La città degli scambi. Tra ricerca e didattica

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Andrea Bellodi Si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Ferrara nel 2005. Dal 2007 svolge attività professionale fondando lo studio OQ Project per la progettazione e la ricerca architettonica e del paesaggio.Docente a contratto di Progettazione architettonica presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara dal 2011. Le sue ricerche e i suoi lavori sono stati pubblicati in Italia e all’estero.

Guido Incerti Tra i fondatori nel 2004, di nEmoGruppo Architetti e più recentemente, nel 2012, di megarchitettura. Nel 2010 è visiting tutor al Royal College of Art di Londra. Attualmente svolge attività didattica presso l’Università di Ferrara, la Washington State University e la Kent State University. Ha curato per Skira la monografia dello studio DillerScofidio+Renfro e recentemente per LetteraVentidue Trasformazioni, storie di paesaggi contemporanei. Si diverte molto anche a dirigere Opere, una rivista di architettura edita dalla Fondazione Architetti di Firenze.

Federico Orsini Architetto e dottorando, si laurea nel 2010 con il massimo dei voti presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara. Dal 2007 al 2011 collabora con alcuni studi internazionali (5+1aa, Lelli&associati Architettura, FeRiMa, Playtime). Dal 2011 partecipa, in collaborazione ad altri professionisti, a concorsi nazionali ed internazionali di progettazione. Dal 2008 svolge attività di assistenza all’interno del laboratorio di progettazione del Dipartimento di Architettura di Ferrara, dove nel 2011 vince il concorso di Dottorato. È autore di alcune pubblicazioni e interventi in convegni internazionali, principalmente afferenti alla progettazione dello spazio pubblico.

Ilaria Fabbri Si laurea con lode presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara nel 2013 con una tesi dal titolo L’ex Oratorio dei Salesiani verso la nuova piazza dei giovani di Faenza: progetto di riuso e rigenerazione urbana. È consulente per il riuso e la gestione degli spazi appartenenti al complesso oggetto della sua tesi di laurea e curatrice del workshop internazionale The Space Inside. Education and leisure new square. Assistente al Laboratorio di Progettazione Architettonica IV tenuto presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara dal Prof. Arch. Gabriele Lelli nell’anno accademico 2012-2013, incentrato sul tema La città degli scambi.

LA CITTà DEgli SCAMBI

Gabriele Lelli Lelli & Associati è uno studio associato composto dagli architetti Gabriele Lelli e Roberta Bandini e dall’ingegner Andrea Luccaroni. Ha sede a Faenza, in provincia di Ravenna, e collabora stabilmente con Elena Querzola, Marica Maroncelli, Marcello Cova, Matia Bassi, Elisa Cicognani, Lorenzo Melandri e Lucia Cattalani. è costituito dalla parte più consistente dello studio Cristofani & Lelli Architetti scioltosi alla fine del 2008. Gabriele Lelli è Professore di Progettazione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara, ha collaborato con Massimo Carmassi e con l’architetto svizzero Peter Zumthor.

la città degli scambi Tra ricerca e didattica a cura di Gabriele Lelli

COLLANA DIDATTICA Tra ricerca e didattica a cura di Alfonso Acocella Alfonso Acocella (a cura di) Comunicare idee con carta e cartone Lulu edizioni, 2012, pp. 88. Alfonso Acocella (a cura di) Artefatti comunicativi Media MD, 2013, pp. 144. Gabriele Lelli (a cura di) La citta degli scambii Media MD, 2013, pp. 128.


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LA CITTĂ deGLI scambi a cura di Gabriele Lelli

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Collana Didattica Lab MD Concept Alfonso Acocella Progetto grafico Giulia Pellegrini Impaginazione Federica Capoduri Infografica Veronica Dal Buono Lab MD www.materialdesign.it Le immagini utilizzate in La città degli scambi rispondono alla pratica del fair use (Copyright Act 17 U.S.C. 107) essendo finalizzate al commento storico, critico e all’insegnamento.

La presente pubblicazione è stata realizzata grazie al sostegno di Aspiag Service Srl concessionaria del marchio 2013 © Media MD / Despar ISBN 978-88-908475-7-8


INDICE

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IL SEGRETO PER ANDARE AVANTI È INIZIARE Franco Bolzonello, Elisabetta Distante

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CREATIVITÀ COME MATERIA PRIMA Alfonso Acocella

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LA CITTÀ DEGLI SCAMBI Gabriele Lelli

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CITTÀ FISICA E FLUSSI IMMATERIALI Andrea Bellodi

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IL LIMITE DELLA “CITTÀ DEGLI SCAMBI” Guido Incerti

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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DEL IV ANNO: UN CARATTERE GENERALE PER UN TEMA SPECIFICO Federico Orsini

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LA CITTÀ DEGLI SCAMBI Progetti a cura di Ilaria Fabbri

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Bibliografia e filmografia



IL SEGRETO PER ANDARE AVANTI È INIZIARE

Franco Bolzonello DIRETTORE TECNICO ASPIAG SERVICE

Elisabetta Distante UFFICIO TECNICO ASPIAG SERVICE

Castelrotto, 2008. (foto di Giorgio Distante)

L’iniziare è da sempre un cambio delle abitudini ed è per questo un passo coraggioso perché si sa cosa si lascia ma non quello cui si va incontro. Creare spazi di vendita è stato per Aspiag Service un atto coraggioso a partire dagli anni Duemila. Un coraggio premiato dal cliente che ha accettato – coscientemente – di fare un’azione quotidiana in un luogo piacevole. Il cliente ovviamente non conosce lo studio sulla luce, sui colori, sugli arredi che sono stati fatti a monte e che hanno generato gli spazi dove fa la sua esperienza di acquisto; non gli interessa ma ne percepisce il beneficio. Adesso che progettualmente abbiamo raggiunto un buon livello sull’allestimento interno l’azienda, nella persona dell’amministratore delegato Paul Klotz, ci chiede di esprimere un plus anche sull’esterno – sull’involucro architettonico – quasi a dire: «… adesso che abbiamo un buon prodotto possiamo dedicarci a confezionargli una bella scatola». Una “scatola” con un compito importante: trasmettere all’esterno ciò che l’azienda ha più a cuore: la qualità del prodotto interno, l’aggiornamento tecnologico e, perché no, la capacità di incidere nelle scelte del cliente che vuole sentirsi sicuro, piacevolmente ospitato e in un ambiente confortevole quando svolge quell’attività che è la spesa, l’acquisto di prodotti fondamentali per la vita quotidiana. È errato considerare l’architettura dei nostri punti vendita qualcosa di effimero soprattutto perché l’effimero è qualcosa di precario, transitorio e tutto si può dire di un’architettura tranne che sia, nel bene o nel male, temporanea. Consci di questo eccoci affrontare la sfida… lavorare, dedicarci anche all’esterno: alla “scatola” come contenitore del nostro essere venditori. Nei nuovi progetti quindi, spinti a pensare oltre al prodotto, al fatturato abbiamo inteso ampliare il nostro orizzonte e a creare uno spazio completo dove esporre il prodotto. Lavorare con la Scuola Ferrarese di Architettura è stato il plus aggiuntivo al nostro avanzare. Abbiamo chiesto agli studenti ed i loro docenti – che non “vivono di vendita al dettaglio” – la loro visione di un nostro store senza metterli a conoscenza, se non a corso avanzato, della nostra filosofia. Concepire i volumi architettonici inseriti nello spazio urbano, come insegna la buona architettura, non ha potuto esimersi dal conoscere la dinamica funzionale degli interni e tendere verso possibili visioni/necessità future del cliente. Tutto il nostro lavoro è teso alla soddisfazione del cliente oramai non più legata alla mera azione dell’acquistare ma con attese e richieste di ambienti a lui più consoni, agevoli, e gradevoli. Alcune indicazione scaturite dai progetti degli studenti riportano alla “voglia” di una spesa seguita ad una pausa caffè un break gradito a tutti ma che spesso viene disatteso per la frenesia dei nostri ritmi giornalieri, la possibilità di acquistare i “freschi” (verdura, frutta, ecc.) anche senza entrare nel punto vendita. Ma gli spunti scaturiti dalla collaborazione con l’Università sono stati molteplici, alcuni realizzabili a breve, con i giusti accorgimenti, altri più futuristici; nessuno, comunque, inutile in quanto ogni studente, docente o progetto ci ha trasmesso nuovi stimoli ad andare avanti, per innovare qualitativamente.

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CREATIVITÀ COME MATERIA PRIMA

Alfonso Acocella

Modello di studio, Snøhetta Architects. (foto di Alfonso Acocella)

Viviamo, oramai, da qualche decennio, in un’epoca di veloci trasformazioni che investono incessantemente il mondo economico, sociale, culturale e gli stessi nostri stili ed esperienze di vita. Le strutture produttive, in particolare, operano all’interno di questo quadro mutante della società di fronte ad un mercato in cui è richiesto di essere flessibili e competitivi. Conseguentemente le organizzazioni del lavoro sono chiamate a rinnovarsi continuativamente secondo ritmi che non hanno confronti nella storia economica moderna. Sostenere costantemente l’innovazione degli asset strategici rappresenta un’attività impegnativa, soprattutto per le realtà medio-piccole, mettendo a dura prova anche quelle maggiormente dotate di capitale umano posto, per responsabilità, a promuovere l’evoluzione dall’interno. A fronte delle difficoltà e dell’impegno necessari vi è, comunque, per chi voglia e sappia accettare la sfida, la condizione stimolante e affascinante che richiede agli individui la tensione interiore a rimettersi continuamente in gioco, a ripensare se stessi e il rapporto con il contesto di operatività. Viene indicato, oramai, a noi tutti, di non poter più vivere di rendita, di posizioni acquisite, insieme alla necessità di prefigurare soluzioni inedite, esplorare orizzonti poco noti, intercettare nuovi pubblici di riferimento; in altre parole ci viene chiesto di esprimere iniziativa, azione, innovazione. Ecco allora che si spiega come la creatività – intesa come tensione ideativa, visionaria, progettuale – è oramai diventata materia prima (benché di natura immateriale) uscendo dai confini delle professioni che la richiedono come prerequisito irrinunciabile (la creatività degli artisti, degli architetti, dei designer, degli stilisti...) per irrompere anche nei territori delle organizzazioni e delle istituzioni preposte alla produzione di prodotti, beni, servizi o alla loro distribuzione, vendita, erogazione. Sempre più gli ambienti abitualmente frequentati da menti creative vanno acquistando un’importanza crescente, un’aura seduttiva. Non più unicamente luoghi di “giocosa atmosfera” o di “gratificazione estetica” ma spazi pulsanti, “laboratori di idee”, “officine di trasferimento creativo” a cui avvicinarsi per confrontarsi, contaminarsi, integrarsi e dar vita ad un diverso e più fluido modo di osservare, rappresentare, interpretare la realtà contemporanea e le tendenze latenti in essa emergenti. Voglio pensare, anzi ne sono sicuro, – che Aspiag Service – attraverso il management del Technisches Buro nelle figure di Franco Bolzonello ed Elisabetta Distante – abbia voluto aprirsi ad inedite “relazioni creative” con il Lab MD del Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara volendo rinunciare a confinarsi nella ripetizione di consolidate soluzioni progettuali inerenti l’architettura della grande distribuzione nella ricerca di stimoli e spunti nuovi, di idee non convenzionali e stereotipate i cui protagonisti – insieme ai docenti e al loro staff di collaboratori – sono soprattutto i giovani “studenti creativi”, prossimi oramai alla laurea. I risultati conclusivi dell’esperienza, presentati in questo volume, ritengo ben esprimano il valore positivo e stimolante della collaborazione.

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Liu Bolin Hitch, No.96, Supermarket, 3, 118x150 cm, 2011.


LA CITTÀ DEGLI SCAMBI

Gabriele Lelli

1 L’indagine proposta in questo volume parte da alcuni presupposti che ridefiniscono il quadro di riferimento della grande distribuzione alimentare. Presupposti indicati dal nostro “committente”virtuale, scaturiti dalla sua esperienza nel mercato italiano, dalle sue analisi effettuate sul campo e dalla maturità di un operatore evoluto alla ricerca continua di qualità. Sinteticamente possiamo riassumerli in un cambiamento di comportamento del consumatore rispetto al supermercato. Un atteggiamento che privilegia acquisti più mirati atti a ridurre i costi, gli sprechi e il tempo dedicato all’acquisto. Questo cambio di mentalità porta ad evitare le strutture di grande dimensioni fuori città. Non c’è il tempo per lo spostamento in auto e soprattutto non c’è così tanto tempo da dedicare ad uno spazio enorme pieno di prodotti diversi con percorsi commerciali molto lunghi. Contemporaneamente diminuisce l’abitudine di acquistare grandi quantità di merci, perché non c’è il budget sempre disponibile e non c’è voglia di sprecare merci inutilizzate. Si preferisce l’acquisto veloce, vicino a casa, con budget limitato ed orizzonti immediati di utilizzo del prodotto. Questo atteggiamento riduce gli sprechi sia rispetto alle quantità, sia rispetto la scelta del prodotto. Su queste basi abbiamo condotto la nostra ricerca. Occorre pensare ad un nuovo rapporto possibile fra il supermercato e il suo territorio, fra la città e i nuovi luoghi dello scambio.

2 Se il retailer è colui che acquista e vende, non produce e in questo suo atto dispone di soli due strumenti: lo spazio e la comunicazione come sostiene Fernand Braudel in I giochi dello scambio1, è altrettanto vero che la città non può vivere senza l’energia dello scambio, non può non generare luoghi dello scambio, difficilmente ne può fare a meno. Inoltre “…il commercio ha sempre operato in sintonia con la parola: la comunicazione è un agevolatore dello scambio, che, a sua volta, è un propagatore di linguaggi. Tuttavia, anche la merce parla e parla per se stessa (è un auto-referente). Questo doppio racconto, del mercante e della merce, si pone continuamente in conflitto con l’acquirente, che deve mettere in accordo ciò che ascolta e ciò che vede. Storicamente, perciò, la comunicazione commerciale lavora su due componenti: una visiva, l’altra narrativa. “Farsi vedere” è compito della merce, raccontare la storia, del mercante; entrambi lavorano alla costruzione del valore di scambio. Il bisogno di progettare lo spazio di vendita come un artefatto comunicativo sorge quando, con l’avvento dei magazzini a prix fix, la parola viene meno e deve essere sostituita da un altro sistema di segni: lo spazio assume allora il doppio compito di mostrare la merce e di rappresentarne il valore.”2 Nella storia, i luoghi dello scambio hanno rappresentato ed identificato le città, caratterizzandone gli spazi pubblici. La città è per eccellenza luogo di scambi, oltre che di merci,

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di idee, di culture, di saperi e di civiltà. L’energia urbana prodotta dallo scambio delle merci, con la comunicazione che l’accompagna è indispensabile per far vivere la città. Esiste dunque una reciproca sinergia fra città e commercio. Senza dimenticare che il negozio è una forma di media, un luogo dove sperimentare il nuovo o confermare antiche tradizioni, un luogo di scambio di idee, un veicolo di tendenze e messaggi. Nell’atto del vendere lo spazio assume sempre più importanza nei confronti della merce e della componente narrativa che la identifica, originariamente interpretata dal mercante. Lo spazio che qui vogliamo approfondire è una realtà articolata, composta dallo spazio interno della vendita, dallo spazio dell’insegna e della “vetrina” e dal suo spazio di relazione all’interno del tessuto urbano, oppure, visto dalla città, dalla struttura dello spazio pubblico dedicato agli scambi commerciali. Da qui il titolo del laboratorio di ricerca: La città degli scambi. Dopo lo spazio dell’abitare e i luoghi di lavoro, è considerato il “terzo luogo” nello spazio vitale organizzato di una città.

3 La cornice della ricerca si concentra su un ambito commerciale specifico: la media e grande distribuzione alimentare. Questo tipo di modello deriva dai supermercati e dai mall americani. Essi hanno rappresentato un riferimento importante, soprattutto nel loro rapporto con il territorio. Grandi scatole semplici e poco costose poste in aree libere, fuori dai centri urbani, o in aree urbanizzate liberate, “tabula rasa”, sempre in contatto con le infrastrutture di collegamento e circondate da enormi parcheggi, isolate dal contesto, con il grosso problema di costruirsi un’identità, di diventare un landmark. Nei centri commerciali, solo alcune

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Santa Monica Place. Vista da Colorado Avenue. Excelsior Milano. I piani aggettano sul grande atrio con profili sinuosi sempre diversi. Prada Flagship Store a New York: un esperimento, un punto di concentrazione creativa. BOXPARK: il livello superiore ospita ristoranti, caffè, gallerie d'arte e una terrazza di legno. (dall'alto, in senso orario)


strutture sono di grande pregio architettonico, mentre la maggior parte sono costruzioni di scarsa qualità e durabilità e sono in uno stato di imminente rinnovamento edilizio o di globale ripensamento.

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Notch Showroom. Un monumento scultoreo con un blocco di 45 tonnellate che si sposta di 12 m. Notch Showroom. Un’esplorazione delle possibilità di frammentazione e sottrazione. (in alto)

Ai fenomeni sociali che stanno mettendo in crisi i modelli dei centri commerciali consolidati negli ultimi anni per la serie di motivazioni molto chiare agli operatori di settore che abbiamo già accennato: crisi economica, minor tempo a disposizione, maggior attenzione ad evitare sprechi dovuti ad acquisti abbondanti o mal programmati e minor utilizzo dell’auto. A questi si aggiungono i fenomeni urbani legati allo sviluppo e alla gestione del territorio. Primo fra tutti l’arresto della crescita urbana, almeno per quanto riguarda il consumo del territorio, e la conseguente politica di rigenerazione urbana che porta alla densificazione del tessuto urbano all’interno di un perimetro consolidato. Il ritorno alla mixité urbana degli usi, dopo l’ubriacatura dello zoning monofunzionale. Aggiungiamo anche un cambiamento comportamentale, un atteggiamento sociale volto al “diverso” utilizzo di quel che c’è, magari in maniera più smart, magari in maniera più solidale e meno individualistica, magari in maniera più wellness, magari in maniera più green. Non ultima, vista la crisi strutturale, la necessità di non sprecare risorse della collettività, da qui nascono politiche di risparmio, sia energetico, sia nei servizi urbani: alternative alla mobilità privata su gomme e contenimento delle reti infrastrutturali. La conseguenza evidente è che il nostro centro commerciale deve “tornare” in città o diventare città, non può più essere un oggetto isolato, “lontano”, dovunque sia, ma parte integrante del tessuto urbano e, soprattutto “vicino”.

5 Le direzioni progettuali adottate si sono articolate secondo alcune tematiche avendo sempre come obiettivo la felicità delle persone che vivono, comprano, vendono, si scambiano idee, merci, si rilassano, scoprono, condividono, coinvolgono, si emozionano. Dando quindi risposta alla domanda di quali qualità deve avere la città contemporanea quando diventa luogo degli scambi?

Parking Lot Showroom, 1976. Non realizzato. Negozio e parcheggio sono combinati. Parking Lot Showroom, 1976. Non realizzato. L'edificio è inglobato dal suo ambiente circostante. (in alto)

a) Il lavoro sulla morfologia. La ricerca ha dedicato molte energie a risolvere il rapporto fra le grandi dimensioni degli spazi commerciale e i tessuti urbani esistenti o di progetto e come inserire l’uno nell’altro. Certamente il supermercato o il centro commerciale rappresentano un’eccezione dentro la città, un fuori scala per il normale tessuto urbano. Studiando il figure-ground delle città e confrontandolo con la trama dei tessuti urbani costituita dai centri commerciali si nota che la scala dimensionale è esclusivamente quella dell’automobile, ora invece, occorre pensare ad una scala di riferimento diversa. Innanzi tutto la morfologia del supermercato deve trasformarsi ed essere interpretato alla scala “urbana” e inserirsi coralmente nel contesto esistente, ma soprattutto deve ritrovare la scala umana intesa come misura piacevole ed interessante in tutte le sue parti. In questo senso ci sono alcune idee che lavorano proprio sulle compatibilità dimensionali fra le necessità di spazi semplici alla scala della grande distribuzione e il normale tessuto urbano della città. A volte “nascosti” ed integrati negli isolati urbani residenziali, a volte circondate da piccoli negozi, a volte inseriti in altri spazi pubblici come parchi, piazze ed infrastrutture. A volte solo apparentemente frazionati, comunque pedonalmente interessanti su tutti i lati. b) Un altro fronte di ricerca si basa sulle connessioni e l’accessibilità, anche alternativa all’auto (che resta il principale mezzo di trasporto

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nelle nostre città), quindi alcune soluzioni indagano un’accessibilità pedonale, ciclabile o di mezzi pubblici compatibile con il supermercato urbano, studiandone attentamente le connessioni urbane che favoriscano questi mezzi e la forma dell’edificio capace di accogliere queste connessioni. Partendo dalle tipologie urbane consolidate (il passage e la galleria) e indagandone altre. Un lavoro tipologico sull’edificio, strettamente connesso con lo studio attento degli spazi pubblici circostanti. c) Un buon luogo di scambi ha una dimensione dinamica e deve ottenere sinergie dai flussi urbani e dalle polarità urbane. Si tratta di individuare e sfruttare l’energia urbana esistente valorizzandola e amplificandola. Si tratta di inglobare nel disegno urbano infrastrutture, polarità e percorsi pubblici studiando i modi per creare elementi attrattivi nei confronti dei flussi veloci, mentre, in modo più delicato, accompagnare il flusso pedonale, ciclabile urbano, quasi inconsapevolmente, dentro il polo attrattivo senza bisogno di segni, ma solo di meccanismi spaziali, come succede nella città storica. Le proposte inventano spazi collettivi, piazze, giardini, spazi lenti in frizione sinergica con gli spazi commerciali. d) Naturalmente anche le riflessioni sui nuovi landmark non mancano di propositività, sia con l’utilizzo di nuove tecnologie, sia attraverso la curiosità generata dalla diversità di atmosfere, sia attraverso i ribaltamenti di insegna-edificio, sia con le proposte di super-vetrine, o di iconiche superfici plastiche che “aspirano” i passanti. e) Altra strategia utilizzata riguarda le sinergie funzionali, le strategie che permettono un aumento di energia urbana semplicemente

Tesco Homeplus: una delle più innovative esperienze di vendita, si basa sulla suggestione visiva. (a sinistra) Namba Parks. Un gigantesco giardino tridimensionale in una delle parti più costruite di Osaka. (in alto a sinistra)

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accostando usi diversi. Magari dedicando un piccolo spazio per attività di quartiere, oppure la strada adiacente ad un teatro all’aperto, oppure ad un locale pubblico di ristorazione oppure un piccolo giardino, oppure altri negozi in una giusta proporzione, oppure un mercato all’aperto o, ancora un centro artigianale. Interessante anche la proposta di creare sinergia funzionale con un grande luogo pubblico adatto agli eventi: festival, sagre e altre manifestazioni capaci di generare grandissime energie. f) Alcuni lavori indagano le sinergie che legano lo scambio con la produzione che in alcuni casi produce sinergie entusiasmanti. Inserire gli spazi commerciali vicino a piccole produzioni artigianali, stando vicini alla cultura del fare; oppure inserendo piccole produzioni agricole. Ma anche incuriosendo con la cultura dell’imparare a fare, utilizzando i prodotti disponibili e arrivando fino a consumarli sul posto. g) Un ambito di studio interessante per creare poli di attrazione inseriti dentro la logica urbana è la creazione di differenze in termini di atmosfere rispetto al contesto. Il meccanismo funziona se si aumenta il differenziale dell’offerta spaziale urbana, già ricca di per sé, proponendo luoghi con atmosfere diverse e innovative, sia dentro lo spazio commerciale sia nell’intorno. Su questo tema vediamo alcune ipotesi green, di “bosco commerciale”, alcuni nuovi tessuti costituiti da volumetrie plastico scultoree, altri progetti immaginano giardini segreti, piazze a calice o enormi pensiline. Tutti ambienti nuovi che creano atmosfere capaci di emozionare, offrendo alla città altre“stanze” attrattive con caratteristiche diverse dall’intorno. Alcuni progetti del LAP IV. (in questa pagina)

6 La necessità di trasparenza spaziale, la leggerezza, lo spirito green, la voglia di wellness, il piacere della condivisione, il riuso, la sensibilità ecologica, la spazialità fluida, l’importanza dell’essere in rete, il fai date, il km 0, sono i valori trasversali che occorre ricordare e che contaminano tutta la ricerca. Queste tematiche sono state affrontate nelle discussioni, scaturite dai contributi degli esperti, ma spesso sono emerse naturalmente, nel lavoro progettuale sviluppato da ragazzi poco sotto i 25 anni, come parti integranti della nostra contemporaneità.

NOTE 1 2

Vedi F. Braudel, I giochi dello scambio, Torino, 1981. D. Scodeller, Negozi, Mondadori Electa, Milano, 2007.

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CITTÀ FISICA E FLUSSI IMMATERIALI

Andrea Bellodi

Mondo complesso. Scambio/Transit. (a sinistra)

Chiedersi cosa significhi la parola “scambio” all’interno della città e della società contemporanea implica la considerazione di molti fattori. In primo luogo lo scambio stesso ha subito variazioni importanti di senso, spostandosi sempre più verso ambiti immateriali e se vogliamo digitalizzati, in secondo luogo la città ne ha subito le conseguenze mantenendo difficilmente il passo della pressante realtà virtuale. Quale che ne sia il risultato è l’oggetto implicito della ricerca progettuale condotta grazie al contributo degli studenti. Assistiamo sempre più frequentemente alla messa in atto di processi di astrazione che coinvolgono gli ormai noti non-luoghi, fenomeno riscontrabile in molti casi pratici come le grandi reti infrastrutturali e gli spazi destinati all’automobile, oppure i luoghi commerciali del grande consumo che dall’automobile in buona parte dipendono. È soprattutto in tempi più recenti che si verifica la smaterializzazione degli spazi aggregativi e del commercio che diventano sempre più piattaforme virtuali. Sembra inevitabile la perdita del mercato come luogo fisico e cuore materiale originario di ogni città eppure lo scambio dei beni è pesantemente regolato dai sistemi on-line. In tutto questo processo la città sembra seguire a stento il susseguirsi rapido dei cambiamenti e resta a guardare il più delle volte, mentre evoca in qualche modo una certa rassicurante identità perduta. Ma è palese che i fattori di realtà che regolano i cambiamenti siano comunque destinati a forzare il passo e a spingere la società a costruire nuovi modelli che attualizzino il nostro modo di concepire i luoghi di scambio e ce ne restituiscano un senso nuovo e fruibile. Simultaneamente la città modifica la propria forma a livello globale, si rende sempre più complessa, le sue parti si svincolano dal tutto e ottengono indipendenza al crescere della dimensione. Si lascia descrivere frequentemente con il prefisso iper- davanti agli aggettivi che la caratterizzano. Le considerazioni su di essa non si limitano alle situazioni regionali, ma se considerata nei suoi aspetti più generali si fa notare per una tendenza all’ipermetropolitano, si estende a volte oltre la stretta programmazione urbanistica, e nella grandezza che la caratterizza punta qua e là grandi icone in grado di stabilire rapporti di orientamento e riconoscibilità. È talvolta capace di creare luoghi estremi che diventano superluoghi come i grandi aeroporti internazionali, simili a città nelle città, fatti per permettere lo scambio di flussi continui da tutto il mondo così come grandi centri commerciali, sostitutivi dei centri urbani con le forme ripetute e nostalgiche della città storica seppur ai limiti del revival. Quello che emerge è una situazione di grande energia potenziale ma di complessa gestione, e questo a ben vedere anche per l’inadeguatezza dei sistemi di progetto che si aggiornano molto più lentamente degli effettivi cambiamenti in atto. In questo contesto va letto il tentativo di stabilire nei lavori proposti una connessione tra la città fisica e la città percepita, in cui cioè la realtà ampliata dagli

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scambi virtuali si sovrappone al nostro modo di pensare materialmente il progetto. Significa scambio il tentativo di connettere la città astratta, digitale e virtuale creata dalla rete con la città vissuta fisicamente in cui il punto chiave diventa la membrana trasparente che separa questi paralleli. Se lo scambio lavora su una transizione tra due parti che si conclude a scambio avvenuto, il processo di scambio mette in luce la possibilità che questo si ripeta, rendendo riciclabile il suo stesso procedimento. Sulla base di questa analisi iniziale gli sforzi dei progetti tengono in considerazione non solo il tentativo di modificare lo stato di fatto, ma anche di lasciare viva la possibilità di successive modifiche, integrazioni o cambiamenti, assecondando le pressioni reali di mercato, la mutabilità degli scenari al passare del tempo e cercando un sostanziale compromesso di fattibilità. Lo scambio commerciale, di prodotti e consumi con tutto ciò che questo implica è stato parte specifica del tema di ricerca ed è anche tra quelli che più coinvolgono in modo attivo e diretto ciascuno di noi come parte interessata. Ne è emerso un tentativo di favorire la creazione di cicli produttivi rinnovabili per la produzione di beni, addirittura attuati sul luogo, o interventi di riciclo attivo delle risorse preesistenti con il tema del riciclo e delle bonifiche, attraverso strumenti progettuali urbanistici. Uno sguardo più specifico declina il tema del vuoto nelle grandi aree post-industriali, del terreno libero, come piattaforma di scambio potenziale, e si concentra sul suo sfruttamento parziale in quanto fonte non rinnovabile, ambito in cui tutto può ancora succedere. Le parti edificate, con grande inerzia al cambiamento, vengono limitate spesso in zone concentrate o sui bordi delle aree più estese. Questo permette di preservare metratura libera a disposizione per programmi più leggeri, a basso impatto, e ancora da realizzare (o da non realizzare). Si attua in sostanza un approccio sensibile allo scambio con il contesto, inteso come insieme di tracce decifrabile all’interno o all’esterno delle aree analizzate che abbia la forza di modificare la percezione del luogo e quindi di esserne assimilata. L’area stessa di progetto non diventa un solo limite fisico ma viene costantemente messa in discussione cercando contaminazioni di scala ampia e rendendosi parte di un sistema extraurbano sulla scia delle grandi infrastrutture o dei sistemi naturalistici e fluviali. È questo forse il punto di ricerca di maggiore autenticità nel rapporto con la città, un tentativo di legare la genericità degli scambi virtuali alla specificità delle condizioni del luogo sapendo sempre che entrambi sono parte di un mondo ampio e cercando di creare un punto di operatività tra i due.

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Industrial city. Recycle energy. (in alto) Mercato. (in basso a sinistra)


Scambio. Confini a San Paolo, Brasile.

Se da un lato le aree di recupero industriale si presentano con un problema di fuori scala e di sostanziale genericità rispetto al tessuto urbano consolidato, dall’altro il tema si ribalta quando la scala si fa piccola e il contesto diventa storico e altamente caratterizzato. La situazione di scambio è opposta, la maglia storica permette una apertura all’astrazione ed è ammesso il tentativo di ibridare il progetto con elementi trasversali e stridenti, talvolta in grado di produrre risultati inattesi e non logicamente conseguenti. La città storica lavora da rassicurante e permette paradossalmente maggiore libertà programmatica della precedente. In questo assetto di scambio continuo non si rigettano tentativi se non quelli confutati dalla stessa ricerca progettuale, che in quanto tale deve superare la già auspicabile buona pratica, cercando di anticipare nuovi confini in cambiamento continuo.

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IL LIMITE DELLA “CITTÀ DEGLI SCAMBI”

Guido Incerti

«In molte culture indigene del Nord America, la generosità è un aspetto centrale del comportamento nel sistema economico e sociale. Un esperimento informale ha esaminato cosa accadeva quando alcuni bambini provenienti da una comunità bianca e una comunità lakota ricevevano due lecca-lecca ciascuno. Tutti i bambini mangiavano subito il primo; poi però i bambini bianchi mettevano il secondo in tasca, mentre i ragazzini delle comunità indigene offrivano il loro a chi non ne aveva ricevuto neanche uno. Non meraviglia che la cultura possa condizionare il modo in cui le riserve vengono accumulate e distribuite, stabilendo, per esempio, che il risparmio debba essere socialmente prioritario rispetto alla condivisione; ma l’esperimento ci rammenta anche che l’opposto del consumo non è la parsimonia, bensì la generosità.» R. Patel, Il valore delle cose e le illusioni del capitalismo, p. 33. «Se la sola cosa che abbiamo è un personal computer collegato a Internet, alla fine il mondo ci sembrerà una rete di relazioni. Il punto è che l’aumento della connettività ci sta rendendo sempre più consapevoli di tutti i rapporti che compongono un mondo così complesso e vario. Una nuova generazione sta cominciando a vedere il mondo sempre meno come un deposito di beni da espropriare e possedere, e sempre più come un labirinto di relazioni cui accedere. In che modo, dunque, sceglieremo di usare la nostra coscienza relazionale appena acquisita? È interessante notare come, proprio mentre cominciamo a sviluppare una consapevolezza relazionale della coscienza, cominciamo anche a capire la natura relazionale delle forze che governano il pianeta.» J. Rifkin, La civiltà dell’empatia, p. 550. Quali sono le finalità progettuali quando si dedica un laboratorio di progettazione a “La città degli scambi”? Evidentemente dare forma a una architettura ed a quella parte di città in cui essa si andrà ad insediare che abbiano come centralità lo “scambio”. Nel caso del Laboratorio di quest’anno progettare quindi un supermercato. Che però, come vedremo, non è semplicemente uno spazio dedito al commercio ma un luogo che va oltre alla semplice attuazione dell’azione di reciproco scambio che l’atto dell’acquisto ha insito in sé. Lo scambio infatti è un gesto che, come la condivisione, implica un atto di generosità bilaterale, o quantomeno di fiducia l’uno nell’altro. È un atto che serve necessariamente a superare una soglia, dato che lo scambio è, come detto, più di un semplice atto. È un luogo o meglio un “limes”, un limite che serve a definire uno spazio in cui è possibile stabilire delle regole interne1 nonché evidenziare e rendere esplicite le differenze che ci possono essere tra due o più “attori”. Lo scambio, il limite, designa dove finisce una cosa e ne inizia un’altra. Come il primo solco tracciato dall’aratro nel terreno, ogni segno dedicato allo scambio che noi “incidiamo” sulla mappa di una città, serve a marcare uno spazio trasformandolo da luogo qualsiasi in un luogo unico ed inconfondibile. Il nostro segno servirà infatti, in primis, a stabilizzare quello spazio, fissandolo e

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rendendolo così inamovibile quasi fosse un cardine ed un tramite tra il cielo e la terra. Definire consapevolmente uno spazio è quindi già di per sé un atto umano che marca un luogo di scambio, un luogo di limite, o un luogo al limite. Avere come fine il progetto di un luogo “per lo scambio” più che “dello scambio” non è pertanto disegnare unicamente un luogo di commercio, grande o piccolo che esso sia, ma mostra l’intenzione di segnare un confine, un recinto dove chi lo vivrà si potrà distinguere da ciò che starà al di fuori di esso. Significa progettare contemporaneamente uno spazio di inclusione tanto quanto di esclusione, con buona pace dei promotori, che al contrario vorrebbero poter far si che l’architettura di un supermercato o di un qualsiasi luogo del commercio possa farsi icona e “brand” si da avere come “target”il maggior numero di clienti possibile. Ma ben sappiamo che non può essere così. Ogni luogo di commercio, ogni luogo di scambio – e l’antropologia lo spiega assai bene – ha le sue proprie regole, nonostante le strategie degli analisti puntino ad una sempre più spinta “omogeneizzazione” del disegno dello spazio. Ogni supermercato, ogni centro commerciale inoltre servirà a “confermare” la parte di città su cui esso insisterà. Sottolineandola nell’immaginario dei cittadini, quasi che “lo scambio” possa definirla totalmente con la sua influenza, chiuderla ma non così tanto da impedirne l’accesso agli “altri”, spingendo in più i clienti-cittadini ad avere un rapporto quasi “religioso” con esso, quasi fosse un terreno tribale di caccia e di raccolta cui fare periodicamente ritorno. Non è infatti un caso se oggi riferendoci ai luoghi del commercio sempre più spesso sentiamo parlare di “religione dello shopping”. La progettazione nella “Città degli scambi” assume così un valore, o meglio un compito che va oltre la semplice “progettazione architettonica”, ma fa entrare colui che se ne dovrà occupare nel campo della “metafisica”. È attraverso la progettazione infatti che daremo ulteriore identità, che “misureremo” e prenderemo pienamente possesso di quel “limes” che il luogo degli scambi definisce. E attraverso il progetto che le aspettative si concretizzeranno prendendo forma e grandezza dopo che, con il primo segno, avremo rivendicato l’identità del luogo. È un processo delicato, da compiere con la massima attenzione, proprio perché va evitato il rischio di andare oltre la “misura” che il limite, per sua natura, ci da. Ma, una volta superata o meglio raggiunta questa soglia – finalmente acquisito il senso dell’architettura – il progetto potrà spingere fino in fondo il suo potenziale visionario. Rivedendo e, ancor di più, ribaltando quelle idee e regole di omogeneizzazione spaziale che il marketing, la psicologia del consumo nonché le leggi di mercato stanno sempre più imponendo ai progettisti. Le scelte progettuali – almeno

Piazza Taksim. A Istanbul la costruzione di un nuovo centro commerciale in sostituzione di un parco ha innescato gli scontri dell’estate 2013 conto il governo guidato da Recep Tayyip Erdogan. (a sinistra) Limiti e scambi nel paesaggio a Soweto. (in alto)

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Richard Long, A line in the Himalayas, 1975. (particolare) Richard Long come pochi artisti ha saputo mostrare la forza del “limes”.

fino al più recente passato – non avevano più in primo piano e come fine ultimo la pura qualità urbana e spaziale e la ricerca di una architettura che giocava un reciproco “gioco di scambi” con la città (sono ormai lontani i tempi di Lulea e Ralph Erskine o delle icone commerciali figlie della “funzione obliqua” di Claude Parent) ma solo la costruzione di luoghi – anche virtuali quali il touch screen del nostro smartphone – dove consumatori, più che cittadini, si trovassero a vivere una situazione di minimo stress emotivo, in cui non dover prendere la benché minima decisione perché di base qualcun’altro aveva – ed ha – già deciso i loro gusti ed i loro bisogni. Oggi apparentemente, anche attraverso questi laboratori e questi progetti, assistiamo ad una volontà di rottura – da parte di un marchio della grande distribuzione – di questo “trend”. Nuovi cittadini stanno ibridando la nostra società con differenti modelli di vita e differenti bisogni diventando quindi “attori” di nuovi commerci. Nuove generazioni con diverse provenienze, identità, attitudini consumistiche e differenti domande si stanno affacciando al mercato. Rinnovate interazioni e differenti consapevolezze devono essere intercettate per generare contemporanei modelli di scambio, di condivisione e generosità. E tutto questo ha bisogno del disegno di nuovi “limes”. O meglio di una diversa comprensione di essi. Ai futuri progettisti perciò si domandano visioni. E si chiedono in risposta nuovi spazi e nuove architetture capaci di dare soluzione anche a quei cambiamenti – alquanto traumatici – che stanno intervenendo nelle città e nella società contemporanea. Agli architetti, ai futuri architetti, ai visionari che spesso è insito in loro – perché capaci di guardare oltre – viene richiesta la propria capacità – spesso dimenticata – di porsi alla guida di un processo complesso che il solo marketing e le regole di mercato, con il conseguente advertisement delle Company non riescono a decifrare in quanto non abilitati a leggere – senza numeri, analisi di mercato e di opinione – la complessità dei contesti in cui si andranno ad inserire con il loro “segno” – delimitato tra cielo e terra – i nuovi limiti e luoghi dello scambio.

NOTE

1 P. Zanini, Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali, Bruno Mondadori, Milano,1997, p. 16.

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LABORATORIO DI PROGETTAZIONE DEL IV ANNO: UN CARATTERE GENERALE PER UN TEMA SPECIFICO Federico Orsini

La presente ricerca è stata sviluppata in collaborazione con Despar S.p.a ed MD all’interno del Laboratorio di Progettazione Architettonica ed Urbana del Dipartimento di Architettura. In particolare, il laboratorio, inserito al quarto anno del piano di studi, affronta il tema del progetto urbano: individuato uno specifico contesto di lavoro e le problematiche che lo caratterizzano, gli studenti propongono una strategia di intervento e definiscono un nuovo tessuto urbano all’interno del quale sviluppano il progetto architettonico di uno o più edifici, tendenzialmente di carattere specialistico. L’approfondimento architettonico, scelto come caso studio della strategia proposta, viene studiato curandone la relazione con il contesto e con lo spazio pubblico, l’atmosfera interna, gli aspetti morfologici, la forma strutturale, il programma e la composizione. La collaborazione con la Despar S.p.a ha permesso quest’anno di sviluppare tali tematiche su alcuni casi studio di interresse reale: l’area dell’ex-Bormioli a Parma, un’area in via Rimesse e due edifici dismessi nel centro di Bologna. La complessità intrinseca al progetto urbano richiede necessariamente un approccio interdisciplinare: al fine di fornire agli studenti ulteriori strumenti critici di supporto alla gestione del processo progettuale, al modulo caratterizzante di composizione architettonica ed urbana, si affiancano i moduli di paesaggio e di economia. Per incrementare la qualità dell’insegnamento e offrire maggiori possibilità di confronto tra professori e studenti, il Laboratorio di Progettazione Architettonica è suddiviso in tre corsi. Ogni corso è composto da cinquanta studenti circa, un professore di ruolo e due modulisti, dottorandi, tutor esterni e professionisti che affiancano gli studenti durante l’intero percorso formativo. Durante tale periodo, l’attività dei singoli corsi viene affiancata da un programma di momenti comuni, quali conferenze, critiche collettive, workshop e lezioni frontali, alcune di carattere generale sul progetto urbano, altre legate alla specificità del tema trattato, nello specifico di quest’anno, “la città degli scambi”. Accanto a questa attività formativa di base, ogni anno viene organizzato un viaggio di studio all’estero per vivere l’esperienza e percepire l’atmosfera di progetti realizzati, buone pratiche affini ai temi trattati nel corso del laboratorio. I tre corsi, coordinati quest’anno dal professore Gabriele Lelli, sono stati impostati secondo un indirizzo metodologico generale, all’interno del quale hanno trovano spazio le diverse peculiarità di insegnamento proposte dai singoli professori di ruolo. Nello specifico, il corso A, gestito dal professor Andrea Bellodi, ha posto particolare attenzione al progetto strategico, cercando di fornire agli studenti gli strumenti critici necessari per sviluppare un progetto motivato e giustificato sia nelle scelte di masterplan, sia nelle

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scelte progettuali. Il corso è stato strutturato in esercitazioni fondamentali che sono servite a portare gli studenti ad avere un approccio criticoparanoico, capace di mettere in discussione il dato certo e favorire quindi l’indagine dell’ignoto. Il corso B, tenuto dal professor Gabriele Lelli, si è concentrato invece sul rapporto realtà, materia e progetto, sensibilizzando gli studenti e portandoli a considerare soprattutto quelle componenti fisiche della realtà (quali luce, ombra, profumi, ecc.) che influiscono sul carattere percettivo ed emozionale di un luogo, definendone l’atmosfera. Il corso, strutturato in esercitazioni specifiche, individuali o di gruppo, e momenti di confronto collettivo, ha permesso agli studenti di sviluppare le proprie idee, lavorando come in un vero atelier di progettazione, considerando sempre la realtà come dato fondante del progetto. In fine, il corso C, tenuto dal professor Guido Incerti, è stato strutturato per porre agli studenti continue domande, piuttosto che fornire loro strumenti formali per sviluppare un progetto urbano dedicato o focalizzato alla “Città degli scambi”. Questo per dotarli di uno strumento di critica soggettiva ed oggettiva necessaria alla costruzione di un processo/progetto coerente e sempre giustificato. Le “domande” hanno portato ad una serie di esercitazioni che hanno avuto come “focus” una autoanalisi dello spazio. Il coordinamento del corso, l’interesse e l’energia delle persone coinvolte, i ripetuti momenti di confronto collettivo hanno permesso di trasformare l’eterogeneità dei tre approcci in un punto di forza del laboratorio, valorizzando nel complesso l’intero percorso formativo offerto agli studenti.

Alcune immagini della mostra La città dello scambio organizzata al termine dei Laboratori di Progettazione IV. Palazzo Tassoni Estense, luglio 2013.

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CREDITI DEI LAB

Dipartimento di Architettura di Ferrara Laboratorio di Progettazione Architettonica 4 A.A. 2012/2013 Coordinatore Prof. Arch. Gabriele Lelli Tutor Arch. Federico Orsini Con la collaborazione di Arch. Elisabetta Distante LAP 4A Composizione architettonica Prof. Andrea Bellodi Valutazione economica dei progetti Prof. Valentina Cosmi Architettura del paesaggio Prof. Elisa Spada Assistenti al corso Arch. Mario Lazzaroni, Arch. Alessandro Muzzi LAP 4B Composizione architettonica Prof. Gabriele Lelli Valutazione economica dei progetti Prof. Gianmarco Bazzani Architettura del paesaggio Prof. Alberto Alessi Assistenti al corso Arch. Ilaria Fabbri, Arch. Rebecca Frisoli, Arch. Federico Orsini, Arch. Gabriele Sorichetti, Arch. Silvia Vicenzi, Arch. Alberto Zanelli LAP 4C Composizione architettonica Arch. Guido Incerti Valutazione economica dei progetti Arch. Giorgia Zoboli Architettura del paesaggio Arch. Valentina Milani Assistenti al corso Arch. Martina Clerici, Arch. Giulia Sarmenghi

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Omaggio a Gabriele Basilico 12 agosto 1944-13 febbaio 2013


LA CITTÀ DEGLI SCAMBI / Progetti a cura di Ilaria Fabbri

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L’OASI NEL DESERTO LAB B

chiara finizza / ilaria spasari

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concept

La città in cui vivo è uno strano deserto, non ha dune ma enormi edifici, non ci si muove con cammelli ma con macchine rumorose pronte a suonare il clacson se qualcuno sbaglia la manovra. Eppure, nonostante questa meticolosa organizzazione, essa si presenta a me come un deserto: è arida, sono solo, ho caldo, e su di me pesa lo stress del volerla percorrere il più velocemente possibile. Ogni tanto ho un miraggio, ma resta solo un miraggio. Poi, finalmente, ecco un oasi è l’oasi della città degli scambi, è piacevole, naturale. Ci entro e riesco ad ascoltare il dialogo tra natura e costruito, è un dialogo senza pretese di ragioni, è un dialogo dal titolo “il benessere dell’uomo”.

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programma

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masterplan

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cartoline

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L’ORIZZONTE DEGLI EVENTI elena buson / alberto grando / jacopo niccolò silvestri

LAB B

concept

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UN EVENTO PER PARMA Oggi il commercio è in grado di entrare all’interno delle case con facilità sempre maggiore. E-commerce, consegne a domicilio, televendite: lo shopping è un’attività che si può fare comodamente seduti a casa propria. Cosa seduce il consumatore e lo spinge ad uscire dal proprio guscio domestico? Ciò che non può essere accolto dalle mura casalinghe è l’aspetto spettacolare e relazionale del commercio. L’evento come opportunità di intrattenimento diventa collettore di risorse umane e attrattore di vitalità. Si fa indice di gradimento di un luogo con la sola presenza delle persone che ha richiamato. Può conferire una nuova immagine a un posto già in posesso di una forte identità, ma dalle potenzialità inespresse, come l’area dismessa della Bormioli-Rocco, a Parma, contribuendo a una sua radicale rivalutazione.


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programma masterplan


spazio di vendita

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I LUOGHI DI SOSTA rossella fusco / alessia musumeci / sonia vogadori

LAB B

concept

RITMI “Sono di corsa”, “Devo scappare”, “ Sono in ritardo”, “Non ho tempo”. Inseguire sempre l’orologio, fare tutto velocemente,condurre uno stile di vita che ci impone dei ritmi poco naturali e stressanti. Tutto è veloce: mangiamo rapidamente nei fast food,compriamo un capo rapidamente senza provarlo, conosciamo qualcuno con lo speed date. Siamo così travolti da una frenesia inarrestabile. Così lo shopping diventa fast, i pasti rapidi e le interazioni superficiali. Non serve pensare a nuovi beni di consumo, ma a nuovi spazi e tempi in cui condividere, partecipare, scambiare. A fronte di una città veloce e dinamica le aree del commercio ci offrono spazi di relax o di divertimento o di cultura , spazi in cui rallentare il ritmo e perdere la cognizione del tempo. Ma quali sono gli spazi in cui si perde la cognizione del tempo? Questi sono gli spazi delle cose che ci piacciono, spazi in cui possiamo prendere le distanze, e fare qualcosa per noi stessi.Questo è uno spazio isolato dal caos, introspettivo, con dei confini, visibili o invisibili, in cui i ritmi sono quelli naturali. In natura un albero cresce, cambia, ma con i suoi tempi. Segue il ritmo del giorno, delle stagioni, del sole. Non sa che ore sono. È impassibile a quello che succede intorno.

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programma

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LUOGHI DI SOSTA A fronte di una città veloce e dinamica le aree del commercio ci offrono spazi di relax o di divertimento o di cultura, spazi in cui rallentare il ritmo e perdere la cognizione del tempo. L'idea è di definire il ritmo di attraversamento e di limitare le occasioni di transito, si passa da uno spazio all'altro, come in un susseguirsi di "stanze". Sono spazi dove passare il tempo, isolati dal caos, identificati in corti, piazze, parchi in cui condividere, partecipare, scambiare.

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masterplan

spazio di vendita

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cartoline 39


VETRINA XXL LAB B

mattia franceschini / valentina grassi / sonia malaspina

concept

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programma

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masterplan

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ALL YOU CAN DO paola corticelli / chiara criscione / elena frabetti

concept

L'idea di scambio si basa sulla partecipazione delle persone al processo produttivo, concentrato nelle sue fasi (materia prima, lavorazione, consumo). Nello stesso luogo si trovano supermercato, laboratori produttivi e ristorante. L'attivitĂ principale prende il nome di All you can do, caratterizzata da spazi attrezzati e personale qualificato per la realizzazione di manufatti di vario tipo. Le attivitĂ si svolgono in uno spazio familiare e protetto dall'esterno, ma sempre visibili dalla strada.

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LAB B


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masterplan

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spazio di vendita

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RECINTI URBANI LAB B

luca galassi / lorenzo monaldini / andrea natalucci

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market botteghe aule workshop blocco risalita servizi

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masterplan

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INSIDE AGAIN enrica salamon / sara scarabello / rossana tedesco

LAB B

L'idea è di reinserire nel tessuto urbano della periferia la realtà del centro commerciale che ad oggi è percepito come un fuoriscala nella città. Pertanto la stessa tipologia a corte utilizzata per il residenziale viene reinterpretata ed adattata per ospitare questa attività e nel suo "cuore pubblico", luogo di relazioni e comunicazione, trova spazio la superficie di vendita Despar. Per esaltare uno dei principi cardine dell'azienda, quello della "trasparenza", si è scelto di realizzare un perimetro completamente trasparente attorno al supermercato lungo il quale trovano affaccio diretto sia alcuni reparti specializzati Despar che altre realtà commerciali non alimentari che danno e ricevono visibilità alla e dalla Despar stessa.

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ECO LINK LAB C

gaia barbieri / giovanni bazzani / stefano campanella

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VELOCITÀ LAB C

giovanni bonavia pelà / valentina ferro / filippo franchini

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concept

La nostra ricerca sul tema dello scambio vuole approfondire l'aspetto della velocità dello scambio stesso come intrinseco fattore in grado di modificare le modalità dello scambio e le conseguenze che esso riflette sul contesto e la società. In quest'ottica abbiamo analizzato storicamente le diverse tipologie di scambio, sottolineando come ad ogni diversa velocità è poi corrisposto architettonicamente un modello spaziale e aggregativo caratteristico delle diverse civiltà succedutesi nel corso della storia. All'interno di questa ricerca abbiamo posto le basi per riflettere su quale fosse la giusta velocità di scambio oggi, e in particolare per l'area di via Rimesse a Bologna.

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RELAZIONE E SCAMBIO LAB C

emma ferrer / joana silva

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concept

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SISTEMA DI CONNESSIONE LAB A

laura gregori / michele petrizzo / nicole salice

concept logo La città di Bologna è uno dei nodi infrastrutturali più importanti d'Italia. Lo sviluppo urbano ai margini delle principali arterie di comunicazione ha generato grandi vuoti lineari residuali. Tali aree si presentano come grandi spazi degradati con un potenziale indice di riqualificazione, essendo posizionate in punti strategici per Bologna. Rappresentano una cerniera tra la città e la sua periferia, diventando volano per la rigenerazione dei quartieri limitrofi. La volontà di riqualificare tali spazi ha suggerito la realizzazione di un sistema urbano lineare ciclo-pedonale di connessione.

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masterplan

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FRICTION stella armeli iapichino / emiliano martino / mirela scantei / maddalena spagnolo

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concept

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LAB A


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STRATEGIA LIMINARE DESPARACTION luisa maria colino / francesca fini / giulia fiorini

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LAB A


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FLUSSI DI ATTRAVERSAMENTO LAB A

laura calcavecchia / sara piccinini / linda villa

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DENSIFICAZIONE giulia ferro / mattia sergi / laura venturi

LAB A

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RE-LINK IT marco adami / anna bartosiewicz / joanna milewska

LAB B

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ACT/TENSION ana atienza / lucia brandoli / enrique gallardo

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concept

Il nostro progetto si basa sulla relazione tensione-atto. Una relazione resa possibile da uno stato di singolare attenzione del fruitore. L’obiettivo del nostro spazio è di attrarre passanti attraverso il suggerimento, stimolare la loro curiosità attraverso il frammento e l’incompiuto, sorprenderli.

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LAB B


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LUOGHI DELL'INASPETTATO martina kirchler / valentina sportelli / noemi zanon

LAB B

concept

Oggi lo scambio è sempre più relativo al desiderio che al bisogno e questo ha portato a una cura sempre maggiore dell'estetica del prodotto, mentre i luoghi sono rimasti indietro, limitandosi a fondale neutro. Vogliamo portare il brivido della scoperta anche nei luoghi dello scambio

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rendendoli eccezioni nel tessuto urbano che attirano il passeggiatore e lo trasportano in spazi in cui luce e natura sono protagonisti. Mercati dove l'acquisto non è l'unica esperienza possibile ma gli spazi si prestano a varie attività ludiche e sociali o per momenti di pausa e relax.


programma

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I PORTICI COME ATTREZZO DI PROGETTO kemi amede / ornella fossati / ludivine merieult

LAB B

concept L'elemento caratteristico del centro storico di Bologna, che ritorna con più forza nei ricordi della visita a questa città, è la presenza dei portici, la cui scansione anima l'intero tessuto urbano bolognese. I portici suscitano interesse non solo per la forte valenza storica ma anche in quanto potenziale fonte di ispirazione per il nostro approccio al progetto. Senza la volontà di alterare la linearità dei fronti porticati, abbiamo studiato la qualità dello spazio pubblico tra le campate e ragionato sulla possibilità di offrire una sua prosecuzione all'interno dell'area di progetto. La successione ritmica di archi e colonne è qui estremizzata, utilizzata come una matrice in cui inserire il progetto della chiesa e del Capitol quali eccezioni alla superficie apparentemente uniforme del costruito circostante.

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programma

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CURIOSITÀ lucia marcaccini / laura palara / giulia scrascia

LAB B

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concept

Il concept di partenza è quello di uno spazio curioso, stimolante, insolito. L’idea di scambio futuribile che proponiamo si associa ad una continua scoperta. Il fruitore viene stimolato attraverso elementi di sorpresa e molteplici punti di vista, in un ambiente a misura d’uomo. La proposta iniziale era quella di affiancare diverse funzioni per evitare la settorializzazione e per dare origine ad acronismi piacevoli, che offrano diverse possibilità all’interno di un unico spazio.

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programma

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SHARING andrea dolcetti / daniele felice sasso / andrea zattini

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LAB C


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ARCHITETTURA PARASSITA LAB C

francesca albanesi / mariavittoria campagna / annalisa pol

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VUOTO RESTITUITO ALLA CITTÀ oliver forghieri / francesco giacometti / sara stefanati

LAB C

L'area, che da pieno generatore del tessuto urbano è diventato un vuoto inutilizzato, vuole essere, con questo progetto, restituita alla città con la creazione di un grande parco urbano con attività ludico ricreative che possano diventare punto di attrazione e motore di sviluppo per l'edificato da realizzare. L'intervento viene quindi suddiviso in stralci creando inizialmente il sistema che struttura il vuoto all'interno del quale si inserisce l'edificio dell'Eurospar.

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masterplan

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NUOVE PERMEABILITĂ€ elena leonelli / alice mezzanotte / barbara pasquali

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URBAN GENERATOR LAB A

aybike batuk / gorkem gunay / elif parmaksiz

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PERTURBAZIONI SONORE LAB A

martina gieri / clementine houot / marianna liberati

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SPAZIO MNEMONICO irma buttitta / greta cavallin

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LAB A


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CUSTOMIZABLE SPACES LAB B

marco d’ambrogio / davide monteforte / carlo roccafiorita

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INTERATTIVITĂ€ LAB B

camila burgos vargas

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GALLERIA LAB B

linda bonzagni / gianluca lomarco / giuseppe versari

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concept


LA SOGLIA LAB B

pellisa montserrat / cecilia ortonovi / benedita pinto

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IDENTITĂ€ VERSATILE LAB B

mariana oliveira / juliana rocha

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VIVACITTĂ€ LAB C

marco tacchini / nicolas tappero

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COMPENSAZIONE LAB C

rossana bartolini / matilde giordani / juliette py

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AGGREGAZIONE LAB C

enrico alvisi / edoardo forte / mattia lonardi

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SCAMBIO DI SPAZIO SPAZIO DI SCAMBIO LAB C

silvia orlandi / alessia toffano / giulliano zago

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SCAMBIO = RELAZIONE COMBINATA LAB C

gaia mambrini / patrizia marra / anna spinaci

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PASSAGGI IBRIDI LAB A

alessandro ballarin / elio gerbino

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SCAMBIO MULTIFUNZIONALE LAB A

amanda dalmutt ortiz / thauana fiori gonzaga

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programma

masterplan

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Gio Ponti e Theo Boosten, Grandi magazzini De Bijenkorf a Eindhoven. (foto di Alfonso Acocella)


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BIBLIOGRAFIA

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FILMOGRAFIA Cloud Atlas, USA/Giappone 2012. Limitless, USA 2011. Inception, USA/UK 2010. Invention of Lying, USA 2009. The Island, USA 2005. American Psycho, USA 2000. Unbreakable, USA 2000. Giovanna d’Arco, Francia 1999. The Truman Show, USA 1998. La leggenda del re pescatore, USA 1991. Playtime, Francia 1964.

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Questo volume è stato stampato per conto di Media MD presso la Tipografia Altedo nell’anno 2013.


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Andrea Bellodi Si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Ferrara nel 2005. Dal 2007 svolge attività professionale fondando lo studio OQ Project per la progettazione e la ricerca architettonica e del paesaggio.Docente a contratto di Progettazione architettonica presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara dal 2011. Le sue ricerche e i suoi lavori sono stati pubblicati in Italia e all’estero.

Guido Incerti Tra i fondatori nel 2004, di nEmoGruppo Architetti e più recentemente, nel 2012, di megarchitettura. Nel 2010 è visiting tutor al Royal College of Art di Londra. Attualmente svolge attività didattica presso l’Università di Ferrara, la Washington State University e la Kent State University. Ha curato per Skira la monografia dello studio DillerScofidio+Renfro e recentemente per LetteraVentidue Trasformazioni, storie di paesaggi contemporanei. Si diverte molto anche a dirigere Opere, una rivista di architettura edita dalla Fondazione Architetti di Firenze.

Federico Orsini Architetto e dottorando, si laurea nel 2010 con il massimo dei voti presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara. Dal 2007 al 2011 collabora con alcuni studi internazionali (5+1aa, Lelli&associati Architettura, FeRiMa, Playtime). Dal 2011 partecipa, in collaborazione ad altri professionisti, a concorsi nazionali ed internazionali di progettazione. Dal 2008 svolge attività di assistenza all’interno del laboratorio di progettazione del Dipartimento di Architettura di Ferrara, dove nel 2011 vince il concorso di Dottorato. È autore di alcune pubblicazioni e interventi in convegni internazionali, principalmente afferenti alla progettazione dello spazio pubblico.

Ilaria Fabbri Si laurea con lode presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara nel 2013 con una tesi dal titolo L’ex Oratorio dei Salesiani verso la nuova piazza dei giovani di Faenza: progetto di riuso e rigenerazione urbana. È consulente per il riuso e la gestione degli spazi appartenenti al complesso oggetto della sua tesi di laurea e curatrice del workshop internazionale The Space Inside. Education and leisure new square. Assistente al Laboratorio di Progettazione Architettonica IV tenuto presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara dal Prof. Arch. Gabriele Lelli nell’anno accademico 2012-2013, incentrato sul tema La città degli scambi.

LA CITTà DEgli SCAMBI

Gabriele Lelli Lelli & Associati è uno studio associato composto dagli architetti Gabriele Lelli e Roberta Bandini e dall’ingegner Andrea Luccaroni. Ha sede a Faenza, in provincia di Ravenna, e collabora stabilmente con Elena Querzola, Marica Maroncelli, Marcello Cova, Matia Bassi, Elisa Cicognani, Lorenzo Melandri e Lucia Cattalani. è costituito dalla parte più consistente dello studio Cristofani & Lelli Architetti scioltosi alla fine del 2008. Gabriele Lelli è Professore di Progettazione Architettonica e Urbana presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara, ha collaborato con Massimo Carmassi e con l’architetto svizzero Peter Zumthor.

la città degli scambi Tra ricerca e didattica a cura di Gabriele Lelli

COLLANA DIDATTICA Tra ricerca e didattica a cura di Alfonso Acocella Alfonso Acocella (a cura di) Comunicare idee con carta e cartone Lulu edizioni, 2012, pp. 88. Alfonso Acocella (a cura di) Artefatti comunicativi Media MD, 2013, pp. 144. Gabriele Lelli (a cura di) La citta degli scambii Media MD, 2013, pp. 128.


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