attraverso il loro utilizzo rispettoso - "senza ferire le montagne", per dirla alla Ettore Senior -, è un'esigenza fisiologica che stimola i rapporti affettivi ed il benessere. Nella tradizione costruttiva dell'arco alpino che Thun ascolta e studia assiduamente, ha individuato la legge della semplificazione semantica, la riduzione degli elementi, il rispetto dei materiali, la conoscenza di essi per non forzarne e tradirne la natura, la conoscenza delle microgeografie locali, della reperibilità in sito, cogliendo un approccio che è possibile trasferire anche nel fare contemporaneo architettura e design. Il nocciolo rimane il materiale Legno. La proposta che Matteo Thun lancia per il prossimo millennio vorremmo immaginare insieme a lui sarebbe stata citata nella sesta lezione americana – ovvero entro le proposte per il nuovo millennio, ora attuale -, che Italo Calvino non fece in tempo a scrivere, dedicata al valore della “consistenza”. Saremo capaci di fare del legno, della sua solidità duratura nel tempo, il materiale del XXI secolo?
Veronica Dal Buono
Note 1 Brani estratti da Ettore Sottsass, Scritto di notte, Milano, Adelphi, 2010, pp. 29, 59.
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1-6 Matteo Thun e le lezioni americane di Italo Calvino. Dalla Lectio magistralis svoltasi a Ferrara, 10 maggio 2012. 7-9 Matteo Thun e le lezioni americane di Italo Calvino. dalla lectio svoltasi a Ferrara, 10 maggio 2012. 10-15 Matteo Thun e le lezioni americane di Italo Calvino. Dalla Lectio magistralis svoltasi a Ferrara, 10 maggio 2012.
1-5 Matteo Thun e le lezioni americane di Italo Calvino. Dalla Lectio magistralis svoltasi a Ferrara, 10 maggio 2012.
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1 Matteo Thun ospite di XfafX festival To design today. 2 - 3 Matteo Thun intervistato presso Palazzo Tassoni Estense, Dipartimento di Architettura, Ferrara. 4 Presentazione critica di Matteo Thun ospite di XfafX festival to design today. 5 - 7 Tavola rotonda con Matteo Thun, David Venables e Nicola Leonardi. 8 - 9 Matteo Thun intervistato presso Palazzo Tassoni Estense, Dipartimento di Architettura, Ferrara. 10 Matteo Thun e Alfonso Acocella presso Palazzo Tassoni Estense, Dipartimento di Architettura, Ferrara.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 225-226 - Veronica Dal Buono edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Matteo Thun
Veronica Dal Buono intervista Matteo Thun in occasione della Lectio Magistralis XfafX tenuta a Palazzo Tassoni Estense il 10 maggio 2012. Le riflessioni muovono da tema della lectio “Wood Works”, concentrandosi sulle qualità, caratteristiche, prospettive per il materiale legno. A seguire della lectio Matteo Thun si è fermato a conversare con Nicola Leonardi, direttore della rivista The Plan, e David Venables, direttore europeo di Ahec American Hardwood Export Council, animando la discussione sul palcoscenico di Palazzo Tassoni Estense. Scorrono, proiettate sul grande schermo fondale dei relatori, le parole che riportiamo a seguire ove l’albero, il legno e l’abitare sono il soggetto principale della citazione. Siccome sopraggiungeva la notte, cominciai con cuore grave a considerare quale sarebbe stata la mia sorte se in quel paese vi fossero state bestie fameliche, visto che di solito è di notte ch’esse escono a predare. L’unico rimedio che mi si presentò alla mente allora fu di salire su di un albero, una specie di abete, folto e fronzuto ma spinoso, che cresceva lì vicino [...]. Daniel Defoe, Le avventure di Robinson Crusoe (1719), Torino, Einaudi, 1998. E stringendoti un albero al seno te lo sentivi quasi palpitare fra le mani, credendolo un uomo o donna… Giacomo Leopardi, Zibaldone (1820), Milano, Mondadori, 1993.
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Di tutti i materiali è il più vicino all’uomo. All’uomo piace la compagnia del legno, gli piace sentirlo sotto le mani, gradevole al tatto e alla vista. Il legno è universalmente bello per l’Uomo… [...]. Frank Lloyd Wright, Il significato dei materiali (1928), in Per la causa dell’architettura, Gangemi, Roma 1989. Qualcuno usa un bel legno giapponese per il soffitto, le colonnine e gli infissi, e copre di piastrelle le pareti. Soluzione relativamente accettabile finché tutto è nuovo, ma, via via che il legno acquista l’elegante patina della stagionatura, il liscio biancore delle piastrelle stride sempre di più. Junichiro Tanizaki, Libro d’ombra (1933), in Opere, Milano, Bompiani, 2002. Sotto qualsiasi forma, il legno elimina il taglio degli angoli troppo vivi, il freddo chimico del metallo; quando il bambino lo maneggia e lo batte, il legno non vibra né stride, ha un suono sordo e netto insieme; è una sostanza familiare e poetica, che lascia il bambino in una continuità di contatto con l’albero, il tavolo, l’impiantito. Il legno non taglia, né si guasta; non si rompe, si consuma, può durare a lungo, vivere col bambino, modificare a poco a poco i rapporti fra l’oggetto e la mano [...]. Roland Barthes, Miti d’oggi (1957), Torino, Einaudi, 1974. Il tempio di legno tocca la sua perfezione quanto più è spoglio e disadorno lo spazio in cui ti accoglie, perché bastano la materia in cui è costruito e la facilità con cui lo si può disfare e rifare uguale a prima a dimostrare che tutti i pezzi dell’universo possono cadere a uno a uno ma che c’è qualcosa che resta. Italo Calvino, Il tempio di legno, in Collezione di sabbia, Milano, Mondadori, 1990. Nei boschi, preferiva faggi e querce: perché sul pino le impalcate vicinissime, non forti e tutte fitte di aghi, non lasciano spazio né appiglio; e il castagno, tra foglia spinosa, ricci, scorza, rami alti, par fatto apposta per tener lontani. Italo Calvino, Il barone rampante (1952), Milano, Mondadori, 1991. Mi piace ricordare il giudizio di Mazzariol dove si parla di una Venezia pre-monumentale, una Venezia non ancora bianca delle pietre del Sansovino e del Palladio. La Venezia del Carpaccio che io vedo nelle luci dell’interno, nel legno, come in certi interni olandesi che ricordano le navi e sono vicine al mare. Questa Venezia di legno era anche più legata al delta padano, ai ponti che attraversano i canali e di cui il ponte dell’Accademia, sia pure ottocentesco, offre un’idea migliore del ponte di Rialto. Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, Pratiche Editrice, 1990. Ci sono materiali che ti tolgono energia. Il legno non ha bisogno dell’energia della tua pelle. Non importa se fa caldo o freddo: in un edificio in legno, la temperatura che avverti è sempre vicina a quella che vorresti. Se fa molto caldo, è sempre inferiore di 2 o 3 gradi, e viceversa. Il legno non ha bisogno di te: sta lì e basta. Peter Zumthor, Conversazione con Patrick Lynch, The Architects’ Journal, 2009 (traduzione P. Pavesi).
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post-it journal Diébédo Francis Kéré. Biografia e opere
Nato a Gando, un piccolo paese del Burkina Faso, Diébédo Francis Kéré, in quanto primogenito del capotribù, ha la possibilità di accedere alla scuola. Dopo il diploma, riceve una borsa di studio per continuare la propria formazione in Germania nell’ambito dei programmi di aiuto tedeschi. Kéré – dopo l’apprendistato – studia Architettura a Berlino dove fonda lo studio Kéré Architecture e l’associazione no profit Schulbausteine Für Gando. Dopo l’Università torna nel suo paese di origine per mettere a servizio della sua gente la conoscenza acquisita. Il fulcro del suo lavoro verte sull’uso e sullo sviluppo di materiali locali e delle relative tecniche costruttive, sulla declinazione delle nuove tecnologie in maniera semplice e sullo svilluppo del potenziale della comunità locale. Oggi Diébédo Francis Kéré è un esperto di conservazione e sviluppo delle tecnologie tradizionali basate sull’uso dell’argilla. Per Kéré l’istruzione è il fondamento di ogni sviluppo sociale, tecnico ed economico. La prima opera, una Scuola Elementare nel suo villaggio d’origine, terminata nel 2001, riceve il premio Aga Khan Award
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for Architecture of Today. Successivamente l’edificio scolastico è stato completato con le residenze per gli insegnanti, con un ampliamento della scuola stessa e una biblioteca, progetti premiati con numerosi e importanti riconoscimenti come il BSI Swiss Architectural Award – giugno 2010 –, il Marcus Prize – giugno 2011 – e il Regional Holcim Award for Africa and Middle East nel settembre 2011. Regesto selezionato dei progetti – Scuola superiore, Gando, Burkina Faso, 2011 – Centro per le donne, Gando, Burkina Faso, 2010 – Biblioteca, Gando, Burkina Faso, 2010 – Esposizione permanente per il Red Crescent Museum, Ginevra, Svizzera, 2010 – Centro di educazione in collaborazione con DAZ e. V., Dapaong, Togo, 2010 – Opera village Remodoogo, laongo, Burkina Faso, 2009 – Fondazione Aga Kahn: Museo per l’architettura della Terra, Mopti, Mali, 2010 – Fondazione Aga Kahn: Parco Nazionale, Bamako, Mali, 2009-2010 – Ampliamento di una scuola, Gando, Burkina Faso, 2008 – Scuola superiore, Dano, Burkina Faso, 2007 – Centro congressi internazionale, Fuerteventura, Spagna, 2007 (concept) – Prototipi di scuole in tre diverse fasce climatiche, Yemen, 2005 (concept) – Residenze per docenti, Gando, Burkina Faso, 2004 – Scuola elementare, Gando, Burkina Faso, 2001
Regesto selezionato delle pubblicazioni – Sustainable Design II – Towards a new Ethics for Architecture and the City, 2011 – Actes Sud / Editor: Marie-Helene Contal, Jana Revedin, 2011 – Moderators of Change – Architecture that helps / Editor: Andres Lepik, Hantje Cantz, 2011 – A+U, Diversified Solutions – A new beninning in architecture, 2011 – BSI Swiss Architectural Award 2010, a cura di Nicola Navone, Mendrisio Academy Press, Silvana Editoriale, Mendrisio-Milano, 2010 – Arquitectura Viva, VII-VIII, 2010 – Green Source Magazine. Buildings without borders, May-June 2010 – Topos. The International Review of Landscape Architecture and Urban Design, 2010 – Ecologik. Architecure, ville, 2009 – Harvard Design Magazine, Harvard University Graduate School of Design, 2008-2009 – African Architecture 2008. Digest – The Phaidon Atlas of 21st Century World Architecture, Phaidon Verlag, New York, 2008 – Arquitectura Viva. Architectures for a Sustainable Planet, 2008
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– Architecture of change / Editors: Kristin Feireiss, Lukas Feireiss, 2008 – Updating Germany, 100 Projekte fuer eine bessere Zukunft / Editors: Friedrich von Borries und Matthias Boettger, Raumtatik, Hantje Cantz, 2008 – Design Like You Give a Damn: Architectural Responses to Humanitarian Crises. Architecture for Humanity (Editor), Metropolis Books, Newyork, 2006
Regesto selezionato delle mostre – BSI Swiss Architectural Award 2010, a cura di Nicola Navone, Mendrisio, Galleria dell’Accademia di architetura, 19 novembre 2010-30 gennaio 2011 – “Small scale, big change”, Museum of Modern Arts, New York, USA, 2011 – “12 Biennale di Architettura”, Padiglione Ruanda, IUAV, Venezia, Italia, 2010 – “The future has arrived”, Louisiana Museum of Modern Art, Copenhagen, Danimarca, 2009 – “Biennale Internazionale di Rotterdam”, Squat City, Rotterdam, Paesi Bassi, 2009 – “Afrika Baut Seine Zukunft”, Dipartimento per gli Affari Esteri, Berlino, Germania, 2008/2009 – “11 Biennale di Architettura”, Mostra e conferenza, Venezia, Italia, 2008 – “After Ward Ceremony”, Premio Aga Khan per l’Architettura, Ouaga, Burkina Faso, 2008 – “Architecture Richness and Poverty”, Parma, Italia, 2000 Selezione dei principali riconoscimenti – Global Hocim Award (vincitore), 2012 – Regional Holcim Award for Africa and Middle East, Marocco (vincitore), 2011 – Premio Marcus, Milwakee, USA, 2011 – Premio Detail 2011, Premio speciale per la “Green Architecture”, Germania, 2011 – BSI Swiss Architectural Award, Mendrisio, Svizzera, 2010 – Membro del Royal Institute of British Architects (RIBA), Londra, UK, 2009 – Global Award for Sustainable Architecture, Parigi, Francia, 2009 – Premio Architettura Sostenibile (menzione d’onore), 2009 – Premio Zumtobel per l’Architettura Sostenibile (menzione d’onore), 2007 – Cavaliere di primo ordine nazionale, Burkina Faso, 2006 – Aga Kahn Award for Architecture, 2004
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PROMOTORI XFAFX Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara
SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno
PATROCINI E COLLABORAZIONI XFAFX Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna / Provincia di Ferrara Comune di Ferrara ADI / SITdA / CNA Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona
PARTNER XFAFX Fassa Bortolo Libria Nardi Sannini
MOSTRA PROMOSSA DA BSI Architectural Foundation
ORGANIZZATA DA Università degli Studi di Ferrara, Facoltà di Architettura Archivio del Moderno dell’Accademia di Architettura, Università della Svizzera Italiana
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NELL'AMBITO DI XfafX Festival To design today
CON IL PATROCINIO DI Accademia di Architettura, UniversitĂ della Svizzera Italiana
1 Opera Village 2 Opera Village 3 Opera Village 4 - 5 Mali 6 - 7 Primary School
1 - 2 Ampliamento Primary School 3 Bridging
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post-it journal Lectio magistralis di Diébédo Francis Kéré
Diébédo Francis Kéré 4 giugno 2012, Palazzo Tassoni Estense, Ferrara Nell’ambito degli eventi celebrativi del ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara, il 4 Giugno i prestigiosi ambienti di Palazzo Tassoni hanno ospitato la lezione dell’architetto africano Diébédo Francis Kéré. Un occasione per avvicinarsi all’opera di un professionista che rappresenta il più mirabile esempio di self made man, dal villaggio tribale in cui è nato nel Burkina Faso 45 anni fa allo studio berlinese, da cui oggi opera in tutto il mondo. L’ispiratore del Ventennale XFAFX, prof. arch. Acocella, ha introdotto sentitamente l’opera di Kéré situandola nell’ambito di percorso comunicativo e didattico che, attraverso gli eventi proposti - mostre, conferenze, lezioni magistrali…- da un anno intende avvicinare studenti e professionisti all’opera di protagonisti della ricerca architettonica di altissimo profilo internazionale. L’opera di Kéré si colloca come un approccio personale, declinato con umiltà attraverso il profondo legame con la terra natìa, con le tradizioni costruttive locali, con i materiali naturali (argilla e laterizio cotto in particolare) e attraverso la condivisione “empatica” del processo costruttivo con la comunità. Un “fare architettura” all'insegna della semplicità, dunque, assecondando un approccio “contro corrente” rispetto alle tendenze autoreferenziali e glamorous di tante opere contemporanee.IiILL
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Nicola Navone, in rappresentanza dell’Accademia di Architettura di Mendrisio promotrice del prestigioso premio internazionale BSI Architectural Award di cui Kéré è risultato il vincitore della seconda edizione (2010), ha illustrato i principi ispiratori dell'iniziativa - nata nel 2007 grazie alla volontà di un ente bancario ticinese indirizzato a celebrare il proprio cinquantennio di attività - che si è proposta di divulgare a livello internazionale l’opera di architetti under 50 che “avessero dato, con la loro opera, un contributo significativo all’equilibrio ambientale”. I partecipanti al premio biennale vengono selezionati da advisors tra professionisti non appartenenti alla "passerella" colorata e seducente delle archistars” ma attivamente impegnati nel promuovere una concreta sostenibilità non solo ambientale ma anche economica e sociale degli interventi. Il vincitore è selezionato da una autorevole giuria internazionale, presieduta da Mario Botta. I risultati delle competizioni sono pubblicati su prestigiosi volumi e oggetto di esposizioni: l’opera di Kéré è illustrata efficacemente nella mostra allestita, in occasione della conferenza, al piano terreno di Palazzo Tassoni Estense (* l’indicazione bibliografica delle pubblicazioni inerenti i premi BSI Architectural Award è indicata di seguito).
Gabriele Lelli ha presentato criticamente la figura di Kéré con sincero apprezzamento nei confronti non solo del “professionista” ma anche dell’”uomo”, due identità strettamente interconnesse nel caso dell’architetto africano. Spinto dal desiderio insopprimibile di perseguire un’istruzione - nonostante le concrete difficoltà nel villaggio natìo, privo di scuole - fin da piccolo Kéré si trasferisce lontano da casa dapprima per apprendere il mestiere di falegname e, successivamente, in un altro paese culturalmente molto diverso dal suo, la Germania, dove con passione e fiducia si mantiene agli studi prima serali poi universitari lavorando come falegname. Dopo la laurea, Kéré ritorna nel suo paese, con l’obiettivo di consegnare alla comunità di origine quell’opportunità di educazione, e quindi di crescita personale, che per lui da sempre è stata un obiettivo prioritario. Fonda così l’associazione Schulbausteine f?r Gando per raccogliere fondi allo scopo della costruzione di una scuola nel villaggio natio e avviare un processo di formazione della comunità alla cooperazione e all’autocostruzione. Agli abitanti/operatori vengono forniti strumenti per acquisire abilità al lavoro attraverso l’adozione di pratiche antiche e consolidate, integrate con gli accorgimenti più contemporanei necessari per raggiungere, in situazioni climatiche estreme e in condizioni di minimo budget, le più elevate prestazioni conseguibili in termini di comfort igrotermico e sostenibilità ambientale. Il lavoro diventa, in questo processo corale, un’occasione di coesione per la comunità, che apprende come l’innovazione e lo sviluppo passino necessariamente attraverso la condivisione e la solidarietà. L’opera di Kéré è indissolubilmente aderente alla realtà materiale, sociale, e trasmette una lezione densa di significati in un mondo sempre più caratterizzato dalla transitorietà, dall'effimero e dalle mode; racconta una bella storia in cui l’architettura recupera i valori etici e sociali senza disconoscere la necessità della qualità tecnica e compositiva; suggerisce ai progettisti di oggi di “lasciarsi andare”, “di essere sé stessi”, di
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ricercare il fondamento etico del lavoro di architetto nel confrontarsi, con spirito privo di preconcetti, con la realtà e con tutte le problematiche ad essa connesse. Diébédo Francis Kéré Kéré rivela nei gesti, nelle movenze e nelle parole un’umiltà e un entusiasmo che lo rendono una figuranaturalmente carismatica. Ama l’italiano ma dice di non avere tempo per impararlo e così parla con un inglese sicuro e impregnato da un forte accento africano. Ringrazia con calore i professori Acocella e Lelli, e Nicola Navone, che l’hanno accolto con stima, del cui discorso iniziale non ha potuto capire i contenuti ma che sicuramente apprezza: poi, con lo spirito cordiale che accomuna spesso la gente d’Africa, aggiunge ironicamente che “a volte è meglio non capire tutto”. Ringrazia gli organizzatori dell’evento, i promotori del premio che gli è stato conferito, chi “lo ha portato in giro per la città”, e si dispiace di cuore per il terremoto che di recente “ha portato via tante persone”. Poi con la stessa sincerità, aggiunge di “essere felice che il pubblico presente sia salvo”. Dopo la breve introduzione, Kéré trasporta con le parole e con le immagini a Ouagadougou, in Burkina Faso, suo paese d’origine. L’alta densità dell’abitato - 2 milioni di abitanti ma il numero reale non è assolutamente quantificabile - tradisce un inurbamento incontrollato e le conseguenti problematiche della deregulation, dell’abusivismo, della povertà. Un paese dove avere una casa con i servizi essenziali - acqua, luce, gas - e potere studiare restano un sogno irrealizzato per molti e gli investimenti sul futuro tradiscono piuttosto il soddisfacimento di bisogni immediati, come trovare un po’ d’acqua e un lavoro che consenta di mangiare per qualche giorno. Il Burkina Faso, come molti paesi africani, ha una “natura” dominante: è la natura che fornisce i materiali principali della costruzione, come la paglia e l’argilla. Da sempre l’argilla è utilizzata come anima dell’architettura locale, dall’estrazione, alla miscelazione, all’edificazione vera e propria. Inoltre, la pratica del lavoro cooperativo è ampiamente diffusa, soprattutto in contesti rurali, come occasione per il consolidamento dei valori comunitari: lavorare insieme, condividere le problematiche e individuare collegialmente le soluzioni per risolverle è un meccanismo che induce a una presa di coscienza del sé come parte portante ed essenziale di una società. A questi aspetti culturali del suo paese di origine Kéré fa riferimento nelle sue realizzazioni a Gando. Il villaggio è disperso in una wasteland riarsa dal sole, senza elettricità, né acqua potabile, né scuole. E’ da lì che a 7 anni il piccolo Francis, grazie allo sguardo lungimirante del padre, parte per andare a studiare in una scuola a 20 km dal suo villaggio, “per non restare analfabeta, per potere leggere libri, per costruirsi un futuro”. Da allora, il sogno di Kéré è stato quello di garantire alla sua gente una possibilità di riscatto, attraverso un impegno etico prima ancora che professionale teso a costruire nella sua terra le infrastrutture principali per un concreto sviluppo sociale ed economico: le scuole. Non è infrequente incontrare in Burkina Faso costruzioni improvvisate o prive di quegli accorgimenti necessari per garantire adeguate condizioni
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fruitive: così, ad esempio, le scuole sono “scatole” cocenti e claustrofobiche, dove l’apprendimento diventa una difficile prova di resistenza al calore, all’umidità, al sovraffollamento (addirittura fino a 150 studenti nella stessa aula). Grazie alla fondazione ideata da Kéré, è stata realizzata a Gando la prima scuola, una straordinaria occasione di responsabilizzazione della collettività grazie al lavoro condiviso e alla divulgazione di tecniche edificatorie e sistemi costruttivi naturali ed efficaci, finalizzati alla sicurezza statica, alla ventilazione naturale, all’ ombreggiamento, al controllo dell’umidità. Nel processo costruttivo Kéré ha dovuto affrontare la difficile comunicazione di contenuti non sempre immediati a persone purtroppo spesso prive della più basica istruzione: così, si è armato di schizzi e modelli in grado di essere facilmente comprensibili, per poi lasciare alla comunità la facoltà di entrare nel merito delle scelte cromatiche e di dettaglio. Dopo la prima scuola sono venuti gli altri edifici, frutto di una “gestazione” collegiale e realizzati secondo il medesimo approccio culturale improntato sulla cooperazione e finalizzato alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica dell’opera: le abitazioni per insegnanti, dotate di appartati spazi verdi e di un sistema apposito per la raccolta delle acque piovane da utilizzare nella stagione secca per la coltivazione degli orti (materia oggetto di insegnamento a scuola); la biblioteca, intesa come una “piccola casa dei libri”; l’ampliamento della scuola che oggi ospita quasi 600 studenti. Kéré illustra poi con passione altri suoi interventi di cui vengono efficacemente spiegati i principi ideatori, le tecniche costruttive, i criteri progettuali: il National Park del Mali, esito di un concorso, dove viene realizzato il complesso di edifici ricettivi (museo, negozi, ristorante); il Centre de l’Architecture en Terre de Mopti, Mali, realizzato su una porzione di terra “rubata” all’acqua; l’Opera House in Burkina Faso, un paese che, seppure tra i più poveri del mondo, vanta una consolidata tradizione di cultura cinematografica e teatrale. Oggi Kéré, dal suo studio berlinese, lavora in tutto il mondo affrontando con la stessa umiltà delle origini le varie tematiche progettuali e culturali che gli vengono proposte, con la curiosità intellettuale che lo spinge a volere imparare da ogni luogo qualcosa di sempre nuovo e stimolante. E’ con questo spirito che l’architetto africano si congeda, con il medesimo contagioso entusiasmo che traspare dall’ultima immagine proiettata: un team di giovani collaboratori tra cui campeggia, al centro, un Kéré sorridente che impugna un mattone, simbolo stesso di una architettura della sincerità e della concretezza. Chiara Testoni Riferimenti bibliografici inerenti il premio BSI Swiss Architectural Award 2010 a cura di Nicola Navone, Silvana Editoriale-Mendrisio Academy Press, Milano-Mendrisio 2010, 24 x 24 cm, 184 pp., 411 ill. col., 101 ill. b/n, brossura con cofanetto, italiano/inglese BSI Swiss Architectural Award 2007-2008 a cura di Nicola Navone, Mendrisio Academy Press, Mendrisio 2008, 24 x 24 cm, 196 pp., 326 ill. col., 92 ill. b/n, brossura con cofanetto, italiano/inglese Links di approfondimento http://www.materialdesign.it/it/post-it/diebedo-francis-kere_13_288.htm http://www.materialdesign.it/it/post-it/bsi-swiss-architectural-award_13_289.htm http://www.materialdesign.it/it/post-it/lectio-magistralis-diebedo-francis-kere-mostra-bsi-swiss-architecturalaward-2010-_13_286.htm http://www.kerearchitecture.com/ http://www.bsi-swissarchitecturalaward.ch/
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1 - 6 Mostra BSI Swiss Architectural Award 2010 negli Spazi di Palazzo Tassoni Estense
1 - 4 Lectio magistralis Diébédo Francis Kéré
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 238 - Gabriele Lelli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista a Diébédo Francis Kéré
Nell’ambito degli eventi celebrativi del ventennale della Facoltà di Architettura di Ferrara, il 4 Giugno i prestigiosi ambienti di Palazzo Tassoni hanno ospitato la lezione dell’architetto africano Diébédo Francis Kéré. Un occasione per avvicinarsi all’opera di un professionista che rappresenta il più mirabile esempio di self made man, dal villaggio tribale in cui è nato nel Burkina Faso 45 anni fa allo studio berlinese, da cui oggi opera in tutto il mondo. L'intervista al protagonsita è stata tenuta da Gabriele Lelli.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 239-244 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Edra. Design Factory
Vermelha, Fernando e Humberto Campana, 1998
Edra nasce nel 1987 in Toscana, territorio ricco di storia, cultura, arte e sapienza produttiva. Il nome deriva dalla parola greca “esedra” – luogo filosofico destinato alla conversazione e all’incontro. Edra propone progetti originali, nati da un’inedita unione di tradizione e innovazione, alta tecnologia e abilità manuali, in una ricerca continua di nuove forme, alte prestazioni e nuovi materiali.
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Ricerca / La ricerca è il mezzo con cui Edra arriva a concepire i propri progetti e a realizzare i propri prodotti. Ricerca avanzata, parallelamente materica e tipologica, dove ogni dettaglio coinvolge le tecnologie più innovative e le capacità manuali più raffinate. Tecnologia / Tecnologie avanzate, provenienti da ogni settore e applicate al design, vengono adottate nei prodotti Edra con grande capacità, ma senza essere esibite. L’hi-tech diviene semplicemente il modo per risolvere al meglio un progetto. Manualità / L’intervento manuale si applica a tutti i prodotti Edra, e ciò rende unici i risultati di una produzione seriale. I pezzi Edra sono quindi “finiti a mano” perché è l’unico modo per ottenerli e da un simile processo fatto di sapienza e attenzione, deriva un’altissima qualità. Comfort / Il cambiamento dei costumi sociali influenza la relazione tra corpo e oggetti, creando esigenze di nuove forme. Interpretando codici comportamentali rinnovati, Edra propone una comodità ineccepibile e oltre le convenzioni. Matericità / I materiali usati, sono portatori di qualità sensoriali, visive, tattili ed emozionali. Attraverso la materia, trattata con grande rispetto, secondo valori forti, assoluti e dai caratteri primari, Edra raggiunge nuovi traguardi significativi per la forma.
Valerio Mazzei, Presidente Edra Valerio Mazzei nasce a Ponsacco nel 1955. Vive e lavora in Toscana. Studia Economia e commercio all’Università di Pisa e inizia contemporaneamente a lavorare nell’azienda di famiglia. Nel 1987 fonda Edra. Da quell’anno ne è presidente e la conduce guidato dal desiderio di creare prodotti di altissima qualità destinati a durare nel tempo, con la speranza che possano essere tramandati alle generazioni future grazie alle loro qualità progettuali, estetiche ed esecutive.
Massimo Morozzi, Architetto e designer Massimo Morozzi, architetto, nasce a Firenze nel 1941. Vive e lavora a Milano. è membro fino al 1972 del Gruppo Archizoom. Dal 1972 al 1977 coordina il Centro design Montefibre per lo sviluppo di prodotti tessili per arredamento, contribuendo a fondare le discipline del Design Primario. Associato successivamente al gruppo CDM (Consulenti Design Milano) sviluppa progetti di immagine coordinata (Aereoporti di Roma), di linee di prodotto (Louis Vuitton-Parigi). Nel 1982 apre uno studio indipendente e dirige la sua attenzione verso il settore del product design di oggetti di servizio per la casa e più generale dei beni di largo consumo. Innovazione funzionale e forte figurazione sono i referenti delle realizzazioni più recenti con Alessi, Cassina, Driade, Fiam, Giorgetti, Ideal Standard, Mazzei, Tendentse, Edra, Progetti, Metals, Sintesi. Ha
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sviluppato importanti progetti e realizzazioni con aziende giapponesi fra cui: concept car per Nissan; il logotipo di Crea. è art director di Edra, sin dal suo esordio, per la quale ha disegnato vari prodotti, tra i quali, il versatile sistema componibile Paesaggi Italiani. Ha tenuto lectures e seminari in Amsterdam, San Paolo, Melbourne, Tokyo e presso la Domus Academy e l’Istituto Europeo di Design di Milano. Le sue opere sono presenti nelle collezioni del Museum of Modern Art di New York e del Musée des Arts Decoratives di Parigi.
Francesco Binfarè, Designer Dirige il Centro Cesare Cassina dal 1969 al 1975. è Art Director di Cassina dal 1973 al 1988. Progetta per Edra dal 1992 e per Magis dal 2004. Dal 1967 al 1980 realizza un ciclo di disegni che costituisce la fonte analogica più importante della sua ricerca. Al Centro Cassina trasferisce nella ricerca del Design i processi della pratica artistica e coinvolge architetti nella creazione di prodotti mito del Design italiano. Coordina la realizzazione di progetti per la mostra New Domestic Landscape al Moma di New York (1972). Realizza viaggi di ricerca in India, Stati Uniti, Giappone (1970-1973). Promuove iniziative sperimentali come Braccio di ferro per l’edizione di modelli d’avanguardia, come Environmedia per l’impiego di media interattivi nella prassi del progetto (1973). Nel 1980 costituisce il Centro Design e Comunicazione che lavora per Cassina, Marcatrè, De Padova, Venini (1980-1992). Nell’ambito dell’art direction evolve il concept dell’evento, dando allo spazio creato un tema e un titolo autonomi dalla funzione commerciale. Alcuni dei suoi lavori più interessanti sono Il Ponte 1977, Le Corbusier, I fiori crescono sulle rovine 1978, Il tempo dell’acqua o dei bagnanti dopo Marx 1982, per Cassina, Design, autoritratto con padre e architetture 1979 per Triennale di Milano, New Adam and Eve 1985 per Venini, La mia mano destra 1996 alla Galleria Milano. Ha insegnato alla Domus Academy di Milano, al Royal College of Art di Londra, all’Istituto Europeo di Design di Milano e ha tenuto workshop e conferenze in molte città del mondo. Nel 1992, in un momento di intenso dialogo con Pierre Restany, mentre sta terminando i grandi dipinti delle Tracce emozionali domestiche viene chiamato da Massimo Morozzi a progettare per Edra. Il divano L’homme et la femme, alla Galleria Kastern Greve, durante la Koln Messe del 1993 inaugura l’inizio con Edra di una collaborazione fortunata, di una stagione singolare e affascinante ricca di stimoli e di successo con l’invenzione e il disegno di modelli come Flap (2000), On the rocks (2004), Corbeille (2006), Sherazade, Sofa (2008) che riescono a coniugare la forza innovativa e il successo commerciale. Elegge il progetto degli oggetti d’arredo e in particolare dei divani perché interpellano l’Altro, lo Spazio e la Comunicazione, che sono gli ambiti di lavoro che più ama e perché più di altri devono rispondere agli interrogativi del comportamento e della relazione. Ritiene che il Design in quest’epoca di Comunicazione di massa sia più vicino all’Arte che alla Scienza, e che la Tecnica, come per i grandi pittori dell’epoca classica, sia il segreto da custodire e da coltivare. Ritiene, anche per questa ragione, che non sia possibile pensare il Design senza l’intesa e la collaborazione con l’Impresa. I divani Sofa (2008) e Brenno (2010) per
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Edra sono il risultato di un nuovo periodo espressivo. Nel 2011 disegna per Edra il divano Sfatto e nel 2012 la poltrona da esso derivata.
Design factory. Il Made in Italy Il progetto Design factory nasce lungo XfafX “Festival To design today” e s’inscrive nel quadro delle attività di design driven promosse dal professor Alfonso Acocella attraverso il Laboratorio Material Design (MD) del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Design factory intende avvicinare, studiare e presentare attraverso i plurimi format culturali (eventi live, interviste, video, articoli, repertori di prodotto, workshop, mostre...) le diverse realtà imprenditoriali italiane legate al mondo del design per comprendere i nessi che le collegano alle strategie di mercato, alle figure dei designer e dei creativi in genere, alla produzione di prodotti ma anche ai poli della ricerca e, in particolare, a quelli universitari. In sinergia con le finalità del network di MD – che promuove nuove forme di ricerca legate al campo del design, dei materiali, delle tecnologie, dei consumi, della comunicazione crossmediale – il progetto Design factory intende connettere e interpretare criticamente specifici “casi studio” rappresentati dal lavoro d’imprese innovative, dall’opera di designer visionari, dalla qualità di oggetti rivoluzionari, indagando e analizzando i punti di similitudine e di originalità, gli spin off, le strategie e i risultati conseguiti nel processo competitivo di progettazione, produzione e vendita del prodotto. Ispirandosi al concept e ai contenuti del libro La fabbrica del design. Conversazioni con i protagonisti del design italiano (curato da Giulio Castelli, Paola Antonelli, Francesca Picchi) che raccoglie una corposa e significativa serie di testimonianze espresse dagli imprenditoriprotagonisti del famoso “Made in Italy” caratteristico emblema della raffinata produzione avvenuta lungo la seconda metà del XX secolo, il progetto Design factory ne intende idealmente proseguire l’itinerario rivolgendosi principalmente al mondo, sinora poco indagato, delle organizzazioni del lavoro. La Fabbrica del design ha spostato per la prima volta l’attenzione del pubblico di settore dalla figura del progettista a quella dell’imprenditore sottolineando come, solo grazie all’illuminata presenza di figure decisionali, strategicamente orientate all’innovazione e al rischio imprenditoriale, capaci di comprendere il valore della sperimentazione e della qualità, sia stato possibile realizzare, nei decenni della seconda metà dello scorso secolo, il grande miracolo del Made in Italy. È indispensabile oggi reinterrogarsi sul ruolo che le aziende, sia quelle note e consolidate all’interno del mercato globalizzato sia quelle nuove ed emergenti, stanno svolgendo all’interno del mutato quadro di crisi nella promozione del design italiano nel mondo. In un’epoca di grandi cambiamenti economici e culturali le nuove strategie di mercato non favoriscono più la caratteristica piccola-media impresa italiana che grazie alla snellezza della sua struttura produttiva poteva sperimentare forme e innovare in tempi rapidissimi. Oggi grazie agli apparati tecnologici flessibili ovunque la sperimentazione è diventata elemento fondante della pratica produttiva e i costi di manodopera non rendono l’Italia più competitiva di altri paesi. Ma il piano su cui il nostro paese può ancora rivendicare una marcata differenza rispetto alla
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situazione internazionale è sicuramente connesso alla qualità più vasta e inclusiva dei suoi prodotti, al valore d’identità delle sue aziende e alla ricchezza di esperienze di vita memorabili che l’Italia è in grado di offrire quale patrimonio aggiunto ai prodotti fisici e materiali oggi immessi sul mercato. Il progetto Design factory si propone di intercettare ed indagare un ampio ventaglio di casi esemplari tratti dal mondo imprenditoriale italiano mettendoli a confronto per coglierne specificità e assetti innovativi in modo tale da fornire un orizzonte conoscitivo il più possibile dettagliato e completo ad uso non soltanto dell’Università e delle stesse aziende protagoniste ma utile per promuovere l’immagine del design italiano nello scenario internazionale. Grazie alla piattaforma digitale dei canali istituzionali di comunicazione xfafx.it e materialdesign.it che si ampliano – proprio con l’inaugurazione del progetto indirizzato a dialogare con le aziende – del live streaming dell’evento svolto in Palazzo Tassoni Estense il progetto Design factory avrà la possibilità di raggiungere un vasto numero di utenti appartenenti alle categorie più sensibili al tema del design riuscendo in questo modo ad attivare collegamenti trasversali e mettendo in rete un know how di altissimo valore strategico. Elisa Poli
PROMOTORI XFAFX Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Architettura di Ferrara
SOSTENITORI GENERALI XFAFX AHEC American Hardwood Export Council Casalgrande Padana Il Casone Lithos Design Pibamarmi Giuseppe Rivadossi Viabizzuno
PATROCINI E COLLABORAZIONI XFAFX Ministero per i Beni e le Attività Culturali Regione Emilia Romagna / Provincia di Ferrara
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Comune di Ferrara ADI / SITdA / CNA Ordini Architetti, Pianificatori Paesaggisti e Conservatori Province di Bologna, Ferrara, ForlĂŹ-Cesena, Modena, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Rovigo, Verona
PARTNER XFAFX Fassa Bortolo Libria Nardi Sannini
1 Favela, Fernando e Humberto Campana, 2003 2 Rose Chair, Masanori Umeda, 1990 3 Getsuen, Masanori Umeda, 1990 4 Corallo, Fernando e Humberto Campana, 2004 5 Topolone, Massimo Morozzi, 1991 6 Bois de rose, Massimo Morozzi, 2012
1 Vermelha, Fernando e Humberto Campana, 1998, un momento della lavorazione 2 Tatlin, Mario Cananzi e Roberto Semprini, 1989 3 Tatlin, Mario Cananzi e Roberto Semprini, 1989 4, 5 e 6 Flap, Francesco Binfarè, 2000
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2013), 245-246 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Intervista ai protagonisti di Edra
Elisa Poli intervista Valerio Mazzei, Massimo Morozzi, Francesco Binfarè in occasione dell'evento Edra Design Factory svoltosi a Palazzo Tassoni Estense il 16 maggio 2012.
"Dunque sono vent’anni di storia con Edra. Proviamo un bilancio. Abbiamo messo in catalogo circa 60 prodotti. Per farlo abbiamo esaminato migliaia di progetti; lavorato con decine di designers; collaborato con centinaia di fornitori di materiali e tecnologie; fatto oltre cinquecento riunioni; realizzato centinaia di prototipi; scattato migliaia di fotografie; stampato migliaia di pagine catalogo; raccontato la nostra storia in oltre duecento conferenze di fronte a decine di migliaia di persone di tutto il mondo; concesso interviste; ritirato premi; percorso centinaia di migliaia di chilometri in auto e in aereo; allestito centinaia di esposizioni; visitato fiere, musei; visto centinaia di migliaia di mobili; telefonato decine di migliaia di volte; mangiato migliaia di pizza; fumato decine di migliaia di sigarette (prima di smettere). E intanto osservato l’arte, la moda, i paesaggi, la città, la vita della gente. A vederlo da fuori sembra una montagna insormontabile. Eppure tutto ciò è stato fatto giorno dopo giorno con uno strumento semplice e infaticabile. Osservare, ascoltare, parlare, e poi osservare, ascoltare e parlare di nuovo. Come le gocce d’acqua che depositano il calcare per milioni di anni e così crescono le stalattiti. Toc, toc, toc, toc, toc… Il lavoro creativo è un lavoro da formiche. Non c’è spazio per la fantasia.
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La fantasia è un lusso per chi non ha niente di meglio da fare. Qui c’è al contrario una concretezza che non lascia margini per l’arbitrio. Guardare, osservare, ascoltare, toccare, parlare. Ogni progetto è un lavoro collettivo che si costruisce tutti insieme come una storia, un film, una fiction: la trama, la sceneggiatura, le scene, i dialoghi, gli attori, i costumi. Cosa resta di questo lavorio ostinato, cocciuto? Tanti mobili nelle case della gente in giro per il mondo, con la speranza di averne migliorato le qualità di vita, e comunque suscitato sensazioni, emozioni, affettività forti e positive. Magari anche qualche altrettanto forte rifiuto. Restano anche molti oggetti nei musei di tutto il mondo a testimoniare che tutto ciò è veramente accaduto. Resta che io sono più vecchio di quando abbiamo iniziato, ma va bene così perché questa storia accadesse. (…) Fra centinaia di episodi ne racconto un anche io. Anni fa in estate ero a Kuala Lumpur per illustrare agli architetti malesi il lavoro di Edra. C’era stata una serata con le presentazioni e il party organizzati in un giardino tropicale lussureggiante. Era un caldo inimmaginabile, umidità cento per cento, c’era la luna e sullo sfondo il profilo delle torri Petronas. L’icona perfetta della Malesia. Io parlavo a un centinaio di persone, ogni tanto qualcuno spruzzava dell’acqua per avere un po’ di sollievo. A un certo punto mi sono accorto che le signore, molto eleganti, indossavano tutte gli stivali. Ho chiesto il perché di quella moda. Mi è stato risposto che non di moda si trattava, ma di una precauzione contro i serpenti! Altro che poesia, questi sono i prosaici rischi dell’Art Direction." Massimo Morozzi, Osservare, ascoltare, parlare, in True stories, pp. 3-6, Edra, 2007.
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 247-249 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal
Il Rinascimento del design: due opere del maestro Giuseppe Rivadossi
Tavolo "Masaccio" in noce, dettaglio degli incastri a vista
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Il Rinascimento del design: due opere del maestro Giuseppe Rivadossi Le opere di Giuseppe Rivadossi si collocano in una zona di cerniera tra la pratica artigianale del trattamento del legno e l’inventiva capacità del designer, rispondendo perfettamente all’esigenza di riflessione sul ruolo della creatività in relazione alla manodopera che molte ricerche stanno cercando di accogliere e promuovere. I suoi lavori possono per questo a prima vista risultare nei loro effetti formali più vicini ad un approccio scultoreo, come se il legno fosse trattato alla stregua della pietra, mentre i raffinati incastri e l’elaboratissimo trattamento della pelle emergono solo ad un secondo sguardo quando la fascinazione per le suggestioni compositive, a cui questi splendidi oggetti rinviano, cede il passo ad una analisi più strutturata. La ragione di questo, solo apparente, paradosso deriva forse da una ormai standardizzata capacità di lettura che il pubblico spesso applica nei confronti di figure come quella di questo maestro del legno. C’è infatti una tendenza, che il lavoro di Rivadossi si propone di invertire, a valutare le figure appartenenti al mondo del design secondo griglie precostituite che affidano, o vorrebbero affidare, a ciascun soggetto un ruolo specifico, spesso poco coerente con quanto la realtà operativa di questi maestri non esprima. Capita così nel mondo del design – ma l’arte in generale non fa eccezione – che spesso l’artista venga considerato colui il quale pensa e disegna un oggetto che viene poi prodotto da altri mentre con il termine di artigiano viene riconosciuto colui che lavora la materia in prima persona. Eppure la lunga carriera che segna le diverse tappe nell’operato di questo maestro dimostra proprio come divisioni di genere e di scala siano quanto mai inopportune. Rivadossi compie attraverso il suo lavoro un’operazione di ricerca che rimanda a quell’epoca Arts&Crafts in cui il design diventata argomento di conversazione per un pubblico educato e curioso, lo stesso che vorremmo cercare di formare oggi anche attraverso l’esposizione delle opere di questo maestro. Il tavolo Masaccio è caratterizzato da una straordinaria essenzialità della struttura costituita da un numero minimo di parti che lo compongono e da forti incastri a vista che le uniscono le une alle altre. La naturale bellezza del materiale dona a questo manufatto una dignità che vale per l’uomo di tutti i tempi. In questo oggetto l’idea di semplicità è resa attraverso un sapiente e delicato gioco di nuances che il legno produce come ritmato da una melodia interna, che anima tutta l’opera. La leggera struttura a triangolo dei fianchi conferisce alla Sedia Regina una grande solidità e una giusta inclinazione e curvatura alle vele del sedile e dello schienale creando un essenziale e confortevole seduta. Questo manufatto, rappresentativo del percorso di ricerca sul materiale dell’Officina Rivadossi, è realizzata con sezioni larghe ma leggere che si congiungono con incastri a vista accuratamente definiti. La piallatura a mano e l’arrotondamento di tutti gli spigoli ne completano l’insieme conferendole un aspetto forte e gentile. Questa sedia dal carattere
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essenziale conserva un animo virile alleggerito dal sapiente trattamento del materiale che Rivadossi ha saputo conferirle.
La tecnica: assemblaggio a incastri Un importante elemento da considerare per quanto riguarda la composizione degli oggetti che qui presentiamo riguarda le tecniche utilizzate durante la lavorazione del legno. L’assemblaggio ad incastri è ottenuto tramite una sapiente conoscenza della struttura dei diversi legni utilizzati poiché questo con le sue resistenti fibre, che si sviluppano longitudinalmente si è sempre prestato alla realizzazione di contenitori e strutture di vario tipo e misura. In rapporto alle qualità specifiche del materiale, una delle tecniche di assemblaggio più fisiologica è l’incastro che può essere a tenone, a pettine o a coda di rondine. L’incastro permette di intersecare e di unire fra loro le varie parti della struttura. Il dimensionamento di questi particolari strutturali viene definito anche in rapporto alle qualità specifiche di resistenza delle varie essenze del legno ed in rapporto alla finalità della struttura. Questi incastri se giustamente dimensionati e ben definiti, pur essendo particolari squisitamente tecnici, diventano parti essenziali anche dell’immagine del manufatto. Rispettare quindi la materia utilizzata, considerando attentamente le sue qualità specifiche, può essere di grande aiuto nel ritrovare un rapporto equilibrato tra forma, struttura ed uso dell’oggetto. Tutti elementi che ritroviamo nell’opera di Rivadossi. Elisa Poli
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MD Material Design Post-it journal ISSN 2239-6063 Vol. II Speciale XfafX (2012), 250-253 - Elisa Poli edited by Alfonso Acocella, redazione materialdesign@unife.it
post-it journal Poesie di Legno. Madie e credenze di Giuseppe Rivadossi
Se non fossimo custoditi non potremmo vivere. L’universo custodisce la terra, la terra custodisce noi, noi custodiamo la vita. Giuseppe Rivadossi
Credenza celata
Nell’aprile del 2009 Mario Botta scriveva a proposito della nuova collezione presentata da Giuseppe Rivadossi “Dobbiamo essere grati a questa bottega del legno che, contro tutte le tendenze in atto del mercato e della globalizzazione, riesce a creare ed a produrre opere straordinarie per la loro bellezza, cariche di intelligenza artigiana e tali da trasmettere una capacità evocativa che tocca e commuove l’uomo di oggi”1.
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Moissac
Non è un caso che tali parole siano state pronunciate da un architetto – estimatore di lunga data del lavoro di questo artigiano-artista – abituato a confrontarsi con la continua negoziazione che la pratica del costruire richiede a chi, pur volendo mostrare il proprio operato al mondo, ricerca nel lavoro formale una ferrea coerenza concettuale. La perdita di senso, nell’epoca che esalta la rappresentazione e la narrazione merceologica dell’oggetto più che l’utilizzo dell’oggetto stesso, è un rischio quotidiano in cui molti designer sono incorsi frequentemente. In Italia, nazione rinomata per l’alta qualità dei prodotti artigianali, la crasi tra l’antico mondo dei maestri portatori di valori solidi e duraturi e le nuove generazioni degli allievi cresciuti attraverso l’utilizzo delle tecnologie, è diventata così evidente da costituire un caso conosciuto nel mondo. L’Italia è il paese in cui per i giovani creativi innovare e affermare la propria identità risulta un obiettivo quasi irraggiungibile; schiacciati dal confronto con la tradizione e sminuiti da una mancanza di riferimenti teorici che si fa sempre più preoccupante.
Grande madia del bosco
Le figure dei maestri somigliano, peraltro, sempre di più a icone di epoche lontane, incapaci di restituire il vero senso dell’apprendistato, la vera disciplina della bottega. Si evocano spesso grandi nomi e grandi opere senza essere per questo mai entrati in diretto contatto visivo né con gli uni né con le altre. Abbiamo imparato a scorrere cataloghi
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d’immagini rivolgendo l’attenzione solo all’aspetto formale; forse dimentichi dell’enorme lavoro che ha portato alla loro produzione. Servono allora altri esempi. Personalità spesso conosciute da esperti del settore del design, amate dalla critica e poco inclini all’appariscente autoproclamazione che i mass media sembrano istigare. Consapevoli di questa crasi Giuseppe Rivadossi e i suoi figli Emanuele e Clemente hanno portato avanti negli ultimi decenni un discorso di autentica poesia rintracciando nel materiale ligneo le radici di una cultura del fare che si traduce anche nel modo di pensare e di fabbricare i mobili. La serie delle Madie e delle Credenze è pertanto un esempio felice di questa attitudine artistica – e s’intenda “ars” nella sua accezione etimologica come arte del fare – che si traduce in oggetti dalle forme precise e dalla lavorazione raffinata: vere e proprie poesie del legno. Le opere qui presentate sono selezionate tra diverse serie ottenute attraverso una lavorazione del tutto unica. Le strutture a finestrelle non sono nate come espediente decorativo, ma dall’esigenza di realizzare oggetti stabili con il materiale legno. La finestrella è un piccolo modulo, ottenuto dall’assemblaggio di quattro parti in legno ed un cristallo centrale, che si presta ad essere cellula, modulo di un insieme regolare e sublime. L’accostamento e l’unione delle finestrelle attraverso animelle interne e colla, possono così dare corpo a pareti e strutture di vario tipo, efficienti contenitori con una loro specifica immagine. Il piccolo pertugio di ogni finestrella comunica uno spazio interno “abitato”, capace di rendere suggestive e poetiche le strutture stesse.
Madia interno
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La credenza Moissac è un’immagine vibrante e leggera di luce che si presenta come “linea-volume” d’orizzonte, disposta a contenere, ma anche a diventare un preciso segno del paesaggio interno. Mentre Aurina è una struttura sorprendente, quasi solo una facciata astratta senza volume composta da un fronte a finestrelle, che aprendosi si trasforma plasticamente. Lo spazio interno, apparentemente inaspettato, è accuratamente attrezzato. Nella custodia Lombarda invece gli spigoli tracciano il disegno di un volume che si dissolve nello spazio. L’aspetto verticale e le finestrelle degradanti verso l’alto comunicano un senso d’infinito come se l’oggetto si fondesse con l’intorno. Conclude la serie la Madietta della Siepe che nel 1982-84 segna l’arrivo ad una sintesi di particolare misura e bellezza, dove le piccole finestre, cellule di un corpo, diventano una immagine di geometrica poesia. Elisa Poli Note 1 Catalogo della mostra Giuseppe Rivadossi. Sculture d’interni, Galleria Aedes, Roma, 2009 STRUTTURA A FINESTRELLE Le strutture a finestrelle non sono nate come fatto decorativo, ma dall’esigenza di realizzare strutture stabili con il materiale legno: la finestrella è un piccolo modulo, ottenuto dall’assemblaggio di quattro parti in legno ed un cristallo centrale, che si presta ad essere cellula di un insieme. L’accostamento e l’unione delle finestrelle attraverso animelle interne e colla, possono così dare corpo a pareti e strutture di vario tipo, efficienti contenitori con una loro specifica immagine. Il piccolo pertugio di ogni finestrella comunica uno spazio interno “abitato”, capace di rendere suggestive e poetiche le strutture stesse.
1 2, 3. Nella custodia Lombarda gli spigoli tracciano il disegno di un volume che si dissolve nello spazio. L’aspetto verticale e le finestrelle degradanti verso l’alto comunicano un habitat infinito. 4, 5. Nel 1982-84, la madietta della Siepe segna l’arrivo ad una sintesi di particolare misura e bellezza, dove le piccole finestre, cellule di un corpo, diventano una immagine di geometrica poesia. 6 La credenza Moissac è un’immagine vibrante e leggera di luce che si presenta come “linea-volume” d’orizzonte, disposta a contenere ma anche a diventare un preciso segno del passaggio interno.
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X
www.materialdesign.it
autori
Annali MD, 2011 [ II] Speciale XfafX, 2011-2013
Alfonso Acocella Architetto, Professore ordinario di Tecnologia dell’architettura e di Design presso il Dipartimento di Architettura, Coordinatore del Corso di laurea in Design del prodotto industriale dell’Università di Ferrara, Italia. Luigi Alini Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Professore Associato in Tecnologia dell’Architettura, Struttura Didattica Speciale di Architettura di Siracusa, Università di Catania, Italia. Marcello Balzani Architetto, Dottore di Ricerca in Rilievo e Rappresentazione del costruito, Professore Associato di Rilievo Architettonico Ambientale presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Direttore del Centro Dipartimentale D.I.A.P.Re.M.. Paola Boarin Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Assegnista di ricerca e docente a contratto presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, Italia. Christina Conti Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Ricercatore in Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università degli Studi di Udine, Italia. Veronica Dal Buono Architetto, Dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Ricercatore in Disegno Industriale, Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, Italia. Alessandro Deserti Architetto, Professore ordinario in Disegno Industriale presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano. Alberto Ferraresi Architetto, libero professionista, collaboratore del Laboratorio di ricerca Material Design presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Alessandro Gaiani Architetto, Ricercatore in Composizione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Gabriele Lelli Architetto, Ricercatore in Composizione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Giuseppe Mincolelli Architetto, Specializzazione in Disegno Industriale, Professore Associato in Disegno Industriale presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Valentina Modugno Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, docente a contratto presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, Italia.
Elisa Poli Critica e storica dell’architettura, Dottore di ricerca in Storia dell’architettura presso l’Université de Paris 1 Pantheon-Sorbonne, docente a cotntratto presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, Italia. Pietro Piella Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, docente a contratto presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, Italia. Andrea Rinaldi Architetto, Ricercatore in Composizione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara. Andreas Sicklinger Architetto, specializzato in ergonomia e design, è docente di Design di Prodotto presso Applied Sciences and Arts, German University Cairo, Egypt. Chiara Testoni Architetto, Dottoranda di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, Italia. Davide Turrini Architetto, Dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Ricercatore in Disegno Industriale, Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, Italia. Valeria Zacchei Architetto, Dottore di ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Assegnista di ricerca Centro Interdipartimentale per la Ricerca Industriale CIRI - Edilizia e Costruzioni, Bologna, Italia. Theo Zaffagnini Architetto, Dottore di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura, Ricercatore in Tecnologia dell’Architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara.